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Premessa Il presente documento si propone di fornire, in modo sintetico, il quadro delle regole di rendicontazione dei programmi comunitari e dei relativi riflessi fiscali, previdenziali, assicurativi, contrattuali. Si avverte che le considerazioni svolte sono di carattere generale, dovendo essere integrate con le regole dettate dalla base giuridica di ciascun programma comunitario e tenendo conto delle collegate conseguenze sulla gestione amministrativa. Nozioni base sui programmi comunitari Un “programma comunitario” è “qualunque azione, insieme di azioni o altra iniziativa comportante una spesa che, secondo l'atto di base o l'autorizzazione di bilancio relativi, deve essere attuata dalla Commissione a favore di una o più categorie di beneficiari specifici”. Spesso la Commissione può attuare il programma direttamente con il proprio apparato burocratico (è ed il caso più frequente), o anche attraverso autorità nazionali (si pensi alle Regioni e ai Ministeri nel caso del Fondo Sociale Europeo) o per mezzo di stati terzi o organizzazioni internazionali. L’aspetto qui più interessante dei programmi comunitari è la tipologia di spesa. In particolare si può ricordare che la maggior parte dei programmi comunitari viene attuata attraverso i grant (o sovvenzioni). In questo caso il contributo della Commissione (anche attraverso altri organi, come si è detto) viene pagato come percentuale delle spese (delle spese ammissibili) sostenute dai beneficiari. In questi casi, i beneficiari dovranno “rendicontare” e cioè individuare le spese ammissibili e provare il rispetto dei principi di rendicontazione. I programmi possono essere attuati anche attraverso altre modalità di spesa come i tender (appalti), i mutui e le garanzie (loan, guarantee), le partecipazioni (partecipation). Nel presente documento ci si occuperà della rendicontazione dei grant.

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1. PRINCIPI GENERALI Regole di rendicontazione A meno di diversa disposizione della base giuridica del programma comunitario, i costi da rendicontare devono rispettare i seguenti principi PRINCIPIO DI INERENZA Un costo è ammissibile quando il bene o servizio, rappresentati dal costo, devono essere necessariamente utilizzati nell’attività prevista dal progetto PRINCIPIO DI COMPETENZA TEMPORALE I costi devono essere stati sostenuti durante il progetto. I costi si considerano sostenuti:

- se durante il progetto si è utilizzato il relativo bene o servizio - se durante il progetto di è assunta l’obbligazione di pagare

Si precisa che i “beni durevoli” sono rendicontabili anche se acquistati prima dell’inizio del progetto, purché il periodo di ammortamento non sia terminato. PRINCIPIO DEL COSTO REALE I costi imputati debbono essere effettivamente sostenuti. E’ esclusa l’imputazione del valore di quei beni o servizi: calcolato in modo forfetario, medio o presuntivo; se i relativi beni o servizi sono messi a disposizione da terzi a titolo gratuito; se i costi sono sostenuti con il contributo pubblico e di altri programmi comunitari, nazionali ed internazionali. PRINCIPIO DEL RISPETTO DELLA DISCIPLINA CONTABILE. I costi sono ammissibili se determinati nel rispetto della disciplina nazionale o interna, purché questa non sia in contrasto con la disciplina comunitaria.

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2. COSTI NON RENDICONTABILI Regole di rendicontazione La lista dei costi ineleggibili dipende dalla base giuridica del programma. Generalmente non sono rendicontabili gli interessi passivi, le spese eccessive o inutili per il progetto, le spese di rappresentanza, le perdite su crediti o su cambi, e tutti i costi che non rispettano le regole di rendicontazione. Nel Quinto e nel Sesto Programma Quadro di RST non sono eleggibili i tributi. Tra questi l’IVA, i dazi doganali, le accise, se identificabili. Per l’IRAP, con riferimento specifico al Sesto Programma Quadro di RST, è intervenuta, dopo diversa interpretazione, la circolare del 23 maggio 2005. Risvolti tributari e contrattuali Aspetti IVA La non eleggibilità dell’IVA deriva dalla sostanziale neutralità dell’imposta nel sistema delineato a livello europeo. Accordi internazionali stabiliscono principi di detassazione indiretta attraverso la classificazione in regime di non imponibilità di alcune operazioni effettuate a beneficio di alcuni enti ed organismi internazionali. Fra questi il numero 3 del terzo comma dell’art.72 del D.P.R.633/1972 fissa un regime di non imponibilità per le operazioni (cessioni) effettuate agli organismi di governo dell’attuale Unione Europea. La disposizione è sicuramente correlata all’art.15, paragrafo n.10 della Direttiva CE n.388/1977 1 ove viene genericamente disposta la detassazione delle operazioni destinate ad organismi internazionali. Il richiamato art.72 del DPR. 633/1972 così recita 2: "Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi non soggette all'imposta ai sensi del primo comma (dell'art.72 trattasi di agevolazioni previste da accordi internazionali), sono equiparate alle operazioni non imponibili di cui agli artt.8, 8-bis e 9 ... e tali disposizioni si applicano anche alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi effettuate alle Comunità Europee (le quali acquistano) nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, anche se effettuate ad imprese od enti per l'esecuzione di contratti di ricerca e di associazione conclusi con le dette Comunità, nei limiti per questi ultimi della partecipazione della comunità stessa". Quindi la norma che prevede la non imponibilità trova la sua concreta operatività nel momento in cui il rapporto fra soggetto nazionale (soggetto passivo IVA a norma dell’art.4 del DPR.633/1972), si configura come operazione rilevante IVA (presupposto oggettivo art.2 e/o 3 del DPR.633/1972), cioè trattasi di cessione di beni e/o prestazioni di servizi. L’agevolazione trova inoltre una sua estensione (in legame oggettivo e soggettivo), anche agli acquisti effettuati da soggetti che hanno concluso con la Comunità contratti tendenti all’esecuzione di cessione e/o prestazioni sempre a vantaggio della medesima Commissione UE, anche se ponendo un limite di

1 E discende dalle disposizioni contenute nel Protocollo delle immunità di cui al Trattato CEE ratificato con Legge 437/1966. 2 Estratto dal contenuto dei commi a, 2 e 3, numero 3 dell'art.72 DPR. 633/1972.

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oggetto e cioè che le attività contrattuali siano connesse esclusivamente ad attività di ricerca svolta direttamente ovvero in associazione 3. Ciò con il chiaro intento di evitare che, in modo indiretto, la Commissione possa essere sottoposta al prelievo IVA quando l’altro contraente sia soggettivamente impossibilitato all’esercizio della detrazione dell’imposta pagata sugli acquisti da lui effettuati in rapporto al contratto con la CE (cioè non abbia la qualifica, anche solo limitatamente a quelle operazioni, di soggetto passivo IVA). Per addivenire a soluzioni interpretative fondate è indispensabile pertanto chiarire il significato, in relazione al linguaggio usato dall'estensore degli schemi contrattuali comunitari ed in correlazione con le indicazioni contenute nell'art.72, DPR. 26 Ottobre 1972 n. 633, di alcune definizioni ricorrenti, il cui uso errato può determinare errori nella rotta al riguardo dell'applicazione o meno dei benefici di non assoggettamento ad IVA. Cosa può intendersi per contratto di ricerca, contratto di associazione, finanziamento finalizzato con gestore dei fondi nazionale costituito sotto forma di Ministero, Ente Locale Territoriale, Consorzio di soggetti pubblici e/o privati, sono fra gli interrogativi su cui si basano gli elementi di maggiore incertezza. Come già precisato la maggioranza delle erogazioni da parte della Commissione delle Comunità Europee, che vede coinvolte le Università, è relativa al settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico ed il contratto tipo maggiormente utilizzato viene redatto secondo il riferimento allo specifico programma quadro delle azioni comunitarie di sostegno e coinvolgimento diretto nelle attività di ricerca. Nei predetti schemi contrattuali gli attori in causa vengono normalmente identificati nella CEE e nella controparte sottoscrittrice del contratto. La controparte che interviene nell'ambito del programma di ricerca trova diversa identificazione in base alla partecipazione che si realizza a vario titolo. Tali soggetti vengono generalmente riconosciuti nella figura del/dei 4: − Contraenti Principali; − Coordinatore; − Contraenti ausiliari; − Sub – contraenti; − Contraenti complementari; − Contraenti consociati. Voler a priori definire il trattamento tributario sia delle diverse tipologie di contratti, sia la disciplina in ambito fiscale applicabile alle varie categorie di soggetti, secondo uno schema rigido, potrebbe esaudire il desiderio di molti senza che ciò però risulti di piena garanzia nella realtà operativa. Il termine contratto a cui fa riferimento genericamente l'art.72 del DPR.633/1972 non risulta automaticamente riconducibile agli schemi contrattuali imposti dalla CE per lo sviluppo della sua attività. Infatti tutte le iniziative della Commissione vengono regolamentate e finanziate con apposite convenzioni che si sostanziano in accordi atipici, in quanto carenti di alcuni elementi previsti in sede civilistica per i

3 In tale ultima ipotesi la non imponibilità viene limitata alla quota di partecipazione della UE al contratto di associazione per ricerca. 4 Elencazione esemplificativa. 5 Si veda la selezione della più significativa prassi ministeriale in coda alla relazione. 6 Nella pratica per le Università la diffusione di tale contratto e quindi dell’ipotesi formulata è assolutamente limitata. 7 Solo nella prassi recente dell’Agenzia oggetto di analisi interpretativa 8 Si pensi alla nota della CE – Direzione Generale Ricerca del 14 Giugno 2000 dove viene chiaramente esplicitato che l’IRAP non può essere considerata un costo per oneri sociali relativo al personale, ma una vera e propria imposta indiretta e quindi rimborsabile eventualmente fra i costi indiretti (ai sensi dell’art. 24 del contratto), ma non esponibile fra i costi di personale (art. 23.1 b e c del FP5 del contratto). 9 Corte Giustizia UE Sentenza del 31 Marzo 1992 causa C-200/90. 10 Nel frattempo la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con la sentenza 27 maggio 2005 n. 15/01/2005 ha riconosciuto il contrasto nella normativa nazionale con la disposizione comunitaria. 11 Si vedano le interpretazioni in coda alla relazione. 2 Si rinvia al commento all’art. 30 della Tariffa, parte seconda

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normali contratti conclusi con la controparte, quali le conseguenze determinate a livello di risarcimento del danno dall'inadempimento di una delle parti ed il foro competente in caso di controversia. Al proposito è ragionevole ritenere che il termine "contratto di ricerca" indicato nel predetto art.72 DPR. 633/1972, così come "contratto di associazione" debba essere inteso ricomprendere tutti gli accordi realizzati su base convenzionale secondo i quali l'erogazione del contributo comunitario sia subordinato all'adempimento di specifici obblighi, ancorchè non costituenti, in assoluto, obbligazione con sinallagma di tipo tributario. Quanto sopra nella evidente constatazione che qualora si aderisse all'interpretazione restrittiva, relativamente al significato da attribuire alle definizioni di cui sopra, la non imponibilità risulterebbe di fatto inapplicabile. Il trattamento ipotizzabile per i vari soggetti intervenuti, a vario titolo, nel rapporto con la CEE discende in prima istanza dal rapporto contrattuale o convenzionale intercorrente fra gli stessi e la Comunità o fra soggetto e soggetto diverso dalla controparte CEE. Circa la presenza o meno degli elementi tipici relativi a normali contratti riconducenti le parti ad una comune e reciproca obbligazione, senza che ciò comunque vada a costituire operazione rilevante ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, è possibile ricordare che, nel tempo, negli schemi di contratto tipo si sono succedute ed espressamente previste clausole per eventuale Recesso, Responsabilità e Foro competente in caso di controversia. Particolari ulteriori considerazioni devono essere svolte in merito al significato civilistico ed ai risvolti di natura tributaria immediatamente derivanti della definizione, contenuta nell’art.72 del più volte richiamato D.P.R.633/1972, di “contratto di associazione”. Dal punto di vista civilistico pare pacifico ritenere che debba escludersi il riferimento all’art.2247 e seguenti del Codice Civile (contratti di Società). Allo stesso modo è difficile considerare applicabile la disciplina dei contratti di associazione in partecipazione di cui all’art.2549 del Codice Civile per il limitato contenuto commerciale che tali rapporti individuano poco idoneo a rappresentare i rapporti che la Commissione costituisce per il soddisfacimento dei propri fini istituzionali. E’ invece sensato considerare che l’accordo si associazione non vada inteso in senso strettamente “tecnico”, ma più in generale di compartecipazione allo svolgimento di determinate operazioni, in modo da considerare sussistente il contratto di "comunione di scopo". Quindi ogni qual volta la Commissione UE stipula un contratto con un soggetto nazionale in base al quale quest’ultimo assume l’onere di sviluppare attività, sotto la vigilanza, il controllo, il coordinamento della comunità e tali attività rientrino fra le operazioni istituzionali della Commissione UE, può ragionevolmente ritenersi che si tratti di un contratto di associazione. Tale valutazione di portata squisitamente generale trova ulteriori riferimenti nel contenuto della partecipazione della Commissione che può essere di natura economica, con apporto finanziario dei vari partners, ovvero con intervento finanziario esclusivamente a carico della UE, ma con supporto ed apporto materiale attraverso la messa a disposizione dell’iniziativa di risorse conoscitive e competenze tecniche da parte del soggetto nazionale. Fatte le necessarie considerazioni preliminari, nonchè di carattere generale in relazione ai rapporti e valutato anche il pensiero dell’amministrazione Finanziaria 5 si propongono le seguenti riflessioni interpretative. In prima istanza è importante identificare i diversi rapporti che si instaurano nel quadro del normale funzionamento dell'erogazione di mezzi finanziari tenendoli distinti: 1. Rapporto tra gli Organi Comunitari o Nazionali ed il soggetto attuatore del progetto di ricerca avente

ad oggetto l'erogazione del contributo. 2. Rapporto tra il predetto soggetto attuatore ed i fornitori di beni e servizi necessari per la realizzazione

del progetto di ricerca. Nel primo caso si possono prospettare:

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a. attività di puro finanziamento da parte della U.E. od Organismo Nazionale gestore; b. attività corrispettiva rilevante IVA. L'analisi dirimente deve essere sviluppata facendo riferimento al disposto normativo previsto dagli artt.3 e 4 del DPR. 633/1972. Quindi quando i soggetti attuatori fungono esclusivamente da distributori dei mezzi finanziari finalizzati al raggiungimento dell'obiettivo oggetto della ricerca, manca il legame sinallagmatico tra le somme versate previsto oggettivamente dall'art.3, DPR. 633/1972 ed il movimento finanziario relativo al versamento del contributo al soggetto attuatore risulta totalmente irrilevante IVA. Analoga situazione di irrilevanza si ha anche quando destinatario finale del contributo è il soggetto attuatore, ma dalla convenzione che regola il rapporto non sono ravvisabili i caratteri della prestazione contro pagamento di un corrispettivo e le erogazioni assumono la veste di contributi a fondo perduto. Qualora invece dalla convenzione emerga che il risultato della ricerca entra a far parte della sfera giuridico - patrimoniale del soggetto finanziatore, il medesimo finanziamento si configura come corrispettivo di prestazione di servizi rilevante IVA ex art.3, DPR. 633/1972. Stessa sorte, indica il Ministero, hanno i rapporti nei quali a livello convenzionale viene fissata una clausola risolutiva espressa, in quanto tale clausola è strumento tipico di fattispecie a prestazione corrispettiva. Nel secondo caso viene ravvisata la normale ipotesi di prestazione contro corrispettivo rilevante ai fini dell'IVA ai sensi dell'art.3, DPR. 633/1972 a nulla influendo il sovrastante rapporto fra Finanziatore e Soggetto Attuatore. A livello residuale, dice il Ministero, vista la frequenza con cui si fà riferimento in tali casi al regime di non imponibilità ex art. 72, è opportuno segnalare che l'applicazione di tale fattispecie si lega al fatto che le operazioni siano effettuate in relazione a contratti di ricerca o di associazione conclusi con la CE od operazioni effettuate in favore di imprese, società ed Enti per l'esecuzione di contratti di ricerca ed associazione con la U.E.. Pertanto il regime di non imponibilità ex art.72, DPR. 633/1972, non è ravvisabile, sostiene il Ministero, nel caso in cui il Soggetto Attuatore riceva prestazioni di servizi e acquisti beni, per la predetta attività, ma non abbia concluso con la U.E. contratti di ricerca e di associaizone e sia semplicemente incaricato di curare, per conto degli Organismi Comunitari, la distribuzione e l'impiego dei fondi destinati al progetto di ricerca. Pertanto l'eventuale imposta pagata a fronte degli acquisti e non coperta dalle risorse a disposizione potrà essere computata in detrazione nello svolgimento dell'eventuale attività commerciale. Tale ultima affermazione del Ministero delle Finanze non tiene purtroppo conto di due aspetti essenziali che impediscono "di fatto" l'esercizio della detrazione IVA. E' il caso dell'Ente non Commerciale, quindi anche dell'Università, quando svolge l'attività nel quadro delle attività istituzionali non rilevanti IVA ed è proprio la fattispecie analizzata in una delle risoluzioni dell’anno 1996 riportate in coda. L'altro aspetto è frutto della modifica normativa, intervenuta con l'emanazione del D.Lgs. 313/1997, all'art.19 DPR. 633/1972 regolante il regime della detrazione dell'IVA, limitando la detraibilità dell'imposta relativa agli acquisti connessi alla formazione di operazioni attive soggette ad IVA. E' indubbio che la questione fiscale risulta alquanto controversa in relazione non tanto all'interpretazione fine a se stessa della norma, quanto ai diversi effetti economici derivanti da l'una o l'altra metodologia di applicazione. Assume rilevanza centrale agli effetti l’analisi sostanziale dell'atto originario regolante il rapporto con la CE che, in generale può essere caratterizzato a livello tributario, dalle tre fattispecie che seguono:

• contratto per prestazione di servizi per attività di RST;

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• contratto di ricerca e di associazione per ricerca e sviluppo tecnologico; • contratto di finanziamento delle attività di ricerca rientranti nei programmi di intervento comunitari.

Commentando brevemente le tre fattispecie è possibile considerare che: A - contratto per prestazione di servizi per attività di RST; è quel contratto che vede due parti contraenti (Committente e Prestatore), la CE od altro organismo comunitario o nazionale che abbia a sua volta concluso un contratto di ricerca con la CE, in veste di committente di una prestazione di servizi o cessionario di beni, sostanziantesi nell'attività di ricerca svolta dal prestatore, in questo caso l'Università, a favore della CE, o di altro soggetto a questa assimilabile, che diviene beneficiario diretto e/o indiretto dell'attività del soggetto prestatore. Risulta in tal caso sussistente il sinallagma prestazione/corrispettivo che assimila il contratto alla rilevanza IVA ex artt. 3 e 4 DPR. 633/1972 ed il risultato dell'attività svolta viene acquisito dalla CE alla propria sfera giuridico patrimoniale 6, quindi l'Università si trova ad operare nell'ambito dell'attività commerciale come, diretto od indiretto, "venditore di un servizio" alla Comunità. Di conseguenza gli acquisti di beni e servizi effettuati all'Università/prestatore risultano afferenti la sfera commerciale e pertanto effettuati in veste di soggetto passivo IVA ex art.4 DPR.633/1972. L’art.72 del Decreto IVA formula in tal caso la disciplina sia dell'operazione attiva (fatturazione del servizio alla CE), sia delle operazioni passive (acquisti di beni e/o servizi presso i fornitori dell'Università), finalizzate allo svolgimento dell'attività nei confronti della CE. In conseguenza di ciò, le fatture da emettere verso il committente CE per l'addebito del corrispettivo dovranno riportare la seguente indicazione, "operazione non imponibile IVA, ai sensi degli artt. 8 e 72 del DPR. 633/1972 e successive integrazioni e modificazioni", mentre nel contratto potrà essere indicato che esso è così sovvenzionato e non è imponibile ad IVA. La non imponibilità prevista dalle disposizioni precedenti si estende altresì anche alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da terzi estranei verso l'Università al fine di dare esecuzione al contratto (prestazione di servizi) stipulato da quest'ultima con la CE. B - contratto di ricerca e di associazione per R.S.T. è quel contratto che vede entrambe le parti, CE ed Università, collaboranti nella volontà comune di cooperazione per lo svolgimento e la realizzazione di un'attività di ricerca. In tal caso CE ed Università risultano co - committenti di prestazioni di servizio ed acquirenti di beni necessari per la conclusione del progetto di ricerca che assume il carattere della “comunione di scopo”. L'Università si potrà in tale ipotesi proporre anche come gestore delle risorse comunitarie e nei confronti della CE non s'instaura nessun rapporto di prestazione/committenza. L'Ateneo dovrà solo dar conto della parte di risorse, di proprietà della Comunità, amministrati in nome e per conto della CE nell'azione di ricerca svolta nel comune interesse. La rilevanza IVA del contratto può definirsi "parziale" dal momento che non risulta sussistente alcuna prestazione direttamente richiesta all'Università dalla CE, ma i due soggetti hanno di comune accordo, in relazione ad un protocollo d'azione, avviato congiuntamente un'attività di ricerca e si rivolgono al mercato sempre in modo congiunto (anche se l’interfaccia è costituita dall’Ateneo). Il contratto, disciplinando la rispettiva partecipazione al progetto quanto ad apporto economico ed impegno dei partecipanti alle attività, fornisce un valido elemento di ulteriore appoggio per sviluppare altre considerazioni. In tale caso infatti la CE che non risulta beneficiaria di una prestazione diretta, affida all'Università l'onere di gestione del progetto comune e la incarica di procedere all'acquisto anche per la parte alla stessa riconducibile. L'Università non svolge pertanto nella fattispecie attività commerciale, quindi le operazioni poste in essere s'inquadrano nell'ambito della sua attività istituzionale, non attribuiscono all'Ateneo soggettività passiva IVA ex art. 4, DPR. 633/1972 e le somme incassate non rilevano ai fini dell'applicazione dell'IVA.

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Tuttavia in questo ambito l'Università, assumendo la veste di soggetto pienamente assimilabile alla CE, in quanto ha concluso un contratto di ricerca o di associazione con la medesima, può acquistare beni e/o servizi in regime di non imponibilità ex art.72, terzo comma, numero tre, DPR. 633/1972, nei limiti di entità connessi alla partecipazione finanziaria dell'organismo comunitario, quindi per la parte a quest'ultimo imputabile. C - contratto di finanziamento delle attività di ricerca rientranti nei programmi di intervento comunitari. in tali casi l'Università si pone come soggetto attuatore di un proprio progetto di ricerca, non discendente da un obbligo contrattualmente assunto, ma ritenuto degno di nota e pertanto di sostegno economico da parte della CE o da parte di altro organismo erogatore che assume la responsabilità del referente nei confronti della Comunità. Pertanto le somme percepite dall'Università non assumono veste di corrispettivo contrattualmente pattuito per una prestazione da effettuare direttamente od indirettamente nei confronti della CE, nè tantomeno vengono introitate quale rimborso totale o parziale dei costi sostenuti per l'attività di ricerca sviluppata nell'interesse diretto di entrambe le parti, ma si configurano come erogazioni a fondo perduto tese alla copertura dei costi di realizzazione del progetto. La CE è solo incidentalmente beneficiario della prestazione, solo in virtù della sua condizione di organismo rappresentante i generali interessi della collettività, mentre viene totalmente a mancare il sinallagma della prestazione e l'operazione d'introito diviene del tutto irrilevante IVA. Per questa ipotesi l'irrilevanza IVA del contratto è totale, in quanto non risulta da parte della CE richiesta nessuna prestazione di servizi al soggetto ricevente il finanziamento, nè tantomeno lo stesso soggetto può acquistare beni e/o servizi occorrenti allo sviluppo dell'attività di ricerca avvalendosi del regime di non imponibilità previsto dall'art. 72, DPR. 633/1972. Infatti il rapporto contrattuale individuato fra le parti regola convenzionalmente le modalità di trasferimento del contributo finanziario da parte della CEE e non può essere ricondotto alla fattispecie del "contratto di ricerca" e/o "di associazione" definito nel contesto dell'art. 72 più volte citato. L'imposta pagata sugli acquisti di beni e/o servizi da parte del soggetto attuatore della ricerca rimane a suo totale carico, alla stregua del consumatore finale, essendo in tale ambito carente sia il presupposto oggettivo che quello soggettivo previsti dagli artt. 2 – 3 - 4 del DPR. 633/1972. Si deve sempre tenere ben presente che il comma 3, numero 3, dell'art. 72, Decreto IVA traccia le regole applicabili agli operatori soggetti alla disciplina IVA (soggetti passivi), in relazione al comportamento da tenere nei confronti dei cessionari, identificati, nella prima parte, nelle Comunità europee operanti nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali e nella seconda parte identificati in imprese e/o enti che risultano associati alle Comunità per l'esecuzione di contratti di ricerca. Quindi la norma definisce oggettivamente non imponibili, le cessioni e/o le prestazioni di importo superiore a £. 500.000=, effettuate a determinati soggetti (le Comunità e/o altro Soggetto a queste assimilabile in quanto associato). Le fattispecie ipotizzate al fine di delineare un quadro di applicazione si manifestano con contorni sufficientemente netti nei casi del Contratto per prestazione di servizi per attività RST (precedente lettera A) e del Finanziamento delle attività di RST (precedente lettera B). Ora come già precisato nella prima ipotesi (A) l'Università viene coinvolta nella norma contenuta all'art. 72, comma 3, numero 3, nella doppia veste, di fornitore di servizi alle Comunità quindi parte attiva nel rapporto e di acquirente di beni e servizi presso i propri fornitori per lo svolgimento dell'attività commissionata dalle Comunità e/o da altro soggetto associato. Mentre nell'ipotesi del finanziamento (C), non si ravvisa in capo all'Università alcun coinvolgimento in relazione alle disposizioni contenute nel predetto art.72, nè in parte attiva, in quanto non si configura a favore dell'organismo erogatore alcuna prestazione, nè in sede di acquisto, in quanto gli acquisti vengono effettuati al di fuori della soggettività passiva IVA ex art. 4 DPR. 633/1972 ed al di fuori della condizione soggettiva individuata dalla norma in esame. Come già segnalato nella presente, se il ventaglio delle ipotesi di applicazione della non imponibilità

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fosse limitato ai casi sopra evidenziati, l'efficacia della norma risulterebbe ristretta ad un numero molto ridotto di rapporti, specie se si considera che in ambito universitario la fattispecie che si configura in modo più frequente è quella connessa alle attività RST attraverso schemi contrattuali in forma parzialmente atipica 7. Tali rapporti convenzionali, a giudizio di chi scrive, possono trovare assimilazione alle definizioni sia di "contratto di ricerca" sia di "contratto di associazione" riportate nella norma IVA, nonchè può ricondursi all'ipotesi B) Contratto di Ricerca ed Associazione per attività RST, descritta in precedenza. Come già detto la partecipazione al rapporto convenzionale da parte dell'Università, nella veste di "Contraente" e/o di "Contraente Associato" può assimilare l'Ateneo alla CEE e la disposizione tributaria della non imponibilità rendersi applicabile alle operazioni effettuate dai fornitori dell'Ente in relazione alle attività di ricerca connesse al contratto. Con tale interpretazione s'interrompe, limitatamente alla fattispecie sub B), la metodologia di lettura sino ad ora praticata dal Ministero delle Finanze che vede l’applicazione della non imponibilità IVA sugli acquisti (operazione a valle), solo come conseguenza naturale dell’esistenza di una prestazione rilevante IVA (ma non imponibile), nei confronti della CE (operazione a monte). E' pertanto indispensabile collocare nella giusta posizione le parti in causa rispetto alle regole IVA e si possono al proposito ipotizzare quattro condizioni soggettive a cui ricondurre una diversa lettura della norma e distinti conseguenti comportamenti: 1. la CE - la quale opera nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, senza assumere soggettività

passiva IVA, risultando destinataria delle disposizioni ex art.72 in veste di acquirente di beni e/o servizi;

2. le Imprese e gli Enti (commerciali e non) - i quali operando sia con soggettività passiva IVA che al di

fuori di tale soggettività passiva, risultano associati alla CE o con la stessa hanno concluso contratti di ricerca e di associazione, pertanto si trovano allineati alla condizione dell'organismo comunitario e destinatari delle stesse regole che permettono l'effettuazione di acquisti di beni e/o servizi in regime di non imponibilità (o meglio, stante la condizione soggettiva dell'acquirente permettono al cedente di applicare la fattispecie prevista dall'art. 72 su espressa richiesta del primo);

3. le Imprese e gli Enti (commerciali e non) - i quali operando nei confronti della CE e/o organismo

assimilabile, avente pari trattamento, fatturano le operazioni in regime di non imponibilità ed acquistano secondo lo stesso regime sempre nell'ambito dell'attività rilevante IVA, nella qualità di soggetto passivo dell'imposta;

4. le Imprese e gli Enti (commerciali e non) - i quali non determinano con la loro attività operazioni

rilevanti IVA, non assumono soggettività passiva, sfuggono dalle disposizioni contenute nel DPR. 633/1972 e come naturale conseguenza, non risultando neppure individuati come destinatari dalla norma agevolativi di cui all’art. 72, comma 3, numero 3, DPR. 633/1972, non possono procedere ad acquisti in regime di non imponibilità.

Pertanto anche l'interpretazione funzionale qui proposta (vedasi sub. B), le cui origini di formazione si ricollegano sia alle posizioni assunte dal Ministero delle Finanze per i casi analizzati, sia al contenuto delle disposizioni fiscali (l'art. 72 DPR. 633/1972), nonchè al contenuto degli strumenti contrattuali predi-sposti dalla Commissione delle Comunità Europee, non riduce neanche in misura minima la necessità di verificare, di volta in volta l'effettiva natura del rapporto che viene a costituirsi, prima di stabilire entro quali limiti operativi ci si trovi. Aspetti IRAP Fino a poco tempo fa, anche se questione fortemente dibattuta, la non eleggibilità dell’IRAP in fase di rendicontazione delle spese era consolidata 8.

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La direzione Generale Ricerca della CE, con la circolare 23 Maggio 2005 n. D/517779, conseguente alla nota M.E.F. Dipartimento per le Politiche Fiscali ha chiarito che risultando qualificabile l’IRAP come imposta diretta essa può essere considerata un costo eleggibile ove ricorrano le altre condizioni previste nell’art. II.19 del modello di contratto. Ciò assume un importante valore dal momento che tale apertura consente di ottenere il rimborso di un costo di notevole rilevanza nei budget dei vari progetti. Tuttavia l’impostazione delineata dalla circolare deve essere sicuramente salutata in modo favorevole, ma ne deve essere verificata la concreta durabilità per cui si consiglia un approccio prudente. Infatti pende presso la Corte di Giustizia UE un ricorso di presunta incompatibilità dell’imposta IRAP con l’art.33 della Direttiva 17 Maggio 1977 n.77/388/CEE in materia di IVA. A seguito dell’ordinanza della Commissione Tributaria Provinciale di Cremona del 9 Ottobre 2003 n. 39/02/2003 è stata sottoposta alla Corte di Giustizia della UE l’espressione di un giudizio sulla presunta incompatibilità dell’IRAP rispetto a quanto stabilito dall’art. 33 della VI Direttiva CE. L’art.33 in argomento vieta agli Stati membri l’introduzione di nuove imposte, diritti e tasse che abbiano il carattere di imposte sulla cifra di affari gravanti sulla circolazione dei beni e dei servizi come avviene in materia di IVA, compromettendo il comune funzionamento di quest’ultima e che vadano pertanto considerate confliggenti con l’IVA le imposte che ne abbiano le caratteristiche essenziali 9. Quindi la Corte dovrà stabilire se l’assoggettamento ad imposta (IRAP) del valore della produzione netta derivante dall’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione ed allo scambio di beni sia in contrasto con la disposizione sopra richiamata. La controversia al giudizio della Corte di Giustizia UE si fonda, in particolare, sul fatto che “l’IRAP si applica sul valore aggiunto globale della produzione determinato sulla base della differenza tra ricavi ed acquisti” e che “l’ambito di applicazione dell’IRAP consiste nelle cessioni di beni e nelle prestazioni di servizi nell’esercizio d’impresa, arti o professioni”. Il Servizio Giuridico della Commissione UE si è già espresso con parere del 9 Marzo 2004 (Causa C-475/03), giudicando l’IRAP in contrasto con le prescrizioni limitative dell’art.33 della Direttiva n.77/388/CE 10 e di conseguenza in data 16 Novembre 2004 si è tenuta la prima udienza presso la Corte. La sentenza è presumibilmente attesa nel corso del secondo semestre corrente 2005 e probabilmente dovrebbe, stando ai primi passaggi dibattimentali, condurre ad una sentenza d’incompatibilità ed illegittimità dell’Imposta IRAP rispetto alla disciplina comunitaria. E’ ovvio che ove la sentenza della Corte di giustizia UE stabilisse la incompatibilità dell’IRAP con l’IVA e, nella sostanza, la riconducibilità della prima alla condizione di imposta indiretta le istruzioni impartite dalla Direzione Generale Ricerca della CE con la circolare del 23 Maggio 2005 verrebbero sicuramente dichiarate superate e l’IRAP tornerebbe nella originaria condizione di non eleggibilità. Quindi, alla luce di quanto segnalato, si ritiene opportuno suggerire di evitare, ove possibile, l’immediata esposizione dell’onere nella rendicontazione degli audit periodici rimandando il tutto all’ultima fase di rendicontazione anche per poter così vigilare sulla definitiva evoluzione della materia e sul trattamento dell’IRAP. Aspetti IRES La qualificazione delle somme percepite a titolo di finanziamenti e/o contributi CE agli effetti IRES deriva dalla loro riconducibilità o meno alla rilevanza IVA. Quindi partendo dalle ipotesi in precedenza esposte è possibile affermare che: A - contratto per prestazione di servizi per attività di RST è da considerare rientrante nelle attività d’impresa ed il relativo corrispettivo fatturato costituisce ricavo ai sensi dell’art. 85 del TUIR concorrente alla formazione del reddito d’impresa dell’ente. B - contratto di ricerca e di associazione per RST è da considerare irrilevante rispetto alle attività d’impresa dell’ente risultando carente il presupposto corrispettivo; ciò ovviamente ove si ritenga di dare prevalenza al vincolo associativo presente nel “contratto di associazione” contrariamente alle ultime prese di posizione dell’Agenzia 11 che invece ritengono il rapporto di associazione con la UE riconducibile al trattamento previsto alla precedente

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lettera “A” sia ai fini IVA che ai fini IRES. C - contratto di finanziamento delle attività di ricerca rientranti nei programmi di intervento comunitari è da considerare irrilevante rispetto alle attività d’impresa dell’ente risultando carente il presupposto corrispettivo. E’ stata inoltre posta la questione dell’eventuale applicabilità della ritenuta alla fonte in misura pari al 4% prevista dall’art. 28, comma 2, del DPR. 600/1973 sulle erogazioni di contributi comunitari da parte di enti nazionali gestori delle risorse. L’Agenzia delle Entrate con risoluzione 4 Agosto 2004 n. 108/E ha avuto modo di precisare che, al di fuori dei casi di naturale esclusione previsti dalla norma in argomento costituiti dall’impiego dei contributi in attività non d’impresa o per acquisto di beni strumentali (anche da parte di imprese), le autorità o gli organismi nazionali, regionali o locali che intervengono per conto della Commissione ad effettuare il trasferimento di contributi comunitari ai c.d. “beneficiari finali” devono corrispondere detti contributi senza operare alcuna trattenuta. Ciò in relazione a quanto previsto dall’art. 32, paragrafo 1, del Regolamento CE n. 1260/1999 il quale dispone che “l’autorità di pagamento provvede affinché i beneficiari finali ricevano quanto prima ed integralmente gli importi corrispondenti alla partecipazione dei fondi a cui hanno diritto … non vengono applicate detrazioni, trattenute o altre commissioni specifiche che potrebbero ridurre gli importi”, anche se viene rilevato che la disposizione non interviene espressamente e direttamente sulla disciplina tributaria interna (con ciò si ribadisce che ove il contributo venga erogato ad impresa per il funzionamento corrente l’assenza del prelievo in acconto non modificherebbe il relativo trattamento agli effetti IRES). Aspetti relativi all’Imposta di bollo Scontano l’imposta di bollo tutti gli atti indicati nell’art. 1 della Tariffa allegata al D.P.R. 26 Ottobre 1972 n. 642. Il concetto di atto di cui alla generica dizione dell’art. 1 del D.P.R. 642/1972 è giuridicamente ampio e comprende anche la documentazione avente natura di mera corrispondenza, a condizione che sussista cartolarità. L’imposta – ed è questo un principio che nella materia del bollo assume il valore di regola generale – fonda cioè la propria operatività sull’esistenza di un atto scritto, il quale viene tassato solamente in ragione della sua forma esteriore. Ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. 642/1972 (Testo Unico in materia di imposta di Bollo), l’imposta di bollo è dovuta:

- fin dall’origine per gli atti, i documenti e i registri indicati nella parte prima della Tariffa allegata al D.P.R. 642/1972, se formati nello Stato;

- in caso d’uso per quelli indicati nella parte seconda della medesima Tariffa. L’imposta di bollo non è dovuta:

- per gli atti legislativi; - per gli atti amministrativi dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e loro consorzi

non espressamente previsti nella Tariffa (art. 1, comma 2). Sono altresì esenti dall’imposta di bollo in modo assoluto, gli atti contenuti nella Tabella allegata al D.P.R. 642/1972. Non è solo la Tabella a contemplare le fattispecie esentative; queste possono trovare distinta collocazione. Andando alla specifica valutazione della portata dell’art.16 della Tabella allegata al DPR.642/1972 – Atti, documenti e registri esenti in modo assoluto dall’imposta di bollo – si nota che la portata esentativa si “aggancia” esclusivamente al riferimento soggettivo, individuando in aggiunta alle Amministrazioni dello Stato solo alcuni specifici soggetti fra i quali le Università non possono essere annoverate. Di conseguenza il predetto art.16 non può essere considerato applicabile agli Atenei ed è pertanto necessario verificare, di volta in volta, i casi contemplati dalla Tariffa, per le eventuali riduzioni e dalla Tabella che individuino esenzioni di tipo oggettivo, per determinate categorie di atti e/o documenti. I contratti che regolano rapporti con la Commissione per la percezione di contributi, finanziamenti,

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sovvenzioni, ecc. comunitari non si sottraggono a tale regola generale e risulta applicabile in via ordinaria l’imposta di bollo non potendosi applicare alcuna delle disposizioni contenute nella tabella delle esenzioni e non risultando altra disposizione speciale in materia nell’ordinamento nazionale. Si ricorda tuttavia che l’imposta di bollo non è dovuta, altresì, per gli atti formati al di fuori del territorio dello Stato 2. Nel caso in cui la prestazione alla quale si riconnette il credito/finanziamento involga un’attività che ha trovato esecuzione al di fuori del territorio dello Stato (e, quindi, probabilmente svolta da un soggetto coinvolto non residente nel territorio medesimo) potrebbe verificarsi la circostanza che la materiale redazione di alcuno dei documenti abbia luogo anch’essa all’estero. In tal caso il documento, recante, quale luogo di formazione, una località situata al di fuori del territorio dello Stato, non richiede l’apposizione della marca da bollo (almeno fin dall’origine – si applica in tal caso l’art. 30, Tariffa, parte seconda). Inoltre l’art. 8 prevede che “nei rapporti con lo Stato l’imposta di bollo, quando dovuta, è a carico dell’altra parte, nonostante qualunque patto contrario”. A tal proposito la Commissione UE non può trovare diretta identificazione con l’autorità statale nazionale ai fini di che trattasi e gli obblighi e/o facoltà restano a carico delle parti residenti nel territorio dello Stato. Si ricorda che l’art. 19, D.P.R. 642/1972 pone degli obblighi per i pubblici dipendenti e prevede che, fra gli altri, i funzionari e i dipendenti dell’Amministrazione dello Stato, degli enti pubblici territoriali e dei rispettivi organi di controllo, i pubblici ufficiali, non possono rifiutarsi di ricevere in deposito o accettare la produzione o assumere a base dei loro provvedimenti, allegare o enunciare nei loro atti, i documenti, gli atti e i registri non in regola con le disposizioni in materia di imposta di bollo di cui al D.P.R. 642/1972. Tuttavia gli atti, i documenti e i registri o la copia degli stessi devono essere inviati a cura dell’Ufficio che li ha ricevuti per la loro regolarizzazione al competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate entro trenta giorni dalla data di ricevimento (ancora art. 19). Si ricorda infine che laddove dal rapporto con la CE derivino prestazioni rilevanti agli effetti IVA, anche se in regime di non imponibilità, con emissione di fattura, sulla stessa dovrà essere apposto il bollo se d’importo superiore ad �. 77,47=. Infatti le fatture emesse in Italia per corrispettivi, esenti, non imponibili o non soggetti ad IVA e/o parzialmente soggetti ad IVA sono soggette ad imposta di bollo fin dall’origine a meno che non rientrino nelle fattispecie di cui all’art.15 della Tabella, allegato B, del DPR 26 ottobre 1972, n.642. Se la fattura evidenzia sia importi soggetti ad IVA sia importi non imponibili, qualora questi ultimi siano d’importo superiore ad Euro 77,47= è dovuta l’imposta di bollo oggi in misura pari ad �. 1,81= (C.M.2 Gennaio 1984 n.301333 - Agenzia Entrate Risoluzione 3 Luglio 2001 n.98/E).

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3. COSTI RENDICONTABILI 3.1 PERSONALE Regole di rendicontazione Nei programmi comunitari, i costi del personale sono generalmente quelli relativi a contratti di lavoro dipendente o contratti con lavoratori autonomi parasubordinati (nei documenti della Commissione, spesso definiti “intra muros consultant”). I contratti di lavoro autonomo, che possono essere rendicontati sul personale, devono avere le seguenti caratteristiche: - per la durata del contratto, è previsto che il collaboratore presti la sua attività in modo continuativo; - il collaboratore è pagato per l’attività compiuta e non per la realizzazione di un risultato; - il committente detta le direttive per la realizzazione dell’attività; - il collaboratore presta la sua attività in modo prevalente o comunque in modo rilevante per il committente. Nella definizione di contratti di lavoro autonomo parasubordinato possono comprendersi, ai fini della rendicontazione e nell’attività da rendersi per i contratti di ricerca con la UE, principalmente: borse di dottorato, assegni di ricerca, ricercatori a contratto, collaboratori coordinati e continuativi, contratti di lavoro a progetto. Se il rapporto di lavoro ha le caratteristiche sopra evidenziate, è possibile rendicontare nel costo del personale, anche i lavoratori autonomi con partita IVA. Per la rendicontazione del personale, possono essere previste alcune limitazioni da specifici programmi comunitari. E’ il caso dei contraenti dei contratti del Quinto e del Sesto Programma Quadro di RST, che hanno adottato il modello di costo AC, i quali non possono rendicontare il costo del personale strutturato (permanent staff). Il costo del personale si imputa tenendo conto dei seguenti parametri:

a) Costo del lavoro. Tale costo comprende anche gli oneri fiscali, previdenziali, assistenziali sia a carico del datore di lavoro che a carico del dipendente (Nell’ambito del Quinto e del Sesto Programma Quadro l’IRAP non è stato considerato eleggibile fino alla circolare della Commissione del 23 maggio 2005).

b) Tempo produttivo. Il tempo che, in astratto, un dipendente o collaboratore può dedicare al progetto in un anno. Questo tempo è stabilito dall’Ateneo con delibera del Consiglio di Amministrazione.

c) Tempo di lavoro effettivamente dedicato al progetto Questo tempo si esprime preferibilmente in ore.

Risvolti tributari, previdenziali, assicurativi, contrattuali E’ fondamentale al proposito operare un corretto inquadramento dei soggetti chiamati allo svolgimento dell’attività a favore della ricerca oggetto di finanziamento. Gli aspetti di maggiore rilevanza sono legati all’impostazione contrattuale, a livello civilistico, da cui discende il conseguente inquadramento tributario, previdenziale ed eventualmente assicurativo.

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Mentre per l’apporto del personale dipendente non strutturato non risultano particolari complessità laddove il personale venga reclutato con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, maggiori problemi si riscontrano nel momento in cui si vanno ad instaurare rapporti di lavoro autonomo e/o parasubordinato. Si possono infatti determinare situazioni di conflitto fra le prescrizioni della Commissione agli effetti dell’ammissibilità dei costi ove si prevede la retribuzione in base alla effettiva durata (in ore) della prestazione lavorativa comprovata dalla rilevazione e sottoscrizione dei rapporti giornalieri di lavoro (time sheets), e le norme giuslavoristiche nazionali. Laddove il rapporto sia ricondotto alla erogazione di una borsa di studio quali le borse di dottorato di ricerca, gli assegni di ricerca ed altre borse di ricerca generiche, agli effetti dell’inquadramento civilistico nazionale, siamo di fronte a fattispecie non rientranti nelle ipotesi di lavoro autonomo (dal momento che la remunerazione copre i costi sostenuti dal beneficiario per lo sviluppo di un’attività di autoapprendimento ancorché finalizzata allo sviluppo della ricerca e non remunera un’attività lavorativa); quindi la rilevazione delle ore dedicate al progetto od all’attività di ricerca non determina implicazioni dal punto di vista giuslavoristico con ricadute a livello tributario, previdenziale ed assicurativo. Allo stesso modo laddove il rapporto abbia trovato corretto inquadramento in una prestazione continuativa di lavoro autonomo, da parte di professionista con partita IVA, non vi sono controindicazioni a strutturare il contratto prevedendo una retribuzione commisurata alle ore lavorate. Diverso è il caso delle attività che invece trovano inquadramento nei rapporti di lavoro parasubordinato di cui all’art. 409, numero 3, del C.p.C. 12 note come collaborazioni coordinate e continuative ed inquadrabili ai fini tributari nell’art. 50, comma 1, lettera c-bis), del TUIR. Per questi rapporti, nella loro forma “atipica o non nominata”, si pongono precise regole in parte mutuate dalla nuova disciplina introdotta dalla Legge Biagi (art. 61 e seguenti Decreto Legislativo 273/2003), che si ricorda non risulta applicabile alla P.A., per le quali devono sussistere alcuni presupposti essenziali quali: � l’assenza del vincolo di subordinazione e prestazione prevalentemente personale; � non deve essere discutibile la natura autonoma della prestazione lavorativa; � l’attività svolta a favore di un determinato soggetto; � la presenza di un rapporto unitario e continuativo e la presenza di uno o più progetti specifici; � l’assenza d’impiego di mezzi organizzati; � una retribuzione periodica prestabilita;. � attività determinata dal committente anche se gestita in modo autonomo dal lavoratore/collaboratore; � attività deve essere finalizzata e funzionale al raggiungimento di un risultato; � l’organizzazione deve essere quella del committente il quale svolge anche attività di coordinamento � il tempo di esecuzione della prestazione lavorativa non deve in nessun caso pregiudicare l’autonomia del collaboratore. Inoltre le attività svolte dai prestatori per essere ricondotti allo schema della collaborazione coordinata e continuativa non devono rientrare: � nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente (art. 49 TUIR.); � nell’oggetto dell’arte o professione esercitata (art.53, comma 1, TUIR). Il confine tra lavoro dipendente e parasubordinato spesso è labile e di non semplice distinzione, dovendo essere chiaramente assente nel rapporto il vincolo di subordinazione per evitare che si determinino contestazioni, in particolare dal punto di vista previdenziale, sull’esatta natura del rapporto medesimo. Infatti: - il soggetto prestatore deve essere assolutamente svincolato dall’inserimento strutturale

nell’organizzazione gerarchica del committente; 12 L’articolo richiamato recita come segue: “409. Controversie individuali di lavoro. - 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;”.

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- deve poter godere di piena autonomia circa modalità e tempo di esecuzione dell’incarico ricevuto. E’ evidente che il prestatore, nei contratti in argomento, viene ad essere collegato funzionalmente alla struttura del committente, dovendo l’attività conformarsi alle direttive generali del medesimo, ma non anche sottostare alle modalità di esecuzione preventivamente unilateralmente, dal medesimo committente, stabilite (quest’ultimo aspetto è tipico del lavoro dipendente). In ogni caso è opportuno per la sussistenza della collaborazione la mancata imposizione di un orario di lavoro unilateralmente disposto dal committente, la libera scelta delle modalità tecniche di esecuzione della prestazione da parte del collaboratore (che è fattore diverso dall’utilizzare una propria organizzazione di mezzi), la volontà espressa delle parti tesa ad escludere il requisito della subordinazione evitando speciali vincoli e sanzioni disciplinari, retribuzione commisurata ad un apporto significativo nello svolgimento dell’attività oggetto del rapporto e non al solo dispiego di energie lavorative del collaboratore. Di recente la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro ha avuto modo sull’argomento di affermare che: - la subordinazione è intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro con

assoggettamento al potere direttivo di questo ed alle relative esigenze aziendali mentre altri elementi, quali l’osservanza di orario, la continuità della prestazione e del compenso, hanno valore indicativo (ma non determinante) – sentenza 11 Febbraio 2004 n. 2622;

- la subordinazione deriva da uno stato del lavoratore di assoggettamento gerarchico e per il datore di lavoro in un potere di direzione – sentenza 13 Febbraio 2004 n. 2842.

Per soddisfare le prescrizioni che precedono è importante che il contratto di lavoro individuale del prestatore parasubordinato contenga i seguenti elementi: 1) indicazione esplicita della durata della prestazione di lavoro che deve essere determinata o

determinabile 13; 2) indicazione del progetto, del programma di lavoro o della fase di esso che caratterizza il rapporto ed

il contratto 14; 3) il corrispettivo e/o le modalità o criteri per la sua determinazione, tempi e modalità di pagamento,

nonché disciplina degli eventuali rimborsi spese – il corrispettivo dovrà essere proporzionato alla qualità e quantità di lavoro eseguito;

4) forme di coordinamento, da parte del committente, del prestatore di lavoro a progetto anche in relazione allo sviluppo temporale della prestazione lavorativa, ma senza in nessun caso arrecare pregiudizio all’autonomia della sua esecuzione;

5) le eventuali misure a tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto in generale, in aggiunta, quando la prestazione viene resa nei luoghi di lavoro del committente, a quanto previsto dal D.Lgs. 626/1994 in materia di sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro e dall’art. 51, comma 1, della Legge 488/1999 e Decreto Ministero Lavoro 12 Gennaio 2001.

Il conflitto fra disposizioni di rendicontazione ed ammissibilità delle spese della Commissione e disposizioni di carattere giuslavoristico 15si viene a generare ove, nel rapporto che determina l’insorgenza di una collaborazione coordinata e continuativa legata allo sviluppo di un’attività e di un progetto finanziato dalla UE, si prescriva il riferimento alla retribuzione sulla base di un compenso orario e sulla base delle effettive ore lavorate dal collaboratore.

13 Nel primo caso il periodo è temporalmente definito; nel secondo caso sussiste un riferimento parametrico quale ad esempio la durata del contratto a cui si riferisce il rapporto, eventi che condizionano il raggiungimento del risultato, ecc. 14 L’indicazione non può essere generica ma deve sussistere come fatto indipendente dal contratto a cui il contratto viene strettamente connesso e collegato; la descrizione formale dovrà corrispondere alla condizione di sussistenza sostanziale dal momento che tale elemento è il fattore innovativo ai fini della qualificazione e costituisce il principale riferimento dirimente, come si vedrà, per la certificazione volontaria preventiva del contratto ovvero l’intervento del giudice in caso di contestazioni e controversie fra le parti. 15 Molto delicate in particolare per le Università in quanto Pubbliche Amministrazioni. 16 Specificare la fattispecie che ricorre per il caso oggetto del contratto. 17 Tale clausola non può essere oggetto di deroga non potendosi prevedere per il collaboratore la possibilità di far intervenire un suo sostituto in caso d’impossibilità connessa alla forza maggiore e/o eventi straordinari (malattie, inabilità temporanee ecc.).

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Tale elemento infatti, come evidenziato, è tipico delle prestazioni di natura subordinata ove la retribuzione è compensativa dello specifico rilascio della prestazione lavorativa in base al tempo. Le problematiche sopra esposte per i collaboratori coordinati e continuativi devono necessariamente essere superate nel contenuto del contratto individuale di lavoro soddisfacendo entrambe le prescrizioni. Pertanto si suggerisce di inserire nello schema di contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ove questo sia destinato a soggetti operanti nell’ambito di progetti finanziati dalla UE, opportune precisazioni che, solo a livello esemplificativo, possono trovare rappresentazione la seguente formulazione: Art. xx – Obblighi del prestatore L’attività del Collaboratore dovrà essere organizzata in connessione con le necessità del Committente, fornendo al Committente stesso tutti i suggerimenti idonei ad assolvere nel migliore dei modi il servizio e le attività affidatogli all’interno del progetto/programma di lavoro/fase del programma del lavoro. 16 La prestazione ha carattere personale e dovrà essere resa personalmente dal Collaboratore il quale non potrà avvalersi di sostituti 17. Fermo restando gli obblighi connessi alla erogazione della prestazione con riferimento ai termini previsti nel progetto/programma di lavoro/fase del programma del lavoro ed al raggiungimento degli obiettivi da cui deriva, l’attività oggetto del presente contratto viene resa dal Collaboratore nel contesto di un rapporto che, non avrà in alcun modo carattere di lavoro subordinato e comporterà da parte del medesimo l’esecuzione del servizio senza osservanza di specifici orari, vincoli di presenza, con scelta discrezionale di assenze e di periodi feriali senza dover sottostare ad alcun potere gerarchico e/o disciplinare del Committente e con l’utilizzazione di una propria autonoma e distinta organizzazione del lavoro. Tuttavia le parti, nel darsi reciprocamente atto che gli oneri nascenti dal presente contratto sono coperti dal finanziamento / contributo della Commissione UE contratto n. ________ concordano sulla necessità di predisporre apposite schede di rilevazione delle presenze e del tempo di lavoro effettivamente dedicato al progetto (timesheet) al fine di soddisfare le esigenze connesse alla rendicontazione degli oneri del progetto alla UE in conformità al Regolamento CE per le spese di personale. Art. xx – Corrispettivo Il corrispettivo per l’opera che il Collaboratore renderà nel periodo di cui all’art. __ viene in accordo stabilito in complessivi �. ______,00= (Euro _________/00), lordi da liquidarsi al termine del contratto o mediante acconti periodici a richiesta del Collaboratore, in misura da determinare dietro sottoscrizione del foglio retribuzione predisposto dal Committente in presenza di ciascuna liquidazione. Il valore del corrispettivo pattuito e/o i parametri indicati per la determinazione dello stesso, viene da entrambe le parti riconosciuto proporzionato alla qualità e quantità delle prestazioni oggetto del contratto essendo ciò stato oggetto di congiunta valutazione in relazione al tempo presumibilmente necessario per lo svolgimento delle attività del progetto. Il referente del committente dovrà attestare al termine del contratto, nonché periodicamente, ai fini della erogazione dei predetti corrispettivi, il regolare e progressivo andamento del rapporto ed il normale svolgimento dell’attività individuata in premessa oggetto del presente contratto con riferimento agli obiettivi perseguiti. Solo ai fini della rendicontazione degli oneri del progetto alla Commissione le parti concordano di procedere alla redazione e sottoscrizione di schede di rilevazione del tempo di lavoro effettivamente dedicato al progetto come indicato nel precedente art. ___ non volendo così costituire in capo al collaboratore un obbligo di rispetto di specifici orari di lavoro, ma confermando l’esigneza correlata al progetto di procedere allo svolgimento dell’attività coerentemente al contratto ed al progetto CE predetto.

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3.2 ATTREZZATURA DUREVOLE Regole di rendicontazione Secondo alcune fonti comunitarie le attrezzature durevoli sono i beni, utilizzati nel progetto, che hanno le seguenti caratteristiche:

- non perdono la loro utilità dopo un utilizzo protratto per più anni; - sono considerati beni inventariabili dalla disciplina interna.

Il costo ammissibile per le attrezzature durevoli è stabilito, salvo disposizioni speciali dei programmi specifici, in relazione alla vita utile del bene e alla misura in cui il bene è utilizzato ai fini del progetto. Il costo rendicontabile, pertanto, è determinato in base alle seguente relazione

(A/B) x C x D dove - “C” è il costo storico, individuato secondo i criteri generali sopra esposti; - “B” è il “periodo di ammortamento”, e cioè il periodo convenzionale di deprezzamento dell’attrezzatura. A meno che diversamente disposto dalla base giuridica di un programma, tale periodo è stabilito dalle regole interne dell’Ateneo. - “A” è il periodo di utilizzo per lo svolgimento dell’attività di ricerca, espresso in mesi - “D” è la percentuale di utilizzo delle apparecchiature stesse per lo specifico progetto di ricerca. Risvolti tributari Si deve segnalare l’importanza di verificare la correttezza della documentazione di acquisto delle attrezzature durevoli acquisite per lo svolgimento delle attività relative al contratto concluso con la CE. In particolare accade sovente di riscontrare l’esistenza di documenti di consegna in data antecedente la fattura di acquisto del bene ben oltre il termine previsto dalla normativa tributaria per la c.d. fatturazione differita. Sulla base dell’art. 21, comma 4, del DPR. 633/1972 la fattura deve essere emessa, in presenza di documento di trasporto, entro 15 giorni dalla fine del mese successivo a quello della consegna o spedizione del bene. Costituisce eccezione a tale regola l’eventuale consegna a mezzo documento di trasporto di beni non costituenti cessione, ma solo per approvvigionamento di cantiere. Il caso si verifica quando l’apparecchiatura viene acquistata nell’ambito di un contratto di appalto ove si prevede che venga realizzata non solo la cessione dell’apparecchiatura ma il suo alloggiamento presso l’acquirente, la messa in funzione, ecc.; tale operazione assume la veste della prestazione di servizi e la fatturazione pertanto viene rimandata al momento di effettuazione dell’operazione ai fini IVA di cui all’art. 6 del DPR. 633/1972. Si ricorda inoltre che ove ricorrano i presupposti per l’acquisto dei beni destinati all’impiego nello svolgimento di attività previste in contratto di ricerca o di associazione concluso con la CE, possono essere acquisiti beni e servizi senza applicazione dell'IVA previo rilascio al fornitore del bene od al prestatore del servizio di apposita "dichiarazione di intenti" da cui risulti la specifica destinazione e l'indicazione della norma in questione. L’eventuale testo di dichiarazione da rilasciare all'atto dell'ordinazione del bene o del servizio può essere desunto dal fac – simile proposto in coda al presente lavoro.

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3.3 SUBCONTRATTI Regole di rendicontazione In questa voce di costo diretto, sono considerate le spese per servizi relativi ai bisogni specifici del progetto. I programmi comunitari possono stabilire regole particolari per i subcontratti (o sub-forniture), come la necessità di una autorizzazione da parte della Commissione. Risvolti tributari, previdenziali, assicurativi, contrattuali Valgono le considerazioni svolte in precedenza.

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3.4 VIAGGI E SOGGIORNI Regole di rendicontazione I costi relativi ai viaggi e soggiorni comprendono le spese per i viaggi, il vitto e l’alloggio del personale (dipendente o parasubordinato) che si occupa dell’esecuzione del progetto (anche se il personale non è rendicontato). Qualora le regole interne prevedano il pagamento di una diaria in sostituzione, totale o parziale, delle spese di viaggio e soggiorno, è possibile rendicontare tali diarie. Per il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno generalmente è necessaria l’autorizzazione preliminare della Commissione per qualsiasi destinazione al di fuori del territorio dell’Unione Europea, degli Stati associati o di un paese terzo in cui è stabilito un partecipante allo stesso progetto, a meno che tale destinazione non sia prevista dall’Allegato tecnico. Se la base giuridica del programma non considera eleggibili i tributi indiretti (come l’IVA), questi devono essere scorporati dal costo dei viaggi se sul documento risulta l’imposta o l’aliquota da applicare. Risvolti tributari, previdenziali, assicurativi, contrattuali A livello contrattuale è opportuno prevedere in modo specifico il trattamento del rimborso delle spese per viaggi e soggiorni del personale esterno; per il personale dipendente dell’amministrazione varranno le regole previste dal contratto di lavoro collettivo integrato dal regolamento dell’ente. Anche in presenza di contratti per l’erogazione di contributi dalla Commissione il trattamento da riservare agli effetti tributari alle somme erogate a titolo di rimborso delle spese di viaggio e trasferta, anche diversamente denominate (indennità, missioni, ecc.), deve essere valutato alla luce dell’inquadramento reddituale da dare al rapporto principale che ha determinato il diritto per il soggetto alla percezione degli emolumenti ed il trattamento è quello ordinariamente previsto dalla normativa tributaria. Infatti l’inquadramento nelle varie categorie reddituali esistenti del rapporto principale è essenziale dal momento che condiziona e rende consequenziale l’applicazione dei vari diversi trattamenti previsti a livello tributario per le erogazioni dei rimborsi spese per viaggi e trasferta. Ipotesi di inquadramento del rapporto a livello tributario Le alternative generali all’inquadramento di potenziali rapporti sono connesse, per le fattispecie di rapporti in precedenza individuati alla voce spese di personale, alle ipotesi seguenti (sussistendo i vari presupposti ivi descritti): 1. attività riconducibili al caso dei redditi assimilati al lavoro dipendente di cui all’art. 50, comma 1,

lettera c-bis), DPR. 917/1986 (quali collaborazioni coordinate e continuative atipiche); 2. attività riconducibili al caso dei redditi assimilati al lavoro dipendente di cui all’art. 50, comma 1,

lettera c), DPR. 917/1986 (quali titolari di assegni e/o borse di studio); 3. attività riconducibili ai redditi da lavoro autonomo in base all’art. 53, comma 1, DPR. 917/1986

(qualora il soggetto esplichi attività di lavoro autonomo abitualmente e la prestazione richiesta integri lo svolgimento dell’attività professionale);

4. attività riconducibili ai redditi di lavoro autonomo non esercitato abitualmente in base all’art.67, comma 1, lettera l), DPR. 917/1986 (nel caso in cui la prestazione di lavoro autonomo non risulti

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inquadrabile nella precedente ipotesi di attività di lavoro autonomo esercitato abitualmente); 5. attività riconducibili ai redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente in base

all’art.67, comma 1, lettera i), DPR. 917/1986 (nel caso in cui la prestazione non possa essere inquadrata nell’ambito del lavoro autonomo, non avendone le caratteristiche – contenuto artistico ed intellettuale – e neppure nelle attività d’impresa esercitate abitualmente).

La precedente ipotesi 5 viene esposta solo a titolo ipotetico e per esigenza di esaustività, ma difficilmente potrà in concreto determinarsi per la casistica concretamente proposta e potenzialmente riferibile alle figure indicate.

Qualificazione quale reddito assimilato al lavoro dipendente Nel caso in cui il rapporto sia inquadrabile nelle ipotesi 1 e 2 che precedono il trattamento da riservare alle due fattispecie è perfettamente coerente alle regole in materia di lavoro dipendente (art.52, comma 1 ed art. 51, comma 5, TUIR),come segue: a) Rimborso spese vive documentate

Con decorrenza 1° Gennaio 1998 sono esclusi dal reddito i rimborsi analitici delle spese documentate relative a viaggi vitto ed alloggio per trasferte fuori dal comune sede del luogo di lavoro. La documentazione occorrente alla giustificazione ai fini dell’intassabilità è costituita dai biglietti viaggio, effettuato con mezzi pubblici, emessi anche in forma anonima, ma riconducibili ai periodi d’effettuazione della trasferta, oltre che dalle ricevute fiscali, fatture e/o scontrini “parlanti” intestati al dipendente (e/o al percipiente con reddito assimilato), con l’indicazione del suo codice fiscale (C.M. 16 Luglio 1998 n. 188/E). Sempre in esenzione da imposizione possono essere, in tal caso, rimborsate altre somme anche non documentabili, se analiticamente attestate dal dipendente in trasferta, per spese di telefono, parcheggio ecc. fino all’importo giornaliero (trasferta in Italia) di �. 15,49= (originarie £. 30.000=), in aggiunta alle spese rimborsate a piè di lista come detto nei periodi che precedono.

b) Indennità chilometrica Il trattamento ai fini tributari di tali eventuali erogazioni segue le regole del rimborso analitico. Infatti può essere prevista l’attribuzione dell’indennità chilometrica anche nel contesto di un rimborso a piè di lista per la copertura parziale e/o totale delle spese di viaggio correlate alla trasferta effettuata con l’utilizzo di un automezzo di proprietà dell’incaricato alla trasferta. Le erogazioni in argomento non costituiscono base imponibile ai fini delle imposte sul reddito ed ai fini fiscali, non è più neppure previsto che il datore di lavoro debba autorizzare espressamente la trasferta risultando il fatto desumibile dalla documentazione agli atti (data la natura dell’Ente è opportuna la conservazione delle procedure autorizzative). Risulterà necessario invece che dalla documentazione di liquidazione dell’indennità emergano gli elementi che originano la sua determinazione quali tipo di automezzo utilizzato, costo chilometrico legato all’automezzo e criteri di attribuzione, nonchè percorrenza.

c) Trattamento secondo regolamento missioni Le indennità di trasferta (diaria) per trasferte fuori dal territorio del Comune ove si trova la sede di lavoro sono escluse dalla tassazione fino all’importo di �. 46,48= (originarie £. 90.000=), giornaliere e nella determinazione dell’importo affrancato da imposte non incide il fatto che la durata della trasferta non preveda alcun pernottamento esterno. Il superamento del limite indicato anche se documentato analiticamente con documenti giustificativi di spesa concorre alla formazione del reddito imponibile. Nel caso in cui s’intenda procedere al rimborso mediante corresponsione, in aggiunta alle spese di vitto ed alloggio analiticamente determinate, di un’indennità di trasferta, la quota esente da tassazione viene ridotta come segue: - rimborso analitico del vitto (o alternativamente dell’alloggio) quota esente pari ad �. 30,99= (originarie £. 60.000=); - fornitura gratuita del vitto (o alternativamente dell’alloggio) da parte del datore di lavoro, quota

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esente pari a �. 30,99= (originarie £. 60.000=); - rimborso analitico del vitto e dell’alloggio o in alternativa fornitura gratuita del vitto e dell’alloggio da parte del datore di lavoro, quota esente pari a di �. 15,49= (originarie £. 30.000=).

Comunque i rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche attraverso l’attribuzione di un’indennità chilometrica, corrisposti in aggiunta alle erogazione di trattamenti identificabili come rimborsi misti, purchè idoneamente documentati, non concorrono a formare la base imponibile e non determinano riduzione della quota esente al di sotto di quanto sopra esposto. Per concludere è opportuno considerare altri aspetti collegati alla problematica in discussione come segue: • si può parlare di trasferta (e quindi prevedere il detto trattamento) esclusivamente nel caso in cui il

percettore assimilato), sia incaricato di svolgere temporaneamente un servizio fuori della sua abituale sede di ufficio; ciò in ordine ad esigenze di servizio a carattere transitorio, dal momento che non è possibile parlare di trasferta per le attività che determinino un vero e proprio trasferimento di durata superiore ai 240 giorni in presenza del quale il trattamento agevolativo dei rimborsi non risulta applicabile (comunque tale particolarità trova significato per il solo personale dipendente anche nell’ipotesi in cui si debba gestire la casistica dei titolari di borse per attività all’estero, mobilità ecc.).

• Gli emolumenti corrisposti per le trasferte all’interno del territorio del Comune ove si trova la sede di lavoro, ad eccezione dei rimborsi spese per viaggio comprovate da documenti emessi dal vettore quali biglietti autobus, ricevute taxi ecc. che conservano l’intassabilità, concorrono integralmente alla formazione del reddito soggetto alle imposte dirette.

• Non è consentito nell’ambito della stessa trasferta, adottare i diversi criteri (misto, analitico, ecc.), sopra analizzati in relazione al trattamento dei rimborsi collegabili alle singole giornate, comprese nel periodo in cui il dipendente si trova fuori dalla sede di lavoro per lo svolgimento della attività.

• Non possono rientrare nel concetto di rimborso, ma l’eventuale corresponsione integra la base imponibile della normale retribuzione, le erogazioni a fronte degli oneri sostenuti dai soggetti per raggiungere la sede di svolgimento dell’attività dalla propria abitazione 18, venendo tali oneri ricompresi nelle detrazioni/deduzioni per la produzione dei redditi di lavoro (dipendente od in questo caso assimilato al lavoro dipendente - R.M.23 Marzo 1999 n.54/E).

• In presenza di erogazioni che, pur effettuate a ristoro delle spese di trasferta, siano invece, per le ragioni sopra indicate, soggette a tassazione, si evidenzia che le stesse non potranno godere del trattamento di esenzione IRPEF eventualmente previsto per il rapporto principale (ad esempio caso degli assegni di ricerca e delle borse di dottorato di ricerca), e dovranno essere assoggettate al trattamento ordinariamente previsto in regime di tassazione per la categoria del reddito di riferimento (in questo caso assimilato al lavoro dipendente con aliquote IRPEF progressive a scaglioni, applicazione delle addizionali, ecc.).

E’ altresì opportuno precisare che ai fini dell’applicazione dell’imposta IRAP, gli emolumenti in questione costituiranno o meno base imponibile in funzione di alcuni distinti fattori collegati al regime di determinazione dell’imposta prescelto. Infatti nel caso in cui sistema di determinazione della base imponibile sia quello naturale il cosiddetto “Sistema Retributivo”, i rimborsi verranno assoggettati ad IRAP in funzione della loro riconducibilità e concorrenza alla formazione del reddito ai fini delle imposte dirette; per cui nel caso in cui i rimborsi risultino esenti ai fini IRPEF gli stessi non concorreranno alla formazione della base imponibile IRAP (vds. Circolare 9 Aprile 1998 n.97/E e Circolare INPS 24 Dicembre 1997 n.263).

18 Si pensi alla casistica dei soggetti componenti collegi, commissioni per gare e concorsi, organi di amministrazione e controllo, ecc., ma anche alle spese di viaggio e/o soggiorno incontrate dai collaboratori coordinati e continuativi, nonché dei titolari di borse di studio per raggiungere il luogo, presso il committente, dove la loro prestazione avrà luogo.

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Qualora invece si sia preferito il cosiddetto “Sistema Misto” prima di applicare, in relazione agli acconti mensili, l’imposta, anche in presenza della riconducibilità dei rimborsi alla logica di tassazione IIDD., si dovrà tenere conto di altri particolari presupposti (sull’argomento è opportuna un’analisi distinta ed appropriata in stretta relazione alla condizione organizzativa dell’Ateneo).

Qualificazione quale reddito di lavoro autonomo Nel caso in cui venga invece considerato che il rapporto sia inquadrabile nelle ipotesi 3 e 4 che precedono, sia per specifiche caratteristiche proprie delle attività richieste e/o per carenza di un effettivo legame “reddituale” delle erogazioni con le prestazioni che hanno carattere di gratuità, il trattamento da riservare alle due fattispecie sarà il seguente: Prestazioni di lavoro autonomo non esercitato abitualmente Qualora i rimborsi spese vengano erogati a soggetti svolgenti prestazioni di lavoro autonomo che possano definirsi, esclusa ogni altra ipotesi, di natura occasionale (art. 67, comma 1, lettera l, TUIR, precedente ipotesi n. 4) e pertanto di conseguenza non rilevanti IVA, per carenza del presupposto soggettivo di cui all'art. 5, DPR. 633/1972 in capo al prestatore, l'attrazione alla ritenuta di acconto di cui all’art.25 del DPR.600/1973 trova il seguente fondamento. Proprio in relazione ad un quesito proposto da un Dipartimento Universitario, il Ministero delle Finanze, con R.M.11 Agosto 1994 n. 225/E, ha espresso il proprio orientamento, peraltro confermato in altra pronuncia recente (R.M.20 Marzo 1998 n. 20/E). Il Ministero, partendo dal presupposto generale secondo il quale la base imponibile dei redditi di lavoro autonomo, sulla quale applicare la ritenuta di acconto, è costituita dai compensi percepiti al lordo delle spese sostenute dal prestatore direttamente connesse al conseguimento degli stessi compensi, ha stabilito applicarsi le ritenute alla fonte ex art. 25 DPR. 600/73, anche sulle somme rimborsate a qualsiasi titolo, salvo il caso che si tratti di spese anticipate in nome e per conto del committente ed a quest'ultimo intestate nel documento giustificativo. E' necessario aggiungere una precisazione in relazione all'intestazione dei documenti di spesa che per poter essere considerati relativi ad oneri sostenuti in nome e per conto debbono essere obbligatoriamente intestati al Committente e non fatte intestare dal Prestatore. Ad esempio la fattura del ristorante pagata dal lavoratore autonomo prestatore è una spesa dello stesso, ancorchè sostenuta nell'espletamento dell'incarico e da rimborsare a cura del committente, in quanto il soggetto incaricato pranza "per conto" del cliente, ma mai "in nome". Tornando ai problemi di carattere generale è ormai orientamento consolidato che, anche in assenza di compenso (prestazione gratuita), il solo rimborso delle spese sostenute, erogato al prestatore sia soggetto a ritenuta a titolo di acconto secondo il più volte richiamato art. 25 DPR. 600/1973. Ciò parrebbe comunque in contrasto con la logica che vede l’applicazione delle imposte in acconto sulle spese sostenute dal lavoratore autonomo in quanto di produzione del proprio reddito quando in effetti, in tali casi, il reddito non sussiste affatto non andandosi a corrispondere al soggetto compensi oltre ai rimborsi spese su documenti. L’Agenzia delle Entrate ha però recentemente confermato tale prassi restrittiva in materia di applicazione della ritenuta alla fonte IRPEF con la Circolare del 18 Giugno 2001 risposta n.2.2. Nel sostenere l’orientamento l’Agenzia delle Entrate ha asserito che i rimborsi spese, anche se documentati analiticamente, corrisposti a soggetti nello svolgimento di un’attività di lavoro autonomo (sia abituale che occasionale), costituiscono spese per la produzione del reddito del percettore. Quanto sopra esposto trova integrale applicazione anche in riferimento al caso in cui il beneficiario della erogazione si trovi a percepire esclusivamente il rimborso spese documentate in assenza di compenso od onorario. Infatti l’Amministrazione Finanziaria non ha mai riconosciuto la natura di solo ristoro per tali erogazioni, ma ne ha sempre considerato la rilevanza reddituale alla stregua di spese di produzione del reddito, pur in assenza di un compenso associato al rimborso ritenendo la scelta del soggetto di accettare l’incarico

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senza percezione di compenso una modalità di svolgimento dell’attività. Di conseguenza il titolare del reddito potrà, trattenendo la documentazione in originale, se professionista documentare tali oneri nella propria contabilità, ovvero se prestatore di lavoro autonomo non abituale, dedurre tali costi all’interno della propria dichiarazione dei redditi (modello Unico o modello 730), dal reddito di lavoro autonomo prodotto (che se costituito dal solo rimborso sarà pari a zero), ottenendo altresì, in entrambi i casi, lo scomputo delle ritenute IRPEF alla fonte subite dalle imposte dovute in base alla dichiarazione od ottenendo il rimborso o la compensazione dell’eventuale credito d’imposta generato. Quindi il prelievo IRPEF in acconto non si traduce in una perdita irreversibile per il percettore, ma solo in una momentanea anticipazione finanziaria. Per i percettori soggetti non residenti ai fini fiscali nel territorio dello Stato valgono tutte le regole sopra esposte salvo l’impossibilità di ottenere il recupero delle ritenute alla fonte subite nel rapporto con il sostituto. Ciò in quanto la ritenuta alla fonte non viene operata a titolo di acconto, ma titolo d’imposta (in misura pari al 30% sempre a norma dell’art.25 DPR.600/1973), non essendo tenuto il soggetto alla dichiarazione dei propri redditi in Italia (Agenzia delle Entrate, risoluzione 21 Marzo 2003 n.69). Quindi per i non residenti la ritenuta subita assume carattere di perdita irreversibile a carico della parte di erogazione destinata al mero rimborso. Per ovviare a quanto sopra, in presenza di convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni fra l’Italia ed il paese di residenza fiscale del soggetto non residente, quest’ultimo potrà rivendicare l’applicazione del trattamento convenzionale a suo beneficio. L’accoglimento della richiesta e l’applicazione diretta del trattamento convenzionale da parte del sostituto Ateneo è però strettamente subordinata a:

- Verifica dell’esistenza della convenzione in vigore (le convenzioni in vigore sono disponibili sul sito Internet del Ministero delle Finanze – www.finanze.it);

- efficacia della convenzione medesima per quella fattispecie reddituale derivante dal rapporto in essere con il soggetto: non è infatti sufficiente che esista la convenzione, ma occorre che questa disciplini la specifica fattispecie reddituale nel senso di prevedere la tassazione del reddito nel paese di residenza fiscale del soggetto.

Effettuata tale preliminare verifica, è poi necessario che il percettore esibisca la seguente documentazione:

- certificazione rilasciata dall’Amministrazione Fiscale dell’altro Stato di residenza fiscale del beneficiario della erogazione riportante l’attestazione che il soggetto in questione è contribuente di quello stato; in alcune convenzioni è prevista l’emissione da parte dell’autorità fiscale del paese di un modulo specifico che deve essere utilizzato in luogo della certificazione; la certificazione deve essere redatta in una delle lingue ufficiali (inglese o francese); certificazioni di altro tipo rilasciate da soggetti diversi dall’autorità fiscale dell’altro paese non sono valide come non è valida per la fattispecie l’autocertificazione anche se da parte di cittadini comunitari;

- richiesta esplicita del soggetto di applicazione del regime convenzionale, con riferimento alla categoria reddituale prevista in convenzione;

- copia del codice fiscale, nonché (sempre) copia del documento di identità e copia del codice fiscale identificativo estero.

In assenza di questi elementi l’applicazione del regime convenzionale ricade sotto la responsabilità di chi ha effettuato il pagamento. Si richiama inoltre l’attenzione sul fatto che le convenzioni possono prevedere regimi fiscali diversi, anche di doppia imposizione, quindi non necessariamente l’esenzione dall’applicazione di imposte in Italia, con possibilità per il soggetto di scomputo all’estero del credito d’imposta maturato in Italia per effetto della ritenuta subita. E’ pertanto opportuno che i vari soggetti provenienti dall’estero e quindi, presumibilmente, non residenti ai fini fiscali, vengano avvertiti della procedura prima del loro arrivo in Italia, in modo da evitare spiacevoli disguidi ed inutili contenziosi. Sui compensi corrisposti a prestatori attività di lavoro autonomo occasionale e sui relativi rimborsi, per la

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parte che và a costituire base imponibile IRPEF è dovuta in ogni caso l’IRAP a carico del committente. In tali casi i documenti attestanti la spesa sostenuta dal prestatore titolare di reddito per lavoro autonomo non abituale ed addebitata all’Ateneo dovranno essere trattenuti dal medesimo prestatore in originale e consegnati al committente in copia fotostatica in allegato alla notula della prestazione resa. Attività professionali abituali Valgono per la fattispecie (caso n. 3 del precedente elenco) pressochè "in toto" le osservazioni fornite per il caso dei lavoratori autonomi “occasionali”. Ciò in quanto non vengono fatte distinzioni circa la base imponibile relativa alle imposte sui redditi per il lavoro autonomo fra occasionale ed abituale, quest’ultima fattispecie contemplata dall'art. 53, comma 1, DPR. 917/1986. Alcune valutazioni devono essere sviluppate in relazione all'IVA e ciò in virtù del fatto che le prestazioni ricadono in tale ambito quando il soggetto svolge per professione abituale attività di lavoro autonomo. Pertanto ai fini dell'assoggettabilità ad IVA dei rimborsi spese erogati a professionisti bisogna distinguere fra le due categorie: • rimborsi spese per anticipazioni fatte dal professionista in nome e per conto relativi a marche, valori

bollati, diritti di cancelleria ecc. risultano essere esclusi da IVA ex art.15 DPR. 633/1972, evidenziati per memoria nella fattura, con documentazione giustificativa intestata al committente ed allo stesso rimessa;

• rimborsi spese per viaggi, vitto e alloggio relativi a spese sostenute dal professionista nell'interesse del committente, in relazione all'incarico ricevuto, ma chiaramente non in nome e per conto, risultano essere assoggettabili ad IVA e seguono le sorti del compenso professionale;

• il Ministero delle Finanze con RM.17 Aprile 1996 n. 59/E ha precisato che possono essere considerate sostenute in nome e per conto (di conseguenza escluse da IVA), solo le spese che insorgono direttamente nella sfera patrimoniale del committente, per cui in assenza di un mandato con rappresentanza ex art.1704 C.C., e questo non è il caso del normale mandato professionale, i rimborsi rimangono nella sfera giuridico patrimoniale del prestatore e la loro erogazione genera materia imponibile IVA. In tale ultimo caso l’IRAP, sui rimborsi spese erogati e costituenti base imponibile IRPEF ed IVA, risulta dovuta, ma con oneri a totale carico del professionista percipiente.

In tali casi i documenti attestanti la spesa sostenuta dal professionista ed addebitata all’Ateneo dovranno essere trattenuti dal medesimo professionista in originale e consegnati al committente in copia fotostatica in allegato alla fattura.

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3.5 BENI CONSUMABILI Regole di rendicontazione I costi per beni consumabili riguardano i beni (che non rientrano nella definizione di “attrezzature durevoli” sopra riportata) che sia stato acquisito ed utilizzato per i fini del progetto. Risvolti tributari, previdenziali, assicurativi, contrattuali Si vedano le considerazioni svolte in precedenza.

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3.6 ALTRI COSTI SPECIFICI Regole di rendicontazione I programmi comunitari generalmente ammettono altre voci di spesa oltre quelle sopra indicate, oppure categorie residuali di costi diretti. Risvolti tributari, previdenziali, assicurativi, contrattuali Si vedano le considerazioni svolte in precedenza. 3.7 COSTI INDIRETTI Regole di rendicontazione I costi indiretti imputabili sono costituiti dalla parte di spese generali relativa al progetto specifico. Nei documenti della Commissione, sono considerate spese generali quelle “incurred to employ, manage, accomodate and support the direct personnel performing the work of the project” (v. Guidelines on Major financial provisions for cost reimbursment research contract). Sono spese generali quelle non comprese nei costi diretti, quelle che riguardano, per esempio: - i costi di amministrazione; - quelli per il personale ausiliario; - materiale d’ufficio; - ammortamento di immobili e di apparecchiature; - manutenzione delle immobilizzazioni materiali; - somministrazione di servizi (spese postali, telefoniche, di elettricità, riscaldamento, assicurazioni etc); - spese di affitto dei locali. L’ammontare delle spese generali è stabilito dai singoli programmi. Qualora non sia espressamente previsto dalla base giuridica o dal contratto con la Commissione che le spese generali sono calcolate in modo forfetario, l’ammontare delle spese generali va giustificato. Risvolti tributari, previdenziali, assicurativi, contrattuali Si vedano le considerazioni svolte in precedenza.

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Selezione della Prassi Ministeriale in materia di I.V.A. Il Ministero delle Finanze interpellato dai contribuenti, talvolta anche da qualche Università, ha dato generalmente risposte coerenti, ma purtroppo non sempre rispondenti a tutti gli interrogativi ed in particolare non esaustive di tutte le fattispecie potenzialmente concretizzabili. R.M. 15 Marzo 1994 n. VII-15-350/93 Il Ministero delle finanze esprimendosi sulla portata della non imponibilità dei contratti di ricerca e di associazione con la CEE ha chiarito che il beneficio della non imponibilità viene esteso anche alle imprese ed enti che risultino fornitori di beni e/o servizi a favore di soggetti che abbiano stipulato con la CEE contratti di ricerca o di associazione. Viene inoltre espressamente indicata la modalità di proposizione della richiesta di applicazione della non imponibilità, la quale avverrà attraverso rilascio ai fornitori di beni e servizi, da parte dell’ente interessato, di un’apposita dichiarazione dalla quale risultino gli estremi del contratto di ricerca od associazione con la comunità e quando si configuri un contratto di associazione la quota di partecipazione della UE ed il corrispondente importo della fornitura che quindi viene ad essere fatturato in regime di non imponibilità. Il Ministero ribadisce infine che qualora però si tratti di fattispecie diversa dal contratto di ricerca e/o di associazione previsto dall’art.72 l’imposta sul valore aggiunto dovrà sempre applicarsi e rimarrà a carico del soggetto che ha concluso il contratto con la commissione UE non risultando rilevante la circostanza che siano o meno previste all’interno del rapporto contrattuale (o convenzionale), sovvenzioni a carico CEE. R.M. 28 Dicembre 1995 n. 287/E Con tale risoluzione il Ministero, a seguito di specifico quesito proposto dal MURST concernente l'erogazione di un contributo, costituito da fondi comunitari, a favore di un Consorzio attuatore di un proprio progetto ha individuato l'inesistenza di obblighi contrattuali, ma solo oneri al cui adempimento è legato il diritto alla percezione del contributo. Il contributo assume pertanto la veste di erogazione a fondo perduto non configurante operazione rilevante IVA nei confronti del MURST il quale non risulta committente di una prestazione di servizi di suo diretto interesse. In definitiva non trova applicazione il regime di acquisto di non imponibilità previsto dall’art.72 mancando il presupposto della prestazione di servizi fra soggetto erogante il contributo (MURST in attuazione delle funzioni assegnate dalla Commissione CEE) e soggetto gestore ed utilizzatore del contributo (attuatore, ma non contraente). RRMM. 12 Luglio 1996 n. 125/E e 118/E - 11 Luglio 1996 n. 116/E Nelle tre risoluzioni il Ministero delle Finanze è intervenuto, offrendo la propria interpretazione, relativamente al trattamento IVA di finanziamenti comunitari o da parte di organismi nazionali gestori di risorse CEE. Tutte le risposte hanno visto l'analisi del rapporto contrattuale alla base dell'erogazione del contributo in modo da verificare se il medesimo vada a costituire corrispettivo di uno specifico servizio quindi rilevante il campo di applicazione dell'IVA, o contributo a fondo perduto fuori campo IVA. RRMM. 23 Aprile 1997 n. 81/E e 17 Settembre 1997 n.197/E Con le due risoluzioni il Ministero afferma che non sono da ritenere rientranti nel campo di applicazione

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IVA, per mancanza del presupposto oggettivo, i fondi erogati dalla CEE a favore di istituti od associazioni di formazione professionale dal momento che i medesimi percettori dei fondi attraverso tali risorse realizzano un loro specifico interesse ancorchè ritenuto degno di contribuzione finanziaria da parte della CEE. Di conseguenza è considerata inapplicabile la disposizione contenuta nell’art.72 in ordine alla possibilità di procedere alla effettuazione di acquisti in regime di non imponibilità IVA. R.M. 1 Ottobre 1997 n. 200/E E' famosa per aver determinato un notevole disorientamento negli operatori che vi hanno letto una sorta d'innovazione interpretativa da parte del Ministero delle Finanze. In verità concetto pressochè analogo era stato espresso con precedente R.M. 15 Marzo 1994 n. VII-15-350/93 (si vedano le osservazioni formulate in precedenza), in ordine alla possibilità di acquistare beni e servizi in regime di non imponibilità ex art.72, DPR.633/72. La logica dell'interpretazione si fonda sul fatto che l'assenza di obbligazione contrattuale non configura operazione rilevante IVA (a valle) e nella stessa direzione si deve considerare l'operazione (a monte) di acquisto. L’erogazione avviene pertanto a fondo perduto trovando attuazione mediante la mera messa a disposizione di fondi per la realizzazione copertura dei costi del progetto. R.M. 24 Aprile 2001 n.54/E L’erogazione comunitaria in tale caso viene identificata come contributo. Il contributo, per l’Agenzia delle Entrate assume rilevanza ai fini IVA solo se erogato a fronte di una obbligazione di fare, non fare o dare reggendosi la sua erogazione sull’esistenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. Agenzia delle Entrate – Risoluzione 23 Giugno 2003 n.135/E Rilevanza IVA dei Fondi UE destinati alle azioni di sistema e programmi d’interesse pubblico Il Ministero del Lavoro ha chiesto di conoscere il trattamento ai fini dell'imposta sul valore aggiunto dei contributi erogati dalla Commissione Europea, tramite lo stesso Ministero, a valere sul Fondo sociale europeo dal fondo di rotazione per le politiche comunitarie relativamente ai programmi operativi nazionali (PON) obiettivo 3 ed 1, concernenti azioni di sistema tendenti a migliorare la gestione ed utilizzazione dei fondi comunitari. In particolare ha chiesto se i contributi ministeriali devono essere considerati corrispettivo di una prestazione di servizi esente da IVA, ai sensi dell’art.14, comma 10, della L. 24 dicembre 1993, n.537, oppure come elargizioni a fondo perduto svincolate da qualsiasi rapporto sinallagmatico e pertanto escluse dal campo di applicazione dell'imposta. Inoltre nel caso in cui i percettori siano riuniti in ATI od in ATS viene chiesta altresì di chiarire come vengano trattati i passaggi di fondi tra soggetto capofila e gli associati. L’Agenzia ricostruendo l’iter di erogazione dei contributi da parte del Ministero riscontra la sussistenza della finalità di carattere generale tesa al sostegno dei processi di riforma e di innovazione nel campo delle politiche del lavoro e della formazione garantendo diffusione omogenea sul territorio nazionale e la totale assenza di corrispettività fra le attività poste in essere dall’ente beneficiario per l’attuazione del progetto ed i contributi ricevuti che assicurano la copertura delle spese sostenute nonché dei costi di funzionamento relativi alla gestione del programma. L’assenza del rapporto sinallagmatico deriva dalle seguenti considerazioni: - destinatari dei finanziamenti sono enti che hanno presentato proposte progettuali sottoposte alla

valutazione di un’apposita commissione presso il Ministero erogante; - la commissione redige dopo la valutazione dei progetti apposita graduatoria per l’ammissione

concorsuale al finanziamento dei progetti;

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- i finanziamenti vengono concessi unicamente attraverso l’emanazione da parte del Ministero di appositi provvedimenti di assegnazione unilaterali ove sono fissati modalità, termini e condizione di concessione del contributo/finanziamento;

- l’erogazione del finanziamento è sottoposta unicamente a verifiche amministrative e contabili sul rendiconto generale delle spese.

Di conseguenza sussiste piena condizione di irrilevanza IVA delle erogazioni che hanno esclusivamente natura di movimentazioni finanziarie a norma dell’art.2, terzo comma, lettera a), DPR.633/1972 (conformemente all’analisi fatta con la risoluzione 11 Giugno 2002 n.183/E). L’Agenzia precisa altresì che i successivi passaggi di fondi fra i soggetti partecipanti all’ATI o all’ATS, sono altresì carenti del presupposto di rilevanza IVA ove l’associato che assume la veste di capofila (titolare di un mandato con rappresentanza), provvede all’incasso in nome e per conto delle somme dovute anche agli associati e rilascerà quietanze emesse direttamente dagli stessi associati, ognuno per la somma di spettanza dal momento che gli effetti giuridici derivanti dal rapporto instaurato con l’erogante ricadono direttamente e distintamente sugli associati. Sull’argomento è interessante ricordare anche l’emanazione di una recente Circolare del Ministero del Lavoro (5 Dicembre 2003 n.41), in materia di gestione dei contributi erogati dalla U.E. nel quadro del Fondo Sociale Europeo. Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale Puglia – Risposta Interpello 24 Marzo 2004 n. 917-574 Fondi comunitari percepiti da Ateneo in esecuzione di contratti di ricerca scientifica P.O.N. La Direzione Regionale esaminato il decreto di attribuzione della sovvenzione comunitaria relativo al Programma Operativo Nazionale da parte del M.I.U.R. ravvisa la sussistenza fra la CE e l’Ateneo istante, per la parte di progetto finanziata dalla UE, delle tipologie contrattuali menzionate nell’art. 72, comma 3, numero 3, del Decreto IVA ed in particolare conferma trattarsi di contratto di associazione, senza tuttavia qualificare il rapporto fra quelli aventi natura corrispettiva. La Direzione precisa che stante l’esistenza del contratto di associazione l’Ateneo potrà fruire, nei rapporti con i propri fornitori, per le operazioni di importo superiore ad �. 258,83= (originariamente £. 500.000=), del beneficio della non imponibilità IVA rilasciando agli stessi fornitori una dichiarazione conforme a quanto indicato nella risoluzione 15 Marzo 1994 n.350/E. Agenzia delle Entrate – Risoluzione 14 Marzo 2005 n. 34/E Contributi comunitari percepiti dal CNR in esecuzione di contratti di ricerca scientifica

L’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un quesito formulato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR in merito all’applicabilità della non imponibilità IVA prevista dall’art.72, comma 3, numero 3, del DPR.633/1972 alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuati a sostegno dell’attività di formazione dei ricercatori ospitati per lo svolgimento delle attività relative a due contratti di ricerca CE in applicazione della procedura generale prevista dall’art.12 del Reg. n. 2321/2002 del 16 Dicembre 2002, nell'ambito del V e VI Programma Quadro (2002-2006) di azioni comunitarie di RST.

L’Agenzia ha chiarito che agli effetti è necessario preliminarmente verificare l’esistenza di un vincolo contrattuale di ricerca tra la CE ed il CNR accertando: a) la sussistenza di obblighi e adempimenti conseguenti all'erogazione; b) l’effettivo stato degli interessi fra le parti in merito ai risultati della ricerca; ritenendo tali elementi imprescindibili per stabilire se i finanziamenti erogati rientrino tra corrispettivi per prestazioni di servizi o tra contributi non afferenti a specifiche attività da porre in essere.

a) La sussistenza del predetto vincolo contrattuale viene già riconosciuta nel nomen iuris attribuito dalle parti ai negozi posti in essere (contratto), inoltre nel detto contratto vengono definiti, da parte della CE, obiettivi, tempi e modalità di esecuzione, da parte del contraente, delle prestazioni relative all'organizzazione ed attuazione dei programmi di ricerca finanziati dai relativi contributi comunitari. In particolare all’art.1 del contratto emerge che a fronte del contributo finanziario comunitario per la

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realizzazione del progetto, "il contraente principale esegue i lavori indicati nel presente contratto (il progetto) secondo le disposizioni in esso stabilite" e la CE affida al contraente principale l'esecuzione di prestazioni relative all'organizzazione ed attuazione dell'attività di ricerca, con la necessaria libertà nella scelta dei partners e dei mezzi più opportuni per il raggiungimento dell'obiettivo del progetto. Con ciò viene riconosciuta la sussistenza di obblighi di dare, fare o permettere da parte del soggetto che riceve il contributo, l'erogazione dei fondi strutturali comunitari costituisce di per sé il corrispettivo di prestazioni di servizi rese nei confronti della Comunità europea, con conseguente rilevanza, ai fini dell'IVA, del movimento finanziario relativo alla erogazione dei contributi ai soggetti attuatori (in conformità alla risoluzione 3 Maggio 1999 n.72/E, come "quando il soggetto che riceve le somme è tenuto ad un adempimento in dipendenza di un obbligo contrattuale nei confronti dell'ente erogante".

b) Relativamente agli interessi connessi ai risultati della ricerca nella fattispecie in esame, è significativa l'individuazione del/dei destinatario/i effettivo/i di tali risultati, ossia la "proprietà delle conoscenze", che nello schema di contratto individuato nell’art. 12 del Regolamento CE sono riconosciuti essere i partecipanti al progetto (art. 4), “nei limiti degli interessi della Comunità" (art. 9, comma 4), concordando "con la Commissione le modalità di divulgazione delle conoscenze" (art. 12), essendo riservato alla CE il potere di "divulgare (...) le conoscenze derivate dal progetto" e il "diritto irrevocabile ... di "tradurre, riprodurre e distribuire articoli destinati alla pubblicazione su riviste scientifiche e tecniche, testi di conferenze ed altri documenti pubblicati dal partecipante, elaborati nell'ambito del progetto" (art. 13), con obbligo di salvaguardare la riservatezza delle conoscenze da divulgazioni non connesse alle attività contrattuali, al fine di evitarne un utilizzo esterno alla Comunità stessa (art. 13). Pertanto la limitazione ad un pieno ed esclusivo utilizzo delle predette conoscenza a carico dei partecipanti al progetto in sub – ordine rispetto agli interessi della Commissione conferma, secondo l’Agenzia, il diretto interesse della CE rispetto ai risultati del progetto e ciò viene confermato anche nei rapporti fra i partecipanti al progetto definito di natura contrattuale e strumentale (sub-contratto) rispetto all'accordo stipulato con la Comunità, in quanto il contraente principale affida l'esecuzione di parte di quelle opere che si è obbligata a realizzare nei confronti del committente, ad un terzo.

Partendo dalla sussistenza dei richiamati presupposti ed in conformità alla natura giuridica delle prestazioni rese L’Agenzia ritiene corretta la fatturazione delle medesime e con riferimento alla forma consorziale dell'atto stipulato fra le parti la posizione dei contraenti elencati nel medesimo è da qualificare come "titolari dei diritti e degli obblighi spettanti", con la conseguente ammissibile estensione del beneficio della non imponibilità IVA anche agli acquisti di beni e servizi effettuati direttamente dai soggetti che stipulano con la CE, nella sopra evidenziata veste, i summenzionati contratti di ricerca.

L’Agenzia ovviamente conferma che “non è possibile applicare lo stesso trattamento agevolativo alle medesime operazioni se rientranti nello stadio più a valle della catena commerciale”. In particolare, i fornitori dei soggetti che hanno stipulato i predetti contratti di ricerca, se effettuano a loro volta acquisti di beni e servizi, non potranno invocare i benefici del citato art. 72, comma 3, numero 3 del D.P.R. n. 633/1972” e ricorda che “l'agevolazione in questione potrà trovare applicazione rilasciando, al fornitore dei beni e servizi stessi, un'apposita dichiarazione in cui risultino gli estremi del contratto, la destinazione degli acquisti, la quota in percentuale della partecipazione CE e il corrispondente importo della fornitura che non deve essere assoggettato ad IVA a norma del richiamato art. 72”. In quest’occasione l’amministrazione finanziaria è intervenuta nell’argomento allargando l’orizzonte interpretativo alla questione del contratto di associazione 19 riconosciuto nello schema di contratto con la CE che viene definito “forma consorziale” e di fatto conferma le interpretazioni suggerite nel presente documento, anche se l’ottica è diversa. Infatti mentre si è sempre ritenuto che fra i soggetti legati dal rapporto contrattuale di associazione, ivi compresa la Commissione, non potesse sussistere rapporto

19 Aggiungendosi agli orientamenti della D.R.E. della Puglia in precedenza commentata.

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sinallagmatico, l’Agenzia riscontra i presupposti e innova (anche se a nostro giudizio non convince per le motivazioni addotte), creando di fatto l’esigenza di rettificare i comportamenti in relazione agli aspetti di natura tributaria. Quindi aderendo alla tesi dell’Amm.ne Fin.ria si dovrà procedere alla fatturazione alla CE, in regime di non imponibilità IVA del contributo da questa erogato a vantaggio del progetto associativo ed anche i rapporti fra i soggetti partecipanti dovranno essere regolati da fatture. Fac – simile richiesta non imponibilità I.V.A.

INTESTAZIONE Spettabile Ditta/Ente ________________________________ Via ____________________________ Località ________________________ Data ____________________ Oggetto: Richiesta applicazione regime di non imponibilità art.72, comma 3, numero 3, D.P.R. 633/1972 20. Il sottoscritto ______________________________, nella sua qualità di ____________________ del

_______________________________ con la presente

COMUNICA • che l’Ente scrivente ha sottoscritto contratto di ricerca/associazione con la Commissione U.E. in

data ________________, contratto n.____________ ad oggetto

____________________________________21 in veste di ___________________________22;

• che l’Ente scrivente utilizza i beni/servizi oggetto dell’ordine proposto e/o del contratto sottoscritto

con codesta spettabile Ditta/Ente in data _____________ ditta esclusivamente per le finalità del

predetto contratto concluso con la CE;

20 Da proporre al fornitore in presenza di acquisti del valore al netto dell’IVA superiore a £. 500.000= (�.258,23=). 21 Precisare l’oggetto del contratto desumibile dal contratto medesimo. 22 Specificare se contraente principale, coordinatore, contraente associato, ecc.

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CHIEDE

che alle predette forniture venga applicato il regime di non imponibilità previsto dall’art. 72, comma 3,

numero 3, del DPR.633/1972 nei limiti del ______% del relativo ammontare 23 (riferimento Risoluzione

Ministero delle Finanze del 2 Aprile 1991 n. 470176 riportata a margine della presente richiesta).

Distinti Saluti.

Firma _______________________

1.2.1.1 Risoluzione ministeriale Min. Fin. Dir. Gen. Tasse e Imposte indirette sugli affari 02-04-1991, n. 470176

Il Ministero dei beni culturali e ambientali ha fatto presente di dover stipulare con le Comunità europee un contratto di sovvenzione per l' espletamento di uno studio, che verrà affidato in subappalto alla ditta risultante vincitrice della gara all' uopo indetta. Ciò posto, si chiede di conoscere il trattamento fiscale da riservare, agli effetti dell' IVA, alle prestazioni di servizi rese dalla ditta nei confronti del Ministero. Al riguardo devesi far presente che l' art. 72, terzo comma, n. 3, del DPR n. 633/1972 e successive modificazioni stabilisce la non imponibilità all' imposta per le cessioni di beni e prestazioni di servizi, d' importo superiore a lire 100.000 (ultimo comma dello stesso art. 72 – “nella versione aggiornata della norma £. 500.000=”), rese non solo nei confronti delle Comunità europee nell' esercizio delle proprie funzioni istituzionali, ma anche nei confronti di imprese e enti per l' esecuzione di contratti di ricerca e di associazione conclusi con le dette Comunità. Nessun altro requisito o condizione risulta richiesto ai fini dell' applicazione della cennata disposizione. Pertanto, ove il contratto stipulato con la CEE sia del tipo indicato in detta norma, il Ministero potrà fruire nel rapporto instauratosi con la ditta fornitrice di una non imponibilità di carattere oggettivo. Sarà, cioè, sufficiente, per l' applicazione del beneficio, la presentazione al fornitore di una semplice dichiarazione dalla quale risulti l' indicazione degli estremi del contratto stipulato con la CEE e lo scopo degli acquisti.

23 Indicare la percentuale della partecipazione della CE al contratto di ricerca o di associazione