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Prova 7 I media digitali A Il candidato svolga la seguente traccia, con riferimenti alle sue conoscenze in ambito sociologico, antropologico e pedagogico. «I media digitali fanno parte della nostra cultura. Aumentano la nostra produttività, facilitano la vita e rappresentano un importante strumento di intrattenimento. Il mondo moderno, dalla distribuzione del cibo alla mobilità, dall’amministrazione alla medicina, sarebbe destinato a crollare senza un’elaborazione digitale delle informazioni. Non si tratta dunque di combatterli o addirittura eliminarli. Tuttavia sappiamo anche che i media digitali hanno un elevato potenziale di dipendenza e sul lungo periodo danneggiano l’organismo (stress, insonnia, sovrappeso, con tutti i danni collaterali del caso) e soprattutto la mente. Il cervello avvizzisce, perché non viene più stimolato, lo stress distrugge i neuroni e le cellule appena nate non sopravvivono perché non vengono utilizzate. La demenza digitale si caratterizza sostanzialmente per la crescente incapacità di utilizzare e di controllare appieno le prestazioni mentali, ossia di pensare, volere, agire, di sapere che cosa accade, dove ci troviamo e, in ultima analisi, chi siamo. Si instaura così un circolo vizioso di perdita di controllo, progressivo declino mentale e fisico, decadenza sociale, isolamento, stress e depressione; la qualità della vita ne risulta limitata e a volte subentra una morte precoce». M. Spitzer (2012), Demenza digitale. Come la nuova tecnologia ci rende stupidi, Garzanti, Milano 2013 Alla luce delle conoscenze acquisite nello studio delle scienze umane, il candidato provi a delineare: 1. le caratteristiche dei new media rispetto ai media tradizionali; 2. la tensione esistente fra interessi economici dell’industria digitale, richieste di intrattenimento e bisogni educativi reali dei più giovani; 3. le possibili difficoltà incontrate nello studio dagli alunni nativi digitali e ipertecnologici; 4. il ruolo della media education nell’apprendimento di una modalità corretta di utilizzo dei media digitali. Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A. 1

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Prova 7

I media digitali

A Il candidato svolga la seguente traccia, con riferimenti alle sue conoscenze in ambito sociologico, antropologico e pedagogico.

«I media digitali fanno parte della nostra cultura. Aumentano la nostra produttività, facilitano la vita e rappresentano un importante strumento di intrattenimento. Il mondo moderno, dalla distribuzione del cibo alla mobilità, dall’amministrazione alla medicina, sarebbe destinato a crollare senza un’elaborazione digitale delle informazioni. Non si tratta dunque di combatterli o addirittura eliminarli. Tuttavia sappiamo anche che i media digitali hanno un elevato potenziale di dipendenza e sul lungo periodo danneggiano l’organismo (stress, insonnia, sovrappeso, con tutti i danni collaterali del caso) e soprattutto la mente. Il cervello avvizzisce, perché non viene più stimolato, lo stress distrugge i neuroni e le cellule appena nate non sopravvivono perché non vengono utilizzate. La demenza digitale si caratterizza sostanzialmente per la crescente incapacità di utilizzare e di controllare appieno le prestazioni mentali, ossia di pensare, volere, agire, di sapere che cosa accade, dove ci troviamo e, in ultima analisi, chi siamo. Si instaura così un circolo vizioso di perdita di controllo, progressivo declino mentale e fisico, decadenza sociale, isolamento, stress e depressione; la qualità della vita ne risulta limitata e a volte subentra una morte precoce».

M. Spitzer (2012), Demenza digitale. Come la nuova tecnologia ci rende stupidi, Garzanti, Milano 2013

Alla luce delle conoscenze acquisite nello studio delle scienze umane, il candidato provi a delineare:

1. le caratteristiche dei new media rispetto ai media tradizionali;2. la tensione esistente fra interessi economici dell’industria digitale, richieste di

intrattenimento e bisogni educativi reali dei più giovani;3. le possibili difficoltà incontrate nello studio dagli alunni nativi digitali e

ipertecnologici;4. il ruolo della media education nell’apprendimento di una modalità corretta di utilizzo

dei media digitali.

B Il candidato risponda in modo chiaro e sintetico a tre dei seguenti quesiti.

a. Come si possono definire i mass media?

b. Qual è il contributo dei supporti multimediali e dei media digitali alla ricerca antropologica?

c. Che cosa si intende con “didattica multimediale”?

d. Che cos’è la stratificazione sociale e quali sono le principali teorie sociologiche della stratificazione?

e. Che cosa differenzia il matrimonio razionale da quello romantico?

f. La funzione didattica del materiale sensoriale montessoriano.

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A

Analisi della traccia

Il brano proposto riguarda un argomento di scottante attualità, che non si riferisce solo all’ambito educativo, ma ha anche notevoli implicazioni sociali, politiche ed economiche. Manfred Spitzer, l’autore del libro Demenza digitale, da cui è tratto il passo citato, è uno psichiatra e un neurobiologo dell’Università di Ulm, in Germania, che conduce da molti anni ricerca nell’ambito della neurodidattica. La sua tesi è che i media digitali, che sono ormai indispensabili al funzionamento della nostra società, costituiscono tuttavia un pericolo per la salute psicofisica di bambini e ragazzi tanto più grave quanto minore è l’età di fruizione, poiché, se vengono utilizzati frequentemente, possono creare dipendenza; in molti bambini e adolescenti provocano insonnia, stress, obesità, isolamento sociale e depressione; sottraggono tempo e risorse ad attività di apprendimento più efficaci e, soprattutto, possono pregiudicare il normale processo di crescita del cervello, provocando danni irreparabili allo sviluppo mentale, alle capacità di controllo, alle competenze sociali, che sono paragonabili alla demenza senile.

La consegna chiede di riflettere sui media digitali attingendo alle scienze umane, e quindi con riferimenti teorici, attenendosi ai seguenti punti:

1. esporre le caratteristiche dei media digitali che li differenziano dai media tradizionali;2. argomentare quali interessi anche divergenti sono in gioco in questo ambito fra aziende

produttrici, richieste di intrattenimento (da parte di bambini, ragazzi e famiglie) e reali bisogni educativi;

3. argomentare quali problemi comportano i media digitali rispetto allo studio e all’apprendimento;

4. argomentare il ruolo della media education in questa situazione.

Il tema è quindi espositivo-argomentativo, con prevalenza dell’aspetto argomentativo. Le discipline coinvolte sono la sociologia e la pedagogia, ma potrebbe essere utile anche qualche nozione di psicologia.

Le parole-chiave sono media digitali, dipendenza, stress, insonnia, sovrappeso, controllo mentale, demenza digitale, declino mentale e fisico, decadenza sociale, depressione, qualità della vita, interessi economici, richieste di intrattenimento, bisogni educativi, apprendimento, media education.

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Brainstorming

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Suggerimenti per lo svolgimento

Si può affrontare bene un argomento come la demenza digitale se si è letto almeno qualche articolo o qualche sintesi di ricerche sul tema dei media digitali e della televisione. Molto di ciò che sappiamo sul rapporto fra bambini e televisione può essere utilizzato anche in questo ambito. Si può ricordare che, sui media, esistono da decenni due fronti contrapposti fra gli esperti, che Umberto Eco ha definito apocalittici (ovvero critici e pessimisti) e integrati (ovvero favorevoli e ottimisti). Fra gli integrati possiamo citare il noto giornalista statunitense Marc Prensky, che parla di saggezza digitale e di potenziamento digitale (vedere articolo in bibliografia). Il professor Spitzer – chiaramente un apocalittico – fa però presente nel suo libro che, mentre esistono centinaia di studi scientifici che dimostrano gli effetti psicofisici dannosi e spesso irreparabili dei media digitali sui bambini (nel libro lui ne cita 400 dalle università più prestigiose), non se ne trovano che dimostrino in modo evidente gli effetti positivi sull’apprendimento e questo genera gravi preoccupazioni sul futuro della generazione dei nativi digitali, ovvero dei bambini nati nell’era di Internet e dei videogiochi. Fra le due fazioni vanno ovviamente considerati da un lato gli innegabili e straordinari vantaggi delle tecnologie digitali per la vita umana, a cui accenna Spitzer, e dall’altro gli altrettanto innegabili interessi economici delle aziende produttrici.

I media digitali (PC e tablet, Internet, videogiochi, CD, DVD, chat line e social network, smartphone, TV digitale on demand), come le telecomunicazioni, la radio, il cinema o la televisione analogica potenziano la comunicazione umana, superando alcuni limiti della comunicazione faccia a faccia come la distanza, il numero dei partecipanti e la labilità dei messaggi, ma si caratterizzano rispetto agli altri media anche per il fatto di superare l’assenza di trasducibilità (ovvero di trasferibilità da un codice all’altro) e di interattività, consentendo di trasferire e riprodurre immagini, testi, suoni attraverso i codici informatici e di interagire con lo strumento tecnologico per scegliere quando e come usarlo in base alle proprie esigenze personali. Inoltre, i new media sono veloci, hanno portata globale, dispongono di una memoria enorme, consentono di far interagire più soggetti contemporaneamente, permettono l’automazione delle operazioni, hanno una struttura ipertestuale e non sequenziale (si pensi alla navigazione su Internet). Ci si può soffermare a distinguere le particolarità dei principali media digitali. Occorre ricordare, però, che non tutti gli strumenti digitali sono considerati new media, ma solo quelli utilizzati per la comunicazione di massa; non sarebbe perciò corretto classificare in questa categoria, per esempio, i dispositivi per la lettura digitale o gli strumenti digitali per la sintesi vocale o la comunicazione facilitata, usati in alcuni casi di disabilità. Negli Stati Uniti e in diversi paesi europei i ragazzi fra gli 8 e i 18 anni trascorrono mediamente circa 7 ore e mezza al giorno sui media digitali, che salgono a oltre 10 se consideriamo che spesso più media vengono fruiti contemporaneamente (multitasking).

Quando si parla dei danni prodotti da un uso inconsapevole dei media digitali, sarebbe meglio distinguere tra diversi tipi di effetti: in primo luogo, gli effetti comportamentali dei contenuti (aumento della violenza e dell’aggressività, specie con i videogiochi “sparatutto”, diminuzione dell’empatia e desensibilizzazione alla violenza nel mondo reale, rappresentazione distorta delle norme e delle relazioni interpersonali, riduzione della motivazione allo studio, dipendenza); in secondo luogo, gli effetti cerebrali e cognitivi dell’utilizzo, indipendentemente dai contenuti (riduzione della manualità e della capacità di elaborazione, disturbi dell’attenzione e della memorizzazione, disturbi nella lettura e nella scrittura, ritardi nel linguaggio, morte dei neuroni, riduzione dell’autocontrollo); in terzo luogo, gli effetti psicofisici e sociali dovuti alla situazione di fruizione (sovrappeso, isolamento, scarso movimento, stress e insonnia, depressione, sottrazione di tempo alla lettura cartacea o digitale, allo studio, all’attività fisica e manuale, alla frequentazione diretta degli amici, cosa che produce non di rado isolamento sociale. In particolare, questi effetti

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sono catastrofici se l’utilizzo abituale inizia prima dei due anni, perché il tempo dedicato ai media è sottratto all’apprendimento delle strutture cognitive fondamentali e alla socialità.

I danni all’apprendimento scolastico, dice la maggior parte delle ricerce neuroscientifiche, sono tanto più gravi quanto minore è l’età degli utilizzatori per la ragione che il cervello è in crescita e che, occupato in attività cognitivamente povere, non riesce a costruirsi attivamente i percorsi neurali necessari allo sviluppo delle capacità superiori. Un cervello in crescita, infatti, ha bisogno soprattutto di interagire attivamente con l’ambiente per svilupparsi; come insegna saggiamente da secoli la pedagogia dell’imparar facendo, usare le mani per manipolare gli oggetti in modi diversi getta le basi per gli apprendimenti teorici più complessi. L’uso di uno strumento digitale richiede invece il solo movimento di scorrimento sullo schermo o di digitazione di tasti, e quindi non consente un uso attivo delle mani e lo sviluppo di diverse aree cerebrali. Per chi inizia a utilizzare il PC in età adulta il problema non si pone, poiché essendo cresciuti senza il digitale hanno avuto la possibilità di strutturare un pensiero critico e complesso prima di usare i nuovi media. Fra i problemi da affrontare: l’attività di studio in multitasking (cioè con Internet acceso, con la consolle di gioco funzionante o in contatto con gli amici tramite il cellulare), che riduce moltissimo il tempo dei compiti e genera distraibilità; la tendenza ad affidarsi al web per immagazzinare informazioni, che spinge a non memorizzarle attivamente perché si sa di poterle ritrovare in un attimo on line; la difficoltà a elaborare in profondità e in modo autonomo i contenuti letti, per l’abitudine al “copia e incolla” (grazie al quale sembra di sapere per il solo fatto di aver copiato dei dati da Internet); le difficoltà nel linguaggio, nella lettura e nella scrittura; la riduzione della motivazione allo studio, per la concorrenza dell’intrattenimento digitale.

Tra gli effetti indesiderati dell’utilizzo dei tablet e talvolta della LIM a scuola, Spitzer rileva la facilità con cui i bambini smettono di rielaborare attivamente i contenuti e di usare le mani per scrivere, oltre a distrarsi più facilmente. I media digitali sono un oggetto molto attraente per un bambino; per questo motivo purtroppo l’aspetto ludico tende a prevalere sul fine didattico. Soprattutto, inducono alla dipendenza (in Corea del Sud, dove è nata l’espressione “demenza digitale”, il 12% dei ragazzi è dipendente in modo patologico dai media digitali), come il fumo o le droghe, poiché stimolano gli stessi circuiti cerebrali della ricompensa. D’altra parte, le macchine per insegnare hanno nei decenni suscitato ciclicamente l’entusiasmo degli innovatori, e anche cinema, radio e televisione hanno creato molte aspettative al loro arrivo: si ricordi le macchine di Skinner, ormai abbandonate, e di recente l’e-learning, utilizzato soprattutto per gli adulti, che non hanno soddisfatto le promesse quando applicati all’insegnamento scolastico, per l’evidente ragione che sono noiosi e di scarsa utilità, se non per gli allievi più capaci. Si apprende molto meglio, specie nei primi anni di scuola, attraverso il rapporto personale con un insegnante e con altri allievi, dato che il nostro è un cervello sociale, e attraverso l’attività manuale, dato il ruolo fondamentale delle mani nello sviluppo del cervello, come abbiamo già detto.

Sarebbe perciò opportuno che insegnanti e genitori fossero consapevoli dei rischi di un uso acritico delle tecnologie digitali e che non riponessero una fiducia salvifica nelle macchine, confondendo lo strumento con l’attività didattica, nonostante la pubblicità suggerisca effetti miracolosi sull’apprendimento e nonostante i ragazzi richiedano con insistenza l’acquisto dei media digitali. Molte ricerche indipendenti mettono in luce che spesso bambini e ragazzi nativi digitali hanno difficoltà a distinguere fra mondo reale e mondo virtuale (come già osservavano Popper e Condry in Cattiva maestra televisione), investono di affettività il loro cellulare come se fosse un amico (si attivano le stesse aree cerebrali che sono coinvolte nei sentimenti di amore), passano più tempo con lo smartphone e con i videogiochi che con gli amici, e usano programmi e applicazioni inadatti alla loro età, mettendosi talvolta in pericolo. Gli adulti possono esercitare la loro influenza

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educativa conoscendo meglio il mondo virtuale, controllando di più e suggerendo riflessioni critiche sui limiti e sui pericoli degli strumenti digitali, nonché sul carattere non disinteressato dell’informazione pubblicitaria.

Una riflessione sulla “competenza digitale” potrebbe introdurre il discorso sulla media education: spesso si intende superficialmente come competenza digitale il semplice fatto di saper utilizzare un software per il quale bastano poche ore di addestramento autonomo, come se guidare un’auto bastasse per definirsi esperti di motori. In realtà, occorre molto di più per definirsi competenti: conoscere il funzionamento del dispositivo, saper costruire un software, avere senso critico, disporre di conoscenza esperta, distinguere fra reale e virtuale, saper sfruttare le potenzialità del mezzo utilizzato. I media digitali non vanno demonizzati o ignorati; vanno compresi e valutati criticamente. La media education, intesa come uso critico e consapevole delle nuove tecnologie, potrebbe aiutare a riportare i media digitali alla loro funzione di semplici strumenti (protesi li definisce Bruner) – privi di connotazioni magiche o miracolose – per ottenere informazione e intrattenimento, nella consapevolezza che conoscenza e informazione non sono la stessa cosa, che senza conoscenza precedente l’informazione è priva di utilità e che non tutti i tipi di intrattenimento costituiscono esperienze valide o almeno neutre. Un esempio di utilizzo didattico di Internet per studenti della scuola secondaria potrebbe essere l’apprendimento di un metodo di selezione delle fonti quando si fa una ricerca su Google, che richiede conoscenze sull’argomento e capacità di fare le domande giuste. Ma la conoscenza si costruisce con il dialogo, con l’attività manuale, con l’acquisizione degli strumenti concettuali (Bruner) e con la lettura; perciò i media digitali andrebbero utilizzati solo con i ragazzi più grandi, quando il sapere si è già consolidato a sufficienza. La dipendenza dal digitale, più diffusa fra i maschi, può essere una causa di insuccesso scolastico, specie per i ragazzi socialmente svantaggiati, che vengono penalizzati dalle nuove tecnologie (knowledge gap). Nella scuola d’infanzia e soprattutto nella scuola primaria può invece essere utile l’analisi critica dei programmi televisivi e della pubblicità. I media digitali dovrebbero essere incontrati più tardi possibile, per evitare i rischi della dipendenza, che, acquisita in età infantile, è molto difficile da combattere. Anche i genitori potrebbero ricevere un aiuto consistente da una corretta educazione ai media digitali.

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Scaletta

1 Definizione di media digitali Differenze fra i media tradizionali e quelli digitali Elenco dei media digitali Peculiarità dei diversi media digitali (per es. Internet, i

social network, smartphone e videogiochi)2 Interessi divergenti fra aziende produttrici,

domanda di consumo e bisogni educativi dei più giovani

Pressione commerciale delle aziende sui minori e sui genitori attraverso la pubblicità, con l’argomento persuasivo dell’effetto positivo sull’apprendimento

Divisione degli esperti fra apocalittici (Spitzer, Postman per es.) e integrati (Prensky)

Potere attrattivo dei media digitali sui bambini e sui ragazzi (trasgressione, sfida, divertimento, bisogni di sentirsi aduli e di mettersi alla prova…)

Bisogni educativio per i più piccoli: esplorazione attiva, uso

delle mani, interazione sociale ricca, stimoli ambientali

o per i più grandi: competenze sociali, empatia, profondità di elaborazione delle conoscenze, autocontrollo, capacità di concentrazione, senso critico, strutturazione delle conoscenze, bisogni identitari

3 I danni delle tecnologie digitali su bambini e ragazzi a livello mentale, fisico, sociale, comportamentale e scolastico

Effetti comportamentali dei contenuti (cfr. anche le ricerche sugli effetti dei contenuti televisivi: Gerbner, Murray, Bandura, Pratkanis e Aronson, per esempio)

Effetti cerebrali e cognitivi dell’utilizzo, indipendentemente dai contenuti

Effetti psicofisici e sociali dovuti alla situazione di fruizione

Danni irreparabili se l’utilizzo comincia prima dei due anni di età

4 L’utilizzo didattico dei new media Problemi tecnici nell’utilizzo a scuola dei tablet, distraibilità, scarsa utilità, specie nella scuola primaria

Possibile utilizzo delle LIM per integrare la lezione faccia a faccia, ma attenzione a non evitare il lavoro di scrittura manuale e di elaborazione autonoma dei ragazzi

New media come strumenti (protesi, come dice Bruner) e non come sostituti di un apprendimento attivo

Utilizzo dei media in forme di apprendimento cooperativo

Necessità della formazione dei docenti, ma senza aspettative miracolistiche (l’apprendimento dipende molto dalla relazione e dalla motivazione intrinseca, non dallo strumento)

Necessità di tenere lontani più a lungo possibile i bambini dai media digitali per evitare la dipendenza

5 La media education come uso critico e competente dei media digitali

Definizione di competenza digitale Uso critico degli strumenti digitali (selezionare e

classificare le informazioni, distinguere fra reale e virtuale, scegliere le fonti attendibili, non lasciarsi manipolare, essere consapevoli dei rischi)

Sviluppo delle potenzialità dei media digitali, ma sempre accompagnate dal potenziamento di abilità di lettura e di comprensione, di confronto e di dialogo, di costruzione interpersonale della conoscenza.

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Per approfondire

Nella breve bibliografia che segue si possono trovare alcune fonti utili per un approfondimento, oltre al libro di Spitzer già citato nella traccia, molto ricco di spunti e di agevole lettura.

M. Spitzer (2012), Demenza digitale. Come la nuova tecnologia ci rende stupidi, Garzanti, Milano 2013

M. Prensky (2010), H. Sapiens Digitale: dagli Immigrati digitali e nativi digitali alla saggezza digitale, TD-Tecnologie Didattiche, 50, pp. 17-24 (http://www.tdjournal.itd.cnr.it/files/pdfarticles/PDF50/2_Prensky.pdf)

Turkle, S (2011), Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri, Codice, Torino 2012.

A. Liuzzo, La competenza digitale, Treccani Scuola (http://www.treccani.it/scuola/archivio/life_long_learning/Cammarano_7/Liuzzo_html)

J. P. Murray (2008), Media Violence. The Effects Are Both Real and Strong, American Behavioral Scientist, Vol. 51, Number 8 (April 2008), pp. 1212-1230 (http://www.stmarys-ca.edu/sites/default/files/attachments/files/murray%20unannotated.pdf) [questo articolo in inglese, scaricabile in PDF, è un’importante rassegna di cinquant’anni di studi sugli effetti della violenza in TV sui bambini. Una traduzione parziale si trova sul manuale di Scienze umane A. Bianchi - P. Di Giovanni, La dimensione psicologica, Pearson Italia , Torino 2012, pp. 324-326].

Popper K. R., Condry J., Cattiva maestra televisione, Reset, 1994 (Marsilio, 20023). Disponibile online all’indirizzo: http://it.scribd.com/doc/90165104/Popper-Condry-Clark-Cattiva-Maestra-Televisione#scribd

Molti siti Internet dedicati alla psicologia e alle neuroscienze descrivono diffusamente i danni prodotti sui bambini dall’esposizione alla TV e ai media digitali. Basta digitare “televisione danni sui bambini” o “televisione effetti negativi sui bambini”.

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