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Cinthia Campi 1 I CONFINI ORIZZONTALI DELL’IMPRESA: LE ECONOMIE DI SCALA E DI SCOPO CAPITOLO 2 BESANKO ET AL.

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I CONFINI ORIZZONTALI

DELL’IMPRESA: LE ECONOMIE

DI SCALA E DI SCOPO

CAPITOLO 2 BESANKO ET AL.

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IMPORTANZA DELLE ECONOMIE

DI SCALA E DI SCOPO

• CONFINI ORIZZONTALI: identificano quantità e varietà di beni e servizi prodotti dall’impresa – si riferiscono alla sua quota di mercato (o alla dimensione)

• VARIANO tra settori e tra imprese – ESEMPI: oligopoli, piccole imprese, …

• I confini orizzontali sono FUNZIONE delle economie di scala e di scopo (ESS)

• ESS hanno influenza su: dimensioni delle imprese, struttura dei mercati, decisioni strategiche, di prezzo, di entrata. Fondamentali per capire la coerenza strategica

• Coerenza strategica (strategic fit): assicura un vantaggio competitivo sostenibile a lungo termine (barriere all’imitazione)

• FONTI delle ESS: necessarie per formulare una strategia competitiva

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ECONOMIE DI SCALA

• Il costo unitario (medio) di produzione diminuisce

all’aumentare della produzione (quantità), in un certo

intervallo di produzione:

– Il costo marginale è inferiore al costo medio

• Curva del costo medio ad U: diminuisce per la

ripartizione dei costi fissi su quantità maggiori,

aumenta per i limiti di capacità

• Curva del costo medio ad L: la capacità produttiva

non presenta vincoli. Il costo medio raggiunge il

minimo e rimane tale (Dimensione Ottima Minima)

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CURVE DEL COSTO MEDIO:

AD U E AD L

$/unità

Q

$/unità

Q

Costo medio

Costo medio

DOM

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ECONOMIE DI SCOPO

(O DI VARIETA’)

• I costi unitari di produzione diminuiscono all’aumentare

della varietà (numero) di beni e servizi prodotti.

• Osservare il costo totale per la produzione di due o più

beni nella stessa impresa

• CT (QX,QY) < CT (QX,0) + CT (0,QY)

CT (QX,QY) - CT (0,QY) < CT (QX,0) - CT (0,0)

• ESS: possono presentarsi in punto della produzione

(acquisto materie prime, distribuzione, vendita al

dettaglio). IDENTIFICARE LE FONTI

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FONTI DELLE ESS

• LE INDIVISIBILITA’ E LA SUDDIVISIONE

DEI COSTI FISSI

• LE SCORTE

• LA REGOLA CUBO-QUADRATO

• L’AUMENTO DI PRODUTTIVITA’ DI INPUT

VARIABILI

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1. LE INDIVISIBILITA’ E LA

SUDDIVISIONE DEI COSTI FISSI

• Distribuzione dei costi fissi su un volume crescente di prodotto

• Costi fissi: legati alle indivisibilità nel processo di produzione

• Indivisibilità: un input non può scendere al di sotto di un valore minimo (anche per piccole produzioni)

• Le indivisibilità possono dare luogo a costi fissi, e quindi ad ESS, a vari livelli

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COSTI FISSI SPECIFICI AI

PRODOTTI

• Costi fissi per la produzione di un prodotto specifico (attrezzature particolari, spese R&S, formazione, avviamento iniziale,…)

• Se il costo fisso medio diminuisce all’aumentare della produzione, può essere necessario operare a pieno regime dell’impianto (l’impianto sotto-utilizzato porterebbe in perdita).

• Alternativa: una diversa tecnologia

• Tradeoff: tecnologie a costi fissi bassi e costi variabili più elevati oppure tecnologie a costi fissi alti e costi variabili inferiori

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EC. DI SCALA PER IL TRADEOFF

FRA TECNOLOGIE ALTERNATIVE

Compl.

Autom.

Parz.

Autom.

CFM = 0,01 $

CM manodopera = 0

CM materie prime = 0,03

CMT = 0,04

CFM = 0,04 $

CM manodopera = 0

CM materie prime = 0,03

CMT = 0,07

CFM = 0,0025

CM manodopera = 0,01

CM materie prime = 0,03

CMT = 0,0425

500 M. lattine/anno

CFM = 0,01

CM manodopera = 0,01

CM materie prime = 0,03

CMT = 0,05

125 M. lattine/anno

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BREVE/LUNGO PERIODO

• Economie di scala di breve periodo:

– le riduzioni dei costi medi dovute all’aumento del livello di utilizzo della capacità produttiva dell’impianto già scelto.

• Economie di scala di lungo periodo:

– le riduzioni dei costi medi dovute alla scelta di una tecnologia diversa o di un impianto di maggiori dimensioni.

• Un’impresa che inizia la produzione può scegliere il tipo di impianto. Nel lungo periodo le imprese possono scegliere sia la tecnologia produttiva che la quantità prodotta.

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CURVE DEL COSTO MEDIO

NELLE DUE TECNOLOGIE

$/unità

Q

375 M

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INDIVISIBILITA’: ALTA

INTENSITA’ DI CAPITALE

• Produzione CAPITAL INTENSIVE:

gran parte dei costi totali sono legati a investimenti di capitale (costi fissi elevati)

– Costi indivisibili; costi medi decrescenti; tagli alla produzione inefficaci; elevate economie di scala

• Produzione MATERIALS OR LABOUR INTENSIVE (ad alta intensità di lavoro o di materia prima):

gran parte dei costi totali sono legati a materie prime/manodopera (costi variabili elevati)

– Costi divisibili; costi medi pressoché invariabili con la produzione; scarse economie di scala

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COSTI FISSI

ESOGENI / ENDOGENI

• Costi fissi ESOGENI: spese fisse legate alla

produzione (es. di avviamento dell’attività)

– Determinano la struttura del mercato

• Costi fissi ENDOGENI: spese fisse non necessarie

per la produzione (es. R&S, spese pubblicitarie)

– l’impresa li sostiene se i benefici addizionali superano i

costi addizionali, ma non sono necessari

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RETI HUB AND SPOKE:

EC. DI SCOPO (1/3)

• Reti hub and spoke: la distribuzione di beni/servizi avviene come in una ruota a raggi. Es. trasporto aereo, ferrovia, tlc.

• Trasp. Aereo: un prodotto è un binomio di due città (tratta). Passeggeri trasportati da città, poste sulla circonferenza, verso un hub centrale e da lì verso un’altra città. E’ un’impresa multiprodotto (opera più di una tratta).

• Ec. di scopo: se il costo medio diminuisce all’aumentare del n° di tratte operate (n° di prodotti)

• Economie di densità: sono economie di scala legate ad una determinata tratta (riduzione del costo medio con l’aumento del volume di traffico sulla tratta). Dipendono dai costi fissi

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RETI HUB AND SPOKE:

EC. DI SCOPO (2/3)

• Volume di traffico: ricavo per passeggero per miglio

– (revenue-passenger mile), ossia il n° di passeggeri su una tratta molt. per il n° delle miglia

• Costo medio: costo totale diviso per il volume di traffico

• Economie di densità: riduzioni del costo medio all’aumento del volume di traffico su quella tratta. Ripartizione dei costi fissi specifici del volo (es. carburante, personale, servizi a terra); economie legate alle dimensioni degli aerei

• Costi variabili (es. pasti, biglietteria): bassi rispetto ai fissi

• Aumento del fattore di carico (passeggeri/posti disponibili) con un piccolo incremento dei costi totali: il costo medio

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RETI HUB AND SPOKE:

EC. DI SCOPO (3/3)

• Con ulteriore aumento del volume di traffico: introduco aerei più grandi. Costo minore (ho lieve incremento del personale e del carburante; il costo proporzionale della costruzione dell’aereo è minore)

• Economie di scopo: date dall’interazione fra economie di densità e la rete hub-and-spoke

– Esempio: una singola tratta vs. tratta con hub-and-spoke

• Aereo più grande, fattore di carico maggiore economie di densità costo passeggero per miglio inferiore sulla tratta

• Voli più frequenti

• Conseguente aumento dei fattori di carico sulle altre tratte, con riduzione dei costi medi

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Sistema hub and spoke vs point to point

Il trasporto aereo prima e dopo la

deregolamentazione

2 sistemi diversi per 2 diversi

modelli di business

A

F

E

D

C

B H

A

F

E

D

C

B H

Rete hub and spoke (H&S)

e vettori tradizionali

Rete point to point (P2P)

e vettori low cost

(N -1) N(N -1)/2

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Il sistema H&S e i vettori tradizionali

Vantaggi

Svantaggi

Carenze infrastrutturali degli aeroporti

Ritardi

Sistema point to point Sistema hub & spoke

A B

C C

A B AB

AC

BC

AB

BC

AC • Economie di scala

• Economie di densità

• Economie di scopo

• Elevate frequenze dei voli

Concentrazione arrivi e partenze in

determinate fasce orarie

+

=

Aerei più grandi Aerei più piccoli

Migliore sfruttamento di:

Arrivi e partenze aeroporto di Atlanta

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2. LE SCORTE

• Giacenze per ridurre al minimo il rischio di stock-out (esaurimento delle scorte)

• Costo delle scorte: interessi sulle spese di produzione, rischio di deprezzamento

• Conseguente aumento dei costi medi delle merci vendute

• Gestire le scorte in modo che siano più ridotte di quelle della concorrenza (Wal-Mart)

• Teoria delle code: le grandi imprese possono tenere scorte inferiori, in termini di percentuale delle vendite

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3. REGOLA CUBO - QUADRATO

• Aumentando il volume del contenitore in una certa proporzione (es. il doppio), la superficie aumenterà in misura proporzionalmente inferiore (es. meno del doppio)

• In molti processi produttivi: – Capacità produttiva: proporzionale al volume del

contenitore della produzione

– Costo totale: proporzionale alla superficie del contenitore

• Capacità produttiva Costo medio

• Esempi (oleodotti, magazzinaggio)

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ALTRE FONTI DI ESS

• Fonti di ESS, non legate al processo

produttivo (viste finora), sono:

• Negli acquisti

• Nella pubblicità

• Nella ricerca e sviluppo

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ESS NEGLI ACQUISTI

• Le imprese concedono sconti a coloro che acquistano in grandi volumi. Perché?

– per il venditore può essere meno costoso vendere a un solo compratore (costo fisso: es. contratto, consegna)

– i venditori possono voler concludere affari con un grande compratore, per assicurarsi un flusso di attività costante

– chi acquista in grandi quantità è più attento al prezzo

• Le imprese non devono necessariamente fondersi; possono costituire alleanze finalizzate agli acquisti

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ESS NELLA PUBBLICITA’

• Il costo per consumatore della pubblicità di un certo prodotto è minore per le grandi imprese:

– Minori costi per l’invio di messaggi pubblicitari ai consumatori potenziali: i costi fissi sono distribuiti su una base più ampia di consumatori

– Portata pubblicitaria maggiore

• Effetto ombrello (umbrella branding): un’ampia linea di prodotti sotto lo stesso marchio

– Aumento dell’efficacia degli annunci (altri prodotti della stessa marca)

– Riduzione dei rischi su nuovi prodotti (reputazione)

– Rischi: diseconomie di scopo; identità di marchio

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ESS NELLA R&S

• Investimenti in R&S: nuovi prodotti, miglioramento di prodotti e/o processi di produzione

• Indivisibilità significative ( un livello minimo)

• Economie di scala, es. società farmaceutiche:

– alti costi fissi prodotto costi fissi medi variabili, in funzione del volume di vendite

• Economie di scopo: effetto di spillover della R&S:

– Le idee messe a punto su un determinato progetto sono utili per un altro

– Portafoglio di ricerca diversificato

• ESS: possono influire sulla struttura di mercato

• Non è chiaro il rapporto tra dimensioni e capacità innovativa di un’impresa; vantaggi delle piccole imprese

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FONTI DELLE

DISECONOMIE DI SCALA

(lèggere)

• Esistono limiti alle economie di scala

• Costi del lavoro: di solito le imprese più grandi

pagano salari più elevati

• Incentivi ed effetti della burocrazia

• Frazionamento delle risorse specializzate

• Conflitti di interessi

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CURVA DI APPRENDIMENTO

(O DI ESPERIENZA)

• Vantaggi di costo dall’accumulo di esperienza e competenza tecnica

• Sia i lavoratori che le organizzazioni possono apprendere

• Benefici: costi inferiori, qualità superiore, marketing

• Calcolo della diminuzione dei costi medi col raddoppio (cumulato) della produzione

• Effetti dell’apprendimento sulla qualità

• Economie di scala v. Economie di apprendimento:

• Ec. di scala: costo medio inferiore con aumento della scala in un determinato momento

• Ec. di apprendimento: costo medio inferiore con l’esperienza accumulata nel tempo

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STRATEGIE DA CURVA DI

APPRENDIMENTO

• Alcune imprese producono più di quanto sia ottimale nel breve periodo: aspettativa dell’apprendimento per diminuire i costi

• Esempio:

– Costo di produzione unitario: 2,5 $

– Dopo aver prodotto 20.000 pezzi, il costo unitario è 2 $

– L’impresa ha già prodotto 10.000 pezzi

– Ha un ordine per 200.000

– Riceve un’offerta per produrre subito 10.000 pezzi

– Qual è il prezzo minimo da accettare per l’offerta?

• Produrre 200.000 pezzi costa: 10.000 x 2,5 + 190.000 x 2 = 405.000 $

• Produrre 10.000 pezzi prima costa 10.000 x 2,5 = 25.000

E successivamente produco tutti i 200.000 a 2 $ (ho superato la soglia di apprendimento). Pertanto risparmio (dopo) 5.000 $.

• E’ come se i 10.000 dell’offerta costassero 20.000 $ anziché 25.000 $

• Prezzo minimo 2 $ (non 2,5 $)

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MODELLO CRESCITA/QUOTA

(BOSTON CONSULTING GROUP)

• Strategia della curva di apprendimento per gestire un portafoglio di prodotti (BCG) Matrice crescita/quota

• Distinguere i propri prodotti in base a crescita del mercato (H/L) e quota di mercato (H/L) 4 categorie

• Sfruttare la curva di apprendimento e la curva del ciclo di vita di un prodotto

• Aumentare la produzione nelle fasi iniziali del ciclo di vita di un prodotto in un mercato in crescita e con quota elevata (rising star) o anche modesta (problem child) economie di apprendimento

• Usare i profitti dei prodotti situati in un mercato stabile o in declino ma con quota elevata (cash cow) per finanziare gli altri

• Meriti e critiche

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Crescita

del

mercato

elevata

Crescita

del

mercato

bassa

Quota di mercato

elevata

Quota di mercato

bassa

RISING STAR PROBLEM

CHILD

CASH COW DOG

MATRICE CRESCITA/QUOTA

(BOSTON CONSULTING GROUP)

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APPRENDIMENTO,

ORGANIZZAZIONE, EC. DI SCALA

• La strategia della curva di apprendimento implica che a breve termine i profitti possano essere negativi, anche se a lungo termine il bilancio sarà positivo

• I manager compensati in base ai profitti di breve periodo possono non sfruttare i benefici della curva di apprendimento, a meno di contabilizzarne i benefici

– Manager: trovare equilibrio tra stabilità e cambiamento; max. benefici dell’apprendimento; saper distinguere

• L’apprendimento varia a seconda delle imprese e dei processi

• Problemi organizzativi di HRM:

– condivisione informazioni, turnover, creatività …

• Le economie di apprendimento possono essere elevate anche quando le economie di scala sono minime (es. attività complesse material / labour intensive) e viceversa (es. attività semplici capital intensive)

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ESS, DIMENSIONI E

REDDITIVITA’

• Le ESS assicurano alle grandi imprese un vantaggio di costo sulle piccole

• …fino a spingerle fuori dal mercato o in nicchie da loro non servite

• Esiste un legame tra sopravvivenza e crescita:

• Impianti manifatturieri Usa 1963-1982: la > parte ha chiuso in 10 anni; quelli rimasti si sono sviluppati significativamente; i nuovi, di dimensione di 1/3 degli esistenti, hanno triplicato le dimensioni i 10 anni

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STRATEGIE DI ESPANSIONE

• Strategie di espansione della produzione:

Interne o Esterne

• Interna: utili non distribuiti, capitale proprio e passività

– Gestione del portafoglio prodotti (es. BCG), sviluppo nuovi prodotti, diversificazione geografica

• Esterna: rapporti con altre imprese

– Fusioni per sinergie (ec. di scala da sfruttare)

• Elevato livello di efficienza con le ec. di scala

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RAPPORTO TRA QUOTA DI

MERCATO E REDDITIVITA’

• Rilevata una correlazione positiva tra quota di mercato

e redditività di un’impresa (con ESS)

– Aumento della quota di mercato come obiettivo strategico?

• La correlazione non indica un rapporto causale: il

meccanismo economico dietro ai dati è più complesso

• Potenziare la quota di mercato non necessariamente

accresce la redditività d’impresa

• Se tutte le imprese cercassero di potenziare la quota di

mercato, il risultato sarebbe una riduzione della

redditività di tutte (il totale è sempre del 100%)

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APPENDICE

(saltare)

VALUTARE LE ECONOMIE DI SCALA E

DI APPRENDIMENTO

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IMPRESA DIVERSIFICATA

• Impresa diversificata: produce per numerosi mercati

• Riduzione dei costi e miglioramento dell’efficacia di mercato

• Economie di scala e di scopo come motivazione

• Diversificazione

– correlata: basata sui mercati o sulle tecnologie comuni

– non correlata

• Impresa conglomerata: fortemente e ampiamente diversificata

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MISURARE LA

DIVERSIFICAZIONE

• Richard Rumelt (1974): concetto di correlazione per misurare come un’impresa sia diversificata

• Attività di produzione, o settore (business)

• Impresa: corporate

• Attività correlate sul piano della tecnologia, della produzione o dei canali di distribuzione

• Osservare la % dei ricavi dell’impresa derivanti:

– Dalla sua attività principale

– Dal suo gruppo più ampio di attività correlate

– Dalle fasi di un processo di produzione verticalmente integrato

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SCHEMA DI RUMELT:

4 TIPI DI CORRELAZIONE

•70

%

•95

%

•Ricavi da

attività

principale

•N° di attività

correlate alla

principale

•IMPRESA AD

ATTIVITA’: •Singola (single business): oltre il 95%

dell’attività è concentrato in un solo settore

•Correlata: meno del 70% dei ricavi dal business

principale, ma ha altre altre linee di attività correlate

•Dominante: tra il 70% e il 95%

dei ricavi da un’attività principale

•Non correlata (Conglomerale): meno del

70% dei ricavi dal business principale e

poche linee di attività correlate

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SCHEMA DI RUMELT:

ESEMPI

•70% •95% •Ricavi da attività

principale

•N° di attività correlate

alla principale

•De Beers, KLM

•GlaxoSmithKline,

New York Times

•Daewoo, ICI, Nestlé

•Hanson, ITT,

Beatrice

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TENDENZA ALLA

DIVERSIFICAZIONE: IMPRESE USA

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

1950 1970

Imprese

single

business

Imprese

conglome

rate

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

1980 1990

Imprese

single

business

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LA STORIA

• Attività di diversificazione: alti e bassi negli ultimi 120 anni

• Misurare l’attività di diversificazione esaminando le fusioni e le acquisizioni

• Diversificazione: anche attraverso sviluppo interno di nuove aree e joint-ventures con altre imprese

• Storia della diversificazione negli USA: ondate di fusioni – concentrazioni di monopolio, misure antitrust,

oligopoli, integrazione verticale, economie di scala, investimenti in altri business (conglomerate), leveraged buyout, acquisire quote di mercato in settori specifici, accesso ai mercati internazionali

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PERCHE’ LE IMPRESE SI

DIVERSIFICANO?

• Per due ragioni:

– La diversificazione può avvenire a beneficio dei

proprietari (shareholders) dell’impresa,

aumentando l’efficienza della corporate

– Se i proprietari non sono coinvolti nella

decisione, la diversificazione può riflettere le

preferenze dei manager dell’impresa

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Cinthia Campi

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ECONOMIE DI SCALA E DI SCOPO

(1/2)

• Le ESS sono un punto di partenza per interpretare la

performance delle imprese diversificate

• Aspettativa di aumento del market share con le

fusioni (ec. di scala)

• Ec. di scopo: dai modelli osservati di diversificazione,

non sembrano derivare da tecnologie condivise o da

gruppi di consumatori condivisi:

– stesse tecnologie e/o stessi mercati ec. di scopo

– invece molte imprese diversificate hanno realizzato prodotti

con scarse affinità tecnologiche o di mercato

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ECONOMIE DI SCALA E DI SCOPO

(2/2)

• Ec. di scopo: possono invece provenire dalla

possibilità di estendere le competenze organizzative,

al momento sotto-utilizzate, su altre aree

• Logica generale dominante: i manager acquisiscono

competenze specifiche –finanza, s.i.- su cui si basano

business apparentemente non correlati.

• Rischio di giustificare qualunque diversificazione,

senza legami tra le attività (business). Difficile

sostenere la tesi della realizzazione di ec. di scopo

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DOMANDA

• Molte diversificazioni si realizzano attraverso

fusioni e acquisizioni:

– sono basi legali per unire le imprese

• Perché allora le imprese non sfruttano le economie

senza necessità di un cambio legale di proprietà?

• Ad esempio, perché non realizzano ec. di scopo

coordinando tra loro imprese indipendenti? (senza

necessità di incorporarle in un’unica impresa)

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RISPOSTA: ECONOMIE SUI COSTI

DI TRANSAZIONE

• Teece: l’impresa unica multi-prodotto è una scelta efficiente quando i costi di transazione, per coordinare imprese indipendenti, sono elevati

• Molte decisioni riguardanti la scelta di diversificare o di operare come imprese indipendenti seguono la logica della minimizzazione dei costi di transazione

• I costi di transazione sono maggiori se sono coinvolte attività specializzate (capitale umano, routine organizzative, …)

• In assenza di tali attività, il coordinamento di mercato è una scelta efficiente: i costi di transazione non risultano essere un problema rilevante

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ESEMPIO (1/2)

• Organizzazione dell’istruzione superiore: le UNIVERSITA’

• Rappresentano la “fusione” di dipartimenti separati, ciascuno

dei quali potrebbe offrire programmi educativi; sono contigui

gli uni agli altri, ma operano autonomamente

• Tuttavia gli studenti tendono a seguire corsi in più

dipartimenti, e questo crea ec. di scala nel collocare i

dipartimenti vicini tra loro e vicino alle strutture comuni

(biblioteca, alloggi, attrezzature sportive, mense, …), che

sono investimenti specifici

• Pertanto il valore degli investimenti fatti da un dipartimento

dipende dall’azione degli altri dipartimenti.

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ESEMPIO (2/2)

• Ad es., anche se un dipartimento recluta i migliori professori, il loro valore nelle classi non si realizza appieno se l’università non è in grado di attrarre studenti di elevata qualità.

• Questo potrebbe accadere se, ad es., gli altri dipartimenti fossero di bassa qualità, o se rifiutassero di sostenere scelte quali il miglioramento della biblioteca, l’installazione dei laboratori, di computer, degli alloggi.

• La “proprietà comune” dei dipartimenti permette di realizzare una politica unica su molti aspetti e sugli investimenti specializzati

• Per contro, molte scuole paraprofessionali (es. Tecnici sanitari) sono organizzate individualmente. Tendono ad essere focalizzate e ad offrire il training in un solo settore. Gli studenti interessati all’educazione paraprofessionale non richiedono corsi in altre aree e utilizzano solo i loro laboratori specializzati: non c’è il problema di holdup.

• Data l’assenza di costi di transazione, non sorprende che molte di queste scuole siano autonome

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DIVERSIFICAZIONE DEGLI

INVESTIMENTI (1/2)

• I singoli azionisti hanno un vantaggio dal diversificare i propri investimenti, poiché riducono il rischio di una grossa perdita causata dal fallimento di una singola impresa

• Solo una piccola % dei ricavi di un’impresa altamente diversificata proviene da un unico business. Quindi un azionista è più protetto dai rischi

• Tuttavia gli azionisti possono diversificare il proprio portafoglio personale (acquisto di azioni, obbligazioni, fondi comuni), senza che i manager debbano farlo per loro

• L’unico caso di convenienza è che ci siano guadagni di efficienza, o che gli investitori non siano in grado di diversificare il proprio portafogli da soli

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DIVERSIFICAZIONE DEGLI

INVESTIMENTI (2/2)

• Le strategie di portafoglio non sempre creano valore aggiunto per gli azionisti (es. acquisizione di Kraft da parte di Philip Morris)

• Anche l’idea dell’impresa come banchiere che finanzia le proprie attività (matrice crescita/quota BCG) è discutibile

• Una strategia di diversificazione può avere successo solo se l’impresa che si diversifica è in grado di individuare quelle imprese che sono sottovalutate dal mercato

• Deve avere informazioni migliori degli altri, o una conoscenza specifica dell’attività da valutare (ma in questo caso le imprese sono correlate)

• Acquisto di imprese target: rischio di pagare troppo

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COSTI POTENZIALI DELLA

DIVERSIFICAZIONE

• Ci sono almeno due ragioni perché la

diversificazione possa presentare dei costi:

– Le attività di influenza

– La necessità di sistemi di controllo

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COSTI DI INFLUENZA (1/2)

• I manager della corporate valutano ciascuna divisione per allocare le risorse (in sede di programmazione strategica e degli investimenti)

• Il successo dipende dalla qualità delle informazioni ricevute e dall’abilità dei manager nel valutarle

• La valutazione deve essere obiettiva, senza che i propri sentimenti influenzino le decisioni

• Le lobby interne possono condizionarle e avere effetti sull’efficienza delle allocazioni

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COSTI DI INFLUENZA (2/2)

• I manager di una divisione agguerrita possono ottenere

risorse che sarebbero meglio destinate altrove (e aver speso

in attività di influenza)

• Il valore totale sarebbe più elevato se quella divisione fosse

un’entità separata, che compete per le risorse sul mercato

• I mercati finanziari distribuiscono risorse alle imprese, con

il controllo degli analisti finanziari: un errore di

valutazione fa diminuire il prezzo delle azioni

• Pertanto i mercati finanziari ripartiranno le risorse alle

imprese indipendenti con maggiore efficienza dei manager

di una corporate

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SISTEMI DI CONTROLLO

• La gestione delle corporate necessita di costosi sistemi di controllo, per:

– Premiare i dirigenti per i profitti ottenuti

– Legare la loro carriera al raggiungimento di obiettivi

• I mercati finanziari forniscono automaticamente incentivi, senza necessità dei sistemi interni di controllo

• Opzioni non di mercato (quindi diverse da fusioni e acquisizioni) per gli stessi obiettivi della diversificazione

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RAGIONI MANAGERIALI PER LA

DIVERSIFICAZIONE

• Mantenimento o miglioramento della posizione dei manager

• Comportamenti opportunistici

• Potenziale di divergenza fra azione dei manager e interesse degli azionisti (efficienza)

• Ricerca della crescita: acquisire nuove quote di mercato più che lo sviluppo interno

• Per evitare la perdita del posto di lavoro (il licenziamento):

• 1. Rifiuto di acquisizioni

• 2. Riduzione dei rischi di una performance scadente, diversificando:

– la performance di un’impresa diversificata rispecchia meglio la situazione generale

– Effettivamente le imprese controllate dai manager diversificano più di quelle controllate dagli azionisti

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VERIFICHE EMPIRICHE

• In sintesi: la diversificazione può essere una valida

scelta solo se aggiunge valore in qualche modo: le

risorse in portafoglio devono valere più che sotto

qualsiasi altra forma proprietaria

• Le fonti di miglioramento del rendimento delle

imprese diversificate restano poco chiare

• Spesso ad un’ampia diversificazione si associa un

rendimento modesto

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STUDI SULLA PERFORMANCE

• Studiare il rendimento in termini di redditività del capitale investito

• Relazione tra performance e diversificazione: poco chiara

• Rumelt: relazioni sistematiche: – Livello di diversificazione moderato:

• redditività del capitale superiore

– Da moderato ad alto: • redditività modesta o scarsa

• Mercati ristretti: rendimento superiore

• Diversificazione non correlata: risultati inferiori alla diversificazione basata sui mercati (la migliore) e a quella basata su tecnologie comuni

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VALUTAZIONI DEL MERCATO

• Due correnti di ricerche:

– Valuation studies: confronto delle valutazioni

del mercato tra imprese diversificate e non

– Event studies: cambiamenti nelle valutazioni

del marcato in risposta all’annuncio di

acquisizioni per diversificazioni

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VALUATION STUDIES

• Se una conglomerata riceve metà dei ricavi dal settore

automobilistico e metà dai televisori, si esamina prima

il valore azionario nei due settori (quanto vale un $

posti in un settore); si può prevedere il valore di

ciascuna metà della conglomerata

• Lo confronto col suo effettivo valore di mercato

• Risultati: i valori azionari delle diversificate valgono

MENO (circa il 15%) delle non diversificate

• Non è tuttavia chiaro il motivo

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EVENT STUDIES (1/2)

• Reazioni del mercato agli annunci di eventi di diversificazione:

– Fusioni, acquisizioni, dismissioni, acquisizioni ostili

• Le informazioni si trasferiscono nei nuovi prezzi azionari

• Il valore di mercato di un’impresa riflette, in ogni istante, il suo flusso futuro di profitti

• Le reazioni di borsa sono quindi indicative delle aspettative dalle diversificazioni

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EVENT STUDIES (2/2)

• Risultati:

– Tendenza all’aumento del valore delle imprese madri e bersaglio

– Nella maggior parte dei casi, gli azionisti delle imprese target hanno beneficiato di un consistente aumento di redditività (circa il 30%)

• La ricchezza può venire dissipata nella competizione tra imprese per il controllo

• Le imprese acquirenti hanno maggiori guadagni se la scelta è su imprese correlate

• La diversificazione deve sfruttare le risorse specializzate e intangibili

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IL CASO PEPSI

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PERFORMANCE DI LUNGO

PERIODO

• Il rendimento di lungo termine delle imprese diversificate

appare modesto

• Porter: fallimento delle politiche di acquisizione; modesti

risultati per joint-ventures e alleanze strategiche

• Importanza della politica antitrust per la concentrazione

orizzontale e verticale

• Mancato investimento in R&S

• Prestazioni superiori per imprese che si diversificano in

base a un nucleo centrale di risorse e integrano le attività

• Combinare ec. di scopo e vantaggi sui costi di transazione

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IL CASO PHILIP MORRIS

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