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DESCRIZIONE DEI PENEIDI
SISTEMATICA NEI PENEIDI
Penaeus japonicus Bate 1888 appartiene al Phylum Artropodi, classe Crostacei, sottoclasse
Malacostraci, ordine Decapodi, sottordine Macruri natanti, famiglia Peneidi.
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Phylum Arthropoda
Il gruppo include l’80% di tutte le specie animali e mostra un ampio spettro di adattamenti
ad ecosistemi diversi. La caratteristica principale del taxon è la presenza di un esoscheletro
chitinoso. La chitina (acetato di un polisaccaride ad alta percentuale di glicosammina) è
una sostanza molto particolare, che rende la cuticola degli artropodi relativamente rigida e
impermeabile ma che pone, sul piano delle strategie evolutive, due problemi da superare:
come muoversi e come accrescersi. Il primo è risolto con la suddivisione in placche rigide
alternate a giunture sottili e flessibili (basti pensare ai segmenti addominali di un gambero),
il secondo con il periodico ricambio dell’intero esoscheletro, fenomeno noto col termine di
muta o ecdisi. Alla struttura dell’esoscheletro è associato un insieme di appendici
articolate, con funzioni diverse, legate all’alimentazione, al movimento, ecc., da cui prende
il nome il phylum stesso.
Esso comprende animali con appendici cefaliche in forma di antenne, mandibole e maxille,
e con occhi composti. Le antenne sono recettori meccanici che nei gamberi funzionano in
particolare come percettori delle vibrazioni. Mandibole e maxille fanno invece parte
dell’apparato boccale e possono servire per triturare e sminuzzare le prede e/o per
convogliare flussi d’acqua verso le branchie. Gli occhi composti sono costituiti da migliaia
di sub-unità dette ommatidi.
Classe Crustacea
Comprende 26.000 specie, in gran parte marine. Queste si differenziano dagli altri
mandibolati per il fatto che dispongono di due paia di organi di senso preorali:
le 1e antenne, o antennule, dotate sia di flagelli chemorecettivi che di statocisti, che
presiedono alla regolazione dell’equilibrio;
le 2e antenne, o antenne, specializzate nella percezione delle vibrazioni.
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La classe è tradizionalmente suddivisa in Entomostraca (gruppo privo di significato
sistematico, che include le forme di dimensioni minori, quali le pulci d’acqua, i balani, i
copepodi) e Malacostraca (sottoclasse vera e propria).
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MORFOLOGIA NEI PENEIDI
Generalità
Nel corpo di un Peneide si distinguono due porzioni ben definite: cefalotorace e addome
(per le figure vedere Penaeus japonicus Bate 1888 di segito).
Il cefalotorace, costituito dalla fusione di testa (5 appendici) e torace (8 appendici), è
ricoperto da un robusto carapace caratterizzato a sua volta da un rostro dentato e da una
serie di solchi, carene e spine, che hanno spesso valore tassonomico.
L’addome è suddiviso in sei segmenti e ognuno di essi porta un paio di appendici
biramose. In particolare, vi sono alcune peculiari trasformazioni a livello del l°, 2° e 6°
segmento addominale. Petasma (morfologia esterna ) e appendice masculina, che
costituiscono, la porzione esterna dell’apparato genitale maschile, non sono altro infatti che
gli endopoditi trasformati delle appendici del 1° e del 2° segmento addominale,
rispettivamente.
Gli uropodi invece, che affiancano la terminazione appuntita del 6° ed ultimo segmento,
detta telson, rappresentano le espansioni appiattite di endopoditi ed esopoditi.
Se volessimo “smontare” un gambero, mettendone in fila nell’ordine i pezzi che lo
compongono, otterremmo ciò che si può osservare nella tavola seguente. Ai diversi somiti
cefalici, toracici ed addominali sono associabili le parti indicate nella tavola.
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Tavola della morfologia esterna di un Peneide * nella foto assieme al petasma ** la foto non le riporta
Occhi
Gli occhi sono peduncolati e mobili. Si tratta di occhi composti, in quanto costituiti da
migliaia di sub-unità radiali note col nome di ommatidi. Ogni ommatidio si articola in una
serie di strutture deputate alla visione: la lente corneale, il cristallino, le cellule retiniche, le
fibre nervose e così via, I Peneidi sono in grado di adattare la visione a condizioni di luce
intensa o debole. Essi possono infatti modificare la disposizione del pigmento che circonda
il cristallino in ogni singolo ommatidio. Se il pigmento è concentrato (adattamento alla
luce debole) la luce può passare liberamente da un ommatidio all’altro, se invece è
disperso (adattamento alla luce intensa) ogni ommatidio funziona come un’unità
Morfologia esterna
T E S T A
1) 2) 3) 4) 5) 6)
occhio 1e antenne o antennule 2e antenne o antenne mandibole** 1e maxille, o maxillule** 2e maxille o maxille**
T O R A C E
1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9)
1° paio di massillipedi 2° paio di massillipedi 3° paio di massillipedi 1° paio di pereiopodi 2° paio di pereiopodi 3° paio di pereiopodi 4° paio di pereiopodi 5° paio di pereiopodi segmento addominale con petasma
A D D O M E
1) 2) 3) 4) 5) 6)
1° paio di pleopodi* 2° paio di pleopodi 3° paio di pleopodi 4° paio di pleopodi 5° paio di pleopodi uropodi e telson
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otticamente indipendente. Nel primo caso la visione è data dalla sovrapposizione di
immagini, nel secondo dalla loro apposizione (immagini multiple). Le due modalità visive
sarebbero in relazione con la percezione dei colori e con quella del movimento,
rispettivamente.
Antennule e antenne
Le antennule, o 1e antenne, si articolano lungo un peduncolo tri-segmentato al termine del
quale si estendono due brevi flagelli a funzione olfattiva. Nel primo segmento è scavata
una sorta di nicchia in cui l’occhio può essere adagiato e pulito grazie alla presenza di un
vero e proprio “spazzolino mobile”, detto prosaterma.
Alle antennule è anche associato il senso dell’equilibrio, grazie alla presenza delle
cosiddette statocisti. Entro apposite cavità, infatti, un piccolo corpo solido (in genere un
aggregato di granuli di sabbia), detto statolite, è associa to a numerose setae sensoriali. Gli
spostamenti dello statolite, modificando l’assetto spaziale delle setae, fanno percepire
all’animale la sua posizione rispetto alla gravità.
Nelle antenne, o 2e antenne, si distinguono due elementi fondamentali: una sorta di lamina
appiattita, detta scafocerite, ed un lungo flagello. La prima, mobile, funziona come
stabilizzatore idrodinamico durante il nuoto e partecipa, durante l’affondamento nel
substrato, alla formazione del canale inalante (tubo respiratorio) attraverso il quale l’acqua
fluisce verso le branchie;il secondo è invece un recettore meccanico particolarmente
sensibile alle vibrazioni.
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Apparato boccale
Fanno parte dell’apparato boccale le mandibole, le le e le 2e maxille e i massillipedi. Le
mandibole e le maxille servono per sminuzzare e triturare le prede. Contemporaneamente,
il movimento ritmico della porzione laminare delle 2e maxille, detta scafognatite, serve a
convogliare un flusso d’acqua verso le branchie.
Le tre paia di massillipedi fanno anch’esse parte dell’apparato boccale e la loro forma fa
pensare a funzioni in parte assimilabili a quelle delle maxille, in parte legate alla pulizia e
in parte di tipo sensoriale.
Apparato digerente
All’apparato boccale fanno seguito un breve esofago ed uno stomaco provvisto di piastre e
denticoli calcareo-chitinosi per la triturazione del cibo ingerito. Un voluminoso
epatopancreas, o ghiandola digestiva, si apre con propri dotti nello stomaco, e le sue
funzioni principali sono riferibili alla digestione e all’assorbimento. Un lungo intestino
attraversa l’intera porzione addominale fino all’ano, localizzato nell’ultimo segmento.
Pereiopodi
Le prime tre paia di pereiopodi terminano con una chela (pinza), e sono ricche di setae
sensoriali. Hanno funzione esplorativa e prensile, oltre che locomotoria (come le ultime
due paia, non chelate); alla base di tutti i pereiopodi è visibile un esopodite ridotto o
vestigiale.
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Pleopodi
I pleopodi deI 3°, 4° e 5° segmento addominale sono simili tra loro per forma e
dimensioni, i due rami che costituiscono ogni arto natatorio sono appiattiti (con l’esopodite
un po’ più lungo dell’endopodite) e risultano così adattati al nuoto. Si è prima accennato al
dimorfismo sessuale a livello del 1° e del 2° segmento addominale e alle modificazioni
strutturali (uropodi) a livello del 6°.
Ghiandole antennali
In generale, i Peneidi sono crostacei spiccatamente eurialini e possono quindi colonizzare
ambienti caratterizzati da ampie e spesso repentine variazioni di salinità. Ciò avviene
grazie alla loro capacità di regolare (eliminando o assorbendo acqua e sali) la pressione
osmotica dei liquidi corporei facendola oscillare entro un range assai contenuto, anche in
presenza di rilevanti variazioni esterne. Le ghiandole antennali sono spesso considerate
veri e propri organi escretori, ma in realtà la maggior parte dei cataboliti azotati è
eliminata, in forma di ammoniaca, attraverso le branchie. Si tratta dunque di ghiandole che,
insieme alle stesse branchie, rappresentano le sedi principali della regolazione ionica ed
osmotica.
Apparato tegumentale
Il tegumento dei Peneidi, in confronto a quello di certi granchi ed astici, ad esempio, è
relativamente sottile e flessibile, e poco calcificato. Lo spessore può variare dai 5 µm delle
appendici più minute ai 75 µm del carapace degli adulti (in Metapenaeus sp.; Dall, 1965).
Dall et al. (1990) distinguono nella cuticola dei Peneidi tre strati principali: epicuticola,
esocuticola ed endocuticola. Il primo, più esterno, spesso 3-4 µm, è a sua volta pluri-
stratificato, non contiene chitina. Gli altri due sono costituiti da una matrice laminare a
base di chitina e proteine, nella quale trovano spazio depositi di cristalli di calcio. Sotto
l’epicuticola è anche presente uno strato pigmentato, responsabile della colorazione
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dell’animale.
L’epitelio sottostante la cuticola, e deputato alla sua secrezione, è l’epidermide, da cui si
protendono verso l’esterno canali porosi (con funzione probabilmente legata agli scambi
gassosi attraverso la cuticola), setole e spine (con funzioni sensoriali) e dotti di ghiandole
tegumentali. Natura chimica e spessore dell’epidermide e della cuticola subiscono notevoli
cambiamenti durante le diverse fasi del ciclo di inter-muta.
Apparato circolatorio
Da un cuore di forma trapezoidale, dotato di piccole aperture dette ostii, origina un insieme
di arterie, arteriole e vasi minori che consente ai liquidi circolanti di raggiungere ogni
regione corporea. L’apparato circolatorio è del tipo cosiddetto “aperto”, poiché l’emolinfa
ritorna al cuore dalle branchie e da tutte le regioni periferiche non già attraverso un sistema
di veri e propri vasi, ma fluendo lungo una serie di seni comunicanti con gli spazi (lacune)
tissutali entro i quali si riversano le ramificazioni finali della rete arteriosa.
Il sangue dei Peneidi contiene differenti tipi cellulari (amebociti granulari e agranulari) con
funzioni che vanno dalla fagocitosi alla coagulazione. Nel plasma si trova inoltre disciolto
il pigmento respiratorio emocianina, una metallo-proteina il cui metallo, il rame, è legato a
residui di amminoacidi nel sito attivo della molecola. La forma ossigenata dell’emocianina
è bluastra, mentre quella deossigenata è incolore.
Apparato respiratorio
Le branchie, localizzate sotto espansioni laterali del carapace dette branchiostegiti, sono la
sede degli scambi gassosi. Ogni ramo branchiale è costituito da un asse principale dal
quale originano una serie di espansioni laterali appaiate; ogni espansione, a sua volta,
produce un insieme di filamenti perpendicolari che si sdoppiano, biforcandosi, nella
porzione terminale. In tal modo si sviluppa notevolmente la superficie totale di scambio ed
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aumenta l’efficienza della funzione respiratoria.
I Peneidi mostrano in generale spiccate abitudini fossorie. Ad insabbiamento avvenuto,
tuttavia, la respirazione è assicurata da un flusso d’acqua continuo generato dall’azione di
pompaggio dello scafognatite (porzione laminare della 2a maxilla). L’acqua viene
convogliata lungo il cosiddetto tubo o canale respiratorio, formato dalla superficie
superiore dello scafocerite (porzione antennale a forma di lamina appiattita) e da quella
inferiore delle antennule. Raggiunte ed irrorate le branchie, l’acqua fuoriesce dal bordo dei
branchiostegiti.
Sistema nervoso
Dal cervello, costituito da tre lobi distinti: protocerebro, deuterocerebro e tritocerebro,
origina un anello circumesofageo al quale seguono una catena gangliare toracica ed una
addominale. Il cordone nervoso è ben visibile in corrispondenza della superficie ventrale di
un gambero. Da ogni ganglio si dipartono nervi diretti verso i differenti distretti corporei.
Le strutture nervose presenti nel peduncolo oculare (con natura eminentemente
neurosecretoria) sono in parte ascrivibili allo stesso cervello e sono comunque associate ai
gangli del sistema nervoso centrale (SNC).
Sistema endocrino
Il complesso oX-gds è situato nel peduncolo oculare. Le cellule neurosecretrici dell’organo
X producono gli ormoni inibitori della muta (MIH, o moulting inhibiting hormone) e della
riproduzione (GIH, o gonad inhibiting hormone). Da qui i due ormoni (probabilmente di
natura peptidica) vengono poi trasportati per via intraassonica fino alla ghiandola del seno,
dove vengono accumulati fino al rilascio nei seni vascolari adiacenti.
L’organo Y o ghiandola della muta, o ghiandola ventrale è costituito da un paio di
corpuscoli appaiati di origine epiteliale (Dall et aI., 1990), localizzati nella porzione
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antero-superiore della camera branchiale. Si tratta della presunta sorgente degli ormoni
ecdisteroidi stimolanti la muta (MH, o moulting hormones).
La ghiandola androgenica ha sede in corrispondenza della porzione terminale del dotto
spermatico. Secerne uno o più ormoni (AH o androgenic hormone/s) che determinano non
solo i caratteri sessuali secondari e il comportamento sessuale, ma anche la
differenziazione del testicolo e dei primordi del dotto spermatico e la normale
spermatogenesi (Adiyodi e Adiyodi, 1970). I tipi cellulari che compongono la ghiandola
riportano a funzioni secretorie e di sintesi proteica che lasciano ipotizzare un ormone
androgenico di natura peptidica.
Il cervello e ganglio toracico sono le probabili sedi di produzione dell’ormone GSH (o
gonad stimulating hormone) che promuove la maturazione gonadica.
Le recenti acquisizioni sulla natura e la struttura dell’organo mandibolare rivelano alcune
importanti affinità con gli insetti. La sintesi di ormone giovanile OH o juvenile hormone),
di cui il metilfarneosato (MF) è il precursore, è regolata, ad esempio, negli insetti,
dall’azione inibitente/stimolante di neuropeptidi prodotti dal sistema nervoso centrale
(Laufer e Landau, 1991). La produzione di MF, chimicamente molto simile all’ormone
giovanile degli insetti, sembra essere regolata da neuropeptidi peduncolari.
Nei Peneidi l’organo mandibolare ha sede in corrispondenza del tendine mandibolare ed è
il luogo probabile di produzione di MF (Laufer e Landau, 1991). Vi sono indicazioni
secondo le quali neuropeptidi provenienti dal peduncolo oculare potrebbero inibirne o
stimolare l’attività secretoria. Non è noto se tali effetti siano imputabili agli ormoni GIH e
GSH o piuttosto ad altri composti.
Ovario
L’ovario di un piccolo crostaceo anfipode (Orchestia gammarella) secernerebbe un
ormone stimolante la produzione di vitellogenina (Meusy e Payen, 1988), il VSOH
(vitellogenin stimulating ovarian hormone), di cui si ipotizza la presenza negli stessi
Peneidi (Yano, 1985).
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ECOLOGIA DEI PENEIDI
Distribuzione, habitat e ciclo vitale
I gamberi Pene idi sono in gran parte euritermi, cioè tollerano ampie variazioni della
temperatura, infatti sopravvivono in un campo di variabilità oscillante da 1°C ad oltre
33°C. Lo stesso dicasi nei confronti della salinità, le cui oscillazioni possono andare da
valori simili a quelli dell’acqua dolce ad oltre il 60‰. Rispetto all’ossigeno i Peneidi
evidenziano notevoli capacità adattative, presentando un valore di soglia che si colloca
sotto i 3 mg/l, anche se sono compatibili punte minime, per brevi periodi, di 1 mg/l.
Tra i fattori che governano la distribuzione non vi sono soltanto parametri mesologici:
giocano un ruolo importante anche la profondità, le correnti (specie in relazione al
trasporto delle uova e degli stadi larvali) e la natura dei fondali prospicient i le coste.
L’habitat varia da specie a specie e nei diversi momenti del ciclo vitale. Un esempio di
questa variabilità viene dalle caratteristiche delle uova che le differenti specie producono.
Il diametro medio, infatti, può variare dai 0,16 µm di Xìphopenaeus kroyeri (Renfro e
Cook, 1962) agli 0,48 µm di Metapenaeus burkenroadi (Kurata e Vanitchkul, 1974).
Tendenzialmente, le uova più piccole precipitano verso il fondo rimanendo in contatto o in
prossimità di questo, mentre le più grandi rimangono sospese nella colonna d’acqua, con
ovvie conseguenze sulle modalità di distribuzione; anche se questa si evidenzia
maggiormente in seguito alla schiusa, a livello delle larve planctoniche.
Post-larve e giovanili possono risalire i fiumi o comunque insediarsi in ambienti estuarini o
lagunari spesso caratterizzati da basse salinità; altre specie preferiscono acque più salate e
colonizzano aree costiere protette; a volte infine l’intero ciclo vitale si compie in habitat
pelagico. Proprio sulla base del tipo di ambiente scelto dagli adulti per ovodeporre
(spawning grounds) e dalle post-larve per accrescersi, Dall et al. (1990) articolano il ciclo
vitale dei Peneidi secondo quattro diverse modalità, indicate col termine di “ciclo vitale del
tipo 1, 2, 3, 4”. I quattro tipi variano da quello esclusivamente estuarino a quello
interamente marino.
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La maggioranza delle specie dei generi Penaeus e Metapenaeus rientra nel “tipo 2”,
esemplificato in figura:
*Ciclo vitale del tipo 2 nei Peneidi (elaborazione da Dall et al. 1990).
In generale quindi, per quanto attiene alle specie che interessano la gambericoltura, il ciclo
di vita può essere così riassunto. Le femmine adulte, sessualmente mature, depongono le
uova in mare aperto. Queste ultime, schiudendo, danno origine alla prima delle tre fasi
larvali caratteristiche del gruppo: il nauplio.
Si tratta di una forma che non ha bisogno di assumere nutrimento dal mondo esterno in
quanto vive a spese del tuorlo (o vitello) originariamente immagazzinato nell’uovo. E’
fortemente fototattica e in grado dunque di spingersi verso la superficie del mare, dove è
più abbondante il fitoplancton che sarà necessario per la sopravvivenza della fase larvale
successiva. Il nauplio si accresce esuviando cinque o sei volte (a seconda della specie) e si
trasforma quindi in protozoëa.
La protozoëa, o zoëa, si nutre attivamente di fitoplancton, è anch’essa decisamente attratta
dalla luce e muta tre volte prima di trasformarsi in mysis.Durante quest’ultimo stadio la
fototassia è meno accentua ta: le mysis, che si cibano di plancton (specialmente
zooplancton), attraversano tre diversi sub-stadi prima di divenire post- larve e di assumere
così un habitus prettamente demersale. Durante le diverse fasi larvali gli animali vengono
trasportati dalle correnti verso le acque costiere e le post- larve sono irresistibilmente
attratte dagli ambienti salmastri, dalle zone di estuario e dalle lagune. Questi ambienti
infatti, raggiunti di solito a inizio primavera, offrono condizioni trofiche e termiche assai
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più favorevoli di quelle marine nello stesso periodo. Una volta insediatesi in queste aree, le
post-larve si accrescono diventando giovanili e adulti.
Alla fine dell’estate, al richiamo delle acque marine più calde e/o sotto la spinta
riproduttiva, gli animali si portano nuovamente verso il largo e le aree di ovodeposizione.
La conoscenza delle condizioni ambientali ideali per la sopravvivenza durante i diversi
momenti del ciclo vitale è di grande importanza. La possibilità di riprodurle in laboratorio
e in schiuditoio, infatti, può rappresentare una tappa obbligata verso il successo produttivo.
Alimentazione dei Peneidi
I Peneidi sono onnivori opportunisti il cui pattern alimentare, caratterizzato da preferenze
spiccate per certi gruppi tassonomici, può variare in relazione alla gamma di organismi
predabili all’interno di ogni particolare ambiente di accrescimento (Lumare et al., 1987).
I fabbisogni nutrizionali variano in funzione della specie, dell’età, del sesso, delle
condizioni climatiche e del momento funzionale del ciclo vitale.
Proteine
L’importanza delle proteine e degli aminoacidi essenziali è ben dimostrata. Per diverse
specie la letteratura riferisce i livelli proteici ottimali da osservare nelle preparazioni
alimentari: essi possono variare dal 30% in P. vannamei (Colvin e Brand, 1977) al 52-57%
in P. japonicus (Deshimaru e Yone, 1978, e in Kanazawa, 1985). In quest’ultimo sono
anche stati identificati (Kanazawa e Teshima, 1981) dieci amminoacidi essenziali (EAA):
arginina, fenilalanina, isoleucina, istidina, leucina, lisina, metionina, treonina, triptofano e
valina.
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Lipidi
Per comprendere il ruolo determinante dei lipidi nell’alimentazione dei Peneidi basta
pensare allo sviluppo dell’ovario maturo e al contenuto degli oociti in quel periodo. In
generale il valore nutrizionale dei lipidi è in stretto rapporto con la loro composizione, e in
particolare con il contenuto in acidi grassi essenziali (EFA), fosfolipidi e colesterolo.
La tabella pone in evidenza le percentuali con cui le diverse classi di lipidi sono
rappresentate all’interno dell’ovario in maturazione.
Fosfolipidi Gliceridi parziali e glicolipidi Steroli(più del 95% è colesterolo) Alcoli liberi Acidi grassi liberi Trigliceridi Eteri diacilgliceridi Cera ed estratti sterolici Idrocarburi
12,5 7,4 15,3 3,7 1,8 53,0 3,2 1,4 1,4
Lipidi (% sul peso umido) 2,7 *Distribuzione percentuale per classi dei lipidi in ovario di Penaeus japonicus in via di maturazione (ISG = 3,2; elaborazione da Guary et al., 1974). Sono noti, per numerose specie di Peneidi, differenti EFA, che, insieme al colesterolo
(probabile precursore degli ormoni steroidi), rappresentano sostanze irrinunciabili della
dieta, che i gamberi non possono sintetizzare. Risultano poi indispensabili i fosfolipidi,
componenti delle membrane cellulari, la cui qualità sembra legata alla presenza dei gruppi
alcolici colina o inositolo (Kanazawa, 1985). Akiyama et al. (1992) suggeriscono per le
diete artificiali dei Peneidi che il livello di lipidi non superi comunque il 10% e consigliano
percentuali decrescenti a partire dal 7,5%, per taglie da 0 a 0,5 g, fino al 6% per taglie tra
l5 e 40g.
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Carboidrati
I carboidrati utilizzati nelle diete consentono un risparmio sulla quota proteica, più costosa,
e funzionano anche da leganti (Liao e Sheen, 1993). Essi rappresentano, insieme ai lipidi,
una fonte energetica necessaria affinché le proteine non siano impropriamente utilizzate
come sorgente energetica, ma possano piuttosto servire per l’accrescimento. Disaccaridi e
polisaccaridi sono più efficienti dei monosaccaridi nel promuovere la crescita (in
Kanazawa, 1985; in Liao e Sheen, 1993).
Vitamine e minerali
Le vitamine sono sostanze indispensabili per il normale metabolismo cellulare e quelle di
cui non è possibile la sintesi endogena devono essere assunte con la dieta. Ai minerali,
spesso rilevabili solo in tracce minime, non sempre è associabile una funzione ben definita,
anche se in generale sono parte integrante dell’apparato di sostegno (il calcio
nell’esoscheletro) o di molecole proteiche (il rame nell’emocianina), o sono presenti in
forma ionica nei tessuti e nei liquidi circolanti.
Kanazawa (1985) ha stabilito per gli stadi larvali di P. japonicus il seguente fabbisogno
vitaminico: acidi folico e nicotinico, colina, cianocobalamina, inositolo, B-carotene,
vitamine B1, B2, B6, C, D, E, H.
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PENAEUS JAPONICUS (Bate, 1888)
Morfologia, ecologia, biologia
* Viste frontale, dorsale e laterale del Penaeus japonicus, (rielaborazione da “Mediterranée et mair noire”).