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Di Max & Cry

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PREMESSA. Ci ha sempre attratto l’idea che nel mondo esistano tracciati che collegano città piene di storia e

luoghi incontaminati, attraverso sentieri percorribili a piedi. Fin dall’antichità sono stati percorsi per ogni fine,

ma in particolar modo venivano solcati dai pellegrini che volevano raggiungere le mete sacre per espiare

colpe, per voti o per atto di fede. Il più famoso è il cammino di Santiago di Compostela, che percorre la Francia

meridionale, attraversa i Pirenei e poi lungo la Spagna del nord, arriva al santuario dove si trova la tomba

dell’apostolo Giacomo il Maggiore. E’ lungo circa 800 km e per arrivare alla meta ci vuole almeno un mese.

Ma anche noi in Italia abbiamo un cammino: la via Francigena. In realtà parte da molto più a nord, da

Canterbury in Inghilterra e arriva in Italia dopo aver spezzato in due la Francia, attraversando poi il passo del

Gran San Bernardo per poi percorrere mezzo Stivale ed arrivare alla meta per eccellenza per i cristiani, piazza

san Pietro, nella città del Vaticano. E’ meno conosciuta, è vero, ma non è da meno perché attraversa l’Italia

del nord e del centro (anche se ultimamente è stato scoperto il prolungamento che arriva fino a Brindisi come

ultima tappa italiana per poi dirigersi verso un altro luogo sacro: Gerusalemme) divorandosi città

importantissime e luoghi completamente immersi nella natura. In alcune nostre avventure effettuate nel

nord-ovest del nostro Paese, l’abbiamo incrociata per piccoli tratti, soprattutto nelle città piemontesi e

valdostane, come ad esempio ad Ivrea; lì ci ha ammaliati talmente tanto da decidere di seguirla per tutto il

centro storico, scoprendo angoli incantevoli, ma densi di significato storico e spirituale, fino ad arrivare

all’ostello che ospita i pellegrini in viaggio. Ci aveva talmente catturati che ci siamo messi subito a studiarla

capendo che è un sentiero che passa nelle regioni della Valle d’Aosta, del Piemonte, della Lombardia,

dell’Emilia, della Liguria, della Toscana e del Lazio, solca tratti scoscesi tra le montagne e colline, tra città

importantissime e conosciute e borghi rurali, passa su sentieri impervi, e piste battute, ma anche su strade

asfaltate provinciali e non, con un tracciato dedicato esclusivamente al viaggio lento, come quello che può

essere fatto a piedi e uno per chi vuole cimentarsi con le due ruote a pedali. Ci ha letteralmente incantati,

tanto da pensare di immergerci in questo fantastico mondo, ma alla nostra maniera. Perché non creare un

tracciato fatto appositamente per le moto cercando di avvicinarci il più possibile, incrociarlo e magari anche

sovrapporlo per cercare di vivere appieno le sue emozioni? Come prima cosa ci siamo imposti di non

interferire nel cammino dei pellegrini, ma solo affiancarli nei tratti dove l’asfalto ce lo consente e concederci

qualche divagazione in sterrati aperti al traffico. Max ha iniziato subito il lavoro di tracciamento del percorso,

mentre Cry incominciava a prendere contatti con associazioni e strutture per organizzare al meglio questa

nostra avventura. Giorno dopo giorno ci siamo ritrovati catapultati in un mondo che ci ha catturato per la sua

storia, per il suo significato, per la sua importanza, per la sua bellezza e per il suo spirito tanto da ritrovarci

intrepidi per la partenza che è avvenuta in concomitanza della festività del 2 Giugno 2016.

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Tutto organizzato e tutto pronto, la “V” (questo è il nomignolo col quale chiamiamo affettuosamente la

nostra moto, una Suzuki V-Strom 650), l’occorrente per passare quattro giorni lontani da casa, telefoni,

interfoni, navigatore (“Tom”) nel quale abbiamo caricato il nostro tracciato ed anche l’immancabile camera

che accendiamo per testare le sue capacità:

“Oh finalmente, ero proprio stanca di stare spenta nel cassetto. Io sono stata concepita per catturare al mio

interno foto e video di momenti importanti di chi mi custodisce, quindi non mi piacciono le volte che sono

spenta. Chissà questa volta Max e Cry dove mi porteranno, cosa il mio occhio vedrà, sono proprio curiosa.

Ma cosa vedo, sembra proprio un tracciato ed è pure bello lungo. La prima parte sembra anche divertente è

molto articolata, mentre la seconda e più rettilinea, sarà la solita noiosa autostrada. Cosa leggo? 1500 Km?

Wow! Non vedo l’ora, partiamo.

La videocamera sul casco di Max è la narratrice di questa avventura.

L’alloggiamento che mi ha dedicato il mio proprietario sul suo casco mi piace molto, da qua riesco a vedere

tutto quello che si apre davanti alla sua moto, in pratica sono il suo terzo occhio. Quella che ho davanti a me

ora è la tangenziale esterna di Milano, probabilmente i miei amici si vorranno avvicinare il più velocemente

possibile al luogo di partenza, infatti come prevedevo siamo usciti da quello stradone molto battuto, e

corriamo lungo strade molto meno trafficate con bei rettilinei e curve dolci, protagoniste per la loro posizione

rialzata rispetto ai campi utilizzati come risaie. Da quello che vedo dal tracciato che scorre sul navigatore

siamo molto vicini al letto del fiume più lungo d’Italia, peccato che non sono dotata di olfatto perché

altrimenti sentirei il suo profumo. Adesso stiamo proprio passando sopra sul ponte che ci porta alla prima

città: Piacenza. Certo che è un po’ insolita, sarà perché sono le prime ore del mattino ma è alquanto calma e

poi che strana quella piazza con al centro il monumento della lupa, chissà se Cry ne sa qualcosa a riguardo?

Cry: “Ma certo, vi illumino io con vero piacere. Dovete sapere che quest’opera fu commissionata nel 1938, in

occasione della proclamazione di Vittorio Emanuele ad imperatore di Etiopia. Il potestà di Piacenza De

Francesco fece arrivare da Roma una copia della lupa capitolina e incaricò l’architetto Pietro Berzolla di

realizzare il basamento. Sotto di essa vi compare la scritta S.P.Q.R. insomma anche in questa città del nord

Italia vi troviamo un pezzettino di Roma, la destinazione del nostro viaggio!”

Ecco la prima sosta l’abbiamo fatta, ora dai via che dobbiamo rispettare la nostra tabella di marcia, altrimenti

non ci arriveremo mai al luogo che ci ospiterà per la notte. Stiamo tagliando tutta la bassa padana, ora le

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risaie hanno lasciato il posto a campi di grano affiancati da grosse fattorie e piccoli centri abitati. Ma cosa

vede il mio occhio, quella davanti a noi è una strada non asfaltata, forse abbiamo sbagliato, probabilmente

faremo un’inversione a U, invece no, Max ci entra sicuro. Vai che bello anche la ghiaia, questa sì che è

un’avventura, bene continuiamo così. Vedo davanti a noi anche una coppia con bastone a piedi, li

affianchiamo e la Cry domanda loro se sono dei pellegrini e dove sono diretti. Sono felici e molto gentili,

rispondono che effettivamente hanno intenzione di percorrere un tratto della via Francigena, nei suoi occhi

si legge una vivacità insolita, si percepisce che anche per loro è un’avventura che li coinvolge in pieno. Ci

salutano entusiasti dopo aver saputo che anche noi eravamo degli insoliti pellegrini e proseguiamo cercando

di seguire gli ordini che ci vengono impartiti dalla voce femminile del navigatore, anche se mi rendo conto

che lungo il tracciato ci sono molti cartelli stradali che indicano la direzione da seguire per il cammino. Non

siamo da molto in movimento che percepisco la volontà di fermarci un’altra volta, anche se vedo la titubanza

dei miei compagni d’avventura davanti ad una strada pedonale, che non li fa desistere dallo scattare altre

foto.

C: “Siamo arrivati a Fidenza; qui ammiriamo la magnifica cattedrale dedicata a San Donnino Martire. La sua

facciata è un palcoscenico di sculture di grande livello esecutivo che, come piccole vignette di un immenso

fumetto, raccontano la storia in maniera minuziosa. Vi dirò qualche curiosità su questa città: lo sapete che è

chiamata la città dei miracoli, in quanto san Donnino sembra ne abbia compiuti molto in questo luogo? Uno

dei quali coinvolge proprio dei pellegrini che stavano camminando sulla via Francigena ed una volta giunti su

di un ponte, questo crollò, ma tutti rimasero misteriosamente e miracolosamente indenni! Riguardo invece la

cattedrale, avete notato che sul suo muro esterno è presente la figura di San Pietro che indica la strada per

Roma, come segnale per chi stava percorrendo la Via Francigena? A volte si utilizzava questo curioso "cartello

stradale", riportato anche in altre chiese, in cui un pellegrino-San Pietro indicava, la strada per andare a

Roma... era un messaggio sicuro e non ci si poteva sbagliare, dopotutto come non fidarsi delle indicazioni di

San Pietro?”

Ora la strada incomincia a salire, la pianura sta lasciando il posto alle prime colline, ma intanto stiamo sempre

attenti all’orizzonte, perché nubi minacciose sembrano aspettarci sui rilievi degli Appennini emiliani, e visto

che ormai si sta avvicinando il momento del pranzo approfittiamo per una sosta in un paesino molto

caratteristico che grazie al suo ampio parcheggio fornito di bagni, doccia calda, prese per camper e perfino il

Wi-fi ne approfittiamo per consumare i buoni tramezzini preparati dalle mani femminili della nostra

zavorrina.

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Ormai le nuvole grigie sono sopra di noi, ma non ci importa, io sono impermeabile ed invece loro hanno

intelligentemente indossato le tute antipioggia, per prepararci alla conquista del passo Cisa. Molti sono i

ciclisti che hanno il nostro stesso scopo, quindi proseguiamo con cautela sia per la loro presenza, sia per

l’asfalto umido, probabilmente la pioggia ci ha preceduto. Certo questo è un luogo che per i motociclisti è un

must per la strada piena di curve e per il buon manto stradale, ma oggi Max mi sa che ormai è immerso nello

spirito della via Francigena e prosegue gustandosi maggiormente i panorami. Mancano pochi chilometri allo

scollinamento ma siamo inghiottiti da un paese con una piccola chiesa e vie lastricate in pietra. Come si fa a

non fermarsi in posti caratteristici come questi? E’ bello camminare in queste strade dove probabilmente gli

stessi ciottoli sono stati calpestati fin dall’antichità da numerosi pellegrini e scopriamo che nelle vie pedonali

le indicazioni per non perdersi sono numerose, i segni di colore rosso e bianco caratteristici di questo

cammino sono impressi su pali e muri.

C: “Siamo a Berceto, avete notato la statua in pietra che raffigura un pellegrino, posta all’angolo di quella

piazza? E’ qui non a caso, infatti Berceto costituisce una tappa della via Francigena. Da qui sono infatti

transitati secoli di storia, hanno sostato viandanti, pellegrini, eserciti, cortei. Siamo in provincia di Parma, al

confluire della Val di Taro con la Val Baganza. Il borgo ha nel Duomo di San Moderanno il suo centro spirituale,

culturale e storico. Fu costruito nel 719 d.C. dal re longobardo Liutprando, come chiesa di un monastero

benedettino, che veniva a trovarsi prossimo al valico appenninico della strada del Monte Bardone, che

costituiva il principale collegamento tra Emilia e Toscana.”

Il navigatore torna presto a far sentire la propria voce, il passo che divide le due regioni dell’Emilia Romagna

e della Toscana è vicino, ce lo fanno capire i tanti ciclisti che immortalano il loro momento di gloria sotto il

cartello stradale che identifica l’inizio del passo; anche se non è situato molto alto, siamo intorno ai 1000

metri, il suo carisma ci inghiottisce tanto da riusare per l’ennesima volta il cavalletto per parcheggiare e

visitare questo luogo che con questi nuvoloni bassi acquisisce più misteriosità. Quando poi scopriamo che

siamo anche in luogo importante per la via che stiamo percorrendo, per la presenza di un santuario che è

situato su un’altura che domina tutto il passo e che per raggiungerlo bisogna percorrere una rampa di scale,

allora il tutto diventa anche mistico e non ci facciamo perdere l’occasione di visitare quel gioiellino. Qui

scopro quanto quest’avventura sta prendendo forma e importanza in Cry e Max. Li vedo attratti da quello

che ormai li circonda, in effetti sembra un posto magico per il silenzio, per il panorama e per la misticità della

chiesetta. Per la prima volta vedo i due centauri emozionati, increduli della magia che li avvolge, sono in

silenzio e persi in questo fantastico luogo. Incomincio solo adesso a capire cos’è la via Francigena.

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C: “Ma lo sapete che la bellissima chiesetta della quale ci siamo innamorati è dedicata alla Madonna della

Guardia che è considerata la patrona degli sportivi di tutto il mondo? E’ per questo motivo che al suo interno

si trovano numerose maglie donate dai più grandi campioni dello sport: dal ciclismo al calcio, all’atletica in

segno di devozione alla Madonna e soprattutto come ringraziamento alla stessa per le vittorie conseguite e

per la brillante carriera avuta e vissuta. Il primo a donare la propria maglia fu Vittorio Adorni, vincitore del

Giro d’Italia nel 1965, da allora numerosi campioni seguirono il suo esempio.”

Proseguiamo in silenzio, nessuno dei due parla, secondo me sono ancora rimasti con la mente al luogo

appena visitato, mi sa che sarà uno dei luoghi che gli rimarrà impresso per tutta la vita. La strada non cambia,

anche se ora siamo in discesa, curve di tutti i tipi ci vengono incontro una dietro l’altra tra una folta

vegetazione, come anche il paese di Pontremoli dove ci addentriamo nel suo centro per immortalare il nostro

passaggio e per assaporare questo paese arroccato sulle sponde del fiume Magra.

C: “Ebbene ragazzi, siamo giunti fino a questo paese che è da sempre stato considerato la porta

dell’Appennino in Lunigiana, in quanto è il primo centro abitato che si incontra una volta scesi dal passo della

Cisa. E’ sempre stato un centro molto importante per la sua posizione strategica che occupa lungo la via

Francigena. Ma avete notato quanti ponti la attraversano? Ne conserva ancora alcuni di impianto medievale,

in particolare i due sul Verde (a monte il Ponte della Crësa; a valle il Ponte del Casotto o ponte stemma,

simbolo della città) e quello sul Magra nei pressi del vecchio ospedale.”

Il percorso è magnifico come del resto tutti i paesi che troviamo sul nostro tracciato ma il tempo scorre

velocemente, quindi vedo spesso Max controllare l’orologio nel display della “V” per gestire i tempi di

percorrenza. Dice che il mare è vicino ma che siamo un po’ in ritardo nella tabella di marcia, quindi niente

più pit-stop fino alla prossima tappa posta sulla costa. Non ha finito di terminare gli ordini che vedo che frena

di colpo, si guarda intorno e poi svolta in una strada non contemplata nella linea azzurra del tracciato. Subito

“Tom” cerca una soluzione, ma Max imperterrito continua nel suo intento. Siamo già pronte a prenderlo in

giro, perché la strada da lui imboccata è senza uscita infatti termina in un cortile. Si ferma, posteggia la “V”

sotto un porticato e ci fa scendere. Dice che ha riconosciuto il posto ricordando di averlo già visto quando

stava tracciando il percorso sul computer. Il ghigno della Cry scompare quando guardandosi intorno si

accorge di essere dentro ad un mondo fantastico. Siamo nel borgo di Ponticello. Sono impazziti, uno che

corre da una parte, l’altra che lo chiama da non so dove, sono diventati degli esploratori rapiti da viuzze con

volte e cortili agghindati con fiori di ogni colore.

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C: Camminare tra i vicoli di questo antico borgo è davvero un’esperienza mistica, è come fare un salto a piè

pari nel passato, il silenzio regna sovrano ed incute quasi timore emettere qualsiasi tipo di suono, anche il

solo rumore emesso dai nostri stivali mentre camminiamo sul lastricato sembra rimbombare talmente è la

quiete. Questo borghetto risale al XIV-XV secolo e si trova a circa 3 chilometri da Filattiera. E’ caratterizzato

da numerosi archi che collegano le vie e le abitazioni; perfettamente conservata è la casa torre risalente al X-

XII secolo, una tipica abitazione fortificata a 3 locali sovrapposti con entrata situata al primo piano, a cui si

accedeva con una scala a pioli retrattile, mentre attraverso alcune botole si passava agli altri vani interni dove

venivano custoditi acqua e riserve alimentari. Qui il tempo sembra davvero essersi fermato.

Ora si è fatto davvero tardi, bisogna recuperare, il bellissimo borgo non era nei piani quindi Aulla diventa una

rapida sosta e poi dritti fino a Sarzana. La strada ormai scende vertiginosamente verso la costa ed è un colpo

al mio chip vedere all’improvviso il mare all’orizzonte e Max scendere dalla moto al volo per ammirare questo

spettacolo e alzare le braccia al cielo in segno di conquista. Ancora una volta guardo i due centauri prepararsi

per continuare il percorso a piedi nella zona dove i veicoli a motore sono vietati. Entrare nel centro della città

lunigiana ci lascia intontiti, c’è molta gente nelle vie ed è la prima volta dall’inizio del nostro viaggio che ci

tuffiamo nella mondanità, finora siamo stati abituati a convivere solo con la natura e poco più. Ma facciamo

presto ad abituarci perché dopo le fatiche degli Appennini un sano rilassamento è quello che ci vuole prima

di ricominciare l’avvicinamento al nostro pernottamento nell’entroterra della costa.

C: “Ed eccoci a passeggiare nel centro storico di Sarzana, infatti la via Francigena qui passava proprio nelle

attuali vie centrali della cittadina. Sarzana ha origini antiche, ricordata già nel primo millennio e una storia

affascinante, dominata da più signori e città, Castruccio Castracani, Spinetta Malaspina, i Pisani, i Visconti, i

Genovesi e i Fiorentini e persino Dante vi soggiornò. La città conserva ben due castelli, la fortezza Firmafede,

di origine pisana e la fortezza di Sarzanello, antica residenza vescovile. Oggi il borgo murato cinquecentesco

è quasi rimasto intatto, con le mura e quattro torrioni. Il centro storico si sviluppa lungo le vie Bertoloni e

Mazzini, tra Porta Parma e Porta Romana, nell’antico tratto della Via Francigena. Su queste vie e si affacciano

numerosi palazzi e chiese come il palazzo Remedi, il palazzo Podestà Lucciardi il palazzo Municipale la chiesa

di Sant’Andrea, l’edificio sacro più antico della città, il palazzo Picedi Benettini, il palazzo Vescovile, la

Cattedrale di Santa Maria Assunta, nata sui resti della pieve di San Basilio, il teatro degli Impavidi e molte

opere in ferro battuto, caratteristica della città. Ed è proprio attraverso queste vie e ammirando questi

monumenti che ci regaliamo una bella passeggiata a piedi alla scoperta del cuore di questo luogo.”

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Per noi le grandi vie di comunicazione sono vietate, appena ci inoltriamo in una di queste, subito una

deviazione nell’interno ci richiama all’ordine. Anche in questo caso sarebbe facile percorrere la provinciale

che costeggia il mare, ma pur incominciando a sentire i primi segni di stanchezza nei due viaggiatori, ci

addentriamo in percorsi interni alla costa, dove veniamo inghiottiti dalle colline e dalle loro strade imperfette,

dove l’asfalto si mischia con la terra, dove rivoli di acqua scorrono copiosi, attraversando molte volte la sede

stradale, facendo concentrare Max maggiormente alla guida. La Cry invece è un susseguirsi di emozioni, con

la coda del mio occhio vedo che stringe forte il suo pilota nei tratti più duri per poi abbandonarsi agli splendidi

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panorami che dona questa strada sconnessa ed ai vigneti che ci circondano, contrariamente al folle guidatore

che dietro la sua visiera gongola come un ragazzino sulle giostre. Ci ritroviamo senza accorgerci a Massa,

dove ci fermiamo un attimo per prendere fiato.

C: “Guardate che maestoso il Duomo che si vede laggiù in fondo alla piazza, con quella facciata di splendido

marmo bianco che fa rimanere abbagliati talmente è chiaro! Dovete sapere che al suo interno si trovano

numerose opere, tra cui un presepe realizzato da Benedetto Buglioni in terracotta colorata, dipinti del

Pinturicchio (una Madonna con Bambino) e del Maratta, oltre agli altari marmorei eseguiti dai Bergamini e a

un'ancona di Andrea e Tommaso Lazzoni. C’è anche un fonte battesimale ottagonale realizzato nel

Quattrocento dal Riccomanni. Tutte opere di grande prestigio! Avete notato poi tutti questi profumatissimi

alberi di aranci in questo luogo? Questa piazza, denominata per l’appunto piazza Aranci, è uno dei simboli di

questa città, oltre ad essere il suo cuore pulsante, il centro ed il principale luogo di ritrovo.”

Ormai è tardi è quasi ora di cena, all’ostello del pellegrino di Valpromaro ci aspettano, e le nuvole grigie sopra

di noi si fanno davvero minacciose, così siamo costretti a nostro malincuore ad accelerare e passare

velocemente nella città di Pietrasanta e Camaiore, in più veniamo a conoscenza che in giornata il maltempo

ha causato numerosi problemi alla viabilità. Adesso capiamo il motivo di tutta quell’acqua per strada e di

quanto siamo stati fortunati oggi a prendere solo qualche goccia. Non ci troviamo neanche sorpresi quando

addirittura siamo costretti ad attraversare veri e propri guadi. Grande “V”! L’ostello del pellegrino è una

piccola unità di due piani, nel centro del piccolo paese di Valpromaro. Siamo pronti ad entrare ma con qualche

piccola riserva, sappiamo che all’interno ci sono dei veri e propri pellegrini, non riesco a immaginare come

verranno accolti gli ormai stanchi centauri. Ce li ho proprio impressi nella mia scheda memoria gli sguardi

increduli degli ospiti, tutti seduti a tavola pronti per bere il caffè, che ci guardano sbigottiti come se fossero

protagonisti di una candid camera. Con una battuta, neanche tanto azzeccata Max spezza la tensione. Subito

i volontari ci accolgono, ma devo dire che ho ringraziato la Cry e la sua organizzazione fatta nei giorni

precedenti, perché per un attimo ho creduto che avremmo dovuto trovare un’altra sistemazione. Ci sediamo

subito a tavola insieme agli altri commensali di molte nazionalità, e mentre uno dei volontari distribuisce doni

(tra i quali i braccialetti colorati del pellegrino, dei quali i nostri protagonisti faranno fatica a separarsene

anche alla fine del viaggio) ed informazioni sulla struttura, il simpatico Salvatore ci prepara la cena. In queste

strutture bisogna osservare alcune semplici regole come aiutare nello sparecchiare e proprio nell’impegnarci

nei nostri compiti ne approfittiamo nel conoscere meglio i nostri compagni d’avventura. La stanza da letto è

in comune con altri pellegrini ed è formata da letti a castello, neanche troppo comodi, si respira - dice Max -

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un’aria da caserma. Con noi ci sono tre signori che la giovane recluta interroga. Scopriamo che siamo in

presenza di veterani del cammino di Santiago, scatenando Max a fare loro una domanda dietro l’altra. E’

estasiato a sentire i racconti di questi pellegrini, starebbe tutta la notte ad ascoltare i loro aneddoti, ma la

stanchezza fa da padrona soprattutto sui tre che hanno camminato gran parte della giornata sotto il diluvio.

Si fa fatica a dormire, purtroppo la camerata ha anche i suoi lati “rumorosi”, ma per fortuna vedo che i miei

due eroi sono pimpanti e carichi in questo nuovo giorno. Fuori piove a dirotto, ma questo non spaventa Max

e Cry, li vedo vestirsi velocemente, per affrontare con grande forza di volontà questa nuova giornata. Siamo

pronti a partire, non è passato molto tempo da quando è suonata la sveglia, ringraziamo tutti per l’ospitalità

e per la colazione e ci tuffiamo sotto la pioggia copiosa. Molti pellegrini a piedi, a causa del maltempo

desistono dal proseguire nei sentieri più interni, contrariamente a questi incoscienti motociclisti. Infatti,

decidono di proseguire con il tracciato originale, senza piegare su provinciali più facili, e senza farsi

scoraggiare dalla pioggia abbondante. Tra le colline circostanti veniamo inghiottiti dalle nuvole, entrando in

un mondo quasi invernale. Per fortuna che la città di Lucca non è molto lontana, le mura della città vecchia

ci fanno capire di essere davanti ad un altro luogo importante. Grazie al permesso che ci ha concesso il

comune di Lucca ci spingiamo all’interno della cinta e dell’area sottoposta agli occhi vigili delle mie colleghe

telecamere. Vogliamo raggiungere piazza S. Angelo per parcheggiare la moto davanti al santuario e dedicarle

un book fotografico. Secondo il mio punto di vista se lo merita proprio.

C: “Ed hai proprio ragione, è un duomo imponente ed affascinante, al suo cospetto si rimane a bocca aperta!

Lo sapevate che nel passato, il suo porticato era spesso occupato da banchi di cambiavalute che trafficavano

coi numerosi pellegrini che passavano da Lucca? Questa città era infatti una delle principali tappe sul percorso

della Via Francigena. Una iscrizione monumentale ricorda ai cambiavalute l'impegno assunto a non frodare i

clienti e invita questi ultimi a fidarsi della protezione del clero della cattedrale e di San Martino. Su di un lato

della porta sinistra si trova una riproduzione della originale lapide con la datazione della cattedrale. Su una

delle pietre del pilastro addossato alla base del campanile si trova scolpito un labirinto affiancato da

un'iscrizione che ricorda il mito di Teseo e Arianna. Il genere di labirinto, per la similitudine con quello

maestoso sul pavimento della Cattedrale di Chartres e l'affresco recentemente scoperto in Alatri, ha fatto

pensare ad una classe di opere artistiche dovute ai templari. In ogni caso, il labirinto rappresentava

figurativamente gli ostacoli che si incontrano lungo il percorso della vita, ed il raggiungimento dell’uscita dal

labirinto stesso significava metaforicamente l’aver espiato i propri peccati. All’interno della cattedrale, vi è

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conservato un crocifisso ligneo denominato “Volto santo” ed era una meta molto importante per i pellegrini

in cammino lungo la via Francigena, che arrivavano sin qui per raccogliersi in preghiera dinnanzi questo

crocifisso. La leggenda narra dell'arrivo a Luni, e successivamente a Lucca, nel 742, di una immagine scolpita

da quel Nicodemo che, con Giuseppe d'Arimatea, depose Cristo nel sepolcro. La leggenda riporta anche che

Nicodemo si sarebbe trovato di fronte all'impossibilità di riprodurre il volto del Messia e che l'immagine

sarebbe stata da lui ritrovata già scolpita in modo miracoloso. La storia continua raccontando che per sfuggire

alla minaccia di distruzione essa venisse posta su una nave priva di equipaggio, lasciata libera di navigare a

tutti i venti, che infine giunse nel Tirreno, di fronte al porto di Luni. La nave avrebbe resistito ad ogni tentativo

di abbordaggio da parte dei lunensi, salvo poi approdare spontaneamente a riva dopo l'esortazione del

vescovo di Lucca Giovanni I, giunto nel frattempo nella zona dopo essere stato avvisato in sogno della

presenza sulla nave del Volto Santo. Una volta portato a terra, il crocifisso fu ancora disputato da lunensi e

lucchesi, ma altri segni divini vollero che il crocifisso venisse condotto a Lucca, e alla fine i lunensi furono

costretti a rinunciare al possesso della reliquia, ricevendo in compensazione un'ampolla del Sangue di Cristo

prelevata da dentro il crocifisso. Tale reliquia è ancora venerata a Sarzana, essendovi giunta dopo

l'abbandono di Luni. I lucchesi accolsero immediatamente con grande venerazione il crocifisso del Volto Santo,

il quale fu posto nella Basilica di S. Frediano. Al mattino seguente però, il Volto Santo era sparito. Fu però

ritrovato in un orto nelle immediate vicinanze della Cattedrale di S. Martino: individuato come un "segno"

miracoloso, il Crocifisso del Volto Santo resta tutt'oggi nel Duomo di Lucca. Ed eccovi spiegato il motivo per il

quale per i fedeli questo crocifisso ha un valore molto particolare.”

Il viaggio continua, ci inoltriamo nelle terre toscane e subito siamo catapultati dentro una cartolina. Ci

troviamo tra dolci pendii dove domina il colore giallo del frumento, spezzato da campi con fiori, da odori

molto vivaci, filari di alberi che formano linee geometriche tracciate da qualche architetto divino e con borghi

medievali arroccati sulle cime più alte come per essere ammirati da ogni punto cardinale per dare sfoggio

alla loro bellezza. Peccato che i colori cupi caratteristici del maltempo portino via un po’ di magia, con il sole

i video e le foto assumerebbero tutt’altro valore. Non solo la sola ad essere concentrata sul paesaggio,

dall’andatura di Max, credo che si stia gustando anche lui questo scenario e per descrivere l’entusiasmo della

Cry basta vedere la gestualità delle sue braccia, che si muovono impazzite indicando punti all’orizzonte uno

di seguito all’altro.

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Da lontano scorgiamo uno di quei borghi descritti prima. E’ lui ad attrarre ormai l’attenzione, non se ne riesce

a fare a meno, è il protagonista di questo scenario in movimento. I nostri occhi sono puntati sul mio collega

“Tom” per sperare che ci stia portando da lui. Si avvicina sempre di più. Anche in questo incrocio seguiamo

la punta del cartello marrone con il nome del borgo. Ormai non ci sono più dubbi, la strada comincia a salire

e davanti a noi fotografo l’insegna a lato della strada con inciso “San Miniato”. Siamo tutti contenti, vedremo

da vicino questo magnifico paese tipico di ogni cartolina toscana. Anche se Max si lamenta continuamente

della cattiva luce che regna oggi, questo non lo fa desistere dal fare una sequenza di foto per catturare la

pace che regna su questo promontorio, mentre la Cry si diverte a scoprire le curiosità storiche.

C: “Ed è davvero un borgo fantastico, posto in cima ad un colle dal quale ci si ritrova a godere della valle

dell'Arno, laggiù nel piano, dove il fiume scorre lento e silenzioso. Avete notato che aria intrisa di magia che

si respira ad esempio qui in Piazza del Duomo? Guardate lassù, sulla facciata della cattedrale. Avete notato

che su di essa vi sono inseriti degli inserti ceramici disposti come le costellazioni dell'Orsa? Ma venite con me

nella piazza del Seminario, leggiamo un po’ quel che c’è scritto sulla sua facciata! Ci sono tante scritte latine,

delle massime di moralità, fanno riflettere! Dopo questa bella passeggiata in questo gioiello toscano

dobbiamo tornare a riprendere la nostra V, abbiamo ancora un po’ di strada da fare, ehi ma dove l’abbiamo

lasciata? Proprio davanti la scalinata che dal Palazzo Comunale porta al santuario del SS.mo Crocifisso

circondata dalla Torre di Matilde di Canossa e dalla Torre di Federico II, non sembra anche a voi un luogo da

film? Con queste bellissime immagini negli occhi, è giunto però il momento di rimetterci in cammino.”

Soddisfatti della scorpacciata di scorci e di bei panorami catturati dall’altura di San Miniato, siamo ancora

una volta in viaggio. Sono curiosa di sapere quale altro gioiello riuscirò ad immortalare, sempre se ci

arriviamo, perché ogni scusa è buona per fermarsi ed immergersi nei luoghi circostanti. Più ci cibiamo di

questi fantastici luoghi e più ci viene fame di vederne altri. Anche se oggi è una tappa corta, comunque noto

che le azioni usuali che portano alla vestizione prima di ogni accensione sono veloci e frenetiche, tutti

abbiamo una gran voglia di metterci in moto per rituffarci in questo fantastico paesaggio. La prossima tappa

della via Francigena, se leggo bene il tracciato, è San Gimignano, a pochi chilometri da dove siamo ora, ma è

impossibile arrivarci senza fare qualche sosta; quelli che ci circondano sono scenari meravigliosi e ci

ritroviamo spesso a fermarci e gustarceli con i nostri occhi di questi dipinti naturali dove a noi piace comparire

come comparse. Anche quando da lontano vediamo comparire le torri della città patrimonio Unesco, le cose

non cambiano. Vorremmo essere già catapultati nel suo centro storico ma come fare a privarci di questo

spettacolo degli immensi terreni di vigneti intervallati da campi di papavero con lo sfondo di uno dei paesi

simbolo della nostra Italia? All’interno delle mura, insieme a molti turisti ci sono numerosi pellegrini, perché

oltre ad essere un luogo bellissimo, è importante anche per il ruolo che occupa nel cammino spirituale che

porta a Roma.

C: “Passeggiare nel centro storico di San Gimignano significa tuffarsi nel Medioevo, in un suggestivo assaggio

di come doveva essere la città più di settecento anni fa. Il borgo è racchiuso dalle mura del Duecento,

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attraversato da due strade principali che si incrociano in due splendide piazze. Torri e case-torri, che

appartenevano all'antica aristocrazia dei mercanti e dei finanzieri, si affacciano imponenti sulle strade e si

elevano al di sopra degli altri edifici. La fortuna della città fu la via Francigena che la attraversava. Sigerico,

l'arcivescovo di Canterbury, l'aveva percorsa a piedi fra il 990 e 994 da Roma verso l'Inghilterra. San

Gimignano fu la diciannovesima tappa del suo viaggio e nelle sue memorie il religioso la chiamò “Sce

Gemiane”, all'incrocio della strada tra Pisa e Siena. Nei secoli seguenti la Francigena fu percorsa da migliaia

di pellegrini che si recavano a Roma per visitare le tombe dei martiri. Per dare loro ristoro, lungo il percorso

sorsero taverne e ricoveri che fecero crescere il commercio, portando ricchezza e benessere. A causa del suo

famoso profilo ricco di torri, si è guadagnata il soprannome di Manatthan del Medioevo!!”

Questa pioggia non vuole mollare, vedere togliere e mettere le tute antipioggia ai due moto-viaggiatori ogni

volta sembra un’agonia, ma penso che sia l’ultima volta questa almeno per oggi, ben presto si riposeranno

presso l’agriturismo Nerbona di Colle Val D’Elsa dove potranno distendersi dopo la giornata umida. In effetti

questa struttura sembra essere molto rilassante, è dotata di piscina, di angolo dove poter fare il barbecue ed

è immersa in uno splendido parco verde, anche se è molto distante dall’atmosfera più collettiva e conviviale

dell’ostello dei pellegrini di Valpromaro. In questo progetto Cry e Max hanno voluto provare e valutare i

principali modi di vivere la notte del pellegrino: quello vero e proprio cercherà riparo negli ostelli gestiti da

volontari e dalla curia, ma altre soluzioni più comode potrebbero essere vagliate da una cerchia più turistica,

come per l’appunto un agriturismo o magari altri alloggi forniti da privati.

A differenza di ieri, quello di oggi sarà un bel tappone, sia per i chilometri che dovremo macinare, sia per gli

importanti luoghi che dovremo visitare. Quindi anticipata la partenza, ci ritroviamo a danzare nuovamente

tra le colline toscane. Il cielo è sempre grigio, ma abbiamo una speranza che viaggiando verso sud, il sole

torni a farci visita. Neanche il tempo di rendercene conto e veniamo inghiottiti da un altro fantastico borgo

con le classiche mura esterne e le sue immancabili porte d’accesso. E’ molto presto ed anche se è sabato,

l’orda turistica non è ancora in movimento quindi Cry e Max ne approfittano per un rapido giro e per scattare

una sequenza di foto con la loro amica “V”, sfruttando la calma insolita del posto.

C: “Siamo in un piccolo, delizioso borgo che si trova in cima ad una dolce collina dalle pendici coltivate a vigne

e olivi: Monteriggioni. Sin da lontano è possibile ammirare la sua cinta muraria, composta da 14 torri. Queste

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mura tra l’altro erano le stesse che cingevano l’Italia sulle vecchie 100 lire, chi se le ricorda? Il castello venne

fondato nel secondo decennio del Duecento dalla Repubblica di Siena, con il principale scopo di difendersi

contro la rivale Firenze. Varcando la soglia delle grandi porte situate all’interno delle mura, sembra di fare un

salto indietro nel Medioevo: ci si apre davanti lo spettacolo della pieve di Santa Maria Assunta, diversi edifici

antichi di pietra tutto intorno ad una piazza con al centro un pozzo. Ci si guarda attorno meravigliati da ciò

che quelle mura conservino in maniera intatta dopo tanti secoli.”

La prossima bomboniera toscana è a poca distanza ed un velo di tristezza nasce sul volto della Cry: anche lei

ormai si diverte con il suo pilota ad accompagnarlo ed assecondarlo tra le curve di questo tracciato da paese

dei balocchi e sapere che i tempi in sella sono brevi è una cosa che vorrebbe cambiare, magari deviando e

prolungando quelle belle sensazioni che prova nello stare sul sellino rialzato della V. Max e “Tom” sembrano

leggere i pensieri della loro compagna di viaggio e ci avventuriamo così nelle fantastiche terre che circondano

Siena. E’ fantastico, bellissimo, qui la parola noia dovrebbe essere cancellata dal vocabolario. Stiamo

percorrendo strade con un continuo susseguirsi di curve, di cambi direzione, con salite e discese con

pendenze anche importanti, dove molte volte sembra di spiccare il volo perché l’asfalto svanisce all’orizzonte,

il tutto sempre condito da uno scenario da quadro dipinto da uno dei migliori pittori rinascimentali, con prati

fioriti, boschi e campi di frumento. Conoscendo Max starà sogghignando dietro la sua visiera per questa

giostra contrariamente alla Cry, in apnea per cercare di sperare che ci sia un domani al di là di quella linea

che separa cielo e terra. Quando il nastro d’asfalto coincide anche con la via Francigena, porta su strade piene

di sorprese e caratteristiche, come quella che stiamo percorrendo fatta di muretti in breccia di pietra e una

porta a volta che ci dà il benvenuto nella città toscana famosa per il suo palio. Parcheggiamo la nostra V

all’interno della parte antica per percorrere a piedi il tratto che porta sino a piazza del Campo. A Siena si

respira un’aria di un’altra epoca, se si fa viaggiare l’immaginazione è facile trovarsi ai tempi dove il suono

degli zoccoli dei cavalli riecheggiava per le vie lastricate in pietra tra gli sfarzosi palazzi. Entrare poi nella

piazza che ospita l’antica gara dei rioni, lascia a bocca aperta.

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C: “Questa piazza è definita “una delle più belle del mondo” e guardate con i vostri occhi il perché! E’

assolutamente unica per la sua particolare e originalissima forma a conchiglia, è rinomata per la sua bellezza

e integrità architettonica, nonché per essere il luogo in cui due volte l'anno si svolge il Palio di Siena. Vi farò

notare un particolare: avete visto quante statue e richiami alla lupa ed a Romolo e Remo troviamo qui? Eppure

non siamo a Roma.. sapete qual è il motivo di questo simbolo onnipresente? Secondo la leggenda questa città

fu fondata da Senio, figlio di Remo, ed è per questo motivo che troviamo i mitici fratelli rappresentati in diversi

angoli senesi.“

Max vorrebbe visitare e scoprire ogni angolo di questa splendida città ma contrariamente a quello che

avviene di solito è la Cry che lo rispedisce verso la moto, forse sa che la via Francigena oggi ha ancora molto

da regalarci.

Una volta in sella noto che questa volta le parti metalliche della “V” sono più lucenti, le polveri metalliche

contenute nello smalto, tipico dei colori metallizzati, stanno donando una lucentezza al suo colore nero che

in questi giorni era rimasta offuscata. La luce del sole finalmente sta regalando i giusti toni e la giusta

luminosità a questi paesaggi. Ora le immagini che di solito prendono posto sui desktop dei computer, le

abbiamo davanti ai nostri occhi dal vivo. Un paradiso terrestre sia per il movimento articolato del tracciato,

sia per il paesaggio. Qui la via Francigena vera e propria corre tra sentieri in mezzo alle colline, alimentando

l’invidia di poter assaporare ancora di più questi luoghi. Certe volte riusciamo anche noi a far coincidere le

due vie, ma è soprattutto in quelle sterrate che capiamo quanto sia coinvolgente il cammino dei pellegrini

muniti di bastone. Sappiamo che questa meraviglia prima o poi finirà, ben presto le curve del terreno saranno

molto più dolci, anche se prima bisognerà risolvere i problemi che affliggono i miei amici e cioè quello della

fame e quello delle nuvole che si sono fatte minacciose per l’ennesima volta sul monte Amiata. La soluzione

la risolve il borgo di Radicofani, che ci ospita per una pausa culinaria a base di panini e salumi tipici della Val

D’Orcia, condita dalla simpatia dei suoi abitanti e per un riparo dalla pioggia ormai vicina.

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C: “La possente Rocca di Radicofani svetta da più di mille anni dalla cima di una imponente rupe di 896 metri,

dalla quale domina tutto il territorio posto fra il Monte Cetona, la Val d'Orcia e il Monte Amiata. Ai piedi di

questo piccolissimo borgo passava per l’appunto un antico passo della via Francigena e fu senza dubbio

questo a determinare la sua nascita e la sua storia, in una zona che altrimenti sarebbe rimasta un po’ impervia

ed isolata.”

Alla fine la pioggia ci ha graziato, forse la visita nella chiesa di Sant’Agata ci ha portato un po’ di fortuna,

quindi ben consci della scampata noia delle tute antipioggia ci tuffiamo nei territori laziali. Per fortuna il

paesaggio che ci ospita è molto simile a quello di qualche chilometro fa, i dolci pendii fanno ancora da sfondo

al nostro viaggio così come le belle strade articolate. Prendiamo respiro ad Acquapendente sostando nella

sua bella piazza, dove fremono i preparativi alla maratona della via Francigena che si terrà domani, con

partenza proprio da qui.

C: “Qui ci troviamo a 132 km a nord di Roma lungo la Via Cassia, una tappa fondamentale sulla Via

Francigena. Il pellegrino che la visita non può non soffermarsi nella suggestiva cripta romanica, risalente al

XII secolo, che racchiude al suo interno l'edicola del Santo Sepolcro, la copia più antica rimasta in Europa

dell'originale di Gerusalemme. Sapete inoltre per cosa è famosa questa cittadina? Per i pugnaloni! Mai sentiti

nominare? Sono degli stupendi mosaici di petali di fiori e foglie, sono il principale elemento folcloristico della

festa della Madonna del Fiore che si celebra ad Acquapendente la terza domenica di maggio. Questa festa è

antichissima ed unica nel suo genere. Chissà se ricapiteremo mai da queste parti in quest’occasione, mi

piacerebbe proprio vedere queste opere d’arte floreali!”

A Max e Cry piacerebbe respirare l’atmosfera di gioia che aleggerà nel bel paesino il giorno dopo, ma mi sa

che in quel momento saranno concentrati a controllare tutti i buoni sentimenti che scaturiranno in piazza

San Pietro. Infatti più si avvicina il luogo dove terminerà il loro viaggio e più ne parlano, realizzo quindi che la

loro voglia di arrivare aumenti ad ogni metro che percorriamo. Ma cosa succede? Max si ferma di sorpresa

allertando la Cry e svegliandomi dal mio torpore, dice di tenerci pronti perché davanti a noi potrebbe aprirsi

uno scenario bellissimo da un momento all’altro. Io vedo solo il cielo azzurro all’orizzonte che inghiotte la

dritta strada davanti a noi, un’istantanea al quale ormai mi sono abituata. Ma appena riparte e percorsi

pochissimi metri la strada riprende forma ed ora il cielo viene accompagnato da un altro azzurro più scuro,

quello del lago di Bolsena. Mi impegno a mettere a fuoco il cambio luce che è avvenuto, donando la giusta

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visuale su questo spettacolo che ci si è aperto davanti. Costeggiamo il lago per un tratto anche se non è

direttamente visibile perché la vegetazione copre lo specchio d’acqua. Ma non è un problema, anche qui

continuiamo a guardare il mondo che ci circonda perché è tutto nuovo quello che incontriamo. Anche il borgo

medievale a picco sul lago attira la nostra attenzione, le case e le torri di un castello si ergono maestose su

questo tratto di costa. Scopriamo con sorpresa che quella è Bolsena, così come dei magneti attratti da una

grossa calamita conquistiamo la vetta del promontorio dove si apre un panorama strepitoso. Mangiare i

prelibati panini presi a Radicofani nel piazzale davanti al castello con davanti le acque di colore azzurro

intenso è un momento da assaporare boccone dopo boccone. Max e Cry non riescono neanche a parlare da

quanto sono assorti da questo spettacolo. Scopriamo per di più che questo non è il solo protagonista, infatti

anche l’interno del borgo non è da meno con i suoi scorci e le sue vie adornate con una miriade di vasi di fiori.

C: “Lo sapete che questa cittadina, della quale mi sono letteralmente innamorata, è importante per la Chiesa

in quanto qui sarebbe avvenuto nel 1263 il “miracolo eucaristico”? Accadde che mentre un sacerdote stava

celebrando la messa, al momento della consacrazione l'ostia avrebbe sanguinato. Le prove del miracolo

furono portate a Orvieto e consegnate al papa Urbano IV, che dopo aver preso visione delle tracce del

miracolo, istituì la festa del Corpus Domini, l'anno seguente.”

Abbiamo fatto proprio fatica ad abbandonare Bolsena. Un altro luogo che non conoscevamo ma che ha

lasciato un frammento nei nostri cuori. Non si riesce a prendere fiato, questo è un territorio pieno di sorprese

che regala dietro ogni curva un nuovo, magnifico scenario. I due strani pellegrini con stivali ed abbigliamento

tecnico per viaggi in moto sanno di essere completamente in balia del mondo della via Francigena. Il cartello

stradale che indica la distanza degli ultimi 100 chilometri da Roma ed il conto alla rovescia sul navigatore che

segna il tempo che ci metteremo ad arrivare alla meta finale ormai ci fa pensare mentalmente allo scenario

che si aprirà domani mattina davanti ai nostri occhi. Finora abbiamo visto paesaggi, città e borghi di una

spettacolare bellezza, consci di avere il meglio del viaggio alle spalle. Anche quando risaliamo le strade del

colle Volsini che portano a Montefiascone, siamo pronti a fotografare la “V” davanti ad un altro bel borgo

caratteristico, ma rimaniamo sconcertati quando issiamo la nostra due ruote sul cavalletto. Nel parcheggio

che porta alla Rocca dei Papi, l’intero lago di Bolsena ed i territori ad esso circostanti si apre davanti a noi.

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Max e Cry riprendono a piedi a fatica la strada che porta alla rocca, la stanchezza incomincia ad impadronirsi

di loro, hanno percorso tanta strada sia in moto che a piedi quindi anche la più semplice salita incomincia a

diventare un miraggio del posto dove passeranno la notte. Quando scoprono poi che la Rocca dei Papi, altra

tappa fondamentale per la via Francigena, e che tra l’altro costituirà l’arrivo della maratona che si terrà

domani, è solo uno spaccato di ciò che era un tempo, rimangono un po’ delusi. Ma è la torre del pellegrino

ad attrarre la loro attenzione ed anche se per conquistare la cima bisogna affrontare diversi gradini, gli

indomiti pellegrini decidono di gustarsi il panorama dall’alto. Una volta arrivati in cima veniamo accolti da un

passo del cantico delle creature di San Francesco, “Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature,

spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui..” Max e Cry riprendono fiato, gli

stivali che indossano non sono molto adatti per compiere certi sforzi fisici, soprattutto dopo una lunga tappa

come quella di oggi. La luce del sole dà loro il benvenuto, così recuperano lucidità ed iniziano a guardarsi

attorno. Rimangono ancora una volta impietriti, pensavo che non li avrebbe meravigliati più niente, invece il

panorama a 360° che li avvolge ha dell’incredibile. Il vento che soffia pigro, le nuvole simili a piccoli cumuli di

panna montata nel cielo azzurro, rendono questo posto ancor più magico. Da qui sopra si ha il pieno controllo

visivo sulle terre circostanti: il lago di Bolsena, le colline laziali, ma anche sulla cattedrale di Santa Margherita

e su tutta la città di Montefiascone. “Laudato si', mi' Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno

et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento...” Io sono un oggetto creato dall’uomo per

adempiere ai suoi fini e quindi non so chi sia davvero responsabile di tutto ciò. So solo che leggere queste

parole e vedere l’emozione impressa nei volti dei miei amici mi fa sentire il dovere di essere davvero fortunata

a vivere questi momenti e questi luoghi.

La discesa verso la terraferma avviene in silenzio, i volti di Cry e Max sono persi in chissà quali pensieri. Ce ne

andiamo da questo posto meraviglioso passando davanti ad una scultura in ferro che rappresenta delle

sagome di due pellegrini con zaini e bastoni, non resistiamo a scattare delle foto con a loro fianco la nostra

fedele “V”. Secondo noi questo accostamento non è azzardato, anche lei a nostro modo è stata una pellegrina

che ha saputo conquistare chilometro dopo chilometro il valore delle sue azioni, accompagnandoci in questa

avventura su qualsiasi percorso e con qualsiasi condizione meteo.

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C: “Questa volta vi darò una notizia enologica su questo fantastico paese! Lo sapete che grazie alla diffusa

coltivazione d'uva da vino, qui si producono i pregiati vini EST! EST!! EST!!!? E sulla eccezionale qualità del

vino locale si intrecciano storia e leggenda. Nel 1111 il barone tedesco Giovanni Defuck, al seguito

dell'imperatore Enrico V, appassionato degustatore di vini prelibati aveva mandato in avanscoperta il suo

servitore a Montefiascone con il compito di assaggiare il vino locale contrassegnando la locanda, ove se ne

individuasse di buona qualità, con la scritta EST. Il messo fu così convinto della bontà del "Moscatello" locale

che contrassegnò il luogo ripetendo tre volte il segnale EST. Il barone tedesco tanto apprezzò la qualità del

vino da soggiornare a Montefiascone e tanto ne bevve che ne mori nel 1113, lasciando i suoi beni al Municipio

con precisa clausola che ogni anno, sulla sua tomba doveva essere versato un barile di quel vino che tanto

aveva apprezzato in vita. Peccato non esser riusciti ad assaggiarne un calice!”

Siamo solo a 20 chilometri da Viterbo, l’ultima città degna di nota sul nostro percorso. E vista l’ora ormai

tarda i due “ragazzotti” decidono di addentrarsi direttamente nella città medievale, dove scopriamo subito

quanto sia difficile districarsi tra le numerose piccole stradine a senso unico della città laziale. E’ facile

perdersi ed abbandonare la nostra traccia originale, ma con il nostro ormai fidato “Tom” è ancor più semplice

ritrovare la retta via perché lui è bravissimo a rielaborare il percorso più idoneo per tornare sui giusti passi.

Ci rilassiamo tra le vie e le piazzette pedonali del borgo caratterizzato da edifici di pietra, avvicendati da torri

e chiesette, il tutto immersi in un profumo intenso di gelsomino, che spesso fa da “carta da parati” su molti

muri creando degli scorci da favola.

C: “Ed eccoci a Viterbo, non vedevo l’ora di arrivare qui per visitare il famoso quartiere medievale di San

Pellegrino, un pezzo di storia rimasto perfettamente conservato sino ad oggi, entrando infatti nelle sue vie ci

si aspetta solo che qualche cavaliere o qualche dama dell’epoca faccia capolino da dietro l’angolo. Avete visto

i tipici “profferli”? Questo è il nome particolare col quale sono chiamate le scale esterne che conducono al

pianerottolo di accesso delle dimore. Poi guardate le "case a ponte", vedete, quel tipo di abitazione che unisce

due fabbricati, separati dalla strada, all'altezza del primo o del secondo piano, creando questi magnifici e

suggestivi passaggi coperti. Sembra di essere davvero ripiombati in un’altra epoca ma presto, il nostro cavall..

ehm.. la moto ci attende per portarci alla volta della nostra tappa finale di quest’oggi.”

Con le mura di Viterbo alle spalle, siamo consapevoli che Roma è alle porte e che purtroppo il nostro vero

viaggio sta per concludersi. Siamo concentrati solo ormai a schivare le numerose buche che si presentano nel

manto stradale presenti nella maggior parte di carreggiate laziali, anche se sento le imprecazioni di Max e

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della Cry ed il lavoro delle sospensioni della “V”, capisco che nell’ultimo tratto romani la situazione è

peggiorata. Gli animi si distendono una volta entrati in un tratto di Aurelia che sembrava essere scavata nella

roccia. Ci sembra di essere catapultati in un borgo di montagna per quanto questi muri di roccia ci abbiano

inghiottiti. Non riusciamo a credere ai nostri occhi, tanto da ripercorrere la strada più volte da quanto sia

avvincente.

Il quartiere romano è ormai alle porte, ma prima di entrare nelle frenetiche strade della capitale passiamo

dal parco Vejo, dove è situato il santuario della Madonna del Sorbo, situato su una collina e percorrendo

strette vie in un fresco bosco. E’ un posto incantevole e molto intimo, se non fosse che oggi oltre a noi ci sono

decine di persone tutte vestite nei migliori dei modi per celebrare un matrimonio. Quale migliore occasione

per consumare l’ultimo panino del nostro delizioso e tipico pranzo al sacco su una panchina all’ombra di un

maestoso albero? Ci rimettiamo in marcia cercando di essere più silenziosi possibili, perché capiamo che il

borbottio della “V” può essere poco apprezzato per quella situazione. Ci rituffiamo nel mondo caotico e

frenetico tipico delle strade provinciali come può essere l’Aurelia, ma sappiamo che durerà molto poco

questa sofferenza, perché presto ci abbandoneremo nel luogo che catturerà i nostri sogni della notte. Infatti

no tardiamo molto a lasciare la strada trafficata per inoltrarci all’interno del quartiere dove fuori da una

graziosa villetta ci aspettano i proprietari che per questa notte ci ospiteranno in uno delle loro stanze. Infatti

come ultimo pernottamento abbiamo voluto provare la soluzione dell’affitta-camere, cioè la condivisione di

una parte di una casa privata. In questo caso facciamo conoscenza di una coppia molto socievole e simpatica,

amante anche loro di viaggi in tutto il mondo, che ci hanno trattenuto con le loro avventure nelle parti meno

conosciute del globo. Ci hanno spiegato che sono molto felici, inoltre di aver preso la decisione di mettersi a

disposizione dell’associazione della via Francigena, perché in questo modo stanno avendo l’occasione di

conoscere tanti pellegrini.

Finalmente è giunto il giorno tanto desiderato, tra pochi minuti saremo in piazza San Pietro, luogo dove

termina il cammino del pellegrino. Max e Cry sono contenti, perché questo è il coronamento del loro progetto

e del loro cammino, ma sanno anche che con questo si chiuderà un’avventura che li ha segnati

profondamente, infatti dopo la celebrazione della Santa Messa prenderanno la via del ritorno verso casa.

Percorriamo l’Aurelia e poi il viale Trionfale che ci fa vedere dall’alto lo spettacolo della Città del Vaticano.

Posteggiamo la moto in una via limitrofa alla piazza per poi incamminarci verso di essa. Sul vialone che

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conduce alla Basilica c’è un fiume di gente, i pellegrini rispetto ai tanti turisti sono davvero pochi ma si fanno

riconoscere per la tenuta da trekking, gli zaini ed i bastoni. Più ci avviciniamo al colonnato e più notiamo la

maestosità di questa opera e non mi accorgo neanche che i due centauri, ormai appiedati, hanno un passo

sostenuto, vanno proprio a mille. Superiamo i tornelli e contrariamente alle aspettative non c’è coda e

veniamo subito catapultati all’interno di questo luogo. Vedo Max che appena viene inghiottito dall’area

aperta si ferma sbigottito, è la sua prima volta e lo si vede dal suo sguardo. E’ fermo, si guarda intorno in

questo ampio spazio ammirando tutta la meraviglia che gli sta intorno. Le grandi colonne che cingono la

piazza, le due fontane, l’obelisco al centro, la facciata della basilica dove fa capolino la cupola più importante

al mondo. Il suono etereo ed angelico che arriva dal palco davanti alla basilica, costruito per la celebrazione

della S. Messa prodotto da un’orchestra, rende tutto ancor più emozionante. Gli occhi di Max sono lucidi,

sembra trattenere un turbinio di emozioni, ma allo stesso tempo gli si legge in faccia una felicità ed una

serenità invidiabile. Anche Cry è emozionata ma lei forse è più intenta a cercare di essere più concreta,

provando a capire cosa stia succedendo e per comprendere come ci si possa avvicinare all’altare per vedere

la funzione religiosa. Capisce che sono capitati in un giorno importante, sia perché oggi verranno proclamati

due santi e sia perché sarà Papa Francesco in persona a celebrare messa. E’ un’emozione incredibile infatti

assistere a questo rito tutto cantato, fa caldo, il sole picchia sulla piazza, ma l’aria serena che si respira in quel

momento fa passare in secondo luogo tutti i disagi.

Termina la messa e siamo pronti per tornare alla nostra “V” per celebrare anche con lei la vittoria di questa

avventura che si sta concludendo, d’altronde anche lei è stata protagonista, ma non riusciamo a raggiungerla,

veniamo fermati dalla sicurezza perché probabilmente il Santo Padre farà il giro della piazza. Pochi minuti di

incredulità e dagli schermi giganti posti negli angoli del colonnato e dal boato delle migliaia di persone

assiepate capiamo che Papa Francesco sta salendo sulla Papa-mobile per regalare ai fedeli una sua

benedizione. I due pellegrini sono increduli, quando sono arrivati continuavano a guardare la finestra da dove

si sarebbe celebrato l’Angelus, ma con somma gioia hanno scoperto che avrebbero assistito alle parole del

Sommo Sacerdote e addirittura l’avrebbero ora visto da vicino per avere il suo saluto. Il tripudio della piazza

è assordante, tutti chiamano ed osannano Francesco. Le bande cittadine suonano a festa, cappellini e

bandierine sventolano giubilanti. Al passaggio di Francesco gli occhi dei miei due amici si rivelano, ma è la Cry

che si sfoga in un lungo pianto di gioia, tenendo abbracciato il suo compagno d’avventura. Sono stati quattro

giorni densi di ogni sensazione: ha assaggiato la felicità di vedere posti meravigliosi, di aver riso e scherzato

con Max, di aver conosciuto tanta gente meravigliosa, ma ha anche assaporato momenti più ansiosi come il

viaggiare sotto una pioggia pungente e percorrere strade per lei non congeniali. Solo adesso forse sta

capendo quanto la via Francigena può essere sconvolgente!

Ora ci aspetta solo un ritorno lungo l’interminabile autostrada, ma la pacca di grande orgoglio sul serbatoio

che Max dà alla “V” la dice lunga di quanto sia lusingato si averli portati fino a qua. E per dar prova della sua

gratitudine cosa c’è di meglio di qualche foto con lei nel ruolo di protagonista sotto il magico Colosseo?

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Il traffico di Roma ed i tanti turisti tengono Max e Cry concentrati sulla guida, anche se intravedono storia e

gloria scorrere intorno a loro. Sentono che Roma dev’essere un luogo davvero speciale e che quindi sarà

protagonista di un episodio di qualche loro prossima avventura.

Ora è il tempo della musica sparata dagli auricolari del casco e di calarsi nel ruolo di mangiatori di chilometri.

L’avventura è davvero finita, l’asfalto delle strade a più corsie ci inghiotte e con un silenzio questa volta

malinconico guardiamo lo schermo del nostro fedele “Tom” impostato con il nome della città meta del nostro

ritorno. Il viaggio è davvero lungo, a complicare le cose ci sono gli improvvisi acquazzoni ed il tanto traffico,

ma non me ne accorgo nemmeno e mi ritrovo davanti alla rampa del cancello di casa. So che oltre quelle

porte metalliche, oltre alla rampa, si aprirà per me la basculante del box che segnerà il mio spegnimento. Lo

vedo già il dito di Max che si avvicina al tasto OFF, ma non posso farci niente, però se fosse per me e se avessi

il dono della parola lo convincerei a fare marcia indietro per riprovare tutte le sensazioni che abbiamo vissuto

in questi giorni.

Ma a pensarci bene, la parola la userei per ringraziare lui e la sua amica di avermi fatto condividere con loro

questa meravigliosa avventura, rendendomi orgogliosa di essere stata utile ad immortalare emozioni, posti

e paesaggi che tante mie colleghe potranno anche non vedere mai! GRAZIE!

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EPILOGO.

Questo è il racconto della nostra avventura; lo abbiamo voluto narrare da un punto di vista un po’ insolito e

fantastico, quello di un obiettivo, per descrivere quel che succedeva intorno a noi.

Speriamo di essere riusciti nel nostro intento di far rivivere questo magnifico viaggio a chi lo vorrà leggere.

Ancora oggi, costruendo il racconto, mettendo insieme immagini e video, rimaniamo sorpresi di quanto

ancora questi siano capaci di emozionarci.

Capiamo di aver vissuto quattro giorni intensi, di aver compiuto “il Viaggio”, quello che molti sognano per

tutta la vita.

Abbiamo raggiunto il nostro scopo di arrivare sino in piazza San Pietro; ci immaginavamo quanto sarebbe

stato intenso per la tanta strada da percorrere, per il possibile maltempo, ma quello che non ci

immaginavamo era quanto questa via Francigena ti possa entrare dentro.

Noi non ci paragoniamo ai pellegrini che arrivano a Roma con le proprie forze e con le proprie gambe, anzi

abbiamo capito quanto sia ancora più intenso lo sforzo da parte loro, la caparbietà, la volontà, ma anche

quanto sia grande la soddisfazione di compiere questo arduo cammino.

Tanta stima per loro, anzi speriamo prima o poi di poter essere come loro; ci piace pensare che anche seppur

alla nostra maniera abbiamo vissuto il significato che vuole dare la Via.

Io, Max, l’ho intesa come il cammino della vita: è faticosa, ma se abbiamo forza e tenacia essa ci può regalare

gioie e sensazioni da togliere il fiato. La puoi compiere da solo o in compagnia, io ho avuto la fortuna di

condividerla con una persona alla quale tengo moltissimo, assaporando gioie e dolori che anche la vita di

tutti i giorni ci può dare. Ma con lo stesso intento: quello del raggiungimento della Serenità alla fine del

cammino.

Io, Cry, concordo appieno col mio compagno di viaggio, sono molto orgogliosa di lui, del lavoro che ha svolto

per la preparazione di questo tracciato, con dedizione ed impegno, posso dire di essere fiera di avere una

persona come lui accanto nel cammino che abbiamo intrapreso insieme, quello di condivisione della vita.

Insomma, se volete fare un viaggio a piedi, in bici, a cavallo, ma anche in moto, che vi entri nell’animo, allora

percorrete la VIA FRANCIGENA!

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Ringraziamo tutti quelli che hanno creduto in noi e che ci hanno supportato:

l'associazione Via Francigena, in particolar modo Luca,

Radio Francigena - La voce dei cammini nella persona di Alberto,

TomTom – grazie Alice,

il comune di Lucca e quello di Viterbo,

i ragazzi della Casa del Pellegrino di Valpromaro (ciao Salvatore!),

l'Agriturismo Fattoria Nerbona di Colle Val d'Elsa,

i gentili proprietari di Il Giardino di Vejo di La Storta Roma,

il Consorzio Promozione Turistica della Versilia,

Monteriggioni Turismo,

la nostra mitica "V" che non si è mai tirata indietro e...

noi!

Massimo Cau e Cristina Scolletta

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