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5 A Assise sinodale “La Parrocchia” Presentazione della IV Tematica di Daniela Scarponi 1. Non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo di Gesù: le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo. C’è bisogno di un rinnovato primo annuncio del Vangelo da riscoprire nelle nostre parrocchie, anche in quelle più piccole, come azione essenziale della Chiesa in una società sempre più non cristiana. Accoglienza: atteggiamento che qualifica il volto missionario della parrocchia: tutti devono trovare nella parrocchia una porta aperta nei momenti difficili o gioiosi della vita. L’accoglienza, cordiale e gratuita, è la condizione di ogni evangelizzazione. Su di essa deve innestarsi l’annuncio. Per l’evangelizzazione è essenziale la comunicazione della fede da persona a persona. L’identità della fede deve trasparire dalle parole e dai gesti - non basta essere credenti occorre essere credibili - l’uomo di oggi ama ascoltare i testimoni più che i maestri (Paolo VI) occorre tornare ad un’essenzialità della fede per cui chi incontra la parrocchia deve poter incontrare Cristo. La fedeltà al Vangelo si misura sul coerente legame tra fede detta, celebrata e testimoniata (in allegato a pag. 24) Informa Sinodo Notiziario della Segreteria Generale SUPPLEMENTO AL N.7 DI “INCORDATA” N.4 NOVEMBRE 2005 SOMMARIO Prima Pagina - Intervento in Assise, di S.E. Mons. Eugenio Binini - Presentazione della IV tematica, di Daniela Scarponi 1. Interventi presentati in Assise - 6 novembre 2005 - Dino Eschini - Loris Duranti - Egidio Comi - Ernesto Benedetti - don Pietro Tarantola - don Pietro Giglio - don Carlo Silvani - Nello Balestracci - Franca Maria Franzoni - Alfonsina Ramagini - Fiammetta Gobbi - Roberto Bolleri - Maurizio Ratti - Edamo Barbieri - Fernando Mosti - Walter Ambrosini - Mario Bracci - don Giovanni Barbieri - don Andrea Forni - Almo Puntoni 2. Interventi presentati in Segreteria - Angelo Benedetti - don Mario Amadi - Adolfo Cagetti - Abramo Reniero - Virginia Tedeschi - Giovanni Magnavacca - Maria Rosa De Luca Intervento del Vescovo in Assise “Parrocchia nuova” 1.[…] La parrocchia dunque è il luogo della comunione di tanti discepoli del Signore. E' il luogo della comunione per tutti quelli che vivono nel territorio. […] - Diciamo che la Parrocchia è primariamente il luogo della fede. Lo spazio in cui la comunione vissuta, diventa Sacramento, nella Chiesa. Questo, grazie ai Sacramenti amministrati: in particolare al Battesimo, sacramento fontale del vivere cristiano e all'Eucaristia, punto di incontro dei cristiani riuniti in assemblea e dell'incontro della comunità con il Suo Signore. 2.La Parrocchia è anche il luogo più efficace della missione della Chiesa; dove la Chiesa raggiunge ogni persona, nelle sue esigenze concrete. portando l'annuncio della Parola, l'evangelizzazione e il servizio della carità. - Oggi prima che essere spazio dell'azione attraverso l'esercizio della multiforme ministerialità della Chiesa, sembra che la Parrocchia debba essere spazio di relazioni profonde e creative alla luce della Parola e con la Grazia dello Spirito Santo. Anzitutto relazione fraterna fra comunità diverse. La parrocchia, più che un insieme di persone, diventi sempre più "comunità di comunità", famiglia di famiglie.[…] 3.La notevole mobilità sociale, ci porta a rivedere il concetto di TERRITORIALITÀ'. Questo criterio rimane utile per la razionalizzazione del territorio e anche perché la responsabilità della Chiesa per la salvezza delle anime, raggiunga tutti. (in allegato a pag. 22) Dalla Segreteria del Sinodo Venerdì 18 Novembre, alla presenza di 135 sinodali e di un buon numero di uditori richiamati da un tema così forte, si è svolta la V Assise Diocesana. Molto apprezzati l’intervento del Vescovo e della Relatrice Daniela Scarponi. “La Parrocchia, radicati nella storia e sul territorio” è stata presentata con precisione, completezza e in modo creativo: i contenuti sono stati accompagnati da immagini e sottofondo musicale. L’assemblea si è svolta in un clima di attenzione e partecipazione grazie anche alla motivazione di tutti i partecipanti di voler focalizzare meglio l’argomento, mettersi in gioco per meglio identificare “il luogo” della Comunità che è insieme occasione per instaurare relazioni significative, vivere la carità, trovare l’energia per testimoniare Cristo. Cogliamo l’occasione per salutare Daniela e augurarle una pronta guarigione.

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5A Assise sinodale “La Parrocchia”

Presentazione della IV Tematica di Daniela Scarponi 1. Non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo di Gesù: le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo. C’è bisogno di un rinnovato primo annuncio del Vangelo da riscoprire nelle nostre parrocchie, anche in quelle più piccole, come azione essenziale della Chiesa in una società sempre più non cristiana. Accoglienza: atteggiamento che qualifica il volto missionario della parrocchia: tutti devono trovare nella parrocchia una porta aperta nei momenti difficili o gioiosi della vita. L’accoglienza, cordiale e gratuita, è la condizione di ogni evangelizzazione. Su di essa deve innestarsi l’annuncio. Per l’evangelizzazione è essenziale la comunicazione della fede da persona a persona. L’identità della fede deve trasparire dalle parole e dai gesti - non basta essere credenti occorre essere credibili - l’uomo di oggi ama ascoltare i testimoni più che i maestri (Paolo VI) occorre tornare ad un’essenzialità della fede per cui chi incontra la parrocchia deve poter incontrare Cristo. La fedeltà al Vangelo si misura sul coerente legame tra fede detta, celebrata e testimoniata (in allegato a pag. 24)

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N.4 NOVEMBRE 2005

• SOMMARIO

Prima Pagina - Intervento in Assise, di S.E. Mons. Eugenio Binini - Presentazione della IV tematica, di Daniela Scarponi 1. Interventi presentati in Assise - 6 novembre 2005

- Dino Eschini - Loris Duranti - Egidio Comi - Ernesto Benedetti - don Pietro Tarantola - don Pietro Giglio - don Carlo Silvani - Nello Balestracci - Franca Maria Franzoni - Alfonsina Ramagini - Fiammetta Gobbi

- Roberto Bolleri - Maurizio Ratti - Edamo Barbieri - Fernando Mosti - Walter Ambrosini - Mario Bracci - don Giovanni Barbieri - don Andrea Forni - Almo Puntoni 2. Interventi presentati in Segreteria

- Angelo Benedetti - don Mario Amadi - Adolfo Cagetti - Abramo Reniero - Virginia Tedeschi - Giovanni Magnavacca - Maria Rosa De Luca

Intervento del Vescovo in Assise “Parrocchia nuova” 1.[…] La parrocchia dunque è il luogo della comunione di tanti discepoli del Signore. E' il luogo della comunione per tutti quelli che vivono nel territorio. […] - Diciamo che la Parrocchia è primariamente il luogo della fede. Lo spazio in cui la comunione vissuta, diventa Sacramento, nella Chiesa. Questo, grazie ai Sacramenti amministrati: in particolare al Battesimo, sacramento fontale del vivere cristiano e all'Eucaristia, punto di incontro dei cristiani riuniti in assemblea e dell'incontro della comunità con il Suo Signore. 2.La Parrocchia è anche il luogo più efficace della missione della Chiesa; dove la Chiesa raggiunge ogni persona, nelle sue esigenze concrete. portando l'annuncio della Parola, l'evangelizzazione e il servizio della carità. - Oggi prima che essere spazio dell'azione attraverso l'esercizio della multiforme ministerialità della Chiesa, sembra che la Parrocchia debba essere spazio di relazioni profonde e creative alla luce della Parola e con la Grazia dello Spirito Santo. Anzitutto relazione fraterna fra comunità diverse. La parrocchia, più che un insieme di persone, diventi sempre più "comunità di comunità", famiglia di famiglie.[…] 3.La notevole mobilità sociale, ci porta a rivedere il concetto di TERRITORIALITÀ'. Questo criterio rimane utile per la razionalizzazione del territorio e anche perché la responsabilità della Chiesa per la salvezza delle anime, raggiunga tutti. (in allegato a pag. 22)

Dalla Segreteria del Sinodo Venerdì 18 Novembre, alla presenza di 135 sinodali e di un buon numero di uditori richiamati da un tema così forte, si è svolta la V Assise Diocesana. Molto apprezzati l’intervento del Vescovo e della Relatrice Daniela Scarponi. “La Parrocchia, radicati nella storia e sul territorio” è stata presentata con precisione, completezza e in modo creativo: i contenuti sono stati accompagnati da immagini e sottofondo musicale. L’assemblea si è svolta in un clima di attenzione e partecipazione grazie anche alla motivazione di tutti i partecipanti di voler focalizzare meglio l’argomento, mettersi in gioco per meglio identificare “il luogo” della Comunità che è insieme occasione per instaurare relazioni significative, vivere la carità, trovare l’energia per testimoniare Cristo. Cogliamo l’occasione per salutare Daniela e augurarle una pronta guarigione.

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1. Interventi presentati in Assise

I NF ORMA SINODO

Eschini Dino Rappresentante

Consulta Aggregazioni

Laicali

Duranti Loris Rappresentante

Collegio 64

- Soliera - Fivizzano

di Eschini Dino “Il Diaconato” - Non senza un certo disagio abbiamo letto nell’Instrumentum Laboris il lavoro svolto dalla commissione n° 4 sulla parrocchia, riguardo alla mancanza di riferimenti alla figura del diacono quale ministro ordinato; per la verità anche le altre commissioni sono state avare di riferimenti in proposito. - Si legge infatti al punto 47:”Ci sono però comunità attive che potrebbero crescere ulteriormente ed è prezioso il contributo dei diaconi”, è questa l’unica citazione su questa figura, ma poi non si precisa in che modo ed in quale misura questo contributo possa essere reso dal diacono. - Al punto 8 e 24 si scrive erroneamente che: ”la proclamazione del vangelo e l’omelia è riservata al sacerdote”. - Nel Sacrosantum Concilium e anche nell’Istitutio Generalis Missalis Romani, nonché in altri documenti si precisa che: ”Nei casi in cui presiedono una celebrazione liturgica o quando, secondo le vigenti norme ne saranno incaricati, i diaconi diano grande importanza all’omelia in quanto annunzio delle meraviglie compiute da Dio nel mistero di Cristo, presente ed operante soprattutto nelle celebrazioni liturgiche. Accordino pure solerte attenzione alla catechesi dei fedeli nelle diverse tappe dell’esistenza cristiana così da aiutarli a conoscere la fede in Cristo, rafforzarla con la ricezione dei sacramenti ed esprimerla nella loro vita personale, familiare, professionale e sociale”. - E’ pertanto necessario e doveroso precisare di seguito la figura e i compiti del diacono permanente. - La Lumen Gentium al paragrafo 28 afferma:” Il ministero ecclesiastico di istituzione divina viene esercitato, in diversi ordini, da quelli che già anticamente sono chiamati vescovi,presbiteri, diaconi”. - Il servizio dei diaconi nella Chiesa è documentato fin dai tempi apostolici. Una consolidata tradizione tramandata già da Sant’ Ireneo e confluita nella liturgia di ordinazione, ha visto l’inizio del diaconato nell’elezione dei sette diaconi, riportata dagli Atti degli Apostoli( 6,1-8). Nel grado iniziale della sacra gerarchia stanno quindi i diaconi, il cui ministero e stato sempre tenuto in grande onore nella Chiesa. San Paolo li saluta assieme ai vescovi nella lettera ai Filippesi e, nella Prima lettera a Timoteo, precisa le qualità e le virtù di cui devono essere rivestiti per compiere degnamente il loro ministero. - La letteratura patristica attesta fin dal principio questa struttura gerarchica e ministeriale della Chiesa, comprensiva del diaconato. - Per Sant’Ignazio di Antiochia una Chiesa particolare senza vescovo, presbitero e diacono sembra perfino impensabile. Egli sottolinea come il ministero del diacono altro non è che: ”il ministero di Gesù Cristo il quale prima dei secoli era presso il

Padre ed è apparso alla fine dei tempi.Non sono infatti diaconi per cibi e bevande, ma ministri della Chiesa di Dio”. - E’ stato uno dei frutti del Concilio Ecumenico Vaticano II° quello di voler restituire il diaconato come proprio e permanente grado della gerarchia, sulla base di motivazioni legate alle circostanze storiche e alle prospettive pastorali. I padri conciliari sotto l’azione dello Spirito Santo, hanno rimarcato il quadro completo della gerarchia ecclesiastica tradizionalmente composta da vescovi, presbiteri, diaconi. In tal modo si promuoveva una rivitalizzazione delle comunità cristiane, rese più conformi a quelle uscite dalle mani degli Apostoli e fiorite nei primi secoli, sempre sotto l’impulso del Paraclito, come attestano gli Atti. - Il diaconato permanente costituisce un’importante arricchimento per la missione della Chiesa, è conveniente ed utile soprattutto nei territori di missione, poichè i “numera” (i compiti) che competono ai diaconi, sono necessari alla vita della Chiesa. Gli uomini che nella Chiesa sono chiamati ad un ministero veramente diaconale, sia nella vita liturgica e pastorale sia nelle opere sociali e caritative, siano fortificati per mezzo dell’imposizione delle mani, trasmessa dal tempo degli Apostoli, siano più strettamente uniti all’altare, per poter esplicare più fruttuosamente il loro ministero con l’aiuto della grazia sacramentale del diaconato. ( Lumen Gentium e Ad Gentes) - Concludo questo mio intervento citando le parole di Giovanni Paolo II° che riguardo al diaconato permanente affermava:”Una esigenza particolarmente sentita nella decisione del ristabilimento del diaconato permanente era ed è quella della maggiore e più diretta presenza dei ministri della Chiesa nei vari ambienti della famiglia, del lavoro, della scuola, oltre che nelle strutture pastorali costituite”. - Occorre precisare che ancor oggi esiste troppa confusione nelle nostre comunità parrocchiali, riscontrabile come già detto anche nel lavoro delle commissioni: si confondono i diaconi con i ministri straordinari dell’eucarestia e si continua a dire che non fanno nulla di nuovo rispetto a quello che può fare un laico. Che cosa si fa per sensibilizzare le comunità a cogliere la specificità del ministero diaconale? Il diacono non può essere ridotto al rango di un sacrestano di lusso e neppure ad un laico maggiorato . E’ un evangelizzatore, animatore di comunità, non riducibile alla sola funzione liturgica. Si cresce in questa sensibilità a vantaggio delle nostra vita parrocchiale comunitaria e al fine di un valido sostegno al nostro parroco? - Grazie per l’attenzione e a tutti l’augurio di un buon lavoro affinché nella nostra Chiesa diocesana possa sempre risplendere la luce di Cristo Risorto, che attraverso l’esperienza della coinonia testimonia che l’amore di Dio Padre è vivo in noi.

di Duranti Loris “La Parrocchia – Problematiche varie” 1) Sul Punto 33 - Il laico “ La parrocchia è composta dai fedeli laici ecc..”. “ Senza laici non c’è chiesa”. “ Il dualismo clero-laico si sta superando ecc…”. Ritengo dal mio punto di vista che ci sono ancora tante, troppe distanze. E ciò deriva dalla mancata e piena attuazione del Concilio Vaticano II. C’è in tante parrocchie la sensazione di vedere il presbitero –parroco non nelle sue funzioni dettate dal diritto canonico (883) (punto 27) ma come un amministratore unico, che, consulta i laici, ma che autonomamente decide. - Ritengo che il Sinodo debba dare più concreto significato non solo ai fedeli laici, ma a tutta la comunità

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parrocchiale, che è partecipe delle attività pastorali, in quei momenti personali o famigliari di stretta natura religiosa ( Battesimo, Eucarestia, Cresima, Matrimonio, Funerali ecc..). - Richiamo l’attenzione del Sinodo su una maggiore presenza della vita parrocchiale del sacerdote, troppe volte intrattenuto nelle celebrazioni della Santa mesa, ma assente nel colloquio quotidiano con i parrocchiani. E’ una sensazione di isolamento reciproco che non ci avvicina. Propongo, per i sacerdoti che sono titolari di parrocchie o di unità pastorali, un maggior contatto con le proprie comunità presenziando alla mensa delle famiglie, che sicuramente saranno liete di poter condividere un momento della loro quotidianità. 2) La seconda riflessione riguarda in parte la rotazione dei presbiteri che mi pare sia diventata regola quinquennale nella nostra diocesi. E’ una disposizione che rientra nelle prerogative del Vescovo , ma è necessario anche che le comunità siano coinvolte , non per esprimere opinioni, ma per essere pronte a recepire i movimenti dei presbiteri e i tempi di attuazione. In troppe parrocchie, la rotazione ha allontanato tanti fedeli. 3) Occorre rivitalizzare le attività parrocchiali collaterali non legate ai soli adempimenti religiosi (Battesimo, catechismo ecc..) Aprire le case canoniche ai ragazzi, ai giovani, soprattutto nei piccoli centri dove mancano strutture sociali. Impegnandosi negli oratori e creare incontri di socializzazione.

di Egidio Comi “La sfida della nuova parrocchia: i laici soggetti di evangelizzazione” Diverse proposte concernenti la parrocchia sono presenti nell'INSTRUMENTUM LABORIS, ma la vera, reale sfida della parrocchia del futuro è individuata nel ruolo dei laici, Christi Fideles, quali soggetti di evangelizzazione e di promozione umana. Si legge infatti nei fondamenti teologici pastorali: "Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare perché il divino disegno di salvezza raggiunga ogni giorno di più gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia loro aperta perciò qualunque via." Oppure:"I laici fedeli non sono più gli operai che lavorano nella vigna del Signore, ma sono parte della vigna stessa ." La sfida è affrontata con umiltà e senza infingimenti partendo dalla situazione attuale fotografata quando: - È denunciata la scarsa partecipazione dei laici alla vita della parrocchia; - È sottolineata l'eccessiva esposizione di alcuni che finisce col diventare impedimento per la partecipazione di altri; - Non è taciuta la presenza di gruppi elitari a cui manca l'umiltà del servizio; - È indicata la presenza di associazioni e movimenti con comportamenti autoreferenziali: con scarsi collegamenti reciproci e con la vita della parrocchia; - Sono rimarcate: la scarsità numerica delle piccole comunità, un diffuso disinteresse per la pastorale integrata e quasi una forma di ostruzionismo per le unità pastorali. Non si nasconde neanche che potrebbero esserci laici, brava gente ma gente peccatrice, a rischio di portare in parrocchia rivalità, gelosie e antipatie non compatibili con la professione di cristiani ma certo inammissibili con il ruolo di chi assume responsabilità missionarie. C'è quindi bisogno di una prima catechesi che aiuti a comprendere che i talenti e le capacità sono un dono ricevuto dal Signore e non un merito personale da mettere in mostra. Nelle piccole parrocchie possono incontrarsi difficoltà oggettive perfino per trovare e formare "capi della comunità" per cui in esse il ruolo di evangelizzazione non può che essere affidato ai diaconi e alle religiose. Nelle grandi parrocchie invece esistono buone possibilità di scoprire laici dotati di talenti utili per svolgere varie mansioni e di ottenerne la disponibilità. Il primo approccio potrebbe consistere nel mettere in campo i laici per fini pratici, come: - Collaboratori della liturgia, - Operatori della Caritas, - Animatori dell'oratorio, - Coordinatori dei rapporti con le istituzioni sul territorio, - Addetti al decoro della Chiesa. E giungere infine a formare i soggetti dell'evangelizzazione. Esempi riusciti in quasi tutte le parrocchie sono rappresentati dai catechisti dei ragazzi per la preparazione ai Sacramenti e dai laici

impegnati, in alcuni vicariati, nella pastorale integrata per la preparazione al matrimonio. Ma per arrivare ai laici evangelizzatori degli adulti, occorre pensare a una preparazione di più alto livello che assicuri: - approfondita conoscenza dottrinale, - sicurezza nei rapporti interpersonali, - possesso delle dinamiche della comunicazione. A tale scopo viene avanzata l'ipotesi di aprire ai laici, futuri soggetti di evangelizzazione, i corsi di Teologia diocesana. Le occasioni di evangelizzazione in parrocchia potrebbero essere i momenti in cui le persone sono colte negli affetti, come ad esempio: - la preparazione al matrimonio e alla famiglia; - l'attesa e la nascita dei figli, - la richiesta della catechesi e dei sacramenti per i figli, - le situazioni di difficoltà delle famiglie. Ci si rende infine conto che la sfida dei laici soggetti di evangelizzazione sarà resa attuabile solamente dal parroco che deve avere le capacità di accogliere, scoprire stimolare e supportare e poi fungere da guida e controllore nonché da promotore di collaborazione con le altre parrocchie. Il ruolo del parroco è quindi potenziato nel rinnovamento della parrocchia in prospettiva missionaria: sarà però meno l'uomo del fare e più l'uomo dell'essere e della comunione, perciò avrà cura di promuovere vocazioni, misteri e carismi. Nell'immediato il parroco ha necessità di un'offerta sicura di sostegno dalla diocesi, una formazione sistematica e scambi di informazioni e di esperienze. Per il futuro sacerdote è forse necessario rivedere tutto il processo di formazione che punti non solo alla preparazione teologica, ma anche a quella umana, con competenze relazionali e conoscenze delle dinamiche della comunicazione. Scrive Mons. Betori che "il clero del futuro sarà diverso per cultura mentalità e memoria perché le parrocchie, le curie avranno un aspetto e modi di funzionare molto diversi da quelli di oggi." P.S. Perché questa riflessione se i contenuti sono già presenti nell’Instrumentum Laboris e anche con maggiore esplicitazione, ma dispersi in diverse pagine e capitoli? Per proporre di verificare se, accanto al grande documento che uscirà dal Sinodo possa esistere un compendio, DIVISO PER OBIETTIVI, di facile lettura e comprensione per tutti. Il grande documento resterebbe il momento di consultazione e di arricchimento.

Egidio Comi Rappresentante Collegio 37 – Covetta – Carrara

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Pagina 4 INFORMA SINODO

Ernesto Benedetti Rappresentante Consulta Aggregazioni Laicali

don Pietro Tarantola

Membro Di Diritto, Membro Consiglio Presbiterale

di Ernesto Benedetti “Una Comunità radicata nella storia e nel territorio” Nella Pastorale "sport e vita cristiana" i Vescovi della Chiesa italiana privilegiano la centralità della parrocchia e la identificano quale luogo, anche fisico, a cui la comunità cristiana fa costante riferimento. Nei loro intendimenti la parrocchia si conferma un valore strategico e dinamico per un ritorno al territorio. Deduco quindi che la comunità parrocchiale resta ancora uno strumento molto valido. Pensare ad una configurazione nuova è il punto cruciale. Dai questionari distribuiti alla comunità cristiana e rielaborati da un gruppo qualificato di studi (Istrumentum Laboris) emergono in modo netto le aspirazioni e le indicazioni per una sensibilità maggiore verso una Pastorale appropriata ai tempi di un mondo che cambia velocemente (culturale, etico etc.). Le puntualizzazioni, le denunce di situazioni ai limiti della dignità umana, la solitudine, il disagio personale - speriamo contenuto nella solitària comunità parrocchiale e qui mi riferisco ad alcune zone dell'Alta Lunigiana - sono una costante di grande difficoltà così come emerge anche dalla lettura delle schede dei vicariati di Massa – Aulla – Carrara – Fivizzano - Villafranca. Durante gli incontri del gruppo di lavoro (la parrocchia) si avvertono pressanti le ragioni che denunciano, e quindi propongono, punti di discussione per l'individuazione ad educare a una nuova configurazione della parrocchia, così come sopra accennato. Il territorio è la missione. I movimenti, i gruppi e le associazioni, l'Azione Cattolica e il variegato mondo delle aggregazioni laicali (preghiera, apostolato, carità, tutti i movimenti sensibilizzati a lavorare sugli aspetti umani, sociali ed etici, di giustizia, ad esempio il problema dei giovani e del loro futuro) sono i destinatari di questa Pastorale e dunque, delle problematiche sollevate. Queste sono le vere sfide poste dai fenomeni di s-cristianizzazione (laicismo e ateismo etc). C'è allora una ragione per cui la ministerialità della parrocchia esige che gli sforzi si aprano a nuove figure e forme di una rinnovata vita cristiana e a tutti i carismi che lo spirito presenta. Figure nuove ed esperienze che si ri-propongono per la loro validità. Riteniamo essere un formidabile strumento l'aggregazione dei giovani attraverso forme organizzate finalizzate ad una sana attività sportiva. Io penso, quando illustro questo punto, all'oratorio. Luogo di eccellenza delle prime emozioni sportive dei ragazzi., ma anche luogo primario dello "sport-educativo", della formazione per dirigenti ed atleti, della catechesi per adulti sportivi. Qui la parrocchia è chiamata in prima persona a spendersi attivamente suscitando aperture spirituali e fascino evangelico, soprattutto per formare "i formatori" con modalità concordate riguardo ai tempi dello spirito, ai tempi della comunità cristiana, e a i programmi delle associazioni sportive. Conclusioni: La Pastorale dello sport acquista dignità se profondamente consapevole. Da sola non può stare in piedi e non produce gli effetti sperati. Ha bisogno di essere "accettata" e "condivisa" dalle altre pastorali. Esiste attenzione al problema da parte delle associazioni, anche ecclesiali, quali l'ASPI, le PGS, il Centro Sportivo Italiano ed altre ancora. Gli strumenti ci sono ma per farli funzionare dobbiamo accettarci e lavorare assieme. Dobbiamo ridare senso e vitalità invogliando i giovani ai valori etici dello sport. Rifiutiamo il tecnicismo, il materialismo e le brutalità di gran parte del mondo sportivo organizzato che fa dell'interesse economico la sola ragione della sua esistenza. Lo Sport non è un fine, è un mezzo di valore che trascende se stesso. Bisogna praticarlo come strumentum senza trasformarlo in idolo. Se lo si abbandona a se stesso lo sport si abbruttisce e diventa una spia dell'inaridirsi della vitalità espressiva della vita.

di don Pietro Tarantola “Una proposta per la Lunigiana” Nell'affrontare il tema sulla Parrocchia dell'Instrumentum Laboris, la Commissione per la IV tematica ha dovuto notare che, a fronte di un richiamo piuttosto corposo dei canoni del Diritto Canonico sulla Parrocchia e di altri documenti del Magistero( di cui si è preso atto), manca nell' Instrumentum la registrazione di una realtà parrocchiale, che riguarda buona parte del territorio diocesano e che è tipica della Lunigiana: la realtà, cioè, delle piccole e delle mini comunità parrocchiali. Le cinque o sei più grosse parrocchie della Lunigiana non arrivano ai tremila abitanti; la più grossa, Aulla, è sui tremila e cinquecento; la più piccola, Braia, ha un solo abitante: una donna anziana! Le altre, oltre centosettanta, non arrivano alla media dei duecento abitanti, qualcuna anche al di sotto delle cinquanta anime. (I dati sono tratti dall'Annuario diocesano del 1995, quindi sovrastimati almeno per i paesi) Il tutto affidato a una truppa di una quarantina di sacerdoti (compresi gli ultra ottantenni, gli impediti, i ricoverati, che sono una ventina) e su un territorio che supera i 1.000 km quadrati e che è ben più vasto di quello della Costa che non arriva ai 200 km quadrati: così che quelli che sono in attività (circa una ventina, si noti bene, di cui sette tra settanta e gli ottantenni!) sono obbligati a risiedere abitualmente (si fa per dire) nell'automobile per spostarsi di paese in paese, specialmente alla domenica per "distribuire" Sante Messe, (fino a cinque o sei) con una pratica svalorizzazione del Sacramento: il che non aiuta certamente i fedeli a crescere e che, speriamo ci venga perdonato"nell’ultimo dì"! Di fatto: tutto quello che nell'Instrumentum si propone per la parrocchia diocesana è possibile solo per un'altra realtà parrocchiale, che non è quella della Lunigiana! Peraltro, al n.102 dell'Instrumentum ci sono quindici righe che parlano genericamente di unità pastorali che dovranno inventare "un nuovo modo di fare pastorale" Ma non dovrebbe essere il compito di un Sinodo Diocesano di indicare questo "modo nuovo"? Per quanto riguarda l'ambito della nostra Commissione, pertanto si propone: - Considerare tutta la Lunigiana, (quella della ex Diocesi di Pontremoli e le restante che era con Apuania), per quello che è, cioè un territorio omogeneo con realtà ben diverse dal restante della Diocesi. - Ordinare quindi la Lunigiana in due Foranie:

- Pontremoli, per la sua valenza di ex diocesi e la dignità di antico Capoluogo, e una ancor valida dotazione di strumenti atti alla pastorale, che è peccato lasciar perdere,come la Cattedrale, il Corriere Apuano, il Seminario, il Cinema Manzoni, Casa Nostra, il Leone XIII, il Galli-Bonaventuri, l'Opera Pia Buides. - Aulla, per la sua centralità territoriale e per la sua valenza in campo commer- ciale e amministrativo.

- Affrontare finalmente il problema delle miniparrocchie secondo quanto proposto, a suo tempo, dalla Sacra Congregazione, accorpandole in varie Comunità Parrocchiali decenti, che potrebbero coincidere, grosso modo, e con le opportune correzioni, con i territori dei quattordici Comuni lunigianesi, rispettivamente coordinate nelle due Foranie di Pontremoli e di Aulla. Le ex parrocchie sarebbero più realisticamente chiamate Piccole Comunità Ecclesiali di evangelizzazione, con un loro Capo Comunità che potrebbe, in un non lontano futuro, essere il Diacono permanente e residente nel paese. - Resta chiaro che i Parroci, attualmente in servizio nelle ex parrocchie del territorio diventano tutti "parroci in solidum " della nuova realtà, operando in collegamento continuo fra loro e con un coordinatore da loro scelto. Con l'augurio che, per il futuro, si arrivi anche alla vita comune per i presbiteri. - II Vescovo potrebbe nominare un Delegato Episcopale per la Lunigiana con la specifica missione di Coordinatore per la pastorale delle due Foranie. Come sarebbe opportuno mantenere in Lunigiana l'Ufficio di Cancelleria diocesana e quant'altro che si ritenga necessario. Allora nelle nuove realtà parrocchiali si potrà tentare di realizzare quanto suggerisce l'Instrumentum Laboris al citato paragrafo 102! Resta inteso che per la realizzazione di quanto sopra si propone, occorrerà del tempo, e per lo studio e per l'attuazione, andando, quindi, se necessario, a sinodo concluso. Ma sarebbe grave imprudenza procrastinarlo!

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di don Pietro Giglio “La Parrocchia” Archiviato ormai definitivamente il periodo in cui il ministero ordinato attuava una pastorale che abbracciava tutto, assorbendo in sé ogni possibile espressione dei ministeri. Ci troviamo di fronte ad un passaggio faticoso, poiché la provvidenziale crescita del laicato può dar luogo, a sua volta, a una “classe” che si aggiunge a quella dei presbiteri diminuiti di numero, perpetuando così la frattura di autentica data. Non si tratta di supplire alla cosiddetta mancanza di preti con una ricchezza di nuovi candidati ai diversi ministeri tale da alleggerire il carico di lavoro per i sacerdoti, e neppure di accedere ad una indistinta ministerialità diffusa, bensì di valorizzare la sinodalità ecclesiale che tiene insieme la corresponsabilità nella missione di tutti i battezzati con la ministerialità di alcuni. Ministri diversi e complementari, non esauribili nel ministero ordinato,permettono ai Battezzati di vivere la loro vocazione personale e permettono alla Chiesa di compiere la sua missione universale. - In relazione al ministero, la Chiesa chiama a dei servizi e a dei compiti perché la sua missione “per tutto e per tutti” sia realizzata. - La parrocchia oggi si trova in difficoltà a realizzare la specificità della sua missione. Ecco allora, l’impellente necessità: una collaborazione tra parrocchie vicine. Anche da noi occorre arrivare alla costituzione di “unità pastorali” in cui un solo pastore guida diverse parrocchie, fino alla tappa in cui vi sarà la creazione formale di una nuova parrocchia. In questo processo, “la nuova parrocchia subentra all’unità pastorale,traducendo in una diversità di comunità,

di don Carlo Silvani “Mancanza di lavoro interparrocchiale e suggerimenti pastorali Mancanza di uniformità - Il testo necessita di una nuova esemplificazione. Più che i numeri (116) e le pagine (53), necessitano linee comuni fra parrocchie diverse,anche se modi e mezzi sono diversi nell’attuazione. - Si assiste, nel cambiamento del parroco, che il piano pastorale parrocchiale viene facilmente e totalmente cambiato. Questo causa un disorientamento e un allontanamento di persone (per non dire contrasto!). - Le varie associazioni e movimenti, esistenti in parrocchia, sono centrali elettriche (laici) che hanno bisogno dell’operaio (parroco). Suggerimenti - Una maggior intesa in iniziative interparrocchiali, favorirebbe una comunità più viva. - Le riunioni mensili del Vicariato potrebbero aiutare molto in questo. - Nelle riunioni di cui sopra, ci dovrebbe essere un maggior contributo su iniziative che si stanno attuando o che si devono attuare. Poco è lo spazio dedicato alle iniziative, molto alle discussioni teoriche. Si parla molto e si attua poco, almeno dal lato comunitario: ognuno agisce come vuole!

don Pietro Giglio Membro di Diritto, Vicario

Foraneo Villafranca

don Carlo Silvani Membro Di diritto, canonico

della Cattedrale

Nello Balestracci Rappresentante Collegio 5

– Cattedrale – Massa

di Nello Balestracci “In generale sulla Parrocchia” Con un linguaggio figurato, la Parrocchia mi si presenta oggi come un avamposto della Chiesa universale, fra uomini in parte ostili e, in massima parte, indifferenti, agnostici; altri, i fedeli, minoranza, desiderosi e protesi al cambiamento della situazione, che percepiscono piena di difficoltà. Di qui il sentimento qualche volta di impotenza e i dubbi circa la riuscita del loro impegno. Si potrebbe dire, usando un linguaggio guerresco, che l’assedio alla Chiesa, al suo messaggio che ne fonda l’identità, cominci nel momento in cui l’uomo ha presunto di poter fare a meno di Dio, perché lui, l’uomo, si riteneva in grado di auto-governarsi e di stabilire, in autonomia, fini e mezzi per regolare le sue vicende di uomo. Il convincimento di questa autosufficienza attraversa gradi diversi: da un’aperta ostilità verso quanti intendono metterla in discussione e limitarla, per declinare via via, a processo di secolarizzazione compiuta, verso un’indifferenza che è alimentata dalla convinzione che, tolta di mezzo ogni ipotesi di trascendenza, tutto si concluderà qui, nel nulla, che non postula, né reclama leggi morali generali, né di natura, né tanto meno generate da convinzioni e da postulati religiosi. E’ l’attuale approdo ad un relativismo etico assoluto: il trionfo di un soggettivismo senza freni o limiti. La Chiesa e la Parrocchia che ne è la proiezione fra la gente, in un dato territorio e in un dato momento storico, vive, quindi, in una specie di stato d’assedio, tanto più sfuggente e pericoloso, quanto più ormai assunto come un dato di fatto normale. Che fa la Chiesa-Parrocchia in questa condizione?: - o accetta la sfida, rompe l’assedio e irrompe intorno sul “suo” territorio con le sue “armi”, che sono la purezza formidabile della Parola, la ferrea fede che Cristo è risorto e ha vinto la morte, che non se ne è andato, lasciandoci orfani, ma che è fra noi nell’Eucaristia fino alla fine e che lo Spirito Santo aliterà sui Pastori il suo soffio innovatore, denso di sapienza e di luce; - o si rassegna, la Chiesa – Parrocchia, e rimane chiusa dentro l’avamposto, in attesa che l’assedio si faccia meno stringente o, peggio ancora, cerca un accordo, un modus vivendi col mondo, in cui il coraggio dell’annuncio del Vangelo scade a morale, fra le tante; si stempera in uno scadente sociologismo che indirizza la missione della Chiesa ad una dimensione umanitaria, pacifista, nel senso di attutire ogni contrasto della radicalità del Vangelo. Ci si accorda con il mondo diventandone, coscienti o no, una insignificante porzione. La scelta dovrebbe essere chiara: occorre uscire in campo aperto, pena l’inutilità stessa

della Parrocchia. Ma per praticare la scelta è indispensabile: - conoscere in profondità con chi la parrocchia si confronta: con quali uomini, quelli veri, concreti, con tutto il loro bagaglio di problemi e non quelli ideali; con quale società, con quale tipo di cultura la Parola si paragoni, dialoghi, si scontri e si confronti. - Attrezzarsi con strumenti idonei, ad una missione non generica, ma tarata su questa realtà studiata e complessa nella sua essenza. Sul primo punto: occorre essere sistematicamente informati ed aggiornati sulle tendenze in atto e in divenire che, nel profondo, percorrono la società, non solo italiana. Un aggiornamento non occasionale e frammentario, ma frutto di un progetto ideato e condotto e gestito direttamente dal Vescovo e dai sacerdoti,

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Franca Maria Franzoni Rappresentante Collegio 38 – Bassagrande – Carrara

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che ne dovrebbero diventare protagonisti attivi. In sostanza una “scuola” in cui confrontarsi e progettare la missione permanente. Sul secondo punto: premesso che la Chiesa non è retta da una democrazia, perché la dottrina, la fede non si mette ai voti, e che, quindi, Vescovi e sacerdoti sono i depositari delle Verità trasmesse, le “truppe”, per uscire allo scoperto, non possono essere costituite dai soli sacerdoti, ma da tutti quei laici che con talenti diversi si sentono parte attiva e consapevole, che non vuole “morire” dentro, per asfissia, ma intende testimoniare la sua fede in veste missionaria. Anche per i laici occorre prevedere un progetto scaglionato nel tempo per una sistematica formazione alle nuove sfide. Con ritmi, cadenze e problematiche tagliate per vari soggetti: ragazzi e giovani, donne e uomini, secondo età, ambienti sociali e gradi di cultura differenziati. Con un’avvertenza: che i laici stessi debbono essere protagonisti della loro formazione, ricondotta nella responsabilità della Chiesa locale. I sacerdoti – parroci, patrimonio prezioso e sempre più scarso, siano liberati e si lascino liberare dalle tante incombenze “burocratiche” che possono svolgere proficuamente i laici, sempre però sotto la loro irrinunciabile responsabilità. Il Vescovo sia l’Episcopo, che indirizza, vigila e assiste; che sta vicino ai suoi parroci e laici impegnati in questa azione di recupero della dimensione religiosa in una società indifferente, spesso, ai valori del Cristianesimo. In conclusione è necessario assumere, così come è, la situazione in cui si realizza la missione, per potersi attrezzare con efficacia. Aprire un confronto serio, già da subito, per cogliere i frutti della riflessione del Sinodo, per definire concrete proposte da attuare subito e lungo un arco di tempo ragionevole per: - dare forma e sostanza alla necessità di reggere le sfide del mondo attraverso una formazione aggiornata e permanente per i sacerdoti, religiosi, religiose e laici, in cui tutti i soggetti sotto la guida del Vescovo, siano attivi protagonisti. Si potrebbe così determinare un primo positivo effetto pratico: realizzare un omogeneo indirizzo per la diffusione della Parola, frutto di una convinta partecipazione dei parroci alla definizione delle tematiche della formazione e delle più efficaci modalità di comunicazione del Vangelo. -Come effetto secondario, ma non meno rilevante, si potrebbe favorire il superamento di una specie di isolamento, umano e psicologico che vivono tanti parroci, soprattutto nelle Parrocchie più spopolate.

di Franca Maria Franzoni “ Parrocchia: Comunione di Comunità” -Nelle diverse sezioni dell’elaborato è stato puntualizzato, dalla commissione tecnica, che la parrocchia, per essere chiesa, deve investire tutto il suo potenziale di grazia, di culto, di carità, per far crescere, al proprio interno, una comunità in comunione. L’Instrumentum non ci suggerisce, però, il “quomodo”: non c’indica le strade da percorrere, né i mezzi per muoverci lungo le strade; non ci propone un tipo di parrocchia come modello, né orientamenti pastorali o nuove figure ministeriali. Il punto L e ss., dell’articolo 96, sez.VI, afferma solo che la parrocchia deve passare da una pastorale di conservazione ad una di missione favorendo lo sviluppo dei movimenti, associazioni, gruppi, piccole comunità, ecc. Per fortuna la relazione, così puntuale, di Daniela Scarponi corregge le manchevolezze del testo e approfondisce che la parrocchia non può ridursi solo a luogo di formazione spirituale, cultuale e sacramentale, ma deve sapersi anche porre come “soggetto sociale”che sappia camminare nel territorio, ne impari i problemi, le sfide e la cultura. Aggiunge che essa, oggi, non può ricalcare i moduli, pur apprezzabili del passato, ma deve escogitare forme d’ardita innovazione, assumendo all’occorrenza quelle proprie del primo annuncio, così da penetrare nei grandi palazzi di periferia, incontrare le famiglie nelle case, dialogare con la gente e divenirne compagna di viaggio. -Sì, è proprio da qui che dobbiamo ripartire: da una parrocchia che sappia porsi in assetto dinamico, sempre più missionaria nel suo territorio, e che sappia promuovere con ogni mezzo possibile la comunione e la partecipazione di tutti nella vita parrocchiale. Ricordiamoci che se fino a ieri era il popolo ad andare alla Chiesa, oggi è la Chiesa tutta che deve andare alla ricerca del popolo! Credo sia giunto ora, anche per noi, il momento di riflettere e di prendere in seria considerazione la proposta-progetto che da alcuni anni va circolando in più Diocesi d’Italia; “parrocchia comunione di comunità”. In pratica non si tratterebbe di far altro che tornare alla prassi della chiesa delle origini emulando l’esperienza delle “ chiese domestiche”. Si tratta di un progetto che ha lo scopo di trasformare e porre la parrocchia in stato permanente di missione con l’apporto determinante delle Piccole Comunità d’evangelizzazione. Esse, come sappiamo, vogliono concretizzare una parrocchia articolata in tanti piccoli gruppi di persone protesi a crescere in intimità con il Signore e a praticare l’evangelizzazione personalizzata, secondo un progetto pastorale organico e dinamico. Guidate da animatori laici

s’incontrano nelle famiglie per la lettura della Scrittura, la condivisione dei problemi umani ed ecclesiali, la preghiera come motivo di promozione, di liberazione e di cultura. Sono spazi vitali dov’è possibile conoscersi, servirsi, crescere nella fede e battersi per la valorizzazione umana: s’incarnano, là, dove vive la gente. - Anche Gesù, del resto, per parlare agli uomini “si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”(Gv 1,11). - Abitare significa condividere la vita di un territorio: l’incarnazione non è solo un dogma da credere o un mistero da adorare ma è anche un criterio di vita, uno stile, un metodo, che noi cristiani siamo chiamati a adottare costantemente. Ecco perché le P.C.E., nate per legare la fede verso Dio alla carità verso il mondo, possono offrire alle nostre parrocchie la strategia per promuovere non solo la religione e la comunione tra gli uomini ma anche i valori umani, i costumi, la vita intera della nostra gente. Del resto, la loro carta d’identità è stata ben delineata da Giovanni PaoloII al numero 51 della Redemptoris Missio, ma è molto ricca, su di loro, la letteratura teologico-pastorale che va dall’Evangelii nuntiandi a Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. - Spero che la Commissione sinodale voglia prendere seriamente in considerazione la necessità che, oggi e qui, occorre far leva sul laicato, formarlo, aiutarlo a crescere, valorizzarlo sempre più, renderlo attivo, responsabilizzarlo al massimo nella missione d’evangelizzazione, per ridare alla parrocchia il suo volto di “Chiesa locale”.

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Alfonsina Ramagini Rappresentante Collegio 22 - Castagnola – Massa

Fiammetta Gobbi

Rappresentante Collegio 38 – Bassagrande- Carrara

di Alfonsina Ramagini “Le PCE nella “grande” Comunità Parrocchiale” Mi ha colpito la frase pronunciata da un giovane sacerdote durante le riunioni ad Aulla: “II momento della missione è forte. In effetti, i credenti testimoni del Vangelo sono una minoranza, c’è un grande analfabetismo spirituale di ritorno ed anche coloro che hanno conosciuto Gesù non coltivano la Parola e praticano una fede che non si incarna nella quotidianità. Ma come si fa, ci siamo chiesti nel nostro gruppo in Parrocchia ad essere Chiesa che evangelizza? Credo sia questa la domanda alla quale il Sinodo è chiamato a rispondere. (E’ in crisi il senso di appartenenza, si sente dire spesso.) Vedo nel lavoro svolto dal Sinodo la ricerca di percorsi che mettano al centro Gesù, che chiama vicini e lontani ad abitare la sua casa, la Chiesa. Le strategie e i metodi sono necessari quando hanno lo scopo di creare fra tutti gli uomini relazioni di fraternità in Cristo. II Signore ci chiama con la forza del suo pane spezzato e spartito per tutti, per condividere esperienze di fede e di speranza, nella certezza che il Signore ci ama. L’indagine sulla realtà della nostra Chiesa diocesana (pag. 152 e 153 dell’Instrumentum Laboris), ha messo in evidenza tre elementi comuni a tutti i vicariati: - territorio troppo vasto e carenza di sacerdoti; - mancanza di continuità fra comunione vita nel quotidiano; - mancanza di comunicazione e formazione. Dio opera attraverso gli uomini; importante, perciò, da parte nostra, capire chi siamo, quale cammino è da fare e quale è la meta da raggiungere. Ogni uomo, specialmente il cristiano, è chiamato a conoscere sempre più se stesso e a liberarsi del tran tran e dai condizionamenti delle mode del momento per costruirsi un proprio progetto di vita consapevole e responsabile. Nella odierna società, tuttavia, l’uomo non è facilitato a costruirsi il progetto di vita che lo renda appagante, che lo soddisfi pienamente, perché la società porta ad un concetto di vita riduttivo, se non fuorviante dalle s»e aspettative. Che cosa può dare la Chiesa all’uomo di oggi? La risposta è quella che troviamo in Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita”. La Chiesa nella sua storia ha indicato all’uomo vari percorsi ed esperienze da seguire per testimoniare il Vangelo; infatti molti sono i gruppi, i movimenti, le associazioni, gli istituti, le comunità, ecc. che si trovano nella comunità ecclesiale. Tra le varie iniziative che i cristiani a riguarderanno intrapreso per vivere meglio in comunione la loro fede c’è quella del ritorno alla piccola comunità per facilitare l’evangelizzazione e la comunione, per una testimonianza di fraternità e di amore aperta a tutti. Nella comunità parrocchiale di Castagnola abbiamo intrapreso questa strada. Sono presenti attualmente quattro “Piccole Comunità di Evangelizzazione”. In queste “Piccole Comunità” si è potuto così osservare come la fraternità rende più disponibili ad accogliere e a vivere la Parola del Vangelo, aiuta a sentirsi più responsabili del cammino degli altri con un rinnovato spirito di servizio, e incoraggia al dono di sé, del proprio tempo, delle proprie energie, delle proprie capacità per amore di Cristo e della sua Chiesa. In questo contesto la preghiera è stata meglio appresa c’apprezzata fino ad esprimersi in momenti comunitari di grande partecipazione specie nella Adorazione Eucaristica.

di Fiammetta Gobbi “Il diaconato” - A mio avviso nell’Instrumentum manca un approfondimento sul ministero ordinato del diaconato che nella Chiesa è segno sacramentale di “Cristo servo”. Fu il Vaticano II ad instaurarlo come grado proprio e permanente nella gerarchia; Paolo VI ne stabilì le regole generali attuando le indicazioni conciliari. Nel 93, prima, e nel 98, poi, è stato promulgato un Direttorio per il loro ministero. - Ricordo a tutti che la teologia del diaconato, la sua spiritualità, la sua dimensione giuridica, la sua attività ministeriale vanno interamente sviluppate nell’ambito del sacramento dell’ordine: il diacono non è un presbitero dimezzato, né un laico maggiorato e neanche un ministro laico. - Oltre all’inserimento vitale in una comunità cristiana, al diacono possono essere dati, con decreto del Vescovo, diversi incarichi che vanno dal servizio della carità, aiutando Vescovo e presbiteri, all’ufficio d’economo diocesano; dall’ufficio di cancelliere in Curia, a quello di giudice, promotore di giustizia, difensore del vincolo e notaio nel tribunale ecclesiastico. Il Vescovo può, inoltre, conferirgli l’incarico di cooperare alla cura pastorale della parrocchia o di parteciparvi, con diritto di prelazione sui fedeli, nel caso di scarsità dei presbiteri. Altre funzioni di supplenza possono essere da lui svolte in determinati ambienti che non possono fruire della presenza o della disponibilità del sacerdote. - Faccio presente alla Commissione che tra i compiti del diacono, Papa Giovanni Paolo vi ha inserito quello di promuovere e sostenere le attività apostoliche dei laici perché più inserito e presente del sacerdote negli ambiti e nelle strutture secolari. - La nostra diocesi possiede un certo numero di diaconi, vogliamo cogliere l’opportunità d’aiuto che possono offrire alle parrocchie? E finalmente valorizzarli?

di Roberto Bolleri “In generale” Nella nota Pastorale della CEI del 2004, dal titolo Il volto missionario della Parrocchia in un mondo che cambia, nel punto 1 del primo Capitolo, si legge : “Nella vita delle nostre comunità, deve esserci un solo desiderio: che tutti conoscano Cristo, che lo scoprano per la prima volta o che lo riscoprano se ne hanno perduto memoria , per fare esperienza del Suo amore”. E’ necessaria dunque una pastorale missionaria che annunci nuovamente il Vangelo…La parrocchia dovrebbe essere la fontana del villaggio, ma c’è da chiedersi quanta acqua sia ancora capace di fare scaturire dalla sua sorgente; sorgente che c’è e che è viva. E’ in questa complessa realtà che, anch’io come molti di voi, sono stato eletto come portavoce di alcune parrocchie, alcune delle tante sparse nel vasto territorio del comune di Pontremoli. Parrocchie dove la fede, è ancora viva anche se,per tanti, è legata alla tradizione e alla devozione popolare; parrocchie dove è viva anche la preoccupazione di ritrovarsi senza sacerdote o, quantomeno, senza Messa festiva. Tutti ci rendiamo conto del momento difficile causato dalla mancanza di vocazioni e di sacerdoti, molti dei quali sono in età avanzata. E’ certo, comunque, che una comunità nella quale, non si ode più il suono delle campane, è una comunità che muore. Muore perché viene a mancare il momento di comunione più importante fra i fedeli: la Santa Messa. Trovare rimedio a questo problema, è molto difficile, ma, arginare queste

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Roberto Bolleri Rappresentante Collegio 54 – Con cattedrale

– Pontremoli

Maurizio Ratti Rappresentante Collegio 54 –Con cattedrale -

Pontremoli

I NF ORMA SINODO

emergenze in attesa di soluzioni definitive che tengano conto della preoccupazione dei fedeli, è possibile se si utilizzano al meglio le forze disponibili. E’ dunque necessario, sgravare i sacerdoti da tutti quegli impegni che anche un laico può svolgere. Bisogna scoprire per i laici quei ruoli tanto auspicati nei documenti del Vaticano II e che invece, un riflesso di clericalismo, li ha lasciati in ombra , ponendo solo l’accento sul Sacerdozio ministeriale o gerarchico. Nell’Instrumentum Laboris, si portano alla luce molti problemi e si illustrano molte proposte senza descriverne le applicazioni pratiche con il rischio di lanciare la rete nel posto sbagliato o di lanciarla inutilmente perdendo tempo prezioso. Credo che una cosa si possa fare subito: incrementare la preghiera, la supplica al Signore che illumini le persone responsabili. Inoltre, non ci dobbiamo dimenticare che è difficile risolvere problemi legati alla fede, solo con metodi materiali come si dovesse pianificare una ristrutturazione aziendale. Gesù stesso, prima di compiere, ogni azione, sii ritirava in preghiera. Penso che sia utile formare in ogni comunità uno o più animatori che sappiano sostituire il parroco nella guida di ogni forma di preghiera e nelle mansioni che anche una persona non consacrata può fare. La preghiera, unita all’Eucarestia, come dice G.Paolo II nella Lettera Apostolica Manes nobiscum Domine, del 7 ottobre 2004, è l’alimento principale per essere missionari. Un’altra proposta può essere quella di insistere sulla formazione culturale. In ogni parrocchia dove ci sonoo persone disponibili e preparate, anche appartenenti ad Associazioni o Movimenti, sarebbe utile, dialogare su problemi di ordine etico e morale alla luce della fede cattolica e del suo Magistero. La parrocchia che non disponesse di tali persone, si può aggregare ad altre e dare corpo al quella pastorale integrata cui parla la nota della CEI. Lavorare sulla cultura è molto importante per ricucire quel tessuto sociale ormai misero e scristianizzato sul quale si deve compiere la missione. Tutto questo , amici, vale per mettere in condizioni la parrocchia di offrire ad ogni suo membro quelle credenziali indispensabili per ottenere la cosa più importante: la Salvezza eterna!

di Maurizio Ratti “Osservazioni generali - Parrocchia, associazioni e movimenti - Pastorale Integrata” Penso avremo notato in parecchi che il testo attinge spesso – e mi pare decisione saggia e che non poteva mancare – alla più recente Nota pastorale della CEI (“Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia”), proponendo periodi della Nota stessa piuttosto che dei rinvii, il che può andare bene, ma sarebbe giusto esplicitarlo. Occorrerà, come per le altre tematiche, un lavoro di riscrittura, pulizia e di migliore organizzazione del testo, perché ancora una volta, leggi e rileggi, alla fine ne rimane l’aspetto un po’ zibaldonesco, cioè dalla realtà complessa e disorganica si arriva ad una marea di proposte, generose fin che si vuole, ma che rischiano di offuscare l’emergere di quelle priorità che invece devono avere la precedenza. Nella parte A, cap. 4, punti 40-41-42 è ben sottolineata la differenza tra l’Azione Cattolica - associazione di laici al servizio della gerarchia nel campo dell’apostolato - e i movimenti ecclesiali, da quelli più consolidati a quelli più recenti, che per loro stessa natura e a giustificazione della denominazione ‘movimenti’ possono rappresentare realtà più dinamiche, ancora in divenire, capaci con più facilità di attrarre i giovani, i cristiani cosiddetti ‘sulla soglia’ o i lontani che tendono a riavvicinarsi alla Chiesa e sono alla ricerca di un cammino serio e strutturato. E’ per questo motivo che quanto ribadito al n° 42 appare senza dubbio opportuno e da rimarcare con quanta più convinzione possibile; desidero rileggerlo in questa assise: “la parrocchia costituisce di fatto, ancora oggi, la prima e insostituibile forma di comunità ecclesiale, strutturata e integrata anche con esperienze articolate e aggregazioni intermedie che ad essa devono naturalmente convergere e da essa non possono normalmente prescindere” (…) espressione mediante la quale i nostri vescovi recuperano la centralità della parrocchia con molta chiarezza, poiché presenza concreta della Chiesa particolare in un determinato luogo. E’ di pochi mesi fa, durante la GMG a Colonia , l’esortazione di Papa Benedetto alla conferenza episcopale tedesca, affinché sappia valorizzare e guidare l’azione di associazioni e movimenti (cito testualmente) “…che contribuiscano così, con i loro diversi

doni, all’edificazione della comunità, mai ponendosi in concorrenza le une con gli altri – costruendo ognuno, per così dire, la propria chiesuola – ma rispettandosi e collaborando insieme a favore dell’unica Chiesa – dell’unica parrocchia come chiesa del luogo (…). E ancora, sempre nel medesimo discorso del Papa, viene detto che i movimenti fanno parte della struttura viva della Chiesa, purché non indulgano a forme di esclusivismo. Credo che, accogliendo questi richiami del S. Padre, si possa camminare bene verso una autentica pastorale integrata, per una vera comunione fra le associazioni e i movimenti, tra la parrocchia e gli stessi, nonché tra parrocchie della stessa città o zona pastorale e giungere così ad evitare al massimo sovrapposizioni, cumulo di iniziative, inframmettenze e spreco di energie umane.

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Edamo Barbieri Rappresentante Comunità Diaconale

di Edamo Barbieri “Piccole comunità Ecclesiali di Evangelizzazione – Piccole Parrocchie.” Mi riferisco al n° 3 del Tema “La Parrocchia” di cui trattiamo stasera, dove è riportato che le radici stesse della parrocchia affondano nelle piccole comunità cristiane fondate dagli apostoli chiamate “chiese domestiche”. Un po’ di filosofia di questo modello, con i dovuti distinguo, precisazioni e modifiche, era ancora presente da noi non molto tempo fa nella cosiddetta “civiltà contadina” quando i nuclei famigliari erano davvero piccole chiese di iniziazione e prassi cristiana. Gli anziani ricordano ancora bene che la sera non c’era “libera uscita” dei giovani se prima non si era recitato il rosario e la domenica quando nonni, genitori, figli si vestivano a festa e accorrevano alla chiesa per la S. Messa; quel giorno era vera festa per tutti senza altre occupazioni. Senza dare giudizi di quel tempo dobbiamo prendere atto che le cose sono cambiate e cercare quindi di proporre modelli che possano rispondere alle esigenze di questa società posto-moderna variegata, ma pur sempre in ricerca. Credo che il modello unico difficilmente possa essere applicabile proprio perché non corrisponde alle varie sensibilità delle persone però sono convinto che gli eventuali molteplici modelli debbano comunque fare riferimento alla parrocchia per allagarsi naturalmente ai vicariati e quindi alla diocesi. E’ nella chiesa locale, con tutte le sue espressioni, che sorge o può sorgere vera comunione. Da parte mia vedo nelle Piccole comunità Ecclesiali di Evangelizzazione, ( pre eucaristiche come le chiama il nostro Vescovo) il modello, incarnato nella parrocchia, più efficace e più unitario possibile da proporre a questa società in crisi di fede, proprio perché le Piccole Comunità ricalcano il modello delle prime comunità cristiane delle “chiese domestiche” da dove poi sarebbe partita la grande opera di evangelizzazione del mondo. I diaconi E’ sempre difficile parlare di se stessi, ma a volte diventa doveroso quantomeno nel richiamare e mettere in evidenza la volontà della chiesa che ha inteso ripristinare questo ministero ordinato. I diaconi nella nostra diocesi sono 23 ed altri sono in formazione e crediamo tutti che non ci sono per caso. Ricordiamo che è stato il Concilio Vaticano secondo a ripristinare questo ministero dopo secoli di assenza. Dobbiamo essere chiari: nel documento presentato che è formato di 24 pagine la parola “diacono” è messa lì quasi per caso alcune volte senza alcuna puntualizzazione e con diverse inesattezze. Non vogliamo fare richiami ma questo la dice lunga in merito alla considerazione di un ministero ordinato (ricordiamo che i ministeri ordinati sono tre: Vescovo - presbitero - diacono) che agisce quasi esclusivamente nelle parrocchie e che nel documento sulla parrocchia non poteva non trovare la giusta collocazione. Ed è proprio sui compiti nella parrocchia che il documento avrebbe dovuto specificare compiti, linee che i diaconi sono chiamati o che saranno chiamati a svolgere dopo il Sinodo. Credo comunque che è nella visione dell’insieme di tutte le realtà esistenti nella nostra Chiesa che si possa trovare la strada maestra per essere vera Chiesa in questo tempo in cui tutti noi siamo chiamati a vivere valorizzando tutte le sue componenti umane, cristiane, ministeriali, laicali. Piccole parrocchie Dobbiamo prendere in seria considerazione le proiezioni ormai estremamente chiare del rapporto Sacerdoti/parrocchie/fedeli della nostra Diocesi ed in particolar modo della zona della Lunigiana e delle zone a monte delle due città della costa.

Queste proiezioni ci dicono che fra alcuni anni solo le parrocchie medio - grandi avranno il parroco residente mentre le parrocchie minori si dovranno accontentare di vedere brevemente il parroco qualche volta il mese, cosa che d’altra parte succede già oggi in molte piccole realtà. Certamente noi tutti riteniamo fondamentale non disperdere il patrimonio di fede che ancora oggi è presente nelle piccole e piccolissime parrocchie della Diocesi. Con l’esperienza decennale forzosamente acquisita nella zona dove risiedo, sento di fare alcune proposte: - In tutte le parrocchie con meno di ........ residenti abituali non saranno più’ garantite le Messe domenicali e l’impostazione della pastorale tradizionale nella quale tutto doveva ruotare attorno al Parroco dovrebbe essere rivista. - Dovrebbe essere sviluppata una pastorale a misura di ogni piccola comunità con l’obbiettivo di mantenere viva e trasmettere la fede attraverso l’azione concreta di fedeli laici credenti più sensibili ed adeguatamente preparati dove le chiese continueranno ad essere aperte, curate, in cui si recita il rosario e si fanno quelle celebrazioni dove non è indispensabile il sacerdote o il diacono (via crucis ecc.) - Dovrebbe essere fatta opera di sensibilizzazione per agevolare la nascita di tante Piccole Comunità Ecclesiali di Evangelizzazione che ben si adattano al territorio, o di altri modelli che facciano incontrare le persone anche perché in queste realtà nella maggior parte non esiste più neanche il bar. -In queste realtà dovrebbero essere nominati dei Capi Comunità con compiti propri e già stabiliti e far crescere Ministri Straordinari dell’Eucarestia ai quali potrebbe essere affidato anche il mandato speciale delle celebrazioni assente presbitero che dovrà avere chiaramente valore per il soddisfacimento dell’obbligo del precetto festivo. - In tutte le parrocchie dovrebbe essere comunque garantita la celebrazione della domenica con o senza presbitero perché questo di per se resta un momento forte di aggregazione e di comunione: se questo momento dovesse andasse disperso la gente perderebbe il senso della domenica anche se la Messa festiva dovesse essere celebrata tutti i sabato sera, e la tenuta di queste comunità in termini di fede e di senso della festa subirebbero un duro colpo se non il tracollo dopo alcuni anni. E’ evidente che questo modello, presentato in modo schematico, abbisogna di una preparazione con una forte opera di sensibilizzazione ai fedeli i quali già avvertono da tempo la difficoltà a reperire sacerdoti ma che non sono disposti ad accettare la realtà creando quindi tutta una serie di disagi e di incomprensioni. Il parroco, che comunque resta il diretto responsabile, dovrebbe programmare in modo preciso il calendario delle sue presenze nelle parrocchie e restarvi una intera giornata per celebrare la S. Messa, confessare, visitare gli infermi, parlare con la gente, con il capo comunità, con i ministri straordinari, con gli eventuali catechisti, pranzare in una famiglia, prendendosi tutto il tempo necessario per essere veramente con loro. Facendo questo, anche una sola volta il mese, darebbe il segno della vera comunione e dell’amore che ha il pastore per le sue comunità.

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di Fernando Mosti “Festa in parrocchia per la nascita di un bimbo/a.” Propongo al Sinodo, di far annunciare a tutta la comunità parrocchiale con il suono delle campane a festa, la nascita di ogni bambino/a. La campana, da sempre ha accompagnato i momenti della nostra vita, e mi sembra bello che anche in questo caso dia tanta gioia. E chi la sentirà, augurerà in cuor suo a questa creaturina un futuro senza le atrocità che ci angustiano tutti, in questo periodo. Queste poche righe, semplici, vogliono sintetizzare i tanti discorsi che si sono fatti attorno alla campana e alla parrocchia. Infatti, anni fa, c'era chi aveva decretato la morte imminente della campana e della pluricentenaria "cellula" della Chiesa. Ma la parrocchia appare assai più longeva di quanto non immaginassero i suoi frettolosi "beccamorti", che la vedevano ben sostituita da associazioni, movimenti, gruppi ecclesiali o da intricate architetture pastorali. La parrocchia e una "famiglia allargata", dove gli eventi umani, seppure privati, non restano processi anonimi (nascita, morte, matrimoni, anni versati...). Un fatto ordinario o straordinario che sia, attraverso la parrocchia è sottratto alla banalità, acquista un senso nuovo, viene potenziato, è vicino e accessibile a tutti. Dietro alla campana che da sempre ha accompagnato momenti tristi e felici si intuisce la presenza di una comunità, una comunione di relazioni e di affetti, il riferimento chiaro di speranze condivise e di una fede generata "nella" comunità e "con" la comunità. Tutto questo è un patrimonio prezioso, che si presenta a volte splendido, consapevole, altre volte un po' più opaco e dimesso, ma comunque di tutti e insostituibile. Le campane che suoneranno a festa per una nascita testimonieranno che c'è ancora chi vede la vita, ogni vita umana, come una ricchezza: se ne rallegrerà. La paura della vita germoglia e cresce dove c'è indifferenza, paura, solitudine e aggressione, situazioni che la parrocchia spinge continuamente a superare. E le campane in futuro saranno chiamate a suonare sempre di più per nuove vite appartenenti ad altre culture. Ma non per questo la festa sarà meno gioiosa. L'augurio finale è uno sguardo sull'intera umanità, è il sentire come proprio il peso di tante sofferenze, di tanta infelicità. Già, perché se la comunità parrocchiale si costruisce autenticamente, non può che alimentarsi di amore universale, lo stesso di Gesù Cristo. E dentro le parrocchie, quanto amore prende vita, inventa iniziative di solidarietà, arriva vicino ma anche lontano! Altro che moribonda, la parrocchia è un bisogno, anche per chi si accontenta del suono delle campane o di poco più, ma se lo vorrà, potrà varcare la soglia e conoscere cos'è che... fa suonare la campana. “Instrumentum Laboris” La Liturgia n. 482 Dove vi è l'uso, si può suonare la campana per

annunciare la morte di un fedele della comunità.

Si richiede di sostituire il 482 con 482A 482A Dove vi è l'uso, si può suonare la campana per annunciare la nascita in Cielo un fedele della comunità. Si può suonare la campana alle ore 12,30 per annunciare la nascita di una nuova creatura di Dio.

di Walter Ambrosini “Per una Parrocchia che accoglie e promuove i Carismi” Una prospettiva di speranza Nelle nostre Assise Sinodali abbiamo spesso ascoltato parole di profondo sconforto circa la secolarizzazione, la scristianizzazione e il degrado dei costumi. Queste parole rivelano, forse, un’eccessiva mancanza di fiducia nell’azione dello Spirito nel guidare il mondo verso ciò che è buono e rende più piena la nostra vita. Ad esempio, lamentarsi di ciò che il progresso scientifico e tecnologico ha prodotto, ponendo l’accento sulle contraddizioni che sempre accompagnano ciò che è nuovo, significa dimenticare che esso ha migliorato le condizioni di vita di centinaia di milioni di persone (ancora troppo poche!), mettendole in grado di affrancarsi da quelle piaghe secolari che di fatto le abbrutivano, rendendole meno capaci di riflettere su di sé e di porsi in relazione con l’Altro da sé. Questa disperazione e questo negativismo suonano stonati alle orecchie di chi, come il sottoscritto, è cresciuto nella speranza cristiana di un mondo migliore e ha trovato la sua particolare vocazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica al servizio di tutti. Penso sia quindi giunto il momento di essere propositivi e cominciare a delineare soluzioni, invece che continuare a scoraggiarci. In questo spirito, propongo brevi spunti di riflessione sulla Parrocchia “che vorrei”, alla luce della mia esperienza personale, maturata nella Chiesa negli anni del dopo Concilio. E’ un tema che mi è particolarmente caro, perché nella Parrocchia ho vissuto esperienze forti, che hanno lasciato in me un segno profondo, sia durante l’infanzia (Parrocchia del Bambin Gesù, Perticata), che durante la giovinezza e la maturità (Parrocchia di San Pietro, Avenza). Una comunità viva animata dallo Spirito - La Parrocchia deve assumere (o recuperare) il ruolo di luogo privilegiato in cui i credenti di un determinato territorio si riuniscono per fare comunità e celebrare: in questo senso essa è un centro che irradia e attrae i lontani, con la testimonianza viva di coloro che professano il Vangelo di Cristo. - Essa deve essere una comunità animata dallo Spirito, in cui vige il principio della corresponsabilità, basata sull’amore verso Dio ed il prossimo.

Fernando Mosti Rappresentante Collegio 61

– Casola – Fivizzano

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- Ognuno, nel proprio ruolo e con i suoi carismi, piccoli o grandi, deve contribuire a fare della Parrocchia un dono per sé e per i fratelli, un aiuto concreto alla maturazione propria e degli altri alla vita cristiana. - Il Parroco, in particolare, nella responsabilità del suo Ministero, deve accogliere, guidare, indirizzare e correggere, avvalendosi nel massimo grado possibile della collaborazione dei laici. - Sono i laici, infatti, a costituire il “residuo secco” della Parrocchia, ciò che resta nel tempo, anche se i sacerdoti cambiano: i laici, infatti, in una prospettiva di tradizione sempre in evoluzione, rappresentano il particolare vissuto di fede di quel territorio, che si sviluppa nel tempo. - Un obiettivo fondamentale dell’azione del Parroco dovrebbe essere quindi quello di aiutare i suoi parrocchiani ad acquisire spirito di servizio, fede e speranza per praticare la carità vicendevole ed essere sale della terra. Una struttura che accoglie e promuove i carismi Nella Parrocchia, i laici devono essere aiutati a trovare il loro posto: l’esistenza di gruppi, Consigli e commissioni è quindi indispensabile per dare struttura all’azione dello Spirito: è la pluralità dell’offerta in termini di attività ed approfondimento di fede che mette in luce i carismi nascosti e li fa fruttificare.

I gruppi giovanili, di famiglie, di coppie giovani, di lavoratori, ecc., promuoveranno l’inserimento delle nuove persone e cureranno la loro formazione con iniziative specifiche o trasversali, anche interparrocchiali.

Il Consiglio Pastorale Parrocchiale dovrà ovviamente essere sempre presente allo scopo di coadiuvare il Parroco nell’azione pastorale; in questo senso esso deve essere il motore della pastorale parrocchiale.

I gruppi (o commissioni) che si occupano di particolari servizi (liturgia, carità, ecc.) forniranno ulteriori occasioni di inserimento e formazione specifica ai parrocchiani.

Anche le associazioni, i movimenti e i cammini di iniziazione possono svolgere un ruolo importante nell’allargare lo spettro dell’offerta in termini di approfondimento di fede; ma la loro azione, tipicamente imperniata sulla promozione di carismi specifici, deve essere armonizzata con quella dell’unico scopo di promuovere la varietà dei carismi in una dinamica fondata sullo Spirito.

- Sarà così possibile che ognuno trovi il suo ruolo nella Parrocchia, contribuendo al buon andamento della vita comunitaria. - Si deve dare particolare spazio alla formazione e al vissuto religioso e culturale; è inutile negare che molta parte dell’attrattiva della comunità parrocchiale si giocherà in futuro sulla sua credibilità: l’esempio di vita cristiana e un solido fondamento (anche razionale) delle proprie convinzioni di fede sono entrambi necessari per una fede adulta e per impostare un dialogo con chi è lontano o non crede. - “C’è posto per tutti nella Chiesa di Dio” era solito ripetere un sacerdote che negli anni ’70 ed ’80 seppe donare ai suoi parrocchiani una stagione indimenticabile di vita comunitaria. “Pensa a ciò che puoi fare di positivo, invece che ripiegarti su te stesso”, mi ammoniva un altro sacerdote quando ero bambino. Potremmo farne motti per rivitalizzare le nostre Parrocchie, senza miti o nostalgie, senza fissare come paradigma definitivo alcuna scelta contingente del passato, guardando solo al presente e al futuro. - Rimbocchiamoci le maniche ed elaboriamo proposte per mettere le nostre mani al servizio dello Spirito. Postilla all’intervento nella 4a Assise Sinodale Il mio intervento nella 4a Assise era stato preparato con una settimana di anticipo per essere sicuro di poter contribuire, nonostante gli impegni che avrei avuto nella settimana appena trascorsa. Sono stato lungamente in dubbio se “ripetere il mio verso” esortando alla speranza, perché nei primi interventi in Assise e, in particolare, nell’intervento del Vescovo e nella relazione di Daniela Scarponi, mi era parso di cogliere finalmente segni di speranza e fattività. Purtroppo, poi il tenore degli interventi è cambiato nuovamente verso una certa qual disperazione intimista che, a mio giudizio, è molto più ingiustificata di un atteggiamento fattivo, animato dalla certezza che lo Spirito ha bisogno delle nostre mani. Mi sono pertanto trovato nuovamente a fare il “maestrino” di speranza, cosa che eviterò accuratamente in futuro, lo prometto: il mio verso ormai l’ho fatto e questa figura mi è diventata francamente fastidiosa. Sottolineo brevemente due aspetti emersi nella discussione. Se davvero il Concilio Vaticano II è stato applicato così poco nella nostra Diocesi (stento a crederci: è così davvero?) che ancora oggi, a quaranta anni di distanza, è necessario ribadire la necessità della corresponsabilità e del coinvolgimento dei laici e si deve ancora argomentare se la Chiesa debba essere vagamente “democratica” o, invece, come è ovvio, animata dallo Spirito (cosa molto più impegnativa e responsabilizzante per tutti, nel rispetto dei ministeri propri di ciascuno), allora è necessario promuovere in tutte le parrocchie la lettura e il commento, anche comunitari, dei documenti conciliari (suggerisco in primis la Gaudium et Spes e l’Apostolicam Actuositatem, che sono i più “facili” e attrattivi). Si tratta di una iniziativa da mettere in campo subito, durante il Sinodo: come potremo avvicinare i lontani se noi stessi, in qualche modo, siamo lontani dalle prospettive che la Chiesa ci ha aperto decine di anni fa? che credibilità avremo come testimoni di ciò che ci è solo vagamente chiaro? come potremo elaborare nuovi indirizzi se ancora non abbiamo metabolizzato quelli del recente passato? Diamo a tutti un quadro attuale di ciò che professiamo: dovremmo essere sulla frontiera e non nella retroguardia. Per quanto riguarda i Consigli Pastorali, accolgo con gioia l’invito del Vescovo a che debbano essere presenti ed operanti ovunque come strumento principe dell’intervento collaborativo dei laici nelle parrocchie.

Walter Ambrosiani Rappresentante Collegio 36 – Avenza - Carrara

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Mario Bracci Membro Cooptato, Ufficio Cultura

Don Giovanni Barbieri Membro Di Diritto, Consiglio

Presbiterale

di Mario Bracci “La Parrocchia” Anzitutto desidero ringraziare la commissione che ha elaborato questa parte dell’Instrumentum Laboris perché ha saputo elaborare proposte proprio dalla lettura delle schede, preparate dalle parrocchie, e dalle domande di rinnovamento ricevute dalla prima interrogazione di 2 anni or sono. Intervengo su due questioni: - purtroppo la parte teologica credo sia insufficiente – soprattutto rispetto alla seconda parte che trovo ottima – perché in qualche modo non mette in relazione nei nn. 4-32 la relazione tra presbiteri/parroci e il loro vescovo. Sarebbe infatti auspicabile inserire la relazione onde evitare l’idea che l’operato del sacerdote nella “porzione di territorio diocesano” sia una porzione così a se stante da non essere più porzione di qualcosa ma in realtà una vera e propria isola. In questo modo si darebbe unitarietà e indirizzo vero e proprio alla pastorale parrocchiale perché inquadrata in una prospettiva diocesana – così che in ogni parrocchia non si abbiano ad avere incontri, per es., coincidenti con attività diocesane – e che renda ragione dell’unico pastore, il vescovo. Anche i nn. 33-39 potrebbero essere integrati con una trattazione più precisa del “sacerdozio comune” – già presente ai nn. 7 e 13 ma là è sempre adombrato dalla figura del sacerdozio ministeriale ordinato. Così distinguerei più adeguatamente tra movimenti e associazioni laicali ai nn. 40-42. In ultimo, abbiamo già sentito in assise da parte di altri sinodali interventi sulla mancanza della figura del diaconato permanente, concordo e suggerirei di porvi attenzione usando sì la questione dei gradi dell’ordine – come si fa al n. 10 – ma per suggerire la giusta prospettiva: i gradi dell’ordine non sono propedeutici per cui si passa dal più piccolo al più alto, ma discendono da quest’ultimo – il grado episcopale – che li possiede tutti e li esercita. Al fine di esercitarli li distribuisce “ordinando” alcuni ad un servizio, altri all’altro, ma tutti – sacerdoti e diaconi – esercitano il mandato del loro vescovo, che opera da apostolo nella successione apostolica; - vorrei porre l’attenzione sulla questione della formazione. Se ne parla già ai nn. 86 (scuola di formazione teologica) 97 (progetto culturale) 103 (formazione operatori pastorali) e al 40 (la formazione del laicato nell’Azione Cattolica). Mi sembra che in queste nostre assise sia già emerso il problema della formazione nella e della fede di tutti noi, sacerdoti, diaconi e laici; questa formazione è sempre pensata come necessaria ma più spesso ancora in assise mi sembra sia pensata necessaria la possibilità di svolgerla a modo proprio. Tutti i rappresentati di comunità particolari hanno infatti perorato la propria causa: ognuno desidera formare alla propria scuola, sia quella dei catecumenali, delle associazioni laicali, dell’AC, ecc. In questo modo viene, a mio avviso, a essere pregiudicata una qual certa unità nella nostra pastorale diocesana: se tutti si formano da sé chi si forma all’unità? Ho sentito apprezzare da ciascuno la propria peculiare forma di servizio nella diocesi, facendo addirittura riferimento ai documenti della Chiesa, ma queste peculiari forme non sono di certo messe in discussione, piuttosto sono al servizio dell’unità della chiesa. Se ognuno si pensa a se stante potrà forse compiere qualcosa di buono, ma l’ottimo è mettere il proprio al servizio dell’unità, e qui l’unità la fa il nostro Vescovo. Se l’esperienza della scuola di formazione teologica – e cito questa perché è diocesana, retta dal Vescovo, ma potrei citare anche l’esperienza della riflessione successiva alle Settimane Sociali, anche questa retta dal Vescovo, e così altre ancora che il Vescovo porta avanti come iniziative diocesane – non è presa in considerazione dagli appartenenti dell’AC [e qui poi mutate AC in CL e in ogni altra voce associativa o movimento] perché loro fanno già formazione al loro interno, o perché si preferisce un impegno nel commercio equo e solidale, o nell’accademia della pace – tutte cose bellissime che sono germogliate nella nostra diocesi e i cui frutti non mancheranno di farci riconoscere – capite bene che questo non è male, ma neppure, forse, un cammino diocesano.

di Don Giovanni Barbieri “Parrocchia: quale incarnazione sul territorio?” Premetto che sta bene tutto quanto riferito circa la teologia della parrocchia e le problematiche discusse. Si parla di comunione di comunità, di parroci, di diaconi (non troppo), di celebrazioni… Si parla di missione, ma in fondo ci si ferma ad una pastorale di conservazione, perché poi in definitiva ci si riferisce all’educazione alla fede dei fanciulli e quasi tutta l’attenzione è rivolta alla gente che circola attorno alla Chiesa. Ho l’impressione che stiamo parlando su noi stessi. E rischiamo di dimenticare il territorio, la sua cultura, il suo modo di pensare, la società in cui viviamo. Nell’Instrumentum laboris i riferimenti al territorio, alla cultura, ai problemi sociali sono appena sfiorati nei numeri 113 e 115. Ma la parrocchia è la Chiesa che vive in un territorio concreto con una piccola parte di fedeli, con una zona di simpatizzanti, con una più abbondante parte di indifferenti, con qualche ostile. La parrocchia si trova in un contesto concreto, fatto di umanità, di contraddizioni, di valori, di difetti. Non si è sentito parlare dei lontani. Si è parlato dei poveri, degli emarginati, dei disperati (verso i quali l’attenzione della Chiesa deve essere giustamente rivolta), ma ci sono anche tutti gli “altri” che hanno bisogno di salvezza, di parola di vita eterna. Non c’è soltanto il problema di una analisi delle problematiche culturali e sociali. C’è anche un problema di linguaggio per capire, per farsi capire, per essere accettati come interlocutori validi e degni di attenzione. San Paolo non parlava alla stessa maniera alle varie comunità verso le quali si rivolgeva. Gli Efesini non erano i Colossesi o i Romani o gli Ateniesi. La missione evoca inevitabilmente i “lontani”. Ma per essi il linguaggio che stiamo usando rischia di essere incomprensibile. Non possiamo sentire il “mondo” soltanto come realtà ostile. Il “mondo” è il luogo nel quale ci troviamo oggi ad annunciare il Vangelo di salvezza. Per entrare in dialogo con questo “mondo” è necessario dimostrare, anche come comunità e non solo come singoli, di essere presenti nei problemi dell’uomo del territorio, bisogna, oggi, dimostrare di essere interlocutori validi e credibili per poter offrire una lettura evangelica delle realtà terrene e, con essa, uno speranza che il mondo non può offrire. Bisogna uscire da una immagine di fede intimistica per aprirsi ad una presenza che è dialogo, accoglienza, carità. La parrocchia ha il dovere di alimentare la crescita umana e cristiana dei fedeli, ma la missione è un mandato esplicito ad andare verso i “lontani”.

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don Andrea Forni Membro di diritto, Consiglio

Presbiterale

di don Andrea Forni “Parrocchia e Territorialità – n. 89/91 Parroco e Amministrazione – n. 90 Unità Pastorali” Normalmente quando si parla di parrocchia si intende un determinato territorio ( un paese, un quartiere ) con determinati confini e un certo numero di abitanti. Questa concezione non sembra più corrispondere alla situazione reale delle nostre parrocchie. Spesso gran parte delle persone che vivono in quel territorio sono indifferenti ed estranee alla realtà parrocchiale. Non è più quindi pensabile la parrocchia nei termini in cui la si considerava in tempi di cristianesimo di maggioranza. Oggi la parrocchia coincide con una realtà minoritaria di persone credenti che in qualche misura fanno ancora riferimento alla Chiesa. Gran parte di questi sono semplici utenti, cioè persone che cercano “servizi religiosi” (battesimi, prime comunioni, cresime, matrimoni, funerali, ecc.). Solo una esigua minoranza sente la comunità parrocchiale nel senso dell’appartenenza, cioè come una famiglia di riferimento per la propria vita. Questo ci porta allora a dover ripensare la parrocchia in altri termini. Essa deve assumere il compito di lampada che risplende nelle tenebre, di lievito che fermenta la pasta. Perché questo possa avvenire bisogna che “ il piccolo resto” diventi significativo nella fede, nell’ accoglienza e nella testimonianza della carità. E’ necessario però stabilire dei criteri che pur garantendo l’accoglienza a tutti non trasformi la parrocchia in un distributore automatico di sacramento e sacramentali. Non tutto a tutti, ma ad ognuno il pane adatto alla sua capacità di accoglierlo. Il Sinodo può dare criteri in merito? Seconda considerazione. Spesso le singole comunità parrocchiali non hanno in se la forza e la capacità per essere presenti nel territorio in maniera significativa. Senza nulla togliere all’autonomia delle singole parrocchie per alcuni aspetti, credo che parlare di unità pastorali o di interparrocchialità sia molto importante. Credo che il futuro della nostra Chiesa sia la collaborazione tra parrocchie vicine e tra sacerdoti, superando l’idea della cura del proprio orticello per realizzare una vera progettazione pastorale unitaria. Questo avrebbe diversi risvolti positivi: - ogni sacerdote potrebbe valorizzare al meglio le proprie potenzialità e i propri carismi - superamento della solitudine pastorale - uniformità nell’azione pastorale - valorizzazione delle potenzialità e dei carismi dei laici presenti nel territorio. - superamento della povertà e della depressione che spesso colpisce le nostre comunità: siamo pochi e contiamo poco. L’unione fa la forza. - maggiore capacità di essere presenti sul territorio e di incidere su di esso. - sostegno alle parrocchie più piccole da parte delle parrocchie più grandi. Il parroco Quanto detto sulla parrocchia richiede una conversione pastorale da parte di noi sacerdoti. E’ chiaro che il cuore di tutto diventano la collaborazione e la progettazione pastorale unitaria a livello Diocesano, Vicariale e di Unità Pastorale. Si deve passare dall’idea del parroco re, sacerdote , vescovo, papa… della parrocchia all’idea di equipe di sacerdoti che insieme gestiscono un determinato territorio. Questo appunto, permetterebbe la valorizzazione, come detto, delle potenzialità di ognuno nel seguire determinati settori della pastorale:

coppie, fidanzati,ragazzi, giovani, anziani, ammalati, ecc. Un problema particolare ha poi l’amministrazione delle parrocchie. Così come sono, oggi, la legislazione canonica e quella civile obbligano il parroco ad essere ragioniere, geometra, architetto, ingegnere…. E’ vero che anche in questo ambito hanno e dovrebbero avere grande importanza l’aiuto e la corresponsabilità dei laici. Questo non toglie che alla fine il parroco in tutti i risvolti giuridici sia l’unico a poter intervenire e decidere. Bisognerebbe trovare una formula che nel rispetto delle leggi liberi i sacerdoti da queste pesanti incombenze, che impediscono spesso di esercitare il ministero pastorale. Gli Apostoli per questo inventarono i Diaconi. Oggi questo non è possibile? Potrebbe essere una proposta anche quella di avere per ogni zona pastorale un sacerdote capace incaricato per l’amministrazione. D’altra parte gli uffici amministrativi dovrebbero dotarsi di mezzi migliori per essere di maggior supporto ai sacerdoti nelle questioni economiche e burocratiche. Note particolari - Al n° 89 si dice: “Spostare al dopo-cresima il baricentro dell’attività pastorale parrocchiale….” Non sono d’accordo con questa affermazione che contrasta con quanto viene det to ne l la seconda t emat ica sull’Evangelizzazione. Il baricentro e’, a mio avviso, l’evangelizzazione degli adulti. - Al n° 90 si dice: “Operare nelle parrocchie e nella diocesi con democraticità….” Il termine “DEMOCRAZIA” non si addice alla chiesa. La chiesa non è governata dal popolo, ma da Cristo e da coloro che Cristo ha posto come PASTORI e MAESTRI, i quali hanno il dono del discernimento pastorale. Questo non toglie che i Pastori non abbiano l’obbligo di condividere il loro ministero con tutti gli altri carismi e ministeri presenti nella Chiesa. Sostituirei il termine con “corresponsabilità”.

Ultima annotazione

Mi pare che nel Sinodo ognuno vada a cercare la legittimità della propria esistenza. Credo che il sinodo non debba sponsorizzare nessuno, ma solo rendere esplicite alcune scelte pastorali. La legittimità esiste nel fatto che la Chiesa nel suo insieme approva e riconosce come autentiche alcune esperienze pastorali, associative, formative. Il sinodo non sponsorizza nessuno: nella Chiesa c’è posto per tutti

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Almo Puntoni Rappresentante Azione Cattolica

di Almo Puntoni “Territorio e Pastorale Integrata” a) Dai risultati delle Schede di Ascolto al titolo del Lineamenta, alla scheda dell'Instrumentum Laboris La Sfida n°4 dei Lineamenta del Sinodo titolava Radicati nella storia e nel territorio e riportava il numero delle schede lì indirizzate, 456 dalle aree tematiche Parrocchia e Problemi sociali. Questi elementi provenivano dai "Risultati delle Schede di Ascolto", pubblicati a conclusione del primo anno preparatorio: in quel fascicolo si elencavano e numeravano i temi emersi dalla consultazione. La parrocchia veniva indicata 149 volte e Problemi sociali 296, senza aggiungere le 143 indicazioni di Anziani. Già nella Sfida n° 4 del Lineamenta, come pure nelle domande allegate a questo, però l'attenzione viene unicamente rivolta alla Parrocchia, che nella scheda 4 dell'Instrumentum Laboris diventa il titolo principale, anche se con sottotitolo "Una comunità radicata nella storia e nel territorio". Questo excursus ci fa notare come la scheda abbia bisogno di recuperare una maggiore attenzione alle problematiche sociali della nostra gente e spingere la nostra Chiesa a progettarsi maggiormente incarnata nel territorio della Provincia. b) Cosa intendere per territorio La riflessione, anche ecclesiale, degli anni 70 e 80 ha fatto emergere come il termine territorio non possa essere utilizzato solo per i suoi significati geografici ma soprattutto per le connotazioni relazionali che fanno di questo termine un'espressione ricca di connotazioni antropologiche. Il territorio sono gli uomini in relazione, sono i fili che legano le persone e che raccontano la qualità della vita di un paese, che ne connotano l'identità e il senso: solo in seconda battuta il territorio è la terra, la città, le case, soprattutto perchè questi elementi sono l'espressione del vissuto, delle scelte comuni delle tradizioni, dei valori. Questa sottolineatura ha due importanti conseguenze, che vengono evidenziate anche nelle prime righe del punto 10 della Nota CEI sul volto missionario delle parrocchie: 1 - Che la singola parrocchia non racchiude più tutte le esperienze della sua gente, e l'esperienza di ciascuno si gioca oggi su più territori non solo antropologici ma anche geografici: da ciò ne consegue l'esigenza di una pastorale unitaria della diocesi con strumenti vari (che non siano solo le parrocchie) e integrata tra diocesi e parrocchia e tra diverse parrocchie. 2 - Che si ricerchi uno spazio ecclesiale privilegiato per la testimonianza ordinaria della fede: i Vescovi individuano ancora nella parrocchia un punto di riferimento unitario perchè anche la fede non subisca una frammentazione come il resto delle esperienze della vita o venga relegata in uno spazio marginale dell'esistenza. c) Attenzioni che sfuggono o che vanno oltre le maglie delle singole parrocchie "Non viene ignorata la comunità locale, ma si invita ad abitare in modo diverso il territorio, tenendo conto dei mutamenti in atto, della maggiore facilità degli spostamenti, come pure delle domande diversificate rivolte oggi alla Chiesa" (CEI sulle parrocchie missionaie n.11)" Immigrati: anche nella nostra provincia sono presenti numerosi immigrati appartenenti a vari gruppi religiosi, etnici, linguistici e nazionali. Non può non sfuggire la preziosa opera della Migrantes che cerca di facilitare gli incontro dei vari gruppi offrendo occasioni diversificate: dalle Messe nelle lingue nazionali agli incontri ecumenici a quelli interreligiosi ottimamente supportata dall'Ufficio Ecumenismo, e altre iniziative di carattere cuturale e assistenziale. Non sfugge d'altronde come questa attenzione non coinvolga e forse non potrebbe neanche coinvolgere più di tanto le parrocchie. E' pertanto fondamentale che ci sia un'attenzione sovraparrocchiale della Chiesa diocesana (doc. CEI cit. "tenendo conto... della presenza di immigrati, ai quali si rivolgono i centri pastorali etnici che stanno sorgendo in molte città" n.11) che però coinvolga la sensibilità pastorale delle parrocchie per vivere queste esperienze

come risorse preziose di crescita nel senso della mondialità e di una sana globalizzaione. Realtà delle cave: non sfugga che il nome latino della nostra diocesi e di quelle precedenti, ora accorpate, faccia riferimento alle Apuane. Non possiamo infatti slegare il nostro territorio dal marmo e dalle cave. Questa realtà lo ha profondamente segnato nel tempo e ancora oggi rappresenta una risorsa economica, una caratterizzazione culturale ma anche una preoccupazione seria per la sicurezza dei lavoratori e il depauperamento dell'equilibrio ecologico (gestione e inquinamento di falde acquifere, impoverimento biologico dei fiumi e del mare, perdita di flora endemica, distruzione dei profili geomorfologici). Nei decenni passati il Vescovo Boiardi comprese nella sua grande attenzione pastorale quanto questa realtà avesse bisogno di essere seguita da persone esperte, capaci di colllegare le diverse zone della diocesi e di offrire parole di speranza a quanti vivevano l'esperienza delle cave e fondò l'Opera Madonna del Cavatore: ancora oggi, pur diminuendo enormememte il numero degli addetti, la realtà dei cavatori e delle cave ha bisogno di una attenzione particolare della nostra Chiesa. Pendolarismo: il modello di sviluppo che stiamo vivendo, anche nella nostra provincia, ha bisogno di mobilità. La mobilità è rappresentata anche dallo spostamento di persone dalle loro città e paesi ad altri più o meno lontani. Dall'emigrazione, fenomeno largamente presente nel passato (vedi le associazioni di Lunigianesi presenti in diverse pari del mondo) si è passati maggiormente ad un pendolarismo giornaliero o settimanale; i motivi sono quelli del lavoro ma anche dello studio, e ancora quelli della formazione professionale post-diploma, post-laurea, di tirocinio e specializzazione. Il pendolarismo non permette un radicamento nè nel luogo di origine nè nel luogo di impegno, sfianca le relazioni sociali, appesantisce le relazioni affettive, disgrega le relazioni ecclesiali spesso unicamente fondate sul servizio e sul fare. La parrocchia da sola non può affrontare questo problema, la diocesi deve farsi carico di individuare delle piste di attenzione e presenza (cfr anche scheda 1 n.110 punto 6). Periferie albergo: direttamente collegato al punto precedente è quello dello spostamento all'interno del territorio della zona per residenza, particolarmente sentito nei tre centri più grandi della diocesi (Massa, Carrara, Aulla). Lo sradicamento delle persone si manifesta anche in questo caso e l'anonimato dei grandi centri, delle periferie in particolare, ma anche delle villette, incentiva l'isolamento familiare, e relazioni elettive legate soprattutto al divertimento che non ad una piena assunzione di tutte le esperienze vitali di un territorio. Cosa fare in questo caso risulta difficile dirlo: nel passato ad ogni insediamento nuovo corrispondeva una parrocchia nuova, forse oggi questo, se non in casi eclatanti, non è più necessario, ma un monitoraggio delle persone che si spostano segnalando dalla parrocchia di partenza a quella di arrivo, un'anagrafe delle giovani coppie che spesso possediamo attraverso i corsi per fidanzati, l'individuazione di veri Centri d'Ascolto, cioè di luoghi di intercettazione delle persone di un territorio gestiti da operatori pastorali dotati di empatia relazionale. Disoccupazione e mancanza di potenza imprenditoriale: Gesù ha fatto i miracoli e anche gli apostoli capaci di non arrendersi di fronte alle difficoltà che sembravano insormontabili li hanno fatti. Nel corso dei secoli grandi cristiani sia religiosi che laici hanno compiuto gesti e realizzato opere che hanno del prodigioso. Il nostro territorio soffre di un'atavica mancanza di speranza nei propri mezzi e di un gregarismo imprenditoriale da molti definito inguaribile: è questa una sfida che ci è posta di fronte, cosa possiamo fare perchè la nostra gente cresca culturalmente, sviluppi le proprie capacità e le enormi risorse del territorio, possa essere un segno di bene nel grande mondo che viviamo? Può una parrocchia compiere questo miracolo? Sicuramente no, ma la diocesi deve provarci, perchè è solo da questa opera di promozione umana che potrà diventare significativa per gli uomini che abitano la nostra terra e dare più credibilità al messaggio che annucia. Spiaggia e turismo: pastorale del turismo nella nostra diocesi fa venire

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2. Interventi presentati alla Segreteria del Sinodo

di Benedetti Angelo “La parrocchia” Le considerazioni e le proposte si riferiscono a Parrocchie piccole e medie della Lunigiana. Contesto: - La connotazione di prossimità nella Comunità Parrocchiale, è intensamente vissuta in occasione degli eventi determinanti della vita di ciascuno: nascita, matrimonio, morte. - Per il resto il vissuto è quello corrente, che ben poco ha di Cristiano. -I problemi e la loro soluzione sono quelli emersi nelle altre Tematiche. Attuazione di alcune proposte: La Diocesi provvederà, anzitutto, a formare ed istituzionalizzare le figure che dovranno affiancare il Parroco in ogni parrocchia: 87b (coppia di riferimento) - 87c ( catechisti e animatori per Cresima) - 87d (giovani adulti per il dopo Cresima ). 91 b- Attenzione verso le famiglie in difficoltà e nuove coppie. L'attuazione delle proposte deve tener conto della realtà della nostra Diocesi, e inoltre del contesto reale specifico della Famiglia ora:

nella maggior parte dei casi lavora, oltre il padre, anche la madre; il tempo che passava la madre coi figli si è più che dimezzato; lavorando, la madre deve allontanarsi dal figlio già quando ha pochi mesi; le istituzioni civili non privilegiano la famiglia; la nostra cultura corrente di riferimento privilegia il tornaconto e la prevaricazione, anziché l'attenzione per il vicino e il rispetto per tutti (questo anche e soprattutto a livello

istituzionale e mediatico); da molto tempo vige la legge che permette il divorzio, e quindi il numero delle coppie divise aumenta di anno in anno.

Per cui a mio parere: - Nei corsi prematrimoniali giova sviluppare anche la cultura del rispetto, che, nello specifico degli sposi e fidanzati, è per sempre speciale rispetto reciproco, accompagnato da tanta delicatezza. // divorzio è determinato dalla totale mancanza di rispetto verso l'altro. Occorre altresì venga fatta riflessione sui disastrasi effetti del divorzio su ciascuno dei due della coppia e sui figli e nell'occasione, rendere fiduciosa la futura coppia che la Chiesa non solo la prepara al matrimonio, ma dopo, la seguirà concretamente:

- nella preghiera dei fedeli venga sempre ricordata la famiglia; - la coppia fiduciosa, dica al parroco che l'ha sposata ogni difficoltà; egli farà di tutto per risolverla in bene e nel peggiore dei casi, prima di arrivare allo scioglimento,

insieme ad un esperto verificherà l'eventuale esistenza di un caso di nullità del matrimonio. La nullità sarebbe il caso più auspicabile e, tra l'altro, sarebbe meno costoso anche in termini finanziari (integrazione al punto 16e delle Proposte emergenti).

- La famiglia come soggetto sociale. L'evento della maternità è l'espressione più alta e gioiosa della famiglia che arricchisce il patrimonio dell'umanità: come tale deve essere apprezzato, privilegiato e protetto. Di fatto invece, l'evento della maternità, penalizza e spesso discrimina, la donna nel lavoro, e le provoca serie preoccupazioni quando, dopo pochi mesi, deve tornare al lavoro, con grave disaggio per il bambino che ha ancora tanto bisogno delle cure della madre. A mio parere dobbiamo impegnarci in tutti i modi, con la preghiera e sensibilizzando le istituzioni a tutti i livelli, perché il periodo della maternità sia, come deve essere per natura, il migliore e più sereno per la donna, per il bambino, per la famiglia. La madre deve avere la possibilità di stare continuamente col bambino fino all'inizio della scuola materna: di questo periodo di congedo per maternità, di circa tre anni e mezzo, avrà l'onore di farsene carico la comunità (Stato), che sarà in toto il sostituto del datore di lavoro . -Riferimenti certi e Testimoni credibili per tutti, in particolare per ragazzi e giovani, (punti 93d; 101f) Venga istituita in ogni Parrocchia CARITAS e A.C. : sono organismi stimati e condivisi, e come tali svolgono azione unificante, ma, soprattutto, sono riferimenti certi per I' esercizio di testimonianza riguardo la povertà, l'accoglienza, il volontariato, la condivisione, l'assistenza ad anziani, disabili e ammalati, educazione al sociale abituando ad assumersi i propri doveri di cittadini, e le proprie responsabilità, educazione all'amore, alla preghiera, al perdono . - Punto 96c .Collaborazione di catechisti-genitori-educatori nell'educazone dei figli. Giovani domanti inteso a partire dai bambini di oggi perché siano i giovani e poi i padri cristiani di domani. A partire dalla realtà che:- quasi tutti chiedono i Sacramenti per i figli; la maggior parte dei genitori mette all'ultimo posto il catechismo e, nonostante continui inviti, non trovano il tempo di partecipare alla formazione catechistica e non partecipano alla Liturgia; che per molti ragazzi la frequenza è scarsa (< 50 %); che quasi tutti i ragazzi praticano attività sportive o simili, in cui i riferimenti per tecnica e atteggiamenti, sono quelli mostrati ed esaltati dai media . a) perché la famiglia collabori nell'educazione dei ragazzi : -gli organismi centrali della Diocesi elaborino un documento, da presentare ai genitori del bambino che inizia il catechismo, in cui , ricordando anche gli impegni presi nei Sacramenti del Matrimonio prima, e del Battesimo poi, vengano proposti incontri di formazione catechistica per i genitori,tenuti dal Parroco o da esperti presbiteri che lo affiancano ,ai quali essi sono tenuti a partecipare e che verranno tenuti, con frequenza settimanale, almeno per i primi tre mesi; - venga stabilito che per i ragazzi c'è l'obbligo della frequenza assidua, e che nel malaugurato caso le assenze, senza validi motivi, risultassero superiori al ( percentuale da stabilire), l'anno catechistico non sarà valido e andrà ripetuto . (Nel caso l'anno fosse quello della Prima Comunione o della Cresima , il ragazzo non potrà ricevere il Sacramento); b) venga istituito, previa specifica formazione, la figura di motivato animatore che, fuori dell'ora di Catechismo, ma in continuazione e complementare, guidi in amicizia i ragazzi nel gioco e nella testimonianza, almeno fino alla maggiore età;

in mente le parrocchione del litorale, le messe sovraffollate, il messaggio annuale del Vescovo, la giornata estiva del Seminario per ricavare qualche soldo straordinario. Con il cambio del turismo in generale e nella nostra zona in particolare, sicuramente diventa molto difficile entrare in contatto con i turisti, ma estate, spiaggie e paesi di montagna significano per l'ansia pastorale solo questo? Come sosteniamo la fatica familiare del lavoro stagionale, la distrazione della Versilia per giovani e non, l'obbligo per i govani di avere un lavoretto, ... che riflessione abbiamo fatto su tutto questo, quali confronti e quali progetti tra le parrocchie del litorale per una pastorale d'insieme? Come viene valorizzato il servizio delle Colonie diocesane? Quale progetto pastorale dietro ogni singola sagra, quale pastorale d'insieme tra le sagre insistenti in un medesimo territorio? Anziani: il paese, la piazza del quartiere e la parrocchia sicuramente sono i punti di riferimento principale per gli anziani che riescono a rimanere nelle loro case. Per la comunità parrocchiale anzi gli anziani sono il nucleo centrale. Ma gli altri anziani? Quelli che sono pensionati e che non si sentono ancora vecchi, he sono ancora carichi di energia? E quelli che per motivi di salute sono costretti a seguire i familiari o andare in residenze protette, lontane dalle loro case? A queste persone la parrocchia da sola può essere una interfaccia sufficiente?

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don Mario Amadi

Membro di diritto, Vicario Foraneo di Massa

Benedetti Angelo Rappresentante Collegio 44 – Albiano -

Aulla

c) per l'impegno di formazione nella scuola; (come già proposto nella prima tematica), la Consulta della Pastorale Scolastica si adoperi perché , in tutte le scuole , gli insegnanti adottino sistematicamente una didattica di studio e di ricerca riguardo le persone e le associazioni che si dedicano alla amorevole attenzione verso il prossimo più bisognoso ( San Francesco, Gandhi, Madre Teresa, Le Suore Della Carità , Medici Senza Frontiere Missionari Salesiani, e tanti altri); d) per l'impegno di formazione nello sport e nel tempo libero: la Diocesi si attivi per concordare, con le istituzioni dello sport e del tempo libero, un Cartello-Regolamento che illustri il comportamento degli allenatori, degli arbitri e dei ragazzi in cui: l'attività sportiva o del tempo libero è un momento di gioioso divertimento fra amici ; anche nell'agonismo, c'è sentito rispetto verso tutti: amici, amici che competono (avversar!), allenatori, arbitri .addetti alla sicurezza e agli impianti, il pubblico; all'inizio venga espressa e partecipata la amichevole gioia della competizione che sta per iniziare, con gesti concreti: per esempio prendendosi per mano tutti gli attori della competizione e salutando il pubblico; nella competizione ogni giocatore metterà tutta la propria abilità per non arrecar danno all'altro: nel malaugurato caso ciò accada, seppur involontariamente, chi ha fatto l'infrazione si sentirà in dovere di andar fuori dalla competizione, fino a che l'infortunato non rientra, perché la propria squadra non tragga vantaggio dalla propria scorrettezza; il rispetto per tutti gli altri sarà sentito in ogni momento e non dovrà essere mancato neanche con gesti o parole: va da se che chi ripetutamente manca di rispetto non è adatto a quella attività e non potrà più praticarla. Parrocchia come scuola di preghiera. Punto 96k La Recita del S. Rosario. Il S. Rosario con ascolto della parola di Dio, nel mese di maggio,recitato ogni settimana in quartieri diversi, è pratica molto sentita che accomuna e permette di scambiarsi il segno della pace fra tanti che diversamente non si sarebbero mai incontrati e che, per motivi vari, non avrebbe partecipato alla preghiera comune. La Preghiera anche come Carità: la solidarietà e l'aiuto ai bisognosi non necessariamente vengono esercitati nei luoghi dove vivono i bisognosi. La preghiera ci permette di dare il nostro amore al prossimo ovunque sia. Considerata la scarsa propensione a riunirci in gruppo (caratteristica della nostra realtà Diocesana), rivalutiamo anche la preghiera individuale, per portare aiuto e amore a chi ha bisogno sullo stile della "Associazione degli ammalati e dei sofferenti affiliata alle Missionarie della Carità", voluta da Madre Teresa "come una catena i cui anelli d'amore accerchia il mondo come un Rosario". "Il nostro compito è gigantesco e ho bisogno di molti operai. Ma ho anche bisogno di anime che soffrono e pregano per il successo della nostra impresa, perché le nostre suore abbiano la forza di compiere la loro opera di misericordia". Così si può auspicare che, sentita la Caritas, nel bollettino parrocchiale venga segnalato per chi pregherà ogni persona della parrocchia nella settimana: un ammalato, una famiglia in difficoltà, un missionario, un volontario, o altri bisognosi. Diventa opera d'amore e solidarietà di ciascuno di noi, in particolare degli ammalati: per la loro condizione si sentivano impossibilitati a fare solidarietà, ora, con la preghiera e l'offerta della loro sofferenza, diventano soggetti particolarmente portatori di solidarietà e d'amore (come già proposto nella precedente tematica).

di don Mario Amadi “Considerazioni sulla tematica n. 4” L'articolazione del capitolo non è convincente. Ritengo si debba riscrivere - nonostante aspetti significativi - per situare maggiormente il volto della parrocchia al l ' interno dell'ecclesiologia di comunione del Vaticano II. Descrivere la parrocchia a partire dal Codice di diritto canonico impoverisce anche la sua comprensione come "mistero". L'enfasi data al ministero ordinato non fa giustizia alla vasta ministerialità del popolo di Dio, in particolare al ruolo unico e insostituibile della coppia e della famiglia cristiana in ordine al farsi della Chiesa e della sua missione. Ricordiamo le parole del documento CEI Evangelizzazione e Sacramento del matrimonio: "// sacramento del matrimonio fonda una comunità primaria, che, come chiesa domestica, ha parte insostituibile nella missione di salvezza e nella testimonianza evangelica in mezzo al mondo. Insieme al Sacramento dell'Ordine, il matrimonio è costante punto di riferimento per l'edificazione e la vita della comunità cristiana" . Trascurare questa fondamentale componente del popolo di Dio, vuoi dire privarsi di una delle risorse principali della costruzione della parrocchia, soprattutto se si vuole plasmarla nello stile di vita di "famiglia". È consapevolezza diffusa del Magistero contemporaneo ritenere il sacramento della nozze come il ministero ordinato, Sacramenti sociali, istituiti per " la salvezza altrui" (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1534). Che cosa si propone per recuperare a tale ruolo la coppia e la famiglia cristiana? Che spazio occupa la soggettività della famiglia all'interno della pastorale parrocchiale? Le proposte operative non mancheranno se si sarà in grado di coscientizzare e interiorizzare i dati veritativi. Proporsi di rivitalizzare la parrocchia - istituzione indiscussa anche al presente - oltre alla costante attenzione ai carismi personali e dei movimenti, esige aprirsi a due dinamiche che vanno contemporaneamente fatte interagire tra di loro: le Piccole Comunità ecclesiali di evangelizzazione e le Unità pastorali. Le prime vanno comprese non come Gruppi o solo Centri di ascolto, ma come vere e proprie cel lule di base in cui articolare strutturalmente e in modo organico la comunità parrocchiale.

Possono trovare nella coppia - in stretta comunione con il parroco e in piena armonia con il cammino pastorale parrocchiale - l'ordinario punto di riferimento. Favorirebbero non solo il decentramento pastorale ma una fonte di catechesi permanente alla fede adulta. L'articolazione della parrocchia in Piccole comunità ecclesiali non sarebbe, tuttavia, sufficiente per rispondere all'esigenza dell' evangelizzazione del territorio. Esistono ambiti di pastorale e di presenza cristiana nel territorio che possono trovare riscontro solo nella pastorale interparrocchiale o di vicariato o di Unità pastorale. Ambiti che superano gli spazi parrocchiali e che richiedono disponibilità e competenze specifiche (Ad es. la pastorale scolastica, sanitaria, del mondo del lavoro, ...) Rivitalizzare le parrocchie con queste due fondamentali articolazioni significa avviare una progettazione pastorale che si avvale di una programmazione annuale ben determinata(non lasciata al caso) che tiene presente quei principi pastorali fondamentali, (frutto del Concilio Vaticano II), che, appresi e interiorizzati da tutti, guidano il rinnovamento di tutta l'azione pastorale. In questo modo si può evitare una pastorale ripetitiva e non evangelizzante che continua a mantenere la parrocchia stazione di sevizio di pratiche religiose.

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Adolfo Cagetti Rappresentante Collegio 25 – S. Giacomo –

Carrara

Abramo Reniero Rappresentante Collegio 15 – Cinquale –

Massa

di Abramo Reniero ”La Parrocchia" Premessa Dopo gli anni della crisi della parrocchia, durante i quali sembrava che questa antica istituzione avesse terminato la sua storia a favore di associazioni, movimenti e di nuove esperienze ecclesiali, siamo passati ad una nuova fase: un nuovo modello di parrocchia. Essa oggi si presenta come tradizionale e contemporaneamente rinnovata, caratterizzata da un diverso stile di partecipazione e di presenza sia all'interno che all'esterno. Questa nuova realtà, come a più riprese è suggerito nei documenti magisteriali, tanto pontifici che CEI, è destinata ad essere il luogo geografico ed esperienziale tanto della nuova evangelizzazione che della pratica della fede; è il "tratto" di unione tra memoria storica e rinnovamento, tra la fede dei padri e dei figli, luogo aperto per quanti in essa hanno sempre trovato nutrimento per la propria fede e per quanti, lontani o allontanati, le si avvicinano in cerca dei sacramenti e, soprattutto, in cerca di speranza e senso per la propria vita. Oggi nelle parrocchie c'è veramente posto per tutti: presbiteri e laici, movimenti e associazioni, bambini e anziani, uomini e donne. Pur nelle diversità e contrapposizioni proprie di ogni esperienza umana e sociale, con testimonianze di vita veramente edificanti e talvolta desolanti, non si può proprio dire, in genere, che chi si avvicina venga respinto: le nostre parrocchie sono aperte. Proposte: - In questo quadro tuttavia emergono anche i problemi e le difficoltà, primo tra tutti la carenza di presbiteri. A questo proposito credo che dobbiamo onestamente smettere di piangerci addosso e prepararci alla traversata di un deserto, suscitando e assumendo un profondo senso di responsabilità, nel senso più pieno del termine e quindi anche come colpa di tutti e di ciascuno: se i preti

di Adolfo Cagetti “Sulla IV Tematica” E’ superfluo dire che la parrocchia rappresenti oggi uno dei temi di maggiore criticità nella vita delle chiese locali. A rappresentare ciò sono le assemblee dei Vescovi italiani nell’ultimo anno, fino alla più recente, tenuta ad Assisi e dedicata alla riflessione sulla figura del parroco. Non sembra che il Sinodo diocesano stia cogliendo pienamente la criticità del problema. Se il Sinodo dovrà aiutare il rilancio della vita della nostra Chiesa locale, ormai da anni caratterizzata da una fiacca che rasenta l’immobilismo, è necessario prendere concretamente atto della situazione. Assai spesso, l’apparente agitazione e l’attivismo, fanno semplicemente da facciata alla assenza di vitalità e vivacità. Sappiamo bene tutti, sinodali e non, che le schede raccolte lo scorso anno, pur rappresentando lo sforzo di gruppi parrocchiali, di associazioni e di singoli fedeli, non esprimono pienamente la situazione. La quale è un po’ più complessa ed articolata. Anche durante la V° Assise si è caduti in luoghi comuni, ripetendo il dover essere già indicato nei documenti. Sia gli interventi in aula che l’Instrumentum Laboris, indicano sostanzialmente tre strumenti per un rilancio della parrocchia nella nostra Chiesa locale: gli organismi di partecipazione, le unità pastorali, la programmazione. Se la discussione deve attenersi a ciò, personalmente la ritengo poco utile. Ormai, al riguardo, c’è un’ampia letteratura di pastoralisti noti e meno noti, che ne rileva debolezze e limiti: - La partecipazione non è un fatto puramente sociologico. Pur dicendocelo, si finisce sempre per ricadere in facili sociologismi. Si partecipa se si ha un forte senso di appartenenza, altrimenti non si ha partecipazione piena. Al riguardo propongo di invertire il soggetto e provare a riflettere non tanto sul gradi di appartenenza/adesione del fedele alla Chiesa, ma di valutare quanto la Chiesa, con tutto il suo bagaglio di proposte, appartenga agli orizzonti della ricerca di senso e di significati dell’uomo, oggi. In questo senso va superato anche il noto e ricorrente dualismo vicini/lontani. - Le unità pastorali. Laddove sono state realizzare, hanno perlopiù fallito. Il vero problema, quindi, si sposta dalla ‘unità

pastorale’, alla ‘pastorale unitaria’. Non è un gioco di parole. Non occorre accorpare parrocchie, dando sfogo alla ben nota preoccupazione della scarsità del clero. Semmai occorre recuperare una dimensione pastorale caratterizzata da unitarietà (e non uniformità) che esca dai recinti delle competenze di settore. In sostanza ha sempre meno senso occuparsi di pastorale dei giovani, della famiglia, dei fidanzati, della salute, del lavoro, ecc. La prospettiva della pastorale unitaria apre gli orizzonti ad una seria presa in carico delle esigenze della comunità e propone percorsi di crescita nella fede della comunità stessa, in quanto tale. Cioè in quanto comunità e non come semplice sommatoria di individui. Le prospettive meccanicistiche del vivere sociale, mi pare siano ormai ampiamente superate. Tale prospettiva aiuterebbe sicuramente la migliore comprensione della molteplicità e diversità dei carismi e dei ministeri ed una più compiuta distribuzione nella comunità. - La programmazione. Il rischio, anche in questo caso, sembra rappresentato dalla preoccupazione di evitare la sovrapposizione delle iniziative, ed anche degli orari delle S. Messe. Se tale preoccupazione si mostra tanto vera quanto ovvia, rimanda ad una presa di coscienza della necessità di un vero progetto pastorale diocesano e quantomeno zonale, che guidi, successivamente, la programmazione. Un progetto che superi, quindi, i recinti degli ‘orti’ e dei settori, per recuperare la più evangelica dimensione della comunità, in modo unitario. In sostanza, tra la preoccupazione di volare troppo alto e di volare troppo basso, il rischio è di non volare affatto.

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Pagina 18 INFORMA SINODO

Virginia Tedeschi Rappresentante Collegio 60

- Fivizzano – Fivizzano

Giovanni Magnavacca Rappresentante Cammino

Neocatecumenale

Il Vescovo, primo fra tutti, deve assumere il compito di operare scelte dettate dalla situazione di "assenza", senza lasciare che vengano disperse forze ed energie in attività un tempo affidate ai presbiteri oggi più utilmente realizzabili dai laici, promuovere centri di formazione vicariali o interparrocchiali che vedano la partecipazione attiva di presbiteri e laici, sviluppare proposte culturali aperte a tutti sui "temi socialmente caldi" e sulle domande ultime dell'uomo, provocando al dibattito nella società.

mancano la colpa non è solo dei preti o del Vescovo, ma di tutti i battezzati che, sazi di beni effimeri e illusori, non hanno più fame e sete di Dio, della sua Parola, della sua carne e del suo sangue, cibo e bevanda di vita, "odierna" ed eterna. Se questo è il dato oggettivo dobbiamo avere la consapevolezza che la pastorale integrata è inevitabile e che a questo riguardo abbiamo già perso troppo tempo -almeno quindici/venti anni - a causa della scarsa disponibilità dei presbiteri a confrontarsi realmente tra loro, a collaborare e a mettersi in gioco, e per lo scarso coinvolgimento dei laici nel progetto. La pastorale integrata va pensata e attuata assieme: Vescovo, preti e laici, pur nel rispetto dei ministeri e dei carismi. Dalle tante situazioni ed esigenze che non possono essere ignorate, quelle delle piccole parrocchie, degli anziani, dei giovani, delle famiglie, dei sacerdoti sottoposti volenti o nolenti ad eccessivi carichi: da ciascuna di queste realtà, che formano il tessuto della pastorale, possono emergere proposte e soluzioni; per questo un progetto di così ampio respiro e per tempi prevedibilmente lunghi deve essere condiviso nel e dal popolo cristiano. - Tenendo conto della situazione di "emergenza", vanno anche operate delle scelte. Ai laici va affidato il compito della nuova evangelizzazione attraverso la pastorale di ambiente e la creazione di attività e gruppi che abbiano due impegni precisi: la testimonianza e la cultura. Testimonianza per prima cosa, all'interno e all'esterno, ma anche capacità di rendere ragione della speranza di cui sono portatori. Ai preti il compito di promuovere, consigliare, sostenere, celebrare i sacramenti, di mantenere vivo e vitale l'esistente e contemporaneamente proiettare verso la missione, coinvolgendo in questa azione i cristiani delle parrocchie integrate. In questo modo la parrocchia diventa un luogo dinamico, attorno alla celebrazione eucaristica, cardine di ogni attività e missione tanto all'interno che all'esterno.

di Virginia Tedeschi "Dal convegno di Montesilvano di Pescara - Ruolo della donna " Dal convegno di Montesilvano Ho partecipato al convegno missionario nazionale " Comunione e corresponsabilità per la missione" a Montesilvano di Pescara- 27-30 settembre 2004. In una mattinata cinque tavole rotonde/dibattito in contemporanea, presentavano la ricchezza pastorale missionaria in ordine all'esperienza di evangelizzazione e comunione delle Chiese nei vari continenti. Visti i problemi del Medio Oriente ho scelto di seguire la relazione del vescovo Mons. Giacinto Bulos Marcuzzo della Terra Santa il quale ha parlato di un'esperienza che "può dire qualcosa alla Chiesa italiana": il sinodo pastorale diocesano. E' stata per me una folgorazione, ho compreso con piacere e stupore come i problemi della Chiesa siano simili, mi sembrava di essere presente a una delle nostre assemblee. Questi i punti presentati: - Ritorno alle fonti, alle sorgenti- fare un buon esame di coscienza- ritornare al Vangelo. Leggere la Bibbia divisi a piccoli gruppi di venticinque-trenta persone. - La riscoperta dei laici- è stato il sinodo dei laici- scommessa su di loro. Cambiamento di visione - risultato ottimo. - Esperienza di comunione - tutto ovvio e tutto nuovo -

accettare di fare anche solo un passo insieme piuttosto che da soli, con pazienza." O saremo insieme o non saremo più. Noi abbiamo portato la nostra acqua e lo Spirito Santo l'ha trasformata " Dell'Italia il relatore ha detto che manca di fiducia, ottimismo e futuro. Il cardinale Dionigi Tettamanzi, il cui sogno è "una Chiesa che accompagni gli uomini", ha puntato molto sulla corresponsabilità " questo è tempo di progetti, ha insistito sull'apporto dei laici che sono il popolo di frontiera, sulla loro ministerialità, sul valore della donna. Ruolo della donna Nell’Instrumentum laboris si parla del laico in generale, non è stato preso in considerazione il tema della donna . E non è scontato. Al numero 49 "donne e uomini " dell'esortazione apostolica: " Christifideles laici " di Giovanni Paolo II il Grande ,leggiamo: "Riferendosi a Giovanni XXIII , che vide nella coscienza femminile della propria dignità e nell'ingresso delle donne nella vita pubblica, un segno dei nostri tempi, i Padri del Sinodo hanno affermato ripetutamente e fortemente l'urgenza di difendere e di promuovere la dignità personale della donna, e quindi la sua eguaglianza con l'uomo ".Continua al numero 51 - missione nella Chiesa e nel mondo - al numero 29 di" Mulieris dignitatem" e la " Lettera alle donne " del 1995. - Nell' " Instrumentum laboris " al punto E. PERSONE E RUOLI occorre aggiungere quello della donna. - Fra le proposte emergenti al numero 87 g. riportare "

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Donne e uomini " -.Sezione D. STRUMENTI al numero 101. Insistere su questi organismi di partecipazione e che ci siano realmente. Vista la situazione delle piccole parrocchie, è auspicabile un Consiglio Pastorale interparrocchiale. - Al 95 a, chiarire meglio e dare indicazioni. Mi piace ricordare il grazie che Giovanni Paolo II , il Grande , esprime nella lettera alle donne, che così si conclude : "La Chiesa ha molti motivi per desiderare che ... si metta in luce la piena verità sulla donna. Si ponga davvero nel dovuto rilievo il genio femminile." Grazie a te Giovanni Paolo II, per averci interpellate non soltanto direttamente, ma una per una. E'la prima volta che un Pontefice si rivolge con tanta familiarità e con tanto calore al nostro cuore e alla nostra mente e, ricordando l'atteggiamento di apertura, di rispetto, di accoglienza e di tenerezza di Cristo verso le donne, invita la società religiosa e laica a imitarlo. Non è soltanto storia di ieri. Anche oggi veniamo usate più che amate, strumentalizzate più che rispettate, e questo non soltanto nella società laica, ma purtroppo, a volte anche in quella religiosa. Oggi lo diciamo in tutta umiltà, c'e' bisogno di noi più che mai. Anche nella Chiesa, dove sentiamo di avere un ruolo di primo piano. Nel popolo di Dio oggi c'è una forte prevalenza di donne, non sempre però questa loro presenza e' riconosciuta in tutto il suo apporto, non sempre vengono loro affidati gli incarichi e gli spazi che sarebbero necessari a valorizzarla e a renderla più incisiva: questo accade sia nella società laica che in quella religiosa. Non si tratta di rivendicare il sacerdozio per le donne, ma qualcosa che va molto più in là dell'esercizio del sacerdozio ministeriale. Chiediamo che in noi sia considerata quell'intimità, quella stretta collaborazione con Dio che indusse Cristo ad affidare a Maria di Magdala, a una donna e non a un apostolo, il suo messaggio più importante, quello della Risurrezione, dimostrando quale posto privilegiato la donna avesse nel suo cuore e nel piano di salvezza dell'umanità.

di Giovanni Magnavacca “Una nuova possibile forma di parrocchia” La parrocchia è nata, come forma comunitaria distinta dalla diocesi, nel corso del IV secolo, cioè nel periodo storico in cui la cristianità si andava formando, dopo la conversione degli imperatori romani al cristianesimo e la conseguente fine delle persecuzioni, per venire incontro alle esigenze della popolazione, soprattutto rurale che difficilmente poteva partecipare alla vita comunitaria delle città sedi vescovili. E’ quindi da un’esigenza pastorale che prende vita l’istituzione parrocchiale. Prendiamo a grandi linee questo dato, senza entrare nei dettagli storici di come si è formata, riconoscendo comunque una certa difficoltà, nella Chiesa di allora, di passare tout court dalla Diocesi, come forma normale di comunità che si riuniva attorno al Vescovo e al Collegio dei presbiteri, alla parrocchia retta da un solo presbitero, su preciso mandato del Vescovo. Oggi tutti gli studiosi concordano sul fatto che la cristianità, come momento storico, sta finendo, per cui si passa da una società retta e fondata su principi cristiani, ad una società, diciamo così laica, fondata su principi solo umani o quanto meno di altre forme di pensiero. Anche qui, non possiamo entrare nello specifico del tema, come sopra, ma possiamo comunque dire che oggi si impone una seria riflessione pastorale, per il bene delle anime, riguardo all’istituzione in oggetto. In questo senso oggi ci si interroga seriamente, e questo lo stanno facendo anche i Vescovi italiani, se la Parrocchia, così come concepita e vissuta fino ad oggi, sostanzialmente sullo stampo del Concilio Tridentino (pastori in cura d’anime di fedeli che abitano un territorio geograficamente delimitato), possa affrontare le sfide che l’odierna società propone alla Chiesa. Credo che la Parrocchia rimanga ancora a lungo, non sappiamo quanto non essendo parte della Rivelazione né ad oggi dei dogmi, come il normale vivere della Chiesa nel mondo, ma ritengo che la sua forma esteriore debba ripensarsi in modelli e contenuti diversi, come dice l’ultimo documento dei Vescovi italiani parlando di “pastorale integrata”. La pastorale integrata, tra le altre componenti, ne contempla due tra le quali la Parrocchia viene, per così dire, a trovarsi nel mezzo e delle quali deve per forza di cose tener conto: la Diocesi da un lato e le piccole comunità ecclesiali dall’altro. Per capire meglio la complessità del dibattito in corso e la non semplice soluzione dei problemi, può essere utile proporre alcune riflessioni a questo riguardo da parte di importanti figure ecclesiali. - La prima è di Bruno Forte, uno dei maggiori teologi italiani, sui problemi che incontra la pastorale d’ambiente:

«Le ragioni sono molteplici. Una pare preminente e pertanto utile da segnalare. Essa va identificata in un’inadeguata idea di Chiesa che, anche a livello di rappresentazione collettiva, si è costantemente mantenuta; una rappresentazione per così dire “ristretta”, per la quale si è portati ad identificare l’esperienza ecclesiale in toto con l’esperienza parrocchiale. Se ci dovessimo spiegare la ragione di questa riduzione, forse dovremmo rintracciarla in una pericolosissima quanto sottile trasposizione, consistente nell’assumere i mezzi al posto del fine. La vita parrocchiale nei suoi momenti liturgico-sacramentali, come pure l’esperienza di formazione catechistica sono spesso vissute come il fine della vita cristiana. In realtà, il vero fine è costituito dalla sequela evangelica, ovvero dalla vita vissuta nella logica delle beatitudini (...) Dunque, la Chiesa non coincide con la parrocchia strettamente intesa, ma si invera con ogni “porzione” di Chiesa, con ogni esperienza comunitaria d’impegno e di testimonianza voluta come risposta alla vocazione battesimale e all’identità laicale. Una Chiesa della pluralità e dei carismi e della responsabilità condivisa: questo lo sfondo teologico conciliare capace di sollevare la pastorale d’ambiente da quel fastidioso sapore di separatezza e di isolamento. In questa linea un cambiamento profondo dovrà avvenire nel modo di pensare ecclesiale. Non si dovrà più percepire come maggiormente ecclesiale quanto più direttamente gestibile in prima persona dalla gerarchia, ma, in una logica di comunione, l’ecclesialità dovrà essere misurata dalla maggiore o minore fedeltà al vangelo, all’ethos che ne deriva, ai mezzi preparati dal Signore per mantenerlo alto e visibile ». (Pastorale dei contesti quotidiani. Presenza Pastorale. 2000) - Anche il Cardinal Martini in un suo discorso del maggio 1998 ricalca in parte queste riflessioni: “Sarebbe un errore caricare tutto il compito dell’evangelizzazione della città unicamente o quasi sulle parrocchie. Il principio della sussidiarietà, che tiene conto della molteplicità delle figure pastorali in senso largo, presenti nella città, è fondamentale. Ho detto in “Alzati e va’ a Ninive la grande città” – e continuerò a dirlo – che la parrocchia è indubbiamente un punto di passaggio nodale: tuttavia, se interrogo la mia esperienza delle persone conosciute , incontrate, ascoltate, e delle decine di migliaia di lettere ricevute, devo ammettere che il 40-50% della vita spirituale nella città, non passa attraverso la realtà della parrocchia, ma attraverso altre realtà”. - L’allora Cardinale Ratzinger, nel 1996 scriveva:

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di Maria Rosa De Luca “In generale sulla IV Tematica” Anche questa parte del documento, come le precedenti, necessita di potature in alcuni punti che hanno un aspetto più normativo che propositivo, mentre altri punti vanno rinfoltiti. Uno di questi è, a mio parere, quello che riguarda il Consiglio Pastorale a cui vengono dedicati appena quattro righi nelle pag. 162 punto G e pag. 165 punto D. Il Consiglio Pastorale dovrebbe essere un organismo espressione e sintesi della totalità della comunità parrocchiale, accogliendo nel suo ambito i rappresentanti dei vari gruppi e movimenti; suo compito principale dovrebbe essere quello di progettazione - promozione - coordinamento delle varie attività e iniziative parrocchiali, a fronte di un progetto pastorale pensato a 360° e non a ridosso della fine della... pausa estiva e, possibilmente, ad ampio respiro temporale. I suoi membri dovrebbero essere realmente espressione di una comunità matura nella fede che consapevolmente elegge i suoi rappresentanti. Ma, per far questo, è necessario educarsi ed educare a fare comunità che, da sola, non è sufficiente se non c’è comunione. E, in secondo luogo, se vogliamo che le nostre parrocchie siano in grado di offrire a tutti la possibilità di accedere alla fede, di crescere in essa e di testimoniarla nel vissuto, è necessario prendersi cura – formare – accompagnare adulti perchè siano “adulti” nella fede. Forse abbiamo perso troppo tempo a pensare, organizzare, dettagliare la catechesi rivolta ai bambini in vista dei Sacramenti dell’ Iniziazione, mentre solo occasionalmente ci siamo rivolti agli adulti per ritrovarsi, in quelle occasioni, i… soliti noti. Forse abbiamo mancato di sfruttare quelle occasioni “naturali” che i bambini stessi ci offrono – attesa e nascita del figlio, sacramenti per il figlio. E’ necessario e urgente ripartire dagli adulti e dalla famiglia, in spirito di missione permanente, perché a cascata, come un bicchiere traboccante, ci si prenda cura

“Il solo ambiente sociale oggi non basta più, non esiste più un’atmosfera cristiana diffusa. Per questo i cristiani devono sostenersi reciprocamente. Si vedono già altre forme, « movimenti » di diverso tipo, con cui prendono forma delle vere comunità in cammino. É indispensabile un rinnovamento del catecumenato, che renda possibile l’esercizio, la scoperta della realtà cristiana; una via potrà essere quella di porsi in rapporto con delle comunità monastiche, dove vivere esperienze di cristianesimo. In altre parole, se la società nella sua totalità non è più un ambiente cristiano, come non lo è stata anche nei primi quattro o cinque secoli, è la Chiesa stessa che deve costruirsi delle cellule vitali, degli spazi in cui siano possibili un sostegno e un cammino comune, rendendo concretamente sperimentabile e praticabile all’interno di una realtà più piccola la grande realtà vitale della Chiesa.(…) Nonostante tutti i cambiamenti che ci si può aspettare, è mia convinzione che la parrocchia rimarrà la cellula fondamentale della vita comunitaria. Ma sarà ben difficile mantenere tutto l’attuale sistema parrocchiale, che, del resto, in parte ha origini relativamente recenti. Si dovrà imparare a stare insieme e da ciò deriverà un arricchimento. Come quasi sempre nella storia, ci saranno anche gruppi che saranno tenuti assieme da un certo carisma, da una personalità fondatrice, da uno specifico cammino spirituale. Tra parrocchia e « movimento » è necessario un fecondo scambio reciproco: il movimento necessita del legame con la parrocchia per non diventare settario, la parrocchia ha bisogno dei movimenti per non chiudersi su se stessa e irrigidirsi. Già ora si sono costituite nuove forme di vita religiosa in mezzo al mondo. Chi osserva con cura la realtà della Chiesa, può trovare già oggi un numero sorprendente di forme di vita cristiana, nelle quali appare già presente tra noi la Chiesa di domani. “Il sale della terra” San Paolo pagg. 299-300 - E ancora, Benedetto XVI parlando a Colonia durante la Giornata Mondiale della Gioventù ai Vescovi Tedeschi ribadiva: “Un ruolo importante nel mondo dei giovani svolgono, come abbiamo visto, le associazioni e i movimenti, che senza dubbio costituiscono una ricchezza. La Chiesa deve valorizzare queste realtà e al contempo deve guidarle con saggezza pastorale, affinché contribuiscano nel modo migliore, con i loro diversi doni, all'edificazione della comunità, mai ponendosi in concorrenza le une con le altre – costruendo ognuna , per così dire, la propria chiesuola –, ma rispettandosi e collaborando insieme a favore dell'unica Chiesa – dell'unica parrocchia come Chiesa del luogo – per suscitare nei giovani la gioia della fede, l'amore per la Chiesa e la passione per il Regno di Dio. Penso che proprio questo sia un altro importante aspetto: questa autentica comunione da una parte fra i diversi movimenti, le cui forme di esclusivismo vanno eliminate, dall'altra fra le Chiese locali e questi movimenti, in modo che le Chiese locali riconoscano questa particolarità, che a molti sembra estranea, e la accolgano in sé come una ricchezza, comprendendo che nella Chiesa esistono molte vie e che tutte insieme formano una sinfonia della fede. Le Chiese locali e i movimenti non sono in contrasto fra loro, ma costituiscono la struttura viva della Chiesa.” A questo punto penso che nostra riflessione possa assumere un aspetto più concreto e propositivo: come si è passati all’inizio della cristianità da una Diocesi - una comunità ad una Diocesi comunità unica di tante comunità parrocchiali, così forse bisognerà passare da una Parrocchia-una comunità ad una Parrocchia comunità di comunità, dove mai viene meno l’unità della Chiesa locale, e la Parrocchia assumerà l’istituzione garante della comunione tra le varie comunità ecclesiali presenti sul territorio. Comunità più piccole dove, come espresso sopra, è più facile vivere quei rapporti di appartenenza e comunione propri di una comunità cristiana. Questo può valere anche per le piccole parrocchie della nostra montagna. Sentirsi parte di una comunità più grande e più ricca, senza dover rinunciare alla propria storia e alla propria identità. Certo sono cose che non si fanno a tavolino,

assecondando l’azione dello Spirito Santo che, per Grazia di Dio, ancora guida la Chiesa, e riconoscendo la sua azione nei fatti e nella storia sia personale che della Chiesa. Questa idea è anche stata espressa più volte da Giovanni Paolo II in vari discorsi e ripresa nell’Esortazione Apostolica “Ecclesia in America” al n.41: “…Una via di rinnovamento parrocchiale, particolarmente urgente nelle parrocchie delle grandi città, si può forse trovare considerando la parrocchia come comunità di comunità e di movimenti. Appare perciò opportuno il formarsi di comunità e di gruppi ecclesiali di dimensione tale da permettere vere relazioni umane: ciò consentirà di vivere più intensamente la comunione, avendo cura di coltivarla non solo « ad intra », ma anche con la comunità parrocchiale alla quale tali raggruppamenti appartengono, e con l'intera Chiesa diocesana e universale…”

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dell’uomo in tutte le fasi della sua crescita e del suo vissuto: bambini, adolescenti, giovani, anziani, diversamente abili… Ripartire dagli adulti e dalla famiglia perché la parrocchia sia realmente radicata nel territorio e guardi con occhio attento e dialogante alle altre realtà sociali esistenti nel territorio, quali il mondo del lavoro, le nuove realtà culturali e di comunicazione. Tessendo rapporti con tutti gli abitanti del territorio. E come la fontana del villaggio, abbia acqua per ogni sete, offrendo molteplicità di cammini e di proposte pastorali, così che ogni vocazione trovi il suo giusto posto e nessuno rimanga assetato fuori dalla sua porta. Ripartire dagli adulti e dalla famiglia perché i nostri consigli pastorali non siano sterili organismi esistenti solo sulla carta, ma espressione autentica di comunità vive che, nutriti della Parola e del Pane, sappiano coniugare con coerenza nell’ordinario Vangelo e vita in un costante annuncio di speranza in Cristo vivente.

Maria Rosa De Luca Rappresentante Collegio 36 – Avenza - Carrara

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Allegato 1 Intervento del Vescovo sulla IV tematica dell’Instrumentum Laboris

di S.E. Mons. Eugenio Binini Intervento alla V Assise del 18 Novembre 2005 “Parrocchia nuova” II canone 515,1 definisce la parrocchia: COMUNITÀ, non come nel vecchio codice “Porzione di territorio” Dunque è il luogo della comunione di tanti discepoli del Signore. E' il luogo della comunione per tutti quelli che vivono nel territorio. 1. - II Concilio Vaticano II riconosce come Chiesa Sacramento, la Chiesa particolare (la Diocesi) riunita attorno al Vescovo. Dunque la Parrocchia non è altro che l'esistere della Chiesa particolare (la Diocesi) in un preciso territorio o in particolari condizioni; là dove il Vescovo "è reso presente" dalla figura del Parroco. - Diciamo che la Parrocchia è primariamente il luogo della fede. Lo spazio in cui la comunione vissuta, diventa Sacramento, nella Chiesa. Questo, grazie ai Sacramenti amministrati: in particolare al Battesimo, sacramento fontale del vivere cristiano e all'Eucaristia, punto di incontro dei cristiani riuniti in assemblea e dell'incontro della comunità con il Suo Signore. 2. - La Parrocchia è anche il luogo più efficace della missione della Chiesa; dove la Chiesa raggiunge ogni persona, nelle sue esigenze concrete. portando l'annuncio della Parola, l'evangelizzazione e il servizio della carità. - Oggi prima che essere spazio dell'azione attraverso l'esercizio della multiforme ministerialità della Chiesa, sembra che la Parrocchia debba essere spazio di relazioni profonde e creative alla luce della Parola e con la Grazia dello Spirito Santo. - Anzitutto relazione fraterna fra comunità diverse. La parrocchia, più che un insieme di persone, diventi sempre più "comunità di comunità", famiglia di famiglie. La Parrocchia diventi sempre più una comunità intermedia al servizio delle comunità di base. - Se la Parrocchia non è "tout court" la Diocesi, va detto chiaramente che la Parrocchia non è neppure una vera e propria comunità di base nella quale germoglia, per trasmissione e dono generazionale, la fede. Questa comunità di base è per sé la famiglia, fondata sul Matrimonio, Sacramento dove i genitori sono i naturali richiedenti il Battesimo per i loro figli e i naturali educatori alla fede. - Nella crisi attuale della famiglia, la Chiesa riscopre la "Ecclesia Domestica" o "comunità pre eucaristica" che riunisce come nella Chiesa dell’antichità, in piccoli gruppi e nelle case, più coppie di sposi, più nuclei familiari, più persone in esperienze di comunità di fede, dove la preghiera, l'ascolto della Parola di Dio, il dialogo fraterno e la solidarietà anche materiale, diventano annuncio di un Vangelo vivo. - La Parrocchia allora sarà viva nella proporzione in cui si rende capace di essere al servizio delle Piccole Comunità e di tutte le realtà operanti sul suo territorio. Tutto ciò che è ed opera sul territorio deve fare riferimento alla comunità parrocchiale nella quale il Parroco è "pastore proprio" di tutti e deve sentirsi responsabile di tutto (vita consacrata, gruppi, persone singole, casi difficili, situazioni di povertà. . . . . .) . La comunità si farà coordinatrice di ogni iniziativa sviluppando concretamente anche una adeguata progettualità dove ogni realtà trovi il suo posto e possa esprimersi al meglio. - Il "sensus Ecclesiae" esige che ogni carisma (della vita consacrata, dei movimenti, delle associazioni, di persone singole....), sia collocato in una logica di comunione all’interno della Parrocchia. Si devono evitare con energia, le "chiese" autoreferenziali, le "chiese" parallele", le "chiesuole" in concorrenza. - Per fare programmazione, la Parrocchia deve anzitutto conoscere il territorio, la gente, i suoi problemi, le sue risorse e le sue necessità. L'attenzione all'uomo in situazione, è la caratteristica fondamentale di ogni comunità ecclesiale e la Parrocchia può vivere questo nel modo più vero. - Per poter raccogliere le energie e ridistribuirle aiutando ogni esperienza viva di comunità più piccole, alla Parrocchia si chiede di programmare e di verificare. Non è abituale la mentalità progettuale anche perché si è data, fino ad ora, una attenzione troppo concentrata sulla sacramentalizzazione e le forme di religiosità popolare. - La Parrocchia non crei programmi autonomi, ma sappia tradurre, nella vita pastorale concreta, le linee del progetto e del programma pastorale diocesano con slogan, adattamenti e proposte adatte alle condizioni dell'ambiente.. - Per programmare si valorizzino gli strumenti della sapienza umana individuando una meta privilegiata, degli obiettivi principali e intermedi e indicando le energie da mettere in gioco e le persone.

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- Di fronte ai grandi mutamenti di oggi è necessario il DISCERNIMENTO COMUNITARIO (Fil. 1,9). Non basta una lettura sociologica e culturale della situazione, ma è necessario passare ad una interpretazione evangelica ed ecclesiale della realtà ambientale e dei segni dei tempi. Lo stile da acquisire e da maturare insieme, è quello della SINODALITA' anche nella Parrocchia = fare il cammino insieme. La vera spiritualità di comunione, esige che si assuma il compito di camminare insieme (AA 10) senza escludere nessuno dal partecipare alle ansie, alle conoscenze e alle iniziative della Parrocchia. Gesù si affida a noi tutti, chierici e laici, e ci affida una comunità santa, fatta di uomini "in carne ed ossa". Si valorizzi seriamente e con intelligenza spirituale anche l'istituto del CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE o interparrocchiale. 3. -La notevole mobilità sociale, ci porta a rivedere il concetto di TERRITORIALITÀ'. Questo criterio rimane utile per la razionalizzazione del territorio e anche perché la responsabilità della Chiesa per la salvezza delle anime, raggiunga tutti. Non può però mantenere una rigidità che impedisca forme diverse di comunione. - E' importante che la ministerialità ecclesiale sia impegnata in spazi più ampi, capaci di inglobare diverse comunità parrocchiali che mantengano la propria identità rispettose della propria storia e delle proprie tradizioni, ma collegate vitalmente tra di loro, non soltanto a livello di servizi, ma di programmazione. Queste zone più ampie di interparrocchialità si possono chiamare con nomi diversi.. E' entrato ormai nell'uso il termine "UNITA' PASTORALI". - Una programmazione per Unità Pastorali deve prevedere un diverso e più razionale calendario delle celebrazioni Eucaristiche, un maggiore impegno di organizzazione nel centro principale della zona e una presenza collegiale dei Sacerdoti con responsabilità pastorale su tutto il territorio dell'Unità Pastorale. - Lasciamo da parte i temi della 5^ area che individua nei giovani, nelle famiglie e nella carità, alcuni dei problemi emergenti. Ma qui tocchiamo il delicato problema della vicinanza e dell'assistenza ai sofferenti, ai malati, agli anziani; da impostare con grande impegno nell’ambito "parrocchiale". - I Sacerdoti devono tornare a dedicarsi quasi esclusivamente ad attività strettamente sacerdotali: liturgia, confessione, predicazione, direzione spirituale......Per questo, può essere possibile ridurre anche il numero dei sacerdoti – parroci, ai quali venga affidato il ministero del coordinamento di ogni attività, anche del ministero dei presbiteri e dei diaconi. - Ad assorbire eccessivamente il tempo e l'attenzione dei sacerdoti sono anche le questioni amministrative. Ci si avvalga del CONSIGLIO PER GLI AFFARI ECONOMICI. I Parroci che, come legali rappresentanti delle Parrocchie, rimangono i responsabili anche della amministrazione, possono delegare per scritto, a uno dei sacerdoti o a un laico, di amministrare i beni delle parrocchie liberandosi da tante preoccupazioni e consentendo all'ufficio amministrativo diocesano, di seguire una rete più ristretta di amministratori con i quali è più facile interagire e trasmettere informazioni.

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di Daniela Scarponi “La Parrocchia” Nella presentazione dell’Instumentum laboris il nostro Vescovo ha messo in evidenza come, fra tutti, il tema della Parrocchia, sia oggetto di dibattito a vari livelli: sia come Chiesa nazionale sia locale. Nel documento della C.E.I. “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia” sono indicati alcuni obiettivi, che qui sintetizzo - in 7 punti - ricordando che (occorre tenere presente) vanno ripensati e concretizzati, nelle forme e nei tempi, nella nostra situazione diocesana. 1. Non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo di Gesù: le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo. Alcune considerazioni........ C’è bisogno di un rinnovato primo annuncio del Vangelo da riscoprire nelle nostre parrocchie, anche in quelle più piccole, come azione essenziale della Chiesa in una società sempre più non cristiana. Accoglienza: atteggiamento che qualifica il volto missionario della parrocchia: tutti devono trovare nella parrocchia una porta aperta nei momenti difficili o gioiosi della vita. L’accoglienza, cordiale e gratuita, è la condizione di ogni evangelizzazione. Su di essa deve innestarsi l’annuncio. Per l’evangelizzazione è essenziale la comunicazione della fede da persona a persona. L’identità della fede deve trasparire dalle parole e dai gesti - non basta essere credenti occorre essere credibili - l’uomo di oggi ama ascoltare i testimoni più che i maestri (Paolo VI) occorre tornare ad un’essenzialità della fede per cui chi incontra la parrocchia deve poter incontrare Cristo. La fedeltà al Vangelo si misura sul coerente legame tra fede detta, celebrata e testimoniata. Questo è il momento della pre-evangelizzazione, delle opportunità per ...., del centro di ascolto, del piccolo gruppo, dove si coglie ogni occasione per nutrirla di Vangelo. Chi può farlo e dove? Tutti e ovunque .... è missione capillare, nella parrocchia, casa tra le case, o nelle case stesse dove la gente vive - il laico (o quando possibile la coppia di sposi) diventa animatore del piccolo gruppo, il parroco è animatore degli animatori, il suo compito sarà quello di discernere, formare, guidare il ministero degli animatori. 2. L’iniziazione cristiana, che ha il suo insostituibile grembo nella parrocchia, deve ritrovare unità attorno all’Eucaristia; bisogna rinnovare l’iniziazione dei fanciulli coinvolgendo maggiormente le famiglie; per i giovani e gli adulti vanno proposti nuovi e praticabili itinerari per l’iniziazione o la ripresa della vita cristiana. Alcune considerazioni........ C’é bisogno di un rinnovato cammino di iniziazione cristiana da riscoprire e rinnovare innanzitutto in noi stessi, catechisti, operatori pastorali, sacerdoti. Per tutti è necessario crescere nella Fede. Specie se vogliamo testimoniare Cristo ai giovani ed agli adulti di oggi. Trattando gli adulti da adulti, nei grandi temi che toccano l’uomo contemporaneo quali la sacralità della vita, il rapporto tra fede e scienza, tra fede e ragione. Accompagnamento: è il momento del “seguimi”, è l’atteggiamento - materno - di chi deve mantenere la capacità di offrire - a tutti - la possibilità di accedere alla fede, di crescere in essa e di testimoniarla nelle normali condizioni di vita. Crescere nella Fede per un bambino è ascoltare la narrazione della salvezza dalla bocca di mamma e papà; per un ragazzo è l’esperienza dell’attività in gruppo guidata dagli animatori e celebrata dal sacerdote; per un giovane è la direzione spirituale, è il luogo dove può essere ascoltato, seguito, sollevato; per un adulto è poter confrontarsi, tra adulti, alla luce della Sacra Scrittura in un cammino di crescita nella fede; per un anziano è non sentirsi solo, è diventare protagonista di trasmissione di fede, non devozionale, ma di annuncio di salvezza. Questo è il momento della vera e propria conversione. E’ il momento della proposta di itinerari dove ci si educa all’ascolto della Parola di Dio, con l’assidua lettura delle Sacre Scritture; dove ci si educa alla preghiera. Chi può farlo e dove? Ministri e operatori pastorali, opportunamenti formati e continuamente aggiornati, con disponibilità e capacità di dialogo, specie con i giovani; la Parrocchia è il luogo ordinario in cui, questo cammino, si realizza. Parrocchia non da sola, come vedremo più avanti, ma in rete, non disperdendo le poche forze ma lavorando in unità dove mezzi, attrezzature e carismi sono presenti e focalizzati nel territorio. 3. La domenica, giorno del Signore, della Chiesa e dell’uomo, sta alla sorgente, al cuore e al vertice della vita parrocchiale: il valore che la domenica ha per l’uomo e lo slancio missionario che da essa si genera prendono forma solo in una celebrazione dell’Eucaristia curata secondo verità e bellezza. Alcune considerazioni........ C’è bisogno di ripresentare la domenica “in tutta la sua ricchezza: giorno del Signore, della sua Pasqua per la salvezza del mondo; giorno della Chiesa, esperienza viva di comunione condivisa tra tutti i suoi membri, irradiata su quanti vivono nel territorio parrocchiale; giorno dell’uomo in cui la dimensione della festa svela il senso del tempo e apre il mondo alla speranza” (§ 8 C.E.I. Il volto missionario...). Comunione: è il vertice del cammino di iniziazione, l’Eucaristia è alimento della vita ecclesiale e sorgente di missione.

Allegato 2 Presentazione della IV tematica dell’Instrumentum Laboris

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Occorre, in questa occasione sinodale, rivolgere un ringraziamento a tutti quei sacerdoti della nostra diocesi, giovani e meno giovani, che con grande sacrificio corrono in lungo e in largo per il territorio, per portare a tutte le comunità la celebrazione Eucaristica nel giorno del Signore, moltiplicandone il numero sino al limite del lecito. Il rischio - evidente - è quello di celebrare senza quella cura “secondo verità e bellezza” che genera missione. Questo è il momento della formazione del cristiano dentro la vita liturgica. Non possiamo farci travolgere dalla fretta e dallo stress. Occorre santificare il tempo. Chi può farlo e dove? Dove non arriva il sacerdote sarà “la comunità cristiana a radunarsi, la domenica, per lodare il Signore e fare memoria del Giorno a Lui dedicato in comunione con il Vescovo” dove “la liturgia della Parola, sarà organizzata sotto la cura di un diacono o di un responsabile della comunità - al quale questo ministero è stato regolarmente affidato dall’autorità competente” (proposizione n. 10 Sinodo dei Vescovi 2005). Utilizziamo, dove possibile, anche le nuove tecnologie che possono fornire un valido aiuto se saggiamente utilizzate. Dove c’è la parrocchia “matrice”(uso un termine di metodologia territoriale per indicare una necessaria gerarchia di localizzazione, che non è da studiare a tavolino ma è nella realtà dei fatti: dov’è il mercato? dove sono l’ambulatorio e l’ufficio postale? questi sono elementi che connotano una polarizzazione di servizi per la comunità) e dove, appunto, si celebra l’Eucaristia secondo verità e bellezza è lì che il popolo di Dio deve convergere. Senza polemiche del tipo “è lontano non ci vado” quando affrontiamo chilometri per andare all’ipermercato! Ma se la Messa è curata, se l’omelia è parola di vita, se usciamo da lì per “spezzare il pane” col prossimo, se il sacerdote ha tempo per ascoltarci, allora l’attrazione al Giorno del Signore sarà fatale. E troveremo i mezzi per raggiungere quel polo d’attrazione. Chi non caricherà sulla sua auto le tre anziane del paese? Quale mamma o papà, a turno, non sarà disponibile ad accompagnare il gruppetto di bambini? Allora sarà veramente festa! Basterà organizzarsi, mettersi a disposizione, fare comunità. 4. Una parrocchia missionaria è al servizio della fede delle persone, soprattutto degli adulti, da raggiungere nelle dimensioni degli affetti, del lavoro e del riposo; occorre in particolare riconoscere il ruolo germinale che per la società e per la comunità cristiana hanno le famiglie, sostenendole nella preparazione al matrimonio, nell’attesa dei figli, nella responsabilità educativa, nei momenti di sofferenza. Alcune considerazioni........ C’è bisogno di un’attenzione particolare all’adulto di oggi che si lascia coinvolgere in un processo di formazione e in un cambiamento di vita soltanto dove si sente accolto e ascoltato negli interrogativi che toccano le struttura importanti della sua esistenza: gli affetti, il lavoro, il riposo. Servizio: è l’atteggiamento con cui il Risorto ci chiede di farci carico della situazione degli adulti. La comunità parrocchiale è Chiesa ed in quanto Chiesa è madre e pertanto come madre non può non mettersi al servizio anzitutto di chi, per vivere, ha bisogno di aiuto. Gli adulti di oggi risponderanno alle proposte formative della parrocchia solo se si sentiranno interpellati su questi tre fronti con intelligenza e originalità. Le occasioni da valorizzare sono: la preparazione al matrimonio e alla famiglia; l’attesa e la nascita dei figli; la richiesta di catechesi e dei sacramenti per i figli; la situazioni di difficoltà delle famiglie; l’esperienza del riposo (tempo della festa). Questo è il momento in cui la Parola si incarna nella vita di ognuno, nelle attese, nelle speranze e nelle sofferenze del “prossimo”. (la parabola del Samaritano come Chiesa) Chi può farlo e dove? Le unità pastorali sono il punto di riferimento. Un ruolo particolare lo hanno i religiosi e le religiose per sapienza evangelica e creatività. E’ il momento in cui le associazioni laicali devono mettere in campo tutto il loro impegno - e l’Azione cattolica (voluta e sostenuta dal Magistero della Chiesa) fa di questo impegno espressione della testimonianza cristiana. 5. Le parrocchie devono continuare ad assicurare la dimensione popolare della Chiesa, rinnovandone il legame con il territorio nelle sue concrete e molteplici dimensioni sociali e culturali: c’è bisogno di parrocchie che siano case aperte a tutti, si prendano cura dei poveri, collaborino con altri soggetti sociali e con le istituzioni, promuovano cultura in questo tempo della comunicazione. Alcune considerazioni........ L’uomo presenta in sè due aspetti: lo “stare” ed il “muoversi”. Il territorio della residenza - e la parrocchia che lo include - sono luogo di sintesi in quanto ambito geografico con valenza culturale, con riferimenti affettivi e simbolici che contribuiscono a definire l’identità personale e collettiva. Nella concretezza del legame locale si definisce e si rafforza il senso di appartenenza anche ecclesiale. E’ in questo contesto che scaturiscono indicazioni in ordine all’impegno caritativo, sociale e culturale. Ospitalità: Presenza nel territorio vuol dire sollecitudine verso i più deboli e gli ultimi, farsi carico degli emarginati, servizio dei poveri, antichi e nuovi, premura per i malati e per i minori in disagio. La cultura del territorio è composizione di voci diverse; non deve mancare quella del popolo cristiano, con quanto di decisivo sa dire e sa fare, nel nome del Vangelo, per il bene di tutti. Questo è il momento degli interrogativi di fondo: che cosa il Vangelo comunica alla vita dei cristiani? come Gesù Cristo può rigenerare questo vissuto, soprattutto nella sua dimensione quotidiana? come può essere plasmata una nuova prospettiva antropologica nell’epoca della complessità? Chi può farlo e dove? Qui è importante l’impegno dei fedeli cristiani, in particolare dei laici, per essere testimoni credibili del Risorto attraverso una vita rinnovata e capace di cambiare la storia. Le aggregazioni di laici presenti nella parrocchia saranno parte attiva nell'animazione del paese o del quartiere, negli ambiti della cultura, del sociale, del tempo libero, ecc. La parrocchia, attraverso il suo consiglio pastorale, entri in dialogo e offra collaborazione, nel rispetto delle competenze, con la consapevolezza di avere un dono grande da offrire, il Vangelo, e risorse umane generose, i cristiani! 6. Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una “pastorale integrata” in cui, nell’unità della diocesi, abbandonando ogni pretesa di autosufficienza, le parrocchie si collegano tra loro, con forme diverse a seconda delle situazioni – dalle unità pastorali alle vicarie o zone –, valorizzando la vita consacrata e i nuovi movimenti. Alcune considerazioni........ La rete capillare delle parrocchie costituisce una risorsa importante; la radice locale è la forza popolare della Chiesa grazie alla sua presenza

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diffusa, ma l’attuale organizzazione - fatta di piccole e numerose parrocchie disseminate in un vasto territorio - esige un profondo ripensamento, in spirito sinodale, che riguarda non solo le piccole parrocchie ma anche quelle grandi che corrono il rischio di ripiegarsi su se stesse. Non serve sopprimere parrocchie ma metterle in rete. In questo modo non si ignora la comunità locale ma la si invita ad abitare in modo diverso il territorio tenendo conto dei mutamenti in atto, della maggiore mobilità, delle nuove esigenze. Unità: è l’atteggiamento che supera ogni particolarismo, che permette di superare le attuali difficoltà. Le unità pastorali sono già una realtà, in alcuni ambiti del nostro territorio diocesano. E’ un punto di partenza che necessita ancora di maggior coordinamento nella pastorale, di una più viva compartecipazione e di un migliore utilizzo delle risorse incentivando l’uso comune delle strutture per attività interparrochiali, ad esempio di tipo oratoriale, per ritiri spirituali, per esperienze di tipo vocazionale. La Chiesa, la nostra chiesa locale, ha bisogno di unità per non disorientare i fedeli e coloro che si avvicinano al volto di Cristo. Questo è il momento di acquisire uno “stile” di missionarietà efficace all’interno di uno “stile” di comunione, che sull’esempio delle comunità di Paolo (Rm 16, 1-16) si realizzano componendo una pluralità di esperienze, di situazioni di doni e ministeri. E’ Pastorale integrata! Chi può farlo e dove? La diocesi sarà il centro di elaborazione e guida, ma anche di verifica continua, per adattare alle aree urbane, alla costa, alle aree montane, alle diverse zone della Lunigiana un progetto di “pastorale integrata” che, per attuarlo, necessita di tempo - ma non si può procrastinare - che necessita innanzitutto della disponibilità dei sacerdoti, dei diaconi, dei religiosi/e e di animatori - animati - per animare. La parrocchia quindi non più da sola, non autosufficiente, non limitata ad una pastorale di conservazione che non genera missione, ma neppure con itinerari (quando ci sono) eterogenei o focalizzati secondo il carisma proprio di un particolare movimento. Occorre lavorare in rete trovando la capacità di collaborare tra pastorale giovanile, gruppi famiglia e caritas - importantantissima è la rete di comunicazione e le nuove tecnologie ci possono essere d’aiuto. 7. Una parrocchia missionaria ha bisogno di “nuovi” protagonisti: una comunità che si sente tutta responsabile del Vangelo, preti più pronti alla collaborazione nell’unico presbiterio e più attenti a promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici, con le loro associazioni, anche per la pastorale d’ambiente, e creando spazi di reale partecipazione. Alcune considerazioni........ La parrocchia non è solo una presenza della Chiesa in un territorio, ma “una determinata comunità di fedeli”, comunione di persone che si riconoscono nella memoria cristiana vissuta e trasmessa in quel luogo. Come singoli e come comunità siamo - in quel luogo - responsabili del Vangelo e della sua comunicazione. Mi domando quanto questo sia “visibile”; quanto i lontani, gli immigrati, i poveri, i disperati, ci “riconosceranno da come ci amiamo” e da come “tutto quello che faremo al più piccolo dei fratelli l’avremo fatto a Lui”! Non possiamo guardare alla “non coerenza” di molti battezzati che hanno abbandonato la Chiesa e che non vivono più secondo i suoi insegnamenti quando noi stessi siamo “di scandalo”. Riflettiamoci! Il ruolo del parroco, è fondamentale in una comunità, è associato al vescovo nel servizio di presidenza, che esercita come “pastore proprio”, mediante l’ufficio di insegnare, santificare e governare. Oggi il parroco è affaticato da una molteplicità di impegni tali da impedirgli di svolgere, con la dovuta pacatezza, il proprio ministero, togliendogli anche il tempo dovuto per la propria vita spirituale e per il necessario riposo rischiando, per questo, il dono prezioso della salute fisica e mentale. Senza sacerdoti le nostre comunità perderebbero presto la loro identità evangelica, quella che scaturisce dall’Eucaristia che solo attraverso le sue mani può essere donata a tutti. “Grazie!” a tutti voi che, oggi, date il vostro prezioso servizio in condizioni difficili, non gratificanti e con un ruolo sempre meno riconosciuto socialmente. Ma la gratitudine non basta e il tempo delle lamentele deve ormai finire! Occorre creare le condizioni perchè ai nostri preti non manchino spazi di interiorità, occasioni di vita di comunione e di fraternità presbiterale, ma sopratutto iniziative di formazione per sostenere spiritualità e competenza ministeriale. Il parroco dovrà essere sempre meno l’uomo del fare e dell’intervento diretto e più l’uomo della comunione. Avrà cura di promuovere vocazioni, ministeri, carismi. Si deve necessariamente passare da figure di “collaborazione” o “che danno una mano” a figure di “corresponsabilità” a presenze che “pensano insieme” e camminano dentro un comune progetto pastorale. La figura del diacono emergerà naturalmente da un’apostolato di corresponsabilità e la sua formazione sarà orientata alla valorizzazione di una figura propria, non derivata rispetto a quella del sacerdote, ma coordinata con il suo ministero, nell’animazione del servizio su tutti i fronti della vita ecclesiale. Ma la missionarietà della parrocchia esige che gli spazi della pastorale si aprano a nuove figure ministeriali, riconoscendo compiti di responsabilità a tutte le forme di vita cristiana e a tutti i carismi che lo Spirito suscita: nell’ambito catechistico ed in quello liturgico, nell’animazione caritativa e nella pastorale familiare. Non supplenza a ministeri ordinati ma promozione della molteplicità dei doni che il Signore offre. Le situazioni che richiedono il nostro servizio, oggi sono tanto diverse e complesse e non paragonabili, in nessun modo, con il passato! Solo con fedeli, uomini e donne, corresponsabili, la comunità può diventare effettivamente missionaria. Il “mandato” per i laici non può essere a vita ma all’interno di una dinamica di crescita di tutta la comunità. La cura e la formazione del laicato rappresenta un impegno urgente da attuare nell’ottica della “pastorale integrata” indirizzata, in primo luogo, alla crescita della qualità testimoniale della fede cristiana e, successivamente, alla specifica formazione nella direzione del servizio ecclesiale. Questa è la vera sfida che attende la nostra Diocesi: non “fermarsi” alla pastorale di conservazione di quel poco che c’è, rimpiangendo il passato, ma cercare i dispersi, attrezzandosi culturalmente in modo più adeguato, per incrociare con determinazione lo sguardo, spesso distratto, degli uomini e delle donne d’oggi. Più che di iniziative si ha bisogno di persone - e grazie a questo Sinodo - un grande passo avanti è stato fatto, si ha bisogno sopratutto di laici credenti che sappiano stare dentro il mondo e tra la gente in modo significativo, dove l’identità di cristiano traspare dalle parole e dai gesti. Occorre tornare all’essenzialità della fede, lo ripeto, per cui chi incontra la parrocchia deve poter incontrare Cristo. Speranza: Cos’è che lega tutte queste cose, qual’è il filo rosso che le tiene salde, che permea di sè tutto? e’ il costante riferimento alla Parola di Dio ascoltata, celebrata e vissuta - senza questo l’uomo non è. Il segno di speranza che si avverte nel mondo di oggi è che mai, come in questo tempo, la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura è un’esigenza, un bisogno profondo, la risposta alle questioni essenziali della vita. Attraverso la lectio divina si scopre l’amore senza confini con cui Dio si rivolge all’umanità, anche a questa umanità. E’ Dio il fondamento della nostra speranza e anche del nostro impegno a rinnovare la Parrocchia. Chi può farlo e dove? Concludo con un’invocazione: Maria, Madre della Chiesa, che con il suo “sì” detto nel segreto del cuore ha reso possibile l’irrompere della Speranza nella storia, illumini e guidi il nostro cammino perché sappiamo “individuare atteggiamenti e scelte che rendano la Chiesa una comunità a servizio della speranza per ogni uomo”.

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Page 27: di Daniela Scarponi · luogo della fede. Lo spazio in cui la comunione vissuta, diventa Sacramento, nella Chiesa. Questo, grazie ai Sacramenti amministrati: in particolare al Battesimo,

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PROSSIMI APPUNTAMENTI: VI Assise sinodale, “Priorità Pastorali:Giovani, Famiglia, Caritas, Migrantes” Venerdì 2 Dicembre, ore 19 Auditorium “Forzoni” - Massa VII Assise sinodale, “Comunicazione e missione” Domenica 11 Dicembre, ore 15 Auditorium “Forzoni” - Massa

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Informa Sinodo Notiziario della Segreteria Generale del Sinodo

n. 4, novembre 2005

Supplemento al n. 7 di “InCordata” Organo di collegamento dell’Azione Cattolica Apuana

Dir. Resp.

Angelo Della Bianchina

Redazione

Cristina Babboni,

M. Rita Carpina

Prep. Spedizione

Clara Carulli

Computer Grafica

Francesco Massa

Addetto Stampa

M. Rita Carpina

Web Master Lelio Giannelli

Segreteria Luciana Dolci

Editore

Azione Cattolica Italiana

Diocesi di Massa Carrara Pontremoli

(ciclostilato in proprio)

Autorizzazione

Tribunale Massa n°154

del 4 novembre 1989

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Massa Ferrovia

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