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1 Di Giuseppe Petrelli A coloro che amano il Signore Gesù Cristo, e desiderano, vivere e lavorare solo per la Sua Gloria, anime nascoste in Lui, queste pagine dedico. Capo I INDICE Parte I QUATTRO RIVELAZIONI Quattro rivelazioni: Quella del Cristo, de1 Nuovo Nome, del1a Chiesa, della Croce «Poi »- Uno dei grandi , « poi » (ed E) della scrittura, per legare un avvenimento ad altri. « Poi Gesù, essendo venuto nelle parti di Cesarea di Filippi » . Il luogo: lontano da Gerusalemme, e nel territorio di una città che portava un nome del sovrano della terra, di Cesare; proprio in quelle vicinanze, lo sconosciuto Sovrano dell'Universo portò i discepoli a rivelazioni più intime, e che dovevano servire al piano del Regno di Dio. Il tempo: Leggendo nell'Evangelo secondo San Marco, al capo ottavo, il fatto è riportato dopo quello del cieco (Marco 8: 22-26). Invitiamo il lettore, proprio a questo punto, di leggere quel passaggio e notare il metodo di separazione usato da Gesù: lo prese per la mano, e lo menò fuori del castello, lontano, cioè, da coloro che glielo avevano presentato, gli sputò negli occhi, e pose le mani sopra di lui; cioè, non fece come gli era stato suggerito; poi gli domandò se vedeva cosa alcuna. L 'uomo, levati gli occhi in su, disse: « lo veggo gli uomini camminare come alberi. Poi di nuovo, gli mise le mani sopra gli occhi, e lo fece riguardare in su, ed egli ricoverò la vista e vedeva tutti chiaramente ». il metodo di cura, i due vedere non sono senza significato: quando siamo noi che vediamo, le cose ci appaiono in modo stravagante; quando è Lui che ci fa riguardare, si vede chiaro. Infine, il Signore lo rimandò a casa, e lo avvertì a non entrare più nel castello. Lo distaccava dalla folla che aveva preso a proteggerlo. Questo fatto era un adatto ammaestramento ai discepoli, chiamati anch'essi ad essere un popolo a parte, per fini superiori e per essere liberati della maniera comune di .vedere e giudicare. Gesù domandò ai suoi discepoli: « Chi dicono gli uomini, che lO, il Figliuolo dell'Uomo sono? » Ed essi riferirono parte del dire degli uomini. Dissero: «Alcuni, Giovanni Battista; altri Elia; altri Geremia, od uno dei profeti ». Riferirono parte, giacchè vi erano di quelli che dicevano che Gesù aveva il demonio, e altri, che Egli era fuori di sè. E' lodevole che i discepoli non ebbero il cuore di ripetere i rapporti sfavorevoli. Ed Egli disse loro: « E voi chi dite che lo sono? ».

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Di Giuseppe Petrelli A coloro che amano il Signore Gesù Cristo, e desiderano, vivere e lavorare solo per la Sua Gloria, anime nascoste in Lui, queste pagine dedico.

Capo I INDICE

Parte I

QUATTRO RIVELAZIONI Quattro rivelazioni: Quella del Cristo, de1 Nuovo Nome, del1a Chiesa, della Croce

«Poi »- Uno dei grandi , « poi » (ed E) della scrittura, per legare un avvenimento ad altri.

« Poi Gesù, essendo venuto nelle parti di Cesarea di Filippi » . Il luogo: lontano da Gerusalemme, e nel territorio di una città che portava un nome del

sovrano della terra, di Cesare; proprio in quelle vicinanze, lo sconosciuto Sovrano dell'Universo portò i discepoli a rivelazioni più intime, e che dovevano servire al piano del Regno di Dio.

Il tempo: Leggendo nell'Evangelo secondo San Marco, al capo ottavo, il fatto è riportato dopo quello del cieco (Marco 8: 22-26). Invitiamo il lettore, proprio a questo punto, di leggere quel passaggio e notare il metodo di separazione usato da Gesù: lo prese per la mano, e lo menò fuori del castello, lontano, cioè, da coloro che glielo avevano presentato, gli sputò negli occhi, e pose le mani sopra di lui; cioè, non fece come gli era stato suggerito; poi gli domandò se vedeva cosa alcuna. L 'uomo, levati gli occhi in su, disse: « lo veggo gli uomini camminare come alberi. Poi di nuovo, gli mise le mani sopra gli occhi, e lo fece riguardare in su, ed egli ricoverò la vista e vedeva tutti chiaramente ». il metodo di cura, i due vedere non sono senza significato: quando siamo noi che vediamo, le cose ci appaiono in modo stravagante; quando è Lui che ci fa riguardare, si vede chiaro. Infine, il Signore lo rimandò a casa, e lo avvertì a non entrare più nel castello. Lo distaccava dalla folla che aveva preso a proteggerlo.

Questo fatto era un adatto ammaestramento ai discepoli, chiamati anch'essi ad essere un popolo a parte, per fini superiori e per essere liberati della maniera comune di .vedere e giudicare.

Gesù domandò ai suoi discepoli: « Chi dicono gli uomini, che lO, il Figliuolo dell'Uomo sono? » Ed essi riferirono parte del dire degli uomini. Dissero: «Alcuni, Giovanni Battista; altri Elia; altri Geremia, od uno dei profeti ». Riferirono parte, giacchè vi erano di quelli che dicevano che Gesù aveva il demonio, e altri, che Egli era fuori di sè. E' lodevole che i discepoli non ebbero il cuore di ripetere i rapporti sfavorevoli.

Ed Egli disse loro: « E voi chi dite che lo sono? ».

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Gli uomini -Voi? -Dunque, essi non sono uomini? -Sono, ma chiamati ad un destino speciale. Le domande, messe di fronte, servono ad imprimere un distacco fra i due parlari: Quello dell'uomo nelle sue forze, e quello di uomini mossi dallo Spirito di Dio. Il meglio che l'uomo può dire non risponde alla realtà. Ci vuole la Grazia di Dio per conoscere la verità di Dio. « E voi ». Quell' « E » si traduce più energicamente: « Ma ». Ma voi chi dite che lo sono? -Da essi dunque si attendeva un altro linguaggio.

« E Simone Pietro, rispondendo disse: Tu sei il Cristo, il Figliuolo dell'Iddio vivente ». La risposta lasciava addietro, senza misura di paragone, tutte le differenti opinioni: Gesù e Dio, vengono messi nella luce unica che Loro si conviene. Il Cristo, il Figliuolo, è uno solo dell'Iddio Vivente. Si sente la presenza di Lui, dell'Onnipotente, in questa parola « Vivente »; vede, ode, prende cura di noi. La risposta, in germe, contiene la duplice conoscenza, intorno a Gesù ed al Padre che Lo ha mandato. Lui, un tale Personaggio, il Figliuolo di Dio, di tale Dio - Vivente.

« E Gesù rispondendo, gli disse: tu sei beato, o Simone figliuolo di Giona, poichè la carne ed il sangue non t'hanno rivelato questo; ma il Padre mio che è nei cieli. Ed Io, altresi ti dico, che tu sei Pietro, e sopra questa pietra lo edificherò la MIA CHIESA; e le porte dell'inferno non la potranno vincere ».

Tre rivelazioni Sono in queste parole. Simone, figliuolo di Giona. Cioè, in se stesso un povero uomo, non avrebbe potuto mai dire ciò che ha detto; carne, il visibile, e sangue, che è la parte nascosta e la forza del visibile, non avrebbero mai potuto rivelare ciò; si noti che il « Questo » è Scritto in corsivo; perciò non è nel testo. Carne e sangue non rivelano, nè ciò e nè altro, ma il Padre mio che è nei cieli. Tu sei beato. Lo invita a riconoscere che è una grande sorte quello di potere, per rivelazione, pronunziare quel Nome benedetto. Beato te! Come a dirci di fare stima di ciò che è rivelato.

« Ed lo altresi ti dico ». Gesù, da parte Sua, diceva al discepolo : Tu hai detto a me, di me; lo dico a te. Tu a me; lo a te... E' un contratto di amore che viene raffermato fra il discepolo e il Signore; l'uno vive per proclamare il Cristo; e l'altro si occupa di benedire il proclamante, e gli dà un nuovo nome.

Quando il Signore ci muove per un passo avanti, ci fa dare una occhiata addietro. Simone, figliuolo di Giona è passato, oscuro e misero uomo da nulla, figlio di un altro da nulla. In Genesi 11: 28 leggiamo: « Or Haran morì in presenza di Tare suo padre »: un povero uomo, che finisce in presenza di un altro povero uomo. Benchè padre, Tare non potè aiutarlo. Il vecchio nome è il quadro della nostra miseria, è storia del nostro peccato. L' Angelo, prima di dare il nuovo nome, domandò a Giacobbe come si chiamasse. Vicino alla confessione del vecchio, vi è il regalo del nuovo.

In te stesso sei figliuolo di Giona, ma ora: « Tu sei Pietro ». E' Gesù che lo dice. Ed Egli crea ciò che proferisce colle labbra.

« Sopra questa pietra lo edificherò la mia chiesa ». Se la nostra speranza fosse su carne e sangue, a questo punto converrebbe entrare in una

lunga e noiosa dissertazione sulla interpretazione della parola « questa pietra ». Ma sarebbe aggiungere materia a chissà quanta arida materia. Il nostro scopo è ben altro. Che vale parlare di Chiesa, se non abbiamo la rivelazione del Capo della Chiesa ? Come ogni parte del corpo ha la sua relazione col capo, così ogni membro della Chiesa deve conoscere il Capo per diretta rivelazione.

La Chiesa di Lui è un popolo di rivelazione. Se il Figliuolo di Dio non è rivelato da Dio stesso all'anima, vani gli sforzi di volerLo fare capire. Senza sprezzare nessuno (sia lungi da noi anche la menoma idea di ciò), diciamo che non abbiamo tempo per citazioni teologiche ed altro. Chi scrive è così stanco di tutto (secondo l'uomo), che non si prenderebbe la briga di muovere nemmeno un foglio di carta, se non fosse per amore di Gesù Cristo; ed in Lui confida che queste pagine, depositate ai Suoi piedi, siano di benedizione. O che « Questa Pietra » sia Cristo stesso, o che sia Simone, la conclusione è una: è sempre Lui che edifica pietra sopra pietra, e Lui stesso è la Pietra del capo del cantone. Tutte le pietre sussecutive che saranno lavorate in segreto, e poi aggiunte all'edificio, sono nelle mani dell'unico Artefice, e mosse per lo stesso Spirito di Dio. Carne e sangue non potevano, e non possono fare nulla, MAI.

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Si tengano le pretese quelli che le vogliono. Il popolo di Dio conosce la voce di Dio. Chi vuole il visibile sarà saziato del visibile; ma si troverà come colui che ha fame, e sogna di mangiare. Come il CAPO è riconosciuto per rivelazione, è anche per rivelazione che viene conosciuto il Corpo. E' da anni, oramai, che abbiamo rinunziato al tentativo di volere noi indicare chi sia la Chiesa, cioè distinguere noi. Quelli che sono la Chiesa, lo sanno dall'alto, senza teorie di uomini.

« Io edificherò la MIA CHIESA ». Il lavoro non lo avrebbe dato ad altri. La rivelazione è nuova, e segue, immediata, alle altre rivelazioni del Cristo e del nuovo

nome dato al discepolo. Tre rivelazioni: Cristo, Pietro, Chiesa. MIA CHIESA. Cioè, non appartiene agli uomini, siccome non è dagli uomini; appartiene a

Colui che l'ha comperata a prezzo di sangue, che l'edifica, e la porta avanti sino alla fine, facendola ossa delle Sue ossa, e carne della Sua carne.

« E le porte dell'inferno non la potranno vincere ». Il Cielo ha una porta che è Gesù. L 'inferno ne ha molte. Ma le porte dell'inferno non

potranno vincere la Chiesa. Tanti cadono lungo il cammino, e rinnegano il Signore, perchè non l'hanno mai conosciuto in realtà come tale. Non sono la SUA CHIESA. Egli ha detto che le porte dell'inferno non potranno vincere. La tormenteranno, ed affliggeranno; molti saranno dati alla morte, ma non possono essere danneggiati nell'anima.

Negli ultimi due versi del profeta Aggeo si legge: « E sovvertirò il trono dei Regni, e distruggerò la forza dei reami delle genti; e sovvertirò i

carri, e quelli che saranno montati sopra; e 1 cavalli e i loro cavalieri saranno abbattuti ciascuno per la spada del suo fratello. In quel giorno, dice il Signore degli eserciti, lo ti prenderò, O Zerobabel [ il nome significa nato in Babilonia] figliuolo di Sealtiel [ il nome significa: io ho chiesto da Dio] mio servitore, dice il Signore: e ti metterò come un suggello; perciocchè IO TI HO ELETTO ».

Capo I INDICE

Parte II

LA CHIESA (Matteo 16: 13-28)

« Ed io ti darò le chiavi del regno dei cieli; e tutto ciò che avrai legato in terra sarà legato

nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto nei cieli ».. Anche questo è punto di controversia.

In quanto a noi, non temiamo di concedere tale autorità a quelli che hanno la rivelazione del Cristo, hanno ricevuto il nuovo nome ed hanno avuto la rivelazione della Chiesa. Tali non potranno nè sciogliere, e nè legare ad arbitrio di uomo, ma saranno mossi dallo Spirito Santo; di talchè non è, infine, l'uomo che lega o scioglie, ma Iddio stesso, e Dio solo, a mezzo dell'uomo. Tale autorità, più tardi, viene ripetuta a tutti i discepoli (Matteo 18: 18). Iddio si compiace di usare l'uomo. Ma l'operare nei Suoi doni è da Lui stesso.

« Allora Egli divietò ai suoi discepoli che non dicessero ad alcuno che Egli fosse Gesù, il Cristo ». Un esame del divieto dato da Lui in varie occasioni di parlare di ciò che aveva fatto, e di non palesare il Suo Nome, sarebbe assai proficuo. Allo scopo, basti notare che, come ci era voluta la rivelazione del Padre, per dire a Gesù che Lui era il Cristo, cosl occorre la rivelazione per parlare di Lui agli uomini. La conoscenza che abbiamo ricevuta da Lui, la deve operare, non l'uomo, ma lo Spirito Santo. Il dire allora, subito, che Gesù (sotto il quale nome era conosciuto da tutti) è il Cristo, se pure lo avessero saputo dire, non avrebbe giovato, ma avrebbe affrettato le persecuzioni. Iddio ha il Suo tempo per ogni cosa.

Ora è arrivato il momento di parlare apertamente delle sofferenze che Lo attendono in Gerusalemme. Leggiamo :

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« Da quell'ora ». Cioè, legando ciò che sta. per dire, al già detto : Gesù cominciò a dichiarare, come se scoprisse un segreto, ai suoi discepoli, che Gli conveniva andare in Gerusalemme, e soffrire molte cose dagli anziani, e dai principali sacerdoti, e dagli scribi, ed essere ucciso e risuscitare al terzo giorno. .

Alla quarta rivelazione Pietro venne meno, e si mostrò ancora Simone. « E Pietro, trattolo da parte, cominciò a riprenderlo, dicendo: Signore, tolga ciò Iddio;

questo non ti avverrà punto ». « Tolga ciò Iddio », si può anche più letteralmente, tradurre: Abbi pietà di te! Ma Gesù, rivoltosi, disse a Pietro: « Vattene indietro da me, Satana; tu mi sei in iscandalo, perciocchè tu non hai il senso alle cose di Dio, ma alle cose degli uomini ».

Queste parole bisogna dividerle in tre parti. Sono rivolte nè tutte a Pietro, e nè tutte a Satana. il Signore sgrida Satana; corregge e ammaestra Pietro. L 'ispiratore di quella falsa pietà, che vuole rispàrmiare la carne a spese dello spirito, è l'avversario. La tentazione era grave, e non vi è da ragionare. L 'insidiatore è cosl cucito all'orecchio, che chi ha parlato non ha saputo discernerlo, ma Gesù lo ha visto. Indietro, Satana. La prima cosa era dì allontanare il nemico.

« Tu mi sei di scandalo ». Pietro, ingannato e consigliando Gesù di risparmiare Se stesso, era un intoppo: la pietà che non è da Dio non aiuta, ma nuoce sul cammino di Gerusalemme. Egli non era venuto per risparmiare, ma per dare Se stesso.

« Perciocchè tu non hai il senso alle cose di Dio, ma alle cose degli uomini ». Non gli disse che non era beato. Non ritirò il Nuovo nome, ma lo avvertì che doveva

rimanere alla scuola, per imparare a discernere, ed acquistare il senso alle cose del Signore. Secondo l'uomo, l'avviso sarebbe stato buono, ma Iddio ha modi differenti; i Suoi pensieri sono diversi dai pensieri dell'uomo. Essere benedetti è una cosa, ed avere la percezione, il senso delle cose del cielo, ed essere abituati a pensare secondo le cose di sopra, è ben altro. Il tempo verrà che l'uomo di Dio ragionerà colla mente e la logica di Dio. Non disse che mai avrebbe avuto quel senso, chè Pietro, dopo, lo ebbe.

Si noti come lo stesso uomo parlò, a breve spazio di tempo, una volta per lo Spirito di Dio, e un'altra volta per incitamento dell'avversario. Ciò avverte ad essere cauti, e non appoggiarci sulle passate bènedizioni, per se stesse, ma confidare, dipendere da Dio, passo passo. Vicino ad una cosa buona che è da Dio, il nemico, se non stiamo attenti, è pron- to metterne una, che pare, ma non è buona; perciò è prudente, dopo ogni benedizione, prima di qualunque altra cosa, tornare al Signore per continuazione di grazia. Si noti, per fare risplendere la benignità e fedeltà di Dio, che proprio dopo lo sbaglio, il nuovo nome venne ripetuto due volte. Nel momento in cui l'uomo avrebbe detto: Simone, oh, bada che stai par- lando come Simone, Gesù, che ha fede in quello che ha detto, usa il titolo che ha dato: « Pietro » e più giù, di nuovo: Pietro, Pietro, nonostante l'errore. Il nuovo nome è monito a che, in ogni cosa, dobbiamo essere disposti a farci fare nuovi, specialmente nella mente, dove è la sede degli errori.

E' qualità rara dei veri maestri di enunciare le verità, e volgere I'ammaestramento ad altre linee, in attesa che quelle verità saranno, col tempo, capite ed illustrate. Gesù senza insistere con uno, si rivolse a tutti :

« Se alcuno vuole venire dietro a me, rinunzi a se stesso, e tolga la sua croce, e mi segua ». Dopo la rivelazione della Croce per Lui, vi è la rivelazione della croce per la Sua Chiesa.

Un Signore crocifisso vuole una Chiesa crocifissa (non che crocifigge). Il « se stesso » è il più grande nemico di ciascuno per seguire Lui, e perciò siamo invitati a gettare, per dir così, noi fuori di noi, per poter seguire Lui. Prendere volontariamente la sua croce: vale dire che la si potrebbe lasciare; perciò è errore chiamare « sua croce », ciò che pos- siamo avere in comune con tutti gli uomini. Le sventure non si possono chiamare la Croce di Gesù: la croce è volontaria, cioè che uno può prendere o lasciare. Per esempio: il rimanere in un posto di mala aria da dove si sarebbe liberi di partire, e rimanerci per amore di Gesù, se Lui lo ha comandato, è la « sua croce »; il tollerare una persona, per amore di Gesù, se Lui lo ha comandato, è la « sua croce »; il tollerare una persona, per amore di Gesù laddove, se non fosse per Lui, la si allontanerebbe, è croce. La croce è personale: Egli dà a ciascuno un compito personale.

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Ed ora, allarga qualche cosa di quel senso alle cose di Dio, rispondendo ai pensieri nascosti di quelli che sono preoccupati della propria conservazione:

« Perciocchè, chi avrà voluto salvare la vita sua la perderà; ma chi avrà perduta la vita sua per amore di me, la troverà. Perciocchè che giova egli all'uomo, se guadagna tutto il mondo, e fa perdita dell'anima sua? Ovvero che darà l'uomo in iscambio dell'anima sua? ». Qui sono accennati i valori reali di fronte a quelli apparenti. L 'uomo della terra si afferra a ciò che vede; quello del Cielo, a quello che non vede; e quando i due beni sono in lotta, quest'ultimo non sacrifica quello del cielo.

Dopo ciò segue un avviso che è riportato nel1'Evangelo di San Marco (8: 38) : « Perciocchè se alcuno ha vergogna di me e delle mie parole, fra questa generazione adultera e peccatrice, il Figliuolo dell'uomo avrà vergogna di lui, quando sarà venuto nella gloria del Padre Suo, coi suoi angeli ».

Cosa sia questo vergognarsi di Lui, e delle sue parole, è più serio che non si pensi. E' possibile confessare Lui colla bocca. e sconfessarlo col cuore, sconoscendo i Suoi seguaci. Durante il cammino, avremo delle prove per vedere se davvero Lo amiamo: Egli ci appare di tempo in tempo travestito. Potrà avvenire che noi riconosciamo che un Suo disce- polo abbia ragione, ma temendo la scomunica della chiesa ufficiale, ci vergognamo di confessare la verità; in realtà ci siamo vergognati di Gesù in uno dei Suoi seguaci.

La Chiesa, chiamata a camminare di rivelazione in rivelazione nel piano dei misteri di Dio. passerà da opposizione ad opposizione: la verità si fa strada nel dolore, e le sofferenze non sono accette alla nostra umanità. Il perdere l'approvazione delle maggioranze costa, specie delle maggioranze religiose; ma il vero discepolo di Gesù è chiamato ad imparare a camminare anche solo. e a guardare a Colui che confesserà il Suo nome davanti agli angeli del Cielo.

Chi prima, e chi più in là; chi per un motivo e chi per altro, ognuno che fa parte della Sua Chiesa affronterà questa tentazione di vergognarsi di Lui, nascosto in qualche Suo oscuro e malvisto seguace, per tutta o per parte della verità; ed è allora che gli bisogna grazia speciale, affinchè Colui che ha rivelato la verità, gli dia la grazia di viverla, confessarla, pronto anche a morire ner essa.

Capo Il INDICE

Parte I

IL CORPO DI CRISTO {Salmo 40; Ebrei 10: 5; Efesi l: 22, 23)

La relazione della Chiesa a Gesù. deve avere per misura la relazione di Gesù al Padre. Egli potè dire ai discepoli, che chi ha visto Lui. ha visto il Padre {Giovanni 14: 9). La Sua

relazione è scolpita. in vari modi, attraverso la Scrittura; ed una delle descrizioni più vive è nel Salmo 40: « Tu non prendi piacere in sacrificio, nè in offerta; tu mi hai forato le orecchie; tu non hai chiesto olocausto, nè sacrificio per lo peccato ».

Il forare le orecchie era il suggello dello schiavo in perpetuo. I sacrifici si riferiscono alle cose, e tali non sono graditi: occorreva un sacrificio eccellente e volontario. Il salmo continua: « Allora io ho detto : Eccomi venuto; egli è scritto di me nel volume del Libro. Dio mio, io prendo piacere in fare la tua volontà; e la tua legge è nel mezzo delle mie interiora ». E’ un sacrificio volontario, fatto con allegrezza; intero; ed è cominciato dentro. Che cosa è questa legge di Dio Padre che è nelle interiora del Figliuolo? - Non altro che la legge di amore: Iddio è amore; Egli ha mandato il Figliuolo, perohè ha amato. Idldio ha voluto che il Figliuolo venisse a salvare: il bene delle creature è, dunque, la legge di Dio che Gesù ha accettata con amore, ed è scritta nelle Sue interiora. II Signore ha insistito, come leggiamo specialmente nelle pagine dell'Evangelo secondo Giovanni, che la volontà di Dio è che Egli non perda quelli ohe Egli Gli ha dato; che. cioè è il Padre stesso che ci ama; che nessuno viene a Lui {a Gesù) se non che il Padre lo tragga. A misura che

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Gesù parla dentro di noi, comprendiamo l'amore di Dio. Quella legge, dunque, è amore per tutta la creazione, ed è scritta nelle interiora di Gesù Cristo, suggellata nelle Sue mani, e nel Suo cuore.

Ciò che il Salmista enuncia in poche parole, è il soggetto costante di tutto il Libro. Vi sono libri nel Cielo.

Come Gesù ha adempiuto la Sua offerta, è detto anche nello stesso Salmo: « Io ho predicato la tua giustizia in gran raunanza; ecco io non ho rattenuto le mie labbra; tu lo sai Signore. Io non ho nascosto la tua giustizia dentro al mio cuore ». Predicata e vissuta quella Giustizia. « Io ho narrato la tua verità e la tua salute; io non ho celato la tua benignità. nè la tua verità, in gran raunanza ».

Sono poche parole, ma racchiudono quanto lingua umana non può commentare, e fanno intendere la resistenza che in un mondo traviato ha dovuto incontrare. e incontra ancora, la verità che è in Cristo. La mente corrotta ha perduto il valore reale delle cose. e chiama pane ciò che è pietra: considera giustizia, verità, salute, quelle che non sono tali. Di qui il conflitto. Gesù ha predicato, narrato, mostrato a una grande radunanza. Quale, dove, quando? Luoghi, tempi, gruppi speciali di popolo, spariscono di fronte alla affermazione di qualche cosa di vasto che supera ogni limite. Egli sa come parlare a tutti gli uomini, benchè non Lo conoscano. « La luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo…». Quella luce vi è, dunque per ognuno, ed essa Luce è Cristo (Giovanni 1 : 9).

Egli si è offerto; e il Padre Gli ha apparecchiato un Corpo. Perchè in un corpo umano, Egli poteva essere Salvatore di quelli che non si è vergognato chiamare Suoi fratelli. Egli dice : « Ecco me e questi fanciulli che tu mi hai donati ». Poi, dunque che quei fanciulli parteciparono alla carne ed al sangue, Egli. simigliantemente. ha partecipato alle medesime cose. « Laonde è convenuto che in ogni cosa fosse simile ai fratelli ».

« Tu mi hai aipparecohiato un corpo ». Ed in quel corpo, Egli è venuto come apostolo, facendo conoscere Iddio all'uomo; ed è col

corpo glorificato, che porta i ricordi della croce, che Egli è tornato in alto. come Sacerdote, per presentare l'uomo a Dio.

Come ha rappresentato Dio all'uomo, abbiamo già accennato. Basti ricordare che Egli testimoniò che faceva del continuo le cose che piacciono al Padre; che il suo ragionare e predicare erano le parole che il Padre Gli dava, e come Egli gliele dava. L 'altra parte del Suo ministerio è scolpita in queste parole (Ebrei 7: 24. 25) : « Ma costui, perciocchè dimora in eterno, ha un sacerdozio che non trapassa ad un altro. Lande, ancora, può salvare appieno coloro i quali, per lui, si accostano a Dio, vivendo sempre per intercedere per loro ».

Cioè, è posseduto sempre da quella legge di amore che fa dimenticare sè stesso per il bene altrui: venne all'uomo, tornò al Padre, è alla Sua destra, e vive animato dallo stesso amore; morì per altri, vive per altri.

Ora possiamo meglio capire il piano di Dio per la Chiesa di Gesù: « Avendolo dato per Capo sopra ogni cosa alla Chiesa, la quale è il Corpo di esso in compimento di Colui che compie tutte le cose in tutti ». (Efesi 1: 22,23).

« Compimento di Lui! ». Se non fosse nella Scrittura, noi tremeremmo di dire una tale cosa. Quest'ardita affermazione

dice che, senza della Chiesa, a Gesù manca qualche cosa. Quando scese dalla gloria, e si abbassò a tutta la umiliazione, è entrato in una sfera nuova: tornato dal fondo della umiliazione, è stato innalzato in alto, Gli è stata data ogni podestà in Cielo e in terra, ed il Nome che è sopra ogni nome. Pure manca ancora qualche cosa. Il Capo è là; il Corpo è altrove, in via di formazione. L’Universo non sa ancora tutto intorno a Gesù. Un giorno Egli sarà reso glorioso nei Suoi santi; cioè, l'opera meravigliosa compiuta su uomini tratti dal fango, farà ri:splendere, davanti agli angeli, qualche cosa di Gesù, che non si era mai immaginato. Egli attende di avere il Corpo in alto, per sentirsi completo Lui; eppure è Lui stesso che compie ogni cosa in tutti. Ma Lui ci fa sapere che ancora non Lo conosciamo, che l'Universo non Lo conosce. Quel compimento che Egli raggiungerà a mezzo della Chiesa (Corpo che Egli va compiendo) ha uno scopo, che è al di là di quello di manifestare soltanto Lui. Una distesa dell'amore immenso per cui si propone di mostrare, a mezzo

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della Chiesa, alle podestà dei cieli, la infinita sapienza di Dio (Efesi 3: 10); e non solo, ma vuole che la Chiesa abbia parte nel ministerio di Redenzione; che sia una con Lui, per continuare, con essa, e, servendosi di essa, il lavoro di beneficio verso le nazioni dell'Universo.

Che questo pensiero sia scritturale è confermato da ciò che è detto in Colossesi 1 : 24. « Ora io mi rallegro nelle mie sofferenze per voi, e per mia vicenda compio [ si notino senza pregiudizio certe ardite parole: COMPIO ] - compio nella mia carne ciò che resta [ RESTA ] ancora a COMPIERE delle affiizioni di Cristo, per lo CORPO di ESSO, che è la CHIESA ».

Egli ha compiuto tutto in sulla Croce, eppure è vero che, nella Sua infinita gentilezza e abnegazione, ha così deciso che il redento dal fango, sia chiamato a partecipare all'onore delle Sue sofferenze. Egli ha bevuto il Calice, e gustato quella morte; ma ha voluto, per un eccesso di amore verso la Sua Chiesa, Suo corpo, che qualche cosa essa possa gustare, affinchè, dall'amaritudine di sofferenze fosse elevata a maggiore altezza e godimento. Perchè è vero che le più grandi affiizioni sono quelle che si soffrono in ispirito, ed è altresì vero che i più dolci godimenti sono quelli dello spirito. Nelle cose del cielo, conoscere, aiuta ad amare di più, e amare, a godere. Perciò, la Chiesa è chiamata a compiere qualche cosa, ed è riserbato a ciascun membro di essa qualche cosa di quel Calice immenso, e di quella passione, per cui, Egli le dà l'onore di sapere che Lui stesso attende di essere completo in essa.

Dunque, poichè in quel corpo Gesù ha rappresentato il Padre, ora, nel corpo della Chiesa, Gesù è rappresentato alle genti. Fino ad ora è una imperfetta rappresentazione: diciamo imperfetta, perchè sosteniamo, senza timore di contraddizione, che molti che si chiamano tali, non sono quella CHIESA che è la Sua Chiesa. Come in quel Corpo Gesù si mosse per il Padre, così la Chiesa deve muoversi per Gesù. Vi è una continuazione di Lui a mezzo dei Suoi eletti, i quali sono chiamati a vivere per presentare Gesù agli uomini, e gli uomini a Gesù. La vita di Gesù in loro, deve essere spesa a favore di Lui e degli uomini. Questo è il piano che Iddio ha per la Chiesa.

Essa è scelta dal Padre, per essere la Sposa del Suo Figliuolo. Perciò è chiamata la « SUPERNA vocazione di Dio in Cristo Gesù ». (Filippesi 3: 14). Quindi, vale la pena di dare tutto per tutto. Chi ama Gesù, deve amarLo come la sposa ama lo sposo; la Chiesa di Cristo essendo la Sposa, Suo Corpo, deve vivere a disposizione del Capo, non considerando sacrificio quello che fa per amore di Lui.

Perciò, non ci paiono esagerate le affermazioni dell'apostolo Paolo, e la sua determinazione di consacrarsi meglio, e di più a quel Signore che lo aveva chiamato:

Leggiamo: (Filippesi 3: 7-14) « Ma le cose che mi erano guadagni, quelle ho reputate danno per Cristo. Anzi, reputo tutte cose [ « queste » non è nel testo] essere danno, per l'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale io ho fatto perdita di tutte queste cose, e le reputo tanti sterchi, acciocchè io guadagni Cristo... Per conoscere esso Cristo, e la virtù della sua resurrezione, e la comunione delle sue sofferenze, essendo reso conforme alla sua morte; se una volta perverrò alla resurrezione dai morti... Non reputo di avere ancora ottenuto, ma una cosa [ cioè, aveva ottenuta ]: dimenticando le cose che sono dietro, e distendendomi alle cose che sono davanti. proseguo verso il segno, al palio della superna vocazione di Dio, in Cristo Gesù ».

Tutto per tutto: per amore di Cristo Gesù, mio Signore, cioè mio assoluto padrone. Bisogna dimenticare ciò che è passato; e proseguire. E' l'intera consacrazione di noi stessi, che, se confidiamo in Lui, Egli stesso compie in noi. Non ci sarà grave udire l'invito (Salmo 45: 10, 11) :

« Ascolta, fanciulla, e riguarda, e porgi l'orecchio; e dimentica il tuo popolo [ e non basta ], e la casa di tuo padre. E il RE porrà amore alla tua bellezza. Adoralo adunque, perciocchè egli è il tuo Signore ».

Capo II

INDICE Parte II

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IL CORPO AI PERCOTITORI (Isaia 50: 5)

Dalla infedeltà del popolo, il Signore passa a contemplare la fedeltà del Suo Servitore. Egli non vuole che ci allontaniamo da Lui, mai. « Dove è la lettera del divorzio di vostra madre, per la quale IO l'abbia mandata via? ». Ha Egli mandato via alcuno? E' l'uomo che si allontana, non è Dio che l'abbandona, benchè, qualche volta può lasciarci a stessi per un tempo. « Perchè, essendo lo venuto, non si è trovato alcuno, e avendo lo chiamato niuno ha risposto? ». Perchè? -Il perchè non spiegato lo si intende da quello che continua a dire: « E' forse la mia mano per alcuna maniera accorciata, da non potere riscuotere? O non vi è in me forza alcuna da potere liberare? »? - Questo, dunque, è il motivo dell'allontanarsi e del non rispondere al Padre che richiama a Lui gli erranti. Essi dicono o pensano, che è troppo grande il male; che sono andati troppo oltre; che, oramai, vi è più rimedio. Dicono ciò perchè non conoscono IDDIO. Non può LUI riscuotere, liberare? - Riscuotere: dunque, si è già nelle mani nemico che ha sopraffatto; liberare: dunque, si è già prigioni. Ma può, e vuole riscuotere, liberare.

« Ecco [Egli aggiunge] col mio sgridare Io secco il mare, lo riduco i fiumi in deserto ». Il mare dell'affanno, i fiumi inondanti che vogliono soffocarci. Indifferente, Lui, ai nostri affanni? - Lui che riveste i cieli di caligine, e mette un cilicio per loro coverta? - No. Non può essere differente. Colui che mette a lutto il cielo sulle nostre miserie, e che vuole ristorare, liberare.

IL SERVO - REDENTORE. E' Lui che parla ora: « Il Signore Iddio mi ha dato la lingua dotti », di quelli, cioè, che sono

ammaestrati, perchè si lasciano ammaestrare « per sapere parlare [ sostenere con parole] opportunamente allo stanco; Egli mi desta ogni mattina l'orecchio per udire come i dotti [quelli che sono ammaestrati] ». - « Il Signore Iddio mi ha aperto l'orecchio, ed Io non sono stato ribelle, non mi sono tratto indietro ».

Che gli ha detto, dunque, che fosse increscioso a udirsi, per potere essere ribelle, e tirarsi indietro?

Ammaestrato a soffrire, per potere aiutare. A misura che ode, Gli è indicato il cammino crescente di umiliazione. Ciò è ricordato, non solo per farci conoscere Lui, ma per dirci come noi dobbiamo ascoltare per essere di aiuto ad altri. « lo ho porto il mio corpo ai percotitori, e le mie guance a quelli che mi strappavano i capelli; lo non ho nascosto la mia faccia dalle onte, nè dallo sputo ».

Non è solo la morte in se stessa, ma i dolorosi preludii, e accompagnamenti. Il SERVO -REDENTORE non dice che ha accettato con rassegnazione, ma che « ha porto », offerto Lui stesso quel Corpo e quelle guance ai percotitori, e che non ha nascosta la faccia dall'onta e dallo sputo. Percosse, strappo di capelli, onte e sputo, prima della crocifissione: dolore e vituperio. Pesto di dolore; sformato nella fisionomia, da non essere più riconosciuto simile ad un uomo; reso di nessuna reputazione; e Lui si è presentato al martirio multiforme, senza nascondere il volto. Volontario, e, vogliamo aggiungere, allegro; perchè ogni percossa era un beneficio ad altri; quegli strappi ai capelli, erano profezia di abbellimenti ad altri; e l'onta e lo sputo preparavano la gloria ad altri.

Un Corpo per un altro Corpo. Per un popolo fuggente da Dio, perchè non ha fiducia di essere di Dio, Uno che corre, col

trasporto della gioia che danno le abnegazioni, e si presenta alla espiazione come dicesse: percotete, oltraggiate, sputate Me! Di certo che, essendo nella Sua umiliazione, ed essendosi reso soggetto al Padre, non ha in Sè la forza di soffrire ciò. Vi è la disposizione e la volontà; ma l'aiuto deve venire da Colui a cui si è reso ubbidiente: se no, che bisogno avrebbe avuto Lui di pregare?

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O mio fratello, non dimenticare, mai, l'umiliazione di Cristo; non cercare mai di presentare la Sua Potenza (innegabile) a spese della sua umanità.

Per presentare quel corpo ai percotitori ebbe bisogno di aiuto: ed ecco la profetica testimonianza, intesa a fare risaltare la Grazia di Dio.

« Ma il Signore Iddio è stato in mio aiuto; perciò, non sono stato confuso; perciò, ho reso la mia faccia simile ad un macigno, e so che non sarò svergognato ».

Si stancarono gli uomini di percuoterLo e oltraggiarLo, non Lui di essere percosso. Lui non venne meno; ed ogni colpo e strappo di capelli, Lo trovava più pronto e determinato. Quel volto doveva resistere; perciò divenne come un macigno.

Dice che non sarà svergognato. Come? E' ancora possibile svergognarLo? Lui, no; ma Egli ha un CORPO. La Chiesa Sua è chiamata ad essere percossa, avere capelli strappati, il volto coperto di sputi. Egli ha ottenuto vittoria, per lei, pel SUO CORPO. Non sarà confuso, perchè il Suo popolo non fuggirà dalla sofferenza, ed imparerà a udire, ad essere ammaestrato, ad avere, di mattino in mattino, l'orecchio aperto per essere adattato a confortare gli stanchi. E poi, a misura che è fedele alla commissione, sarà portato nella completa comunione della Sua umiliazione; e, ciascuno secondo la misura che gli appartiene, con crescente determinazione si presenterà alle percosse, strappo di capelli e sputi, senza nascondersi, ma offrendosi volontario. E non sarà confuso.

Per ogni linea di gloria ha preceduto una linea di umiliazione. Quel capo e volto luminoso ha sofferto: Così la Chiesa. Non sarà confusa la SUA CHIESA.

Ma la persecuzione sarà ostinata. Sia pure. Ecco, così prosegue la profezia: « Colui che mi giustifica è prossimo ». Egli, quando vuole, sa giustificare i Suoi: se non lo

fa, vale dire che il vituperio non ha raggiunto il limite massimo. Però Egli è vicino. - « Chi contenderà meco? ». Presentiamoci pure amendue insieme; chi è mio avversario? accostisi pure a me. Ecco, il Signore Iddio è in mio aiuto, chi mi condannerà ?

E la risposta è: NESSUNO. Tutto quello che la Chiesa è chiamata a soffrire è per un motivo superiore. Che tutti condannino; Lui assolve; che giudichino pure; Lui giustifica : Egli è vicino. Ci pare di leggere, in anticipazione, quello che un altro profeta scriverà più tardi (Romani 8 : 33, 34): « Chi farà accusa contro agli eletti di Dio? Iddio è quel che giu- stifica. Chi sarà quel che li condanni? Cristo è quel che è morto... ».

« Tutti coloro » - cioè gli accusatori - « saranno logorati come un vestimento, la tignuola li roderà ». Cioè, essi, da loro stessi, si esauriranno, e mostreranno le vesti loro logore e rose da tignuola. Toccherà al percosso di pregare per loro.

Però il cammino è per fede; e vi è l'appello della più grande fede al popolo che più soffre: « Chi è colui d'infra voi, che tema il Signore, che ascolti la voce del SUO SERVITORE? » Chi? - Risposta: La Chiesa - Suo Corpo, è.

Ebbene, quel tale, cioè la Sua Chiesa « Benchè cammini in tenebre, e non abbia chiarezza alcuna [ perchè tante volte tutto è scuro intorno] pur confidisi nel NOME del Signore, e appoggisi sopra l'lddio suo ».

Vi saranno di quelli che vorranno essi stessi forzare una luce, pur di allontanare le caligini delle prove; non possono rimanere sotto cieli rivestiti di caligine, e coperti di cilicio. Essi accenderanno un fuoco strano, e avranno faville; ma è il loro fuoco, alla cui luce camminano: giaceranno in tormenti.

Ma non è così del Suo Corpo che vive, non per questa cosa o quell’altra, ma per Lui, e che, anche all'oscuro, è contento di confidare e appoggiarsi a Lui. INDICE

Capo II

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INDICE

Parte III

IL CORPO DI CRISTO, SUA EDIFICAZIONE (Efesi 4: 12.16)

L 'intero capitolo è ricco di esortazione circa l'unità: Lo studio deve essere di serbare l'unità

dello spirito, per mezzo dell'unente legame della pace. Vi è un corpo unico, ed un unico Spirito, nella stessa maniera che noi siamo chiamati ad un unica speranza della nostra vocazione. Parimenti vi è « Un unico Signore, una fede, un battesimo; un Dio unico e Padre di tutti ».

Questa unità non è di individui, nè di operazioni: Iddio è unico, eppure vi è Padre, e Figliuolo, e Spirito Santo; la fede è unica, eppure ve n'è di tanti gradi. Il Battesimo è unico, eppure vi è Battesimo in acqua e Battesimo collo Spirito Santo, e col fuoco: Gesù, verso il termine della sua carriera, parlò di un Battesimo del quale doveva esser battezzato che non si poteva riferire nè alla immersione in acqua, nè al Battesimo dello Spirito Santo (Marco 10: 38). Parimenti la Chiesa, un Corpo unico. è composta di individui, avendo la varietà e unità. Lo scopo è di portarci alla unità, mantenendo la varietà dei doni e ministeri, perchè, come le membra del corpo non sono le stesse, ma cooperano al benessere generale, così deve essere della Chiesa.

La Grazia uguale nell’origine, non opera allo stesso modo in tutti, perchè a ciascuno è data secondo la misura del dono di Cristo: Vi è più grazia operante dove si fa più posto a Gesù Cristo. Egli ha dato doni agli uomini, e li ha dati, dopo che è sceso nelle parti sotterra, e poi è sallto in alto. Discese nelle parti più basse della terra: qualunque cosa signfichino queste parole « basse parti della terra », di cui Pietro fa cenno nelle sue epistole, è pure vero che Egli deve prima scendere in noi, nelle profondità del nostro essere e scoprire i fondamenti della terra in ciascuno di noi, per poi, dall'alto, spandere su di noi doni per ministrare agli altri. E' salito di sopra a tutti i cieli, acciocchè empia tutte le cose in tutti. Bisogna che rimanga Lui solo in ciascuno, sopra ciascuno di noi. Egli compie tutto: sulla croce ha compiuto tutto, ma l'opera sua va divenendo realtà a misura che siamo da Lui controllati. « Ed Egli stesso [ non altri] ha dato gli uni apostoli, e gli altri profeti, e gli altri evangelisti, e gli altri pastori, e dottori». Lui ha dato. Ciascuno sta bene al posto dove Lui l'ha messo; e non saprebbe, nè vorrebbe occuparne altro, se comprende il piano di Dio. Non vi può essere nè gelosia, nè invidia nel cielo perchè ognuno è adattato a desiderare e fare solo ciò che Lui vuole, perchè il suo diletto non è in altro che nella Sua volontà. Occorrono vari ministeri: la scelta è fatta da Lui, con la sapienza contro di cui non possiamo dire nulla. Quando capiremo, diremo che Egli ha fatto ogni cosa bene.

La varietà di ministeri è data in vista di uno scopo: leggiamo nella Diaglott: « Per la completa qualifica dei santi per [verso] l'opera di servizio; per [verso] lo edificare del Corpo del Cristo ».

Queste parole richiedono una riverente attenzione perchè additano una grande altura: il Signore ci aiuti a sollevare lo sguardo in alto, e farci vedere il suo piano.

Prima di tutto diciamo subito che questi ministeri, operanti in armonia non ci sono in nessuna Chiesa, al presente. E aggiungiamo che il segreto della vittoria è nell'avere i ministeri.

Lo scopo è: Perfetta qualifica dei santi per qualche altra cosa. Non solo i vari servitori aventi i differenti doni devono avere una piena qualifica; ma col

loro armonico ministerio, devono lavorare a che tutti i santi siano qualificati a servire. Vi è varietà di servizio nel Chiesa. Non ci sono membra oziose, in quel Corpo. Il servire stesso ha uno scopo.

Si badi che il Signore abbisogna di un corpo armonico, adatto a qu Capo perfetto che è Gesù Cristo: è necessaria armonia fra le membi come è armonia in Dio Stesso; dobbiamo essere UNO con Lui e tra noi come Lui è UNO col Padre, in uno stesso Spirito.

Il primo lavoro nella Chiesa non è verso quei di fuori, benchè lavoro santo; ma lo aggiustare il Corpo. Si noti che il Signore, il tempo maggiore coi suoi servi lo ha impiegato a prepararli: nella vita del Battista, trent'anni di preparazione, qualche anno di ministerio; forse, poco più di un anno;

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per Gesù, trent'anni di preparazione, tre anni o poco più di ministerio. Lo scopo finale è edificare il Corpo. Certo, quando Lui muove, dobbiamo testimoniare a tutte le genti; ma teniamo presente che lo scopo di una Chiesa, se è Chiesa di Dio, è che essa sia edificata a Corpo di Cristo.

Il Signore ha disposto, con ordinata carità, che non possiamo nemmeno godere il bene se non lo partecipiamo con qualcheduno: ora le grandi azioni abbisognano di molti piccoli servigi preparatori, e di accompagnamento. Nessuno può vantarsi di avere compiuto una cosa sola, tutta da solo: dovunque ci volgiamo, viviamo in mezzo a molteplici relazioni. Molti cominciarono e non compirono; molti hanno portato avanti quello che altri hanno cominciato. Iddio, nella sua sapienza, ha fatto dipendere l'uomo dall'uomo, e ciò è assolutamente più vero nella Chiesa. Alcuni Sono stati usati in modo straordinario. e sapremo al di là che furono incoraggiati dalle economie di qualche povera vedova. e più di tutto dalle agonie di preghiere di qualche servo o serva oscura. Chi scrive queste pagine non può vantarsi di una sola Cosa completa a mezzo di lui: se ha testimoniato di Gesù, qualcheduno. in modo misterioso, aveva preparato la via, poi, la sua testimonianza ha dovuto essere confermata da altri. Un'anima è lavorata da tante mani. che nessuno può vantarsi di nulla: Gesù è stato in tutte quelle mani. ed ha compiuto e va compiendo tutto in tutti.

Ma ciò non è ancora il soggetto del Corpo; Sono idee approssimative. Il Corpo di Cristo è un esercito di santi, che muove di pari consentimento. senza accordo

carnale. ricco di varietà. eppure uno. La idea migliore è di guardare al Corpo umano, per ammaestramento.

Le membra del corpo Sono legate da necessità; perciò operano tutte per uno, e uno per tutte: non si invidiano, nè si lamentano che stanno a servirsi. La mano che è sana corre a toccare con amore l'altra che è malata. e mai la rimprovera; il capo che è la parte più nobile non isdegna di occuparsi dei bisogni della parte più debole del corpo. Nelle malattie le energie di tutte le membra corrono in aiuto e a supplire forza dove vi è bisogno. Ricordo ciò che mi fece osservare un medico a pro- posito di un uomo molto malato e che aveva un'agonia lunga: disse che ciò dipendeva dal fatto che vi erano nel corpo organi che non erano stati intaccati, e che opponevano una forte resistenza. Se fa freddo. e tutto il Corpo non può avvicinarsi al fuoco, è contento almeno se una mano può riscaldarsi; essa ministra calore anche al resto. Meravigliosa è la relazione delle parti del Corpo.

Ma, nella chiesa visibile non è cosi. La regola è stata quella che avrebbe dovuto essere eccezione: le anime davvero disinteressate. e che vivono per gli altri, congioiscono nel bene, si addolorano per il male, queste anime sono poche: ci siamo più volte domandato il perchè. La risposta è: o che siamo ancora bambini. e non abbiamo in noi la rivelazione del misterio del Corpo; oppure che non siamo Corpo di Cristo, perchè non può esistere disarmonia, o non lo può a lungo fra varie membra dello stesso Corpo. Ancora non abbiamo capito che indeboliamo noi stessi nelle debolezze altrui, e che godendo del bene che il Signore ha operato a mezzo di altri, facciamo quel bene anche nostro. Vogliamo dire della realtà, perchè in tante cose siamo d'accordo nella teoria. Come tutte le membra del Corpo Cooperano a Soccorrere e coprire la miseria di alcuno di essi, ciò dovrebbe farci vergognare dello spirito farisaico con cui a volte ci intoppiamo verso i caduti. e ce ne vergognamo.

Il Signore ha un Corpo, ed esso si va formando, Forse non sarà Composto di quelli che si pensano di appartenervi, ma Egli ha il Corpo, lo sta unificando, a mezzo dei ministeri. II Corpo è stato, è in edificazione, continuamente. II suo destino è che deve essere perfetto, in armonia col Capo. Non è ancora, ma tende a quel fine.

II Suo piano è che ci dobbiamo scontrare tutti che apparteniamo ad esso corpo: « Nell'unità della fede, e della conoscenza del Figliuol di Dio, in uomo compiuto, alla

misura dell'età matura del Corpo di Cristo ». Il cammino del Figliuol dell'Uomo lo portò a Gerusalemme, a morirvi crocifisso. E il Corpo di Lui si compone di persone crocifisse, se non fiisicamente, certo nello spirito.

« Acciocchè non siamo più bambini, flottando e trasportati da ogni vento di dottrina... Ma che seguitando verità in carità, cresciamo in ogni cosa in Colui che è il capo, Cristo. Dal quale tutto il corpo ben composto, e commesso insieme per tutte [ non parte] le giunture della

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somministrazione, secondo la virtù che è nella misura di ciascun membro, prende l'accrescimento del corpo, all'edificazione di se stesso in carità ».

Nulla può crescere, se prima non è nato. Un corpo bambino abbisogna di sviluppo: corpo prima, sviluppo dopo. Ben composto, commesso insieme, per tutte le giunture! Ogni parte al suo posto, affinchè non ci siano mostruosità. La relazione non è tutta fra le membra, ma anche in rapporto al Capo. La somministrazione è reciproca, ma sempre in Cristo: tutti dipendenti da un solo, e indipendenti gli uni dagli altri. Nel crescere può sorgere qualche disarmonia, perciò, è detto che ciascun membro prende l'accrescimento in carità, la quale è il legame della perfezione.

Capo II INDICE

Parte IV

IL CORPO DI MOSE' (Giuda 9)

« Là dove l'arcangelo Michele, quando, contendendo col diavolo. disputava [ ragionava}

intorno al corpo di Mosè, non ardì lanciare contro a lui sentenza di maldicenza; anzi, disse: sgriditi il Signore ».

Che cosa è questo « Corpo di Mosè »? Non possiamo accettare la interpretazione che vorrebbe spiegare che la contesa fosse intorno

a che il diavolo volesse rivelare ai figliuoli di Israele il posto della sepoltura di Mosè: la Scrittura dice (Deuteronomio 34: 6): « E il Signore lo seppellì nella valle nel paese di Moab; e niuno, infino a questo giorno, ha saputo ove fosse la sua sepoltura ». Giacchè il Signore volle tenere celato quel luogo, ha potuto tenerlo nascosto alla conoscenza del diavolo: non è da credere che l'avversario conosca i segreti di Dio, ma che solo ne può scoprire tanto quanto Iddio stesso permette. Nessuno può contrastare la sovranità del Signore: vi sono cose che neppure gli angeli santi conoscono; e non è perciò a supporre che fossero scoperte ai demoni.

La interpretazione che il diavolo cercasse scoprire ciò che Iddio aveva nascosto, allo scopo di indurre il popolo all'idolatria, non è ragionevole. I Giudei non hanno mai adorato alcuno dei loro grandi uomini: i monumenti di Davide, di Abramo, non furono mai luoghi di idolatria. E, se così fosse stato che lo scoprire quella sepoltura avesse indotto ad idolatria, si farebbe dipendere questo peccato da una cosa materiale: il peccato non richiede la esistenza della cosa, ma è compiuto in ispirito. Se alcuno ha messo Mosè al posto del Signore, è stato idolatra, benchè non conosca il suo sepolcro.

Ben altra, dunque, era la ragione della contesa, o come letteralmente si traduce, del ragionamento fra i due arcangeli, l'uno santo, e l'altro caduto.

II contrapposto di « Corpo di Mosè » è « Corpo di Cristo ». I due corpi non devono confondersi. L 'epistola agli Ebrei, in modo più particolare che ogni altro scritto, ha per iscopo di mettere di fronte i due personaggi: Mosè e Cristo, le due case e i due Patti. Tutto l'assieme del Giudaismo, e leggi, e vecchio patto, sono il corpo di Mosè; come l’assieme del Nuovo Patto e della legge dello Spirito può raffigurarsi in una sola espressione: Corpo di Cristo, il popolo governato, preso per l'assieme delle leggi e regole che lo governano.

Disputava, o letteralmente, ragionava; insistiamo, e non per nulla, sulla letterale traduzione per uno scopo. Quale sia stato lo svolgersi della discussione tra i due, essa è anche figura di due popoli (DI DUE POPOLI...): quelli che vogliono ancora il « Corpo di Mosè », e quelli che vogliono il Corpo di Cristo. Intendiamoci: non si tratta di volere assolutamente, e solo, il corpo di Mosè, il che sarebbe errore evidente, ma mescolare il Corpo di Mosè e il Corpo di Cristo, cioè, il Giudaismo e il Cristianesimo, o per dire chiaramente, l'Antico e il Nuovo Patto. Non si può avere due corpi nello stesso tempo, nè vivere in due testamenti. O l'uno, o l'altro. Lo scrittore dell'Epistola agli Ebrei dice: « Noi abbiamo un altare, del quale non hanno podestà di mangiare coloro che

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servono al tabernacolo ». L' Altare è Cristo; il tabernacolo è il Giudaismo, compreso Mosè che ne fu il legislatore usato da Dio.

Nel tempo che la epistola veniva scritta, vi erano ancora tante cose del Giudaismo, tra cui i sacrifici, essendo ancora in piedi il tempio di Gerusalemme. Ma queste cose dell'Antico patto, erano invecchiate e prossime a cadere. Si leggano attentamente i capi otto e nove dell'Epistola, e si noti l'ultimo verso del capo otto, e poi in che si incentra la differenza dei due Patti, sia in quello di cui è detto in tutti i capi precedenti, i quali prendono tutta la legislazione antica, e il capo nove, che mette a fronte i due sangui.

Dunque, o Mosè, o Cristo. O tutto Mosè, o tutto Cristo. Uno dei più grandi nemici che ha avuto la Chiesa è stato, non il Giudaismo isolato, neppure l'ateismo, ma il volere mescolare i due « Corpi ». Un pericolo è tanto più grande, in quanto è atto a sedurre le menti. Il bagliore del monte della trasfigurazione spinse Pietro a dire che si facessero tre altari; un cumulo di umane persuasioni e di ragionamenti che paiono buoni, spinge, in ogni tempo, a mescolare qualche cosa di Mosè al Corpo di Cristo.

La contesa fra Michele e Satana fu ostinata; cioè, non fu potuta risolvere tra essi due. Michele, che aveva tutta la ragione, non volle maledire, ma rimise tutto a Dio, dicendo al diavolo: « Sgriditi il Signore ». Profeticamente ci insegna che quelli che sono Michele, cioè solo pel Corpo di Cristo, non possono sperare che essi riescano a vincere quello spirito che vuole mescolare i due Patti, e nè devono atterrire alcuno; ma, quando hanno detto con mansuetudine di sapienza ciò che devono dire. devono rimettersi al Signore, affinchè Lui, solo Lui, sgridi quello spirito satanico che vuole deviare le menti e distrarle dalla GRAZIA PURA che è solo, e sempre, in Cristo Gesù. La vittoria contro il peccato, non è stando sotto la legge di Mosè, o mescolando le due leggi, ma nell'assoluta dipendenza dalla Grazia di Dio (dalla GRAZIA DI DIO). Romani 6: 14. Insistiamo: dalla Grazia di Dio.

Che Satana discuta ed argomenti come voglia. L 'agire di Michele avverte che vi è un limite per ogni cosa. Dire al Signore che sgridi Lui. E in quanto a noi, proseguire il cammino con fede nella vittoria che è in Cristo, per quelli che amano Lui. Chi ha orecchio da udire oda.

Capo III

INDICE

MORTI RISUSCITATI (Colossesi 3: 1-4)

« Ma Egli disse ad un altro: Seguitami. Ed egli disse: Signore, permettimi che io prima vada

e seppellisca mio padre. Ma Gesù disse: lascia i morti seppellire i loro morti; MA TU va ed annunzia il Regno di Dio » (Luca 9: 59, 60).

Due popoli sono indicati in queste poche parole del Signore: i morti che devono seppellire i loro morti, ed il TU che deve annunziare il Regno di Dio. Quel « MA TU » stabilisce il vivo contrasto fra la vita e la morte. Sia « i seppellitori di morti » che quel discepolo, erano in vita, se- condo la carne, ma ai fini elevati, gli uni erano morti, l'altro era vivo. Uno dei nomi dati alla Chiesa è quello di discepoli; quel tale, dunque, era destinato alla Chiesa, al Corpo di Cristo.

Siccome il soggetto nostro è la Chiesa, non ci occupiamo, almeno al presente, di quelli che nel passaggio citato sono chiamati « morti ». Lungi da noi il pronunziare un definitivo giudizio contro di loro. In quel tempo erano morti; se il Signore avrebbe risuscitato anche loro o quale sarà il loro destino, non è rivelato. Ma, più in là, ci sarà dato, se il Signore ci aiuta, di occuparci della Chiesa in rapporto alle genti, e allora potremo dire qualche cosa al riguardo di quelli che non sono la Chiesa, ma pure sono nel piano di amore di Dio.

La Chiesa è un popolo di Resurrezione, di effettiva resurrezione. « Se voi siete risuscitati con Cristo, cercate le cose di sopra, dove Cristo è a sedere alla

destra di Dio. Pensate alle cose di sopra, non a: quelle che sono sopra la terra. Perciocchè voi

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siete morti, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo, che è la vita vostra, apparirà, allora anche voi apparirete con Lui in gloria. Mortificate, adunque, le vostre membra che sono sopra la terra... » (Colossesi 3: 1-5).

Nessuna logica di uomo si accontenterebbe di tali affermazioni, che paiono contraddittorie: da un lato, risuscitati, e dall'altro, in lotta colla morte. « Mortificate » significa : Mettere a morte. Ma Iddio ha la Sua logica; ed a misura che penetriamo nei Suoi misteri, ci sarà dato ragionare secondo il cielo, ed avere quel senso alle cose di sopra di cui Gesù fa cenno a Pietro.

Due pensieri sono chiari: che, pur essendo risuscitati, siamo, durante questa vita, in lotta continua; e l'altro, che nessuno può essere risuscitato, se prima non è morto.

Cominciamo dal secondo. La resurrezione suppone la morte che la precede. Quando è avvenuta questa morte? - Nel momento che abbiamo udito, per quelli che lo abbiamo udito, l'invito di Gesù di andare dietro a Lui, e abbiamo, assieme all'invito, compreso il patto, che, per seguire, dobbiamo rinunziare a noi stessi.

Se abbiamo fatto ciò, in quel momento, innanzi a Lui ed innanzi a noi stessi ci consideriamo morti alla vita del mondo, e vivi alla vita del cielo. Quel penitente, Sant' Agostino, incontrò, dopo la sua conversione, una persona con cui aveva avuto relazioni di peccato: chiamato più volte per nome, dapprima non rispose; poi disse: Agostino è morto. E' la sentenza di morte che abbiamo noi stessi data a tutto ciò che è passato, per vivere, d'ora innanzi, non più a nostro piacere, ma secondo il Signore. Tali sono i risuscitati. - Abbiamo accettato quella MORTE; siamo partecipi, fin da ora, di quella RESURREZIONE. Un'illustrazione di ciò si ha nel capo decimo dei Fatti degli apostoli. Pietro così predica nella casa di Cornelio (Fatti 10: 40, 41) : « Esso [Gesù] ha Iddio risuscitato nel terzo giorno, ed ha fatto che Egli è stato manifestato. Non già a tutto il popolo, ma ai testimoni in prima da Dio ordinati, che abbiamo mangiato e bevuto con Lui, dopo che Egli fu risuscitato dai morti ». Un giorno apparirà a tutti; ma, chi Lo vede prima nella resurrezione sono i discepoli, la Chiesa. Essi Lo avevano seguito ai giorni della Sua carne; ed avevano, per quanto avevano potuto, assaporato qualche cosa delle persecuzioni sofferte da Gesù. Essi perciò, ebbero l'onore di vedere risorto Lui, che avevano amato, mentre era vissuto come uomo fra loro.

Quando Ponzio Pilato udì l'accusa dei Giudei che Gesù si era fatto Fìgliuolo di Dio, ebbe per un momento il coraggio di volerLo liberare, se davvero fosse stato Figlio di Dio. Ma Gesù non rispose alla domanda; perchè Egli si manifesta in potenza a coloro che Lo accettano nell'umiliazione. Quelli che Lo riconoscono come Figliuolo dell'Uomo Lo vedono come Figliuolo di Dio, nella potenza della resurrezione. Come Figliuolo dell'Uomo, ci addita la morte in croce, per la quale devono passare i discepoli. Non è morte che avviene tutta di un colpo, la quale sarebbe meno dolorosa; il crocifisso è morto, perchè la sentenza è data; ed è morente, perchè spira lentamente. Morto, eppure è vivo, vivo, eppure è morto.

Per capire qualche cosa di ciò, bisogna tornare spesso colla mente a quella morte. Crocifisso fra due malfattori, esposto in ignominia in luogo elevato, vicino ad una strada di passaggio, in giorno di gran festa : deriso e vilipeso da molti; udente l'insulto che scendesse di croce. Rimase al SUO posto, e vi spirò.

Quello che è avvenuto a Lui, si ripete, in parte, secondo la misura data a ciascuno, nella Chiesa. Chiunque che è parte di quel corpo. dovrà, almeno in ispirito, sperimentare la lunga morte in croce. Gli insulti peggiori sono quelli che si ricevono dal così detto popolo di Dio, proprio come fu per Gesù. Siamo chiamati a parere stolti ai nostri proprii occhi, perchè il martirio è consumato nel luogo detto del TESCHIO (Golgota): la crocifissione della mente. Se alcuno vuole essere savio secondo Iddio, deve divenire stolto secondo l'uomo. E ciò costa più che le sofferenze fisiche, specialmente agli intelletti che hanno goduto qualche reputazione, e sono stati disciplinati a pensare.

PENSARE - Ma, la parola citata (Colossesi 3): dopo il CERCARE le cose del cielo, ci dice: PENSATE le cose di sopra. Cercare, pensare. « Perciocchè voi siete morti, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio ».

« Se fai coteste cose, palesati al mondo » (Giovanni 7: 4) era il consiglio di umana prudenza che i fratelli rivolgevano a Gesù. Ma, col Signore è l'opposto: il santo è chiamato a vivere una vita nascosta. Non che debba nascondersi la testimonianza di Lui, quando lo Spirito Santo muove a

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darla, no; ma nascosti in ciò che può essere dei nostri diritti. Esternamente, i santi appaiono come gli altri uomini, e, spesso, peggiori; devono essere contenti di sapere che Iddio li conosce. Ama di essere nascosto, ha detto un santo antico.

Cristo è la nostra vita: cioè, abbiamo tanto di vita quanto abbiamo di Lui in noi. Egli è nascosto al mondo: quando Lui apparirà, allora anche noi appariremo in gloria. Non solo dell'apparire definitivo, ma, di ogni volta che Lui vuole apparire a mezzo di alcuni di noi. E, intanto, siamo chiamati ad una vita di MORTIFICAZIONE.

Viviamo tra due immagini, tra due uomini; il primo ed il secondo Adamo; e, « come abbiamo portato l'immagine del terreno, porteremo ancora l'immagine del celeste » (I Corinti 15: 49). Siamo come messi in mezzo a due quadri. La vecchia immagine (che diviene ogni giorno più odiosa) è davanti a noi; e, da altro lato, acquista sempre più attrazione la immagine del Figliuolo di Dio. Quando (diciamo noi, sospirando) saremo, non solo per fede, ma praticamente liberi della prima, e ripieni solo della seconda? E cresce, da un lato, l'odio alla carne nostra, e dall'altro, l'amore alla Giustizia di Gesù Cristo. Nqn ci contentiamo più dei doni, ma vogliamo esser simili a Lui.

Agli appelli delle cose vecchie dobbiamo rispondere, riconoscere che siamo morti. Morti al peccato. « Reputate che siete morti al peccato: ma che vivete a Dio in Cristo Gesù, nostro Signore » (Romani 6: 11).

La vittoria è tutta per Grazia, cioè dipendendo sempre, passo passo, solo da Lui; ma il conflitto è acuto e continuo: tanto che, mentre viviamo in questo corpo, ci pare di perdere la vita che è vita. - Mi sento morire mentre vado vivendo - esclamava la Mistica Spagnuola, Santa Teresa. Una vita ne mette in pericolo un'altra. Perciò sappiamo che, a misura che siamo mortificati in carne, siamo ravvivati in ispirito.

Un popolo di resurrezione del quale Gesù è la vita. - Il tuo fratello risusciterà, disse Gesù a Marta, e lei rispose: lo so che risusciterà nell'ultimo giorno. -Gesù le disse: « lo sono la Resurrezione e la vita; chiunque crede in me, benchè sia morto vivrà. E chiunque vive e crede in me, non morrà giammai in eterno. Credi tu questo? » Egli, dunque, è la Resurrezione. Morti con Lui, risuscitati con Lui: dipendendo da Lui, sperimentiamo la potenza della Resurrezione.

Tale virtù si manifesta anche nei nostri corpi mortali. « Se Lo Spirito di Colui, che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, Colui che risuscitò Cristo dai morti vivificherà ancora i vostri corpi mortali » (Romani 8: 11). « Abramo credette in Colui che risuscita i morti, e fu invigorito dando gloria a Dio » (Romani 4: 17, 20).

San Paolo ricorda come era stato in gran dubbio eziandio della vita, anzi, aveva in se stesso la sentenza di morte; e ciò era avvenuto affinchè non si fosse confidato in se stesso, ma in Dio che risuscita i morti (2 Corinti 1 : 9).

Di tanto in tanto pare che arriviamo alla fine di noi; ed il Signore ci risuscita in isperanza viva.

Una delle preghiere dell'apostolo Paolo per la chiesa di Efeso è che conosca l'eccellente grandezza della Sua possanza, la quale ha adoperata in Cristo, avendoLo suscitato dai morti (Efesi 1: 19, 20). E nel finale della stessa lettera esorta i fratelli a fortificarsi nel Signore, e nella forza della Sua possanza, la quale non è altro che la potenza della resurrezione.

La Chiesa, dunque, è un popolo risuscitato; ed è chiamata a vivere la vita della resurrezione. Nella prima a Timoteo 3: 16, si legge :

« E senza veruna contraddizione, grande è il misterio della pietà: Iddio è stato manifestato in carne, è stato giustificato in ispirito, è apparito agli angeli, è stato predicato ai Gentili, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria ».

Annunziato agli angeli. E' profittevole il meditare sulla relazione di Gesù coi discepoli dopo la resurrezione. Furono solo quaranta giorni, e sappiamo ben poco: apparve più volte in modo inaspettato, e poi sparì da loro. Degli ammaestramenti che diede loro sappiamo quasi nulla, perchè ne abbiamo il riassunto in poche parole nel capo primo dei Fatti: furono comandi per lo Spirito Santo. Comandò loro di attendere in Gerusalemme la promessa del Padre. « Voi riceverete la virtù dello Spirito Santo il quale verrà sopra di voi, e mi sarete testimoni, e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea, e in Samaria, infino alla estremità della terra ».

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« E, dette queste cose, fu elevato, essi veggendolo, e una nuvola Lo ricevette e Lo tolse d'innanzi agli occhi loro ».

La scarsità della narrativa sui quaranta giorni, che pure dovettero essere ricchi di ammaestramenti; i brevi comandi, preceduti e seguiti da subitanee apparizioni, sono una lezione di come deve essere per la Chiesa la vita della resurrezione. Annunziato agli angeli (messaggeri) avverte che dobbiamo vivere come angeli, i quali toccano la terra, senza contaminarsi in nulla di terreno. Da quando la vita di Cristo è venuta in noi, è cominciata la vita nuova della resurrezione, per cui siamo cittadini di un altro paese, e ci consideriamo qui soltanto di passaggio. Qui non abbiamo una città continua, ma ne aspettiamo una futura. E intanto, come quelli che visitano un luogo per breve tempo, e sospirano il ritorno alla contrada natia, noi sospiriamo di partire da questo corpo, per essere sempre col Signore. La gravitazione terrestre ci attirerebbe verso le cose di quaggiù; ma una legge più forte, cioè una superiore gravitazione, la forza della resurrezione, fa sorgere noi su noi stessi, portando e riportando le aspirazioni verso il Cielo, non per il Cielo stesso, ma verso Colui che 1'anima nostra ama, e di cui già abbiamo cominciato a sperimentare la potenza di vita, essendo che, morti con Lui, siamo con Lui risuscitati. Pel risorgere di questa vita di risurrezione, possiamo resistere alle forze nemiche, ed attendere la completa e finale Redenzione.

Capo V

INDICE

CASA DI DIO (2 Samuele 7: 13; Ebrei 3: 2. 6; Cantico dei Cantici l: 4; Luca 10: 38-42)

Quel canto del deserto che è il Salmo 90, comincia colle parole: «O Signore, Tu ci sei stato

un abitacolo in ogni età ». Mentre non avevano casa sulla terra, erano richiamati al ricordo che la casa dei santi è Iddio stesso.

Ma quello che più fa meraviglia è che Iddio stesso ha voluto una casa, come se l'Universo, di cui è il Creatore, non Gli bastasse. Nel secondo libro del profeta Samuele, al capo settimo, leggiamo che Davide aveva desiderato edificare una casa al Signore, ma fu informato a mezzo del profeta, che il Signore avrebbe suscitato uno della sua progenie dopo di lui :

« Egli edificherà una CASA al MIO NOME ». Nel capo terzo dell'Epistola agli Ebrei, sono messi a fronte due personaggi: « Considerate l'Apostolo e Sommo Sacerdote della nostra professione, Gesù Cristo, che è fedele a Colui che Lo ha costituito, siccome ancora fu Mosè in tutta la casa di esso. E ben fu Mosè fedele in tutta la casa di esso come servitore, per testimoniare delle cose che si dovevano dire. Ma Cristo è sopra la CASA SUA, come Figliuolo; la cui CASA siamo Noi, se pur riteniamo ferma sino alla fine la libertà, e il vanto della speranza ». Parrebbe che fosse la stessa casa; ma le parole dette da Davide, che fu dopo Mosè, puntano ad un edificio nel futuro, dopo la morte di Davide. La casa nella quale Mosè servì, fu pure del Signore, ma una figura soltanto della Casa, che è la Chiesa.

CASA. - Una delle più dolci parole dell'umano linguaggio. La lingua inglese ha due parole per descriverla, una che si traduce comunemente casa (house) e l'altra è « home », che non si può tradurre con una parola sola. « Home » si riferisce piuttosto, allo assieme di affetti e vita riserbata che è proprio nel seno della famiglia. L'idea è della vita ritirata, intima, di fronte alle asprezze della vita. Dopo la lotta del,giorno, l'operaio, stanco, rientra in casa, e si riposa nel conforto ed affetto della famiglia. Non è necessario che stia in guardia per ogni parola e movimento; oramai è in casa.

Questa intimità è una pallidissima immagine di quello che Iddio attende di trovare nella Sua CASA. Egli che ha creato il cuore coi suoi affetti, non può Lui stesso essere senza cuore; e Lui pure ha cercato una casa, nella quale potesse entrare quando che Gli piacesse, per trattenersi neÌla intimità di un popolo che, meglio di altri, Lo comprende e Lo ama. Interessato in tutta la Creazione, Egli trova il suo diletto speciale nel mezzo dei suoi santi. Perciò, mentre Lui è la nostra casa, noi siamo la Sua casa. Uno scambio di abitazione. il profeta Geremia fa uno dei più teneri appelli al

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Signore, affinchè si fermi ad abitare permanentemente col Suo popolo (Geremia 14: 8): « O Speranza d'Israele, suo Salvatore, in tempo di distretta; perchè saresti nel paese a guisa di fore- stiere e come un viandante, che si riduce in un albergo per passarvi la notte? ».

Il lamento non è intorno a quello che il popolo non ricevesse, il Signore era stato sempre un aiuto, speranza e salvezza; ma non si fermava ad abitare. Immaginiamo qualche grande benefattore correre in aiuto di una comunità che lui ama, spendendo la giornata in fatiche, ma che, quando arriva la notte, non si sente di prendere alloggio con nessuno, e va in cerca di un albergo, come se fosse un povero viandante. - Non vi era casa per lui. -

Ci sono qua e là, molte figure che dicono cosa sia, per Lui, cercare una casa; ma forse, la più tenera, è la relazione di Gesù con la casa di Betania (Luca 10: 38-42):

« Ora mentre essi erano in cammino, avvenne che Egli entrò in un castello; e una certa donna per nome Marta lo ricevette in casa sua. Or ella aveva una sorella, chiamata Maria, la quale ancora postasi a sedere ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola. Ma Marta era occupata intorno a molti servigi. Ed ella venne e disse: Signore, non ti cale egli che la mia sorella mi ha lasciata sola a servire? dille, adunque, che mi aiuti. Ma Gesù, rispondendo disse: Marta, Marta, tu sei sollecita e ti travagli intorno a molte cose. Or d'una sola cosa fa bisogno. Ma Maria ha scelto la buona parte, la quale non le sarà tolta ».

Benchè amendue le sorelle possano essere tutte e due parte della Chiesa, pure, in quel momento, sono figure di due case, e di due popoli. L'una vedeva, ed esagerava un po' di lavoro esterno; l'altra, che non era 1a padrona di casa, si occupava di ascoltare il Pellegrino sul cui volto leggeva quello che nessuno sapeva intuire. Maria era come la casa che accoglieva Gesù. Ed Egli apriva l'anima sua a quella silenziosa ed attenta ascoltatrice. Gesù si sentiva in casa. Il lamento di Marta era un disturbo. Ci viene da pensare alle parole del Cantico dei Cantici: « lo vi Scongiuro, figliuole di Gerusalemme, che voi non isvegliate l'amore mio ». Le figliuole di Gerusalemme del Cantico dei Cantici, sono figura di un popolo non ancora pervenuto alla maturità del riposo, e che si agita, ed agita come Marta, nel passaggio sopra ricordato.

In una altra occasione, Gesù stesso si invitò a casa di qualcuno: « Zaccheo, Egli disse: scendi giù prestamente, perciocchè oggi ho ad albergare in casa tua. Ed egli scese prestamente e lo ricevette con allegrezza ». Vi erano molte case di uomini religiosi; ma il posto intimo fu la casa di Zaccheo.

Casa, anche luogo di ammaestramento ai discepoli (Matteo 13: 36): licenziate le turbe se ne ritornò in casa, e i suoi discepoli vollero dichiarata la parabola delle zizzanie. E' notevole il ricordo che Gesù lasciò di sè, negli ultimi giorni della sua vita, in rapporto a questa linea. In Matteo 21 : 17, leggiamo: « E lasciateli. uscì dalla città verso Betania, e quivi albergò ». Non casa per Lui in Gerusalemme: specialmente verso la fine. Betania gli offriva l'albergo. E fu a Betania, in casa di un tale Simone lebbroso che Maria (la stessa che aveva ascoltato), venne coll'alberello di olio odorifero di grande prezzo, e lo sparse sopra il capo di Gesù, mentre era a tavola. I discepoli non avevano capito, ma lei aveva veduto il termine di Lui, e aveva preparato il meglio per la sua imbal- samatura. Quell'anima era come l'intimità della casa. Dopo la resurrezione, l'ultima scena coi discepoli fu a Betania. « Li menò fuori fino in Betania; e, levate le mani in alto, li benedisse. Ed avvenne che mentre Egli li benediceva, si partì da loro, ed era portato in cielo ».

Betania (casa dei datteri, come significa la parola) è simbolo della Chiesa, nell'aspetto intimo della Casa che riceve, con allegrezza e devozione, il Figliuolo dell'Uomo. Altrove Egli è andato per operare miracoli, predicare; i nemici gli sono attorno spiandolo, ma, in Betania vi è un'anima aperta che Lo ascolta, e prepara l'olio odorifero di gran prezzo, per profumare Lui sulla via della Croce.

Iddio ha cercato una casa. Nessuno avrebbe saputo edificargliela. Ha mandato il Suo Figliuolo; ed Egli che sa cosa sia non trovare albergo, ha cominciato a preparare una casa che risponde al piano di amore, dove Iddio possa parlare, essere ascoltato e compreso. Mentre tanti non Lo comprendono, e Lo cercano solo pei beneficii che ricevono, vi è un popolo, che, dimentico di se stesso, vuole vivere solo per il Signore. E Lui scende in quelle anime, e le va allargando, con

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meraviglia delle anime stesse. « Il Re mi ha introdotto nelle sue camere ». Egli stesso ci va mostrando i varii scompartimenti dell'anima nostra; come Lui li va occupando, l'anima non conosce altra gioia che la presenza di Lui, ed Egli stesso, sentendosi in casa sua, fa un convito a chi lo ospita:

« Egli mi ha introdotta nella casa del convito, e l'insegna che Egli mi alza è amore ». (Cantico dei Cantici 1: 4; 2: 4).

Capo V INDICE

EDIFICIO. TEMPIO DI DIO

(l Corinti 3: 9-17)

Mentre la parola Casa fa pensare alla intimità della comunione. edificio si riferisce al lavoro per mettere assieme le pietre del Tempio, e Tempio è la parola che ha più diretto rapporto all'adorazione. Lo stesso edificio è chiamato Casa, e Tempio in 1 Re 6. -Non può essere Tempio, se prima non è Casa, e nè rimanere Casa se non è Tempio,

Il Signore che ci invita alla intimità, vuole che siamo dei veri adoratori. « Ora quando la Casa fu edificata, fu fabbricata di pietre, che erano state portate acconce a perfezione, come avevano da essere; talchè nè martello, nè scure, nè alcun altro strumento di ferro, non fu sentito nella Casa, mentre si edificava » (I Re 6: 7).

Mentre, dunque, è vero che un popolo può considerarsi Casa e Tempio, per il destino che lo attende, non è Casa fino a che si sente il rumore di strumento di ferro. L'assettamento di pietra sopra pietra fu fatto nel luogo del Tempio, ma la preparazione delle pietre fu altrove. Molte opere che noi abbiamo chiamate chiesa, o non sono tali addirittura o ancora non sono pervenute allo stato di potere essere chiamate Casa, Tempio di Dio. Quelle pietre che erano state ben ridotte, sotto i colpi dello scalpello, venivano portate già acconce. Dunque, vi è un lavoro, spesso duro, di preparazione!

L'Apostolo Paolo, scrivendo ai Corinti (l Corinti 3: 9-17), dice : « Poichè noi siamo operai nell'opera di Dio, voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio. lo, secondo la grazia che mi è stata data, come savio architetto, ho posto il fondamento, ed altri edifica sopra; ora ciascuno riguardi come egli edifica sopra ». Il fondamento è Cristo. Su di esso alcuni edificano oro, argento, pietre preziose, i durevoli metalli del tempio, ed altri, legno, fieno, stoppia. gli elementi della vanità umana.

Un edificio di materie infiammabili va subito su, ed inganna l'occhio, ma non resiste alla prova del fuoco, laddove la costruzione in oro, argento e pietre preziose è lenta, faticosa, e non mostra molto volume; ma è durevole. Quel vano desiderio che hanno tanti di mostrare subito risultati, non è secondo Iddio; perciò tali non sono operai di Dio. L 'uomo che serve Lui, è modesto, e si affatica solo per risultati permanenti.

L'Apostolo, dopo a vere messo di fronte le due opere, aggiunge : « Non sapete voi che siete il Tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se alcuno guasta il Tempio di Dio, Iddio guasterà lui; perciocchè il Tempio del Signore è santo, il quale siete voi ».

La parola tradotta « Tempio », nel testo è detta in due modi; una è « leron » che significa l'edificio materiale, l'altro è « Naon » che significa il lato spirituale. Nel versetto citato è usata la parola spirituale (Naon).

Il Signore è geloso del Suo Tempio. E' ricordato che due volte Egli purificò il tempio di Gerusalemme. In Giovanni 2: 14-19 leggiamo: « E trovò nel tempio (leron) coloro che vendevano buoi, e pecore, e colombi; e i cambiatori che sedevano. Ed Egli fatta una sferza di cordicelle, li cacciò tutti fuori del tempio, e sparse la moneta dei cambiatori, e riversò le tavole. Ed a coloro che vendevano i colombi disse: Togliete di qui queste cose; non fate della Casa del Padre mio una

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casa di mercato ». Quando gli domandarono un segno, rispose: « Disfate questo Tempio (Naon) e in tre giorni IO lo ridirizzerò ».

Ciò che è Suo, e deve rimanere Eterno, deve passare attraverso la morte ed essere risuscitato. Dunque, il Tempio di Dio, di cui Gesù è la più potente personificazione, si compone di un popolo ucciso e risuscitato: ma Egli comincia col cacciare fuori da ciascuno tutto ciò che è estraneo o usato male. Questa è la ragione perchè vediamo, spesso, rovesciate tante cose e tanti interessi nella nostra vita. Egli purifica il Suo Tempio.

La seconda purificazione avvenne al termine del Suo ministerio. Leggiamo in Matteo 21 : 12 e 13 - e questa volta, il rimprovero fu più duro: « Egli è scritto la mia casa sarà chiamata Casa di adorazione, ma voi ne avete fatta una spelonca di ladroni ». Il male si era andato aggravando; gli edifici del Tempio erano stati profanati. Perciò quella casa rimaneva desolata, e destinata ad essere diroccata senza che restasse pietra sopra pietra.

Tutto ciò che profana il Tempio deve andare giù. Quel Personaggio misterioso di cui si parla in 2 Tessalonicesi 2: 4, è così descritto: « L'avversario che si innalza sopra chiunque è chiamato Dio, talchè siede nel Tempio di Dio; mostrando se stesso, e dicendo che egli è dio ». Quali che siano le varie interpretazioni su questo misterioso soggetto. non dimentichiamo che noi, nella nostra carne, siamo i più grandi nemici del Tempio di Dio. Senza perdere di vista ciò che è al futuro di questa profezia, è chiaro che in ognuno di noi, presto o più in là, si manifesta qualche cosa che tende ad usurpare il posto che appartiene a Dio solo. Ed è un conforto sapere che Lui l'abbatterà col fiato della sua bocca, e lo distruggerà. L 'esame accurato di noi stessi, è la migliore maniera di pro- fittare degli avvisi della profezia. Fino a che siamo in questa tenda, siamo tentati dalla nostra carne; ma lo Spirito del Signore la fa stare in silenzio, se siamo sottomessi a Lui. « Il Signore è nel Tempio della Sua santità; fa silenzio per la sua presenza, o terra tutta » (Abacuc 2: 20).

I capitoli 40-47 di Ezechiele sono stati, per chi scrive, tra le pagine più misteriose della Scrittura. Di quale Tempio e di quali sacrifici si parla? Nessuna spiegazione è stata soddisfacente, fino a che non abbiamo capito che quel Tempio è la Chiesa, e individualmente, ciascun membro di essa. Comincia con misure piccole, fino a che si arriva alla descrizione di un edificio di colossali dimensioni. Noi siamo molto più vasti di ciò che possiamo apparire; abbiamo capacità ricettive di bene e di male, le quali sono capaci di molta espansione. A misura che diamo luogo al Signore, Egli si allarga in noi, occupando una camera dopo l'altra, e tutto diviene sacro, e consacrato a Lui. Nel tempio veduto da Ezechiele sono una folla di servitori, che si muovono ciascuno in ordine perfetto. L 'anima nostra, posseduta da Dio, con tutte le sue facoltà è messa al Suo servizio; Iddio apre le sue fonti in ciascuno di noi, e cantiamo con grazia del cuore: suonatori e cantori sono in noi. Che immensità diveniamo noi, a misura che cediamo a Lui! E come ci andiamo arrendendo, non pos- siamo noi rimanere in noi. Il termine « fuori di sè », non è del tutto male applicato, quando si riferisce ad uno che vuole davvero vivere in Dio. Egli diviene nostro centro. Entra Lui in noi, e noi gettiamo noi fuori di noi.

Quando fu edificato il Tempio di Gerusalemme, figura così espressiva della Chiesa, e di ciascuno che la compone, è ricordato:

« Avvenne che come quelli che suonavano con le trombe, e quelli che cantavano, facevano unitamente risonare un medesimo concento, lodando e celebrando il Signore; e alzavano la voce con le trombe, coi cembali e cogli altri strumenti musicali, e con lodi al Signore, dicendo che Egli è Buono, e che la Sua Benignità è in eterno, la Casa del Signore fu ripiena della nuvola della Casa del Signore; talchè i sacerdoti non potevano stare in pie' per fare il servigio, per cagione della nuvola; PERCIOCCHE' LA GLORIA DEL SIGNORE AVEVA RIEMPIUTA LA CASA DI DIO »(2 Cron. 5: 13, 14).

L'uomo, anche il più santo, cessa, e Dio è tutto. Le cose della terra sono copie, ma il modello è nel Cielo. Apriamo l'ultimo libro della Scrittura, il quale, con tanto significato è chiamato: la

Rivelazione di Gesù Cristo. Ogni nuova linea di rivelazione a cui Giovanni è portato, è profezia di ciò a cui deve pervenire la Chiesa, a misura che procede. Alla fine del capo undicesimo leggiamo:

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« E il tempio di Dio fu aperto in cielo, e apparve l' Arca del Patto d'Esso nel SUO TEMPIO; e si fecero folgori, e suoni e tuoni, e tremuoto, e gragnuola grande ».

Il capitolo ha descritto mali tempi sulla terra. Non erriamo se diciamo che la più grande confusione è nel campo religioso. Ed è a questo punto che all'anima la quale, come San Giovanni, ha seguito il piano di Dio, il Signore apre il suo cielo, e mostra che, mentre sulla terra non si sa più dove identificare la Chiesa, e le Sue cose, là, in alto, tutto è in ordine. Le anime del Cielo vivono, e adorano in alto. E l'Arca, simbolo della presenza di Gesù, è al suo posto, cioè nel Suo Tempio.

Ma non è ancora il massimo della Rivelazione: egli è trasportato in ispirito sopra un grande ed alto monte, e gli è mostrata la gran città, la santa Gerusalemme che scendeva dal cielo, d'appresso a Dio, che aveva la gloria di Dio.

L'Apostolo, seguendo la descrizione della città, ad un punto, così esclama: « Ed io non vidi in essa alcun tempio; poichè il Signore Iddio Onnipotente e l' Agnello è il Tempio di essa » (Apocalisse 21 : 22).

Non sono annullate le rivelazioni precedenti. La Chiesa, di cui il Tempio è una figura, è e sarà una realtà. Ma Giovanni, che è parte di essa, arrivato a quella statura, è assorbito solo dalla gloria del Signore, e vede l' Agnello, Colui che si fece vittima del Tempio terreno, per acquistare il Tempio celeste. E lo vede con attenzione così intensa, come se il Tempio fosse sparito, e dice che l'Agnello stesso è il Tempio della santa città.

Capo VI INDICE

UN GIARDINO DI PIANTE NOVELLE

(Cantico dei cantici 4: 12.16)

Nella benedizione di Isacco a Giacobbe, tra le altre, si leggono queste parole: « Ecco l'odore del mio figliuolo simile all'odore di un campo. Iddio, dunque, ti dia della rugiada del cielo, e delle grassezze della terra, ed abbondanza di frumento e di mosto ». San Paolo, nella Prima Corinti, al capo terzo dice: « Voi siete il campo di Dio ».

La Chiesa è un campo, dove il Signore lavora. Nella visione e consacrazione di Isaia (capo sesto) il rimanente è paragonato alle querce, che

hanno fermo il piede in loro stesse; e, in altro luogo del medesimo libro, il Signore, parlando ad un popolo affinato per sofferenze, dice: « Saranno chiamati querce di giustizia, piante che il Signore ha piantate per glorificare Se stesso ».

Nel Salmo introduttore ai Salmi, così è descritto l'uomo che prende il suo diletto nel Signore: « Egli sarà come un albero piantato presso i ruscelli di acqua, il quale rende il suo frutto nella sua stagione, e le cui frondi non appassano ». Stende silenzioso le radici verso l'acqua, e non teme l'arsura.

Intendiamo parlare di alberi buoni. che sono riconosciuti dai loro frutti. Essi sono coltivati dalla Mano sapiente. Non sempre appaiono belli al di fuori. L 'albero ha le sue stagioni: quando non mostra foglie e nè fiori, non cessa però di vivere; chè, anzi. allora cresce di vita nascosta, perchè è d'inverno che le radici approfondiscono dippiù.

Nel Cantico dei cantici, il paragone è a piante novelle, le quali sono chiuse come in orto serrato, e formano un giardino. Piante speciali che hanno avuto una coltivazione speciale. Sono serrate come in un orto, protette da un muro di cinta. E' un giardino che non è esposto all'occhio dei passanti, perchè è serbato per un Sovrano. « O Sposa, sorella mia. tu sei un orto serrato, una fonte chiusa, una fontana suggellata ». Tutto è raccolto. « Le tue piante novelle sono un giardino di melagrani, e d'altri alberi di frutti deliziosi, di piante di cipro e di nardo; di nardo e di gruogo; di

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canna odorosa e di cinnamomo, e d'ogni albero d'incenso; di mirra e d'aloe, e d'ogni più eccellente aromato ». Melagrano, frutto raccolto in piccoli semi tenuti bene insieme. E una varietà di piante odorose, ciascuna di un valore speciale, e di cui, lo assieme, dà un profumo che non è di nessuno di loro in particolare, ma la combinazione di tutti i migliori odori. Profumi per odore, e frutti per cibo. Non è, nè solo cibo, e nè sola adorazione.

La Chiesa non tiene per sè l'appellativo » fonte ». E' stata chiamata fonte chiusa, ma lei riconosce che ben altri è la fonte, e perciò così si rivolge allo Sposo: « O fonte degli orti, o pozzo di acque vive, o ruscelli correnti giù dal Libano! ». Fonte, pozzo, ruscelli, le varie maniere per dare acqua; sempre procedente da Uno solo. E prosegue con una richiesta che sembra strana: « Levati aquilone, e vieni Austro; spira per l'orto mio, e fa che i suoi aromati stillino ».

Due venti opposti, l'uno freddo, e l'altro caldo. Il giardino vive per mezzo di tale contrasto: il freddo che raccoglie e ritira la vita dentro, e il caldo che la manifesta di fuori. La vita della Chiesa è piena di varie esperienze, e lei lo sa tanto bene, che è lei stessa che richiede che spirino questi due venti. Sa che questo contrasto farà del bene: gli aromati stilleranno, e quindi saranno raccolti per il profumo. E, in quanto ai frutti, non vuole che restino sugli alberi più di quello che è necessario per maturarsi: « Venga », ella continua a pregare, « venga l'amico mio nel suo orto, e mangi il frutto delle sue delizie ». Non rimanga frutto oltre del tempo, perchè sarebbe perso. Colui a cui tutto appartiene, venga e lo colga.

Dopo che abbiamo ubbidito al Signore, e, per la grazia sua, operato qualche cosa, il meglio che possiamo fare è di pregare Lui che colga quel frutto. Noi non possiamo contemplare noi stessi: la superbia o I'avvilimento invaderebbero l'anima. L'uomo non può portare nè bene e nè male. Se ha errato, bisogna ricorrere a Lui affinchè perdoni e ristori; se ha fatto bene, dire a Lui che lo tolga dalla nostra mente, acciocchè non se ne faccia un idolo.

In quell'altra grande figura della Chiesa che è la povera vedova, la quale ricevè l’ordine di versare, dal piccolo oriolo, olio nei vasi vuoti, vi è il comando del profeta di fare portare altrove i recipienti già pieni, affinché lei rimanesse sempre con un vaso vuoto da riempire. E’ a questo punto che si può fallire dopo aver sofferto pel Signore; cioè al volere tenere sotto i nostri occhi i frutti che sono Suoi, perché non vi è frutto in noi che non l’abbia prodotto Lui.

L Chiesa è chiamata ad una vita nascosta e fruttifera. Si deve vedere tanto di lei, di quanto piace a Lui che sia veduto. Solo così, non ci sarà pericolo.

Non possiamo fare a meno di riferire due altre figure di alberi e frutti. Nel capo diciassette deim Numeri leggiamo che il Signore parlò a Mosè, dicendo: « Parla ai

figliuoli d’Israele, e prendi da loro una verga per ciascuna nazione paterna; dodici verghe, e scrivi il nome di ciascuna di esse sopra la sua verga. E scrivi il nome di Aaronne sopra la verga di Levi [ la tribù sacerdotale ]. Poi riponi quelle verghe nel tabernacolo della convenenza. E avverrà che la verga di colui che Io avrò eletto germoglierà, e così acqueterai i mormorii dei figliuoli d’Israele, coi quali mormorano contro a voi… E il giorno seguente, ecco la verga di Aaronne era germogliata; e aveva messo gemme, e prodotto fiori, e maturate delle mandorle ».

Fiori, gemme, mandorle. Molte vite hanno soltanto fiori, promesse di qualche cosa che non matura mai; altri arrivano sino alle gemme, e altri, se hanno qualche mandorla, non danno speranza di qualche frutto immediato. Fiori, gemme e frutti sono continui nella Chiesa, se essa vive nella presenza del Signore, anche durante la notte delle sofferenze.

Nel capo quarantasette di Ezechiele, il profeta è comandato di valicare un torrente. Pei primi mille cubiti, le acque gli arrivavano alle calcagna, ai secondi mille cubiti, fino alle ginocchia, alla terza misura gli arrivavano fino ai lombi; ed agli ultimi mille cubiti, le acque erano cresciute, tanto che si potevano solo passare a nuoto. Dpo la quarta esperienza Ezechiele fu fatto ritornare lungo la riva del torrente, ed ecco « un grandissimo numero di alberi in sulla riva del torrente di qua e di là ». Soltanto, ripetiamo, dopo le quattro esperienze di vita santificata nei piedi, nelle ginocchia, nei lombi, simbolo di forza, e da ultimo immersa tutta nello Spirito Santo, solo allora si vedono gli alberi. Ecco la promessa: « E presso il torrente, in sulla riva di esso, di qua e di là, cresceranno alberi fruttiferi d’ogni meniera, le cui frondi non appassiranno, e il cui frutto non verrà giammai

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meno; ai loro mesi produrranno i loro frutti primaticci; perciocché le acque di quello usciranno dal santuario, e il frutto loro sarà per cibo, e le frondi per medicamento ».

Egli ci fa alberi, ed è Lui stesso chiamato albero della vita. Apriamo l'ultimo capitolo della scrittura. Arrivati a quella statura vediamo Lui albero, e

possiamo capire ciò che attende da noi, suoi alberi. « Poi, egli mi mostrò un fiume puro d'acqua di vita, chiaro come cristallo, il quale

procedeva dal trono di Dio e dell' Agnello. In mezzo della piazza della città, e del fiume procedente di qua e di là, l'albero della vita, che fa dodici frutti, rendendo il suo frutto per ciascun mese; e le frondi dell'albero sono per la guarigione delle genti ». Frutto secondo i tempi, e per ogni tempo. Le frondi per guarigione delle genti. Intanto, la Chiesa deve capire che Dio ama tutte le genti.

Nel ricordo della Chiesa apostolica leggiamo che la gente portava gl'infermi per le piazze, e li metteva sopra letti e letticelli, acciocchè, quando Pietro venisse, l'ombra sua almeno adombrasse alcuni di loro (Fatti 5: 15). Di Paolo leggiamo: « E Iddio faceva delle non volgari potenti operazioni per le mani di Paolo. Talchè eziandio d'in sul suo corpo portavano sopra gli infermi degli asciugatoi. e dei grembiuli; e le infermità si partivano da loro, e gli spiriti maligni uscivano di loro » (Fatti 19: 11, 12). Ciò, per dimostrare la influenza silenziosa di una vita santa.

Eppure vi sono malattie più gravi che quelle del corpo. Le anime sono malate. A misura che diveniamo alberi di Dio, e siamo tenuti come Lui ci vuole, porteremo frutti

alla gloria di Dio; e, senza nemmeno accorgercene, spanderemo una salutare influenza intorno a noi, che andrà a beneficare le genti malate le quali ancora non conoscono il Signore.

Capo VII

INDICE

MONTE DI DIO

« Oh! fendessi tu pure i cieli. e scendessi. si che i monti colassero per la tua presenza ». « lo alzo gli occhi ai monti. per vedere onde mi verrà aiuto. Il mio aiuto verrà dal Signore che ha fatto il cielo e la terra ».

« O monte di Dio, o monte di Basan, o monte di molti gioghi, o monte di Basan! Perchè saltellate voi, o monti di molti gioghi? Iddio desidera questo monte per sua stanza ». - « Nel monte del Signore sarà provve- duto » - « Elia camminò quaranta giorni e quaranta notti fino in Horeb, monte di Dio ».

« Or avverrà negli ultimi giorni che il monte della casa del Signore sarà fermato nel sommo de monti »; « Queste bestie in tutto il monte della mia santità non faranno alcun nocimento ».

« Egli mi menò nel paese d'Israele, in visioni di Dio; e mi posò sopra un monte altissimo ». « Ed Egli, veggendo le turbe, salì sopra il monte; e, postosi a sedere, i suoi discepoli si accostarono a Lui ».

« E sei giorni appresso, Gesù prese seco Pietro, Giacomo, e Giovanni, e li condusse sopra un alto monte in disparte ».

« Ed egli mi trasportò in ispirito sopra un grande ed alto monte; e mi mostrò la gran città, la santa Gerusalemme, che scendeva dal Cielo, d'appresso a Dio ».

« Monte di Sionne » - simbolo di fortezza, luogo sicuro, per l'anima che si rifugia in Dio. Monti, monte. Ai monti è opposto il Monte. I monti andranno giù, e rimarrà solo il Monte.

Monti stanno per superbie; Monte, per la Chiesa. E' necessario che i molti monti siano abbattuti, per rimanere un solo Monte. La Chiesa è chiamata a vivere sul monte.

In Isaia 11, dopo che il profeta ha detto di Gesù, il rampollo del tronco d'Isai, e la pianterella che spunterebbe dalle sue radici, mette a contràsto due qualità di animali: Da un lato, il lupo, il leoncello, I'orsa, il leone, I'aspido, il basilisco; e, dall'altro, l'agnello, il capretto, la vacca. Tutti e due queste classi di animali sono figure; i primi della carne, e gli altri della vita nuova. Questi

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animali stanno assieme, ma ben distinti, ciascuno col suo nome: non vi è pericolo che il lupo sia scambiato per pecora. Inoltre, gli animali nocivi non possono fare nessun male sul Monte della Santità del Signore: E' a quell'altura che vengono, prima conosciuti, e poi tenuti a posto da un piccolo fanciullo, dalla nuova vita. Tutto ciò avverte che solo chi vive in alto, nel nascondimento del Signore, è sicuro di non essere danneggiato. L 'altezza del monte avvicina al cielo, e stacca l'animo dalla terra. Diciamo del monte di Dio.

Il monte è simbolo di sacrificio. Fu su un monte che Abramo andò ad offrire Isacco. e gli fu indicato un montone come sostituto. Monte, simbolo di posto ove si può udire distintamente la voce sommessa e sottile dello Spirito Santo. Fu in Horeb che Elia udì di nuovo la voce di Dio, ed ebbe la commissione stesa a vasto ministerio. Monte, posto di ammaestramento: Gesù con la moltitudine era stato sul piano; e, senza mandarla via, salì sopra il monte, si mise a sedere, e i suoi discepoli si accostaronoa Lui, ed Egli li ammaestrò, in quel discorso che è conosciuto col nome di sermone sul monte. Fu su un monte altissimo ed elevato, che Egli andò coi tre discepoli per farli testimoni della venuta del Regno di Dio con potenza.

Fu su un monte elevato che Ezechiele fu trasportato in ispirito, e su un monte pure alto fu trasportato, pure in ispirito, San Giovanni, e vide la Nuova Gerusalemme che scende dal cielo. Tutto il libro immenso del profeta Isaia si aggira intorno a questa idea maestra: l'abbattimento di ciò che è carnale per stabilire quello che è di Dio, a vista e consolazione di tutte le genti. Ed una delle figure spesso ripetute è: monti, e monte.

Del vasto soggetto, per concentrare l'attenzione, scegliamo due passaggi che sono nel Cantico dei cantici.

« Finchè spiri l'aura del giorno, e che le ombre se ne fuggano, io me ne andrò al monte della mirra, e al colle dell'incenso » (Cantico 4: 6). La Chiesa si vede circondata di pericoli e di tenebre che non può scacciare, e prende un fermo consiglio di come spendere il tempo, infino a che spunti l'aura del giorno. L 'aura del giorno è simbolo dell'apparire della Stella Mattutina, cioè del ritorno di Cristo, sia del definitivo ritorno, e sia di ogni ritorno con cui Egli visita i suoi eletti. Il luogo scelto è un monte, ed un colle vicino al monte. Il monte della mirra, ed il colle dell'incenso. Mirra ed incenso, profumi simbolici; il primo della croce, e l'altro dell'adorazione. La Chiesa vuole vivere contemplando Gesù al monte Calvario, e poi passare al colle dell'adorazione, per offerirgli l'in- censo dell'adorazione. Solo chi contempla Gesù in sul monte del sacrificio, può offrire incenso sul colle dell'adorazione. E, solo chi adora, può continuare a contemplare quel Benedetto Signore, di cui non conosceremo mai abbastanza l'umiliazione e passione. Perciò, la Chiesa ha deciso di vivere in alto, non nelle alture della superbia, ma nel posto dove si impara a soffrire l'ignominia ed essere pronta, sull'esempio del Redentore, a divenire un pubblico spettacolo. Cioè: essere veduta, non per vanità, ma per non vergognarsi di Colui che fu crocifisso in un luogo vicino ad una grande strada, in giorno di concorso, a vista di molti passanti.

La città che è posta sul monte, non può essere nascosta: Col tempo, le genti non possono fare a meno di essere illuminate dalla luce della sua testimonianza.

La Nuova Gerusalemme, veduta in alto, ferma sull'altura di tutti i monti, è figura stupenda della Chiesa, che sarà centro di attenzione a tutto l'universo.

Ed è sui monti che lei aspetta il ritorno dello Sposo: « Riduciti prestamente, o amico mio, sopra i monti degli aromati », Sono le ultime parole

del Cantico dei cantici. Vivendo tra le due alture, del Golgota, e dell'adorazione, lei avrà imparato che Lui tornerà,

questa volta, sui monti di profumi; e perciò sarà occupata a fare ascendere i profumi di adorazione. Due monti si elevano del continuo verso l'alto: uno. quello del peccato. per cui la Babilonia

manda un peccato dietro all'altro, fino a che scendano i giudizi di Dio. E' un lungo tempo che, tante volte passa. senza che le male opere ricevano il loro castigo..

Ma, altresi lungo. spesso. è il tempo, prima che i giusti siano esauditi: ogni cosa deve raggiungere il suo compimento. Preghiere dietro preghiere, fino a che l'ultima supplica raggiunge il trono di Dio. E, adorazioni su adorazioni, sempre elevando il monte degli aromati, fino a che esso arrivi al massimo limite a cui Iddio ha destinato, e allora il Signore tornerà.

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Verso quale monte lavoriamo noi? Nulla va perso. Perciò. se viviamo sul Monte del sacrificio. e dell'adorazione. ogni sospiro e slancio di adorazione, si eleverà verso l'alto. unito ai sospiri di tutto il Suo popolo; e un giorno Egli aprirà i cieli e scenderà sulla nuvola di gloria, sul monte degli aromati.

Capo VIII INDICE

L E D U E C I T T A'

(Salmi 48, 87; Apocalisse 16: 19-18; Isaia 65: 17-25)

La Chiesa è anche presentata sotto la figura di una città. Abramo aspettava la città che ha i fondamenti e il cui Architetto e costruttore è Iddio. - Di fronte a questa invisibile città, e in formazione continua, è descritta un'altra città. I nomi delle due sono Gerusalemme (visione di pace), e Babilonia (confusione). Solo l'origine di Babilonia è ricordata, laddove ignoriamo l'origine terrena di Gerusalemme.

Quando diciamo Babilonia, non dobbiamo riferirci a ciò che chiamiamo « mondo ». II mondo è stato piuttosto tipificato dall'Egitto, laddove Babilonia fa piuttosto pensare alle pretese e confusioni religiose.

Le prime notizie si leggono nel capo decimo della Genesi: 8-10. « E Cus generò Nimrod. Esso cominciò ad essere possente nella terra. Egli fu potente cacciatore nel cospetto del Signore; perciò, si dice: Come Nimrod, potente cacciatore nel cospetto del Signore. E il principio del suo regno fu Babilonia ». Un altro cenno di essa è nel capo undicesimo, nella storia della torre di Babele. Quell'edificio che pretendeva di arrivare fino al cielo, testimonio della umana superbia, non potè essere finito, perchè il Signore confuse i linguaggi. Le notizie più diffuse di Babilonia si hanno nel libro di Daniele, specialmente nel capo terzo. Nebucadnesar, il re più potente di cui abbiamo la storia, fece una statua d'oro d'altezza di sessanta cubiti, e la rizzò nella pianura di Dura, nella pro- vincia di Babilonia. Ordinò una festa, e che, ad un dato segnale, tutti si prostrassero davanti alla statua. Conosciamo il coraggio dei tre Ebrei, e come il Signore li liberò dalla fornace del fuoco. Tutto ciò, mentre descrive avvenimenti storici, è simbolo di quello che avvenne di poi, e ancora avviene attorno al popolo di Dio, insidiato del continuo da Babilonia, Le notizie più diffuse le abbiamo nell' Apocalisse dai capitoli 16 al 18. - E' una città piena di splendore, e che forma la meraviglia dei potenti della terra. - Il centro del messaggio è nel capo 18: 4: « Poi udii un'altra voce dal cielo, che diceva: Uscite d'essa, o popolo mio; acciocchè non siate partecipi dei suoi peccati, e non riceviate delle sue piaghe. Perciocchè i suoi peccati son giunti l'uno dietro all'altro infino al cielo, e Iddio si è ricordato delle sue iniquità ».

L’avere voluto, come è stato fatto da molti, troppo individualizzare le profezie, ridurle o al passato, o serbarle per l'avvenire, o limitarle a certi luoghi, e certi gruppi di persone, è uno dei mezzi principali che il nemico usa per addormentare la chiesa visibile, nascondendole i pericoli che la circondano. Babilonia è più vicina che non si creda ad ogni radunanza religiosa, anzi ad ogni individuo che vuole servire il Signore. La storia dei tre giovani Ebrei nella pianura di Dura, sfidati a prostrarsi davanti alla immensa statua d'oro, si ripete negli spiriti. Tutto è combinato per indurre a tale adorazione; la folla immensa; i grandi; il comando del re; lo splendore della statua; il suono di strumenti musicali, e la minaccia della fornace del fuoco. Di fronte a ciò è la costanza di tre per- sone disposte a tutto, fiduciose nell'intervento divino per liberarle, ma disposte anche ad essere bruciate vive, se piacesse al Signore che testimoniassero di Lui colla morte. Il messaggio: « Uscite », è l'invito che il Signore dà a tutti i fedeli, dopo che hanno conosciuto che cosa sia Babilonia. Non è un uscire di luoghi, perchè non sono i luoghi che ci fanno santi; ma da una condizione interiore. Il

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Visibile che splende. colorato di un po' di forme religiose, appaga le anime leggere, che non hanno fatto patto col Signore.

Uscire di Babilonia per entrare dove? La parola di Dio è ricca nei cenni ad un'altra città. Sappiamo che la Gerusalemme terrena è soltanto figura della celeste, e sappiamo anche che Gerusalemme è fallita. La sua storia si può riassumere in queste parole di Gesù Cristo: « Non conviene che alcun profeta muoia fuori di Gerusalemme. Gerusalemme, Gerusalemme che uccidi i profeti, e lapidi coloro che ti sono mandati... » (Luca 13: 33, 34). Pure, leggiamo in altra parte della scrittura che il Signore dice: « lo vi consolerò. a guisa di un fanciullo che sua madre consola; e voi sarete consolati in Gerusalemme » (Isaia 66: 13).

Uccisi in Gerusalemme. consolati in Gerusalemme. Uccisi dalla Gerusalemme che è venuta meno, ma è sempre ricca di pretensioni, ed è la più alleata di Babilonia. Ristorati nell'invisibile Gerusalemme. Sono anche due altri simboli. Gerusalemme terrena, simbolo della lettera che uccide; e l'altra, dello Spirito che vivifica.

Per concentrare il messaggio sceglieremo pochi passi nella scrittura. Chi legge i libri di Esdra e Neemia ha davanti il quadro di una città rovinata, e che deve

sorgere dalle ceneri. Due cose, più di tutto. attraggono l'attenzione: il centro della città e le mura. Nel capo terzo di Esdra. versi 2 e 3 leggiamo: « Allora Iosua figliuolo di Iosadac, si levò su coi sacerdoti suoi fratelli; e riedificarono l' Altare dell'lddio d'Israele. per offerire sopra esso olocausti... E rizzarono l'altare sopra la sua pianta, perchè avevano spavento dei popoli vicini ».

Siccome erano circondati di nemici. la cosa che si sarebbe dovuta fare, secondo l'uomo, sarebbe stata di provvedersi di fortezze; ma. secondo Iddio, era di rizzare subito l'altare, simbolo di Gesù Cristo, nella sua passione. Prima di ogni altro, la città di Dio deve avere Gesù nel suo centro.

Dopo rizzato l'altare, quegli Ebrei reduci dall'esilio. celebrarono la festa dei Tabernacoli, per ricordare che erano un popolo pellegrino. E dopo diedero mano alla edificazione del tempio.

Il libro di Neemia è il ricordo eroico di un santo uomo. che lasciò i comodi del suo ufficio di coppiere appo il re di Persia. per correre in aiuto della città in rovina. La storia del libro è quasi tutta intorno alla costruzione delle mura. L 'opera andò avanti in mezzo a difficoltà, di dentro e di fuori; ma le mura furono costruite. Si noti l'esame che Neemia fece delle rovine. girando attorno attorno, di notte; si noti la maniera di distribuire le varie responsabilità a gruppi speciali. per posti speciali. Ciascuna parte di muro, di fronte ad una porta. Si noti la vigilanza e la pietà che accompagnarono l'opera; l'armonia tra i diversi operai, e l'avviso di darsi il segno col suono della tromba.

Una città abbisogna di mura. Davide, nel Salmo 51, tra le ultime preghiere dice: « Fa del bene a Sionne per la tua benevolenza; edifica le mura di Gerusalemme ». Non è a supporre che al tempo di quel re, vincitore di tanti nemici, la città fosse senza mura materiali. Ben altre mura sono innanzi all'occhio del re - profeta. « Allora ». così continua - « prenderai piacere in sacrifici di giustizia, in olocausti, e in offerte da ardere interamente; allora si offeriranno giovenchi sul tuo Altare ». Di nuovo l' Altare. Si comincia coll'innalzare Gesù Cristo, e dopo le mura, si torna a Lui per offerirgli un'adorazione perfetta. Senza mura ciò non era possibile.

Le mura sono la prima parte della città ad affrontare il nemico, Gesù Cristo è Lui stesso un muro di fuoco intorno alla città, ma anche i santi maturi sono muro. Geremia così grida nelle sue lamentazioni (E Gerusalemmè terrena era già distrutta, quando egli scriveva): « O muro della figliuola di Sionne, spandi lagrime giorno e notte a guisa di torrente; non darti posa alcuna; la pupilla dell'occhio tuo non resti. Levati, grida di notte, al principio delle vegghie delle guardie » (Lamentazioni 2: 18, 19). Era un muro a protezione di un popolo errante.

Su quel muro il Signore ha costituito delle guardie, alle quali ha dato commissione di non stancarsi, ma di gridare al Signore giorno e notte, e non dargli mai posa, infino a che abbia stabilita, e rimessa Gerusalemme in lode nella terra (Isaia 62: 6, 7).

Signore, edifica le mura di Gerusalemme.

* * *

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Non possiamo fare a meno di riferire dai Salmi alcune immagini gloriose di questa città: « II Signore è grande e molto glorioso nella città dell'lddio nostro... la città del gran re... Come avevamo udito, cosl abbiamo veduto nella città del Signore degli eserciti, nella città dell'lddio nostro... ». Il Signore ci invita a considerare: « Circuite Sionne, e andate attorno a lei, contate le sue torri. Ponete mente alle bastie, mirate l'altezza dei suoi palazzi » (Salmo 48).

La città è insidiata da nemici: « Vadano pure e vengano la sera, rumoreggino come cani, e circuiscano la città » (Salmo 59: 14). Ma non può essere smossa : « II fiume, i ruscelli di Dio rallegrano la sua città. Iddio è nel mezzo di lei, ella non sarà smossa; Iddio la soccorrerà allo schiarire dell'alba » (Salmo 46: 4, 5).

Il Salmo 122 è preghiera per il bene della città: « O Gerusalemme, i nostri piedi sono fermi nelle tue porte. Gerusalemme che sei edificata come una città che è ben congiunta insieme. Là ove salgono le tribù... Richiedete la pace di Gerusalemme; prosperino quelli che ti amano. Pace sia nelle tue fortezze, e tranquillità nei tuoi palazzi » (Salmo 122),

E altrove: « Il Signore ama le porte di Sionne, sopra tutte le stanze di Giacobbe. O Città di Dio, cose gloriose sono dette di te ». Questa città attirerà popoli sprezzati: « lo mentoverò Rahab, e Babilonia, fra quelli che mi conoscono; ecco i Filistei e i Tiri insieme con gli Etiopi, dei quali si dirà: Costui è nato quivi... E cantori e suonatori, e tutte le mie fonti saranno in te » (Salmo 87).

Anche Babilonia. Eppure altrove è scritto (Isaia 14: 22) : « lo mi leverò contro a loro. dice il Signore degli eserciti; e sterminerò a Babilonia nome e rimanente, figliuolo e nipote, dice il Signore ». Come adunque, il Signore annovererà anche Babilonia fra quelli che Lo conoscono? Vi è popolo che a noi pare di Babilonia, ma che nello spirito. appartiene alla città di Dio; come vi è molto popolo che si vanta di essere città di Dio, ed è Babilonia. Le due città sono un po' confuse, e Dio solo le conosce.

* * *

In una maniera a noi invisibile e misteriosa. il Signore lavora verso il perfezionamento della Sua Città. Lavoro in ispirito, fatto, prima, in ciascuno degli abitatori di essa, e poi, nell'assieme: « Ecco, lo creo nuovi cieli e nuova terra, e le cose di prima non saranno più rammemorate... Ecco io creerò Gerusalemme per essere tutta gioia. Ed io festeggerò di Gerusalemme, e mi rallegrerò del mio popolo, e in quella non si udirà più voce di pianto, nè voce di strido. Non vi sarà più da indi innanzi, bambino di pochi giorni, nè vecchio che non compia la sua età... Ed edificheranno delle case, e vi abiteranno, e pianteranno delle vigne, e ne mangeranno il frutto... Non si affaticheranno più invano, e non genereranno più a turbamento... E avverrà che avanti che abbiano gridato, io risponderò... Il lupo e l'agnello pastureranno insieme, e il leone mangerà lo strame come il bue; e il cibo della serpe sarà la polvere; queste bestie in tutto il monte della mia santità non faranno danno nè guasto, ha detto il Signore » (Isaia 65: 11-25).

Volere mettere tutta questa profezia solo al futuro, ci priva di preziosi ammaestramenti nel presente. E' anche ora, a misura che Lui ci edifica, e fa in noi nuovi cieli e nuova terra, e ci edifica Sua Città, che noi sperimentiamo che non ci sarà lavoro invano. Tutto sarà in ordine e porterà il suo frutto. Il male che circonda da ogni parte, non potrà danneggiare coloro che vivono nella sua città.

« Ed io Giovanni vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, che scendeva dal cielo, d'appresso a Dio, acconcia come una sposa. Ed io udii una gran voce dal cielo che diceva: Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini, ed Egli abiterà con loro; ed essi saranno suo popolo, ed Iddio stesso sarà con essi Iddio loro... E Colui che sedeva in sul trono disse: Ecco, io fo ogni cosa nuova. Poi mi disse: Scrivi; perciòcchè queste parole son veraci e fedeli. Poi mi disse: E’ fatto...

E uno dei sette angeli... mi mostrò la gran città, la gran città che scendeva dal cielo d'appresso a Dio, che aveva la gloria di Dio... » (Apocalisse 21).

Il giorno viene per ogni anima, che davvero è consacrata a Lui, che non cerca più la chiesa in questo o quel gruppo, nè in alcun luogo sulla terra. Il Signore dà la vittoria su noi stessi, e su quello che ne circonda. Si avvererà ciò che Lui ha promesso nell' Apocalisse 3: 12: « chi vince io lo farò una colonna nel tempio dell'lddio mio, ed egli non uscirà mai più fuori, e scriverò sopra lui il

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nome dell'lddio mio, e il nome della città dell'Iddio mio. della Nuova Gerusalemme che scende dal cielo, d'appresso all'lddio mio, e il mio nuovo Nome ».

Dobbiamo averlo scritto nel cuore, il nome di quella città, prima di andarci definitivamente ad abitare. INDICE

Capo IX

NUOVO PATTO

Parte I (Colossesi l: 20)

« Riconciliarsi, per Lui, tutte le cose: così quelle che sono sopra la terra, come quelle che sono nei cieli ».

Il valore del sacrificio di Gesù Cristo è illimitato; prende tutta la creazione e la fa nuova. Il capo primo della Genesi è il ricordo della creazione materiale; letto, alla luce del Nuovo Patto, è la creazione spirituale, di cui la creazione materiale fu figura ed immagine.

Il sangue del Figliuolo di Dio ha valore anteriore alla legge Mosaica, perchè fa tutto nuovo in Cristo. Abbiamo udito alcuni dire: il sabato deve essere riverito ancora, perchè anteriore alla legge; altri ci insegnano che la « decima » non fu abolita, perchè pagata da Abramo, quindi prima di Mosè; ed altri che il divieto di mangiare il sangue è stato dato a Noè, cioè prima della legge Mosaica, quindi, a loro credere, ancora obbligatorio.

Ma, in Cristo, è tutto NUOVO. Nuova creazione; nuovo sabato; nuovo sacrificio; nuovo giorno; nuova legge; nuovo cibo;

nuovo metodo di offrire le offerte e di amministrarle, perchè, nel nuovo patto, ognuno è chiamato ad offrire secondo che è stato prosperato, anche spiritualmente, ed essere lui stesso sacerdote di Cristo, amministratore del Signore. E, gloria al Suo Nome: Nuovo SANGUE. Sentiamo la voce delle sue parole: Nuovo patto nel Sangue Mio. I sacrifici erano figure. Nuovo sacerdozio; nuova Gerusalemme.

La creazione del primo uomo è figura della creazione dell'uomo nuovo in Cristo, fino a che raggiunga, attraverso gli sviluppi dei vari « poi », la statura perfetta in Cristo.

La legge è venuta per Mosè; ma la Grazia e la Verità sono venutc per Gesù Cristo. La grazia è adombrata negli antichi libri, ma non è mai rivelata appieno. Nel libro di Rut la

parola GRAZIA si trova ripetuta più volte; ma è il Nuovo Patto, in Cristo che dà a conoscere e svolge il piano immenso della GRAZIA. In Giovanni l: 16,17, la parola VERITA' significa REALTA’. L'Antico Testamento è verità che è solo ombra di realtà in Cristo.

E' irriverente mettere in conflitto i due patti: Sapienza di Dio li fa armonizzare e comprendere ciascuno nel suo limite. La stessa DEITA’ li ha dati, tutti e due. Ma chi volesse, sotto pretesto di riverire, continuare ciò che è adempiuto, offenderebbe e non compiacerebbe Colui che ha parlato. L'Antico Testamento è Parola di Dio; però, adempiuta. Chi teme Iddio, deve, senz'altro, passare al Nuovo Patto, personificato in Gesù Cristo, perchè il Padre gli ha messo ogni cosa nelle mani.

II Nuovo Patto è GRAZIA. Non è mai chiamato PESO. Gesù Cristo si è caricato, Lui i pesi, e ci invita a prendere il suo giogo, che è DOLCE, e il suo carico che è LEGGERO (Matteo II: 30). Chi porta un peso, non è ancora libero; ma Gesù Cristo ci vuole liberi. I pesi sono parte dell'antica dispensazione, e furono prova. Tutto il Nuovo Testamento si può riassumere in un solo comando, che è detto anche « nuova legge » e tale comando è: « DIMORARE » in Cristo. Egli ci ha detto che « senza » di Lui non possiamo fare « NULLA ». Il fare, nel Nuovo Patto, è conseguenza del dimorare in Lui, frutto spontaneo senza sforzo umano, della vita di Gesù Cristo in noi.

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In Giovanni 15: 10, sono messi a fronte i due patti: I comandi del Padre furono adempiuti da Gesù. Noi siamo chiamati ad ubbidire ai comandamenti di Gesù. Ma, quali e quanti sono questi comandi di Gesù? Sono tutti quelli che Egli ci dà, volta per volta, per lo Spmto Santo. Egli comanda a mezzo dello Spirito Santo (Fatti 1: 2).

Di nuovo diciamo: non peso, ma grazia, perchè la stessa grazia che ci ha portati a Cristo ci dà forza di ubbidienza. Da Lui riceviamo grazia per ubbidienza (Romani 1: 5).

L'Antico Patto è anche chiamato « legge di comandamenti CARNALI ». Si legga Ebrei 7: 16.

La parola « CARNE » ha due principali significati: quella che si tocca - e in ciò, non è cattiva: è detto che nessuno ebbe in odio la propria carne; e volontà di uomo; in questo senso è cattiva. E' scritto che non dobbiamo odiare la nostra stessa carne.

Comandi carnali sono quelli a mezzo di cose visibili. Le cose non sono cattive in loro stesse, ma periscono. L' Antico Testamento era a mezzo di cose visibili; lavorava dall'esterno, perchè il popolo, minorenne, non poteva capire, avanti la venuta di Gesù, la vita dello spirito.

In Gesù è la vita interiore che è coltivata, perchè tutto il Nuovo Patto, come Colui che ne è il Capo, è a base di virtù di vita indissolubile. Dunque, il Nuovo Patto lavora da dentro. Il Signore pesa, non le azioni esterne, ma, gli spiriti e le intenzioni del cuore.

Noi, ancora bambini nei misteri di Dio, a volte ci inganniamo. Capita di vedere persone che non hanno commesso cose tanto gravi all'occhio nostro, e le quali perdono la Grazia; e, invece, altre che hanno (a volte) commesso cose gravi che noi giudichiamo mortali, e non muoiono, ma ricevono Grazia di ravvedimento. Noi abbiamo guardato l'esterno; il Signore ha pesato i motivi della vita di dentro.

* * *

Vi sono due minacce. Nell'Antico Testamento chi fa ciò che non deve farsi, o non fa quello che deve farsi, muore. Nel Nuovo Patto la morte e la vita dipendono dall'essere o non essere in Cristo.

Chi dimora in Lui non pecca, non vive peccando, perchè è impossibile dimorare in Cristo, e, nello stesso tempo, peccare. Se alcuno ha peccato torna subito al Signore, suo centro. Contro l'uomo che vive nel Nuovo Patto il peccato non ha forza. L'uomo, nel Nuovo Patto attende tutto dalla Grazia di Dio. E dipende dalla Grazia colui che si confessa continuamente debole; il tale è continuamente forte. Si noti la trionfante affermazione: « Perciocchè il peccato non vi signoreggerà; conciossiacchè non siate sotto la legge, ma sotto la grazia » (Romani 6: 14).

Ma, ci si dice: allora, nel Nuovo Patto non sono condannati gli atti esterni? Si, ma tali atti esterni sono conseguenza dell'avere perduta la comunione con Cristo. Tutto il peccato del Nuovo Patto è: Non Cristo in noi. Tutta la forza è: Cristo in noi. Con Lui si va alla gloria; senza di Lui si scende nell'abisso. La vita è essere in Lui; la morte è: il non essere in Lui. « QUESTA è la VITA ETERNA che conoscano TE... e Gesù Cristo che Tu hai mandato » (Giovanni 17: 3).

Chi di noi guardasse alla vita eterna sotto l'aspetto dei godimenti nel cielo. e non la incentrasse in Cristo, e chi si occupasse di spaventi per quello che si soffre oltre tomba, e non mettesse, centro del suo spavento e timore, il Signore stesso che egli può affliggere col peccato, mostra di non avere compreso il cuore di Dio, e di vivere sotto la legge, e non sotto la Grazia. Pei santi, LUI è ogni bene; e pure è vero che ci saranno godimenti. Senza di Lui, è ogni male; e pure ci sono le pene pei ribelli.

II Cantico dei cantici, espressione della UNIONE e COMUNIONE della Chiesa collo SPOSO, non parla nè di godimenti, nè di pene. La presenza di Lui è tutto; l'assenza è pena insopportabile alla Sposa. Perciò, non dobbiamo trasportare le minacce dell' Antico Testamento nel Nuovo Patto.

« Nuovo sacerdozio e nuova legge » (Ebrei 7: 12). Siamo guidati per lo Spirito Santo. Gesù diede, e dà comandi per lo Spirito Santo. Guarda a Gesù, e capirai i Suoi comandi.

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Il risultato della nuova legge si vede da Galati 5: 22. Frutto dello Spirito, che ha lavorato dal di dentro. Contro a quel frutto non vi è legge. II male è chiamato « opera » della carne. La carne, se ha la via, non può operare altro che male. Perciò chi vive sotto il controllo della carne, muore. L'opera della carne è condannata, perchè ha radice nel cuore, ed è frutto di concupiscenza interiore. E' la concupiscenza che ha generato il peccato (Galati 5: 19, 21). Se alcuno mangia per ghiottoneria, pecca, non per la cosa che mangia, ma per il come mangia. II peccato di Eva è tracciato a tre sorgenti: Vide; e lo vide dilettevole; e lo desiderò, per avere intelletto.

Quale che sia il vasto significato di quel frutto e di quel comando, è certo che in quel peccato, come in ogni peccato, si riscontra la linea della concupiscenza. Triplice è la concupiscenza: quella della carne, quella degli occhi, e la superbia della vita. Dove tale concupiscenza è assente non vi è peccato.

Ci accadrà più volte, di trovare ostacolo nel nostro cammino, perchè, all'aspetto, si vedrà che siamo diretti a Gerusalemme. E allora, ci è facile desiderare che scenda un fuoco spettacoloso dal cielo, e consumi gli oppositori. Ma, la risposta del Signore agli zelanti discepoli, ci terrà sobrii: « Voi non sapete di quale spirito voi siete ». Erano nel Nuovo, e intanto cercavano di vivere, ancora, nello spirito del vecchio patto.

Non è che siano più spiriti; ma sono diverse operazioni dello stesso Spirito, secondo il vecchio, o nuovo patto. Fu il Signore che fece scendere fuoco dal Cielo, allora. Ed è il Signore che ci comanda di perdonare ed amare, e non vendicarci; e, nella discussione della dottrina del Signore, usare mansuetudine di sapienza. Dove ciò mancasse, è facile vedere che sarebbe mancante lo Spirito del Nuovo Patto. INDICE

Capo X

NUOVO PATTO

Parte II Lo scopo dell’epistola agli Ebrei è di mettere a raffronto i due patti, e fare risaltare alla mente di un popolo che era in pericolo di tornare al Giudaismo, la eccellenza del Nuovo Patto sull’Antico. Qualche cosa abbiamo detto nel capo precedente. Notiamo rapidamente alcuni altri punti:

Ebrei 8: 7-13: « Poichè se quel primo [patto] fosse stato senza difetto. non si sarebbe cercato luogo ad un secondo ». Dove era il difetto? Non certo nel Signore. ma nell'uomo cbe non aveva la forza di adempierlo

« Perciocchè i giorni vengono ch'Io fermerò con la casa d'Israele, e con la casa di Giuda un patto nuovo… Perciocchè questo sarà il patto che Io farò con la casa d'lsraele, dopo quei giorni, dice il Signore. Io porrò le mie leggi nella mente loro, e le scriverò sopra i loro cuori: e sarò loro Dio, ed essi mi saranno popolo. E non insegneranno ciascuno il suo prossimo e il suo fratello. dicendo: Conosci il Signore; perciocchè tutti mi conosceranno, dal minore al maggiore di loro… Dicendo un nuovo patto, Egli ha anticato il primiero; or quello che è anticato, ed invecchia, è vicino ad essere annullato ».

Si notino le parole: « Fermerò, Metterò nella mente: scriverò nel cuore »: è tutto un lavoro di dentro. E ciò è promesso per « dopo quei giorni ». Quali giorni? Parrebbe che volesse significare definitivamente che il nuovo patto fosse fermato in ognuno che ode la predicazione di Gesù, ma non è così Ogni anima che viene al Signore, ha i suoi giorni di conflitto: e vive, per un tempo, un pò sotto il vecchio e un pò sotto il nuovo. Il Signore ha fatto grazia, è vero; ma l'anima non vive nella grazia, e mescola la legge antica. Il Signore aspetta che si stanchi e si arrenda interamente; poi ferma, mette, e scrive. Comincia per quell'anima la vita vittoriosa. Non vi è un cristiano che non si sia sforzato di vivere il vecchio patto, prima di essere stabilito nel nuovo. Popolo minorenne non era solo quello antico, ma ciascuno di noi è stato minorenne, prima di potere

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avere affidate le cose che appartengono alla maggiore età. Ciò non toglie il valore dispensazionale alle due epoche; ma, si tenga a mente che le epoche si ripetono in ciascuno di noi.

La chiesa è un popolo maggiorenne. I minorenni sono in processo di preparazione, se si lasciano preparare dallo Spirito Santo. Si notino le parole di Fatti 2: 47: « E il Signore aggiungeva alla chiesa, ogni giorno. coloro che erano salvati » [Sozomenous]. Altri traduce: che venivano salvati. L'idea chiara è che aggiungeva coloro che non conoscevano per la prima volta qualche cosa del Signore. Lo sviluppare questo pensiero, che ad alcuni potrà sembrare ardito, ci porterebbe oltre i limiti del presente capitolo. Ma, si tenga a mente che la relazione del Creatore colla creatura è una misteriosa relazione. Coloro che Lui aggiunge alla Chiesa, li ha lavorati in qualche modo a noi ignoto, prima di passarli da una scuola all'altra. Molti che appaiono chiesa, sono ancora minorenni, se pure sono, e non sono stati mai avanzati al grado superiore.

Tornando all'epistola, abbiamo notato l'ultimo verso del capo otto: Il primiero patto anticato, che stava per passare, acciocchè il Nuovo fosse fermato del tutto, ci fa pensare alla linea di transazione dal vecchio al nuovo, per cui passò la chiesa apostolica, ma ci fa anche pensare che in ciascuno di noi vi è l'antico che va cadendo, fino a che viene annullato. Un giorno vedremo cadere da noi, come foglie secche, tante cose che prima ci davano impaccio, ma che sono andate perdendo valore, gradatamente nella nostra vita.

Che quelli, adunque, che amano fare parte di quella chiesa, la Sua Chiesa, si dispongano a farsi scoprire ciò che è vecchio e caduco in loro, per essere abilitati a ricevere sempre, e dippiù, il nuovo.

Nel verso undici è scritto che non insegnerà ciascuno il suo prossimo (la parola qui usata, qualcuno, enfaticamente la traduce: il suo « concittadino »), e, ciascuno il suo fratello ecc. Non significa che nella chiesa non ci sarà ammaestramento; ma che, a mezzo di chiunque sia dato viene confermato dallo Spirito Santo. Ciascun membro della Chiesa, portato nel Nuovo Patto, per quella intelligenza interiore delle cose divine, viene abilitato a sapere direttamente se l'ammaestramento sia da Dio.

* * *

Senza esaminare minutamente l'epistola, passiamo a parte del capo 12: 18 e seguito: « Imperocchè voi non siete venuti al monte che si toccava colla mano... Anzi siete venuti al

monte di Sionne, ed alla Gerusalemme celeste... ». Venuti. Dunque, si sono mossi da un punto per arrivare ad un altro. Materialmente non

siamo stati al monte della legge, ma, in ispirito, ci siamo stati; e, per quelli che sono maggiorenni, vi è stato un viaggio, anche se non ce ne siamo accorti, quando da un monte siamo stati menati ad un altro monte.

A chi ha fatto o è disposto a fare questo viaggio, lo Spirito Santo insegna ciò che deve imparare al secondo monte. E, avanti di procedere alle varie linee, ricordiamo che l'antica legge è chiamata anche la vostra legge {Giovanni 8: 17). Per dirci che il piano eterno di Dio è stato sempre la Sua legge; e che quindi l'avere dato la legge è stato un periodo di prova eccezionale. Egli porrà le sue leggi (benchè, in un senso, anche quella fu la sua legge). Ma sue nel senso di eternità, permanenti. E' una legge che ci pianta l'amore di Dio nel cuore, e che va formando in noi la sua natura divina, per cui sarà possibile ubbidire alle sue leggi, a ciò che lo Spirito Santo andrà comandando.

* * *

Torniamo ora al capo dodici : A che venuti? « AI monte di Sionne, ed alla Gerusalemme celeste, che è la città dell'Iddio vivente; ed alle

migliaia degli angeli; all'universale radunanza, ed alla chiesa dei primogeniti scritti nei cieli; e a Dio Giudice di tutti, ed agli spiriti dei giusti compiuti. E a Gesù mediatore del Nuovo Patto; ed al sangue dello spargimento, che pronunzia cose migliori che quello di Abele ».

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Le parole « siete venuti » sono da alcuni tradotte, più esattamente : « vi siete approssimati » il che significa che vi è possibilità di venire sempre più vicini. Quello che ci è davanti è la statura a cui la Chiesa deve pervenire.

« Monte di Sionne » - fortezza in cui sono rifugiati quelli che sono in Cristo - « Gerusalemme celeste », cioè fissare lo sguardo in alto.

« Alle migliaia degli angeli ». La nuova comunione in cui siamo chiamati a vivere. Il Salmista dice che avrebbe salmeggiato avanti agli angeli (Salmo 138: 1); San Paolo esortava per amore degli angeli eletti (I Timoteo 5: 21); Gesù Cristo è apparito agli angeli (I Timoteo 3: 16). Per quanto la parola angeli significa messaggeri, e si riferisce anche a servitori sulla terra, pure è chiaro che noi siamo chiamati a vivere nella benedetta comunione degli angeli del cielo, anche da ora, e a pregustare le potenze del secolo avvenire. (Ebrei 6: 5).

« All'universale radunanza », la intera Assemblea. Vedere le cose nell'assieme, è grande armonia.

« Chiesa dei primogeniti »: cioè non dimenticare che Iddio ama anche altri. Il primogenito aiuta il padre per il bene dei fratellini minori. Il popolo Ebreo non si curò di conoscere i proprii doveri, e i privilegi degli altri; dimenticò che il Signore aveva detto a Faraone (Esodo 4: 22), che doveva lasciare andare Israele, suo figliuolo primogenito; e che avrebbe dovuto sentire tenerezza per le altre genti, invece di sprezzarle e chiamarle « cani ». Quel popolo cadde per superbia; e, quelli che si chiamano chiesa di Cristo non possono rimanere ritti se disprezzano le creature di Dio.

Questi primogeniti hanno il loro nome sconosciuto agli uomini, ma scritto nei cieli. « Dio Giudice di tutti ». Cessa, tu uomo, di giudicare. Non essere ingannato dall'apparenza;

la realtà è rivelata solo da Dio, e solo per essa si può fare giusto giudicio. Iddio usa gli uomini, ma è Lui che giudica. non l'uomo. Vi è un tempo, quando abbiamo la rivelazione che Iddio è giudice di tutti, che ci pentiamo di avere, nel passato, giudicato, e tremiamo di pensare e parlare.

« Agli Spiriti dei giusti compiuti ». Lo spazio, ed il visibile, spariscono. Sono spiriti che toccano spiriti. E' la intima comunione, spesso silenziosa, con persone a noi sconosciute di vista, ma a cui ci sentiamo legati nell'intimo. Giusti, cioè che per fede sono stati giustificati, e non si sono fermati là, ma hanno, come Abramo, avuto cambiato il nome, hanno avuto il cuore crocifisso, ed hanno udito il comando di essere interi (sinceri, leali), e camminare nel Suo cospetto (Genesi 17: 1).

« Ed a Gesù Mediatore del Nuovo Patto ». E' Lui che ci ha guidati e che ora ci invita a tornare a Lui, in modo più intimo.

« Ed al sangue dello spargimento, che pronunzia cose migliori che quello di Abele ». San Pietro, nella prima epistola (1: 2), scrive ad un popolo eletto, secondo la preordinazione di Dio, in santificazione di spirito, ad ubbidienza, e « ad essere cospersi col Sangue di Gesù Cristo ». Non può essere la prima esperienza che abbiamo avuto della potenza che è nel sangue di Gesù Cristo, ma è un ritorno al Sangue di Lui, dopo altre esperienze, ed al termine di altri ammaestramenti. « Cospersi », da l'idea di qualche cosa che ci si spruzza, per renderci forti contro ad una influenza malefica che si aggiri intorno a noi. E' come un essere resi immuni di dentro, e di fuori. Specialmente, il nostro capo, cosl esposto alle insidie di pensieri estranei, ha bisogno di protezione. E' solo dopo anni nei quali abbiamo veduto come siamo poveri, e come siamo stati lenti a capire quel sacrificio, che noi, definitivamente, aspettiamo ogni bene dalla forza purificatrice e preservatrice di quel Sangue. Ed è allora che siamo chiamati a conoscere che esso parla cose migliori che quello di Abele.

Il paragone non è a Caino, pieno di invidia e di odio; ma al giusto Abele. Abele fu ucciso, e non aveva alcun torto; in ciò fu una figura di Cristo; ma è ricordato che la voce del sangue di Abele gridò a Dio, dalla terra, affinchè Egli prendesse cognizione dell'atto ingiusto. lo tremo, ohimè, che chissà quanti pochi siamo arrivati non al di là del sangue di Abele! Non più Caino, è già un gran passo. Non si odia nessuno; ma, se alcuno ci fa del male, qualche cosa in noi si risente, e grida a Dio dalla terra. Il giorno viene, che il Padre vuole che apprezziamo dippiù il sacrificio del Suo Figliuolo. Una linea dopo l'altra, lo Spirito Santo ci va ammaestrando, fino a che ci fa comprendere che bisogna contemplare quel Sangue, conoscerne la voce; e allora udiamo che parla cose migliori che il sangue di Abele, cioè non fa appello a giustizia, bensi a misericordia, che si gloria contro a

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giudizio. Rifiutiamo di fare appello ai nostri diritti per i torti ricevuti, e, come Gesù, gridiamo: Padre, perdona loro perchè non sanno quello che fanno. Questo è il raggiungere la statura compiuta di Cristo, dare la vita per gli altri; amare e perdonare tutti per amore di Lui.

« A Gesù Mediatore del Nuovo Patto ». Ma Egli stesso è, e diviene nostro patto. Al capitolo quarantanove del profeta Isaia, il Signore Iddio, parlando del Figliuolo, gli dice questo, tra le altre cose: « Tu sei il mio Servitore; Israele è quello nel quale io mi glorificherò in te ». E più giù : « E ti darò per patto del popolo, per ristabilire la terra, per far possedere le eredità desolate ».

Lui stesso; PATTO. Ci sia permesso ricordare un avvenimento, per illustrare questo punto: Si narra che l' Ateniese Temistocle, esiliato per invidia dai suoi concittadini, dopo che li aveva liberati dalla invasione dei Persiani, andasse errando in cerca di qualche rifugio, e non ne trovasse alcuno, perchè. dovunque, temeva le insidie del suo popolo. Finalmente risolvette presentarsi al potente re Persiano, perchè solo in quel luogo l'odio degli Ateniesi non avrebbe potuto raggiungerlo. Ma quel re aveva giurato vendetta contro Temistocle; uno schiavo doveva, ogni giorno, ricordargli l'onta ricevuta dai Greci, principalmente da Temistocle.

Quest'ultimo riusci a presentarsi nella corte, in un giorno di udienza speciale; e, fattosi coraggio, implorò asilo dal re offeso. Un figliuoletto del monarca era presente, e Temistocle, con bel garbo, sel recò nelle braccia, e fece appello alla pietà del sovrano, per amore di quel fanciullo. Il re l'accolse e l'abbracciò.

Ed era un uomo! Ma Iddio ci ha tanto amati che ha dato, volontariamente il Suo Figliuolo. Noi Lo abbiamo

offeso, a lungo. Una base dopo l'altra della nostra giustizia o di qualunque appoggio che potessimo avere in noi viene meno; e, alla fine, non ci rimane altro rifugio che buttarci nelle braccia di Gesù Cristo, e presentare Lui al Padre, come il Patto della nostra Redenzione.

Capo X

NUOVO PATTO INDICE

Parte III

STATUTI NON BUONI E LEGGI DA NON FAR VIVERE

(Ezechiele 20: 25)

Due specie di statuti sono menzionati nel capitolo venti di Ezechiele; alcuni buoni, di cui è

detto che per essi vivrebbero; e un'altra serie non buona. I buoni: « E diedi loro i miei statuti, e feci loro assapere le mie leggi, per le quali l'uomo che

le metterà ad effetto vivrà ». Poi (verso 24) il Signore si lamenta dicendo: « non misero ad effetto le mie leggi, e

rigettarono i miei statuti ». In conseguenza di ciò « Io, altresi, diedi loro statuti non buoni, e leggi per le quali non vivrebbero ».

Sia nel primo che nel secondo caso, statuti e leggi furono dati da Dio; i primi, a vita, i secondi, non erano, per se stessi, a vita, e sono chiamati non buoni, e leggi per le quali non vivrebbero; non possono, quindi. essere gli stessi statuti e le stesse leggi, perchè la distinzione dello scopo per cui furono dati, e l'effetto che porterebbero è precisato. Quali sono i primi, e quali i secondi?

Se diciamo che i primi sono la legge Mosaica, con tutto il cerimoniale, rimane a sapere quali siano i secondi statuti e le seconde leggi. Se poi diciamo che i secondi siano le leggi, e cerimonie date a mezzo di Mosè, allora occorre indagare quali siano i primi statuti, c le prime leggi, che avrebbero dato vita, a chi li avesse osservati.

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Invano cerchiamo nelle pagine dell' Antico Testamento statuti e leggi diversi da quelli che furono dati a mezzo di Mosè; perciò una delle due serie deve essere cercata, più che nella lettera, nello spirito della intera parola.

C'erano leggi e statuti prima di Mosè? Erano i patriarchi sotto la legge di Mosè, se tale legge non era ancora stata data? - Vi è Uno solo che porta vita, ed è Gesù Cristo; perciò, gli statuti e leggi non possono essere altro che la guida dello Spirito che identifica col Redentore, come era profetizzato nei sacrifici esistenti di già prima di Mosè. Non erano i sacrifici in se stessi che portavano vita, nè prima e nè dopo, perchè il sangue di becchi e di giovenchi non può purgare, ma erano gli statuti e le leggi che non sono altro che l'equivalente della guida dello Spirito Santo e comunione col Signore. Viene citato il mezzo, in luogo della causa; dire: diedi loro ME stesso, acciocchè chi fosse tenuto in comunione con me sarebbe vissuto, e dire: diedi statuti e leggi, per cui vivrebbero è la stessa cosa.

L'uscita dall'Egitto fu preceduta dalla Pasqua. Il sangue applicato alla porta, e l'agnello mangiato nella casa, prima di mettersi in viaggio, non parlano di alcuna opera d'uomo o comando di fare o non fare, ma solo di mettersi sotto il sangue innocente, e di mangiare, arrostita, la carne della vittima; due simboli, che indicano il perdono gratuito, ottenuto per il Sangue di Gesù Cristo, e l'essere cibati di Lui, essere in comunione con Lui, per avere forza di camminare nel deserto. Il Signore stesso si mise a capo del popolo, guidandolo di giorno e di notte; e il popolo avrebbe dovuto rimanere sotto quella guida, e non provocarLo a gelosia, perchè il tenersi sotto quella guida, e l'essere nutriti di Lui, era tutto ciò che il Signore richiedeva da loro. Se continuavano nello spirito della Pasqua, e sotto la nuvola, non avrebbero avuto bisogno di altro, e sarebbero arrivati al termine del viaggio. Ma, a quegli statuti, a quelle leggi che davano vita, cioè, a quella guida e comunione, non si sottomisero e si ribellarono. Allora il Signore diede loro qualche altra cosa, che, in se stessa era buona, perchè tutto ciò che Iddio fa è buono e santo; ma non era buono per loro. Fecero un patto col Signore, che avrebbero osservato questa e quell'altra cosa; si misero sotto comandamenti scritti e regolamenti cerimoniali, in se stessi buoni, ma per cui non ebbero la forza. E in questo senso è detto che erano statuti non buoni, e leggi per le quali non vivrebbero, perchè li avrebbero rotti.

Se l'uomo non cede alla grazia di Dio, e non dà il governo di se stesso al Signore, che solo può portarlo, non avrà la forza di fare nulla, e presto o tardi, romperà tutti i patti, e le promesse. E' chiaro che abbiamo davanti i due patti. Il Signore voleva anche il popolo antico sotto la Grazia, ma agirono in modo da provocarLo; ed Egli, per mostrarli a loro stessi, diede il patto di statuti e leggi. Tutta la legislazione Mosaica non ha avuto altro scopo che di indicare all'uomo la propria fragilità, dargli conoscenza del peccato e prepararlo a udire che solo per Gesù Cristo può venire la salvezza. Chi ha mai osservato, sia pure il primo comandamento della legge? Non c'illudiamo, pesiamoci alla bilancia di Dio, di fronte al primo comando, di amarLo in quella maniera intensa, concentrata, con cui deve essere amato, e poi giustifichiamoci, se possibile! E, se non vi è forza di ubbidire il primo, come ubbidiremo, davvero, nello spirito e nella lettera, tutti gli altri? Perchè, si tenga a mente, che Iddio pesa gli spiriti, e si può essere grandi peccatori, pure sembrando esternamente corretti.

Anche noi siamo stati, tante volte, abbandonati da Dio alle nostre stesse forze e buoni propositi, per farci vedere che non vi era vita nella legge, ma che la vita è in Gesù Cristo, nel quale possiamo dimorare per la nuova legge, quella dello Spirito Santo. Cioè. non siamo noi, ma è Cristo dentro di noi. Non si tratta di fare per avere vita, ma di prendere Colui stesso che è Vita.

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Capo XI

INDICE

LA PRESENTE VERITA’ (2 Pietro 1: 12: Salmo 145: 15: Luca 12: 42)

Per questo importante soggetto, sul quale, in modo speciale, richiamiamo l'attenzione di quelli che sono preposti alle radunanze, ci piace trascrivere tre passaggi:

Il primo è dai Salmi (145: 15) : « Gli occhi di tutti sperano in Te; e Tu dai loro il loro cibo al suo tempo ». L'idea è che il

cibo viene spartito, misurato, ed adattato ai varii tempi; e a ciascuno la sua porzione. L'altro passaggio è nell'Evangelo secondo San Luca, capo dodici, verso 42: « E il Signore disse: Qual'è pur quel dispensatore leale ed avveduto, il quale il suo Signore

abbia costituito sopra i suoi familiari, per dar loro a suo tempo, la porzione del vivere loro? ». Qui l'idea è di cibo dato a tempo, ma che, prima che sia spartito al popolo, è dato a quelli che

sono chiamati a ministrare. San Pietro, nella seconda epistola (capo 1: 12) scrive : « Perciò, io non trascurerò di rammemorarvi del continuo queste cose; benchè siate già

intendenti, e confermati nella presente verità ». Presente verità e cibo a suo tempo sono la stessa cosa.

* * *

Qualche tempo fa, un fratello nostro ci scriveva che non trova più la solita allegrezza nel

servire il Signore nella capacità con cui Lo ha servito: faceva notare che il popolo, benchè rispettoso, non ha lo stesso interesse di una volta. Noi abbiamo constatato le stesse cose altrove, e in altri, pure anime fedeli al Signore. Perchè? E' Iddio cambiato? Sono gli uomini divenuti peggiori, e tutti, delle radunanze antiche, divenuti indifferenti? Perchè anni addietro alcuni messaggi destavano entusiasmo, ed ora sono accolti con freddezza?

La risposta è questa: Non portano la impronta della PRESENTE VERITA'. Non sono il cibo a suo tempo.

* * *

Vi è un cibo, secondo l'età a cui sono pervenuti i credenti. Gli adulti, se non sono malati, non possono essere nutriti di solo latte; ma preferiscono, se l'hanno, il cibo sodo. Proprio a questo punto è necessario dare un avvertimento: In un certo luogo era passato un tale il quale aveva fatto alcuni urli, e usato un metodo aspro; aveva detto, ed alcuni avevano creduto, che quello era cibo sodo. No!

Che cosa è il cibo sodo? San Pietro, parlando di San Paolo dice che nelle epistole di quest'ultimo ci sono passaggi

malagevoli ad intendere, e che gli uomini male ammaestrati torcono. Lo scrittore dell'Epistola agli Ebrei, parlando di Gesù, Sommo Sacerdote secondo l'ordine di

Melchisedec, aggiunge: « Del quale abbiamo a dire cose assai, e malagevoli a dichiarare con parole; perciocchè

voi siete divenuti tardi di orecchio. Poichè, là dove voi dovreste essere maestri.. avete bisogno di latte, e non di cibo sodo. Perciocchè chiunque usa il latte, non ha ancora l'uso della parola della giustizia... Ma il cibo sodo è per i compiuti. Perciò, lasciata la parola del principio di Cristo, tendiamo alla perfezione... » (Ebrei 5: 11-14; 6: 1).

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Spiegare, per esempio, il ministerio di Melchisedec è dare cibo sodo. Quante chiese intendono, e insistono su tale ministerio?

Vi è, dunque, una verità e cibo relativo al tempo, secondo l'età delle persone che ci ascoltano. Ma non è solo qui, e in questo, la distinzione di cibo a suo tempo, e di presente verità.

* * *

Se noi guardiamo la storia della Chiesa, vediamo che in ogni tempo il Signore ha dato enfasi, in modo speciale, ad un lato della verità. Intendiamoci: la verità è Gesù Cristo. Ma vi è la Verità generale e la verità particolare per quel dato tempo.

Vi fu un tempo che l'accentuazione era data a questa parte della Verità: Giustificazione per fede. In altra epoca: Santità. Pochi anni addietro l'enfasi è stata data sul battesimo collo Spirito Santo. Negli stessi gruppi di popolo avvengono cose inaspettate, che richiamano l'attenzione su qualche porzione della Parola, e per un tempo, quella porzione è la presente verità.

Senza dilungarci, ci domandiamo: Vi è una presente verità di questi giorni, a cui la Chiesa è chiamata a dare enfasi, e trascurando la quale, isterilisce?

A noi pare di sì. Sia benedetto Iddio per ogni conquista del passato: la giustificazione per fede, la santità, la

fede semplice nella cura del Signore (che è lo stesso ieri, oggi, in eterno), la enfasi al battesimo collo Spirito Santo; e che andiamo avanti non per forza e nè per esercito, ma per lo Spirito del Signore. Queste sono verità preziose, che aiutano ad apprezzare sempre meglio Lui che è la VERITA'. Pure, poichè vediamo illanguidire molti che un tempo erano pieni di entusiasmo, ci domandiamo: Vi è ora una presente verità, a cui non ancora abbiamo badato?

La risposta è più lunga: e difficile che non si creda. Il Signore ha detto che i figliuoli di questo secolo sono, nella loro generazione, più avveduti

che i figliuoli della luce. Dunque, vi è alcunchè da imparare dalle cose di questo secolo. Gli ultimi dieci anni hanno rivoluzionato molte cose sulla terra : viviamo in tempi rapidi, e

che muovono verso un accentramento. Il mondo diviene più piccolo perchè è percorso sempre più rapidamente. L'aria è piena di suoni e di voci, raccolti dovunque, e trasmessi a grandi distanze. Gli esperimenti si moltiplicano per unire alla voce, la vista delle persone che parlano a distanza. Il mondo, il meglio che può e che sa, procura di avvicinare uomo ad uomo. Checchè diciamo, questa epoca è, in un senso più elevato, epoca umanitaria. Alcuni osservano che il mondo non progredisce nelle linee spirituali, non mette Iddio a capo di tutti i suoi progressi. Ma, aggiungiamo noi, tutto ciò che si svolge, dice che vi è una sete di qualche cosa, nel seno dell'umanità. Tocca alla Chiesa di capire questo bisogno, e dare il messaggio dell'ora presente; dirlo a questa creazione che aspetta la manifestazione dei figliuoli di Dio. La Chiesa deve afferrare l'occasione straordinaria, e dare il messaggio, che può essere l'ultima fase del suo messaggio.

San Pietro, nel secondo discorso che abbiamo di lui, accennò qualche cosa a cui poco si è badato, perchè era per un tempo allora assai lontano:

« Ravvedetevi adunque, e convertitevi; acciocchè i vostri peccati sieno cancellati, e tempi di refrigerio vengano dalla presenza del Signore; ed Egli vi mandi Gesù Cristo, che vi è stato destinato; il quale conviene che il cielo tenga accolto, fino ai tempi del ristoramento di tutte le cose; dei quali Iddio ha parlato per la bocca di tutti i suoi santi profeti, fin dal principio del mondo ».

E' una parentesi nel messaggio, non solo di Pietro, ma dell'età apostolica: la parentesi si allarga ora, in un tempo come questo.

Tempi di refrigerio; tempi di ristoramento di tutte le cose. E, affinchè non si intoppassero nell'affermazione che poteva parere troppo ardita, l'apostolo dice che, di queste cose, hanno parlato tutti i profeti, benchè non abbiano saputo leggere tale messaggio.

Nel capitolo primo dell'epistola agli Efesi (versi 9 e 10) San Paolo scrive :

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« Avendoci dato a conoscere il misterio della sua volontà, secondo il Suo beneplacito, il quale Egli aveva determinato in Sè stesso. Che è di raccogliere, nella dispensazione del compimento dei tempi, sotto un capo, in Cristo TUTTE le cose, cosi quelle. che sono nei cieli, come quelle che sono sopra la terra ».

Un Capo solo su tutte le cose. L'aeroplano, la radio, il telegrafo, il telefono, tutto soggetto a Gesù Cristo, il Re

dell'Universo. Queste cose, ora, non sono usate che in piccolissima parte e misura per la gloria di Dio. La colpa è anche della Chiesa, cosi lenta ad afferrare il mesaggio; ma il piano di Dio cam- mina verso un'armonia universale, un ristoramento di tutte le cose in Gesù Cristo.

La conoscenza di Dio è insistita nelle scritture: Iddio è Amore. Amore a tutta la creazione. La Chiesa è chiamata ad essere la interprete di questa conoscenza ed amore; a farsi centro di attrazione, per attrarre a Cristo, il centro dell'Universo. Bisogna che le braccia del Corpo di Cristo si allarghino, ed invitino tutti i popoli a conoscere che Iddio è Amore.

L'ultima fase del messaggio, la presente verità è : Iddio è Amore, e vuole ristorare tutte le cose, e metterle sotto un solo Capo. Nella Chiesa

devono essere benedette, non maledette, le nazioni della terra: ed il Signore prepara e sviluppa un Corpo, a mezzo di cui vuole mostrare il suo amore, e vuole ristorare. Un popolo che deve conoscere le divine armonie in mezzo alle apparenti discordie. E la preparazione di tale popolo è ora. Un popolo che sarà perseguitato dallo stesso, cosi detto. popolo di Dio, perchè, di regola, i religiosi di ogni tempo, non hanno amato che la pietà di Dio si stendesse a tutta la creazione. Il popolo Giudeo cadde perchè troppo esclusivista; sprezzò i popoli che avrebbe dovuto ispirare nelle vie del Signore. La Chiesa nominale fallisce allo stesso punto. E il Signore chiamò, e chiama un popolo che farà i frutti di Lui, cioè, mostrerà a tutta la creazione che Iddio è Amore.

La morte in croce del Figliuolo di Dio, ha un significato più vasto di quello che siamo abituati a vedere. Si leggano attentamente queste parole del capo primo Colossesi (versi 19, 20): « Perciocchè è piaciuto al Padre che tutta la pienezza abiti in Gesù. Ed avendo fatto la pace per il Sangue della Croce di Esso, riconciliarsi per Lui, tutte le cose; cosi quelle che sono sopra la terra, come quelle che sono nei cieli ».

La Croce, il Sangue di Gesù Cristo, centro di attrazione nell'Universo. Essi dicono, nel linguaggio che supera ogni setta, partito e particolari interpretazioni, che la Creazione tutta è cara al Signore. E il messaggio, sempre incentrato nel gran sacrificio, e basato sul Sangue dell'Agnello immolato avanti la fondazione del mondo è (con enfasi) questo :

Iddio è Amore.

Capo XII INDICE

Parte I

ECCOLO QUI ED ECCOLO LA' NON VI ANDATE E NON LI SEGUITE

(Luca 17: 20-37)

I Farisei Gli avevano domandato quando verrebbe il Regno di Dio. Gesù aveva risposto che il Regno di Dio non verrebbe in maniera da potersi osservare, e non si dirà eccolo qui, eccolo là, perchè « il Regno di Dio è nel mezzo di voi ». Il Re ed il Regno erano uniti nella Persona di Gesù Cristo, che era in mezzo di loro.

Dopo la risposta ai Farisei, si rivolse ai suoi discepoli, e disse : « I giorni verranno che voi desidererete vedere uno dei giorni del Figliuolo dell'Uomo, e non lo vedrete. E vi si dirà: Eccolo

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qui, eccolo là; non vi andate, e non li seguitate ». Poi parlò della Sua venuta. Di talchè. prima di intendere circa la Sua venuta, è necessario capire cosa significhi quell'« eccolo qui, eccolo là ». E, prima di ciò, cosa sia quel volere vedere uno dei giorni del Figliuolo dell'Uomo.

Che sarebbe venuto un tale tempo, nel quale avrebbero desiderato vedere uno di quei giorni, era cosa che sarebbe cominciata cogli stessi discepoli che Lo ascoltavano allora. Mentre Egli parlava, il Regno era in mezzo di loro; poi Lui sarebbe andato via, e sarebbero venuti giorni di prova, e di conflitti: molte volte avrebbero desiderato di vedere uno dei giorni in cui Gesù era in mezzo di loro. Prove di molte maniere, e argomentazioni sul Suo Nome da fare desiderare che Lui stesso fosse nel loro mezzo per potere chiarire tutto e consolarli. Non solo quei discepoli, ma quelli di tutti i secoli hanno avuto tempi in cui avrebbero desiderato vedere Lui, sia pure una volta sola, per essere illuminati.

Lo Spirito Santo, che è chiamato l'altro Consolatore, avrebbe ammaestrato nel Suo Nome, e avrebbe riportato a memoria le cose di Lui. Ma noi, che abbiamo ancora un corpo terrestre, non possiamo fare a meno di sospirare di vedere uno di quei giorni, in cui, nella sua carne, Egli camminava insieme ai discepoli.

Tale desiderio, sebbene legittimo, avrebbe fatto sorgere sistemi religiosi. Quando vi è un bisogno, molti sono pronti a suggerire rimedi, spesso fallaci. Da questo, il sorgere di gruppi che avrebbero preteso che Lui fosse qui o là. In uno stato di animo in cui, soddisfatti di tutto, si attenderebbe uno dei suoi giorni, è facile essere menati dietro a questi ed a quelli. O sarà nel deserto o nelle camerette segrete. Tali gruppi hanno il sistema formato, e pretendono sapere tutto di Gesù. Ma, i discepoli sarebbero rimasti delusi e, invece di avere appagato il loro desiderio, sarebbero passati da delusione a delusione. Perciò quell'enfatico : « Non vi andate, e non li seguitate. Perciocchè quale è il lampo, il quale, lampeggiando, risplende da una parte di sotto al cielo infino all'altra, tale ancora sarà il Figliuolo dell'Uomo ». Le parole: « nel suo giorno » mancano in alcuni manoscritti.

« Tale sarà il Figliuolo dell'Uomo ». Non dice quando. Applicando la parola di Dio come va applicata, non solo alla collettività, ma a ciascuno

individualmente, e non per un tempo solo, quello della finale sua consumazione, ma per ogni tempo, si ha che, tante volte, l'anima sopraffatta di prove, si sente confusa, e anela vedere uno dei giorni dell'Uomo - Dio, perchè sa che Lui chiarisce tutte le cose. Quando il Cristo sarà venuto, disse la Samaritana, ci annunzierà ogni cosa. E Gesù le disse che Colui che le parlava era desso. Il discepolo, quando si trova in quello stato di animo, deve solo aspettare che Lui, come, e quando voglia, lo visiti.

Quelli che gli diranno: « Eccolo qui, eccolo là », gli presenteranno argomenti, e forse anche segni; ma il Signore avvisa di non andare, e non seguire. Egli comanda di aspettare con pazienza, contentandoci di non vedere nulla. L 'applicazione è svariata e consolatrice. Il giorno del Pigliuolo dell'Uomo è il tocco della sua pietà viva e illuminante, che sana le ferite, e schiarisce il cammino. Siamo uomini, e desideriamo essere toccati dal Figliuolo dell'Uomo. Nessuno può prendere il Suo posto con quelli che cercano Lui: non sistemi. o partiti. Il messaggio è: state fermi, attendete. Nel momento che voi non pensate, il cielo chiuso si aprirà e Lui apparirà come il lampo che risplende da una parte all'altra del cielo. Subitanea e chiara visita, da non lasciare dubbio, da non esserci bisogno di discutere. Certe visite all'anima sono così luminose che nessuno può farcene dubitare.

Chi non prende guardia, e non attende di essere visitato direttamente da Gesù, rischia di andare dietro agli uomini; e, benchè in teoria dica di attendere il ritorno di Gesù, in realtà, non lo attende, perchè non conosce Lui direttamente. La parola di Dio ha il suo valore, sia storico, e sia al futuro. Però. molto abbiamo perso. spiegandone tanta parte o tutta, al passato. o tutta al futuro.

« E come era ai di di Noè; così sarà ai dì del Figliuolo dell'Uomo. Gli uomini mangiavano. bevevano, sposavano mogli, e si maritavano, infìno al giorno che Noè entrò nell' Arca; e il diluvio venne e li fece tutti perire. Parimenti. come era ai dì di Lot... tal sarà il giorno nel quale il Figliuolo dell'Uomo apparirà ».

La importanza del doppio paragone è nella enfasi alla impreparazione. Senza perdere di vista il significato finale e collettivo per la Chiesa, ci domandiamo: come può l'anima nostra essere

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preparata alla venuta definitiva, se non attende, del continuo, il Signore, e non Lo riconosce in tutte le sue vie, che spesso sono misteriose, e sfuggono a qualunque previggenza ?

In tutti e due i casi. sono citate azioni esterne, ma il segreto è nascosto: mangiare e bere. sposare, edificare, non hanno nulla di peccaminoso, se non vi è altro. Nella Genesi leggiamo cosa fu questo altro: Gli uomini avanti il diluvio, erano pieni di cattive immaginazioni, gli uomini di Sodoma, i cui peccati erano già grandi, volevano abusare di angeli visitatori. I generi di Lot schernirono l'avviso del suocero; la moglie di Lot guardò indietro.

E' possibile ricordare spesso tutto ciò, dire di credere al ritorno di Gesù Cristo, e non capire quel che Lui ha detto: tutte quelle cose furono ombra di future realtà. E' anche possibile che, proprio il popolo che dice di attendere Gesù, sia pieno di immaginazioni, abbia molti idoli nella cameretta segreta di immagini, non sia un popolo semplice. Il peccato. avanti il diluvio, che viene ricordato, fu un peccato interiore. Gli uomini erano giganti, anche di malizia, e questi giganti erano nati da matrimoni misti. Vita spirituale e mezzi carnali sono uno strano miscuglio che partoriscono i giganti di iniquità, deplorevole condizione interiore.

La Parola avverte che si diparta dall'iniquità chiunque nomina il Nome del Signore. Anche il peccato di Sodoma va considerato attentamente. E non è esso tracciato a caratteri indelebili nelle pagine della Genesi? Ma è interpretato dai profeti. Niuno penserebbe ad accusare Sodoma di altro che non è scritto nella Genesi. Eppure non furono le cose materiali che vennero ricordate di poi, ma altro. Leggiamo in Ezechiele 16: 49.50 :

« Ecco, questa fu l'iniquità di Sodoma, tua sorella. con le sue terre; ella ebbe grande gloria, e abbondanza di pane, e agio di riposo. e ella non diede alcun conforto al povero. e al bisognoso. Ed esse SUPERBIRONO [bada!] e commisero abbominazione nel MIO COSPETTO; laonde io le tolsi via ».

L'arrivo degli angeli poteva essere liberazione. e non castigo, se quegli abitanti non avessero cercato di fare del male. Ma una tale cosa che relazione può avere col ritorno di Gesù? Chi penserà ad approvare l'operato di Sodoma? Le cose non si ripetono nella stessa maniera, benchè siano figlie dello stesso spirito: gloria, abbondanza, agio, e non curanza dei miseri. Gli eccessi di certe cose grossolane, sono la dimostrazione di una mostruosità interiore, dinanzi a cui l'atto esterno è come nulla.

Il Signore Gesù ha detto (Matteo 11: 23-24) che Sodoma, nel giorno del giudizio, sarà meglio trattata di Capenaum, la città che aveva avuto il privilegio di vedere le potenti operazioni, e udire parole da quella bocca.

Quale che sia il significato del giudizio per Sodoma, vi è, oggi, un popolo di Capernaum, che sprezza un altro popolo che chiama Sodoma; e il Signore ci avverte che la moderna Capernaum è più responsabile della moderna Sodoma. Essa Sodoma non vide, non vede le potenti operazioni dello Spirito di Dio; ma, quando le vede, Sodoma si converte, e Capernaum rimane indurata.

Quegli angeli parevano uomini qualunque, vi sono cose che sembrano non avere relazione col problema spirituale, ma possono essere angeli ed avvisi a prepararci per la venuta repente del Regno di Dio.

Il fatto di tante voci che si raccolgono nell'aria non sono forse un avviso, un angelo di Dio? Attenti a capirne il messaggio, e non cercare di appropriarcene contro natura, ciò è contro la natura divina, che ci invita ad armonia, e carità in ogni cosa.

Tale sarà il giorno nel quale il Figliuolo dell'Uomo apparirà. « In quel giorno colui che sarà sopra il tetto della casa [posto di preghiera, intima comunione col Signore, e di vedetta ] ed avrà le sue masserizie nella casa [ cioè: nella chiesa, come la intendiamo] non iscenda, per toglierle ». Viva in alto; si contenti di perdere le masserizie. « E, parimenti, chi sarà nella campagna [ che appare già fuori] non torni addietro ». Se il Signore lo ha chiamato in quella solitudine, avviato per altro, vi è uno scopo.

Vi è un pericolo nella paura. « Chiunque avrà cercato di salvare la vita sua [ anche la reputazione religiosa è vita ], la perderà; ma chi l'avrà perduta, farà che ella vivrà ». « lo vi dico che in quella notte [ e dall'ascensione di Gesù siamo rimasti nella notte] due saranno in un letto; l'uno sarà preso e l'altro lasciato. Due donne macineranno insieme; l'una sarà presa e

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l'altra lasciata. Due saranno nella campagna; l'uno sarà preso e l'altro lasciato ». Tre posti: letto di riposo, che per uno, sarà pigrizia; posto di macinatura, che per una sarà lavoro forzato e non di amore; campagna, che per uno sarà pellegrinaggio di Dio, e per l'altro spirito errante. « E i discepoli, rispondendo dissero: Dove, Signore? ». Non dove sarà lasciato, che non avrebbe senso; sarà lasciato dove è; l'importante è sapere dove sarà portato chi sarà preso, perchè creduto atto al Regno.

Dove? Egli ha avvertito che ci guardassimo da quelli che dicono: « qui o là ». Ed Egli non dice nè

qui e nè là. La stessa bocca che disse alla donna di Samaria: « Nè in questo monte, e nè in Gerusalemme » rispose ai discepoli: « Dove sarà il carname, quivi si accoglieranno le aquile ». Questi uccelli di volo ardito, di vista acuta, e lunga, non falliscono di scoprire la preda a distanza, e vi corrono.

Cosl le anime che sono sostenute dal seme santo, che hanno Gesù piantato nel cuore, avranno il volo sicuro, e senza che voce di uomo chiami, e aggruppi, andranno diritte dove è il carname, cioè il corpo ucciso del sacrificio. Sono santi crocifissi che si adunano a Colui che fu Crocifisso e che vive.

Altri traduce : « Corpo ». Discernono il Corpo di Cristo, per rivelazione interiore. Hanno avuto i giorni senza luce, pieni di affanno, ma non si sono fatti ingannare da sistemi e partiti; hanno atteso, e la luce del Signore come un lampo ha illuminato il cammino, e li ha attratti dove Lui vuole. Tali sono pronti per la venuta del Figliuolo dell'Uomo.

Aspetta Lui soltanto chi vive per Lui continuamente; e non si contenta se non di Lui.

Capo XII INDICE

Parte II

UNA PROMESSA RIVELAZIONE {Giovanni 16: 25-27)

« Io vi ho ragionato queste cose in similitudini; ma l'ora viene che non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi ragionerò del Padre ».

Dunque, il linguaggio fino ad ora usato non era il finale, ma soltanto una figura della realtà. Il piano di Gesù è di parlare apertamente del Padre. Qualche cosa impedisce di ricevere la piena rivelazione intorno al Padre, occorre un lavoro di preparazione; ed a questo scopo sono intesi i tre capitoli (oltre che tutta la Parola) 14, 15 e 16 di San Giovanni.

« In quel giorno voi non mi domanderete di nulla » sono tra le parole che precedono. Cioè, le preghiere egoistiche finiranno, ma chiederemo solo secondo che lo Spirito Santo ci andrà muovendo. E, tra le conseguenze di questo chiedere nel Nome di Gesù, ci sarà l'allegrezza com- piuta (la pienezza di allegrezza; la parola « compiuta » è la stessa che nel testo si usa per dire: la pienezza dei Gentili, in Romani 11, cioè la chiesa).

Arrivati a quella statura, si è subito preparati a ricevere dippiù. Verrà l'ora di un'altra rivelazione. « L'ora ». Si vivrà, non di giorno in giorno, ma di ora in ora. E questo tempo così designato, è figura dell'ultimo tempo di ognuno, cioè del vivere vedendo i nostri giorni ridotti alla misura di un palmo. E' figura del tempo in cui la nostra vita sarà spesa fra la contemplazione, e il servire a Dio. E, allora Gesù, per lo Spirito Santo, non più in figure, ma apertamente, ci ragionerà del Padre. Egli ha aspettato a lungo di poterci così parlare. Non solo ci parlerà per rivelazione interiore; ma ci rivelerà il misterio nascosto dietro la lettera della parola; ci farà udire la voce dietro

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la parola; e si metterà a ragionare apertamente del Padre. La insistenza è sulla parola Padre, che trae tanto significato, principalmente quello di amore a tutte le creature.

« E in quel giorno », cioè in tutto quel tempo (l'intero giorno della grazia) da quell'ora in poi, « voi chiederete nel Nome mio », cioè sarà confermato e perfezionato il richiedere nel Nome di Gesù, il quale richiedere è già cominciato.

« Ed io non vi dico che pregherò il Padre per voi ». Eppure altrove sappiamo che dice che Lui prega. Ma qui non occorre dire che Gesù prega il Padre come ad impietosirLo a nostro favore. « Perciocchè il Padre stesso vi ama ». La parola « ama », in questo luogo è la stessa che, tante volte, si usa per dire dell'amore umano. Detta di Dio, significa che Egli condiscende alla nostra umanità, sa che abbisogniamo di tenerezza e di amicizia, e Dio stesso, il Padre, si avvicina a noi, in un amore intimo.

Intendiamoci: Iddio ama tutta la creazione: Egli ha tanto amato, che ha dato il Suo Unigenito Figliuolo; ma qui si tratta di un amore particolare, perchè Iddio ama di amore generale, e di amore particolare. II Signore prosegue, e dà la ragione di questo amore intimo, di amicizia e tenerezza che viene, non creato (perchè in Dio è esistente), ma mostrato in un certo tempo della nostra statura spirituale. La fonte dell'amore, e di tutti gli amori è là, ma noi non vi abbiamo ancora bevuto,

La ragione dell'amore intimo, particolare è : « Perciocchè voi mi avete amato, ed avete creduto che Io sono proceduto da Dio ». Queste due cose hanno aperto una delle fonti nascoste in quel cuore di Padre, e ce lo hanno

mostrato. Abbiamo amato il Figliuolo dell'amor Suo; e abbiamo creduto che il Padre Lo ha mandato; cioè abbiamo capito, accettato, e riverito il piano della Redenzione. Amare Gesù; cre- dere che Lui è venuto dal cielo, mandato dal Padre. Chi arriva a questo (e ci arriva solo se è portato di altura in altura, di rivelazione a rivelazione), ha toccato la corda intima del cuore di Dio, e vede i raggi dell'amore del Padre partire dall'alto e raggiungerlo sulla terra. Amore particolare, intimo, anche emozionale, cioè di una condiscendenza che raggiunge la nostra umanità bisognosa di amicizia e di tenero affetto. Noi diciamo a Lui che abbiamo compreso il Suo cuore, e Lui lo apre per inondare e soddisfare il nostro, perchè, alla fine, la sete di amore che abbiamo, può essere soddisfatta solo in Dio, da Dio.

E aggiunse: « Io sono proceduto dal Padre [ da quel cuore] e sono venuto nel mondo [e in che mondo!]; di nuovo, Io lascio il mondo e vo al Padre ».

Parve, ai discepoli, che, finalmente, avessero capito, e che il tempo del parlare apertamente fosse cominciato; e, nel trasporto dello zelo, dissero: « Ecco, tu parli ora apertamente, e non dici alcuna similitudine », Credevano di sapere, ma erano ancora bambini.

Gesù si affrettò a disilluderli. Non ancora sapevano, non ancora credevano secondo quel piano che aveva loro fatto intravedere. Dovevano prima passare per nuove esperienze: « Ecco l’ora viene e già è venuta, che sarete dispersi, ciascuno in casa sua, e mi lascerete solo; ma io non son solo, perciocchè il Padre è meco ».

Avrebbero dovuto esperimentare che l'uomo, alla menoma tempesta, è pronto a disperdersi e fuggire anche dal Signore. Ma Lui non è stato solo. E i discepoli, disperdendosi, ciascuno a casa sua, avrebbero avuto l'esperienza che non vi è casa pei figliuoli di Dio. Ed è all'estremo di noi, quando già crediamo di avere capito, è di essere bene avanti, che tale fallimento e dispersione avviene; ed è dopo di allora che Gesù, che ha atteso, si avvicina, di nuovo (in uno dei suoi « di nuovo »), e ci rivela ciò che pel passato è stato solo come similitudine e figura, che Colui dal quale fuggivamo atterriti, ci ha seguiti con amore, e ci chiama, a più intimo rapporto; ci rivela l'amore del Padre come non lo avevamo mai capito, e nemmeno immaginato che potesse essere. Il Padre ama, nella distesa di tutto l'amore.

Capo XIII

INDICE

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ADUNATEMI I MIEI SANTI (Salmo 50: 5)

Il Salmo 50 è Salmo di ristoramento. L'lddio che solo è Dio, ed è anche Signore, ha parlato. E' tempo di udire Lui. Tanti non odono; perciò ha anche gridato alla terra dal sol levante fino al ponente. Parlare. gridare; due forme di esprimere. Tante volte chiama all'attenzione, facendo gridare, in sofferenze, coloro che non ascoltano, e non si lasciano governare dal suo Occhio. Egli vuole avere l'Occhio sopra noi, e non vuole usare mezzi rigorosi (Salmo 32: 8). Egli vuole parlare, e non gridare. « Egli non griderà e non alzerà, nè farà udire la sua voce per le piazze » (Isaia 42: 2). Il piano Suo è di parlare con voce sommessa e gentile. Grido, e castigo sono eccezioni nei Suoi procedimenti. Ma è costretto a gridare:

« Iddio è apparito in gloria da Sionne, luogo di compiuta bellezza ». Cioè, si manifesta a mezzo dei suoi eletti, su cui ha dovuto lavorare, prima di fare udire la Sua voce fino agli estremi termini della terra. Si comprenda, dunque, il Suo piano: Sionne prima, e poi l'annunzio agli altri. Con Sionne in rovina e deforme, non si può raggiungere gli estremi termini della terra. Aggiustati, prima, i pochi che devono essere usati, dopo si va ai molti; se no, non si dà la giusta idea di Dio. Perchè coloro a cui si porta il messaggio, di regola, vedono Dio attraverso la nostra testimonianza di parole e di vita. Perciò, Sionne è, nella profezia del Salmo, divenuto un luogo di compiuta bellezza. Può, ora, rappresentare Iddio, e il Signore, coi due titoli che esprimono la Sua maestà e il Suo patto col Suo popolo, di cui è Signore.

Si è capita così male, e si sono fatti tanti conti sulla Sua venuta, che, tanti, non ci credono più. Ma, quale che sia il significato vasto di questo venire - ed ha tanti significati che solo lo Spirito Santo può andare svolgendo (e confidiamo che ce li svolga nel Suo buon tempo) - è certo che ogni risveglio e ristoramento richiede una visita speciale dall' Alto. Benchè il Salmo è proprio del tempo della fine della Dispensazione presente, verso la quale corriamo in modo misterioso, e che sfugge alle previsioni più minute dei teologi più sottili, l'uomo, per quanto avveduto, rimane sempre sorpreso di qualche cosa nei piani del Signore. Viviamo in un tempo solenne, per importanza, ed il meglio non è di farci una siepe di pregiudizi, ma di aprire il cuore, perchè non dobbiamo preten- dere che gli avvenimenti di ora siano stati tutti spiegati dai commentatori del passato. E' per questo tempo che occorre chiedere umilmente grazia di intendere il Suo consiglio, nei rapporti dell'oggi. Intendiamoci: alcune verità sono oramai assodate e fuori discussione; ma qualche cosa, ed è relativa a questo tempo, richiede, ora, una riverente e umile investigazione della Scrittura.

« Dunque, Egli verrà ». L 'affermazione rivela che non Lo si aspetta più, o non Lo si aspetta come Egli verrà.

« Egli verrà, e non se ne starà cheto ». Vi è stato, dunque, un lungo silenzio; ma ora è prossimo a udire Lui, nella parola e nel grido. Come verrà? - « Avrà davanti a sè un fuoco divorante, e una forte tempesta ». Così Egli preparò Elia ad udire la voce sommessa e sottile. Isaia dovè vedere gli stipiti del tempio scrollati, per poter godere, capire, ubbidire la visione. Troppe cose si sono accumulate in noi, e intorno a noi. Fuoco e tempesta spazzeranno il cammino alla Sua venuta, in ogni visita, e nella finale venuta che chiuderà la presente dispensazione. Ma vi è una preparazione individuale, prima della preparazione collettiva.

Il giudizio comincia nella casa del Signore. Quelli che hanno avuto maggiori responsabilità, sono giudicati i primi. « Egli griderà da alto ». I gridi sulla terra hanno perso la loro forza. Dove è il profeta che spaventa una radunanza, oggi, come anni fa? Certi gridi e rigori hanno perso la forza, perchè l'orecchio ci si è abituato, e perchè si è veduto che vi è disarmonia tra il messaggio e la vita di chi lo pronunzia o grida. Un popolo ha autorità solo per un poco di tempo, poi diviene fiacco, benchè paia che ci sia la stessa autorità. Uno solo ha un'autorità che non teme contrasto. Perciò, griderà Lui, e da Alto, perchè noi Gli siamo venuti meno. Non sappiamo gridare, perchè la vita non è uguale al grido, e perchè gridiamo senza misericordia. Ma lui, mentre grida, è pietoso.

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Cielo e terra, tante volte chiamati ad udire, ed essere testimoni, ora devono udire il grido. I cieli, e la terra, in noi, devono udire.

E il Suo grido è : « Adunatemi i miei santi ». E' tempo di finirla colle adunanze che non sono da Lui. Leghe ed accordi umani periscono.

II Suo popolo è avvertito: « Non dite lega, di tutto ciò che questo popolo dice lega ». Iddio solo può unire.

Il messaggio sarà gridato in modo misterioso, ed evidentemente, del tutto in modo nuovo, secondo che abbiamo fatta esperienza. Chiediamo a Lui, che ce lo faccia intendere. « lo che ti parlo son desso », disse Gesù alla donna di Samaria, che si riferiva al Messia, ma che non avrebbe mai potuto immaginare che il Messia le fosse davanti, in quel Personaggio così nascosto. Può essere che il grido sia già stato lanciato, e non ce ne accorgiamo, perchè lo vorremmo udire secondo linee da noi conosciute. Ma Iddio sta gridando, ora, nelle discordie di tutti i movimenti religiosi (tutti, e non occorre perdere tempo a dimostrarlo; tutti, anche quelli che all'apparenza mostrano unità). Egli sta gridando, chiamando persone che noi non avremmo mai pensato che sarebbero state benedette in modo speciale. Ha gridato chiamando tanti a ravvedimento sui campi di battaglia, e grida, ora, in tante invenzioni straordinarie che raccolgono i messaggi dai quattro canti della terra, messaggi e musica di ogni maniera, che dovrebbero farci capire che Lui ha la Sua radio Spirituale. Qualche cosa grida intorno a noi: è tempo di prestare attenzione, e pregare per intendere i tempi.

« Adunatemi i miei santi ». I miei; Egli viene a reclamare la sua possessione, perchè non vuole che sia oltre signoreggiata dall'uomo. Quali santi? Quali sono i suoi santi? Perchè possiamo giudicare tutti santi, o giudicare santi quelli che non sono tali avanti a Lui. La risposta la dà Lui stesso :

« Quelli che hanno fatto patto meco con sacrificio ». Il sacrificio è compiuto. Gesù Cristo ha detto: « Tutto è compiuto »; viviamo ora in quel

sacrificio. Eppure vi è un sacrificio, quello di lode, cioè che la vera vita nostra sia alla gloria e lode di Dio. « Sacrifica lode », ci dice lo Spirito Santo. La beneficenza è sacrificio, offerta sacra, quando è fatta nel nome del Signore. Così, ripetiamo, che, il vero sacrificio è quello di noi stessi. Gesù ha detto che Iddio non gradìsce sacrìfici ed olocausti, e si è presentato Lui stesso, dicendo: Eccomi venuto. Così la Chiesa, ciascuno di quelli che sono la Sua Chiesa, dirà: Eccomi, Signore. Ciascuno si presenta e si mette sull'Altare, offerta vivente, pronta ad essere rinnovata nella mente, mai più conformandosi a nulla che non sia Lui, e da Lui. E anche ciò che gli ha dato a udire come Sua parola, vorrà bene udirla, confermata da Lui, perchè la parola di Dio è purgata col fuoco, sette volte.

« Le parole del Signore sono argento affinato nel fornello di terra, purgato per sette volte ». E' calore ed entusiasmo solo quello che viene dall'alto. Il vaso è di terra, umiliato e non ha

più capacità di riscaldarsi per eccitamento di uomo. Sacrificio di noi. La nostra volontà, i pregiudizi nostri, ed opinioni, tutto deve cedere alla

Sua preziosa volontà, che andremo sempre meglio comprendendo. E ne rimarremo sorpresi, perchè essa non è, almeno in gran parte, come noi l'aspettavamo; e ci stacca da noi e da altri. Non dobbiamo occuparci di coloro che la capiranno. Questo lavoro di unire lo fa Lui; eppure è vero che Egli può usare mezzi ed uomini per unire. L'importante è di farci lavorare da Lui, acciocchè diveniamo Sionne, luogo di compiuta bellezza, di quella bellezza che Egli ama, se noi dimen- tichiamo il nostro popolo. e la casa di nostro padre; e sarà una bellezza gloriosa dentro, che comincia dentro (si mediti il Salmo 45). A noi stessi, ed a molti parremo brutti, come fu detto di Lui che era senza forma nè bellezza alcuna. Grande sorpresa. Il Salmista dice che era stato, a molti. come un mostro. Essere disposti a passare così. dinanzi anche a tutti, è sacrificio.

Però, qua e là, dove meno si sarebbe atteso, appariranno. sullo stesso cammino, anime che Lui avrà preparate, e che sono i Suoi santi, persone maturate da scherni e sofferenze. E lo Spirito Santo, la cui voce oramai sapremo conoscere, essendo arresi dentro, ci dirà che quelli sono i santi Suoi a cui Lui ci unisce, e va unendo.

Entreremo in una comunione nuova, e capiremo che cosa significhi la comunione dei santi che sono Uno in Cristo. Forse, secondo la carne, vedremo poche di tali persone, ma questo è un

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misterio di spirito. Perciò ci sentiremo legati, in ispirito a tanti che non vediamo, e capiremo quello che la Sapienza ci dice altrove: « Saremo venuti agli spiriti dei giusti compiuti ».

Capo XIV

INDICE

IL SIGNORE - E IL SERVO

(Apocalisse 1)

La chiave dell'Apocalisse è nel capitolo primo, anzi nel primo verso: « La rivelazione di Gesù Cristo, la quale Iddio gli ha data, per far sapere ai Suoi servitori le cose che devono avvenire in breve tempo; ed egli l'ha dichiarata avendola mandata per il suo angelo a Giovanni suo servitore ».

Lo scopo del libro è, primieramente, quello di rivelare fin un modo eccellente, e come prima non è stato fatto ancora, il Signore Gesù; rivelarLo ai Suoi servitori, e indicare loro le cose che è necessario avvengano in breve tempo; questo essendo il significato che si ricava dalla letterale traduzione. Il libro va letto con questa verità in vista: conoscere Gesù, e sapere le cose che Lui vuole siano subito compiute in ciascuno di noi.

Il servo è la figura di ogni vero servo, arrivato alla statura di udire, e passare il messaggio del libro. E' un uomo nascosto, in esilio. La sola storia che dà di se stesso è di dire che è fratello e compagno nell'afflizione e nel regno, e nella sofferenza di Cristo, e che era nell'isola chiamata Patmo, per la parola di Dio, e per la testimonianza di Gesù Cristo. Null'altro dice di sè, perchè lo scopo del libro è di presentare Gesù Cristo. Il servo era stato fedele nel passato, « il quale ha testimoniato della parola di Dio e della testimonianza di Gesù Cristo, e di tutte le cose che ha vedute ». Perciò può ricevere dippiù.

Una speciale beatitudine è promessa a chi legge, ascolta, serba le parole della profezia di questo libro. « Perciocchè il tempo è vicino », cioè, arrivati alla statura Apocalittica, si è chiamati a vivere come se, da un momento all'altro, si debba incontrare Gesù. Il messaggio è a sette (alle sette) chiese che sono nell' Asia. Esso viene da Colui che è, che era, e che ha da venire; e dai sette spiriti che sono davanti al Suo trono, e da Gesù Cristo il Fedele testimonio, il primogenito dai morti, e il principale dei re della terra. « E' - ERA - VENIENTE ». Nelle relazioni di Lui, mai perdere di vista tutti e tre i tempi. La memoria di passati benefici, la grazia del presente è un legame al passato e al futuro, per essere aperti a ricevere dippiù, specialmente ad attendere Lui stesso, che deve venire. E, con enfasi, prosegue: « Ad esso che ci ha amati, e ci ha lavati dai nostri peccati col Suo Sangue, e ci ha fatti Regno-Sacerdoti (questa è la vera traduzione) a Dio Suo Padre, a LUI la gloria, e l'imperio, nei secoli dei secoli. Amen ».

Un cenno sulla sua venuta : « Ecco! » l'avviso per dirci che si badi a ciò che si sta per dire. « Ecco, Egli viene colle nuvole, ed ogni occhio Lo vedrà, eziandio quelli che l'hanno trafitto; e tutte le nazioni della terra faranno cordoglio per Lui ». E noi non possiamo fare a meno di esclamare: « Beati quelli che fanno cordoglio ».

Quali nuvole, come, quando? Non pretendiamo rispondere a queste domande. Meglio che ciascuno impari da Lui. Ma vi è un tempo che Egli viene a ciascuno in modo speciale, prima di venire a tutti, Egli si nasconde dietro le nuvole (Salmo 97: 1-2). « lo sono l'Alfa e l'Omega (prima ed ultima lettera dell'Alfabeto, per dire che Lui è tutto il linguaggio), il principio e la fine, dice il Signore Iddio, che E'; che ERA, che HA da VENIRE, l'ONNIPOTENTE ».

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Il tempo della Rivelazione dato a Giovanni e il come: « Io era in ispirito nel giorno della domenica [giorno del Signore] ». L'invito è a vivere non più nella carne, e non in un giorno su sette, ma nell'intero giorno del Signore che è cominciato da quando abbiamo incontrato Lui.

« E udii dietro a me una gran voce, come d'una tromba ». « Dietro », come ad avvertirci che è necessario un ritorno a Lui, per prendere quello che ancora non abbiamo. Quel Personaggio, di dietro, che parla, e quel servo, davanti, che è obbligato a voltarsi per udire, ci dicono che ormai è tempo per noi di fermarci, per vivere, d'ora innanzi, faccia a faccia con Lui.

La voce diceva: « Io sono l' Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo; e ciò che tu vedi, scrivilo in un libro, e mandalo alle sette chiese, che sono in Asia: ad Efeso, ed a Smirne, ed a Pergamo, ed a Tiatiri, ed a Sardi, ed a Filadelfia, ed a Laodicea ».

Si noti la insistenza di questi « ed ». Non fermarti, fino a che non hai dato i sette messaggi. « Ed in quello mi rivoltai, per veder la voce che aveva parlato meco ». Vedere la voce!...

Sostanza, realtà in quella voce. « E rivoltomi, vidi sette candelieri d'oro. E in mezzo dei candelieri Uno simigliante ad un Figliuolo d'uomo, vestito d'una vesta lunga fino ai piedi, e cinto d'una cintura d'oro all'altezza del seno. E il Suo capo, e i Suoi capelli, erano candidi come lana bianca, a guisa di neve; e i suoi occhi somigliavano una fiamma di fuoco. E i suoi piedi erano simili a del calcolibano, a guisa che fossero stati infocati in una fornace; e la sua voce era come il suono di molte acque. Ed Egli aveva nella sua mano destra sette stelle; e dalla sua bocca usciva una spada a due tagli, acuta; e il suo sguardo era come il sole quando egli risplende nella sua forza ».

I particolari della descrizione ci porterebbero assai lontano, e al di là dei limiti che ci siamo proposti. Un rapido cenno: la voce prima, e poi la vista di Gesù; però Lui non isolato, ma in mezzo ai candelieri, per dirci che, d'ora in avanti, bisogna vedere Lui nel centro del Suo popolo. Candelieri. Tali vuole che siano le Sue chiese. Lui, candeliere, fa il suo popolo tanti candelieri. « D'oro ». Luce, olio, oro. Fede, pienezza di Spirito Santo, luce, Gesù nel centro. Non vedere Lui senza la chiesa, e non vedere la chiesa senza Lui.

Le descrizioni sono approssimative; il linguaggio umano è inadatto: lo Spirito Santo supplisce alla deficienza. Capo e piedi, attraggono, simultaneamente, l'attenzione. Ciò che noi consideriamo l'uno più nobile, e gli altri grossolani, sono tutti luminosi in Lui. O che ancora parlasse, o che, alla vista del Personaggio, Giovanni ha compreso la voce, la cui musica era nel cuore, la voce viene descritta ora : « Come il suono di molte acque ». Le voci dei vari messaggeri, e di tutto ciò che tocca le corde dell'anima umana, erano, sono, in quella voce. Nella mano destra, che è simbolo di potenza, erano sette stelle; e dalla bocca usciva una spada a due tagli, acuta . Realtà e penetrazione della Sua Parola. L'assieme è racchiuso nello sguardo splendente come il sole, quando risplende nella sua forza.

La meraviglia non è che Giovanni cadesse a terra, ma che non fosse caduto prima. Egli riferisce: « E quando io l'ebbi veduto, caddi ai suoi piedi come morto ». E' lo stesso discepolo che nella santa cena ha posato il capo sul petto di Gesù; ma ora è un vecchio. Gesù gli appare in gloria. Conviene che Lui cresca, e l'uomo diminuisca. « Quando l'ebbi veduto », non prima. Vedere Lui significa morire per sempre a noi. Ci pare di essere morti a noi stessi, ma, tante volte, ci siamo illusi.

Come morto, ma ai suoi piedi. E là non si muore, ma si vive. Cadde nella direzione del suo cuore e dello sguardo, ai piedi del Signore.

E Gesù mise la sua mano destra (la stessa che teneva le sette stelle) su Giovanni, e gli disse:

« Non temere; lo sono il primo e l'ultimo; e quel che vive; e sono stato morto; ma ecco ora sono vivente nei secoli dei secoli, Amen; ed ho le chiavi della morte e dell'inferno ».

In presenza della vita vittoriosa attraverso la morte, non si può morire. « Non temere ». La chiave è nella sua mano.

« Scrivi, adunque, le cose che tu hai vedute, e quelle che sono; e quelle che saranno d'ora innanzi; il misterio delle sette stelle, che tu hai vedute sopra la mia destra, e quelle dei sette candelieri.

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Le sette stelle sono gli angeli [ messaggeri] delle sette chiese; e i sette candelieri che tu hai veduti, sono le sette chiese ».

« Misterio » dunque abbisogna di rivelazione. E sono stelle, solo quegli angeli delle chiese mentovate dell' Asia? E solo quelle sette sono le chiese? Quelle sette stelle, e quei sette candelieri, sono simbolo di tutte le stelle, e di tutte le chiese che formano la sua Chiesa.

Essa, a mezzo di un ministerio di sette angeli (ministerio perfetto) è chiamata a ricevere sette definitivi messaggi, per essere portata all'incontro del Suo Sposo e Signore.

Il capitolo si chiude con a fronte questi due personaggi: il Signore. glorioso e potente, e il servo, morto e risuscitato. Attorno è solitudine, e perciò, l'attenzione del servo è concentrata alI'Autore del messaggio, e al messaggio stesso. La chiesa, portata in questa condizione è abilitata a vedere e udire Lui.

Capo XV INDICE

SETTE MESSAGGI

(Apocalisse 2, 3)

Piuttosto che fare l'analisi dei vari messaggi, ci piace aggrupparli: Gesù Cristo è presentato sotto sette aspetti; alla chiesa sono presentati sette pericoli e corrispondenti opportunità; sette minacce. e sette promesse.

Gesù Cristo. « Colui che tiene le sette stelle nella sua destra. il quale cammina in mezzo di sette candelieri »; alla chiesa di Efeso. « Il primo e l'ultimo; il quale è stato morto. ed è tornato in vita »; alla chiesa di Smirne. « Colui che ha la spada a due tagli. acuta »; alla chiesa di Pergamo. « Il Figliuolo di Dio, il quale ha gli occhi come fiamma di fuoco. e i cui piedi sono simili a calcolibano »; alla chiesa di Tiatiri. « Colui che ha i sette spiriti di Dio. e le sette stelle »; alla chiesa di Sardi. « Il santo il verace. Colui che ha la chiave di Davide; il quale apre e niuno chiude; il quale chiude e niuno apre »; alla chiesa di Filadelfia. « L' Amen. il fedel testimonio. e verace; il principio della creazione di Dio »; alla chiesa di Laodicea.

La Chiesa intera è chiamata a conoscere Gesù. sotto tutti questi aspetti: Sono sette rivelazioni di Lui, per affrontare sette condizioni; sette pericoli, che la insidiano.

Per la chiesa di Efeso, il pericolo è: la perdita della primiera carità. Tutti i mali che vengono di poi, sono frutto di questo scemare dell'amore di Dio: solo la compiuta carità caccia fuori la paura, ed è nella carità che le discussioni intorno alla parola di Dio non degenerano in contese, laddove quando la carità è raffreddata, le menti vengono turbate, e perdono la serenità di intendere il consiglio di Dio. Il secondo pericolo è di venire meno nelle sofferenze,. il terzo pericolo è quello di mescolarsi collo spirito del mondo, e della falsa religione,. il quarto è quello di perdere la primitiva sincerità e semplicità, e cadere sotto i raggiri dell'astuzia, il quinto è quello di contentarsi del nome di vivere, senza la realtà; il sesto è quello di perdere la opportunità della porta aperta, e di non guardare la pazienza della sua parola,. l'ultimo pericolo è quello della superbia e vanità, per cui ci possiamo vantare di essere ricchi, mentre siamo ammiseriti.

Sette minacce: IL Signore rimuoverebbe il Suo candeliere; quelli che, per timore, non avrebbero

perseverato sarebbero stati in pericolo della vera morte; quelli che erano mescolati collo spirito del mondo, vengono avvertiti che il Signore stesso avrebbe combattuto con loro, colla spada della sua bocca; quelli di Tiatiri, che sarebbero caduti in letto e gran tribolazione, e i figliuoli (frutto) di essa, sarebbero morti; quelli di Sardi che sarebbero stati colti all'improvviso dalla venuta del Signore;

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quelli che non sarebbero stati vincitori in Filadelfia, sarebbero stati travolti nella prova che verrà; quelli di Laodicea (i tiepidi, pieni di pretese) sarebbero stati vomitati fuori della bocca del Signore.

Sette promesse ai vincitori: Quelli di Efeso avrebbero mangiato dell'albero della vita che è in mezzo al paradiso

dell'lddio di Gesù; quelli di Smirne, avrebbero avuto la corona della vita, e non sarebbero offesi dalla morte seconda; quelli di Pergamo, avrebbero mangiato della manna nascosta, ricevuto un cal- colo bianco, e, in sul calcolo. un nuovo nome scritto (un nuovo e forte carattere), il quale niuno conosce, se non colui che lo riceve; quelli di Tiatiri avrebbero avuto podestà sopra le nazioni, e le avrebbero rette con una verga di ferro; quelli di Sardi, sarebbero vestiti in vesti bianche; quelli di Filadelfia sarebbero una colonna nel tempio dell'lddio di Gesù e avrebbero avuto scritto il nome dell'lddio di Gesù, della Nuova Gerusalemme che scende dal cielo, d'appresso all'lddio di Gesù, e il nuovo nome di Gesù; e quelli di Laodicea, sederebbero nel trono del Signore Gesù. come Lui si è posto a sedere sul trono del Padre.

Son sette messaggi, che formano un messaggio. Chi, di cuore, conosce Gesù in una linea, lo avrà rivelato in tutte le linee; ma chi non ha la vittoria nel primo pericolo, si indebolisce, e non l'avrà neanche per tutti gli altri pericoli. Per dare l'esempio dei sette, che formano unico messag- gio, ecco come si può dire alla chiesa, circa le promesse.

Egli darà a mangiare dell'albero della vita (che è Gesù stesso), aflinchè riceva la forza di rimanere nella primiera carità, e cosl non avrà timore delle sofferenze. Sarà coronato della vita, e non sarà sopraffatta dalla lusinga del mondo che la vuole corrompere; e il Signore la ciberà di manna nascosta, e diverrà forte come una pietra, ma altresi bianca, di purità, e avrà un nuovo nome {carattere) e una relazione col Signore, una individuale relazione che sarà cooosciuta solo da lei. Il Signore la rivestirà di autorità sulle nazioni, e le darà una verga di ferro contro al male, e ad ogni forma di carnalità, viene vestita di vesti bianche, ed assicurata che il nome non verrà cancellato dal libro della vita. Poi viene fatta una colonna nel tempio di Dio, e riceve una nuova rivelazione del nome dell'Iddio di Gesù, della Nuova Gerusalemme, e il nuovo nome di Gesù. In fine, è pronta per la porta aperta del rapimento, e le spetta di sedere sul trono stesso di Gesù Cristo.

Un messaggio chiama l'altro. Le sette chiese sono tutta la Chiesa; e sono sette epoche in ciascuno di noi. Il finale è una

piena rivelazione di Gesù, di noi stessi e dei pericoli; delle forze, della grazia e delle vittorie che Lui ha per noi.

Alla fine di ciascuna di queste lettere, è ripetuto l'avviso: « Chi ha orecchio ascolti ciò che lo spirito dice alle chiese ». Cioè, chi ha avuto da Dio il

dono dell'orecchio spirituale, lo usi per udire da Lui. E l'altro pensiero è che solo quelli, saranno in grado di udire ciò che lo Spirito dice alle chiese: gli altri non comprendono il messaggio.

Lo Spirito dice. Non ha detto ai tempi che fu scritta l'Apocalisse; ma dice ora, del continuo; tiene vivo il messaggio nelle chiese, nella Chiesa.

Capo XVI

INDICE

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SOVVERTIMENTO DELLE COSE COMMOSSE

(Ebrei 12: 25-29; Aggeo 2: 6-9; Matteo 24: 29-30)

Dopo mostrate le più grandi alture, seguono i più marcati avvisi: « Guardate che non rifiutate Colui che parla; perciocchè se quelli non iscamparono avendo rifiutato Colui che rendeva gli oracoli sopra la terra, quanto meno scamperemo noi, se rifiutiamo Colui che parla dal cielo? ».

Quale è la ragione principale del rifiuto? Non altra che l'intopparsi ai procedimenti di Dio, nel preparare il Suo popolo. Infatti così prosegue :

« La cui voce allora commosse la terra; ma ora Egli ha dinunziato, dicendo: Ancora una volta, Io commoverò non solo la terra, ma ancora il cielo ». « Ancora una volta », qualcuno traduce: « Una volta per sempre », cioè vi sarà una commozione definitiva.

« Or quell'ancora una volta [quell'una volta per sempre] significa il sovvertimento delle cose commosse, come essendo state fatte; acciocchè quelle che non si commovono dimorino ferme ».

Il passaggio è basato sulla profezia di Aggeo, profeta del ristoramento del tempio (Aggeo 2: 6-9). « Ancora una volta fra poco, io scrollerò il cielo e la terra, e il mare e l'asciutto. Scrollerò ancora tutte la genti, e la scelta di tutte le nazioni verrà a te; ed Io empierò questa Casa di gloria, ha detto il Signore degli eserciti ». Dopo queste parole, il profeta continua con qualche cosa, che pare non abbia diretto legame: « L'argento e l'oro è mio, dice il Signore degli eserciti ». Con ciò afferma la sua padronanza su tutte le cose, benchè ne nomini solo due.

Vi erano quelli che avevano veduta la gloria della prima casa. Il magnifico tempio, orgoglio di ogni Giudeo: « Chi di voi è rimasto che abbia veduto questa Casa, nella sua primiera gloria? E qual la vedete voi al presente? Non è essa appo quella come un nulla agli occhi vostri? » (Aggeo 2: 3). Si leggano i lamenti sulle rovine, specie in Isaia 64: 11, e nei Salmi, fra i quali i Salmi 44 e 89. Un nulla agli occhi vostri. Non all'occhio di Dio. L'uomo non ama vedere scosso ciò che è splendido agli occhi suoi. Quel popolo povero, reduce dall'esilio, in una città in rovine, e con un tempio poveramente cominciato a ricostruire, era atto a piangere la gloria del passato: ma il Signore aveva voluto scuotere, continuava a scuotere. La profezia si allarga, esce fuori dei confini della Giudea. Egli avrebbe scrollato cielo, terra, mare, asciutto, e tutte le genti. Tutto è figurato in quelle cose a scuotere. Cielo, il meglio di noi, terra, la nostra carne; il mare, i nostri affanni; l'asciutto, il posto che noi crediamo sicuro.

Ed, a mezzo di questi scotimenti, avrebbe chiamato la scelta delle nazioni alla seconda CASA (alla Chiesa). Qui, l'affermazione che tutto è suo. E poi, la promessa: « Maggiore sarà la gloria di questa seconda casa [ della Chiesa ] che la gloria della primiera [del Giudaismo ], ha detto il Signore degli eserciti, ed io metterò la pace in questo luogo, dice il Signore degli eserciti ».

Ma il raffronto non è dal Giudaismo alla Chiesa soltanto; ma dalla Chiesa bambina, alla Chiesa portata alla maturità; ed in ciascuno di noi, da una statura all'altra. A misura che avanziamo nei piani di Dio. il visibile ed il sensibile pare che si ritirino. L'occhio nostro, che ha veduto la gloria del principio della conversione, e dei gruppi che ci circondavano, ci fa piangere il passato, e dire che i tempi di prima erano migliori. Ma non diciamo ciò con sapienza, perchè il Signore stesso ha preparato questi tempi, in cui vediamo molte cose in rovina attorno a noi, ed in noi. E' LUI che scuote quelli che amano di rimanere nella Sua mano, e che non rifiutano Colui che rende gli oracoli dal cielo; che amano rimanere sotto la disciplina; e mentre vedono che in loro non rimane pietra sopra pietra, e che vengono distaccate le cose nelle quali erano più abituati a fidare, benchè sentono, come uno spavento, pure non fuggono dalla mano del Signore; sanno che è Lui. Aspettano. E intanto, Egli lavora.

Durante il processo di scotimenti, pare che abbiamo perso tutto; ma lo Spirito Santo, di tempo in tempo, avverte che la gloria della seconda casa (in ciascuno di noi) sarà più grande della prima. E' la gloria che viene dalla rovina, in cui l'uomo ha veduto la propria superbia e vanità, ed ha compreso che ben poco confidava nel Signore, benchè gli pareva di confidare. Quello che ne uscirà,

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sarà un cuore contrito ed umiliato, incapace, in sè stesso, di pensare e fare alcuna cosa, ma disposto a stare nella mano del Signore come l'argilla nella mano del vasellaio. E ciò il Signore chiama gloria, perchè Lui, che è Eccelso, si compiace di abitare coll'umile e contrito di cuore, lo fa Sua Casa. Che Egli scuota dunque. Nulla di Suo cadrà; ma solo le cose che non possono dimorare ferme. Ed esse verranno commosse, per uno scopo, acciocchè quelle che non si commuovono, dimorino ferme.

E' il desiderio dei figliuoli di Dio di vedere in loro stabilite le cose del Signore. Ma è necessario che altre vadano via, affinchè sia fatto posto a quelle che devono rimanere. Uno spazio non può essere occupato da due oggetti nello stesso tempo; perciò, il commovimento è necessario: è frutto dell'amore di Dio; è risposta alle nostre preghiere, di volere essere interi, e camminare di valore in valore. Diciamogli, dunque: dacci, o Signore, grazia di potere rimanere fermi nella tua mano, e lasciamolo fare. Egli conosce l'opera sua, e non sbaglia. Non ci fa male, ma solo consuma ciò che è bene sparisca, per fare posto a ciò che deve rimanere per sempre.

Se noi leggiamo con ciò in vista, intenderemo, almeno in parte, molte pagine della Scrittura Che sono avvolte in profondi misteri. Nessuno può leggere l'Apocalisse, dal capo quarto alla fine del libro, senza sentirsi compenetrato di uno stupore dinanzi alla quantità di profezie così difficili ad intendere. Almeno questo ci pare evidente, che mentre rappresentano avvenimenti per la Chiesa, e che saranno chiari a misura che vengono i tempi di cui accennano, sono anche profezie di quello che il Signore andrà compiendo in ciascuno di noi. Si legga, tenendo ciò presente, dal capo quarto al diciannovesimo del libro, e si vedrà il profitto che se ne ricaverà, anche se la mente non riuscirà a vedere molte cose chiare. Cielo, terra, mare, asciutto, vengono scossi, attorno, in noi, fino a che siamo portati alle definitive gloriose rivelazioni degli ultimi tre capitoli del libro. In ciascuno di noi si muoverà Ezechiele, profeta. in mezzo agli ossami. Ciascuno deve essere un tempio in rovina per divenire un tempio santo abitacolo dell'Iddio vivente. Non che tuttc le rovine diverranno tempio; chè, molti, sotto prova, e la perdita del visibile, si intoppano e fuggono; ma nessuno diverrà seconda Casa, piena di gloria. se non è stato prima casa che ha dovuto essere ridotta un mucchio di macerie e rovine.

Si legga, con questo avvertimento. specialmente il capo ventiquattresimo di San Matteo. E' una profezia di scotimenti su scotimenti. Notiamo i versi ventinove e trenta:

« Ora subito dopo l'afflizione di quei giorni [ ci sono giorni speciali anche in ciascuno di noi] il sole scurerà, e la luna non darà il suo splendore ». Non luce dall'alto, e non riflessa testimonianza. « E le stelle cadranno ». L'Apocalisse parla di stelle trascinate dalla coda del superbo dragone. Altrove è parlato di stelle erranti. San Giovanni ha vedute sette stelle nella mano del Signore. E fu avvertito che vi era un mistero in quelle stelle.

« E le potenze dei cieli saranno scrollate ». Potenze [ dunameis ] è il plurale della stessa parola usata per parlare della virtù di Dio [Potenza]. Chi sono queste potenze? Noi perdiamo il succo profittevole della parola di Dio, interpretandola. molte volte. troppo lontana da noi. Ciascuno consideri, un poco, i vari ambienti religiosi. Si noti, specie ai giorni nostri, che tutti quelli che erano di qualche importanza avanti le varie radunanze, sono come scossi, e ogni giorno più scossi. L'occhio del popolo era troppo fissato ai servi, e stava dimenticando il Signore. Abbiamo detto scossi, non annullati, o rigettati, benchè ci siano i rigettati, i quali il Signore conosce. Non devono rimanere potenze, ma solo la POTENZA di Dio nel Suo cielo, nei Suoi cieli.

« Ed allora [allora, non prima!] apparirà il segno del Figliuolo dell'Uomo nel cielo [il cielo che comprende tutti i cieli]; allora [non prima] ancora tutte le nazioni della terra faranno cordoglio, e vedranno il Figliuolo dell'Uomo venire sopra le nuvole del cielo, con potenza [una potenza] e gran gloria ».

Sia tutto ciò religiosamente creduto come una vasta profezia di futuro, e pel cui adempimento la Chiesa non si stanchi mai di pregare e attendere. MA, non si perda la individuale, locale, parziale, continua applicazione.

Quale segno? La Chiesa stessa è un segno a Lui. Il segno che fu indicato ai pastori, non fu l'angelo del Signore, nè la moltitudine celeste, ma: « E questo ve ne sarà il segno: voi troverete il

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fanciullino fasciato, coricato nella mangiatoia » (Luca 2: 12). Tanta gloria, cosi splendidamente annunziata, umiliata in tanta povertà e debolezza. Fanciullino, fasciato, in una mangiatoia!

L'umanità vedrà il segno di un popolo, che diviene come bambino nella semplicità, e che è prigioniero di Cristo, e messo in umilianti condizioni. Perchè, quello che avvenne di Lui, deve ripetersl nella chiesa, prima del suo ritorno; individualmente, in ogni membro di quella chiesa, prima che alcuno veda qualche cosa di Lui.

Quando tutto il Corpo di Cristo sarà in quella condizione di segno, allora « tutte le nazioni della terra faranno cordoglio, e vedranno il Figliuolo dell'Uomo venire sopra le nuvole del cielo, con potenza e gran gloria ». Ma intanto, mentre ciascuno di noi è scosso definitivamente, affinchè sia stabilito in ciò che deve rimanere eterno, qualche cosa si spanderà attorno a noi, senza nostra saputa forse, che indurrà alcuni a vedersi alla luce del Signore, e fare cordoglio, e vedere Lui nelle vie misteriose della Provvidenza.

Tutto verrà scosso; e, quando non vi è più nulla a scuotere, e siamo come un nulla, allora lo Spirito Santo ci ripresenterà quel Regno di cui abbiamo tanto detto, e udito; e inviterà: « Ricevi ora il Regno che non può essere scosso ». L 'Iddio nostro è un fuoco consumante.

Capo XVII INDICE

POPOLO SUGGELLATO

(2 Corinti l: 22; Efesi l: 13; 4: 30; Matteo 3: 11; Giovanni l: 33; Luca 24: 49; Fatti l: 8; Apocalisse 7: 3; Cantico dei Cantici 7: 3)

Due volte, in San Giovanni, la parola « suggellato » è detta del Signore: una volta del Padre, e una volta del Figliuolo. « Colui che ha ricevuto la sua testimonianza [ cioè la testimonianza di Gesù] ha suggellato che Iddio è verace ». Ha stabilito in modo fermo, completato, finito di dichiarare, che Iddio è verace (Giovanni 3 : 33). L 'altro passaggio si riferisce al Figliuolo. Gesù disse ai Giudei (Giovanni 6: 27): « Adoperatevi, non intorno al cibo che perisce, ma intorno al cibo che dimora in vita eterna, il quale il Figliuolo dell'uomo vi darà; perciocchè esso [LUI] ha il Padre, cioè Iddio suggellato ».

Credendo in Gesù, suggelliamo la testimonianza di Dio Padre, che Lui è verace. Mangiando del cibo che dimora in vita eterna, cioè di Gesù, mangiamo un cibo suggellato, completo. La Chiesa stessa deve essere un popolo suggellato, completato.

Tutto è compiuto nel sacrificio del Signore, ma ciò non significa che Egli compie tutte le cose in noi, con un atto solo. Egli ha compiuto tutto, compie in noi, e compirà a mezzo di noi. Perciò, il suggello è un atto separato della sua Grazia, benchè racchiuso in quella Grazia. Leg- gendo armonicamente i vari passaggi che abbiamo accennati nella testata del presente capitolo, si ha chiaro che: « Suggello dello Spirito Santo; Promessa del Padre; Battesimo collo Spirito Santo, Dono dello Spirito Santo », sono la stessa cosa. Colui che suggella, o manda la Promessa del Padre, e battezza collo o nello Spirito Santo, è Uno solo, cioè Gesù Cristo. L 'essere la stessa cosa, non toglie che ognuna delle espressioni, non dia un'idea speciale. Battesimo è la immersione; promessa del Padre, fa pensare all'amore di Dio manifestatosi in una maniera abbondante; suggello, l'affermare, e compire in noi un definitivo atto della Sovranità di Dio.

Mentre il Battesimo collo Spirito Santo, fu annunziato da Giovanni Battista, non fu subito insegnato da Gesù. Un accenno ne fu dato nell'occasione che alcuno dei discepoli gli disse: Insegnaci a pregare. A. conclusione dell'ammaestramento sulla preghiera, Egli disse loro che: « se noi uomini, essendo malvagi, sappiamo dare buoni doni ai nostri figliuoli, quanto più il nostro Padre Celeste, darà lo Spirito Santo a coloro che glielo domanderanno? ».

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Non lasciò una lista di richieste a fare, ma indicò che il chiedere lo Spirito Santo include tuttò ciò che si può domandare, perchè la Sua presenza in noi, abilita a chiedere, volta per volta, quello che serve, e chiederlo secondo Iddio. Poi ne riparlò, in modo più esplicito, nei capitoli 14, 15 e 16 dell'evangelo secondo San Giovanni, ed è il tema principale di quei suoi ultimi discorsi. Disse che era appo loro, ma che sarebbe stato in [in] loro (14: 17). Esso li avrebbe consolati (Consolatore). Perciò, il Suo primo ufficio è quello di consolare per la assenza del Signore. Errano di molto quelli che cercano lo Spirito Santo per altri fini. Poi disse che lo Spirito Santo avrebbe testimoniato in loro, ed essi avrebbero testimoniato agli altri; che lo Spirito Santo avrebbe glorificato Gesù Cristo. Un lavoro ordinato: Consolare; ammaestrare, glorificare. Accennò che essi avrebbero dovuto soffrire (16: 1-3). Dall'assieme della Scrittura si ricava che lo Spirito di gloria è accompagnato da sofferenze. « Se siete vituperati per lo Nome di Cristo, beati voi, poichè lo Spirito di gloria e di Dio riposa sopra di voi » (l Pietro 4: 14).

Essere battezzati, suggellati collo Spirito Santo, non autorizza a fare quello che noi vorremmo: tutt'altro. Esso ci mette in una assoluta schiavitù a Dio.

Il tempo di questo suggello lo conosce Lui, ma tocca ad ognuno di pregare affinchè lo riceva. La venuta dello Spirito Santo segna, per dire così, la ufficiale entrata in noi e del Padre, e del Figliuolo, e dello Spirito Santo. che vengono a fare dimora in noi. Ed è un atto solenne che non si dimentica mai, e che forma una esperienza distinta da tutte le altre. L'uomo deve cessare, e Dio deve definitivamente cominciare.

E' un suggello per il giorno della Redenzione, cioè per il giorno che Lui raccoglierà i suoi gioielli; ed è caparra, cioè un anticipo dei beni celesti.

Vano parlare dello Spirito Santo a quelli che ancora non hanno gustato l'amore di Dio, e non hanno avuto la gioia di avere i loro peccati perdonati. E' contrario alla volontà di Dio, il metodo usato da molti, di fare dottrine e discussioni su questo soggetto. Tutti i ragionamenti non indurranno mai alcuno a domandare, di vero cuore. tale dono. La preparazione è una condizione di amore e devozione a Gesù Cristo.

Ai limiti del presente lavoro, dobbiamo contentarci di brevi cenni. Il nostro tema non è di spiegare minutamente i vari termini usati, e i vari uffici dello Spirito Santo, ma di presentare la Chiesa come popolo suggellato. Prima di andare avanti, è giusto riconoscere che lo Spirito Santo lavora in ogni uomo che viene nel mondo, altrimenti come potrebbe udire la parola di Dio, e come potrebbe pentirsi? Chè, dovunque vi è bene di Dio, vi è lavoro dello Spirito Santo; ed Esso assiste tutti nel farli avvicinare a Dio, e continua ad assisterli dopo che si sono avvicinati. Ma ciò non è a confondersi con quella operazione isolata, solenne, che è il battesimo, il suggello collo Spirito Santo. La Chiesa è un popolo suggellato, non solo collettivamente, nel cuore di Gesù Cristo; non solo, rappresentativamente, per quello che avvenne nell'alto solaio, ma suggellata in ciascuno dei suoi membri; ossa ad ossa, pietra dopo pietra. Questi scritti non sonò per cavillatori, nè per orgogliosi; ma per quelli che amano Gesù Cristo. A tali diciamo, che. senza avere preconcetti, e senza dubbio alcuno, chiunque non ha la sicura testimonianza in sè di tale suggello, lo chieda in fede, e creda che il Signore lo suggellerà. Egli è fedele. Il quando, il come, lo lasci nella mano di Dio, come del resto deve lasciare a lui tutto il lavoro di grazia per ubbidienza e perseveranza. Se mettiamo dei « SE » davanti alla volontà di Dio di battezzare collo Spirito Santo, potremo mettere « Se » dovunque, e non saremo sicuri di nulla. E, dal dubbio all'incredulità non vi è che un passo. Chiunque si sente, nel fondo della sua anima, legato in Cristo all'amore di Dio, ritenga che sarà suggellato, e dica, in fede, che già è suggellato, senza con ciò cessare di pregare e dall'aspettare. « Se tarda, attendilo! ». E non si spaventi di alcun giudizio di uomo. E chi è battezzato collo Spirito Santo, si ricordi che ha una responsabilità nuova, è chiamato a vivere una vita di crocifissione, ed è come colui che, definitivamente si è fatto schiavo, e che quel suggello ha un piano speciale di imprimere dippiù in lui i chiodi della croce di Gesù Cristo. Se non vuole capire questo, o non è stato mai battezzato, oppure si va ribellando al battesimo che ha ricevuto. Perchè, non dimentichiamolo, è possibile scadere anche dopo il battesimo collo Spirito Santo.

L'anima suggellata, e che intende camminare secondo quel suggello, è un vivente testimonio di Dio, e della sua grazia e sovranità, anche senza che parli. La Chiesa, nell'assieme, e ciascun

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individuo a lei appartenente, diviene un orto serrato, una fonte suggellata. L'Orto si apre, la fonte sgorga acqua solo al comando di Colui che ha suggellato. Si parla, non meglio, non dippiù, dopo il battesimo collo Spirito Santo, ma non si deve fare NULLA, se non è Lui che dica, e faccia, a mez- zo nostro. Ricordati che il Battesimo o suggello dello Spirito Santo non ti dà, ma ti toglie, perchè è Lui che deve operare, d'ora innanzi, solo Lui che si deve vedere in te (popolo suggellato) per il tuo assoluto Signore, Sovrano.

Nel capo settimo dell' Apocalisse, ai versi due e tre leggiamo : « Poi vidi un altro angelo, che saliva dal sol levante, il quale aveva il suggello dell'lddio Vivente; ed Egli gridò con gran voce ai quattro angeli, ai quali era dato di danneggiare la terra, ed il mare, dicendo: Non danneggiate la terra, nè il mare, nè gli alberi, finchè NOI abbiamo segnati i servitori dell'lddio nostro in sulle fronti loro ».

Il personaggio meraviglioso non può essere altri che il Signore Gesù Cristo stesso. E questo suggello non è a confondersi con quello di cui ci siamo occupati, e che si suppone già avvenuto. E' una impronta speciale che Egli mette sulle fronti dei suoi servitori, già suggellati. La fronte è simbolo di coraggio, e di aperta testimonianza. Un tempo di estremo pericolo è davanti a tutti. I quattro venti della terra stanno per soffiare dalla terra, anche dalla carnalità di ciascuno, pericoli di dentro e di fuori. Se non fosse per la grazia di Dio, nemmeno gli eletti scamperebbero; ma Lui sa come trarre i pii di tentazione. Eccolo in tempo, e col suggello dell'lddio Vivente (Potenza e Realtà vigilante). Il grido non è ai servitori, ma ai quattro angeli che devono fare guasto. Può essere che i servitori non si accorgano di nulla. I servitori dell'lddio nostro (non servi di uomo alcuno, ma servi degli uomini per amore di Dio) devono da Dio (da quel NOI) essere segnati sulle fronti. Un senso che impedisca ai venti nemici di danneggiarli, e che li renderà riconoscibili dovunque. Ed è meraviglioso come le potenze del male, molte volte, conoscano i servitori di Dio meglio che tanti dello stesso popolo di Dio li conoscano! E' un suggello di testimonianza sicura, e di protezione.

* * *

Nell'ultimo capitolo del Cantico dei Cantici è accennato il finale e più grande pericolo della Chiesa. Le parole che stiamo per trascrivere hanno un vasto significato, chiunque sia che le pronunzi. Sono appropriate, sia dette dalla Sposa, e sia che siano dette dallo Sposo. Può essere che la richiesta la facciano entrambi. Vi è un pericolo che le onde travolgeranno il cuore e l'opera di lei; e lei grida; o è Lui che vede il pericolo, e la esorta.

Secondo i casi, le parole possono dirsi da tutti e due. La Chiesa vuole essere assicurata, e messa come suggello sul Suo cuore, e sul Suo braccio, posto di amore, e posto di protezione. E può essere anche lo Sposo, che in vista degli imminenti pericoli che la potrebbero travolgere, fa questo appello: « Mettimi come un suggello in sul tuo cuore, come un suggello in sul tuo braccio; perciocchè l'amore è forte come la morte. Molte acque non potrebbero spegnere questo amore, nè fiumi inondarlo. Se alcuno desse tutta la sostanza di casa sua per quest'amore, non se ne farebbe stima alcuna ».

Il cuore di Gesù Cristo. e le mani furono suggellati da ampie ferite. Egli non può dimenticare; la prova l'abbiamo: « Ecco lo ti ho scolpita sopra le palme delle mani » (Isaia 49: 16). Alla Chiesa : Metti Gesù come un suggello sul tuo cuore e sul tuo braccio. Sia Lui il padrone del tuo cuore (affezioni). e del tuo braccio (opere). Ciò renderà il tuo amore e devozione per Lui forte come la morte, cioè ti renderà fedele, pronta a tutto per Lui. Verranno onde dietro onde, molte acque e fiumi sopra di te, ma non potranno inondare questo amore. Qualunque altro amore che non sia suggellato nel cuore e nel braccio, se non subito, più in là, sarà inondato da onde e da fiumi, e sarà ingoiato. Ma, questo, suggellato, resisterà. La prova sarà grande, ma ne uscirà vittorioso. E' un amore che non si può comprare, perchè già è stato comperato col sangue. Tutto è venale tra gli

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uomini; se alcuno non si vende per un prezzo, si venderà per un prezzo più alto. La virtù assoluta non esiste. Ma il cuore ed il braccio che sono suggellati da Cristo, per Lui, nessuno può comprarli: sono già comprati, per sempre. A tutte le offerte che si fanno, fino a tutta la sostanza di casa sua, esso amore, rimane immacolato e tranquillo.

L'autore del pellegrinaggio del Cristiano ha un'immagine assai viva per descrivere la perseveranza del pericolo, e la forza della Grazia. Il pellegrino vide un fuoco, ed il nemico che procurava spegnerlo, buttandovi secchi di acqua, l'uno appresso all'altro. Ma il fuoco non si spegneva. Fu condotto in altra camera, e vide che dietro un muro, Uno. con un vaso di olio, a mezzo di un tubo nascosto, alimentava quel fuoco. I secchi di acqua certo pareva, per un momento. stessero per soffocarlo, ma solo per un momento, perchè la provvista nascosta dell'olio, faceva rivivere, sempre più viva, la fiamma.

L'anima suggellata in Dio, e consacrata nel braccio e nel cuore. parrà qualche volta che sia per venire meno, ed essere spenta; ma solo per un momento: per la provvista invisibile, pel risorgere continuo di Grazia dietro a Grazia, si leverà, più forte e più decisa di prima, a seguitare Gesù per vita e per morte, sino alla fine.

Capo XVIII INDICE

Parte I

UN POPOLO DI INTERCESSORI

(Isaia 59: 16; 53: 12; Ebrei 6, 7, 8; Gioele 2: 17; Luca 13: 6-9; Abdia 21)

Una delle lezioni più chiare e insistenti della Parola di Dio è che la Chiesa è un popolo d'intercessori. Si può dire che solo quelli che hanno afferrato questa gloriosa verità, e amano praticarla, solo quelli, sono la Chiesa. Benedetti per essere benedizione.

Intercessore è uno che si mette in mezzo fra il Giudice e il colpevole. Il Signore ha sempre cercato intercessori. In Isaia 59: 15, 16 leggiamo: « Or il Signore ha veduto, e gli è dispiaciuto che non vi era dirittura alcuna. E veduto che non vi era uomo alcuno che s'interponesse, il suo braccio gli ha operato salute, e la Sua giustizia l'ha sostenuto ».

In mancanza di intercessori, Iddio stesso ha provveduto, nel Suo Figliuolo, il vero INTERCESSORE. Ma, in Gesù, la Chiesa è fatta un popolo di intercessori. Cosa, infatti, vuole dire Sacerdoti a Dio, se non significa anche intercessori?

Non che fossero mancati uomini che avessero interceduto per il popolo. Abramo aveva pregato per Sodoma: Mosè, spesso, aveva interceduto pel popolo, sino a desiderare di essere, lui, cancellato dal libro della vita. Daniele è una delle più belle figure di intercessore. Aaronne si fermò una volta coll'incensiere, tra i vivi ed i morti. Ma costoro furono tipi di intercessione. Questo ministerio appartiene al Nuovo Patto, ed è sotto il dominio della dispensazione della Grazia.

Per capire la intercessione a cui è chiamata la Chiesa, è necessario capire Gesù come Intercessore, perchè le cose di Gesù sono anche della Chiesa, che deve essere simile a Lui. Sceglieremo fra i tanti passaggi, da due libri: dal profeta Isaia, e dall'Epistola agli Ebrei. Nell'ultimo verso del capo 53 di Isaia, leggiamo:

« Perciò Io Gli darò parte fra i grandi, ed Egli spartirà le spoglie coi potenti, perciocché avrà esposta l'anima sua alla morte, e sarà stato annoverato coi trasgressori, e avrà portato il peccato di molti, e sarà interceduto per li trasgressori ».

Sono quattro aspetti del ministerio di Gesù, ciascuno preparatorio di quello che viene appresso. Chi espone l'anima sua alla morte, solo quello si trova in condizione di essere, innocentemente, annoverato fra i trasgressori; e solo un tale può portare il peccato di molti, e può

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intercedere per i trasgressori, essendo Lui stesso stato annoverato del loro numero. La intercessione è il culmine del ministerio. Si pesino attentamente le tre linee precedenti, e si vedrà che preparazione ci è stata nella vita di Gesù, acciocchè Lui avesse ricevuto l'ufficio di intercessione, culmine del Suo ministerio. Ciò è più che morire crocifisso. Espose, del continuo, l'anima, la vita sua alla morte (e nel verso nove, nell'originale, si parla di morti); è stato calcolato come un trasgressore, e ha portato il peccato di molti (Egli è morto per tutti, benchè non tutti abbiano accet- tato ). E, alla fine, è intercessore. Che questo ministerio sia il culmine, lo si ricava anche dall'epistola agli Ebrei; « Ora, fra le cose suddette, il principale capo è: che noi abbiamo un Sommo Sacerdote il quale si è posto a sedere alla destra del trono di Dio » (capo 8: l). Nel capo pre- cedente (versi 24-25), è detto: « Ma costui, perciocchè dimora in eterno, ha un sacerdozio che non trapassa ad un altro. Laonde ancora può sa vare appieno [ all'estremo] coloro, i quali per Lui si accostano a Dio, vivendo sempre per intercedere ».

Vivendo lassù, nella gloria, non per beneficio di Se stesso, ma per amore degli altri. Morì per fare bene, vive per fare bene, cioè per intercedere. Il tipo dell'intercessore è Melchisedec. Dalla fine del capo quinto a tutto il capo settimo dell'epistola agli Ebrei, è cennato del ministerio di Melchisedec. Bisogna capire quel ministerio, per intendere quello attuale di Gesù al Trono.

Capo XVIII INDICE

Parte Il

UN POPOLO DI INTERCESSORI; MELCHISEDEC

(Genesi 14: 13; Salmo 110: 4; Ebrei 7: 1-4)

Figura del sacerdozio attuale di Gesù. Gesù fu senza padre riguardo alla carne; senza madre riguardo allo spirito. Melchisedec è

occupato solo del ministerio di soccorrere Abramo. Il ministerio del Signore al Trono, è di soccorrere la Chiesa, i discendenti del fedele Abramo

Gesù vive per intercedere (Ebrei 7: 25). Abramo aveva riportato una grande vittoria, liberato dei re, e il nipote Lot. Il santo non è

mai tanto in pericolo che quando ha avuto una benedizione. Senza che Abramo lo sapesse, il re della corrotta Sodoma gli veniva incontro per onorarlo, offrendogli beni. Le cose del mondo hanno attrazioni per farci, piano piano, tornare addietro. Perciò. il Signore, più tardi. comandò che le cose dei Cananei dovevano essere distrutte al modo dell'interdetto, giacchè dietro alle cose va il cuore.

Dunque, Abramo era in pericolo per l'incontro che avrebbe fatto col re di Sodoma: nella vittoria il cuore si dispone a vanità e non prende guardia; allora il nemico viene con maggiore sottigliezza.

Ma, Iddio vegliava sul fedele Abramo; Gesù Cristo veglia sulla Chiesa, e interviene a tempo, per liberarla da tremende cadute. Egli sa trarre di tentazione i pii (2 Pietro 2: 9). Se cosi non fosse, nessuno resterebbe salvato. Ci dia il Signore di apprezzare il glorioso ministerio di Gesù al Trono, ministerio che la Parola definisce: « IL PRINCIPALE CAPO » (Ebrei 8: 1).

Tra Abramo, ignaro del pericolo, e il laccio nemico, Iddio frappose il glorioso ministerio di Melchisedec. Il sacerdote dell'lddio Altissimo arrecò pane e vino, profezia che la Chiesa deve mangiare la carne, e bere il sangue di Gesù Cristo.

Abramo doveva mangiare e bere, ed essere cosi sostenuto. Poi, lo benedisse in nome dell'lddio Altissimo, possessore del cielo e della terra. Abramo fu pronto a dare al Signore; ad ogni fresca benedizione, noi siamo pronti a dare.

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Melchisedec non diede nessun avviso di guardarsi dal re di Sodoma, perchè non ve ne era bisogno. Se siamo fedeli, Iddio ci guarda « coll'occhio » (Salmo 32: 8): un piccolo cenno basta. E bastò per Abramo. Il nuovo Nome di Dio, che gli veniva rivelato « Altissimo, possessore del cielo e della terra », portò l'animo del fedele in alto: il mondo e le sue concupiscenze sparirono.

Melchisedec disparve: il suo ministerio era terminato per quella circostanza; l'incanto del serpente era rotto.

Abramo, cosi ripieno di quella benedizione, e colla musica del nuovo Nome di Dio nell'orecchio, incontrò il re di Sodoma. « Prendi la roba », gli dice l'uomo della terra. Ma Abramo vide il re di Sodoma e le sue ricchezze, come si vedono da chi è salito in cielo, e rispose come si legge in Genesi 14: 22-23. Il nuovo Nome gli era penetrato nel cuore, e subito lo predicò e aggiunse l'altro titolo, che Melchisedec non aveva ricordato, perchè toccava al fedele di ricordarlo. Vi aggiunse il titolo « SIGNORE », cioè Assoluto Padrone. lo ho alzato la mano al mio assoluto padrone, Altissimo. Egli possiede cielo e terra. Nulla io prendo da Sodomia. Nessuno deve vantarsi di avere arricchito Abramo. L'Altissimo Dio, mio Signore è possessore del Cielo e della Terra. Si, anche della terra, di cui gli uomini si credono padroni!

La lezione, data a tempo, con sapienza e invigorimento, aveva prodotto il suo effetto. Abramo era salvo, anzi più benedetto di prima.

Melchisedec non aveva parlato di se, ma era stato immerso nel ministerio affidatogli. Gesù rappresentò il Padre. Noi dobbiamo sparire, noi, e presentare subito Gesù.

Il ministerio di Gesù, sul tipo di Melchisedec, invita la Chiesa a usare le benedizioni, per servire altri. Egli è il Sommo Sacerdote, e noi i sacerdoti. Dobbiamo anche noi vivere per altri. Amen.

Capo XVIII INDICE

Parte III

UN POPOLO D'INTERCESSORI

(Gioele 2: 17; Luca 13: 6-9; Abdia 21)

Quella vita che non scorre a beneficio di altri, ma egoisticamente si ferma, diviene inutile, anzi dannosa. Un'immagine di ciò si ha nel capo 47 del profeta Ezechiele. « Le paludi di esso, e i suoi lagumi non saranno renduti sani; saranno abbandonati a salsuggine ». Nulla migliore dell'acqua come elemento purificatore, ma nulla più dell'acqua atto a portare la malaria, quando essa rimane stagnante.

La Chiesa è un popolo d'intercessori. Perciò, è chiamata a vivere per altri. San Paolo esorta che si preghi per tutti gli uomini. Il Signore Gesù ha pregato per quelli che avrebbero creduto alla parola dei discepoli. Nessuno può testimoniare di Gesù, senza pregare per coloro a cui testimonia.

Come incitiamo a vivere una vita di intercessione, ci piace citare due passaggi ancora, e cioè uno nel profeta Gioele, e l'altro nel capo 13 dell'evangelo secondo San Luca.

Gioele 2 : 17. Si riferisce alla intercessione a favore della chiesa in generale. « Piangano i sacerdoti, ministri del Signore, fra il portico e l'altare, e dicano: Perdona,

Signore, al tuo popolo; e non esporre la tua eredità a vituperio, facendo che le genti la signoreggino; perchè si direbbe fra gli altri popoli dov'è I'Iddio loro? ».

Leggendo il libro di Gioele, si vede che vi è bisogno di ristoramento. Iddio stesso invita, un gruppo speciale (che è figura della chiesa) a presentarsi per tutto il resto del popolo, e a piangere fra il portico e l'altare, cioè, in tutto il locale, mettendo davanti al Signore i bisogni del popolo che entra, e dei ministri che servono. Piangono,

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L'altro esempio è per un ristoramento individuale. Ed è in Luca 13: 6-9: « Or disse questa parabola: un uomo aveva un fico piantato nella sua vigna e venne

cercandovi del frutto, e non ne trovò. Onde disse al vignaiuolo: Ecco già sono tre anni che io vengo, cercando del frutto in questo fico, e non ne trovo; taglialo; perchè rende egli ancora inutile la terra? - Ma egli, rispondendo, gli disse: Signore, lascialo ancora quest'anno, finchè io l'abbia scalzato, e vi abbia messo del letame. E se pur fa frutto bene; se no, nell'avvenire tu lo tagIierai ».

Occorse un grande coraggio di amore perchè il vignaiuolo rispondesse come rispose. Se consideriamo la prontezza che vi è più al rigore che al ristoramento, le parole del padrone dovevano essere più che sufficienti per affrettare il servo a tagliare il fico inutile. Tre anni, lunga aspettativa: simbolicamente, è il massimo tempo di attendere. Nonostante il lavoro di tre anni (e tre ci pare anche simbolo della Trinità), questo fico si è mantenuto sterile. Tre anni nella vigna del Signore, tempo sufficiente per conoscere la verità intorno al Padre, al Figliuolo, ed allo Spirito Santo, almeno tanto da capire e portare frutto. E, invece, nulla. Il padrone stesso, in persona, era venuto cercando frutto. E in ciò è sottintesa una certa speciale insistenza, diretta a richiamare l'attenzione. Quindi, il comando: taglialo. E, benchè superfluo, la domanda: perchè rende egli ancora inutile il terreno? Anche a volerlo conservare che giovava al terreno di mantenere quell'albero inutile?

« Ma egli » - Qualunque altro avrebbe subito dato di piglio alla scure per tagliare; ma quel vignaiuolo odiava di dovere ricorrere a rimedi radicali. Signore, gli disse: lascialo ancora quest'anno. Il fatto che aveva avuto pazienza per tre era un incoraggiamento a fargli sperare che avrebbe condisceso ancora per un altro anno. Tre erano stati gli anni della pazienza del padrone; poteva aggiungere un altro anno, per la preghiera del servo, e avrebbe fatto quattro; e quattro è numero della chiesa. Ma non è una facile preghiera, la quale non costi nulla. Chi intercede è pronto a soffrire. In quell'anno egli avrebbe fatto a quel fico un lavoro speciale: « finchè io l'abbia scalzato, e vi abbia messo del letame ». Ora, per fare questo, il vignaiuolo si sarebbe dovuto genuflettere, per potere scoprire, ingrassare le radici. E' un lavoro di amore e pazienza, che si propone di raggiungere le fonti della vita. In questa proposta è la implicita confessione che, nel passato, non si è fatto pel fico tutto quello che si poteva. E se pure fa frutto, bene. se no, che?

Non dice che lo taglierà, e non dice che assolutamente e subito, dopo la prova, bisognerebbe tagliarlo. Se, nell'avvenire (non precisamente allo spirare del tempo), non ci sarà frutto, non lui, ma il padrone stesso : « Tu lo taglierai ».

Il servo ed il padrone tacquero. Chi tra i nostri lettori avendo un figlio scapato, non abbia qualche volta fatto propositi

rigorosi di metterlo fuori casa, e detto a quelli che gli erano vicini: lasciatemi fare, perchè io voglio cacciarlo! Se qualche anima piena di santo coraggio si sia interposta, anche con apparente sgarbo, come ad impedire il rigore, voi non ne siete stati offesi, anzi, avete segretamente goduto che alcuno avesse affrontato il rigore, perchè voi amate, anche mentre siete pieno di dolore. Nessuno può intercedere se non ama, e se non sia disposto lui a soffrire per amore di coloro per cui intercede.

Pregare senza soffrire è opera vana; il vero intercessore è un martire. In Daniele 12: 3, si legge: « E gl'intendenti risplenderanno come lo splendore della distesa;

e quelli che avranno giustificati molti, come le stelle in sempiterno ». In Giacomo 5: 19, 20: « Fratelli, se alcuno di voi si svia dalla verità, e alcuno lo converte,

sappia colui che chi avrà convertito un peccatore dall'errore della sua via, salverà un'anima da morte, e coprirà una moltitudine di peccati ».

E in S. Giovanni 5: 16: « Se alcuno vede il suo fratello commettere peccato che non sia a morte, preghi Iddio, ed Egli gli donerà la vita ».

Nel libro di Abdia il Signore si lamenta perchè nel giorno della calamità di Giacobbe (il popolo menato in cattività) Esaù (gli ldumei) se ne stava a riguardare alla calamità del suo fratello, per rendere più grave la condizione di quel popolo. Il Signore, obbligato, tante volte, a castigare, si addolora se anche noi usiamo rigore; vuole che preghiamo affinchè Egli possa stornarsi dalla sua ira. Egli vuole fare misericordia.

Alla fine di Abdia si legge :

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« E dei liberatori saliranno nel monte di Sionne (nella Chiesa) per giudicare il monte di Esaù ». Sarà giudizio in cui splenderà anche la misericordia di Dio, altrimenti a che fare menzione di liberatori?

Vi è il pericolo che Esaù, il quale non si è comportato bene, sia trattato con rigore di vendetta. Ma, ecco che dei liberatori, non dei guerrieri zelanti e furiosi, ma dei liberatori, uomini di pietà e di intercessione, si faranno avanti nella Chiesa, per giudicare con misura, e per intercedere pel monte di Esaù. Il castigo ci sia pure, ma unito a misericordia, come è il castigo di Dio. - « E il regno sarà del Signore ».

Capo XIX

INDICE

LA VITA DELLO SP1RITO - SANTITA' SIMMETRICA ( Galati 5; Giacomo 2; Proverbi 31: 10-31)

La Chiesa è un popolo che ha pace di dentro, e vittoria di fuori. Il Signore la chiama ad un cammino intero, come disse ad Abramo: « Cammina davanti a me e sii intero ». Ma, come per Abramo il segreto della vittoria era in quel « cammina davanti a Me ». E quel « Me » è l'Iddio Onnipotente, così è per la Chiesa: « Camminate per lo Spirito, e non adempiete le concupiscenze della carne ». Paiono due comandi; ma, in sostanza, sono uno; il non ubbidire alla carne, è frutto del camminare per lo Spirito, e questo camminare è come dire, in altra forma, di vivere nella presenza del Signore.

Il Signore ci chiama ad una santità intera, cioè nello spirito, nell'anima e nel corpo (1 Tessalonicesi 5: 23). La vita di dentro, e la vita di fuori vengono armonizzate. L'ideale è che il parlare e la vita, devono accordare; che la bocca non debba trapassare il pensiero, sull'esempio di Gesù Cristo, in cui la parola che pronunzia colla sua bocca, e Lui stesso, sono identificati. Lui e le sue parole. Tale deve essere la Chiesa. Ed a questo scopo, il Signore la lavora per lo Spirito Santo.

L'epistola di San Giacomo mette in rilievo le opere, frutto della fede: non contraddice al resto della Scrittura, ma la conferma. Ha portato l'esempio di Abrahamo che ubbidì al Signore, e poi aggiunge: « Tu vedi che la fede operava insieme con le opere di esso, e che, per le opere, la fede fu compiuta [perfezionata] » (Capo 2 : 22). Questo punto va inteso con discrezione, altrimenti si offende la grazia di Dio, come se fosse necessario per l'uomo di fare alcuna cosa. Già la stessa epistola di San Giacomo, in altro punto, dice che dobbiamo vivere secondo la legge della libertà, perchè misericordia si gloria contro a giudizio.

La relazione fra la fede e le opere sono chiaramente spiegate in Efesi 2: 8-10. E' chiaro che siamo salvati per grazia, e mediante la fede, cioè accettando il dono gratuito della grazia; e, poi, il Signore stesso, anche per grazia, ci mette davanti le opere che Lui ha preparate per noi che abbiamo effettivamente creduto. In che senso, dunque, è scritto che la fede fu compiuta per le opere di esso? « Abramo camminò per fede ». Quando ricevette grazia di ubbidire, dopo avere ubbidito, si trovò più forte nella fede. Fede in Dio A misura che ubbidiamo, Iddio diviene sempre più, una gloriosa realtà. Ubbidendo alla sua parola conosciamo, davvero, appieno, che la parola è da Lui.

Nel capo quarto agli Ebrei leggiamo, a riguardo del popolo lasciato addietro, « che la parola loro evangelizzata non giovò nulla, non essendo incorporata per la fede in coloro che l'avevano udita ». Nessuno vorrà perciò, negare potenza alla Parola di Dio Non fu incorporata, mescolata, fatta una, per la fede Cioè, chi ode deve credere che ciò che ode gli appartiene; che il Signore glielo fa conoscere, perchè vuole darglielo, e cosi lo riceve. Chi ha udito, e creduto, deve ubbidire, perchè cosi si fortifica nella fede, cioè entra in una fede compiuta. Ogui passo innanzi fortifica anche quello procedente.

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Colui che crede, vive in Cristo, e mentre vive, ubbidisce, porta frutto, frutto abbondante e permanente. Si leggano i versi 1 a 10 del capo 15 dell'Evangelo secondo San Giovanni. Senza di Lui non possiamo fare nulla. Essendo Lui in noi che fa l'opera, dobbiamo consentirgli, dargli le nostre membra affinchè operi. Da un lato è detto che è Lui che fa l'opera, ed è vero; e, d'altra parte è detto che noi facciamo le opere che Lui ci dà a fare, ed è anche vero. Ciò è racchiuso in quell'apparente contrasto che in Lui portiamo frutto, e poi nell'avviso che: i tralci che non portano frutto sono gettati via.

La nostra parte è di dimorare nel suo amore, e così osserveremo 1 comandamenti suoi, cioè quelli che ci andrà dettando per lo Spirito Santo.

Se l'uomo non ubbidisce, dimostra che non ha creduto, e che non vuole dimorare in Cristo. La mancanza di opere sono avviso che dobbiamo correre alla fonte, a Gesù Cristo.

Non è questo un uscire dalla Grazia per andare sotto la legge di Mosè. No; ma avviso ad entrare o rimanere fermi nella Grazia. Le prime parole tuonate nel capo quinto ai Galati sono: « State adunque fermi nella libertà della quale Cristo ci ha francati, e non siate di nuovo ristretti sotto il giogo a servitù », Chi davvero vive in Cristo, e nella Sua nuova legge, quegli solo è in condizione di ubbidire i Suoi comandi; ma non se ne vanta, e non ci fonda alcuna pretesa, perchè ha ubbidito senza secondo fine. Vogliamo dire che non ha potuto fare a meno di ubbidire. L'operare diviene spontaneo in quel tale; senza che ci pensi, e senza che nemmeno, a volte, se ne ricordi; è frutto spontaneo della nuova vita. Come l'albero, il quale non fa pompa di vestirsi di fiori, e poi di frutta; intanto, perchè è buon albero, ed è coltivato, li porta in silenzio.

Uno dei tipi della Chiesa, come santità pratica, è nei Proverbi al capo 31. « Chi ha trovato una donna di valore? » La domanda suppone che non è dell'uomo di trovare una tale donna. Ed è stato Iddio che ha

cercato la Sposa al Suo Figliuolo. Gli uomini gliene avrebbero cercata un'altra. Di valore? Lui è di valore, e fa di valore quelli che si fanno guidare dal Suo buono Spirito. « Il prezzo di essa avanza di gran lunga quello delle perle. Il cuore del marito si fida di lei ». Senza negare il senso immediato di tali parole, applicandole alla vita domestica, dobbiamo ricordare il piano della Scrittura che è di testimoniare di Gesù, e di ciò che Lo riguarda. Perciò, è Lui che si fida della sua Chiesa. Il diavolo cercò, per bocca di uno degli amici di Giobbe, di insinuare che Iddio non si fida nemmeno dei suoi angeli, e molto meno dèll'uomo (Giobbe 4: 18, 19), ma la verità è che Iddio ha fede nel Suo Popolo. Gesù Cristo chiamò Luce e Sale, quelli che, in quel momento, non erano ancora nè luce, e nè sale.

« Ella gli fa del bene ». Fare bene a Dio? Impossibile, perchè Egli non ne ha bisogno. Ma, la Chiesa, si presta ad essere la mano per mezzo di cui Iddio fa bene; e questo bene è considerato come fatto a Lui. E' uno dei segreti della sua Benignità e condiscendenza, di chiamare beneficio a Lui quello che Lui stesso ci dà grazia di fare ai nostri simili. Abbiamo un gentile Signore.

« Ella cerca della lana e del lino, e lavora delle sue mani con diletto ». Due simboli: l'uno di ciò che deve essere imbiancato, per grazia « rossi come la grana, diventeranno come la lana » (Isaia 1 : 18); l'altro, Il lino, simbolo della santità pratica nei santi, la quale è frutto della grazia. « E lavora colle sue mani con diletto ». Entrata nel riposo di Gesù, quello che fa, lo fa con gioia. Si diletta in Lui, nell'opera.

« Ella è come le navi dei mercatanti; ella fa venire il suo pane da lungi ». Ha la vista lunga e penetrante. « Pane da lungi ». Nei Numeri 14: 9 si leggono parte delle parole di Giosuè e Caleb, per esortare il popolo a non avere paura dei giganti di Canaan, ma entrare nel paese per possederlo. Dicono: « Essi [ questi giganti] siano nostro Pane ». Pane è simbolo di Cristo. Cibati di Lui viviamo. Anche le Cose contrarie, per quelli che amano Lui, divengono pane. Tutto coopera al bene a quelli che Lo amano.

« Ella si leva mentre è ancora notte, e dà il cibo alla sua famiglia, e ordina alle sue serventi il loro lavoro ». Ci pare di udire le parole di Gesù riguardo a quelli che ha costituito sopra i suoi familiari, per dare loro il cibo a tempo.

« Ella considera un campo, e l'acquista; ella pianta una vigna del frutto delle Sue mani ». Ha la percezione di dove dovrà intraprendere nuovo lavoro per il Signore.

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« Ella si cinge i lombi di forza, e fortifica le sue braccia ». Non dice che è forte, ma che si fortifica. Pare un'anticipazione delle parole di San Paolo agli Efesi : « Fortificatevi nel Signore, e nella forza della Sua possanza ». « Perciocchè il suo traffico è buono, ella lo gusta; la sua lampada non si spenge di notte ». Si sente incoraggiata, e va avanti con allegrezza. Iddio le dà materia di cantare anche di notte (nelle prove). Paolo e Sila, prigioni, coi piedi nei ceppi, di notte cantavano inni a Dio.

« Ella mette la mano al fuso, e le sue palme impugnano la conocchia ». Lavoro umile in cui deliberatamente si mette, e dà l'esempio alle serventi.

« Ella allarga la mano all'affiitto, e porge le mani al bisognoso ». Aiuto all'anima e al corpo dei bisognosi. Prontezza e sapienza nell'aiutare (Salmo 41: l).

« Ella non teme la neve per la sua famiglia; perciocchè tutta la sua famiglia è vestita a doppio ». Chi aiuta il povero non avrà mai mancamento. Doppio vestito, doppia provvista, abbondanza di grazia.

« Ella si fa dei capoletti, fin lino, e porpora sono il suo vestire ». Lavori di grazia e doni dello Spirito Santo.

« Il suo marito è conosciuto nelle porte, quando egli siede con gli anziani del paese ». L'operato di una tale donna, porta a che altri conoscano il suo marito.

« Ella fa dei veli e li vende, e delle cinture, le quali ella dà ai mercatanti ». Veli di misericordia, perchè la carità copre; e cinture di fortezza ed incoraggiamento.

« Ella è vestita di gloria e di onore, e ride del giorno avvenire »! La Chiesa, perchè dimora in alto, alberga all'ombra dell'Onnipotente, non ha paura di nulla.

« Ella apre la bocca con sapienza ». L'uomo compiuto si conosce nella bocca. « E la legge della benignità è sopra la sua lingua ». Si è fatta una legge di usare benignità, e

di non giudicare. « Ella considera gli andamenti della sua casa, e non mangia il pane di pigrizia ». E' attenta

a se stessa, e a ciò di cui deve dare conto. E' diligente e non pigra. « I suoi figliuoli si levano, e la predicano beata; il suo marito la loda ». Non si loda lei, ma

è il Signore che la loda. La sua sapienza è giustificata dai suoi figliuoli, i quali sono in luogo dei suoi padri.

« Molte donne si sono portate valorosamente, ma tu le sopravanzi tutte ». La Chiesa è la superna vocazione, per un popolo che più di tutti si è consacrato al Signore.

« La grazia [non la grazia di Dio, ma la umana attrazione] è cosa fallace, e la bellezza è cosa vana; ma la donna che ha il timore del Signore, quella sarà lodata ». Ella non si vanta, ma il marito, e gli altri, dicono come in coro:

« Datele del frutto delle sue mani; e lodinla le sue opere nelle porte ». Opere varie, a scopi e fini vari. Ha gettato il pane sulle acque, ne ha fatto parte a sette (perfetta distribuzione) e ad otto (il dippiù, della nuova creazione). Nelle porte. Noi non sappiamo l'effetto delle opere, ma son come tante porte ai cuori, e porte di benedizioni.

La Chiesa di Cristo è composta di persone modeste, piene di amore a Lui, e amore alle creature: è contemplativa, considera, vede da lungi; è pratica. Vigilante alle opportunità, pronta a servire e a dirigere, quando vi è cbiamata; allegra e piena di perseveranza ancbe in mezzo alle afflizioni, e dimentica di se stessa. Tutta immersa nel lavoro della casa del suo marito, ha dimenticato il suo popolo e la casa di suo padre, e il Re ha messo amore alla sua bellezza, la quale non è a confondersi colle fa!laci bellezze della vanità. E' tutta una bellezza interiore.

Capo XX INDICE

AMICA -COLOMBA -COMPIUTA -SORELLA -SPOSA

(Cantico dei Cantici; 1 Giovanni 3, 22; Giacomo 2: 23; Luca 11: 5-9; Marco 14: 3-9)

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Chi legge, attento, e senza pregiudizio, le scritture, specialmente il Cantico dei Cantici, non tarda a vedere che fra i vari personaggi che conoscono il Signore, e che pure sono suo popolo, vi è, distinto da tutti, un gruppo che va sotto vari nomi, e che è lo stesso gruppo Sono tanti nomi per parlare della Chiesa, la superna vocazione di Dio in Cristo Gesù. Il fatto che in qualche luogo, si parla di unica vocazione, un'unica speranza e unica famiglia, non esclude la varietà. Iddio è UNO, eppure sappiamo che c'è anche il Figliuolo e lo Spirito Santo. San Paolo dice cbe ci sono diversi corpi di vario splendore. Così la Cbiesa è un popolo, a parte, unico, benchè non sia il solo popolo che gode la grazia di Dio.

Altro avvertimento essenziale è che nessuno può essere parte di quel Corpo, se è mosso da fini personali. Il cercare di scampare l'anima è buono in sè, ma non è I'Ideale della Chiesa. Essa vive di amore, per UNO che per lei è tutto. La speranza di godimenti, e la paura di tormenti non Sono nei suoi calcoli. L'assenza di Lui è il suo inferno, e la sua presenza è il suo cielo. Non è lei che fa una data cosa, per essere la sposa di Gesù Cristo, ma è Gesù Cristo che chiama Sua sposa coloro che rispondono a certe condizioni spirituali, alle quali Iddio Padre stesso li ha chiamati.

Il Cantico dei Cantici, libro di unione e comunione, ha tutti i titoli che abbiamo messi a capo di questo capitolo. Ciascuno risponde ad un fine speciale. Noi, per ragione di brevità, ne esamineremo uno solo, e anche brevemente, e gli altri, li passeremo con un cenno.

« Colomba », dà l'idea della semplicità e della vita nello Spirito, giacchè lo Spirito Santo stesso si compiacque, scendere su Gesù in forma corporale di colomba. Colomba, dà anche l'idea di un popolo ritirato e che vive nelle spaccature delle rocce, nascosto in Cristo.

« Compiuta », di un popolo che ama camminare verso la perfezione, ed è compiuto, sino alla luce che ha.

« Sorella », ci riporta alla memoria del Suo sacrificio, per cui, per la sua morte, siamo riavvicinati a Dio, nostro Padre. Gesù è il primogenito tra i molti fratelli.

« Sposa », per dire della intima e dolce comunione, di cui la uguale relazione sulla terra, è una pallida immagine.

« Amica », intimità di confidare i suoi segreti. Tutti i nomi servono a presentare un personaggio simmetrico, che, mentre ha una qualità ne

ha anche altre, affinchè la intimità non divenga irriverenza, la ritiratezza non divenga paura. « Amica ». « Amico ». Sono due parole che occorrono di frequente nel Cantico dei Cantici. Una delle più dolci relazioni è l'amicizia, intesa nel senso elevato della parola. « L'amico ama in ogni tempo. Vi è tale amico che è più congiunto che un fratello » (Proverbi 17: 17; 18: 24). Gesù, prima della passione, disse ai discepoli: « Io non vi chiamo più servi, perciocchè il servo non sa ciò che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perciocchè vi ho fatto sapere tutte le cose che ho udite dal Padre mio. Voi non avete eletto me, ma io ho eletto voi » (Giovanni 15 : 15, 16).

Non erriamo: la Chiesa è anche serva, nel senso di umiliazione e di prontezza a lavorare. Ma serva nel senso elevato della parola, non per salario, o paura. In questo ultimo senso non è serva. Serve ed è amica. Cosi il privilegio dell'amicizia è di farle sapere ciò che Gesù stesso ha udito dal Padre. Vi è qualche cosa che si può confidare ad un amico, ma, a volte, non si può confidare ai proprii figli e fratelli. II cuore umano abbisogna di amicizia. I discepoli potevano sentire un'immensa soggezione a quelle parole, giacchè la distanza a cui si sentivano, non li incoraggiava a chiamare Gesù amico, ma Lui stesso li anima ad entrare risolutamente in questa intima relazione, dicendo che non erano stati essi che avevano fatto la scelta, perchè potevano accusarsi di presuntuosità, ma era Lui che li aveva scelti. Coraggio, dunque.

Nella prima epistola di San Giovanni, al capo terzo, verso ventidue, si legge : « E qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da Lui; perciocchè osserviamo i suoi

comandamenti e facciamo le cose che gli sono grate ». I comandamenti sono sempre dati per lo Spirito Santo. Ma, tante cose il Signore non le

comanda, benchè la ispirazione ne venga sempre dal Suo buono Spirito. Per esempio non vi fu

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nessun comando a Maria di Betania perchè comprasse l'alabastro di olio odorifero di grande prez- zo, e lo conservasse per la imbalsamatura di Gesù.

Nelle relazioni di famiglia, alcune considerazioni di delicato riguardo perderebbero il loro profumo se fossero comandate o fatte per paura. L'amore sa fare gradite sorprese. Chi vive sotto la legge del dovere, misura tutto al limite del dovere. L'amore puro va più in là (non contro) del dovere. Daniele fu uomo gradito. Non era occupato soltanto della sua personale relazione col Signore; ma capì il piano di Dio, e si mise ad intercedere per il popolo, con un linguaggio tale, che se fosse stato lui responsabile di tutto il male che i Giudei avevano sofferto, non avrebbe potuto parlare con piu umiltà e pentimento.

Nel caso di Abrahamo ci fu il comando, è vero; ma la cosa richiesta è così grande, e il sacrificio così irragionevole, dal punto di vista umano, che ci volle quel comando chiaro.

I sacrifici umani erano proibiti dallo stesso Signore che Abrahamo serviva. Isacco era il figlio della promessa. Il comando ci voleva; quando venne, Abrahamo non discusse, ma disse: Eccomi. Pronto all'ubbidienza. Solo ad Abrahamo il Signore chiese tanto, e solo Abrahamo fece tanto. Perciò, non è a meravigliare se a lui, per eccellenza, viene dato il titolo di amico di Dio (Isaia 41: 8; Croniche 20: 7; Giacomo 2: 23).

Ma, in precedente occasione non occorse comando per Abrahamo, e fu quando albergò tre forestieri che passavano innanzi alla sua tenda, nell'ora calda del giorno. Nessuno l'obbligava a correre loro incontro, e riceverli come li ricevette. Siamo informati che il Signore volle fargli conoscere il destino di Sodoma. Il Signore Gesù ci informa che Abrahamo giubilando vide il Suo giorno. Tale rivelazione dovette averla, in modo più abbondante, nel giorno che offri il figliuolo Isacco. Il Signore rivelò all'amico il suo piano.

Nel Salmo 103, leggiamo che il Signore « ha fatto sapere a Mosè le sue vie, e ai figliuoli d'Israele le sue opere ». Le vie sono i piani, i segreti di Dio.

Maria di Betania, di cui abbiamo già fatto qualche cenno, conobbe, meglio di ogni altro, ciò che attendeva Gesù. Era stata ai suoi piedi ad ascoltare la sua parola: perciò preparò l'olio odorifero di grande prezzo; perciò, spezzò l'alabastro e la casa fu ripiena del profumo. E' una delle figure più belle dell'amica - della Chiesa.

Nell'occasione che i discepoli domandarono a Gesù che insegnasse loro a pregare, il Signore disse loro la parabola sull'amico importuno:

« Chi è colui, d'infra voi che abbia un amico, il quale vada a lui alla mezzanotte, e gli dica : Amico, prestami tre pani; perciocchè mi è giunto di viaggio in casa un mio amico, ed io non ho che mettergli dinanzi? Se pur colui di dentro risponde, e dice: non darmi molestia; già è serrata la porta, e i miei fanciulli sono meco in letto, io non posso levarmi e darteli. Io vi dico che, avvegnacchè non si levi, e non glieli dia perchè è suo amico, pure, per l'importunità di esso, egli si leverà, e gliene darà quanti ne avrà di bisogno ».

A primo aspetto, l'enfasi della parabola non è sull'amicizia. ma sull'importunità. Però effettivamente, vi è una lezione nascosta sull'amicizia. Colui che si sente libero di andare a picchiare alla mezzanotte, e non si stanca di picchiare, nonostante i rifiuti, è un amico. Solo perchè amico del ricco, si sente incoraggiato di andare a quell'ora insolita, e di insistere in modo insolito. Nel promettere al viaggiatore che gli provvederebbe il pane, a mezzo del ricco a lui ben conosciuto, è la storia, non iscritta, di antica e intima relazione. Erano amici da tempo. Ciò che fa onore all'amico importuno, è che egli usò quell'amicizia per beneficare altri. La Chiesa vive per altri.

Un tale popolo che è l'amica di Dio, è chiamata a conoscere quello che ad altri non è rivelato. Vive in intima comunione collo Sposo, suo amica, e si tiene pronta al Suo incontro. « Riduciti, prestamente, amico mio - dice ella allo Sposo - sopra i monti degli aromati » (Cantico dei Cantici 8: 14).

« Ed io Giovanni, vidi la santa città, la nuova Gerusalemme. che scendeva dal cielo, d'appresso a Dio. acconcia come una sposa, adorna pel suo marito ».

Come Maria di Betania. approntò l'olio odorifero, perchè antivide la passione di Gesù. e lo versò sul capo di Lui, mentre altri pensavano a festeggiare, cosi la Chiesa, di cui essa è figura, sarà

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pronta all'incontro dell' Amico e Sposo, mentre altri, o non lo aspettàno, o lo aspettano non come Egli vuole che sia aspettato. - Si, vieni, Signore Gesù. - Amen.

Capo XXI INDICE

LA MANIFESTAZIONE DEI FIGLIUOLI DI DIO

(Romani 8: 19)

« Ho detto: Benedette e non maledette » insistè la Voce nello spirito del missionario che guardava alla folla che gli passava davanti. e che, in maggioranza almeno, non ha mai letto l'evangelo. La promessa fatta da Dio ad Abrahamo gli fu ricordata: « Ed io ti farò divenire una grande gente, e ti benedirò... E tutte le nazioni della terra saranno benedette in te » (Genesi 12: 2. 3).

E, l'enfasi ripetuta sulla parola « benedette ». Benedette, non maledette. La promessa venne ripetuta ad Abrahamo, dopo che fu pronto ad offerire lsacco: « Io del

tutto ti benedirò. e farò moltiplicare, grandemente la tua progenie tal che sarà come le stelle del cielo, e come la rena che è in sul lido del mare; e la tua progenie possederà la porta dei suoi nemici. E tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua progenie, perciocchè tu hai ubbidito alla mia voce » (Genesi 22: 17. 18). Benedette tutte le nazioni. E il possesso della porta dei nemici, non è per terreno dominio, o vendetta, ma a fine di bene.

Iddio ama tutti i popoli, e vuole raggiungerli e benedirli a mezzo della Chiesa (la Sua Chiesa), Come Gesù. anche quando non parla è PAROLA di DIO, cioè dimostra Iddio a noi, così la Chiesa. anche che non predichi, mostra Gesù a quelli che la contemplano. Perchè quelli che noi, con disprezzo, abbiamo chiamato mondo, osserva con più accorgimento che non pensiamo il procedimento dei figliuoli di Dio. « Come si amano! » esclamavano i pagani. notando l'amore che si portavano i cristiani tra loro. In alcune città. la peste mieteva vittime. e la gente abbandonava anche i più cari congiunti, mentre i cristiani ne prendevano cura. Al tempo dei martiri, fra gli stessi soldati, alcuni accettarono il cristianesimo, vedendo la maniera con cui i cristiani andavano alla morte. Dove è il vero, e non mera professione, presto o più tardi la realtà viene conosciuta, e produce i suoi effetti.

« Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini, acciocchè veggano le vostre buone opere, e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli. Voi, adunque, siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro, che è nei cieli » (Matteo 5: 16, 48).

« Avendo una condotta onesta fra i gentili, acciocchè, là dove sparlano di voi come malfattori, glorifichino Iddio, nel giorno della visitazione, per le vostre buone opere, che avranno vedute » (l Pietro 2: 12). La vita santa della Chiesa, è come una rivelazione della verità per quelli che non la conoscono.

Qua e là, nelle Scritture è accennata la relazione che ci sarebbe fra la benedizione del popolo di Dio (diciamo così per intenderci, benchè tutti siano popoli di Dio), e le altre genti:

« Inchinate il vostro orecchio, e venite a me; ascoltate e l'anima vostra vivrà; ed io farò con voi un patto eterno, secondo le benignità stabili, promesse a Davide. Ecco lo l'ho dato per testimonio delle nazioni, per conduttore, e comandante ai popoli. Ecco, tu chiamerai la gente che non conoscevi, e la nazione che non ti conosceva correrà a te, per cagione del Signore Iddio tuo, e del Santo d'Israele; perciocchè Egli ti avrà glorificato » (Isaia 55: 3-5).

« In quel tempo Gerusalemme sarà chiamata: Il trono del Signore; e tutte le genti si accoglieranno a lei, al Nome del Signore in Gerusalemme; e non andranno più dietro alla durezza

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del loro cuore malvagio » (Geremia 3: 17). Quando le genti cambieranno? Quando Gerusalemme [la Chiesa] sarà il Trono del Signore.

Le parole che stiamo per trascrivere, in modo immediato si riferivano a Geremia, ma, in realtà, sono per la Chiesa: « Io ti ho posto per riparo, e fortezza nel mio popolo; e tu conoscerai e proverai la loro via » Geremia 6 : 27).

«… Il tempo viene che Io raccoglierò tutte le genti e lingue; ed esse verranno, e vedranno la mia gloria. E metterò in coloro [ Nella chiesa ] un segnale, e manderò quelli, d'infra loro che saranno scampati, alle genti in Tarsis, in Pul, in Lud..., in Tubal, in Iavan, ed alle isole lontane, che non hanno udita la mia fama, e non hanno veduta la mia gloria; e quelli annunzieranno la mia gloria fra le genti. E addurranno tutti i vostri fratelli, d'infra tutte le genti [ non parla della sola nazione ebrea ] per offerta al Signore... al Monte della mia santità, in Gerusalemme, ha detto il Signore... » (Isaia 66: 18-20).

« E gli abitanti di una città andranno all'altra, dicendo: Andiamo pure a fare supplicazioni al Signore, ed a ricercare il Signore degli eserciti; anch'io vi andrò. E gran popoli, e possenti nazioni verranno per cercare il Signore degli eserciti, in Gerusalemme, e per far supplicazioni al Signore. Così ha detto il Signore degli eserciti: In quei tempi avverrà che dieci uomini di tutte le lingue delle genti, prenderanno un uomo Giudeo per il lembo della sua veste, dicendo: Noi andremo con voi, perciocchè abbiamo udito che Iddio è con voi » (Zaccaria 8: 21.23). Le lingue di tutti i popoli sono più che dieci, quindi, quel numero è simbolico di una pienezza di popoli, che andranno dietro al Giudeo in ispirito, a colui che vive alla gloria di Dio, e gli diranno che vogliono anche loro andare colla Chiesa.

Ma le più esplicite rivelazioni della relazione a tutti i popoli son nelle pagine del Nuovo Testamento; e cominciano proprio alla nascita di Giovanni Battista e di Gesù:

L'Angelo annunziò a Zaccaria: « Elisabetta tua moglie, ti partorirà un figliuolo, al quale porrai nome Giovanni. Ed egli ti sarà in allegrezza e gioia, e molti si rallegreranno del suo nascimento » (Luca 1 : 13, 14).

Alla nascita di Gesù, l'angelo disse ai pastori : « Non temiate, perciocchè io vi annunzio una grande allegrezza, che tutto il popolo avrà, cioè che oggi, nella città di Davide vi è nato il Salvatore, che è Cristo, il Signore » (Luca 1: 10, 11).

Per la nascita di Giovanni, molti avrebbero avuto allegrezza; per Gesù, tutto il popolo. Quando mai si è avverato questo, giacchè sappiamo che all'arrivo dei magi, tutta Gerusalemme fu turbata? La profezia attende il suo adempimento, che avverrà quando la Chiesa, come Angelo di Dio, presenterà, nella parola e nella vita, Cristo Gesù il Signore. Quando il Signore, davvero, avrà preso il suo seggio in Gerusalemme, nella città di Davide (la Chiesa) allora l'annunzio porterà allegrezza a tutti.

Una più chiara relazione, fra la Chiesa e il resto della Creazione, è scritta nel capo otto dell'epistola ai Romani, e nel capo primo dei Colossesi.

Si noti attentamente il posto che occupa il capo otto nella vita del cristiano. Esso viene dopo i conflitti legalistici accennati nel capo settimo. Dall'un capitolo all'altro, leggendo, si passa rapidamente; ma in pratica; alle volte, scorrono anni. E tanti muoiono nelle condizioni descritte nel capo sette ai Romani, avendo solo letto il capo otto, senza averlo veramente gustato. La chiave del glorioso capitolo (come, del resto, è gloriosa tutta la parola di Dio) è in quella affermazione che non vi è condanna per coloro che sono in Cristo Gesù, « i quali non camminano secondo la carne, ma secondo lo Spirito ». Parrebbe che fossero due le condizioni della vittoria, l'una di essere in Cristo Gesù, e l'altra di camminare secondo lo Spirito. Ma, in realtà. solo quelli che sono in Cristo, essi soli possono, e debbono (non ne possono fare a meno) camminare per lo Spirito. E ciò senza occuparci che le parole: « i quali non camminano secondo la carne, ma secondo lo spirito » mancano in alcuni manoscritti. (Vedi Versione Riveduta, « Revised Version » ). Ma perchè il copista ha aggiunto? - Perchè ci è stata sempre la paura, in molti, che era un promettere troppo di non esserci condanna pel fatto solo di essere in Cristo. Quindi, l'aggiunta: « i quali non camminano, ecc ». Ma l'essere in Cristo è sufficiente, e solo quello è sufficiente, ad ogni vittoria.

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Il capitolo prosegue mostrando la vita di vittoria nello Spirito. Nei versi 17 e 18 accenna alle sofferenze per le quali la Chiesa deve passare:

« Se pur soffriamo con lui, acciocchè ancora con lui siamo glorificati. Perciocchè io fo ragione che le sofferenze del tempo presente non sono punto da agguagliare alla gloria che sarà manifestata inverso noi ».

Dopo, passa a trattare un soggetto del tutto nuovo : « Poichè l'intento e il desiderio del mondo creato aspetta la manifestazione dei figliuoli di

Dio » (cioè del popolo che ha descritto nella prima parte del capitolo). La Creazione aspetta con intenso desiderio, guarda in anticipazione, la manifestazione (APOCALISSE, questa è la parola usata nel testo) dei figliuoli di Dio. Gesù fu rivelato a Giovanni. ed è rivelato alla Chiesa; e la Chiesa sarà manifestata alla Creazione; cioè manifesterà Gesù Cristo alla Creazione.

Prima di procedere sul soggetto immediato. riferiamo due passaggi delle due epistole di Pietro:

« Perciò. avendo i lombi della vostra mente cinti, stando sobrii, sperate perfettamente nella grazia che vi sarà conferita all'apparizione [ Apocalisse ] di Gesù Cristo » (l Pietro 1: 13). Due cose sono chiare: che quel popolo non ancora aveva avuto quell'apocalisse di Gesù Cristo, e che quando l'avrebbe avuta, avrebbe ricevuta una grazia speciale, La Chiesa qui deve arrivare a quella statura. Si rilegga il verso.

L'altro passaggio è: « Noi abbiamo ancora la parola profetica più ferma. alla quale fate bene di attendere, come ad una lampada rilucente in un luogo oscuro, finchè schiarisca il giorno, e che la stella mattutina sorga nei cuori vostri » (2 Pietro 1: 19). Anche questa promessa è per il tempo che viviamo in questo corpo. Si noti quel « FINCHE' ». Verrà un giorno che, al libro di fuori, per così esprimerci, sarà sostituito il libro di dentro, il quale non contraddirà il libro di fuori, ma lo interpreterà. Se cosi non fosse, a che dire: Finchè schiarisca, ecc. ? La Stella Mattutina è Gesù Cristo. Eppure Lo abbiamo ricevuto; ma la promessa è di Lui come Stella Mattutina. E' una speciale presenza, ed una speciale rivelazione (Apocalisse). Tale è il popolo (e non meno) al quale la crea- zione guarda, con intensa aspettativa, che sia manifestato.

Torniamo all'epistola ai Romani. Continuiamo a leggere: « Perciocchè il mondo creato [la Creazione] è stato sottoposto alla vanità... con la speranza

che il mondo creato [la creazione] ancora sarà liberato dalla servitù della corruzione, e messo nella libertà della gloria dei figliuoli di Dio. Perciocchè noi sappiamo che fino ad ora tutto il mondo creato [la creazione] geme insieme, e travaglia ». E, acciocchè non diveniamo indifferenti a queste sofferenze, aggiunge che anche « noi stessi che abbiamo le primizie dello Spirito; noi stessi gemiamo in noi medesimi, aspettando l'adottazione, la redenzione del nostro corpo ». Iddio non vuole che noi siamo indifferenti alla Creazione, e perciò, in un certo senso, ci tiene incompleti in noi, e ci comanda di avere interesse per gli altri. « Il mondo creato geme insieme e travaglia ». Fatica silenziosa, accompagnata da un canto di dolore. Il gemito della sofferenza è la nota predominante in tutta la creazione che ne circonda. Lo stesso riso è mescolato al pianto, ha la nota del pianto. Ricordiamo l'osservazione di alcuno alla vista di un povero saltimbanco che cercava fare ridere; che cioè, uno spettatore, per poco sensibile, era tratto piuttosto a piangere che a ridere. La Creazione dà un canto a toni minori. Tutto geme e travaglia: anche le forze della natura pare che piangono: il vento, le onde del mare. E questo cantico, che è gemito, grida che manca qualche cosa. La parola rivelata ci dice che esso si lamenta, e attende la manifestazione (apocalisse) dei figliuoli di Dio. ,

Quando la Chiesa avrà il suo banchetto collo Sposo, le genti tutte, e la intera creazione saranno beneficate, usciranno dalla servitù, ed entreranno nella libertà dei figliuoli di Dio.

Non tutte le genti saranno la Nuova Gerusalemme, ma tutte saranno beneficate nella Nuova Gerusalemme. La gloria di Dio la illumina, e l'Agnello è il suo luminare. « E le genti cammineranno al lume di essa; e i re della terra [ qui non parla della chiesa] porteranno la gloria e l'onore loro in lei ». Cioè, riconosceranno che il loro splendore ed onore sono come un nulla, ed ambiranno camminare alla luce di essa. « Le frondi dell'albero della vita, che è in mezzo della città,

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saranno per la guarigione delle genti ». Queste genti sono popoli che non saranno la Nuova Gerusalemme, ma ne saranno beneficati.

Non possiamo chiudere senza citare un verso ai Colossesi, che, letteralmente, è stato di impossibile applicazione :

« L'Evangelo che voi avete udito, il quale è stato predicato fra ogni creatura.[letteralmente: In ogni creazione] che è sotto il cielo; del quale io Paolo sono stato fatto ministro » (Colossesi 1: 23). Quando mai ciò si è avverato, letteralmente, nel ministerio di Paolo, o di tutti gli apostoli insieme? Nè allora, nè dopo! Paolo diceva che aveva parte in quel ministerio. Era, indubitamente, un ministerio in ispirito. Anche era profezia che tutto il Corpo di Cristo (la chiesa) avrebbe predicato non « a », ma « in » ogni creazione. La stessa vita di Gesù, manifestata nella Chiesa, sarebbe stata, anche senza parole, come lo accendere, nel cuore della stessa creazione, quella scintilla nascosta che è destinata a proclamare il Figliuolo di Dio alle genti, e all'universo.

Capo XXII INDICE

SCUOLA ALLE PODESTA’ E PRINCIPATI NEI LUOGHI CELESTI

(Efesi 3: 10; I Pietro l: 12; Cantico dei Cantici 3: 6; 8: 5)

La Chiesa è oggetto di una triplice meraviglia: all'umanità, a noi stessi, ed alle podestà superiori.

Nessuno può leggere la storia della chiesa nominale, senza sentire un senso di disgusto per le guerre, più numerose, e, forse, più sanguinose di tutte le altre guerre. E' doloroso dovere constatare che, proprio all'ombra del Cristianesimo, e pretendendo servire l'Agnello che è la perfezione della umiltà e mansuetudine, si siano commessi gli atti più feroci e più maliziosi. La mediocrità sfugge a quelli che si avvicinano a Gesù; o tendono verso Lui o scendono verso l'abisso. Perciò, nella chiesa (usiamo la parola nel senso comune, nel senso storico) abbiamo avuto i due estremi: dei peggiori malvagi, e degli uomini migliori. Chi è santo diviene più santo, e chi è ingiusto diviene più ingiusto. Chi indura il cuore di fronte all'Evangelo, supera, nel male, quelli che non hanno mai udito pronunziare il Nome benedetto di Gesù.

Ma la storia della Chiesa di Gesù Cristo nessun uomo ha potuto scriverla, perchè la Chiesa è nascosta al mondo. Come di Lui, così non si può dire di lei: eccola qui, eccola là. Abbiamo avuto storie di movimenti religiosi e di sette; ma la storia della Chiesa è nel cielo. Pure la Chiesa vi è sempre stata, dacchè Gesù l'ha fondata. Or numerosa, or in piccolo numero, molte volte assalita per essere distrutta, eppure sempre più rigogliosa, essa non ha mai cessato di avere i suoi rappresen- tanti, forse in quelli che meno parevano appartenere alla Chiesa di Gesù. Perciò, in ogni tempo, e nelle epoche più tenebrose, sono apparite anime pie, che sono state la incarnazione della pietà, e del santo coraggio. All'osservazione di quelli che dicono che, se il cristianesimo fosse di origine divina non avrebbe dato gli scandalosi spettacoli che ha dato, rispondiamo che, se esso fosse stato di origine umana, non avrebbe potuto sopravvivere alle discordie di dentro e alle persecuzioni di fuori. Quando il centurione romano, che si era messo di fronte alla croce, udì Gesù gridare con grande voce, e chinato il capo, rendere lo spirito, esclamò: Veramente costui era figliuolo di Dio. Parimenti qualunque anima spregiudicata, che legga la storia della Chiesa, e nota che, il senso della pietà e della riverenza al nome di Gesù Cristo, è rimasto immacolato, non può fare a meno di esclamare: veramente costei è fondata da Dio. La verità si fa strada nel dolore; e perciò ogni linea di conquista che la Chiesa ha fatto verso il piano di Dio, ha incontrato ostacoli da ogni parte. Senza parlare del popolo mescolato, accogliticcio, che è una delle più grandi prove, senza parlare degli oppositori, anche nella chiesa stessa, poichè non tutti sono alla medesima statura per capire la verità rivelata, e

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in progresso di rivelazione, anche anime semplici si sono tante volte, intoppate di fronte a quelli che hanno ubbidito alla luce crescentc nei misteri di Dio. Nè ciò deve meravigliare. sapendo che i discepoli stessi. si intoppavano in Gesù. Però. le anime del cielo, benchè perplesse per un tempo, poi vengono illuminate.

« Meraviglia a noi stessi ». Ciascuno che è membro di quella Chiesa benedetta e ne ha la conferma direttamente dallo Spirito Santo non può non rimanere meravigliato, guardando addietro, al cammino che Iddio gli ha fatto fare. Vede come, molte volte, è salito. mentre gli pareva di scendere; ha guadagnato, mentre gli pareva di perdere; ha vinto, mentre gli sembrava di essere sconfitto; è entrato in una vita più abbondante, mentre gli pareva di morire. Nessuna cosa è andata, come noi l'abbiamo preveduta. Siamo passati da sorprese a sorprese. Siamo stati attirati nel deserto per ivi ricevere, da quel luogo. i nostri regali. Ci viene da ricordare le parole del profeta Osea:

« Perciò ecco, Io l'attirerò. e la farò camminare per lo deserto, e la racconsolerò; e le darò le sue vigne da quel luogo; e la valle di Acor [turbamento] per entrata di speranza » (Osea 2: 14-15).

Saremo, dunque. meraviglia a noi stessi. Vedremo, benchè sempre in parte fino a che siamo in questa tenda, quante volte ci ha scampati; riconosceremo. quante volte eravamo disperati di noi, e il Signore ha dovuto difendere noi da noi, come si fa con quei poveretti che vorrebbero torsi la vita. E riconosceremo come Egli. per un atto sovrano della Sua grazia. ha saputo, da ogni cosa, farci del bene. Riconosceremo giusti molti procedimentì che non ci parevano tali. Lo ringrazieremo delle preghiere esaudite, e di quelle non esaudite, o esaudite in modo diverso che noi avremmo atteso.

Ma vi sono altri che sono meravigliati della Chiesa. In Efesi 3: 10. leggiamo: « Acciocchè nel tempo presente sia data a conoscere, ai principati

[governi], e alle podestà nei luoghi celesti, per la chiesa, la molto varia sapienza di Dio ». In 1 Pietro 1: 12. leggiamo: « Ai quali [profeti] fu rivelato che non a sè stessi. ma a noi

ministravano quelle cose le quali ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno evangelizzato per lo Spirito Santo mandato dal cielo; nelle quali gli angeli desiderano riguardare addentro ». Questi angeli, o messaggeri, non possono essere uomini della Chiesa, perchè è detto che la Chiesa viene ora evangelizzata, per lo Spirito Santo. Parimenti la parola angeli non si riferisce alla Chiesa, nel passaggio di I Corinti 4: 9: « Poichè noi siamo stati fatti un pubblico spettacolo al mondo, agli angeli, ed agli uomini ».

Dunque, gli angeli osservano la Chiesa ora; amerebbero capire certi misteri; e anche il Signore Iddio usa la Chiesa per rivelare ai principati e podestà la di Lui svariata sapienza. Giobbe ignorava, che, mentre lui soffriva, era uno spettacolo ad altri. Tante volte noi possiamo trovarci in un luogo dove si vede poco o nessun risultato, ed ignoriamo che il Signore può, a mezzo nostro, rivelare qualche cosa a podestà superiori, usandoci come una lezione oggettiva.

Grande meraviglia deve essere quella degli esseri angelici, su due punti: uno, di vedere come Iddio sa trarre da elementi così scadenti come noi, e che nessuno vorrebbe usare, i gioielli della corona del Suo Figliuolo: e l'altra meraviglia di vedere come noi siamo lenti ad afferrare il segreto della benignità di Dio, e ci travagliamo nella nostra poca fede ed ansietà. Che meraviglia, la loro, di vederci, tante volte agire da meschini, e miseri, mentre sanno che siamo destinati ad un regno. Queste podestà angeliche sono anche esse alla scuola. Noi siamo la loro scuola.

« Chi è costei, che sale dal deserto, simile a colonne di fumo, profumata di mirra, e d'incenso, e d'ogni polvere di profumiere? » (Cantico dei Cantici 3: 6). Così esclama un popolo (e possono anche essere angeli) notando la Chiesa che esce dal deserto di sofferenze. Ma, ancora non è arrivata. Più tardi, ed alla fine del libro (Cantico dei Cantici 8: 5) vi è un'altra esclamazione, vedendola salire dal deserto, in compagnia dello Sposo: « Chi è costei, che sale dal deserto, che si appoggia, vezzosamente sopra il suo amico? ». L 'enfasi qui non è a come lei sia profumata, ma al fatto che si appoggia con bella grazia sopra il suo amico. Invece di rispondere alla parola di meraviglia, l'amico si rivolge a lei: « Io ti ho svegliato sotto un melo dove tua madre ti ha partorito, là dove quella che ti ha partorito si è sgravidata di te ». Un ricordo fugace al passato. Queste parole sono profetiche. E, intanto, Lui esorta la Chiesa : « Mettimi come un suggello in sul tuo braccio, come un suggello in sul tuo cuore ».

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E, prima di ora, ci è stata un'altra domanda (Cantico dei Cantici 5: 10) : « Chi è costei, che apparisce simile all'alba, bella come la luna, pura come il sole, tremenda come campi a bandiere spiegate? ».

Bellezza, forza e gloria sono profetizzate per la Chiesa. L'orizzonte si allarga. In Efesi 5: 25, 27: « Ancora Cristo ha amato la Chiesa, e ha dato sè

stesso per lei... Per farla comparire davanti a Sè, gloriosa ». E' una gloria riflessa. Un giorno l'universo sarà meravigliato della Chiesa, resa gloriosa in Gesù. L'Universo la congratulerà perchè lei è divenuta la sposa di un tale Signore.

Ma vi è altro: (2 Tessalonicesi 1: 10): « Quando Egli [Gesù] sarà venuto per essere glorificato nei suoi santi. e reso meraviglioso in tutti i credenti, in quel giorno ».

Lui reso glorioso nei suoi santi. e reso meraviglioso nei credenti! Non significa solo che i santi (la Chiesa), e tutti gli altri credenti riconosceranno Lui glorioso e meraviglioso, ma che Lui, nel mezzo del suo popolo apparirà nella pienezza della sua gloria, appunto perchè avrà intorno a Sè un tale popolo. Come a dirgli: che Sposa gloriosa ha saputo Lui, da un popolo povero, elevare sino a Sè stesso. E sarà meraviglioso. Lui, ammirato non solo per Se stesso, ma nella sua opera.

« Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; e Colui che lo cavalcava si chiama il Fedele, e il Verace.

E gli eserciti che son nel cielo Lo seguitavano in su cavalli bianchi, vestiti di bisso bianco e puro » (Apocalisse 19: 11, 14).

« Certo lo vengo tosto [ rapidamente] Amen. Si vieni, Signor Gesù ». L 'ultima parola del libro è una parola di grazia, per vivere per l'incontro del Signore:

« La grazia del Signore Gesù Cristo sia con tutti voi. Amen » .

FINE

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INDICE

Capo I Parte I - Quattro rivelazioni Capo I Parte II - La Chiesa Capo II Parte I - Il Corpo di Cristo Capo II Parte II - Il Corpo ai percotitori Capo II Parte III - Il Corpo di Cristo, Sua edificazione Capo II Parte IV - Il Corpo di Mosè Capo III Morti risuscitati Capo IV Casa di Dio Capo V Edificio. Tempio di Dio Capo VI Un giardino di piante novelle Capo VII Monte di Dio Capo VIII Le due Città Capo IX Nuovo Patto - Parte I Capo X Nuovo Patto - Parte II Capo X Nuovo Patto - Parte III - Statuti non buoni e leggi da non far vivere Capo XI La presente Verità Capo XII Parte I - Eccolo qui ed eccolo là; non vi andate e non li seguite Capo XII Parte II - Una promessa rivelazione Capo XIII Adunatemi i miei santi Capo XIV Il Signore - e il Servo Capo XV Sette mcssaggi Capo XVI Sovvertimento delle cose commosse Capo XVII Popolo suggellato. Capo XVIII Parte I - Un popolo di intercessori . Capo XVIII Parte II - Un popolo di intercessori; Melchisedec Capo XVIII Parte III - Un popolo di intercessori Capo XIX La vita dello Spirito - Santità simmetrica Capo XX Amica – Colomba – Compiuta - Sorella - Sposa Capo XXI La manifestazione dei figliuoli di Dio Capo XXII Scuola alle podestà e principati nei luoghi celesti