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Ruminando su una zattera di Biemme Udigì TOMO primo

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Ruminando su una zattera

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Biemme Udigì

TOMO primo

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Ruminando su una zattera 1

Introduzione “ Era una notte buia e tempestosa…” : iniziavano così tutti i romanzi di Snoopy (). Snoopy li scriveva a macchina in precario equilibrio sulla sommità della sua cuccetta, li inviava poi regolarmente agli editori e regolarmente li riceveva di ritorno: respinti. Dato che lo state leggendo, è evidente che questo libro ha avuto migliore sorte. Tuttavia questo libro non è un romanzo, non è un racconto, non è un saggio, non è un trattato, non è… Cosa è? Forse uno zibaldone, un almanacco, una raccolta di ruminazioni, considerazioni, osservazioni, poesie, dissertazioni, sogni, elucubrazioni, ironia, scienza, economia, politica, umorismo, amenità e varia umanità. Questo libro è un labirinto: in effetti non troverete alla fine un indice ma alcune pagine bianche su cui, se vorrete, potrete tracciare il vostro personale itinerario, il vostro giornale di bordo a ricordo della vostra personale navigazione. Consiglierei ai cinque lettori che amano ancora leggere prima di dormire di tenere il tomo sul comodino e aprirlo ogni sera a caso… L’effetto potrebbe essere (con pari probabilità, spero) o sonno immediato o una notte insonne. Sto parlando in prima persona come se fossi l’autore … epperò questa persona in realtà è un collettivo: il libro è a quattro mani, più teste e molte zampe, avendo goduto del felice contributo di un gatto e varie mucche. Autori e contributori non saranno mai esplicitati nelle varie parti.

Muuuuuuuuuuuuu …

INIZIO Dunque…“ Era una notte buia e tempestosa…” . Non sapremo mai come continuassero i romanzi di Snoopy. Che cosa potrebbe (av)venire dopo un tale inizio? “Un cavaliere nero su un cavallo nero avanzava nella notte nera rischiarata a tratti da lampi abbaglianti seguiti da tuoni fragorosi che superavano anco il forte scroscio dell’acqua e i sinistri cigolii dell’armatura. Il cavaliere era esausto quando uscì dalla fosca foresta e riprese il galoppo verso le minacciose colline ancora lontane. L’ennesimo Se non sapete chi sia Snoopy, sono veramente dispiaciuto per voi e vi consiglierei di colmare al più presto questa grave lacuna nella vostra formazione culturale… Si lo so, “contributori” non è nel vocabolario italiano. Tuttavia al gatto piace così e comunque, visto cosa appare su giornali, libri e Tv, penso che nessuno abbia da obiettare.

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bagliore di fulmine illuminò la scena e mostrò il vecchio maniero turrito appollaiato sulla ripida collina.” Accidenti, sarei tentato di continuare… ma questo non è un romanzo: come dunque iniziare? Modestamente, iniziamo dall’inizio.

En archè (1)

In principio era la SINGOLARITÀ. È strano che i fisici, che notoriamente aborrono le singolarità nelle loro teorie, ne mettano una al principio del tutto. Che cosa è una singolarità? Da un punto di vista matematico, è un infinito, un uno diviso zero…1 Da un punto di vista fisico, una mostruosità concentrata, densità di energia infinita, nessun modo di estrapolare le nostre equazioni oltre di essa e nemmeno nelle “vicinanze” di essa… E la singolarità esplose: un grande botto, il “big bang”. Che cosa esplose e quando e dove? La gente immagina, io credo, qualcosa di piccolo, un “seme di senape” che improvvisamente cresce, come nella tradizione ebraica 2, o un “uovo cosmico” dormiente finché non viene colpito dal dardo (fulmine) di Indra , come nella tradizione Vedica, o più semplicemente qualcosa di simile ad una bomba, piazzata nell’oscurità di uno spazio deserto e senza fine. Una bomba che ad un certo momento scoppia e i suoi frammenti e il suo fuoco si espandono nello spazio stesso, raffreddandosi 1 Diceva Aristotele, l’infinito in atto non può darsi… L’infinito è solo in potenza, un seme che può svilupparsi ma mai arrivare a frutto. I matematici moderni hanno superato questo sbarramento. Esempi di infinito matematico :

dato un numero aggiungi uno (100 => 101 , 1000000000000=> 1000000000001 e così via verso numeri più grandi e senza fine: potenza del numerabile

“conta” i punti di un segmento, di un triangolo, di una sfera: potenza del continuo Cantor, che introdusse le gerarchie dell’infinito, morì pazzo. Ma ora un nuovo campo numerico, il campo dei numeri surreali, tratta gli infiniti (e gli infinitesimi, cioè le quantità che sono quasi zero, i vari gradi del nulla…), con la stessa familiarità con cui la massaia fa i conti della spesa con i numeri “naturali”. I Fisici tuttavia hanno sempre pensato che la Natura sia “finita”: se il risultato di un calcolo, l’interpretazione di un esperimento, la previsione di una teoria, danno una quantità infinita (energia, massa, carica o quantaltro) va supposto che qualcosa non va… che c’è del marcio in Danimarca (o nel calcolo, nell’esperimento, nella teoria). La più potente, sperimentalmente verificata ed elegante teoria fisica, l’elettrodinamica quantistica, nasce dopo anni di inenarrabili sforzi per “rinormalizzarla”, cioè, con le parole di R. Feynmann, estroso premio Nobel, per nascondere la polvere (gli infiniti) sotto il tappetino. 2 Namanide (Moses ben Nahaman, 1194-1270, commentatore biblico nella tradizione della Cabala), Genesi 1, 4-5, “ Commentary on the Torah” , ed. C. Chavel , the Rav Kook Institute, Jerusalem 1958.

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lentamente e formando infine, dopo tanto tempo, le galassie, le stelle, la terra… Come uomini, siamo certo obbligati a ricorrere ad immagini, analogie, metafore: dovremmo comunque essere sempre ben coscienti della loro natura illusoria ed in questo caso profondamente errata. Non vi era seme, non vi era uovo, niente che potesse esplodere e soprattutto non vi era né un dove né un quando. Intendo dire che la singolarità non era nello spazio… viceversa lo spazio e il tempo stesso erano nella singolarità! L’esplosione fu esplosione anche di spazio e di tempo (difficile da immaginare, concepibile per la nostra ragione solo in termini matematici 3). Nella tradizione giudaico-cristiana molte menti illustri si sono chieste cosa vi era prima del principio… la risposta e della scienza e della Cabala sembrano essere simili: la domanda non ha senso. Per la scienza, perché il tempo inizia

con il “principio” , “prima” del momento zero non vi era tempo…; per la tradizione biblica, specialmente cabalistica, perché la prima lettera della bibbia, una beth, è chiusa da tre lati e permette una sola direzione. Il tempo nasce con il Big Bang e nasce con una freccia ben definita, una direzione e un verso di scorrimento univoci. Sembra di nuovo una banalità, dato che tutti sanno che il tempo “va” solo dal passato al futuro, prima si nasce e puoi si muore… ma in realtà anche questo, alla luce della fisica, le cui principali equazioni sono invarianti sotto inversione temporale, è un mistero. Ha senso comunque chiedersi quanto tempo è passato dall’inizio: risposte varie e discordanti secondo le varie tradizioni, probabilmente 15\20 miliardi di anni (miliardo più, miliardo meno…), secondo le ultime teorie cosmologiche. Ma riprendiamo il racconto.

E l’universo era vuoto, un fuoco oscuro: tenebroso abisso di molte dimensioni,

onde di fluttuazione quantica scuotevano le acque.

Cosa accadde subito dopo l’esplosione? Dice Weinberg: nessuno c’era a vederlo. E neppure con le più ardite estrapolazioni delle nostre teorie più ardite possiamo accostarci indefinitamente alla singolarità (Hawkings ha provato ad aggirare l’ostacolo, navigando in

3 Galileo aveva detto già all’inizio della scienza (occidentale) moderna che il libro della Natura è scritto in linguaggio matematico. Perché ? è ancora un mistero. Due posizioni estreme sono oggi considerate: per gli uni la matematica è una nostra invenzione, inventata in gran parte per descrivere il mondo e non fa quindi meraviglia che in effetti descriva abbastanza bene il mondo…; per gli altri (platonici, per intenderci) le verità matematiche esistono per sé, e vengono quindi non create ma solo scoperte dagli uomini (il teorema di Pitagora, gli spazi di Hilbert esistono in qualche mondo ideale, Pitagora e Hilbert li hanno “visti” ma non creati, eventuali alieni avrebbero anche loro la nostra stessa matematica). Ovviamente nel secondo caso è difficile spiegare la straordinaria rispondenza tra matematica e realtà, se non prendendo in considerazione un piano, un progetto, forse un fine per la realtà stessa ( e quindi implicitamente, è necessario un Demiurgo, un architetto, un creatore). Una disamina approfondita è nel bel libro di J. D. Barrow: “La luna nel pozzo cosmico”, ADELPHI, Biblioteca Scientifica 20, Milano, 1994

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un tempo “immaginario”) . Tuttavia possiamo andarci molto vicino: siamo a 10-43 secondi dall’inizio, il tempo di Planck, le dimensioni dell’ Universo sono di 10-35 centimetri, la lunghezza di Planck, la temperatura è di 1032 gradi. Sono solo freddi numeri e non tutti sono abituati alla notazione scientifica: proviamo quindi a tradurre in termini di misure che ci sono abituali. Iniziamo dalla temperatura, forse il dato più facile da immaginare. Ebbene, 1032 vuol dire 1 seguito da 32 zeri, cioè 100000000000000000000000000000000 gradi (Kelvin), cioè, in parole, 100 milioni di milioni di milioni di milioni di milioni di gradi! La temperatura al centro del Sole è di circa 15 milioni di gradi, quindi l’Universo era milioni di milioni di milioni di milioni di volte più caldo del sole (ovviamente nessun termometro potrebbe misurare una tale temperatura: abbiamo usato la temperatura come indice della

densità di energia, concetto forse meno familiare per il lettore). Cosa vuol dire invece 10-43

secondi? vuol dire 0,…(42 volte 0)…1, cioè : 0,0000000000000000000000000000000000000000001 secondi. In parole: un decimo di un milionesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di secondo. Molti fisici suppongono addirittura che questo tempo, a cui è stato dato il nome di cronone, sia il tempo minimo utilizzato dalla natura stessa, cioè che non esista un “continuum” temporale ma che invece il tempo scorra “discretamente”, infinita successione di crononi, in fila come i grani di un rosario. Per avere una idea di quanto piccolo sia questo tempo, pensate che il nostro occhio non riesce a distinguere due eventi separati da meno di un decimo di secondo, un buon cronometro vi darà fino ad un millesimo di secondo, un orologio atomico scenderà fino ad un milionesimo di milionesimo di secondo, in laboratorio abbiamo “misurato” tempi dell’ordine di un milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo… ma siamo pur sempre solo a 10-24 secondi, cioè un tempo dieci miliardi di miliardi di volte più grande del cronone! E quanto è piccolo un “seme di senape” di 10-35 centimetri? Ce ne vorrebbero dieci milioni di miliardi di miliardi di miliardi per fare un seme vero: le più piccole lunghezze che siamo riusciti ad osservare in laboratorio sono pur sempre 100 milioni di miliardi più grandi di quanto grande era questo universo. Difficile da immaginare e ancora più difficile se evitiamo l’errore, quasi inevitabile, di immaginare questo Universo come una pallina, pur piccolissima, in un qualche punto dello spazio. In effetti l’ Universo non è nello spazio, l’Universo contiene lo spazio! Quando parliamo di dimensioni dell’ Universo, parliamo della massima distanza tra due suoi punti: questa distanza dipende dalla geometria dell’Universo stesso, geometria che non conosciamo con sicurezza (se i due punti fossero su una superficie sferica, su una palla, e se potessimo usare per le misure solo uno spago appoggiato alla palla stessa, la massima

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distanza non sarebbe il diametro della palla, 2 volte il raggio, ma una semicirconferenza, cioè circa 3.14 volte il raggio). Le cose sono qui ancora MOLTO più complicate dal fatto che in questo Universo-neonato lo spazio non ha solo le nostre abituali 3 dimensioni (altezza, larghezza, lunghezza o se volete avanti\dietro, destra\sinistra, alto\basso). In effetti in questo Universo primevo tutte le dimensioni sono ugualmente dispiegate. Quante dimensioni? Dieci, ventisei, sessantaquattro… non lo sappiamo, ma sicuramente molte di più delle quattro attualmente osservabili. Se vi sembra difficile visualizzare una geometria a 4 dimensioni (provate con un ipercubo o una ipersfera…), inimmaginabile è la complessità di una geometria deca-dimensionale (accessibile solo ai matematici e, pare, ai cabalisti, che hanno parlato, più di mille anni fa (!), delle primitive dieci “potenze” di cui

solo 4 sarebbero attive nel mondo attuale). La presenza di una sola dimensione extra porterebbe a percezioni altamente inusuali e paradossali (vedi il classico “Flatland” di Abbott, dove un ipotetico abitante di un mondo piatto, a due dimensioni, entra in contatto con le meraviglie e i misteri della terza dimensione… si immagini come sarebbe limitata la visione di un essere piatto sul foglio che state leggendo: non vedrebbe voi, non vedrebbe le stelle! E si tratterebbe pur solo di una sola dimensione in meno. Pensate a quanto poco conosceremmo se l’ Universo avesse 6, 7, 22 dimensioni in più: saremmo in effetti meno che ciechi…). Dunque un Universo piccolissimo, iperdenso, caldissimo: un fuoco, ma un fuoco oscuro. Perché? Perché in queste condizioni, che non si sono più ripetute e che mai riusciremo a ricreare nei nostri laboratori (neanche costruendo un acceleratore di particelle grande come la nostra galassia!), i fisici teorici ci dicono che tutte le forze conosciute dovevano essere unificate. In queste condizioni non vi è una vera differenza tra materia ed energia, fra vuoto e pieno… in effetti l’Universo era vuoto (tecnicamente un “falso” vuoto) ma colmo di energia-materia. Solo che la materia non era la nostra materia, le particelle, che incessantemente affioravano e si riimmergevano nelle “acque”, erano quelle “esotiche” previste dalle GUT (teorie di grande unificazione), particelle che non abbiamo ancora mai effettivamente osservato, anche se speriamo di ricrearne qualcuna nei nostri anelli di accelerazione… Un vuoto dunque, un fuoco oscuro che ardeva in uno spazio a molte dimensioni: fluttuazioni quantistiche creavano e continuamente riassorbivano questa materia primordiale, l’Ylem, le acque nell’abisso. Per quanto tempo? Probabilmente per meno di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di secondo! Un tempo effimero, sembra, ma in realtà eoni di tempo, un’era spaventosamente lunga… Infatti, quando parliamo di tempo, ci riferiamo ovviamente al NOSTRO tempo, cioè al tempo come lo conosciamo e misuriamo qui ed ora. Epperò

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sappiamo bene che il tempo, qualunque cosa esso sia, è mutevole nel suo aspetto di durata: l’intervallo di tempo misurato sul vostro orologio necessario per prendere un caffè, diciamo un minuto, diventerebbe più corto se misurato con un orologio al polso del Capitano di una nave stellare che viaggiasse a velocità prossima a quella della luce (quanto più corto? Un secondo, un microsecondo, un picosecondo? Dipende dalla velocità della nave). Un effetto della relatività speciale, ampiamente confermato, sembra, dalle nostre acquisizioni sperimentali. Ma non basta, la Relatività Generale ci dice infatti che la durata dipende anche dalla massa, ovvero dalla concentrazione di energia. Conseguentemente il tempo è più pigro su Giove che non sulla Terra, “scorre” ancora più lentamente sulla superficie del Sole, è quasi “congelato” sull’orlo di un buco nero… Nelle

condizioni di altissima densità di energia caratteristiche dei primi “minuti” dell’ Universo questi minuti, secondi, picosecondi, miliardesimi di miliardesimi di … di secondo, sarebbero anni, secoli, millenni, eoni, misurati sull’orologio di Tau-Zero, l’ unico testimone che era lì (ovviamente solo nella fantasia di Italo Calvino…).

(precede)

Abbiamo già detto che il libro è un labirinto e non vogliamo fornirvi alcun filo! Tuttavia un piccolo aiuto è d’obbligo: argomenti strettamente correlati hanno lo stesso titolo con un numero progressivo e alla fine del capitolo a volte hanno un (segue) a sinistra se c’è una sezione precedente e/o un (precede) a destra se esiste una sezione successiva.

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Poesia 1 Si lo so: è fuori moda. E poi tutti scrivono poesie ma hanno poca voglia di leggere quelle degli altri. Dai tempi lontani del Liceo mi sono chiesto perché, anche se viviamo in un’epoca ‘eroica ' (due guerre mondiali, lotte di popoli, lo sbarco sulla Luna, la bomba atomica e l’equilibrio del terrore…) e quindi gli argomenti non dovrebbero scarseggiare, la poesia ‘epica' sia morta. Ci rimane la ‘lirica', troppo spesso fatta di rimuginazioni narcisistiche su sé stessi e le proprie incredibili (in senso letterale…) sofferenze e/o inadeguatezze. Epperò in questo tomo ci saranno poesie: mie, di amici, del gatto e peranco delle mucche. Ma anche di poeti veri, più o meno noti. Iniziamo infatti con una libera versione di alcuni versi del poeta John Hall.

Se tutto è un cieco

vorticare di atomi

perché

tu sei così bella

e io così innamorato?

[John HALL, liberamente tratto]

ECONOMIA (1) Il noto ed estroso fisico Richard Feynman (premio Nobel) soleva dire che se uno afferma di aver capito la Meccanica Quantistica è chiaro segno che non capisce nulla. Idem per l’economia. Tanto è vero che gli esperti in tale campo, consiglieri del presidente Reagan, “inventarono” la Reaganomics (se ricordate, è la teoria che lo Stato non deve intervenire sull’economia lasciando il libero mercato a se stesso) non perché avessero fede nelle miracolose capacità del ‘libero’ mercato di pervenire da solo a risultati eccellenti bensì

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perché (loro onesta ammissione), consapevoli del fatto che nessuno è in grado di prevedere i risultati di un eventuale intervento, meglio è non nuocere (non intervenire).

Non è vietato ridere (sorridi ora, domani andrà peggio)

Le tre fasi dell’amore Fase 1 (innamoramento)

o Vedi Lei/Lui o Non vedi i suoi difetti

Fase 2 (fidanzamento)

o Vedi Lei/Lui o Vedi i suoi difetti (ma non te ne importa niente)

Fase 3 (matrimonio)

o Non vedi Lei/Lui

Dimensione sogno (0) Sui sogni sono stati scritti innumerevoli tomi. Inutile aggiungere altro. E poi occorrerebbe specificare. Ci sono molte varietà di sogni: i sogni “comuni”, “personali” ( di compensazione, ricordo, rimozione, fantasia, follia…), i sogni “lucidi” in cui il sognatore è cosciente (con varie gradazioni) di stare sognando e a volte può intervenire, in varia misura, sul sognato, i sogni “precognitivi” (o “retrocognitivi”), i sogni “di conoscenza”, gli “OBE” , out of body experiences, che non sono propriamente sogni ma possono partire da (e/o terminare in) un sogno. Moltissimi diranno: “ma io non sogno mai!” Non è vero ed è stato dimostrato in laboratorio. Tutti sognano e anzi una forzata deprivazione dei sogni porta rapidamente a gravi conseguenze psichiche e fisiche. Il fatto è che molti non ricordano (spesso non vogliono ricordare) i sogni. Eppure ci sono molte tecniche per ricordare i sogni. Certo implicano un certo di sforzo iniziale e molta perseveranza nell’applicarle. Molti amici razionalisti obiettano: “ma chi me lo fa fare? Perché dovrei sforzarmi? Dopotutto sono solo sogni…”. Sarà vero, come

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è certamente vero che accanto ai sogni piacevoli, gratificanti, ci sono, come sempre accade per le esperienze della vita, anche quelli orribili, paurosi, quelli che avremmo preferito dimenticare. Ma è comunque un’esperienza, molto spesso interessante. Io ho “visto” dormendo interi “films” con trame anche molto intricate e scenari “da sogno” (!). Ho sempre rimpianto che non ci sia ancora, salvo che nei romanzi di fantascienza, un videoregistratore dei sogni… È ben noto come i sogni abbiano ispirato poeti, scrittori, musicisti, pittori, cineasti, inventori, scienziati. Comunque, per gli scettici che vogliono una forte motivazione “razionale” per decidere se affrontare o no la dimensione sogno, riporto liberamente una conversazione con una amica che diceva: ”Tu perdi una parte non piccolissima della giornata per ricordare i sogni e rimuginarci

sopra. È futile! È uno spreco! la vita è già così breve…”. “Al contrario -risposi- ognuno dorme per circa un terzo della sua vita. Per te quel tempo è vuoto, perso! Io invece lo vivo…”

Ricordi 2 Il nonno di mia madre, il bisnonno quindi, abitava a Capranica, un paese nella provincia di Viterbo. Era conosciutissimo e lo chiamavano “Lo Spoletino” perché aveva sposato una donna di Spoleto. Nella sua vita fece di tutto, lavorò in Russia e in America. Parlava raramente, mai a sproposito. Contrariamente alla moglie evitava di entrare in chiesa, perché, secondo lui, l’unico Dio era il “Tutto” e dentro ai templi si parlava troppo. In pieno inverno si alzava alle cinque di mattina per andare alla sua vigna distante circa cinque chilometri. Dormiva all’aperto e quando gli chiedevano: “Al buio non hai paura di scivolare?” Rispondeva: “Il buio non esiste, dipende da come lo guardi”. Non aveva studiato, ma con il suo modo di vivere e di essere dimostrava di possedere profonde conoscenze. Una notte d’estate, al tempo della mietitura, visse una strana avventura che lui raccontava spesso. Si era alzato senza guardare l’orologio, preso com’era dal pensiero di dover andare a lavorare. Uscito da casa giunse, dopo poco, in paese. Varcato il ponte dell’orologio, che sovrasta la piazza principale, un gruppo di ragazze gli venne incontro. Cantavano e procedevano muovendosi a passo di danza.

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Rimase molto sorpreso anche perché erano vestite con una tunica trasparente. Gli passarono vicino e lui le salutò molto cordialmente. Non ebbero nessuna reazione, scivolarono via, come se non l’avessero visto. “Devono essere delle nuove lavoranti venute da fuori” disse a se stesso. Continuò a camminare. Dopo poco l’orologio delta torre scandì le ore: era la prima ora dopo la mezzanotte. In assoluta tranquillità, lo spoletino ritornò a casa. E mentre guardava la luna piena pensò che quella lì dovesse essere una strana notte. Conosceva molte storie antiche che stupivano per la ricchezza dei particolari. Tutte le sue nozioni gli erano state date oralmente e si perdevano nella notte dei tempi. Secondo la stagione, ogni volta che tornava dal lavoro, portava con sé un prodotto della terra che donava a chi per primo gli si

faceva incontro. Per lui era un rito. Credeva nella terra e diceva: “Se tu l’accarezzi e le fai capire che l’ami essa ti è fedele”. Non parlava mai di politica. L’unica frase a commento di questo argomento era: “Noi italiani siamo troppo poveri ed è come voler possedere una bella cortigiana che va solo con chi ha più soldi”. Quando mi parlava in poche parole esprimeva concetti che afferravo subito. Ero sereno accanto a lui. Non aveva paura della morte. Per lui era come uno starnuto che porta via le cose fastidiose dal naso. Si irritava alla vista del medico, lo chiamava: “il boia a pagamento del paese”. Non lo avrebbe consultato neppure per il suo asino che, per fortuna, sapeva curarsi da solo, mangiando, secondo i suoi mali, vari tipi di erbe. Non era la persona a dargli fastidio, anzi erano buoni amici, ma la professione che esercitava. Lo spoletino diceva sempre: “Per curarmi basto io, le medicine sono già nel mio corpo”. Morì all’età di 92 anni a causa di un’embolia. Aveva trascorso la sua vita senza bisogno di medicine e con una vista perfetta che gli aveva permesso di leggere il giornale fino all’ultimo.

Proverbi (Tutti sbagliati, ma pieni di autentica saggezza popolare…)

Cane che abbaia non morde (per il momento)

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Cane che morde non abbaia (ha la bocca altrimenti occupata)

ECONOMIA (2) Enciclopedia Galattica (XXXIII edizione, Trantor, A.G. 8848)

“… ci fu un tempo in cui sul mitico pianeta Terra le sorti dei singoli uomini, delle Nazioni (sì, ancora esistevano) e dell’intera umanità furono affidate ad un gioco…” Difficile da credere? Ma no, pensateci un attimo… La Borsa! La Borsa è chiaramente un gioco (si dice pure apertamente: giocare in Borsa) e non ha niente a che vedere con l’economia reale (ammesso che tale espressione abbia un qualche significato): eppure le fortune e le sfortune di singoli, imprese, nazioni e del mondo intero dipendono in larga misura da tale gioco (pensate ai vari Martedì, Venerdì, Uranedì neri…). Proposta (molto seria!): questo gioco, che molti trovano appassionante, sia inserito nel suo naturale contesto cioè nei Casinò, nelle lotterie, su internet, etc, e i giocatori giochino pure con i loro soldi e a loro esclusivo rischio e pericolo. Ma se io non volessi giocare dovrei pur essere libero di non giocare e (soprattutto) di non subire le conseguenze dei giochi altrui.

Teatro Me(ta)Faust è un’opera teatrale e quindi, nonostante siano presenti suggerimenti scenografici (ambientazione, luci, musiche), andrebbe comunque vissuta al teatro e non solo letta. Non è stata mai rappresentata nella sua versione definitiva: produttore cercasi… Inoltre come nelle tragedie antiche e anche in tutta la poesia antica, l’opera andrebbe forse cantata (nell’epoca attuale ne verrebbe un ottimo ‘musical’).

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Me(ta)Faust Meta_opera multimediale in due prologhi, vari quadri e due epiloghi

La scena è vuota, pavimento rosso e pannelli laterali neri; il fondo è occupato da un megaschermo televisivo; ai lati, fuori scena, verso il pubblico, ulteriori

schermi e monitors da computer.

Buio. Silenzio.

Tenui festoni e arabeschi di luce come da aurora boreale. Vibrazione molto bassa prima appena udibile poi in crescendo.

Esplosione di luce abbagliante, attinica.

Musica: A. Vivaldi; "Gloria": "Gloria in excelsis deo ... ".

La luce decade: immagini di nebulose, protosoli, galassie globulari e a

spirale, ammassi stellari, pianeti esterni, giganti gassosi, il sole.

CORO

Più voci maschili; enfasi, scansione

ALTO IL SOLE TRA LE ALTRE SFERE

L'ORBITA ASSEGNATA COMPIE

CON PASSO DI TUONO

FORTE E IMPETUOSO

SE ANCHE È IMPOSSIBILE FISSARLO A FONDO

INCOMPRENSIBILE L'IMMENSO SPLENDE

COME IL PRIMO GIORNO

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PROLOGO IN CIELO Musica in sottofondo: A. Vivaldi; "Gloria" - Et in terra pax hominibus- . La scena è apparentemente vuota, buio ai lati, una luce palpita sul fondo. Mefisto giace prono, quindi si alza lentamente, spalle al pubblico, in controluce. Indossa un ampio mantello nero con cappuccio che tiene alzato. MEFISTO

Di nuovo mi chiedi di questo tuo assurdo

re del creato:

oh, degno signore, forte e spietato, folle e scienziato;

non chiede: pretende, le mani rapaci distende

su cielo e terra, rapina e afferra,

frantuma, s'inerpica, arranca, offende;

demente e inappagato e duro,

triste il presente, luttuoso il passato,

incerto il futuro.

E di Faust mi chiedi, inquieto e strano,

la mente in tumulto lo porta lontano,

erra e ricerca, eterno bambino,

e nell'errare trovar si crede il giusto cammino.

E certo io gli sarò vicino:

per questo mi hai dato all'uomo compagno

che io lo segua orma su orma

perché sotto il mio stimolo di demone, egli non dorma.

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“l’occhio” - Escher

PROLOGO IN TERRA Una debole luce violacea illumina la scena: macchinari, alambicchi, computers, nastri e tabulati

alla rinfusa, il megaschermo in fondo simula una fuga prospettica di stanze incapsulate (è la

stessa scena ripresa da telecamera e mandata sul megaschermo).

Faust è sul fondo, spalle al pubblico; indossa una specie di lungo saio color avorio con

cappuccio che tiene alzato.

Silenzio, poi dagli schermi laterali collage di rumori e immagini di civiltà: traffico, pubblicità,

spezzoni di musiche, decollo di aerei, suoni di guerra; montaggio serrato con esplosione finale.

Luce piena: Faust si volge di scatto scoprendosi il capo.

FAUST Ho studiato e come ho studiato:

i giorni,

le notti,

gli anni.

Ho studiato a fondo

la matematica, la fisica, l'ingegneria.

Pazzo: eccomi qui, vecchio, la vita come polvere

sprecata nella mano.

Certo mi dicono professore, mi chiamano scienziato

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e non sanno che li prendo in giro.

Questa conoscenza

di carta, di formule vuote, è un sapere senza senso.

Ci ha dato le macchine, il benessere, dicono:

la radio, la televisione, la lavatrice;

e le fabbriche

e i veleni e la bomba atomica:

un mondo sull'orlo dell'abisso.

Mostratemi un uomo felice, mostratemi un uomo migliore!

Non c'è salvezza, lo vedo, non c'è speranza

per questa razza stupida, per questo mondo.

Ed io?

Dove sono per me gli onori,

le ricchezze, i piaceri

della vita? Come monaco vivo,

come eremita

tra queste carte, tra questi nastri,

tra queste macchine

disumane!

Chi mi renderà la giovinezza e il chiaro della luna, la meraviglia

di quando bambino contavo le stelle

e il mondo sembrava

vivo

nella notte, a portata della mia mano.

No, non ho avuto calore,

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mai, un amore, niente, per questo mio cuore ormai

acciaio e pietra.

Avessi almeno appagato questa sete di conoscere

cos’è che le cose connette e muove e perché;

la scienza no,

a questo non ha risposta:

solo le forme descrive fuggevoli

e il come

di questa nebbia che un attimo ci circonda e poi

ci inghiotte.

Per questo ti ripudio

ragione e intelletto e scienza

e altre vie cerco,

antiche vie, misteriose, che le porte dei segreti schiudano

e il cuore dell'uomo.

Stacco, buio.

“I guardiani” - Bruma

(precede)

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Dimensione sogno 1 (sogno ricorrente, sempre uguale , in media una volta al mese per tre anni)

Sto salendo per un sentiero. Fa molto caldo. Una calzamaglia di ferro mi ricopre le braccia e le gambe. Alla mia destra sento la presenza di qualcuno. Mi giro lentamente e un guerriero, dal mantello chiaro e con un vessillo di color rosso acceso, sale accanto a me. Continuiamo insieme. Il caldo è insopportabile. Mi giunge forte la sensazione degli odori. Il sudore s’impasta con la polvere, le labbra sono spaccate, la gola non riesce ad articolare alcun suono. Alla mia sinistra si erge una parete di roccia compatta e ostile. Un denso fumo che scende dall’alto attira la mia attenzione. Vi sono molte persone sparse intorno. Danno l’impressione di star lì da tempo. Ho la percezione di essere giunto in questo posto venendo da molto lontano. Un suono veloce e acuto, simile allo stridio di certi uccelli marini, giunge improvviso. Guardo di nuovo dietro le mie spalle e vedo altre persone che prima non c’erano e mi accorgo che avanti si apre una larga distesa di mare, azzurro e fermo. Dove sono? Dove sto andando? Mi sforzo mentalmente di dare una risposta alle domande, ma non ricordo assolutamente niente. Seguo l’unica possibilità: continuare a procedere verso l’alto. Ora riconosco il soffio del vento. Alcuni vessilli mi urtano la schiena e producono uno strano suono. Più mi sposto verso l’alto e più aumentano le persone che bivaccano ai lati del viottolo. Mi accorgo che nel camminare appoggio il piede in un modo molto diverso da come sono abituato a fare da sveglio. Alcune voci gridano qualcosa. Molti si avvicinano con facce incuriosite. Improvvisamente ricordo di aver combattuto a lungo contro una popolazione molto diversa dalla nostra. È un pensiero fulmineo ma che mi afferra potentemente. Era gente molto più civile e raffinata di noi. Nel pensare vengo sopraffatto dal rosseggiare del fuoco, da grida, dall’odore di carne bruciata. Cosa significa? Sono uccisioni barbare, vittime innocenti. Ora ricordo: tutto è stato provocato in nome della fede. Mi coglie un senso di smarrimento, quasi di rabbia. Di colpo alle mie orecchie giungono discorsi di carattere tecnico, militare. Si parla di armamenti troppo pesanti, del problema del caldo, del modo di portare lo scudo, di quando usare la spada a doppia impugnatura, del pericolo di infezioni causate dalla rottura degli anelli di metallo delle nostre coperture difensive. Ora intravedo anche gli uomini che parlano. Sono accanto, armati di lunghe spade e hanno in vita delle alte cinture di cuoio con curiosi ricami. Continuo a salire. Girando sulla sinistra mi trovo davanti al portale di una chiesa completamente scavata nella roccia. Entro. Gli uomini misteriosi

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mi seguono, I nostri movimenti sono accompagnati da un sordo rumore che rimbomba. Sento l’odore dolciastro e sgradevole delle ferite infette. Un frate ci porge dell’acqua fresca che doveva sgorgare li vicino. Dalla cintura allento dei lacci di cuoio e subito ho la sensazione di essere più leggero. Un fumo denso mi viene incontro. Ora sono al centro del tempio. Guardo intorno: il luogo è interamente scavato nella roccia. Sembra un grande ventre in cui tutti, nel trovarcisi, provano immediato sollievo. Qua e là giace qualche ferito, alcuni sono accovacciati sul pavimento altri sono legati a lunghe tavole. Tutti sono lì animati da una speranza. I miei sentimenti sono invece completamente diversi. Sono lì per gridare, per denunciare certe inutili stragi. Negli orecchi rimbalzano grida di dolore, urla di persone molto diverse da me, ma che sentivo profondamente,

quasi fossero fratelli. Un piccolo sacerdote entra nella zona principale attraverso uno stretto corridoio ricavato a scavo dalla parete alla mia sinistra. Fa molto rumore e tutti gli si fanno intorno ma con un certo timore. Mi passa accanto, si ferma. La sua mano si avvicina lentamente, mi tocca la testa: la mano è fredda, umida, ne provo ribrezzo. "Seguimi, fratello! Perché hai chiesto di parlarmi?” Rimango in silenzio e gli vado dietro. Passiamo vicino ad una parete umida e, attraverso un corridoio, entriamo in un largo stanzone. La luce è debole, un raggio penetra da un’alta fessura cercando invano di vincere il buio. Guardo verso l’alto e sento che vorrei prendere il volo attraverso quell’unico sentiero luminoso. Stridula giunge la voce del piccolo prete. “Conosco la tua fede nella Santissima Trinità e nel mistero di Maria, la Grande Madre. Tu hai difeso nella terra di Lucifero il messaggio della nostra Santa Chiesa. Perché soffri? Ciascuno serve il Signore secondo le proprie possibilità. Io con la preghiera, tu con la spada. Esulta perché hai portato il ferro benedetto per sconfiggere gli angeli dannati che minacciano la Chiesa del Cristo”. In me cresce il disagio, ma non ho il coraggio di esplodere in qualche modo. Quel piccolo e fastidioso essere mi immobilizza. Non faccio niente, assolutamente nulla. L’ultima immagine che mi attornia è formata da fumo, da persone che vi si muovono dentro lentamente: avverto la sensazione che un profondo messaggio è stato tradito e calpestato.

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Non è vietato ridere (sorridi ora, domani andrà peggio)

La malattia con più alto tasso di mortalità è sicuramente la vita (100%).

Miscellanea Numeri (è del 2003, ma si può facilmente aggiornare in ogni momento) Iraq 2003 – II grande guerra del golfo - Morti: 141 (*) Cina 2003 – Grande Epidemia SARS - Morti: 240 Italia 2003 – Pasqua, incidenti stradali - Morti: 255

(*) Morti americani (gli altri non contano)

NEZ ZEN

(storie quasi zen: storia 48)

Un uomo cammina nelle terre selvagge. Una tigre lo vede e lo insegue. L’uomo corre disperatamente ma si trova presto di fronte a un precipizio. L’uomo disperato si getta nel precipizio ma fortunatamente riesce ad aggrapparsi a una liana. Due topi escono dalla loro tana sull’orlo del precipizio e cominciano a rosicchiare la liana. L’uomo vede vicino a lui un piccolo cespuglio con delle bellissime bacche rosse. Ne prende una e la mangia. La bacca è deliziosa. Un uomo cammina nelle terre selvagge. Una tigre lo vede e lo insegue. L’uomo corre disperatamente ma si trova presto di fronte a un precipizio. L’uomo disperato si getta nel precipizio ma fortunatamente riesce ad aggrapparsi a una liana. Due topi escono dalla loro

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tana sull’orlo del precipizio e cominciano a rosicchiare la liana. L’uomo vede vicino a lui un piccolo cespuglio con delle bellissime bacche rosse. Ne prende una e la mangia. La bacca è deliziosa ma mortalmente velenosa.

Storia personale 1

Secondo gli insegnamenti di Don Juan, ipotetico “maestro” Yaqui di Carlos Castaneda, se ci si incammina sulla via della conoscenza è opportuno, anzi necessario, cancellare la propria storia personale. Dato che questo in pratica è impossibile, si dovrà tentare di confondere la storia personale, di annebbiarla, renderla quanto mai vaga e incerta, rendendosi sempre più inaccessibili agli altri e per quanto possibile a se stessi. Ammiro Don Juan (ovviamente è falso!) e, come il controverso guru Sri Bagwan Rainesh, penso che nei libri di Castaneda, anche se fossero completamente inventati, vi è pur sempre una “gemma” di verità. E dunque niente storia personale. Racconterò invece alcuni episodi occorsi a dei miei amici.

Uno di questi amici, a dodici anni, si pose un problema interessante. Aveva una camera da letto con un lampadario centrale al soffitto che poteva essere acceso e\o spento da un unico interruttore vicino alla porta di ingresso. Ovviamente questo era alquanto scomodo, quando lui era a letto. Tuttavia, avendone un esempio nella sala da pranzo, sapeva che è possibile controllare una lampada indipendentemente da due interruttori

(accendendo\spegnendo da uno e spegnendo\accendendo dall’altro). Come funzionava? Non potendo “smontare” l’impianto elettrico in sala da pranzo, passò molti mesi tra fili e diagrammi prima di trovare la soluzione (i genitori non furono molto soddisfatti della sua conquista “scientifica” e dei fili pendenti in camera da letto). Ma, come le ciliegie, un problema tira un altro. Così il mio amico si chiese se fosse possibile fare la stessa cosa con tre o con un numero arbitrario di interruttori. Studiò e provò e sbuffò per molti altri mesi senza venirne a capo, e infine rinunciò. Ma il mio amico era un lettore insaziabile, leggeva ovunque e di tutto. Gli capitò dunque di leggere, a 15 anni, che il “suo” problema era un problema classico e soprattutto era un problema senza soluzione (gli elettricisti non usano interruttori per controllare un dispositivo da tre o più postazioni diverse, ma congegni diversi detti “relais”). Il mio amico fu ad un tempo deluso e soddisfatto: in fondo si era posto un “buon” problema e se non era riuscito a risolverlo non era colpa sua,

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semplicemente non era possibile risolverlo. Epperò, dopo anni, inevitabilmente quell’articolo lo portò a ripensare al problema stesso (pur insolubile) e … trovò la soluzione! Il trucco era nell’usare in una delle tre postazioni non uno ma due normali interruttori (collegati in un particolare modo). Quindi, in un certo senso, era vero che il problema non aveva soluzione con tre interruttori (il mio amico ne usava in realtà quattro), ma era pur vero che in pratica il mio amico riusciva ad accendere e spegnere una lampada in modo indipendente da tre posti diversi senza usare relais ma normali interruttori (sorprendendo di tanto in tanto elettricisti professionisti). Inoltre, come lui stesso diceva, niente vietava di chiamare “interruttore” il particolare assemblaggio di due normali “interruttori” che doveva usare in una delle postazioni. Credo che in un altro paese il mio

amico avrebbe potuto brevettare il tutto e trarne magari lauti guadagni. Lui ne ricavò solo forti insegnamenti, utili poi nella sua futura carriera di scienziato. Cioè, in sintesi, imparò che domande e problemi apparentemente banali possono divenire molto interessanti; imparò che problemi particolari portano a problemi più generali; imparò a non credere mai ai teoremi di impossibilità; ma e soprattutto, a suo dire, imparò che spesso le risposte cambiano le domande stesse, sono risposte a domande differenti. La soluzione del problema cambia la natura del problema. Detto con altra angolazione: se non riesci a risolvere un problema, prova a cambiarne qualche aspetto, limite, premessa. In altri termini: nella scienza, qualche volta è utile uscire dalle regole, barare…

Proverbi (Tutti sbagliati, ma pieni di autentica saggezza popolare…)

Mater certa, pater nunquam (semplicemente: non è più vero)

Poesia È di un amico che si chiama Dante Carducci ed abita in via Ugo Foscolo, angolo via Leopardi (non è una battuta! è vero! quando si dice la predestinazione…).

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Guarda le nuvole il cielo pensa al vento alla pioggia ascolta il mare soffrire soffrire e rallegrarsi E poi dimmi e poi dimmi cosa siamo…

PSxPS 1

(Proposte Sensate per Politici Sensibili)

Cadute le ideologie, in cui almeno si avevano visioni globali dell’universo todo e facili risposte precostituite, è evidente il vuoto di idee della classe politica. Finito l’universale, almeno qualche buona idea per lo particulare sarebbe necessaria.

Provvediamo (gratis et amore dei… per ora: ma se qualche astuto politico volesse prendere me, o il mio gatto o le mie mucche , come consigliere ben retribuito non mi opporrei).

Esempio: ci fosse qualcuno che pensasse di abolire le tasse devolute ai privati. I vari bollini (auto, caldaie) ma soprattutto la famigerata RCA, l’assicurazione auto. In quanto obbligatoria, è una tassa e i beneficiari sono le compagnie di assicurazione che impongono i prezzi che vogliono, istituiscono regole assurde come il BONUS/MALUS. Se non hai incidenti e quindi non costi nulla alle compagnie avrai un lentissimo avanzamento di classe e ridotto risparmio, se hai un incidente hai una tragica scelta: o paghi di tasca tua (e allora a che serve l’assicurazione?) o precipiti nella classifica BONUS/MALUS e quindi

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avrai un congruo aumento del tuo premio assicurativo (non fatevi ingannare dalla parola : premio è in realtà quanto devi pagare).

Che fare? Un amico ingegnere una volta avanzò una proposta che trovo molto sensata: inglobare l’onere assicurazione nel costo della benzina (gasolio, metano).

Si calcoli:

A = l’ammontare del risarcimento annuo dei sinistri (facendo magari una media degli ultimi dieci anni)

B = il numero di litri di carburante consumato dagli italiani all’anno (media come prima)

Quindi si imponga una nuova accisa per litro di carburante (accisa:che accidenti di nome…) pari ad A diviso B.

I soldi così raccolti vanno in un fondo assicurativo gestito preferibilmente dallo stato con cui pagare i rimborsi per i sinistri.

Vantaggi:

chi viaggia e quindi compra carburante è ipso facto assicurato chi viaggia di più e quindi corre più rischi automaticamente paga di più (compra più

carburante) chi ha auto di cilindrata maggiore e quindi consuma di più automaticamente paga di

più chi tiene la macchina in garage magari per lunghi periodi non paga niente (come è

giusto: non rischia niente)

Troppo semplice?

Dimensione sogno 3 Quella sera andai a letto stanco e scontento. Sentivo molto la mancanza di una compagna adatta alla mia strana sensibilità e che accettasse la mia smania di capire. Tardai a

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prendere sonno. Mi sentivo veramente solo. Alla fine, non so bene dopo quanto tempo, crollai pesantemente. I sogni incominciarono a presentarsi quasi subito. Erano vaghi, imprecisi, difficilmente localizzabili. Varie figure passarono come davanti ad una lavagna nera. Piccole e grandi, uomini e donne, si alternavano come in un carosello senza fine. Ebbi un senso di sprofondamento: vertiginoso, caotico. Tutto si mischiava, tutto rimbalzava, tutto era presente ma incerto. Improvvisamente una specie di fitta nebbia avvolse qualsiasi cosa. Al centro apparve la figura di una ragazza. Si muoveva quasi fosse in un ambiente estraneo. Capii che quella figura era la proiezione reale di una persona vivente nella mia stessa dimensione spazio-tempo. Era già successo altre volte, ma ora il fenomeno si presentava con caratteristiche diverse. La figura femminile sembrava non

rendersi, conto di cosa stesse accadendo. Era una ragazza di circa venticinque anni, alta, con capelli castani e mossi, gli occhi scuri. Il suo viso ovale mostrava i segni di una forte sofferenza psichica. Le andai vicino, non so bene in che modo, e avemmo uno scambio mentale. Le sue parole, non articolate dalla bocca, si stampavano chiaramente dentro di me. Intuii subito che non avvertiva la mia presenza. Non riusciva a distinguermi come facevo io con lei. Disse più volte: “Dove sono? Cosa succede?” Si spostava leggera dentro quella strana nebbia, qua e là, senza riuscire ad uscirne. Cercai di aiutarla: “Non ti spaventare, sei entrata nel mio sogno”. “Come, nel tuo sogno?... Ma tu chi sei?” “Stiamo dormendo tutti e due. Voglio verificare se è vero”. Si era tranquillizzata. La sua figura appariva più chiara e si fermò in un punto preciso. Girava la testa come per cercare qualcosa. “Ma come si può fare?” “Cerchiamo di darci un appuntamento per domani”. “Appuntamento? Ma non c’è un mezzo più semplice?... Con il telefono per esempio”. Era successo altre volte di cercare di dare il numero telefonico a qualcuno durante un sogno. Non c’ero mai riuscito. Pur conoscendolo perfettamente lo trasmettevo con numeri sbagliati. Incredibile, ma vero. Una cosa così semplice da fare quando si è svegli, nei miei sogni è sempre stata impossibile. Nonostante gli sforzi si era sempre formata una doppia certezza: quella di conoscere il numero vero e quella di darlo sbagliato. “No, quel sistema non funziona, ho già provato altre volte. Non ci riesco”. “Allora...?”

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Incominciai a sentire che il contatto mentale stava sfuggendo. La figura aveva incominciato a tremare e si spostava lentamente. Cercai di arrivare ad una conclusione: “Non perdiamo altro tempo, diamoci, un appuntamento”. “Come...? Un appuntamento?” “Sì, un appuntamento. Dove abiti?” “La mia casa è a Ostia”. “Allora ci vediamo domani mattina alle 11 davanti allo stabilimento Lido di Venezia”. “Per me è fuori mano. Io abito nel centro di Ostia”. “Allora ti vengo incontro. Va bene il pontile?” “Sì, è meglio”.

“Allora alle 11 sul lato sinistro di chi arriva dalla via Ostiense”. “Ma come ti riconosco?” “Sono scuro di carnagione, ho i baffi e guido una Fiat 124 sport, bianca”. “Allora d’accordo, ci vediamo domani alle 11”. Mi svegliai deciso a non mancare a quello strano incontro. Alle 10,15 partii da Roma. I dubbi incominciarono ad invadere la mia logica. Mi sentivo ridicolo e per più di una volta fui sul punto di tornare indietro. Giunsi a Ostia che scendeva una leggera pioggia. L’aria non era fredda. Il mare era avvolto da un grigiore perlaceo. Era un’atmosfera del tutto irreale. Il senso di autocritica tornò inquietante. Risi nervosamente di quello che stavo facendo. Ero abituato a fatti strani e sconcertanti ma questo era senz’altro il più buffo. Fermai la macchina nel luogo preciso concordato nel sogno. Abbassai il finestrino e con aria disinvolta, almeno presunta tale, accesi una sigaretta. Guardai in giro. Sul piazzale antistante il pontile, nonostante il tempo, c’erano sette persone e due bambini che scherzavano fra di loro. Dall’aspetto erano chiaramente stranieri e si divertivano a rincorrersi per acchiapparsi. Delle risa sguaiate facevano commento ai vari scivoloni. Ora quel coro sembrava essere la risposta ai miei pensieri. Erano le 11,10 e della ragazza “vista” la notte precedente non c’era traccia. In tutto quel tempo erano passate solo due automobili, guidate da due uomini. Alle 11,16 una macchina incominciò ad avvicinarsi dalla via Ostiense. Procedeva lentamente. Dentro c’era una donna. L’auto, una Fiat 124 berlina di colore verde chiaro, si fermò in mezzo alla strada all’altezza dell’incrocio con il lungomare, a circa una quindicina di metri. Il viso della ragazza, perfettamente uguale a quello sognato, mi guardava fisso. Passarono alcuni secondi. Un fischio acuto mi ronzava negli orecchi. Si avvicinò fino ad affiancarmi. Era lei, gli stessi occhi, la stessa ansia. Ci guardammo senza dire niente. Il momento magico fu interrotto da lei, con un grido di

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paura. Scappò via, con una poderosa accelerata. Non riuscii a muovermi. Nel mio cervello era esplosa una forma luminosa, bianchissima. Sentii di aver toccato qualcosa di profondo che non riuscivo a definire. Avevo l’impressione di conoscere le risposte anche dei dubbi più profondi. I sensi si erano acuiti: vedevo meglio, sentivo meglio, gli odori erano più acuti e differenziati tra loro, il tatto esasperato. Lentamente mi ripresi. Guardai l’ora: le 11,27. La sorpresa mi aveva travolto impedendomi di fare l’unica cosa sensata, quella di inseguirla e di farle delle domande. Perché era passata da lì? Era venuta di proposito o spinta da un istinto? Era stato un gioco del caso? Solo domande, solo dubbi rimanevano per quello strano incontro. Sono tornato altre mattine in quel posto e a quell’ora, ma non l’ho più vista.

En archè (2) E quindi ci fu una intera era “esotica” , eoni di vuoto, fluttuazioni e contorsioni nel fuoco delle dieci (?) dimensioni. I crononi scorrevano (il tempo passava) e il fuoco ardeva sempre un po’ più fioco (ma pur sempre a 1028 gradi) : poi, all’improvviso, 10-35 secondi (nostro tempo!) dopo il Big Bang…

Il vento di Dio si librò sull’abisso, una forza spaventosa scosse l’Universo, intere dimensioni crollarono, altre si gonfiarono smisuratamente.

E venne l’ inflazione, una forza simile all’antigravità spinse le nostre tre dimensioni spaziali a ingrandirsi repentinamente, le altre dimensioni crollarono, arrotolandosi, chiudendosi in se stesse (e a noi) in “cilindri” delle dimensioni della lunghezza di Planck, il “falso vuoto” divenne “vuoto”, il campo di Higgs iniziò a dominare: le cose non furono mai più le stesse… Per quanto tempo soffiò il ruach elochim, il vento di Dio? Forse meno di 10-33 secondi, meno di un milionesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di secondo (nostro tempo!). Ma fu sufficiente. Il seme era stato gettato, l’ Universo che emerse è il “nostro” Universo. In pratica solo 4 dimensioni sopravvissero, il tempo e le usuali 3 dimensioni spaziali. Il “raggio” dell’ Universo si era però ingrandito miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di volte. Quanto era grande il nuovo Universo? Le teorie sono discordi, ma secondo i più, ancora non molto, forse 10 centimetri. Ma la cosa più importante è che ci fu un repentino raffreddamento, un cambiamento di fase. Le 5 panchas della tradizione vedica, le 5 forze fondamentali non erano più unite, la gravità e

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l’interazione forte si staccarono dalla forza elettro-magnetica-debole. La densità di energia era ancora spaventosa, il fuoco ardeva ancora… ma dal e nel vuoto, il “normale” attuale vuoto quantistico, danzavano ora particelle più usuali: essenzialmente quarks e antiquarks nei loro “sapori” e gluoni nei loro “colori”. Una zuppa caldissima di quarks “su, giù, strani, incantati, belli, bassi” che si godevano una libertà che non avrebbero più avuto. E poi fotoni e i tre leptoni (elettroni, muoni e tauoni) e le loro antiparticelle e i loro neutrini danzavano anch’essi la danza di SHIVA (definizione di F. Capra): un caldissimo vuoto di energia che si fa materia che si ritrasforma in energia che riforma nuova materia che… Lentamente comunque l’Universo continuava ad espandersi e a raffreddarsi. Lentamente…

E fu l’era degli adroni, e fu l’era dei leptoni, e fu l’era della radiazione.

Adroni, leptoni, fotoni. Tutte le particelle (tranne i fotoni e forse i neutrini) acquisiscono massa dal campo di Higgs (mediato dal bosone di Higgs, la particella di Dio secondo Lederman, forse recentemente trovato). Sappiamo dalle nostre teorie fisiche e dai nostri esperimenti che a fronte del mondo vi è un anti-mondo: se cambiassero improvvisamente le cariche elettriche da positive a negative e viceversa, se la destra diventasse sinistra, il davanti dietro, l’alto divenisse basso, e viceversa, e se infine il tempo scorresse all’indietro, vivremmo nell’antimondo. Tuttavia non ce ne accorgeremmo. In termini più tecnici, ogni particella conosciuta ha un suo partner, una anti-particella con carica, parità e tempo invertiti: l’elettrone ha il positrone, il protone ha l’antiprotone, il neutrino l’antineutrino (in questo mondo di coppie, solo il fotone, il quanto di luce, è ‘single', nel senso che l’anti-fotone è esattamente identico al fotone stesso; in altri termini, la luce è la stessa nel mondo e nell’ antimondo). Una peculiarità di queste coppie di gemelli-opposti è che esse possono sorgere gratis dal nulla, dal vuoto, in forma virtuale ( di fatto lo stanno facendo di continuo, anche qui, anche ora, davanti ai nostri occhi, intorno a noi, ma noi non lo percepiamo, la danza di Shiva). Possono poi essere prodotte in modo “reale” se abbiamo una energia sufficiente per creare la loro massa (a riposo). E in effetti ne produciamo di tutti i tipi nei nostri laboratori. Una seconda peculiarità di queste coppie materia-antimateria è nella loro attrazione fatale: nascono dalla pura energia, scompaiono (si annichilano) in pura energia appena ritornano in contatto. L’energia dell’Universo dopo l’inflazione era pur così alta che tutte le coppie di tutte le particelle, quarks e anti-quarks, leptoni e anti leptoni, erano prodotte in continuazione dalla pura energia e in continuazione

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si ritrasformavano in energia. Epperò è chiaro che, espandendosi l’Universo e raffreddandosi di conseguenza, venne inevitabilmente il tempo in cui l’ energia non fu più sufficiente per produrre le masse delle particelle più pesanti e poi mano mano di quelle più leggere. Fu in fondo una evoluzione semplice… I quarks persero la loro libertà, incatenati per l’eternità (?) in coppie e triplette nei cosiddetti adroni (mesoni, protoni, neutroni, particelle che interagiscono “forte”)- fine dell’ era adronica -; rimase attiva per un po’ la produzione di coppie di leptoni –era leptonica -, infine la danza fu solo di coppie di elettroni e positroni, (le particelle più leggere). Ma il fuoco si sta spegnendo, il “freddo” aumenta: siamo a “soli” 30 miliardi di gradi ora… e ancora la temperatura scende, 20 miliardi, 10 miliardi di gradi. Qui i neutrini e gli antineutrini si “disaccoppiano”, iniziano cioè a

comportarsi come particelle libere e indipendenti dal resto della materia (la densità di energia-materia è ancora alta: 380.000 volte quella dell’acqua). Nel frattempo anche l’unione tra le forze deboli e elettro-magnetiche si rompe. E la temperatura continua a scendere: tre miliardi di gradi Kelvin, iniziano a formarsi i primi nuclei stabili (He4) ; un miliardo di gradi… quasi tutte le coppie di elettroni-positroni si sono ormai annichilate: sta finendo l’era dei leptoni, sta iniziando quella della radiazione. Infatti l’Universo è ora in gran parte fatto di neutrini e anti-neutrini (che, come fantasmi, praticamente non reagiscono più con niente) e di neutroni e di elettroni liberi e di fotoni, con una percentuale di nuclei di idrogeno (cioè protoni), di nuclei di deuterio e trizio ed elio: un miscuglio indifferenziato in equilibrio termico. Ci sono miliardi di fotoni (particelle di luce) per ogni protone (elettrone) e quasi tutta l’ energia è portata dai fotoni (era della radiazione). Quanto tempo è passato dall’ inizio? Tre minuti e tre quarti (i primi tre minuti del famoso libro di Weinberg), tre minuti e tre quarti del nostro tempo. L’Universo è pieno di luce, ma la luce è prigioniera: i fotoni infatti sono continuamente catturati e riemessi dalle particelle di questo “fluido” torbido e ancora molto caldo che riempie l’Universo. Deve ancora passare molto tempo perché la continua espansione dell’ Universo abbassi la temperatura a “soli” 3.000 gradi Kelvin… e a questo punto

Fiat lux ! E la luce fu e iniziò l’era della materia.

Quanto tempo è passato dal Big-Bang? Dai 300.000 ai 700.000 anni. Ma occorre tener presente che ormai la densità dell’Universo è scesa talmente che il tempo proprio di un osservatore di allora sarebbe quasi uguale al tempo che segnano adesso i nostri orologi. Quindi mentre prima secondi o frazioni di secondo erano in realtà intere ere, ora questi anni sono molto simili ai nostri anni. Ma cosa avvenne di straordinario a 3.000 gradi

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Kelvin? Due cose, importantissime per determinare la struttura dell’Universo attuale. L’agitazione termica divenne insufficiente per tenere gli elettroni separati (in media) dai nuclei, così i nuclei catturarono gli elettroni liberi formando atomi (leggeri! Il 75% era idrogeno, quasi il 25% elio, con poche tracce di elementi più pesanti). Conseguentemente i fotoni furono liberi: come un’acqua torbida imprigiona la luce, ma se il fango precipita l’acqua diviene limpida e trasparente, così il fluido ionizzato “precipitò” con la cattura degli elettroni e l’Universo divenne trasparente… E fu un colossale lampo di luce, luce a 3.000 gradi Kelvin. Questo enorme lampo, nei miliardi di anni che seguirono, si raffreddò, come il resto dell’Universo. Eppure possiamo ancora vederlo con i nostri strumenti, e in effetti lo abbiamo visto, debole e freddo ormai, a soli 3 gradi Kelvin (270 gradi sotto lo zero del

vostro termometro, appena 3 gradi sopra lo zero assoluto): è la radiazione di fondo, che captiamo come micro-onde con lo spettro del corpo nero, con la stessa intensità da ogni direzione del cosmo, il fossile della luce primordiale. Ma appena la radiazione fu libera la sua pressione efficace, che aveva tenuto la materia in uno stato “fluido”, divenne insufficiente per contrastare l’attrazione gravitazionale: la materia cominciò a raggrumarsi, il processo di formazione di stelle e galassie ebbe inizio, ebbe inizio la nostra era, l’era della materia.

E furono nebulose, e ammassi, e galassie, e quasars e stelle di prima generazione.

Un processo non ancora ben compreso, nubi di idrogeno ed elio si addensarono formando strutture immense (in uno spazio che continuava a crescere tutto intorno). Forse 5 miliardi di anni furono sufficienti per avere strutture come quelle che osserviamo ora nei nostri telescopi (dato che la luce, pur veloce, richiede tuttavia tempo per viaggiare ne segue che più lontano vediamo nello spazio, più lontano vediamo nel tempo). Le prime stelle ardono ora nell’Universo, gigantesche stelle di colore azzurrino, immense fornaci nucleari in cui l’idrogeno viene trasformato in elio (e in energia e in luce). Ma il carburante nucleare non è inesauribile: spenta la fornace, la tremenda e inesorabile morsa della gravità stringe la materia e la porta a temperature e densità e pressione enormi. In questo crogiuolo si creano gli atomi pesanti, ferro e oro, e piombo e uranio… quegli elementi che non si erano creati all’inizio.

E le stelle esplodono, e dalle loro ceneri nuove stelle nascono.

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Le giganti azzurre di prima generazione si trasformano (abbastanza velocemente, su scala cosmica) in super-nove, esplodendo con gloria: il loro splendore uguaglia quello delle galassie! Le loro ceneri, gas ribollenti, turbinano nello spazio, formando nuove ruotanti nebulose, ricche di tutti i cento elementi chimici (per converso il loro cuore collassa, formando stelle di neutroni e buchi neri). Dalle nebulose, lentamente, per attrazione gravitazionale, nuove stelle si formano, le nostre stelle, bianche, dorate, rosse… e giganteschi pianeti di gas e piccoli pianeti di roccia ruotano intorno a questi soli della seconda generazione. In una di queste nebule, frutto di una esplosione stellare, 5 miliardi di anni fa, noi eravamo in gestazione…

4 miliardi e 700 milioni di anni fa, collassa la nostra nebulosa protosolare

4 miliardi e 500 milioni di anni fa, si formano i pianeti, solidificano le rocce

3 miliardi e 900 milioni di anni fa, pianeta Terra, nasce la vita (microscopica), era archeozoica

2 miliardi di anni fa, pianeta Terra, si sviluppa una atmosfera ricca di ossigeno, era proterozoica

1 miliardo di anni fa, pianeta Terra, nasce la vita macroscopica, era paleozoica

500 milioni di anni fa, pianeta Terra, i primi pesci

400 milioni di anni fa, pianeta Terra, le prime piante di terraferma

200 milioni di anni fa, pianeta Terra, i primi mammiferi, era mesozoica

60 milioni di anni fa, pianeta Terra, i primi primati, era cenozoica

5 milioni di anni fa, pianeta Terra, i primi ominidi

1 milione di anni fa, pianeta Terra, homo sapiens (?)

100 mila anni fa, pianeta Terra, homo sapiens sapiens (??)

6 mila anni fa (?), pianeta Terra, prime città

pochi anni fa, sbarco sulla Luna

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(segue)

(precede)

NEZ ZEN

(storie quasi zen: storia 81)

Avviso ai naviganti: anche se alcune storie sembrano riferirsi a fatti, personaggi e situazioni della scena politica italiana, si tratta solo di omonimie e fortuite coincidenze… e comunque le storie risalgono a molti anni fa: ora va sicuramente meglio

Un uomo, volendo raggiungere l’illuminazione, studiò innumerevoli libri per moltissimi anni. Raggiunta infine l’illuminazione, prese i suoi libri e li bruciò.

Un uomo, volendo raggiungere l’illuminazione, studiò innumerevoli libri per moltissimi anni. Raggiunta infine l’illuminazione, prese i suoi libri e li lesse ancora per moltissimi anni. Un uomo, volendo raggiungere l’illuminazione, studiò innumerevoli libri per moltissimi anni. Raggiunta infine l’illuminazione, si accorse che la capanna era fredda. Allora prese i suoi libri e li bruciò. Calderoli, volendo raggiungere l’illuminazione, studiò un libro per moltissimi anni. Alla fine bruciò il suo abbecedario ma nel contempo si ustionò gravemente e il fuoco appiccato incendiò l’intero villaggio.

Storia personale 2

Un mio amico frequentava il Liceo: erano gli anni della guerra fredda, della contrapposizione globale (economica, militare, ideologica) tra i due sistemi dominanti, Ovest capitalistico\liberistico, Est comunista. Durante una lezione di Filosofia l’illuminato professore (filo-occidentale) stava illustrando l’importanza della “idea di libertà” e come fosse giusto e sacrosanto combattere (in ogni modo, con ogni mezzo) per essa. Il mio

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amico, non del tutto convinto dalla estremizzazione della tesi, la estremizzò a sua volta prospettando una situazione ipotetica (ma in quei tempi tragicamente possibile). Disse (più o meno): “Poniamo che io sia il Presidente degli Stati Uniti d’America (per default, i campioni di giustizia e libertà contro il diavolo rosso\russo). Supponiamo che io venga avvisato che un massiccio attacco nucleare è in corso: i Russi hanno lanciato tutti i loro missili balistici, sperando nella forza risolutiva di un first strike a sorpresa (anche questa eventualità era stata ipotizzata e studiata dagli esperti). Ecco: i missili sono in volo, nessuna difesa è possibile, noi (USA) siamo già virtualmente (e tra poco realmente) morti. Io, presidente e capo delle forze armate, ho solo una possibilità, un’unica scelta: lanciare i nostri missili, scatenando una rappresaglia che annienterà il nemico (per chi non ricorda,

questo era chiamato “equilibrio del terrore”) oppure non lanciarli. Pochi minuti per decidere, il dito sul pulsante rosso… Io so che noi siamo spacciati e con noi le idee di libertà e giustizia: se non premo il pulsante il nemico e il male che il nemico incarna domineranno il mondo. Ma so anche qualcosaltro, gli esperti mi hanno informato che se si scatenasse tutto il potenziale atomico accumulato dalle due superpotenze l’intera biosfera terrestre sarebbe distrutta, tutti gli uomini (belligeranti o meno) in breve tempo morirebbero, alla lunga nessun essere vivente potrebbe sopravvivere (per le radiazioni, per l’inverno nucleare). Quindi: se premo il pulsante combatto il male, ma stermino tutta la vita sulla terra; se non lo premo, il male vincerà… che cosa devo fare?” . Il professore rispose, senza esitazione, che bisogna premere il pulsante: le idee vanno difese, il male va combattuto. Il mio amico abbandonò l’idea, da tempo accarezzata, di iscriversi a Filosofia.

Contro l’inglese 1 Ho sviluppato precocemente una viscerale antipatia per la lingua Inglese. Con il tempo ho imparato a leggere correntemente in inglese (anche interi romanzi senza bisogno o quasi di ricorrere al dizionario), scrivo anche passabilmente in inglese ma lo parlo malissimo e peggio ancora lo capisco, se parlato da qualcuno di madre lingua, specialmente se degli States. A lungo ho pensato che fosse semplicemente un mio limite: non sarò portato per le lingue (succede…), mi dicevo, sono stonato e il ritmo dell’inglese forse non fa per me. Epperò… Con il tempo ho raccolto anche elementi oggettivi a mia “discolpa”. La pronuncia inglese è su frequenze mediamente più alte di quella italiana (che copre la banda centrale

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dell’udibilità dell’orecchio umano, contribuendo all’armoniosità e musicalità della nostra lingua, cosa universalmente riconosciuta!). Insomma non gradisco l’effetto “paperino”. E poi l’inglese ha la più bassa ridondanza tra le varie lingue. Per ridondanza si intende il numero dei fonemi necessari ad esprimere un concetto. Fate pure un esperimento (io l’ho fatto più volte): prendete una frase di senso compiuto e scrivetela (tradotta!) o fatela scrivere in italiano, inglese, spagnolo, francese, tedesco, slavo, etc… Scommetto che la frase in inglese sarà la più corta e molto probabilmente la frase in italiano la più lunga, cioè quella a più alta ridondanza. Certo, un’alta ridondanza ha pure i suoi svantaggi, richiede più tempo per parlare e per scrivere, ma ha anche un impareggiabile vantaggio: è difficile confondere una parola con un’altra. Invece in inglese… prendete a caso una consonante,

una vocale (o semivocale o dittongo) e una seconda consonante: nella stragrande maggioranza dei casi questa parola così inventata è nel dizionario inglese! Proviamo con le consonanti “b” e “g”. Abbiamo:

1) bag (borsa, ma anche carniere, sacco, mammella, guaio, tasca, pantaloni, dose, mietere, prendere, cascare, gonfiare… e questo è un altro guaio per la comprensione: l’alto numero di significati anche molto diversi tra loro di un singolo monosillabo – potrei esemplificare per esteso anche in seguito, ma vi risparmio - )

2) beg (chiedere, elemosinare, pregare…) 3) big (grande, grosso…) 4) bog (cesso, palude…) 5) bug (insetto, cimice, allarme…)

Un caso? Ma no, c’è anche di peggio. Cambiamo la “g” con la “t”. Abbiamo: 1) bat (bastone, mazza, pipistrello…) 2) bet (scommessa, posta, alternativa…) 3) bit (morso, boccone, unità digitale, ferito, freno, monetina…) 4) bot (inizio di un tavolo, di un nastro…) 5) but (ma, bensì, eccetto…)

Di nuovo abbiamo potuto utilizzare tutte le nostre vocali ottenendo parole di senso compiuto. Ma in Inglese ci sono ulteriori parole che si scrivono diversamente ma il cui suono è molto simile a quello delle parole sopra, namely:

6) bait (esca, lusinga, posta dei cavalli…) 7) beat (battito, battuto, accento…) 8) beet (bietola, barbabietola…)

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9) boat (barca, battelliere, salsiera…) 10) boot (stivale, calcio, licenziare, bagagliaio…) 11) bout (attacco, gara, turno…)

e ancora (la “e” finale non si pronuncia…) 12) bate (furia, diminuire, soluzione alcalina…) 13) bite (morso, ferire, forte dolore…)

È evidente che ascoltando un inglese, che magari parla velocemente, si possono distinguere certe parole solo a senso, dal contesto (forse). Non mi sembra il massimo per una lingua che sta diventando (ahimè) la lingua universale… Io tifo per lo spagnolo !

Era una notte… Era una notte buia e tempestosa. Notte di bufera. La nave rollava paurosamente sulle nere onde biancheggianti di spuma al bagliore delle ripetute saette. Le vele nere ammainate, il nero stendardo con le tibie incrociate flagellava l’albero di maestra seguendo le raffiche di un vento impetuoso. Il corsaro nero era temerariamente in piedi accanto alla battagliola assecondando il rollio del ponte e scrutando ansiosamente l’orizzonte incerto. “ Tutta a tribordo!” urlò al timoniere, cercando di superare il frastuono del vento, delle onde, dei tuoni e dei cigolii della nave. “Tutta a tribordo! Terra! Terra!” …

NEZ ZEN (storie quasi zen: storia 23)

Avviso ai naviganti: anche se alcune storie sembrano riferirsi a fatti, personaggi e situazioni della scena politica italiana, si tratta solo di omonimie e fortuite coincidenze… e comunque le storie risalgono a molti anni fa: ora va sicuramente meglio

Un Maestro propose un esercizio al suo giovane Discepolo: “Devi immaginare di essere un Uomo di Sinistra. Come ci si sente ad essere un Uomo di Sinistra? Hai una settimana di tempo. Lunedì tornerai da me e mi darai la giusta risposta.”

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Il discepolo impiegò l’intera settimana impegnandosi molto coscienziosamente nel suo esercizio. Pensando di avere una risposta adeguata, fiducioso tornò il Lunedì successivo dal suo Maestro ed espose per tre ore la sua tesi. Il maestro lo ascoltò silenziosamente e pazientemente. Alla fine dell’esposizione pose mano al suo bastone e picchiò duramente il discepolo. “Non è sufficiente – disse- non ti sei impegnato abbastanza. Torna Lunedì prossimo con la giusta risposta”

Il Discepolo se ne andò sconsolato (ed ammaccato). Passò tutta la settimana meditando su cosa potesse aver tralasciato. Rielaborò profondamente la sua relazione (dopo avere consultato anche illustri Politologi per suggerimenti) e il Lunedì successivo tornò dal Maestro ed espose fiducioso per 6 ore la sua nuova relazione. Il maestro lo ascoltò silenziosamente e pazientemente. Alla fine dell’esposizione pose mano al suo bastone e picchiò duramente il discepolo. “Non è sufficiente – disse - non ti sei impegnato abbastanza. Torna Lunedì prossimo con la giusta risposta” La cosa si ripeté per moltissime settimane: nonostante i suoi sforzi il discepolo non riusciva ad accontentare il Maestro. Nell’ultima settimana non aveva neanche più pensato al problema e il Lunedì si presentò dal Maestro terrorizzato e senza niente da dire. Il Maestro chiese ancora: “Allora sai finalmente come si sente un Uomo di Sinistra?” Il Discepolo, non avendo risposta e preso dalla disperazione, strabuzzò gli occhi e cadde come corpo morto cade. Il Maestro allora sorrise e disse: “ Bene! Vedo che finalmente hai capito. Bravo!”

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Il discepolo esultante rispose: “Grazie, Maestro” Allora il maestro disse: “I morti non parlano” E pose mano al bastone.

ECONOMIA (3) Una delle leggi (si fa per dire) dell’Economia è che tutto va bene se tutti gli indici crescono: prodotto interno lordo (come dice Grillo, già il nome dovrebbe mettere in allarme), quotazioni in borsa, Mitep, Unitec, Remin, etc, etc. Non solo devono crescere (derivata positiva, per chi sa un po’ di matematica) ma anche la velocità della crescita deve non diminuire altrimenti è minaccia di crisi (derivata seconda non negativa… ma gli economisti ignorano la matematica e quindi ignorano l’esistenza della derivata terza, quarta and so on altrimenti si preoccuperebbero della crescita della velocità di crescita della velocità di crescita). Ciò è chiaramente incomprensibile e per le mie mucche e anche per il gatto. Prendiamo il PIL (prodotto interno lordo): misura (si fa per dire) quanto è stato “prodotto” da una nazione. Esempio: in Italia c’è un terremoto che distrugge beni (oltre che persone che peraltro non figurano nel PIL) per tot miliardi… poi ovviamente bisogna ricostruire e quindi si ‘produce' per almeno tot miliardi (sperabilmente). Perfetto! Il PIL è cresciuto di tot miliardi e quindi le cose vanno ottimamente! Assurdo? Macché, leggete i giornali e guardate la TV e sopportate pure, se ci riuscite, le disquisizioni degli ‘esperti'. Comunque l’assurdità è già alla radice: cioè nell’affermare che una cosa (una cosa qualsiasi ) debba sempre crescere. Che io sappia c’è una sola cosa in natura che vuole continuare sempre a crescere: è il cancro (ovviamente fino a che non ha fatto fuori il suo ospite…).

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Ricordi 3 Avevo quasi vent’anni, quando andai a passare le vacanze estive da mio bisnonno (lo spoletino) nella sua casa di campagna. Non era facile incontrarlo dato che, come suo solito, passava il tempo nascosto tra l’erba alta, su dirupi impervi. A quel tempo ero angosciato da una delusione amorosa e solo vicino al vecchio trovavo la forza per reagire. Stavo spesso con lui e non facevo molto caso ai suoi racconti, tra i quali ne ripeteva uno con insistenza. Era la storia di un popolo antichissimo che aveva trovato in quella zona, in tempi molto lontani, il suo massimo splendore. Lo spoletino diceva: “è tutto sotto terra, che aspetta. I cunicoli passano profondi sotto la nostra casa e portano lontano". Lui li conosceva bene. Era l’unico che riusciva a percorrerli ed era anche vero che si snodavano per chilometri. Il suo itinerario preferito andava da sotto la sua casa di Capranica all’Anfiteatro di Sutri, a circa sette chilometri di distanza. In quel periodo della mia vita non ero interessato particolarmente all’archeologia. La mia attenzione era rivolta a tutt’altro. Perciò non facevo molto caso a quel che l’uomo mi raccontava. Un bel giorno sembrò infastidirsi del mio comportamento e per evitarmi incominciò a cercare posti sempre più impervi, più nascosti. Mi sembrò un nuovo tipo di gioco, ma presto capii che aveva profondi significati. Il 18 di quel mese di agosto mi fu particolarmente difficile scoprire dove si era cacciato. Avevo battuto, inutilmente, tutte le zone che conoscevo palmo a palmo. Non un ramo spezzato, non un filo d’erba piegato, non un suono o un fruscio. Non riuscivo a trovarlo. Deluso decisi di tornare verso casa. Allora, improvvisamente, lo vidi. Era sdraiato sul bordo di un dirupo, nascosto da un folto cespuglio. Mi avvicinai e mormorai: “Volevo parlare un po’ con te, ti dò fastidio?”. Si levò in piedi e, pulito un piccolo spiazzo dalle erbe, accese un fuoco con gli sterpi secchi. Quindi, avvicinandosi ad un cespuglio, tirò fuori un legno che tenne sul fuoco per scaldarlo. “Vedi? Ho scelto questo legno perché le sue fibre sono profonde e lunghe. Aiutami a piegarlo con questa corda”. Poi continuò: “Bisogna scaldarlo poco per volta e in modo uniforme. Solo così puoi ricavarne un manico sicuro e robusto che può sopportare qualsiasi peso”. Dopo molti anni mi accorsi che la forma di quei bastoni piegati era stranamente simile a quella usata dagli antichi sacerdoti etruschi. Ma allora non compresi neanche l’altro più

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importante messaggio che aveva cercato di trasmettermi. Quando decidemmo di tornare a casa scelse i viottoli più impervi; aggrappandoci ai rami e alle radici affioranti, sostenendoci alle pareti di tufo, rischiammo più volte di cadere. Camminavo dietro di lui per poterlo sostenere nel caso che fosse scivolato. Ma non accadde. Il giorno dopo lo cercai inutilmente per tutto il pomeriggio. Lo spoletino era introvabile. Pensai ai cunicoli ed ebbi un senso di sconforto: non mi sarebbe mai stato possibile rintracciarlo in quei labirinti sotterranei. Lo cercai per una settimana. Qualcuno ci disse di averlo visto presso la vigna di un amico. Ma durante quel tempo era accaduto qualcosa. Qualcosa che mi aveva cambiato dentro. Non seppi mai con chiarezza cosa. Molto spesso torno con la memoria a quei momenti. Allora risuonano nella mia mente alcune parole del bisnonno:

“Le risposte sono dentro di noi, nel punto stesso dove nascono le domande. Ascolta te stesso e sentirai le voci della natura. Ascoltati e capirai”.

Riflessioni L’amore non è una uguaglianza… in matematica l’uguaglianza deve godere delle proprietà riflessiva, simmetrica e transitiva. Riflessiva A=A, cioè in amore: Mario ama se stesso (non sempre è vero). Simmetrica se A=B allora B=A, cioè in amore: se Mario ama Maria allora Maria ama Mario (quasi mai è vero). Transitiva se A=B e B=C allora A=C, cioè in amore: Se Mario ama Maria e Maria ama Francesco allora Mario ama Francesco (può essere…).

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Dimensione sogno 1_a (rileggete Dimensione sogno 1, se lo trovate!)

Per circa tre anni ho cercato una chiesa che avesse le stesse caratteristiche di quella vista in sogno. Sentivo che il tutto poteva corrispondere ad una realtà oggettiva. Non so perché nacque questa convinzione. Un fatto che mi venne da dentro, senza una spiegazione logica. L’unico elemento da me accertato, progressivamente, in questa esperienza consiste nel fatto che quando il sogno si ripeteva c’era un reale riferimento con la realtà. Ma la soluzione, se ce ne poteva essere una, doveva venire da sola. Inutili sarebbero state le ricerche. Infatti, nell’agosto del 1973 ebbi in regalo un libro: I Normanni nel Sud di John Julius Norwich. In esso trovai una foto molto simile all’immagine della Chiesa sognata. Era il santuario dell’Arcangelo San Michele al Gargano. Divorai il libro. Anche gli altri elementi corrispondevano. Il santuario era stato, in tempi lontani, un luogo di passaggio obbligato per chi volesse ripulirsi dai propri peccati. Era stato frequentato anche dei crociati reduci dalla Terra Santa. Tutto ciò mi parve un inizio promettente. La mattina del 16 agosto partii da Roma per le Puglie con alcuni amici per testimoni. La sera giungemmo a Trani. Lungo il viaggio non avevamo quasi mai parlato, tra noi aleggiava una strana atmosfera. Ciascuno a suo modo si domandava a cosa andava incontro. Rimanemmo sorpresi alla vista della magnifica Cattedrale del XIII secolo. Sorgeva vicino al mare e il candore delle sue mura la rendeva simile ad una gigantesca perla. Eravamo stanchi, avevamo bisogno di trovare un posto per dormire ma prevalse l’istinto di entrare dentro a quell’inaspettata costruzione. Salimmo lentamente una larga scalinata di accesso, il sole incominciava a tramontare, un guardiano ci fece notare che la chiusura era prossima, mancavano solo quindici minuti. Quell’intervento ruppe l’incantesimo e ci fece tornare ad una triste realtà. Cercai di convincerlo a essere indulgente dato che venivamo da molto lontano. La sua risposta fu la seguente:

“Devo far rispettare l’orario. Se volete potete tornare domani mattina”. Non mi sembrava logico. Era la prima cosa bella che avevamo incontrato lungo un percorso fatto di ruderi o di castelli chiusi per restauro. In quel momento una coppia uscì dalla Cattedrale e ci passò vicino. Rimasi di stucco. La ragazza era un’amica che non vedevo da anni pur abitando nella stessa città. Si fermò presentandomi il compagno: Augusto G., uno studioso di fenomenologie psicologiche. Dopo un minuto anche loro

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erano a conoscenza del vero motivo del viaggio al santuario di Monte Sant’Angelo. Finito il racconto Augusto mi chiese, quasi a bruciapelo, se avevo qualche altro elemento da aggiungere per meglio caratterizzare l’eventuale identificazione del santuario, così come l’avremmo potuto trovare. Sorpreso per questa nuova richiesta gli risposi di getto, quasi senza pensare: “Davanti all’attuale ingresso della chiesa c’è un unico banco di vendita gestito da una anziana signora”. Ora mi era chiaro anche il tipo di mercanzia, si trattava di frutta. Mentre parlavo ebbi un’immagine mentale molto particolare. Era come guardare controluce il negativo di una fotografia. La figura della vecchia incominciò a muoversi con gesti lenti e larghi. Fissai

l’attenzione in direzione delle sue mani, stava accartocciando un pezzo di carta. Percepii alla sinistra di quest’immagine una miriade di colori di cui non riuscivo a distinguere le forme. Infine parlai di un prete che stava aspettandomi da tempo con intenzioni, a dir poco, aggressive. Perché avevo tirato fuori la storia del prete? Nel sogno, il sacerdote non mi aveva affatto aggredito, anzi, ero stato proprio io a volerlo eventualmente fare. Augusto annotò tutto. Poi ci demmo appuntamento per l’indomani. Il mattino successivo, alle 10, eravamo vicinissimi al santuario. A questo punto incominciò a farsi strada un senso di paura. Aumentava a mano a mano che ci avvicinavamo a Monte Sant’Angelo. Pensai che molto probabilmente avrei fatto una brutta figura. Perché avevo aggiunto altri particolari oltre a quelli che avevo sognato? Perché l’avevo fatto? Arrivammo quasi di corsa alla chiesa. Sul davanti c’era una vecchia donna con un banco di frutta. Alla sua sinistra una moltitudine di variopinti ombrelloni. Entrammo nella chiesa, una scalinata ci condusse verso il basso da dove si accedeva al vero e proprio santuario. Mi sentivo agitato, nervoso. “Cos’hai?” domandò Augusto. “ È solo che ... non riconosco i luoghi. Nel sogno non esistevano scalinate dall’alto verso il basso. La via principale di accesso era sull’altro lato, esterna e in salita. Girando sulla sinistra l’ingresso era di fronte”. Giungemmo all’interno. Mi sentii attirato verso la parete sinistra e dissi: “Qui c’era un ingresso che portava in una stanza”. Esaminammo la parete con minuziosa attenzione. Notammo le tracce di un varco murato da tempo. Dopo questo riscontro descrissi un’altra volta tutte le strutture che ricordavo dal sogno. Avevo in mente, esattamente, l’aspetto del santuario com’era stato fino al 1100 d.C., periodo in cui iniziarono le prime sostanziali modifiche. Ma il fatto che doveva colpirci maggiormente fu un altro. Eravamo in uno stretto corridoio, sbarrato da un pesante

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cancello. Al di là era possibile vedere i paramenti sacri di epoche diverse. Guardavamo in silenzio quando un prete, facendosi largo tra la folla, mi prese violentemente per una spalla. “Ma cosa sbatti?” urlò “La vuoi smettere di voler forzare il cancello?” Lo guardai allibito. “Padre, lei sbaglia. Nessuno ha toccato il cancello”. Circa una quindicina di persone fissavano il prete, sbalordite. Cercai di salvarlo dalla brutta figura. Scendendo le scale mi ero accorto che c’erano dei lavori per rinforzare le strutture della chiesa sovrastante e dissi: “il rumore che ha sentito forse viene dagli operai che muovono delle catene...”

“Ma che operai, ma che catene! Con le catene ti ci legherei, perché sei un demonio”. Non riuscivo a capire perché quel prete fosse venuto dall’atrio dove vendeva souvenir per affrontarmi in quel modo. Cercai di cambiare discorso e addolcii il tono delta voce. “Padre, sono giunto da Roma per visitare questo santuario. Vorrei sapere se le strutture architettoniche che ora le descrivo, hanno una base storica”. E ripetei quello che avevo visto nei sogni. Si era calmato ma alla parola “descrivo” tornò a fissarmi minaccioso. Fui costretto a mentire: “Rammento di aver visto negli archivi vaticani, un’antica pianta del tempio, un disegno molto rozzo e impreciso...” E continuai a descrivere gli elementi ricavati dalla mia attività onirica. Il prete annuì: era tutto esatto.

Non è vietato ridere (sorridi ora, domani andrà peggio)

La principale causa di divorzio è il matrimonio

ECONOMIA (4) Al supermercato. Compro olive e scopro che sono Tunisine, confezionate in Spagna, importate in Italia da una ditta pugliese.

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Compro confetture di pomodori e scopro che i pomodori sono della Campania ma confezionati in India e reimportati in Italia da una ditta ligure. Compro “Mozarella Italiana” (proprio così, mozarella… e con tanto di tricolore sulla confezione) e leggo naturalmente “made in China”. Non vi affliggerò continuando l’elenco (potete farlo da soli). Viva la globalizzazione! Ma dove è l’economia?

Teorie scientifiche e non

La scienza come oggi la intendiamo è iniziata grosso modo 4 secoli fa con Galileo.

Molto è stato realizzato e molto è stato discusso.

Ma che cosa è una teoria scientifica e cosa la distingue da una teoria non scientifica?

Bisogna innanzitutto precisare che stiamo per il momento parlando di meta-scienza o se preferite di meta-fisica o ancora di epistemologia, cioè per parlare sulla scienza (meta-scienza) occorre uscire dalla scienza...

Non vogliamo dare definizioni strette ed in fondo incomprensibili, ma useremo invece il metodo scientifico delle 'approssimazioni successive' (sigla AS da qui in poi).

Perché diciamo che l'astrofisica è scienza mentre invece l'astrologia non lo è?

Perché diciamo che la termodinamica è scienza mentre invece l'estetica non lo è?

Molte risposte sono possibili:

1) la scienza si basa sul metodo sperimentale 2) la scienza è riproducibile 3) la scienza ci dice quali sono le leggi che regolano la realtà (ciò che le cose

connette e muove e perché... )

4) la scienza è vera, il resto è opinabile 5) etc.

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La scienza si basa sul metodo sperimentale

Partiamo dal punto 1 ( che sperabilmente è quello indicato in un buon corso liceale).

Cosa vuol dire metodo sperimentale? Lasciamo la parola a Galileo:

1a) "L'arte di porre domande alla natura e di ascoltarne le risposte"

Con il corollario, sempre di Galileo:

1b) "Tenendo in conto che il libro della Natura è scritto in linguaggio matematico"

Punto 1a: "L'arte di porre domande alla natura e di ascoltarne le risposte"

La Natura stessa è fonte e giudice della conoscenza.

Cioè si impara interrogando la Natura (facendo esperimenti) e ascoltando le risposte (ricavando ipotesi di lavoro, semi-teorie, ed infine teorie) dai risultati degli esperimenti.

Ma bisogna anche sottolineare il converso: le teorie, a qualsiasi livello, ci dicono anche quali domande porre (quali esperimenti fare...).

E se questo è ottimo per certi versi (una selezione di impossibilità risparmia tempo e lavoro, altrimenti qualcuno potrebbe ancora cercare pietre levitanti, specchi magici o il 50simo epiciclo che renda conto dei dati astronomici), tuttavia è anche una limitazione seria.

Ci sono domande che è illecito porsi secondo il paradigma corrente (vedi ).

Ci sono campi possibili di indagine che nessun scienziato "serio" vorrà esplorare.

Eppure molte scoperte scientifiche (e tecnologiche) sono venute da outsiders che non conoscevano i limiti posti dalle teorie allora correnti...

Per inciso: Galileo usa la parola "arte" e non magari "tecnica" o "procedura" o... : merita una riflessione.

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Punto 1b: "Tenendo in conto che il libro della Natura è scritto in linguaggio matematico"

Perché? è ancora un mistero.

Due posizioni estreme sono oggi considerate: per gli uni la matematica è una nostra invenzione, inventata in gran parte per descrivere il mondo e non fa quindi meraviglia che

in effetti descriva abbastanza bene il mondo...; per gli altri (platonici, per intenderci) le verità matematiche esistono per sé, e vengono quindi non create ma solo scoperte dagli uomini (il teorema di Pitagora, gli spazi di Hilbert esistono in qualche mondo ideale, Pitagora e Hilbert li hanno "visti" ma non creati, eventuali alieni avrebbero anche loro la nostra stessa matematica).

Ovviamente nel secondo caso è difficile spiegare la straordinaria rispondenza tra matematica e realtà, se non prendendo in considerazione un piano, un progetto, forse un fine per la realtà stessa (e quindi implicitamente, è necessario un Demiurgo, un architetto,

un creatore) .

Comunque il metodo sperimentale (ancora grossolanamente definito ... AS) è un requisito di una buona teoria scientifica, ma basta a qualificarla?

Molti scienziati direbbero sì.

E qui voglio inserire una definizione di scienza un po’ umoristica ma con un grande fondo di "verità":

"Scienza è quello che gli scienziati fanno".

Quindi dovrebbe bastare.

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Tuttavia ci sono non-scienze (a giudizio dei più) quali appunto l'astrologia, i cui cultori dicono invece basate sullo stesso metodo sperimentale.

Non voglio entrare in dettagli, ma solo ricordare che molti fisici, tra cui Galileo e Keplero, facevano anche gli astrologi... e Newton si occupò per anni di studi cabalistici.

La scienza è riproducibile

Veniamo al punto 2 : la scienza è riproducibile.

O in altri termini è operazionale , è pragmatica.

La scienza ti dice: fai questo, questo e quest'altro ed otterrai 'esattamente’ ciò.

Lascia cadere una pietra da 10 metri ed arriverà al suolo con questa velocità; lascia cadere una piuma ed una pietra dalla stessa altezza e contemporaneamente nel vuoto ed arriveranno a terra nello stesso istante; guarda le piccole oscillazioni dei pendoli e troverai che sono isocrone; etc.

Ci sono cioè insiemi di prescrizioni operative che se ben ripetute danno lo stesso risultato.

E danno lo stesso risultato non solo indipendentemente dall'operatore (che può essere italiano, cinese, sioux; può essere cattolico, musulmano, buddista; può essere affamato, felice, incavolato...), ma anche (con alcune precauzioni) indipendentemente dal luogo (l'esperimento, mutatis mutandis, può essere fatto qui, o in Antartide, o sulla Luna o sul terzo pianeta in orbita intorno alla stella Albireo) e anche indipendentemente dal tempo (ora, 2 secoli fa, tra 3 millenni).

Sempre il risultato previsto, e solo il risultato previsto, dovrebbe essere ottenuto.

In effetti la riproducibilità è stata per secoli la discriminante principale tra "effetti" illusori/soggettivi ed effetti "reali".

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Però...

La riproducibilità "classica", descritta sommariamente sopra, non è più quella della fisica moderna. La meccanica quantistica ci dice: fai questo, questo e quest'altro e otterrai... o questo, o questo o quest'altro. Cioè il risultato di un esperimento, ripetuto nelle stesse identiche condizioni, non è più predicibile (né ovviamente riproducibile). Ci sono invece più risultati possibili (a volte anche infiniti risultati possibili) e tutto quello che può darci la teoria è la probabilità per tali risultati (indeterminismo "quantistico" contro il determinismo "classico"). Quindi la riproducibilità permane solo in senso "debole": se faccio un numero sufficientemente alto di volte lo stesso esperimento, l'esito sarà in accordo statistico con le probabilità a priori date dalla teoria.

La riproducibilità, come aveva già messo in luce 40 anni fa Bruno Toushek, sta diventando anche sempre più problematica in pratica. E questo è potenzialmente disastroso per una corretta prassi scientifica. Spiego con esempi. Galileo fece (anche se alcuni dubitano che lo fece veramente...) una serie di esperimenti con il piano inclinato. Variando l'angolo di inclinazione e facendo scivolare oggetti sul piano inclinato (ben levigato) si dimostrava sperimentalmente la legge del moto uniformemente accelerato. Bene... siccome a fondamento (eccone un altro!) del metodo sperimentale c'è proprio il sano scetticismo (non c'è "ipse dixit" che tenga in campo scientifico), allora io oggi mi sveglio e dico: Galileo si è inventato i suoi risultati. Posso sempre però mettere tutto alla prova: mi costruisco il piano inclinato e ripeto l'esperimento. Bene. Ma il giorno dopo mi sveglio con il dubbio che Rubbia si sia sbagliato, cioè che i bosoni Z,W trovati al CERN, in realtà non esistono... Cosa dovrei fare? Ovviamente ripetere l'esperimento! Ma per ripetere l'esperimento occorrono: un acceleratore di particelle che costa migliaia di miliardi, un equipe di almeno 300 scienziati/ingeneri/tecnici, 3 anni o più per la raccolta dati ed l'analisi degli stessi. In sostanza il singolo scienziato non può più ripetere alcuni esperimenti (è vero che la comunità scientifica nel suo complesso può ancora farlo, ma temo che anche questa opzione si stia indebolendo a causa dei costi elevati e crescenti. In fondo arrivare secondi o terzi non piace a nessuno e soprattutto non procura nuovi finanziamenti).

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Ci sono teorie scientifiche che difficilmente, per difficoltà intrinseche, soddisfano il requisito della riproducibilità. Sto pensando in particolare alla Cosmologia: ammesso, e non concesso, che alla fine spieghi come è nato e si è poi evoluto questo Universo, come farei io (scientificamente scettico) a riprodurlo?

Quindi la riproducibilità resta sì un requisito importante per una teoria scientifica ma forse non è (più) così strettamente caratterizzante.

Con i punti 3 e 4 entriamo sempre più nel terreno minato della filosofia...

La scienza ci dice quali sono le leggi che regolano la realtà

Solo alcune considerazioni di sfuggita...

3a) la realtà...

La realtà... cos'è la realtà?

La descrizione della materia e della "realtà" data dalla Meccanica Quantistica è veramente agli antipodi della comune percezione del mondo di una persona comune anche colta... (non posso spiegarlo qui, ma indagate!)

Semmai si avvicina alla descrizione/interpretazione del mondo di alcune "teorie" religiose/mistiche/sapienziali/esoteriche (e di ciò si sono accorti sia numerosi "guru" sia

numerosi fisici: vedi ad es. , o anche un mio test in ).

3b) i perché...

La scienza non risponde ai "perché", semmai ai "come".

Il gioco dei "perché", tanto caro ai bambini, si arresterebbe quasi subito se giocato con uno scienziato.

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Esempio: perché le mele cadono? Perché c'è la forza di gravità. Perché c'è la forza di gravità? e perché è proporzionale alla massa? e perché si indebolisce con il quadrato della distanza? e perché...?

Domande senza risposta: la legge di Newton (e in modo molto diverso la Relatività Generale di Einstein) descrivono solo (!) "come" funziona la gravità...non perché.

La scienza è vera

Ma in che senso la scienza è "vera"?

La domanda ha assunto una importanza non solo filosofica da quando Godel dimostrò che anche all'interno di teorie matematiche (che quindi dovrebbero comunque non presentare sorprese: vedi punto 1b ) ci sono "verità" che non possono essere dimostrate...

E la scienza ha problemi ancora più peculiari.

4a) numero e misura

Limitazione del campo di indagine ( numero e misura).

La scienza moderna nasce limitando fortemente e precisamente il suo campo di indagine.

Può essere indagato solo ciò che è misurabile, cioè, in ultima analisi, ricondotto ad un numero (o a più numeri).

Per cui la Fisica, e tutte le altre discipline che fondamentalmente poggiano sulla fisica, non si occupa di tutto: si occupa solo di quanto è quantificabile.

Una grandissima parte del "conoscibile" o "percepibile" resta fuori dal campo di interesse della scienza.

Questo non è affatto chiaro nella percezione comune.

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L'insegnamento e i media ci hanno portato mediamente a credere che la scienza possa dire la sua su tutto (guardate cosa chiedono in TV agli "esperti"...).

Non è così.

La qualità (i qualia) restano fuori.

Amore, bellezza, gioia, pianto... restano fuori!

Per questo la termodinamica è una teoria scientifica e l'estetica no.

Se qualcuno sarà in grado di misurare (secondo i canoni scientifici) la bellezza, allora l'estetica potrebbe divenire una teoria scientifica.

Ovviamente con ciò non è che bellezza ed amore siano meno "veri" degli elettroni o dell'energia... solo che non fanno parte del campo di indagine scientifico.

Se chiedete a Rubbia qualcosa sul sorriso della "Gioconda", potrà ovviamente rispondere: ma risponderà come Rubbia, non come scienziato.

La sua opinione sarà appunto un'opinione, come la vostra.

4b) verificabilità e falsificabiltà

Alla fine del 1800 e agli inizi del secolo ventesimo, la fisica che aveva raggiunto una mirabile e presumibilmente definitiva sintesi (nota ora come 'fisica classica', quella che viene insegnata nella scuola secondaria (!) : meccanica newtoniana, elettromagnetismo di Maxwell, termodinamica...), incontrò (esperimento! la Natura risponde!) una inaspettata e profonda crisi. Ne uscirono due meccaniche nuove: la "Relatività" di Einstein e la "Meccanica Quantistica" (di ... troppi autori! sfrugugliate).

Due rivoluzioni scientifiche nel senso di Khun .

Ancora oggi nessuno è riuscito a conciliare/unificare queste due teorie che sono divergenti dal punto di vista dell'interpretazione/visione del mondo al punto che lo stesso Einstein, che pure era stato uno dei 'padri fondatori' anche della Meccanica Quantistica, infine la rifiutò (definendola 'incompleta': se siete curiosi, indagate!).

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Lo shock per la caduta della "fisica classica" fu enorme!

Tanto che molti scienziati e filosofi della scienza si proposero il compito di 'quantizzare' quanto una data teoria scientifica fosse credibile/affidabile: cioè di misurare la verità (il grado di verità) di una data teoria scientifica.

Particolarmente attiva in tale campo fu la cosiddetta 'scuola di Vienna' (o 'Circolo di Vienna') che partì dall'assunto:

una teoria fisica/scientifica è tanto più 'vera' quanto più è confermata dall'esperimento.

Sembrerebbe una affermazione del tutto scontata e perfettamente credibile ed in linea con quanto detto sopra: se vi sono 2 teorie, una confortata da cento esperimenti a favore (cioè esperimenti con risultati in accordo alla teoria), la seconda confortata da cento milioni di esperimenti a favore, non c'è dubbio! si deve accettare la seconda.

Eppure...

Eppure il tentativo di classificare le teorie scientifiche in base alla loro verificabilità (numero delle prove a favore), naufragò miseramente per l'insorgere di paradossi logici (analoghi a quelli quasi contemporaneamente riscontrati nell'astratto mondo della 'pura' matematica).

Posso solo dare un'idea del 'sapore' di tali paradossi.

Supponete di avere avanti a voi un mazzo coperto di 52 carte 'francesi' (13 cuori, 13 picche, etc).

Supponete di avere formulato la seguente teoria:

La prossima carta che scoprirò non sarà l'asso di picche

Ora sottoponete la vostra teoria alla prova dell'esperimento, tenendo in mente che più gli esperimenti confermeranno la teoria, più la teoria sarà 'verificata' (e quindi 'forte', 'affidabile', etc).

Bene, esperimento numero 1: girate la prima carta ed è il 2 di cuori. OK! una prova a favore!

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Continuate, esperimento numero 2: girate la seconda carta ed è il 5 di fiori. OK! seconda prova a favore!

E così via... ammettiamo che per disegno divino siate arrivati alla 51sima carta senza avere scoperto l'asso di picche: bene! la vostra teoria ha avuto 51 conferme sperimentali... quindi è 'solida', 'vera', 'affidabile'!

Eppure nessun giocatore sano di mente scommetterebbe sulla vostra teoria per il 52simo

esperimento (a meno che non sappia che il mazzo è truccato! ).

Ergo, al massimo della sua forza in base alla 'verificabilità', la teoria è contemporaneamente alla soglia della sua caduta.. cioè sta per essere 'falsificata'.

Questo pose fine alla ricerca della 'verificabilità', ma ispirò anche K.R. Popper (pure lui epistemologo viennese) che propose una meta_teoria epistemologica completamente antitetica:

Una teoria per essere scientifica deve poter essere falsificabile dall'esperimento.

Ovvero: una teoria 'infalsificabie', non è una teoria scientifica.

Se io dico che la mia sedia quando non è osservata (in qualunque modo! da me, da mia moglie, da una telecamera, da un sensore...) diventa un gatto e si ritrasforma poi immediatamente in sedia una volta sotto osservazione, questa affermazione (chiamarla teoria sarebbe eccessivo) NON è scientifica, perché nessuno può dimostrare il contrario (provate!).

Viceversa, la meta_teoria popperiana implica che se anche una teoria avesse avuto miliardi di prove a favore, basterebbe una sola prova contraria perché la teoria debba essere rigettata (è accaduto... ma gli scienziati sono molto restii a lasciare cadere le vecchie, care, 'solide' teorie).

Concludo con una personale formulazione 'umoristica' della metateoria Popperanno:

Epistemologia Popperiana nella formulazione Bruschiana

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1) Una teoria vera può essere falsa

2) Una teoria che non può essere falsa è falsa

Nota 1

Si potrebbe ben dire che 'esattamente' non esiste in Fisica: ogni misura ha un errore.

La scienza è fondata sull'errore...

Nota 2

Fantasia... immaginate di scoprire un 3 di bastoni, o un 5 di cuori verde... cosa pensereste?

Nota 3

Ho trascurato il punto 5: etc.

Campo aperto per voi!

Referenze:

Bruma, "Me(Ta)Faust ", Roma, ENNAGONI, ISBN 88-88731-03-0, 2004.

T. Khun, "La struttura delle rivoluzioni scientifiche", Torino, Einaudi, 1979.

J. D. Barrow: "La luna nel pozzo cosmico", ADELPHI, Biblioteca Scientifica 20, Milano, 1994.

P. W. Bridgman, "La logica della fisica moderna", Torino, 1952.

P. W. Bridgman, "La natura della teoria fisica", Torino, 1965.

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Swami Sri Yukteswar, "The Holy Science", Yogoda Satsanga Society of India, 1894.

F. Capra, "Il Tao della fisica", Gli Adelphi, Adelphi, 1989, ISBN 8845906892.

G. Zukav, "La danza dei maestri Wu Li", Corbaccio, 2004.

http://bruma8848.altervista.org/articoli/tests/TEST2.html

Miscellanea Nel film “La palombella rossa” Moretti intervistato in ‘politichese' risponde all’intervistatrice : “ma che dici, ma come parli?” e giù un ceffone. Il ceffone è del tutto inaspettato e quindi molto efficace… Sul treno oggi: “Trenitalia ringrazia i signori viaggiatori e informa che il treno ha maturato 20 minuti di ritardo” Giù un ceffone! Ma non è posssibbbile, purtroppo. Oppure: “l’assicurazione Tal dei Tali vi informa che il vostro premio è di € 730” Due ceffoni! Il mio premio? Sono io che devo pagare! Il premio è per l’assicurazione… O ancora, buffetti per i congiuntivi sbagliati od omessi (tanto è una battaglia persa) ma calcioni per le costruzioni all’inglese tipo: “il mare è previsto essere mosso”

Tze, tze.

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NEZ ZEN

(storie quasi zen: storia 19)

Avviso ai naviganti: anche se alcune storie sembrano riferirsi a fatti, personaggi e situazioni della scena politica italiana, si tratta solo di omonimie e fortuite coincidenze… e comunque le storie risalgono a molti anni fa: ora va sicuramente meglio.

Un Discepolo chiede al Maestro: “Maestro, nel Belpaese ove il dolce SI suona, è ora di maggior danno l’arroganza di Berlusconi o la (presuntuosa) pochezza della Sinistra?” L’Illuminato Maestro risponde: “Si”

Me(ta)Faust (2)

QUADRO PRIMO

“la coda della tigre”

Buio.

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Negli schermi laterali appaiono in sequenza i numeri di Fibonacci, pulsazioni tonali ne

ripetono il ritmo, nel megaschermo 34 spirali si avvolgono in senso orario e 55 in senso

antiorario: una spirale generativa, partendo dal centro comune, le abbraccia e lentamente

sulle spirali astratte si materializzano i parastichi di un girasole, partendo dai primordi fino

a sfolgoranti petali.

Faust è in fondo, posizione del loto, occhi chiusi; luce fioca, incensi accesi un po’ ovunque:

i materiali scientifici sono rovinati e accatastati alla rinfusa.

Musica: Prima Materia; "The tail of the tiger".

Dopo alcun tempo, entra dal fondo a sinistra Wagner, camice bianco, incipiente calvizie,

una cartella in mano, dietro di lui entrano un vescovo con mitria e paramenti e due soldati

con elmetto e mitra : Wagner vaga per la scena disapprovando incredulo, vescovo e soldati

lo seguono da presso come ombre.

Stacco.

Buio.

“Bianco e nero” - Escher

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QUADRO SECONDO

“la domanda”

Un fascio di luce laterale illumina fiocamente una brandina con un uomo addormentato.

La scena simula una cella monastica spoglia: il megaschermo di fondo mostra una riproduzione

bicromatica in rosso e blu di ‘Angeli e Diavoli [Circle limit IV - M.C. ESCHER -1960]: i colori si

scambiano lentamente seguendo il respiro profondo del dormiente. Stacco.

Buio. Rumore cadenzato di passi, sferragliare di antiche serrature che si aprono, luce

accecante sul discepolo dormiente che si sveglia di scatto gettando via il lenzuolo e mostrando

il corpo nudo bianco latte nella parte sinistra, nero profondo nella destra.

Fermo sulla soglia il Maestro, vestito in tunica blu con cappuccio, il capo è scoperto; dietro

allineati al pannello laterale quattro giovani novizi, due uomini e due donne, nudi o in perizoma

succinto.

Immobilità, la luce scende ad un valore sopportabile.

DISCEPOLO È l’ora?

MAESTRO È il tempo.

Sul megaschermo si forma lentamente ‘L`occhio' [Escher- mezzatinta- 1946], sugli schermi laterali immagini di metamorfosi e tassellature di Escher.

I novizi ad un cenno del maestro si dirigono verso il discepolo e con ritmi di danza lo rivestono di una tunica rosso cupo.

Il Maestro si porta lentamente a fianco del discepolo e mostra il profilo finora nascosto , nero; il discepolo a fronte è sulla sua parte bianca; i due lentamente si mettono il cappuccio e si inchinano cerimonialmente.

Luce blu sul discepolo e rossa sul Maestro in modo tale che le tuniche appaiono dello stesso colore; i novizi sono disposti, maschio e donna, due ai piedi del Maestro e due ai piedi del discepolo creando plasticamente due ritmi ternari.

DISCEPOLO Sono pronto.

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MAESTRO

La DOMANDA è: Pausa, poi la Domanda appare a caratteri cubitali nel megaschermo e rimbalza negli schermi laterali mentre echeggia e rimbomba con toni e ritmi alterati ed effetto surround sul pubblico.

LA DOMANDA:

“ PUÒ UN UOMO CON DUE SPADE

DIFENDERE LA FAMIGLIA ? ”

Stacco.

Buio.

Lungo silenzio.

“Metamorfosi 1” – Escher

“Metamorfosi 7” – Escher

“Metamorfosi 8” – Escher

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QUADRO TERZO

“Taverna 1”

Gli schermi laterali si accendono in successione su sequenze di telenovelas e soap operas; audio basso ma che si alzerà per sovrapposizione in un rumore di fondo cacofonico e molesto.

Luce sulla scena con tavoli e sedie e commensali in forme e abiti e atteggiamenti di varie culture ed epoche; altri commensali entreranno con ciotole di riso, vassoi da self service, etc.

Il megaschermo trasmette immagini di telegiornali in varie lingue.

Quasi impercettibilmente i presentatori dei telegiornali e l’audio delle telenovelas convergeranno su:

La DOMANDA è stata posta...

Apprendiamo che la DOMANDA è: [similia]

“ Può un uomo con due sPade

difendere la famiglia? ” La domanda appare in sovraimpressione sugli schermi.

I commensali per tutta la scena non daranno mostra di aver udito o visto nulla, l`attenzione concentrata sul cibo.

Dissolvenza.

(segue)

(precede)

Incontri 1 Facevo delle lunghe passeggiate in località suggestive e isolate del viterbese. Una delle mete preferite era la necropoli di San Giuliano a pochi chilometri da Barbarano Romano. Questa zona mi ha sempre dato molto senza chiedere mai niente. Purtroppo la sua generosità, che ha con tutti, viene ricambiata con spogliazioni continue al suo patrimonio storico-archeologico. Nella necropoli ci sono i resti della Chiesa di San Giuliano. Anticamente doveva essere splendida con le sue arcate e le colonne prese da un tempio pagano. C’erano anche dei meravigliosi affreschi che hanno lasciato una leggera traccia di

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sé. Sopra l’altare, protetto dalla superficie concava di una parete, resiste la figura di un Cristo benedicente. Le sue mani non presentano ferite ed è circoscritto da una forma ovale a punta. Negli angoli superiori ci sono i simboli della luna e del sole, in quelli inferiori una croce di Malta e un altro emblema che è stato completamente distrutto. Siamo di fronte ad una tipica opera di un antico gruppo “gnostico”. Altri esempi del genere li possiamo trovare nelle cattedrali francesi di Poitiers, Chartres, Beauvais. La figura del Cristo risorto, così rappresentata, trasmette l’antico messaggio del “Verbo” nato per guarire il mondo o anche, per meglio dire, la Vergine Velata, presente in quasi tutte le religioni. Lì vicino, nascoste da un folto cespuglio, ci sono delle scalette molto ripide, ricavate a scavo nel tufo, che danno l’accesso a un bagno romano

sotterraneo. Questo posto era il mio rifugio preferito. Si dice che qui siano vissuti, fino ai primi anni del 1900, degli anacoreti che avevano il compito di distruggere tutto ciò che trovavano degli antichi resti pagani. Dato che lì c’è un antico centro urbano, ancora da scavare, e tutt’intorno esiste una tra le più belle necropoli villanoviane ed etrusche, potete ben immaginare la mole di lavoro che hanno dovuto, malauguratamente, compiere. In questo ipogeo ho incontrato, in un giorno d’inverno, un uomo con un bastone dal pomo d’argento. Ero entrato come sempre, con molto rispetto. Ma questa volta, in quel posto dimenticato, c’era seduto un estraneo. L’uomo non aveva mostrato di accorgersi della mia presenza. Eppure, nello scendere, dovevo per forza aver prodotto dei rumori. Per rompere il disagio avevo mormorato, cercando una frase adatta alla situazione: “Vengo qui per caricarmi di silenzio... e lei?” “...Ascolto!” Questa risposta mi aveva fatto trasalire. Lo avevo fissato con maggiore interesse. Era magro, con una barbetta brizzolata e appuntita, una giacca di velluto marrone bruciato, il tipico accento di un tedesco che parla l’italiano da molto tempo. Stava tracciando dei segni sul terreno con il bastone. Attratto, mi ero, istintivamente, seduto accanto a lui. Sentivo il suo respiro affannoso ed osservavo quanto faceva. Disegnava, in semicerchio, una serie di triangoli attraversati al centro da una linea. “A cosa ti fanno pensare questi segni?” domandava improvvisamente. Gli avevo risposto di getto, spinto da un prodigioso intuito. Avevo parlato di forze provenienti da diverse direzioni, ma che dovevano coesistere in un giusto equilibrio. Del frutto del melograno. Dell’alloro e dall’acacia. E lui aveva continuato raccontando di un tempio senza soffitto, di colonne bianche e nere, della scienza umano-scientifica da opporre a quella scientifica-tecnologica. Eravamo rimasti ore a parlare dell’involuzione e

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dell’uomo. Ad un certo punto ci accorgemmo che il sole stava tramontando. Era stato allora che aveva tratto dalla tasca un astuccio e da esso uno strano anello. Me l’aveva dato perché lo esaminassi. Era fatto con una lamina d’oro attorcigliata: indubbiamente antico e di splendida fattura. Aveva un’intaccatura. Attraverso di essa vedevo che era pieno di una specie di pasta vitrea color latte. Mentre gli restituivo l’anello, lo sconosciuto aveva chiesto una moneta di dieci lire. Stupito gliela avevo data. L’uomo l’aveva deposta sul terreno e vi aveva collocato sopra l’anello. Dopo pochi secondi l’aveva tolto. Sulla moneta era apparso un solco circolare, non profondo ma preciso e chiaramente visibile. Avevo esaminato la moneta: non c’era stata nessuna variazione di calore, ma si presentava come se, nel punto di contatto con l’anello, il metallo si fosse fuso! Il tutto a

freddo! Al mio giustificato stupore rispondeva: “Se avessi lasciato lì l’anello per più tempo, avrebbe passato la moneta da parte a parte” . Gli domandai: “Cosa accadrebbe a chi potesse infilarsi al dito l’anello e portarlo per un certo tempo?” Sorrise. Poi rispose che l’avrei saputo, forse, un giorno. “Posso parlare di quanto ho visto?” Annuì e aggiunse: “Certo. L’ora del silenzio deve finire...”. Ritornammo insieme in paese e ci salutammo. A Barbarano Romano quella persona non l’ho più incontrata. Ma quel giorno pensai, una volta di più, come gli uomini dovrebbero cercare, con maggiore apertura e senza preconcetti, le forze che li circondano.

Ricordi 1 Ho avuto la ventura (ormai rarissima) di vivere l’infanzia abitando insieme a tre nonni.

La nonna paterna era una figura piccola, silenziosa, vestita di nero e con il velo in testa come le contadine di un tempo e, come quelle, forse invecchiata anzi tempo. Cucinava benissimo e ancora ricordo l’odore e il sapore del suo sugo al ‘battuto'. Caddi una volta su una strada sterrata in discesa dalla mia biciclettina rossa e riportai innumerevoli sbucciature ed escoriazioni ai ginocchi e ai gomiti. Mia nonna mi ripulì dalla polvere e dai sassolini, disinfettando con alcool. Io piangevo e per il dolore e (soprattutto) per la paura che mi fosse tolta la bicicletta. Ma mia nonna piangeva con me (e più di me).

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Mio nonno paterno. Vestiva di fustagno e portava la berretta. Parlava poco, ma leggeva tutto quello che capitava in casa. Divorava i miei romanzi di fantascienza. Leggeva in cucina, in piedi, appoggiato alla madia, con gli occhiali di traverso. Quando leggeva era sordo a qualsiasi cosa accadesse dintorno. Curava il nostro orticello, ove io spesso giocavo, e piantò un albicocco per me. Una volta bucai tutti i pomodori ancora verdi con il mio arco fatto con le stecche di ombrelli vecchi. Non capivo di aver combinato un guaio: “nonno” dicevo “di che ti preoccupi? i fori sono così piccoli…” Ma i pomodori non maturarono più e mio nonno non disse niente a casa, solo che era una cattiva stagione per i pomodori. Sedeva spesso sul muricciolo dell’orto a guardare la campagna con un

fiore di garofano in bocca. Ne masticava il gambo, non potendo fumare per via dell’asma. Però qualche volta mandava mia nonna o anche me a comprare mezzo toscano che fumava poi religiosamente cercando di farlo durare il più a lungo possibile. C’era un tacito accordo tra noi: io mai lo avrei riferito a casa. Una mattina di ottobre non si alzò dal letto. Il dottore disse che, a parte la solita asma, non aveva niente di grave. Io pure gli domandai cosa avesse. Lui mi guardò, scosse il capo e mi disse “questa volta è ora, devo andare”. Morì il giorno di Ognissanti, quando avevo 11 anni. Mio nonno materno. Portava il borsalino ed era l’unico dei tre uomini in casa che alla domenica mettesse la cravatta. Fumava i toscani triturati in una vecchia pipa: l’odore si sentiva dalla luna… Venne a vivere con noi quando avevo sei anni. Fino ad allora era stata una figura ‘favolosa' nella mia immaginazione. Perché era un buon affabulatore e sapeva raccontare in modo fascinoso le sue avventure. Era stato infatti in America, prima a lavorare in Canada per la costruzione della ferrovia transpacifica e poi negli sterminati campi di granturco lungo il Mississippi. Quando stavo male sedeva pazientemente accanto al letto raccontando la sua vita, altre storie che aveva sentito e anche i pochi romanzi che aveva letto. Quando stavo bene, passeggiavamo per ore in campagna parlando di tutto. Io, forte della mia “cultura”, disquisivo di storia, geografia, scienza. Lui ascoltava attentamente e commentava a volte con un “ah, è così…” (ho saputo solo più tardi che spesso usava i miei argomenti nelle sue dispute con un vecchio frate del paese). Ma una cosa non volle mai credere: quando gli dicevo che la luna è a circa 400mila chilometri da noi, lui si metteva a ridere. “Nonno –dicevo- perché ridi? La distanza l’abbiamo misurata!”. “Ah sì? –rispondeva- e chi è andato sulla luna a misurarla?” (risposta sensatissima e

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anche scientifica, se ci ragionate). Morì la notte dello sbarco sulla Luna… non potei dirgli che qualcuno finalmente c’era andato. PS. I cappelli non si usano quasi più. Ma per completezza di informazione (!): mio padre portava il basco. Da giovane ho portato tutti e 3: basco, berretta e borsalino (non insieme…)

NEZ ZEN

(storie quasi zen: storia 68)

Avviso ai naviganti: anche se alcune storie sembrano riferirsi a fatti, personaggi e situazioni della scena politica italiana, si tratta solo di omonimie e fortuite coincidenze… e comunque le storie risalgono a molti anni fa: ora va sicuramente meglio.

Un Discepolo chiede al suo Maestro: “Maestro, ma Berlusconi merita di essere pesantemente condannato, come sostengono alcuni, o al contrario di essere grandemente onorato, come sostengono altri?” L’Illuminato Maestro risponde: .

Dimensione sogno 10 Sono nell’orto. È una notte estiva, calda, aria immobile, silenzio profondo, neanche un grillo o il gracidio delle rane giù nel fosso. Vedo la valle in basso e i paesini lontani sulle colline, scarsamente illuminati. Vedo un cielo bellissimo trafitto da migliaia di stelle. Mi chiedo: “ma che ci faccio di notte nell’orto?”. Perplessità, poi : ”ma certo, sto sognando”. Mi volto intorno per vedere se i dettagli coincidono con quelli che ben conosco. Sì, ecco là il fontanile, la porta, il muro posteriore con i capperi abbarbicati alle pietre… Alto sopra il

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muro appare un oggetto luminoso, procede dal monte alla valle lentamente e silenziosamente, è di forma discoidale e di colore latteo-azzurrognolo. “Un disco volante! – esulto – finalmente! ho sempre desiderato di vederne uno! Freud aveva ragione, i sogni realizzano i desideri…” . Ma nel frattempo altri oggetti volanti seguono il primo e volano tutti nella stessa direzione. E ne vengono ancora e ancora e ancora, finché il cielo è completamente coperto da questi UFO di tutti i colori, forme e dimensioni: dischi e sigari e sfere e semplici punti colorati e pulsanti. Non so quanto tempo rimango stupito ad osservarli. “Accidenti - mi dico - mi bastava vederne uno… troppa grazia, Sant’Antonio!”

Dimensione sogno 2 Mi vedo nel prato antistante la mia casa. Il cielo è illuminato da una luce fluorescente che non permette il formarsi delle ombre. Per istinto incomincio a cantare, in una strana lingua mista di francese e di tedesco, una specie di nenia. Non ricordo il significato completo delle parole. É comunque un richiamo verso degli ipotetici abitatori della costellazione “Ipsilon”. Poco dopo, come comparso dal nulla, un grosso uovo volante atterra vicino a me. Incuriosito gli giro intorno senza scoprire alcun varco d’entrata. Poggio una mano sullo scafo e non provo nessuna sensazione di calore. Mentre lo tocco incomincia ad emettere degli strani colori. Mi accorgo che, lentamente, si sta aprendo un varco rettangolare. Senza paura entro nell’interno. Non c’è quasi niente. Da una parte una superficie piana, alta circa un metro dal pavimento, emette verso l’alto dei fasci luminosi di diverso colore. Istintivamente passo la mano su uno di essi e sento chiudersi il passaggio da dove ero entrato. Sposto la mano sopra un altro raggio ed ho la sensazione che ci sia qualcuno dietro di me. Mi volto lentamente. Due esseri umani, in una stretta tuta violacea, mi guardano sorridendo. Come se li conoscessi già da tempo gli pongo una domanda: “Dove andiamo questa volta?” “Sul nostro pianeta, ma sei tu che devi guidare l’astronave”. “Ma come posso fare se io non...” “É molto semplice. Secondo come muovi la mano nei fasci di luce azioni dei comandi. Per esempio, poco fa hai chiuso il portello d’entrata. Non è difficile, specialmente se disponi la testa sotto quella luce bianca. È collegata con un computer che trasmette i movimenti giusti da fare secondo le tue intenzioni”. Senza mettere la testa dove hanno detto, muovo la mano descrivendo una forma triangolare. Quasi subito mi sento proiettato indietro nel

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tempo. La sensazione termina presto ed io mi trovo in una stazione ferroviaria, completamente distrutta da un bombardamento. “Che cosa ho fatto?” domando impressionato. “Nulla di grave. Nelle partenze è normale mangiarsi un po’ della dimensione tempo fino a che non si raggiunge la vibrazione giusta”. “Meno male, mi ero spaventato... Ma dove ci siamo fermati?” “In un evento della seconda guerra mondiale. Sono passate da poco le fortezze volanti americane”. “Che devo fare per ripartire?” “Metti la testa sotto il raggio bianco e fa funzionare più forme triangolari”. Eseguo. Ora va

molto meglio. Spariscono lentamente le strutture della stazione. Sono nello spazio. Viaggio a una velocità incredibile. Non faccio in tempo a scorgere un pianeta che è già passato. Mi avvicino a un sistema stellare. Vengo attratto da uno dei suoi mondi. È lì che dovevo arrivare. L’uovo volante scende dolcemente sopra una piattaforma di pietra dura, molto simile al marmo. Riapro il portello e vedo giungere una moltitudine di persone vestite allo stesso modo. Cerco, dentro l’astronave, i compagni di viaggio ma di loro non c’è traccia. Sbalordito vedo, venire dall’esterno, proprio le due figure che ho cercato un attimo prima. Fanno da guida ai nuovi sopravvenuti. Incredulo domando loro: “Ma se eravate con me, come fate ad essere qui?” “Ma noi siamo sempre stati in questa dimensione”. “Come sarebbe a dire?” “Vuoi dire che non ci siamo mai mossi dalla Terra che è anche il nostro pianeta. Ci siamo soltanto messi in contatto telepatico con te. Comunque lasciati dire che ci siamo divertiti molto a vedere le forme strane che hai inventato per raggiungerci. Come fantasia non c’è male”. “Volete dire che avrei potuto evitare tutte queste manovre?” “Certamente”. Nel frattempo, da un edificio sotterraneo, incominciano a uscire altri esseri del tutto simili ai primi. Non è possibile distinguerne il sesso. Le differenze somatiche sono appena visibili. Alti, magri, con i capelli chiari e lunghi, indossano tutti una pesante tunica. Parlo con loro di vari argomenti fino a quando ho la sensazione di un pericolo imminente. Sto per comunicarla ma loro mi anticipano. “Non ti preoccupare per gli esseri che vedrai tra poco. Poveretti, sono rimasti allo stato primordiale”.

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Così dicendo mi porgono un copricapo simile, come forma, a quello usato dagli antichi faraoni egiziani. “Ecco, mettitelo, così non potranno farti del male”. Da una collina vicina, alcuni umanoidi spingono, verso di noi, strane macchine fornite di lunghi bracci metallici. “Cosa vogliono fare?” “Non farci caso. Giocano ancora con quelle armi antiche. Servono a proiettare un tipo di energia che aumenta lo stimolo dell’autodistruzione. Nel passato hanno prodotto degli effetti micidiali: le persone colpite si eliminavano da sole. Molte nazioni avevano strumenti simili montati sopra satelliti artificiali. Cose vecchie. Quei congegni sono per noi solo un fatto di colore. Ti abbiamo dato quel copricapo perché le emittenti delle tue micro-onde

cerebrali possono essere danneggiate”. Resto perplesso a osservare i movimenti degli umanoidi e, subito dopo, mi sveglio.

ECONOMIA (5) Il vituperato e non rimpianto sistema del ‘socialismo reale' (se preferite: comunismo reale) aveva all’interno parecchie assurdità economiche. Ad esempio ho visto con i miei occhi gente che partiva la mattina in aereo da Tbilisi (Georgia) per portare a Mosca insalata, e/o pollame (vivo!) onde venderlo e tornare con un margine di guadagno la sera a Tbilisi (guardate l’atlante per favore…). La liquidità non era un problema, i soldi c’erano ma non c’erano merci da acquistare. E poi: se era stato deciso in alto loco che le camicie dovevano avere 3 bottoni, tutte le camicie avevano 3 bottoni. Ma nel nostro decantato libero mercato le cose sono poi così diverse? Ricordo che per anni ed anni tutti (ma proprio tutti) i pantaloni avevano le pences. Io odiavo le pences, ma cosa potevo fare? Protestavo ai negozi, ma i negozianti dicevano: è la moda… vanno così… Mi sono dovuto adeguare alle pences e poi anche agli spolverini e poi all’ondata del grigio, del nero, etc. etc.. Va di moda il nero… tutti lo comprano … e ti credo! Se non c’è altro, se non c’è scelta, che vuoi fare?

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Proverbi (Tutti sbagliati, ma pieni di autentica saggezza popolare…)

Piove sul bagnato (in effetti, dopo i primi minuti di pioggia, è vero)

Dalla parte della Scienza

La percezione del mondo costruita attraverso l'istruzione scolastica e i mass-media rispecchia concezioni ritenute "scientifiche" (e quindi vere) che in realtà appartengono essenzialmente al pensiero positivistico - materialistico del tardo 800. Tali concezioni sono ampiamente superate e in molti punti apertamente contraddette dalle acquisizioni teorico-sperimentali della scienza attuale. La scienza (e in particolare la Fisica) in questo secolo ha aperto ed esplorato sentieri di conoscenza tanto nuovi ed eccitanti quanto sorprendenti e inaspettati: sempre più numerose e nei più disparati campi (meccanica quantistica, cosmologia, studio del "caos", intelligenza artificiale...) emergono risonanze ( e nei contenuti e nel linguaggio) con conoscenze e pratiche che sembravano appartenere esclusivamente alla tradizione "mistica", "esoterica", "spirituale" . Non è quindi casuale che da un lato molti scienziati moderni sono attratti da teorie e pratiche tipo Yoga, Zen, Taoismo (la tradizione orientale sembra oggi stranamente più accessibile) e dall'altro molti "maestri" sono interessati a riscontri e "spiegazioni" scientifiche per le loro esperienze, tecniche e conoscenze. Queste due linee di conoscenza, pur partendo da punti diametralmente opposti (la materia, l'esterno, l'oggetto per la scienza occidentale,

essoterica; lo spirito, l'interiore, il soggetto per la scienza esoterica), stanno evidentemente convergendo. Tale incontro, anche se ancora embrionale e troppo spesso scioccamente conflittuale, può rivelarsi oltremodo fecondo e forse portare a quella "Grande Sintesi" di cui sempre più si avverte la necessità e l'urgenza in questo nostro tempo travagliato e pure pieno di meraviglie, oltremodo pericoloso e pure incredibilmente ricco di potenzialità.

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Attento! Sei seduto sul nulla! (bè, quasi)

Ovvero: Il vuoto è pieno, il pieno è vuoto

"Ciò che è pieno è incredibilmente vuoto,

ciò che è vuoto è incredibilmente pieno".

Sembrerebbe una citazione dalle Upanishad o comunque da qualche trattato esoterico; proviamo invece a vedere tale affermazione, apparentemente paradossale, alla luce della Fisica attuale.

Chiunque abbia frequentato una scuola secondaria dovrebbe sapere come è costituita la materia: ogni oggetto materiale è costituito da molecole, ogni molecola da atomi, ogni

atomo da elettroni e da un nucleo, ogni nucleo da nucleoni (protoni e neutroni). Fermiamoci pure qui in questa scomposizione verso il sempre più piccolo, anche se ora sappiamo che gli stessi nucleoni sono formati da particelle più piccole dette Quarks e nessuno sa se questo gioco di scatole cinesi si ferma ad un certo livello o prosegue senza fine (particelle entro particelle entro particelle entro particelle...). Quello che di solito nelle scuole non viene sottolineato e di cui perciò non si ha una percezione comune, è che anche nell'oggetto più solido, anche nell'oggetto più denso, tra molecola e molecola c'è il vuoto; all'interno della molecola, tra atomo e atomo, c'è il vuoto; all'interno dell'atomo, tra elettroni e nucleo, c'è il vuoto; all'interno del nucleo, tra i vari protoni e neutroni, c'è ancora il vuoto (abbiamo deciso di fermarci a questo livello ma sappiamo che anche all'interno dei nucleoni c'è ancora vuoto!). Quanto vuoto? Per rispondere a questa legittima domanda, immaginiamo che la nostra terra, questo pianeta su cui posiamo i piedi e ci appare ben solido e compatto, lo sia ancora di più: immaginiamo che sia fatto di acciaio, una bella immensa sfera di acciaio con un diametro di 12730 chilometri. Cosa c’è di più duro e impenetrabile? Tra l'altro una terra così fatta avrebbe la ragguardevole massa di circa 8 milioni di miliardi di miliardi di chilogrammi (o, se preferite, 'peserebbe' ottomila miliardi di miliardi di tonnellate!). Un bel po’ di materia, non c'è che dire: eppure se invece di usare i

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vostri occhi poteste vederla attraverso un supermicroscopio che permetta di vedere i nucleoni, puntando questo strumento verso questa enorme sfera di acciaio ciò che vedreste è essenzialmente il vuoto! Certo, un vuoto con tanti piccoli puntini, i nucleoni, un po’ come la volta del cielo punteggiata di stelle. Se potessimo raccogliere tutti questi puntini e addensarli uno accanto all'altro per formare una sfera, ovvero, in altre parole, se potessimo eliminare il vuoto dalla originaria sfera di acciaio, otterremmo una sfera più piccola di circa diecimila miliardi di volte (una sfera di soli 400 metri di raggio). Se ancora non avete chiara la proporzione che c'è nella materia tra "pieno" e "vuoto", immaginate che il vostro corpo sia diviso in dieci milioni di milioni di cubetti; ebbene, se riusciste ad riunire tutti i vostri nucleoni [tutta la vostra 'materia'], solo uno di questi dieci milioni di

milioni di cubetti sarebbe pieno [e non completamente!].

Spero che a questo punto conveniate che la prima parte dell'affermazione "ciò che è pieno è incredibilmente vuoto" sia ben dimostrata, nell'ambito della Fisica attuale.

Veniamo quindi alla seconda parte, apparentemente contraddittoria: "ciò che è vuoto è incredibilmente pieno".

Purtroppo, la giustificazione di tale affermazione, si trova in una parte della Fisica moderna, che va sotto il nome di Meccanica Quantistica. Questa teoria non solo non viene insegnata nelle scuole secondarie, ma è anche intrinsecamente "difficile": essa contiene importantissime e rivoluzionarie e sorprendenti affermazioni sull'intima, se volete "ultima", natura delle cose; affermazioni che, pur essendo state ampiamente 'verificate' ed utilizzate nei più svariati contesti (il vostro computer, il vostro compact disc, la bomba atomica, si basano sulla Meccanica Quantistica!) tuttavia non possono essere adeguatamente tradotte nel linguaggio comune, se non al prezzo di imprecisioni e/o di paradossali violazioni del senso comune (in altri termini, conosciamo qualcosa sull'intima natura dell'Universo, ma questa conoscenza non può essere espressa in parole: non vi sovviene niente, o voi del versante 'esoterico'?). Sarò dunque costretto a dire in parole ciò che in parole non può essere adeguatamente e chiaramente detto. Ebbene, secondo la Meccanica Quantistica, il "vuoto" non è affatto vuoto, anzi è inconcepibilmente "pieno" dal momento che in esso continuamente si creano tutte le particelle possibili, in esso continuamente nascono elettroni, protoni, neutroni, fotoni (luce!); esso, il "vuoto", è perciò

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il germe di tutte le cose! Ma se questo è vero, se è vero che dal vuoto (onnipresente, come abbiamo visto) emergono, affiorano, vengono all'esistenza continuamente ed incessantemente materia ed energia, in tutte le forme e quantità concepibili, perché, nella nostra esperienza ordinaria, non ce ne accorgiamo affatto? Anzi, di più, perché non siamo sopraffatti da questo rigurgito enorme e senza fine? Parte della risposta è: perché tutto questo, come viene incessantemente creato dal "vuoto", altrettanto incessantemente viene distrutto, riassorbito dal "vuoto" stesso. Ogni cosa, letteralmente ogni cosa che possiate immaginare, nasce continuamente dal "vuoto" (intorno a voi, dentro di voi!), vive la sua vita, e muore tornando al "vuoto". È come un grande ribollire, una grande, vertiginosa danza cosmica, tanto che qualche Fisico l'ha paragonata alla "danza di Shiva". Eppure noi

non ne siamo consapevoli, non possiamo vedere o toccare la bellissima farfalla che proprio in questo istante si è formata, emergendo dal vuoto, avanti i nostri occhi, non possiamo odorare la profumatissima rosa che sta sbocciando proprio ora avanti a noi... Di nuovo, perché ? (D'altra parte è forse un bene che sia così: immaginate un proiettile che si materializza proprio adesso nel vostro torace!)

Il punto è che la vita di queste "creazioni" è effimera: esse non vivono, di norma, sufficientemente a lungo per essere percepite anche dagli strumenti più raffinati; sono veramente forme fuggevoli, fantasmi impalpabili ! A questo punto, qualcuno giustamente potrebbe nutrire seri dubbi sulla loro effettiva esistenza; fugare questi dubbi, spiegare cioè completamente quali sono le prove che abbiamo della "realtà " dei fenomeni sopra descritti, eccede i limiti di questo scritto. È opportuno comunque menzionare due "prove": primo, pur se le singole cose che affiorano e affondano nell'oceano del vuoto generalmente non sono "osservabili", è tuttavia osservabile, visibile, misurabile l'effetto complessivo di tutto questo ribollire, di questa grande danza (e di fatto è stato misurato, lo trovate sui 'sacri testi’ di Fisica con il nome di "polarizzazione del vuoto"); secondo, dicendo che la vita di queste "creature" (in termini tecnici: "fluttuazioni") è effimera, non si vuol significare che essa è necessariamente brevissima, anzi, ci sono "fluttuazioni" che possono durare anni, millenni, miliardi di anni! Di fatto il tempo della loro vita è legato alla loro energia dal famoso 'Principio di Indeterminazione' di Heisenberg; detto in parole, quanto più energetiche, quanto più "grosse", massicce (massa e energia, come ha scoperto Einstein, sono essenzialmente la stessa cosa) sono queste creazioni, tanto meno durano, tanto prima muoiono. Per farci una idea quantitativa, prendiamo in considerazione la particella più leggera conosciuta, cioè l'elettrone (la sua massa è di appena un

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centesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di grammo!), e chiediamoci quanto vive un elettrone creatosi spontaneamente dal vuoto: ebbene, il 'Principio di Indeterminazione' ci dice che esso può vivere , al massimo!, un centesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo. Per renderci conto di quanto piccolo sia questo intervallo di tempo, consideriamo che:

- l'occhio umano non separa due immagini che si susseguono in meno di un decimo di secondo (cioè "misura" al massimo un decimo di secondo),

- un buon orologio digitale misura un centesimo di secondo,

- un buon orologio elettronico arriva sul milionesimo di secondo,

- un orologio atomico arriva a un centesimo di miliardesimo di secondo.

È facile capire dunque che non abbiamo strumenti, né naturali né artificiali per accorgersi di qualcosa che vive così poco! In realtà nella Fisica delle alte energie, abbiamo "misurato", in condizioni molto eccezionali, tempi anche più piccoli (fino ad un decimillesimo del tempo sopra citato); ricordiamo tuttavia che l'elettrone è per l'appunto la particella più leggera e che, per il 'Principio di Indeterminazione', di quanto è più grande la massa (o meglio l'energia) da creare, di tanto è più piccolo il suo tempo di vita. Così, un protone che nasca spontaneamente dal vuoto, essendo circa duemila volte più pesante dell'elettrone, vivrà per un tempo duemila volte più piccolo, cioè al massimo cinque milionesimi di miliardesimo di miliardesimo di secondo; un oggetto che avesse il vostro peso, può sì nascere dal vuoto , ma vivrebbe solo 0 , 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 secondi, cioè un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo (un tempo così piccolo che molti fisici dubitano perfino che possa esistere).

Abbiamo quindi fatto vedere come nella Fisica moderna "ciò che è vuoto è incredibilmente pieno"; eppure, per le ragioni sopra elencate, ci può sembrare che questo "pieno" sia in realtà qualcosa di inconsistente, di illusorio, una specie di gioco di prestigio. Ma le sorprese non sono ancora finite, come in tutti gli spettacoli, il numero d'effetto è stato lasciato per ultimo. Non abbiamo infatti ancora preso in considerazione l'esistenza di energie negative: ad esempio l'energia di un campo gravitazionale che si crea tra le masse

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è negativa. Abbiamo così questo effetto paradossale: più aumenta la massa, cioè la quantità di materia, creata dal vuoto, meno tempo dovrebbe vivere, dato che cresce la sua energia positiva di "massa" (in accordo alla nota formula di Einstein: Energia = massa per velocità della luce al quadrato); tuttavia, se la massa creata è abbastanza consistente, comincia a crearsi anche una considerevole energia negativa, dovuta alla forza di attrazione gravitazionale tra le varie parti di materia creata. Cosicchè, per una massa abbastanza grande, l'energia totale creata può essere vicina a zero e quindi, sempre per il 'Principio di Indeterminazione ', la massa creata potrebbe durare per un tempo anche lunghissimo (al limite infinito, se l'energia fosse esattamente zero). Ma quanta massa è necessaria, perché l'energia totale sia vicina a zero? La risposta è (sorpresa?!): la massa

dell'universo! Si, secondo le nostre attuali conoscenze, l'intero nostro universo ha una energia totale molto vicina a zero e quindi l'intero nostro universo potrebbe non essere altro che una "fluttuazione" del vuoto; noi, la terra, il sole, le stelle, le galassie, tutta questa immensità che è nata almeno quindici miliardi di anni fa, potrebbe essere una increspatura del vuoto, una bolla che forse sarà riassorbita (secondo le stime attuali più affidabili) tra quaranta, cinquanta miliardi di anni (o forse mai più, se l'energia fosse esattamente zero).

E sì, ci sono più cose tra vuoto e vuoto di quante sappia immaginarne ogni filosofia...

Dimensione sogno 4 Sogni dell’antico Egitto Il giovane Impersono un giovane di circa 14 anni. Non è alto, il suo corpo è asciutto. È stato prescelto perché da bambino riusciva, mentre giocava e senza volerlo, a dire delle frasi profetiche. Viene sottoposto a una serie di prove dalle quali dipende il suo futuro. Si trova a nuotare dentro una piscina di vaste proporzioni. Nell’acqua viene versato un liquido scuro e denso al quale viene dato fuoco. É costretto ad immergersi ed a riemergere continuamente per evitare pericolose bruciature e per prendere aria. Ma le cose si complicano perché, dopo un suono cupo che sembra uscire dalle viscere della terra, incominciano ad arrivare delle frecce lanciate a caso da alcuni sacerdoti. Il ragazzo riesce a superare questa prova grazie a un incredibile sforzo di volontà. Un’altra volta viene

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introdotto in un labirinto dove, ogni tanto, trova ampie stanze con più porte. Alcune sono di legno, altre di metallo, ognuna ha un suo colore. Riesce a seguire l’unico percorso possibile e arriva così a una delle prove più ardue. Dopo aver bevuto un liquido sgradevole, incomincia a vedere intorno a sé dei mostri spaventosi che non riesce a respingere. Mi ci sono voluti circa nove mesi di sogni, o per meglio dire incubi, per permettere a questo personaggio di vincerli. C’è riuscito quando ha, e ho, capito che quei mostri non erano altro che una proiezione mentale. Dopo questa presa di coscienza quelle figure, particolarmente negative, si sono addolcite cambiando anche, parzialmente, il loro aspetto. Facile a dirsi ma non a farsi.

Il vecchio

I sogni che riguardano l’anziano sacerdote egizio, si sono presentati in un ciclo continuo di circa venti giorni. Quasi ogni notte, incominciando esattamente da dove erano finiti. Sono all’interno di un vasto edificio. Salgo dei gradini di legno incastrati in una parete. Passo davanti a uno specchio di metallo. La mia figura ritorna leggermente deformata: sono calvo, alto e molto magro. Tra le braccia ho alcuni oggetti di metallo ricoperti di smalti colorati. Mi sono accanto due giovani. Ognuno di loro porta un piatto di metallo. Mi accosto a un enorme blocco di pietra, incastrato in una parete tra altri monoliti giganteschi. Dico ai due ragazzi di aiutarmi a spostarlo. Come spesso accade nei sogni, subentra la parte razionale, e dico: “Ma come è possibile spostarlo? Qui ci vorrebbe un’impresa di costruzioni”. Poi penso: “Se sono in questa situazione e ho detto di spostarlo, vuoi dire che è possibile. Stiamo a vedere”. Come sacerdote avvicino degli arnesi di metallo al masso. Lo tocco in un punto preciso e questo, come se avesse perso peso, comincia a muoversi. Cambia anche la sua struttura, diventa trasparente. Al suo interno sono ora visibili dei gas colorati. Una radiazione gialla circonda tutto il blocco di pietra. I due ragazzi lo spostano con facilità. Quel masso pare non risentire più della forza gravitazionale terrestre. Resta sospeso a circa un paio di metri dal pavimento. A questo punto ricordo che sono salito fin lassù per compiere un rituale. Da quel varco, aperto nella parete, devo aspirare e concentrare l’energia di una certa costellazione. Con tali forze cosmiche incorporo, dentro ad alcune statuine di metallo e di

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argilla, le conoscenze di un amico morto qualche giorno prima. Solo così posso fermare tutto il sapere di un “iniziato” e tramandarlo nel tempo. Una specie di registrazione visiva ed emozionale. Anche visiva perché, mediante differenti rituali, l’energia incorporata si “materializzava” e raccontava, senza reticenze, tutto il vissuto di una persona. Occorrevano diverse statuine, perché ognuna poteva solo assorbire uno stesso tipo d’informazione. Insomma, era come suddividere tutte le esperienze vissute da una persona in vari argomenti: militari, alchemici, storici, politici, ecc... In un altro rituale, sempre nei panni di questo sacerdote, sto osservando la stella Sirio. Dalla posizione di un’ombra che le si proietta contro, ricavo la chiara sensazione di una

grave sconfitta militare. Non so bene cosa sia successo dopo, il sogno si arresta e riprende con immagini inerenti l’interno di un gigantesco edificio in costruzione. Ci sono molte persone: soldati, donne, vecchi, bambini. Distinguo perfettamente i loro costumi, i colori. É una sequenza rapidissima ma così carica d’intensità emotiva da rimanere impressa nella mia memoria precisa e nitida come una fotografia. Eravamo stati traditi e sconfitti in battaglia. I nostri nemici avevano usato, per la prima volta, dei carri da guerra. Da una feritoia li potevo osservare mentre correvano intorno all’edificio. Rimango sorpreso nel constatare. che, oltre ai guerrieri stranieri riccamente ornati con delle piume, c’erano anche molti soldati egizi. Che cosa era successo? Non lo so, o meglio, non lo ricordo assolutamente. Il nemico impone come condizione di resa la mia consegna. Mi avvio verso l’uscita camminando in mezzo ai superstiti. Una profonda commozione mi attanaglia la gola, se potessi li abbraccerei tutti. Una pesante porta di pietra si apre dinanzi a me. Una luce accecante mi abbaglia. Una nuvola di polvere s’innalza verso il cielo. Esco in silenzio. Le truppe nemiche formano una specie di corridoio. Mi ritrovo incatenato in una zona mineraria del Libano. Hanno cercato, inutilmente, di farmi dire un “qualcosa”. Ricordo vagamente dei lunghi dialoghi con altri sacerdoti dalla faccia dipinta e con conoscenze molto grossolane. Dopo qualche tempo, io ed altri prigionieri, veniamo liberati da un’orda ululante di guerrieri nomadi. Il loro capo è un vecchio saggio. Ha molte facoltà, tra le quali quella di comunicare telepaticamente. Da questo punto in poi i ricordi sono frammentari. So solo che continuo a vivere dentro a delle montagne.

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NEZ ZEN

(storie quasi zen: storia 49)

Avviso ai naviganti: anche se alcune storie sembrano riferirsi a fatti, personaggi e situazioni della scena politica italiana, si tratta solo di omonimie e fortuite coincidenze… e comunque le storie risalgono a molti anni fa: ora va sicuramente meglio.

Un Discepolo chiese all’illuminato Maestro Godej: “Maestro, perché per i nostri Koan prendi spesso come spunto ed esempio la politica Italiana?” “Perché, come sai, - rispose il Maestro Godej – per conseguire l’illuminazione occorre spegnere la Mente e sviluppare la Non-Mente” “Ma come mai – proseguì il Discepolo – Tu conosci tante cose, tanti dettagli della vita politica Italiana?” Il Maestro Godej sorrise e disse: “E come credi che io abbia conseguito l’Illuminazione? Ora mi chiamano Maestro Godej, ma prima io ero Claudio Martelli.”

Contro l’inglese 2 C’è poi un altro motivo grave contro l’adozione dell’inglese come lingua universale… Dopo 3000 anni circa dall’invenzione dell’alfabeto fonetico, con l’inglese siamo tornati alla scrittura geroglifica. Esagero un po’, ma non molto. Provate:

1) inventate una parola (ad esempio “sciuminosta” )

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2) ditela ad un amico italiano e fatela scrivere dall’amico italiano 3) invitate un secondo amico italiano a leggerla: il suono sarà identico all’originale

(salvo forse un errore nell’accento, unica pecca dell’italiano che non indica gli accenti se non nelle parole tronche, ma è un difettuccio a cui si potrebbe facilmente porre rimedio)

Questo vuol dire scrittura fonetica… Ora ripetete l’esperimento con amici di lingua inglese. Al punto 2) l’amico vi chiederà immancabilmente: ”spelling, please” . Cioè: come accidenti si scrive? Non oso pensare a cosa verrebbe fuori al punto 3). Gli americani, meno conservatori degli inglesi e più pratici, stanno timidamente cercando di migliorare. Ad esempio scrivono “lite” per “light” , “nite” per “night” in modo

che la pronuncia (lait, nait) sia deducibile dalle regole (?) dell’Inglese. Chissà, forse tra un secolo avremo dei risultati… Epperò specialmente gli americani hanno introdotto e sfortunatamente esportato in tutto il mondo (insegne, e-mail e soprattutto sms) la mania delle abbreviazioni. Non sono molto esperto nel campo ma mi è capitato di vedere un’insegna “TCKTS” che stava per “TICKETS” : accidenti le vocali sono inutili! Come nelle antiche scritture medio-orientali: aramaico, demotico egiziano, etc. Chefren il faraone figlio di Cheope era scritto con le consonanti KH_F_R che in genere vengono interpretate come Khaf_Ra , elevazione del dio solare RA. Ma il suono potrebbe essere stato “kafra” o “kefre” o “kufru” o…non lo sapremo mai! Inoltre, tornando alle moderne abbreviazioni, una volta, tanti anni fa, una mia corrispondente e-mail americana soleva intercalare nelle sue missive uno strano ed enigmatico (per me!): <g>. Alla fine le chiesi cosa volesse dire… “è ovvio- rispose- è la abbreviazione di ‘grin’ (ghigno, smorfia)”. Abbreviazione? Accidenti, per scrivere grin occorrono 4 battute sulla tastiera, per scrivere <g> ne occorrono apparentemente 3 e vabbè, ma per battere > bisogna tenere contemporaneamente premuto il tasto delle maiuscole e quindi sono 4 tasti e il tutto è più faticoso oltre che meno comprensibile. Geroglifici!

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Poesia LE SPIRALI ! Le spirali ! Vecchia Faccia di Pietra, guarda avanti! Le cose troppo a lungo pensate, pensate non posson esser più a lungo, ché la bellezza di bellezza muore, il valore di valore, e sbiadite sono ormai le fattezze antiche. Rivoli di sangue senza ragione macchiano la terra; tutto ha gettato via Empedocle; Ettore è morto e c’è un bagliore a Troia; noi che guardiamo, ridiamo di tragica gioia. [Libera traduzione di Gyres (W.B. Yeats)]

Storia personale (3)

E voglio infine parlarvi di un mio collega ed amico. Molte sere abbiamo trascorso insieme, lunghe sere bagnate di vino, sere sprecate parlando di scienza e non solo, del mondo, della vita, dell’uomo. Diceva il mio amico che vi è in effetti un unico problema ora: il vero problema dell’umanità contemporanea è che ha perso una qualsiasi visione unitaria del mondo. Solo schegge rimangono, frammenti, senza relazione né senso. Vecchie sono le visioni della chiesa e delle religioni organizzate (pur con un fascino che in tempi di crisi non va sottovalutato), finita l’ultima illusione ideologica, l’ultima visione globale, il marxismo. Che resta? Con O. Wilde, un mondo dove tutto ha un prezzo e niente ha valore. Ne è eco, diceva il mio amico, la frammentazione della scienza stessa (in infiniti campi e sottocampi, specializzazioni di specializzazioni) e dell’informazione, il proliferare per esempio di trasmissioni che passano per “intelligenti” come “Schegge”, “Blob”,

“Avanzi” … L’avanzare della Rete e del virtuale non sono rimedi, diceva il mio amico, in assenza di uno schema interpretativo, di una Weltenshaung. Anche una ricca raccolta di dati sperimentali è inutile senza una ipotesi interpretativa, sterile senza una teoria. Ci si perderà nella rete, si confonderà sempre più l’illusione virtuale con il mondo reale (sta già accadendo: un mare di informazione sta diventando nessuna informazione, i giovani cresciuti con i videogiochi credono che basti un reset perché i morti tornino a giocare). Il riduzionismo ha dato molto, diceva il mio amico, ma è ora di una visione più ampia. In

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verità è ora di un nuovo Rinascimento. Il Rinascimento, diceva, fu l’ultimo periodo in cui l’uomo trovò un senso per l’uomo e per l’universo intero, trovò equilibrio e misura. Un periodo, diceva e i suoi occhi brillavano, in cui si poteva ancora padroneggiare il tutto, si poteva (e in fondo si doveva ) essere matematici e pittori, scienziati e artisti, e inventori e scrittori e… Si, è tempo, diceva, di un nuovo rinascimento. Di una integrazione profonda delle conoscenze e delle meravigliose tecniche finora acquisite. E come il battito d’ali di una farfalla in Amazzonia può provocare un ciclone in Florida, così, in un mondo non-lineare, complesso ed interconnesso, diceva il mio amico, se i tempi sono maturi, basta poco, basterà poco per dare il via ad un processo in tale direzione, il via ad una trasformazione\trasmutazione irresistibile ed inarrestabile in primis dell’uomo stesso e

conseguentemente della società, del modus vivendi, e infine dell’intero pianeta (di Gaia, forse). Diceva il mio amico ed io gentilmente gli rimproveravo la sua ingenuità. “Vero -rispondeva il mio amico - ma la mia ingenuità è una deliberata conquista. Diffidente e sospettoso per inclinazione e natura, molto ho dovuto lottare per acquisire questa ingenua fiducia che tu mi rimproveri, ed ad essa non so, non voglio rinunciare”. Abbandonò la ricerca, la scienza, per cercare di aprire un centro, dedicato a Leonardo da Vinci, che fosse un nucleo promotore e propulsore del rinascimento prossimo venturo. Ma Lorenzo il Magnifico non ancora è rinato. Chiaramente non trovò alcun Mecenate, nessun finanziatore né pubblico né privato per mettere alla prova le sue idee, per realizzare il suo lungimirante sogno. Rinunciò alla fine ed emigrò in Spagna, dove le notti sono lunghe, il vino è dolce, e belle sono le donne.

Dimensione sogno 5 Sono all’interno di una chiesa insieme ad alcuni guerrieri, donne e, soprattutto, bambini. Sono persone molto unite e osservano delle leggi giuste che vengono accettate senza sforzo. Proprio per questo sono stati aggrediti dalle popolazioni vicine. Pur non amando la violenza stanno combattendo una guerra sorta per contrasti religiosi. Ho già combattuto sulle mura della città che è stata invasa. Sono ferito a un braccio, i vestiti che coprono l’armatura sono parzialmente bruciati. Qualcosa mi dice che la città è nel Sud della

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Francia in un anno imprecisato del 1200. La Chiesa sembra di stile romanico ed è qui che devo nascondere alcuni oggetti importanti. Mi avvicino alla penultima colonna della navata centrale a sinistra dell’altare maggiore. Mi ci arrampico a fatica e nascondo dentro una nicchia, occultata da una pietra, un piccolo cofanetto di metallo. Subito dopo, con l’aiuto di altri guerrieri, rimuovo una grossa lapide, dietro la quale si snoda uno stretto corridoio che ci permette di arrivare in una camera sotterranea. Una pesante grata di ferro e di piombo ci sbarra la strada. La solleviamo. Siamo entrati in un ambiente dove c’è una grossa cassapanca con il coperchio alzato. È piena di pergamene e di oggetti sacri. La chiudiamo e ci versiamo sopra delle sostanze oleose. Ritorniamo dentro la chiesa. Non abbiamo altra alternativa che morire combattendo. Il nemico è crudele e noi siamo allo stremo delle

forze. Qualcosa mi dice che, per motivi di interesse, siamo stati traditi: non sono arrivati gli aiuti previsti. Dopo uno strano giuramento in cui, più o meno, stabiliamo di rincontrarci nel futuro, sguainiamo le spade e accostiamo, l’un con l’altro, i lunghi e pesanti scudi. La porta centrale della chiesa è quasi completamente consumata dal fuoco. Alcune frecce nemiche incominciano a entrare. Passiamo sopra ai tizzoni accesi e ci presentiamo sul sagrato: scudo contro scudo, furore contro furore. Devono essere le prime ore del pomeriggio e, a giudicare dal calore esterno, è un mese estivo. Il nemico ci aspetta ai bordi di una piazza circondata da molte abitazioni. Ci sono anche degli stendardi e una voce dice che sono dei “traditori del Cristo”. Grida di terrore giungono da ogni parte. L’odore di carne bruciata arriva portato da una leggera brezza. Avanziamo compatti, il nemico ha paura di affrontarci direttamente e lancia una moltitudine di frecce e di sassi. Attacchiamo, le nostre spade cercano sangue. L’ultima cosa che vedo sono delle travi di legno, un arco di pietra e, a circa un centinaio di metri, la chiesa.

Poesia

Vento sui vetri rumore di spazi troppe notti hai stretto nelle mani, diamanti, topazi, notti di stelle rare: allora perché rimpianti se poi tutto è sabbia e mare [Bruma: “...e lo stesso cadere è menzogna” ]

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Riservato ai giocatori di scopone (razza in via di estinzione…) Il dilemma del mazziere

1) Se il terzo di mano cala un 7 ed il mazziere sa che il terzo di mano è un discreto giocatore allora deve supporre che il terzo di mano abbia almeno un secondo 7 e quindi il mazziere non deve prendere ma lasciare tal compito al compagno onde portare a casa tutti e quattro i 7

2) Epperò se il terzo di mano cala un 7 alla penultima (o anco alla terzultima mano) ed

il mazziere sa che il terzo di mano è un buon giocatore, allora il mazziere dovrà supporre che il terzo di mano non abbia altri 7 ma, essendo appunto un buon giocatore, abbia confidato nella cieca ottemperanza della regola 1 da parte del mazziere per poter portare a casa 2 sette incluso possibilmente il 7 bello. Laondefiaperlaqualcosa il mazziere deve prendere il 7.

3) Ma se il terzo di mano cala un 7 alla penultima mano ed il mazziere sa che il terzo

di mano è un ottimo giocatore, allora deve supporre che il terzo di mano conti sulla ottemperanza della regola 2 e quindi abbia anche un altro 7 … quindi il mazziere avveduto NON prenderà questo sette.

4) Se il terzo di mano cala un 7 (ad un punto qualsiasi del gioco) ed il mazziere sa che

il terzo di mano è un magnifico giocatore oppure sa che è una schiappa completa , allora il mazziere non ha alcun elemento per giudicare e quindi prenderà o non prenderà il 7 seguendo solamente il suo intuito ed incrociando le dita.

Tratto dal trattato: “Lo scopone questo sconosciuto. Ovvero: è meio avecce sempre il settebbello e prenneselo”

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NEZ ZEN

(storie quasi zen: storia 92)

Avviso ai naviganti: anche se alcune storie sembrano riferirsi a fatti, personaggi e situazioni della scena politica italiana, si tratta solo di omonimie e fortuite coincidenze… e comunque le storie risalgono a molti anni fa: ora va sicuramente meglio.

Il Discepolo al Maestro: “Maestro, durante la mia ultima meditazione ho avuto una visione. So bene che Tu ci hai messo in guardia contro queste manifestazioni che spesso sono solo fantasie della mente. Tuttavia io credo che questa visione sia vera”

“Quale è stata dunque la tua visione?” chiese il Maestro. E il Discepolo: “Ho visto Berlusconi divenire sempre più potente, divenire prima Presidente della Repubblica, poi addirittura PAPA! L’ho visto celebrare una messa solenne in San Pietro avanti ad una sterminata moltitudine di fedeli di azzurro vestiti…” E il Maestro: “Ma perché credi che la visione sia vera?” E il Discepolo: “Perché ho anche visto D’Alema che faceva il chierichetto.”

Poeti Non ci sono più poeti da 60 anni? In Italia e nel mondo. Eppure l’Italia è popolo di poeti, navigatori e santi.. In realtà ce ne sono moltissimi, ognuno scrive le proprie poesie (vedi i Blog e le piccole case editrici che campano pubblicando nefandezze a spese degli autori…). Il fatto è che

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ognuno scrive le proprie ma non ha tempo né voglia di leggere quelle degli altri. Come dice Guccini: ”la noia di un altro non vale…” E questo ci riporta alla questione: statisticamente ci dovrebbe essere una percentuale più o meno costante nel tempo della popolazione con indubbie capacità poetiche. Dato che la popolazione è in aumento il numero dei poeti notevoli viventi dovrebbe superare quello degli scorsi secoli… Dove sono finiti? A fare canzoni.

Il male del secolo

Fa pure paura scriverlo… Non si pronuncia quella parola, si usano perifrasi (non so quanto più rassicuranti) tipo : ha un male cattivo, un malaccio, etc. Noi useremo ***. Sicuramente l’incidenza percentuale del *** sul tasso di mortalità (nonostante indubbi progressi nelle cure) è di molto aumentata negli ultimi 60/70 anni. Perché? Io credo per una concomitanza di concause: 1) ci preoccupiamo (giustamente) di Chernobyl e di Fukushima ma dopo la seconda guerra mondiale innumeri test atomici (esplosioni nucleari) sono stati effettuati nell’atmosfera. Il livello medio delle radiazioni in aria, in acqua e al suolo in tutto il globo terracqueo negli anni ’60 superava di centinaia di volte quello degli anni ‘30. 2) inquinamento, polluzione chimica dovuta a industrie, automobili, riscaldamento (e se vi fa piacere aggiungete le sigarette… ma che non diventino un facile capro espiatorio). 3) allungamento della vita media!!! e sì, in passato si moriva spesso di altre cose prima di avere l’opportunità (si fa per dire) di morire di ***. Eppure di qualcosa morir bisogna (se avete fatto gli scongiuri di rito perché in fondo vi credete immortali, avete tutta la mia comprensione… quando ero giovane lo credevo anch’io).

Dimensione sogno 6

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Sono seduto su una panca di legno ed ho i gomiti appoggiati sopra un lungo tavolo. Davanti ho una brocca con del vino. Dietro vedo, appoggiati a una colonna, una spada e uno stendardo bianco con un disegno rosso al centro. Poggiato sul pavimento, di taglio, uno scudo molto alto. Con un dito faccio dei cerchi sul piano del tavolo. Chi sono? Ho una sorta di tuta di lana grigia a coste molto larghe e una spessa cintura di cuoio da dove pende il fodero di un pugnale a doppia lama. L’ambiente è male illuminato, un camino acceso lo riscalda. Ci sono altri uomini nel locale, qualcuno dorme con la testa insaccata tra le braccia. Intravedo armature, altri stendardi, Il soffitto è fatto da mattoni cotti messi di taglio ed è sostenuto da archi. Attendiamo l’alba di un nuovo giorno, molto importante per tutti noi. Ci sarà il torneo. Improvvisamente mi sento angosciato: qualcosa sta per

accadere. D’un tratto dall’esterno giungono delle grida. La porta dell’ambiente in cui sono si spalanca. Entra un ragazzo trafelato. Dopo pochi passi stramazza sul pavimento di terra battuta. La luce di molte torce illumina il locale. Mi avvicino al ragazzo: sanguina dal braccio sinistro e dalla coscia destra. È in preda a brividi di terrore. Trema come un capriolo ferito. Non riesce a parlare, ma i suoi grandi occhi scuri e limpidi chiedono aiuto. Uomini vestiti di nero si stagliano sulla soglia, ora illuminata dal sorgere del sole. Li guardo coprendomi con una mano gli occhi. Nella stanza sale un confuso vociare. “Chi osa entrare nel quadrato dei cavalieri prima della loro confessione...!”. E di rimando: “Vogliamo il ragazzo. Deve essere ucciso.., è posseduto dal demonio”. A queste parole i miei compagni indietreggiano spaventati. Uomini, che hanno affrontato cento volte la morte, con decine di cicatrici sul corpo, si atterriscono come donnicciole soltanto al suono di quella parola: Demonio! Demonio, il lasciapassare della paura, la copertura per mille malefatte. Sento più che mai di dover intervenire. Non sono facile preda della superstizione. Sono stato addestrato alle armi e alla conoscenza di certi simboli di cui si era smarrito il vero significato. Mi tornano alla mente i miei due precettori tedeschi. Quando ero adolescente, li consideravo colonne indistruttibili. Correvo con loro, ridevo con loro. Erano sempre allegri e inseparabili. Mi parlavano dei loro lunghi viaggi. Afferro una spada e mi interpongo tra il ragazzo e i suoi persecutori. “Di cosa viene accusato?” Un breve silenzio. Poi parole concitate, sputate con rabbia. Urlano di aver sorpreso il ragazzo nell’atto di violentare la castissima figlia del padrone del luogo. Trattenuta a stento scoppia qua e là qualche risata. Sono in molti a conoscere l’insaziabile libidine della pulzella in questione. È tutto chiaro. Si stavano festeggiando le prossime nozze della ragazza con un nobile straniero e quindi si era pensato di ricrearle

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una rispettabilità con un capro espiatorio. Niente di più facile che far cadere in trappola un ragazzo ingenuo, di bassa condizione sociale. Tutto aveva funzionato alla perfezione. La vittima era pronta al sacrificio, ma era accaduto l’imprevisto: il ragazzo aveva cercato rifugio... “Non può restare tra voi, gettatelo fuori.., è impuro”. Conficco il pugnale nel terreno, davanti al ragazzo, e torno al tavolo a prendere la spada e lo stendardo. Mi inginocchio accanto a lui. Gli asciugo il sangue con la mia insegna. Lo aiuto a rimettersi in piedi. Da quel momento il giovane è sotto la mia protezione: la colpa e l’eventuale pena devono essere decise da me. Odo voci che inveiscono. Allora rammento a tutti le orge organizzate per scacciare la lussuria dal corpo della ragazza. Le benedizioni e gli esorcismi imposti dai

sacerdoti, le strane droghe e le affumigazioni dei maghi. Tutto era stato vano. Il silenzio fa seguito alle mie parole. Ma ecco farsi largo tra la folla un prete seguito da un tipo robusto. Non li ho mai visti prima. Il prete mi getta in faccia del liquido irritante. Mentre mi asciugo, lui grida con ferocia: “Il demonio! Questa è opera del demonio. Ha contaminato anche il cavaliere”. Altro silenzio, ma anche molta perplessità. Il gigante, che ha accompagnato il prete, urla che è suo diritto vendicare la vergine offesa. Capisco che è lui il promesso sposo. La situazione ristagna. Il prete leva le braccia al cielo e urla: “La prova di Dio...!” “Cosa c’entra l’Altissimo in questa lurida faccenda!” penso con tristezza. La scenografia cambia. Mi trovo in un’arena circondato da una folla urlante. Sto per affrontare il pretendente in un duello all’ultimo sangue. In precedenza era stata celebrata una cerimonia religiosa con un sermone finale. Il senso di quel discorso era stato che, se fossi stato vincitore, ciò avrebbe provato che la mia tesi era giusta, se avesse vinto l’avversario, sarebbe stata un’ulteriore prova che la ragazza era stata deflorata dal giovane invasato dal demonio e, in questo caso, niente poteva impedire le future nozze. Un suono di corno dà il segnale al duello. Il gigante si muove goffamente, non tiene lo scudo nell’inclinazione giusta. Basta un buon colpo di spada, dato dall’alto verso il basso, per colpirlo sull’elmo. Oltre che stupido è anche inesperto. Avanzo tenendo la spada di piatto, quindi la ruoto rapidamente e colpisco l’avversario di taglio. Lo ferisco, ma cosa succede? Il rumore della mia spada è diverso. Qualcuno ne ha indebolito la lama. Sono preoccupato. So che è sufficiente soltanto un altro colpo per spezzarla. Mi guardo intorno: vedo la ragazza, il padre, il prete, il ragazzo ferito… guardo il sole che filtra tra le nubi. Ne sono quasi

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accecato. Subentra una grande calma. Tutto rotea intorno velocemente. Io ho il senso della terra tra i denti.

Il Diavolo (1) Avevo nove anni, giorno più e giorno meno. Nel dormire era mia abitudine abbracciare un cuscino e mettere i piedi fuori del letto, superando l’ostacolo eventuale dei lenzuoli e delle coperte. Innocenza, mia nonna, incominciò a dirmi di smetterla con quella mia abitudine perché se continuavo potevo chiamare il “diavolo”. A quei tempi, ed anche ora, una frase del genere non poteva fare altro che spingermi a continuare con la mia abitudine che, tra l’altro, mi dava un senso totale di benessere difficile a descrivere..! Bene, una notte nel mettere fuori dal letto i miei piedi … sentii un qualcosa di strano. Avevo toccato un corpo…, era coperto da un folto manto di peluria. Feci un salto e velocemente accesi la luce della camera! Accovacciata lì , in quel punto c’era Kitty, il mio cane, un dolce barboncino, spaventato per la mia reazione. Mi misi a ridere e l’accarezzai per molti minuti dicendo a me stesso di come si possono avere dei momenti No improvvisi indotti da ciò che si crede e, in questo caso, si teme. Anche oggi, e sono passati molti anni, pur avendo studiato in testi seri e pur avendo avuto delle esperienze che mi hanno fatto comprendere che la figura del diavolo per come la conosciamo non esiste... ho difficoltà a mettere i piedi fuori del letto.

Non è vietato ridere (sorridi ora, domani andrà peggio)

Leggi di Murphy (non propriamente scientifiche, ma vere: purtroppo!)

Legge primaria di Murphy: "Se qualcosa può andare male, lo farà."

Estensione di Schanatterly: "Se qualcosa non può andare male, lo farà lo stesso."

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Corollario di Farnsdick: "Dopo che le cose sono andate di male in peggio, il ciclo si ripeterà"

Confutazione di Bruschi del Corollario di Farnsdick: "Assurdo! il ripetersi del ciclo presuppone un pur se transitorio miglioramento delle cose." Leggi di Murphy: commenti

Commento ottimistico: "Ci si meraviglia che qualcosa funzioni"

Commento pessimistico: "OK, che cos'è che funziona?"

Commento neutrale: "No comment"

Contro la pubblicità Potrei fare lunghe, ponderate e dotte elucubrazioni per dimostrare il mio assunto, ma, seguendo i canoni della pubblicità stessa, mi limito allo slogan netto e perentorio:

la pubblicità fa schifo! E non mi venite a dire che è utile, a volte “bella”, sempre “necessaria” (altrimenti come si reggerebbero economicamente giornali, televisioni e quant’altro?). La pubblicità è forma senza contenuto (se notate è anche quasi scomparso il referente primario, cioè il prodotto pubblicizzato). La pubblicità è uno spreco di soldi, di talento, di fantasia e creatività. Usa le tecniche più subdole per superare la nostra parte cosciente ed arrivare al ‘profondo’, il ‘cretino' che dorme entro noi… Fate un esperimento: quando c’è uno spot in TV resistete alla tentazione di spegnere e/o cambiare programma (tanto è inutile, le “pause” pubblicitarie sono sincronizzate tra i vari canali). Semplicemente togliete l’audio e guardate con occhio lucido. Molti trucchi risulteranno evidenti e perderanno il loro fascino. Odio ancora di più gli eufemismi: “ora consigli per gli acquisti” (quali consigli? non saprò mai alcuna caratteristica vera del prodotto reclamizzato), “uno spot per voi” (per me? accidenti,

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chi te lo ha chiesto?). E poi, anche nel mezzo di una trasmissione seria ed interessante, il presentatore (a volte con aria contrita): “Debbo interrompere, dobbiamo andare in pubblicità”. Dobbiamo? Perché? È una legge di natura? L’unica utilità marginale della “pausa pubblicitaria” è che ti permette di andare al bagno e/o a controllare i fornelli… Credo che la situazione sia irrecuperabile: la vera e definitiva vittoria dei pubblicitari è venuta 80/90 anni fa, quando convinsero i produttori che la loro opera era indispensabile. E noi paghiamo…

Dimensione sogno 7 Mi trovo in una radura, ai piedi di basse colline dalle pareti molto ripide. Poco distante c’è una città. Fa molto caldo e credo di essere in una zona della Spagna. Da alcuni torri circolari sventolano dei drappi colorati. É stata organizzata una grande giostra. Ci sono i baldacchini per gli spettatori più importanti e le staccionate per contenere il popolo. Rimbalzano nell’aria grida di venditori ambulanti, fischi, musiche, C’è un forte odore di pane cotto. Sono in sella a un cavallo pezzato e attendo il turno per battermi con una lunga asta. Lo scudo non è grande, ma è pesante. Nell’arena alcuni buffoni stanno facendo la parodia di uno scontro tra guerrieri cristiani e musulmani. La gente si diverte in modo esagerato dimostrando così una profonda paura. Si ode uno squillo di tromba. Scende il silenzio, interrotto dal nitrire dei cavalli. Un rumore metallico avverte che è già finito il primo scontro. Arriva il mio turno. Penso sia importante controllare l’equilibrio. Essenziale dare maggiore spinta alla mia asta, per questo devo far forza sulle staffe e portare il corpo proteso leggermente in avanti. Solo all’ultimo momento darò la giusta direzione alla punta della lancia. L’avversario non potrà avere il tempo di capire dove intendo colpirlo. Un altro squillo di tromba. Il duello ha inizio. Anche il mio antagonista esegue una manovra simile. Entrambi attendiamo l’ultimo momento. Poi un fragore assordante. Uno sperone vola per aria. Sono ancora in sella. Tra le esultanze del pubblico torno alla mia insegna. Osservo un altro scontro. Questa volta cadono entrambi i contendenti. Alle urla di giubilo fanno eco grida diverse. Sono grida di guerra. Una moltitudine di guerrieri, dalle spade ricurve, invade la radura. Cambio asta e mi scaglio contro gli invasori. Non sono solo, intorno a me ci sono circa una trentina di cavalieri. È inutile. Le nostre pesanti armature ci impediscono di star dietro al nemico. È come rincorrere uno sciame di api. Fuggono e quando si resta isolati attaccano da tutte le parti. Alcuni guerrieri vestiti di bianco balzano dai cespugli davanti al cavallo che si impenna.

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Cado al suolo e perdo i sensi. Quando rinvengo sono sotto a una tenda con i polsi legati dietro la schiena. Indosso la tipica copritura araba e dal collo mi pende un medaglione. Posso vederlo: è sostenuto da una robusta catena d’oro a forma di treccia e mostra su di un lato strani segni. Nella tenda entra un uomo che sembra essere un capo. Indicando il medaglione fa capire che solo ad esso devo il fatto di essere ancora in vita. Cerca di convincermi a combattere per lui contro dei suoi nemici arabi in Africa. Non so cosa abbia risposto ma penso di aver rifiutato perché, dopo qualche tempo, quando l’accampamento viene attaccato, mi trovo ancora prigioniero nella tenda. Sono preso da altri guerrieri dagli abiti scuri che mi trascinano davanti ad un gruppo di vecchi sapienti. Questi fanno degli strani segni in direzione dei quattro punti cardinali e tracciano dei solchi nel terreno. Ci

versano sopra un liquido verdastro, molto odoroso. Mi costringono a bere da una ciotola. Indicano il medaglione e, a questo punto, mi sento mancare. Cado per terra e, dopo un certo tempo, mi riprendo. Sono solo in aperto deserto. Accanto ho un otre pieno d’acqua. Incomincio a camminare e scorgo, in lontananza, una città. Vi entro passando sotto un arco di un colore azzurro intenso. Le strade sono gremite di persone. Alcuni animali corrono liberi. È uno spettacolo di suoni e di colori. Alcune ragazze, bellissime, fanno cenno di seguirle. Sto andando con loro ma qualcuno mi afferra per il braccio. Mi giro di scatto. Sono trattenuto da un ometto grassoccio, vestito con un sontuoso abito arancione rifinito con dei fili d’oro. Penso che voglia vendermi qualcosa. Cerco di fargli capire che non ho denaro. L’uomo si fa serio. Si guarda intorno, con l’aria di chi teme di essere spiato, poi indica con la mano il medaglione. “No, questo non posso dartelo”. Il mercante chiama un ragazzo e mi fa entrare nella sua bottega. Ha qualcosa negli occhi che mi persuade a seguirlo. Sposta alcuni tappeti dal pavimento e mette in luce una botola. Accende tre lampade a olio e scendo con lui una scala con dei gradini molto alti. Arrivo così in uno strano ambiente. Alle pareti sono appesi moltissimi oggetti di vario tipo. Il mercante apre un tappeto che ha intessuti i medesimi segni impressi sul mio medaglione. Poi prende una spada dalla lama leggermente ricurva e la pone davanti a me. Subito dopo mi trovo sotto terra in un’altra stanza a forma pentagonale. Al centro c’è un grosso tavolo di pietra. La parte superiore è fatta con un materiale verde brillante, in mezzo ha una stella di Davide. Sono lì che aspetto altre persone. So che verranno, non possono mancare. Infatti arrivano. Ognuno appartiene ad una razza diversa e tutti insieme discutiamo dell’importanza di salvare alcuni simboli.

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PSxPS 2

(Proposte Sensate per Politici Sensibili)

Quale è la cosa più irritante nel rapporto cittadino_stato? Io credo sia l’asfissiante numero di leggi, direttive, regolamenti che complicano a dismisura la vita. Penso che chiunque, dal criminale al santo, fosse indagato a fondo, finirebbe inevitabilmente in galera per aver infranto almeno una diecina di leggi… A pensarci, Dio ne ha date solo dieci di leggi, riassunte poi da Cristo in due! Hammurabi aveva una stele (non ce ne entravano poi tante); Roma, idem, aveva le tavole esposte nel foro: qualsiasi cittadino poteva leggerle (o farsele leggere) in mezz’ora. Provate ora! L’accumularsi caotico di leggi e leggine che poi spesso si basano su, o rimandano a, leggi più antiche crea l’impossibilità pratica di ottemperarle, uno stress continuo per il cittadino (suddito?) e anche situazioni paradossali. Anni fa, ma forse la cosa continua, cooperative di giovani si inventarono creativamente un nuovo ‘lavoro’: spulciavano tra le vecchie leggi, magari del regno d’Italia del 1800, mai cancellate e quindi ancora in vigore, trovavano normative non più seguite (tipo la tassa sulla copertura dei terrazzi) e poi andavano dagli amministratori mettendoli al corrente delle loro inadempienze e offrendosi (ovviamente a pagamento) di porre riparo alla loro non osservanza della legge (a.e. censendo i terrazzi coperti).

Io stesso, quando uscì il (per me famigerato) decreto antifumo, volli vedere la legge e faticosamente risalii all’indietro di legge in legge fino ad un decreto di Mussolini negli anni

’30…

Che fare? Si è a più riprese tentata una semplificazione, senza risultati degni di nota. Se anche abolisco ora 300 leggi, parlamento, regioni, province, comuni e quant’altro entro un mese ne avranno promulgate altrettante. È una valanga, un fiume inarrestabile…

Eppure esiste una soluzione!

Semplice…

È sufficiente che leggi, direttive, regolamenti siano a TERMINE. Cioè scadano automaticamente entro tot tempo. Il tot può essere commensurato all’importanza della legge: per esempio la carta costituzionale può durare 50 o 75 anni, la leggina ad

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personam un mese o due o quanto basta per fare il favore alla persona… Ma poi automaticamente VIA! BASTA! NON VALE PIÙ!

Pensate che pace… e gli indefessi legiferatori sarebbero comunque soddisfatti: il lavoro non mancherebbe. Solo che, si spera, sarebbero troppo impegnati per rifare le leggi importanti e senza il tempo per occuparsi di quisquilie.

Poesia

* Dreams are over Too many clouds in the sky . * Dreams are over Do not ask why * * * . . . * *

[Haiku di Bruma]

Me(ta)Faust (3)

QUADRO QUARTO

“Il lato oscuro della forza”

Scena vuota, gli schermi inizialmente spenti rimanderanno poi riprese dirette della scena.

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Luce a salire; Faust, saio avorio, al centro; Mefisto, con mantello nero e volto incappucciato ed

invisibile, abbarbicato ad un pannello laterale; Wagner con vescovo e soldati, è alle spalle di

Faust dalla parte opposta di Mefisto.

La luce vacilla più volte.

FAUST a Mefisto, avvicinandosi

Io ti riconosco: tu strisci, tu ti insinui

come ladro. Conosco

il tuo volto. Io ti ho ripudiato.

Wagner guarda dalla parte di Mefisto, scrolla il capo, si avvia verso l’uscita, si ferma, si volge, riparte con il suo seguito, sulla soglia tutti guardano ancora una volta Faust e la parete, escono.

La luce vacilla e poi si spegne.

Riflettore su Faust, riflettore su Mefisto. Musica (tenue, in sottofondo): Pink Floyd; "Zabriskie Point", -Come in number 51, your time is up-. Mefisto si stacca dalla parete e avanza lentamente verso Faust che dapprima arretra, poi si ferma e lo affronta.

FAUST No, non ti temo: io, Faust,

sto fermo avanti a te e non tremo.

I tuoi occhi, profondi i tuoi occhi,

c'è come un vuoto.

Tu sei lo spirito che nega, ciò che il tuo mantello

sfiora, raggela e muore; sei l'uccello che s'alza in volo la sera, ma l'uomo

non lo hai mai capito.

E cosa potresti darmi

tu?

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Hai forse per me un cibo che non sazi?

Un giuoco ove mai si vinca?

Un fuoco che non sia già cenere?

Una cosa, una cosa qualsiasi, che duri?

Puoi ridarmi

tu il mio entusiasmo, la mia fede, le mie illusioni?

Puoi ridarmi indietro

i miei anni? la mia giovinezza?

Mefisto, fissando Faust (ma con il volto sempre celato al pubblico), estrae dal mantello qualcosa che sembra essere una confezione medicinale e la porge a Faust.

FAUST Che cos'è questo? La tua risposta?

ti piace far scena, lo vedo

Starò al gioco. Faust afferra la confezione, la musica tace.

FAUST

Vediamo: Agerina, compresse. Composizione... Posologia... Indicazioni: combatte efficacemente ed annulla tutta la sintomatologia della vecchiaia. Che scherzo banale, credevo tu sapessi fare di meglio. L'elisir di lunga vita!

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Il sogno degli alchimisti! Figuriamoci. E quale umano laboratorio l'avrebbe prodotto? Io sono uno scienziato, ne sarei al corrente. Non parli? Non hai niente da dire? Mefisto ghermisce l'Agerina dalle mani di Faust e fa per andarsene

FAUST No! aspetta…

Faust si riavvicina a Mefisto, la musica di prima riinizia in sottofondo.

FAUST

Finiamola fino in fondo questa buffonata. Quale sarebbe il prezzo di questa portentosa medicina? So bene che non dai niente per niente, anzi, ciò che con la destra sembri donare mille volte con la sinistra riprendi. La musica è in crescendo, vicina all'esplosione finale.

Mefisto avanza porgendo nuovamente l'Agerina, Faust arretra.

FAUST

Il prezzo...

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I l p r e z z o ...

per i miei dubbi per la mia angoscia

Un prezzo, un prezzo,

per il mio corpo... per la mia anima...

e s i a !

Musica al massimo.

Faust inghiotte rapidamente una compressa di Agerina, si contorce e crolla a terra.

Riflettore a stringere su Mefisto che, spalle al pubblico, si abbassa e, tendendo e agitando il

mantello, copre al pubblico lo scambio dei due personaggi.

Silenzio. Luce verde.

Il giovane Faust si rialza lentamente, le sue mani ne coprono il volto; Mefisto gli sta a lato,

leggermente arretrato: il cappuccio alzato delimita una zona d'ombra profonda, impedendo

ancora al pubblico di scorgere il suo viso.

Faust allontana le mani dal volto e le osserva a lungo, attentamente.

FAUST Le mie mani!

Musica: Pink Floyd; "Umma Gumma", -Careful with that axe, Eugene-, parte finale in

sottofondo, a crescere.

FAUST Sono queste le mie mani? È questo il mio volto? Senti come il sangue impetuoso sceglie le sue vie, senti come i muscoli agili danzano. Lucida e vigile è la mente, nitidi i ricordi. Dunque sono vivo, Faust

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è vivo! Uno specchio, uno specchio, datemi uno specchio per questo volto nuovo! Faust si volge verso Mefisto che, lentamente, scopre il suo volto, il volto del vecchio Faust.

Faust urla ed esce correndo di scena. Il vecchio e il nuovo volto di Faust persistono per un certo tempo sugli schermi.

ECONOMIA (6) Uso aberrante della matematica in economia (ma non solo): le percentuali. Esempio: La TOT ha guadagnato oggi il 100%. La TIT ha guadagnato oggi il 10% Quali titoli comprereste? Ovviamente la TOT… Ma vediamo in dettaglio: la TOT aveva un capitale iniziale di 10 (euro, dollari, megaeuro, l’unità di misura non conta) e guadagnando il 100% ha guadagnato 10. La TIT ha guadagnato “solo” il 10%... ma si da il caso che avesse un capitale iniziale di 10.000! e quindi ha guadagnato 10.000*10/100=1000. Chi ha guadagnato di più? Analoghi imbrogli si possono fare con i grafici: se vedete un grafico che si impenna furiosamente, segno evidente di un forte rialzo, non fidatevi! La forte salita può ben dipendere solo dalla “scala” usata. Non voglio fare lezioni di matematica ma solo istillare una sana diffidenza: la matematica è spesso è usata dagli economisti pro domo sua, forse per ignoranza della stessa matematica ma più verosimilmente per ingannare contando sull’ignoranza (purtroppo effettiva) del pubblico.

NEZ ZEN

(storie quasi zen: storia 85)

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Avviso ai naviganti: anche se alcune storie sembrano riferirsi a fatti, personaggi e situazioni della scena politica italiana, si tratta solo di omonimie e fortuite coincidenze… e comunque le storie risalgono a molti anni fa: ora va sicuramente meglio.

Due uomini discutono animatamente in una bella piazza Italiana. “È la Destra che si sta muovendo verso il Centro!” “No, è la Sinistra che si sta muovendo verso il Centro” Un Maestro, casuale ascoltatore, interviene: “Non vi è Destra, non vi è Sinistra… Come potrebbe esserci un Centro?”

Dimensione sogno 8 Un guerriero etrusco, una battaglia contro i romani e i loro alleati. Il guerriero è molto amico di un sannita con il quale, prima dell’ultimo scontro, fa un rito e un giuramento che li obbliga ad aiutarsi reciprocamente. Ha schierati al suo fianco anche molti guerrieri venuti dalla Gallia. In una zona vicina ad un grande lago viene ferito da una freccia, che gli si conficca nella scapola sinistra. L’amico sannita lo porta dentro a una grotta e gli tampona la ferita con una mistura composta di terra e urina. Gli promette che tornerà a riprenderlo e nasconde l’entrata con dei rami. L’Etrusco rimane con la spada nella mano destra e lo scudo sopra le gambe. Passano così le ore, i giorni, gli anni e i secoli.., ma il suo amico sannita non è più tornato.

Era una notte… Era una notte buia e tempestosa. Pioveva a forti scrosci, un muro d’acqua avanti all’ingresso della piccola caverna ove Uruk rannicchiato abbracciava Alak, la sua fedele lancia. Non osava dormire Uruk, non senza il fuoco. Era già stato fortunato a trovare la

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caverna con l’ultima luce, prima della tempesta. Non aveva paura della tempesta, né del fulmine, né del tuono: non lui, Uruk, che aveva oltrepassato le Montagne di Fuoco e aveva cacciato e ucciso il Tharg con la sua lancia. Quante cose da raccontare al ritorno… Ma la sua tribù era ancora lontana e giù in basso tra gli alberi grondanti si alzava di tanto in tanto un suono mai sentito, più forte dello scrosciare dell’acqua, più forte del ruggito del vento, più forte del battito sordo del suo cuore…

Dimensione sogno 11 Il suonatore di spinetta Cammino all’interno di un palazzo. Sono in un lungo e largo corridoio. Odo l’eco dei passi. Ai piedi porto scarpe di vernice nera con fiocchi di raso. Sono appoggiato a un bastone nero con l’impugnatura d’argento. Anche il vestito è nero e vistosi merletti bianchi escono dai polsi. Ovunque è marmo, l’ambiente e l’arredamento sembrano quelli della fine del 1700. Sento di essere in ritardo. Devo raggiungere una certa stanza dove molte persone mi aspettano. Ci sono molte porte e apro la prima che capita. Entro così in una sala gremita di gente. Al centro c’è una specie di pianoforte, molto simile a una spinetta. Mi siedo davanti allo strumento. Lo tocco. Capisco che la gente aspetta che inizi a suonare. Realizzo che in stato di veglia non so suonare, sicuramente farò una brutta figura. La mia immagine si riflette sul legno lucido della spinetta. Sono vecchio...! Le mani sono ossute, al mignolo della destra ho un anello. Il corpo è gracile. Cerco di tirarmi su con il busto ma qualcosa dietro la schiena me lo impedisce. Vorrei svegliarmi ed uscire così da quel corpo, ma non ci riesco. Sono costretto ad accettare quella situazione. Davanti a me c’è uno spartito, lo apro. Vedo le note, ma non so tradurle. Per me sono soltanto segni neri che salgono e scendono. Tra una riga e l’altra distinguo alcune annotazioni fatte con una grafia molto piccola, obliqua verso destra. È la mia scrittura. Sfilo l’anello e lo metto in un taschino. Stropiccio le mani per scaldarle. Poso le dita sulla tastiera e... suono! Una melodia, bellissima e triste, risveglia il ricordo di una terra lontana. Subito dopo cammino per un stradina ciottolosa e in discesa che attraversa un rumoroso mercato di frutta all’aperto. La strada gira poi a destra, in basso c’è una fontana. Proprio di fronte una piazzetta con alcuni palazzi a due piani. Guardo verso l’alto e noto che i tetti sono spioventi, tipici dei paesi in cui nevica molto. Entro in un portone e salgo scale di legno. Arrivo in una stanza, anche qui c’è una spinetta e tre persone con strumenti a corda in mano. Parliamo di molte cose e in particolare di un antico strumento in nostro possesso

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che permette, attraverso le vibrazioni delle sue corde, di superare la barriera del tempo. Tutti insieme ci mettiamo a suonare una musica ed è come se nei nostri corpi penetrasse una nuova forza.

Postscriptum I sogni sul suonatore di spinetta erano ricorrenti e quindi quelle melodie mi diventarono sempre più familiari. Purtroppo, data la mia incompetenza in materia, non riuscivo a trasmetterle agli altri. Un giorno alcuni amici ebbero un’idea. Perché non provare a riprodurre le note che vedevo, durante i sogni, sugli spartiti? Non scendo in dettagli ma alla fine ne nacque un disco e la musica fu sottoposta anche al parere di esperti per individuarne eventualmente l’origine. Su consiglio e in compagnia di alcuni amici, andai anche da un noto esperto che viveva a Venezia. Non fu difficile trovarlo e con il disco in mano suonai alla sua porta. Era un prete. Raccontai, come avevo già fatto con altri esperti, di essere, per puro caso, venuto in possesso di un antico manoscritto. Dalle sue reazioni capii perfettamente che non ci credeva. Decisi allora di dire esattamente come erano andate le cose: i sogni, il vecchio musicista, la sala gremita di persone, l’esecuzione di alcuni brani musicali. Gli amici rimasero sorpresi; gli accordi erano di essere prudenti nel descrivere la versione dei fatti. In fin dei conti a noi interessava solo sapere se quei brani erano stati già scritti da qualcuno. Finito il racconto il prete ci guardò in silenzio e poi disse: “Forse posso aiutarvi, seguitemi nell’altra stanza” . Aprì una porta, si sedette davanti ad un pianoforte e aggiunse: “Prima che io ascolti il tuo disco dimmi se la musica che adesso suonerò è uguale alla tua” . Era molto simile infatti. Chi era l’autore di quei brano? Ci disse: “In trent’anni sei la terza persona che mi racconta di vedere nei sogni e di ascoltare un suonatore di spinetta. In questo caso tu non sei uno spettatore come nelle due precedenti testimonianze. Devi sapere che con la seconda persona, ossessionata dall’avere nei sogni simili episodi, io ho lavorato per circa dieci anni. Alla fine, ricorrendo anche a esperimenti di ipnosi, sono riuscito a comporre il brano che vi ho fatto ascoltare” .

Lingua universale C’è urgente bisogno di una lingua universale. Non dico di abolire le lingue locali (nazionali, regionali, rionali…), ma un cittadino del mondo (globalizzazione…) dovrebbe poter andare in qualsiasi parte del mondo ed essere capace di comunicare. Occorre una seconda lingua comune a tutti, comprensibile e parlata dal Siam all’Alaska… Ci sono state in passato lingue (quasi) universali: la koinè greca in tutta l’area medio-orientale, poi il latino in tutto il mediterraneo e quindi in Europa per quasi 16 secoli. Le ragioni di tale necessità sono tanto evidenti che non spendo parola per illustrarle. Epperò tale necessità è ancora

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più stringente se ci limitiamo all’Europa. L’Europa unita, progettata negli anni ‘50 e avanzata tra mille remore e difficoltà fino all’euro, sarà forse in futuro (temo non prossimo) uno stato (?), una confederazione (?) , ove si parleranno 30 lingue (ufficiali). Una babele. Impossibile. Assurdo. Pensate che nel parlamento europeo ognuno ha diritto (ed è orgoglioso di) di parlare la propria lingua che viene tradotta in tutte le altre. Babele. Vabbè, i politici ci sono abituati. Ma pensate a un corpo militare europeo in cui un ordine, la cui esecuzione dovrebbe essere immediata, debba essere dato 30 volte nelle varie lingue… Se dall’inizio, cioè 60 anni fa, avessimo deciso di insegnare ai bambini dell’Europa una seconda lingua comune, ora avremmo quasi 3 generazioni di europei che parlano la comune lingua europea. Già, direte, ma quale? Qui è il busillis. Infatti ogni nazione tenderà

a difendere il proprio idioma. D’altra parte sarebbe ingiusto che la lingua comune fosse la lingua madre di qualche nazione. I cittadini di tale nazione sarebbero oltremodo avvantaggiati. Si potrebbe adottare una lingua nuova, artificiale, come ad esempio l’Esperanto. È stato già proposto con molte dotte argomentazioni pro e contro. Sarebbe un lingua nata morta, senza storia e cultura alle spalle. Ma potrebbe acquisire storia, duttilità e cultura in seguito. Si potrebbe resuscitare una lingua morta che in Europa sarebbe plausibilmente il Latino. È stato fatto in Israele con l’ebraico. La mia modesta proposta sarebbe di prendere una lingua parlata e quindi viva ma parlata da un modesto gruppo, una piccola minoranza, di popolazione (che avrebbe poi un futuro economico assicurato fornendo traduttori ed insegnanti…). In America potrebbe essere la lingua di una delle tribù aborigene: Sioux, Apaches. In Europa potrebbe essere lo swami, il basco, il ladino. Io voterei per la lingua di San Marino…

Poesia parlarti gli occhi cercanti che pioggia non bagna è come tenaglia che strappa dolori di foglie cadenti le mani tremanti non osano

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averti le labbra serrate dischiuder le notti passate a pensarti straziarti i giorni sprecati aspettano gocce blandenti ritmate bagnanti i visi le mani gli occhi distanti [Bruma: “...e lo stesso cadere è menzogna” ]

NEZ ZEN

(storie quasi zen: storia 322) Zennez se andava passeggiando, meditando non so quali sciocchezzuole, quando cadde in una buca. Zennez ne uscì sorridendo: “Pazienza – si disse – può succedere”. Ma il giorno successivo cadde di nuovo in quella buca. “Questa è proprio sfiga… - disse Zennez – tuttavia è anche una buona occasione per esercitare la virtù della pazienza” Il giorno successivo Zennez cadde per la terza volta nella stessa buca. Preoccupato andò allora dal suo Maestro e, dopo avere esposto la vicenda, chiese: “Illuminato Maestro, forse quella buca è collegata in qualche arcano modo al mio Karma?” Il Maestro sorrise e rispose: “Mio caro Zennez, non preoccuparti: quella buca non ha niente a che fare con il tuo Karma. Il fatto è che tu sei proprio un coglione” (molti, me compreso, sospettano a volte di essere coglioni… ma poi si consolano: forse è solo Karma… Tze, Tze)

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Ruminando su una zattera 100

Dimensione sogno 9 Un capitano di velieri. Una città di mare del Portogallo. Il capitano apre la porta di una bettola. Viene riconosciuto da alcuni marinai che stanno fumando tabacco con pipe strette e lunghe. La loro sorpresa nel vederlo è grande perché era stato ritenuto da tutti morto da tempo. Da circa tre anni non si avevano più sue notizie. Dal giorno in cui il suo veliero si era arenato in un basso fondale. Dopo uno scambio di abbracci gli viene detto che la sua nave è stata recuperata e restaurata. Sono state fatte anche alcune importanti modifiche per permettere la sistemazione di nuovi cannoni che hanno il pregio di avere un tiro più teso e un minore surriscaldamento... stacco… Il capitano cammina in prossimità di una roccaforte a strapiombo sul mare. Sta aspettando qualcuno, ma non sa chi. Arriva una carrozza che gli si ferma vicino. Una mano ricoperta da un guanto nero, con uno stemma ricamato in argento, gli fa segno dal finestrino di avvicinarsi. Quando la carrozza riparte, si trova in mano delle pergamene arrotolate e una borsa di cuoio a forma di sella. Parte con la sua nave. È in mare aperto quando i marinai cantano una bellissima canzone che parla della vita che viene e va come il vento. Arriva in un’isola dove c’è una tristemente nota casa di pena. Fa accendere delle lampade colorate. Alcune barche si staccano dal porticciolo. Vengono fatte salire a bordo un certo numero di persone che parlano una lingua diversa dalla sua. Ci sono ora nuovi ordini: deve raggiungere un paese di una regione molto calda per prelevare una donna dalla quale dipende la soluzione di un difficile problema. Ha uno scontro con alcune navi francesi ed evita di avvicinarsi al porto di Venezia. Riesce a portare a termine la missione. Subito dopo riparte verso delle zone molto fredde. La sua nave ha ora una doppia fila di cannoni ed è quasi tutta verniciata di nero. La poppa, che è stata modificata rispetto alle navi di quel periodo, presenta sopra il ponte solo due piani rialzati.

Contro la sovranità nazionale Sarebbe tempo per un governo mondiale… utopia? Vedremo.

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Ruminando su una zattera 101

È però sicuramente tempo per l’abolizione del concetto di stato sovrano. Concetto obsoleto e sommamente pericoloso. Le nazioni possono tranquillamente continuare, con la propria storia, cultura, identità. Ma lo stato sovrano NO! Lo stato sovrano vuol dire, al nocciolo: quello che faccio al mio interno è cosa mia, non vi riguarda (anche se opprimo, torturo o uccido i miei sudditi ). E soprattutto: posso fare la guerra a chi mi pare e piace. Ecco, anche senza una vera confederazione mondiale, questo non dovrebbe essere permesso. Certo ci sono gli interventi dell’ONU, ma sovente inefficaci e spesso sotto forma di delega ad alcune nazioni (stati sovrani) per fare la guerra ad altri stati sovrani… No! se PINCOLANDIA sgarra ed è riconosciuta colpevole,

dovrebbe essere efficacemente rimessa in riga dall’intervento di tutte le altre nazioni… Non guerra: operazione di polizia. Utopia.

Relativismo culturale Un esempio di come la scienza possa essere citata a sproposito fuori dal suo campo. Sto parlando del cosiddetto ‘relativismo culturale’ contro cui vi sono state autorevoli prese di posizione di religiosi e fortunatamente anche di laici. Cos’è il relativismo culturale? Semplificando al massimo (sempre rischioso!), lo riassumo così: “ Non esistono valori e verità assolute: Einstein ci insegna che tutto è relativo!” Ergo: posso dire quello che voglio senza tema di smentita. Corollario: posso fare quello che voglio, cioè ciò che più mi fa comodo. È sempre inappropriato estrapolare una teoria scientifica in campi non di sua pertinenza… ma la cosa divertente è che Einstein e la relatività (che comunque era stata già introdotta da Galileo) non dicono assolutamente niente di simile! Anzi la ricerca degli ‘invarianti', cioè di ciò che non cambia cambiando riferimento, è parte fondamentale di tale teoria.

Dimensione sogno 19 (sogno di conoscenza)

Sono nella mia stanza alla Casa dello Studente. Con me ci sono tre amici: Angelo che sta come al solito lavorando al tavolo su un qualche congegno elettronico, Franco e Igino

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Ruminando su una zattera 102

seduti con me al centro della stanza sotto la lampada accesa (è notte) e ascoltano una mia ‘dissertazione'. “Vedete – dico – siamo vittima di una illusione: è come se un certa frequenza in una delle bande di emissione dello spettro dell’idrogeno credesse di essere l’atomo di idrogeno. NO! L’atomo di idrogeno è altro, le frequenze emesse sono solo un suo modo di manifestarsi. Così noi crediamo di sapere chi siamo ma in realtà non è così. Noi abbiamo tre corpi… Il primo corpo è …” . A questo punto la stanza scompare e lo vedo. Vedo un brulicare di puntini luminosi di vari colori che si agitano, si ammucchiano, pulsano. Una specie di termitaio colorato, un alveare pieno di energia, vivo ma molto debolmente cosciente. “Ecco – dico – questo è il primo corpo , la prima banda nello spettro. Il secondo corpo è quello

che chiamiamo comunemente IO, cioè Franco, Igino etc. Badate bene che il secondo corpo è doppio, comprende sia il corpo fisico che il quid che chiamiamo anima. Potremmo dire che è una frequenza della seconda banda di emissione dell’atomo ‘uomo'. Solo su questa banda esistono lo spazio e il tempo come noi li concepiamo. Se io ora sono una certa frequenza, le altre frequenze delle stessa banda sono sempre ‘io' ma in un altro tempo e spazio, in un’altra vita… Poi c’è il terzo corpo, la terza banda di frequenza.” E mentre parlo lo ‘vedo', un pulsare ritmico, un’onda di pressione, un colore impossibile… ma cosciente. So che ‘lui’ sa di me (sono pur sempre “io”) e io so cosa lui sta facendo: sta costruendo il ‘tand’ (ovviamente non è questo il nome, anzi la ‘cosa’ non ha un nome. Tand è solo la

traslitterazione al mio livello dovuta alle mie associazioni mentali. In seguito ho anche ricostruito la sua

origine: da un vecchio romanzo di fantascienza!) . Il ‘tand’ mi si presenta come un insieme complicatissimo di ‘curve spaziali’ luminose, intrecciate e colorate, una specie di scultura astratta. Io so che ogni angolo, ogni intersezione, ogni colore hanno un profondo significato. “Vedi “ mi dice il mio terzo corpo : “È completo! Ora devo solo trovare il giusto modo di ‘pronunciarlo', la giusta intonazione, il giusto ‘suono’ e poi saremo liberi!”. Sento che però al mio livello passeranno (il verbo indica una sequenza temporale ed è ovviamente

improprio!) ancora molte vite, molte frequenze. Sono di nuovo nella stanza e dico “Vedete, nel livello del terzo corpo lo spazio e il tempo non esistono, neanche la luce esiste! Questa lampada non emetterebbe luce…” E in quel preciso istante la lampada al soffitto della stanza si spegne. Confusione, apprensione, perplessità… per rassicurarmi domando: “ È partita la corrente?”. Igino, gentile, mi rassicura: ”Sì, deve essere saltata la valvola”. Ma Franco, perfidamente, dice: “Ma và, non senti che Angelo sta lavorando? Come potrebbe farlo senza luce?” . Allora capisco: sto scivolando nel livello, piano, banda di frequenze del terzo corpo, là dove non c’è la nostra luce. (Ora devo tradurre in parole qualcosa,

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un’esperienza, che non è esprimibile in parole). È come se mi fossi affacciato alla porta di una stanza, la stanza del mio terzo corpo. Lui mi saluta e fa “ ah sei tu?”. Io sono spaventatissimo. Lui continua tranquillo a ‘lavorare' ma nel contempo dice:“ti farò vedere cosa succederà”. E allora mi trovo in uno spazio immenso, una pianura sterminata. Al centro c’è una specie di monte fatto da innumerevoli ‘tand’! e intorno ‘volano' punti luminosi, onde, farfalle … che portano altri ‘tand’ , li depositano sul monte e poi li ‘pronunciano'. Sopra sta scendendo una presenza immane, soverchiante, una vibrazione profonda mi squassa. La scena non è in sé paurosa ma io provo una paura terribile e… mi sveglio. Sono a letto nella mia stanza alla Casa dello Studente. La paura mi attanaglia. Accendo la luce ma in qualche modo è irreale. La vibrazione permane per molto tempo.

NEZ ZEN

(storie quasi zen: storia 13849)

Avviso ai naviganti: anche se alcune storie sembrano riferirsi a fatti, personaggi e situazioni della scena politica italiana, si tratta solo di omonimie e fortuite coincidenze… e comunque le storie risalgono a molti anni fa: ora va sicuramente meglio.

Viveva un tempo un grande Maestro dell’arte del Riformismo. Egli era considerato eccellente nella sua arte ed ebbe moltissimi onori, moltissimi Discepoli e gloria duratura. A tarda età si ritirò tuttavia dalla vita pubblica e passò ulteriori anni lontano da tutti, sul suo piccolo Yacht, immerso nella contemplazione del suo baffino. Ma i suoi Discepoli non lo avevano dimenticato e poiché si avvicinava il giorno del suo centesimo compleanno decisero di fargli un regalo davvero speciale. Così si adunarono, lavorarono, sudarono, ma alla fine realizzarono una RIFORMA perfetta, un capolavoro. Esausti ma felici, la incartarono in carta dorata, vi apposero nastrini , coccarde e sigilli e andarono infine a recarla in dono all’anziano e venerato Maestro. Il Maestro sorrise, aprì la confezione, rimirò a lungo il contenuto e infine disse: “ Bella, è veramente bella… Ma cosa è?”

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Me(ta)Faust (4)

QUADRO QUINTO

“Il Portatore di luce”

Buio.

Silenzio.

Ad uno ad uno si accendono ai lati e sul fondo gli schermi televisivi e i monitors dei computer;

su di essi formule, grafici, immagini di moderna tecnologia.

Luci singole su vari personaggi immobili e sparsi sulla scena; un medico, un soldato, un

tecnico, un prete, un giudice, un operaio, etc.

Luce al centro su Mefisto alto su un podio in tubi metallici.

Gli schermi si animano cambiando immagini e suoni che nell'insieme, tra rumori appropriati

alle immagini e spezzoni di frasi e formule, formano un ritmo sempre più cadenzato e infine

parossistico: su questo ritmo si muovono in balletto con movimenti di automi i vari personaggi

convergendo verso la struttura metallica al centro, Mefisto li dirige, quasi direttore di

orchestra; si forma in ultimo una caotica piramide umana con vertice in Mefisto stesso.

Stacco.

P R I M O I N T E R M E Z Z O

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“Sfera” - Escher

Il Diavolo (2) Comparve una notte. Vestito di velluto. Si presentò come “Il Principe della Notte”. Io non compresi se ero sveglio o in un sogno lucido. Quello che mi spaventò fu che sentivo le sue parole “dentro di me” mentre io rispondevo emettendo dei suoni. Durò per tre anni. Il meccanismo era lo stesso. Si presentava in modo corretto, amichevole ed elegante. Io gli chiedevo: “vedi di non mettermi paura...”. Lui, allora, si trasformava. Ora compariva una coda a cuoricino, ora gli zoccoli al posto dei piedi, ora un forte odore di zolfo. Io ero fermo, impietrito, non potevo muovermi in nessun modo e furono notti molto pesanti. Dopo tre anni, appunto, andando a letto pensai, come era logico, che anche quella notte “Il Principe della Notte” si sarebbe presentato… e mi venne da ridere.

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Dissi a me stesso: “ Ma chi glielo fa fare… io non sono morto di paura, questo è certo, e lui ha perso molto del suo tempo inutilmente!” Andai dunque a letto ed eccolo puntuale. Venne e subito notò che a stento mi trattenevo dal ridere. Chiese: “ ma che cosa hai da ridere?” Risposi con forza e velocemente: ” e dai.. sono tre anni che vieni a disturbarmi. Ma chi te lo fa fare?” E lui: “ io vengo da tre anni a disturbarti? Ma guarda che è la tua paura che mi chiama: sei tu che mi disturbi da tre anni e mi fai perdere tempo. Anche se devo ammettere che mi diverto moltissimo a vedere come mi vesti e come metti, su di me, tutti gli accessori

tramandati da santini o disegni o film che tu hai visto! Io sono ben altro. Pensaci quando sarai meno preso da questa tua paura !” Capii immediatamente e lui scomparve per non tornare mai più.

Non è vietato ridere (sorridi ora, domani andrà peggio)

• Classificazione pratica delle discipline scientifiche

Se è verde o si muove, è biologia. Se puzza, è chimica. Se non funziona, è fisica. Se non ha senso, è economia. Se ti fa stare peggio, è medicina (tradizionale). Se non ti fa stare meglio, è medicina (alternativa). Se è, è matematica.

ECONOMIA (7) In Borsa si può comprare a credito… Io non saprei come fare, ma le banche, i fondi di investimento, gli speculatori sì. Cioè si possono comprare diciamo centomila azioni di

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“Pinco Pallino” , diciamo ad un euro l’una, allo scoperto. Si pagherà tra un mese… Ma intanto la notizia si diffonde: le “Pinco Pallino” stanno andando forte! Compriamole! Ovviamente (ovviamente? La “Pinco Pallino”, ammesso che esista… in borsa sono anche quotate imprese inesistenti… sta, questo sì ovviamente, come stava prima, nulla è cambiato) ma le sue azioni, di fronte a tanta richiesta, salgono e dopo un mese possono ben aver “guadagnato” il 10%. Quindi le centomila azioni “comprate” gratis al prezzo di centomila euro possono ora essere rivendute al prezzo di centodiecimila euro. Centomila erano in debito, ma diecimila di guadagno entrano puliti nelle tasche dello speculatore (e pazienza se alla fin fine il conto sarà pagato dai piccoli risparmiatori che ci hanno creduto… de minimis non curat praetor).

Poesia L'impermanenza... facevo castelli di sabbia da piccolo e li difendevo vanamente dalle onde (e ahimè anche dagli altri bambini)

racing against the tide sand, beauty and pride looking out, peering inside

[Haiku di Bruma]

En archè (3)

Da dove veniamo dunque? Bene, sembra che la scienza abbia fornita una risposta alquanto dettagliata. Possiamo anche scegliere a piacere uno dei momenti topici: siamo figli della singolarità, nati dal lampo di luce che liberò la materia, forgiati nel cuore delle

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stelle, concepiti nella straziante agonia delle super-nove. È veramente straordinario che in meno di 4 secoli di evoluzione scientifica, siamo arrivati a dare risposta a quesiti così antichi e fondamentali. In pochi anni abbiamo acquisito la conoscenza di cosa “le cose connette e muove e perché ” 4. Sappiamo come e quando è nato l’Universo, come è strutturato, come funziona e (con alcune incertezze) come finirà. Cosa è rimasto da scoprire? Ben poco, dettagli… Non più misteri, non più sorprese. Ma è veramente così? Va di moda parlare di “fine della scienza”, una fine provocata dal troppo successo della scienza stessa. Non è una novità: alla fine del secolo scorso, dopo la “definitiva” sistemazione teorica della Meccanica e della Termodinamica, dopo la elegante e geniale sintesi Maxwelliana dell’elettro-magnetismo, illustri scienziati dicevano le stesse cose,

grandi Fisici invitavano gli studenti brillanti a cambiare campo di studio, visto che la Fisica era stata praticamente completata (quello che rimaneva da fare era tecnica, ingegneria). Eppure nel giro di pochi anni, le “rivoluzioni” della Relatività e soprattutto della Meccanica Quantistica scossero dalle fondamenta il solido edificio di quella che ora è nota come Fisica Classica. La Natura ha molte più sorprese di quante riusciamo ad immaginare… La scienza, quella vera, poggia su un meccanismo ben collaudato di <errore> - <correzione dell’errore>; detto in altri termini, gli scienziati sono (o almeno dovrebbero essere) sempre pronti a buttare alle ortiche una brillante e collaudata teoria alla luce di nuovi fatti; detto ancora in modo diverso: se uno scienziato vi dice che una cosa è vera, voi aggiungete sempre mentalmente “alla luce delle conoscenze attuali”, se uno scienziato vi dice che una cosa è impossibile, interpretate “impossibile oggi, chissà domani”. La Scienza, e qui è la sua forza, è la terra delle verità provvisorie. Quindi, tornando all’Universo (sigh), le cose sono andate proprio così? Gran parte della serie di eventi riportata sopra, ci viene dalle teorie cosmologiche attuali. Dubbio di fondo: ma la Cosmologia è scienza? Da Galileo in poi, uno dei requisiti fondamentali affinché una qualsiasi teoria possa essere definita “scientifica” è la ripetibilità, la riproducibilità dei fenomeni (e degli esperimenti) trattati dalla teoria stessa. Ovviamente, per sua natura, la Cosmologia non può godere di questo requisito (provate a riprodurre il Big-Bang…). Una seconda proprietà di un “vera” teoria scientifica è nella sua capacità di fare previsioni verificabili (o falsificabili) per via sperimentale (ovvero una teoria scientifica non si deve limitare a “spiegare” i fatti noti in un certo campo, altrimenti, essendo il numero dei fatti noti necessariamente un numero “finito”, benché eventualmente elevato, basterebbe una “qualsiasi” teoria con un numero

4 Bruma, Me(ta)Faust, Prologo in terra.

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sufficiente di parametri liberi per “spiegare” qualsiasi cosa). Ebbene, le “previsioni” cosmologiche, pur incerte, riguardano comunque l’evoluzione finale dell’ Universo e difficilmente saremo là per verificarle (o falsificarle). Perché dunque la Cosmologia ha un fascino così intenso presso i profani e soprattutto perché attrae un così alto numero di fisici brillanti? Ovviamente perché il campo di studio è affascinante, e perché per un fisico è quasi irresistibile la tentazione di portare al limite le conoscenze che abbiamo, estrapolare al massimo quello che sappiamo… E tuttavia questo non è sufficiente per affermare che quanto ho cercato di riassumere sopra (con qualche licenza poetica) sia vero. Innanzitutto si dovrebbe sottolineare che non esiste una unica teoria Cosmologica. Al contrario: negli ultimi anni sono state sviluppate molte teorie anche in forte

contraddizione tra loro. Molte sono nate e , dopo aver brillato nei mass-media e nei congressi di luce effimera, sono morte (senza eccessivi rimpianti). Altre continuano a convivere, con altalenante fortuna. E proprio la difficoltà (se non l’impossibilità) di applicare pienamente il metodo scientifico in questo campo, cioè di sottoporre le teorie stesse al vaglio dell’esperimento, impedisce di discriminare le teorie esistenti e permette il continuo proliferare di sempre nuove teorie. Per esempio, accanto alla teoria del Big-Bang, con le sue numerose varianti, esiste (anch’essa con alcune varianti) la teoria dello “stato stazionario”, dovuta originalmente al famoso astrofisico Fred Hoyle (anche noto come scrittore di fantascienza, nonché come inventore del termine Big-Bang, che nelle sue intenzioni doveva avere però una accezione ironico-spregiativa). Tale teoria dice, in estrema sintesi, che l’Universo non è nato né finirà: era, è e sarà sempre uguale (in media). Tale teoria sembra però aver perso (almeno momentaneamente) la sua battaglia (nel senso di Khun) contro il gruppo di teorie (pur molto diverse tra di loro) che chiameremo globalmente teorie del Big-Bang (o semplicemente Big-Bang). Ma quali sono le prove del Big-Bang? Dopotutto, se dobbiamo rinunciare alla piena verificabilità sperimentale di una teoria cosmologica, dovremmo avere, per compenso, forti motivi “a posteriori” per accettarne una. Detto diversamente: è vero che non basta che una teoria spieghi dei fatti, tuttavia se i fatti (spiegati) sono numerosi e importanti e la spiegazione è particolarmente elegante, saremmo di certo più confortati nel dare fiducia alla teoria stessa (pur sempre con beneficio di inventario!). Su quali e quanti fatti poggia dunque il Big-Bang? Sorprendentemente pochi, anzi in sostanza solo tre (! …sto parlando di fatti sperimentali che riguardano specificamente il Big-Bang, non delle estrapolazioni teoriche tratte da altre teorie accettate, e in varia misura sperimentalmente verificate e verificabili, come la Relatività Generale o la Quanto-Cromo-Dinamica, teorie ampiamente usate nel

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creare la stessa “teoria del Big Bang”). Primo “fatto”: abbiamo scoperto (Hubble) che l’Universo si espande e che la velocità di allontanamento delle Galassie è proporzionale alla loro distanza da noi (come nell’evangelico “a chi ha, sarà dato”, così le galassie più sono lontane maggiormente si allontanano). Secondo “fatto”: la abbondanza relativa di idrogeno\elio nell’Universo sembra essere di tre a uno. Terzo “fatto”: è stato rivelato un fondo di radiazione omogeneo con lo spettro del corpo nero a circa tre gradi Kelvin . Esaminiamo questi “fatti” con un po’ di dettaglio (premettendo già che tutti e tre questi dati possono essere ugualmente spiegati da teorie alternative al Big-Bang, come ad esempio quella dello stato stazionario). Vediamo, dunque. Primo: le altre galassie si allontanano da noi e lo fanno in un modo specifico, cioè con velocità crescente in modo proporzionale alla

distanza. Da questo si potrebbe dedurre che noi siamo in qualche modo il centro dell’Universo, ma questa ipotesi, dopo Copernico e Galileo, non è presa neanche in considerazione dagli scienziati. Resta una spiegazione più semplice: le Galassie sono (in media!) ferme ma lo spazio si sta “gonfiando”. Non è difficile da capire. Prendiamo un elastico di 7 centimetri e disegniamo una striscia nera ad una estremità cioè a zero centimetri, poi una striscia rossa ad un centimetro, striscia arancione a due centimetri, gialla a tre centimetri, verde a 4 centimetri, blu a 5 centimetri, viola a 6 centimetri e infine bianca all’altra estremità, cioè a 7 centimetri. Ora stiriamo l’elastico a velocità costante (per esempio raddoppiandone la lunghezza ad ogni secondo). È ovvio che le strisce colorate, pur ferme rispetto all’elastico (sono disegnate sull’elastico!) si allontaneranno tra loro. Con che velocità ? Ricordiamo che la velocità (media) di un punto rispetto ad un altro è data dalla variazione della distanza tra i due punti diviso il tempo in cui tale variazione si è verificata. Mettiamoci “a cavallo” della striscia gialla e guardiamo allontanarsi tutte le altre strisce. Bene, la rossa, che era alla nostra sinistra di un cm., dopo un secondo sarà sempre a sinistra ma a due cm. (la lunghezza dell’elastico è raddoppiata!). Quindi diciamo che si sta allontanando da noi verso sinistra alla velocità di 1 cm\sec (un centimetro al secondo). Che cosa succede alla striscia verde alla nostra destra? Era ad un cm. poi dopo un secondo a due cm. e quindi anche essa si allontana da noi sempre alla velocità di 1 cm\sec ma verso destra. Vediamo ora le strisce a distanze diverse. La striscia blu era a 2 cm., dopo un secondo è a 4 cm.: quindi si sta allontanando da noi alla velocità di 2 cm\sec, esattamente il doppio della velocità della striscia verde, dato che doppia era la distanza iniziale; la striscia viola era a 3 cm., dopo un secondo è a 6 cm. e quindi viaggia a 3 cm\sec, tre volte la velocità della striscia verde come tre volte era la distanza iniziale. È anche chiaro che se avessimo cambiato la nostra posizione, per esempio se ci fossimo

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posti “a cavallo” della striscia verde, avremmo visto qualitativamente la stessa cosa, cioè la striscia gialla, posta all’inizio a 1 cm alla nostra sinistra , si sarebbe allontanata da noi alla velocità di 1 cm\sec verso sinistra, la striscia viola posta inizialmente a 2 cm. a destra si sarebbe allontanata da noi verso destra con velocità doppia e così via. Cioè tutte le strisce si allontanano da tutte le altre strisce, con velocità proporzionale alla loro distanza. Immaginiamo ora elastici in tutte le direzioni e immaginiamo che le strisce siano galassie: il loro peculiare moto di recessione non richiede quindi un centro dell’Universo ma solo uno “stiramento” degli elastici, cioè una espansione dello spazio. Elegante e convincente, tanto più che quando Hubble scoprì questo moto di recessione negli anni venti erano già note soluzioni delle equazioni della Relatività Generale che, con grande scorno di Einstein

stesso, “prevedevano” un Universo in espansione (Einstein credeva, come quasi tutti i Fisici allora, che l’Universo fosse eterno e stazionario, tanto che modificò le sue equazioni introducendo una misteriosa “costante cosmologica” in modo da ottenere soluzioni che si adattassero a questo suo pre-giudizio…). Questa concomitanza tra sorprendenti osservazioni astronomiche e una soluzione teorica già nota fu irresistibile: l’espansione dell’Universo divenne un “fatto” indiscutibile! E quale era la “conseguenza logica” di questa espansione? “Se l’Universo sta diventando più grande, evidentemente prima era più piccolo (logica di Catalano), e quindi all’inizio piccolissimissimo: una singolarità”. Penso che a nessuno sfugga la forzatura in questa deduzione. Se qualcosa sta crescendo è certamente vero che per un certo tempo precedente doveva essere più piccola, ma non necessariamente per tutto il tempo (i palloni possono essere gonfiati e sgonfiati a piacere… e in effetti sono stati proposti modelli “oscillanti” dell’Universo). Ma, soprattutto, nessuno si sognerebbe di dire che un albero che cresce, un pallone che si gonfia, all’inizio dovessero essere una singolarità. Questa parte non è evidentemente frutto dell’evidenza sperimentale, bensì delle peculiari soluzioni delle equazioni di campo relativistiche (sottolineo, non le uniche soluzioni e comunque soluzioni di una teoria che è sicuramente incompleta - nessuno infatti è finora riuscito a conciliare la relatività generale con la meccanica quantistica - e comunque , anche nei suoi limiti, non ancora unanimemente accettata dalla comunità scientifica). È dunque chiaro che questa “evidenza sperimentale” a favore del Big-Bang sia quantomeno fragile (e spero che sia altresì chiaro come le cosiddette “verità scientifiche”, che in genere vengono ammannite al pubblico e dal pubblico recepite come “assolute”, se viste anche solo un po’ più da vicino, diventano più sfumate, mediate, problematiche). Ma vi è anche un problema più serio, un problema tecnico che dovrò necessariamente trattare in modo molto superficiale. È il problema della

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misurazione delle distanze in astronomia. In realtà siamo in grado di misurare in modo sicuro (cioè con collaudate tecniche di misurazione) le distanze di stelle fino a soli pochi anni luce. Si pensi per converso che solo il diametro della nostra galassia è (sembra!) di 100.000 anni luce, che la galassia più vicina è a milioni di anni luce, che la nostra galassia fa parte di un ammasso di galassie che fa parte di un super-ammasso di ammassi di galassie… e che gli oggetti più lontani “visti” sono a 15 miliardi di anni luce… Come facciamo a saperlo? Come facciamo a misurarlo? Sono stati sviluppati metodi, molto ingegnosi, molto complicati e molto teoria-dipendenti (e quindi poco sperimentali) per misurare le distanze astronomiche, metodi che pensiamo validi almeno all’interno del nostro gruppo di galassie. Questi metodi, per loro natura, sono sottoposti a continue

revisioni mano mano che cambiano le nostre conoscenze teoriche. In effetti il valore “vero” della costante di Hubble, che misura la velocità di recessione delle galassie e quindi, indirettamente, l’età presunta dell’Universo, ci è ancora ignoto: la stima di questa costante (e quindi dell’età dell’Universo) è cambiata anche in modo considerevole nel corso degli anni, tantochè inizialmente sembrava che l’Universo non potesse avere più di 5\10 miliardi di anni, in aperto contrasto con l’età della terra, stimata dal decadimento dei materiali radioattivi, e soprattutto con la distanza\età di alcuni oggetti astronomici che risultavano paradossalmente più vecchi dell’Universo! Per le distanze davvero grandi esiste in realtà un solo metodo di misurazione: la misurazione del red-shift, cioè dello spostamento a frequenze più basse del normale della luce emessa da una sorgente in allontanamento, spostamento dovuto al ben noto “effetto Doppler” (per capirci, è lo stesso fenomeno per cui il suono di una sirena in avvicinamento sembra più acuto <blu-shift>, mentre se la sirena si allontana il suono sembra più cupo <red-shift>). Quindi Hubble e i suoi epigoni, in realtà, misurano i red-shift delle galassie: poi, supponendo che tali red-shifts siano dovuti ad effetto Doppler e quindi ad un allontanamento delle galassie stesse, deducono, da note formule, la velocità di allontanamento. Confrontando queste velocità con le distanze delle Galassie, quando queste distanze possono essere misurate indipendentemente!, si deduce la legge di Hubble, cioè la proporzionalità distanza\velocità di recessione. Notare che la fascia di distanze per cui questo è possibile è molto limitata: infatti i moti locali, indipendenti dalla eventuale espansione dell’Universo, fanno sì che molte galassie vicine non seguano affatto la legge di Hubble (addirittura molte galassie sono in avvicinamento alla nostra e mostrano quindi un blu-shift) mentre per galassie molto lontane di fatto non esistono metodi per misurarne la distanza… a meno che… a meno che non si prenda per buona la legge di Hubble stessa e quindi dal red-shift si ricavi la velocità e dalla velocità la

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distanza. Capirete che il dubbio di essere caduti in un vizioso ragionamento circolare è difficile da eliminare: la legge di Hubble ci dice che la velocità è proporzionale alla distanza ma la distanza è calcolata usando la legge di Hubble! (J. Hart, nei suoi fumetti su simpatici omini primitivi, mette spesso il protagonista, B.C., alle prese con un vocabolario, ovviamente di pietra!, in cui trova definizioni del tipo: “animale: vedi essere animato”, “essere animato: vedi animale”). Chi ci dice che la legge di Hubble possa essere estrapolata a distanze (e conseguentemente a tempi) molto maggiori di quelle in cui è stata (difficoltosamente) derivata? Il red-shift di numerosissime Galassie è veramente frutto del solo effetto-Doppler? Le galassie si stanno effettivamente allontanando? Esistono spiegazioni alternative per tutto questo? La risposta è SI: esistono spiegazioni

alternative e per il red-shift e per la recessione delle galassie (senza dover ricorrere al Big-Bang). Di più: da decenni uno scienziato tedesco, H. C. Arp (già collaboratore di Hoyle) sta sostenendo (e perdendo) una impari lotta con l’establishment scientifico, accusando quest’ultimo di ignorare volutamente dati sperimentali in contraddizione con le teorie “in vigore”. Se fosse vero, sarebbe gravissimo: un vero tradimento dello “spirito” e della deontologia scientifica… Ma che cosa ha scoperto Arp, già negli anni ’70, che sembra così difficile da accettare? Semplicemente che alcuni oggetti stellari (quasars) con altissimi red-shift e quindi, secondo le teorie attuali, “ipso facto” lontanissimi e antichissimi, risulterebbero in realtà collegati, fisicamente congiunti, a galassie con bassi red-shift, e quindi molto più giovani e vicine… Ergo, se così fosse, il red-shift non sarebbe atto a misurare le distanze delle galassie e il primo “fatto sperimentale” su cui poggia la teoria del Big-Bang, non sarebbe affatto un “fatto”. Veniamo ora al secondo “fatto” alla base delle teorie del Big-Bang, cioè l’abbondanza stimata degli elementi leggeri, idrogeno ed elio, nell’Universo (circa il 25% di elio, il resto quasi tutto idrogeno). Perché questo dato è portato a prova del Big-Bang? Perché calcoli teorici già negli anni ’60, riuscirono a stimare che, grosso modo, questa dovrebbe essere la percentuale frutto della nucleosintesi nei tre primi tre minuti di vita dell’Universo (ovviamente ipotizzando che ci fu il Big-Bang!). In sé, questa stima teorica, basata sulle nostre conoscenze attuali della fisica delle alte energie, è mirabile. E tuttavia la Natura e la Scienza sono ricche di sorprese… Infatti è sempre più largamente accettato nella comunità scientifica che, per spiegare anomalie gravitazionali sperimentalmente osservate, si debba ritenere che per ora riusciamo a vedere solo una piccola frazione della materia presente nell’Universo, circa il 10%. In altri termini, non vediamo, con i nostri strumenti, ben il 90% della materia dell’Universo! La caccia sperimentale e teorica a questa “materia oscura” è in corso, tuttavia sembra chiaro che le

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sue proprietà dovrebbero essere assai “esotiche” e sorprendenti, mentre non è affatto chiaro come collocare la genesi di tale materia nell’ambito del Big-Bang. Veniamo al terzo “fatto”: la radiazione di fondo, il fossile del “fiat lux”. Il grande fisico Gamow in una prima rudimentale teoria del Big-Bang già negli anni ’40 aveva ipotizzato l’esistenza di una radiazione di fondo a micro-onde come residuo della esplosione iniziale. Tale radiazione fu poi scoperta accidentalmente (come spesso avviene) da Penzias e Wilson, a metà degli anni ’60 (tra parentesi, ci guadagnarono un Nobel…). La scoperta fu considerata la prova decisiva a favore del Big-Bang. Perché è così peculiare questa radiazione? Perché sembra non avere una sorgente definita, sembra venire da tutte le direzioni, e mostra la struttura caratteristica del “corpo nero”, cioè di una fonte originale in equilibrio termico a

una temperatura che ora è bassissima (270 gradi centigradi sotto lo zero) ma che, considerando le correzioni dovute al red-shift (ancora!), potrebbe essere stata inizialmente molto alta. La radiazione di fondo potrebbe ben venire da un inizio di Universo caldissimo. Il punto principale comunque è la omogeneità di tale radiazione, che è difficile da spiegare senza una espansione dello spazio, mentre è naturale nel contesto del Big-Bang. Proviamo con una analogia: immaginate di avere un grande pallone omogeneamente colorato di un pallido rosso. Immaginate di sapere che è stato colorato con un piccolo pennello: tuttavia, per quanto lo guardate attentamente da vicino, non riuscite a scorgere traccia delle singole pennellate. Pensereste sicuramente che tale uniformità deve essere stata molto difficile da ottenere, che sia quindi opera di un grande maestro del pennello… Invece no, è facile: basta infatti colorare il pallone quando questo è completamente sgonfio e la superficie è molto piccola. Solo dopo si gonfia il pallone e così le piccole inevitabili imperfezioni si diluiranno su una superficie molto vasta diventando in pratica impercettibili (questa analogia offre un altro spunto: se il colore era rosso acceso, una volta gonfiato il pallone l’intensità del colore diminuirà, così come è diminuita la temperatura della radiazione). Bello e convincente. E tuttavia… e tuttavia, guardando più attentamente, quelle piccole variazioni/imperfezioni devono esserci: le abbiamo di fatto cercate con speciali satelliti ma sono risultate molto più piccole di quanto si pensasse. Così uno dei punti di forza del Big-Bang è inopinatamente divenuto un problema per la teoria stessa. Infatti una radiazione di fondo troppo omogenea è indice di uno stato iniziale di quella che abbiamo chiamato “era della materia” molto omogeneo. Ma l’Universo attuale non è affatto omogeneo, neanche su grande scala. Come già detto, abbiamo stelle e galassie e ammassi di galassie e ammassi di ammassi di galassie e superstrutture veramente giganti, come la cosiddetta “grande parete”, inframmezzate da zone di vuoto

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altrettanto enormi (qualcuno ha recentemente ipotizzato che l’Universo abbia una struttura frattale). Allora come si sono formate queste strutture da uno stato iniziale altamente uniforme? Benché sappiamo veramente poco sulla genesi delle Galassie, è stato calcolato che la formazione di un super-ammasso del diametro di 2,5 miliardi di anni luce richiederebbe almeno 100 miliardi di anni. Bene, tali super-ammassi esistono e quindi dovrebbero essere ben più vecchi dell’Universo stesso… se il Big-Bang ci fu veramente. Sorvolerò su altri problemi, pur attuali e importanti e su alcune teorie ben più fanta-scientifiche del Big-Bang stesso. Solo alcuni cenni. Abbiamo detto che dall’energia si può formare materia: vero, ma la materia nasce sempre accoppiata con una pari quantità di antimateria, un elettrone nasce sempre insieme ad un positrone, un quark insieme ad un

antiquark. Così il mondo può nascere dal “nulla”, ma strettamente abbracciato all’anti-mondo. Eppure non vediamo traccia di questo anti-mondo, l’unica anti-materia che abbiamo osservato è stata creata, recentemente e in piccole quantità e per tempi brevissimi, nei nostri laboratori. Che fine ha fatto quindi l’antimateria? Nonostante alcuni contorti tentativi di spiegazione proposti, in realtà non lo sappiamo. Ci sono poi altri problemi “tecnici” in parte risolti dall’inflazione, in parte ancora misteriosi. Degno di nota è quello delle condizioni iniziali e delle “costanti”. In estrema sintesi: si pensa che le leggi che regolano questo Universo e il valore delle costanti fondamentali che regolano l’azione di tale leggi siano “emerse” insieme all’Universo stesso nel Big-Bang (nel senso che, se potessimo replicare il Big-Bang, avremmo altre leggi e altre costanti 5). Il punto è che la “regolazione”, il “tuning” di tali leggi e del valore di tali costanti (la G della gravitazione, la h di Planck, la costante alfa di struttura fine…) appaiono troppo “perfetti” per essere frutto del caso. Spiego: è stato osservato che se cambiassimo anche di pochissimo il valore anche di una sola di tali costanti, l’Universo risultante sarebbe diversissimo da quello attuale. Di più e sorprendentemente: nella stragrande maggioranza di queste possibili variazioni, l’Universo risultante sarebbe immensamente squallido! Piccolissimo, o senza materia, o troppo freddo o dalla vita troppo breve… Mistero! chi ha regolato le cose in modo così mirabile da ottenere un improbabile Universo “interessante”, come quello in cui viviamo? Un tema diventato caro agli scrittori di fantascienza (anche perché spesso la fantascienza è scritta da scienziati, che hanno così modo di divulgare idee estreme, non pubblicabili ancora su riviste scientifiche…) ma un tema popolare anche nei convegni di Cosmologia. Una possibile “spiegazione” è nella serie di teorie che prevedono molti

5 Problema: questa formazione è essa stessa regolata da super-leggi?

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(infiniti?) Universi, o in successione (i respiri di Brahma, creazione e pralaya si susseguono in diverse ere cosmiche), oppure coesistenti (schiume di Universi, noi saremmo semplicemente in una delle tante, forse infinite, “bolle”). Se infatti il nostro fosse solo uno degli Universi possibili o in atto, potrebbe scattare il “principio antropico”: non ci deve meravigliare che la nostra esistenza è molto, molto improbabile; infatti, dato che ci siamo, ovviamente siamo in uno di quei pochissimi Universi in cui la nostra esistenza è possibile… Scienza? Filosofia? Tautologia? Forse poesia? I confini sono sfumati… e dunque, ancora, da dove veniamo? Io credo che la risposta più onesta per uno scienziato sia: non lo sappiamo, dati insufficienti.

Dati insufficienti.

(segue)

Poesia Acque, acque e nuvole Vedere questi occhi cadere i piani scoscesi incurvati universi sospesi su cime imbevute di notte, di terra, di assenza Risale la luce al cielo che glabro si addensa d’opale e cinabro Crepuscolo L’ora che mente sospende, e cielo e terra raggruma, il ponte che ai mondi s’appende, e il dato d’ignoto consuma [Bruma: “...e lo stesso cadere è menzogna” ]

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Razzismo

Sembra che il razzismo sia un male ineliminabile. Tu lo uccidi e quello rispunta. Forse sarebbe meglio non parlarne. Ma no, non siamo struzzi.

Così avrei una proposta, per ora fantascientifica, ma domani chissà.

Dunque, si proponga e si finanzi una ricerca per trovare un metodo, tecnica, medicina.. per cambiare il colore della pelle.

Dopodichè si imponga che ogni persona debba cambiare ogni tot anni il colore della propria pelle: tot anni azzurro, tot anni nero, tot anni a pallini rosa…

Dovrebbe funzionare… almeno per quanto riguarda il razzismo fondato sul colore della pelle. Non dubito che spunterebbero nuovi (?) razzismi basati sulla forma del naso, dello zigomo, dell’alluce sinistro.

Pazienza… un problema alla volta, please!

NEZ ZEN

(storie quasi zen: storia 1000)

Zennez chiese al maestro: "Illuminato Maestro, quando è giusto parlare e quando invece è giusto tacere?" Il Maestro rispose: "Se hai qualcosa da dire, allora è certamente giusto dirla. Se invece non hai qualcosa da dire, allora è certamente giusto non dirla."