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QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA n.s., 63, 2014-2015 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER Sapienza - Università di Roma Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura

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QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA

n.s., 63, 2014-2015

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

Sapienza - Università di Roma Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura

QUADERNI ARCHITETTURA N.S. 63 - 2014-2015 ISBN 978-88-913-0942-6

Emanuele Gambuti Porticus Ecclesiae Sanctae Agnetis: lo scalone di accesso alla basilica onoriana.

Etienne Faisant Sebastiano Serlio à l’œuvre: les conséquences d’une révision de la chronologie du Grand Ferrare.

Michela Cascasi La salita di Sant’Onofrio: da Sisto V alla «bella simetria» degli interventi settecenteschi.

Antonio Russo Girolamo Rainaldi, Pompeo Targone e l’allestimento della Salus Populi Romani nella Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore.

Iacopo Benincampi Il portico del santuario di Loyola e la fortuna di un modello romano in Spagna.

Claudio Varagnoli Dal terremoto al restauro: il palazzo Ricci a Capitignano

Adalgisa Donatelli Il restauro come pratica istituzionale. L’opera di Alberto Terenzio a Roma e nel Lazio attraverso la rilettura di alcuni restauri (1928-1952). Q

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«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA

n.s., 63, 2014-2015

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Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura

© 2015 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER© Sapienza-Università di Roma

Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura

ISBN 978-88-913-0942-6 (cartaceo)ISBN 978-88-913-0944-0 (pdf )ISSN 045-4152

Direttore responsabileAugusto Roca De Amicis

Comitato scientificoRichard Bösel, Daniela Esposito, Donatella Fiorani, Francesco Paolo Fiore, Antonella Greco, Dale Kinney,Giorgio Muratore, Georg Satzinger, Maria Piera Sette, Alessandro Viscogliosi

RedazioneFlavia Cantatore, Roberta Maria Dal Mas, Guglielmo Villa

Consiglio direttivo (affianca il Comitato scientifico)Maria Letizia Accorsi, Bartolomeo Azzaro, Flaminia Bardati, Lia Barelli, Clementina Barucci, Calogero Bellanca, Simona Benedetti, Flavia Cantatore, Maurizio Caperna, Tancredi Carunchio, Annarosa CeruttiFusco, Piero Cimbolli Spagnesi, Roberta Maria Dal Mas, Fabrizio De Cesaris, Marina Docci, Adalgisa Donatelli,Maria Grazia Ercolino, Rossana Mancini, Natalina Mannino, Marzia Marandola, Susanna Pasquali, MaurizioRicci, Antonella Romano, Simona Salvo, Renata Samperi, Nicola Santopuoli, Maria Grazia Turco, StefaniaPortoghesi Tuzi, Guglielmo Villa, Paola Zampa

Ogni articolo presentato sarà sottoposto al vaglio del Comitato scientifico e a doppia revisione anonima ‘cieca’. Inomi dei revisori esterni saranno pubblicati con cadenza annuale dal numero 65 della rivista

Segreteria di redazioneMonica Filippa

Traduzione in ingleseTperTradurre srl

Grafica e impaginazione«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

StampaCSCgrafica s.r.l.

Corrispondenza e norme redazionaliPiazza Borghese 9, 00186 Roma - tel. +39 06-49918825-fax +39 06-6878169-www.uniroma1.it

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 131/87 del 6/03/1987

Il presente fascicolo è stampato con il parziale contributo di Sapienza-Università di Roma

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SOMMARIO

EMANUELE GAMBUTIPorticus Ecclesiae Sanctae Agnetis:lo scalone di accesso alla basilica onoriana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

ETIENNE FAISANTSebastiano Serlio à l’œuvre:les conséquences d’une révision de la chronologiedu Grand Ferrare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

MICHELA CASCASILa salita di Sant’Onofrio: da Sisto V alla «bella simetria» degli interventi settecenteschi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

ANTONIO RUSSOGirolamo Rainaldi, Pompeo Targonee l’allestimento della Salus Populi Romani nella Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

IACOPO BENINCAMPIIl portico del santuario di Loyolae la fortuna di un modello romano in Spagna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

CLAUDIO VARAGNOLIDal terremoto al restauro:il palazzo Ricci a Capitignano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69

ADALGISA DONATELLIIl restauro come pratica istituzionale.L’opera di Alberto Terenzio a Roma e nel Lazioattraverso la rilettura di alcuni restauri (1928-1952) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

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La grande scala che oggi collega il convento ei cortili superiori del complesso romano di S.Agnese fuori le mura al livello inferiore della ba-silica, è il prodotto delle trasformazioni, succe-dutesi nei secoli, dell’antica rampa utilizzata perdiscendere verso il luogo di sepoltura della mar-tire. Attraverso il rilievo e la ricerca documentaleè stato possibile delinearne lo sviluppo dalle ori-gini tardoantiche all’assetto medievale, ai re-stauri quattro e seicenteschi, fino all’allesti-mento del XVII secolo, evidenziandone il cam-biamento di percezione e funzione avvenuto dipari passo con l’evoluzione dell’intero complessomonumentale. La presenza di una simile strut-tura non è inconsueta nell’architettura funerariacristiana dei primi secoli: strutture analoghesono state rinvenute nella basilica dei SS. Nereoe Achilleo presso le catacombe di Domitilla,sulla via Ardeatina, o in quella di S. Alessandrosulla via Nomentana.

Nel primo dei due esempi la scala, benché inorigine esistente, sembra essere in buona partefrutto di una ricostruzione effettuata dalla Com-missione di Archeologia Sacra nel XIX secolo1.La posizione in cui oggi si trova ricalca peròquella di una rampa che anche in origine immet-teva nel nartece della piccola basilica. L’accessoal piano principale avveniva dunque lateral-mente2 e scendendo di circa 7,5 metri rispetto allivello stradale, poiché, come in S. Agnese, l’edi-ficio basilicale era semiipogeo ed emergeva dalterreno solamente nella parte sommitale, in cuisi aprivano le finestre della navata centrale. Lapresenza, finora solo presunta ma probabile, inbase ad alcune considerazioni relative all’altezzadell’edificio, di un livello di gallerie3 rende l’edi-ficio ancor più simile alla basilica nomentana.

Nel complesso di S. Alessandro la scala ha di-mensioni maggiori, paragonabili a quella di S.Agnese, e si innesta sul fianco dell’edificio. Il pe-culiare sviluppo planimetrico della basilica, chenel V secolo vide l’ampliamento del primitivooratorio mediante l’aggiunta di un’aula absidatache ne raddoppiava l’estensione, ha lasciato la

scala in una inconsueta posizione, sostanzial-mente a metà della chiesa4. La scala, distinta daquelle che scendevano semplicemente alle galle-rie catacombali5, che si trovano anche nelle im-mediate vicinanze, è stata ampliata in un se-condo momento (i gradini larghi 5,20 metri visi-bili oggi dovevano in origine essere di circa lametà, addossati al muro di delimitazione nord)ma comunque in epoca antica, e doveva fornireun ingresso di proporzioni monumentali al pic-colo complesso martiriale.

Il caso di S. Agnese differisce però da questiper alcune caratteristiche fondamentali. Il com-plesso di fondazione costantiniana, databile trail 337 ed il 351, era composto da una grande ba-silica a deambulatorio, preceduta da un atrio econ annesso il mausoleo di Costanza, figlia del-l’imperatore Costantino6 (fig. 1). La tombadella martire titolare, situata nel cimitero ipo-geo che occupava l’area, era protetta da un sa-cello, a cui si scendeva mediante una rampa chepartiva dall’atrio. Caduta in rovina la primagrande basilica, nel VII papa Onorio I (625-638) fece erigere l’attuale chiesa, sul luogo delsacello7 (fig. 2). Probabilmente sopra alla rampa,in questa epoca regolarizzata in una scala, sor-sero i primi edifici monastici, poi ampliati nelcorso del XII e XIII secolo. S. Agnese costituisceun raro esempio nel panorama delle chiese pa-leocristiane per la continuità nella fruizionedell’edificio8: nonostante si siano nel tempo av-vicendati momenti di fervore costruttivo a pe-riodi di pressoché completo abbandono, questisono stati brevi e non hanno portato a danni ditipo strutturale degli edifici, tali da richiedernemodifiche sostanziali. Una seconda particola-rità è legata alle dimensioni dello scalone,anche in rapporto all’estensione dell’edificiobasilicale (fig. 3): lo scalone qui ha una lun-ghezza quasi doppia di quella della navata cen-trale e si configura come una parte del com-plesso per nulla secondaria, contro la modestiadi proporzioni dettata dalle sole istanze funzio-nali negli esempi sopra citati.

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Porticus Ecclesiae Sanctae Agnetis: lo scalone di accesso alla basilica onorianaEMANUELE GAMBUTI

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Descrizione e analisi metrico-proporzionali

L’attuale scalone è lungo circa 38 metri, con una lar-ghezza che va dai 6 metri (verso il portone di ac-cesso), ai 5,25 (verso il nartece), e in totale scende di7,70 metri. Il pianerottolo di ingresso si trova inquesto modo alla stessa quota del pavimento dellegallerie della chiesa. La copertura attuale è compo-sta da una volta a botte, realizzata in muratura, chesi mantiene orizzontale, passando quindi da un’al-tezza di 4,20 metri all’inizio della discesa, a una di11,75 sul pianerottolo in prossimità del nartece9.L’ambiente della scala costituisce oggi il livello piùbasso dell’ala del complesso denominata Vecchia ca-nonica, composta da questo e da altri due piani (unpiano nobile ed un secondo piano) realizzati in piùfasi tra il VI, il XIII ed il XV secolo, proseguendo inaltezza le murature dello scalone10 (figg. 4-5).

In pianta si riscontra un sensibile cambiamentodi direzione di una parte dello scalone rispetto al-l’altra: i due assi differenti sembrano convergere incorrispondenza del pianerottolo centrale (fig. 6).Questa caratteristica, percepibile all’interno graziealla linea continua del cornicione che segna il pianodi imposta della volta e si spezza quasi a metà dellalunghezza, è maggiormente evidente all’esterno: ilmuro nord-ovest della Vecchia canonica, edificataesattamente sopra l’andito della scala, ha uno sfal-samento (oggi in parte mascherato da un contraf-forte), mentre il muro sud-est presenta uno spigoloa metà della lunghezza, poco visibile alla base mapiù pronunciato verso la sommità dell’edificio. Laporzione di scala verso l’esterno si mantiene di lar-ghezza costante attorno ai 6 metri, mentre dallametà verso la basilica tende a restringersi.

È stata proposta in un recente contributo di Pa-trizia Saini e David Ravignani un’analisi dettagliatadelle componenti geometrico-proporzionali delloscalone11. La convergenza degli assi fa ipotizzarel’esistenza di due tratti distinti, derivanti da un si-stema di assi visivi ben determinato. L’inclinazionedel tratto inferiore dello scalone, quello più pros-simo al nartece, privilegia la visuale verso la chiesaonoriana e, prima dell’edificazione di questa, versoil sacello ad corpus, mentre il braccio superiore sa-rebbe stato visivamente connesso con l’atrio e lafacciata della fabbrica costantiniana12. L’analisi di-mensionale e dei sistemi di misura adottati nel rea-lizzare lo scalone ha portato a riconoscere comeunità di misura il cubito (m 0,4436) per la parte in-feriore, e il piede alessandrino (m 0,3081) perquella superiore. In tal modo si avrebbero rampeche in basso sono larghe 12, 12,5 e 13 cubiti, e inalto 19 e 19,5 piedi alessandrini. La complessità el’ampio margine di errore nella ricerca di rapportimetrologici e dimensionali in strutture di epocacosì antica e non legate a forme geometriche pure o

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Emanuele Gambuti

Fig. 1 – Planimetria del complesso di S. Agnese fuori le mura.A: basilica costantiniana; B: mausoleo di Costanza; C: atriodella basilica costantiniana; D: scalone e vecchia canonica; E:basilica onoriana (sul luogo del sacello ad corpus); F: monastero.

rigidamente composte e le variazioni nelle effettivedimensioni dell’ambiente dovute alla sovrapposi-zione nel tempo di strati di intonacature o rivesti-menti rendono però questo tipo di indagine diffi-cilmente percorribile. Inoltre si presuppone, nel-l’analisi degli autori citati, una datazione più anticaper il sacello e per la prima parte della rampa ri-spetto al complesso costantiniano, ipotesi, questa,non avvalorata da alcuna evidenza documentariané archeologica.

L’ipotesi di una differente inclinazione dei duebracci dello scalone legata ad allineamenti e visualidei due complessi, quello cimiteriale e quello adcorpus, appare invece verosimile. Si pone a questopunto la questione relativa al differente orienta-mento delle due strutture basilicali (fig. 1). Si puòforse supporre che il sacello sia stato orientato per-pendicolarmente rispetto al tracciato della via No-mentana: l’abside più piccola ma sostanzialmenteconcentrica rispetto a quella onoriana, scoperta daAugusto Bacci13 nel 1901, sembra suggerire che ilsacello avesse un orientamento analogo alla basilicaattuale. Per la definizione dell’orientamento dellabasilica circiforme deve aver influito anche l’oro-grafia del luogo.

Nella sostituzione del sacello con la basilica at-tuale, nel VII secolo, si deve essere conservato ilpercorso di discesa, che, se in un primo momentonon era forse perfettamente definito14, venne com-pletato durante i lavori di Onorio I (fig. 2): se talecompletamento abbia comportato anche la realiz-zazione di una copertura non è chiaro. L’innestodella scala nel nartece della basilica che ne risulta èperò anomalo: il grande arco che permette il pas-saggio dall’uno all’altro vano, largo 3,63 metri ealto come il nartece, non è infatti centrato rispettoalla parete di fondo dello scalone, che è invece larga

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circa 5,23 metri, bensì addossato ad un fianco (fig.7). In questo modo l’edificio dello scalone eccededalla linea interna della facciata della basilica di1,60 metri. La motivazione di questo disassamentoper il momento non è chiara. Ipotizzando che ilpassaggio tra la scala e il nartece fosse anticamentedi dimensioni minori non si risolverebbe il pro-blema del mancato allineamento degli assi, anchese sarebbe giustificabile il decentramento dell’arcooggi esistente (risulterebbe comunque problema-tico spiegare le cause dell’ampliamento dell’aper-tura). Lo spostamento della scala verso nord-ovestfa piuttosto pensare alla necessità di conservare de-terminate preesistenze, nell’area dell’attuale cortileinterno, a sud-est della Vecchia canonica, oppure didoversi connettere ad una fabbrica di dimensionimaggiori dell’attuale, ipotizzando ad esempio che ilsacello avesse dimensioni non solo analoghe, maaddirittura eccedenti quelle della basilica attuale.

Va infine segnalata la presenza di una porta mu-rata nel fianco est dello scalone, all’altezza della terzarampa di gradini, dal basso. La porta, oggi completa-mente intonacata, ma visibile in una foto del 197315,corrisponde, all’esterno, ad un ispessimento della pa-

rete. È stato ipotizzato che questa porta servisse dacollegamento con alcuni locali del monastero, seb-bene la questione non possa essere approfonditasenza indagini archeologiche ulteriori.

Lo scalone nel medioevo

Il primo riferimento allo scalone nelle testimo-nianze documentarie antiche si ha nelle Gesta Inno-centii III, di autore anonimo ma contemporaneo alpontefice (databile circa al 1220). Questa biografiadel papa16 riporta una serie di donazioni effettuatea varie basiliche, consistenti in argento od oro inquantità variabili, suppellettili liturgiche e para-menti sacri di cui vengono descritti i motivi orna-mentali. Trattando dei benefici concessi alla basi-lica di S. Lorenzo al Verano17 vengono citate anchele donazioni a favore di S. Agnese18:

Basilicae sancti Laurentii foris muros vestem ru-beam cum pavonibus aureis, et pallam altaris. Itemeidem basilicae centura libras proventus, et unumpluviale de examito rubeo cum auriphrygio, etununi ealicem anri xvr- unc. et dimid., et unum par

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Porticus Ecclesiae Sanctae Agnetis: lo scalone di accesso alla basilica onoriana

Fig. 2 – Ricostruzione del complesso in epoca costantiniana (IV secolo), in epoca onoriana (VII secolo), nel XIII secolo e all’inizio delXIX secolo (rielaborazione da P. Saini, D. Ravignani, Il convento, cit.).

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bacilium argenti oclo marcarum minus dimid. uuc.Et iterum eidem basilicae centum libras pro ecclesiasanctae Agnetis, purpuram ad altare, et vas argentitrium marcarum et .LXX. librarum proventus proreparatione basilicae sanctae Constantiae, et porti-cus ecclesiae sanctae Agnetis

Nell’espressione «porticus ecclesiae sanctaeAgnetis» si è riconosciuto lo scalone di accessoalla chiesa. L’esatta entità dei lavori di tale «repa-ratione» non è del tutto chiara, né in S. Agnese nénel Mausoleo, che veniva già da tempo utilizzatocome chiesa. Attraverso l’analisi di alcune mura-ture19 è stato possibile però ricondurre a questacampagna di lavori la parete ovest dello scalone,fino ad un’altezza pari a quella delle finestre delpiano nobile, e una coppia di transenne marmo-ree in parte visibili all’esterno dello stesso. Questetransenne chiudevano le finestre dello scalone ederano poste ad una quota superiore rispetto alleattuali20 (fig. 8). Il soffitto era probabilmentepiano, come verrà argomentato più avanti.

Lo scalone medievale aveva meno gradini dell’at-tuale (il loro numero riportato dai vari autori varia da30 a 3421). Onofrio Panvinio22, che vide il complessoprima dei lavori di sterro, lo descrive in questi termini:

Basilica S. Hagnetis ad eam discenditur plurimis gra-dibus quia imo loco sita est. Habet fores aeneas vetu-stas suis ornamentis spoliatas, postes marmorea ordi-

naria, gradus non sunt continuati sed in V. V. VI. IX.V. autem divisi inter interstitia. Pavimenta marmoreatessellata et porphyreticis orbibus ornata.

La scala era dunque composta da cinque rampedi diversa lunghezza. Il pavimento marmoreo eradecorato con opus tessellatum e con rotae di porfido:ricordando che lo scalone era considerato il porticusdi accesso alla basilica, e dunque parte integrante diessa, si giustifica l’estensione ad esso di un tipo didecorazione all’epoca impiegato quasi esclusiva-mente all’interno degli edifici di culto. La scala ter-minava con porte di bronzo che si aprivano sul nar-tece, all’epoca di Panvinio già spogliate dei loro or-namenti. Nel 1587 i Canonici di S. Pietro in Vin-coli, che custodivano S. Agnese, fecero la richiestaall’allora regnante Sisto V di smantellarle23. Ilbronzo venne fuso per la realizzazione della statua disan Pietro posta sulla cima della Colonna Traiana24.

Il restauro di Giuliano della Rovere

Non vi furono altri lavori rilevanti nello scalone finoagli anni ’70-’80 del XV secolo, quando GiulianoDella Rovere (1443, poi papa Giulio II 1503-1513)intervenne con lavori di restauro e rimodernamentodel complesso25. Il cardinale Della Rovere fece realiz-zare la grande volta a botte, leggermente ribassata, pertutta la lunghezza dello scalone, e vi fece apporre tretondi marmorei recanti il suo stemma scolpito (figg.

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Emanuele Gambuti

Fig. 3 – Pianta del monastero e della basilica di S. Agnese (rilievo E. Gambuti, H. Takanezawa): il livello della via Nomentana e deicortili superiori del complesso corrisponde a quello delle gallerie della chiesa onoriana.

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9, 11). Circa la copertura originaria occorre fare al-cune considerazioni: data l’altezza delle finestrecon transenna marmorea rinvenute sulla paretenord-ovest, di cui si è già parlato, se in epoca me-dievale fosse già esistita una volta, questa sarebbestata impostata più in alto di quella attuale.Anche in caso di notevoli problemi di stabilitàuna simile struttura sarebbe stata più facilmenteconsolidata o restaurata che demolita e ricostruitaa una quota inferiore. Ipotizzando che le primestrutture monastiche fossero localizzate a ridosso e

sopra allo scalone, appare verosimile che il soffittodi questo fosse piano, e che fosse stato sostituitocon la volta quattrocentesca lasciando ad un li-vello pressoché invariato il piano di calpestio degliambienti soprastanti26 (fig. 8). Il piano di impostadella volta venne segnalato con un cornicione intravertino dalle linee estremamente semplificate,che essendo continuo evidenzia la leggera devia-zione degli assi delle due parti dell’edificio. Il por-tale di accesso allo scalone fu realizzato in queglianni e reca lo stemma del cardinale e l’iscrizione:

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Porticus Ecclesiae Sanctae Agnetis: lo scalone di accesso alla basilica onoriana

Fig. 4 – Sezione longitudinale dello scalone (rilievo E. Gambuti, H. Takanezawa). È evidente la continuità spaziale tra l’andito dellascala e il nartece della basilica.

Fig. 5 – Prospetto nord-ovest della Vecchia canonica, già palazzo cardinalizio, e della basilica di S. Agnese (rilievo E. Gambuti, H.Takanezawa).

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Emanuele Gambuti

IUL CARD S P AD VINC SIXTI IIII PONT MAXNEPOS PORTICUM/ AD EDES AGNETIS VETUSTATE COLLAPSAM PESTITUIT (sic)

La mostra del portale (fig. 10) è conformata se-condo un disegno non avvicinabile ad altri esempinoti: la cornice superiore, piuttosto larga, con duerincassi ed una fascia piana centrale, gira ad angolo al-l’estremità della trabeazione e scende per un brevetratto, interrompendosi poco dopo. Gli stipiti ripren-dono le stesse modanature ma iniziano e terminano

in modo più consueto. La differente cromia delmarmo e l’inusuale connessione fra gli elementi sug-gerirebbero una datazione differente dell’architrave edei piedritti del portale, riconducibile forse a unamodifica avvenuta all’inizio del XVII secolo.

Le trasformazioni seicentesche

Lo scalone restaurato da Giuliano Della Rovere eraquasi completamente buio: le finestre medievali non

Fig. 6 – Pianta dello scalone (rilievo E. Gambuti, H. Takanezawa) con evidenziati gli allineamenti dei muri e gli assi delle due por-zioni, superiore ed inferiore. Si nota la scansione pressoché regolare dei gradini, risalente ai lavori seicenteschi del cardinale Veralli.

Fig. 7 – Interno dello scalone verso il nartece della basilica. Si nota il disassamento dell’arco di comunicazione tra la scala e la chiesa.

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murate con la costruzione della volta, se ve ne erano,dovevano essere di dimensioni estremamente ridotte echiaramente insufficienti ad illuminare un ambientecosì vasto. Per questo motivo nel corso del seicento siprovvide a dotarlo di aperture adeguate. Tra i lavoriintrapresi dal cardinale Alessandro Dei Medici (1535,poi papa Leone XI 1605) durante la sua carica diabate commendatario (1602-1605) vi fu infatti l’aper-tura delle nove finestre che oggi illuminano la scala,cinque lungo la parete ovest e quattro in quella est27(fig. 7). Queste esternamente sono a circa 0,50 metridi altezza dal terreno, mentre all’interno si allineanoimmediatamente sotto il cornicione della volta (fig.4). L’intervento si inserisce però all’interno di una risi-stemazione globale degli accessi operata dal cardinale,e non va analizzato in maniera isolata. Alla stessa cam-pagna di lavori si può ricollegare la sopraelevazione delportale di Giuliano Della Rovere per riportarlo allaquota dei cortili esterni28: il terreno davanti allo sca-lone all’epoca della realizzazione, in età tardoantica,doveva essere alla quota pavimentale della basilica cir-ciforme29, circa due metri sotto l’attuale quota dei cor-tili superiori del complesso. Con ogni probabilità il li-vello del terreno era già aumentato con l’accumulo didetriti in parte derivanti dalla rovina dello stesso edifi-cio costantiniano, quando venne sistemato lo scalonesotto Innocenzo III, ma se i lavori quattrocenteschimantennero la quota medievale dell’ingresso, questadoveva essere comunque più bassa del livello esternonel Seicento. La descrizione dei lavori fatti da Alessan-dro Dei Medici permette di attribuire alla sua campa-gna di restauri anche la realizzazione degli affreschidella volta dello scalone. Questi, in origine forse piùestesi, rappresentano: una croce greca gemmata, S.Agnese, il Salvatore con il globo, S. Emerenziana, lacroce latina con tre corone simboliche, la palma, lespade ed i sassi, strumenti del martirio delle due sante,ed il motto «Tollat crucem suam» (fig. 9). Tra gli in-

terventi medicei vi fu anche la grande opera di libera-zione della chiesa dal terreno di cui era circondata, ladefinizione di un piazzale antistante l’edificio e l’aper-tura delle attuali porte d’ingresso in facciata30.

L’aspetto ancora oggi osservabile dello scalone èperò da attribuire alle modifiche apportate da un altroabate commendatario di S. Agnese, il cardinale Fabri-zio Veralli (1560-1624). Questi ricevette la commendanel 161831 e proseguì l’opera dei suoi predecessori, se-condo la prassi diffusa che induceva il detentore di unbeneficio ecclesiastico a ‘restituire’ alla chiesa assegna-tagli parte delle rendite riscosse sotto forma di restauried abbellimenti. Il cardinale intervenne ampiamentesu tutto il complesso di S. Agnese: nella basilica fecerealizzare alcuni affreschi e due cappelle, nel Mausoleo,ormai Chiesa di S. Costanza, sostituì le specchiaturemarmoree del tamburo ed i mosaici della cupola,ormai ampiamente lacunosi, con pitture.

Nello scalone gli interventi del Veralli mantennerola struttura architettonica definita da Giuliano dellaRovere e Alessandro Dei Medici e si concentraronosulla realizzazione di un apparato decorativo e sul rifa-cimento della pavimentazione. Mentre la prima con-sisteva essenzialmente nel «completamento» delle su-perfici lasciate libere dai restauri precedenti, relativa-mente alla scala il lavoro dovette prevedere la sostitu-zione delle lastre medievali, la cui decorazione in opustessellatum possiamo immaginare ormai in gran partedanneggiata o mancante, e quindi la copertura del-l’intera gradinata con marmi nuovi e di reimpiego.

Le pitture commissionate dal Veralli sono loca-lizzate nelle due pareti di fondo dello scalone,quella verso l’esterno e quella verso la chiesa (re-cano entrambe il suo stemma). Nel dettaglio, sullaparete ai lati della porta di accesso allo scalone sonodipinti due angeli, simmetrici e con un braccio le-vato verso l’insegna cardinalizia centrale, mentre suquella verso la chiesa sono rappresentati, su due or-

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Porticus Ecclesiae Sanctae Agnetis: lo scalone di accesso alla basilica onoriana

Fig. 8 – Finestre medievali murate all’esterno della parete nord-ovest dello scalone e schema della sostituzione del soffitto originario conla volta attuale.

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Fig. 9 – Volta dello scalone. Gli affreschi risalgono alla campa-gna di lavori di Alessandro dei Medici.

Fig. 10 – Portale di accesso allo scalone, alla quota dei cortili su-periori del complesso.

Fig. 11 – Interno dello scalone verso l’ingresso dal cortile superiore. È visibile la volta a botte di Giuliano Della Rovere e gli affreschivoluti da Alessandro dei Medici.

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dini, l’apparizione della Madonna a S. Agnese e,sotto, quattro personificazioni di Virtù intervallateda tre stemmi: al centro quello papale di Paolo V, adestra quello Borghese-Veralli, a sinistra quello car-dinalizio Borghese, secondo un’intenzionale mani-festazione di sudditanza verso il pontefice regnanteche aveva creato cardinale il Veralli32. La decora-zione, ad opera del pittore Marco Tullio Montagna,venne completata tra il novembre 1618 e il gennaiodell’anno successivo.

La struttura della scala, come regolarizzata dalVeralli e visibile ancora oggi (figg. 4-11), ha noverampe di cinque gradini ciascuna e nove pianerot-toli (ve ne è uno di ingresso, a cui si accede scen-dendo tre gradini dal livello della porta verso i cor-tili, mentre al termine inferiore la scala si immettedirettamente nel nartece), e ha modificato comple-tamente la scansione irregolare della scala medie-vale (che aveva, a partire dall’alto, due rampe dacinque gradini, una da sei, una da nove e di nuovouna da cinque). Il pianerottolo centrale, il quinto, eil secondo dal basso presentano gli stemmi Bor-ghese-Veralli incisi su lastre di granito, la prima cir-colare (fig. 12) e la seconda quadrata.

Per la realizzazione della scala marmorea il 18giugno 1618 fu sottoscritto l’accordo con lo scal-pellino Felice Gargiolli, a fronte del pagamentodella somma considerevole di 880 scudi33. Il pattoè estremamente minuzioso nello stabilire persino

gli spessori delle lastre e le loro modalità di inca-stro34 (fig. 13), al fine di garantire la massima e du-rabilità all’opera. Fu inoltre esplicitamente previstodi riutilizzare il materiale lapideo presente in loco,all’interno e all’esterno della chiesa e degli edificimonastici. Qualora non sufficienti, sarebbe statocompito dello scalpellino integrarli, senza ulteriorispese per il cardinale35.

Mentre da un lato il patto sembra voler tutelarei reperti antichi più importanti, ossia quelli in qual-che modo già ‘musealizzati’, come i sarcofagi espo-sti nei cortili del convento, dall’altro l’aver impostoal capomastro di fornire il materiale eventualmentenecessario a proprie spese avrà reso particolarmenteattenta la ricerca di tutti i frammenti riutilizzabili.Nel corso di questi lavori, che comportarono forseanche lo scavo in aree nelle immediate vicinanzedell’edificio, furono rinvenuti numerosi reperti dinotevole interesse, che vennero in parte trasportatialtrove, in parte semplicemente capovolti e messi inopera come gradini (questo fu il destino dei pluteidell’altare del sacello ad corpus, donati da papa Li-berio, 352-366). Meritano di essere segnalati: ottorilievi, forse ornamento di una villa romana e data-bili all’età adrianea che il Veralli acquisì e fece mu-rare nelle pareti della galleria del Palazzo Spada, overisiedeva36, nel 1620; alcune statue tra le quali unadi Ercole, poi restaurata da Alessandro Algardicome uccisore dell’Idra, trasportata a Palazzo Vero-

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Porticus Ecclesiae Sanctae Agnetis: lo scalone di accesso alla basilica onoriana

Fig. 12 – Rota in granito con inciso lo stemma Veralli-Borghese, nel pianerottolo centrale dello scalone.

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spi ed oggi ai Musei Capitolini; un vaso di cristallodi rocca, donato al cardinale Antonio Barberini37.

Da porticus ad atrio: funzione e percezione delloscalone tra medioevo ed età moderna

Quanto esposto finora circa le trasformazioni delloscalone della basilica di S. Agnese, dalle prime fasidi definizione dello spazio architettonico alla suaprogressiva trasformazione necessita di alcune ri-flessioni circa le funzioni e la percezione stessa diun ambiente simile nel corso del tempo. In età tar-doantica l’andito della scala, o forse semplicementerampa o cordonata, non doveva essere legato aistanze di rappresentatività, né a particolari neces-sità liturgiche. Doveva assolvere esclusivamente lafunzione di collegamento tra il grande complessobasilicale costantiniano e il luogo di sepoltura dellamartire, racchiuso sì in un sacello, ma ancora so-stanzialmente parte del sistema catacombale.La prima trasformazione della scala in uno spaziodi struttura, concezione e funzione più definite siha con l’intervento onoriano. Tralasciando alcunequestioni irrisolte, come quella già citata della mag-giore ampiezza della scala e del suo disassamento ri-spetto al nartece della basilica, è impossibile guar-dare alla scala e alla basilica come a due organismiseparati. Le funzioni di una scala di queste propor-

zioni e in una così particolare posizione non sonofacilmente definibili, considerando che mancanofonti scritte o evidenze archeologiche circa l’uti-lizzo di questo spazio.

La divisione della basilica di S. Agnese in due li-velli indipendenti (piano inferiore e gallerie supe-riori, probabilmente non collegati fra di loro dascale) ma connessi visivamente, può derivare dallavolontà di dividere il flusso di pellegrini o di riser-vare al clero l’uso del piano inferiore, permettendocomunque a tutti di vedere direttamente l’altaredella Santa e la tomba sottostante dall’alto. La plu-ralità di accessi delle gallerie e la presenza di un in-gresso monumentalizzato, unico e specifico, per ilpiano interrato suggeriscono che questo, durantedeterminate celebrazioni, potesse essere riservatointeramente agli officianti, almeno nella parte cen-trale, generando una suddivisione funzionale verti-cale oltre che orizzontale. Tenendo presente chenella basilica le celebrazioni, e quindi l’affluenza difedeli, si concentravano in particolari occasioni,come il dies natalis della santa, sembra plausibileconsiderare lo scalone non solo come accesso alpiano inferiore, ma anche luogo di culto essostesso, percorso processionale utilizzato per alcunefunzioni liturgiche.

La dicitura con cui i documenti in età antica emedievale si riferiscono allo scalone è quella diporticus, ma questo è difficilmente avvicinabile ai

Fig. 13 – Lastre pavimentali dello scalone. La tipologia di incastro, le dimensioni delle lastre e la larghezza delle fughe erano regola-mentati dal contratto stipulato dal cardinale Veralli.

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portici in uso a Roma nel IV o in epoca medie-vale. In età costantiniana la classificazione dellacomunità cristiana in vari gradi e la necessità diassicurare ad ogni categoria un posto durante lecelebrazioni fecero sorgere, annessi alle chiese,una serie di ambienti di dimensioni variabili neiquali si disponevano i gradi più bassi dei catecu-meni, mentre all’interno solo i fedeli potevano as-sistere a tutta la celebrazione eucaristica38.L’atrium era il più diffuso di questi annessi, se netrovano esempi in pressoché tutta l’area mediter-ranea39, ed era generalmente composto da unospazio scoperto, con perimetro quadrangolarechiuso esternamente e portici. Al centro era spessoposto un cantharus, una fontana per le abluzioni.L’atrio era connesso con un nartece, esterno o piùcomunemente interno all’edificio di culto40 e de-stinato inizialmente anch’esso a catecumeni e pe-nitenti. Il nartece scompare con l’abolizione delcatecumenato e dal VII secolo, ove presente, vieneadibito a funzioni differenti, come suppliche o re-cita dell’ufficio nei monasteri, e così l’atrio anti-stante la facciata dell’edificio sacro. L’utilizzo del-l’atrio o quadriportico permane, anche a causa delsostanziale conservatorismo nella cultura architet-tonica in area romana che porta alla ripresa, finoal XIII secolo, di modelli basilicali paleocri-stiani41.

Nel caso del complesso onoriano di S. Agnesemanca del tutto un atrio, di difficile realizzazionedata la particolare posizione della chiesa, incassatanel fianco della collina, e in effetti estraneo alla ti-pologia della chiesa con gallerie com’è declinatanell’ambiente romano. La presenza però di un in-gresso monumentalizzato e di dimensioni ragguar-devoli si può ragionevolmente collegare alla liturgiain uso in epoca onoriana. Il sistema delle chiese sta-zionali, già in uso a Roma dal V secolo, prevedevala celebrazione, accanto al ciclo temporale, legato aitempi liturgici, di un ciclo del santorale, scanditodalle festività dei singoli santi sepolti nei complessifunerari intorno a Roma. Come in occasione dellestazioni, il santorale prevedeva lo svolgimento diuna liturgia pontificale completa nei natalicia mar-tyrum. Questa viene dettagliatamente descritta al-l’interno dell’Ordo Romanus Primus42: una primaprocessione, composta da parte del clero e da setteportacroce regionari precedeva il pontefice. I cardi-nali, i vescovi ed i presbiteri si disponevano nell’ab-side, mentre il papa, accolto da una guardiad’onore, veniva accompagnato nel secretarium, unasacrestia posizionata in prossimità dell’ingresso. Daqui una seconda processione percorreva tutta lalunghezza della chiesa, attraversando la schola can-torum, sostando davanti l’altare ed infine giun-gendo al trono pontificale. Le stazioni del santo-rale, avendo luogo esclusivamente nelle chiese ci-

miteriali e nelle memorie fuori le mura43 eranoinoltre già per la loro posizione intimamente legateal fenomeno delle processioni. Nel caso di S.Agnese è plausibile che, data la mancanza di spaziadeguati di fronte alla chiesa o all’esterno, alcuneparti della liturgia pontificale venissero effettuatelungo lo scalone, e che solo in un secondo mo-mento, attraverso le porte di bronzo, si entrassenella basilica.

Con le trasformazioni effettuate sotto Inno-cenzo III la funzione della scala come percorsoprocessionale e lo svolgimento, in essa, di deter-minati momenti del culto sono testimoniati dauna decorazione dello spazio in tale senso. Legrandi rotae, forse in origine citazioni dellagrande rota porphyretica dell’antica Basilica Vati-cana, segnalavano infatti determinati punti distazione durante le funzioni liturgiche, e in parti-colare durante la cerimonia di consacrazionedella chiesa44. La realizzazione stessa di un lito-strato «cosmatesco», generalmente localizzato nelpresbiterio, nella schola cantorum e nella naveprincipale delle chiese, e comunque sempre al-l’interno dell’edificio di culto, conferma la let-tura, in epoca medievale, dello scalone comeparte integrante della basilica di S. Agnese, e piùprecisamente della direttrice principale che col-lega l’esterno con l’altare. Il tappeto musivo co-smatesco citato da Panvinio doveva quindi segna-lare tale percorso, non rettilineo e non visiva-mente percepibile dall’ingresso, che si snodavadall’esterno lungo lo scalone, nel nartece e poi,girando di 90° lungo la navata principale, attra-verso la schola cantorum e oltre la pergula, intornoall’altare fino alla sede nel fondo dell’abside (fig.14).

I restauri rovereschi nulla modificarono del sim-bolismo e della struttura della scala fin qui descritti,se non nei termini già esposti di consolidamento e ri-facimento della copertura. Bisogna tenere presenteperò che nel XV secolo le celebrazioni papali nelleantiche chiese stazionali erano diventate più rare efurono ulteriormente ridotte nei primi anni del Cin-quecento45. Almeno parte della componente litur-gico-processionale dello scalone, dunque, doveva es-sere già venuta meno. Con lo smantellamento delleporte di bronzo al termine del XVI secolo (fig. 15) epoi l’apertura di quelle in facciata, agli inizi del se-colo successivo, ad opera di Alessandro Dei Medici,lo scalone cambia la sua funzione e dunque la suaimmagine: da accesso obbligato al piano inferioredella basilica diviene ingresso laterale, aperto verso icortili superiori e gli edifici conventuali. Le sistema-zioni del cardinale implicarono anche la regolarizza-zione dello slargo di fronte alla chiesa e della stradache lo collega alla via consolare e quindi la sostitu-zione del percorso per accedere alla basilica interno

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Porticus Ecclesiae Sanctae Agnetis: lo scalone di accesso alla basilica onoriana

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ABSTRACT

The great staircase between the upper courtyards and the lower level of the church of S. Agnese Fuori le Mura in Rome is theresult of transformations, occurred through centuries, of the ramp used to descend from the ancient basilica to a little chapelwith martyr’s remains, during the Constantinian era. The different alignment of the halves of the staircase is connected with theviews towards the two buildings. A first staircase, built in VII century, was the only entrance to the church’s ground floor, andit was restored in XIII and XV century, when cardinal Giuliano Della Rovere built the vault. The “cosmatesque” floor decora-tion and the name of “porticus” used in medieval documents to refer to the staircase suggest that this site was also a liturgicaland processional route for celebrations. After the restoration of 1600-1605, by cardinal Alessandro de’Medici, and the openingof three new entrances on church’s facade, the staircase lost its liturgical functions and became a monumental entrance hall.

al complesso, attraverso la scala, con uno esterno, deltutto indipendente. Gli stessi lavori del Veralli, chesostituisce completamente l’antica pavimentazione,non considerano più le valenze simboliche del per-corso della descensus alla basilica, con i suoi antichipunti di stazione, a favore di un rifacimento im-prontato su una logica estetico-funzionale.

La grandiosità del luogo evitò la riduzione dell’an-dito a mero collegamento di servizio, riservato allacomunità di religiosi che officiavano la basilica. Gliinterventi del Medici e del Veralli, che miravano adesaltare la rappresentatività di questo ambiente, in ef-fetti di dimensioni più vaste della chiesa stessa, equindi la regolarizzazione della discesa, la nuova vestemarmorea, più omogenea, del pavimento, l’illumina-zione e i cicli pittorici sulle pareti terminali e sullavolta chiariscono che lo scalone rimase il vero in-gresso monumentale all’edificio onoriano. Va inoltrericordato che non vi era separazione alcuna tra lo sca-

lone e il nartece, che apparivano quindi l’uno come ilnaturale prolungamento dell’altro. Conseguenzadella perdita della funzione eminentemente liturgicadella scala fu anche l’allestimento di una vasta colle-zione lapidaria lungo le pareti: alle varie targhe com-memorative affisse lungo lo scalone probabilmentefin dall’epoca medievale46 papa Benedetto XIII, ordi-nata nel 1728 la sostituzione del pavimento della ba-silica con un mattonato47, fece aggiungere le nume-rose lapidi da questo provenienti, come negli stessianni stava facendo Marcantonio Boldetti nel porticodi S. Maria in Trastevere48, sulla scorta del riacceso in-teresse per le testimonianze epigrafiche, testimoniatogià dalla trascrizione e dal disegno delle epigrafi nellaRoma sotterranea di Antonio Bosio49. Da luogo diculto a percorso di rappresentanza a museo sacro loscalone viene plasmato da istanze funzionali che si so-vrappongono ma che ne hanno sostanzialmente ga-rantito la continuità nel tempo.

Fig. 14 – Pianta dello scalone e del livello inferiore basilica prima dello smantellamento degli arredi liturgici medievali. È evidenziatoil percorso liturgico che, partendo dal cortile superiore (1) si snodava lungo lo scalone, le porte bronzee (2), il nartece e la navata dellabasilica, attraverso la schola cantorum (3) e l’iconostasi (4) fino all’altare (5) e al trono pontificale (6).

Fig. 15 – Incisione di Giacomo Fontana rappresentante il nartece e lo scalone prima della costruzione della vetrata di separazione.Sono visibili anche parte delle epigrafi affisse lungo le pareti (da G. Fontana, Raccolta delle migliori chiese di Roma urbane e su-burbane, vol. I, tav. V, Roma 1838).

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Note

1 O. MARUCCHI, Guida del cimitero di Domitilla, Roma1902, p. 10.

2 R. KRAUTHEIMER, Corpus basilicarum christianorumRomae, III, Città del Vaticano 1971, p. 129.

3 Ivi, pp. 133-134. Krautheimer ipotizza che le colonnefossero sormontate da arcate e non da un’architrave, di cui in-fatti non sono state ritrovate tracce, e che la profondità dellasepoltura dei martiri richieda la presenza di gallerie sopra allenavatelle e al nartece.

4 O. MARUCCHI, Le catacombe romane, Roma 1905, p. 380.5 V. FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani del Lazio,

II Sabina, Città del Vaticano 2009, pp. 281-285.6 Riguardo agli edifici costantiniani si vedano: U.

FUSCO, Sant’Agnese nel quadro delle basiliche circiformi di etàcostantiniana a Roma e nel suo contesto topografico: lo statodegli studi, in La basilica costantiniana di Sant’Agnese, a curadi M. Magnani Cianetti, C. Pavolini, Roma 2004, pp. 10-28, con bibliografia precedente, e H. BRANDENBURG, La ba-silica di S. Agnese e il Mausoleo di Costantina Augusta (S. Co-stanza), Milano 2006.

7 Sulle vicende del complesso monumentale di S. Agnese sivedano, tra gli altri, R. KRAUTHEIMER, Corpus basilicarumchristianorum Romae, I, Città del Vaticano 1937, pp. 14-39 eA.P. FRUTAZ, Il complesso monumentale di S. Agnese, Città delVaticano, 1976.

8 O. MARUCCHI, Le catacombe cit., pp. 110-111, 379. Lecatacombe di Domitilla (con la basilica dei SS. Nereo e Achil-leo) vennero ritrovate nel 1593, ma scavate solo nel corsodell’800, mentre il cimitero di S. Alessandro venne scopertonel 1855. Fino alle date indicate, dei due complessi non siaveva notizia dalla tarda antichità.

9 Il rilievo dello scalone e della basilica onoriana è stato ef-fettuato dall’autore con la collaborazione del Prof. HitoshiTakanezawa.

10 P. SAINI, D. RAVIGNANI, Il convento di sant’ Agnese: ori-gini ed età medievale, in La basilica costantiniana di San-t’Agnese, cit., pp. 54-57.

11 Ibidem.12 P. VENTURINI, La descrizione dell’edificio: la lettura del ri-

lievo e delle sue componenti geometrico proporzionali, in La basilicacostantiniana di Sant’Agnese, cit., pp. 33-34. La grande basilica,l’atrio, lo scalone nel suo complesso e la tomba della martire sa-rebbero così legati da un insieme di assi visuali, posti in relazionetra loro per ottenere alcune correzioni ottiche e prospettiche: loscalone in particolare, che si innestava sul fianco dell’atrio nonperpendicolarmente, bensì inclinato, avrebbe convogliato losguardo dell’osservatore verso la facciata della chiesa.

13 A. BACCI, Ulteriori osservazioni sulla basilica nomentanadi S. Agnese, in «Nuovo bullettino di archeologia cristiana»,12, 1906, pp. 77-88; A. P. FRUTAZ, Il complesso, cit., p. 47.

14 P. SAINI, D. RAVIGNANI, Il convento cit., p. 54. Gli au-tori suggeriscono che in epoca costantiniana vi fosse una sortadi ripido pendio anziché una scala definita.

15 A.P. FRUTAZ, Il complesso monumentale di S. Agnese,Città del Vaticano, 1976, p. 86, fig. 42.

16 Anon., Gesta Innocentii III, ed. A. MAI, Spicilegium Ro-manum, VI, Roma 1841, pp. 300-312.

17 A.P. FRUTAZ, Il complesso cit., p. 49, n. 50. Occorre ri-cordare che la basilica di S. Agnese era, nel XIII secolo, sog-getta a quella di S. Lorenzo al Verano, e rimase tale fino al

1855, quando nella basilica tiburtina i Canonici Regolari La-teranensi furono sostituiti dai Padri Cappuccini per volere dPio IX.

18 Anon., Gesta Innocentii III cit., pp. 302-303. 19 P. SAINI, D. RAVIGNANI, Il convento, cit., pp. 58-59. Gli

autori hanno messo gentilmente a disposizione di chi scrivel’intero studio da loro effettuato in occasione della loro tesi dilaurea presso la Facoltà di Architettura dell’Università diRoma La Sapienza nell’a.a. 1997-1998, relatore prof. G. Car-bonara, correlatore dott. arch. D. Esposito, di cui l’articolocitato costituisce un estratto.

20 A. P. FRUTAZ, Il complesso, cit., p. 85. Le piccole tran-senne murate vennero alla luce durante i lavori del 1949-1950. Oggi sono lasciate a vista entrambe, ed anche la cor-nice superiore del vano che doveva ospitarne una terza.

21 Ivi, p. 85, n. 116.22 Ibidem.23 Ivi, p. 85, n. 115. La richiesta, riportata da Frutaz, è al-

l’interno dell’Avviso di Roma del 24 giugno 1587: «tre cosegrandemente premono a’ i Frati di San Pietro in Vincola, chel’emolumento di Porta Pia, et del Ponte della Mentana go-duto da loro fin da Sisto 4° in quà, gli sia levato, per darlo àquel M.ro. Giovanni, et che si levino le porte di bronzo dellachiesa di Santa Agnese, della quale hanno la guardia, per farei colossi di quella materia di San Pietro, et di San Paolo chevanno sopra le colonne Antoniana, et Traiana».

24 R. LANCIANI, Storia degli scavi di Roma e notizie intornole collezioni romane di antichità, II, Roma 1903, p. 128. Nellibro dei conti di Domenico Fontana vi è un elenco del mate-riale utilizzato per la fusione della statua: «Una porta di me-tallo a S.a Agniesa tirata for.a con l’arg[an]o qual era giù soto-terra et si è bisognato rompere le soglie di marmo et tornate ariaccomodare (libre di peso 6185)... un mezo canone tolto inCastel S. Ang.o (libre 2690) e più per la portatura di un pezzodi pilastro di metallo antico tolto alla Retonda (libre 2630), epiù p hauer fatto levare e portare la porta di metallo tolta ap-presso la scala s.a à s. Gio - later.o peso lib. 2800 - e più phauer fatto portare una mezza colombri.a tolta al porto di s.Michele a Hostia - et più per hauer leuato di opera la portache era sotto al portigal di s. Pietro et sotto la statua del s. Pie-tro con calarla con l’argano et cond.ta sino alla Porta dellaMad.a della febre lib. 18225 - e più per hauer fatto portare daCiuitauecchia uno cannone alla Turchesca sino a Ripa».

25 Giuliano Della Rovere, oltre al restauro della basilica edello scalone, fece realizzare il campanile sul sito di una torredel XII secolo, e un palazzo cardinalizio, oggi costituente lacosiddetta Vecchia canonica, sopra allo scalone. Per un’analisie una cronologia degli interventi rovereschi in S. Agnese siveda L. FINOCCHI GHERSI, Ornamenti «all’antica» in alcunefabbriche commissionate dal Cardinale Della Rovere: architetti eproblemi di stile, in «Quaderni del Dipartimento PatrimonioArchitettonico e Urbanistico», III, 1993, pp. 86-87; E. GAM-BUTI, La basilica e il monastero di Sant’Agnese fuori le mura inetà moderna, tesi di laurea presso La Sapienza Università diRoma, Facoltà di Architettura, a.a. 2014-2015, relatore prof.A. Roca De Amicis, pp. 59-88.

26 La conformazione planimetrica degli edifici monasticiattuali, ad H, è dovuta ad una serie di ampliamenti effettuatinel corso del XIII secolo.

27 D. BARTOLINI, Gli atti del martirio della nobilissima vergineromana S. Agnese, Roma 1858, p. 110: l’autore riporta una rela-zione di Costantino Caetani, contemporaneo del Medici, dove

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Porticus Ecclesiae Sanctae Agnetis: lo scalone di accesso alla basilica onoriana

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sono descritti con precisione i restauri da questi intrapresi nelcomplesso. Sulla figura di Alessandro Dei Medici si veda A. ZUC-CARI, Arte e committenza nella Roma di Caravaggio, Torino 1984.

28 D. BARTOLINI, Gli atti, cit., p. 110; FRUTAZ, Il complesso,cit., pp. 52-53: Nella sua relazione Costantino Caetani, par-lando del Medici, scrive: «Ha alzata al pari del cortile la vecchiaporta della chiesa di s. Agnese, et dipinta la volta delle scale,quali ha illuminato con molte finestre dall’una e l’altra banda».

29 Lo scalone si innestava infatti nel fianco dell’atrio co-stantiniano, che doveva essere allo stesso livello della pavi-mentazione della grande basilica. Cfr. P. VENTURINI, La de-scrizione dell’edificio, cit., pp. 29-40.

30 A. P. FRUTAZ, Il complesso, cit., pp. 52-54.31 B. GUERRIERI BORSOI, I restauri romani promossi dal

cardinale Fabrizio Veralli in Sant’Agnese e Santa Costanza e laCappella in Sant’Agostino, in «Bollettino d’arte», 91, 2006,137-138, pp. 77-98 ma p. 77.

32 Ivi, p. 79.33 ASR, Trenta Notai Capitolini, Ufficio 22, vol. 30, f.

530r e v, «Capitoli et patti da osservarsi dal sotto scritto Capom. scarpellino nel far la scala di Marmo a s.ta Agnesa fuor diporta Pia qual fa fare l’Ill.mo et R.mo Sig. Card.le Veraldo»,18 giugno 1618. Nelle pagine precedenti e successive vi èun’altra copia del contratto. Il testo è una trascrizione diquello ufficiale, riportato a ff. 527-529.

34 Ivi: «s’obbliga […] che le lastre di marmo, egualmete se-gate ben spianate et pulite per quando si metteranno in operanon siano meno grosse dapertutto meno di once doi e mezzo,[…] s’obliga d.to m.ro far li scalini che siano larghi di pedanapalmi doi, alti otto in sino a nove once et le lastre che fanno ildisopra del scalino che sono grande once doi e mezzo, il restantemetter et suplire al altezza del scalino, che va sotto d.ta lastra farin modo tale che entri per incastro nel scalino da basso almenoun oncia, a causa si mantenghi in piedi che non caschi».

35 Ibidem; B. GUERRIERI BORSOI, I restauri romani, cit., p.77: «Detto mastro s’obliga di far la scala che va in ghiesa qual èlunga canne diciotto larga p.mi vintisette in circa, con li marmiche oggi si trovano in diversi luoghi dentro, et fuori di d.taghiesa ecetti l’incrostature di marmo che sono in opera et li piliintieri, che sononelli giardini di sopra, et altri luoghi et non ba-stando d.ti marmi promette suplire con suoi marmi, senza cheSua Sig.ria Ill.ma si senta di spesa alcuna».

36 L. NEPPI, Palazzo Spada, Roma 1975, p. 145 e figg. 4-11,A. P. FRUTAZ, Il complesso, cit., p. 86. Neppi pubblica le foto degliotto rilievi. Questi sono a soggetto pagano e raffigurano: Dedaloe Pasifae; Anfione e Zeto; Bellerofonte abbevera Pegaso; Adone ferito;Diomede e Ulisse, Paride e la ninfa Enone, Issifile assiste alla mortedi Ofelte; Paride ed Eros. L’intimismo con cui i miti sono rappre-sentati, l’eclettismo delle forme ed una plasticità temperata da in-serti quasi pittorici suggeriscono un autore dell’età di Adriano oal primo periodo degli Antonini, tra il 130 e il 160 d.C. e forseappartenente alla scuola di Afrodisia di Caria.

37 Ibidem.38 P. TESTINI, Archeologia cristiana, nozioni generali dalle

origini alla fine del secolo VI, Roma 1958, p. 562.39 Ibidem. Fanno eccezione la Siria, in cui si hanno pochi

esemplari, e l’Africa settentrionale che, pur contandone di-versi, mostra di non aver assimilato e sviluppato appieno la ti-pologia dell’atrio.

40 Ivi, p. 566. Esempi di esonartece sono quasi assenti inedifici basilicali romani.

41 R. BONELLI, C. BOZZONI, V. FRANCHETTI PARDO, Sto-ria dell’architettura medievale, Roma-Bari 2009, pp. 127-132.

42 Ordo Romanus Primus, a cura di E. G. Cuthbert, F. At-chley, London 1905. Gli Ordines erano, più che veri e proprilibri liturgici, delle guide specialistiche rivolte al clero per la con-duzione delle celebrazioni. L’Ordo Romanus Primus è stato rico-nosciuto come il più antico a noi noto, databile tra VII e VIII se-colo, e riporta l’organizzazione rituale delle messe stazionalicome doveva essere maturata nei due secoli precedenti.

43 S. DE BLAAUW, Cultus et decor, liturgia e architetturanella Roma tardoantica e medievale, Città del Vaticano 1994,p 59. Qualora all’interno delle mura cittadine fosse stata edi-ficata una chiesa dedicata ad un santo sepolto nel suburbio, lamemoria poteva essere trasferita ad essa.

44 L. CRETI, In marmoris arte periti, Roma 2009, p. 13.45 S. DE BLAAUW, Cultus et décor, cit., pp. 64-65.46 J. MABILLON, M. GERMAIN, Museum italicum seu collec-

tio veterum scriptorum ex bibliothecis italicis, Parigi 1687, p.83: «Ad descensum inscriptio est de indulgentiis loco conces-sis anno M CC L V I , tempore Lucias Abbatisse».

47 D. BARTOLINI, Gli atti del martirio della nobilissima ver-gine romana S. Agnese, Roma 1858, pp. 117-118: «Finalmenteessendo il pavimento antico irregolarmente composto da fran-tumi di marmo, e specialmente da iscrizioni tolte dalle vicinecatacombe oppure appartenenti a persone che quivi furonotumulate dopo l’edificazione della basilica, Benedetto XIII,sommo pontefice, ordinò che fosse rinnovato; in tale congiun-tura colle iscrizioni, che nella più parte furono tolte dal pavi-mento vennero decorate le due pareti della scala laterale».

48 C. MARCHEI, Santa Maria in Trastevere, Cinisello Bal-samo 1999, pp. 31-34. Esempi di collezioni di epigrafi alle-stite nello stesso modo, affisse o murate alle pareti, soprattuttoin ambienti di pertinenza degli edifici cultuali legati ad un ci-mitero ipogeo, sono oggi visibili in altri complessi romani,quali il chiostro di S. Lorenzo fuori le mura o quello dei SS.Quattro Coronati. Nel manoscritto di U. Giordani, Diario discavi nel cimitero di Sant’Agnese intorno alla sua basilica, 1865-1891 con annotazioni fino al 1901, pp. 274-276 (ArchivioParrocchiale di Sant’Agnese) sono riportate alcune notizie ri-guardanti la collezione epigrafica di S. Agnese: «È qui tutto aproposito che io dica come le lapidi di questo scalone a partiredal 1859 in cui vi scesi per la prima volta, non erano così nu-merose come presentemente. In quel tempo esistevano sol-tanto le incassate dentro il muro ai tempi di Benedetto 13. Lesporgenti in fuori furono collocate, meno alcune, per cura delComm. De Rossi, che doveva agire in nome e per mandato delMinistero delle Belle Arti sotto il Governo Pontificio. (anno1862 o 63). […] alcune ivi sono state messe da me». L’interacollezione lapidaria è stata staccata e riordinata nel 1974 (inproposito si veda A. P. FRUTAZ, Il complesso, cit., p. 87).

49 A. BOSIO, Roma sotterranea, Roma 1632.

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Emanuele Gambuti

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Personnage essentiel dans l’histoire de l’architectureeuropéenne du XVIe siècle, Sebastiano Serlio doit ce sta-tut à ses succès comme théoricien et inspirateur. Encomparaison, son œuvre bâti fut en effet réduit, l’archi-tecte n’ayant obtenu que peu de commandes en France,où il s’installa en 1541. Cette rareté rend d’autant plusimportantes ses quelques réalisations construites, parmilesquelles se signalent en premier lieu le châteaud’Ancy-le-Franc et la résidence qu’il conçut pour le car-dinal Hippolyte d’Este à Fontainebleau. Cet hôtel –comme le nomment les Français – ou villa – pour lesItaliens – a été détruit au XVIIIe siècle et seul en subsistele portail (fig. 1). Les divers documents écrits et figurésle concernant, collectés un à un depuis le début du XXe

siècle, ont néanmoins peu à peu permis d’en préciserl’histoire et les dispositions. Ils ont ainsi notamment étéexploités par Sabine Frommel, dans sa grande synthèsesur l’architecte bâtisseur, pour restituer les différentesétapes de sa construction1. La découverte d’un nouveaudocument vient toutefois rectifier la chronologie propo-sée et, de ce fait, modifier notre compréhension du re-gard qu’ont porté les contemporains sur ce bâtiment.

Deux projets pour un seul chantier ?

Grâce à un marché de construction publié en 1975 parFrançois-Charles James, on sait que les travaux duGrand Ferrare commencèrent en 15422: le 3 mars, lesmaçons Jean et Toussaint Richer s’engagèrent à bâtir lecorps principal, au fond de la cour, et une aile, à droite3.Le premier renfermait entre autres le logement du car-dinal, disposé au-dessus d’un sous-sol voûté. L’aile,moins élevée, était dévolue aux services. Sabine From-mel a conclu que ce premier projet, modeste, avait étémodifié dès 1543, au cours même des travaux : on au-rait alors ajouté à gauche de la cour une seconde ailerenfermant une galerie et une chapelle4 (fig. 1, H). Pourrelier cette extension à ce que l’on avait déjà commencéà construire, il aurait fallu prolonger le corps principal,ce qui aurait permis d’ajouter au logement du cardinalune pièce supplémentaire (fig. 1, M) ainsi qu’un petitescalier en vis menant aux sous-sols où furent aménagésdes bains. Par ailleurs, afin de donner à la cour une

forme carrée, la nouvelle aile aurait été conçue pluslongue que celle déjà existante. Cette dernière auraitdonc été à la même occasion prolongée et surélevéepour atteindre la même hauteur que le corps en fond decour. Enfin, aurait été aménagée en même temps, àdroite, une basse-cour accessible depuis la cour princi-pale par un passage percé à travers l’aile des services.Toutes ces modifications auraient été décidées avantque le chantier lancé en 1542 n’ait été achevé. Certainesd’entre elles auraient été en cours de réalisation en1544, date à laquelle les autres auraient déjà été termi-nées. Un précieux registre de comptes conservé aux Ar-chives de Modène atteste en effet que des travauxétaient en cours cette année-là, sans toutefois que leurdétail soit toujours clair. L’ensemble de l’édifice auraiten tout cas été achevé pour le banquet que le cardinaloffrit au roi François Ier en mai 1546. Seul aurait été ra-jouté par la suite un jeu de paume : disposé derrièrel’aile de la galerie, en pendant de la basse-cour, il futinauguré en novembre 1547.

La découverte d’un nouveau marché conduit toute-fois à remettre en cause cette chronologie. Par cet acteconclu le 7  juin 1547 avec le vicaire du cardinal, lemême maçon Jean Richer s’engagea en effet à construirenon seulement le jeu de paume, mais aussi la galerie etla chapelle (fig. 3). Celles-ci furent donc élevées quatreans plus tard que ce que l’on pensait. Plus générale-ment, cet acte inédit montre que l’histoire du GrandFerrare fut plus complexe que celle supposée jusqu’àprésent : cet édifice ne résulta pas de deux grands projetschronologiquement proches et exécutés au cours d’uneseule phase de travaux, mais fut progressivement étenduau cours de plusieurs campagnes successives.

Les trois campagnes de travaux

Le premier marché de 1542 atteste que l’hôtel dontHippolyte d’Este ordonna alors la construction à Fon-tainebleau était seulement composé d’un corps de bâti-ment en fond de cour et d’une aile de services disposéeperpendiculairement à droite5, suivant une dispositionen L que l’on retrouve dans bien d’autres chantiers com-parables des mêmes années6. Le corps principal, dressé

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Sebastiano Serlio à l’œuvre :les conséquences d’une révision de la chronologiedu Grand FerrareETIENNE FAISANT

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