DELL’ARCHIVIO DI STATO DI ROMA (SECOLI XVI-XIX...

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Inventario a cura di DANIELA SINISI MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI LUOGHI RITROVATI LA COLLEZIONE I DI DISEGNI E MAPPE DELL’ARCHIVIO DI STATO DI ROMA (SECOLI XVI - XIX)

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Inventario a cura di

DANIELA SINISI

MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMODIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI

LUOGHI RITROVATILA COLLEZIONE I DI DISEGNI E MAPPEDELL’ARCHIVIO DI STATO DI ROMA (SECOLI XVI - XIX)

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PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO

STRUMENTI CC

Luoghi ritrovatiLa Collezione I di disegni e mappe dell’Archivio di Stato di Roma

(secoli XVI - XIX)

Inventario a cura di

DANIELA SINISI

MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMODIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI

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A Paolo, Francesca e Laura

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PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATOSTRUMENTI CC

Luoghi ritrovatiLa Collezione I di disegni e mappe dell’Archivio di Stato di Roma

(secoli XVI - XIX)

Inventario a cura di

DANIELA SINISI

MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMODIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI

2014

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DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVIServizio III - Studi e ricerca

Direttore generale per gli archivi: Rossana RummoDirettore del Servizio III: Mauro Tosti Croce

Cura redazionale: Serena Dainotto

© 2014 Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismoDirezione generale per gli archivi

ISBN 978-88-7125-341-1

Vendita: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Libreria dello StatoPiazza Verdi 10, 00198 Roma - [email protected]

Stampa: Mura S.r.l.via Palestro 34 - 00185 Roma

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SOMMARIO

PRESENTAZIONI

Mauro Tosti Croce

Eugenio Lo Sardo

SAGGI

DANIELA SINISI, Per una storia della Collezione di disegni e mappe

ORIETTA VERDI, Restauro, conservazione, riproduzione digitale, dellepiante e dei disegni

PAOLO BUONORA, Fiumi di carta

SUSANNA PASSIGLI - ADRIANO RUGGERI, Piante cinque e seicenteschedell’Agro Romano conservate nella Collezione di disegni e mappe

LUIGIA ATTILIA, I disegni di archeologia nella Collezione di disegni emappe: documenti per la tutela e la conservazione delle “antichitàe belle arti”

MARIA GRAZIA BRANCHETTI, Stampe artistiche e cartografia dellaCollezione I di disegni e mappe

BIBLIOGRAFIA

a cura di SERENA DAINOTTO

INDICIa cura di SERENA DAINOTTO

Indice dei nomi di persona e degli entiIndice dei luoghi

In allegato: DVD contenente l’Inventario in formato Access e gliIndici dei nomi di persona e dei luoghi

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Credits

Abbreviazioni e Indici dei nomi e dei luoghi: Serena Dainotto

DVD - Progetto informatico: Salvatore Miele

Inventario: Daniela Sinisi

Elaborazione schede per l’inventario: Rachele Brumat, Margherita Desideri, ValentinaD’Innocenzi, Daniela Martino, Monica Meccoli, Giovanna Montani, Francesco Russo,Luca Saletti

Elaborazione schede per il restauro: Maria Cristina Dioguardi con la collaborazionedi Luca Saletti e Francesco Russo

Indici: Valentina D’Innocenzi e Monica Meccoli (nomi di persona); Rachele Brumat(nomi di luogo).

Riproduzioni digitali: Rachele Brumat e Luisa Salvatori con la collaborazione di PaolaFerraris e Roberto Leggio

Apparati iconografici: Rachele Brumat

Si ringraziano

il personale dell’Archivio di Stato di Roma, che ha partecipato con impegno alle variefasi del lavoro: Simonetta Ceglie, Stefania Cristiani, Maria Cristina Dioguardi, MariaPia Fossi, Maria Idria Gurgo, Antonella Parisi, Vincenza Pizziconi, Luisa Salvatori; edinoltre Annapia Bidolli, Patrizia Ferrara, Luigi Londei, Maria Grazia Pastura, MauroTosti Croce, per aver sostenuto la realizzazione del progetto; un ringraziamento par-ticolare a Maria Grazia Branchetti, Serena Dainotto, Luisa Falchi, Marina Morena,Gemma Pusceddu, Carlo M. Travaglini, Orietta Verdi, per il loro fattivo contributo diidee e di “opere”; infine un grazie di cuore a Salvatore Miele per la pazienza, l’intel-ligenza e la professionalità con cui ha elaborato il programma per la schedatura el’indicizzazione delle 3750 unità che compongono la Collezione I di disegni e mappe.

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Nell’ambito delle collane editoriali della Direzione generale per gliarchivi già da tempo occupano un posto significativo i volumi dedicatialla descrizione delle fonti cartografiche presenti in molti Archivi di Stato.Tra i titoli pubblicati si possono almeno citare: La Toscana dei Lorenanelle mappe dell’Archivio di Stato di Praga. Memorie ed immagini di ungranducato. Catalogo e mostra documentaria, Firenze 31 maggio - 31luglio 1991, Roma 1991; I disegni degli ingegneri della Camera diSoprintendenza comunitativa di Pisa, a cura di C. Caciagli e R. Castiglia.Roma 2001 (Strumenti CLI); In presentia mei notarii. Piante e disegni neiprotocolli dei notai capitolini, 1605-1875. Repertorio, a cura di O. Verdi,Roma 2009 (Strumenti CLXXXVII); Carte di terra per una Repubblica dimare. Saggi introduttivi all’inventario on line dei fondi cartografici, acura di P. Caroli e S. Gardini, Roma 2012 (Strumenti CXCIII).

Tali volumi, soprattutto i più recenti, costituiscono il coronamento dicampagne di digitalizzazione intraprese per tempo dagli Archivi di Statoin questo specifico settore. Non a caso alcune pubblicazioni, come peral-tro quella che qui si presenta, recano un cd contenente la banca dati rea-lizzata e che documenta con esaustività il fondo conservato.

Come già era stato sottolineato più di 30 anni fa a proposito di unamostra dedicata a «Le mappe e i disegni dell’Archivio Gonzaga diMantova» e ribadito più di recente da Costantino Caciagli nel volume Idisegni degli ingegneri della Camera di Soprintendenza comunitativa diPisa, è opinione diffusa che l’iconografia non consenta di per sé un’ana-lisi esauriente dei fatti storici che divengono comprensibili solo nel rap-porto con la documentazione tradizionale.

Il documento cartografico non è dunque pienamente leggibile se nonnel suo nesso con le altre carte alle quali è unito tramite il vincolo archi-vistico. Ciò impone di evitare, come a volte si è verificato in passato, chela documentazione cartografica venga ad essere artificiosamente estrattadal suo contesto archivistico e analizzata in sé e per sé. Non si deve dun-que considerarla come una galleria di belle immagini da godere da unpunto di vista puramente estetico, perché comprendere un territorio signi-fica soprattutto ricostruire il processo che ha portato a darne una rappre-sentazione grafica.

Ugualmente importante è il modo in cui è stato rappresentato sulla

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Mauro Tosti CroceVIII

carta quel determinato territorio: «nell’interpretazione delle motivazioniche hanno spinto l’estensore della mappa antica a dare risalto a certidati, omettendone altri, nella comparazione delle ottiche attraverso lequali un territorio o un oggetto è stato disegnato (…) si è in grado dicapire il significato delle alterazioni (…) di interpretare anche figurati-vamente le stratificazioni del mondo reale, di percepirne (…) il ritmodegli incrementi e delle rielaborazioni» (R. Navarrini, Le mappe e i dise-gni dell’Archivio Gonzaga di Mantova. Mostra cartografica a curadell’Archivio di Stato di Mantova, in «Rassegna degli Archivi di Stato, XLI,1981, pp. 142-144).

L’interesse della Direzione generale per questa documentazioneemerge anche dal fatto che nel 2011 è stato creato un Portale dei territoriche nasce come area tematica del Sistema Archivistico Nazionale (SAN) econ l’intento di creare un canale di accesso unificato alla documentazio-ne catastale e cartografica, presente sul web. Finora infatti gli Archivi diStato impiegavano applicativi di volta in volta diversi che hanno impeditoall’utente di effettuare un’interrogazione trasversale in grado di metterein contatto dati cartografici e catastali provenienti da più Istituti archi-vistici. Il Portale consente invece di accedere via web, contemporanea-mente, alla documentazione catastale e cartografica conservata negliArchivi di Stato di Genova, La Spezia, Milano, Trieste e Venezia, a cui siaggiungeranno in prospettiva, anche altri istituti in modo da creare unarete a livello nazionale che possa consentire a un utente, anche da remo-to, di consultare e visualizzare attraverso un unico canale di accesso ilgrande patrimonio cartografico posseduto dai nostri Istituti.

Nel licenziare il volume vorrei esprimere il mio più sincero ringrazia-mento a Daniela Sinisi che, pur essendo ormai in quiescenza, ha volutocondurre in porto questo monumentale lavoro che consente di accederea un fondo cartografico tra i più ricchi, rimasto finora privo di strumentodi corredo.

MAURO TOSTI CROCE

Direttore del Servizio Studi e Ricerche Direzione generale per gli archivi

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Sono immagini che emergono dal lavoro, a volta ingenue, a volta dialtissimo livello, unite in una raccolta senza un filo conduttore, solo perevitare i furti e le dispersioni, dovuti all’attrazione sconsiderata per l’i-cona, quel suo suscitare l’inconscio desiderio di possedere un feticcio (icolori!), al di là e al di sopra del valore venale dell’oggetto. È un fascinoche va oltre la mercificazione ed assume presso chi ne è schiavo e a spesedi chi deve conservare, un senso quasi magico, in cui si invertono realtàe significante.

Vi cogliamo attimi della vita quotidiana delle campagne romane,con i pastori vicini alle loro lestre, il colore giallo delle messi, il sonno checoglie nei caldi giorni della mietitura. Chi ha disegnato una mappa conconfini e strade non ha resistito alla tentazione di riportare un frammen-to della vita osservata. Una nota iconografica utile a far capire il destinodi quel luogo nella sua dimensione agricola o pastorale.

Altre volte il cartiglio solenne e i simboli delle professioni (architetti-agrimensori-ingegneri) introducono il binomio scienza e potere.L’autorità ha chiesto all’esperto una perizia precisa e inoppugnabile. È unatto giuridico, valido a tutti gli effetti con la sua dichiarata veridicità,corroborata da sigilli e sottoscrizioni.

Le “acque” sono le protagoniste più frequenti di questi disegni. È unelemento difficile da contenere, pericoloso e mortale da un lato, beneficoe fertile dall’altro. Tormenta gli uomini, li spinge a combattere e licostringe a contenerla nei mesi piovosi e a desiderarla nell’arsure dellelunghe estati. Gli alvei si spostano, I fiumi esondano, i declivi franano, gliacquitrini e i canali vanno ripuliti e curati con un costante intenso lavo-rio per rifare ponti, viadotti, strappare la vegetazione molesta, evitare iristagni dove alligna la malaria (di cui al tempo non si conoscevano lecause). Il Tevere è il centro di tutte le attenzioni con i suoi porti cittadinidi Ripa e di Ripetta, il suo corso tormentoso e le sue piene distruttive. Male acque sono anche quelle del mare, spazi infiniti per il commercio, edacqua salsa da cui trarre il prezioso sale, così raro in tante regioni delglobo. Ancona e Civitavecchia. Due ottimi porti, bisognosi però di costan-ti lavori e di fortificazioni imponenti per gli attacchi che vengono dalmare, non solo quelli dei Barbareschi ma anche quelli degli eretici,Olandesi ed Inglesi. A partire dalla seconda metà del Seicento sarannoqueste potenze marinare le vere padrone del Mediterraneo. Decideranno

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come e quando e con chi si commercia, forniranno le mense cattolichedei cibi necessari alla lunga quaresima ed esporteranno quei pochiprodotti, come l’allume, indispensabili alle industrie dei paesi europei.Non solo i nemici ma anche le epidemie giungono con le navi e le merci.Ed ecco la risposta: i lazzaretti. Edifici complessi, moderni, isolati concura, e diretti da organismi ad hoc deputati, gli Uffici di Sanità maritti-ma, uno dei primi interventi statali per la cura della salute pubblica.Infine, in questo rapidissimo excursus le proprietà, i beni. Le ville, i casali,le tenute, i palazzi in un’epoca pre-catastale (o ai suoi limiti) qui e lì siproducono platee illustrate con dovizia di particolari e precisione profes-sionale.

Non mancano multiformi curiosità: macchine, schizzi architettonici,strumenti musicali, resti archeologici, sempre però con una iconografiapiù giuridica che artistica.

Tutto ciò che sfugge al linguaggio dello scultore o del pittore, ciò chenon deve prestarsi ad interpretazione, per la opinabilità dei sensi e deisentimenti, si può ritrovare in queste pagine descritto ed illustrato con lascientificità e la passione che la collega Daniela Sinisi ha sempre profusonelle sue opere e nei suoi lavori.

EUGENIO LO SARDO Direttore dell’Archivio di Stato di Roma

Eugenio Lo SardoX

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TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

AABBAA = ANTICHITÀ E BELLE ARTI

AC = AUDITOR CAMERAE

ASC = ARCHIVIO STORICO CAPITOLINO

AS ROMA = ARCHIVIO DI STATO DI ROMA

CDM = Collezione di Disegni e Mappe

ASV = ARCHIVIO SEGRETO VATICANO

BAV = BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA

BNCR = BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE ROMA

DGA = DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI

ICAR = ISTITUTO CENTRALE PER GLI ARCHIVI

ICCD = ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO E LA DOCUMENTAZIONE

ICCU = ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO UNICO DELLE BIBLIOTECHE

ITALIANE E PER LE INFORMAZIONI BIBLIOGRAFICHE

IGM = ISTITUTO GEOGRAFICO MILITARE

ING = ISTITUTO NAZIONALE DELLA GRAFICA

RCA = REVERENDA CAMERA APOSTOLICA

SAN = SISTEMA ARCHIVISTICO NAZIONALE

SGI = SOCIETÀ GEOGRAFICA ITALIANA

SRSP = SOCIETÀ ROMANA DI STORIA PATRIA

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SAGGI

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Topografia della pontificia città di Benevento umiliata alla santità D.N.S. Papa Pio Sestodai consoli della medesima, 1781 (AS ROMA, CDM, I, cart. 7, n. 21)

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* Per i riferimenti bibliografici in forma sciolta, in questo e negli altri saggi, si rinvia allaBibliografia.

1 Sulla cartografia storica in Italia si veda la recente bella opera di Andrea Cantile (cfr.CANTILE).

2 Queste brevi osservazioni, che ho utilizzato come premessa al lavoro di inventariazio-ne della Collezione I di disegni e mappe dell’Archivio di Stato di Roma, riprendono alcuni con-cetti esposti nell’interessante articolo di MAURIZIO FERRARIS, Il sapere in una mappa, pubblicato

DANIELA SINISIPer una storia della Collezione di disegni e mappe*

Aristotele sosteneva che noi uomini “pensiamo per immagini”. Dun-que già nell’antichità era sentita l’importanza, per conoscere meglio ecomunicare, di avere a disposizione carte, schemi e diagrammi; Anassi-mandro, del resto, nel 550 a.C. aveva dato pratica applicazione a talebisogno, creando l’Ecumene, la prima carta del mondo conosciuto.

Da allora si è sempre continuato a raffigurare con immagini simbo-liche porzioni piccole o grandi di territorio e l’esigenza di creare carte emappe si è andata affermando sempre di più, man mano che le cono-scenze e la tecnica venivano ampliandosi.

Nei tempi più recenti, poi, è cresciuto in maniera esponenziale l’uti-lizzo ed anche l’apprezzamento da parte di un pubblico vasto, della car-tografia in generale e pure della cartografia storica1, che sono divenutistrumenti irrinunciabili di conoscenza.

Ai tempi d’oggi, anzi, tempi di diffusione a livello mondiale di internete social networks, si può senz’altro dire, in sintesi, che “declina la carta,trionfano le carte”: basta pensare alla vera e propria invasione di mappe, dia-grammi e atlanti, onnipresenti nell’editoria come nei programmi televisivi.

In effetti questa esplosione di visualizzazione trova le sue ragioni indiverse esigenze profonde della mente umana, quali l’esigenza di “quantifi-cazione” (la carta ci consente di cogliere in un colpo d’occhio la quantità),la necessità di dare una “raffigurazione sensibile alle idee”, attraverso esem-pi, schemi, simboli (per rendere intuitivi concetti anche molto complessi), ilbisogno di farsi capire, in società sempre più multiculturali e multilinguisti-che, utilizzando un linguaggio fatto non di parole ma di “ideogrammi”2.

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Se, dunque, il disegno, la rappresentazione visiva di una realtà geo-grafica, di uno spazio, di un territorio, sono stati fondamentali per laconoscenza fin dall’antichità per tutto il genere umano, si può però direche essi divennero veramente essenziali anche e soprattutto negli Statidell’epoca moderna e contemporanea.

Dovettero essere prodotte, in specie negli stati europei, con incre-mento esponenziale dal Cinquecento all’Ottocento, decine di migliaia diunità grafiche e cartografiche in tutti gli Stati europei, dalle grandi monar-chie nazionali ai piccoli, ma non meno importanti, Stati dell’Italia preu-nitaria, unificati tra il 1860 ed il 1870 nel Regno d’Italia.

Le finalità da raggiungere con l’ausilio di una pianta, di una mappa,di un catasto, di un disegno tecnico o di un cabreo, potevano essere lepiù varie: rafforzare la difesa del territorio o elaborare piani strategici incaso di guerra, facilitare il razionale governo del territorio statale attraver-so la corretta regimentazione delle acque interne oppure provvedere allamanutenzione o conservazione dei porti e dei fondali marini o, ancora,alla predisposizione di un sistema stradale nazionale, provinciale ecomunale. Poteva essere richiesta l’immediatezza e l’efficacia di unamappa laddove ci si proponesse di distribuire con più rigore ed equità ilcarico fiscale imposto dallo Stato sul patrimonio immobiliare dei sudditi(si pensi ai numerosi catasti di cui dalla metà del ‘700 e poi nell’800 gliStati italiani più progrediti si dovettero dotare).

Anche se si volessero delineare o ridefinire i confini con gli stati limi-trofi oppure procedere alla costruzione, manutenzione, ristrutturazione ocambiamento di destinazione d’uso di palazzi, case, terreni, caserme erocche di pubblica proprietà, ci si doveva senz’altro poggiare sulla evi-denza di un disegno o di una pianta.

Un’unità grafica, poi, era sicuramente utile e necessaria non solo persupportare la politica degli Stati e degli enti territoriali, ma anche perdimostrare e definire giuridicamente o giudizialmente la proprietà o ilpossesso di un terreno conteso fra due privati, per attestare l’utilizzo o ilvalore di un immobile o per modificare, migliorare e ampliare una casa,un casale, un palazzo e dotarli di strutture di supporto che li rendesseropiù fruibili per il proprietario.

Daniela Sinisi4

nella pagina culturale del quotidiano «La Repubblica», il 14 maggio 2011. Qui viene ben sotto-lineata, appunto, l’importanza dei disegni e delle carte nella storia dell’umanità, dai tempi anti-chi all’epoca contemporanea, epoca in cui si assiste, come dice l’autore, ad un vero “trionfodelle carte”. La Collezione di disegni e mappe che qui si presenta ci dimostra che già in epocamoderna era in atto un primo “trionfo”!

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È impossibile fare un elenco, neppure lontanamente esaustivo, ditutte le motivazioni che indussero Stati, enti e privati a servirsi, con l’au-silio di tecnici, periti, agrimensori, geometri, architetti ed ingegneri sem-pre più numerosi e specializzati, della meravigliosa efficacia dei disegni.

Quel che è certo è che la stragrande maggioranza di essi per quantoriguarda l’Italia è ancora conservata in centinaia di istituti come bibliote-che, musei, gallerie, archivi (di Stato o di enti e privati) e in migliaia diraccolte e collezioni, anche se con altrettanta certezza si può dire, pur-troppo, che molte di quelle unità grafiche sono andate disperse o distrut-te, moltissime sono “espatriate” e si trovano oggi in musei e bibliotechedi altri paesi, altre ancora sono andate ad alimentare il mercato antiquariolegale o illegale, particolarmente attento alla bellezza e al pregio dei docu-menti iconografici e cartografici, oltreché al loro contenuto informativo3.

Nello Stato italiano di oggi esistono, comunque, molti e importantiistituti di conservazione di collezioni di unità grafiche e di collezioni digrafica, intendendo qui per collezioni di grafica quelle che comprendonosia unità manoscritte che a stampa, primo fra tutti l’Istituto Nazionale perla grafica, creato nel 1975, con sede stabile oggi nel bellissimo palazzoPoli di Roma4.

Tra le biblioteche citeremo la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma5,ma anche le altrettanto importanti biblioteche di Firenze e Napoli e, tra

Per una storia della Collezione di disegni e mappe 5

3 Negli ultimi venti anni i carabinieri del Nucleo che opera a tutela dei beni culturali ita-liani hanno effettuato indagini anche sui beni archivistici e, in particolare, sui materiali graficie cartografici, tra i più soggetti a furti e vendite illecite, spesso con l’ottimo risultato di recu-perare importanti piante, disegni, mappe. Anche l’Archivio di Stato di Roma deve al loro impe-gno la restituzione di alcune pregevoli unità grafiche appartenenti a vari fondi e, soprattutto,alla Collezione di disegni e mappe.

4 Voglio qui ringraziare la d.ssa Antonella Fusco, dirigente dell’Istituto, che è semprestata prodiga di utilissimi consigli durante i lunghi anni di elaborazione dell’inventario. La d.ssaFusco ha tra l’altro promosso dal giugno 2010 in poi, una serie di interessanti quaderni, deiquali il primo è stato dedicato proprio alla rassegna delle collezioni pubbliche di grafica ita-liana (cfr. ING 2010).

5 Nei primi anni di questo secolo, l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico (ICCU), instretta collaborazione con la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, ha promosso un’interes-sante iniziativa che ha visto coinvolti rappresentanti di diversi istituti ed enti, provenienti datutto il territorio nazionale (biblioteche, archivi di Stato, enti territoriali, istituti culturali ed uni-versitari, musei). Scopo del progetto è stato quello di giungere ad elaborare, facendo dialogaretutte le professionalità coinvolte, una proposta di scheda unificata per la catalogazione sinteticain vista della digitalizzazione, dei numerosissimi materiali iconografici e cartografici conservatiin Italia. Per l’Archivio di Stato di Roma è stata chiamata a far parte della Commissione chi scri-ve, insieme al collega Paolo Buonora, esperto di digitalizzazione dei documenti dell’Archiviodi Stato di Roma e, in particolare, dei documenti cartografici (cfr. ICCU 2006).

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gli istituti, l’Istituto Geografico Militare (IGM) e la Società geografica ita-liana (SGI).

Possiamo però affermare con una qualche fondatezza che è negliarchivi di Stato italiani che studiosi e utenti delle sale di consultazionepossono reperire il maggior numero di unità grafiche, specie presso igrandi Istituti posti nelle città che furono ex capitali di Stati preunitari.Qui esistono collezioni vaste e importanti di unità grafiche ed iconogra-fiche, che però non esauriscono, per gli studiosi, il panorama di fontivisuali presenti nei nostri istituti per i secoli XVI-XX: moltissimi infattirestano, come vedremo proprio nel caso dell’Archivio di Stato di Roma,i disegni e le piante ancora conservati nei loro archivi di origine e, inparte, non conosciuti e descritti dagli archivisti.

La quantità, l’importanza documentaria e in alcuni casi il pregio arti-stico delle unità grafiche conservate negli archivi di Stato furono, delresto, noti, sin dal momento della formazione dell’amministrazione archi-vistica, a studiosi e utenti intenzionati ad approfondire le loro ricerche suterritori, città, paesaggi e monumenti, che ne hanno infatti incrementatola consultazione, specie dagli anni successivi alla II guerra mondiale.

Dopo l’istituzione del Ministero per i beni culturali e ambientali, nel1975, inoltre, anche per questo tipo di materiali si accrebbero di moltonon solo la consultazione da parte dei ricercatori, ma anche le attività divalorizzazione da parte delle istituzioni preposte al settore.

Fu l’ultimo ventennio del Novecento che vide, soprattutto dopol’emanazione della legge n. 431 del 1984 e dei relativi piani territorialipaesistici, un’accelerazione dello studio dei documenti cartografici, daparte delle università e di enti culturali e territoriali e, soprattutto, delleregioni (istituite da non molti anni) e dei comuni, organismi che per mis-sione istituzionale sono i massimi tutori dei territori affidati alle lororesponsabilità.

Proprio in quegli anni si rafforzarono proficue sinergie tra le piùimportanti istituzioni culturali e territoriali e le istituzioni preposte allatutela e conservazione del patrimonio archivistico nazionale: fine di sif-fatto sforzo comune doveva essere proprio il censimento, la catalogazio-ne e la valorizzazione di questo straordinario tesoro.

Così, nel 1986, l’amministrazione archivistica si fece promotrice di unimportante convegno sulla cartografia storica che si tenne nelle sedi diGenova, Imperia, Albenga, Savona e La Spezia, dal 3 all’8 novembre6,convegno al quale si collegarono alcune mostre storico-documentarie iti-

Daniela Sinisi6

6 Cfr. Cartografia e istituzioni.

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neranti dedicate allo stesso tema.A tale occasione culturale, cui parteciparono i massimi esperti del set-

tore (geografi, cartografi, architetti, storici e studiosi del territorio), oltre-ché, ovviamente, molti archivisti e bibliotecari italiani e stranieri, si devefar senz’altro risalire un fervore di iniziative finalizzate, anche grazieall’utilizzo delle nuove tecnologie che in quegli anni si stavano afferman-do, ad una descrizione informatizzata ispirata a standard internazionali7.

Da Venezia a Torino, alla stessa Genova, a Napoli, Bari e Palermo,tanto per citare i soli archivi maggiori, numerosi progetti tesi alla fotori-produzione, al restauro e alla descrizione di materiali grafici, furono idea-ti e realizzati da allora in poi, un po’ ovunque in Italia.

Infine, specie dagli anni Novanta, le piante, i disegni, le mappedivennero tra le fonti più utilizzate per la realizzazione di mostre storico-documentarie di alto livello scientifico o anche didattico divulgativo,dedicate alla storia delle città e dell’urbanistica, dell’agricoltura e del pae-saggio, di paesi, di strade e di contrade, delle pianure e dei monti, deifiumi, dei mari e delle coste, delle paludi e dei terreni coltivati, dei con-fini e dei campi di battaglia8.

Il patrimonio grafico e cartografico dell’AS Roma

Nell’Archivio di Stato di Roma, come si è già accennato, sono custo-dite numerosissime unità grafiche e cartografiche, per lo più riferite aisecoli XVI-XIX9.

Nella stragrande maggioranza dei casi, carte e disegni, magari allegati

Per una storia della Collezione di disegni e mappe 7

7 Cfr. ORMANNI; si vedano anche nello stesso volume Cartografia e istituzioni i saggi diBALDACCI 1986 e PRINCIPE. Importanti osservazioni sulla catalogazione dei materiali cartograficisono contenute anche nel volume Catalogazione, studio e conservazione della cartografia sto-rica (VALERIO).

8 Anche l’Archivio di Stato di Roma, attraverso il suo Servizio per le manifestazioni cul-turali, ha realizzato negli ultimi 15 anni, con ottima accoglienza da parte dei visitatori, una seriecospicua di mostre ed eventi culturali dedicati a vari momenti ed aspetti della storia di Romae dei territori dello Stato pontificio, utilizzando in maniera privilegiata proprio le unità grafichedelle Collezioni di disegni e mappe (nonché le mappe del Catasto gregoriano) conservatepresso l’Istituto. Solo per citare le due più rilevanti e articolate, ricordo le mostre curate daMaria Grazia Branchetti e Daniela Sinisi, la prima dedicata all’avvio delle strade ferrate nelloStato pontificio, La maravigliosa invenzione, e la seconda Lazio pontificio tra terra e mare,dedicata allo studio ed alla storia delle zone costiere nella regione laziale al tempo dei papi,alla quale si ricollega la interessante pubblicazione, anch’essa costruita su una fonte “visiva”della fine del Settecento, sulla costa laziale (cfr. DAINOTTO).

9 Due sole unità sono datate al XX secolo.

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a progetti, perizie o relazioni, sono ancora oggi conservati nei tanti archividelle magistrature, tribunali, istituzioni centrali e periferiche che, per contodella suprema autorità del Papa re si succedettero alla guida di vari settorie ambiti di governo dello Stato pontificio10, oppure dei tanti uffici notariliche coadiuvarono Stato e privati nell’espletare importanti funzioni ammi-nistrative o nel tutelare giuridicamente l’interesse dei singoli11.

Rilevante è poi anche il patrimonio grafico contenuto negli archivi dipersone, famiglie, di congregazioni religiose e ospedali, che ricoprironospesso ruoli di primaria importanza per funzioni svolte, per ricchezza eampiezza dei patrimoni posseduti e gestiti. Cito, solo a titolo di esempio,i grandi ospedali romani e in particolare il Santissimo Salvatore, il SantoSpirito in Saxia, il San Giacomo e il San Rocco, proprietari di estesissimibeni immobili nelle province dell’Italia centrale e specie nel Lazio, deiquali ci restano numerose raffigurazioni e piante descrittive, catasti dibeni e cabrei.

È da sottolineare però che è certamente nelle grandi istituzioni otto-centesche (prima e dopo la creazione dei Ministeri pontifici) che l’utilizzodel disegno fu sentito dalle pubbliche autorità come non solo utile, macome davvero essenziale strumento per attuare una corretta azione ammi-nistrativa in molti settori: è infatti in questi archivi ottocenteschi che si puòreperire il più rilevante numero di unità grafiche, allegate alle “pratiche”,anche in vista del fatto che in quel periodo varie istituzioni cominciaronoad emanare disposizioni legislative che rendevano obbligatorio l’utilizzodi un disegno o di una pianta per predisporre e compiere lavori, impo-

Daniela Sinisi8

10 Il patrimonio documentario dell’Archivio di Stato di Roma, pregevolissimo per quantitàe qualità, comprende un nucleo centrale di fondi che caratterizza l’Istituto: sono gli archivi cheattestano l’attività istituzionale delle magistrature centrali dello Stato pontificio per i secoli XIV-XIX. Solo per citarne alcune tra le più importanti – che verranno spesso menzionate anche neldata-base di descrizione delle unità grafiche, specie nel campo denominato “provenienzaarchivistica” - ricorderemo la Congregazione del buon governo e le altre Congregazioni cardi-nalizie, in particolare quella delle acque, la Reverenda Camera Apostolica con tutti i suoi ufficied articolazioni interne, i tribunali centrali dello Stato, ad esempio il Tribunale dell’AuditorCamerae (AC). Per le istituzioni ottocentesche, dopo la Restaurazione ricordiamo i grandiarchivi del Camerlengato, del Tesorierato generale, della Presidenza generale del censo e dellaPrefettura generale di acque e strade che furono precedenti istituzionali importanti dei veri epropri ministeri pontifici istituiti da Pio IX nel 1847. Per una rassegna esauriente dei numero-sissimi diversificati archivi conservati dall’Istituto archivistico romano, si veda la fondamentaleGuida generale degli Archivi di Stato, alla voce ROMA oltre all’agile volumetto Il patrimoniodocumentario dell’Archivio di Stato di Roma, edito dalla Scuola di Archivistica Paleografia eDiplomatica.

11 Particolarmente importanti quali conservatori anche di documenti grafici si sono rive-lati i notai romani, riuniti in diversi uffici e collegi. Si veda a tal proposito il recente, accuratostudio di Orietta Verdi sui notai capitolini (VERDI 2009).

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Per una storia della Collezione di disegni e mappe 9

12 Si veda il bel lavoro promosso dalla Soprintendenza archeologica di Roma Colori del-l’Archeologia. Nel catalogo è di taglio archivistico il saggio Conoscere documentare, conservaredi chi scrive alle pp. 5-10.

13 Molti lavori sono stati realizzati, o sono in corso di realizzazione, sugli archivi della Pre-sidenza generale del censo e archivi collegati. Ricordo qui solo quello sulla Cancelleria delcenso di Roma (VITA SPAGNUOLO) e il volume sul catasto gregoriano (LONDEI 2009) con il saggiodi Luisa Falchi, (FALCHI 2009).

14 Copie ed estratti delle piante del Catasto alessandrino (come pure del Catasto grego-riano sopracitato) sono diffusamente presenti nella Collezione I. Le piante del Catasto ales-sandrino sono state analiticamente descritte per il progetto Imago dell’AS Roma da DanielaSinisi e Orietta Verdi, che hanno curato pure l’inventariazione dell’intero fondo della Presiden-za delle strade, del quale il Catasto alessandrino, come si è detto, costituisce una serie. Lepiante vennero redatte in seguito alla disposizione del papa Alessandro VII (1660), secondo laquale i proprietari delle tenute e casali dell’Agro Romano venivano sottoposti a tassazione inbase alla qualità e quantità dei terreni posseduti e all’utilizzo di una o l’altra delle strade con-solari, di accesso a Roma. Molte di esse sono copie di piante più antiche, anche cinquecente-sche, presentate per l’occasione all’Ufficio notarile delle strade dai proprietari delle tenute.

stare studi preliminari, realizzare progetti. Come esempi citerò quelli delCamerlengato e del Ministero del commercio e dei lavori pubblici, orga-nismi che attuarono, tra l’altro, dalla Restaurazione in poi, le prime formeefficaci di tutela dei beni culturali nello Stato della Chiesa12.

Esistono poi, presso l’Archivio di Stato di Roma, intere serie e piùancora “miscellanee o collezioni” di disegni e mappe che risultano com-poste esclusivamente (o, meglio, quasi esclusivamente) da documentigrafici.

Primo fra tutti voglio citare lo straordinario complesso di alcunemigliaia di mappe e mappe ridotte del Catasto gregoriano (con i relativibrogliardi), realizzate in poco più che un ventennio a cavallo tra l’espe-rienza napoleonica e il restaurato potere pontificio per tutti i comunidello Stato del Papa13. Si tratta in effetti di due “serie” organiche di docu-menti catastali (mappe di grande formato in scala 1/2000 – 1/1000 emappe ridotte in scala 1/8000- 1/4000) che fanno parte integrante dell’ar-chivio della Presidenza generale del censo, istituita nel 1816.

Altro “catasto” o, più esattamente, complesso di circa 400 piante diproprietà immobiliari (tenute e casali dell’Agro Romano), di pregevolissi-ma fattura e di datazione assai antica, è quello noto al pubblico comeCatasto alessandrino14. Anch’esse costituiscono in effetti una serie di unarchivio pontificio, quello della Presidenza delle strade, organismo chesovrintese alla viabilità urbana ed extraurbana e in particolare alla con-servazione e manutenzione delle strade consolari.

Infine citiamo la serie grafica dell’estesissimo archivio della Congre-gazione del buon governo - la serie XIV - che comprende piante, disegni,

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profili relativi a porzioni di territorio dei comuni alla cui amministrazionefiscale-finanziaria era preposto dalla fine del Cinquecento questo fonda-mentale organismo di governo.

Forse più nota al grande pubblico e ancora più consultata è peròproprio la Collezione di disegni e mappe dell’Archivio di Stato di Roma,articolata in Collezione I, II e III e composta di circa 165 cartelle com-prendenti alcune migliaia di pezzi15.

Ad esse si aggiungono le cartelle A,B,C,D e la cosiddetta Miscellaneadi mappe, brogliardi, disegni, stampe, quasi del tutto sprovviste di mezzidi corredo.

La Collezione di disegni e mappe - come ha ben spiegato Elio Lodo-lini nelle sue pagine dedicate alla formazione dell’Archivio di Stato diRoma16 - fu una delle prime “miscellanee” che nacquero in seno al neoistituito Archivio romano già alla fine dell’Ottocento, in ossequio all’alloradiffusa opinione secondo la quale nell’Istituto si conservassero in preva-lenza “cimeli o curiosità”. Del resto la natura particolarmente attraente,anche sotto il profilo estetico, di tale tipo di documenti, era già stata, pro-prio negli anni dell’Unità, segnalata da Biagio Miraglia che proponeva,infatti, di “raccogliere ed ordinare tutti i progetti, tutti i disegni, tutte lepiante” che affermava di aver visto “disperse” in vari archivi, in grannumero e in stato deplorevole.

La raccolta auspicata dal Miraglia iniziò a costituirsi subito, nei primianni dopo la presa di Roma da parte dell’esercito sabaudo e divennecospicua nel primo trentennio di attività dell’Archivio di Stato17: si proce-dette ad estrapolare per lo più le unità grafiche dai loro archivi di prove-nienza (senza che gli archivisti dell’epoca lasciassero alcuna traccia ditale arbitraria estrapolazione dai contesti documentari originali), ma gliaccrescimenti avvennero anche in piccola parte attraverso acquisti odoni. Le unità vennero descritte in un elenco alfabetico-toponomasticoche fa riferimento alle singole località, quasi tutte appartenenti allo Statodella Chiesa, tra le quali un posto privilegiato occupa, ovviamente, Romache ne fu, come è noto, la capitale, prima di diventare la capitale del

Daniela Sinisi10

15 La Collezione è distinta in tre parti (I, II, III), anche se non è individuabile un criteriologico o cronologico che sottenda a tale suddivisione.

16 Cfr. LODOLINI E. 1976. 17 I primi passi della formazione della Collezione sono documentati nella cosiddetta

Miscellanea della Soprintendenza, e negli Atti della Direzione conservata anch’essa presso l’ASRoma, sulla quale la collega Annalia Bonella sta conducendo da alcuni anni un accurato lavorodi studio e schedatura.

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Regno d’Italia. Non numerose sono le eccezioni per il periodo di anticoregime (poche piante si riferiscono ad esempio a località della Toscana,del Veneto e della Lombardia, quasi sempre comprese in zone di confinecon lo Stato ecclesiastico) ma, per la fine del XIX secolo, è senza dubbioda ricordare, ad esempio, la cospicua serie di carte topografiche a stamparelative a varie province italiane del nuovo Regno, in particolare quellecontenute nella cartella 129 della Collezione I.

Lavori per la valorizzazione delle collezioni grafiche dell’Archivio di Statodi Roma

Di tali serie e collezioni conservate presso l’Istituto archivistico roma-no venne avviata una mirata politica di valorizzazione a partire dalla finedegli anni Ottanta: si pose l’attenzione sui problemi della conservazione,del restauro e della fotoriproduzione18 e vennero intrapresi i primi par-ziali tentativi di schedatura e indicizzazione informatizzata. Si avviò,quindi, uno studio preliminare teso alla creazione di un data-base da uti-lizzare per la descrizione standardizzata delle migliaia di pezzi contenutisoprattutto, ma non solo, nelle collezioni di disegni e mappe.

Collaborarono allora al progetto, curato da chi scrive, per la parteinformatica Gemma Pusceddu, responsabile della rete informatica del-l’Archivio di Stato e Salvatore Miele, consulente informatico dell’Istituto.Venne predisposto un data-base in formato “access” - che ha consentito,parecchi anni dopo, l’inizio del lavoro di vera e propria schedatura eindicizzazione - con una prima immissione di dati realizzata a partire

Per una storia della Collezione di disegni e mappe 11

18 È in questi anni, sotto la direzione di Lucio Lume, che fu intrapreso il primo (e unico,ad oggi) lavoro di fotoriproduzione a tappeto di tutte le unità comprese nelle tre principaliCollezioni. I microfilm che allora furono prodotti, pur nei limiti di una riproduzione in biancoe nero e di non eccelsa qualità, se rapportati agli standard delle tecnologie digitali, hanno alungo costituito per gli utenti della sala di consultazione dell’AS Roma, una possibilità di studio“da vicino” di una fonte così importante, ma anche di così difficile conservazione, come è quel-la delle unità grafiche, che, spesso di grande formato, e comunque esposte, per la loro stessanatura, più di altri documenti al rischio di usura e lacerazioni, devono essere necessariamenteescluse dalla libera consultazione. Per la serie delle mappe del Catasto urbano di Roma e deimaggiori centri urbani dello Stato pontificio, nonché per le piante del Catasto alessandrino, sipotette procedere, invece, dalla fine degli anni Novanta, ad attuare un assai più perfezionatoprogetto di digitalizzazione, sostenuto dalla Direzione generale per gli archivi e curato, per l’ASRoma, da Paolo Buonora (Progetto IMAGO, I e II). Negli stessi anni si avviò il progetto direstauro delle diverse centinaia di unità delle Collezioni in cattivo stato di conservazione, anco-ra non concluso, diretto da Orietta Verdi. Su tale progetto si veda la presentazione di O. Verdiin questo stesso volume.

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dall’anno 2006, grazie alla collaborazione volontaria e gratuita di studentidella Scuola di Archivistica Paleografia e Diplomatica dell’Archivio diStato di Roma.

Tra il 2006 e il 2011, con finanziamenti provenienti dalla DirezioneGenerale per gli Archivi e, infine, con l’attribuzione dei fondi dell’8 permille accordati per il 2010 al progetto di inventariazione e restauro delleunità contenute nella Collezione I, è stato possibile portare a compimentola descrizione di circa 3750 unità (per un totale di più di 18000 “pezzi”)19.

Il data-base per la descrizione della Collezione di disegni e mappe20

Nella scheda descrittiva è presente in alto un’area dedicata allasegnatura/collocazione composta da:- denominazione del fondo (Collezione di disegni e mappe);- serie (per ora solo la Collezione I, come si è detto);- cartella (che è l’unità di conservazione; ogni cartella contiene in

Daniela Sinisi12

19 La Collezione I di disegni e mappe, si compone di cartelle (unità di conservazione)numerate da 1 a 130 e comprende piante, sezioni, prospetti, spaccati, carte topografiche, coro-grafiche e geografiche, iconografie, profili, vedute, atlanti, cabrei, disegni architettonici, disegnitecnici e industriali, in foglio unico o in più fogli, tavole o tipi. Le unità grafiche, corredate daindici o legende, sono talvolta allegate o collegate, come già accennato, a documentazionescritta, come relazioni, progetti, stime, perizie etc. Nel vecchio elenco toponomastico (Inven-tario n. 109, ancora oggi utilizzato dagli utenti della sala di consultazione dell’AS Roma), sottola collocazione attribuita con il numero di cartella e il numero di “foglio”, si può nascondere,in effetti, una miriade di “pezzi”, talvolta anche 50 o 60 e anche più, come nel caso di album,catasti o cabrei con le relative descrizioni: la consistenza reale delle unità non è mai stata infattiindicata dagli archivisti otto-novecenteschi che provvidero alla redazione del vecchio inventa-rio (peraltro sprovvisto dell’indicazione degli autori anche nella Guida generale degli archivie quindi da considerarsi opera collettiva degli archivisti romani).

20 Come si è già ricordato, si è potuta per ora portare a conclusione la schedatura e indi-cizzazione delle unità contenute nella Collezione I, che è comunque la più importante ed este-sa. Lo stesso software potrà essere utilizzato, se vi saranno le risorse umane e finanziarie neces-sarie, e se l’iniziativa avrà, come si auspica, una buona accoglienza da parte del pubblico edelle Istituzioni culturali, per le altre collezioni e serie grafiche conservate nell’Istituto. Per ilcontrollo e l’approfondimento dei vari elementi delle schede descrittive, sono stati utilizzatinumerosi repertori generali e tematici (toponomastici, geografici, biografici, prosopografici earaldici), specie in relazione all’individuazione dei toponimi dello Stato pontificio - che rap-presentano l’assoluta maggioranza di quelli indicizzati – e ai nomi di ufficiali, magistrati, tecnici(architetti, periti, agrimensori) appartenenti all’Amministrazione pontificia o in stretta collabo-razione con essa. Tali repertori sono citati nella bibliografia generale a cura di Serena Dainotto.Va ricordato che molte informazioni utili e, talvolta, indispensabili per la certa identificazionedi autori, sottoscrittori o di località minori, contrade, “vocaboli”, sono state direttamente trattedal web, attraverso ricerche spesso lunghe e laboriose che hanno permesso però in non pochicasi di sciogliere dubbi e incertezze.

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media circa 20 unità);- u.n. (unità numero)21;- sub u.n. (sotto unità numero).

Il complesso di queste indicazioni consente un facilissimo reperi-mento delle unità da richiedere da parte degli studiosi per la consultazio-ne dell’originale (laddove ciò sia consentito dall’Istituto), poiché nonsono state volutamente apportate variazioni di rilievo rispetto al vecchioelenco/inventario cartaceo. Sarebbe stato, infatti, in caso contrario,necessario elaborare complicate tavole di raffronto, dato che la Collezio-ne è stata in tutte le sue unità citata numerosissime volte in articoli, saggie pubblicazioni italiani e stranieri.

Segue, poi, una serie di campi per la descrizione di ciascuna unità,che può, come si è detto, essere composta da una o più piante ( le qualicostituiscono comunque sempre l’oggetto prioritario della descrizione)ed eventualmente da uno o più documenti scritti:- denominazione (o titolo); vi si riporta esattamente tutto quello che si

trova scritto nel cartiglio o nella didascalia della pianta o, in alcunicasi, sul verso della pianta stessa, in forma integrale oppure abbrevia-ta, quando necessario. È da ricordare che sono rispettate la grafia el’ortografia originali utilizzate dall’autore della tavola, che spesso,quindi, non corrispondono alle correnti norme oggi in uso22. Se ladenominazione è originale, compare a schermo, sulla sinistra delcampo, il segno di spunta nell’apposita casella. Va precisato che anchela denominazione non originale è normalmente tratta, comunque, dascritte, legende, indici presenti sul recto o sul verso della pianta che sidescrive; solo in rarissimi casi la denominazione è invece attribuitadallo schedatore, oppure è resa più trasparente con precisazioni eaggiunte, nel caso che essa non risulti sufficientemente chiara, soprat-tutto in merito alla univoca individuazione delle località e/o aree geo-grafiche. In questo caso essa è inserita in un apposito riquadro sotto-

Per una storia della Collezione di disegni e mappe 13

21 Nel vecchio elenco-inventario n.109, più volte citato, era utilizzato il termine “foglio”,termine che poteva ingenerare confusione e fraintendimenti e che si è pertanto sostituito conunità (u.n.). Raramente l’unità può contenere più sottounità (sub u.n.), relative alla stessa loca-lità ma non provenienti dallo stesso archivio o “pratica” o, in una minoranza assoluta di casi,addirittura a località completamente diverse, rispetto a quella della sub-unità designata come/001. Per la richiesta dell’originale si dovrà fare riferimento al numero di cartella e al numerodi unità (le ex “unità bis” contenute nell’inventario 109 sono contrassegnate nella scheda infor-matica come sub u.n. 002).

22 I documenti allegati o collegati a ciascuna unità grafica, sono descritti sommariamente nelcampo descrizione, dove si riporta anche, se presente, l’eventuale titolo di ciascun documento.

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Daniela Sinisi14

stante il campo denominazione. La lingua utilizzata è quasi sempre quella italiana e in rari casi quella

francese (piante relative ai periodi di dominazione francese, tra fine ‘700e inizi ‘800); in pochi casi è stata utilizzata la lingua latina;- tecnica di esecuzione; si è scelto di indicare qui, mettendo il dato in

evidenza separatamente rispetto al campo descrizione, se l’unità siamanoscritta o a stampa (fig.1). Pochi sono i casi di commistione delle due tecniche;

- altezza/larghezza; anche qui si è pensato di dare maggiore risaltoall’indicazione delle due dimensioni della pianta, soprattutto al fine difornire immediati riferimenti per una conservazione adeguata (e quin-di per una corretta consultazione) dei grandi e grandissimi formati,spesso soggetti a maggiore usura; laddove l’unità però comprenda piùpiante o mappe di misure diverse, le misure sono state rilevate perciascuna pianta, riportandole analiticamente, come vedremo, nelcampo descrizione;

- scala; è sempre riportato il tipo di scala (grafica o numerica). In casodi scala grafica si è indicata la lunghezza del listello di riferimento,

1. Topografia del Stato d’Ascoli della Marca con suoi confini, a stampa, 1680 (AS ROMA,CDM, I, cart. 6, n. 247)

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nonché, ovviamente, l’unità di misura23 utilizzata dall’autore per redi-gere la pianta. A tal proposito si segnala che, poiché i territori raffigurati nelle unità

grafiche schedate sono numerosissimi, sebbene situati nella stragrandemaggioranza dei casi entro i confini dello Stato pontificio, anche le unitàdi misura utilizzate sono altrettanto numerose e variano da zona a zonae da secolo a secolo. Fino almeno all’inizio dell’Ottocento, infatti, quandol’esperienza napoleonica apportò novità rilevanti anche per quantoriguarda l’omogeneizzazione delle unità di misura in tutte le regioni d’Ita-lia che fecero parte dell’impero napoleonico, furono utilizzate unità

Per una storia della Collezione di disegni e mappe 15

23 Per le unità di misura utilizzate nelle varie epoche e nei vari Stati italiani, cfr. MARTINI.

2. Caveta delle Lumiere, 1708 (AS ROMA, CDM, I, cart.1, n.33)

2a. Particolare della scala di canne numeroventi romane

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Daniela Sinisi16

3. Pianta fatta da me sottoscritto Perito Eletto per parte degl’Illustrissimi Signori MarchesiGuido, e Giulio Fratelli Corelli, et Altri Litis Consortes, Mediante la quale si mostra l’An-damento dell’Argine Circondante il quale anticamente si vedea fra la Via del Porto diFusignano, e quella delle Vallerie..., 1741 (AS ROMA, CDM, I, cart. 1, n. 30), in basso adestra, scala di pertiche duecento di Ravenna

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molto diverse sia nei vari Stati italiani sia all’interno dello stesso Statopontificio, da provincia a provincia e, talvolta, addirittura da città a città.Così a Roma e territorio circostante si utilizzarono prevalentemente lecanne e i palmi romani, gli staioli e le catene (fig.2), ma, fuori del terri-torio della capitale si continuarono a utilizzare le unità di misura locali,come avvenne ad esempio a Ferrara o a Bologna o a Ravenna (fig.3) -tanto per citare tre importanti realtà territoriali dello Stato - tutt’al piùaffiancate al riferimento alla misura romana.

Dopo la Restaurazione invece si utilizzò più diffusamente il sistemametrico decimale e, come unità di misura, il metro (volutamente deno-minato nelle mappe catastali del Catasto gregoriano, “canna censuaria”,in ossequio ad una tradizione che si voleva ininterrotta dal ripristinatoregime pontificio);- datazione: è articolata in data iniziale (originaria o attribuita) e data

finale (originaria o attribuita), cui talvolta si aggiungono, in un campoa parte, la data topica e le note alla cronologia. Nella maggior partedei casi esiste sul documento grafico una sola data con indicazione digiorno, mese e anno, o del solo anno, data che è stata in questo casoinserita nel campo “data iniziale”. Quando i documenti grafici e/oscritti, presenti nell’unità sono numerosi, è possibile che anche l’arcotemporale cui essi si riferiscono comprenda più mesi o addiritturaanni; in questo caso si è indicata, come di consueto, la data del primodocumento e quella dell’ultimo.Talvolta i documenti grafici non recano data: ci si è serviti, allora,

delle sottoscrizioni di geometri, periti, architetti oppure dei riferimenti apersonaggi che ricoprirono cariche istituzionali rilevanti, oppure dellesottoscrizioni di notai, per riuscire ad indicare almeno il secolo di produ-zione dell’unità grafica, ma se possibile, anche un più preciso arco tem-

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Cronologia della Collezione I didisegni e mappe. - Le unità chenel grafico risultano del tuttosprovviste di datazione sonoquelle risultate mancanti allarevisione del 2013 oppure quelleche, in cattivo stato di conserva-zione, non sono state oggetto dischedatura analitica e delle qualinon si è potuto pertanto verifica-re la datazione (grafico elaboratoda Luca Saletti).

XX sec.: 2; 0%

XIX sec.: 2432; 64%

senza data: 43; 1%

XVI sec.: 21; 1%XVII sec.: 258; 7%

XVIII sec.: 994; 27%

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24 Le unità della Collezione I si riferiscono ai secoli XVI-XIX con una maggioranza asso-luta di piante ottocentesche. Solo due unità sono datate al sec. XX. Le unità che nel graficorisultano del tutto sprovviste di datazione sono quelle risultate mancanti alla revisione del 2013oppure quelle che, in cattivo stato di conservazione, non sono state oggetto di schedatura ana-litica e delle quali non si è potuto pertanto verificare la datazione.

4. Dipartimento delTronto, s.d., post 1812(AS ROMA, CDM, I,cart. 6, n. 249). Ladata è stata attribuitain base alla data diistituzione del Diparti-mento del Tronto daparte dell’Amministra-zione napoleonica

porale (come si è poi specificato nelle note alla cronologia): in questocaso sotto “data iniziale” è indicato il secolo in cifre arabe e, ad esempio,per l’Ottocento, l’indicazione sarà “18…”. (fig.4)

Soltanto in un limitato numero di casi si è fatto riferimento generica-mente ad un secolo, in base alle sole modalità di esecuzione o alla grafiautilizzata nella pianta. Infine, in pochissimi casi, si è, in mancanza di altridati certi, riportata la data presente nel vecchio inventario (che peraltronon sempre risulta attendibile)24;

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- descrizione; si sono qui riportate, nella maniera più chiara ma anchepiù sintetica possibile, una serie di indicazioni utili per descrivere“estrinsecamente”25 l’unità e relative a:- consistenza dell’unità, che può essere composta di una sola pianta,

di un solo foglio di mappa, ma spesso anche di numerose piante,profili o altro, accompagnati o non da relazioni, progetti etc;

- modalità di realizzazione grafica (a inchiostro, ad acquerello, apenna etc.);

- numerazione, originale (fig. 5) o moderna (generalmente a matita),ed eventuali misure di ciascun foglio, se non omogenee;

- presenza di legende, indici, descrizioni e scritte esplicative diverse26

Per una storia della Collezione di disegni e mappe 19

25 Non si è generalmente indicato il supporto delle piante perché è sempre omogeneo(carta, raramente carta telata o cerata). In pochissimi casi è utilizzata la pergamena, in un unicocaso la pianta è costituita da un plastico.

26 Tra le scritte - che si sono riportate integralmente e nella originaria lingua latina, scio-gliendo le abbreviazioni - ricordo in particolare quelle apposte sul verso della pianta, quando

5. Pianta della grotta di Nettuno a Tivoli nella porzione coperta e dei lavori ivi eseguitinell’anno 1829. Tipo I, 1829 (AS ROMA, CDM, I, cart. 4, n. 164)

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6. e 7. Memoria sopra il porto di Ancona. Tavola V; Tavola XVI, 1807 (AS ROMA, CDM, I,cart. 2, n. 64), particolari dell’ornamentazione delle tavole

8. Pianta della venerabile chiesa di S.Maria delle Gratie con sua fabrica annes-sa, posta nel castello di Foce…, 1717 (ASROMA, CDM, I, cart. 1, n. 48), particolaredel cartiglio ornato

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apposte sul recto o sul verso del documento grafico (fig. 6);- presenza di ornamentazioni, decorazioni, stemmi e signa notarili

(figg. 7 e 8);- presenza di simboli grafici per l’orientamento della pianta, come

rose dei venti, (fig.9), frecce indicanti il nord, aghi magnetici. In tutti

Per una storia della Collezione di disegni e mappe 21

9. Profilo della livellazione della cadutadell’Arone e Mappa del corso del fiumeArone nel sito della diferenza, 1740 (ASROMA, I, cart. 6, n. 234 r. e v.). Si noti l’uti-lizzo della rosa dei venti per l’orientamen-to della pianta. Sul verso, esibizione dellapianta presso il notaio del Tribunale del-l’AC, Urbanus (20 luglio 1740)

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questi casi si è utilizzata la sintetica espressione “è indicato l’orien-tamento”;

- sottoscrizioni degli autori e di coloro che collaborarono, a diversilivelli, alla predisposizione, alla redazione o alla revisione o copia

Daniela Sinisi22

essa fosse esibita negli atti del notaio - cancelliere di un Tribunale (il più rappresentato è cer-tamente quello dell’Auditor Camerae): la pianta stessa costituiva in tali casi documento utileper la discussione della causa e per il giudizio del giudice incaricato. La formula citata ha con-sentito di individuare con certezza l’archivio di provenienza e, talvolta, la serie dell’archiviodel tribunale alla quale essa apparteneva originariamente (ad es. Iura o Cedulae).

10. Mappa della città diAncona, pianta de relittidi mare di proprietà dellaR.C.A. desunta dallamappa originale… esi-stente presso questo Dire-zione Generale del Censo,1825 (AS ROMA, CDM, I,cart. 2, n. 98), con parti-colare delle sottoscrizioni

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della pianta (incisori, disegnatori, revisori), oppure all’autentica (notaie testimoni), ciascuno con la propria qualifica (fig. 10);

- segnature e numeri d’ordine; si sono qui segnalati soprattutto i numeridi protocollo (con la eventuale presenza di timbri dell’istituzione dacui proviene il documento);

- note; lo schedatore ha liberamente utilizzato questo campo per appro-fondire il contesto in cui fu realizzata l’unità grafica, oppure per for-nire notizie storico-istituzionali sulle magistrature ai cui archivi appar-tenevano le piante, o sulla biografia dei tecnici, spesso assai illustri,che le realizzarono.Nel campo note è data pure l’indicazione delle unità risultate man-

canti alla revisione del 2013 e di quelle che, per motivi di cattivo stato diconservazione, non sono state analiticamente descritte dagli schedatori,delle quali vengono quindi forniti i soli, scarni dati presenti nel vecchioinventario 109. Sono qui pure forniti, laddove si sia ritenuto opportuno, irinvii ad altre unità della stessa Collezione collegate con l’unità schedata;- provenienza archivistica (a.p.). Un discorso a parte va fatto per questo

campo della scheda non strettamente necessario per la descrizione del-l’unità grafica, ma che si è voluto inserire, invece, come ulteriore indi-cazione e possibile ausilio per la ricerca di documentazione negliarchivi. Infatti, come si è detto più volte, la stragrande maggioranzadelle piante, disegni e mappe presenti nelle collezioni dell’Archivio diStato di Roma furono, al tempo della formazione delle miscellaneestesse, estrapolate dai tanti fondi archivistici, senza che gli archivistidell’epoca si preoccupassero di lasciare un qualsiasi riferimento.In particolare sono ben rappresentati nella Collezione I gli archivi,

ampi, complessi e articolati, della Reverenda Camera Apostolica (RCA),soprattutto quelli del Tesoriere generale e della Computisteria generale,di alcune delle Presidenze camerali - prima fra tutte la Presidenza dellestrade con i suoi notai privativi - dei notai segretari e cancellieri dellaRCA (notai della RCA)27.

Molte unità provengono con certezza poi dai principali tribunali cen-trali pontifici, camerali e non: in ordine di frequenza possiamo citare ilTribunale dell’Auditor Camerae (Tribunale dell’AC), seguito dal Tribuna-le della Camera apostolica e dal Tribunale della sacra rota.

Per una storia della Collezione di disegni e mappe 23

27 Nell’indicare l’archivio di provenienza, per quanto riguarda gli estesi archivi camerali,ci si è spesso limitati a scrivere soltanto RCA, senza altre specifiche. Si tenga conto peraltroche alcune delle piante potrebbero essere state estrapolate dai fondi Camerale II e III, ordinatiper materia e per luoghi. Sugli archivi camerali si veda in particolare PASTURA.

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Ben rappresentate sono pure le Congregazioni cardinalizie e, in par-ticolare, la Congregazione del buon governo e, soprattutto, la Congrega-zione delle acque, dal cui archivio provengono numerosissime unità,specie per i secoli XVII-XIX (di esse si è potuto con certezza indicare l’ar-chivio di provenienza nella maggioranza dei casi) e sicuramente alcunedelle carte, piante e profili di livellazione più belli esteticamente e piùricchi di informazioni sui territori raffigurati28.

Poche le certezze, invece, per l’indicazione della provenienza daarchivi privati, quali famiglie o persone, congregazioni religiose o ospe-dali, che quindi risultano pochissimo rappresentati29.

Per l’attribuzione dell’archivio di provenienza ci si è serviti di varielementi, in taluni casi combinati tra loro, presenti sul recto o sul versodell’unità grafica descritta, o, anche, nei documenti scritti ad essa colle-gati: dichiarazioni del perito, architetto o agrimensore, autore/autori dellapianta, di essere stati deputati da una certa autorità a redigere la piantastessa e l’eventuale relazione; esibizione negli atti del notaio cancellieredi un tribunale pontificio, della pianta - utilizzata come elemento del con-tenzioso - attestata da una scritta redatta secondo un apposito formulario,comprendente la denominazione del tribunale (ad es. AC ), i nomi delleparti in causa (citati nella formula notarile pro…, contra…), la sottoscri-zione del notaio cancelliere con la data di presa in carico dell’atto; pre-senza di dediche e indicazioni di destinatari o committenti, nella didasca-lia o nel cartiglio o nella legenda dell’unità grafica, etc.

Nei casi in cui l’attribuzione sia sembrata certa, si è indicata tout-

Daniela Sinisi24

28 Sulla Congregazione del buon governo e sul suo imponente archivio, è indispensabilericorrere al fondamentale inventario LODOLINI E. 1956, con ampia e documentatissima introdu-zione storico-archivistica. Da tale archivio provengono sicuramente numerose unità grafichedella Collezione. Per approfondire invece l’argomento della gestione delle acque interne edella Congregazione che a tale settore sovrintese dall’inizio del XVII secolo, si veda in questostesso volume il saggio di Paolo Buonora, Fiumi di carta e la bibliografia ivi citata. Sull’istitu-zione della cinquecentesca Congregatio super viis, pontibus et fontibus, precedente istituziona-le della congregazione delle acque (in particolare per il settore degli acquedotti), si veda laregestazione dei decreti cardinalizi presenti nel registro n. 1 (1567-1588) del piccolo ma impor-tante fondo conservato presso l’AS Roma, GENOVESE - SINISI.

29 Soltanto con lunghissime ricerche storiche e archivistiche sarebbe stato possibile – e inpochissimi casi – individuare l’appartenenza ad uno di questi archivi. Per qualche esempio bendocumentato si veda il saggio di S. Passigli e A. Ruggeri, dedicato alle piante di alcune tenutedell’Agro romano, in questo stesso volume.

30 Per l’indicazione dell’a.p. (archivio di provenienza) si è fatto riferimento alle denomi-nazioni contenute nel repertorio dei fondi archivistici dell’Archivio di Stato di Roma, (GRAZIA-NI). Nel complesso, si può calcolare che, tra certi e probabili, si sia riusciti a determinare gliarchivi di provenienza in circa il 70% dei casi, per la Collezione I.

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court la denominazione dell’archivio di provenienza30.Nel caso più frequente, invece, in cui l’attribuzione è sembrata solo

possibile o probabile, la denominazione dell’archivio di provenienza èstata indicata tra parentesi quadre. Si è però preferito fornire l’indicazionecomunque, anche considerando un possibile margine di errore, basando-la su considerazioni di tipo storico istituzionale, deduzioni logiche o ana-logie riscontrate dall’archivista31.

Tutto quello che finora abbiamo detto è riferibile, in particolare, agliarchivi delle istituzioni pontificie del periodo di antico regime.

Più complesso ancora il discorso della determinazione delle prove-nienze si fa per gli archivi ottocenteschi, in particolare per il periodo cheva dalla Restaurazione alla caduta definitiva del potere pontificio (1870),in rapporto alle numerosissime riforme istituzionali dell’amministrazionecentrale e di quella periferica, cui i pontefici procedettero a più ripresee nei vari ambiti, in quel cruciale cinquantennio ed anche alla produzio-ne stragrande di documentazione rispetto al passato – da parte di orga-nismi che stanno sempre più ampliando i loro compiti istituzionali e leloro funzioni – cosa che rende assai complesso il potersi orientare inmasse spesso sterminate di carte d’archivio.

Nascono, ad esempio, in quest’arco temporale, istituzioni più moderneanche se pensate in continuità con altre già esistenti all’interno della RCA,quali il Tesorierato generale con le sue amministrazioni (con l’organo col-legato della Computisteria generale della RCA) e il Camerlengato, vero eproprio “panministero”, che si occupa di numerosissime branche dell’am-ministrazione, precedendo di qualche anno il Ministero del commercio,belle arti, industria, agricoltura e lavori pubblici32.

Nasce anche un nuovo, complesso e potente organismo di sovrinten-

Per una storia della Collezione di disegni e mappe 25

31 In moltissimi casi, in assenza di elementi obiettivi, si è preferito non dare nessuna indi-cazione, anche se, in base al contesto storico istituzionale, si potrebbe forse dedurre la prove-nienza dell’unità. Voglio qui ricordare in particolare che nella Collezione I vi sono numeroseunità, relative in specie ai secc. XVIII-XIX, che raffigurano territori, strade, confini, mulini, postiin aree di pertinenza dei comuni dell’ex Stato pontificio. Tali piante sono, probabilmente, inbuona misura da attribuire all’articolato archivio della Congregazione del buon governo, ma lericerche, comunque di incerto risultato, in questo caso comporterebbero modalità complessee tempi assai lunghi per effettuare le necessarie verifiche. Si è preferito, perciò, non dare alcu-na indicazione di provenienza in questi casi, per evitare di fornire agli utenti piste di ricercaerronee o addirittura fuorvianti.

32 Sul Ministero del commercio e lavori pubblici, si veda in particolare l’inventario (con stu-dio storico-istituzionale) LODOLINI TUPPUTI. Ricordo ancora una volta che il settore che potremmochiamare dei lavori pubblici di acque e strade è certamente quello meglio rappresentato in asso-luto nelle unità della Collezione I, non solo per l’Ottocento ma anche per i secoli precedenti.

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denza e gestione della catastazione e della imposizione fiscale sui beniimmobili presenti nei vari comuni dello Stato pontificio, quale fu la Pre-sidenza generale del censo33.

Ancora, per fare un altro esempio, fu completamente riformato tuttol’importante settore dei lavori pubblici di acque e strade, prima negli anniimmediatamente successivi alla Restaurazione, con l’istituzione di organiconsultivi quali il Consiglio d’arte o, tecnici, come il Corpo degli ingegne-ri di acque e strade, poi, con l’unificazione nel 1833 in un solo grandeorganismo che sovrintendesse, come era auspicato da tempo, a tutti ilavori pubblici statali: la Prefettura generale di acque e strade.

Anche l’amministrazione degli “affari interni”34 - da fine Cinquecentoaffidata per quel che concerneva la supervisione delle amministrazionicomunali dal punto di vista finanziario, alla Congregazione del buongoverno - viene riformata radicalmente con l’istituzione nel 1816 dellaDirezione generale di polizia che aveva competenze sul cruciale settoredell’ordine pubblico. Nel 1833 venne istituita la Segreteria per gli affari diStato interni, che preludeva al vero e proprio Ministero dell’Interno, men-tre parallelamente si ridisegnò ex novo la struttura dell’amministrazioneperiferica dello Stato (articolata in legazioni e delegazioni, governi ecomuni). Infine fu rinnovato completamente l’assetto dei tribunali pontifi-ci, ispirandolo a criteri di maggiore razionalità e uniformità sul territorio35.

In questo complesso di istituzioni nuove o rinnovate irrompe, poi,alla fine del 1847, il motuproprio di Pio IX che istituisce i veri e propriMinisteri36, trasformando ancora, nell’ultimo ventennio di potere papale,lo scenario politico e amministrativo dello Stato ecclesiastico.

Daniela Sinisi26

33 Dalla Presidenza del censo e dal suo grande archivio provengono numerose unità dellaCollezione I. Ricordo qui che ad essa sono state comunque attribuiti anche alcune copie oestratti di mappe catastali, effettuati dalla Presidenza per scopi non precisati nelle unità grafi-che stesse.

34 Va ricordato che gli archivi dei due massimi organismi di governo per quel che riguar-dava la politica interna dello Stato pontificio, la Sacra Consulta e la Segreteria di Stato, nonsono presenti nell’Archivio di Stato di Roma

35 Su questo periodo fondamentale di trasformazioni istituzionali sono stati scritti nume-rosissimi e documentati saggi e volumi, che qui è impossibile ricordare analiticamente. Restafondamentale lo studio di A. Caracciolo in CARAVALE - CARACCIOLO; per una prima informazione,sintetica ma puntuale, anche sugli archivi conservati dall’AS Roma, si veda in particolare LOSARDO 1994 e, sulla riforma dei tribunali pontifici VENZO.

36 Tra gli archivi dei ministeri pontifici ricordo tra gli altri quello importante e finora noncitato, del Ministero delle armi, anch’esso molto ben rappresentato - con i suoi precedenti isti-tuzionali (Congregazione delle armi, Presidenza delle armi) - nel campo “archivio di prove-nienza”, in molte piante della Collezione I.

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In un quadro, dunque, di organismi che si susseguono ma che spes-so sovrappongono le loro competenze oppure cadono in parziale desue-tudine o mutano articolazioni interne, è ovvio che sia molto difficile edanche archivisticamente rischioso, indicare con plausibile attendibilità leprovenienze delle moltissime unità datate o databili al XIX secolo (dopola breve ma intensa esperienza napoleonica, della quale peraltro sonodocumentati alcuni aspetti nella stessa Collezione): chi utilizzerà l’inven-tario ne dovrà tenere necessariamente conto.

In questi casi, soprattutto per il trentennio di transizione che va dallaRestaurazione alla istituzione dei Ministeri, si è talvolta indicato, per uncerto ambito di competenza (ad es. l’amministrazione di acque e strade)un gruppo di archivi (ad es. Presidenza delle strade o Prefettura generaledi acque e strade o Consiglio d’arte o Corpo degli ingegneri pontifici diacque e strade) - specie in assenza di una datazione precisa presentesull’unità grafica e di elementi identificativi certi - oppure uno solo tra gliarchivi di queste stesse istituzioni, che sia sembrato, per analogia conaltre unità presenti nella Collezione, il più probabile contenitore dell’uni-tà grafica in esame37.

Maggiori certezze, invece, si possono avere per il periodo in cui, giàin via sperimentale alla metà degli anni trenta dell’Ottocento, ma decisa-mente dal 1848, fu adottato diffusamente nello Stato pontificio un sistemadi protocollazione e/o classificazione degli atti, con annesso utilizzo ditimbri e adozione di denominazioni ufficiali per amministrazioni, direzio-ni o divisioni.

Poiché tali riferimenti vengono apposti spesso in calce ai documentie dunque anche ai documenti grafici, è stato possibile individuare con

Per una storia della Collezione di disegni e mappe 27

37 Per il trentennio in questione sono presenti nella Collezione I, per fare l’esempio di unambito amministrativo da me meglio studiato, molte unità grafiche provenienti dagli archividell’Amministrazione delle strade (profondamente riformata già negli anni 1817-1818), relativea tratti stradali e ponti, la cui attribuzione precisa sarebbe impossibile se non con lunghissimericerche. Voglio citare il caso, recentemente segnalatomi, degli accurati studi su un gruppo ditali unità, effettuati dalla collega Orietta Verdi, che alla fine del 2012 ha esaminato per la par-tecipazione ad un convegno la documentazione d’archivio relativa agli ingegneri Mollari ePistocchi, per il periodo 1818-1820. In quella occasione ha potuto individuare la certa prove-nienza del volumetto contenente il progetto (con piante) per il ponte al Godolino, sulla viaFlaminia nelle Marche, esercizio 1818-1819, (attualmente in CDM, I, cart.112, u.n. 301): talevolume con progetto e piante - da me inizialmente attribuito all’archivio della Presidenza dellestrade - era stato, in effetti, inviato per l’approvazione al Consiglio d’arte ed era stato esaminatodall’architetto Pietro Camporese, che vi fa riferimenti dettagliati. È all’archivio del Consigliod’arte, dunque, e precisamente alla busta 57, fascicolo k, che andrebbe idealmente riunito ilvolume in questione.

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certezza l’istituzione di appartenenza. In alcuni casi e anche grazie asegnalazioni di studiosi e ricercatori, si è potuto perfino indicare la “posi-zione” cui l’unità grafica doveva appartenere ed il numero della unità diconservazione dell’archivio in cui andrebbe oggi ricollocata38.

Si segnala infine che , sotto lo stesso campo “provenienza archivisti-ca” (o a.p.), sono stati indicati, per comodità degli utenti, anche se inmaniera non del tutto propria, i pochissimi casi di acquisizione di pianteattraverso acquisti e doni, nel caso in cui ne sia stata data notizia attra-verso scritte presenti sulle unità stesse.

Voglio in ultimo ricordare che, a corredo dell’inventario, sono statielaborati accurati indici dei nomi di persona (antroponimi) e di luogo(toponimi). I primi comprendono tutti i nomi di coloro che compaiono osono citati in uno dei campi del data-base; viene segnalato sempre alme-no il cognome di ciascuna persona (o famiglia) citata, al quale si è quasisempre riusciti ad affiancare il nome di battesimo, anche se non presente,semplicemente sciogliendo sigle, oppure invece ricavandolo attraversoappropriate ricerche nei repertori. Ogni volta che sia stato possibile, afianco di cognome e nome, è stata indicata anche la qualifica, come rica-vata dalle scritte e dalle sottoscrizioni presenti sull’unità grafica (architetto,perito, agrimensore oppure, camerlengo, presidente delle strade, etc.). Siè pensato di indicizzare anche i nomi dei proprietari, possessori, affittuaridi beni immobili citati spesso nella denominazione della pianta, ritenendoutile rendere fruibile agli studiosi questo cospicuo patrimonio di informa-zioni, poco conosciuto attraverso altre fonti documentarie.

Per quel che riguarda invece i toponimi39, (alcune migliaia sono quel-li rilevati) ci si è proposti di indicizzare sistematicamente tutti i nomi diluogo presenti nei vari campi descrittivi dell’unità grafica. Si è cercato difarlo, tenendo conto delle sole indicazioni presenti nella scheda, artico-

Daniela Sinisi28

38 Molte segnalazioni sono giunte all’AS Roma nell’ultimo trentennio grazie ad approfon-diti studi di storia delle istituzioni, storia dell’architettura e dell’urbanistica o di toponomasticacondotti da ricercatori, storici o semplici appassionati di storia locale. Per quanto riguarda inparticolare la Prefettura generale di acque e strade, dal cui archivio proviene il maggior nume-ro di unità grafiche idealmente ricollocabili, voglio in particolare ringraziare gli architetti Fran-cesco Giovanetti e Susanna Pasquali, e, in particolare, l’amico, topografo e studioso di carted’archivio, Adriano Ruggeri.

39 La quasi totalità dei toponimi indicizzati è relativa alle diverse province e territori delloStato pontificio, mentre un’esigua minoranza riguarda altre zone d’Italia. È da ricordare chenello Stato pontificio erano compresi anche il territorio di Avignone - che, però, compare cometoponimo in due soli casi - e il territorio della provincia di Benevento, vera e propria enclavepontificia situata geograficamente nel Regno di Napoli.

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lando l’indice su tre livelli: (toponimo) principale; specifica; ambito ter-ritoriale40.

Il toponimo principale - sempre indicato - si riferisce al luogo o ailuoghi (città e/o suo territorio, fiume, strada, area geografica etc.) rappre-sentati nella pianta. Laddove poi, sia indicata anche una località specificadi riferimento (ad esempio contrada, vocabolo, tenuta, oppure via, piaz-za in una città), tale luogo è indicato nel livello specifica. Più raramente,invece, è indicato il livello ambito territoriale e solo se citato nel campodenominazione della pianta.

Va segnalato che, quando sono stati indicizzati toponimi relativi acittà e paesi dello Stato pontificio (o anche dello Stato italiano), nel topo-nimo principale sarà indicato il nome della città o paese, aggiungendoaccanto “città”, se si tratta di vie, piazze, palazzi situati entro le mura cit-tadine o nei confini del centro abitato, oppure “territorio”, se si tratta dicontrade, vocaboli oppure di torrenti, fiumi e strade o altro, compresi nelcontado o territorio di quella stessa località.

Un’avvertenza particolare va fatta per quel che riguarda la città e ilterritorio di Roma, ai quali, come si è detto, si riferiscono numerosissimeunità grafiche della Collezione I. Anche in questo caso ci si è attenuti allaregola sopra enunciata, distinguendo tra Roma città, con relative specifi-che, e Roma territorio, con relative specifiche. Per il territorio della capi-tale va tenuto presente però che esso si articolò, nelle varie epoche, in unterritorio che potremmo definire comunale, denominato Agro Romano (oAgro Romano e Suburbio) - che comprendeva l’area più vicina alla città- e in un territorio più vasto, esteso tutto intorno, fino al mare ed ai castelliromani e oltre, che potremmo indicare come territorio provinciale diRoma, designato stabilmente nell’Ottocento, come Comarca. Nell’indiciz-zazione si è data l’indicazione dell’ambito territoriale “Agro Romano”,“Suburbio” o “Comarca” di Roma41, in corrispondenza del toponimo prin-cipale “Roma, territorio” solo se tale indicazione di contesto geografico siaesplicitamente contenuta nella denominazione originale della pianta42.

Per una storia della Collezione di disegni e mappe 29

40 Si sono indicati in principale anche i nomi attualmente in uso di cittadine e paesi chenelle piante della collezione erano individuati con toponimi oggi non più esistenti; ad esempiotroveremo in principale il nuovo toponimo Priverno, col rinvio, in specifica, a Piperno - checostituiva la denominazione della cittadina laziale fino al 1927- seguito da vedi.

41 Sulla Campagna romana restano fondamentali i volumi di TOMASSETTI. Su varie tenutee casali dell’Agro romano, si vedano in particolare gli approfonditi e documentati studi di JeanCoste e, in questo stesso volume, il saggio di S. Passigli e A. Ruggeri.

42 Per il periodo postunitario, è talvolta indicato invece, “Roma, comune” e “Roma, pro-vincia”.

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Il complesso di tali indici onomastici e toponomastici fornisce, comesi vede, assai più ampie possibilità di accesso mirato alle unità della Col-lezione, rispetto al precedente elenco-inventario cartaceo che faceva rife-rimento ad un toponimo “prevalente”, individuato talvolta in manieraassai soggettiva, se non erronea, dagli schedatori dell’epoca43.

* * *

Voglio concludere queste note, necessariamente sintetiche, sottoline-ando che questo lavoro, come tutti quelli vasti, elaborati a più mani, rela-tivi a contesti diversissimi tra loro, va inteso dai futuri utenti come risul-tato, speriamo utile anche se non perfetto, di un work in progress.

Sono certa che esso potrà affinarsi in futuro, sia se gli archivisti vor-ranno proseguire nell’opera impegnativa di schedatura delle altre colle-zioni cartografiche e iconografiche dell’Archivio, sia se studiosi e ricerca-tori vorranno far giungere approfondimenti, suggerimenti, correzioniall’Archivio di Stato e alla curatrice del presente lavoro.

Voglio ringraziare qui la Direzione generale per gli archivi, che hasempre sostenuto il mio impegno, in particolare le dottoresse Anna PiaBidolli e Patrizia Ferrara, che insieme con il dottor Mauro Tosti Croce,hanno reso possibile questa pubblicazione, e i direttori dell’Archivio diStato di Roma che si sono succeduti alla guida dell’Istituto nel lunghissi-mo periodo di gestazione e di realizzazione dell’opera, Elio Lodolini,Lucio Lume, Luigi Londei ed Eugenio Lo Sardo.

Un ringraziamento affettuoso va ai numerosi colleghi e collaboratoriche hanno lavorato con passione e fornito utili indicazioni per la miglioreriuscita dell’opera.

Daniela Sinisi30

43 Non è forse superfluo ricordare che la schedatura informatizzata dà, di per sé, la pos-sibilità all’utente di effettuare ricerche puntuali sui vari “campi”, attivando l’apposito comando“modifica” e poi “trova”. Per una breve introduzione esplicativa sull’impostazione generale deldata base, si rinvia alle Note per l’utilizzo del software, di Salvatore Miele, che precedono leschede descrittive nel database.

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ORIETTA VERDIRestauro, conservazione, riproduzione digitale delle piante e deidisegni

Il fondo miscellaneo di piante e disegni conservato all’Archivio diStato di Roma, conosciuto come Collezione di disegni e mappe, e suddi-visiso in tre parti, è stato oggetto nel corso degli ultimi due decenni diuna costante attenzione sotto il profilo della conservazione, del restauroe della riproduzione, prima fotografica e poi digitale.

La conservazione delle piante e dei disegni, soprattutto di quelli digrande formato, ripiegati anche più volte in cartelline, a loro volta ripostein contenitori di cartone rigido chiusi con fettucce di cotone, si era rive-lata da tempo assolutamente inidonea e poco pratica per il prelievo e laricollocazione.

Inoltre il materiale iconografico presentava livelli preoccupanti deifattori di degrado che si possono riassumere in due categorie fondamen-tali: danni derivati dall’acidità degli inchiostri, localizzati sulle zone discrittura (legende, scritte, cartigli) e sul tracciato dei disegni, che consi-stono in un processo progressivo di perforazione del supporto con per-dita del testo; danni conseguenti alla manipolazione incauta, alle piega-ture del supporto e talvolta all’acidità dei componenti della pasta di cel-lulosa impiegata per ottenere il foglio di carta del supporto: lacerazionipiù o meno profonde, strappi, corrosione, sfaldamento, che nei casi piùgravi giungono a compromettere completamente l’integrità del disegno odella pianta che si presenta ridotta in pezzi.

Grazie a risorse messe a disposizione negli anni Novanta e successi-vamente fino al 2009, l’intera Collezione I è stata restaurata e condiziona-ta in nuove cartelle di cartoncino a lunga conservazione, di grammaturamedia e di grande flessibilità, il cui formato (cm 80:100) ha permesso chela maggior parte dei disegni vi fosse ospitata senza piegature o con almassimo una piega leggera; le cartelle vengono poi riposte in contenitoririgidi in cartone telato a lunga conservazione del medesimo formato, agruppi di circa 15 ciascuno, e infine i contenitori sono conservati distesisu solide griglie metalliche studiate e realizzate all’uopo.

Il materiale grafico della Collezione I è molto eterogeneo quanto alla

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tipologia di rilievo, alformato e in alcunicasi al supporto, cheè sempre cartaceo,talvolta su velina: si

va dalla piccola pianta o disegno di formato fino a cm 21:30, alla piantatopografica, ai disegni di architettura, ai bozzetti di opere pittoriche edecorative (fig. 1), i cui formati medi rientrano in cm 50:70, all’estratto dimappa catastale (fig. 2), i cui formati arrivano in genere a cm 80:100, finoalla planimetria di dimensioni eccezionali (si può arrivare a 6 mt. e più dilunghezza per le piante del secolo XIX).

Le carte sono in genere di grammatura consistente, vergate o veline,fabbricate con paste di cellulosa non sbiancate, di color avorio, crema ogiallastre, a seconda del secolo di riferimento; spesso le carte fabbricatenei primi decenni dell’Ottocento sono di qualità scadente perché conten-gono un’alta percentuale di lignina miscelata alla polpa di cellulosa, diconseguenza si lacerano e si ingialliscono facilmente, si infragiliscono esi spezzano perché aggredite dell’acidità dei componenti.

Per quel che riguarda le mediazioni grafiche e le tecniche di esecu-zione dei disegni, pur trattandosi nel 90% dei casi di realizzazioni adinchiostro e acquarello, possiamo trovarci di fronte per il secolo XVII, aun tratteggio a sanguigna, matita di grafite, lavis di seppia, lumeggiaturain biacca o gesso bianco: tutte tecniche che presuppongono ovviamentetrattamenti a secco e che pongono problematiche diverse in fase direstauro, da affrontare volta per volta.

La progettazione dei lotti da inviare al restauro nel corso degli anni èstata preceduta da un capillare lavoro di censimento delle piante e delletipologie di danno che vi si riscontravano, in base al quale sono stati sele-zionati e inviati al restauro prima la cartografia molto danneggiata e incon-sultabile, poi il materiale con danni meno gravi e infine le piante con pie-

Orietta Verdi32

1. Bozzetto dell’affrescodella cappella Castellaniin S. Francesco a Ripa,inviato da Giovan BattistaRicci a Cristoforo Greppi,Roma, ante 1614

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gature che necessita-vano soltanto di esse-re spianate, distese econdizionate in modo idoneo.

Nel corso di quasi vent’anni sono state restaurate e condizionatecirca 2.500 unità cartografiche, l’ultimo lotto delle quali - costituito da 170piante - si è concluso nel 2012.

Metodologie e tecniche di restauro del materiale cartografico

Per poter programmare un corretto intervento di restauro è necessa-rio esaminare e valutare l’unità cartografica nel suo complesso, incluso letracce che il decorso del tempo vi ha sedimentato (patina, ingiallimento,acidità, indebolimento del supporto, pieghe). Per lo meno dagli anni Set-tanta il conservatore e il restauratore si prefiggono un medesimo risulta-to: premesso che il restauro è da considerarsi l’extrema ratio, l’ultimotentativo di recuperare il documento, e che esso rappresenta comunqueun momento critico per la documentazione cartacea, l’intervento devenecessariamente essere conservativo, limitandosi a bloccare tutti i feno-meni di degrado chimico-fisico e a ripristinare la funzionalità del bene epossibilmente la sua integrità estetica e storica, senza alcuna alterazione.

Dunque il restauro deve essere conservativo e per conseguire talerisultato è indispensabile che l’intervento non solo sia riconoscibile, valo-re importantissimo che permette di distinguere un originale restaurato dauna riproduzione dell’originale, tipica del falso storico, ma deve poterpermettere sempre la sua eventuale rimozione.

L’osservanza di questo fondamentale principio può consentire nelfuturo, con l’evoluzione degli studi sulle tecniche e sui materiali di restau-ro, di migliorare il tipo di operazione, oltre a permettere sempre, in casodi restauro errato, la rimozione dell’intervento.

Restauro, conservazione, riproduzione digitale 33

2. Topografia di una por-zione delle comuni diAlbano e Castel Gandolfo,XVIII sec. (AS ROMA,CDM, I, cart. 1, n. 20)

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Orietta Verdi34

3. - Controllo solubilità 4. - Spolveratura e pulizia a secco

5. - Deacidificazione mediante nebuliz-zazione

6. - Fissaggio e pigmenti

7. - Mending 8. - Velatura

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Per tale motivo tutti i materiali impiegati durante queste delicatissimefasi devono essere reversibili.

La predisposizione del materiale cartografico da inviare al restauroavviene attraverso una schedatura tecnica dell’unità cartografica, accom-pagnata dalle immagini del ‘pezzo’, nella quale vengono rilevati gli ele-menti costitutivi del documento (caratteristiche della carta, dei pigmenti,degli inchiostri), la segnatura, il tipo di condizionamento, i danni riscon-trati, le prescrizioni per il restauro e il nuovo condizionamento.

Il restauro prevede una prova di solubilità delle mediazioni graficheda eseguirsi su un punto marginale della carta (fig. 3) e comunque è sem-pre preliminarmente adottata la pulizia a secco con pelle scamosciata e/ocon pennello secco, della cartografia che presenta pigmenti colorati, ondeasportare materia polverosa e talora micotica, residui di inchiostro, che sitrovano depositati sui supporti (fig. 4). Se è possibile un trattamentoacquoso, si passa il disegno in soluzione deacidificante tiepida per qual-che minuto, oppure si procede dopo la pulizia a secco, a deacidificare leparti aggredite dall’acidità con un prodotto nebulizzato (fig. 5); dopol’asciugatura si provvede alla ricollatura della carta sul verso per restituireconsistenza e flessibilità al supporto mentre sul recto del foglio si può pas-sare un fissativo a spruzzo per ottenere una maggiore aderenza dei pig-menti al supporto cartaceo ed evitare che si scoloriscano (fig. 6).

A questo punto si possono integrare le parti mancanti (lacune estrappi) mediante l’ausilio di carta giapponese adesa con metilcellulosaal 4% (fig. 7); in caso di forte indebolimento del supporto si applica unvelo di carta giapponese del tipo Vang 502 su tutto il verso del disegnoper consolidarne la struttura e si rifila il velo eccedente ai bordi (fig. 8).

Il disegno viene poi disteso e spianato sotto pressa leggera tra teli dicotone e fogli di reemay per non appiattire il rilievo del tratteggio e con-dizionato in cartelle-custodia di cartoncino poroso a lunga conservazio-ne, dotato di buona riserva alcalina.

L’intera collezione era stata sottoposta negli anni Ottanta a microfil-matura di sicurezza in bianco e nero; la scansione digitale dei disegniviene eseguita a pagamento e su richiesta degli utenti della sala di studio.Le risorse a disposizione non hanno permesso la realizzazione di unascansione digitale a tappeto della Collezione I che viene quindi ancoraconsultata mediante microfilm.

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Pianta, che mostra la navigazione tra Bologna e Ferrara, e lo Stato delle Valli e del Reno, e della Lorgana con-dotto fino al Po’ di Primaro fatta l’anno 1609 in occasione della Visita Gualtieri, sec. XIX (AS ROMA, CDM, I,cart. 65, n. 363)

Pianta delle PaludiPontine formata perordine di nostro signo-re Pio Papa VI, 1777-1799 (AS ROMA, CDM,I, cart. 51, n. 18)

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1. Territorio di Farfa. Vocabolo Ponticello, sec. XVII (AS ROMA, CDM, I, cart. 27, n. 34)

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2.Cervia. Pineta e saline comprese tra il fiume Savio, il mare e La Pallatta di Cervia, 1748 (AS ROMA, CDM, I,cart. 16, n. 151)

3. Tipo di situazione delle acque che animano le camerali fabbriche de tabacchi e della carta nel territorio diChiaravalle ed il mulino Oddi ora Gabrielli, sec. XIX (AS ROMA, CDM, I, cart. 18, n. 212)

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4. Dichiaratione delle cose più notabili descritte nella presente pianta della Selva di Portuarno, nei pressi diponte Felice sul Tevere, 1776 (AS ROMA, CDM, I, cart. 9, n. 109)

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5. Pianta topograficadella tenuta di Bagno-ne, compresa tra i terri-tori di Cingoli e SanSeverino, 1778 (ASROMA, CDM, I, cart. 18,n. 231)

6. Pianta della porzione del Polesine di Ferrara dalla Mesola al mare, 1749 (AS ROMA, CDM, I, cart. 11, n. 26/II)

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7. Pianta del territorio di Bagnacavallo, compreso tra i fiumi di Po di Primaro, Senio e Lamone, 1687 (ASROMA, CDM, I, cart. 7, n. 4)

8. Pianta dei terrenicontroversi tra lecomunità di Ceccano eFrosinone (con partico-lari dei due abitati),1776 (AS ROMA, CDM,I, cart. 15, n. 126/II)

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9. Disegno che mostra l’andamento delle tre linee dove due di terra, ed una di acqua con suoi pilastri e nume-ri, con cui, nel Trattato di Melara segnato li 3 maggio 1757 furono stabiliti li confini tra il Ducato di Mantovae lo Stato Pontificio nel Ducato di Ferrara (…), 1765-1766 (AS ROMA, CDM, I, cart. 29, n. 80/1-2)

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10. Ancona. Darsena. Progettodi ingrandimento, e variazio-ne, 1817 (AS ROMA, CDM, I,cart. 2, n. 87/II-III)

11. Prospetto del porto di Fano(con veduta a volo d’uccellodella città), 1718 (AS ROMA,CDM, I, cart. 26, n. 20)

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12. Porto di Ancona. Progetto della ricostruzione del muro fra l’arsenale e l’Arco Traiano, 1853 (AS ROMA,CDM, I, cart. 3, n. 124)

13. Prospetto di Civitavecchia nel tempo di Papa Clemente XI 1700-1721, sec. XVI (AS ROMA, CDM, I, cart. 19,n. 271)

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15. Ascoli. Pianta prospetto e spaccati della chiesa di S. Francesco, sec. XIX (AS ROMA, CDM, I, cart. 6, n. 242)

14. Prospetto del lato sud-ovest del forte Michelangelo in Civitavecchia, 1870 (AS ROMA, CDM, I, cart. 20, n. 313)

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16. Carpegna. Pro-spetto del palazzobaronale “ora spet-tante alla ReverendaCamera Apostolica”,1816, (AS ROMA,CDM, I, cart. 12, n.62/1)

17. Pianta della Rocca di Camerino, 1827 (AS ROMA, CDM, I, cart. 11, n. 12/1)

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18. Pianta del locale pei nuovi Archivi in Bologna, 1860, (AS ROMA, CDM, I, cart. 11, n.99, sottounità n. 2)

19. Spaccato in lungodel nuovo lazzarettoproposto per il Porto diCivitavecchia, sec. XIX(AS ROMA, CDM, I,cart. 19, n. 283/III)

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20. Disegno ideato da me infrascritto per le nuove Carceri da farsi nella Città di Frosinone, 1822 (AS ROMA,CDM, I, cart. 32, n. 170/1)

21. Provincia diCamerino. CarceriCamerali di Came-rino, 1845 (ASROMA, CDM, I, cart.11, n. 16)

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23. Pianta dellaCittà della Pieve,sec. XVII (AS ROMA,CDM, I, cart. 18, n.244)

22. Pianta della piazza della città di Ancona, con la chiesa e convento dei RR.PP. Domenicani, ed altre fab-briche ad esse aderenti, e con l’alzato di alcune di esse, sec. XIX (AS ROMA, CDM, I, cart. 3, n. 129)

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24. Relitti di Tevere nel territorio di Magliano dalla Reverenda Camera Apostolica conceduti in enfiteusi alsignor Prospero Celestini, 1788 (AS ROMA, CDM, I, cart. 41, n. 28)

25. Pianta del corsodegli scoli del Polesinedi Ferrara nell’ultimosuo tratto verso il marecoll’indicazione dei treprogetti per la riduzionedel Canal Bianco, 1745(AS ROMA, CDM, I, cart.11, n. 25)

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26. Mappa del lago di Bolsena, con profilo dell’emissario fiume Marta e profilo di livellazione del lago (…), 1766(AS ROMA, CDM, I, cart. 9, n. 100)

27. Pianta di una porzione del Tevere in tenuta Baschi dove sta il porto di Macciano dove dall’illustrissimosignor conte Egidio Baschi si vorrebbe collocar detto porto (...), 1687 (AS ROMA, CDM, I, cart. 7, n. 14)

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28. Pianta dellaCavet(t)a delleLumiere (Allumie-re), 1708 (ASROMA, CDM, I,cart. 1, n. 33/3)

29. Nuova a paratoie mobili per la derivazione dell’acqua della fabbrica dei tabacchi di Chiaravalle, 1856, (ASROMA, CDM, I, cart. 18, n. 216/II)

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30. Tipo VI: Eleva-zioni dimostrantiil meccanismo deipistelli e il movi-mento della mac-china che servealla trafila deipiombi, 1823 (ASROMA, CDM, I,cart. 18, n.215/VI)

31. Pianta del sotterraneo della fabbrica deitabacchi di Chiaravalle, 1823 (AS ROMA, CDM,I, cart. 18, n. 215/III)

32. Pianta del forno di fusione delineato con i commo-di e con il metodo prescritto in un foglio da monsieurLuigi Boichot, 1786, (AS ROMA, CDM, I, cart. 12, n. 53)

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33. Descritione con sue annotationi della presente delineata pianta continente la campagna di Sermoneta eSezza con fiumi, torenti e fossi et altro esistente nelli medemi spetanti tanto all’Illustrissimo et EccellentissimoSign. Duca Gaetano Francesco Caetano, Duca di Sermoneta quanto alla comunità e Signori particolari di Ser-moneta (...), 1697 (AS ROMA, CDM, I, cart. 51, n. 17/1)

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34. Pianta della ValleUmbra disegnata daBordoni su ordine delcardinale FrancescoBarberini, 1704 (ASROMA, CDM, I, cart.124, n. 267)

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35. Pianta delleChiane con i confi-ni tra il Taglio delleCannucce e ilChiaro di Chiusinella zona di con-fine tra lo Statopontificio e il Gran-ducato di Toscana,1605 (AS ROMA,CDM, I, cart. 17, n.173)

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36. Misura e piantafatta della tenuta di S.Anastasia posta fuoriPorta S. Bastiano delliIllustrissimi et Reve-rendissimi SignoriCanonici di S. Anasta-sia, 1660 (AS ROMA,CDM, I, cart. 94, n.825)

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38. Pianta della tenuta di S.Broccola dell’IllustrissimoSignor Mario dé Massimi postafuori di porta S. Paolo (…),1588 (AS ROMA, CDM, I, cart.94, n. 827/1)

37. Agro Romano. Pianta emisura del casale di Capo diBove (…), 1587 (AS ROMA, CDM,I, cart. 92, n. 724)

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39. Tenuta di Malpasso delle RR. Monache di S. Silvestro in Capite, 1674 (AS ROMA, CDM, I, cart. 93, n. 774)

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41. Pianta del Territorio dell’Isola della Reverenda Camera Apostolica fuori Porta del Popolo, sec. XIX (ASROMA, CDM, I, cart. 93, n. 762)

40. Agro Romano.Casale d’Acquasonadel Venerabile Archio-spitale di S. Giacomodell’Incurabili e di S.Rocco, 1670 (ASROMA, CDM, I, cart.92, n. 708)

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42. Icnografia di due camere della casa scoperta nella Vigna Volpi in Via Aventina, sec. XIX (AS ROMA, CDM,I, cart. 127, n. 13)

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34. Prospetto della partedelle Mura di Roma che ser-vono di sostegno alle terredella Pubblica Passeggiataal Pincio verso Tramontanasecondo lo stato del 1828(…), 1828 (AS ROMA, CDM,I, cart. 77, n. 200)

33. Pianta di diversi Corpi di terreno formanti un sol Corpo detto Villa Coltella, situati dentro Roma, qualial presente coltivansi ad uso o d’orto caseleno, e Pantano spettanti all’Eccellentissimo Signor Senator Savioliin passato, estratta in piccolo dall’originale del Sig. Giovanni Gabrielli Perito Geometra, 1812 (AS ROMA,CDM, I, cart. 127, n. 3)

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35. Roma. Chiesa di S. Giuseppe sopra S. Pietro in Carcere, interno e organo, 1714, (AS ROMA, CDM, I, cart.86, n. 528)

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36.Legazione di Bologna descritta da Giovanni Antonio Magini dedicata al Revendissimo Padre Don GaetanoMaria Gozzadini, 1710 (AS ROMA, CDM, I, cart. 9, n. 97)

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PAOLO BUONORAFiumi di carta

Fondi, serie, collezioni cartografiche

Un intervento di inventariazione sui fondi “cartografici” pone alcuniproblemi preliminari di non facile soluzione. Anzitutto, la definizione:fondi cartografici. A rigore, possono definirsi tali solo particolari serie(mappe catastali innanzitutto, ma anche cartografia peritale di uffici tec-nici, etc.) formate principalmente da materiali cartografici: ciò accadequando un ente per le proprie finalità produce e conserva sistematica-mente materiale cartografico. Questo materiale è legato da un “nessoarchivistico”, che andrebbe rispettato nella conservazione e inventariazio-ne1; tuttavia, negli archivi vi sono spesso raccolte cartografiche che nonnascono come serie di un fondo, ma come raccolte il cui materiale pro-viene da fondi disparati, create ai fini del migliore condizionamento delmateriale, per il fascino estetico che hanno i documenti grafici, e così via.Infine, vi sono fondi particolarmente ricchi di documentazione cartogra-fica, che però non costituisce serie a sé - salvo che nel caso delle raccoltedi cui sopra - ma è prevalentemente inserita nel contesto del fondo: neifascicoli di atti giudiziari o amministrativi, o addirittura rilegata nei pro-tocolli notarili. In molti casi la situazione che si ha di fronte è una com-binazione dei tre casi sopra esposti: a un preesistente nucleo seriale car-tografico si sono aggiunti disegni e piante fino a formare una collezione,effettuando da uno o più fondi una “scrematura” che ne ha espunto lecarte più grandi e pregevoli ma lasciando nelle buste il grosso delladocumentazione grafica: è appunto il caso della Collezione I di disegni emappe conservata presso l’Archivio di Stato di Roma.

Per mostrare questi caratteri strutturali e genetici del fondo miscella-neo (ossimoro archivistico per eccellenza) in questione, vorrei portarel’attenzione su un documento d’archivio per noi prezioso, conservatopresso il fondo Congregazione delle acque: un elenco di mappe dellerive del Tevere nei pressi di Ponte Felice sulla Flaminia (Magliano Sabi-

1 Cfr. DORSI.

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no). Con tutta evidenza, questo elenco fu compilato da Antonio FeliceFacci, che al tempo ricopriva il ruolo (ufficioso) di ingegnere di fiduciadella Congregazione in tutto lo Stato: nella busta d’archivio è infatti pre-ceduto da una sua relazione firmata, datata 10 agosto 1756 e rilegata inun quadernetto con una copertina colorata, la quale ci informa appuntoche “al mio ritorno dalla Valle Spoletana, visitai il 9 e 10 di febbraio delcorrente anno 1756 per comando delle EE. VV. le ripe del Tevere”. Inquesto elenco, l’ingegnere idraulico fa una lista dettagliata di tutte le“piante per i lavori fatti a Ponte Felice” dal 1620 al 1756. La quasi totalitàdi queste piante si ritrova oggi nella Collezione I di disegni e mappe, ariprova di due cose: 1) una serie cartografica esisteva già nel fondo d’ori-gine della Congregazione delle acque; 2) questa serie è migrata in manie-ra piuttosto compatta nelle cartelle 118-119 della Collezione I.

Per inquadrare l’aspetto tematico – cartografia e acque – esaminatoin questa sede, occorre premettere un accenno al dibattito, lungo e viva-ce, che ha impegnato gli istituti conservatori della documentazione car-tografica per almeno 20 anni. Si parta infatti dal 1985, anno in cui si svol-ge a Napoli una settimana di studi organizzata dall’Istituto italiano pergli studi filosofici2. Già allora era chiaro che per questi materiali, comuniad archivi, biblioteche e musei, vi erano molte schedature possibili, enon solo quelle corrispondenti ai punti di vista “interni” alle struttureistituzionali di conservazione (storia dell’arte, biblioteconomia, archivi-stica).

Ogni schedatura, diceva allora Quaini, è funzionale a una determi-nata ricerca: “per quanto analitica e totalizzante, una scheda è sempreparziale. Questa parzialità ha la sua giustificazione solo nel programmadi ricerca (che evidentemente non può coincidere con il programma dicatalogazione!)”. L’unica strada praticabile è quella di una scheda sempli-ce, preliminare allo studio degli elementi chiave (datazione, paternità,committenza) che nella cartografia manoscritta moderna si ricavano, diregola, solo con indagini approfondite da portare avanti “sul contesto isti-tuzionale del documento cartografico. La scorciatoia dell’analisi formalee stilistica della carta si rivela nella maggior parte dei casi fuorviante …la scheda unificata non mi pare essere uno strumento significativo e ido-neo in quanto per sua natura tende a uniformare situazioni istituzionalidiverse e specifiche”3.

Purtroppo, agli avvertimenti di Quaini non fu dato molto ascolto.

Paolo Buonora38

2 Gli atti sono stati pubblicati in VALERIO.3 Ivi, p. 101.

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Poco dopo, al convegno di Genova4, Osvaldo Baldacci5 insisteva con untipo di schedatura “di ricerca” onnicomprensiva; alla tentazione di “tuttodescrivere” non sfuggivano nemmeno archivisti di lunga esperienza6, chetradizionalmente dovrebbero essere guardinghi rispetto al sovradimensio-namento degli standard descrittivi. Le reazioni a questo approccio enci-clopedico non mancarono, anche al convegno svoltosi in Liguria l’annosuccessivo7. La scheda “monstre” di Baldacci in sei sezioni - osservò IlarioPrincipe - era “un’autentica monografia interdisciplinare, totalmente inap-plicabile alla situazione in cui versano archivi e biblioteche italiani”: inrealtà, non era una scheda di inventario ma una scheda di catalogo.

Dopo circa vent’anni l’ebbrezza enciclopedica alimentata dagli alboridell’informatizzazione ha fatto il suo tempo: le Linee guida per la digita-lizzazione del materiale cartografico pubblicate dall’ICCU con il contribu-to di molti colleghi confermano appunto gli indirizzi pragmatici e condi-visi da tutti gli esperti di questa tipologia documentaria8. Uno dei puntichiave è ad esempio il fatto che i materiali cartografici e grafici che tro-viamo nelle nostre collezioni – dalla pianta a volo d’uccello, alla mappacatastale, al disegno architettonico – sono prodotti secondo le “regoledell’arte” da professionisti, e sono quindi catalogabili sotto il nome di unautore: autorialità che accomuna questi materiali anche quando si trova-no nei fondi d’archivio, generalmente inventariati in base al principio diprovenienza di una produzione amministrativa, e non autoriale. Il lavorodi reinventariazione presentato in questo volume è quindi un passo indi-spensabile e significativo in direzione della contestualizzazione istituzio-nale del documento cartografico cara a noi archivisti, e le considerazioniche seguono intendono illustrare, fra i vari filoni di ricerca che negli annia venire porteranno a una migliore conoscenza di nostri documenti, quan-to di questa ricca documentazione è pertinente agli affari che attengonoalla gestione delle acque nello Stato pontificio9.

Potremmo definire il grosso di questa documentazione “cartografiaperitale di interesse idraulico”. In questo tipo di cartografia vi è sempre unaperizia associata: gioca in questo il carattere giurisdizionale di tutte le magi-strature, statali e non, sviluppatesi in età moderna; questo marchio d’origi-

Fiumi di carta 39

4 Cartografia e istituzioni in età moderna, Genova 1987.5 Cfr. BALDACCI.6 Cfr. ORMANNI.7 Cfr. PRINCIPE.8 Versione aggiornata (maggio 2006) disponibile a: http://www.iccu.sbn.it/upload/docu-

menti/linee_guida_digit_cartografia_05_2006.pdf.9 Sul tema mi permetto di rinviare al mio BUONORA 1994b.

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ne è tale che anche le piante generali di un bacino idrografico, commis-sionate dalla Congregazione delle acque nel ‘600-’700, conservano la stessaarticolazione perizia/pianta che troviamo nelle piante minori portate in giu-dizio dalle parti. La modularità disegno/testo la si ritrova dai casi più anti-chi e sintetici costituiti dalle perizie stilate sulla pianta stessa, fino ai casipiù tardi in cui la specializzazione dell’arte ingegneristica ottocentesca pro-duce progetti esecutivi con copiosa cartografia allegata; una modularità for-temente complementare: parafrasando un detto famoso possiamo dire chela perizia senza la carta è cieca, la carta senza la perizia è muta.

Al di là della ristretta area di Roma e Comarca e salvo casi di aree agestione statale diretta (Paludi pontine, Chiane), tanto la committenzaquanto il contenuto di tali documenti è di un tipo ben definito: si trattadi contenziosi in cui le parti in causa sono invariabilmente comunità, entiecclesiastici, privati (nobiltà o patriziato locale); anche quando l’intrecciodelle controversie spinge lo Stato a commissionare d’autorità una “piantagenerale”, le spese di redazione della medesima vengono “addossate”alle parti in giudizio. Se cerchiamo di definire l’area rappresentata, trove-remo che la definizione più calzante è proprio quella che fa riferimentoalla polarità costituita dalle parti in giudizio: tra il territorio della comunitàx e il territorio della comunità y, o i possedimenti del principe z. Vi sononaturalmente vari livelli di integrazione tra documentazione visiva e scrit-ta, dalla visita ai fiumi corredata da piccoli schizzi, fino alla grande piantastampata: in sostanza la cartografia inquadra la cima di una piramidedocumentaria, costituita dal livello più elevato (e costoso) di interventotecnico-scientifico; al livello sottostante vi sono le relazioni di ingegneriche non hanno immediati ri ferimenti ad una produzione cartografica -ma si può dire che se un ingegnere non si mette al tavolino da disegnola sua visita si limita ad un intervento di routine.

L’arte degli ingegneri e architetti d’acque

«Per quanto ho potuto vedere, benché siano chiamati architetti e initaliano con lo speciosissimo nome di ingegneri, di nessuna cosa fannomeno uso che dell’ingegno. Nelle scienze sono del tutto inesperti e igna-ri, e non hanno intravisto le buone teorie neppure sulla soglia, tutti affac-cendati come sono a tracciare e colorir e disegni e carte, con cui attrag-gono gli sguardi dei potenti»: questa critica paternalistica del gesuita fer-rarese Cabeo è dunque rivolta contro gli ingegneri “privi d’ingegno”10; chi

Paolo Buonora40

10 La citazione è ripresa da MAFFIOLI, p. 259.

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erano questi professionisti della gestione idraulica?Attraverso la gestione delle acque, dal medioevo al Rinascimento

matura nell’Italia comunale del centro-nord un “movimento di innovazio-ne tecnica e di sviluppo economico e civile”11, nel cui contesto la culturaumanistica affianca costantemente i progetti di sviluppo economico e dipianificazione territoriale; è in questo contesto che nelle città e negli statiitaliani emerge una burocrazia tecnica, vocata a una responsabilità civicadell’“arte” e della scienza, indirizzata al “pubblico vantaggio”: la nuovacultura idraulica è consustanziale in effetti alla genesi e al funzionamentodella stessa struttura urbana, che si articola seguendo la distribuzione del-l’acqua alle fontane, ai mulini e agli orti.

In questa processo di sviluppo legato all’acqua, questa “via delleacque” – come intitola il recente libro di Cesare Maffioli - la nascita di unanuova scienza non è opera degli ingegneri tardo-medievali e nemmenodegli scienziati del Rinascimento (Leonardo incluso), ma semmai di unafigura nuova di intellettuale propria dell’età barocca. Il mondo degli archi-tetti d’acque di formazione vitruviana, impegnati in una pratica ormaisecolare di gestione di irrigazioni e canalizzazioni, rimane nel ‘600 e ‘700ben distinto da quello degli scienziati matematici con cui dialogava: in unastaffetta tra arte e scienza, i matematici sviluppano il lavoro fatto dalle pra-tiche dell’arte portandolo a un livello superiore di generalità ed esattezza;gli architetti-ingegneri d’acque si affiancano ai primi, talvolta li precedononella critica della filosofia delle scuole, ma soprattutto continuano una atti-vità professionale di analisi dei problemi idraulici reali e di interventooperativo. Dei molti personaggi che potremmo citare, ne basti uno, EgidioBordoni, illustratore del trattato Della natura dei fiumi di Guglielmini e altempo stesso perito/cartografo, bolognese, ma attivo in tutto lo Stato pon-tificio, e autore di alcune belle piante della Collezione I.

La gestione delle acque documentata dalla cartografia ha quindi unadoppia valenza, da una parte come laboratorio vivo delle teorie idraulicheper la storia della scienza, dall’altra come intervento sul territorio da partedelle città o, in questo caso, dello Stato pontificio. A questa ambivalenzacorrisponde anche il fatto che perizie e piante possano ritrovarsi da unlato in carteggi scientifici quando appartengono a matematici-scienziatiche facevano anche perizie sul campo, mentre restano nell’ambito diarchivi amministrativi se appartengono ad architetti d’acque-ingegneri.

Al di là delle prime esperienze di laboratorio, rudimentali e imprecise,il territorio fu il reale banco di prova delle teorie idrauliche sviluppatesi dal

Fiumi di carta 41

11 Ivi, p. 27.

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Rinascimento in poi, e la cartografiaprodotta da architetti d’acque e inge-gneri fu il principale strumento diindagine sperimentale utilizzato dafisici e matematici. Un esempio bennoto è il caso del calcolo delle preci-pitazioni in rapporto all’innalzamentodi livello del lago Trasimeno, effettua-to da Benedetto Castelli, discepolo diGalileo e fondatore dell’idraulicacome disciplina scientifica: i contra-

stanti interessi in merito dei proprietari dei terreni e di quelli dei mulinisono documentati in due piccole piante della zona disegnate nel 1628 –ossia lo stesso anno in cui Castelli pubblicò il suo trattato Della misuradelle acque correnti 12 – e nel 164913.

Questo, e molti altri casi, mostrano che l’attività cartografica peritale,come altri strumenti provenienti dalla pratica delle “arti”, non possonoessere visti semplicemente come correlati, ma esterni alla dinamica di svi-luppo del nuovo pensiero scientifico: le esperienze delle arti divengonocon la nuova scienza una via non solo privilegiata, ma ineludibile perarrivare alla conoscenza delle cose, hanno un ruolo epistemologico, nonvi è sapere al di fuori di esse14. L’entusiasmo per la cartografia è condivisoda ingegneri, matematici e dai politici – vedremo poi il caso dei Barberini– che vedono in essa una nuova forma di conoscenza della realtà geo-fisica: si tratta di una forma debole di matematizzazione, che non è anco-

Paolo Buonora42

12 La sua analisi è riportata in una lettera a Galileo e nella appendice XII aggiunta allaedizione 1639 del trattato Della Misura delle acque correnti, Roma, nella Stamparia camera-le, 1628.

13 Lorenzo Petruzzi, Disegno del lago Trasimeno con l’emissario sotterraneo e i mulini, 11aprile 1628; Terreni sulle sponde del lago Trasimeno, 3 novembre 1649, AS ROMA, CDM, I, cart.58, fogli 181 e 182.

14 Cfr. BELLONE, p. 134: «non è possibile alcuna storia di una scienza empirica senza l’espli-cito riconoscimento di un ruolo centrale della strumentazione sul piano della conoscenza».

1. B. Castelli, Della misura delle acque cor-renti, In Roma, nella Stamparia camerale,1628. Frontespizio inciso (ponte Sisto) condedica a Urbano VIII

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ra e necessariamente quantificazione e calcolo, ma solo una prima fasedi “concettualizzazione altamente selettiva che tende alla semplificazio-ne”, e presuppone “una modellizzazione della realtà fisica”15.

Il quadro di riferimento di questa modellizzazione è nell’analogiarinascimentale microcosmo/macrocosmo, tra corpo umano e geomorfo-logia della Terra vista come organismo vivo: un piano sul quale medicinae idraulica fluviale, cura medica del corpo umano e progetto del mate-matico applicato all’ingegneria dei fiumi procedono in stretta assimilazio-ne di metodi e schemi teorici; la cartografia sembra quindi configurarsimolto presto come approccio “anatomico” al territorio e al fiume. La pra-tica delle dissezioni di cadaveri era attività comune agli artisti come aimedici: Vincenzo Danti, fratello di Ignazio, si vanta nella prefazione alPrimo libro delle perfette proporzioni, 1567, di aver diretto 83 dissezionioltre a quelle cui ha assistito16; si tenga presente che il padre di IgnazioDanti, Giulio Danti, si era formato in famiglia a Perugia nella pratica del

Fiumi di carta 43

15 MAFFIOLI, p. 294.16 DUBOURG GLATIGNY, pp. 369-394.

2. Lorenzo Petruzzi, Disegno del lago Trasimeno con l’emissario sotterraneo e i mulini, 11aprile 1628. (AS ROMA, CDM, I, cart. 58, n. 181)

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disegno e che aveva scritto un trattato delle alluvioni17: una coincidenzasignificativa con il fatto che nel ‘300 l’opera sulle alluvioni di Bartolo daSassoferrato era nata proprio dalla collaborazione tra il giurista e monaciperugini resi esperti nel disegno geometrico dalle divagazioni fluviali delcorso vallivo del Tevere18. L’arte della pittura come pratica metodologicadi indagine sul mondo naturale ha un grande rilievo tanto nel ‘500 perl’enciclopedista Cardano (medico e illustratore egli stesso), quanto allafine del ‘600 per il citato Guglielmini, anch’egli medico di professione, erappresentante degli interessi della città di Bologna nella secolare contro-versia con Ferrara sulle acque del Reno, che dette origine al maggiorenucleo cartografico di rilevanza idraulica prodotto al tempo e ora conser-vato nella Collezione I 19.

Ha rilevato Rombai20 che la carenza della storiografia rispetto alla car-tografia minore è legata alla frammentazione di una produzione cartogra-fica occasionale tra i numerosi fondi d’archivio; al polo opposto vi sonogli intenti sistematici caratteristici delle grandi esperienze cartografiche – icatasti, i confini - che sono viceversa all’origine di riflessioni teoriche piùfrequenti; in questa produzione minore, ingiustamente trascurata21, hasenza dubbio grande spazio la cartografia riguardante le acque. Come intutte le arti, il disegno cartografico è una pratica legata alla trasmissionedell’arte per via privata, spesso familiare; ho citato poco prima i perugini

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17 ABI, 1987, ad vocem.18 BUONORA 2003.19 Si veda in particolare alle cartelle 23-25; 60-67; 71-76.20 ROMBAI 1987a.21 QUAINI.

3. Bartolo da Sassoferrato, Tracta-tus de fluminibus seu Tyberiadis,Bologna 1576 (ristampa anastaticaTorino, Bottega d’Erasmo, 1964),p. 80: divisione di un’isola fluviale

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Danti: il cognome originario dellafamiglia era in realtà Rainaldi, equalche tempo dopo gli anni diattività dei fratelli Danti, troviamoa Roma un Girolamo Rainaldi, ungiovane che per la sua abilità erastato assunto come disegnatoreda Domenico Fontana22, e che nel1605 firma con Carlo Madernouna pianta del Concordato coitoscani sulle Chiane come “archi-tetto del popolo romano”23. Il pittore-cartografo doveva saper disegnaresoggetti di natura sia architettonica che tecnica (idraulica, viabilità), “saperscrivere relazioni peritali e saper progettare tecnicamente e rendicontareeconomicamente”24. Fino a parte del ‘700, il sapere cartografico era quindiancora in mano ai “pittori architetti” formatisi artigianalmente che opera-vano senza basi geometriche e scala di riferimento, per quanto potesseroraggiungere risultati efficaci nella rappresentazione paesaggistica; tutt’alpiù si poteva avere la compresenza di due diversi linguaggi, prospettico-vedutistico e planimetrico-geometrico.

“Dal vedutismo pittorico alla immagine fedele del territorio e allageometrizzazione dello spazio” vi è stato un lungo cammino. Nella pre-fazione alla Raccolta d’autori italiani che trattano del moto dell’acque,pubblicata a Firenze nel 1723, si ricordava che l’arte del livellare avevaconseguito risultati affidabili solo di recente, mentre i vecchi calcoli sullapendenza dei fiumi si rivelavano sempre più inesatti: il diffondersi del

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22 ABI, ad vocem. Le fonti citate sono in particolare: PASSERI, p. 216 e DE BONI, p. 78.23 AS ROMA, CDM, I, cart. 17, n.173.24 ROMBAI 1987a, p. 375.

4. Raccolta d’autori che trattano delmoto dell’acque divisa in tre tomi, inFirenze, nella Stamperia di S.A.R. Per gliTartini e Franchi, 1723

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“profilo di livello” come pratica comunemente seguita data dalla fine del‘600 - inizi del ‘700, mentre fino ad allora gli ingegneri si limitavano adisegnare la pianta del fiume o del canale. Nonostante le premesse teo-riche, la cartografia a piccola scala connessa a lavori idraulici quindi“rimane dimostrativa e non descrittiva in senso geometrico: ad esempioquella connessa a lavori idraulici non è mai né progettuale né precisa,ma semplicemente illustrativa di una memoria scritta”25. L’introduzionedella trigonometria fu lenta, e non vi è il legame diretto con la matema-tica che si riscontra invece nella “cosmografia” e nella cartografia a gran-de scala. Né la tecnologia era in grado di stare al passo con l’inventivadella teoria: “tutto induce a giudicare come irrealizzabile o non funzio-nale la maggior parte degli strumenti descritti”26. Solo della tavoletta pre-toriana si poteva garantire un uso versatile, facile ed efficiente27.

La cartografia fu a lungo un luogo d’incontro di linguaggi diversi, chesolo più tardi si separarono: quello del geografo e quello del disegnatore;con la pianta prospettica o a volo d’uccello si pervenne un nuovo tipodi rappresentazione, in cui si fondono ratio geometrica e ratio perspecti-va, planimetria e alzato, misura e pittura28. Secondo Giovanni Romano,chi intende prendere le rappresentazioni artistiche per documenti veritie-ri non può trascurare la natura e l’evoluzione di un linguaggio figurativo,l’inerzia dei temi riproposti dall’antichità, la trasmissione di modellisecondo linee spazio-temporali molto vaste e del tutto diverse dalle ipo-tesi incautamente formulate che ne restringono la valenza alla pura docu-mentazione del reale e ad ambiti locali: vi sarebbe “una divaricazione aforbice tra la documentazione del reale e la dignità della forma”29. Nell’etàdel manierismo la divaricazione sarebbe così radicale che “arte e tecnicanon possono convivere, almeno in Italia”30, e da portare ad attività bendistinte pittori e cartografi da un lato, ingegneri idraulici dall’altro.

In base a quanto sopra detto riguardo alla costante sinergia tra arte(ingegneria) e scienza (matematica) avrei molti dubbi che il discorso diRomano valga per quella che viene definita cartografia minore legata allecontroversie sulle acque di cui ci occupiamo in questa sede: la persisten-

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25 MACCAGNI, p. 50.26 Ivi, p. 52.27 Sarei quindi molto scettico sulla possibilità di tracciare una storia della cartografia sulla

base della storia della scienza o delle scoperte in generale, come si presenta in Storia della tec-nologia, pp. 550 ss.

28 NUTI, p. 33.29 ROMANO, p. 54; intitolando uno dei saggi ivi contenuti Documenti figurativi, Romano

ha sintetizzato in tale formulazione l’ambiguità delle fonti già usate da Sereni.30 Ibid., p. 73.

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za di una integrazione tra forma e numero, tra disegno e rilevazione stru-mentale parte dai saperi delle arti e si mantiene dal ‘500 al ‘700; certo,non si tratta dei livelli di geometrizzazione del reale che saranno raggiun-ti dal disegno tecnico ottocentesco, ma anche gli architetti maggiormentedotati dal punto di vista espressivo non abbandoneranno mai la livella,senza la quale la rappresentazione dei risultati del loro lavoro, per quan-to convincente dal punto di vista visivo, non avrebbe avuto senso.

La generale rivoluzione nella produzione cartografica, agli inizidell‘800, rinvia certo alla generale esperienza dei catasti preunitari e dellacartografia geodetica, ma anche a quanto si può intendere in senso latocome amministrazione: uffici del censo e del catasto, ma anche interven-to diretto – e non più solo giurisdizionale - nella gestione delle acque estrade. Dopo la realizzazione del Catasto gregoriano sia i progetti degliingegneri pontifici, sia le controversie sulle acque, si fondarono per laparte planimetrica sulla solida base cartografica prodotta dagli uffici cata-stali del Censo, orientando l’attività di rilevamento degli ingegneri e deiperiti verso aspetti più specificamente idraulici e differenziando definiti-vamente la figura dell’agronomo da quella dell’ingegnere.

Tutto questo ci ripropone la questione del rapporto tra cartografiaminore e cartografia maggiore, tra la cartografia pubblica dei catasti e lacartografia segreta del principe, focalizzata quest’ultima sulle finalità mili-tari e fiscali. Va allora ricordato che, parallelamente alla compilazione deicatasti, ai successi della politica di bonifica (Paludi pontine e Legazioni)si associò l’esigenza di divulgarne gli esiti positivi con la stampa di grandimappe. La cartografia catastale in genere poteva, allora come oggi, essereconsultata e duplicata manualmente, ma non era possibile tecnicamentepubblicarla con incisione a stampa; perché la stampa fosse utilizzabile sirichiedeva la possibilità di una generale riduzione della quantità di segnidella carta disegnata senza sostanziale perdita della sua utilità: operazionepossibile nelle carte di origine militare in cui l’elemento più rilevante è iltracciato delle strade, o anche in quelle di origine giudiziaria sul tracciatodei corsi d’acqua. Ma le carte relative alla proprietà terriera ed alle relativeimposizioni fiscali, anche di origine idraulica31, richiedono un dettaglionon riproducibile con l’incisione fino alla litografia, cioè all’800 - ed anchequi solo per disegni di piccole dimensioni; la “segretezza della cartografia

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31 ROMBAI 1987b cita ad esempio la rilevazione degli aggia centi del Canale Maestro dellaChiana, e mette in rilievo la precisione delle carte disegnate per le imposizioni idrauliche, “cherisultano sempre assai accurate e precise per quanto concerne il quadro parcellare di tutti i ter-reni contigui ai corsi d’acqua maggiori, e i riferimenti ai rispettivi proprietari che dovevanoconcorre annualmente al mantenimento delle infrastrutture idrauliche”.

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del Principe” e dello Stato verrebbe ad assumere alla luce di queste con-siderazioni un carattere più tecnico che politico.

In secondo luogo, la versione a stampa (si pensi alle otto tavoledisegnate e poi incise in occasione del Concordato idraulico sulla Valdi Chiana del 178032), ha spesso un intento ben diverso da quello direndere un sapere cartografico di pubblico dominio: il suo fine è sem-mai di celebrare il successo e la presenza territoriale degli Stati, edanche di divulgare all’interno delle strutture tecnico-amministrativedello Stato le analisi e i risultati raggiunti. Anche le piante generali deibacini idrografici rinviano non solo al contesto delle finalità giurisdizio-nali e operative, ma anche a una “rappresentazione generale delloStato” e della sua influenza sul territorio - volte come sono a individua-re gli elementi di complessità che fanno di una rete idrica un fiumepubblico sul quale pertanto lo Stato è legittimato a intervenire. Si pensialle molte piante della pianura tra Bologna e Ferrara, catalogate gene-ralmente, nel vecchio Inventario 109, sotto la denominazione “Emiliapontificia”: fra tutte, la Pianta delle Valli incisa a fine ‘700, sulla basedella visita 1609 e con aggiornamenti fino al 1799, risultato di una lungasedimentazione di rilevazioni e interventi effettuati in fasi successive33;oppure alle piante della Valle Umbra, teatro di delicati equilibri tra lecittadine di Spoleto, Trevi, Montefalco, Foligno, Bevagna, Cannara perlo sfruttamento delle acque “buone” del Clitunno a fini molitori e per ilcontrollo di quelle “cattive” del bizzoso torrente Marroggia: nella Colle-zione I sono conservate sia una delle prime piante, databile all’iniziodel ‘600 dopo la bonifica operata dal folignate Jacobilli34, sia la bellapianta disegnata da Bordoni su ordine del cardinale Francesco Barberi-ni nel 170435. Vi sono poi le piante che documentano iniziative sovranein terre di bonifica, come la pianura pontina: dalla Pianta generale dellePaludi Pontine, del sec. XVII36, ove viene abbozzato il Circondario dellePaludi pontine delineato da Sisto V, fino alla pianta disegnata da Astolfie incisa da Antonini nel 1785 come atto finale e celebrativo della boni-fica promossa da Pio VI37.

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32 Pio Fantoni, Piante originali del Concordato e del canale di navigazione, 1780, in ASROMA, CDM, I, cart. 58, n. 188; A. Capretti, (ingegnere, vari incisori), tavole illustrate del Con-cordato 26 agosto 1780, ivi, cart. 17, n. 208.

33 Ivi, cart. 65, n. 363.34 Ivi, cart. 7, n. 42.35 Ivi, cart. 124, n. 267.36 Ivi, cart. 51, n. 17/2.37 Gaetano Astolfi, Pianta delle Paludi Pontine formata per ordine di Nostro Signore Papa

Pio VI, copia montata e completa del disegno a colore del circondario: ivi, cart. 51 n. 18.

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Origini della Congregazione delle acque

In materia di acque, tanto le piante generali quanto la cartografiaminore di origine giudiziale rinviano dunque nella maggior parte dei casi,come fondo di provenienza, alla Sacra Congregazione delle acque. L’ori-gine di questa istituzione è meno scontata di quanto sembri a prima vista;secondo quanto riferisce Casanova38, all’istituzione “sulla carta” della XIIIcongregazione sistina super viis pontibus et fontibus sulle acque, nellaImmensa aeterni Dei, sarebbe seguita la formazione di congregazioni spe-ciali (delle Chiane, a seguito dell’inondazione di Roma del 1598, di Ferra-ra-Bologna, delle Paludi pontine) ad opera di Clemente VIII e solo suc-cessivamente la loro subordinazione alla “Congregazione delle acque”(breve 20 settembre 1616 di Paolo V; chirografo 27 giugno 1696 di Inno-cenzo XII per le Chiane). Tuttavia, i due provvedimenti citati non si tro-vano sul Bullario, e questo alimenta i dubbi sull’esattezza della ricostru-zione di Casanova. Pastor accenna, parlando di Paolo V, alle prime anali-si39 sull’impaludamento del Ferrarese, nonché agli accordi di confinazionetra Stati legati anche alla regolazione di corsi d’acqua (Chiusi - Città dellaPieve); per il resto si nomina solo l’Acqua Paola condotta in Roma ed affi-data ad una apposita “Congregazione” nel 1612. Con ogni probabilità,questi studiosi confusero una congregazione le cui competenze eranolimitate di fatto a Roma con la Congregazione delle acque di cui ci occu-piamo qui. Se infatti si prende in esame la costituzione della Congrega-zione sistina super viis, pontibus et fontibus, si vede chiaramente che essaaveva competenze orientate alla capitale più che allo Stato: parlava infattisolo delle strade che portavano “ad apostolicam sedem” e dell’approvvi-gionamento idrico di Roma40.

Per saperne di più dobbiamo rifarci alle carte lasciateci dalla Congre-gazione; la prima testimonianza della sua attività è un registro di appuntie verbali delle riunioni della Congregazione delle acque, presumibilmen-te dal suo inizio41. Infatti gli appunti non datati rilegati in testa al registromedesimo parlano del proposito di stabilire riunioni regolari della Con-gregazione sopra le acque e di “appoggiare a questa Congregazione nonsolo di que’ negozii di acque che ci sono al presente ma anche tutti gli

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38 CASANOVA. 39 PASTOR, vol. XII, pp. 74 e seguenti.40 VECCHI, Istituzioni finanziarie contabili, pp. 77-79, con ferma la limitazione dell’area di

competenza della Congregazione a Roma, seguendo probabilmente CASANOVA e LODOLINI A.1960, p. 148.

41 AS ROMA, Congregazione delle acque, reg. 1/1, 1619-1652.

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altri concernenti acque fiumi, navigatione, bonificationi, condotti molini,e tutte le opere pubbliche spettanti non solo a privati ma ancora a Comu-nità, Camera apostolica, chierici e luoghi pii”42. Un elenco specificameglio le materie di sua competenza: “fiumi; ponti; molini; condotti;chiaviche; escavazioni di torrenti, fossi, e simili; bonificationi universali eparticolari, fatte, e da farsi; navigationi, e porti; negotii di Ferrara, Bolo-gna, Romagna, e Romagnola, e di altri luoghi dipendenti dalli bonifica-tioni ed altre cose predette; si potranno rimettere ancora alla detta Con-gregazione tutte le opere pubbliche; vi sono ancora: le Chiane, ch’è Con-gregatione e negotio separato e le paludi Pontine, che parimenti è Con-gregazione e negotio separato”43.

Sarei propenso a credere che anche il verificarsi di alcuni disastriidraulici avvenuti proprio all’inizio del ‘600 abbiano spinto lo Stato adallargare la propria sfera di intervento sulle acque: nel giro di pochi anniinfatti fallì la diversione del Reno dal Po di Ferrara (1604) e la pianurabolognese iniziò a impaludarsi, il Topino presso Bevagna mutò di lettoabbandonando la città e sconvolgendo gli assetti idraulici della valle, pernon parlare delle difficoltà a governare il letto del Tevere a monte delponte Felice, appena costruito sulla Flaminia.

Sull’origine della Congregazione delle acque “barberiniana” la docu-mentazione archivistica è scarsa proprio perché si tratta di una istituzionenuova, come nuovo era il proposito di usare la scienza idraulica conl’avallo galileiano, a fini del governo del territorio e di affermazione delruolo politico dello Stato come mediatore dei conflitti tra le comunitàlocali. Il primo, isolato verbale della Congregazione è del 1619 e riguardaRavenna, ma nel novembre - dicembre 1623, in lettere inviate ai legatiemiliani, si parla nuovamente di essa come di una novità: “è stata istituita[..] dovrà adunarsi quanto prima”; e in effetti l’anno successivo non vi èpiù dubbio che la Congregazione delle acque funzioni regolarmente per-ché inizia allora la serie dei registri di copialettere44, da cui risulta la rego-lare corrispondenza con magistrature locali dello Stato. I primi prefettinominati a capo della Congregazione delle acque furono i cardinali Fran-cesco e Antonio Barberini, i primi segretari Diomede Varese e GiovanniGiacomo Bulgarini.

Una parte significativa delle questioni idrauliche documentate nellaCollezione I riguardano mulini: poiché era sul macinato che passava gran

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42 Ibid., f. 1.43 Ibid., f. 3.44 Ivi, reg. 1/2: 1623-1637; reg. 1/3: 1638-1652.

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parte del gettito fiscale, lo scorrere dell’acqua alimentava, assieme allapopolazione di ogni territorio pontificio, anche i flussi finanziari che lega-vano lo Stato alle singole comunità. Si tratta di piante e disegni prove-nienti dalle carte della Congregazione delle acque (abbiamo visto soprache tra le controversie di sua competenza vi erano “condotti molini, etutte le opere pubbliche” di privati, ecclesiastici, comunità e stato), maanche della Congregazione del buon governo, o di magistrature romaneche si occupavano di questioni annonarie e fiscali. Alcune di queste pian-te e profili mostrano in dettaglio anche il funzionamento degli opifici,tanto da costituire una documentazione unica per la storia della tecnica:un macchinario di uso così comune e generale in Italia era consideratodi scarso interesse dal mondo scientifico ufficiale dedito piuttosto a illu-strare “miracolose invenzioni” e “nuovi ritrovati” di dubbio funzionamen-to pratico; pertanto, la struttura del mulino da grano a ruota motrice oriz-zontale “a ritrecine” sarebbe rimasto un oggetto misterioso senza questadocumentazione e ciò che resta in termini di storia orale e archeologiaindustriale. Segnalo a questo proposito una bella e dettagliata Pianta deimulini di Bevagna fatta su ordine del Delegato Marliani dopo la visita del12 genn. 172245, ma soprattutto Pianta della forma dei molinari sul Gia-nicolo dai fontanoni di San Pietro in Montorio sino al suo sbocco nelTevere presso ponte Sisto o piuttosto nel relativo profilo, disegnata assiemeal relativo profilo/spaccato degli edifici nel 183746.

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45 Lorenzo Marliani era discepolo di Francesco Sforzini, architetto di Todi attivo in Umbriae poi a Roma per la Congregazione delle acque, AS ROMA. CDM, I. cart. 7, n. 43; proviene daCongregazione delle acque, b. 225, n. 183.

46 AS ROMA, CDM, I, cart. 80, nn. 231 e 232.

5. Lorenzo Marliani, Pianta dei mulini di Bevagna fatta su ordine del Delegato Marlianidopo la visita del 12 gennaio 1722 (AS ROMA, CDM, I, cart. 7, n. 43), particolare dei mulini.

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Dalla giurisdizione all’ amministrazione

Le controversie sulle acque impegnarono per due secoli la Congre-gazione, che si valse di visitatori - a volte inviando il proprio segretario- poi di referenti scelti sul luogo tra governatori, vescovi, delegati apo-stolici nominati “delegati delle acque” (nel senso, abbiamo detto, di “giu-dici delegati”), infine riformando antichi istituti comunali o promuovendola formazione di nuove “prefetture delle acque”. Di fatto il ruolo formaledella Congregazione delle acque rimase in tutto questo tempo quello ditribunale d’appello di controversie su cui si erano pronunziati giusdicentidelegati locali, o che per la loro importanza venivano subito mandate aRoma. La cartografia romana ha quindi molto spesso riscontro in docu-mentazione locale – delle piante si fanno quasi sempre copie – conser-vata oggi presso archivi di Stato, archivi storici comunali e archivi di con-sorzi di bonifica.

Il cambiamento radicale avvenne con l’annessione all’Impero france-se, poiché la legislazione rivoluzionaria non ammetteva giurisdizioni spe-ciali, e le controversie sulle acque erano quindi demandate alla giustiziaordinaria; alla Restaurazione Pio VII ed il suo liberale segretario di StatoConsalvi confermarono tale orientamento nel motuproprio del 181647. PioVII e di Consalvi non intendevano certo smobilitare le strutture delloStato, ma semmai rafforzarne la presenza territoriale trasformando la giu-risdizione in amministrazione48, sfruttando il taglio radicale operato dalperiodo francese ma anche la maggiore operatività tecnica ed ammini-strativa di ingegneri e delegati da una parte e di prefetture e consorzi dal-l’altra, che era andata maturando negli ultimi decenni ed era il segno deitempi al di là dei brevi anni napoleonici. Per operare questo cambiamen-to veniva varato un complesso apparato di norme, principalmente leDisposizioni regolatrici dei lavori pubblici di acque e strade del 23 otto-bre 181749, che nella parte II contenevano il Regolamento per i lavorid’acque dello Stato ponti ficio.

Per comprendere quanto da questo indirizzo conseguissero nuovi emaggiori compiti da parte dello Stato, si tenga presente che il motupro-prio citato recepiva un concetto piuttosto vasto di pubblico interesse in

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47 Collezione di pubbliche disposizioni.48 BERNARDI, p. 170, ha parlato di “processo di provincializzazione”, decentramento e

delega agli istituti periferici.49 Raccolta delle leggi e disposizioni di pubblica amministrazione, 1831-1833, IV, app. n.

5, p. 210.

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materia di acque50, graduando all’uso napoleonico i lavori idraulici innazionali, provinciali e consorziali (art. 134).

Il supporto tecnico dell’amministrazione aveva al suo vertice un Con-siglio d’arte, composto da un matematico e tre ingegneri (artt. 149 e 161);è il Consiglio d’arte che approva i progetti elaborati dagli ingegneri localie dai suoi ispettori: si veda ad esempio, nella Collezione I, il progetto diFolchi (ispettore per le province fuori dalle Legazioni)51 e Poggi (ingegne-re della Prefettura di Foligno) di spostare il letto del Topino a destraalzandone il livello, secondo un percorso più rettilineo, per evitare ilripetersi di rotture dell’argine52. Il 22 agosto 1819 venivano emanate leIstruzioni agli ingegneri in capo53, ai quali era demandato di tenere sottocontrollo lo stato generale dei problemi e dei lavori relativi alla gestioneidraulica e stradale della provincia: visitavano due volte l’anno la loro cir-coscrizione secondo modalità del tutto analoghe alla tradizionale “visitaai fiumi” dei delegati d’acque di un tempo54.

L’attività tecnica degli ingegneri del Corpo pontificio55 era normaliz-zata e resa omogenea all’origine, nei processi di formazione, affidatifinalmente, come avveniva da tempo in Francia56 e in molti Stati italiani,a scuole apposite istituite a Ferrara e Roma; il matematico del Consigliod’arte, lo scienziato Venturoli, diresse per anni la scuola di Roma, che inseguito trovò sede nel convento di San Pietro in Vincoli e divenne infineFacoltà di Ingegneria dell’Università della Sapienza57. In questo generaleriassetto non mancavano norme specifiche di tipo tecnico: in virtù di due

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50 Qualche anno dopo Romagnosi avrebbe dato una formulazione giuridica di granderespiro ai principi affermati dall’Illuminismo e sperimentati nel periodo napoleonico in materiadi acque; si veda in merito BUONORA 2014.

51 Si veda la pianta organica 1815-1822 del Consiglio d’arte per i lavori idraulici in LODO-LINI A. 1923, p. 20.

52 Consiglio d’arte, 12 dicembre 1827, AS ROMA, Congregazione delle acque, b. 270. Cfr.O. POGGI, Progetto del drizzagno al Topino per ri parare le rotte di Bevagna e del Vescovo: Ipianta (125x47); II livellazione (125x47); III sezioni; 28 febbraio 1828, AS ROMA, CDM, I, cart.123, n. 238; le mappe dei terreni sono tratte dal nuovo Catasto gregoriano.

53 Collezione di pubbliche disposizioni, 1816, III, p. 103; Raccolta delle leggi e disposizionidi pubblica amministrazione,1831-1833, IV, app. n. 8, p. 461.

54 Circolari 21 febbr. 1818 (Collezione di pubbliche disposizioni, II, pp. 321 e 323; III, p.3). Le missioni erano del tutto a carico dello Stato, e venivano stabilite per via gerarchica salvoche per l’ingegnere in capo, il quale aveva in questo una autonomia rispondente ai suoi doveridi pianificazione ed intervento urgente.

55 Sugli ingegneri dello Stato pontificio si vedano VERDI 1997a, pp. 191-22; PEPE; MARINO,pp. 235-242, disponibile anche a: http://www.aising.it/docs/atticonvegno/p235-242.pdf.

56 BLANCO.57 DI GIOIA.

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disposizioni del 30 aprile 1819 la cartografia era uniformata quanto adisegno, colori, scala decimale, indicazione del meridiano. Gli strumentiforniti all’ingegnere erano 1) tavoletta pretoriana con dioptra; 2) catenametrica di 10 metri; 3) livella a bolla d’aria o a pendolo; 4) biffe, canne,staggia58. Inoltre si impartivano precise istruzioni sui piani di prevenzionee i progetti di esecuzione59: i primi richiedevano la compilazione di piantagenerale, profilo di livello, sezioni e relazione - gli stessi elementi siriproponevano in modo analogo per i lavori stradali, ma i lavori idraulicisembrano aver avuto una funzione “trainante” rispetto ai primi, sia dalpunto di vista tecnico che amministrativo.

Infine, nel 1833 il processo di transizione verso un ruolo pienamenteamministrativo-tecnico dello Stato si compie con un nuovo Regolamentoper i lavori pubblici di acque e strade60, in base al quale era istituita pressola Congregazione delle acque la Prefettura generale di acque e strade(che diviene Ministero dei lavori pubblici nel 1847), presieduta dal pre-fetto della Congregazione: la Prefettura non si sostituiva alla Congrega-zione delle acque – che formalmente rimaneva come istanza di giudiziocollegiale superiore, un “consiglio superiore dei lavori pubblici” ante-lit-teram – ma solo alle direzioni centrali della medesima Prefettura, laDirezione centrale dei lavori idraulici e quelle dei lavori stradali61. NellaCollezione I figurano infatti anche molte piante di fondamentale impor-tanza degli acquedotti romani “restaurati” dai papi nel Rinascimento62,provenienti dal fondo Prefettura generale di acque e strade / Ministerodei lavori pubblici63.

Paolo Buonora54

58 Istruzioni agli ingegneri d’acque e strade sull’uso degli strumenti geodetici, 30 apr.1819, in Collezione di pubbliche disposizioni.

59 Istruzione riguardante le norme da seguirsi dagl’ingegneri nella formazione dei pro-getti di prevenzione e dei piani di esecuzione, in Collezione di pubbliche disposizioni.

60 Raccolta delle leggi e disposizioni di pubblica amministrazione,1831-1833, IV, n. 7 pp.91 e seguenti.

61 Dal fondo della Prefettura/Ministero provengono molte delle piante degli acquedottiromani: acqua Vergine, acqua Felice, acqua Paola, raggruppate nelle cartelle 78-80 della Col-lezione I.

62 Si vedano i saggi di A. ANTINORI, M. TABARRINI, F. DI MARCO e di chi scrive in Le reti del-l’acqua, pp. 323-334.

63 AS ROMA, CDM, I, cart. 79-80.

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SUSANNA PASSIGLI, ADRIANO RUGGERIPiante cinque e seicentesche dell’Agro Romano conservate nellaCollezione I di disegni e mappe. Percorsi archivistici

1. Introduzione

Fra le piante facenti parte della Collezione I di disegni e mappe,numerose sono quelle relative al Suburbio di Roma e all’Agro Romano1.Fra queste, si è concentrata l’attenzione in primo luogo sulle più antichepiante di tenute: la Collezione I ne conserva infatti tre risalenti agli ultimidecenni del XVI secolo che, data la rarità di cartografia cinquecentesca

1 Nella Collezione I di disegni e mappe dell’AS ROMA, le piante relative al Suburbio eall’Agro Romano incluse nella I collezione (nell’indice toponomastico: Roma, territorio) - chenel vecchio inventario 109 seguivano immediatamente quelle della città di Roma (nell’indicetoponomastico: Roma, città) - sono quelle comprese dalla cart. 90/651 alla cart. 96/902 (perragione di brevità, da ora in poi nelle note e nel testo esse saranno citate indicando solamenteil numero della cartella seguito da quello della pianta, separati dal segno /). Di queste, dalla90/651 alla 91/696 sono piante generali (come per esempio la Topografia geometrica dell’AgroRomano di Giovanni Battista Cingolani; cfr. nota 4), oppure piante che mostrano lo sviluppoplanimetrico di diverse strade, vie e vicoli ‘fuori porta’ (si vedano, per esempio, quelle citatealle note 15 e 18), o di terreni vari. Dalla 91/697 alla 92/703 sono piante di marrane e corsid’acqua; tra queste, la 91/697 raffigura la Marrana Valle dell’Inferno, e si tratta di una delledue piante anteriori al XVIII secolo (1696) che non è stata presa in considerazione nel presentestudio in quanto non riguarda una tenuta. Le piante dalla 92/704 alla 95/862, sono più speci-ficatamente relative a tenute dell’Agro Romano, disposte in ordine alfabetico, anche se occorreprecisare che non poche di esse si riferiscono in realtà a singoli terreni all’interno delle tenutestesse (come quella dei prati dentro la tenuta di Marco Simone, 93/776, per la quale si vedainfra, § 6.5), mentre altre sono relative a terreni del Suburbio contigui a tenute, e che da questetraggono le proprie denominazioni (esempio: le vigne diverse ubicate all’Acqua Bullicante,92/704-706); anche di queste piante non ci si occuperà nel presente studio. All’interno di que-ste centosessantasei piante (o, più correttamente, unità ‘di condizionamento’ in quanto nonpoche di esse contengono in realtà più di una pianta), solo ventiquattro sono anteriori al XVIIIsecolo; una di queste (93/764), attribuita nel vecchio inventario 109 al XVI secolo, non è statapresa in considerazione in quanto riguarda il palazzo fortificato da edificarsi nella tenuta diLunghezza. Delle ventitré rimanenti - che sono quelle di cui si tratterà nelle pagine seguenti -tre sono cinquecentesche, dodici seicentesche, sei sono copie della prima metà del XIX secolodi piante originali del Catasto alessandrino del 1660, altre due - infine - sono di incerta attri-buzione cronologica ma certamente non seicentesche, come invece indicato nella precedenteredazione dell’inventario 109. La serie di piante della Collezione I prosegue poi con quelledelle vigne (da 95/863 a 96/896) e delle ville (da 96/897 a 96/902).

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negli archivi romani più volte messa in evidenza da Jean Coste2, si è rite-nuto importante studiare e far conoscere. Si è poi estesa l’indagine a tuttele piante di tenute realizzate nel corso del Seicento3; questo criterio discelta è motivato dalla possibilità di confrontare tali piante con quelle delCatasto alessandrino del 1660 e con il ‘quadro d’unione’ delle tenutedell’Agro Romano redatto da Giovanni Battista Cingolani della Pergolanel 16924. Infatti - come si può constatare nella tabella che segue - lamaggior parte delle piante studiate risale ai decenni centrali del XVIIsecolo, e in molti casi esse risultano in qualche modo legate, più o menodirettamente, alle contemporanee piante del corpus alessandrino.

Duplice scopo del presente studio è, da una parte, cercare di risalirealle motivazioni che hanno portato alla redazione delle singole piante,ossia di ricostruirne il contesto storico; dall’altra, dal punto di vista piùstrettamente archivistico, l’individuazione dei rispettivi archivi di prove-nienza e soprattutto dei meccanismi di ‘trasferimento archivistico’ inseguito ai quali esse sono confluite nella Collezione I di disegni e mappe,un’operazione non semplice e non sempre possibile, come si vedrà nellepagine seguenti5.

2. Le copie ottocentesche

Occorre precisare subito che la ricerca ha dimostrato che sei piante- che nella precedente redazione dell’inventario 109 dell’Archivio di Statodi Roma erano attribuite tout-court al XVII secolo (e più precisamentealla data di esecuzione del Catasto alessandrino, indicata nei rispettivicartigli) - sono in realtà copie ottocentesche, come si desume da unaserie di annotazioni presenti in ciascuna di esse. Si tratta, più in partico-lare, delle piante delle tenute di Campo Merlo degli Alberini (92/721),Campo Merlo dei Mattei (92/722), Capodiferro e Pisciarello di FrancescoFabi (92/729), Cerrone degli eredi Androsilla (92/745), Magliana di S.Cecilia in Trastevere (93/770) e Muratella dei Mattei (94/794).

Nonostante la loro esecuzione - come constatato a posteriori - si col-

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri56

2 Ad oggi, la pianta più antica di una tenuta dell’Agro Romano che si conosca è quelladella tenuta di Salone, spettante al capitolo di S. Maria Maggiore, risalente al 1558; cfr. COSTE1976, p. 77.

3 Comprese anche quelle descritte ai § 2 e 3, per le quali lo studio analitico di ciascunadi esse ha consentito di stabilire, a posteriori, che non si tratta di piante seicentesche.

4 CINGOLANI, in FRUTAZ 1972, II, tavv. 160-165.5 Considerazioni preliminari relative ad alcune delle piante illustrate nel presente studio

sono in PASSIGLI 2009, pp. 11-13.

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Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 57

6 Nella tabella sono indicati, secondo il numero progressivo: la cartella; il numero indi-cante la singola unità di condizionamento (avvertendo che in diversi casi alcune di queste con-tengono più di una pianta relativa ad una medesima tenuta); la denominazione originale dellapianta (in corsivo) oppure, qualora mancante, il nome della tenuta (in tondo); la data della pian-ta. Tutte le piante elencate sono state sottoposte ad attento esame e schedatura analitica. Permotivi di spazio, tuttavia, in questa sede si tratteranno con maggior dettaglio solamente gli ottoprodotti cartografici ritenuti più interessanti: Acquasona (92/708), Capo di Bove (92/724), Gale-ra (93/755), Massa e Gallesina (93/758), pedica alla Maglianella (93/773), Malpasso (93/774),Santa Procula (94/897), Torre in Pietra (94/836); le restanti piante saranno trattate in modo piùsintetico. Si ricorda che il numero a matita di quattro cifre racchiuso entro un cerchio presentesul verso di quasi tutte le piante, si riferisce al numero d’ordine delle fotoriproduzioni delle stes-se effettuate - ormai oltre trent’anni fa - a cura dell’AS ROMA. Si avverte, infine, che le piante delCatasto alessandrino citate ripetutamente nel testo, in AS ROMA, Presidenza delle strade. Catastoalessandrino, lo saranno unicamente con la loro segnatura archivistica, e che tutti i toponimi ei riferimenti topografici menzionati nel testo, sia quelli riportati nelle piante che quelli ancoraoggi esistenti, saranno indicati tra doppie virgolette (“...”).

Cartella Numero Tenuta Data della pianta Riferimential testo ealle illustra-

zioni92 708

Casale d’Acquasona del venerabileArchiopedale di S. Giacomo dell’Incurabili e di S.

Rocco1670 marzo § 4.2.2

Tav. 592 719

Pianta del casale de Macheri, TorreRotta e Calandrella dell’Illustrissimi signori Verospiposta <sic> fuori di Porta S. Sebastiano (...)

1640 marzo 13 § 6.2

92 721 Misura e pianta della tenuta di Campo di Merlospettante all’Illustrissimo signor Orati <sic> Alberiniposta fuori di Porta Portese (...)

Sec. XIX, prima metà(copia di originale del23 aprile 1660)

§ 2.2

92 722 Misura e pianta (...) degli prati e monti di Campo diMerlo dell’Eccellentissimo signor baron Mattei postofuori di Porta Portese (...)

Sec. XIX, prima metà(copia di originaledel 20 febbraio 1660)

§ 2.2

92 724 Pianta e misura del casale di Capo di Bove (...)[indicazione apposta sul verso della pianta]

1587 novembre 12 § 4.1Tav. 3

92 729 Misura di tutto il casale di Capo di Ferro e Pisciarel-lo del signor Francesco de Fabi (...)

Sec. XIX, prima metà(copia di originaledel 28 febbraio 1660)

§ 2.2

92 739 bis Casale della Castagniola dell’Ecc.mo Sig. DucaGasparo Caffarelli et Ill.mo Sig. Pietro Caffarelli (...)

1665 maggio 12 § 6.1

92 745 Misura e pianta della tenuta del Cerrone degli eredidella bo. me. di monsignor Androsilla posta fuori diPorta Maggiore (...)

1829 dicembre 31(copia di originaledel 16 aprile 1660)

§ 2.1

93 751 Pianta e misura della tenuta di Cortecchia dell’Ec-cellentissimo signor duca Girolamo Mattei postafuori Porta S. Pancrazio

1660 aprile 20 § 6.3

AS ROMA, Collezione I di disegni e mappe, I: elenco delle piante di tenute dell’Agro Roma-no oggetto di analisi6

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lochi al di fuori dei limiti cronologici prefissati nel presente saggio, se nedà comunque un rapido cenno, anche per mettere in luce i criteri, nondi rado approssimativi e fuorvianti, con cui a suo tempo venne redatto ilcitato inventario 109.

2.1. Per quanto riguarda la pianta della tenuta di Cerrone, si tratta di

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri58

93 755 Tenuta di Galera Non datata (ma circa1588-1594)

§ 4.2.1Tav. 4

93 758/1-4 Tenuta di Massa e Gallesina 1 e 4. 1665 giugno 132. 1660 marzo 293. sec. XVII, sec. metà

§ 5.1.1Figg. 2, 3Tav. 7

93 762 Pianta del territorio dell’Isola della ReverendaCamera Apostolica posta fuori di Porta del Popolo(...)

Datazione incerta(copia di originale del23 dicembre 1660)

§ 3.1Tav. 1

93 765 Pianta della tenuta di Maccarese dell’Eccellentissi-mo signor duca Girolamo Mattei posta fuori diPorta S. Pancrazio (...)

1660 aprile 20 § 6.4Fig. 6

93 770 Pianta della Magliana di S. Cecilia (...) Sec. XIX, prima metà(copia di originaledel 21 aprile 1660)

§ 2.2

93 773/1-2 Misura e pianta d’una pedica alla Maglianella delliMassa li medesimi padroni della Gallesina (...)

1. 1660 marzo 292. 1660 marzo 29

§ 5.1.2Figg. 4, 5

93 774 Tenuta detta Malpasso delle RR. monache di S. Sil-vestro in Capite

1674 § 5.2Tav. 8

93 776 Pianta et misura delli prati al Casale detto MarcoSimone dell’Illustrissimo et Eccellentissimo signorduca d’Acquasparta

1647 agosto 12 § 6.5

94 794 Misura e pianta (...) della tenuta della Muratellaposta fuora di Porta Portese dell’Eccellentissimobaron Mattei

Sec. XIX, prima metà(copia di originaledel 17 febbraio 1660)

§ 2.2

94 798 Misura e pianta del casale di Palmarola (...) delreverendissimo Capitolo di S. Pietro sta fuori diPorta Angelica (...)

1659 novembre 12 § 6.6

94 825 Misura e pianta (...) della tenuta di S. Anastasiaposta fuori di Porta S. Bastiano delli illustrissimi etreverendissimi signori canonici di S. Anastasia (...)

1660 aprile 10 § 6.7Tav. 9

94 827/1-2 Pianta della tenuta di Santa Broccola dell’Illustris-simo signor Mario de’ Massimi posta fora di portaSan Paolo (...)

1. 1588 novembre 26(con aggiunte del 27marzo 1660 e del sec.XIX) 2. 1831 novembre 6

§ 4.3Tav. 6

94 836 Pianta [e] misura di tutte le tenute dei casali diTorre Impreda dell’Illustrissimo ed Eccellentissimosig. principe Peretti (...)

Datazione incerta(copia di originaledel 15 maggio 1620)

§ 3.2Tav. 2

95 855 Tenuta di Grotta Perfetta 1682 dicembre 9 § 6.8

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copia del 1829 dell’originale del Catasto alessandrino del 16 aprile 16607.La pianta reca in basso, al di sotto della cornice, il timbro dell’Ufficio delBollo e Registro di Roma con la seguente annotazione inserita in un testoprestampato apposto con timbro: «Registrato a Roma li 27 febbraio 1830in una pagine <sic> senz’apostille VOL. 162 Atti privati, fog. 80v, cas. 3ricevuto baiocchi 40. B. Vagnolini». Ciò induce a ritenere che molto pro-babilmente la copia sia stata richiesta dall’Ufficio di registro e bollo alnotaio delle strade, Benedetto Triulzi, che certificò nella parte destradella pianta l’esatta corrispondenza della copia redatta da Paolo Provin-ciali con l’originale8. Nel caso in esame, dunque, è stato possibile reperirela registrazione dell’esecuzione della copia, ma non la precisa provenien-za di quest’ultima9.

2.2. Diverso il caso delle altre cinque piante, non datate ma attribui-bili ai primi decenni dell’Ottocento in base alla presenza di una notadell’agrimensore Tobia Sani, che ricorre quasi identica in tutte: «La pre-sente è stata fedelmente estratta dall’Officio del Tribunale delle strade dame Tobia Sani Agrimensore»10.

Figlio di Angelo Sani, uno dei migliori allievi di Giovanni BattistaNolli, che spiccò per la sua abilità e fu tra i più ricercati tecnici dello Stato

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 59

7 AS ROMA, CDM, I, 92/745. In realtà, il 31 dicembre 1829 il «Direttore dei Lavori Stradalidell’Agro e Comarca di Roma» dichiarava che la copia era stata fedelmente esemplata dall’ori-ginale esistente «nell’Officio Notarile dell’Illustrissima Presidenza delle Strade e Acque», comesi legge in basso a sinistra, e quindi verosimilmente essa deve risalire al 1829.

8 «Certifico io sottoscritto Segretario dell’Illustrissima Presidenza delle Strade ed Acque,che il signor Paolo Provinciali sotto Ispettore Ingegnere in Capo Direttore dei Lavori Stradalidell’Agro e Comarca di Roma, ha dichiarato di aver esattamente confrontata la presente Piantadella Tenuta del Cerrone, con quella esistente nella Collezione delle Mappe delle Tenute nel-l’Agro Romano, ordinata già dalla Santa Memoria di Alessandro VII ed alligata nel Tomo inte-stato Porta Maggiore, numero Ventitré, che unitamente agl’altri si conservano nell’Ufficio didetta Presidenza, ed averla rinvenuta in tutto, e per tutto, conforme all’originale, per cui ne hafirmata la presente. In fede. Roma li cinque gennaio milleottocentotrenta 1830. BenedettoTriulzi Segretario». Si osservi l’interessante riferimento al numero 23 della pianta, che dimostrache la numerazione attuale mantiene quella originaria (la pianta del Catasto alessandrino dellatenuta di Cerrone è infatti la 430/23).

9 AS ROMA, Ufficio del bollo, registro, ipoteche e tasse riunite di Roma. Registri d’introitodegli atti di forma privata, Amministrazione del Bollo e Registro, reg. 929 (già 162), c. 80r,casella 3: alla data del 27 febbraio 1830 si annota la «registrazione di una Misura e Pianta dellatenuta del Cerrone già spettante alla famiglia Androsilla estratta dall’ingegner Provinciali ... concertificato annesso della Presidenza delle Strade (...)».

10 Tenute di Campo Merlo degli Alberini (92/721), Campo Merlo dei Mattei (92/722), Capo-diferro e Pisciarello di Francesco Fabi (92/729), Magliana di S. Cecilia in Trastevere (93/770) eMuratella dei Mattei (94/794); quest’ultima pianta è pubblicata in TOMASSETTI, VI, p. 386.

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Pontificio11, Tobia ebbe parte rilevante nelle operazioni catastali avviatecon l’articolo 191 del motuproprio di Pio VII del 6 luglio 1816; il suo stu-dio di geometra, dove insieme ad altri esercitava la professione di peritoagrimensore, è documentato nel 181812.

Le piante in questione - alcune delle quali contrassegnate da unnumero d’ordine progressivo che, a causa di evidenti tracce di erasione,non risulta sempre facilmente leggibile13 - riproducono fedelmente quelledel Catasto alessandrino, recandone l’esatta data e la firma dei rispettiviagrimensori14. Esse, quindi, sono state con assoluta certezza realizzatecontemporaneamente e per un medesimo scopo; peraltro, le cinquetenute confinano tra di loro e costituiscono un unico ‘blocco’ fondiariocompreso fra la riva destra del Tevere e la via Portuense.

A queste cinque piante se ne ricollega sicuramente un’altra, realizza-ta dal medesimo agrimensore (come si legge in basso a sinistra) e ugual-mente non datata, relativa allo sviluppo della via Portuense e della stradadella Magliana da Porta Portese sino a Ponte Galera, che contribuisce acomprendere le motivazioni che dovettero essere alla base della loro rea-lizzazione (fig. 1). Anche in questo caso si tratta di copia «fedelmente

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri60

11 BEVILACQUA, pp. 14-15.12 Più in particolare egli fu uno dei quattro ‘ingegneri ispettori’ ai quali il 5 settembre 1817

fu conferito dalla Camera apostolica l’incarico di elevare le piante catastali delle tenute del-l’Agro Romano (VITA SPAGNUOLO 1995, pp. 68-69; per la notizia del 1818: AS ROMA, Presidenzagenerale del censo, b. 34, fasc. «Circolare n. 4872 ai verificatori», in RUGGERI 2012, p. 409). Anchenegli anni successivi fu al servizio della Presidenza del censo: nel luglio 1823 era ‘ispettore allamisura dell’Agro Romano e vigne del suburbano di Roma’ mentre nel 1824 era ispettore allestime censuali per la Delegazione di Viterbo (AS ROMA, Presidenza generale del censo, rispet-tivamente: b. 176, fasc. «Corrispondenza con i verificatori alle misure», pos. 28133, e b. 205);nel 1834, inoltre, redigeva un rapporto «in seguito ad una ispezione compiuta nell’Agro Roma-no per un nuovo estimo delle tenute» (TOMASSETTI, I, p. 198, nota a). In mancanza di una sche-da bibliografica a cui fare riferimento, possiamo qui aggiungere che, parallelamente ai suoiimpegni pubblici (nel 1812 - per esempio - era uno dei quattro ispettori della ‘Commissionedi salubrità’, in Annuario 1813, p. 202; in una relazione del 1829 è definito «perito agrimensorecamerale», in AS ROMA, Camerlengato, p. II, b. 199, fasc. 1136), fu anche molto intensa la suaattività come perito agrimensore di parte, documentata perlomeno dal 1801 (in Decisiones1828, Decisio CCCXLII, p. 425), sino al 1837, quando firmava la pianta di una vigna fuori PortaMaggiore (VERDI 2009, p. 303, n. 1/48) e agli inizi degli anni ’40 (PAGANO, p. 123).

13 I numeri sono indicati all’interno delle cornici che delimitano le singole piante, nell’angoloin alto a destra, e sono i seguenti: II, Magliana di S. Cecilia; IV, Campo Merlo degli Alberini; V,Campo Merlo dei Mattei (per il quale nell’annotazione in basso a destra Tobia Sani precisa che«chiamasi in oggi la Chiavichetta»); VI, Capo di Ferro e Pisciarello dei Fabi, indicazione interessantein quanto lascia sottintendere che il corpus originario dovesse essere costituito da almeno sei pian-te. Nella pianta della Muratella il numero è illeggibile perché totalmente eraso, ma - per accordarsicon l’ordinamento topografico elencato a nota 18 - non poteva che essere III.

14 Magliana: 433bis/8; Muratella: 433bis/10; Campo Merlo Alberini: 433bis/3; CampoMerlo Mattei: 433bis/4; Capo di Ferro e Pisciarello: 433bis/2.

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estratta dall’Officio del Tribunale delle Strade», redatta con lo scopo -esplicitamente dichiarato - di documentare «l’andamento della controver-sa strada consorziale della Magliana come esisteva nel 1660 sotto il pon-tificato di Alessandro VII» e il suo contesto territoriale: edifici, strade,vicoli, fossi (ma non le tenute attraversate dalle due strade). Peraltro,nell’angolo in alto a destra, all’interno della cornice e leggibile con diffi-coltà perché totalmente eraso, si intravede il segno ‘I’, un’importante con-ferma dell’ipotesi prospettata, ossia del fatto che il corpus originariodovesse essere costituito per l’appunto da sei piante, e che questa sareb-be la prima della serie15. Per quanto non datate, riteniamo che tutte e seile piante debbano essere posteriori all’elevazione delle mappe del Cata-sto gregoriano di questa zona16 e, presumibilmente, che possano attribuir-si agli anni ’20-’30 del XIX secolo, quando si dispiega la piena attività diTobia Sani quale perito agrimensore.

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 61

15 AS ROMA, CDM, I, 90/656, n. 1. La legenda, in alto a destra, recita: «Dechiaratione delledicontro strade fuori Porta Portese»; seguono - indicati con numeri romani, ma solo quelli effet-tivamente riportati sulla pianta - i riferimenti alle emergenze raffigurate nella pianta stessa (edi-fici, strade, corsi d’acqua), numeri che, come il titolo della pianta, sono gli stessi presenti nel-l’originale del Catasto alessandrino (433bis/II), di cui questa pianta è una copia; non manca,sulla sinistra, lo stemma Chigi di Alessandro VII. Fuori della cornice, in alto a destra, aggiuntoa matita: «Tav. 1»; sul retro, di mano ottocentesca: «1660. Strade fuori porta Portese sino allaPolledrara»; nella precedente redazione dell’inventario 109, la pianta era in effetti erroneamenteattribuita al 1660.

16 AS ROMA, Presidenza generale del censo. Catasto gregoriano, Agro Romano, mappe nn.23 (tenute di Campo Merlo, Chiavichetta e porzione di Pisciarello), 60 (tenute della Maglianae parte della Muratella), 87 (le altre porzioni delle tenute della Muratella e di Pisciarello), tutteelevate tra il 1818 ed il 1819.

1. Dechiaratione delle dicontro strade fuori Porta Portese, primi decenni del XIX secolo;il nord è verso sinistra (AS ROMA, CDM, I, 90/656 n.1)

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Quella della strada ‘consorziale’17 della Magliana era una questionecomplessa, che si trascinava da almeno un secolo, e che diede luogo allaredazione di altre piante oggi conservate nella Collezione I di disegni emappe18. Essa ruotava intorno al Ponte della Magliana, che si trovavanell’omonima tenuta spettante al monastero di S. Cecilia in Trastevere,

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17 Per questo termine si veda la nota 22.18 L’unità in cui è conservata la copia redatta da Tobia Sani contiene altre due piante. La

90/656, n. 2, non firmata né datata, riporta a scala più piccola gli stessi elementi della 90/656,n. 1, di cui potrebbe essere una copia, con le medesime caratteristiche e la stessa legenda, com-preso lo stemma Chigi sulla sinistra; fuori della cornice, nell’angolo sinistro in alto, di manodiversa: «Tavola Alessandrina»; dentro la cornice, a matita: «Tav. 2»; sul retro, nessuna annotazio-ne. La 90/656, n. 3, invece, è del tutto diversa: ugualmente a piccola scala e non datata né fir-mata, senza legenda e senza i numeri romani che compaiono nelle due piante precedenti, essaraffigura le due strade, Portuense e della Magliana, ma - diversamente da quelle - anche le tenu-te attraversate e quelle confinanti, ciascuna con la propria denominazione: si osservi, a questoproposito, che la strada della Magliana, procedendo da Roma sino a dove si unisce alla Por-tuense, attraversa nell’ordine le tenute della Magliana, della Muratella, di Campo di Merlo, diChiavichetta (già Campo di Merlo dei Mattei) e di Pisciarello, ossia le stesse - e nello stesso ordi-ne - di cui sono state redatte le copie da parte di Tobia Sani. Vi è inoltre una serie di letteresino a Z, che si riferiscono a strade e manufatti, ma per le quali non c’è legenda, segno evidenteche la pianta doveva far parte di una perizia, in cui doveva essere spiegato il significato di cia-scuna singola lettera. All’interno della cornice, nell’angolo a destra in alto, a matita: «Tav. 3». Visono poi almeno altre due piante riconducibili a questo contesto. La 90/657, non datata né fir-mata, che raffigura la strada della Magliana, con un percorso leggermente differente rispetto alleprecedenti, e la via Portuense dalla porta omonima al ponte Galera, con le tenute attraversateda entrambe; essa reca l’annotazione: «Estratto della pianta delle strade fuori la Porta Porteseesistente nel 1660 all’Officio delle Strade», chiaro indizio di essere stata copiata dalla pianta delCatasto alessandrino; sul retro, in grafia ottocentesca: «1660. Strade fuori Porta Portese sino aPonte Galera», che è la stessa dicitura del vecchio inventario 109, ma i caratteri stilistici orientanol’esecuzione anche di questa pianta ai primi decenni dell’800. La 90/671, «Strada da Porta Por-tese a Ponte Galera» (così nel vecchio inventario 109, perché in realtà la pianta è priva di titolo),a differenza delle altre è invece firmata e datata: è stata infatti redatta l’8 dicembre 1836 da Giu-seppe Valadier «Perito Architetto Accademico». In alto a sinistra: «Dichiarazione delle di controstrade fuori di Porta Portese»; segue la legenda, con gli stessi numeri della pianta del Catastoalessandrino, che coincidono con quelli presenti nelle copie 90/656, nn. 1 e 2, prova del fattoche anche questa pianta è copia, sebbene non molto fedele, di quella del Catasto alessandrino.Oltre ai numeri in inchiostro nero, relativi agli elementi del paesaggio e ai manufatti elencatinella legenda, vi sono anche alcune lettere scritte con inchiostro rosso (diverse da quelle pre-senti nella pianta 90/656, n. 3), per le quali però non vi è alcuna legenda che ne esplichi ilsignificato, sicuro indizio - ancora una volta - del fatto che anche questa pianta deve essere stataestrapolata da una perizia. Vale la pena di sottolineare, come è stato già osservato (PASSIGLI 2009,p. 6), il fatto che a distanza di un secolo e mezzo le piante del Catasto alessandrino costituisseroancora un punto fermo a cui fare riferimento nonostante la recente esecuzione delle mappe delCatasto gregoriano, che forse però, essendo a grande scala, non consentivano la necessariavisione di insieme dello sviluppo planimetrico delle strade, un risultato che sarà raggiunto - conmaggior precisione - solo con la Carta topografica del suburbano di Roma desunta dalle mappedel nuovo censimento e trigonometricamente delineata nella proporzione di 1:15.000, del 1839,edita in FRUTAZ 1962, III, tav. 502.

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poco prima della villa della Magliana.L’origine della questione risaliva perlomeno al 1718, quando il ponte

- senza il quale, come riferito da diversi testimoni, «niuno può passare lamarana della Magliana» - era stato restaurato a cura delle monache di S.Cecilia che avanzavano pretese affinché, per la spesa da esse sostenuta,fossero tassati anche i proprietari delle tenute confinanti; ma evidente-mente la causa non si risolse subito19.

In particolare, al 1764 risalgono due perizie degli architetti ClementeOrlandi e Antonio Felice Facci, relative alla ripartizione delle spese perla riparazione del ponte, con le quali si stabiliva che la metà dovessespettare al monastero di S. Cecilia e l’altra metà ai possessori delle tenuteadiacenti, secondo - come era consuetudine - la proporzione delle rispet-tive superfici20. Tali tenute sono le stesse delle quali Tobia Sani ha realiz-zato le piante-copia del Catasto alessandrino (con l’eccezione di Tor Car-bone e Ponte Galera): si può dunque supporre che diversi decenni dopo,ormai in pieno ‘800, venisse nuovamente commissionata, presumibilmen-te dalla Presidenza delle strade (innanzi alla quale - come attesta la docu-mentazione dell’archivio di S. Cecilia - erano state dibattute nel 1764-1765le cause Romana Pontis e Romana praetensi repartimenti per il risarci-mento del ponte e ripartizione delle relative spese), una ricognizione ter-ritoriale che documentasse l’esatta posizione e superficie delle tenutecoinvolte e lo sviluppo delle strade che le attraversavano, mediante l’ese-cuzione di copie delle piante seicentesche.

Ma nonostante la possibilità che nell’archivio di S. Cecilia potesseessere esistita una o più piante della tenuta della Magliana, menzionatenella documentazione ma attualmente non presenti nella busta21, non

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19 AS ROMA, Corporazioni religiose femminili. Benedettine cassinesi in S. Cecilia in Tra-stevere, b. 4058, fasc. 14 (Beni rustici. Magliana; 1513-1857, con copie di documenti anteriori);vi sono numerosi fascicoletti, quasi tutti riportanti una loro numerazione e vecchie segnature,che dimostrano un precedente ordinamento della documentazione. Si veda per esempio l’in-cartamento relativo alla riparazione del ponte della Magliana (già T. 16, Arm. B, n. 9) con dise-gno del ponte e documentazione relativa al suo restauro, atti giudiziari, perizie, memorie dispese fatte in tempi diversi etc.

20 AS ROMA, Corporazioni religiose femminili. Benedettine cassinesi in S. Cecilia in Tra-stevere, b. 4058, fasc. 14, incartamenti con le perizie di Clemente Orlandi (già in Arm. B, parte2, tomo 16) e di Antonio Felice Facci (già mazzo AA, lett. E, n. 7, in Arm. B, parte 2, t. 16); siveda anche la «Nota delle tenute che si devono tassare per il risarcimento del ponte dellaMagliana colla tangente delle rispettive somme (...)» redatta dal perito agrimensore GirolamoPiagese (già mazzo AA, lett. E, n. 8, in Arm. B, parte 2, t. 16).

21 AS ROMA, Corporazioni religiose femminili. Benedettine cassinesi in S. Cecilia in Tra-stevere, b. 4058, fasc. 14, incartamento «Notizie circa alla Tenuta della Magliana» (già tomo 16,

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riteniamo che le copie redatte da Tobia Sani provengano da quell’archi-vio, come ente diretto interessato e maggiormente coinvolto, in quantola questione riguardava in realtà diverse tenute attraversate dalla strada;inoltre, se così fosse, nella documentazione conservata si dovrebbe tro-vare cenno alle piante e ad eventuali perizie di Sani (come anche a quel-la di Giuseppe Valadier), come se ne trovano numerose altre precedenti,ed invece nulla di tutto ciò. Ampliando il discorso all’insieme delle seipiante, pertanto, è ragionevole pensare che la loro collocazione origina-ria non sia da cercare negli archivi dei singoli proprietari, quanto piut-tosto in quello della Presidenza delle strade, dove erano conservate lepiante originali del Catasto alessandrino e che nei decenni precedentiera già intervenuta in merito alla vertenza22, e che da questo siano stateprelevate al momento della costituzione della Collezione I di disegni emappe, separandole tra loro sulla base di un criterio alfabetico-topogra-fico che non ne ha rispettato l’originaria unitarietà23.

3. Le piante di incerta attribuzione cronologica

Tra le piante prese in considerazione, ve ne sono due per le quali laprecedente redazione dell’inventario 109 forniva una datazione seicente-sca: si tratta delle piante delle tenute di Isola Farnese e di Torre in Pietra,attribuite rispettivamente al 1660 e 1620, secondo quanto indicato nei

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Arm. B, n. 1) con elenco di documenti sulla camicia: notizie sulla tenuta, pianta, mappa(entrambe assenti nell’incartamento stesso). Anche in altri fascicoli ci sono riferimenti a piantedella tenuta della Magliana.

22 Per esempio, negli Atti sciolti delle vie nazionali. Agro Romano e Comarca, bb. 280-320(1818-1833). Analoga provenienza si potrebbe ipotizzare anche per tutte le altre piante menzio-nate alla nota 18. Le piante in questione non dovrebbero invece appartenere all’archivio dellaPrefettura generale acque e strade (che dal 1833 assorbe le competenze della soppressa Presi-denza delle strade), bb. 82-84, relative alle strade della Comarca di Roma (1834-1840), nelle qualisi trova esclusivamente documentazione inerente alla manutenzione ordinaria della strada ‘con-sorziale’ della Magliana. In particolare, uno «Schiarimento sui riparti del consorzio della via dellaMagliana» del 1839 (nella b. 84, fasc. 272) dimostra che i proprietari dei terreni attraversati dallastrada, tra cui il monastero di S. Cecilia e gli altri proprietari delle tenute circostanti, ai fini dellaripartizione dei rispettivi contributi erano riuniti - per l’appunto - in un consorzio.

23 Nel vecchio inventario 109 le piante delle tenute sono state disposte separatamente,secondo l’ordine alfabetico; quella delle strade invece è stata riunita con altre due piante dianalogo soggetto (si vedano le osservazioni fatte nella nota 18) nell’attuale unità 90/656: forseanche quest’ultime provengono dall’archivio della Presidenza delle strade, ma non ci sono daticerti per affermarlo. Quel che appare certo, invece, è che all’atto dell’inserimento nella Colle-zione I, su ciascuna di esse è stata aggiunta a matita l’indicazione «Tav. 1», «Tav. 2», «Tav. 3»inducendo a ritenerle come facenti parte di un unico corpus.

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rispettivi cartigli. Vi sono tuttavia forti dubbi che si tratti realmente di ori-ginali seicenteschi, in quanto è ipotizzabile che entrambe siano invececopie non datate, e non facilmente databili, ma presumibilmente ottocen-tesche. Per tale motivo esse vengono descritte a parte rispetto a quelle disicura datazione seicentesca.

3.1. AS ROMA, CDM, I, 93/762: «Pianta del Territorio dell’Isola dellaReverenda Camera Apostolica posta fuori di Porta del Popolo (...) data inBracciano questo dì 23 dicembre 1660» (tav. 1). Si tratta di una parte delterritorio del castrum Insulae, che nel 1567 era stato venduto da PaoloGiordano Orsini ad Alessandro Farnese (da cui l’appellativo ‘familiare’),e che nel 1649 - al pari di tutto lo Stato di Castro di cui Isola faceva parte- era passato sotto la giurisdizione diretta della Camera apostolica24.

La pianta è disegnata a china e acquerello, con il titolo posto in altoa sinistra scritto da mano ottocentesca diversa da quella della legenda(«Pianta del Territorio dell’Isola della Reverenda Camera Apostolica»); inbasso a sinistra si trova la seguente annotazione:

«Produzione dell’originale della presente pianta avanti Monsignor Presi-dente ed i Maestri delle Strade per gl’atti dell’Orsini Notaro delle Strade.Reverendissimo Presidente et Magistris. Pro Reverenda Camera Apostoli-ca. Contra Quoscumque. Die 8 Ianuarii 1661. Ursinus».

La legenda vera e propria è inquadrata da una doppia cornice e sitrova in basso a destra; in essa sono elencati i diversi ‘quarti’ componentila tenuta, la “Macchia”, il “Monte Campanile” e il “Prato la Corte”, tutticon le rispettive superfici; la legenda è conclusa dalla data e dal nomedell’agrimensore Battista Cocciante.

Ad un attento confronto, la pianta si presenta come una copia abba-stanza fedele dell’originale del Catasto alessandrino, redatto in Braccianoil 23 dicembre 1660 (433/13): la legenda è del tutto analoga, gli elementitopografici sono tutti riportati, seppure con coloritura diversa, mentre lascrittura è decisamente più corsiva nel caso delle scritte interne e per inomi delle proprietà confinanti. Nell’originale, la firma - questa voltaautografa - è quella di Battista Cocciante, mentre sul verso, nell’angolo inalto a sinistra, non facilmente leggibile perché sbiadita, vi è la seguenteannotazione a matita: «Popolo verso Viterbio - Isola/Viar(um) Presid.Mag.ris/Pro/Ra Cam.ra Ap.lica/con./quoscum(que)/Die 8 januarii 1661»,

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24 SILVESTRELLI, II, p. 544; TOMASSETTI, III, p. 136; FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO.

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ossia la data di esibizione negli atti del notaio delle Strade, riportata - sep-pure non fedelmente - anche nella copia.

Il confronto ha anche evidenziato che, mentre nell’originale alessan-drino il “Quarto di Vignali” e le “Terre della Comunità” (sulla sinistra dellapianta), per quanto delineati e con le diciture riportate all’interno dellerispettive aree, non sono colorati e non sono descritti nella legenda25,nella copia della Collezione I di disegni e mappe, invece, sono entrambicolorati in verde chiaro (inducendo erroneamente a ritenerli parte del ter-ritorio della tenuta spettante alla Camera apostolica), ma anche in questocaso non sono descritti nella legenda. Chi ha redatto la copia, pertanto,non ha còlto questa particolarità grafica, oppure ha volutamente coloratoanche i due terreni suddetti.

Ciò premesso, non è tuttavia possibile stabilire con certezza - in man-canza di qualsiasi indicazione in merito - a quando risalga la copia: perla grafia della legenda, di aspetto decisamente più ‘moderno’ rispettoall’originale, ed altre caratteristiche grafiche e stilistiche del disegno26, sipotrebbe ipotizzarne una datazione ottocentesca, verosimilmente intornoai primi decenni del secolo.

Per questo stesso motivo non è agevole identificare la sede originariadi conservazione, sebbene si possa avanzare l’ipotesi trattarsi di qualchearchivio camerale, in particolare uno dei fondi dove si conserva docu-mentazione relativa all’amministrazione dei beni della Camera apostoli-ca27. Al momento dell’estrapolazione della pianta per inserirla nella Col-

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25 Nella pianta è infatti raffigurata solo la proprietà della Camera apostolica, non i terrenispettanti alla Comunità di Isola Farnese, sebbene anche questa fosse soggetta alla medesimaCamera; si veda anche SCOTONI, tav. XIII, nella quale con la lettera ‘B’ sono indicate queste stes-se terre della ‘Comunità dell’Isola’. Riferimenti a una pianta dei terreni della Comunità sono inAS ROMA, Congregazione del Buon Governo, s. II, b. 2051, 17 maggio 1692. Nella mappa delCatasto gregoriano (AS ROMA, Presidenza generale del censo. Catasto gregoriano, Agro Romano,mappa n.134) il territorio di Isola Farnese comprende la tenuta della Camera apostolica, i dueterreni in oggetto e - più a sud - anche il “Quarto di Pian Solaro” della chiesa di «San Sebastianodi Roma» (part. 359), che nella pianta del Catasto alessandrino e nella copia è invece indicatoa confine del “Quarto di Vignale” e spettante alla “cappella” di S. Sebastiano.

26 Segnaliamo in particolare che la “Tenuta delle Dui Torre” indicata nella pianta delCatasto alessandrino a confine con quella della Camera apostolica (si tratta di una tenuta nelterritorio di Formello, non nell’Agro Romano), figura nella copia come “Tenuta delle DueTorri”: si è cioè attualizzato e normalizzato il toponimo, possibile prova a favore del fatto chesi tratta di copia ottocentesca. Il casale (ossia l’edificio) “Due Torri” esiste ancora oggi, 1 km anord-est del Ponte Sodo.

27 Tentativi di ricerca sono stati effettuati nelle ben note e artificiose ‘miscellanee came-rali’ (cfr. LODOLINI E. 1976, pp. 317-319), senza alcun risultato: Camerale II. Agro Romano, bb.8-9 (Isola Farnese); Camerale II. Beni camerali, b. 46, fasc. 555-558 (relativi ad Isola Farnese);

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lezione I di disegni e mappe, peraltro, potrebbe essere stata compilata lanota ottocentesca apposta in alto a sinistra.

3.2. AS ROMA, CDM, I, 94/836: «Pianta [e] misura di tutte le Tenute deiCasali di Torre Impreda dell’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor PrincipePeretti. Fatta da me Francesco Peperelli (...) sotto li 15 maggio 1620» (tav. 2).

La pianta, realizzata a penna ed acquerello su due fogli di carta unitia formare un grosso rotolo, vivacemente colorata, raffigura l’esteso lati-fondo di Torre in Pietra che - con una superficie totale di 1917 rubbia -costituisce il risultato finale del processo di accorpamento fondiario dialmeno otto tenute - i cui confini sono delineati con estrema precisione- portato a conclusione tra la fine del ‘500 ed i primi decenni del ‘600dalla famiglia Peretti28.

Corsi d’acqua (privi di denominazione), strade, elementi del paesag-gio vegetale e strutture edilizie sono disegnati con tecnica realistica e invisione prospettica. I manufatti - in particolare - sono costituiti dagli edificidei casali, isolati o agglomerati, chiese, torrette, ruderi, delineati con estre-mo dettaglio figurativo e tutti contraddistinti dalle proprie denominazionispecifiche (“Chiesa della Libbrignana detta S. Maria Madalena”, “Casettanuova della Libbrignana di sotto”, “Castel Lombardo” etc.) o generiche(“Casetta”, “Torretta”, “Muracci”, “Fontanile” etc.); i fontanili sono rappre-sentati con la consueta forma rettangolare, colorati di azzurro e con lerispettive denominazioni a fianco. Il confine della tenuta, sia esso costitui-to da corsi d’acqua, da strade (come per esempio la “Strada Romana”,ossia la via Aurelia), oppure semplicemente scandito da cippi raccordati

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Camerale III (Comuni), bb. 1232-1233; tutti comprendono documentazione varia sei-sette-otto-centesca (sino al 1838) sull’amministrazione di Isola Farnese da parte della Camera apostolica,registri di entrate-uscite, istrumenti notarili, affitti, inventari, conti per lavori eseguiti, fascicolidi cause e vertenze, memorie varie etc.

28 Si tratta delle tenute di Castel Lombardo, Castiglione delle Monache (che secondoquanto lascia intendere la legenda costituisce l’ultimo acquisto in ordine di tempo), Leprignana(con le suddivisioni interne “di sopra”/”di sotto”), Prataccio, Sant’Angelo, San Biagio, Torre inPietra già della famiglia Cenci (costituita da due unità fondiarie separate) e Torre in Pietra giàdella famiglia Massimo. Per le complesse vicende che hanno portato alla formazione del vastolatifondo di Torre in Pietra si vedano: RATTI, II, p. 352; VENDITTELLI 1989; MORI-FRANCESCHINI-VEN-DITTELLI (in cui è ripubblicato, con parziali modifiche, il saggio sopra citato di Marco Vendittel-li), pp. 53-54 per l’acquisto, da parte di Camilla Peretti, dei casali della Leprignana (1587) eTorre in Pietra dei Massimo (1590); RUGGERI 2002, pp. 98, 112, 115, 125 e fig. 20, nella qualesono stati ridisegnati i confini dei diversi casali che costituiscono la tenuta di Torre in Pietra(si osservi che il casale di Palidoro dei Muti corrisponde a quelli di Sant’Angelo e Pratacciodella pianta in esame). Cenno alla pianta in PASSIGLI 2009, p. 12, nota 24.

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da tratti rettilinei, è marcato sul lato esterno da una coloritura gialla sfu-mata; mentre solo linee a penna, in alcuni casi con cippi, indicano i con-fini interni fra le tenute, i nomi delle quali sono trascritti all’interno di cia-scuna di esse. All’esterno, infine, sono riportati i nomi dei proprietari delletenute confinanti. Sul bordo sinistro della pianta si trova la legenda (rac-chiusa entro una semplice cornice rettangolare), nella quale sono detta-gliatamente descritte tutte le tenute, con le rispettive superfici e caratteri-stiche colturali (macchie, vigne, prati, terreni lavorativi, pantani); sul verso,con scrittura più recente, è annotato «Torrimpietra. Pianta antica». Occorreperò precisare subito che, nonostante quanto indicato nella legenda, Fran-cesco Peperelli non è l’autore di questa pianta, in quanto - come si vedràmeglio più avanti - essa si è rivelata essere in realtà una copia.

Anche la pianta della tenuta di Torre in Pietra consegnata per il Catastoalessandrino (428/28) reca il nome di Francesco Peperelli e la data del 25maggio 1620. Esibita alla Presidenza delle strade il 15 aprile 1660 (comeannotato sul retro), essa contiene il disegno delle «Tenute delli casali di Tor-rimpreda di proprietà dell’Illustrissimo et Eccellentissimo Principe Peretti(...)» con la raffigurazione degli insediamenti abitativi, dei casali, delle torri,del procoio, dei fontanili, della selva, e con i nomi di tutte le tenute com-ponenti il vasto latifondo, con i rispettivi confini, alcuni dei quali scanditida cippi, e di quelle confinanti. La legenda, posta in alto a sinistra, è iden-tica per contenuti a quella della pianta della Collezione I di disegni e mappe,ma, a differenza di questa, è inquadrata entro un sontuoso drappeggio.

Il confronto tra le due piante - quella della Collezione I di disegni emappe (che chiameremo A), e quella del Catasto alessandrino (che chia-meremo B) - al fine di stabilirne i reciproci rapporti e gli eventuali lega-mi, costituisce un interessante esempio di percorso storico-archivisticoche vale la pena di ripercorrere, sia pure in sintesi, per ricostruire lecomuni origini di entrambe.

Come impostazione generale, orientamento, disegno dei confini ester-ni ed interni, posizione e numero dei cippi, ubicazione e raffigurazionedei singoli elementi del paesaggio naturale e dei manufatti, le due piantesono molto somiglianti, tanto da poterle considerare strettamente ‘impa-rentate’. La differenza più significativa consiste però negli aggiornamentirelativi al proprietario presenti in B, tutti di prima mano: all’interno delletenute di Castel Lombardo, Leprignana di sopra/di sotto, Prataccio, San-t’Angelo, San Biagio e Torre in Pietra già della famiglia Massimo è infattiscritto, accanto alla denominazione di ciascuna di esse: “del Falconieri”;mentre nei due corpi fondiari già spettanti ai Cenci e nella tenuta di Casti-glione delle Monache è scritto: “hoggi del Falconieri”. Tutto ciò trova spie-

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gazione nel fatto che il 22 dicembre 1639 Francesco Peretti, figlio diMichele Peretti principe di Venafro, aveva venduto la tenuta di Torre inPietra ad Orazio Falconieri29: di qui la necessità degli aggiornamenti, perevitare possibili contraddizioni con quanto riportato nella legenda dellapianta consegnata all’ufficio delle Strade, nella quale invece si legge: «diproprietà dell’Illustrissimo et Eccellentissimo Principe Peretti».

Nonostante quanto ritenuto in precedenza, tuttavia, la pianta delCatasto alessandrino non può essere l’originale dell’architetto Peperelliaggiornato con l’indicazione dei nuovi proprietari Falconieri direttamentesulla pianta stessa, lasciando inalterata la legenda originaria30; ciò lo sipuò affermare con certezza sulla base di due considerazioni.

In primo luogo, perché sono indicati quali proprietari delle confinan-ti tenute di Testa di Lepre di sopra e Testa di Lepre di sotto i Pamphili,che avevano acquistato le due tenute, riunificandole, rispettivamente nel1649 e 164831. Se si trattasse veramente della pianta originale, si sarebberoinvece dovute trovare le indicazioni dei Cenci (oppure dei Borghese) perTesta di Lepre di sopra, e dei Rucellai per Testa di Lepre di sotto32.

In secondo luogo bisogna considerare gli aggiornamenti, cui si è fattocenno supra, relativi alle tenute di Torre in Pietra dei Cenci e di Castiglio-ne delle Monache, che furono gli ultimi acquisti - in ordine di tempo - daparte dei Peretti, non molto tempo prima della redazione della pianta ori-ginale di Francesco Peperelli33. In questa, infatti, abbiamo motivo di rite-nere che per entrambe le tenute (e solo per queste due) dovesse essereannotato, rispettivamente: “Tenute ch’erano de’ S.ri Cenci hoggi di S. E.” e“Tenuta di Castiglione delle Monache hoggi di S. E.”34, mentre nella pianta

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29 AS ROMA, Notai del Tribunale dell’AC, uff. 3, notaio Dominicus Fonthia, vol. 3168, cc.1014r-1019v e 1048r-1052r; MORI-FRANCESCHINI-VENDITTELLI, pp. 63, 65.

30 MORI-FRANCESCHINI-VENDITTELLI, p. 16, nota 14.31 CAPALBO, p. 555.32 Testa di Lepre di sopra fu venduta dai Cenci al cardinal Scipione Borghese il 9 settem-

bre 1620 (RUGGERI 2002, p. 116, con i riferimenti archivistici), proprio l’anno della redazionedell’originale di Peperelli; Testa di Lepre di sotto fu venduta il 22 agosto 1587 dagli Anguillaraad Orazio Rucellai (TOMASSETTI, II, p. 607, nota c), che la possedeva ancora nel 1603 (COSTE1969, pp. 97-98, n. 500). Si vedrà infra che sono proprio i Cenci ed i Rucellai i nomi che com-paiono nell’esemplare A della pianta (tav. 2, angolo a destra in basso).

33 I due terreni che costituivano la tenuta di Torre in Pietra dei Cenci erano stati acquistatida Michele Peretti il 24 dicembre 1615 (MORI-FRANCESCHINI-VENDITTELLI, p. 56; RUGGERI 2002, p.115); per quanto riguarda la tenuta di Castiglione, si veda la nota 28.

34 Lo si desume dalle diciture presenti nell’esemplare A che, come avremo modo di vede-re più avanti, per alcuni aspetti è una copia non aggiornata della pianta originale di FrancescoPeperelli. Precisiamo che per le altre tenute che costituivano il latifondo di Torre in Pietradoveva esserne scritto solo il nome, senza altre specificazioni.

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del Catasto alessandrino al posto di “(...) hoggi di S. E.” figura “(...) hoggidel Falconieri”. Ora, il titolo onorifico ‘S. E.’ è quello che - in riferimentoa Michele Peretti - Francesco Peperelli utilizza anche nella pianta del ter-ritorio di Mentana da lui redatta intorno al 161835. È allora evidente che seB fosse veramente l’originale - pur ammettendo la possibilità che accantoai nomi delle altre tenute sia stato semplicemente aggiunto “del Falconie-ri” - per Torre in Pietra Cenci e Castiglione delle Monache bisogna inveceipotizzare che l’indicazione “di S. E.” sia stata erasa e sostituita con “delFalconieri”. Poiché nella pianta del Catasto alessandrino non vi è tracciadi quest’operazione, la conclusione è che essa non è l’originale di Fran-cesco Peperelli del 1620 ma una copia redatta per la consegna alla Presi-denza delle strade, e dunque che il nome dell’architetto che comparenella legenda non è la sua firma autografa36.

Se passiamo ora ad un confronto analitico tra le due piante, si osser-va che sebbene - come anticipato - nelle loro linee generali esse sianomolto somiglianti, vi sono però anche alcune significative differenze. InA, i numerosi manufatti, gli edifici ed i particolari figurativi del paesaggiovegetale (selve e boschetti) appaiono raffigurati con un disegno moltocurato, ricchi di dettagli e colorati, mentre in B sono meno elaborati, noncolorati e - nel complesso - più schematici e in qualche caso sommaria-mente delineati. Inoltre, mentre in A tutti i manufatti sono contraddistinticon le proprie denominazioni specifiche o generiche (si veda sopra alladescrizione della pianta) e figurino anche le indicazioni di alcune desti-nazioni di uso del suolo (“prato”, “vigne”), tali diciture sono generalmen-te assenti in B, o molto più essenziali (per esempio: “Procoio” in luogodi “Procoio della Libbrignana di sopra”)37. Per quanto riguarda invece lelegende, a parte le cornici che le delimitano, esse sono sostanzialmente

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35 PASSIGLI 1989; si veda, come esempio specifico, p. 132 (“Vigna di S. E.” indicata sullapianta). I Peretti avevano acquistato il feudo di Mentana dagli Orsini nel 1594.

36 A ciò si aggiunga il fatto che sembra molto improbabile che la famiglia Falconieri siprivasse dell’originale; la pratica di far redigere copie da consegnare all’Ufficio delle strade(mentre gli originali rimanevano negli archivi dei proprietari) è ampiamente attestata nel cor-pus alessandrino: si veda in proposito PASSIGLI 2009, pp. 7-13.

37 Di fatto, a parte le denominazioni delle tenute, nella pianta del Catasto alessandrinole scritte si riducono sostanzialmente a quelle relative agli insediamenti (Castel Lombardo,Castiglione, Torre in Pietra) e alla chiesa rurale di S. Angelo (in A sono indicate anche quelledi S. Biagio e S. Maria Maddalena nella Leprignana). Viceversa, i corsi d’acqua in A hanno unandamento meno dettagliato e - stranamente - tutti sono privi di denominazione, presenteinvece in B per i due che delimitano verso est (in basso, nella pianta) la tenuta (“Arrone fiume”e “Rio Maggiore”). Altra differenza di lieve entità, il fatto che sempre in A manchino i cippi diconfine tra le tenute della Leprignana di sopra e Torre in Pietra dei Cenci.

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analoghe, se si eccettua qualche piccola variante di scrittura38 e qualchelieve divergenza nell’estensione di alcune tenute. Forse, la differenza piùnotevole è la diversa ‘impaginazione’ della parte relativa alle estensionidelle singole tenute, indicate con le consuete modalità seicentesche in B(le cifre relative alle rubbia, alle ‘quarte’ e agli ‘scorzi’39 separate da unpunto), incolonnate invece per finche sotto le voci ‘rubbia’ e ‘scorzi’ inA, con un’impostazione più regolare e indubbiamente anche di aspettopiù moderno. Non è tuttavia, questa, l’unica caratteristica che potremmodefinire ‘moderna’ presente in A: lo stile del disegno40, il tipo di inchio-stro, i caratteri delle scritte (i numeri, in particolare), lo stesso supportocartaceo, infatti, suggeriscono una datazione più recente di questa piantarispetto a quella del Catasto alessandrino.

Per contro, nell’esemplare A si rilevano alcuni ‘arcaismi’ linguistici, secosì possono essere definiti, in particolare nei nomi di alcune tenute, cosìcome riportati sia nella legenda, sia nelle scritte presenti nella pianta: leforme “Libbrignana” e “Torre Impreda/Torreimpreda” hanno entrambe‘sapore’ cinquecentesco41, diversamente da “Leprignana” e “Torre in Pie-tra/Torrinpietra” che figurano in B, ma solo nella pianta (non nella legen-da)42. Analogamente, la dicitura ‘S. E.’ nelle tenute di Torre in Pietra deiCenci e di Castiglione delle Monache, posto che il riferimento - come giàosservato - è al principe Michele Peretti, rimanda all’assetto della proprietàanteriore al 1639, quando la tenuta spettava ancora ai Peretti; mentre l’in-dicazione dei Cenci e dei Rucellai quali proprietari di Testa di Lepre disopra/di sotto rimanda almeno a prima del settembre 1620 (cfr. nota 32).

La pianta della Collezione I di disegni e mappe, dunque, ha un aspet-to nel complesso più moderno e mostra alcune caratteristiche che indu-

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38 Per esempio: Torre Impreda/Torrimpreda oppure catene/catena, rispettivamente in Ae in B. La differente datazione (15 maggio 1620 nella prima, 25 maggio 1620 nella seconda) èfacilmente spiegabile come probabile errore di copiatura nell’una o nell’altra delle due piante.

39 Un rubbio, corrispondente a 1,8484 ettari, si suddivideva in quattro quarte, e ciascunadi queste in quattro scorzi.

40 Segnaliamo, tra le altre cose, il confine della tenuta evidenziato con un bordino gialloleggermente sfumato verso l’esterno, una caratteristica che si rileva, per esempio, in piantesette-ottocentesche, totalmente assente - invece - nella pianta del Catasto alessandrino (e, piùin generale, nella cartografia seicentesca).

41 “Liprignana” a fine ‘500 (COSTE 1971, p. 93, nn. 87-88); “Torrimpreda” nel 1566 (ibid.,p. 81, n. 257), “Torre in Preda” alla fine del ‘500 ed inizi del ‘600 (ibid., p. 94, n. 95; COSTE1969, p. 96, n. 477).

42 A dimostrazione del fatto che quanto affermato non è sempre vero, ricordiamo - peresempio - che mentre in A figura la forma regolare, e più moderna, “S. Biagio” (tenuta, chiesa,prato), sia nella pianta che nella legenda, in B figura solo nella pianta ma non nella legenda,che riporta invece “S. Biasio”.

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cono a ritenerla un prodotto cartografico sicuramente non seicentescoma, al contempo, presenta alcuni arcaismi linguistici, ignorando il piùdelle volte gli aggiornamenti presenti, invece, in quella del Catasto ales-sandrino. Per tutti questi motivi, si può escludere non solo che essapossa essere l’originale di Francesco Peperelli43, ma anche che possa deri-vare da quella del Catasto alessandrino44.

La conclusione, pertanto, è che tra le due piante non esiste alcunlegame, e che entrambe discendono dall’originale del 1620, come indi-rettamente suggerito dalle rispettive legende45, in modo indipendente edin tempi diversi, e per la precisione: nel 1660 quella redatta per la con-segna alla Presidenza delle strade (B), di fattura più veloce, meno elabo-rata, priva della maggior parte delle denominazioni di edifici ed altrimanufatti ma - considerato il motivo per cui fu realizzata - con gli aggior-namenti relativi ai nuovi proprietari della tenuta e, dove cambiati, di alcu-ni confinanti; in un momento non precisabile quella conservata nella Col-lezione I di disegni e mappe (A), più accurata nella sua redazione, connumerosi dettagli paesaggistici assenti nella pianta del 1660, sicuramenteposteriore a questa - forse addirittura della fine del ‘700 o inizi dell’800,in quanto di aspetto più recente - ma senz’altro più fedele all’originale,da cui sicuramente discende, in quanto priva degli aggiornamenti46. Ci sipotrebbe domandare se le scritte relative agli edifici e agli insediamentie il disegno molto più curato di questi - che fanno di questa pianta unatestimonianza cartografica ben più ricca di informazioni rispetto a quelladel 1660 - fossero presenti anche nell’originale del 1620 e fossero poistati ignorati, per celerità, all’atto dell’esecuzione della copia per il Cata-

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43 Ciò lo si afferma anche sulla base di un confronto con la pianta del territorio di Men-tana da lui realizzata intorno al 1618, che dimostra chiaramente che la pianta in esame nonpuò essere di sua mano.

44 Se così fosse, in A dovrebbero comparire la dicitura “... hoggi del Falconieri” (invecedi “... hoggi di S. E.”) ed i Pamphili quali proprietari di Testa di Lepre (anziché i Cenci ed iRucellai); inoltre - in questa eventualità - sarebbe piuttosto singolare che la copia fosse piùdettagliata e ricca di particolari del presunto originale da cui deriva.

45 In nessuna delle due è infatti esplicitamente indicato che si tratta di copie.46 Le denominazioni cinquecentesche di alcune tenute sopra riferite, farebbero pensare che

esse fossero effettivamente presenti nell’originale, e come tali riportate nella copia, mentre nellapianta del 1660 figurano solo nella legenda (con qualche variante, come per esempio “Lebrignia-na” invece di “Libbrignana”) in quanto ricopiata dall’originale, ma non nella pianta, nella quale- come già osservato - figurano le diciture ‘modernizzate’ e le aggiunte relative al possesso daparte dei Falconieri. Analogamente, anche i non aggiornamenti di alcuni confinanti e i riferimentiindiretti a Michele Peretti sono prove che la pianta discende dall’originale. Si rilevano, comun-que, anche alcuni probabili errori di trascrizione, quale - per esempio - “Correcchie di SS. Martiri”in luogo di “Cortecchio de’ SS. Mattei”, come giustamente riportato nella pianta del 1660.

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sto alessandrino, oppure se si tratti di innovazioni aggiunte al momentodella redazione di A. Ma se si ammette la possibilità che A sia una copianon aggiornata dell’originale del 1620, ciò deve valere per tutti i suoi det-tagli. In caso contrario, bisognerebbe supporre che essa non sia aggior-nata per quanto riguarda i proprietari, ma lo sia - invece - per i particolaripaesaggistici, dell’edificato e relative denominazioni47.

Ciò detto, per concludere l’analisi di questi prodotti cartografici (l’ori-ginale del 1620, la copia per il Catasto alessandrino del 1660, l’esemplareconservato nella Collezione I di disegni e mappe), resta da affrontare ildiscorso relativo alle rispettive provenienze. Non ci si sofferma sullacopia del 1660, in quanto è evidente che è stata redatta per il Catastoalessandrino ed in quanto tale è oggi conservata nell’archivio della Pre-sidenza delle strade (428/28).

La pianta originale della tenuta di Torre in Pietra, non pervenutaci,come più volte detto, è stata realizzata dall’architetto e agrimensore Fran-cesco Peperelli, nei primi decenni del ‘600 al servizio del principe Miche-le Peretti, per il quale intorno al 1618 aveva redatto anche la pianta delterritorio di Mentana. Tra il 1615 ed il 1620 egli eseguì consistenti lavoridi ristrutturazione al casale di Torre in Pietra (il medievale castrum Casti-glionis), trasformandolo in residenza di caccia, con numerosi interventi emiglioramenti48. È molto probabile che la redazione della pianta vogliarappresentare, nelle intenzioni del committente, il momento conclusivoe il documento di sintesi, se così si può dire, dei lavori appena ultimatie dell’accorpamento fondiario portato a compimento proprio in queglistessi anni dalla famiglia Peretti e illustrate nella pianta, sulla cui esecu-zione tuttavia non si sono reperite notizie significative49, anche se è vero-

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47 A complicare questo già non semplice quadro c’è pure il caso inverso, quello cioè diindicazioni assenti nella pianta in esame, presenti invece in quella del Catasto alessandrino.In questa, ad esempio, tra i confinanti sono indicati “Maccarese de’ SS. Mattei”, “Hosteriacciadi S. Spirito” (un edificio) e “Li Mandrioni di S. Spirito”, diciture che non compaiono (eccettol’edificio, ma senza la scritta) nella prima. Le possibilità sono in effetti due: o tali indicazionierano realmente assenti nell’originale e sono state aggiunte nella copia del 1660, ma non nel-l’altra (che in ciò risulterebbe più fedele); oppure erano presenti nell’originale, sono stateriportate nella copia del 1660 ma non - per motivi ben difficili anche solo da ipotizzare - inquella conservata nella Collezione I di disegni e mappe.

48 MORI-FRANCESCHINI-VENDITTELLI, pp. 55-58, 61. Per alcune notizie biografiche sull’archiet-to Francesco Peperelli e sulla sua attività: ibid., pp. 61-62 e PASSIGLI 1989, pp. 5-7.

49 Forse, all’interno di un «mazzo di conti di spesa (…) con alcuni conti di artisti, misuredi erbe del casale di Torre Impietra dal 1619 al 1626» poteva esservi anche quello a favore delPeperelli per la realizzazione della pianta della tenuta (AS ROMA, Famiglia Giustiniani. Armariounico Peretti, b. 84 (inventari): «Inventario de’ libri mastri et altri libri attenenti all’heredità del-

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simile che essa dovesse essere conservata nell’archivio di famiglia.Quando nel 1639 la tenuta di Torre in Pietra passò ai Falconieri, con essa

pervenne, come era consuetudine, anche la pianta originale di Peperelli inqualità di munimen50, come si desume dal fatto che furono i Falconieri aconsegnare nel 1660 all’Ufficio delle strade la copia con gli aggiornamenti; ilche dimostra che l’originale era in loro possesso. Ed ancora oggi essa potreb-be trovarsi nell’archivio della famiglia Falconieri, a Carpegna (PU)51.

Per la pianta conservata nella Collezione I di disegni e mappe, che èl’oggetto specifico del presente studio, non si è invece in grado di stabi-lire con certezza né la datazione, né quale sia l’archivio di provenienza.

Certamente essa non può provenire da ciò che rimane dell’archivioPeretti: il suo aspetto ‘recente’ lo fa escludere automaticamente, conside-rato che la famiglia ha posseduto la tenuta sino al 1639, mentre la piantaè senz’altro posteriore, forse anche di oltre un secolo52. Analogamente,non può essere stata estrapolata dall’archivio Falconieri, che si trova aCarpegna, poiché la provenienza è da ricercare piuttosto in uno dei fondiarchivistici conservati presso l’Archivio di Stato di Roma. Presso l’Istitutoarchivistico romano, vi è in effetti documentazione relativa alla famigliaFalconieri, ma si tratta essenzialmente di summaria a stampa e carte

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l’Ill(ustrissi)mo Sig(nor) D(omino) Francesco Peretti cardinal Montalto e diverse scritture e contidi artisti (…). Il tutto consegnatomi dall’erede (…) 27 ottobre 1667 (Arm. Unico, Mazzo I, n. 30)».A scanso di equivoci precisiamo che nell’inventario citato c’è l’annotazione dell’esistenza di que-sto mazzo di conti, ma nelle attuali sette unità archivistiche relative alla famiglia Peretti presentinell’archivio della famiglia Giustiniani il mazzo in parola non c’è). Altra documentazione relativaalla famiglia Peretti, libri instrumentorum e memorie varie, si trova in AS ROMA, Famiglia SforzaCesarini (per il cui inventario si veda il ‘Rubricellone’, p. II, pp. 1148-1161 «Casa Peretti. Cosediverse dal 1576 al 1645») e in ASC, Archivio Cardelli, un’Appendice del quale conserva docu-mentazione, dalla fine del XVI secolo in poi, relativa a personaggi delle famiglie Peretti e Savelli.In nessuno di questi due si sono reperite notizie sulla realizzazione della pianta.

50 Per la vendita si veda la nota 29; la pianta non è menzionata nell’atto, mentre c’è unadescrizione accurata delle tenute comprese nel grande latifondo di Torre in Pietra, con i rispet-tivi atti di provenienza. Com’è ben noto, documenti e piante relativi ad un bene fondiario,erano strettamente legati ad esso, e ne seguivano le sorti cambiando archivio nel momentostesso che il bene cambiava proprietario.

51 Archivi di famiglie e di persone, II, p. 89, n. 1605. Nell’archivio Falconieri non c’è unavera e propria collezione di piante, ma ve ne sono diverse frammiste alla documentazione, trale quali anche di Torre in Pietra (comunicazione gentilmente fornita da Tommaso di CarpegnaFalconieri, che si ringrazia). Sarebbe necessaria un’indagine specifica per verificare se - tra diesse - vi sia anche quella di Francesco Peperelli, che non è stata rinvenuta da Elisabetta Morinel corso delle sue ricerche, cfr. MORI-FRANCESCHINI-VENDITTELLI, pp. 53-74.

52 Per i vari spezzoni dell’archivio Peretti si veda la nota 49. I due oggi conservati pressol’Archivio di Stato di Roma (negli archivi delle famiglie Giustiniani e Sforza Cesarini), peraltro,sono stati acquisiti posteriormente alla costituzione della Collezione I di disegni e mappe.

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varie relative soprattutto a cause giudiziarie della fine del ‘700 e primidue decenni dell’800, molte delle quali riguardanti Torre in Pietra, senzaperò alcun cenno all’esistenza di eventuali piante53.

I numerosi richiami - nella documentazione di cui sopra - ad unavertenza (1817-1818) tra Orazio Falconieri e Giuseppe Merolli, affittuariodella tenuta di Torre in Pietra dal 1816, hanno tuttavia suggerito di inda-gare anche nell’archivio di questa famiglia, che si è dimostrato esserequello di provenienza di almeno altre due piante oggi conservate nellaCollezione I di disegni e mappe (cfr. § 4.3), nonostante i Merolli non fos-sero i proprietari della tenuta e sebbene il periodo in cui la tennero inaffitto (prima metà dell’800) sia posteriore alla redazione della pianta54.Ma anche in questo caso non si è reperito alcun dato utile alla ricerca,anche se sono riferimenti certi all’esistenza di piante: nella consegnadella tenuta a Giuseppe Merolli nel 1817, ad esempio, in chiusura «sidichiara ... che alcune delle suddette misure sono state rilevate dallaPianta generale di detta tenuta dell’Ecc.ma Casa Falconieri le quali a suoluogo e tempo verranno da me sottoscritto verificate. Roma, luglio 1817»(manca la firma), dove la ‘Pianta generale’ potrebbe essere proprio l’ori-ginale di cui andiamo discutendo55. In una copia non datata, ma riferibileal 1816-1817, della «Descrizione dei fossi di Tor’ in Pietra» è contenutaanche una «Descrizione generale della tenuta di Torre in Pietra, suoiquarti, prati, macchie, spallette, vigna, canneto ed oliveto ed altro col-l’indicazione de’ confini e quantità secondo la Misura e Pianta fatta dallabo. mem. di Angelo Qualeatti Agrimensore (...)»56.

La famiglia Qualeatti vanta tra i suoi membri numerosi agrimensori sindalla metà del ‘60057. Nel XVIII secolo sono attestati Angelo Qualeatti (atti-

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53 AS ROMA, Miscellanea famiglie, bb. 74-78. Si tratta di una delle tante serie miscellaneedell’Archivio di Stato di Roma cominciata a formarsi verso la fine dell’800 con carte di prove-nienza varia (Guida generale degli Archivi di Stato Italiani, III, Roma 1986, pp. 1262-1263).

54 AS ROMA, Famiglia Merolli, bb. 5-7, contenenti carte e fascicoli relativi all’affitto diTorre in Pietra da parte dei Merolli, e alla vertenza Giorgi-Merolli, con documentazione ante-riore (1792-1843). La pianta avrebbe potuto essere conservata nell’archivio Merolli in quantoconsegnata loro in occasione del primo affitto della tenuta. Cenni al possesso della tenuta daparte della famiglia Merolli «per parecchi anni» in PISCITELLI, pp. 142-143.

55 AS ROMA, Famiglia Merolli, b. 5, fascicoletto denominato «Tenuta di Torrimpietra, annoprimo dell’affitto del sig. Giuseppe Merolli. Misure distinte della medesima».

56 AS ROMA, Famiglia Merolli, b. 5, fasc. 38, contenente carte relative alla ‘consegna’ del1816 e dunque la Descrizione dovrebbe essere di questo stesso anno.

57 Marco Antonio Qualeatti lavorò per il capitolo di S. Pietro tra il 1638 ed il 1643, ed in segui-to anche per altri enti religiosi e famiglie; fra il mese di febbraio e quello di maggio 1660 firmò bentrentaquattro originali e due copie di piante per il Catasto alessandrino (ma personalmente ne

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vo sino al 1749) e suo figlio Pietro Paolo (+ 1795), entrambi al servizio delcapitolo di S. Pietro; figlio di Pietro Paolo fu Angelo Qualeatti jr, che sosti-tuì il padre nel 1795 elevando anch’egli le piante di alcune tenute spettantial capitolo, per il quale lavorò sino alla sua morte (1830)58.

Poiché nella «Descrizione generale» sopra menzionata si fa riferimen-to ad Angelo Qualeatti come già defunto, è evidente che si tratta delprimo dei due; in tal caso, l’esemplare cui si allude non può essere poste-riore alla metà del XVIII secolo. Tuttavia ben difficilmente questo puòidentificarsi con la pianta conservata nella Collezione I di disegni e mappein quanto, presumibilmente, dovrebbe trovarsi nell’archivio Falconieri;inoltre esso è stato redatto da Angelo Qualeatti, come esplicitamentedichiarato, mentre della nostra pianta non si conosce l’autore.

In conclusione, dunque, nonostante le ricerche effettuate in ogni dire-zione, non è possibile conoscere la provenienza della pianta 94/836: dicerto possiamo solo affermare che, come in altri casi, la scritta “Torrimpie-tra. Pianta antica” sul retro potrebbe risalire al momento del suo inserimen-to nella Collezione I di disegni e mappe, e cioè alla fine del XIX secolo.

In chiusura di questa trattazione su Torre in Pietra, e per completez-za, ricordiamo che nella Collezione I di disegni e mappe esiste un’altrapianta della tenuta, risalente al marzo 172559. A scala più piccola dell’altraed ugualmente acquerellata, essa si presenta con un tratto nitido, regola-re e molto curato, con il disegno dettagliato degli edifici e dei manufatti,ciascuno contraddistinto con la propria denominazione, e con i prati e icanneti colorati in verde; sono anche indicati i “Muracci/Murazzi” nellestesse posizioni di quelli raffigurati nella pianta 94/836; come in questa -infine - all’interno di ciascuna tenuta vi sono le rispettive denominazioni,e per quella già spettante ai Cenci è scritto: “Tenuta de’ SS. Cenci ora de’SS. Falconieri”.

A fianco di queste caratteristiche - che senza dubbio mostrano unastretta attinenza con la pianta 94/836 della Collezione I - vi sono peròalcuni elementi innovativi nella raffigurazione del paesaggio, assentinell’altra, come per esempio: “L’ara Nuova”, il “Granaro bruciato”, il“Molino” poco a monte di Castel Lombardo, la “Calcara” sotto la “Torret-ta”, nel terreno già spettante alla famiglia Massimo (nell’altra pianta, alposto della calcara c’è un fontanile). Vi sono inoltre nuove denominazio-

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redasse solo cinque); nello stesso periodo sono attestati anche Asdrubale e Carlo Qualeatti (PASSIGLI2012, pp. 368, 370, 373, 374; a p. 378: elenco delle piante realizzate da ciascuno di loro).

58 GAUVAIN, Selezione di piante e mappe, p. 10.59 AS ROMA, CDM, I, 94/838.

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ni di terreni, come il “Quarto della Torretta”, con disegno di una torre(presente, senza scritta, nella pianta 94/836, assente invece nella piantadel Catasto alessandrino) o la “Polledrara” (descritta nella legenda manon indicata nella pianta n. 836)60. Il tutto a testimoniare trasformazionie nuove edificazioni all’interno della tenuta.

La legenda, all’interno di un elaborato cartiglio, sebbene in alcunediciture mostri alcune somiglianze con quelle delle altre due piante (peresempio: “Pianta e misura di tutte le terre de’ casali di Torrimpetra”;“Tenuta già Cenci”), nel complesso appare semplificata. I proprietaridelle tenute confinanti - infine - sono gli stessi di quelli indicati nellapianta 94/836, con i significativi aggiornamenti relativi alla tenuta di Testadi Lepre di sopra/di sotto61.

Tutto ciò considerato, riteniamo che anche questa pianta (di cui ana-logamente all’altra si ignora la provenienza) debba essere una copia -sebbene non fedele - dell’originale di Francesco Peperelli, come sugge-riscono i numerosi indizi sopra riferiti: essendo posteriore di oltre unsecolo, essa contiene gli aggiornamenti di alcuni proprietari di tenuteconfinanti (i Pamphili per Testa di Lepre) e presenta alcune novità (edi-fici, strutture, denominazione di alcuni terreni) rispetto all’originale62.

4. Le piante del Cinquecento

Prenderemo ora in considerazione, tra le piante selezionate pertinen-ti all’Agro Romano, le tre che risalgono al XVI secolo.

A Roma fu proprio a partire dalla metà del ‘500 che - dopo l’espe-rienza volpaiana, che in un certo senso rappresenta l’inizio di un nuovopercorso cartografico63 - si diffuse l’uso di redigere carte a grande scala

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60 Per l’apparire di nuove denominazioni interne alla tenuta nel corso del XVIII secolo,si veda l’elenco dei quarti riportati nel Catasto annonario del 1783 (NICOLAJ 1803, I, n 195, pp.94-96), alcuni dei quali sono riconducibili a nomi presenti nella pianta del 1725.

61 “Testa di Lepre de’ SS. Cenci ora de’ SS. Panfili”, “Testa di lepre che era de’ Rucellaiora de’ Panfili”.

62 La pianta in questione non può essere copia di quella del Catasto alessandrino, nellaquale non c’è il riferimento a Testa di Lepre dei Rucellai e dei Cenci, che poteva essere - sì -nell’originale di Peperelli, ma non in quella consegnata alla Presidenza delle strade in quantoaggiornata; e non può derivare neanche dalla 94/836 poiché questa è senz’altro più recente.

63 Per la pianta denominata il «Paese di Roma» di Eufrosino della Volpaia del 1547, primacarta di un certo dettaglio che raffigura il territorio dell’Agro Romano con le sue caratteristicheorografiche, idrografiche e vegetazionali, con il sistema viario e le numerose emergenze archi-tettoniche ed archeologiche, si rimanda a ASHBY; FRUTAZ 1972, I, pp. 20-22 con bibliografia, eII, tavv. 25-30; COSTE 1983, pp. 273-281.

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(piante) per raffigurare singoli terreni dell’Agro Romano, principalmentetenute spettanti agli enti ecclesiastici più importanti, in relazione allecapacità organizzative e al prestigio di ciascuno di essi, piante che nondi rado sono ancora oggi conservate nei rispettivi archivi64.

La pratica di disegnare piante dei beni fondiari è dunque ben atte-stata già un secolo prima della sistematica operazione costituita dallaredazione del Catasto alessandrino, che rappresenta il primo progettounitario di rilevazione cartografica della Campagna Romana. Lando Sco-toni ha stimato a oltre il 30% circa l’ammontare delle piante anteriori al1660 e copiate in quell’occasione65: alcune risalgono a pochi anni o aqualche decennio prima, e la loro attribuzione cronologica si desume, ilpiù delle volte (laddove non esplicitamente indicata), dal confronto coni dati sulla proprietà e sui confini riportati dal Libro dei Casali dei primianni del Seicento66, oppure da incongruenze cronologiche, qualora cioèriportino il nome di agrimensori che alla data del 1660 non erano più inattività. Altre sono decisamente più antiche, risalendo in qualche rarocaso alla metà del Cinquecento67.

Non esiste ancora un censimento analitico delle piante di tenute ante-riori al Catasto alessandrino, ma - come si è avuto modo di rilevare68 - sideve a Jean Coste un primo repertorio di esse: oltre a quella, già citata,della tenuta di Salone spettante al capitolo di S. Maria Maggiore (1558),l’elenco annovera piante conservate sia presso archivi di ospedali ed entireligiosi (ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum69, capi-

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri78

64 V. in proposito quanto osserva COSTE 1976, pp. 76-77, circa le piante di fondi ruralianteriori a quelle del Catasto alessandrino.

65 SCOTONI, pp. 206-216, con esempi dettagliati e accurate motivazioni delle deduzioni.66 Il Libro dei Casali, conservato presso l’archivio di S. Maria Maggiore e relativo all’insieme

delle tenute della Campagna Romana, è edito in COSTE 1969, cui si rinvia per maggiori dettagli.67 Le più antiche carte di casali consegnate nel 1660 risalgono in media alla seconda metà

del XVI secolo. Si tratta, tra le altre, delle piante 428/2 (Boccea e Bocceola, del 1555), 433A/15(Castelluccia, del 1570), 433A/56 (Carrocceto, del 1579), 432/22 (Petronella, del 1582). Al di làdel fatto che possa trattarsi di originali o, più verosimilmente, di copie (un dato non semprefacile da appurare), è comunque certo che esse attestano il fatto che si realizzassero piante ditenute già intorno alla metà del XVI secolo.

68 PASSIGLI 2009, pp. 9-10.69 Nell’archivio dell’ospedale esisteva un Libro dei casali di proprietà dell’ente, datato al

1599 e realizzato da Ascanio Antonietti, da cui sono state copiate due piante da BernardinoCalamo nel 1635 (AS ROMA, Ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, b. 390: Sta-tuario e Marmoria, Statuario, Arco Travertino), nella cui legenda è fatto espresso riferimento aglioriginali del Libro stesso. Tali piante, a loro volta, funsero da originale al momento di redigerela copia per il Catasto alessandrino (429/26) che univa in un unico elaborato cartografico, menocurato dell’originale (mancano per esempio i particolari degli edifici) i casali Sette Bassi (A),Marmoria, Arco Travertino e Buon Ricovero (B) e Statuario (C), ai quali è stata aggiunta la pedi-

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tolo di S. Pietro70, ospedale di S. Antonio71) sia, caso più raro, presso archi-vi di famiglie, come ad esempio quelli Borghese72 e Crescenzi73. Gli esem-pi riportati nelle note74 mettono in luce il frequente ricorso alla pratica car-tografica a grande scala già nella seconda metà del Cinquecento. Se pote-va permetterselo dal punto di vista economico, il proprietario disponevadi un agrimensore alle proprie dipendenze, al quale veniva commissiona-ta l’esecuzione delle piante dei beni fondiari, da custodire gelosamentenel proprio archivio. L’originale non costituiva solo un titolo di proprietàdal quale eventualmente trarre copie né, tanto meno, aveva scopi pura-mente estetici: esso costituiva una memoria ‘vivente’ dello stato della pro-

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 79

ca di Crelia, o Cleria (D), evidentemente un acquisto successivo al 1635 (la relativa legenda,infatti, in basso a sinistra, si deve a Francesco Calamo). Per queste osservazioni, si vedano lenote di Jean Coste, in Roma, Società Romana di Storia Patria, Archivio Coste, dossier 35, fasc. 2.

70 Fra le Mappe dei beni rustici di proprietà del capitolo di S. Pietro eseguite da agrimen-sori anteriormente al 1660, un esempio interessante è costituito dalla pianta della tenuta diPorto elevata da Orazio Torriani nel 1603. Ne esiste una copia del 1658 sottoscritta dallo stessoagrimensore all’età di ottantadue anni e un’ulteriore replica di questa copia su carta, eseguitarapidamente dall’architetto del capitolo, Benedetto Drei junior, e inserita nel Catasto alessan-drino (433bis/13; v. FRUTAZ 1972, I, p. 43 e II, XXIX, 22). La pianta originale, tra l’altro, era statacommissionata al padre di Orazio, Francesco, il quale dopo averne eseguito la misurazionelasciò al figlio il compito di confezionarla e di sottoscriverla. Per l’attività di Francesco ed Ora-zio Torriani e Benedetto Drei: PASSIGLI 2012, pp. 368, 373, 377, 379. Per le piante del capitolodi S. Pietro, v. il recente GAUVAIN, Selezione di piante e mappe.

71 ENKING, pp. 92-93, dove sono elencate diverse piante, soprattutto pertinenti alle pro-prietà situate nel territorio di Tivoli, datate fra il 1637 e il 1639-1646 (casale di Torre Mastorta,agrimensore Geronimo Rampano, 13 novembre 1639; Aguzzano, agrimensore Paolo Cordiale,21 marzo 1646). Le piante risultano eseguite, nella maggior parte dei casi, dallo stesso agri-mensore Geronimo Rampano, per ordine del vicario, e utilizzate a lungo, come attestano leannotazioni riguardanti affitti e vendite via via aggiunte dai procuratori dell’ospedale.

72 Anteriori al 1660 sono la pianta di Capocotta di Bernardino Calamo del 1622, conser-vata in ASV, Archivio Borghese, VI, 310, b. 177, e quella di Tor Forame del 1615 (ibid., b. 939,n. 14; cfr. COSTE 1976, p. 77).

73 La pianta del casale della Crescenza venne realizzata per conto di Paolo Crescenzi, il28 maggio 1656. L’agrimensore incaricato della redazione della mappa fu Marco Antonio Qua-leatti, come indicato nella legenda da lui sottoscritta e recante la stessa data dell’originale. Il20 marzo 1660 venne consegnata all’ufficio della Presidenza delle strade una copia anonima esenza data conforme all’originale (433/7), originale che anche in questo caso rimase presso lafamiglia, nel cui archivio si trova ancora oggi (BENTIVOGLIO, in particolare la tav. XIV, 1). Sullacopia non sono riportati lo stemma né la rosa dei venti, mentre i confini e le suddivisioni inter-ne sono fedeli e, viceversa, l’edificio del casale non è conforme. Anche in questo caso, quindi,la copia risulta più trascurata rispetto all’originale.

74 Non si possono non menzionare, in questa parziale panoramica, la pianta del casaleSelce, spettante al monastero dei SS. Domenico e Sisto, risalente al 1607 (Catasto alessandrino433bis/40) e quella del casale di Torrenova, redatta da Nicola Pettoralis tra il 1633 e il 1637(quando la tenuta spettava agli Aldobrandini), per la quale si vedano COSTE 1976, p. 77 e RUG-GERI 2002, p. 89, nota 264).

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prietà, una memoria da mantenere continuamente aggiornata con note eappunti i quali, se ne ingombravano disordinatamente gli spazi vuoti,dimostravano tuttavia di avere un rilevante valore giuridico.

4.1. Capo di Bove.AS ROMA, CDM, I, 92/724: «Pianta e misura del casale di Capo di

Bove»75 (12 novembre 1587; tav. 3).La pianta è realizzata a china e acquerello; in alto a sinistra vi è la

legenda, senza titolo, con indicazione della estensione dei terreni:

«Somma tutta la predetta pianta r(ubbi)a centovintidoi et quarta una dir(ubbi)o alla mesura di catena et uso di Roma, misurata per me Cesareo[Gatt]ola et propio il dì 12 de 9bre 1587. [Et]76 insegno del vero ho fatta lapresente di mia propria mano. Dico r. 122¼».

Sul verso, una mano settecentesca, la stessa - come si vedrà - allaquale è dovuto l’inventario delle cassette dell’archivio dell’ospedale delSantissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, ha annotato:

«Arm. II Mazzo III n. 25. Originale. Pianta e Misura del casale di Capo diBove in rubbia 122¼ fatta da Cesareo Gettola <sic, per Gattola> Agrimen-sore li 2 novembre 1537».

Un’ulteriore mano, verosimilmente ottocentesca, ha aggiunto a mati-ta, su un lembo ripiegato della carta, l’indicazione dell’Archivio del Sal-vatore e corretto la data 1537 in 1587.

La pianta raffigura la tenuta di Capo di Bove estesa sul lato destrodella via Appia, uscendo da Roma, all’epoca spettante pro indiviso allefamiglie Leni e Mutini77, che non va confusa con l’omonima proprietàsituata sull’opposto lato della strada, spettante invece alla famigliaCenci78. Vi è raffigurata la via Appia (“Strada d’Albano”) con una serie diedifici disposti lungo la strada. L’insediamento fortificato di Capo diBove, che sorgeva intorno al mausoleo di Cecilia Metella, è costituito da

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri80

75 Questa è la dicitura settecentesca che compare sul verso della pianta, priva di denomina-zione originale. Il vecchio inventario 109 riportava: «Capo di Bove, castello fortificato presso Ceci-lia Metella», in riferimento al fatto che nella pianta è ben visibile la tomba di Cecilia Metella.

76 Le parentesi quadre indicano le lacune causate da una macchia.77 COSTE 1971, p. 105, n. 222.78 Per la tenuta di Capo di Bove della famiglia Cenci si veda RUGGERI 2002, pp. 82-83 e

fig. 23.

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un circuito murario rettangolare, con bastioni a scarpa e merlatura, rap-presentata in planimetria zenitale, mentre la torre circolare, corrispon-dente al mausoleo stesso, anch’essa merlata, è raffigurata in proiezionelaterale79. Il circuito murario è posto a cavallo della strada che vi penetraall’interno tramite due archi designati “porta Romana” e “porta d’Albano”.È presente una caratterizzazione grafica sia per i prati e le vigne, sia perle ondulazioni del terreno, realizzate con tecnica ‘a mucchio di talpa’. Ilimiti sono riportati mediante l’indicazione dei proprietari confinanti, acominciare da sud: “Santa Maria Nova” (Statuario), “San Giovanni Latera-no” (Tor Carbone), un “canneto”, “Orfanelli” (potrebbe trattarsi di unaproprietà della chiesa di S. Maria in Aquiro), “Vigna de Mario Mello”,“Vigna delle heredi di Scopetta”, “canneto di Panfilo Pansani”, “StradaRomana” (via Ardeatina).

L’indicazione esplicita riportata sul verso della pianta consente dirisalire direttamente alla sua collocazione originaria. La cassetta 423 del-l’archivio dell’ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum,corrispondente alla vecchia segnatura Armadio II, Mazzo III, contieneinfatti documentazione relativa all’amministrazione patrimoniale delletenute di proprietà dell’ente poste fuori la porta Appia (S. Sebastiano), ein particolare i fascicoli dal n. 24 al n. 39 riguardano Capo di Bove80. Inumeri dal 24 al 26 corrispondono ad altrettante piante della tenuta,secondo l’inventario settecentesco al quale si devono i regesti conservatinel rubricellone del 1739 indicato con la segnatura 991bis. In realtà, alnumero 25 corrisponde però la sola camicia che doveva contenere lapianta. Sulla camicia è riportata la seguente indicazione:

«Pianta e Misura del Casale di Capo di Bove di rubbi 122¼ fatta da Cesa-reo Gettola agrimensore li 2 novembre 1537» (la data è stata successiva-mente corretta a matita in 12 novembre 1587).

che non risale al riordinamento settecentesco dell’archivio dell’ospedale, maè di mano posteriore. Più sotto, un’aggiunta dalla stessa mano precisa: «Col-

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 81

79 Per una ricostruzione storica dell’insediamento fortificato medievale, ESPOSITO-PASSIGLI2008. Cenni alla pianta in parola (ma con l’erronea datazione 1537, che qui si corregge in 1587)in PASSIGLI 2009, p. 11.

80 AS ROMA, Ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, cass. 423 (già Arm.II, Mazzo III), nn. 24-39. Si veda l’inventario n. 60/136, con la trascrizione dei regesti delle cas-sette da 404 a 440, redatto a cura di Angela Lanconelli, pp. 84-86 per i documenti relativi allatenuta di Capo di Bove.

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locata nella raccolta delle mappe per conservarla meglio. R 724». Si tratta diun caso rarissimo che esplicita con assoluta chiarezza l’operazione effettua-ta: per uno scrupolo di conservazione, la pianta è stata prelevata per desti-narla alla Collezione I di disegni e mappe, nel momento in cui questa è stataartificiosamente costituita. La rarità consiste nel fatto che, in questo caso,l’archivista ottocentesco ha ritenuto di segnalare con precisione l’intervento,riportando l’indicazione del numero 724 relativo alla nuova segnatura dellapianta e completando così i riferimenti incrociati del documento81.

La stessa sorte non è invece capitata alle altre due piante della tenu-ta, che tuttora si trovano nella cassetta 423 dell’archivio del SantissimoSalvatore.

Il fascicolo 24 contiene un disegno a inchiostro e china colorata, rea-lizzato su un foglio di carta di cm 90x30, privo di data e firma dell’agri-mensore. Figura solo il titolo sul verso del foglio: «Pianta del casale diCapo di Bove», della medesima mano dell’annotazione sul verso dellapianta ora conservata nella Collezione I di disegni e mappe. Della tenuta,che ha un confine rettilineo costituito dalla via Appia, sono messi in risal-to con coloritura verde i cinque appezzamenti di prato; l’estensione e laforma del fondo sono nettamente diversi da quelli raffigurati nell’altrapianta, e la superficie è di sole rubbia 59¾. Lungo la via Appia sono dise-gnati a china nera alcuni edifici, fra i quali si possono riconoscere la chie-sa e uno schematico schizzo che ha al centro una struttura che richiamala forma circolare del mausoleo di Cecilia Metella inserito nella fortifica-zione. Come nel caso della pianta precedente, sono indicati i due pro-prietari confinanti: “Santa Maria Nova” e “Laterano”. I cippi sono segnaticon lo scopo di evidenziare un confine ben preciso, quello compreso frail Ponto A e B. Fra i due punti è stata tracciata una Linea de partegionealla quale si è voluto dare rilievo e che, come si vedrà fra breve, costi-tuisce un elemento nuovo dell’assetto topografico della tenuta, elementoche ha determinato la redazione di questa pianta.

Al n. 26 corrisponde invece una pianta mancante sin dal tempo del-l’ordinamento settecentesco: si trattava, come risulta dalla camicia, dellamisura di un appezzamento di 16 rubbia all’interno della tenuta di Capo

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri82

81 Ad essere precisi, la rarità non consiste solamente nel fatto che sia stato segnalato ilprelevamento della pianta per inserirla nella Collezione I di disegni e mappe, quanto piuttostoche la segnalazione si sia conservata sino ad oggi, verosimilmente perché annotata sulla cami-cia e non su un foglio ‘volante’. Riteniamo infatti che tali segnalazioni siano state effettuateanche in altri casi di prelevamenti di piante dalle loro sedi originarie, ma nella maggior partedei casi - se scritte su foglietti inseriti nella documentazione (in un’occasione, diversi anni fa,è stato possibile da chi scrive rinvenirne casualmente uno) - sono andate disperse.

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di Bove, realizzata dall’agrimensore Ascanio Antonietti82. Individuata la collocazione originaria della pianta di Capo di Bove

oggi conservata nella Collezione I di disegni e mappe, vale la pena con-centrarsi brevemente sul rapporto che intercorre fra questa e l’altra pianta- non datata e non firmata - della stessa tenuta, rimasta invece nella suasede originaria (ossia la n. 24), per dare risposta a una serie di interroga-tivi che riguardano sia la storia della redazione delle due piante, sia quel-la della loro conservazione. In primo luogo: perché si trovano nell’archi-vio dell’ospedale, se nel 1587 la tenuta spettava ai Leni e Mutini? E poi:qual è il motivo alla base della loro realizzazione? Che rapporto cronolo-gico esiste fra di esse? In particolare, a quando risale quella non datata?Perché l’una rimase nell’archivio del Salvatore e l’altra invece venne spo-stata nella Collezione I di disegni e mappe? Uno studio approfondito deidue documenti cartografici, posti a confronto, insieme con l’indaginecondotta nella documentazione relativa all’amministrazione fondiariadella tenuta, permette di rispondere a tutte queste domande.

Innanzitutto occorre sciogliere un dubbio relativo alla datazionedella pianta firmata dall’agrimensore Cesareo Gattola. Infatti, l’indicazio-ne 2 novembre 1537 riportata sulla camicia che conteneva la piantaquando si trovava ancora nella sua collocazione originaria, pur corri-spondendo a quella indicata sul verso della pianta stessa, è erronea: lalegenda originale, conclusa dalla firma autografa dell’agrimensore, ripor-ta infatti la data 12 novembre 1587 (che è quella con cui risulta correttaquella erronea sulla camicia). Quest’ultima, del resto, è cronologicamentecoerente sia con l’altra attestazione nota dell’agrimensore Cesareo Gatto-la, come si dirà tra breve, sia con l’assetto fondiario della tenuta stessaalla fine del XVI secolo.

Le due piante hanno indiscutibilmente caratteristiche comuni e vero-similmente si devono al medesimo agrimensore, ma la n. 24 non è copiadella n. 25: la tecnica del rilevamento è simile ma non identica, la mano

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 83

82 Oltre al disegno dell’appezzamento di Capo di Bove, l’agrimensore Antonietti ha rea-lizzato altre tre piante per lo stesso ente proprietario, che dovevano essere comprese nel Librodei Casali del 1599, oggi non più reperibile, secondo quanto esplicitamente riportato nellalegenda della pianta-copia del gruppo di casali Marmorea, Statuario, Arco di Travertino eBuonricovero redatta da Bernardino Calamo nel 1635 (AS ROMA, Ospedale del Santissimo Sal-vatore ad Sancta Sanctorum, b. 390; si veda anche la nota 69). È noto, inoltre, per aver ese-guito le seguenti piante del Catasto alessandrino (o meglio, gli originali da cui sono state trattele copie consegnate alla Presidenza delle strade, in quanto l’Antonietti deve essere morto benprima del 1660): 429/26, Sette Bassi, Marmoria;431/5, Ponte Salaro; 431/29, Aguzzano; 431/38,Pietra Aura; 432/23, Pignotto e Valleranello; 432/27, La Selce (cfr. PASSIGLI 2012, p. 366).

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sembra essere la stessa, la resa grafica delle strutture edilizie lungo lastrada è affine, il disegno dei cippi di confine è uguale; esse, inoltre, sonoquasi sovrapponibili, con una leggerissima differenza di scala. Sembradunque evidente che le due piante sono strettamente collegate; tuttavia,rispetto alla n. 25, nella n. 24 manca il disegno della porzione nord-occi-dentale della tenuta originaria, al di là della Linea de partegione compre-sa fra il Ponto A, indicato da una colonella di confino, e il punto B, lineache esclude la fortificazione e la tomba di Cecilia Metella. A questonuovo assetto della tenuta corrisponde coerentemente una diminuzionedella misura di superficie che non raggiunge le sessanta rubbia (59¾). Ledue piante appartengono dunque probabilmente alla stessa mano, ma laloro realizzazione mantiene caratteri di diversità.

Per rispondere alle domande che ci siamo posti, giungono in nostrosoccorso due memorie conservate nella medesima cassetta del SantissimoSalvatore, risalenti - rispettivamente - al 29 novembre 1633 e al 30novembre 1639, quando, in occasione di una disputa avente come ogget-to la proprietà di due rubbia di terreno del medesimo casale venivanorichiamate, come era consuetudine, le fasi salienti dei precedenti passag-gi di proprietà83.

Entrambe le memorie prendono le mosse dall’acquisto (20 marzo1589) di una porzione del casale di Capo di Bove da parte dell’ospedaledel Santissimo Salvatore. La vendita venne effettuata da parte dei fratelliGiovanni Battista e Lorenzo, figli di Stefano Mutini, patrizi romani; il ter-reno venduto corrispondeva, in particolare, alla porzione che

«in divisione eiusdem casalis inter illustrissimum dominum Ioannem Bap-tistam ac illustrissimum R.P.D. Laurentium germanos fratres filios bonememorie Ill(ustrissimi) D(omini) Stephani Muttini nobiles romanos regio-nis Pinee ex una et illustrissimos dominos Hieronymum et Ciriacum ger-manos fratres de Lenis etiam nobiles romanos»84

era pervenuta alla famiglia Mutini. In base a questa divisione, avvenutacontestualmente alla vendita (o per meglio dire: la divisione del casaleera propedeutica alla vendita di una parte di esso), i fratelli Mutini ave-vano ottenuto rubbia 59 e ¾ di terreno, corrispondente alla porzionesud-orientale della proprietà originaria (tav. 3, verso sin.) e confinantecon la porzione pervenuta ai Leni versus urbem, ossia verso nord-ovest

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri84

83 AS ROMA, Ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, cass. 423, nn. 36B e 37.84 L’atto di divisione si trova in AS ROMA, Trenta Notai Capitolini, uff. 10, notaio Vincen-

tius Fuscus, 20 marzo 1589, vol. 23, cc. 264r-268r.

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(tav. 3, verso destra; si tratta della porzione settentrionale del casale ori-ginario, di rubbia 60 e ¼)85, con il casale di S. Maria Nova (Statuario), conquello del capitolo e canonici di S. Giovanni in Laterano (Tor Carbone),con una vigna degli stessi Leni, con i beni degli Orfani de Urbe (si osservila coincidenza con i confini enumerati nella pianta oggi conservata nellaCollezione I di disegni e mappe), con il casale del medesimo ospedale ela via pubblica diretta ad Albano (Appia). Questa delimitazione risulta

«facta per Illustrissimum Dominum Petrum Paulum de Fabiis pro parte fra-trum de Muttinis ac Illustrissimum Dominum Honorium Inniche pro partedictorum fratrum de Lenis peritos ab ipsis dominis Mutinis et Lenis electoset deputatos».

In comune sarebbero rimasti alcuni beni, quali il castellaccio, il turrio-ne86, e l’acqua Marmorea. I fratelli Leni promettevano inoltre di pagare aiMutini cinquecento monete d’argento come remunerazione per aver avutola parte maggiore del casale. Le due parti convenivano infine che agli eredidi Marco Antonio Leni sarebbe spettato lo ius falciandi in una parte deiprati del casale. Nel medesimo giorno, dunque, furono stipulati due atti:con il primo veniva sancita la divisione della proprietà, fino ad allora rima-sta indivisa, fra le due famiglie romane, con il secondo i Mutini alienavanoall’Ospedale del Santissimo Salvatore la porzione ad essi pervenuta per ilprezzo di centotrenta scudi al rubbio. La divisione, lo si dice esplicitamen-te, veniva effettuata e corroborata dai periti incaricati dalle due parti.

Ancor più esplicita è la seconda memoria in cui si riferisce che l’attodi vendita fu estratto direttamente dal protocollo del notaio Thomas deFonte 87. A proposito della superficie della tenuta, nel contratto si specifi-cava che i contraenti

«mensurari voluerunt per hos agrimensores, videlicet dominum CesareumGattolam ... et dominum Marcum Antonium Galassum»

nel termine di un mese a partire dal giorno della stipula del contratto. La misura avrebbe garantito la correttezza dell’operazione e sarebbe

stata di beneficio per ambedue i contraenti i quali si impegnavano, così,

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 85

85 La somma delle due porzioni, 59 e ¼ + 60 e ¾, ascendono a 120 rubbia, cifra sostan-zialmente conforme alle 122 rubbia dell’intero casale espresse nella pianta del 1587.

86 La tomba di Cecilia Metella, il turrione del documento, era però sulla sinistra dell’Ap-pia, totalmente circondato dalla tenuta di Capo di Bove spettante ai Cenci.

87 L’atto di vendita non è stato rinvenuto in AS ROMA, Collegio Notai Capitolini, notaioThomas de Fonte, vol. 713.

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in futuro, a non sporgere alcun reclamo. Infine, a conclusione dellamemoria, figura la seguente indicazione:

«A dì 24 d’aprile 1589 facciamo fede noi sottoscritti periti haver misuratoil casale di Capobove cioè tutta la parte da capo del signor Giovanni Bat-tista Motino posta fuori di porta Sancto Sebastiano à man dritta dalla stra-da Appia, e fra li confini di Santa Maria Nuova, della Nuntiata, e dall’altraparte di Capo di Bove del signor Girolamo Leni».

La sottoscrizione è di mano di Cesareo Gattola, misuratore, chiamatoper parte di Giovanni Battista Mutini, e di Marco Antonio Galassi, misu-ratore, per quella dell’ospedale. Questa dichiarazione induce a conclude-re che la pianta n. 24 dovette essere commissionata in occasione dellavendita dai Mutini all’ospedale ed è quindi databile con certezza all’aprile1589. Essa raffigura la superficie di 59 rubbia e ¾ del casale oggetto dellavendita (porzione sud-orientale) e ha lo scopo di mettere in evidenza loscorporo di questo terreno dalla porzione di Capo di Bove rimasta aiLeni, corrispondente al terreno esteso oltre la linea segnata fra i punti Ae B, verso nord-ovest; compreso nella porzione scorporata è anche il ter-reno circostante la fortificazione e tomba di Cecilia Metella, che saràoggetto di una disputa territoriale nel secolo XVII88.

Grazie alla memoria conservata nell’archivio del Santissimo Salvatore,siamo ora in grado di datare la seconda pianta e di attribuirne con certez-za la paternità. Come consuetudine, le due parti erano ricorse ciascuna aun agrimensore di propria fiducia. Marco Antonio Galassi, garante perl’ospedale, è noto per aver firmato due piante di casali per la famigliaMassimo, negli anni fra il 1583 e il 158889. Cesareo Gattola, garante per iMutini, è invece noto solo per la realizzazione delle due piante del casaledi Capo di Bove. Quella conservata nella Collezione I di disegni e mappe(ex n. 25 della cassetta 423) raffigura la tenuta con una superficie di pocopiù di 122 rubbia e risale all’epoca della sua massima estensione, ossia aun periodo precedente la divisione fra i Leni e i Mutini, avvenuta il 20marzo 1589; la n. 24, invece, rappresenta la porzione pervenuta ai Mutini

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri86

88 I Leni possedevano la loro porzione di Capo di Bove ancora agli inizi del ‘600 (COSTE1969, p. 63, n. 98).

89 Si tratta delle piante delle tenute di Santa Broccola e Bravi, entrambe copiate per laconsegna all’ufficio della Presidenza delle strade, nel 1660 (rispettivamente 423/24 e433bis/20). Per Santa Broccola, o Santa Procula, si veda § 4.3. Cenni all’esecuzione della piantadi Capo di Bove in PASSIGLI 2012, p. 362.

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e poi all’ospedale. Poiché l’agrimensore era quello di fiducia della famigliaMutini, si può ipotizzare che la prima pianta, quella del 1587, realizzataall’epoca della proprietà comune con i Leni, e rimasta in possesso deglistessi Mutini per circa due anni, fosse stata da questi ceduta, insieme allaproprietà materiale del casale, in occasione della vendita all’ospedale.Questo meccanismo di cessione del titolo di proprietà, quale poteva esse-re anche una pianta, insieme all’oggetto concreto della vendita, fa sì chesia facile reperire negli archivi di molti enti una documentazione in origi-nale che può risalire anche assai indietro nel tempo rispetto alla datadell’acquisizione da parte dell’ente in questione (munimina).

Nella pianta conservata nella Collezione I di disegni e mappe è statodato notevole risalto alla fortificazione intorno al mausoleo di CeciliaMetella, ed è verosimilmente questo il motivo per cui, forse, a differenzadella pianta elaborata due anni dopo dallo stesso agrimensore e conser-vata originariamente accanto ad essa nella medesima cassetta, l’archivistaottocentesco ha ritenuto solo il primo dei due documenti cartografici,degno di essere collocato nella Collezione I , in quanto più pregevole dalpunto di vista estetico90.

4.2. Galera e Acquasona.Vengono trattate in un unico paragrafo le piante delle tenute di Gale-

ra (4.2.1) e di Acquasona (4.2.2), in quanto in realtà si tratta di due deno-minazioni diverse di un medesimo corpo fondiario.

4.2.1. Galera. AS ROMA, CDM, I, 93/755: pianta della tenuta di Galera, o “Casal di

Galera” (non datata, ma databile tra il 1588 e il 1594; tav. 4).Con il titolo di ‘Galera’ figurano nella Collezione I in realtà tre piante,

rispettivamente 93/755, 93/756 e 93/757, ma qui ci occuperemo in detta-glio solo della prima.

La 93/756, infatti, è un disegno a penna della “Bandita di Galera”, diproprietà della comunità di Galera e non ha a che fare con il “Casal di

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 87

90 Per completezza, ricordiamo che per la consegna alla Presidenza delle strade, nel 1660,venne redatta una pianta ex novo per mano dell’agrimensore Francesco Calamo (433A/49),nella quale l’estensione della tenuta spettante all’ospedale è di sole 47 rubbia (rispetto alle 59originarie): tale apparente riduzione della superficie è dovuta semplicemente al fatto che unaparte di essa - al pari del contiguo casale di Capo di Bove spettante alla famiglia Cenci, ormaiai confini del Suburbio - era stata ‘ridotta a vigne’, come si diceva all’epoca, e da ciò ne con-seguiva una diminuzione dell’area seminabile (RUGGERI 2002, pp. 13-14 e nota 37).

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Galera” in quanto si tratta di altra tenuta, sia pure contigua91. Il disegnodovette venir inserito insieme con le altre due piante a causa della somi-glianza del nome e della prossimità dell’area dove si trova il territorio inesso raffigurato. La pianta 93/757, invece, reca un disegno senza data, maattribuibile al secolo XIX per la menzione della famiglia Valdambrini,della tenuta del:

«Tenuta detta Casale di Galera già divisa in due parti separate l’una dettaBandino o Piancoriolo e l’altra Procoio già proprietà degli ospedali di SanRocco e San Giacomo degli Incurabili, poi dei signori Valdambrini e presen-temente del signor Luigi Gallo, con le strade tendenti a Roma e i confini».

La tenuta riprodotta in questo disegno è la stessa raffigurata nellapianta in esame, ma anche in questo caso non ce ne occuperemo inquanto di epoca successiva a quella presa in considerazione nel presentestudio.

La pianta su pergamena 93/755, senza data ma attribuibile al secoloXVI, è un disegno a china e acquerello, privo di intitolazione, di legendae di firma dell’agrimensore, il che fa pensare possa trattarsi di un ‘nonfinito’. È presente una scala grafica di catene cento. Al centro, in uno spa-zio bianco del disegno, figura uno stemma cardinalizio attribuibile concertezza ad Antonio Maria Salviati, nato a Firenze il 21 gennaio 1537,morto a Roma il 16 aprile 1602 e creato cardinale il 12 dicembre 1583 dalpapa Gregorio XIII92. L’orientamento è indicato con i punti cardinali:Levante (angolo in basso a destra), Tramontana (angolo in alto a destra),Ponente (angolo in alto a sinistra), Ostro (angolo in basso a sinistra).

I corsi d’acqua e le strade, evidenziati con coloritura rossa, attraver-sano e fanno da confine alla tenuta. Esternamente, sono segnati i rilievicon un disegno particolareggiato degli insediamenti di “Monte MariaGrande” (in basso a sinistra) e “Cornazzano de’ Gabrielli” (in alto a sini-stra); in alto è raffigurato l’abitato di “Castel Galeria” e al centro l’edificioreligioso con cinta muraria di “Santa Maria in Celsano”; sul lato destro la“Strada che va ad Anguillara”. Il “fosso detto la Galera” fa da confine conla proprietà degli Ubaldini, ossia la tenuta di Acquaviva93. Una coloritura

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri88

91 Nel Catasto alessandrino il “Casal di Galera” è la pianta 433/12, mentre della “Banditadi Galera” la pianta non esiste; entrambe figurano in CINGOLANI 1692 con i nn. 38 e 36 (FRUTAZ1972, II, tav. 166).

92 Per il personaggio si veda BUCOLO.93 COSTE 1971, p. 87, n. 9.

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più intensa è utilizzata per rendere il movimento del rilievo; vicino alla“Fornace” e a una zona di “Grotte” è visibile un manufatto geometrico aforma di esedra, con coloritura azzurra, forse un fontanile.

Lo stemma cardinalizio di Antonio Maria Salviati induce a ritenere lapianta successiva quanto meno al 1583, anno della sua nomina a cardi-nale e, più in particolare, posteriore all’8 agosto 1588, giorno in cui egliacquistava dal banchiere fiorentino Pietro Antonio Bandini i due terzi delcasale seu predium nell’atto denominato Bandino (nome derivato - comein molti casi analoghi - da quello del proprietario)94, la cui estensionecomplessiva era di circa 560 rubbia. Il casale comprendeva anche un pre-coio di vacche rosse con centoventi vacche, ventitre vitelli, due buoi einoltre un certo numero di cavalli; gli animali erano custoditi all’internodi grotte, come è espresso in dettaglio nell’atto di presa di possesso, con-tenuto nello stesso volume95.

È dunque presumibile che la pianta risalga al periodo immediata-mente successivo all’acquisto dei due terzi della tenuta da parte del car-dinal Salviati, rimanendo ancora attuale (sia nell’atto di vendita, che nellapianta stessa) la memoria del precedente proprietario della confinantetenuta di Acquaviva96; non è da escludere, anzi, che l’iniziativa della suaredazione debba essere attribuita proprio al nuovo proprietario. Inoltre,sebbene priva dell’indicazione della superficie, è certo che la pianta raf-figura non solo i due terzi effettivamente comprati dal cardinal Salviatinel 1588, ma l’intero corpo del casale, compresa cioè la terza parte da luinon acquistata che, in data non conosciuta, era pervenuta - verosimil-mente dai Bandini - nelle mani del fiorentino Camillo Rinuccini. Posse-dute a titolo di proprietà indivisa sino al 1594, il 16 luglio di tale anno ledue parti furono materialmente suddivise, con l’assegnazione definitivadei due terzi del casale originario (pari a circa 372 rubbia, secondo l’attodi divisione) al cardinal Salviati, e del terzo rimanente, circa 186 rubbia,

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 89

94 Nella lista dei casali di Renzi e Bardi (1588-1596), sono indicati «Casali diversi, già diPietro Antonio Bandino, hoggi di Salviati [e] Rinuccini, r. 600» (COSTE 1971, p. 86, n. 4). Peralcuni esempi cinquecenteschi di nomi di casali derivati da nomi di famiglie, si veda RUGGERI2009, pp. 146 e sgg.

95 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 103, fasc. 2/1 (già tomo 34, n. 28). 96 Tra i confini elencati nell’atto di acquisto (Quarto di San Savo degli Orsini; Monte Maria

Grande; casale di Ottaviano Crescenzi, corrispondente a Monte del Forno; territorio delcastrum di Galeria; fiume Arrone; strade per Galeria e per Tolfa e Civitavecchia), per il casaledi Acquaviva è indicato, come proprietario, Marco Antonio Ubaldini: si tratta di una leggeradiscrepanza cronologica, in quanto solo due mesi prima (11 giugno 1588) il casale era statovenduto al cardinal Alessandro Farnese (COSTE 1971, p. 87, n. 9; per la vendita ai Farnese:TOMASSETTI 1975-1980, III, p. 49).

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a Camillo Rinuccini97.Pertanto, la forbice cronologica per la realizzazione della pianta si

può ragionevolmente fissare nell’arco di tempo compreso fra l’agosto1588 e il luglio 1594.

Con lascito testamentario del 1602, il cardinal Salviati legava la suaporzione del casale agli ospedali di S. Giacomo degli Incurabili e di S.Rocco in parti uguali98. In questo stesso periodo, peraltro, si assiste all’in-sorgere e al consolidarsi di una nuova denominazione in riferimento adentrambe le porzioni dell’originario casale Bandino, le quali sono indica-te nella documentazione con il nome di “Acquasona” per buona parte delXVII secolo, come risulta già dal Libro dei Casali risalente agli inizi delsecolo99. Anche nelle carte amministrative relative ai beni rustici del-l’Ospedale di S. Giacomo degli Incurabili, più in particolare, la porzionead esso pervenuta veniva denominata con regolarità Acquasona100, topo-nimo forse da ricollegare etimologicamente al rumore del ruscello cheattraversa la tenuta il quale, ingrossandosi, diventa il torrente Galera.

Il nome “Casale di Galera” attribuito a questa proprietà, invece, figu-ra solo più tardi, nella pianta del Catasto alessandrino, probabilmenteper distinguerla dall’altra porzione del casale originario, anch’essa Acqua-sona. Tale nuova denominazione - che poi è quella definitivamente fis-satasi101 - deriva senza dubbio da quella del principale centro della zona,la massa, poi domusculta, infine castrum di Galera, che in un certosenso ha ‘condizionato’ l’insorgere di nuovi toponimi nelle aree circo-stanti (si pensi alla già menzionata “Bandita di Galera”)102.

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri90

97 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 103, fasc. 2/2 (già tomo 34, n. 27), divisione del«casale olim de Bandinis nunc Acquasona». La somma delle superfici delle due porzioni, evi-dentemente rimisurate per l’occasione, ammonta a 558 rubbia.

98 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 103, fasc. 3 (già tomo 32, n. 7), particola del testa-mento del cardinale Salviati, 17 aprile 1602.

99 «Acqua Sona, dell’ill.mo cardinal Salviati, alias il Casale de Bandini, lassato dal card.leall’Hospidale di S. Iacomo la metà, e l’altra metà all’Hospidale di S. Rocco», con una superficiedi 575 rubbia (viene erroneamente indicata la superficie del casale originario, compresa cioèanche la parte dei Rinuccini; si vedano in proposito le considerazioni di SCOTONI, 210-211);«Acqua Sona del s.or Camillo Rinuccino attaccato alla sudetta, sono rub. 195 senza prati, rub.197» (COSTE 1969, p. 55, nn. 1 e 2).

100 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 110. Già nella divisione del 1594 il casale avevaquesta denominazione (cfr. nota 97).

101 “Casal di Galera” in CINGOLANI (si veda la nota 91).102 Si veda, in particolare, la denominazione del fondo raffigurato in una pianta contenuta

nel Libro delle piante dell’Ospedale di S. Giacomo degli Incurabili, che associa le due entità:«Casale di Acquasona appresso il Castel della Galera» (AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b.1502/I). Non siamo in grado di stabilire, invece, a quale tenuta corrisponda quella indicata

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La pianta del Catasto alessandrino (433/12), priva di scala e legenda,è stata realizzata dall’agrimensore Paolo Picchetti ed esibita il 6 aprile1660 per conto dei proprietari, gli ospedali di S. Giacomo degli Incurabilie di S. Rocco; si tratta di pianta acquerellata, con il disegno di un casalea forma di torre, una casa isolata, una fornace, alcuni stagni. Nel com-plesso, essa si presenta come una versione semplificata della pianta cin-quecentesca conservata nella Collezione I di disegni e mappe: infatti,anche se priva dei bei disegni degli insediamenti esterni (“Castel di Gale-ra”, “Monte Maria Grande”), risulta molto simile il disegno dell’edificio aforma di torre con tre successive coperture a tettoia e campanile, postonella medesima posizione lungo la strada (tav. 4, angolo in alto a destra);le proporzioni sono le medesime, ed anche le misure della triangolazioneinterna sono identiche, come molto simile è pure il particolare della strut-tura a forma di esedra (probabilmente un fontanile) e della fornace. Ilrapporto di derivazione della pianta alessandrina dall’originale cinque-centesco, più ricco di particolari e più accurato in generale, è dunqueaccertato e il risultato è una pianta più sintetica ma fedele per quantoriguarda gli elementi interni al corpo della tenuta. Essa però è erroneaper quanto attiene la superficie: l’agrimensore - anche se ne indica cor-rettamente la superficie in 375 rubbia, che non corrisponde a quella effet-tivamente raffigurata - ha infatti commesso l’errore di non stralciare dallapianta la porzione che ormai non faceva più parte del casale, porzioneche a sua volta figura in un’altra pianta, consegnata alla Presidenza dellestrade qualche giorno prima (26 marzo 1660), ossia quella di Acquasonae Cacciarella, di 192 rubbia, appartenente al Collegio Romano (433/1)103.

Redatta dall’agrimensore Eliseo Vannucci, quest’altra pianta com-prende i tre quarti indicati con le lettere A, B e C (quest’ultimo, distaccatorispetto al corpo principale della tenuta), corrispondenti ai terreni lavo-rativi in Acquasona, al pascolare e spallette e al lavorativo con macchiee spallette in Cacciarella; tra i confini è indicato anche il “Precoio di SanIacomo” che altro non è che l’altro casale di Acquasona (Galera, nellapianta del Catasto alessandrino), spettante per l’appunto all’Ospedale diS. Giacomo degli Incurabili. Non vi figurano manufatti, se non la strada

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semplicemente come “Galera”, senza altre indicazioni (nemmeno il proprietario), nel Libro deiCasali (COSTE 1969, p. 71, n. 189).

103 Non è noto quando dai Rinuccini il casale sia pervenuto al Collegio Romano, né se tral’uno e l’altro vi siano stati altri proprietari; come si vedrà più avanti, dieci anni dopo questatenuta spettava al principe Chigi. La somma delle superfici delle due tenute misurate nel 1660raggiungeva un totale di 567 rubbia, una misura molto vicina a quella indicata nell’atto di ven-dita del 1588 (560 rubbia).

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che attraversa la tenuta e due capanne, rispettivamente nel quarto A enel quarto C. Mentre la pianta realizzata dal Picchetti per l’ospedale hatutto l’aspetto di una copia veloce e acritica di quella cinquecentesca,senza che egli abbia tenuto conto dell’avvenuta divisione, quella elabo-rata da Eliseo Vannucci per il Collegio Romano, invece, costituisce unlavoro preciso e originale.

Tornando alla pianta cinquecentesca del casale Bandino, questapotrebbe essere pervenuta, come si accennava, all’Ospedale di S. Giaco-mo degli Incurabili in occasione del lascito testamentario del cardinal Sal-viati nel 1602 insieme alla tenuta stessa, in qualità di munimen, per esse-re conservata nell’archivio dell’ente donatario.

Ciò sembra trovare conferma nel rinvenimento di un’altra copia dellamedesima pianta, diversa, anche se molto simile, da quella realizzata perla consegna alla Presidenza delle strade nel 1660. Si tratta della pianta del:

«Casale di Acquasona appresso il Castel della Galera comprato, et donatodal signor Cardinale Salviati alla nostra Chiesa et a San Rocco»104.

La pianta, databile al XVII secolo, è realizzata su un unico foglio dicarta che venne poi rilegato nel volume e segnato con il numero di carta67; per contenere il disegno, il foglio venne ampliato sui due lati tramitel’aggiunta di due strisce incollate, ai due lati opposti di esso. Essa è copiafedele della pianta su pergamena della Collezione I di disegni e mappe,perché identica per molti aspetti, fra i quali la serie dei piccoli cippinumerati posti al confine con la proprietà del Collegio Germanico eUngarico (casale di S. Maria in Celsano). Realizzata alla stessa scala, essaè tuttavia meno ricca di particolari quali, per esempio, la raffigurazionedei due abitati confinanti di Castel di Galera e di S. Maria in Celsano ecomplessivamente presenta un aspetto meno elegante. Tale pianta dovet-te essere realizzata per volere dei guardiani dell’ospedale, dopo che que-sti entrarono in possesso della tenuta, per dare seguito alle ultime volon-tà del cardinal Salviati fissate nel suo testamento del 1602. Ciò è confer-mato dall’assenza dello stemma del cardinale che, invece, campeggia inposizione centrale nella pianta su pergamena. In questa occasione i guar-diani presero possesso sia della tenuta sia della pianta in qualità di muni-men e dovettero ordinare la compilazione di una nuova pianta su carta

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri92

104 Così denominata nell’indice del volume che la contiene, il «Libro delle piante delleCase libere et delli Casali spettanti all’Hospidale e Chiesa di San Giacomo delli Incurabili» data-bile al XVIII secolo (AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 1502/I).

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che venne rilegata all’interno del Libro delle piante citato a nota 104. Anche la pianta originale in pergamena dovette essere allegata a

questo stesso volume, dopo la carta 76, l’ultima del registro stesso, ripie-gata a metà e poi in tre, per essere inserta all’interno di esso senza esservirilegata. Nell’indice infatti figura la seguente precisazione:

«Casale di Acquasona appresso il Castel della Galera comprato, et donatodal signor Cardinale Salviati alla nostra Chiesa et a San Rocco carta 67 etdoppo 76».

Ma dopo la carta 76 non vi è alcuna pianta, e dunque si può fonda-tamente concludere che essa venne estrapolata per l’inclusione nella Col-lezione I di disegni e mappe per maggiore sicurezza, trattandosi di piantasciolta.

Dall’originale cinquecentesco in pergamena furono dunque ricavatedue copie redatte in tempi e per motivi diversi. L’una, la più antica delledue, era destinata a conservarsi presso l’amministrazione dei nuovi pro-prietari e l’altra, successiva, sarebbe stata consegnata alla Presidenzadelle strade nel 1660.

Entrambe le piante, pur essendo copie fedeli dell’originale, nonhanno tuttavia tenuto conto dello stralcio, dalla superficie totale dellatenuta, del terzo che ne venne distaccato in base all’atto di divisione del1594. Forse proprio per questo motivo, dunque, non soddisfatti del pro-dotto, solo dieci anni dopo i guardiani dell’ospedale dovettero commis-sionare una nuova pianta della tenuta di Acquasona, che venne realizzatanel 1670 dall’agrimensore Giusto Quaranta, e di cui passiamo a trattarenel § seguente.

4.2.2. Acquasona. AS ROMA, CDM, I, 92/708: «Casale d’Acquasona del venerabile Archio-

spedale di San Giacomo dell’Incurabili e di San Rocco» (marzo 1670; tav.5).

La pianta è realizzata su due fogli di carta incollati, con segno di pie-gatura in quattro, disegnata a penna e acquerello marrone e verde, e fir-mata dall’agrimensore Giusto Quaranta; in basso a sinistra è la legendacircondata da un doppio riquadro a penna:

«Casale d’Acqua Sona dell <sic> Venerabile Archiospedale di San Giacomodegli Incurabili e di San Rocco. A. Ristretto del Casino Orto e Ripaglie,rubbia 2.3.2. B. Pedica a canto l’Oliveto, rubbia 1.0.0. C. Oliveto, rubbia5.2.1. D. Arboreto, rubbia 3.2.0. E. Quarticciolo detto di Santa Maria, rub-

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 93

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bia 35.3.0. F. Quarticciolo sotto la Cava, rubbia 19.1.1. G. Quarticciolodetto la Mezza Luna, rubbia 20.1.2. H. Quarto della Mezza Luna, rubbia34.2.0. I. Quarto delle Larghe della Capanna, rubbia 75.2.2. K. Rimessadelle Cavalle, rubbia 3.1.1. L. Rimessola delle Vitelle, rubbia 4.2.1. M. Mac-chia del Quarto della Capanna, rubbia 4.2.5. N. Quarto di Pian Curiolo,rubbia 117. 2.0. O. Quarticciolo tra le doi Strade, rubbia 12.2.0. P. Prati atutt’herba, rubbia 33.1.2. Q. Pantanelle o Mollicci in detti Prati, rubbia1.0.0. In tutto rubbia 375.2.0. Adi Marzo 1670. Giusto Quaranta».

La pianta non ha titolo (che però è indicato nella legenda), né orien-tamento, né scala. La tenuta è circondata dalle seguenti proprietà, insenso orario dall’alto: “Acqua Sona del principe Don Agostino Chigi”105,“Cacciarella del detto Principe Chigi”, “Monte Maria de Signori Or[sini] diBracciano”, “Fiume detto l’Arrone”, “territorio di Galera del Signor Ducadi Bracciano” (all’epoca era Flavio Orsini), “S. Maria del Collegio Germa-nico di S. Apollinare di Roma” e nuovamente il “territorio di Galera”.Quest’ultimo confine corre lungo la “Strada Romana”, che attraversa conun ponte il corso d’acqua che fa da confine con la tenuta di AcquasonaChigi. Il corpo della tenuta è diviso in quarti, fra i quali si distinguonoper caratterizzazione grafica naturalistica i prati, gli arboreti e le macchie.I confini, le strade e i corsi d’acqua sono evidenziati da una fila di alberi.L’edificio del casale è un “Casino”, palazzetto a tre piani con coperturain tegole, due accessi e due camini. Presso la “Strada Romana” è unoschizzo sommario al quale si riferisce la scritta “Anticaglia”. Simili schizzi,ma senza scritte, sono nell’area dell’edificio del casale e a indicare casetterustiche nei quarti. Nel “Quarto della Mezza Luna” è il disegno di unastruttura a forma di esedra sul verde del prato posta non distante da unasorgente caratterizzata da una sorta di grotta con condotto d’acqua, daun fontanile e tre piccole pozze d’acqua tonde, il tutto corredato dallascritta “Vi nasce l’acqua”106. Nello stesso quarto si trovano anche le “Cal-care”, alle quali non corrisponde alcun disegno.

L’estensione totale della tenuta è di 375.2 rubbia, pari ai due terzi diquella originaria, in ciò concordando con l’indicazione contenuta nellapianta del Catasto alessandrino (casal di Galera), con la differenza che ildisegno territoriale del corpo fondiario questa volta è quello corretto; essen-

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri94

105 Si tratta della tenuta di Acquasona già del Collegio Romano, acquistata dal principeAgostino Chigi nel 1665 (TEODORI 2001, pp. 157-158).

106 Dovrebbe trattarsi sempre del presunto fontanile già illustrato a proposito della piantaprecedente, presente anche nelle due copie di essa.

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do stata redatta da altra mano, lo stile è del tutto diverso sia da quello dellapianta precedente, che da quello della pianta realizzata nella bottega diPaolo Picchetti per la consegna alla Presidenza delle strade nel 1660.

L’agrimensore Giusto Quaranta è noto per la sua ricca produzione dipiante di tenute, la prima delle quali, secondo quanto noto sin ora, risale al1654 (tenuta di San Gennaro per il Collegio di S. Bonaventura, poi conse-gnata per il Catasto alessandrino nel 1661, oggi 433A/32) e l’ultima al 1672,realizzata per conto della famiglia Borghese per la quale egli aveva lavoratoin diverse occasioni107. La sua attività per il Catasto alessandrino fu talmenteintensa (la sua firma compare su cinquantuno piante) da indurre a pensareche egli abbia fatto ricorso alla copiatura di originali precedenti, già in pos-sesso degli enti proprietari. È inoltre attestata la sua collaborazione con lebotteghe di Eliseo Vannucci e con quella di Paolo Picchetti, presso le qualivennero realizzate piante che poi egli stesso si premurò di autenticare108.Probabilmente, però, egli non dovette prendere parte alla confezione dellavoro cartografico inerente i casali di Galera dell’ospedale di S. Giacomodegli Incurabili ed Acquasona del Collegio Romano da consegnare nel 1660alla Presidenza delle strade, rispettivamente firmati proprio da Picchetti eVannucci, in quanto la sua elaborazione del 1670 presenta caratteri di asso-luta originalità ed indipendenza dalle altre due piante; peraltro egli trascurala denominazione attribuita in via ufficiale al primo dei due, recuperandoquella di Acquasona, più familiare - come si è visto - nelle consuetudiniamministrative dell’Ospedale di S. Giacomo.

La pianta - la prima redatta ex novo dopo la divisione del 1594 (tuttele altre erano copie di quella cinquecentesca su pergamena) - dovetteessere prodotta per motivi interni all’amministrazione patrimoniale deibeni dell’ospedale, come del resto è indicato con chiarezza nella nota dimano dell’agrimensore rinvenuta fra le carte dell’archivio ospedaliero.Essa, infatti, è esplicitamente menzionata in una carta sciolta con la qualeGiusto Quaranta dichiarava che:

«Nel Libro delle Piante de Casali vi è la seguente: Casale d’Acquasona (...)misurato da me infrascritto per ordine dell’Illustrissimo Monsignor Salviatie Illustrissimi Signori Guardiani di detti Archiospedali nel mese di marzo1670»109.

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107 Si tratta della pianta del Quarto della Polledrara di Mentana, in ASV, Archivio Borghese,b. 516, Mentana 14.

108 PASSIGLI 2009, pp. 16-20; PASSIGLI 2012, pp. 365, 367, 378.109 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 103, fasc. 3 (già tomo 32, n. 7). All’epoca, ovvia-

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Anche per questa pianta dunque, come per quella di Galera, la sedeoriginaria doveva essere certamente il già citato «Libro delle piante delleCase libere et delli Casali spettanti all’Hospidale e Chiesa di San Giacomodelli Incurabili»110, da cui dovette venire estrapolata per essere inseritanella Collezione I di disegni e mappe.

Ricordiamo, infine, che dalla pianta di Giusto Quaranta venne rica-vata una copia su pergamena, recante la legenda e il nome dell’autoredell’originale, come esplicitamente indicato dal suo autore Fabrizio Spe-randio: «fedelmente copiata dal suo originale nello scorso mese di mag-gio 1765»111.

4.3. Santa Procula. AS ROMA, CDM, I, 94/827, nn. 1-2. L’unità conserva due piante della

tenuta di Santa Procula, o ‘Santa Broccola’ come veniva popolarmentedenominata, situata nella porzione costiera dell’Agro Romano a sud diRoma. La prima è una delle piante più antiche che si conservano perl’Agro Romano, recante la data 26 novembre 1588 (94/827, n. 1); laseconda è una copia ottocentesca della prima, come è espressamenteindicato nella legenda, datata 6 novembre 1831 (94/827, n. 2)112.

AS ROMA, CDM, I, 94/827, n. 1: «Pianta della tenuta di Santa Broccoladell’Illustrissimo signor Mario de’ Massimi posta fora di porta San Paolo(...)» (26 novembre 1588; tav. 6).

La pianta, restaurata di recente, è realizzata ad acquerello su perga-mena da Marcantonio Galassi, come indicato dalla firma autografa. Il pro-prietario della tenuta risulta Mario Massimo. In alto a destra è una legen-da inquadrata da una cornice sovrastata da un architrave che include lostemma della famiglia:

«Pianta della Tenuta di Santa Broccola dell’Illustrissimo signor Mario de’Massimi posta fora di porta San Paolo et fra li confini descritti. Essa pianta

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri96

mente, il card. Antonio Maria Salviati era già defunto da quasi settant’anni, e il monsignor Sal-viati menzionato doveva essere un’altra persona, comunque legata con l’amministrazione deibeni dell’ospedale.

110 Si veda la nota 104.111 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 1505 (contenente disegni e piante di proprietà

dell’ospedale), n. 142; sul verso della copia in questione è un riferimento a una vecchia collo-cazione archivistica: Armadio EE, Tomo 8, n. 8.

112 Considerazioni preliminari su queste due piante in PASSIGLI 2009, pp. 11-12.

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fatta et misurata da me Marcantonio Galassi sotto il dì 26 di novembre1588 distintamente quarto per quarto come qui sotto appariva a misura dicatena quadrata, secondo l’uso di Roma. Il quarto verso Roma detto ilSuvereto sopra et sotto strada insieme netto di essa Strada è rubbia tren-tadue e mezza. Il quarto dell’Isolotta recinto dalli fossi et dal limido dellaMagionetta del Bentivogli è rubbia trentadue e mezza. Il quarto delle Pre-tara è rubbia ventidue et un quarto. Il quarto della Capanna, cioè tucta laparte di la dal fosso del Casale detto Rio Torto insino alli confini dellaCastagnola d’Ardia compresoci anco la selva in tutto è rubbia trecentoqua-rantasette e mezzo, netto della strada che è sotto alle Colonnelle de Vic-torii. La vigna fra li dua fossi dietro al Casale rubbia uno e 5/8. Il Redimedi detto casale è un quarto di rubbio. Tutta la detta tenuta insieme nettadi strade è rubbia quattrocentotrentasei e quarte due e mezza. La Comu-nanza atorno al fontanile fra Santa Broccola, La Magione de Savelli, la Zol-ferata delli Altieri et la Magionetta delli Serii et Bentivoglii in tutto rubbiaquattro et un quarto. Marc’Antonio Galassi di mano propria».

Ai quattro lati sono riportate le indicazioni di orientamento: Tramon-tana, in basso a destra, Levante, in basso a sinistra, Ostro, in alto a sini-stra, Ponente, in alto a destra. In basso a sinistra è la scala grafica di cate-ne 60, rifinita con il disegno di un compasso. I confini sono costituiti, aest dalla “Strada Romana che va ad Ardea”, oltre la quale sono i casali “IlSuvereto delle Monache di Torre de Specchi”, “Santa Broccola de Vittori”e “La Muratella”; a sud “La Castagnola d’Ardia”, “La Castagnola oltre ilFosso Secco”; a ovest il “Fosso detto Rio Torto”, “Campo Selva de’ Cesa-rini”, la “Forma tra Campo Selva de’ Cesarini”, “Pratica della signora Ver-ginia de’ Massimi” e il “Territorio di Pratica”; a nord “La Magionetta de’Bentivogli”, “La Magionetta del Leni”, “La Solforata delli Altieri”, “LaMagionetta”. La tenuta è attraversata dal corso d’acqua designato come“fosso detto Rio Torto” e punteggiata di alberi disegnati in modo natura-listico, che si infittiscono in coincidenza delle selve e delle selvotte. Ildisegno dei manufatti è ormai quasi illeggibile ed è evidenziato da scritteottocentesche.

La pianta presenta due interventi successivi, il primo dei quali risale al1660. Si tratta di una nota posta sulla destra, al centro della pergamena,ormai quasi illeggibile, di mano dell’agrimensore Orazio Cordiale, deduci-bile grazie alla trascrizione aggiunta sulla stessa pianta nel secolo XIX:

«Io infrascritto dichiaro che nella tenuta di Santa Procula dell’Illustrissimosignor Mario Massimi vi sono rubbia trentacinque di fossi, spallette, pan-tani, limiti et altro che non si possono lavorare ed in fede questo di 27marzo 1660. Io Orazio Cordiale Agrimensore mano propria. E più in detta

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tenuta vi è la Macchia di rubbia trenta. Oratio Cordiale sudetto».

Il secondo intervento è del 1831 e si deve a Serafino Sala. Poiché,all’epoca, la scrittura originale era sbiadita, quest’ultimo, autore dellacopia ottocentesca conservata nella medesima cartella (94/827, n. 2),ricopiò sulla pianta cinquecentesca sia la legenda di Galassi, sia la notadi Cordiale aggiunta nel 1660 sia, infine, i cartigli.

Il verso della pergamena riporta tracce di scrittura a inchiostro nellequali si può riconoscere la scritta S(ant)a Procula e la formula abbreviatae lasciata in bianco C(on)tra e Pro, riferibile agli atti di una causa.

Dell’agrimensore Marcantonio Galassi sappiamo solo che realizzò il9 dicembre 1583 la pianta del casale Bravi, altra tenuta della famigliaMassimo di cui evidentemente egli era l’agrimensore di fiducia. Questapianta, insieme a quella di Santa Broccola, venne copiata il medesimogiorno 27 marzo 1660 per la consegna alla Presidenza delle strade(433bis/20), anche se non è menzionato l’autore della copia. Il Galassi èmenzionato, insieme con Cesareo Gattola, anche quale agrimensore inca-ricato per la realizzazione della pianta della tenuta di Capo di Bove, inoccasione della vendita dai Mutini all’ospedale del Santissimo Salvatoreil 20 marzo 1589113.

La pianta della tenuta di S. Procula redatta per il Catasto alessandrino(432/34) fu compiuta da Orazio Cordiale per conto di Mario de’ Massimi(nipote dell’omonimo che possedeva la tenuta nel 1588)114 ed è copia fede-le di questo originale del quale riporta anche la data 26 novembre 1588.Vi si trovano con forme identiche il frontone con lo stemma, i punti cardi-nali, l’edificio del casale con i particolari e le sei pezze di vigna, i nomi deiquarti e delle località confinanti. In occasione del lavoro di copiatura, Cor-diale dovette aggiungere la citata nota sulla pianta originale dalla qualeveniva tratta la copia. Nell’arco di tempo intercorso fra la realizzazionedelle due piante, si era verificata una variazione della superficie, puntual-mente riportata: «E più in detta tenuta vi è la macchia di rubbia 37». Nel

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri98

113 Si veda supra, § 4.1.114 Nel Libro dei Casali del 1603, non c’è alcun dato relativo a Santa Broccola, a parte il

solo nome del casale; ma che spettasse a Valerio Massimo (figlio di Mario proprietario nel1588, e padre di Mario proprietario nel 1660) risulta indirettamente dall’elenco dei confini delcasale “La Magionetta”, tra i quali figura - per l’appunto - anche «S.ta Broccola del sig. ValerioMassimo» (Mario Massimo era morto nel 1595): COSTE 1969, rispettivamente: p. 89, n. 397 e p.101, n. 536. Per la genealogia di questo ramo della famiglia Massimo, cfr. WEBER 1999-2002, VI,pp. 589-590.

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corso del lavoro di copiatura, Cordiale dovette accorgersi di alcune impre-cisioni nel testo della legenda, tanto che in due casi aggiunse una parolanell’interlinea con la sua scrittura più corsiva, paragonabile alla notaaggiunta più in basso (si tratta delle parole distintamente, appariva). Lascala di 60 catene non presenta la decorazione con il compasso che figuranell’originale, anche se per il resto è identica. L’aspetto generale della pian-ta è più nitido anche a causa del supporto cartaceo e del migliore stato diconservazione.

AS ROMA, CDM, I, 94/827, n. 2: «Agro Romano. S. Procula, tenuta Mas-simi poi dei fratelli Carlo, Tommaso, Francesco e Antonio Merolli» (6novembre 1831).

La pianta presenta il titolo al centro in alto:

«Agro Romano. Misura e Pianta della Tenuta di Santa Procula situata miglia18 fuori di porta San Paolo di pertinenza dell’Illustrissimi signori Carlo, Tom-maso, Francesco ed Antonio fratelli Merolli, ridotta da me infrascritto PeritoAgrimensore in questa proporzione da altra antica pianta rilevata dal quon-dam Marc’Antonio Galassi con la data 26 novembre 1588, alla quale etc., chesi rinvenne della quantità di rubbia romane, come dal seguente indice».

In basso a sinistra figura l’elenco dei corpi di terreno che costituivanola tenuta:

«A. quarto della Pretara in tutto r. 22.3, cioè 1. terreni larghi e pascolivi, 2.macchia unita a confine della Crocetta di Pratica compresa altra spallettamacchiosa che viene al fosso della Magione. B. quarto dell’Isoletta in tuttor. 32.2, tutti terreni larghi, compresa soltanto una piccola spalletta mac-chiosa di rubbio mezzo di qua dal fosso della Magione contraddistintacon il numero 3. C. quarto del Sugareto in tutto r. 32.2, cioè 4. quarticcioloa sinistra della Strada di Roma ad Ardea, 5. a tergo il Casale comprese r.2 di prato. D. quarto grande detto di Mezzo, e delli Lucernari in tutto r.204.3, cioè 6. Terreni lavorativi e pascolivi, 7. Spallette macchiose, 8. laSelvetta. E. quarto della Strada e Castagnola composto di terreni lavorativie pascolivi, r. 96.2.2. F. Macchia Grande, r. 39.2.3. G. Prato del Fontanilesotto la sudetta Macchia, r. 5.2.2.2. H. Prato a tergo il Casale, compresi irecinti alle Fabriche e annessi, r. 2.3. I. Terreno con fontanile in comunecon le altre tenute della Magione, Solfarata e Magionetta, r. 4.1. Ascendein tutto la sudetta tenuta a r. 440.3.2. Roma 6 novembre 1831. SerafinoSala Perito Agrimensore».

Il confine orientale è rappresentato dalla “Strada la quale da Ardea

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conduce alla città di Roma”, oltre la quale sono le tenute della Muratellae di Santa Procula o delle Vittorie. La tenuta confina poi a sud con la tenu-ta della Castagnola, a ovest con le tenute di Campo Selva e Campo Iemini,Tenuta della Crocetta e territorio di Pratica, a nord con la tenuta dellaMagione e Magionetta, della Solforata, del Capannone, a est con la stessatenuta del Capannone, con la tenuta del Sugareto ossia Monachelle. I con-fini sud e ovest insistono in parte sui fossi della Castagnola e di Rio Torto,i quali poi percorrono parallelamente il territorio all’interno della tenuta,cambiando le proprie denominazioni. Una freccia rivolta verso destrasegnala l’indicazione del nord. Questi dati sono completati da una scalagrafica di staioli romani seicento. Macchie e prati sono distinti da diversacaratterizzazione grafica. Edifici e fontanili hanno la campitura rosa tipicadello stile catastale. Numerose pozze d’acqua costituiscono i Lucernari.

La pianta del 1588 conservata nella Collezione I di disegni e mappepuò quindi considerarsi l’originale realizzato per volere dei proprietari,successivamente utilizzato per ricavare una copia firmata da Orazio Cor-diale il 27 marzo 1660 in occasione della consegna all’ufficio della Presi-denza delle strade. Essa si mantenne però in uso anche dopo il suoaggiornamento nel 1660, almeno fino alla metà dell’Ottocento, come èdocumentato dalla trascrizione della legenda originale e della nota sei-centesca. È dunque realistico supporre che essa fosse conservata e si tra-mandasse insieme alla tenuta, passando dapprima dai Massimo (che lapossedevano ancora nel 1692), poi ai Muti, infine (1735) ai Giraud115 sinoa pervenire ai Merolli.

Questa supposizione è confermata da una ricerca effettuata fra lecarte della famiglia Merolli, sicuramente proprietaria della tenuta nel 1831,anno in cui venne realizzata la pianta da Serafino Sala. Infatti, in occasionedella vendita della tenuta alla nota famiglia di mercanti di campagna,come era consuetudine, fu consegnata anche la pianta della stessa, cosìcome tutti gli eventuali atti relativi alle precedenti transazioni. Ciò risultaesplicitamente da una clausola contenuta nel contratto stipulato dal notaioLorenzo Parisotti il 5 marzo 1827, con il quale il conte Pietro Giraud e suamoglie Agnese Negroni avevano venduto la tenuta, di circa 436 rubbia eper la cifra di 44.000 scudi, ai fratelli Carlo, Tommaso, Francesco e Anto-nio Merolli: «Dichiarano li sudetti fratelli Merolli esser stata ad essi conse-

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115 Per la proprietà nel 1692: CINGOLANI 1692, n. 197 (FRUTAZ 1972, II, tav. 168); per la pro-prietà dei Giraud nel 1750: VENUTI, p. 385. Non è noto quando i Massimo alienarono ai Muti latenuta, per le cui vicende patrimoniali si vedano le scarne notizie in TOMASSETTI 1975-1980, II,p. 517.

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gnata la pianta della tenuta»116. Allo stesso modo la pianta cinquecentescadovette giungere nelle mani del Giraud dal precedente proprietario, citatonel medesimo atto, il marchese Girolamo Muti, il quale la alienò il 14 set-tembre 1735, con atto rogato dal notaio dell’Auditor Camerae Paparozzi.Si tratta di un tipico caso di conservazione e di trasferimento di carte anti-che da un archivio a un altro in qualità di munimina, come già osservatorelativamente ad altre tenute.

Considerato il cattivo stato di conservazione della pianta, i fratelliMerolli dovettero incaricare Serafino Sala di redigerne una copia, comedichiarato nella legenda della pianta del 1831. Le due piante furono con-servate insieme nell’archivio della famiglia e utilizzate per effettuare i con-teggi e le verifiche delle superfici dei vari appezzamenti via via concessi inaffitto nel corso degli anni successivi. Di questo impiego vi è riferimentoin una nota contenuta in una scrittura privata relativa a una vendita di erbedel 13 ottobre 1840117. Questa pratica dovette proseguire sino a quando l’ar-chivio Merolli venne depositato presso l’Archivio di Stato di Roma, e lepiante estrapolate per concorrere alla formazione della Collezione I di dise-gni e mappe.

Quindi, verosimilmente, le due piante di Santa Procula - fra cui unadelle piante più antiche di tenute dell’Agro Romano conservate in asso-luto - erano incluse proprio nella busta 1 dell’archivio Merolli, prima divenir scorporate (insieme ad altre analogamente non più presenti nellabusta)118, e inserite nella Collezione I di disegni e mappe. L’archivista sirese conto del legame che univa le due piante e - fortunatamente - nonle separò, consentendo di ricostruire le vicende patrimoniali della tenutae la storia delle due unità cartografiche ad essa relative.

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 101

116 AS ROMA, Famiglia Merolli, b. 1 (tenute), fascicoli 7-13, Santa Procula, anni 1823-1875,in particolare: fasc. 8, copia dell’atto di acquisto, 5 marzo 1827. Sulla famiglia Merolli: PISCITELLI1958.

117 AS ROMA, Famiglia Merolli, b. 1 (tenute), fasc. 10.118 Piante di Posticciola, Santa Maria Nuova e Casalrotondo, elencate in una lista di atti e

carte inerenti la consegna della tenuta di Santa Procula agli affittuari Finocchi nel 1850 (AS ROMA,Famiglia Merolli, b. 1, fasc. 10). Si tratta senza alcun dubbio della pianta 93/761 della CollezioneI di disegni e mappe denominata: «Piante delle tenute di Grottoni ossia Posticciola, Casal Rotondoe Torricola (...) di pertinenza dell’Ill.mo Sig. Giuseppe Merolli», non datata ma attribuibile allametà del XIX secolo. Anche per la pianta 92/736: «Topografia della tenuta di Casanuova (...) fuoridi Porta Pia spettante all’Ill.mo Signor Tommaso Merolli», non datata ma certamente del XIX seco-lo, si può ipotizzare la provenienza dall’archivio Merolli.

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5. Le piante del Seicento

Passiamo ora ad analizzare alcune piante del ‘600, periodo per ilquale le testimonianze sono più numerose, in quanto la produzione car-tografica è stata senza dubbio maggiore, da un lato verosimilmenteincentivata dall’iniziativa di Alessandro VII per l’esecuzione del Catastoalessandrino; dall’altro perché famiglie ed enti religiosi hanno posto piùattenzione alla realizzazione sistematica di questi documenti, che costi-tuivano certamente dei titoli di proprietà necessari anche ad una più fun-zionale gestione del bene fondiario; infine perché prende piede la praticadi allegare, qualora fosse necessario, le piante di tenute e terreni agli attinotarili che avevano per oggetto quegli stessi beni119.

5.1. Massa e Gallesina e pedica Maglianella. Le piante della tenuta di Massa e Gallesina (poi “Massagallesina”) e

della pedica della Maglianella (a volte denominata anche pedica dellaGallesina), sono trattate insieme in quanto appartenute ad un medesimoproprietario, come esplicitamente indicato nella legenda della piantadella Pedica alla Maglianella (Collezione I di disegni e mappe, I, 93/773,n. 1)120, e interessate da comuni vicende patrimoniali e cartografiche, chesaranno ricostruite nelle pagine che seguono.

5.1.1. AS ROMA, CDM , I, 93/758, nn. 1-4: Massa e Gallesina. In questa unità sono conservati quattro fogli relativi alla tenuta di

Massa e alla pedica della Gallesina. Si tratta, più in particolare, di unapianta della pedica della Gallesina di Carlo Antonio Paolini del 13 giugno1665 (93/758, n. 1), di una pianta della tenuta di Massa alias Gallesinadi Marc’Antonio Piuselli del 1660 (93/758, n. 2), di un disegno a chinasenza data della tenuta di Massa e Gallesina (93/758, n. 3) e infine di unacarta con segno di ripiegatura a metà e appunti a penna, interpretabilecome camicia nella quale doveva essere conservata la prima pianta inquanto reca le medesime informazioni che si trovano scritte sul verso diessa (93/758, n. 4). La progressiva numerazione della quattro carte èriportata a matita sul verso delle stesse.

AS ROMA, CDM, I, 93/758, n. 1: «Pianta et misura della Pedica dellaGallesina» (13 giugno 1665; fig. 2).

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri102

119 PASSIGLI 2009, pp. 20-22.120 «…Pedica alla Maglianella delli Massa li medesimi padroni della Gallesina…».

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La pianta è realizzata a china e acquerello, unicamente in tinta verde,e presenta segni di piegatura in otto. A destra si trova la legenda conandamento verticale compresa all’interno di una cornice:

«Pianta, et misura della Pedica della Gallesina posta fori di porta San Pancra-zio apresso li suoi descritti confini misurata il dì 22 maggio 1665 giorno inti-mato da me infrascritto Perito eletto nell’atti delli signori Masti <sic per mae-stri> de Strade per parte della Chiesa di San Rocco, et delli Signori MarcoVivaldo, et Signora Olimpia Massa patroni insieme con il signor Giu[seppe]de Bartolomei altro Perito eletto ex officio per parte del Tribunale sudetto,et la trovo esser di rubbia trenta sette et uno scorzo e mezzo conforme lamesura rom(an)a che però etc. questo di 13 giugnio 1665. Rubbia 37.1.1/2.Io Carlo Antonio Pavolini Agrimensore affermo come sopra mano propria.Io Giu(seppe) de Bartolomei affermo come sopra mano propria».

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 103

2. Pianta, et Misura della Pedica della Gallesina posta fori di porta S. Pancratio (...), 13giugno 1665; il nord è verso l’angolo destro in alto (AS ROMA, CDM, I, 93/758, n. 1)

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Il nome del perito del Tribunale delle strade, Giuseppe de Bartolo-mei, non è facilmente leggibile in quanto ricade in corrispondenza dellapiegatura longitudinale della pianta, ma si può desumere dalla sottoscri-zione che conclude la legenda.

Sul verso, in alto a sinistra:

«Viarum. Pro», segue spazio lasciato in bianco, e poco più sotto:«Venerabilem Ecclesiam Sancti Rochi, et Illustrissimum dominum MarcumVivaldum et Illustrissimam dominam Olimpiam Massam Coniuges. Die 21iulii 1665. Marticarus notarius»121.

In basso a sinistra, di traverso:

«Adì 17 settembre 1697 per l’atti del Sercamilli not(ar)o Cap(itolino) affit-tato al Signor Marchese Venantio Giovi la Pedica della Galesina»122.

La pedica confina con il “Fosso della Magnanella” e, da ovest versoest, con le seguenti tenute: “Fontignano casale delli Reverendi Capitoloet Canonici di Santa Maria in Trastevere”, “Pesce delli Reverendi Canonicidi Sant’Angelo in Pescaria”123, “Pedica della Morte delli Canonici di SanGiovanni in Laterano”124. Il confine è scandito da cippi, disegnati con

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri104

121 L’atto menzionato non risulta tra quelli del notaio Theodorus Marticarus in AS ROMA,Notai del Tribunale delle acque e strade, notaio Theodorus Marticarus, vol. 92 (1665), né alladata né nella rubrica, e nemmeno in AS ROMA, Tribunale delle acque e strade, notaio TheodorusMarticarus, vol. 112 (1665), né alla data né nella rubrica.

122 Questo atto è invece contenuto in AS ROMA, Trenta Notai Capitolini, uff. 6, notaioMarius Claricius, successore del Sercamilli, cc. 360rv e 373rv. Con esso, il 17 settembre 1697,Antonio figlio del defunto Taddeo Massa concedeva in affitto a Venanzio Giovi per sette annila pedica, facendo riferimento anche al «recinto dove era la vigna, stazzo, fontanile e grottacon terreno, casa e forno esistente nel mezzo della tenuta della Gallesina».

123 Nel 1660, secondo quanto risulta dal Catasto alessandrino, i canonici di Sant’Angelo inPescheria erano proprietari unicamente del casale Maglianella (433bis/33), quindi la denomi-nazione Pesce deve essere attribuita a questo casale in relazione al titolo della chiesa proprie-taria. Nulla a che vedere, pertanto, con il confinante casale Piscis o Acquafredda del capitolodi San Pietro. Si coglie l’occasione per segnalare che la pianta citata non comprende la por-zione a sud della via Aurelia, che invece risulta senza alcun dubbio far parte di questa tenuta,come si evince sia dai confini indicati nella pianta della Massimilla (Catasto alessandrino,433bis/31) e in quella di Massa Gallesina (Catasto alessandrino, 433bis/32), sia dalla mappadel Catasto gregoriano (AS ROMA, Presidenza generale del censo. Catasto gregoriano, AgroRomano, mappe 64 e 86, tra le quali è suddivisa questa tenuta).

124 Si tratta di una delle diverse pediche che si trovavano nella zona della Maglianella,tutte, originariamente, con la medesima denominazione di pedica della/alla Maglianella. Inparticolare, la pedica della Morte - già della Maglianella - di 34 rubbia e 2 quarte, deve il suo

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visione prospettica, sui quali è riportata la sigla MA125, come specificatoin una nota in basso a sinistra sulla pianta stessa. Mancano indicazioni discala e orientamento.

È singolare osservare come il disegno territoriale di questa pedica siaquello che nel Catasto alessandrino è, erroneamente e sorprendente-mente, attribuito al Casale della Morte (428/17) che, invece, confinava adest con la pedica della Gallesina. Nonostante ciò, i confini indicati nellalegenda sono quelli effettivamente del Casale della Morte, fra i quali, peresempio, il casale di S. Ambrogio della Massima. Non si è in grado di sta-bilire l’origine di questo errore grossolano, ma ciò ha indotto in erroreanche il Cingolani il quale indica con il n. 119 il Casale della Morte (cheinvece è la pedica della Gallesina) e con il n. 116 la pedica della Maglia-nella di S. Rocco e dei Signori Massi, ossia la nostra pedica della Gallesina(che, invece, è la porzione della tenuta della Maglianella di S. Angelo inPescheria, a sud della via Aurelia; si veda nota 123)126.

Il quarto foglio contenuto nell’unità di conservazione (93/758, n. 4)è privo di raffigurazioni ma riporta le medesima annotazioni del 1665 e1697 presenti nel verso della pianta 93/758, n. 1, oltre a una serie di contie tracce di piegatura a metà: esso sembra dunque potersi identificarecome l’originaria camicia della pianta n. 758/1, anche se non è chiaro ilmotivo della sua collocazione archivistica come unità a parte.

AS ROMA, CDM, I, 93/758, n. 2: «Misura e pianta della tenuta di Massaalias Gallesina» (29 marzo 1660; tav. 7).

La pianta è realizzata a china e acquerello. In basso a sinistra è unalegenda circondata da cornice lineare:

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 105

nome al proprietario che subentrò alla famiglia Cenci nel 1578, ossia la cappella dei Santi Filip-po e Giacomo o dei Morti in San Giovanni in Laterano (RUGGERI 2002, pp. 96-98 e note 280 e281). Si veda sotto, la nota 133.

125 Lettere presumibilmente riferibili al cognome dei proprietari, la famiglia Massa, da cuideriva una delle due denominazioni del casale, che già nella seconda metà del ‘500 spettavaad essa (Casal di Gallese nella lista di Renzi e Bardi, in COSTE 1971, p. 92, n. 72) e la cui deno-minazione originaria - poi soppiantata da quella della famiglia - era Malagrotta, data la conti-guità con l’omonimo casale confluito nella tenuta di Castel di Guido dell’ospedale di S. Spirito(Malagrotte delli sig.ri Massa nel 1603, in COSTE 1969, p. 76, n. 249). I Massa possedevano ilcasale perlomeno dal 1577, cfr. nota 141.

126 Difficoltà interpretative nel ricostruire l’assetto fondiario in questa zona sono statemesse in luce da SCOTONI, pp. 201-203 e RUGGERI 2002, p. 98, nota 281, e i motivi adesso sonochiari. Ricordiamo, a maggior chiarimento, che questo terreno (pedica della Gallesina) è quelloche nel Catasto gregoriano è indicato come pedica Massimi, compresa nella mappa 44 del-l’Agro Romano.

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«Misura e Pianta della Tenuta di Massa, alias Gallesina misurata da meinfrascritto la trovo essere in quantità di Rubbia novant’otto, e quarta una.La Pedichetta dall’altra parte della strada, rubbia 8.3. Che assieme sonoRubbia 107. Questo di 29 marzo 1660. Marc’Antonio Piuselli».

I confini sono costituiti dai beni dell’ospedale di S. Spirito, al di làdel fosso di Galera (ossia la tenuta di Castel di Guido), dal casale dellaSelce delle monache di S. Sisto, dai beni di S. Angelo in Pescheria(Maglianella), dalla tenuta di Massimilla dei signori Massimo127. Il disegnoè curato e ricco di particolari, fra i quali spicca uno stemma, in cui si rico-nosce l’arma della famiglia Massa, originaria di Gallese ed estinta conOlimpia, che nel 1663 aveva sposato il nobile genovese Marco Vivaldi128.Proprio dalla città di origine dei proprietari deriva anche la denominazio-ne Gallesina, attribuita sia alla tenuta sia alla pedica, quest’ultima indicataanche come pedica alla o della Maglianella, come si vedrà più avanti.La “Strada publica che da Roma va a Civitavecchia” (Aurelia) è coloratadi rosa e il ponte vi è solo segnato, senza denominazione. Sul verso, soloalcuni conti.

AS ROMA, CDM, I, 93/758, n. 3: «Massa seu Gallesina» (seconda metàdel XVII secolo; fig. 3).

Pianta realizzata unicamente a china, della tenuta Massa seu Gallesi-na, come indicato in un cartiglio in alto. La pianta non ha legenda, néscala e orientamento, né data, motivi che ne rendono impossibile cono-

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri106

127 Si osservi che, nonostante sia indicata la famiglia Massimo quale proprietaria dellaMassimilla, la pianta del Catasto alessandrino (433bis/31) dimostra che nel 1660 essa erainvece posseduta dal conte Francesco Maria Melchiorri; solo a partire dagli ultimi decenni delsecolo, a quanto sembra, la tenuta passò nelle mani dei marchesi Massimo ai quali rimasefino al Novecento. Risulta in particolare il 1683 la prima data in cui si fa menzione del mar-chese Fabio Massimo quale proprietario della Massimilla (WEBER 2003-2004, I, p. 139). Ladenominazione “Massimilla”, che compare per la prima volta in questi documenti del 1660,potrebbe però suggerire - sebbene per ora non documentata - un’appartenenza del casale allafamiglia Massimo, che nel XVI secolo aveva numerosi beni in questa zona, anche anterior-mente al possesso da parte del conte Melchiorri: si tratterebbe di un altro dei numerosi esem-pi di nome di una tenuta derivato dal nome del proprietario. Come ipotesi tutta da verificare,riteniamo possa essersi trattato del casale di Malagrotta posseduto alla fine del ‘500 da PietroMassimo (COSTE 1971, p. 92, n. 73), contiguo all’omonimo della famiglia Massa (futura MassaGallesina; si veda la nota 125).

128 AMAYDEN 1914, I, pp. 63-64. Lo stemma ha in comune con quello raffigurato dall’Amay-den la lettera gotica A nera, le tre rose rosse e la striscia ondulata che sta per un fiume oppureper un’anguilla. A Gallese, dove nella seconda metà del secolo XVI visse il personaggio piùnoto della famiglia, il giurista e letterato Antonio, sorge un palazzo della famiglia Massa conlo stemma scolpito sulla facciata.

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scere la superficie della tenuta. Questa è delimitata in gran parte, versol’alto (sud), dalla “Strada Romana per la quale si va a Civitavecchia” (viaAurelia), che la separa da una “Pedica” spettante a questa stessa tenutae dai confinanti casali di S. Angelo in Pescheria a sinistra, di S. Maria inTrastevere in alto129, del conte Francesco Maria Melchiorri (Massimilla) adestra della Pedica. I restanti confini sono, a destra il “Fosso di Galera”con il “Ponte”; in basso la “Monachina delle Reverende Monache di SanSisto e Domenico”130, a sinistra il “Casale del Capitolo di Sant’Angelo”(Maglianella). Nella porzione in basso della tenuta è dato volutamente

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 107

129 Si tratta del casale Fontignano (433bis/30), porzione del cui territorio si incuneava fraMassimilla (dei Melchiorri) e Maglianella (di Sant’Angelo in Pescheria). Questi dati non recanonulla di nuovo rispetto all’assetto del 1660, pur offrendo la pianta un maggior dettaglio rispettoalla pianta di Marc’Antonio Piuselli (la 758/2).

130 Casale Selce, la cui pianta per il Catasto alessandrino risale al 1607 (433bis/40).

3. Massa seu Gallesina, seconda metà del XVII secolo; il nord è verso l’angolo sinistro inbasso (AS ROMA, CDM, I, 93/758 n. 3)

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risalto al disegno di una “Vigna”, delimitata entro un confine rettangolaree comprendente anche la raffigurazione di una struttura edilizia con torreemergente e di un fontanile.

Per quanto concerne la datazione, la pianta potrebbe ascriversi allaseconda metà del ‘600, considerate le strette analogie con la pianta93/758, n. 2, datata 1660, e per quanto si dirà nel § 5.1.4.

A parte la pianta 93/758, n. 1, che raffigura un altro terreno, ossia lapedica della Gallesina, queste ultime due piante (93/758, nn. 2-3), purriproducendo il medesimo appezzamento, non hanno alcun legame, nérelazioni di discendenza fra loro, considerate le marcate differenze di stilee di contenuti. La pianta 758, n. 2 è più curata e ricca di particolari fra iquali spiccano la coloritura, la legenda e lo stemma. Due elementi chia-ramente discordanti che risultano dal confronto fra esse sono la posizionedella pedica al di là della via Aurelia, che nella 758, n. 2 risulta erronea-mente al centro della tenuta mentre in realtà essa si trova decisamentespostata verso est (sinistra, nella fig. 3)131, e il nome di uno dei confinantiche nella 758, n. 2 fa riferimento alla famiglia Massimo mentre nella 758,n. 3 è il conte Melchiorri132. Nella pianta 758, n. 2, inoltre, mancano sia ildisegno del circuito rettangolare contenente vigna, edificio del casale efontanile, sia quello della superficie a prato presso il fosso di Galera(anche questo omesso), invece ben evidenziati nella pianta 758, n. 3.

5.1.2. Pedica Maglianella. Si tratta di due piante conservate in ASR, Collezione I di disegni e

mappe, I, 93/773, nn. 1-2: «Pedica alla Maglianella» (29 marzo 1660).

La prima di esse (93/773, n. 1; fig. 4) è una:

«Misura e Pianta d’una Pedica alla Maglianella delli Massa li medesimipadroni della Gallesina, misurata da me infrascritto la trovo essere laquantità di Rubbia quaranta, Quarte due e Scorzi tre. Questo dì 29 marzo1660. Marc’Antonio Piuselli».

Si osservi la dicitura espressa nella legenda delle due piante in que-stione: l’agrimensore sembra esprimere piena consapevolezza che nel-

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131 Si tratta probabilmente di un errore che contraddistingue questa raffigurazione, inquanto tutte le altre piante, che si citeranno più avanti, localizzano correttamente la pedica inposizione più laterale verso la sinistra del disegno.

132 Per questa discordanza, v. sopra, nota 127.

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l’area vi fosse più di una pedica priva di una propria specifica denomi-nazione, se non il fatto di trovarsi in una certa zona geografica. Infatti lapedica in questione è localizzata in modo generico alla Maglianella133.

La seconda delle due piante (93/773, n. 2; fig. 5) è una:

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 109

133 La restituzione cartografica delle piante del Catasto alessandrino di Lando Scotoni(SCOTONI, tav. XIII), seppure con qualche inesattezza legata ai motivi esposti a nota 126, evi-denzia bene almeno quattro pediche in questa località, distinguendole con i numeri 11, pedicadella Maglianella di Sant’Ambrogio della Massima (433bis/34); 12, casale o pedica della Mortedei beneficiati del Laterano, già pedica Maglianella dei Cenci, cfr. nota 124 (428/17); 13, pedicadei Quaranta del conte Melchiorri (433bis/39) e 16, pedica della Maglianella di Taddeo Massa(433bis/37) corrispondente a quella raffigurata anche nelle piante in questione. Per un’analisidel termine pedica nei secoli XVI e XVII, v. RUGGERI 2002, pp. 10-11.

4. Misura e Pianta d’una Pedica alla Maglianella delli Massa li medesimi Padroni dellaGallesina, 29 marzo 1660; il nord è verso l’angolo sinistro in basso (AS ROMA, CDM, I,93/773 n. 1)

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«Misura e Pianta d’una Pedica alla Maglianella delli Massa li medesimipadroni della Gallesina, misurata da me infrascritto la trovo essere laquantità di Rubbia quaranta, Quarte due e Scorzi tre. Questo di 29 marzo1660. Marc’Antonio Pinselli <sic>».

La pianta ritrae l’identica porzione di terreno di quella precedente,ma il disegno è unicamente a penna, realizzato con uno stile più sche-matico. Sono assenti i dettagli paesaggistici, pur non necessariamenterealistici, presenti nella pianta 773, n. 1. Il foglio reca una numerazionedi carte sull’angolo in basso a sinistra (sul recto 183, sul verso 182). Que-sto dato consente di escludere che esso sia stato estratto da un protocollonotarile, perché in questo caso, come era consuetudine, avrebbe recatola numerazione solo sul recto. La stessa mano, a conferma che si tratti diuna copia della pianta 773, n. 1, ha aggiunto la seguente nota sotto lalegenda:

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri110

5. Misura e Pianta d’una Pedica alla Maglianella delli Massa li medesimi Padroni dellaGallesina, 29 marzo 1660; il nord è verso l’angolo sinistro in basso (AS ROMA, CDM, I,93/773 n. 2)

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«Secondo la calcolazione fatta con li numeri originali viene la quantità diR. 41.3.1.3 cioè più R. 1.0.2.3 di quella sopra espressa».

Entrambe le piante sono orientate con il nord in basso, verso l’ango-lo sinistro, e la legenda è ubicata in basso a sinistra: nella prima piantaessa è racchiusa all’interno di un riquadro, mentre nella seconda il testoè privo di cornici. La pedica è delimitata dal “Fosso della Maglianella” asinistra, da “Santa Maria in Trastevere” (Fontignano) in alto e a destra, inbasso confina con la “Pedica della Morte di San Giovanni in Laterano”,con “Sant’Angelo in Pescaria” (Maglianella) e con la “Massimilla deisignori Massimi”134. Sul corpo del terreno sono leggibili solo le misure e,unicamente nella pianta 773, n. 1, spicca una caratterizzazione grafica peri cespugli con una leggera coloritura verde.

La seconda pianta, con tutta probabilità, discende dalla prima. Il cal-colo della superficie che vi è riportato sembra essere stato rifatto dal-l’estensore: egli, infatti, dopo aver copiato i numeri originali della misu-razione, dovette ricalcolare in modo autonomo la superficie ottenendocome risultato una cifra superiore a quella indicata nella pianta 773, n. 1,come egli stesso sentì il bisogno di segnalare nella nota sotto la legenda.Il rapporto di derivazione fra le due piante è confermato anche dall’er-ronea scrittura del nome dell’agrimensore Piuselli, trascritto come Pinsellinella seconda pianta e dall’aspetto complessivamente più sintetico diquest’ultima.

A conclusione del commento delle piante conservate nella Collezio-ne I di disegni e mappe, occorre sottolineare che nell’intento di chi leaveva commissionate, le piante della Pedica alla Maglianella del 1660(93/773, nn. 1 e 2) raffigurano - nonostante l’evidente differenza di forma- lo stesso appezzamento di terra che nella pianta del 1665 è chiamatoPedica della Gallesina (93/758, n. 1). Le superfici indicate sono diverse,pur essendo quelle delle prime due collegate fra loro. Esse riportanorispettivamente la superficie di rubbia 40, quarte 2, scorzi 3; rubbia 41,quarte 3, scorzi 1, quartucci 3; rubbia 37, quarta 1, scorzi ½. La formadella pedica raffigurata nella pianta del 1665 si discosta sensibilmente daquella delle precedenti, anche se la sequenza dei confinanti è la stessa eciò porta a concludere che, nonostante la diversa denominazione (Galle-

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 111

134 Ferma restando l’incertezza espressa alla nota 127 circa il possesso da parte dei Mas-simo del casale della Massimilla, questo comunque confinava unicamente con la punta del ver-tice del perimetro della pedica alla Maglianella; infatti il nome di questo proprietario confi-nante manca nella pianta 93/758, n. 1.

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sina) e la forma differente, si tratti in realtà del medesimo terreno. Questeincoerenze, in seguito, possono aver dato origine a conflitti giuridici ter-ritoriali dai quali scaturì la necessità di realizzare perizie, misure e piante.Alla luce dei confronti con la cartografia di età successiva135, risulta chela raffigurazione corretta della pedica è quella della pianta 93/758, n. 1,realizzata nel 1665.

5.1.3 Le piante del Catasto alessandrino. La pianta del Catasto alessandrino del casale di Massa e Gallesina

(433bis/32) riproduce un terreno sostanzialmente simile a quello raffigu-rato nella pianta 93/758, n. 2 della Collezione I di disegni e mappe. Inbasso a sinistra, al di sotto di uno stemma della famiglia Massa, menosontuoso e privo delle volute e del cartiglio che decorano l’identico stem-ma nell’altra pianta, è la legenda inquadrata da una semplice cornice adoppio riquadro:

«Misura e pianta della tenuta Massa alias Gallesina misurata da me infra-scritto la trovo esser la quantità di Rubbia 98 Quarta 1. La pedichetta dal-l’altra parte della strada Rubbia 8 Quarte 3 che assieme sono Rubbia 107.Questo dì 29 marzo 1660. M(arco) Ant(oni)o Piuselli m(an)o p(ro)p(ri)a».

Il disegno della tenuta, come nelle altre piante, è capovolto e quindipresenta il nord in basso. I confini sono: in alto, oltre la “Strada che vaa Civitavecchia” (via Aurelia) e ai due lati della “Pedichetta”, il casaleMassimilla, anche in questo caso - in stridente contrasto con la contem-poranea pianta di questo casale (433bis/31)136 - attribuito ai “signori Mas-simi” e il casale di S. Angelo in Pescheria (Maglianella); a destra, oltre ilcorso d’acqua, la proprietà dell’ospedale di S. Spirito (Castel di Guido);in basso il casale della Selce del monastero di S. Sisto; a sinistra nuova-mente il già citato casale di S. Angelo in Pescheria.

Nonostante in qualche particolare (quale per esempio lo stemma)questa pianta possa sembrare più approssimativa, anche nella scrittura,che appare più corsiva, è ragionevole pensare invece che possa trattarsiproprio della pianta originale del casale, come indicherebbe la firma

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri112

135 Come, per esempio, la mappa del Catasto gregoriano del 1819 cit. a nota 126.136 Si veda sopra, nota 127: il casale Massimilla in quest’epoca era ancora dei Melchiorri e

solo alcuni anni dopo (1683) risulta essere dei Massimo. Tuttavia, ad eccezione della pianta93/758, n. 3, che riporta il nome del proprietario degli anni ’60 ossia il conte Francesco MariaMelchiorri, le restanti piante - quelle cioè contenute nell’archivio di S. Rocco, di cui si tratteràpiù avanti - indicano i Massimo, il che farebbe pensare che esse siano copie successive.

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autografa dell’agrimensore. Da essa potrebbe derivare dunque l’esempla-re presente nella Collezione I di disegni e mappe 93/758, n. 2, che pre-senta una scrittura più posata e uno stemma più elaborato.

La pianta della pedica della Maglianella di proprietà di TaddeoMassa, datata 29 marzo 1660 (433bis/37), con una superficie di 40 rubbiae 3 scorzi, sottoscritta dall’agrimensore Marc’Antonio Piuselli ma senzal’annotazione «mano propria», raffigura - pur con qualche lieve differen-za stilistica - la pedica con la medesima forma e proporzione e con gliidentici confini riportati nelle due piante (originali o copie che siano)realizzate lo stesso giorno dallo stesso agrimensore, conservate nellaCollezione I di disegni e mappe (93/773, nn. 1 e 2). Essa presenta carat-teristiche grafiche e stilistiche simili a quelle della pianta del casaleMassa e Gallesina realizzata dal medesimo agrimensore per il Catastoalessandrino, pur presentandosi complessivamente più sintetica e conscrittura assai corsiva nella legenda: per tutti questi motivi, essa potreb-be rappresentare una versione realizzata velocemente per la consegnaall’Ufficio della Presidenza delle strade. Quindi, pur con motivazionidiverse, la pianta del Catasto alessandrino e la 93/773, n. 2 derivereb-bero entrambe da un medesimo originale che potrebbe identificarsi conla 93/773, n. 1.

In conclusione, se veramente le piante 93/758, n. 2 e 93/773, n. 1sono quelle originali delle due proprietà spettanti alla famiglia Massa(la tenuta della Gallesina e la pedica alla Maglianella), e se in quantotali furono conservate nell’archivio di famiglia, non sono tuttavia notele loro successive vicende archivistiche, né da quale fondo esse sianostate estratte al momento dell’inserimento nella Collezione I di disegnie mappe. Ciò che comunque rimane appurato è che la pianta 93/758,n. 1 è l’unica di quelle relative alla pedica Gallesina/Maglianella/Massi-mo di cui si è parlato, che riporta la corretta raffigurazione di questoterreno: anche quelle conservate nell’archivio di S. Rocco infatti - dellequali si parlerà fra breve - raffigurano lo stesso appezzamento dellepiante 93/773, nn. 1 e 2 e della pianta del Catasto alessandrino. Forseessa venne realizzata, solo cinque anni dopo quest’ultima (1665), pro-prio perché ci si era resi conto dell’errore commesso dall’agrimensorePiuselli nel 1660.

5.1.4. Le piante dell’archivio dell’ospedale di S. Rocco. Nell’archivio dell’ospedale si conserva una serie di sette Piante della

tenuta Massa Gallesina fuori porta Cavalleggeri realizzate su carta, conidentici caratteri stilistici costituiti da cornice rettilinea marrone, legenda in

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 113

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basso a sinistra, coloritura, scrittura posata137. Risulta evidente che essedovevano far parte di un unico corpus sin dall’origine, anche perché tuttesono numerate in alto a destra con numero consecutivo 632, 633, 634,635, (il 636 manca), 637, 638, 639. Come indicato da una nota del 3 gen-naio 1745 firmata da Franciscus Nicolaus Orsinus Illustrissimi TribunalisViarum Notarius, presente in tutte le piante, posta in basso al di fuoridella legenda, si tratta di copie delle piante redatte il 29 marzo 1660 diMarcantonio Piuselli per la consegna alla Presidenza delle strade, tre dellatenuta di Massa alias Gallesina e quattro della Pedica alla Maglianella138.

Le tre piante della tenuta di Massa Gallesina (nn. 632, 633, 634) sonoidentiche fra loro e molto simili - anche se redatte con stile leggermentepiù posato - sia a quella del Catasto alessandrino, sia a quella conservatanella Collezione I di disegni e mappe (93/758, n. 2). È possibile, anzi, chequest’ultima pianta, sebbene si differenzi dalle tre citate per la mancanzadell’annotazione mano propria accanto alla firma dell’agrimensore e perl’aspetto più decorato dello stemma, facesse originariamente parte diquesto gruppo di piante, e quindi conservata nell’archivio di S. Rocco, dacui potrebbe essere stata estrapolata.

Per quanto riguarda invece le quattro piante della pedica alla Maglia-nella (nn. 635, 637, 638 e 639), anch’esse sono identiche fra loro e deltutto analoghe sia a quella del Catasto alessandrino, sia a quelle conser-vate nella Collezione I di disegni e mappe (93/773, nn. 1 e 2), sebbenequeste - tralasciando le piccole differenze tra l’una e l’altra (in particolare,la correzione a penna della misura della seconda delle due, che ne tra-disce la derivazione dalla prima) - manchino entrambe del segno dimano propria dopo la firma di Marc’Antonio Piuselli. Anche per questepiante, dunque, si potrebbe ipotizzare la provenienza dallo stesso mazzodi copie, dal quale però dovettero essere estrapolate - per motivi ignoti- prima dell’attestazione settecentesca realizzata dal notaio del Tribunaledelle strade Francesco Orsini, analogamente a quanto osservato a propo-sito della pianta 93/758, n. 2139.

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137 AS ROMA, Ospedale di S. Rocco, b. 801, «Piante della tenuta Massa Gallesina fuori portaCavalleggeri». La busta comprende fascicoli con inventari vari, elenchi di spese e cause, unostatuto del 1758.

138 «Presens copia plante tenute extracta fuit ex suo proprio originali in actis meis productasub die 31 martii 1660 ad instantiam Illustrissimi Taddei Masse, cum quo facta per me etc. col-latione concordare inveni salvo semper etc. In fidem <sic> etc. Datum Rome hac die 3 Ianuarii1745. Ita est Franciscus Nicolaus Orsinus Illustrissimi Tribunalis Viarum Notarium».

139 Entrambe sono infatti prive dell’attestazione del notaio Francesco Orsini del 1745, pre-sente invece in tutte le altre.

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Nell’archivio dell’ospedale di S. Rocco si conservano gli atti di unacausa protrattasi fino al 1757 ma che, caso non infrequente, risaliva alme-no ad un secolo prima140. La causa era insorta fra l’ospedale - divenutoproprietario della metà della tenuta di Massa e Gallesina in seguito a unlascito testamentario da parte di Pomponio Fosco nel 1650141 - e la famigliaVivaldi, entrata in possesso dell’altra metà della tenuta fin dalla metà delsecolo XVII in seguito al matrimonio fra Marco Vivaldi e Olimpia Massa(personaggi citati nella legenda della pianta ora in Collezione I di disegnie mappe, 93/758, n. 1); la questione aveva come oggetto, più in partico-lare, la proprietà di una piccola porzione di terra compresa all’internodella tenuta. Negli atti della causa sono ripetutamente richiamati numerosidocumenti di affitto nei quali si descriveva questo terreno come «recintodove era la vigna, stazzo, fontanile e grotta con terreno e casa e forno dicapacità di rubbia quattro in circa nel mezzo della tenuta»142.

Fra le memorie richiamate, vi sono gli atti di una precedente causa,vertente fra i Massa e l’ospedale di S. Rocco da una parte, e il conduttoreAlessandro Cartoli dall’altra, in merito ad una modesta superficie di vignaubicata intorno all’edificio del casale, corrispondente al terreno sopradescritto. In questa occasione veniva avanzata la richiesta di una periziae di una misura, mediante il ricorso a un perito agrimensore. Venne cosìconvocato dal camerlengo dell’ospedale il perito Carlo Antonio Paolini,che firmò la perizia il 6 aprile 1661143. A questa perizia potrebbe ragione-

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140 AS ROMA, Ospedale di S. Rocco, b. 45, tomo 58, p. I: «Romana pecuniaria ac casalis etterreni contro li signori Vivaldi».

141 La storia del passaggio di proprietà della tenuta dalla famiglia Massa (che la possedevaalmeno dal 1577) all’ospedale di S. Rocco viene ripercorsa in un memoriale settecentesco diAndrea De Rossi Adami (AS ROMA, Ospedale di S. Rocco, b. 45). Giovanni Battista Massa avevadato la figlia Clementia in moglie ad Angelo Fosco con una dote di 5000 scudi (23 ottobre1599). Non potendo pagare la dote, dette in pegno una casetta che aveva in piazza Navona emetà della tenuta Massa o Gallesina. Nel 1602 Angelo Fosco si fece consegnare ufficialmente laporzione del casale e della vigna che vi era compresa. Dai due nacque un figlio, Pomponio che,morendo nel 1650, istituì erede universale la cappella della Beatissima Vergine Maria nella chie-sa di S. Rocco. Fu necessario un giudizio nel 1669 perché l’ospedale potesse entrare in possessodella metà che gli spettava, compresa la metà della vigna (in quanto i fratelli Massa possedevanopro diviso il bene, in seguito a un atto di divisione risalente al 1577). Nel memoriale non si facenno, a quanto sembra, all’altra metà del casale, posseduto dalla famiglia Vivaldi.

142 AS ROMA, Ospedale di S. Rocco, b. 45, atto del 24 ottobre 1709 redatto dal notaio Hiero-nymus Sercamilli, con il quale il defunto Antonius Massa junior quondam Taddei concedeva inaffitto l’appezzamento a Emiliano Pascuccio. Questa concessione ricalca le precedenti, la primadelle quali risaliva al 1697 e figura citata sul verso della pianta 93/758, n. 1, v. supra, nota 122.

143 AS ROMA, Ospedale di S. Rocco, b. 45: «Io infrascritto agrimensore e perito eletto dalsignor Alesandro Cartoli nell’atti del Niccoli notaro della R. C. ad effetto di misurare la tenuta

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volmente ricollegarsi la pianta presente nella Collezione I di disegni emappe, 93/758, n. 3: essa infatti, a differenza delle altre piante, evidenziail perimetro della vigna e gli edifici compresi nell’appezzamento ed inol-tre, grazie all’indicazione di uno dei proprietari confinanti, il conte Fran-cesco Maria Melchiorri, è attribuibile proprio agli anni intorno al 1660.Anche una serie di confronti con la scrittura posata di Paolini su alcunepiante del Catasto alessandrino da lui redatte, contribuisce a sostenerequesta ipotesi144. La pianta potrebbe dunque essere stata scorporata dal-l’atto conservato in originale presso l’archivio dell’ospedale di S. Rocco einserita, insieme alle altre aventi come oggetto la stessa proprietà, nellaCollezione I di disegni e mappe.

Lo stesso Paolini realizzò, nel 1665, la pianta del terreno che nellaperizia del 6 aprile 1661 è denominato Pedica grande, che corrisponde inrealtà alla “Pedica della Gallesina” (ossia al terreno raffigurato nella pianta93/758, n. 1), che, a sua volta, doveva essere allegata a un atto notariledel notaio Marticarus come annotato sul retro145, e che dovette venirneestrapolata per inserirla nella Collezione di disegni e mappe. Già alla metàdel Settecento, l’atto non doveva essere più reperibile, in quanto esso nonfigura mai citato negli atti della causa dove, pure, si fa riferimento a mol-tissimi documenti di affitto e a perizie. Quanto alle motivazioni chepotrebbero essere state alla base della redazione di questa pianta, questesono da ricercare - come già rilevato - nel fatto che tutte le altre piantedella pedica, compresa quella del Catasto alessandrino, erano sostanzial-mente erronee per quanto attiene la forma dell’appezzamento.

I medesimi atti della causa settecentesca di cui sopra menzionanoesplicitamente un’ulteriore misura realizzata nel 1720 da Francesco Speran-dio «accuratissimo Urbis Agrimensore una cum planta ab ipso delineata et

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e pediche della Gallesina spettante all’Illustrissimo signor Taddeo Massa e chiesa di San Rocco,come anche per stimare la Valle che si è riserbata messer Carlo Cipriano per falciarla, comeprato nuovo (…)». Segue l’elenco dei quarti con le superfici. La superficie totale ammonta arubbia 97 e ¾. «Là dove sta il casale, fontanile, grotta e recinto di fratta sono rubbia due emezzo, le quali non si comprendono nelle sudette 97 rubbia e ¾. La pedichetta confinante conla Strada romana e la Massimilla: r. 9, sc. 3. La pedica grande confinante con il Casale di SantaMaria in Trastevere e la pedica della Cappella dei Morti in San Giovanni in Laterano: r. 35. Intutto rubbia 141 e ¾»; la perizia è sottoscritta da Carlo Antonio Paolini. Non è stato possibilerintracciare l’originale di questo atto del notaio Dominicus De Nicolis in AS ROMA, Segretari ecancellieri della R.C.A., uff. 2, vol. 1364, né in AS ROMA, Tribunale della Camera Apostolica,uff. 2, YY, b. 229, Broliardo, né infine in AS ROMA, Tribunale della Camera Apostolica, uff. 2,b. 2065, Sentenze.

144 Per esempio: piante delle tenute Sant’Anastasia (430/21), Tor Fiscale (431/14), SantaColomba (431/15), Prato in Ponte Lamentano (431/35), Casale Rotondo (433A/63).

145 Si tratta dell’atto cit. a nota 121.

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subscripta», misura e pianta che non figurano allegate agli atti in questionee che quindi vanno cercate altrove. Inoltre, a proposito della Pedicha gran-de, negli atti della causa veniva sottolineato che questa non era stata com-presa nella misura di Sperandio ma che di questo appezzamento

«habemus pariter mensurationem factam usque de anno 1660 a quondamMarco Antonio Piuselli publico agrimensore cum planta delineata et istaetiam ascendit ad rubra 40, ut originaliter ostendimus illustrissimo dominoet correspondet planctae istius pedice existenti in Officio Tribunalis Via-rum cum sola differentia quartarum trium ultra rubra 40».

Dunque, fra le carte amministrative dell’ospedale - ente che fu bene-ficiato dal lascito ereditario della metà della tenuta e della pedica nel1650 ma che ne entrò in possesso solo nel 1669 - almeno a partire dal1660 esisteva una pianta della pedica redatta da Marco Antonio Piuselli,dalla quale venne ricavata quella consegnata per il Catasto alessandrinoche se ne distingueva per la sola differenza di superficie di tre quarte.Poiché la pianta dell’Alessandrino esprime una superficie di rubbia 40 escorzi 3, si può concludere che proprio la pianta 93/773. n. 1 fosse quellaalla quale ci si riferiva nell’incartamento giudiziario: quest’ultima riportainfatti la superficie di «Rubbia quaranta, Quarte due e Scorzi tre» ed èquella più vicina alla misura dell’Alessandrino.

5.2. Malpasso. AS ROMA, CDM, I, 93/774: «Tenuta detta Malpasso delle Reverendissi-

me Monache di San Silvestro in Capite» (1674; tav. 8).La pianta è disegnata a penna e acquerello su pergamena, con cor-

nice marmorizzata verde solo sui lati lunghi e titolo in alto al centro. Sullasinistra è una breve legenda, con cornice riccamente decorata recantefigura di pontefice, forse identificabile con san Silvestro papa, e inoltredrago, statue di profilo, decorazioni vegetali, frutta:

«Dichiaratione della misura del sudetto casale. A. Quarto grande, rubbia33; B. Quarticciolo del fontanile, r. 20; C. Prati, r. 11.0.2. Che in tutto sonor. 64.0.2. Anno 1674. Bernardino Calamo Agrimensore mano propria».

In alto a destra è una rosa dei venti, con il nord orientato verso l’an-golo destro in alto. In basso a sinistra è la scala grafica, di catene dieci,decorata con il disegno di un compasso. La tenuta è delimitata da due corsid’acqua anonimi, sui lati nord e ovest, che fanno da confine con il “Casaleabbrugiato de’ canonici di San Giovanni” (Settebagni); l’altro confine è

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costituito dal casale “Violatella de’ canonici di Santa Maria in Via Lata”.Il corpo della tenuta presenta le due caratterizzazioni grafiche dei

monti coltivati (quarti A e B) e dei prati in verde (quarto C). In posizioneadiacente al corso d’acqua all’interno del prato, è il disegno di un piccolofontanile quadrangolare, alimentato dallo stesso fosso. All’interno delquarto A, non lontano dal limite con l’area di prato, è la raffigurazionedell’edificio del casale. Il disegno mostra una tozza torre, rovinata nellaparte alta, con corpi addossati più bassi, uno dei quali, che reca la mede-sima coloritura rosa, ha forma di arco, e l’altro a un piano con tetto aspioventi, è riferibile a una stalla. In posizione antistante, a breve distan-za, sono due grotte.

La pergamena era piegata per lungo e poi in quattro. Sul verso sitrova una collocazione archivistica a penna: «N. 62, Mazzo E, Armario C,p[art]e p[rim]a» con tutta probabilità riferibile all’archivio del monasteroproprietario della tenuta, quello delle clarisse di S. Silvestro in Capite.

La pianta del Catasto alessandrino della Tenuta detta Malpasso(431/9), datata 12 aprile 1660 e firmata dall’agrimensore Giusto Quaranta,è una copia, come indica una scritta a penna posta nell’angolo in alto asinistra. Il possedimento è raffigurato alla stessa scala di dieci cateneromane e in modo analogo alla pianta del 1674 oggetto di questo studio,ma con un tratto meno accurato, che conferisce al prodotto un caratterepiù ‘sbrigativo’, come si è avuto modo di constatare per altre pianteredatte per il Catasto alessandrino. Il corpo della tenuta ha la stessaforma e la superficie è identica. In alto, in posizione decentrata, per farspazio al disegno, è il titolo «Tenuta detta Malpasso delle ReverendissimeMonache di San Silvestro in Capite». Un cartiglio in basso al centro recala seguente scritta:

«Dichiaratione della tenuta di Malpasso. A. Quarto grande Rubbia 33; B.Quarticciolo del fontanile Rubbia 20; C. Prati Rubbia 11, quarte 2. Che intutto sono Rubbia 64, quarte 2. Giusto Quaranta m(ano) p(propria)».

Sul verso si trova una dichiarazione di Carlo Argoli, deputato delmonastero, che attesta la consegna della copia alla Presidenza delle stra-de.

La tenuta è divisa nei tre corpi A, B e C, quest’ultimo consistente inuna compatta superficie prativa, ed è delimitata dal corso d’acqua, il cuiaffluente alimenta un fontanile quadrato del tutto simile a quello raffigu-rato nella pianta del 1674; identica è la posizione dei cippi di confine. Èinvece leggermente diversa la caratterizzazione grafica che campisce i duequarti, anche se in entrambi i casi la tecnica è in stile seicentesco ‘natura-

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listico’. Analoghe anche le scale grafiche, decorate con compassi, seppureposte in posizioni diverse nelle due piante, mentre nelle pianta del Cata-sto manca la rosa dei venti, presente invece nell’altra. La pianta di Bernar-dino Calamo del 1674 differisce da quella di Giusto Quaranta soprattuttoper la sontuosa decorazione della legenda e per la presenza dell’edificiodel casale, assente invece nella pianta del 1660.

Bernardino Calamo, che fu attivo fra il 1604 e il 1636 e suo figlio Fran-cesco, che fu tra i principali agrimensori del Catasto alessandrino, lavora-rono soprattutto per conto dell’ospedale del Santissimo Salvatore ad San-cta Sanctorum. Fra il 1602 e il 1610 è documentata la sua attività per labasilica di S. Maria Maggiore per conto della quale effettuò alcune misuredelle tenute146. Per il Catasto alessandrino eseguì una serie di piante in granparte copiate dagli originali conservati fra le carte patrimoniali dell’ospeda-le del Santissimo Salvatore. Secondo l’accurata analisi delle piante del-l’Alessandrino firmate dai due Calamo condotta da Jean Coste, sembra chequeste siano tutte opera di Francesco. Alcune di esse costituiscono tuttaviauna copia di precedenti carte realizzate dal padre (431/5, 431/11, 431/29,431/34, 432/23, 432/27, 432/37), mentre altre sono originali dello stessoFrancesco (431/27, 433A/11, 433bis/2, 433bis/7, 433bis/14, 433bis/24)147.

Attivo come cartografo fra il 1654 e il 1672, Giusto Quaranta realizzòle prime piante per il Catasto alessandrino copiando lavori di BernardinoCalamo e di altri agrimensori. Oltre che per la famiglia Borghese, è notoper aver autenticato le carte dei possedimenti del monastero romano diS. Silvestro in Capite, compresa quella di Malpasso. Queste furono rea-lizzate presso la bottega di Eliseo Vannucci (431/33, 431/51, 431/53) e inquella di Paolo Picchetti (431/9 e 433/8)148.

I Calamo dunque, almeno tre, se si tiene conto della collaborazionedi Domenico Calamo per la redazione delle piante dell’Alessandrino, lavo-ravano insieme e per gli stessi committenti. I pur scarni dati biografici ele osservazioni stilistiche effettuate sulle piante dell’Alessandrino portanoa escludere che la pianta di Malpasso del 1674 (nonostante la presenzadel mano propria) sia opera di Bernardino attivo, come si è detto, sino al1636. Essa dovette invece essere realizzata dal figlio Francesco, forsecopiando un precedente originale del padre conservato fra le carte del-l’amministrazione patrimoniale del monastero di S. Silvestro in Capite,oggi non più rintracciabile. Lo stesso Francesco, infatti, proprio nel mag-

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146 SRSP, Archivio Coste, dossier 35, fascicolo 2, c. 13.147 Per l’attività di Bernardino e Francesco Calamo: PASSIGLI 2012, pp. 367, 376.148 SRSP, Archivio Coste, dossier 35, fascicolo 7, c. 1. Si veda anche nota 108.

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gio 1674, ricevette una somma da parte dell’esattore delle monache di S.Silvestro «per pagamento di cinque piante de nostri casali fatte in cartapecora»149. Dallo stesso originale di Bernardino, realizzato ben prima del1674 e presumibilmente nel primo terzo del secolo, era già stata ricavatala copia più sintetica e informale che Giusto Quaranta preparò nel 1660per la consegna all’ufficio della Presidenza delle strade da parte dellemonache di S. Silvestro, esattamente come il medesimo agrimensoreaveva fatto sia per altre piante dei possessi spettanti a S. Silvestro, sia perla pianta di Castell’Arcione (429/6). Quest’ultima venne firmata il 28 feb-braio 1660 da Giusto Quaranta, ma si trattava di una copia tratta da unoriginale non conservato e realizzato proprio da Bernardino, in questocaso per un altro proprietario, Agostino Maffei, intorno al 1630150.

L’archivio delle Clarisse in S. Silvestro in Capite. La segnatura d’archivio riportata sul verso della pianta, congiunta al

nome dell’ente proprietario, ha permesso di risalire con sicurezza alla suasede originaria. Pur se l’attuale ordinamento archivistico è mutato, la ricercasvolta fra le rubriche antiche delle scritture ha rivelato che l’archivio mona-stico conservava almeno due piante della tenuta di Malpasso, una dellequali, la Pianta del Casale di Malpasso antico, recava esattamente il riferi-mento al documento oggetto di studio, contrassegnato dal «n. 62, Mazzo E,Armario C»151. Nella seconda metà del XVIII secolo venne cambiato l’ordi-namento, e le due piante di Malpasso vennero inventariate con un diversoriferimento archivistico, come risulta dal Rubricellone del 1797152. Successi-

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149 AS ROMA, Clarisse in S. Silvestro in Capite, b. 5091/5 (contabilità, mandati 1674-1683),n. 48/264: «Adi 18 maggio 1674. A don Belardino Vitazzi nostro esattore scudi vinti tre denari70 moneta quali sono che scudi 15 pagò al signor Francesco Calamo per pagamento di cinquepiante de nostri casali fatte in carta pecora (…)»: i casali del monastero erano, effettivamente,cinque, oltre a Malpasso anche Cornazzanello, Ponte Lamentana, S. Agnese e Tufelli.

150 COSTE 1983, pp. 277-278.151 AS ROMA, Clarisse in S. Silvestro in Capite, b. 5225/1-7, vol. 3, «Rubricella di tutte le scrit-

ture che si contengano nel Armario contrassegnato lettera C appartenenti al Venerabile Mona-stero e Monache di S. Silvestro in Capite». Il Mazzo E dell’Armario C conteneva «Disegni, misuree peritie, piante, relazioni e stime diverse appartenenti a vari corpi de stabili, et altro del Vene-rabile Monastero e Monache di San Silvestro in Capite dall’anno 1511 a tutto l’anno 1725». Allac. 19v, il n. 52 è una «Copia della pianta delli Fossi del Casale di Malpasso del Monastero diS. Silvestro» e alla c. 20v, al n. 62, con scrittura diversa appartenente alle aggiunte successive,è registrata la «Pianta del Casale di Malpasso antico».

152 AS ROMA, Clarisse in S. Silvestro in Capite, b. 5630, Rubricellone delle rubriche contenutenell’archivio, 1797. Il Rubricellone contiene nota delle carte relative al casale Malpasso a partireda un atto del 1513. Subito dopo questo atto sono elencate una «Pianta della tenuta Arm. II,Tom. 65, p. 283» e una pianta dei fossi della tenuta, con la medesima segnatura, alla p. 225.

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vamente tutta la documentazione patrimoniale dell’archivio subì una nuovasistemazione, probabilmente in occasione del trasferimento presso l’Archi-vio di Stato di Roma153. Questa venne realizzata unificando il materiale inordine topografico per località. In questo modo, nell’attuale ordinamentoarchivistico, nella b. 5040/8 (atti diversi degli anni 1310-1861) venneroradunate le carte relative alla tenuta di Malpasso provenienti da diversiArmari e Mazzi, come è ancora ben distinguibile dalle segnature postesulle camicie contenenti i singoli documenti. Forse, proprio in occasione diquesto ultimo ordinamento, vennero estrapolate le due piante di Malpasso.La pianta dei fossi, al momento, è da considerarsi deperdita; al contrario,quella del casale di “Malpasso antico” dovette confluire nella Collezione Idi disegni e mappe, come si può concludere con certezza grazie al fatto chenon ne venne erasa l’antica segnatura posta sul verso.

6. Altre piante seicentesche

Di alcune delle piante selezionate non è stato possibile risalire alla pro-venienza e nemmeno proporre ipotesi. Si tratta di quelle di Castagnola,Calandrella con Torre Rotta e Macheri, Cortecchia con Maccarese, prati inMarco Simone, Palmarola, Santa Anastasia, Tre Fontane (in realtà: GrottaPerfetta). Per alcune di queste è possibile delineare una serie di considera-zioni; per altre ci limiteremo a fornire solo alcune indicazioni essenziali.

6.1. AS ROMA, CDM, I, 92/739, 002: «Tenuta della Castagnola» (12maggio 1665)154.

La pianta è disegnata su una pergamena disposta in tre pezzi incollatidella misura di 120x 70 cm circa, con evidenti tracce di piegatura ed èstata oggetto di recente restauro. Il titolo è scritto in un cartiglio, postoin alto al centro, portato da un’aquila in volo disegnata in modo natura-listico. A destra si trova una rosa dei venti e in basso a sinistra la scalametrica di catene romane trenta. In alto a destra, è collocata una legendaall’interno di un cartiglio sormontato da testa leonina, recante le superficidei terreni, in ordine alfabetico da A a L (quest’ultima corrispondente al

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153 Lo spostamento risale al 1875 (cfr. FEDERICI, pp. 236-241). In questa occasione Costan-tino Corvisieri redasse l’«Inventario di tutti gli atti e scritture esistenti nell’archivio del venera-bile monastero di S. Silvestro in Capite».

154 Desideriamo esprimere un caloroso ringraziamento a Lorenzo Torchia per avercisegnalato questa pianta seicentesca, la cui datazione non era indicata nel vecchio inventario109 (trattandosi - come suggeriva il ‘bis’, ora ‘002’- di un inserimento posteriore alla sua origi-naria stesura), e tutte le notizie da lui ricavate dall’archivio Sforza Cesarini.

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«termine ritrovato dopo la pianta») per un totale di 252 rubbia. In bassoa sinistra è un testo sottoscritto dall’agrimensore e datato 12 maggio 1665:

«Noi sottoscritti Arimensori <sic> facciamo fede haver misurato il casaledella Castagniola dell’Ecc.mo Sig. Duca Gasparo Caffarelli et Ill.mo Sig.Pietro Caffarelli per ordine di detti signori per farne la presente pianta ethavendo riconosciuti tutti li medesimi sette termini messi nella nostra pre-senza nella divisione, che fu fatta tra detti signori et l’Ecc.mo Sig. DucaCesarino fin del anno 1645 sotto li 16 maggio di detto anno, sono confor-me costa per gli atti del Pagano notaio dell’Agricoltura, al quale Istrumentos’habbia relat.ne etc155. Troviamo essere rubbia doicentocinquantadoi amisura di catena romana e così diciamo r. 252 in conformità della sudettaPianta et in fede habbiamo sottoscritto la presente di mo. … questo di 12maggio 1665.Io Eliseo Vannucci (firma quasi illeggibile) agrimensore mano propria»(non è possibile leggere i nomi degli altri o dell’altro agrimensore dato ilnon buono stato di conservazione della pergamena).

La pianta riporta, dunque, un assetto della proprietà che si era venu-to a definire una ventina di anni prima.

Il disegno della tenuta è orientato con l’ovest (P) in alto. La tenuta ècompresa fra due corsi d’acqua: quello in alto sembra il Rio Torto, quelloin basso è il fosso della Castagnola. I cippi di confine sono numerati da1 a 7, cominciando dall’alto a sinistra e proseguendo in senso antiorario.Seguendo lo stesso ordine, le tenute confinanti sono: “Piancimino” (asinistra), “Lamuratella” (a destra, sotto la strada che attraversa in orizzon-tale la tenuta), “S. Broccola” (a destra, sopra la strada e in alto a destra;si tratta della tenuta spettante alla famiglia Massimo), “Campo Selva” (inalto a sinistra). Sulla pianta sono raffigurate le diverse forme del paesag-gio rurale, con una resa grafica abbastanza realistica: la tecnica dei ‘muc-chi di talpa’ è utilizzata insieme al disegno dei filari, per i terreni semina-tivi, il disegno degli alberi per delineare una macchia e cespugli insiemea un fondo verde per i prati e la vegetazione lungo i corsi d’acqua. Adeccezione delle strade e dei sette cippi di confine, sulla pianta in questio-ne non sono rappresentati manufatti.

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri122

155 Il primo volume conservato dell’Archivio dei Notai del Tribunale dell’agricoltura, afirma del notaio Benedictus Paganus senior, è il vol. 4 risalente agli anni 1646-1666: alle cc.190rv e 191r/v è un atto del maggio 1646, relativo ai personaggi in questione con rapido rinvioa una lite per confini del 1645. Si tratta di un testo particolarmente sintetico, privo anche delnome della tenuta.

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Le lettere della legenda, i numeri e le iniziali dei nomi dei confinantisono rubricate in rosso.

La tenuta della Castagnola dei Cesarini, a sua volta, è rappresentatain una pianta fra le più belle tra quelle consegnate per il Catasto alessan-drino (432/9). Questa estesa proprietà si trovava lungo la costa tirrenicaa sud del Tevere, ed è raffigurata con una suddivisione in fasce di terrenia diverse componenti colturali dall’entroterra fino al “Tumoleto” (spiaggiacon le dune) e al mare, completa del disegno di una tenda e alcuni cac-ciatori. Essa tuttavia comprende in un unico blocco fondiario diversetenute tra loro confinanti, come se non si fosse tenuto conto della divi-sione avvenuta quindici anni prima: la Castagnola, con una superficie dirubbia 212 e quarte 3 (quindi più piccola di circa 40 rubbia rispetto allapianta del 1665, sebbene un confronto parziale denoti l’esatta corrispon-denza di forma del terreno raffigurato nell’una e nell’altra delle due pian-te); Riotorto, di rubbia 69, quarta 1; Piancimino e Fossa Larghi, di rubbia50, quarte 3. La scala, in questo caso, presenta un maggiore grado diriduzione, arrivando ai 1200 staioli romani. In calce alla legenda è unadichiarazione autografa in corsivo di Eliseo Vannucci, la cui firma com-pare nella legenda con il mano propria, il quale definisce il prodotto car-tografico «Copia» di un originale di Bernardino Calamo.

La confinante tenuta di Pian di Frassi posta sotto la giurisdizione diArdea, appartenente ai medesimi Cesarini, è raffigurata nella pianta432/24 del Catasto alessandrino. Essa si compone di alcuni quarti, ilprimo dei quali è il “Quarticciolo della Castagnola”, di rubbia 64, quarte2, scorzi 3, che confina con le tenute Castagnola e Muratella: si potrebbedunque ipotizzare che anche questo potesse originariamente far partedella tenuta Castagnola, e poi separato in seguito alla divisione del 1645(in quest’ipotesi, tuttavia, l’estensione originaria della tenuta risulterebbemaggiore di circa 15 rubbia). In ogni caso, anche se solo una ricerca topo-grafica paziente e accurata può permettere di ricostruire le vicende dellatenuta, si può affermare che l’estensore della pianta alessandrina nonaggiornò la superficie della tenuta secondo l’atto di suddivisione del 1645.

Anche nel caso di questa seconda pianta, l’estensore fu Eliseo Van-nucci che trasse questa copia da un originale di Domenico Ferratelli(dichiarazione identica alla precedente, con stessa mano corsiva). Lascala di mille staioli romani rende questa pianta confrontabile con le pre-cedenti, solo con una certa difficoltà.

Il confronto tra la pianta conservata nella Collezione I di disegni emappe e quella del Catasto alessandrino, indica che - effettivamente - laprima costituisce solo una parte (e cioè l’estremità nord-orientale) del

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 123

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corpo di tenute unite presenti nell’Alessandrino; i confini e la forma sonoanaloghi, anche se i corsi d’acqua che fanno da confine hanno un anda-mento più dettagliato in questa piuttosto che in quella del 1660.

Cosa ipotizzare circa la collocazione originaria di questa pianta?L’unità fondiaria in essa raffigurata era stata scorporata fin dal 1645 dal-l’insieme delle proprietà fino ad allora indivise, anche se essa risultaancora unita alle altre nel 1660. L’atto di determinazione della divisionedel 1645, che si conserva in copia nell’archivio Sforza Cesarini156, elencaaccuratamente i cippi di confine la cui posizione può essere riscontratapuntualmente sulla pianta. Ciò ha indotto a ritenere che la pianta fossestata realizzata per uso interno per l’amministrazione familiare del patri-monio, in seguito al protrarsi della lunga questione di confine. Infattisembra poco probabile che la pianta sia stata estrapolata dall’archivio delTribunale dell’agricoltura in quanto gli atti vi si conservano solo a partiredal 1666 e le attuali mancanze sono da attribuire a un periodo anteriorealla costituzione della Collezione I di disegni e mappe.

6.2. AS ROMA, CDM, I, 92/719: «Pianta del casale de Macheri, TorreRotta e Calandrella dell’illustrissimi signori Verospi posta <sic> fuori diPorta S. Sebastiano» (13 marzo 1640).

La pianta, realizzata da un agrimensore anonimo su carta, raffigura ilcasale Macheri e i due quarti di Torre Rotta e Calandrella uniti fra loroda sottili lingue di terreno, spettanti ai signori Verospi. Due legende inalto, a sinistra e a destra, sono racchiuse in due cartigli: la prima elencale porzioni di terreno del casale Macheri e del quarto di Torre Rotta e laseconda quelli del quarto della Calandrella. L’orientamento è reso tramitele quattro personificazioni dei venti, disegnate al centro dei quattro lati.L’estensione, secondo quanto indicato nella legenda, è di rubbia 155,quarte 3 e scorzi 2. In basso al centro è raffigurata una scala grafica concompasso di catene n. 30. La coloritura distingue due tipi di terreno: il‘sodo’, realizzato in marrone con leggere ondulazioni del terreno e alcunialberi, e il prato colorato in giallo con una trama puntinata. Il casale diMacheri è separato dal quarto di Torre Rotta dal “fosso della Cicognola”che a sua volta è attraversato dalla “Strada del Falcognano” (via Ardeati-na) per mezzo di un ponte; la strada costituisce anche il confine orientaledella tenuta. Il confine è scandito da alcuni cippi e sono indicati i nomidelle proprietà confinanti.

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri124

156 Notizie forniteci da Lorenzo Torchia che ha in preparazione uno studio sulle proprietàdella famiglia Caffarelli.

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Nel Libro dei Casali del 1603 il casale Le Macare e il terreno deno-minato Calandrella erano di proprietà della famiglia Verospi, nella per-sona di Ferrante Verospo157 e risultano nelle mani della medesima famigliafino al 1770, mentre nel 1783 appartenevano al marchese Lepri158.

Nel Catasto alessandrino, la pianta della tenuta denominata Magri(che è la denominazione che si stabilizza a partire dalla metà del ‘600;433A/22), spettante a Carlo e Giovanni Battista Verospi e firmata da Eli-seo Vannucci il 15 aprile 1660, raffigura il fondo con identiche superficiee forma. Le lievi differenze fra i terreni di prato e di seminativo, insiemeallo stile completamente diverso del disegno e alla legenda molto menodettagliata, non autorizzano però a considerare la pianta del catastocopia di quella conservata nella Collezione I di disegni e mappe.

Poiché non sembra esistere alcun legame fra le due piante, nonabbiamo elementi certi per ipotizzare che quella in esame possa prove-nire dall’ archivio Verospi, peraltro andato disperso159.

6.3-4. AS ROMA, CDM, I, 93/751: «Pianta e misura della tenuta di Cor-tecchia dell’Eccellentissimo signor duca Girolamo Mattei posta fuori PortaS. Pancrazio » (20 aprile 1660); 93/765: «Pianta della tenuta di Maccaresedell’Eccellentissimo signor duca Girolamo Mattei posta fuori Porta S. Pan-crazio » (20 aprile 1660; fig. 6).

Le due piante, entrambe realizzate a china nera, vengono trattateinsieme in quanto relative a tenute tra loro confinanti spettanti a un mede-simo proprietario, il duca Girolamo Mattei, e recanti la medesima data.

Rileviamo subito che le piante del Catasto alessandrino delle duetenute (Cortecchia 433bis/25, Maccarese 433bis/35) risultano consegnate ilmedesimo giorno, 20 aprile 1660, e firmate dallo stesso agrimensore CarloAntonio Paolini che ha redatto le piante in esame, come indicato nellerispettive legende160. Esse sono a colori e ricche di particolari relativi al pae-

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 125

157 COSTE 1969, p. 73, n. 218. Precedentemente i terreni in oggetto erano appartenuti allafamiglia Margani, perlomeno dal 1471 (TOMASSETTI 1975-1980, II, p. 72), sino almeno al 1562(AS ROMA, Collegio Notai Capitolini, vol. 1520, notaio Curtius Saccoccia, c. 689rv).

158 Elenco del 1770 del Campiglia, in RAFFAELI CAMMAROTA, p. 318, n. 226; per il 1783: NICO-LAJ 1803, I, p. 182, n. 226.

159 PICOZZI, p. 312, nota 6, sulla dispersione dell’archivio Verospi, ad eccezione dell’ereditàdi Girolamo Verospi, ultimo proprietario della tenuta (inventario dell’eredità in AS ROMA, Tren-ta Notai Capitolini, uff. 17, parte seconda del 1775). La provenienza della pianta da un proto-collo notarile rimane l’ipotesi più attendibile, anche se non dimostrabile.

160 Per quanto riguarda Cortecchia, di mano dello stesso agrimensore è l’annotazionecopia: la pianta venne dunque ricavata da un originale precedente.

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saggio - quali le chiome degli alberi e le sfumature del mare - e ai manu-fatti. Quelle della Collezione I di disegni e mappe, sebbene più stilizzate eprive di colorazione e dei dettagli naturalistici e decorativi, riportano perògli stessi dati topografici, cronologici e, soprattutto, le stesse legende diquelle del Catasto alessandrino161. Ciò induce a concludere che si tratti dicopie da esso ricavate e, in quanto molto simili fra loro, verosimilmenteredatte in un unico momento e forse per una medesima circostanza. Nono-stante ciò, non vi sono riferimenti certi che permettano di stabilirne la pro-venienza archivistica.

6.5. Collezione I di disegni e mappe, I, 93/776: «Pianta et misura delliprati al Casale detto Marco Simone dell’illustrissimo et eccellentissimo

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri126

161 Salvo il fatto che nella pianta della tenuta di Maccarese il nome dell’agrimensore è erro-neamente riportato come Duchini.

6. Pianta della tenuta di Maccarese dell’Eccellentissimo Signor Duca Girolamo Matteiposta fuori di Porta S. Pancrazio (…), 20 aprile 1660; il nord è verso l’angolo destro inbasso (AS ROMA, CDM, I, 93/765)

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signor duca d’Acquasparta» (12 agosto 1647).Realizzata a china dall’architetto Carlo Rainaldi, su due fogli di carta

incollati, con al centro, inserita in un cartiglio, una legenda indicante i ter-reni, la pianta non raffigura in effetti l’intera tenuta, ma solo quattro terreniprativi al suo interno, delineati unicamente con il circuito a penna e coni segni della triangolazione. In alto è disegnata una bellissima prospettivadella Villa Caesia circondata da vegetazione162. In basso è presente unascala grafica di staioli trecento riquadrata da un compasso decorato; sem-pre in basso, a destra, è una legenda più grande incorniciata da un son-tuoso cartiglio, nella quale (insieme alle indicazioni sintetiche riportate sulverso della pianta)163, si esprime la motivazione che dovette essere allabase dell’esecuzione della pianta stessa. Questa infatti fu redatta dall’ar-chitetto Carlo Rainaldi, in seguito a due accessi effettuati il 25 giugno e il16 luglio 1647, in relazione a una lite che dovette protrarsi almeno sino al1652. Questa lite aveva già determinato la produzione di due perizie, pro-babilmente commissionate da ciascuna delle due parti in causa. Si trattadi una storia giudiziaria complessa che vedeva opporsi il proprietario,Federico Maria Cesi, all’affittuario dei prati da sfalcio compresi all’internodella tenuta, il pullarolo Conversino Paolelli164. Il luogotenente del Tribu-nale dell’Auditor Camerae dovette incaricare un terzo perito, l’architettoCarlo Rainaldi per l’appunto, per la compilazione di questa pianta. L’ar-chitetto negli stessi anni era già impegnato al servizio dei Cesi per la siste-mazione del palazzo familiare fuori la porta Santa Croce a Tivoli, il chespiega perché essi siano ricorsi a lui165.

La pianta redatta per la lite che interessava la tenuta di Marco Simo-ne, peraltro, non condizionò in alcun modo la stesura di quella per ilCatasto alessandrino (429/7), che sarebbe stata consegnata a cura delmedesimo proprietario di lì a pochi lustri. Molto verosimilmente, in con-clusione, la pianta ora nella Collezione I di disegni e mappe venne pro-dotta presso un ufficio giudiziario identificabile nel Tribunale dell’Audi-tor Camerae: nella legenda, infatti, l’architetto Rainaldi dichiara di essere

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 127

162 Questo particolare della pianta è pubblicato in BELLI BARSALI-BRANCHETTI 1975, p. 157.163 A destra, con inchiostro molto chiaro è scritto: «Pro Ex(cellentissi)mo duce Cesio contra

d(omino) Conversino Paulelli die 12 augusti 1647». A sinistra, con inchiostro più scuro, ma noninteramente leggibile a causa di alcune rotture del foglio: «P(rim)o Coll(ateral)e Pro Il(lustris-si)mo et Ex(cellentissi)mo d(omino) duce Federico Cesio contra heredes q(uondam) Conver-sini Paulelli (…) 29 … [illeggibile per lacerazione] 1652».

164 Simili questioni sono assai frequenti nei protocolli notarili, ma non sempre esse sonocorredate da un documento cartografico di tale valore. La pianta e la vicenda sono sommaria-mente descritte anche in PASSIGLI 2009, pp. 12-13.

165 TUZI, p. 734.

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stato «eletto terzo perito ex officio da monsignor illustrissimo Baranzoneloco tenente AC come dicesi constare per gli atti del Belgi notaio AC». Èpossibile, pertanto, che essa sia stata estrapolata da un volume pertinentea tale ufficio166.

6.6. AS ROMA, CDM, I, 94/798: «Misura e pianta del casale di Palma-rola (...) del reverendissimo Capitolo di S. Pietro sta fuori di Porta Ange-lica (...)» (12 novembre 1659).

Pianta ad acquerello su pergamena, con titolo inserito entro unnastro con svolazzi collocato lungo il bordo superiore, realizzata dall’ar-chitetto Giovanni Domenico Piuselli da un originale di Orazio Torriani,come è espressamente indicato nella legenda:

«La presente pianta della tenuta di Palmarola del Reverendissimo Capitolodi San Pietro (…) fu già misurata dal signor Horatio Torriani secondo l’usodi catena romana, e detta pianta è stata copiata da altra simile esistente inArchivio del detto Reverendissimo Capitolo il 12 novembre 1659 (…)».

L’archivio del capitolo di S. Pietro conserva due piante della tenutadi Palmarola, entrambe di Orazio Torriani, che fu agrimensore e architet-to alle dipendenze dei canonici vaticani167. Nel 1619 egli produsse unapianta d’insieme delle tenute di Sant’Agata, Torrevecchia e Primavalle,Casal del Marmo, Palmarola e Mimmoli, oggi esposta nell’edificio dellacanonica di S. Pietro, sede attuale dell’archivio capitolare. Fra il 1656 e il1658, poi, Orazio Torriani, ormai ottantenne, realizzò le piante dei pos-sedimenti del capitolo per sostituire quelle da lui stesso redatte negli anniprecedenti, all’epoca già non più reperibili nell’archivio, dalle quali furo-no poi ricavate le copie per il Catasto alessandrino del 1660 ad opera diBenedetto Drei junior. Fra le piante che il Torriani ridisegnò, vi era anchequella della tenuta di Palmarola, datata 15 novembre 1658; nella legenda,lo stesso agrimensore scrive di aver disegnato:

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri128

166 Ad un’indagine più approfondita, tuttavia, non è stato possibile reperire alcun datosuppletivo utile in AS ROMA, Tribunale civile dell’Auditor Camerae, uff. 1, notaio FranciscusJacobus Belgius, Broliardi e Manuali. Libri testium nn. 70 e 71, Cedule et iura diversa per l’an-no 1647, bb. 295-296 e neppure nei voll. 4-7 del 1652 (per la causa tra Federico Maria Cesi eConversino Paulelli). Del tutto reticente anche il protocollo del notaio Belgius alla data del 12agosto 1647, AS ROMA, Notai del Tribunale del’AC, vol. 764. Nessun riferimento alla questionein TOMASSETTI, VI, pp. 475-476.

167 Per il casale di Palmarola, GAUVAIN, pp. 380-383.

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«la pianta del Casale di Palmarola posta ‹sic› fora della Porta de S. Pietrodetto Porta Angelica, che già molti anni sono ho mesurato per farne pian-ta, et hoggi l’anno 1658 con occasione che si sono fatte diverse piante chegià si sono consegniate al detto Capitolo (…)»168.

La superficie del casale è tinteggiata di rosa con alcuni alberi sparsie un prato che costeggia il corso d’acqua che ne attraversa il territorio.Nella parte bassa sono, sulla destra del corso d’acqua, un fontanile ret-tangolare visto in pianta e, sulla sinistra, due grotte e una torre viste diprospetto. Il perimetro è evidenziato in rosso.

La pianta del Catasto alessandrino (433/59) reca la data del 17 marzo1660 e la firma dell’agrimensore Benedetto Drei junior che, come spie-gato nella legenda di sua mano, redasse la copia ricavandola dall’origi-nale di Orazio Torriani realizzato due anni prima. L’impianto del disegnoè lo stesso della pianta originale, ma l’agrimensore Drei espresse in modopiù realistico il disegno dei manufatti169.

Esattamente fra le due piante descritte si colloca la redazione di quellaora conservata nella Collezione I di disegni e mappe, realizzata il 12novembre 1659, ossia un anno esatto dopo l’originale di Orazio Torrianidella quale essa è copia, come è espressamente indicato nella legenda.Non sono noti i motivi che hanno portato alla realizzazione della pianta,forse riconducibili a questioni di natura giurisdizionale implicanti l’inter-vento di figure terze, in questo caso l’agrimensore Piuselli, chiamate aintervenire per le parti in causa. Si può quindi ipotizzare che questa piantafosse allegata a un atto notarile o a un fascicolo processuale che allo statoattuale delle conoscenze risulta impossibile individuare.

6.7. AS ROMA, CDM, I, 94/825: «Misura e pianta fatta da me infrascrittodella tenuta di S. Anastasia posta fuori di Porta S. Bastiano delli illustris-simi et reverendissimi signori canonici di S. Anastasia (...)» (10 aprile1660; tav. 9).

La pianta, realizzata su carta, è incorniciata da un riquadro arancionemarmorizzato affine a quello reperibile in molte piante del corpus ales-sandrino, che circonda anche la legenda in basso a sinistra; questa è con-clusa dalla firma autografa - con scrittura corsiva rispetto a quella più

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168 BAV, Archivio del Capitolo di S. Pietro, Mappe, 49.169 Benedetto Drei junior successe al padre Pietro Paolo nella qualifica di architetto del

capitolo e, in questa veste, realizzò la maggior parte delle piante delle tenute consegnate peril Catasto alessandrino (GAUVAIN, Selezione di piante e mappe, pp. 8-9). Per Orazio Torriani,supra, nota 70.

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posata del resto della legenda - dell’agrimensore Marco Antonio Qualeatti,corroborata dalla dicitura mano propria. All’interno della tenuta, che hauna superficie di 76 rubbia e 2 quarte, sono raffigurati l’edificio del casale,denominato “Casetta di Sant’Anastasia”, e un fontanile, in basso. In alto adestra, a penna ed in caratteri corsivi, vi è un’annotazione risalente al1757, da considerarsi un’aggiunta successiva in quanto la pianta risale sen-z’alcun dubbio al 1660, come indicato nella legenda170.

Nella sua impostazione generale, la pianta del Catasto alessandrino(433A/20), anch’essa datata 10 aprile 1660 e redatta e firmata mano pro-pria da Marco Antonio Qualeatti, è molto simile a quella conservata nellaCollezione I di disegni e mappe, anche se con un aspetto generale legger-mente più stilizzato: identiche sono le cornici marmorizzate che inquadra-no la pianta e la legenda, la superficie indicata (76 rubbia e 2 quarte), lascala grafica disegnata in basso a sinistra sotto la legenda, la trama dellemisurazioni parziali con i rispettivi valori numerici, i confini e lo stile geo-metrico della raffigurazione dei due manufatti, la “Casetta di S. Anastasia”(sebbene in questa pianta risulti con solo piano, oltre al terreno, mentrenell’altra con due piani) e il “Fontanile”; i cippi di confine sono identiciper posizione, forma e proporzioni. Differiscono però, anche se in modolieve, per la caratterizzazione grafica della superficie della tenuta e peralcuni termini utilizzati nella legenda (per esempio: Sebastiano e rubbianella pianta del Catasto, Bastiano e Rubbia nell’altra)171.

Nell’archivio della basilica di S. Anastasia, conservato nella BibliotecaApostolica Vaticana, si trova - infine - una pianta della tenuta della Tor-retta o casa di Santa Anastasia, anch’essa del 10 aprile 1660172: Torricella

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri130

170 «Il dì 5 luglio 1757 per gl’atti del Andreoli Notaio Capitolino fu fatto rogito di tali terminiassieme colli signori Canonici della Bocca della Verità e Signor Marchese Riccardi, per nostraparte vi fu il Signor Francesco Sperandio Agrimensore».

171 Della realizzazione della pianta di Marc’Antonio Qualeatti per la consegna alla Presiden-za delle strade si trova testimonianza in una relazione sullo stato dei beni della chiesa di S. Ana-stasia nel 1660 (BAV, S. Anastasia, n. 45, Memorie storiche, miscellanea di documenti e copiedei secoli XIV-XVIII, cc. 9r-12r: «Relatio status venerabilis ecclesie, 1660»). Alla c. 11r figura ladescrizione del casale, posseduto da tempo immemorabile e posto fuori la porta di San Seba-stiano, confinante con «il casale di Portamedaglia hoggi del marchese Riccardi, … Castellucciadella collegiata di S. Maria in Cosmedin, dall’altra parte con S. Caterina della Rosa (Castel diLeva), e dall’altra con quello delli Capizucchi (pedica Cavalloni, RUGGERI 2002, p. 60), di rubbiain tutto <aggiunto al lato sinistro> 76, quarte 2 benché nelli nostri istrumenti d’affitto e misureantiche si trovi la quantità di rubbia 77 e una quarta secondo la presente misura e pianta fattada Marc’Antonio Qualeato Agrimensore in esecuzione dell’editto di N(ostro) S(igno)re pubblica-ta et esibita all’offitio dei Maestri di Strada nel presente mese di aprile. Questo dì 19 aprile 1660».

172 BAV, S. Anastasia, n. 45, c. 547.

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o Torretta di Santa Anastasia è infatti la designazione con la quale latenuta è menzionata nella documentazione quattro-cinquecentesca enegli atti notarili sei-settecenteschi conservati presso tale archivio. Lapianta è delineata unicamente a penna - si tratta in realtà di un disegno- con inchiostro marrone, su un foglio ripiegato e inserto nel volume, chereca copie di diversi atti; sul verso è l’indicazione: «Misura del Casale diS. Anastasia fatta nel 1660» senza altre indicazioni. Il disegno della tenutaè del tutto identico a quello delle piante del Catasto alessandrino e dellaCollezione I di disegni e mappe, con gli stessi confini, le medesime areeinterne per il calcolo della superficie totale173, la stessa legenda collocatain basso a sinistra, sebbene - a differenza di quelle - non incorniciata malibera e, analogamente, con la scala di staioli romani cinquecento indica-ta al di sotto. Essa differisce solo per la superficie (78 rubbia e 2 quarte),per la denominazione dell’edificio (“Torretta o Casa di S. Anastasia”) esoprattutto per l’assenza del cippo di confine adiacente alla strada (tav.9, in alto a destra), quello stesso che nel 1757 - come si vedrà - è definitotermine novo.

Nel medesimo archivio si conservano gli atti di una lunga causa perquestioni di confine con la tenuta della Falcognana spettante al marcheseRiccardi, che dovette svilupparsi a partire dai primi del Settecento; fraquesti, la copia di un atto del 1711 con la dettagliata descrizione dei cippidi confine, che però non fa alcun riferimento a piante del 1660174.

Fra il 31 marzo e il 4 aprile 1757 si tenne un sopralluogo presso latenuta per concordare la linea di confine che separava il possedimento diS. Anastasia da quello dei canonici di S. Maria in Cosmedin (Castelluccia).Si tratta delle operazioni preparatorie che porteranno, tre mesi dopo, allaredazione di un atto di terminazione fra i canonici di S. Anastasia ed i pro-prietari delle due tenute confinanti, S. Maria in Cosmedin per la Castelluc-cia e il marchese Riccardi per la Falcognana, in presenza degli agrimensori

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173 Il calcolo dell’area di una tenuta, infatti, veniva realizzato scomponendone la superficierilevata sulla pianta in un insieme di figure regolari (quadrati, rettangoli, trapezi e triangoli),dalla somma delle cui superfici si otteneva quella dell’appezzamento, la cui forma il più dellevolte era irregolare.

174 Fra l’11 e il 15 ottobre 1711, su commissione dei canonici e a cura di Angelo Qualeatti(perito di parte del marchese Riccardi, mentre quello del capitolo era Felice Perone), venne rea-lizzata una misura per precisare il confine fra le tenute della Torricella di Santa Anastasia e dellaFalcognana, nella quale furono descritti meticolosamente tutti i cippi di confine, il primo dei qualiè quello che manca nella pianta conservata nell’archivio di S. Anastasia, posto «canto la strada cheva a Porta Medaglia» e che in un successivo atto del 1757 verrà definito, come detto sopra, terminenovo. L’atto si trova in AS ROMA, Tribunale dell’Agricoltura, notaio Benedictus Paganus junior, vol.71, cc. 356r/v e 387r, 15 ottobre 1711 e, in copia, in BAV, S. Anastasia, n. 72, cc. 59-64.

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Pietro Paolo Qualeatti (figlio di Angelo), in qualità di perito chiamato daicanonici di S. Maria in Cosmedin, e di Francesco Sperandio, chiamato daquelli di S. Anastasia. La questione, in realtà, riguardava i canonici di S.Maria in Cosmedin e il Riccardi, ma i canonici di S. Anastasia dovetteroessere chiamati in causa in quanto, per risistemare il confine, veniva ricor-dato l’atto di apposizione dei confini fra le tenute di S. Anastasia e quelladei Riccardi, redatto nel 1711 dal notaio Benedetto Pagano con la misuradi Angelo Qualeatti. In tale occasione fu collocato, o forse ricollocato insostituzione di un cippo precedente, quello che nell’atto è definito termi-ne novo al punto di triplice confine tra le tre tenute175.

Tuttavia, le questioni di confine (ed in particolare la controversiarelativa a quelli con la Falcognana dei Riccardi), si dovettero protrarrefino al XIX secolo. In una nota ottocentesca conservata nello stesso archi-vio di S. Anastasia, scritta su carta azzurrina, accanto a uno schizzo apenna dove è evidenziato il confine fra la tenuta di S. Anastasia e la tenu-ta Riccardi, si sottolineava che:

«la sopraindicata linea di confine si trova non ben decisa per mancanza dialcuni termini de’ quali si fa menzione nella terminazione del 1711 corri-spondente alla pianta Qualeatti del 1660»176.

Ciò indica che presso i canonici di S. Anastasia, ancora nell’Ottocen-to, si trovavano un esemplare della pianta seicentesca e la copia dell’attodi confinazione settecentesco, e che questi due documenti venivano con-sultati in modo parallelo.

In conclusione, si può ipotizzare che il disegno a penna inserito nelvol. 45 dell’archivio di S. Anastasia costituisse la ‘bozza’ preparatoria, vero-similmente risultato della ricognizione sul terreno, redatta per elaborare la

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri132

175 BAV, S. Anastasia, n. 72, cc. 88-89: memorie e appunti di spesa del 31 marzo e del 4 aprile1757 circa «la gita alla tenuta di S. Anastasia per l’intimazione delli termini ad istanza delli signoricanonici della Bocca della Verità» con il priore canonico Apprevati, il signor Sperandio agrimen-sore e il signor Giovanni Paolo Ambrogetti. La terminazione, alla quale le parti giunsero di comu-ne accordo, ebbe inizio dalla strada: «(…) che conduce a porta Medaglia [dove] si è apposto vicinola medesima un termine novo che confina le tre tenute della Castelluccia di detto reverendissimocapitolo di Santa Maria in Cosmedin, delli Falcognani spettante a detti illustrissimi signori marche-se Carlo ed altri Riccardi, e della Torricella spettante al reverendissimo capitolo di Santa Anastasia,al quale verso ponente vi sono impresse le seguenti lettere S.M.I.C. di Santa Maria in Cosmedin esopra il sudetto termine tre linee denotano li sudetti tre confini» e ripete fedelmente quella del1711. L’originale dell’atto del 5 luglio 1757 si trova in AS ROMA, Trenta Notai Capitolini, uff. 13,notaio Franciscus Antonius Andreoli, vol. 573 (già 577), cc. 366r-368v e 387r/v.

176 BAV, S. Anastasia, n. 72 c. 144.

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versione definitiva e in pulito della pianta della tenuta. Per quanto riguar-da le altre due piante, invece, piuttosto che ritenerle l’una la copia fede-lissima dell’altra, siamo portati a pensare - per la firma dell’agrimensoreMarco Antonio Qualeatti presente in entrambe, che indubbiamente sonodella medesima mano - che si tratti di un ‘doppio originale’, ossia di duepiante realizzate in contemporanea (la data di esecuzione è la stessa) ederivanti dallo schizzo di cui sopra, una delle quali da consegnare allaPresidenza delle strade, l’altra da tenersi ad uso dei canonici di S. Anasta-sia, che evidentemente - se l’ipotesi prospettata è corretta - non ne pos-sedevano nessuna ed avrebbero in questo modo approfittato dell’occasio-ne per farne realizzare una da conservare nel proprio archivio.

Che i canonici possedessero una pianta del 1660 redatta dal Quale-atti, è confermato, del resto, dall’annotazione ottocentesca sopra riferita;che questa pianta potesse essere quella oggi conservata nella CollezioneI di disegni e mappe, sarebbe provato - il condizionale è d’obbligo, perciò che si dirà tra breve - dal fatto che è proprio in essa che è presenteil riferimento all’atto del notaio Andreoli del 5 luglio 1757 (si veda la nota170): aveva senso, infatti, annotare come promemoria il riferimento alrogito sull’originale da essi posseduto177.

Costituisce un ostacolo, che potremmo definire ‘imbarazzante’, a que-sta ricostruzione, il fatto che l’archivio della basilica di S. Anastasia si trovioggi per la maggior parte presso la Biblioteca Apostolica Vaticana178 e inpiccola parte all’Archivio Storico del Vicariato di Roma: stando così le cose,non si è in grado di spiegare attraverso quali vie la pianta in oggetto - severamente si tratta dell’originale già presente nell’archivio della chiesa -possa essere entrata a far parte del patrimonio documentario dell’Archiviodi Stato di Roma, e quindi della Collezione I di disegni e mappe 179.

Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 133

177 Si ha notizia del fatto che alla fine del Seicento, i canonici di S. Anastasia dovetterocommissionare una copia della pianta consegnata alla Presidenza delle strade nel 1660. Alladata del 20 maggio 1697 è infatti registrata una ricevuta di pagamento «per la copia dellapianta della tenuta di detto capitolo posta fuori porta S. Sebastiano, computo la copiatura emercede» da parte del canonico Eustachio Pissonati, camerlengo del capitolo di S. Anastasia,ad Antonio Polidori, per il signor Domenico Orsini notaio del Tribunale delle strade (BAV,S. Anastasia, n. 72, c. 52).

178 D’AIUTO-VIAN, I, s.v. S. Anastasia, pp. 718-719. Canonico del capitolo fra il 1919 e il1936 fu il prefetto Angelo Mercati, al quale si deve quasi certamente il versamento presso laBiblioteca Vaticana della pur modesta parte dell’archivio della chiesa di S. Anastasia che oggivi si conserva.

179 Ricordiamo che nell’AS ROMA, CDM esiste un’altra pianta della tenuta di S. Anastasia,denominata: «Topografia della tenuta detta della Torricella spettante al Rev. Capitolo di S. Ana-stasia di Roma di capacità Rubbia 70:2 _ 43» (95/848); come si è visto, Torricella o Torricella di

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6.8. AS ROMA, CDM, I, 95/855: porzione della tenuta di Grotta Perfetta(9 dicembre 1682)180.

Attenendosi all’ordine numerico della Collezione I di disegni emappe, che a sua volta era, nel vecchio inventario 109, strettamente con-nesso con quello alfabetico dei toponimi, descriviamo per ultima questapianta in quanto essa era elencata alla lettera ‘T’ con la denominazionedi «Tre Fontane, procoio Mattei». Ma questa indicazione è erronea, ederiva senza dubbio - considerata l’assenza di un qualsiasi titolo - dalfatto che sulla pianta è indicata la “Strada che da S. Bastiano va allaAnnuntiata et alle tre Fontane” (via Ardeatina), e nella legenda con lalettera O: “Tre Fontane con il fosso”, e con la lettera P: “Strada che dalletre fontane va a S. Paolo”. La tenuta delle Tre Fontane, infatti, non è maiappartenuta alla famiglia Mattei, bensì all’omonima abbazia; come con-fermano i confini indicati nella pianta, e cioè “Tor Marancia” (dell’ospe-dale del Santissimo Salvatore ad Sancta sanctorum) la via Ardeatina e i“Signori Mignanelli” (tenuta di S. Alessio), si tratta invece della tenuta diGrotta Perfetta (che confina a sud-ovest con quella delle Tre Fontane),questa sì appartenuta ai Mattei181, e più precisamente - come chiarisce il

Susanna Passigli, Adriano Ruggeri134

S. Anastasia è la denominazione più comunemente riportata nella documentazione relativa aquesta tenuta (ed è stata scritta a matita anche sul verso della pianta, probabilmente quando èstata prelevata dalla sua sede originaria). Priva di data e firma, con legenda nell’angolo in alto asinistra, all’interno della cornice che racchiude il disegno, essa rappresenta il corpo della tenutaacquerellato in verde, con lievi ombreggiature per indicare le ondulazioni del terreno, attraver-sato da due strade che si intersecano al centro della tenuta stessa; in alto, un quadratino rossoindica la “Torretta”; in basso un rettangolino a china indica il “Fontanile”. Il confine è delineatocon precisi tratti rettilinei scanditi da cippi disegnati con piccoli quadratini neri; all’esterno visono i nomi delle tenute confinanti (ma non dei rispettivi proprietari). Nel complesso, l’aspettoè settecentesco, ed infatti l’inventario 109 la attribuisce genericamente al XVIII secolo; ma unattento confronto dimostra che essa non può comunque essere copia di quelle del 1660, nellequali le modalità di elencazione delle tenute confinanti (di cui compaiono anche i nomi dei pro-prietari), l’orientamento e numerosi altri particolari sono del tutto differenti. Ciò che però premesottolineare, è il fatto che all’epoca dell’inserimento della pianta nella Collezione I di disegni emappe (qualunque ne fosse stata la provenienza), non ci si è resi conto che essa raffigura lo stes-so terreno disegnato nella pianta 94/825: la coerenza avrebbe richiesto che esse fossero disposte- nell’ordinamento alfabetico del vecchio inventario 109 - l’una di seguito all’altra, sotto la voce‘Roma - Suburbio e Agro Romano’; in realtà mentre la 94/825 è elencata alla lettera ‘S’ di S. Ana-stasia, questa lo è alla lettera ‘T’ di ‘Torricella tenuta di S. Anastasia’.

180 Questa è la data dell’annotazione presente sul verso della pianta, ma non è detto chesia anche quella di esecuzione della pianta stessa.

181 Catasto alessandrino, 432/51: pianta della tenuta di Grotta Perfetta dei signori Mattei,datata 10 ottobre 1654, consegnata il 6 aprile 1660; CINGOLANI, n. 224 (FRUTAZ 1972, II, tav. 169).Due piante della tenuta di Grotta Perfetta spettante a Carlo Collicola, risalente l’una al 1801, el’altra non datata intitolata «Pianta dimostrativa di tutta la tenuta di Grotta Perfetta» e redatta dal-l’agrimensore Serafino Sala, si trovano nella Collezione I di disegni e mappe, 93/760, n. 1-2.

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confronto con la pianta del Catasto alessandrino - della porzione sud-orientale della tenuta.

Si tratta di pianta senza alcun titolo, che occupa tutto lo spazio adisposizione sul foglio, con disegno a penna e acquerello raffiguranteun terreno delimitato da strade e da fossi. Il foglio di carta era origina-riamente piegato in quattro ed è impostato per ospitare un disegnoesteso al di fuori di esso. Sulla sinistra si trova una schematica legendarealizzata con scrittura posata, seguita da una sottoscrizione corsiva: «IoFrancesco Amaden Agrimensore ho fatto la presente pianta mano pro-pria».

Il disegno appare globalmente geometrico, con il corpo del terrenocolorato in verde uniforme e le lettere corrispondenti alla legenda inrosso. A penna, sono i disegni prospettici dei manufatti edilizi: il “Proco-io”, composto da un complesso di edifici, alcuni più bassi, con torre mer-lata e, forse, una chiesa, il tutto visto prospetticamente182; un edificio contorre merlata emergente al centro, che si trova lungo la “Strada che da S.Bastiano va alla Annuntiata et alle tre Fontane”, ed un altro edificio deltutto analogo, sulla sinistra e al di fuori del terreno, corrispondente alla“Torre Marancia”; a penna, sono disegnati un “Bottino”, indicato con lalettera E, e il “Sito delle capanne”, contrassegnato da tre cerchi. I limiti inalto, a destra e in basso - indipendentemente dal fatto che il primo ed ilterzo sono delle strade ed il secondo un fosso - sono evidenziati da unalinea puntinata rossa, che si riferisce certamente a un confine che si èinteso enfatizzare.

Sul verso del foglio è la seguente scritta a penna:

«ACmet Pro D(omino) Carolo Morello Contra Ill(ustrissimum) etEx(imium) D(ominum) Ducem Alexandrum de Mattheis et litis Consortes»seguita dalla firma «Mazzeschus. Die 9 dicembris 1682».

Accanto, a matita, una scrittura moderna riporta l’erronea indicazio-ne: «Roma. Prati presso le Tre Fontane. 1682». Ciò rende evidente che lapianta, senza alcun legame con quella del Catasto alessandrino, vennerealizzata ex novo per dirimere una questione territoriale o giurisdizionalefra le due parti, il signor Carlo Morelli e il duca Alessandro Mattei e con-sorti. Il fatto che essa sia priva di titolo avvalora l’ipotesi che possa esserestata estrapolata da un fascicolo processuale di una causa, come lascia

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182 Al sito del “Procoio” corrisponde, nella pianta del Catasto alessandrino, l’indicazione“P: sito della casa” (in legenda), con il disegno di alcuni edifici.

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intendere l’annotazione sul retro, e che la sede originaria sia da ricercarenei volumi dell’archivio del Tribunale dell’Auditor Camerae183.

136

183 Il notaio Mazzeschi roga per l’ufficio 8 del Tribunale dell’Auditor Camerae. Per il 1682,l’ultima unità archivistica è la b. 5027, che comprende il bimestre settembre-ottobre; la b. 5028è la prima del 1683, pertanto potrebbe essere attualmente mancante il volume contenente gliatti dell’ultimo bimestre del 1682 in cui poteva trovarsi la documentazione cui si riferisce lanota sul verso della pianta.

1583, Agro Romano. Tenuta di Galera. (AS ROMA, CDM, I, cart. 93, n. 755)

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LUIGIA ATTILIAI disegni di archeologia nella Collezione I di disegni e mappe: docu-menti per la tutela e la conservazione delle “antichità e belle arti”

I disegni di archeologia conservati nella Collezione I di disegni emappe dell’Archivio di Stato di Roma costituiscono preziose testimonian-ze grafiche dell’attività di tutela, avviata dal governo dello Stato pontificiofin dal 1515, sotto papa Leone X, con la creazione del Commissariatodelle antichità e con la conseguente nomina di Raffaello Sanzio a ruolodi Primo Commissario1. Le norme emanate dai pontefici successivamentein materia di tutela, ribadirono il concetto di salvaguardia e di difesa delleantichità. Particolare rilievo in tale direzione ebbero due provvedimentilegislativi, l’editto del 1° ottobre 1802, promulgato dal pro camerlengoGiuseppe Doria Pamphili e il fondamentale editto del cardinale Bartolo-meo Pacca del 7 ottobre 1820. Quest’ultimo costituì il primo organicoprovvedimento di protezione storica e artistica e di catalogazione deglioggetti di antichità presenti nelle chiese, nei conventi, negli edifici pub-blici e privati. Esso fu richiamato ancora in vigore nel 1871 dal nascenteStato italiano, circa nove mesi dopo la breccia di Porta Pia, in un momen-to di passaggio tra vecchio Stato pontificio e nuovo Stato unitario, in atte-sa di creare una nuova normativa di tutela (la prima legge unitaria delloStato italiano si avrà soltanto nel 1902) con l’adozione di un’ appositalegge, la n. 286 del 28 giugno 1871, promotore della quale fu il Ministrodi Grazia e Giustizia, Giovanni De Falco2. D’altronde in materia di scavie di conservazione dei monumenti, l’editto del cardinal Pacca predispo-neva, per la prima volta in maniera sistematica, organismi di controllo -una Commissione centrale di belle arti a Roma e Commissioni ausiliarienelle province con compiti ispettivi presso i detentori di oggetti d’arte e

1 Sull’argomento della tutela delle antichità a Roma, sulla normativa e sull’importanza delrilievo archeologico nello Stato pontificio v. SINISI 2009, pp. 5-10.

2 Per un commento dell’Editto del Cardinal Pacca cfr. CURZI, pp. 51-79; per la normativasulle Antichità e Belle Arti nello Stato pontificio, cfr. MUSACCHIO, pp. 45-51; per alcune consi-derazioni sulla tutela delle antichità nel passaggio tra Stato pontificio e Stato unitario v. ATTILIA2014.

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di antichità - e dettava prescrizioni e obblighi per l’esecuzione di scavi erecupero di oggetti antichi venuti alla luce (articoli 33 e 34). In partico-lare, secondo quanto prescritto dall’art. 39 dell’Editto, si richiedeva, incaso di ritrovamento effettuato sottoterra “d’ogni antico fabbricato”, dieseguirne misure e disegno. Raccomandazione questa che si sentì il biso-gno di ribadire, come già delineato da Daniela Sinisi in un suo saggio del2009, nel successivo regolamento per le province dello Stato del 6 agosto1821, con il quale si sancì l’ingresso ufficiale del disegno dei repertiarcheologici nella normativa di tutela dello Stato pontificio3.

Nel lavoro di spoglio analitico della Collezione I, è stato selezionatoun numero così cospicuo di rappresentazioni di argomento archeologico,che si è deciso di incentrare questo contributo per l’inventario essenzial-mente sui disegni aventi come tema la documentazione archeologica diRoma. Essi riguardano la raffigurazione di antiche strutture rinvenute inoccasione di scavi, ma anche di restauri di monumenti tra i quali si anno-verano le Mura urbane o gli antichi Fori, o ancora progetti di sistemazionedi aree urbane poste in prossimità di resti monumentali. L’interesse scatu-rito da questa ricerca è stato talmente elevato, da rendere difficile persinouna scelta dei documenti da esaminare in maniera approfondita. Si è deci-so pertanto di considerare alcune tipologie di disegni, eseguiti in epochediverse e per documentare situazioni diverse, al fine di ricollegare, alme-no in alcuni casi, quelli che a prima vista possono apparire come testimo-nianze episodiche, a vere e proprie “pratiche” conservate in seno agliarchivi delle Antichità e Belle Arti4. Si è inoltre elaborato un elenco deidisegni aventi come argomento l’archeologia di Roma, che viene allegatoa completamento di questo inquadramento generale, con lo scopo dicostituire una sorta di guida per gli studiosi .

Lo studio e l’attenzione per le “antiche rovine”, sia per quelle ancoraemergenti all’interno del tessuto urbanistico della città, sia per quelle chesi portavano alla luce nel corso di scavi per lavori pubblici e privati, si evi-denziano nei numerosi disegni, spesso acquerelli, conservati nella Colle-zione I, che testimoniano l’importanza della restituzione grafica a partirealmeno dal ‘600, contemporaneamente cioè alla nascita di quella norma-

Luigia Attilia138

3 SINISI 2009, p. 7.4 Si tratta per lo più di “pratiche” conservate all’interno dell’archivio del Camerlengato,

Titolo IV, parte II, Antichità e Belle Arti e del Camerale II, Antichità e Belle Arti, ma anche ditavole di pubblicazioni realizzate a cura di personaggi che operarono all’interno dell’Ammini-strazione pontificia in materia di antichità e belle arti o di disegni finalizzati a illustrazioni diprecisazione di ambiti di proprietà.

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tiva sulle antichità dei secoli precedenti l’emanazione dell’Editto del car-dinale Pacca, come si può osservare nel Catalogo dei documenti estrapo-lati. È del 1812 uno splendido acquerello a colori (Cart.127, n. 3), realiz-zato su carta applicata a supporto di tela, che illustra all’interno di unaserie di riquadri corredati da didascalie, piante e prospetti di edificimoderni, vigne e orti, con indicazione delle proprietà, contenuti nell’am-bito di una zona allora denominata “Villa Coltella”. La coperta di tela recala scritta a inchiostro “Tempio di Minerva Medica 1812”; l’acquerello è inti-tolato “Pianta di diversi corpi di terreno formanti un sol corpo detto VillaColtella situati dentro Roma, quali al presente coltivansi ad uso d’OrtoCasaleno, e Pantano, spettanti all’Ecc(ellentissi)mo Sig. Senator Savioli inpassato, estratta in piccolo dall’originale del Sig. Giovanni Gabrielli. LaVilla Coltella prende il nome da un suo proprietario del 1633, FrancescoColtelli, del quale riferisce il Lanciani nella Storia degli Scavi, a propositodi danni e demolizioni di tratti di antichi acquedotti, effettuati nei pressidell’edificio a pianta centrale decagonale sormontato da cupola, situatonella zona tra la chiesa di S. Bibiana e Porta Maggiore. Il monumento sierge sull’odierna via Giolitti ed è stato identificato per lungo tempo comeTempio cosiddetto di Minerva Medica5. A seguito di approfonditi studianche strutturali, l’edificio, realizzato presumibilmente all’inizio del IV sec.d. C, inserito all’interno dell’antico complesso degli Horti Liciniani, è statoriconosciuto generalmente come Ninfeo, come spazio termale, o ancoraforse come sala di rappresentanza. L’acquerello in questione si viene adaggiungere alle testimonianze dell’edificio nella cartografia storica, anchese esso viene qui schematicamente rappresentato, poiché l’interesse deldisegno non è tanto incentrato sull’antico monumento, quanto nella suacollocazione all’interno della proprietà e nel suo rapporto con gli appez-zamenti dei terreni circostanti. Appare comunque di interesse una sorta dibacino o conserva d’acqua delineato in basso, immediatamente a contattocon il monumento, probabilmente in connessione con la funzione legataa un’utilizzazione dell’acqua.

Se il disegno esaminato non offre una documentazione inerentescavi di antichità, il “progetto per lo sterramento del Foro Romano” del1821-1826, costituisce invece un vero e proprio esempio di progettazioneper interventi di esplorazione di aree monumentali (fig. 1) (Cart. 127, n.5). La pianta del “progettato scavo del Foro Romano”, eseguita ad opera

I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 139

5 LANCIANI 1903, p. 139; per le notizie sul monumento v. GATTI E. In particolare, per unarassegna di manoscritti, disegni e foto v. BIASCI, pp. 145-182; per lo studio e l’interpretazionev. BARBERA, DI PASQUALE, PALAZZO, pp. 1-21.

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dell’architetto Giuseppe Valadier, reca l’indice dettagliato dei monumentivisibili, riprodotti in pianta, assieme alla rappresentazione dei livelli cheindicano le “elevazioni dei monumenti principali riguardo al piano delTevere”. A spiegazione e supporto di tale progetto, si legge tra le cartedell’Archivio del Camerale II: “Il Foro Romano…è sempre stato interes-santissimo per i colti geni delle arti…che vi hanno impiegato tempo eraziocinio, cercando…d’indagare la vera località. Il partito preso delloscavamento generale…è quello che non solo farà epoca… ma produrràancora il vantaggio che saranno scoperte tante e tante cose ignote. Di taleverità m’è stato il piccolo cavo per lo scoprimento della colonna diFoca…Mi faccio in dovere di prevenire che converrebbe ricominciaredallo assicurare li bordi di tutti li cavi già fatti qua e là …si anderà por-tando via le terre cavate dagli scavi medesimi…Questa lavorazione discavo e trasporto dovrebbe principiare da sotto il Campidoglio, disco-prendosi tutto quello che sarà in quella parte. Di mano in mano che sianderà avanti col cavo…si anderà costruendo il muro di recinto e di

Luigia Attilia140

1. Pianta del progettato Scavo del Foro Romano, e livellazione delli oggetti più interessanti,come meglio si rileva dall’annesso Indice, 1821 (AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 5)

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sostruzione alla commoda ed amena strada. Qualora venisse a scoprirsinegli scavi un qualche monumento interessante che meritasse di rimane-re visibile ma restasse sotto la strada destinata, si potranno lasciare deisotterranei e con qualche arco o specie di ponte provvedere al dupliceoggetto”6. Così il 10 giugno 1821 Giuseppe Valadier, architetto operantein seno all’amministrazione pontificia delle antichità e belle arti nel perio-do della Restaurazione, trasmette a S.E. il Camerlengo la sua relazionetecnica esplicativa dei lavori da compiere, indicati nella pianta in esame.Il progetto illustrato fu redatto sotto il notevole impulso dato ai lavori dalpontefice Pio VII, che promosse importanti opere per lo sviluppo dell’ar-cheologia e per la difesa del patrimonio artistico fino alla promulgazionedel già nominato Editto del Cardinal Pacca7. In questo panorama rientra-no i lavori iniziati nel Foro Romano con il progetto di “sterramento”, pre-sentato dal Valadier insieme a Angelo Uggeri e a Luigi Canina, realizzaticon la supervisione di Carlo Fea, allora Commissario per le Antichità8; leesplorazioni archeologiche venivano condotte con metodo e regolarità,pur predominando, nelle scelte architettoniche dell’epoca, come criteriodi applicazione l’isolamento degli edifici antichi.

È del 1827, contemporaneo al grande intervento di scavo del ForoRomano documentato dal Valadier, il restauro dei “Ruderi in via del Pian-to”, un vero e proprio progetto, completo di piante e prospetti, riguardan-te la casa situata tra via S. Maria dei Calderari n. 23 (antica S. Maria in Caca-berijs) e via del Pianto. La facciata della casa su via dei Calderari, costituitada un’arcata in opera laterizia di epoca imperiale inquadrata tra due semi-colonne con capitelli di ordine tuscanico in travertino, tutt’oggi conservata,appartiene, assieme ad altri elementi strutturali conservati all’interno del-l’isolato compreso tra le due vie, a un antico edificio situato nell’area delCampo Marzio meridionale, riprodotto in numerosi disegni fin dall’epocarinascimentale. Esso è stato erroneamente identificato fino al 1960 con laCrypta Balbi, il portico annesso al Teatro di Balbo9. Il progetto, illustrato

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6 AS ROMA, Camerale II, AABBAA, b. 37, fasc. 20.7 G. Valadier figura come “architetto consigliere” della Commissione consultiva delle

Belle Arti in una relazione a S. E. il Sig. Camerlengo Card. Pacca del 16 giugno 1823: AS ROMA,Camerale II , b. 46, fasc. 53.

8 Sui risultati degli scavi dell’epoca v. DE RUGGIERO.9 Gli studi di Guglielmo Gatti collocarono in maniera esatta il complesso del Teatro e

della Crypta di Balbo lungo via delle Botteghe Oscure: cfr. GATTI G. 1960 e GATTI G. 1979; ilmonumento su via S. Maria de’ Calderari è stato variamente identificato come Porticus Octavia,Villa Publica, Porticus Minucia Frumentaria. Per la storia degli studi e alcune considerazionisull’edificio antico, v. TUCCI, pp. 95 – 124.

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in un acquerello a colori e china dell’architetto Pietro Bosio (Cart. 127, n.8) (fig. 2), risulta particolarmente interessante poiché nella pianta sonochiaramente indicate le murature del piano superiore dell’antico edificio,ormai non più conservate10. Il progetto venne presentato da quest’ultimoper conto della signora Maddalena Neri vedova Gismondi, che intendevaeffettuare migliorie alla casa che sorgeva sopra le antiche rovine. Un com-plesso carteggio conservato negli atti del Camerlengato costituisce la “pra-tica” relativa all’acquerello del Bosio, attualmente conservato all’internodella Collezione I di disegni e mappe 11. Tralasciamo in questa sede i parti-colari strutturali contenuti nel disegno, già minuziosamente descritti neglistudi del Tucci citati in nota, mentre sembra assai rilevante dal punto divista storico-istituzionale l’iter burocratico che accompagna la storia delprogetto. Le relazioni della Commissione Consultiva di Belle Arti contenu-te nel fascicolo, con data 1827, riguardano l’esame da parte del Valadier,che, in qualità di architetto del Camerlengato e membro della suddettaCommissione, valutò lo stato pericolante dei resti di muratura a cortinaantica ancora conservati al piano superiore della casa in via Santa Mariadei Calderari e la consunzione dei rocchi della colonna di destra, propo-nendone un restauro12. Ma successivamente, il 21 novembre 1827, Valadierstesso constatò l’avvenuto danno all’antica muratura in una lettera indiriz-zata al Sig. Beretta, Capo Mastro muratore che aveva seguito i lavori: “…avendo veduto nella Fabrica della Sig. Maddalena a S. M. in Cacaberijs lafacciata elevata sopra l’antico Arco, ella in luogo di lasciare il muro anticofra le finestre lo ha del tutto demolito quando come si ricorderà allorquan-do venni con il Sig. Avocato Fea e Nibbi si disse di sostenerlo assoluta-mente ponendovi catene di ferro e quanto occorreva perché restasse ben-ché strapiombato ed ella promise di farlo. Ora che è del tutto andato Laprego di dirmi perché ciò sia accaduto e perché non avvertirmi primadella demolizione…”. Fu così che, nonostante fosse stato prescritto dallaCommissione Consultiva di Belle Arti di preservare le strutture antiche,non si diede ragione della demolizione, effettuata per dar luogo a unanuova edificazione, eludendo le ragioni dell’Istituzione, così come illustra-

Luigia Attilia142

10 Il progetto è dettagliatamente analizzato in TUCCI, pp. 110-112.11 AS ROMA, Camerlengato, parte II, titolo IV AABBAA, B. 170, fasc. 476; per l’analisi della

pratica del Camerlengato e per il confronto con documenti di altri archivi v. ATTILIA 1990, p.80; TUCCI, loc. cit.

12 Lo stato di rovina delle strutture antiche, è illustrato in un disegno a matita del 1827,un tempo conservato in AS ROMA, Camerlengato, parte II, titolo IV AABBAA, B. 170, fasc. 476e pubblicato in ATTILIA 1990, fig. 30, in TUCCI, p. 112, fig. 19; a tutt’oggi tale disegno non risultapiù contenuto nel fascicolo indicato.

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to nella figura F del citatoacquerello del Bosio (fig. 2).

Particolarmente densi dinotizie di scoperte e di relativadocumentazione grafica risul-tano essere gli anni tra il 1830e il 1840: nei documenti delCamerlengato, concernenti leAntichità e Belle Arti, ricorrefrequentemente il nome diLuigi Grifi, che fu, in quel periodo, il Segretario della Commissione Con-sultiva di Antichità e Belle Arti. Oltre a lui, in molti documenti compaionola firma di Luigi Canina e di Pietro Ercole Visconti. Tra gli interventi discavo intrapresi in questo periodo, si ricorda la prosecuzione del grandeprogetto di indagine nell’area del Foro Romano, avviata sotto la direzionedel Nibby e del Valadier, già esaminata, nel 1835, allorché la direzionedegli scavi passò a Luigi Canina13. Furono portate alla luce con quella cam-pagna di scavo le pendici del Campidoglio e le sostruzioni del Tabularium,mentre venne ampliata l’area già emersa intorno all’Arco di Settimio Seve-ro, presso la Colonna di Foca e la Via Sacra. Gli esiti delle indagini descrittesono ben delineati nelle tavole a stampa conservate nella Collezione I didisegni e mappe, all’interno di una miscellanea (Cart. 127, n. 15), intitolata“Restauro del Foro Romano e della Via Sacra”, relative all’opera di Giovan-ni Angelini architetto e Carlo Fea archeologo: “Il Foro Romano la Via Sacrail Clivo Capitolino dal 1809 al 1836” (fig. 3)14. Altri rinvenimenti effettuati

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13 Per l’argomento del Foro Romano alla luce degli studi dell’epoca v.: CANINA 1834; CANI-NA 1855; HÜLSEN.

14 HÜLSEN, p. 40; gran parte dei lavori di scavo di questi anni sono documentati negli attidel Camerlengato titolo IV parte II, AABBAA, B.258, B. 259, B. 260, 261, 262, fasc. 2790, in

2. Pianta dei ruderi in via del Piantopresso la chiesa di S. Maria de Cac-cabariis, 1826 (AS ROMA, CDM, I,cart. 127, n. 8)

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in occasione di lavori svolti sulterritorio della città sonodocumentati da acquerelli acolori che riproducono condettaglio artistico l’oggettodella scoperta. È il caso dellatestimonianza grafica conser-vata all’interno di una cartellaintitolata “Avanzi scopertipresso via Ripetta” (Cart. 127,

n. 12) (fig. 4). L’acquerello policromo, privo di riferimenti cronologici edella firma dell’autore, illustra un tratto di pavimentazione a mosaico conmotivi geometrici a triangoli bianchi e rossi e reca la seguente didascalia:“Avanzo di Fabrica Antica scoperto sulla Via di Ripetta in occasione delloscavo per le nuove Fondamenta di una Fabbrica ove si custodivano lelegna”. A ulteriore dettaglio per l’ubicazione del ritrovamento, nella parteinferiore del disegno è apposta la seguente indicazione: “La linea AB sidirige a Ponente, e truovasi distante dall’angolo del vicolo del Fiume Pal.131 pari a Met. 29-264 e s’interna dal dritto del Fabricato sulla Fronte dellastrada 29.7 id. Met. 6, 478”. Viene in ausilio sia all’inquadramento delladatazione, sia alla localizzazione del ritrovamento, la pratica corrisponden-te della scoperta, contenuta in un fascicolo del Camerlengato, dell’anno183815. Scriveva il Grifi il 30 giugno 1838: “…Una Sezione della Commis-sione Consultiva di Antichità e Belle Arti…si è recata all’area della cosid-detta Legnaia di Ripetta…perché osservasse le pietre dissotterrate…Nelluogo ove era discoperto il pavimento diviso in tanti triangoli di rosso anti-

Luigia Attilia144

particolare per quello che riguarda i resoconti delle visite sui luoghi delle scoperte da partedella Commissione Consultiva di Antichità e Belle Arti.

15 AS ROMA, Camerlengato, titolo IV, parte II, AABBAA, B. 257, fasc. 2780.

3. Foro Romano, via Sacra e ClivoCapitolino, 1836 (AS ROMA, CDM, I,cart. 127, n. 15/3)

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co e palombino e per entro dauna fascia di marmo…”. Nel-l’area della cosiddetta “Legnaiadi Ripetta”, situata presso S.Giacomo in Augusta, come sievince da altre scoperte avve-nute successivamente nelmedesimo luogo, indicatochiaramente in alcuni docu-menti del 1850, erano giàvenuti alla luce nello stessoanno vari frammenti architet-tonici di marmo e iscrizioni, descritti nello stesso fascicolo del Camerlen-gato16. L’importanza del ritrovamento rese evidentemente necessaria l’im-mediata documentazione del pavimento venuto alla luce, che costituisceun vero e proprio esempio di rilievo particolareggiato in scala di metri.

Un esempio di pratica ancora più complessa di ritrovamento è legataall’acquerello conservato nella Cart. 127, n. 11, intitolato “Muro Curvodietro l’abside del Tempio della Pace” con data 1835 (fig. 5). Nel marzodel 1835 il cardinale camerlengo Galeffi concesse a Giuseppe Fontana ea Antonio Sturbinetti il permesso di condurre “escavazioni di Antichità”nell’Orto e nei terreni annessi della Pia casa delle Mendicanti, nella zonaretrostante l’abside del cosiddetto “Tempio della Pace”, denominazionecon la quale all’epoca veniva designata la Basilica di Massenzio. Il monu-mento fu edificato nel 307 d. C. da questo imperatore nell’ambito di note-voli rifacimenti del Foro Romano dopo l’incendio di Carino e solo in

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16 AS ROMA, Camerlengato, titolo IV, parte II, AABBAA, fasc. 3675: Relazione di un sopral-luogo di P. E. Visconti in S. Giacomo in Augusta per scoperte effettuate nelle fondazioni dellecase dei Reverendi Padri.

4. Avanzo di Fabrica Antica scopertosulla Via di Ripetta in occasionedello scavo per le nuove Fondamentadi una Fabbrica ove prima si custo-divano le legna, 1838, (AS ROMA,CDM, I, cart. 127, n. 12)

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seguito prese il nome di Basilica Costantiniana17.La descrizione degli scavi e dei reperti rinvenuti è contenuta nell’Ar-

chivio del Camerlengato, titolo IV, parte II, Antichità e Belle Arti18.Nel corso delle indagini si scoprì il grande muro semicircolare

costruito dietro la struttura dell’abside dell’antica Basilica, che, come indi-cato in una nota di Luigi Grifi (Segretario della Commissione GeneraleConsultiva delle AABBAA), poteva “reputarsi come un secondo cerchiodi quella”.

A ispezionare la scoperta si recò una sezione della suddetta Commis-sione che compilò la “Relazione della visita dietro l’abside del tempio dellaPace” datata 21 maggio; per completare l’iter della documentazione, sul

Luigia Attilia146

17 Per le notizie sul monumento v. LTUR I (1993), pp. 170-173 (s.v. Basilica Constanti-niana, B. Nova (di F. Coarelli).

18 AS ROMA, Camerlengato, titolo IV, parte II, AABBAA, b. 234, fasc. 2298.

5. Pianta del muro curvo Rinvenuto dietro l’Abside del Tempio della Pace, 1835 (AS ROMA,CDM, I, cart. 127, n. 11)

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retro dell’elaborato, opera di Luigi Grifi, con data 27 maggio dello stessoanno, fu dato l’incarico al sig. Enrico Calderari “secondo i doveri del pro-prio officio”, di accedere al luogo affinché “cavi il disegno della parte difabbrica discopertasi… e lo rimetta al Card. Cam(erlen)go colla possibilesollecitudine e per l’effetto si ponga in accordo al S.(ignor) Fontana…”.

Dal testo della Relazione si apprende che gli autori della scoperta,dopo aver scavato nell’ampio “vacuo...fra il dosso dell’Abside e il muro”che scendeva “dai cinquanta ai settanta palmi in una larghezza di trentaper tutta la curva ed essendo “tale profondissimo corridoio …ricolmo diterra mista ad avanzi di fabbriche diroccate” avevano “nettato” il muroper un buon tratto fino al piano, trovando grande abbondanza di fram-menti di mattoni e di lastre di marmi. Essi ponevano ora la richiesta cheil Governo prendesse in carico la spesa di “sterramento e trasporto diterra, … ed essi poi in qualità di felici inventori di sì prezioso avvanzo,e di proprietari dello scavo godano di quanto possa fornire sia in mate-riali, o in altri oggetti di qualsivoglia valore”. Il sig. Commendatore Thor-valdsen, membro della Commissione, considerata la spesa dello scavo ele pretese degli scopritori, “potendosene tenere memoria con un disegno,siccome suggerisce il Sig.re Avv.to Fea”, ritenne che sarebbe stato “divi-samento migliore di ordinare che rimanendo il muro non tocco in parteveruna, potessero i Signori Soci proseguire lo scavo nell’intervallo, “giac-chè per quello che riguarda le provvidenze da prenderne per la scienzaarcheologica sarà cura dell’Emo e Prmo Sig.re Card. Camerlengo di pen-sarvi a tempo opportuno”.

In seguito, in una lettera indirizzata da G. Santucci al CardinaleCamerlengo, si riassume il rapporto della Commissione, “data contezzadell’ordine spedito al Sig. Calderari di disegnare il muro”. Sul retro è indi-cata inoltre la seguente nota: “Il disegno esibito dal S. Calderari si uniscaalla Cartella, in cui si conservano tali disegni, e tutto si annoti in proto-collo”. Tale annotazione sancisce la chiusura dell’iter documentario delloscavo, al quale è indissolubilmente collegata la testimonianza graficaconservata all’interno della Collezione I di disegni e mappe19. Il disegnoad acquerello rappresenta la pianta dell’antico edificio, con indicazionedel muro rinvenuto e la localizzazione nell’Orto delle Mendicanti; essocostituisce un’ulteriore conferma dell’esigenza di ricorrere alla rappresen-tazione grafica delle strutture antiche a memoria della scoperta, per per-fezionare il complesso documentario.

Per proseguire il novero degli scavi eseguiti in quegli anni, si ricorda

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19 Cfr. nota 18.

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che nel 1838 ebbe luogo il recupero casuale di un gruppo di sepolcri delcosiddetto Grande Colombario, appartenente alla più vasta necropoli divilla Doria Pamphilj, venuta in luce tra gli anni 1820-1830 in seguito aindagini effettuate dalla famiglia Doria Pamphilj20, datata tra l’età repubbli-cana e il II sec. d.C.. Alla scoperta seguì una regolare concessione di scavorilasciata in data 7 marzo 1838, per la durata di un anno, al principeAndrea Doria Pamphilj in considerazione della notevole importanza delrinvenimento21 (fig. 6). L’ambiente rinvenuto era privo di copertura edesposto alle intemperie, pertanto gli affreschi rischiavano il deterioramen-to; in attesa di effettuare i lavori di chiusura, che furono eseguiti nel 1839,fu incaricato dal Camerlengato l’architetto Enrico Calderari di riprodurre idisegni del monumento sepolcrale e delle pitture22. Gli splendidi acquerellidel Calderari , lo stesso autore del disegno raffigurante i ritrovamenti pres-so il c.d. Tempio della Pace (fig. 5), conservati nella Collezione I illustranocon estrema accuratezza, in sezioni e pianta, lo stato di conservazione delcolombario grande (ambiente A), al momento della scoperta23. Essi ancorauna volta sono posti in stretta connessione con la pratica corrispondente,riguardante gli scavi e il relativo affidamento per l’esecuzione della docu-mentazione grafica a supporto della scoperta.

Nell’ambito della ricca documentazione grafica dei ritrovamentiarcheologici effettuati negli anni 1830-40, sotto il pontificato di GregorioXVI, è degna di particolare menzione la scoperta, avvenuta nel 1838, delmonumento sepolcrale di Marco Virgilio Eurisace presso Porta Maggiore.

Nella Collezione I è conservato, in questo caso, un “Registro rilega-to”, composto da 11 fogli a stampa di descrizione storica e di tre tavoledisegnate da Luigi Maria Valadier, la prima raffigurante la sezione e pian-te del monumento, la seconda i prospetti, la terza i dettagli dei bassori-lievi24 (fig. 7).

Il celebre monumento venne alla luce in occasione dei lavori didemolizione “del fabbricato de’ bassi tempi” che vi era addossato, cosìcome riferisce Luigi Maria Valadier in una nota del 28 febbraio 1838 con-

Luigia Attilia148

20 Per le notizie sulla scoperta della necropoli v. DE ANGELIS BERTOLOTTI.21 Le notizie del permesso di scavo e del successivo ritrovamento si trovano in AS ROMA,

Ministero del Commercio, Belle Arti, Industria, Agricoltura e Lavori Pubblici, B. 403, fasc. 5; gliacquerelli sono pubblicati da De Angelis Bertolotti, ibid., pp. 279-281, figg. 341-343.

22 Lanciani fa menzione dei medesimi disegni redatti per mano di Enrico Calderari nel1839: v. LANCIANI 2001.

23 Cart. 127, n. 18. La tutela dell’area sepolcrale di Villa Pamphilj è attualmente di com-petenza della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma.

24 Cart. 127, n. 16; il Registro si intitola “Brevi cenni di un Monumento scoperto a PortaMaggiore del Cav. Luigi Grifi”.

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servata nel fascicolo delCamerlengato che contiene irapporti della Commissioneconsultiva di Antichità, recata-si periodicamente sul luogodella scoperta. I rapporti,redatti da Luigi Grifi, tra il giu-gno e il luglio del medesimoanno, documentano dettaglia-tamente le fasi della ricerca25.

L’attribuzione del sepol-cro ad un antico fornaio del-l’epoca è contenuta nel rapporto del Grifi del 4 luglio: “La sezione … siè recata a Porta Maggiore ed avendo con particolare cura preso ad inda-gare il rimanente del freggio scoperto sull’alto del monumento quivi sco-perto, ha osservato che nel canto, verso le mura, sono rappresentati duemulini mossi ognuno da una mula e alquanti garzoni che stanno cernen-do la farina negli stami…”. In un’altra nota del 7 luglio si riporta inveceil ritrovamento dell’iscrizione relativa al proprietario del monumento: ESTHOC MONIMENTVM MARCI VERGILI EVRISACI. L’importanza della sco-perta indusse l’Amministrazione Pontificia ad incaricare Luigi Maria Vala-dier di disegnare il monumento, lavoro del quale rimangono a testimo-nianza le tavole a suo nome conservate all’interno della Cartella citata. Ègià stato rilevato in altri studi che la motivazione istituzionale di questascelta, nel caso del monumento di Eurisace, è indicata proprio in una let-tera del Grifi al cardinale Camerlengo Giustiniani, nella quale si ricorda

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25 AS ROMA, Camerlengato, titolo IV, parte II, AABBAA, B. 250, fasc. 2636; il Monumentofu pubblicato in MELCHIORRI.

6. Pianta e Sezioni del Colombariodiscoperto nella Villa Pamphili, 1839(AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 18/3)

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l’“uso” del Camerlengato di“tenere i disegni dei monu-menti che si scuoprono”26.Nella medesima lettera vieneinoltre sottolineata l’esigenzadi pubblicare le tavole cheriproducono tali scoperte,affinché esse risultino editedal “Dicastero dell’EminenzaVostra e non da estranei”,concetto che sottolinea lapertinenza istituzionale delleantichità venute alla luce e

l’efficacia del disegno delle medesime nell’azione di tutela da compieresul bene.

È per questa ragione che si annoverano nella Collezione I altrettantonumerosi disegni dell’“andamento delle mura della città di Roma”, adimostrare che l’antica cinta difensiva della città fu costantemente ogget-to di tutela e di restauro da parte dei pontefici, fino al motuproprio diPio IX, atto con il quale furono consegnate all’Amministrazione delComune di Roma. A testimonianza dell’attenzione rivolta al percorsodelle mura si cita qui in particolare l’acquerello a colori realizzato nel1848 dall’agrimensore camerale Luigi Mazzarini27 (fig. 8).

Il disegno illustra la planimetria in scala 1:2000 metri dell’ ”andamen-to delle mura e del pomerio della città di Roma dalla Porta S. Paolo perla strada di S.ta Balbina”, con il dettaglio del circuito murario e delle pro-prietà che esso attraversa. La necessità di documentare non solo lo stato

Luigia Attilia150

7. Monumento di Eurisace a PortaMaggiore, 1838 (AS ROMA, CDM, I,cart. 127, n. 16)

26 SINISI 2009, pp. 9-10, n. 13; per la lettera v. Appendix in COATES – STEPHENS.27 Cart. 77, n. 203.

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delle mura, ma anche il passaggio all’interno di ambiti di proprietà, èlegato probabilmente all’esigenza di delineare con maggior dettaglio ilrapporto tra i terreni e il circuito murario, anche ai fini catastali.

Per concludere questa panoramica dei disegni di argomento pretta-mente archeologico, si è ritenuto di passare in rassegna la raccolta piùrilevante conservata nella Collezione I, relativamente alla raffigurazionedelle antiche mura. Essa è senz’altro costituita dall’opera dell’incisoreravennate Luigi Rossini intitolata “Le Porte antiche e moderne del Recin-to di Roma”28 (fig. 9).

Luigi Rossini, incisore della Calcografia camerale, pubblicò nel 1829“con privilegio pontificio” e “con un breve cenno istorico antiquario”un’opera consistente in 35 tavole realizzate con tecnica di acquaforte, peril prezzo di 10 scudi, riproducente le vedute delle porte e delle mura di

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28 AS ROMA,, CDM, I, Cart. 77, n. 206.

8. Andamento delle mura e pomerio della città di Roma dalla Porta S. Paolo per la stradadi S. Balbina, 1848 (AS ROMA, CDM, I, cart. 77, n. 203)

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Roma. L’opera, di impostazione architettonica, restituisce una visione deimonumenti antichi resa in funzione del restauro delle antichità. Il detta-glio grafico nei prospetti delle costruzioni è teso alla rappresentazioneanalitica dei particolari tecnici delle strutture murarie. Nella sua comples-sità, il lavoro del Rossini risulta fedele alla realtà e costituisce una fonteimportante di conoscenza dell’antico monumento29.

Arricchiscono il numero dei disegni qui presi dettagliatamente inesame, altre riproduzioni grafiche di progetti di sistemazione urbanisticadi alcune aree della città o di tratti prossimi al corso del Tevere. Nell’im-possibilità di trattarli tutti analiticamente, si è ritenuto di elencarli nell’al-legato Elenco che accompagna questo contributo.

Luigia Attilia152

29 COZZA 1998, p. 16.

9. Le porte antiche e moderne del Recinto di Roma, incisione di Luigi Rossini, 1829 (ASROMA, CDM, I, cart. 77, n. 206)

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Archivio di Stato di Roma, Collezione I di disegni e mappeELENCO DEI PRINCIPALI DISEGNI DELLE ANTICHITÀ DI ROMA

Cart. 32, n. 162 - Strada ferrata Pia Latina tra Roma e Frascati - Disegno a matita,inchiostro e acquerello - 1850

“Progetto principale di una stazione provvisoria per la via ferrata Pia – Latina, da costruirsifuori Porta Maggiore, fra l’acquedotto e la via Prenestina”, di Antonio Cipolla. Rappresen-ta il circuito delle Mura Aureliane. (cfr. PARISI A., in I colori dell’Archeologia, pp. 88-89).

Cart. 77, n. 198 - Presso Porta Salara - Prospetto realizzato a china - 1672

Progetto di sistemazione di un tratto delle antiche Mura della città di Roma copiato dal-l’originale “inserto nel Chirografo di concessione” del 20 luglio 1672, per mano di papaClemente X, “ a favore del Sig. Card. Federico Boromeo, perché potesse elevare la fab-brica sulle Mura… esistenti in quella parte ove confinava il suo Giardino presso PortaSalara”.

Cart. 77, n. 199 - Cinta muraria antica e papalina - Pianta realizzata a matita,penna, acquerello - 26.11.1806

Pianta di Roma e della cinta muraria. È allegato un fascicolo di quattro fogli manoscrittidi Giuseppe Valadier.

Cart. 77, n. 200 - Pincio - Acquerello a colori - 1828

“Prospetto delle Mura che servono di sostegno alle terre della Pubblica Passeggiata al Pin-cio verso Tramontana secondo lo Stato del 1828”. (Sostruzioni degli antichi Horti Acilio-rum). (Giuseppe Valadier, Ispettore dello Stato Pontificio).

Cart. 77, n. 201 - Mura - Pianta realizzata a matita, penna, acquerello - 06.07.1842

“Andamento delle mura della città di Roma dalla Porta Portese a quella di San Pancrazio”.(Luigi Mazzarini, Agrimensore Camerale).

Cart. 77, n. 203 - Mura - Pianta realizzata a matita, penna, acquerello - 20.04.1848

“Andamento delle mura e pomerio della Città di Roma dalla Porta S. Paolo per la stradadi Santa Balbina” (Luigi Mazzarini, Agrimensore Camerale).

Cart. 77, n. 204 - Mura - Pianta realizzata a matita, penna, acquerello - 1848

“Andamento delle mura e pomerio della città di Roma dalla Porta Portese alle altre di SanPancrazio e Cavalleggeri”.

Cart. 77, n. 205 - Pincio - Pianta realizzata a penna e acquerello - 1848

“Mura urbane del Pincio” (Sostruzioni degli antichi Horti Aciliorum): “pianta, prospetto esezione delle antiche Mura della città nel lato settentrionale del Monte Pincio coll’indicazio-ne del nuovo tratto di ristauro delle medesime eseguito nel 1848 in proseguimento di quellocostruito dalla R.C.A. nel 1846 e 1847”. (“Gaetano Spinetti disegnò - L. Poletti Ing. Arch.”).

Cart. 77, n. 206 - Porte antiche e moderne, prospetti e piante geometriche -

I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 153

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Stampe e manoscritti - 1829

“Le Porte antiche e moderne del recinto di Roma con le Mura - prospetti e piante geo-metriche disegnate ed incise dall’Architetto Luigi Rossini Ravennate - Roma - pubblicatenell’anno 1829 con privilegio pontificio, con un breve cenno istorico antiquario - operacontenente n. 35 tavole”.

Cart. 78, n. 207 - Porta San Giovanni - Pianta realizzata a penna e acquerello - 1840

“Progetto per la sistemazione dell’Officio doganale a Porta San Giovanni in Laterano enel medesimo tempo rettificare quella Piazza con delle Alberate, Fontane…”

Cart. 78, n. 210 - Forte S. Angelo - Pianta realizzata a penna e acquerello - sec.XIX (attribuzione per modalità di esecuzione)

“Pianta topografica del Forte S. Angelo di Roma e sue adiacenze”.

Cart. 78, n. 211 - Castel S. Angelo - Mura e spalti - Sezioni a penna, matita eacquerello - sec. XIX (attribuzione per modalità di esecuzione).

Cart. 81, n. 277 - Acquedotto Claudio in piazza Porta Maggiore -Terreno antistan-te il monumento - Pianta realizzata a matita, penna, acquerello - 29.03.1841

“Pianta e misura del terreno che si è acquistato dalla R.C.A. pel nuovo Piazzale avanti ilMonumento dell’Acquedotto Claudio alla Porta Maggiore…”.

Cart. 81, n. 284 - Piazza della Rotonda - Pianta a china e acquerello - 25.04.1663

“La presente pianta delli Casini della Piazza della Rotonda è conforme al presente. Si ritro-va in opera questo dì 25 Aprile 1663”.

Cart. 81, n. 296 - Piazza S. Giovanni in Laterano - Pianta realizzata a matita,penna, acquerello - 21.03.1838

“Pianta riformata del progetto per la sistemazione della gran Piazza di S. Giovanni in Late-rano con viali regolari e proporzionate case per gl’Inservienti della Porta della Città”.

Cart. 81 , n. 299 - Piazza S. Gregorio al Celio e edifici circostanti - Pianta realiz-zata a china e acquerello - 28.06.1814

Planimetria con posizionamento di edifici antichi.

Cart. 82, n. 354 - Colosseo - Pianta realizzata a china - sec. XIX (attribuzione permodalità di esecuzione)

“Pianta di un corpo di terreno ad uso di orto casaleno spettante al cittadino Cesare Sini-baldi Cambalunga situato dentro le mura in luogo detto il Colosseo”.

Cart. 84, n. 468 - 469 - Ponte sospeso a Ponte Rotto - Piante e sezioni realizzatea penna e acquerello - 27.07.1852

Progetto per un ponte sospeso sul Tevere da collocare dalla parte rovinata del ponte,redatto in francese dalla “Societé des Ponts de fer à Rome”.

Cart. 89, n. 650 - Strada ferrata Pia Latina dal Colosseo a Porta Maggiore - Piante

Luigia Attilia154

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realizzate a penna e china - 1849 - Sono rappresentati il Tempio della Pace, ilTempio di Venere e Roma, il Colosseo.

Cart. 92, n. 724 - Pianta e misura del casale di Capo di Bove - Mappa realizzataa china e acquerello - 1587

Sono rappresentate le mura di Roma e il disegno del Capo di Bove fortificato presso ilsepolcro di Cecilia Metella.

Cart. 122, n. 183 - 1) Pianta della sponda del Tevere a Ponte Rotto - 2) Piantadel Tevere dal Ponte Quattro Capi e Ponte Ferrato alla Cloaca Massima - Piantarealizzata a matita, penna e acquerello - 05.08.1821

Nella pianta 1) sono delineati muri antichi presso la testata del Ponte Rotto. Nella pianta2) è presente nel tratto del Tevere tra i due ponti, la pianta del c.d. Tempio di Vesta alForo Boario.

Cart. 127, n. 2 - Pianta dei granai presso Campo Vaccino (Foro Romano) - Piantarealizzata a china e acquerello - Sec. XVIII.

Cart. 127, n. 3 - Pianta dei terreni posti presso il c.d. Tempio di Minerva Medicae nella Villa Coltella - Pianta e prospetti realizzati ad acquerello a colori - 1812

“Pianta di diversi corpi di terreno formanti un sol corpo detto Villa Coltella situati dentroRoma, quali al presente coltivansi ad uso d’Orto Casaleno, e Pantano…”. “GiuseppeGabrielli delineò ed incise”.

Cart. 127, n. 4 - Circo di Caracalla - (Circo di Massenzio) - Pianta realizzata achina e acquerello - 1819.

Cart. 127, n. 5 - Pianta del Foro Romano - Pianta realizzata ad acquerello -10.06.1821

“Pianta del progettato scavo del Foro Romano, e livellazione degli oggetti più interessan-ti”. Progetto di Giuseppe Valadier.

Cart. 127, n. 6 - Pianta dimostrativa dei pavimenti ritrovati negli scavi fatti nellavilla del signor marchese Casali - Disegni realizzati a matita e acquerello -08.1824.

Cart. 127, n. 7 - Restauro dei Fori Romani - 1) Pianta degli sterri da eseguire nelForo Romano

“Sterramento del Foro Romano e conghietture sull’andamento della via Sacra”

2) Piante dei Fori Imperiali - Piante a stampa - 1826.

“I Fori antichi di Roma restaurati”.

Cart. 127, n. 8 - Ruderi in via del Pianto presso la chiesa di S. Maria in Cacaberis- Piante e prospetti realizzati a china e acquerello - 22.06.1826

Piante e prospetti dei resti archeologici situati sull’odierna via S. Maria dei Calderari.Acquerello di Pietro Bosio.

I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 155

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Cart. 127, n. 10 - Pavimento scoperto nell’anno 1833 in una delle camere adia-centi al Mausoleo di Augusto nell’occasione delle fondamenta per il nuovo pro-spetto della chiesa di S. Rocco - Disegno realizzato a matita e acquerello - 1833.

Cart. 127, n. 11 - Muro curvo dietro l’abside del tempio della Pace

Scavo e ritrovamento del muro curvo dietro la Basilica di Massenzio (c.d. Tempio della Pace)

Pianta realizzata a china e acquerello - 01.06.1835.

Cart. 127, n. 12 - Avanzi scoperti presso via di Ripetta

“Avanzo di Fabrica Antica scoperto sulla via di Ripetta in occasione dello scavo per le nuovefondamenta di una fabbrica ove si custodivano le legna”. Il disegno, realizzato a matita eacquerello, è privo di data, ma attribuibile al 1838, epoca della scoperta riportata nella cor-rispondente pratica del Camerlengato, titolo IV, parte II, AABBAA, B. 257, fasc. 3675.

Cart. 127, n. 13 - Mosaici di due camere rinvenuti nella Vigna Volpi sulla viaAventina (poi via Ardeatina) - Disegno a matita e acquerello a colori - s.d., sec.XIX per modalità di esecuzione.

Probabilmente realizzato nel 1838, anno della scoperta (cfr. ASR, Camerlengato, Titolo IVparte II, AABBAA, B. 255, fasc. 2734).

Cart. 127, n. 15 - Piante del Foro Romano, via Sacra e Clivo Capitolino - Pianterealizzate a matita e acquerello - 1836.

Cart. 127, n. 16 - Brevi cenni sul Monumento di Eurisace rinvenuto a Porta Mag-giore - Registro rilegato composto da 11 fogli a stampa di descrizione storica e3 tavole disegnate da Luigi Maria Valadier - 1838.

Cart. 127, n. 17 - Pianta del Tempio di Marte Ultore e degli edifici circostanti -Pianta realizzata a penna, china e acquerello - 1841 - La pianta reca indicazionitoponomastiche

Sul retro a matita blu: “Veggasi l’istrumento 1 maggio 1841 del notaro Apolloni con cuifu venduta alla Camera una parte dell’area del Monastero della Santissima Annunziata”.

Cart. 127, n. 18 - Colombario di Villa Pamphili - N. 6 Piante e sezioni realizzatea penna e acquerello - Acquerelli dell’architetto Enrico Calderari - 1839.

Cart. 127, n. 20 - Stato attuale del Teatro di Marcello come si osserva sulla viadei Sugherari - Pianta e prospetto realizzati a matita, penna e acquerello

All’interno delle arcate del Teatro sono indicate le proprietà - 16.06.1868.

Cart. 127, n. 21 - Colosseo ed edifici circostanti - Planimetria realizzata a pennae acquerello - 17.01.1869.

Cart. 130, n. 3 - Pianta della zona tra il Palatino e il Foro Romano - Pianta rea-lizzata a matita e china

Roma Antica, piante antiche - Studi del Cav. Canina - sec. XIX, attribuzione per modalitàdi esecuzione.

Luigia Attilia156

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Cart. 130, n. 4 - Pianta delle zone del Campo Marzio, Campidoglio e Foro Roma-no - N. 3 piante a stampa - Sec. XIX, attribuzione per modalità di esecuzione.

Cart. 130, n. 5 - Pianta delle antiche Regioni Augustee I, II, VIII, X, XI, XII - N.2 piante a stampa - 1732.

Cart. 130, n. 6 - Piante di Roma Antica - N. 2 piante a stampa: 1) Circo Massimo,Aventino, Palatino, Settizonio, porti ostiensi di Claudio e di Traiano - 2) Zona traEsquilino e Palatino - s.d.

I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 157

10. Stato attuale del Teatro di Marcello come si osserva sulla Via de Sugherari, 1868 (ASROMA, CDM, I, cart. 127, n. 20)

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MARIA GRAZIA BRANCHETTIStampe artistiche e cartografia della Collezione I di disegni e mappe

La Collezione I di disegni e mappe dell’Archivio di Stato di Romacomprende un numero di opere calcografiche quantificabile in circa il seiper cento del suo insieme.

Si tratta di incisioni di carattere eterogeneo che condividono con ilcorpus maggiore dei disegni l’arco storico di produzione e la provenienzadagli organi di governo dello Stato pontificio dal XVI al XIX secolo.

Il contesto documentario del quale partecipano assegna loro un valo-re aggiunto rispetto al pregio di manufatto artistico che ne rimane, inogni caso, elemento distintivo e che le riconduce alla storia della matricedi provenienza e alla loro fortuna editoriale1.

1 Sotto questo aspetto, lo studio delle opere calcografiche trova oggi un utile strumentodi indagine nei cataloghi digitalizzati disponibili in rete, da quelli degli Istituti specificamentepreposti alla loro conservazione, come l’ING a quelli di Archivi e Biblioteche - tra le quali sideve ricordare almeno la Biblioteca Attilio Mori dell’IGM per l’attività scientifica nell’ambitodella cartografia storica- e ancora di Fondazioni, Università, Musei, Collezioni pubblici e pri-vati. I riferimenti che si troveranno nelle note in merito agli enti attivi nel settore non preten-dono naturalmente di essere esaustivi. Nell’ambito della digitalizzazione del patrimonio archi-vistico nazionale il Ministero per i beni e le attività culturali attraverso la DGA, è presente conil Portale del SAN, un progetto nel quale i diversi sistemi informativi, statali e non, trovanoun punto di incontro, coordinamento e integrazione. Aperto alla partecipazione attiva e allacollaborazione con tutti i soggetti pubblici e privati nazionali ed esteri e con organismi inter-nazionali, il Portale è stato inaugurato il 17 dicembre 2011 ed è entrato in esercizio, affidatoalla gestione dell’ICAR.

Il SAN consente la fruizione di documenti di diversa natura e tipologia (immagini, audio,video) e la descrizione dei relativi soggetti conservatori, dei soggetti produttori, dei complessiarchivistici, degli strumenti di ricerca. Un’ampia pagina informativa è disponibile inhttp://www.archivi.beniculturali.it/index.php/archivi-nel-web/san-sistema-archivistico-nazionale.

L’AS ROMA con il progetto IMAGO II (responsabile Paolo Buonora e consulenti per i singolifondi Orietta Verdi, Daniela Sinisi, Luisa Falchi, Angela Lanconelli) ha realizzato la digitalizzazionedi una pregevole parte del suo patrimonio cartografico: Catasto alessandrino (1660-1661); Catastourbano di Roma (1824); Catasto gregoriano (1816-1835); Cessato Catasto rustico (U.T.E) ma anchedi Pergamene e Preziosi (Liber Regulae) e delle rubriche di protocolli di diversi notai romani. Laparte del Catasto gregoriano relativa all’assetto urbano di Roma è anche pubblicata in LONDEI 2009(ivi, L. FALCHI, Il catasto e le mappe della città di Roma, pp. 5-12; L. LONDEI, La Roma del Catasto gre-goriano, pp. 13-28; L.SALVATORI, Il Catasto urbano digitalizzato, p. 29 e tavv. 29-77). Per un quadro

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Il riferimento a personaggi, luoghi, eventi, monumenti di cui traman-dano memoria attraverso le dediche, le descrizioni, i titoli, le firme degliautori e dei committenti, ne indica la collocazione all’interno di un percor-so storico che ha come protagonista la politica pontificia negli aspetti con-nessi, principalmente, con la tutela del territorio, la regolamentazione delleacque, la gestione del patrimonio monumentale e artistico, ma anche conquestioni relative alla difesa, alla giustizia, alla salute, al commercio.

Nella scheda d’inventario ogni singola stampa è descritta attraversole seguenti voci: denominazione, autori (disegnatori, incisori, architetti,ingegneri, periti di diversa formazione, autorità, committenza), cronolo-gia, dimensioni, tecnica d’esecuzione, descrizione provenienza archivisti-ca. Ai dati tecnici spesso si accompagnano note storiche di approfondi-mento.

Il database è corredato degli indici dei nomi e dei toponimi, due stru-menti che ne consentono un approccio diretto e funzionale al consistentecontenuto.

Ad uno sguardo d’insieme il corpus calcografico della Collezione Idi disegni e mappe evidenzia tre percorsi principali riferibili alle seguenticlassi: 1 -cartografia storica dello Stato pontificio nei suoi confini generali e

nelle sue realtà territoriali;2 -Roma: piante, monumenti, vedute;3 -città: piante, vedute.

Cartografia

La classe si distingue per la presenza di veri e propri capisaldi dellacartografia storica, in particolare di quella riguardante interventi di bonifica.Al suo interno si trovano carte geografiche, topografiche e corografiche.

Il territorio statale è ampiamente documentato. Della nutrita serie di

Maria Grazia Branchetti160

dettagliato e del dibattito tecnico-critico sulle tematiche di applicazione delle tecnologie digitali allevarie tipologie del patrimonio culturale la documentazione di riferimento per il periodo (2005-2012)è reperibile nel periodico «DigItalia: rivista del digitale nei beni culturali», disponibile su http://dig-italia.sbn.it. Per i progetti e le strategie seguite in questo settore dall’AS ROMA si segnala, in partico-lare l’attività svolta da Paolo Buonora, di cui si citano qui, tra i molti, i seguenti contributi: BUONORA2001a; BUONORA 2005c disponibile anche su http://archivi.beniculturali.it/cflr/Dobbiaco/Acta.htm;BUONORA 2005a disponibile su: http://www.iuav.it/CNBA/Giornate-d/2003-Le-Ot/Abstract-/Buono-ra.doc_cvt.htm; BUONORA 2005b, testo disponibile anche su http://www.cflr.beniculturali.it /Even-ti/Sepia/SEPIA/atti/Buonora.pdf; BUONORA 2004, disponibile su http://www.storiaurbana.it/bien-nale/Relazioni/B7.Buonora.doc.

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opere che ne considerano l’assetto si devono almeno ricordare: la NuovaCarta Geografica dello Stato Ecclesiastico. Delineata dal P. CristoforoMaire della Compagnia di Gesù sulle comuni Osservazioni sue e del P.Ruggiero Giuseppe Boscovich della medesima Compagnia. Alla Santità diN. S. Papa Benedetto XIV (1755), divisa in tre fogli e con denominazioneentro una cornice mistilinea decorata con cornucopie e figure antropo-morfe2; Lo Stato Ecclesiastico diviso nelle sue Provincie con le Regioniadiacenti. Delineato sulle ultime Osservazioni dal P. D. Giovanni M. Cas-sini CRS. Roma presso la Calcografia Camerale nella prima edizione del1805, stampata su 15 fogli con denominazione inquadrata da un elemen-to architettonico e con inserimento di motivi iconografici quali Allegoriadella Chiesa, Romolo e Remo allattati dalla Lupa, figure di pittori e scul-tori. Vi compaiono anche gli stemmi di Pio VII sorretto da putti alati edi monsignor Alessandro Lante, Tesoriere generale della RCA. L’autore sifirma “Giovanni Maria Cassini, Chierico Regolare Somasco, geografo, car-tografo, sferografo, intagliatore di architetture e prospettive”3.

Passando alle diverse regioni dello Stato pontificio risulta molto riccala documentazione per i secoli XVII-XVIII.

Per il territorio laziale e il circondario di Roma4 si segnalano opereparadigmatiche quali: la Tavola esatta dell’antico Latio e nova Campagnadi Roma situata sotto il quinto clima dedicata all’Illustrissimo et Eccellen-tissimo Signore Domino Sigismondo Chigi Gran Priore di Roma e Signoresuo benignissimo da Innocenzo Mattei Rom. M.C. Autore e DescrittoreGeografo in Roma nella Stamperia di Giacomo de Rossi alla Pace dise-gnata da Innocenzo Mattei ed incisa da Giorgio Widman (matrice incisanel 1666)5; la carta di Giovanni Battista Cingolani Topografia geometrica

Stampe artistiche e cartografia 161

2 AS ROMA, CDM, I, cart. 106, n. 210; FRUTAZ 1972, I, pp. 90-92, tav. XL; Atlante storicodel territorio marchigiano, pp. 29, 164-166. La terra e le sue copie. Per la cartografia delloStato pontificio: FAINI-MAJOLI, pp. 41-43. Esemplari, digitalizzati disponibili su: IGM,http://www.igmi.org/ancient/scheda.php?cod=13193); ING-Calcografica, http://calcografica.ing.beniculturali.it/calcografica/FC122920, Bologna, Biblioteca digitale dell’Archiginnasio,http://badigit.comune.bologna.it/mappe. Fondamentali restano per la cartografia storica italiana eper quella dello Stato pontificio: ARRIGONI-BERTARELLI 1930; ARRIGONI-BERTARELLI 1939; ALMAGIÀ 1960.

3 AS ROMA, CDM, I, cart. 106, n. 212; FRUTAZ 1972, vol. I, pp. 113-114, tav. LIII, presental’edizione del 1816/24 conservata presso la BAV e menziona i rami conservati presso la Calco-grafia nazionale, cfr. PETRUCCI, p. 236, n. 1501.

4 Per l’impiego del termine Lazio nella cartografia storica cfr. FRUTAZ 1972, I, pp. XIII-XXVI.

5 AS ROMA, CDM, I, cart. 38, n. 35. Senza data ma la matrice fu incisa nel 1666. La cartaderiva da quella di Eufrosino della Volpaia (1547) ma è aggiornata nella toponomastica e arric-chita con notizie storiche e ricercati elementi decorativi. FRUTAZ 1972, I, pp. 32 (6) ne ricorda

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dell’Agro Romano misura pianta e quantità di tutte le tenute e casalidella campagna di Roma con tutte le città, terre e castelli confinanti adesse tenute, le strade, fiumi, fossi, acquedotti et altre cose principali ememorabili sia antiche come moderne, data alla luce nel 1692 e ristam-pata nel 1704 nella stamperia di Domenico De Rossi alla Pace6; Il Laziocon le sue più cospicue Strade Antiche, Moderne e’ principali Casali, eTenute di esso descritto da Giacomo Filippo Ameti Romano e dato in luceda Domenico de Rossi erede di Giovanni Giacomo de Rossi dalle sueStampe in Roma alla Pace con Privilegio del Sommo Pontefice e Licenzade Superiori l’Anno 1693 7, con denominazione inserita in una conchigliasormontata da figure allegoriche di elegante disegno; Il Patrimonio di S.Pietro descritto da Monsignor Giuseppe Morozzo protonotario apostolicogovernatore di Civitavecchia. Inciso dal T. D. Giovanni Maria Cassini C.R.S., del 1791 con dedica a Pio VI che vi è anche raffigurato8.

L’interesse per le vestigia antiche e l’avanzamento degli studi archeo-logici caratterizzano la cartografia della prima metà dell’Ottocento e laCollezione I di disegni e mappe ne documenta le tappe principali attra-verso la carta Plan topografique de la campagne de Rome dessiné et expli-qué par F. Ch. L. Sickler D. à l’usage des voyageurs. Second. editio. A

Maria Grazia Branchetti162

la presenza nelle sei edizioni del Mercurio geografico edito da Giov. Giacomo de Rossi. Per ilMercurio geografico cfr. VERGA; per la biografia di Giovanni Giacomo De Rossi cfr. CERESA; perla stamperia De Rossi, cfr. GRELLE IUSCO.

Per gli esemplari digitalizzati della carta dell’Ameti si segnalano: IGM,http://www.igmi.org/ancient/immagine.php?cod=12215 e ING http://calcografica.ing.benicul-turali.it/calcografica/ CL2215/2566. Per il patrimonio e la storia dell’ING, oltre a PETRUCCI, cfr.:Calcografia Regia; OVIDI; MARIANI; SAPORI; DE MARCHI - MARIANI.

6 AS ROMA, CDM, I, cart. 90, n. 652. In 7 fogli numerati in origine I-VI. Il foglio IV è indue esemplari. FRUTAZ 1972, I, pp. 71-75.

7 AS ROMA, CDM, I, cart. 38, n. 36/2. FRUTAZ 1972, I, p. 75-77, analizza le edizioni del1693 e del 1696. L’opera è distinta con il seguente titolo: Il Lazio con le sue più cospicue StradeAntiche, Moderne e principali Casali, e Tenute di esso descritto da Giacomo Filippo AmetiRomano e dato in luce da Domenico de Rossi erede di Giovanni Giacomo de Rossi dalle sueStampe in Roma alla Pace con Privilegio del Sommo Pontefice e Licenza de Superiori l’Anno1693. Parte Prima Terrestre del Latio descritta da Giacomo Ameti, data in luce da Domenicode Rossi, l’Anno 1693. 2: Parte Prima Maritima del Latio distinta con le sue strade Antiche eModerne, descritta da Giacomo Ameti Romano data in luce da Domenico de Rossi erede diGiovanni Giacomo de Rossi dalle sue stampe in Roma alla Pace con Privilegio del Sommo Pon-tefice et licenza de Superiori l’Anno 1693. Della carta originariamente suddivisa in quattrotavole, manca la “parte seconda maritima”. Della prima parte l’AS ROMA possiede anche unacopia parziale (u.n. 38/37).

8 AS ROMA, CDM, I, cart. 126, n. 64. FRUTAZ 1972, I, pp. 100-101, tav. XLV. Per gli esem-plari digitalizzati si segnalano: IGM http://www.igmi.org/ancient/scheda.php?cod=13398; ASChttp://www.archiviocapitolinorisorsedigitali.it/indice_doc.php?IDA=90# tomo 23.

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Rome chez Venance Monaldini Libraire place d’Espagne n. 79. 18169; laCarta de’ dintorni di Roma secondo le osservazioni di sir William Gell edel professore Antonio Nibby (ante 1839)10; La Campagna Romana espostanello stato antico e moderno dall’Architetto Cavalier Luigi Canina e deli-neata sulla proporzione di uno a sessanta mila nell’annoMDCCCXXXXVIII 11.

Per la seconda metà del secolo l’attività amministrativa e scientificadella cartografia pontificia trova due esemplificazioni importanti nellaCarta topografica di Roma e Comarca disegnata ed incisa nell’officio delCenso […] l’anno XVII del pontificato di Nostro Signore Pio Papa IX perordine dell’Eminentissimo e Reverendissimo Presidente Cardinale Giusep-pe Bofondi12 del 1863 e nella Carta geologica della Campagna romanadel 1878, redatta dall’Ufficio Geologico in Roma dietro domanda dellaDirezione di Statistica, con documentazione di Giuseppe Ponzi e altrigeologi13. La carta topografica di Roma e Comarca rileva l’estensione ter-ritoriale posta sotto l’amministrazione della Presidenza di Roma e Comar-ca, ufficio istituito da Pio IX con motuproprio del 1 ottobre 184714.

Il cardinale Giuseppe Bofondi (1795-1867) fu a capo della Congre-gazione generale del censo dal 1851 e in tale veste fece eseguire un cata-sto aggiornato al fine di un più equo calcolo dell’imposta fondiaria.L’operazione comportò l’esecuzione di rilievi topografici che servironopoi per la stesura di nuove carte del territorio pontificio, tra le quali deveessere compresa quella qui menzionata15.

Una cartografia d’eccellenza riguarda le regioni centro-settentrionalidel territorio dello Stato della Chiesa. A esemplificazione della materia e

Stampe artistiche e cartografia 163

9 Sottoscritta dal cardinale Bartolomeo Pacca e dal libraio Venanzio Monaldini, FRUTAZ1972, I, pp. 111-112, dà notizia dell’esistenza di nove edizioni romane di questa pianta, datealla luce tra il 1811 e il 1865. L’edizione del 1816 è la seconda della serie.

10 AS ROMA, CDM, I, cart. 89, n. 633. In alto a destra rappresentazione di una colonna,FRUTAZ 1972, I, p. 118, la registra come la quarta edizione del Latium Vetus et Regiones conter-minae realizzata dagli stessi autori nel 1827.

11 AS ROMA, CDM, I, cart. 127. n. 22. Si veda anche: Cart. 130, n. 1. FRUTAZ 1972, I, pp.129-131 ricorda tre edizioni (1845, 1848, 1856) della carta del Canina e per questa del 1848menziona gli esemplari conservati presso le biblioteche romane Biblioteca Universitaria Ales-sandrina e BNCR.

12 AS ROMA, CDM, I, cart. 130, n. 10. FRUTAZ 1972, I, pp. 142- 144. Quadro di unione e diogni singolo riquadro sono presenti più copie.

13 AS ROMA, CDM, I, cart. 90, n. 653. FRUTAZ 1972, I, p. 154, tratta dalla Carta Geologicadella Campagna Romana con sezioni, del 1880, preparata nel 1879 sulla base delle carte delprof. Giuseppe Ponzi dell’Ufficio Geologico.

14 TORRIANI.15 PIGNATELLI.

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dei suoi preziosi contenuti si evidenziano la Topografia del Stato d’Ascolidella Marca con suoi confini (1680) di Odoardo Odoardi de Catilini,ingegnere militare, dedicata a Monsignor Giandemaria governatore diAscoli e Commissario generale Apostolico contra banditi nello Stato Eccle-siastico corredata di una tavola temporale calcolata per le ore degli oro-logi da campane di Ascoli16; la Legatione della Romagna. Dedicata all’Ec-cellentissimo e Reverendissimo Prencipe il Signor Cardinale FabrizioPaulucci, Vescovo di Ferrara, 1699 di Filippo Titi, Antonio Barbey,Domenico de Rossi con dedica inserita in un cartiglio fastoso e legendache elenca arcivescovati, vescovati e abbazie17; la Legazione di Bolognadescritta da Giovanni Antonio Magini dedicata al Reverendissimo PadreDon Gaetano Maria Gozzadini abate e procuratore generale della Con-gregazione dei Canonici Regolari lateranensi dal suo umilissimo devotis-simo servitore Lorenzo Filippo De Rossi, 1710 sottoscritta dallo stampatoreDomenico De Rossi18.

Le bonifiche. Gli interventi di natura idrogeologica compiuti per recu-perare, salvaguardare e rendere fruttuosi i territori cronicamente soggettiad inondazioni e ad impaludamenti costituiscono una costante dell’attivitàdi gestione del territorio soggetto a Roma. Le stampe della Collezione I didisegni e mappe raggiungono un grado di documentazione veramenteeccezionale nel caso delle bonifiche dell’area emiliano-romagnola, tanto dacostituirne una sorta di atlante storico per il periodo compreso tra il XVIIe il XIX secolo19.

I progetti e i piani d’intervento finalizzati a irreggimentare le acque,a prosciugare le aree impaludate, all’escavazione dei fiumi, alla definizio-ne di diritti di proprietà, recano le firme di periti, ingegneri idraulici,matematici e amministratori al servizio principalmente della RCA ma non

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16 AS ROMA, CDM, I, cart. 6, n. 247. Altro esemplare disponibile su IGM.http://www.igmi.org/ancient/scheda.php?cod=13040.

17 AS ROMA, CDM, I, cart. 96, n. 903. Si segnalano esemplari digitalizzati suhttp://calcografica.ing.beniculturali.it/calcografica; IGM. http://www.igmi.org/ancient/sche-da.php?cod=11692.

18 AS ROMA, CDM, I, cart. 9, n. 97. La data del 1710 è quella della stampa. L’originale diGiovanni Antonio Magini non è datato, ma è riconducibile alla seconda metà del 1500, epocadi attività dell’autore. Domenico e Lorenzo Filippo De Rossi, padre e figlio, si succedetteronella direzione della stamperia romana che fu poi acquistata dalla Camera apostolica nel 1738.RONCUZZI ROVERSI MONACO; TOOLEY; ALMAGIÀ 1960, p. 22.

19 La materia è documentata in modo ampio dalla cartografia storica posseduta dallaBiblioteca Universitaria di Bologna e dalla Biblioteca Ariostea di Ferrara. Immagini disponibilisu http://dm.unife.it/comunicare-matematica/filemat/atlant.htm

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solo, come ben evidenziano gli indici dell’inventario. Molto nutrita è ladocumentazione riguardante l’andamento, i profili, le rotte e inondazionidei fiumi maggiori e minori e soprattutto in merito ai corsi del Reno e delPo e alla situazione delle Valli di Comacchio. Il quadro storico disegnatodall’insieme testimonia degli interessi politici ed economici che s’intrec-ciarono su questo territorio a partire dagli inizi del Seicento.

Un documento di particolare importanza è la “Pianta che mostra lanavigazione tra Bologna e Ferrara e lo Stato delle Valli e del Reno e dellaLorgana condotto fino al Po di Primaro fatta l’anno 1609 in occasionedella visita Gualtieri. Il territorio ferrarese è rappresentato da una versionedella Corografia del ducato di Ferrara con parte degli stati Al mede [si]moducato confinanti [...] fatta l’anno 1645 da Bartolomeo Gnoli, con stem-ma d’Innocenzo X Pamphili (ma stampata a Roma nel 1716)20. Le ragionidi sovranità e di politica economica sull’area delle Valli di Comacchio chenella prima metà del Seicento videro contrapporsi il Governo di Roma ei duchi di Ferrara, sono richiamate dalla “Pianta delle Valli di Comacchiodelineata con l’assistenza e la direttione di Pompeo Angelotti già commis-sario della Camera Apostolica in Ferrara”, datata 1658, incisa da DanielWidman e completata da stemma di Alessandro VII Chigi21.

Passando al Settecento si trovano piante che aggiornano la materiaquali la carta della Legazione del Ducato di Ferrara. Dedicata all’illustris-simo ... Conte Eustachio Crispi ambasciatore della città di Ferrara allaSantità di ... Papa Clemente XI, con data 1709 e delineata da LorenzoFilippo De Rossi e stampata da Domenico De Rossi22; la Carta topografi-ca levata dalle carte geografiche del Magini e d’altri ridotta in misura per

Stampe artistiche e cartografia 165

20 AS ROMA, CDM, I, cart. 28, n. 58. Questa carta fu stampata nel 1716 in occasione dellavisita compiuta da monsignor Domenico Riviera (1671-1752) a seguito delle inondazioni delReno e della Chiana. Per la carta dello Gnoli del 1645 cfr. ROSSI, disponibile su rivista.fon-dazionecarife.it/it/num-29/num-28/item/512. Della carta esaminata l’autore ricorda, sottoline-andone la rarità, due esemplari conservati presso la Biblioteca Ariostea (Fondo Crispi, RIA,Serie XV, 11-15).

21 AS ROMA, CDM, I, cart. 21, n.358. Pompeo Angelotti fu nominato commissario per la partepontificia nel 1647. Ricostruzione della vertenza tra Santa Sede e Ducato di Ferrara per la sovra-nità sulle Valli di Comacchio e sulla cartografia appositamente realizzata da entrambe le parti asostegno dei rispettivi diritti in A. LODOVISI, Le delizie estensi. Il transunto della pianta delle Vallidi Comacchio, disponibile su http://www.castelloestense.it/delizie/eng/carte/comacchio.html

22 AS ROMA, CDM, I, cart. 29, n.79. Carta a stampa con dedica entro un cartiglio e legenda.È indicato l’orientamento. In basso a sinistra: Data in luce da Domenico De Rossi dalle sue stampein Roma alla Pace con privilegio del Sommo Pontefice l’anno 1709. Sul verso: N. 16 Pianta dellaLegazione del Ducato di Ferrara delineata nel 1709 da Lorenzo Filippo De Rossi. Sottosrizioni:Lorenzo Filippo De Rossi, stampatore (autore); Domenico De Rossi, stampatore (autore).

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quanto s’estende il paese ove sono le valli et inondazioni del bolognese del1726, del perito pubblico Luigi Maria Casoli, incisa da Giovanni Petro-schi; la carta a stampa dell’Andamento del Po di Primaro e de’ fiumi dellaPianura del Bolognese e della Romagna incisa da Marc’Antonio Del Re(1697-1763)23; la Mappa dello Stato presente di Territorio e Valli in cui siscaricano li fiumi Reno Savana Idice, et altre acque del Bolognese, dimo-strato in una parte di Copia della Mappa prodotta per parte della Città diBologna negli atti de Congressi tenuti in Faenza l’anno 1725 avantil’Eminentissimo Piazza …, ma aggiornata al 1734 e stampata nel 173524.

Da segnalare ancora una serie collegata alla visita apostolica compiu-ta dal cardinale Pietro Paolo Conti nel 1761 tra cui spicca, con data 1762,la grande Carta topografica di tutta la pianura bolognese cavata dallacarta da Andrea Chiesa stampata dell’anno 1742 e di parte del Ferraresee del Ravegnano, ... dedotta dalla nuova Carta fatta l’anno scorso 1761d’ordine dell’eminentissimo Sig. Cardinale Pier Paolo Conti ..., sottoscrit-ta da Andrea Chiesa, perito per Bologna e autore, Giambattista Migliari,perito per Ferrara, Gaetano Rappini, incisore, Giuseppe Benedetti inciso-re25. Il Settecento si chiude con il 1790 anno della realizzazione dellaCarta topografica in cui si veggono delineati i lavori tutti eseguiti dallacommissione delle acque delle tre province Bologna Ferrara e Romagnadall’anno 1767 fino al giorno presente (10 gennaio 1790) autori Giovan-ni Battista Giusti ingegnere e Tommaso Barbantini perito26.

La prosecuzione fino al 1816 e poi fino al 1825 dei lavori idrauliciiniziati nel 1767 costituisce la materia con cui prosegue la cronologia perl’Ottocento attraverso un piccolo insieme di stampe con firme degli inge-gneri Tommaso Barbantini e Francesco Bertelli, degli incisori G. Rosaspi-na e (fratelli) Stucchi e di Carlo Mayr disegnatore.

Per la seconda metà dell’Ottocento sono presenti carte realizzatedalla Direzione del censo, mentre la situazione idrografica della regioneregistra i primi progetti di prosciugamento artificiale coll’introduzionedelle idrovore a vapore.

Altri interventi di bonifica esemplari sono quelli compiuti nella ValleUmbra e nell’Agro Pontino, territori per i quali la parte disegnata della

Maria Grazia Branchetti166

23 AS ROMA, CDM, I, cart. 65, n. 369. ALBERICI.24 AS ROMA, CDM, I, cart. 23, n. 9. Sul verso: Bologna. Mappa delle valli ove si scaricano

i fiumi Reno, Savana e Idice ed altre acque del bolognese. 1734. 25 AS ROMA, CDM, I, cart. 25, n. 20. Si segnalano: VARIGNANA 1980, p.10; PETRELLA-SANTINI-

TORRESANI, p. 25; VARIGNANA 1974; GAMBI, pp. 213-247 con ampia bibliografia. 26 AS ROMA, CDM, I, cart. 25, n. 23.

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collezione offre un materiale abbondante e di notevole qualità artistica.Per il territorio umbro, rappresentato nella sua estensione settecentescada un esemplare della celebre Tavola generale della provincia dell’Um-bria di Amanzio Moroncelli (1712)27, le stampe possedute vertono prin-cipalmente sul controllo e la gestione delle acque del Tevere, dei sistemiidraulici interessanti le aree delle valli folignate e spoletina, del sistemaVelino-Nera e della cascata delle Marmore. L’arco di tempo che docu-mentano si estende dalla seconda metà del Seicento fino agli anni Set-tanta dell’Ottocento28.

Si segnalano la Corografia fiume Tevere principiando dal luogo dettoMonte Tosto sino al ponte Felice con li ripari fatti in diversi tempi, occorsein tempo del regnante Innocenzo XI, del 1683, disegnata dal perito dellaSacra congregazione delle acque Agostino Martinelli e incisa da Michelan-gelo Mariano29; la Pianta del corso del Tevere e sue adiacenze dallo sboccodella Nera e fino al mare e profilo di livellazione del medesimo fatto l’anno1744 per comando di Benedetto XIV, degli ingegneri Andrea Chiesa e Ber-nardo Gambarini30; La caduta del Velino nella Nera presentata a N.S. Piosesto da Francesco Carrara segretario del Concilio. - In Roma: per il Casa-letti, 1779 inserita in un fascicolo di 15 fogli e la stampa rappresentantela caduta del Velino nella Nera disegnata da Jacob Philipp Hackert e incisada Carlo Antonini, dedicata al pontefice Pio VI (1775 -1799)31. L’Ottocentoè documentato dall’opera di ingegneri come Girolamo Scaccia, ClementeFolchi, e Gaetano Astolfi (idrostatico)32.

Riguardo ad Agostino Martinelli, sopra menzionato come perito dellaSacra Congregazione delle Acque ma anche giurisperito, matematico earchitetto, si evidenzia che la Collezione I di disegni e mappe ne docu-

Stampe artistiche e cartografia 167

27 AS ROMA, CDM, I, cart. 124, n.268. Silvestro Amanzio Moroncelli (al secolo GiovanniFrancesco) abate della congregazione Silvestrina di S. Stefano del Cacco (Fabriano, 1652-1719).ANGELINI-PICCININI, pp.98-99; DE MEO, p. 212.

28 La materia è stata studiata nelle sue diverse problematiche e sulla base delle fonti del-l’AS Roma, da Paolo Buonora di cui si segnalano i seguenti contributi: BUONORA 1992; BUONORA1993; BUONORA 1994a; BUONORA 1994b; BUONORA 1995; BUONORA 2003.

29 AS ROMA, CDM, I, cart. 118, n. 94. La stampa è firmata Michael Angelus Marinarius, scul-tore e incisore.

30 AS ROMA, CDM, I, cart. 119, n. 126.31 AS ROMA, CDM, I, cart. 125, n. 13.32 AS ROMA, CDM, I, cart. 105, n. 204, volume di quarantuno fogli intitolato Progetto di

sistemazione dei torrenti e scoli della valle spoletana e presentato alla Santità di Nostro Signoree dalla Sua Santità approvato con chirografo del 19 aprile 1826 (o 1828?). Contiene 6 piante,il chirografo del pontefice diretto al cardinale Agostino Rivarola e due relazioni degli ingegneriautori.

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menta l’attività di espertod’idrostatica attraverso unaricchissima serie di disegniattestanti i suoi studi sulTevere e in particolare sullanavigabilità, le ripe, i ponti33.

Per la storia della bonificadell’Agro Pontino - ottima-mente documentata dallaparte disegnata della Collezio-ne I di disegni e mappe con

piante ad inchiostro ed acquerello che datano dal Seicento all’Ottocento- lestampe riguardano i lavori promossi da Pio VI ed eseguiti dall’ingegnerebolognese Gaetano Rappini, tra il 1777 e il 179834. Rilevanti, in particolare,risultano la Carta esprimente lo stato paludoso dell’Agro Pontino come futrovato nella visita dell’Anno 1777 prima che si mettesse mano alla Bonifi-cazione, che fu quindi eseguita per sovrana munificenze dell’immortale PioSesto35 e la Carta esprimente lo Stato dell’Agro Pontino già Bonificato dallaSantità di Nostro Signore Papa Pio VI felicemente regnante (1795 ca)36. Una

Maria Grazia Branchetti168

33 Il Martinelli pubblicò gli studi dedicati al Tevere con il titolo Descrizione di diversiponti esistenti sopra i fiumi Nera e Tevere con un discorso particolare della navigazione daPerugia a Roma, Roma 1676. L’opera è corredata di 22 tavole fuori testo e per la maggior partepiegate, in alcune delle quali si trova il nome dell’incisore. Del Martinelli si ricorda anche chefu professore straordinario delle istituzioni presso l’Università romana della Sapienza, cfr.RENAZZI, 3, p. 187.

34 La documentazione dell’AS ROMA riguardante la bonifica dell’Agro Pontino trova unasua prima presentazione in LODOLINI A. 1934, pp. 217-230. Su di essa si veda anche FRUTAZ1972, pp. 94-97. Una indagine ampia in ROCCI.

35 AS ROMA, CDM, I, cart. 116, n. 24/1.36 AS ROMA, CDM, I, cart. 51, n.21.

1. Caduta del Velino nella Nera,1775-1779 (AS ROMA, CDM, I, cart.125, n. 13)

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sintesi dell’intervento piano si trova nella Pianta topografica del Circonda-rio Pontino con la delineazione de’ nuovi lavori e fabbriche fatte erigeredalla S.di N.S. Papa Pio sesto realizzata da Domenico Pronti ed edita daGiuseppe Fabri nel 1788. Il Pronti vi rappresenta il territorio bonificato,dodici vedutine dedicate alle nuove opere edilizie e un panorama di Ter-racina preso dal mare in cui delinea anche il nucleo primo della cittàmoderna37.

Roma: piante, monumenti, vedute

Roma è rappresentata in relazione a luoghi e siti d’interesse archeo-logico, a monumenti e complessi civili e religiosi, a progetti di amplia-mento urbanistico e di ristrutturazioni edilizie, allo studio della viabilità.Una sorta di panorama è restituito dai fogli della citata Pianta del corsodel Tevere realizzata nel 1744 dagli ingegneri Andrea Chiesa e BernardoGambarini riguardanti: La sezione del Tevere in faccia al Palazzo Falco-nieri, ed al Giardino Farnese; l’andamento del fiume per il tratto dellaCittà di Roma, e Profilo di livellazione, e Sezioni, che comincia dal Portodi Ripetta fino al Porto di Ripa grande, con vedute del ponte Felice, nel-l’alto Lazio, e dei ponti Molle, Sant’Angelo, Quattro Capi, Sisto, Ferrato eraffigurazione della facciata di S. Bartolomeo all’Isola (v. nota 30).

La Roma antica rivive, per il Settecento, nelle due piante delle zone trail Colosseo e le Terme Antoniniane (1732)38 e, per l’Ottocento, nelle tavoleriguardanti i restauri delle aree archeologiche tra le quali si segnalano ledue, risalenti agli anni 1818-1826, Sterramento del Foro Romano e Conget-ture sull’andamento della Via Sacra39 che possono essere messe in relazio-ne con l’opera compiuta nel campo del restauro del patrimonio archeolo-gico dall’architetto Giuseppe Valadier, ispettore delle Fabbriche Camerali40.

Altro motivo di vanto della collezione è costituito da sedici delletrentacinque tavole che Luigi Rossini pubblicò nel 1829 con il titolo Leporte antiche e moderne del recinto di Roma con le mura prospetti e pian-te geometriche 41. Dietro alcune di esse compare il timbro del Camerlen-

Stampe artistiche e cartografia 169

37 AS ROMA, CDM, I, cart. 51, n.20. FRUTAZ 1972, I, p. 95, tav. XLII, pubblica l’esemplare pos-seduto dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e fa riferimento a quelli della collezione delle stampedel Castello Sforzesco Milano e della Biblioteca dell’Opera nazionale per i combattenti.

38 AS ROMA, CDM, I, cart. 130, n. 5.39 AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 7.40 AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 5. Per Giuseppe Valadier (1762-1839) cfr. DEBENEDETTI

1979 e DEBENEDETTI 1985.41 AS ROMA, CDM, I, cart. 77, n. 206.

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gato di S.R.C. che ne indica la provenienza dal dicastero pontificio pre-posto alla tutela del patrimonio artistico della città42.

Un momento centrale dei risultati prodotti dal fervore archeologicoche caratterizza la politica del papato nella prima metà dell’Ottocento èrievocato dalle tre stampe sottoscritte da Luigi Maria Valadier, AchillePinelli, Battistelli, litografo autore (1838) contenenti piante, prospetti,sezioni e particolari del monumento di Eurisace, rinvenuto a Porta Mag-giore e allegate ai Brevi cenni di un monumento scoperto a Porta Mag-giore del Cavalier Luigi Grifi, archeologo e segretario della Commissionepontificia di antichità e belle arti43.

Per quanto riguarda l’edilizia sacra il numero delle stampe, al contra-rio dei disegni, è piuttosto circoscritto ma qualitativamente di rilievo. Siricordano per il Seicento due tavole ancora di Agostino Martinelli, realiz-zate, l’una, per la ristrutturazione della chiesa di santa Barbara dei librai44

e l’altra, per il nuovo sacello da costruirsi nella chiesa dei SS. Bonifacioe Alessio sull’Aventino e intitolata Ortographiam novi sacelli extructiRomae in ecclesia Sanctorum Bonifatii et Alexii ad augendum cultumDeiparae Virginis in tabula a divo Luca depictae datata 167845.

Per il Settecento si distingue una rara stampa che ha per oggetto l’or-gano di S. Pietro in Carcere (1714-1717) ma con veduta anche dell’inter-no della chiesa animato da vari personaggi. In basso, in un cartiglio, noti-zia della commissione da parte di Benedetto Pamphili. Sul verso: “AC metpro Domino Laurentio Vicentino contra Domino Agapito [Fiudula] et litis

Maria Grazia Branchetti170

42 Luigi Rossini (Ravenna 1790 – Roma 1857). Digitalizzazione di tutte le tavole in ING-Calcografica http://calcografica.ing.beniculturali.it/calcografica/index. La serie della CDM com-prende: 1-2, Frontespizio con ricostruzione di fantasia della porta di Onorio ed Arcadio e sulretro catalogo delle opere pubblicate dall’autore; 3 tavola X: Monumento dell’acqua Marcia,Tepula e Giulia, arco di Druso; 4 tavola XIII: veduta dell’ antica Porta Metronis; 5 tavola XIV:veduta dell’antica Porta Latina chiusa; 6 tavola XVII: veduta dell’antica porta Ardeatina; 7 tavolaXXI: Porta San Pancrazio; 8 tavola XXIII: Porta Cavalleggera detta Turrionis; 9 tavola XXVI:Porta Angelica; 10 tavola XXVIII: Porta di Borgo Angelico; 11 tavola XXIX: Porta di AlessandroVI; 12 tavola XXX: Porta di Santo Spirito; 13 tavola XXXI: Porta Settimiana; 14 tavola XXXII:Porte antiche del recinto di Roma; 15 tavola XXXIII: Porte antiche e moderne del recinto diRoma; 16 tavola XXXIV: Costruzioni varie del recinto di Roma; Fuori numerazione: 17: Vedutedi varie porte e tratti di mura; 18: veduta della Porta Salaria e della Porta Portese; Per l’operadi Luigi Rossini cfr. Luigi Rossini incisore, pp. 140-143.

43 Per la promozione delle discipline archeologiche durante il pontificato di Gregorio XVIcfr. BREGA.

44 AS ROMA, CDM, I, cart. 85, n. 485. Le due stampe sono da riferirsi al testo A. MARTINELLI,Disegni di cappelle, et altre fabriche da construirsi nella chiesa di S. Barbara de’ signori libraridi Roma inuentati dal C. Dottor Don Agostino Martinelli ferrarese, Roma, Tinassi, 1679. LAMONICA, pp. 162-171.

45 AS ROMA, CDM, I, cart. 84, n. 472.

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consortes. Die 17 martii 1714. Paparozzius”46. Quest’ultima nota chiamain campo il notaio Paparozzius, che la cronologia permette di identificarecon Salvatore Paparozzi senior, titolare dell’officio 6 del Tribunale del-l’Auditor Camerae dal 1707 al 173747. Il committente cardinale BenedettoPamphili (1653-1730), è personaggio noto per l’attenzione profusa versotutte le arti ma in particolare verso quella della musica che praticò anchepersonalmente e che promosse con generosità e munificenza lungo l’in-tero arco della sua vita48. Da sottolineare, infine, un nutrito gruppo distampe di Heinrich De Geymüller, risalenti agli anni 1854-1866 dedicatealla basilica vaticana e riproducenti disegni di Antonio da Sangallo e Bra-mante49.

Stampe artistiche e cartografia 171

46 AS ROMA, CDM, I, cart. 86, n. 528.47 FRANÇOIS 2011, p. 15.48 Benedetto Pamphili (1653-1730). Cfr. MONTALTO e Pamphilj and the Arts.49 AS ROMA, CDM, I, cart. 86, n. 529. Dieci fogli numerati a matita.

2. Veduta dell’antica Porta Latina chiusa (al centro), dalla parte esterna della città indistanza vedesi la Basilica di S. Giovanni in Laterano (ai lati), 1829 (AS ROMA, CDM, I,cart. 77, n. 206, f. 5, tav. XIV)

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L’edilizia della città trova un punto di analisi coerente in un Albumdi 8 fogli (ora sciolti), in cui i primi due contengono la dedica al ducaMarino Torlonia, e il “Proemio”; i seguenti sei rappresentano prospetti dipalazzi romani. Le tavole, dedicate al duca Marino Torlonia (Roma, 6 set-tembre 1795 - 30 settembre 1865) duca di Bracciano, di Poli e di Guada-gnolo, recano le firme di Giacomo Antonelli, stampatore; A. Moschetti,incisore; P. Fortuna, ingegnere; G. Montiroli, disegnatore50.

Città: piante, vedute

Un capitolo di rilievo è costituito da un nutrito insieme di vedute epiante di città italiane tra le quali non mancano esemplari rari.

Tra le più pregevoli le vedute a volo d’uccello delle città di Civitanova,Norcia e Pavia. La prima, Civitas Nova in Piceno, edita nel 1630 e firmataGiacomo Lauro, contiene come elementi caratterizzanti la pianta del porto,lo stemma del duca Cesarini e l’immagine di Marone, il santo patrono delluogo51; la seconda raffigurante l’Antica città di Norsia reca gli stemmi dellaCamera apostolica, del Comune e un blasone gentilizio52; la terza riguardail Nuovo disegno della città di Pavia con tutti li suoi luochi vicini et postioccupati dall’essercito di Francia e duca di Modena con la linea di circon-velatione fata da sudetti incominciata la notte lì 24 luglio 1655 53.

Per il Settecento si ricorda, a firma di Carlo Antonini e di Saverio MariaCasselli architetto, la Topografia della pontificia città di Benevento umilia-ta alla santità D. N. S Papa Pio Sesto dai consoli della medesima (1781)con legenda ed elementi descrittivi quali il prospetto del ponte sul fiumeCalore, la pianta e il prospetto meridionale dell’arco di Traiano denomina-to Porta Aurea, lo stemma della città, lo stemma papale, la rappresentazio-ne delle Virtù, la pianta e il prospetto dell’antico teatro, il prospetto diporta Pia sul nuovo ponte, un particolare dell’epigrafe dedicata a Pio VI54.

Le vedute e mappe datate all’Ottocento testimoniano in modo direttodelle politiche territoriali messe in atto attraverso dicasteri centrali qualila Presidenza generale del censo, la Direzione dei lavori idraulici came-rali, il Ministero del commercio, delle arti, industria e agricoltura, la Pre-

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50 AS ROMA, CDM, I, cart. 82, n. 363.51 AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 266. DI CALISTO. 52 AS ROMA, CDM, I, cart. 48, n. 56. BLAEU, pp.151-158.53 AS ROMA, CDM, I, cart. 56, n. 147.54 Un esemplare si trova presso IGM, Firenze, Biblioteca Attilio Mori, coll. CD-II-7, (piante

di città A-9).

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fettura di acque e strade-Ministero dei lavori pubblici, il Ministero dellearmi, la Congregazione generale di sanità.

Dalla Presidenza generale del censo provengono le carte topografi-che di Civitavecchia, Ancona, Ascoli, Senigallia, Ferrara, Perugia, Urbino.Le prime tre documentano l’attività come pro presidente di GaspareGrassellini, che svolse il suo incarico, insieme a quello di presidente dellaPrefettura generale di acque e strade dal 1840 e al 184755. Il Grassellini,il cui nome compare anche in altre stampe della collezione, al momentodell’assunzione dell’incarico dispose la misurazione e la stima dei terreni,la compilazione di mappe e carte catastali e il censimento della popola-zione56. La carta di Civitavecchia (1841)57 e di Ancona (1844)58 furono

Stampe artistiche e cartografia 173

55 AS ROMA, CDM, I, cart. 7, n. 21.56 Gaspare Grassellini (1796- 1875). Cfr. MONSAGRATI.57 Civitavecchia: AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 272.58 Ancona: AS ROMA, CDM, I, cart. 2, n. 58.

3. Antica città di Norsia (Norcia), sec. XVII (AS ROMA, CDM, I, cart. 48, n. 56)

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entrambe incise da Filippo Troiani. Nella carta di Civitavecchia è inseritoun sunto storico delle diverse epoche della storia della città, a partiredall’antica Centumcellae, e considerata la costruzione del porto da partedell’imperatore Traiano, fino agli interventi urbanistici dei pontefici PioIV, Sisto V, Pio V, Gregorio XIII, Paolo V, Urbano VIII, Innocenzo XII eGregorio XVI. Riguardo a Civitavecchia la collezione possiede ancorauna seconda carta, datata 1868 e proveniente dal Ministero delle armi,nella quale la città è raffigurata munita di fortificazioni59.

La Congregazione generale di sanità è menzionata in una Carta topo-grafica sanitaria del Littorale del Mediterraneo nello Stato Pontificio dalconfine del Gran Ducato di Toscana a quello del Regno di Napoli (...),datata 1843 e sempre frutto della propresidenza Grassellini, in cui sonorappresentate le piante della città di Civitavecchia, Terracina, Fiumicino,Porto di Anzio e Nettuno60.

Da citare Livorno, tra le città sottoposte ad altra sovranità, per laquale sono presenti trentasei tavole della relazione intitolata Opere ese-guite per l’ingradimento della città e porto-franco di Livorno dall’anno1835 al 1842 sottoscritte da: F. Renard, disegnatore (autore); C. Chirici,architetto, incisore (autore); L. Balatri, incisore (autore); AlessandroManetti, architetto61. L’opera, dedicata a Sua Altezza Imperiale e RealeLeopoldo II, principe imperiale d’Austria, granduca di Toscana62 fu stam-pata a Firenze dalla appena fondata casa editrice Le Monnier 63.

Un panorama organico delle principali città italiane è rappresentatoinfine da 50 carte topografiche di altrettante province italiane realizzatedal Regio Stabilimento cartografico Virano di Roma nel 1886.

Il quadro tracciato lascia soltanto intuire il valore storico-artistico delmateriale calcografico della CDM. Per un giudizio critico, da questa ango-

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59 AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 272. La carta contiene anche notizie demografiche e unbreve elenco delle tipologie di edifici pubblici. Altri esemplari: IGM,http://www.igmi.org/ancient/scheda.php?cod=8304; Biblioteca della Fondazione Marco Besso.

60 AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 273. Pianta generale della città di Civitavecchia e sue for-tificazioni al 1 dicembre 1868. Stampa a colori. A sinistra e a destra: legende. È indicato l’orien-tamento. Sul verso: “135”. Sottoscrizioni: G. Meluzzi, capitano direttore (autore).

61 AS ROMA, CDM, I, Cart. 106, n. 215. Comprende la Carta topografica sanitaria del Litto-rale del Mediterraneo nello Stato Pontificio dal confine del Gran Ducato di Toscana a quellodel Regno di Napoli... e la Carta del Littorale del Mediterraneo. Quadro sinottico. Un fascicolodi 10 fogli presenta la descrizione analitica della pianta. Sottoscrizioni: monsignor GaspareGrassellini, pro-presidente del Censo.

62 AS ROMA, CDM, I, Cart. 39, n. 42. 63 La tavola prima rappresenta la “Pianta della città e porto di Livorno colla nuova cinta

di muro”. Per i titoli delle altre tavole si rimanda alla scheda di catalogo. Cfr. FRATI.

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lazione, occorrerà uno studio sistematico di tutto l’insieme. Tuttavia delpregio e della rarità di molte unità della raccolta forniscono una provaindiscutibile i nomi degli autori, committenti, inventori, disegnatori, peritiincisori.

I personaggi che ne furono a vario titolo gli artefici permettonoanche di disegnare la storia del sistema di relazioni che caratterizzò percirca tre secoli il rapporto tra amministrazione pontificia e arte incisoriae che portò nel 1738 all’istituzione della Calcografia camerale. Fu Cle-mente XIII (1730-1740), coadiuvato dal nipote cardinale Neri Maria Cor-sini (1685-1770), che ne promosse la creazione disponendo l’acquistodella storica stamperia De Rossi64.

Stampe artistiche e cartografia 175

64 Per la storia della Calcografia camerale cfr. nota 5.

4. Civitas Nova in Piceno, 1630 (AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 266)

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BIBLIOGRAFIA

a cura di SERENA DAINOTTO

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La bibliografia comprende le pubblicazioni citate nei saggi, insieme alle opere eai repertori frequentemente usati sia dagli autori dei saggi, che dai collaboratoriche hanno redatto le schede della collezione. Nell’elenco le opere su Roma e loStato pontificio sono ovviamente prevalenti in quanto nella Collezione I i disegnie le mappe sono quasi tutti relativi ai vari territori dello Stato pontificio.

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VERGA = E. VERGA, Indice dell’atlante il Mercurio geografico edito a Romada G. Giacomo e Domenico de Rossi, 1669-1703, Milano, Stab. Tip.Lit. E. Bonetti, 1901.

Viabilità e territorio = Viabilità e territorio nel Lazio meridionale: persi-stenze e mutamenti fra ‘700 e ‘800, Frosinone, [s.n.], 1992.

VITA SPAGNUOLO = I Catasti generali dello Stato Pontificio - La Cancelleriadel Censo di Roma poi agenzie delle imposte (1821-1890). Inventarioa cura di V. VITA SPAGNUOLO, Roma, AS ROMA, 1995 (Scuola di archi-vistica, paleografia e diplomatica, Studi e strumenti, 7).

WEBER 1994 = C. WEBER, Legati e governatori dello Stato pontificio, 1550-1809, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio cen-trale per i beni archivistici, 1994 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato,Sussidi, 7).

WEBER 1999-2002 = C. WEBER, Genealogien zur papstgeschichte, 6 voll.,Stuttgart, A. Hiersmann, 1999-2002.

WEBER 2003-2004 = C. WEBER, Die päpstlichen referendare. 1566-1809, 3voll., Stuttgart, A. Hiersmann, 2003-2004.

Bibliografia 199

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INDICI

a cura di SERENA DAINOTTO

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Alberici Clelia, 166, 180Alberini, famiglia, 56, 59, 60- Orazio, 57 Aldobrandini, famiglia, 79Alessandro VI, papa, 170Alessandro VII , papa, 9, 59, 61, 102,165

Almagià Roberto, 161, 164, 179 Altieri, famiglia, 97Amaden Francesco, agrimensore, 135 Amayden Teodoro, 106, 179Ambrogetti Giovanni Paolo, 132Ameti Giacomo Filippo, 162, Anassimandro, 3Andreoli Francisco Antonio, notaio, 130,132, 133

Androsilla, famiglia, 56, 59Androsilla, monsignore, 57Angelini Giovanni, 143Angelini Werther, 167, 179Angelotti Pompeo, 165Anguillara, famiglia, 69Antinori Aloisio, 54, 195Antonelli Giacomo, 172Antonietti Ascanio, agrimensore, 78, 83Antonini Carlo, 48, 167, 172Apolloni Augusto, notaio, 156Apprevati, canonico, 132Arcadio, imperatore, 170Arena Gabriella, 183Argoli Carlo, 118Aristotele, 3Arrigoni Paolo, 161, 179Ashby Thomas, 77, 179Asole Angela, 183Astolfi Gaetano, idrostatico, 48, 167Attilia Luigia, V, 137, 142, 180, 184

Baglione Giovanni, 180Balatri Luigi incisore, 174Baldacci Osvaldo, 7, 39, 180Bandini, famiglia, 89, 90- Pietro Antonio, 89Baranzone, monsignore, 128

Barbantini Tommaso, 166Barbera Mariarosaria, 139, 180Barberini, famiglia, 42- Antonio, 50- Francesco, 48, 50Barbey Antonio, 164Bardi, famiglia, 89, 105Baronti Giancarlo, 185 Bartoli Langeli Attilio, 181Bartolomei Giuseppe de, 103, 104 Battistelli, litografo, 170Becker Felix, 197Belgi Francesco Giacomo, notaio, 128Belli Barsali Isa, 127, 180Bellone Enrico, 42, 180 Beltràn Fortes José, 194Benedetti Giuseppe, 166, 169Benedetto XIV, papa, 161, 167Bentivogli, famiglia, 97Bentivoglio Enzo, 79, 180 Beranger Eugenio Maria, 182 Beretta, capo mastro, 142Bernardi Marcello, 52, 180Bertarelli Achille, 161, 179Bertelli Francesco, 166Bertini Carlo Augusto, 179 Bevilacqua Mario, 60, 180, 193, 194, 196Biasci Andrea, 139, 180Bidolli Anna Pia, VI, 30 Bilancia Fernando, 198Blaeu Joan, 172, 181Blanco Luigi, 53, 181Bofondi Giuseppe, 163Bonella Anna Lia, 10, 199Bonfiglioli Stefania, 181 Bordoni Egidio, 41, 48 Borghese, famiglia, 69, 79, 95, 119- Scipione, 69Borromeo (Boromeo) Federico, 153 Boscovich Ruggiero Giuseppe, 161 Bosio Pietro, 142, 143, 155 Bramante Donato, 171Branchetti Maria Grazia, V, VI, 7, 127,159, 180, 189

INDICE DEI NOMI DI PERSONA E DEGLI ENTI

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Brega Giuliana, 170, 181 Brumat Rachele, VI Bucolo Raffaella, 88, 181 Bulgarini Giovanni Giacomo, 50Buonasera Francesco, 181 Buonocore Marco, 189Buonora Paolo, V, 5, 11, 24, 37, 39, 44,53, 159, 160, 167, 181, 182, 196

Cabeo, gesuita, 40Caciagli Costantino, VIICaffarelli, famiglia, 124- Gasparo, 57, 122 - Pietro, 57, 122Calamo Bernardino, agrimensore, 78,79, 83, 117, 119, 120, 123,

- Domenico, agrimensore, 119- Francesco, agrimensore, 79, 87, 119, 120Calcografia camerale, 151, 161, 175Calcografia regia [poi] nazionale, 161,162, 183

Calderari Enrico, 147, 148, 156 Calzolari Monica, 182Camerlengato, 8Campitelli Alberta, 193Camporese Pietro, 27 Canina Luigi, 141, 143, 156, 163, 182Cantile Andrea, 3, 183, 194Capalbo Cinzia, 69, 183Capizucchi, famiglia, 130Capretti Antonio, 48Caracciolo Alberto, 26, 183Caravale Mario, 26, 183Carbonetti Cristina, 184Cardano, 44Carocci Sandro, 184Caroli Paola, VIICarrara Francesco, 167Carta Marina, 183 Cartoli Alessandro, 115Casagrande Laura, 182Casali, marchese, 155Casanova Eugenio, 49, 183 Casoli Luigi Maria, 166Casselli Saverio Maria, 172 Cassini Giovanni Maria, 161, 162 Castelli Benedetto, 42, 183

Castiglia Roberto, VIICeglie Simonetta, VI Cenci, famiglia, 67-72, 76, 77, 80, 85, 87,105, 109

Ceresa Massimo, 162, 183Cerreti Claudio, 183 Cesarini, famiglia, 97, 123 - (Cesarino) duca, 122, 172Cesi, famiglia, 127 - (Cesio) Federico Maria, 127, 128Chacón Alfonso (Ciaconius), 183Cherubini Paolo, 194 Chiesa Andrea, 166, 169, 183Chigi Agostino, 91, 92, 94 Chigi, famiglia, 61, 62- Sigismondo, 161 Chirici C. architetto, 174Chiumenti Luisa, 197Cingolani della Pergola Giovanni Battista,55, 56, 88, 90, 100, 105, 134, 161, 184

Cipolla Antonio, 153Cipriano Carlo, 116Clarici Marius, notaio, 104Claudio, imperatore, 157Clemente VIII, papa, 49 Clemente X, papa, 153 Clemente XI, papa, 165Clemente XIII, papa, 175Coarelli Filippo, 146, 184 Coates–Stephens Robert, 150, 184Cocciante Battista, agrimensore, 65collegi- di S. Bonaventura, 95 - Germanico e Ungarico, 92, 94 - Romano, 91, 92, 94, 95 Collicola Carlo, 134Coltelli Francesco, 139 congregazioni cardinalizie- del buon governo, 8, 9, 24-26, 51, 66- della sacra consulta, 26 - delle acque, 8, 24, 37, 38, 40, 49, 50-54, 167

- di acque e strade, 173- delle armi v. anche Presidenza dellearmi e Ministero delle armi, 26

- generale del censo v. Presidenzagenerale del censo

Indice dei nomi di persona e degli enti204

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- generale di sanità, 173, 174- super viis pontibus et fontibus, 49congregazioni religiose- dei canonici regolari lateranensi, 164- Silvestrina di S. Stefano del Cacco, 167Consiglio d’arte, 26, 27, 53 Contardi Bruno, 188Conti Pietro Paolo, 166 Cordiale Orazio, agrimensore, 79, 97-100Cordiale Paolo, agrimensore, 79Corpo degli ingegneri di acque e strade,26, 27

Consalvi Ercole, 52 Corsini Neri Maria, 175Corvisieri Costantino, 121 Coste Jean, 29, 56, 69, 71, 77-80, 86, 89-91, 98, 105, 106, 119, 120, 125, 184

Cozza Lucos, 152, 184Crescentini Claudio, 189Crescenzi, famiglia, 79 - Ottaviano, 89 - Paolo, 79 Crispi Eustachio, 165Cristiani Stefania, VICurcio Giovanna, 188Curti Francesca, 199 Curzi Valter, 137, 184

Dainotto Serena, IV-VI, 7, 12, 179, 185 D’Aiuto Francesco, 133, 185Danti Giulio, 43, 45 - Ignazio, 43, 45 - Vincenzo, 43, 45D’Innocenzi Valentina, VI De Angelis Bertolotti Romana, 148, 185De Bartolomei Giuseppe, 103, 104 Debenedetti Elisa, 169, 185, 194, 197De Boni, Filippo, 45, 185 De Falco Giovanni, 137 Della Volpaia Eufrosino, 77, 161Del Lungo Stefano, 197Delogu Paolo, 197Del Re Marc’Antonio, 166De Marchi Giulia, 162, 185De Meo Francesca, 167, 185De Nicolis Domenico, notaio, 116De Rossi, stamperia, 175

- Domenico, 162, 164, 165, 184- Giovanni Giacomo, 162 - Lorenzo Filippo, 164, 165De Rossi Adami Andrea, 115De Ruggiero Ettore, 141, 185De Seta Cesare, 185Desideri Margherita, VI De Vizio Romina, 187 Di Calisto Laura, 172, 185Di Carpegna Falconieri Tommaso, 74Dicastero generale del censo v. Presi-denza generale del censo

Di Crollalanza Goffredo, 185 Di Gioia Vincenzo, 53, 186Dioguardi Maria Cristina, VI Di Pasquale Sabina, 139, 180Direzione generale del censo v. Presi-denza generale del censo

Direzione dei lavori idraulici camerali,172

Dogliani Patrizia, 182 Doria Pamphilj, famiglia, 69, 72, 77, 148 - Andrea, 148 - Giuseppe, 137 Dorsi Pierpaolo, 37, 186 Drei Benedetto jr, agrimensore, 79, 128,129

- Pietro Paolo, agrimensore, 129Dubourg Glatigny Pascal, 43, 186Duchini, agrimensore, 126

Enking Ragna, 79, 186Esposito Anna, 198Esposito Daniela, 81, 186

Fabi, famiglia, 61- Francesco, 56, 57, 59Fabi (de Fabiis) Pietro Paolo, 85Fabri Giuseppe, 169 Facci Antonio Felice, 38, 63 Fagiolo Marcello, 194, 196 Fagliari Zeni Buchicchio Fabiano Tizia-no, 65, 186

Faini Sandra, 161, 186Falchi Luisa, VI, 9, 159, 186Falconieri, famiglia, 68-70, 72, 74-76- Orazio (XVII sec.), 69

Indici 205

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- Orazio (XIX sec.), 75Fantoni Pio, 48 Farnese, famiglia, 89- Alessandro, 65, 89Fea Carlo, 141-143, 147 Federici Vincenzo, 121, 186 Federzoni Laura, 183 Ferrara Patrizia, VI, 30 Ferraris Maurizio, 3 Ferraris Paola, VIFerratelli Domenico, 123Filippi Fedora, 184Finocchi, famiglia, 101Folchi Clemente, ingegnere, 53, 167Fontana Domenico, 45 Fontana Giuseppe, 145, 147Fonte Thomas de, notaio, 85, 86 Fonthia Domenico, notaio, 69 Fortuna P., ingegnere, 172Fosco Angelo, 115Fosco Pomponio, 115 Fossi Maria Pia, VIFranceschini Michele, 67, 69, 73, 74, 192François Achille, 171, 187 Frati Pietro, 174, 187Frutaz Amato Pietro, 56, 62, 77, 79, 88,100, 134, 161-163, 168, 169, 184, 187

Fuschi Marina, 197 Fusco Antonella, 5Fuscus Vincentius, notaio, 85

Gabrielli, famiglia, 88Gabrielli Giovanni, 139 Gabrielli Giuseppe, 155 Galassi Marco Antonio, agrimensore, 85,86, 96-99

Galeffi Francesco, 145Galera comunità, 87 Galilei Galileo, 42Gallo Luigi, 88 Gamba Enrico, 197Gambarini Bernardo, 167, 169 Gambi Lucio, 166, 187Garbini Riccardo, 182Gardini Stefano, VIIGarms Jorg, 187Gaspari Oscar, 182, 183

Gatti Emanuele, 139, 187Gatti Guglielmo, 141, 187 Gattola (Gettola) Cesareo, agrimensore,80, 81, 85, 86, 98

Gauvain Alexis, 76, 79, 128, 129, 187Gell William, 163Genovese Carmen, 24, 187Geymüller Heinrich von, 171, 187Giandemaria Giacomo, 164Giorgi, famiglia, 75 Giovanetti Francesco, 28 Giovi Venanzio, 104Giraud, famiglia, 100 - Pietro, 100, 101Giustiniani, cardinale, 149Giustiniani, famiglia, 74 Gnoli Bartolomeo, 165Gori Sassoli Mario, 195Gozzadini Gaetano Maria, 164 Grantaliano Elvira, 182Grassellini Gaspare, 173, 174Graziani Ersilia, 24, 187Gregorio XIII, papa, 88, 174Gregorio XVI, papa, 148, 170, 174Grelle Iusco Anna, 162, 188Greppi Cristoforo, 32 Grifi Luigi, 143, 144, 146-149, 170, 188Gualtieri, 36, 165Guglielmini Domenico, 41, 44Gurgo Maria Idria, VI

Hackert Jacob Philipp, 167 Hülsen Christian, 143, 188

Inniche Onorio, 85Innocenzo X, papa, 165Innocenzo XI, papa, 167 Innocenzo XII, papa, 49, 174Isola Farnese comunità, 64, 66Istituto Nazionale della Grafica (ING), 6,162

Istituto geografico militare (IGM), 6

Jacobelli Paolo, 180Jacobilli Francesco, 48

Keaveney Raymond, 189

Indice dei nomi di persona e degli enti206

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Krönig Wolfgang, 189

La Monica Laura, 170, 189Lanciani Rodolfo, 139, 148, 189 Lanconelli Angela, 82, 159La Regina Adriano, 190 Lauro Giacomo, 172Lazi Giovanna, 194Leggio Roberto, VI Lelo Keti, 195Leni, famiglia, 80, 83-87, 97- Ciriaco, 84- Girolamo, 84, 86- Marco Antonio, 85Leonardo da Vinci, 41Leone Stephanie, 192Leone X, papa, 137Leopoldo II, 174Lepri marchese, 125 Lodolini Armando, 49, 168, 189,- Elio, 10, 24, 30, 66, 189Lodolini Tupputi Carla, 25, 189Londei Luigi, VI, 9, 30, 159, 186, 190, 193Lo Sardo Eugenio, V, X, 30, 190 Lume Lucio, 11, 30, 193

Maccagni Carlo, 46, 190Maderno Carlo, 45 Maffei Agostino, 120 Maffioli Cesare, 40, 41, 43, 190Magini Giovanni Antonio, 164, 165 Maire Christopher, 161Majoli Luca, 161, 186Malvezzi Campeggi Leonello, 189Manetti Alessandro, architetto, 174Mangani Giorgio, 180Margani, famiglia, 125 Margiotta Anita, 190Mariani Ginevra, 162, 185, 190Mariano Michelangelo, 167 Marigliani Clemente, 190, 191, 199 Marino Angela, 53, 191Marliani Lorenzo, 51 Maroni Lumbroso Matizia, 191Marticari Teodoro, notaio, 104, 116 Martinelli Agostino, 167, 168, 170, 191 Martini Angelo, 15, 191

Martini Antonio, 189, 191Martino Daniela, VI Marussi Antonio, 191Massa, famiglia, 104-106, 108, 110, 112,113, 115

- Antonio (XVI sec.), 106 - Antonio (XVII-XVIII secc.), 115 - Clementia, 115 - Giovanni Battista, 115- Olimpia, 103, 104, 115 - Taddeo, 109, 113, 115, 116 Massafra Maria Grazia, 190Massimi Gerardo, 197Massimo, famiglia, 67, 68, 76, 86, 98-100, 105, 106, 108, 111-114, 122

- Fabio, 106- Mario (XVI sec.), 96-98 - Mario (XVII sec.), 58, 97, 98- Pietro, 106 - Valerio, 98- Virginia, 97Mattei, famiglia, 56, 59, 60, 62, 72, 73, 134- Alessandro, 135- barone, 57, 58 - Girolamo, 57, 58, 125- Innocenzo, 161 Mayr Carlo, disegnatore, 166Mazzarini Luigi, agrimensore, 150, 153Mazzeschi Nicola, notaio, 135, 136Mazzon Antonella, 186McCarthy Michael Francis, 191Meccoli Monica, VI, 196Melchiorri, famiglia, 107, 112- Francesco Maria, 106-109, 112, 116 Melchiorri Giuseppe, 149, 190, 191Mello Mario, 81 Meluzzi G., 174Mendicanti, Pia casa, 145, 147Mercati Angelo, 133Merolli, famiglia, 75, 100-102 - Antonio, 99, 100- Carlo, 99, 100- Francesco, 99, 100 - Giuseppe, 75, 101 - Tommaso, 99-101Micalizzi Paolo, 195Miele Salvatore, VI, 11, 30

Indici 207

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Migliari Giambattista, 166Mignanelli, famiglia, 134 ministeri- del commercio, belle arti, industria,agricoltura e lavori pubblici, (Ministe-ro dei lavori pubblici) e (Ministero delcommercio, belle arti, industria, agri-coltura), v. anche Prefettura generaledelle acque e strade, 9, 25, 26, 54,148, 172, 173

- dell’interno, 26- delle armi v. anche Congregazionedelle armi e Presidenza delle armi, 26,173, 174

- per i beni culturali e ambientali, [poi]per i beni e le attività culturali, 6, 159

Miraglia Biagio, 9, 19 Mollari, ingegnere, 27Monaldini Venanzio, 163 Monsagrati Giuseppe, 173, 191Montalto Lina, 171, 191Montani Giovanna, VIMontebelli Vico, 197Montiroli G., 172 Morelli Carlo, 135Morelli Roberta, 197Morena Marina, VI, 194Mori Elisabetta, 67, 70, 73, 74, 192 Moroncelli Amanzio, 167 Moroni Gaetano, 192 Morozzo Giuseppe, 162Moschetti Alessandro, 172 Musacchio Matteo, 137, 192Muti, famiglia, 67, 100- Girolamo, 101Mutini, famiglia, 80, 83-87. 98 - Giovanni Battista, 84, 86- Lorenzo, 84- Stefano, 84

Nappo Tommaso, 179Navarrini Roberto, VIIINegroni Agnese, 100Neri vedova Gismondi, Maddalena, 142Nibby (Nibbi), Antonio, 142, 192Niccoli, notaio v. De Nicolis Domenico,notaio

Nicolaj Nicola Maria, 77, 125, 192Nolli Giovanni Battista, 59 Nuti Lucia, 46, 192

Odoardi de Catilini Odoardo, 164Onorio, imperatore, 170Orfanelli v. S. Maria in AquiroOrlandi Clemente, 63Ormanni Enrica, 7, 39, 192Orsini, famiglia, 70, 89- Paolo Giordano, 65 - Flavio, 94Orsini Domenico, notaio, 65, 133 Orsini Francesco Nicola, notaio, 114Ovidi Ernesto, 162, 192

Pacca Bartolomeo, 137, 139, 141, 163Paci Valerio, 180Pagano Benedetto, notaio, 122, 131, 132 Pagano Sergio, 60 Palagiano Cosimo, 183Palazzo Paola, 139, 180 Pamphilj, famiglia v. anche Doria Pam-philj, famiglia

Pamphili Benedetto, 170, 171 Pansani Panfilo, 81Paolelli Conversino, 127, 128 Paolini Carlo Antonio, agrimensore, 102,115, 116, 125

Paolo V, papa, 49, 174Paparozzi Salvatore, notaio, 101, 171Parisi Antonella, VI, 153, 184Parisotti Lorenzo, notaio, 100Pascarella Cesare, 193 Pascuccio Emiliano, 115 Pasquali Susanna, 28, 193 Passeri Giovanni Battista, 45, 193 Passigli Susanna, V, 24, 29, 55, 56, 62,67, 70, 73, 76, 78, 79, 81, 83, 86, 95,96, 98, 102, 119, 127, 184, 186, 193

Pastor Ludwig von, 49, 194 Pastura Maria Grazia, VI, 23, 193, 196 Paulelli Conversino, 127, 128Paulucci Fabrizio, 164 Pavolini Carlo Antonio, agrimensore,103

Pedley Mary, 193

Indice dei nomi di persona e degli enti208

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Pepe Luigi, 53, 193 Peperelli Francesco, architetto e agri-mensore, 67-70, 72-74, 77

Peretti, famiglia, 67, 69-71, 73, 74- Camilla, 67 - Francesco, 69, 74 - Michele, 58, 67-73Perone Felice, 131 Petrella Marco, 166, 194 Petroschi Giovanni, 166 Petrucci Carlo Alberto, 161, 162, 194 Petruzzi Lorenzo, 42, 43 Pettoralis Nicola, 79Piagese Girolamo, agrimensore, 63Picchetti Paolo, agrimensore, 91, 92, 95,119

Piccinini Gilberto, 167, 179 Piccotti Pierre, 182Picozzi Maria Grazia, 125, 194Piersanti Stefania, 199Pignatelli, Giuseppe, 163, 194Pinelli Achille, 170 Pio IV, papa, 174 Pio V, papa, 174Pio VI, papa, 2, 36, 48, 162, 167-169, 172Pio VII, papa, 52, 60, 141, 161Pio IX, papa, 8, 26, 150, 163Pirazzoli Nullo, 190Piscitelli Enzo, 75, 101, 194Pissonati Eustachio, 133Pistocchi, ingegnere, 27Piuselli Giovanni Domenico, 128- Marco Antonio, agrimensore, 102,105, 107, 108, 111-114, 117, 129

Pizziconi Vincenza, VIPoggi Odoardo, 53Poletti L., ingegnere, 155Polidori Antonio, 133 Pompeo Augusto, 199Ponzi Giuseppe, 163Portoghesi Paolo, 198Povoledo Elena, 194 Prefettura generale di acque e strade[poi] Ministero dei lavori pubblici, 8,28, 54, 173

presidenze- delle armi, 26

- delle strade, 9, 23, 27, 59, 62, 64, 68,70, 72, 77, 79, 83, 86, 87, 91-93, 95, 98,100, 113, 114, 118, 120, 130, 133

- di Roma e Comarca, 163- generale del censo (Congregazionegenerale del censo), (Dicastero gene-rale del censo), (Direzione generaledel censo), 8, 9, 22, 26, 60, 61, 66,104, 163, 166, 172, 173

Principe Ilario, 39, 194Pronti Domenico, 169 Provinciali Paolo, 59 Pusceddu Gemma, VI

Quaini Massimo, 38, 44, 195 Qualeatti, famiglia, 75- Angelo jr, agrimensore, 76- Angelo sr, agrimensore, 75, 76 , 131,132

- Asdrubale, agrimensore, 76- Carlo, agrimensore, 76 - Marco Antonio, agrimensore, 75, 79,130, 133

- Pietro Paolo, agrimensore, 76, 132Quaranta Giusto, agrimensore, 93-96,118-120

Quintavalle Armando O., 194

Raffaeli Cammarota Marina, 125, 194Raffaelo Sanzio, 137 Rainaldi Carlo, 127 Rainaldi Girolamo, 45Rampano Geronimo, agrimensore, 79 Rappini Gaetano, 166, 168Ratti Nicola, 194Renard F., disegnatore, 174 Renazzi Filippo Maria, 168, 194Renzi, famiglia, 89, 105Reverenda Camera Apostolica (RCA), 8,23, 25, 161, 164

Riccardi, famiglia, 132- Carlo, 130-132Riccardi, marchese, 130-132Ricci Giovanni Battista, 32Rinuccini, famiglia, 90, 91 - Camillo, 89, 90Rivarola Agostino, 167

Indici 209

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Riviera Domenico, 165 Rocchi Enzo, 195Rocci Giovanni Rosario, 195Romagnosi Gian Domenico, 53Romano Giovanni, 46, 196 Rombai Leonardo, 44, 45, 47, 194-196 Ronca Fabrizio, 179Roncuzzi Roversi Monaco Valeria, 164,195

Rosaspina Giuseppe, 166 Rossi Massimo, 165, 195 Rossini Luigi, 151, 152, 154, 169, 170 Rucellai, famiglia, 69- Orazio, 69Ruggeri Adriano, V, 24, 28, 29, 55, 60,67, 69, 79, 80, 87, 89, 105, 109, 130,195

Russo Francesco, VI

S. Ambrogio della Massima, chiesa, 105,109

S. Anastasia, capitolo e canonici, 58,116, 129-133

S. Angelo in Pescheria, capitolo e cano-nici, 104-107, 111, 112

S. Antonio, ospedale, 79S. Bonaventura, collegio, 95S. Caterina della Rosa, confraternita, 130S. Cecilia in Trastevere, monastero, 56,58-60, 62-64

S. Giacomo degli incurabili, ospedale, 8,57, 88, 90-93, 95, 96

S. Giovanni in Laterano, basilica e canoni-ci, 81, 85, 104, 105, 111, 116, 117

S. Maria del Collegio Germanico di S.Apollinare, 94

S. Maria in Aquiro, chiesa, 81S. Maria in Cosmedin, capitolo e canoni-ci, 130-132

S. Maria in Trastevere, chiesa, 104, 107,111, 116

S. Maria in via Lata, canonici, 118S. Maria Maggiore, basilica e capitolo,56, 78, 119

S. Maria nova, chiesa, 81, 82, 85, 86, 101S. Pietro in Vaticano, capitolo, 58, 75-77,79, 104, 128

S. Rocco, chiesa e ospedale, 8, 90-93,103, 105, 113, 115, 116

S. Sebastiano, chiesa, 66, 81S. Silvestro in Capite, monastero, 58,117-120

S. Sisto, monache, 106S. Spirito in Sassia, ospedale, 8, 105,106, 112

SS. Domenico e Sisto, monastero, 79,107, 108

SS. Filippo e Giacomo (o dei morti),cappella di S. Giovanni in Laterano,105

Saccoccia Curzio, notaio, 125Sala Serafino, agrimensore, 98-101, 134Saletti Luca, VI, 17Salgaro Silvino, 183 Salvatori Luisa, VISalviati Antonio Maria, 88-90, 92, 93, 96 Salviati, monsignore, 95, 96Sangallo Antonio da, 171 Sangiorgi Serena, 182Sani Angelo, 59- Tobia, agrimensore, 59-64 Santini Chiara, 166, 194Santucci G., 147 Sapori Giovanna, 162, 196Sassoferrato Bartolo da, 44 Savelli, famiglia, 74, 97Savioli, senatore, 139 Scaccia Girolamo, ingegnere, 167 Scotoni Lando, 66, 78, 90, 105, 109, 196Sercamilli Heronymus, notaio, 104, 115Sereni, 46Segreteria di Stato, 26Segreteria per gli affari di Stato interni[poi] Ministero dell’interno, 26

Serii, famiglia, 97 Sforza Cesarini (v. anche Cesarini), fami-glia, 74, 121, 124

Sforzini Francesco, 51Sickler Friedrich Carl Ludwig, 162Silvestrelli Giuseppe, 65, 196Silvestro, papa, 117Simoncini Giorgio, 196 Singer Charles, 197 Sinisi Daniela, III, V, VI, VII, X, 3, 7, 9,

Indice dei nomi di persona e degli enti210

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24, 137, 138, 150, 159, 187, 189, 191,194, 196

Sisto V, papa, 48, 174Sori Ercole, 181Sperandio Antonio, 197Sperandio Fabrizio, 96 Sperandio Francesco, agrimensore, 116,117, 130, 132

Spinetti Gaetano, disegnatore, 153 Spreti Vittorio, 197Stefani Guglielmo, 197 Steinby Eva Margareta, 190Stucchi, fratelli, 166 Sturbinetti Antonio, 145

Tesorierato generale, 8, 25Tesoriere generale, 23, 161Thieme Ulrich, 197Thorvaldsen Bertel, 147Titi Filippo, 164 Tomassetti Giuseppe, 30, 59, 61, 65, 69,90, 100, 125, 128, 197

Tooley Ronald Vere, 164, 198Tor de Specchi, monastero, 97Torchia Lorenzo, 121, 124 Torlonia Marino, 172 Torresani Stefano, 166, 194 Torriani Orazio, architetto e agrimenso-re, 79, 128, 129

Torriani Tullio, 164, 198Tosti Croce Mauro, V, VI, VII, 30 Traiano, imperatore, 157, 174 Travaglini Carlo Maria, VI, 195, 197tribunali- dell’agricoltura, 122, 124- dell’Auditor Camerae, 8, 22, 23, 127,128, 136, 171

- della Camera apostolica, 23- della sacra rota, 23- delle acque e strade, 59, 61, 103, 104,117, 133

Triulzi Benedetto, notaio, 59 Troiani Filippo, 174 Tucci Pier Luigi, 141, 198Tuzi Stefania, 127, 198

Ubaldini, famiglia, 88- Marco Antonio, 89Ufficio del bollo, registro ipoteche etasse riunite di Roma, 59

Ufficio del Tribunale delle strade v. Tri-bunale delle acque e strade

Uggeri Angelo, 141, 142 Urbano VIII, papa, 42, 174Urbanus, notaio, 21

Vagnolini B., 59Valadier Giuseppe, 62, 64, 140-143, 153,155, 179

Valadier Luigi Maria, 148, 149, 156, 170 Valdambrini, famiglia, 88 Valerio Vladimiro, 7, 38, 198 Vannucci Eliseo, agrimensore, 91, 92,95, 119, 122, 123, 125

Varese Diomede, 50 Varignana Franca, 166, 198Vecchi Pietro Andrea, 49, 198 Vendittelli Marco, 67, 69, 73, 74, 184,192, 198

Ventrone Alfonso, 199Venturoli Giuseppe, 53 Venuti Ridolfino, 100, 198 Venzo Manola Ida, 26, 198, 199 Verdi Orietta, V, VI, VII, 8, 9, 11, 27, 31,53, 60, 159, 193, 196, 199

Verga Ettore, 162, 199Verospi, famiglia, 57, 124, 125- Carlo, 125 - Ferrante, 125- Giovanni Battista, 125 - Girolamo, 125 Vian Paolo, 133, 185Visconti Pietro Ercole, 143, 145 Vita Spagnuolo Vera, 9, 60, 199 Vittori, famiglia, 97Vivaldi, famiglia, 115 - Marco, 104, 106, 115Volpini Antonio, 179Weber Christoph, 98, 106, 199 Widman Daniel, 165 Widman Giorgio, 161

Indici 211

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Acqua Bullicante, 55Acquasparta, 58, 127Agro Pontino, 166, 168, 169Agro Romano, 9, 24, 29, 55-57, 59-61,64, 66, 77, 78, 96, 99, 101, 106, 134,135, 162

Albano, 33Albano, porta (nel castrum di Capo diBove), 81

Albano, strada: v. Appia, viaAlbenga, 6Ancona, IX, 20, 22, 173Anguillara, 88Anzio porto, 174Arco di Traiano v. Porta Aurea,Ardea, 123Ardea, territorio, 97, 99Ascoli, 14, 164, 173Avignone, 28

Bari, 7 Benevento, 2, 28, 172Bevagna, 48, 50, 51Boccea, 78Bocceola, 78Bologna, 17, 36, 48 Bracciano, 65, 94, 172

Calandrella, quarto v. Macheri, TorreRotta e Calandrella

Campagna Romana, 29Campanile, monte nel territorio di IsolaFarnese, 65

Cannara, 48 Carpegna, 74Castel Gandolfo, 33 Castro, stato, 65Cecilia Metella, mausoleo/tomba, 80, 82,84-87, 155

Chiane, 40, 45, 49, 50 Chiusi, 49 Città della Pieve, 49Civitanova Marche, 175 Civitavecchia, IX, 89, 106, 107, 112, 162,

173, 174Colonnelle de Victorii, 97Comarca, 40

Emilia, 48

Fabriano, 167 Faenza, 166 Ferrara, 17, 36, 48Firenze, 45, 88, 174

fiumi e corsi d’acqua- Arrone, fiume, 21, 70, 89. 94- Calore, fiume, 172- Castagnola, fosso, 100, 122- Chiana, fiume e canale, 47, 165- Cicognola (Cecchignola), fosso, 124- Clitunno, fiume, 48- Galera, fosso, 88, 90, 106-108- Idice, fiume, 166- Lorgana, canale, 36, 165- Maggiore, rio, 70- Magione, fosso, 99- Magliana, marrana, 63- Maglianella, fosso, 111- Marmore, cascata, 167- Marmorea, fosso, 85- Marroggia, torrente, 48- Nera, fiume, 167, 168 - Po, fiume, 50, 165, 166- Po di Primaro, fiume, 36- Reno, fiume, 36, 165, 166- Riotorto, fosso, 97, 100, 122- Savana, fiume, 166- Tevere, fiume, IX, 37, 38, 44, 50, 51,60, 123, 140, 152, 154, 155, 167-169

- Topino, fiume, 50- Velino, fiume, 167, 168- Valle dell’Inferno, marrana, 55

Fiumicino, 174Foce- S. Maria delle Grazie, 20Foligno, 48

INDICE DEI LUOGHI

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Formello, 66Francia, 53, 172Frascati, 153

Galera, 94Galeria, castello/castrum, 88- 93- S. Maria in Celsano, 88Gallese, 106Genova, 6, 7, 39Guadagnolo, 172

Imperia, 6Italia, 4, 8, 11

La Spezia, 6Lazio, 8, 161, 162, 169Legazioni, 47Liguria, 39Livorno, 174Lombardia, 11

Magliana, ponte, 62, 63Magliana, villa, 63Magliano Sabino, 37Mandrioni, 73Marche (Marca), 14, 27Mediterraneo, IX, 174Marmore cascate, 167Mentana, 70, 72, 73, 95Mi lano, 169 Modena, 172 Monte Tosto, 167Montefalco, 48

Napoli, 5, 7, 38Napoli, Regno, 28, 174 Nettuno, 174Norcia (Norsia), 172

Osteriaccia di S. Spirito, 73Ostia- porto di Claudio, 157- porto di Traiano, 157

Palermo, 7Paludi pontine, 36, 40, 47-50 Pavia, 172

pediche- Cavalloni, 130- Crelia, 79- Maglianella (o Gallesina, poi Massi-mi), (Massa), 57, 58, 102-106, 108-111,113, 114, 116

- Maglianella, (di S. Giovanni in Latera-no, Cenci) v. anche: Morte,pedica/tenuta, 105, 109

- Maglianella, (S. Ambrogio della Massi-ma), 105, 109

- Quaranta, 109Perugia, 43, 168 173Pignotto, 84 Poggi, 53 Poli, 172 Polledrara, (fuori Porta Portese), 61Ponte al Godolino, 27Ponte Felice, 37, 38, 50, 167, 169 Ponte Galera, 60, 62, 63Pratica, 97, 99, 100Priverno (Piperno), 29

Ravenna, 16, 17, 50, 170Roma, 5, 7, 9-11, 17, 29, 32, 40, 45, 49, 51-53, 55, 59, 60, 62, 64, 75, 77, 80, 88, 96,97, 99, 100, 106, 134, 135, 137-139, 148,150-157, 159-165, 168-170, 172, 174

- acquedotti - Acqua Felice, 54- Acqua Giulia, 170- Acqua Marcia, 170- Acqua Paola, 54- Acqua Tepula, 170- Acqua Vergine, 54 - Claudio, 154

- archi - di Druso, 170- di Settimio Severo, 143

- basiliche chiese e cappelle- S. Anastasia, 130, 133 - S. Barbara della Confraternita deiLibrari, 170

- S. Bartolomeo all’Isola. 169 - S. Bibiana, 139- S. Francesco a Ripa, 32 - S. Giacomo in Augusta, 145

Indice dei luoghi214

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- S. Giovanni in Laterano, 171- S. Maria dei Calderari (S. Maria inCacaberijs), 141-143, 155

- S. Pietro in Carcere, 170- S. Pietro in Montorio, 51- S. Rocco, 156 - SS. Bonifacio e Alessio sull’Aventi-no, 170

- Campidoglio, 140, 143, 157- Campo Vaccino (Foro Boario), 155- Castel (Forte) S. Angelo, 154- circhi- di Caracalla, 155- di Massenzio, 155- Massimo, 157

- Clivo Capitolino, 143, 156- Cloaca massima, 155- Colonna di Foca, 140, 143 - Colosseo, 154-156, 169- Conventi e monasteri- Convento di S. Pietro in Vincoli, 53- Monastero della Ss.Annunziata, 156

- Crypta Balbi, 14- Fori, 138, 155- Foro Boario, 155 - Foro Romano, 139-145, 155-157, 169

- Gianicolo, 51- Mausoleo di Augusto, 156 - Monumento di Eurisace, 148, 150,156, 170

- Mura, 138, 149-151, 153 - Mura Aureliane, 153

- ospedali - S. Giacomo in Augusta e di S.Rocco, 8

- Ss. Salvatore ad Sancta Sanctorum, 8- S. Spirito in Saxia, 8

- palazzi- Falconieri, 169- Poli, 5

- piazze- della Rotonda, 154- di Porta Maggiore, 154- S. Giovanni in Laterano, 154- S. Gregorio al Celio, 154- Navona, 116

- Pincio, 153

- ponti- Ferrato (Cestio), 155, 169- Molle (Milvio), 169 - Quattro Capi, 155, 169- Rotto, 155- S. Angelo, 169- Sisto, 42, 51, 169

- porte - Angelica (S. Pietro), 58, 128, 129, 170- Ardeatina, 170 - Cavalleggeri, 113, 114, 153, 170 - del Popolo, 58, 65- di Alessandro VI, 170- di Borgo Angelico, 170- Latina, 171 - Maggiore, 57, 59, 60, 139, 148, 149,153, 154, 156, 170

- Pia, 101, 137, 172 - Portese, 57, 58, 60-62, 153, 170- S. Giovanni, 154- S. Pancrazio, 57, 58, 103, 125, 153,170

- S. Paolo, 58, 96, 97, 99, 150, 153- S. Sebastiano, 57, 58, 81, 86, 87,124, 129, 130, 133

- S. Spirito, 170- Salara (Salaria), 153, 170- Settimiana, 170

- porti - di Ripa grande, IX, 169- di Ripetta, IX, 169

- rioni- Aventino, 157- Campo Marzio, 141, 157- Esquilino, 157- Palatino, 156, 157

- Settizonio, 157- Strada ferrata Pia Latina, 153 - teatri- di Balbo, 141- di Marcello, 156, 157

- templi - Basilica di Massenzio, 145, 156- Tempio della Pace, 145, 146, 148,155, 156

- Tempio di Marte Ultore, 156 - Tempio di Minerva Medica, 139, 155

Indici 215

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- Tempio di Vesta, 155- Terme Antoniniane, 169 - vie, vicoli e piazze- piazza di S. Giovanni, 154- piazza Navona, 115- via Aventina (Ardeatina), 156- via dei Sugherari, 156, 157- via del Pianto, 141, 143, 155 - via di Ripetta, 144, 145, 156- via Giolitti, 139 - via S. Maria dei Calderari, 141, 142,155

- via Sacra. 143, 144, 155, 156, 169- vicolo del Fiume, 144

- ville, orti, giardini- Giardino Farnese, 169- Horti liciniani, 139- Orto delle Mendicanti, 147- Vigna Volpi, 156- Villa Coltella, 139, 155- Villa Doria Pamphilj, 148

Romagna, 50, 164, 166Romagnola, 50, 53

S. Maria in Celsano v. GaleriaSavona, 6 Senigallia, 173 Spoleto, 48Stato pontificio (Stato della Chiesa), 9, 17 strade, vie- Appia, (strada d’Albano), 80, 82, 85,86, 170

- Ardeatina, 81, 97, 99, 124, 134, 156- Aurelia, 67, 104-108, 112- Civitavecchia v. Aurelia- Falcognano v. Ardeatina- Flaminia 27, 37- Magliana 60-62, 64- Portuense 60, 62- Prenestina, 153- Tolfa, 89

Suburbio, 29, 55, 87, 134

tenute- Acquafredda, 104

- Acquasona v. Galera (o Acquasona)- Acquaviva, 88, 89- Acquasona (o Cacciarella), 57, 90-94- Aguzzano, 79, 83- Arco di Travertino, 78, 83- Bandina/Bandino, 88-90, 92- Bandita di Galera, 87, 88, 90- Bravi, 86, 98- Buonricovero, 83- Campo Iemini, 100- Campo Merlo (degli Alberini), 56, 57,59, 60

- Campo Merlo (dei Mattei), 56, 57, 59,60, 62

- Campo Merlo, 61, 62- Campo Selva, 97, 100, 122- Cacciarella v. Acquasona (o Cacciarella)- Capannone, 100- Capo di Bove (dei Cenci), 80, 85, 87- Capo di Bove (dei Leni e Mutini, Ospe-dale del SS.mo Salvatore ad SanctaSanctorum), 57, 80-84, 86, 87, 98, 155 - porta Romana, 81

- Capocotta, 79- Capodiferro, 56, 57, 59, 60- Carrocceto, 78- Casal Bruciato (Settebagni), 117- Casal del Marmo, 128- Casal di Galera, v. Galera (o Acquaso-na)

- Casal di Gallese v. Massa Gallesina- Casalrotondo,(Casale Rotondo) 101,116

- Casanuova, 101- Castagnola, (dei Caffarelli), 57, 97,100, 121-123

- Castagnola, (dei Cesarini), 100, 123- Castel di Guido, 105, 106. 112- Castel di Leva, 130- Castel Lombardo, 67, 68, 70, 76- Castell’Arcione, 120- Castelluccia, 78, 130-132- Castiglione delle Monache, 67- 71- Castiglionis, castrum, 73- Cerrone, 56-59- Chiavichetta, 60-62- Cornazzanello, 120

Indice dei luoghi216

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- Cornazzano, 88- Cortecchia, 57, 72, 121, 125- Crescenza, 79- Crocetta di Pratica, 99, 100- Due Torri, (Formello), 66- Falcognana, 131, 132- Fontignano, 104, 107, 111- Fossa, 123- Galera (o Acquasona, Casal di Gale-ra), 57, 58, 87, 88, 90, 91, 93- 96- Bandino, porzione, 88- Piancoriolo, porzione, 88, 94- S. Maria, quarticciolo, 93

- Gallesina, tenuta: v. Massa Gallesina- Grotta Perfetta, 58, 121, 134- Grottoni v. Posticciola- Inviolatella v. Violatella- Isola Farnese (Isola), 58, 64-67 - Macchia, 65- Pian Solaro, quarto, 66 - Ponte Sodo, 66- Prato la Corte, 65- Vignali, quarto, 66

- Leprignana/Libbrignana di sopra e disotto, 67, 68, 70-72

- Lunghezza, 55- Maccarese, 58, 73, 121, 125, 126- Macheri, Torre Rotta e Calandrella(poi Magri), 57, 121, 124, 125 - Torre Rotta, quarto: v. Macheri,Torre Rotta e Calandrella

- Magione, (dei Savelli), 97, 99, 100- Magionetta (dei Bentivogli, Leni), 97-100

- Magliana, 56, 58-64- Maglianella (Pesce), (di S. Angelo inPescheria), 104-107, 111, 112

- Magri v. Macheri, Torre Rotta e Calan-drella

- Malagrotta, 105, 106- Malpasso, 57, 58, 117-121- Marco Simone, 55, 58, 121, 126, 127- villa Caesia, 127

- Marmorea, 78, 83- Massa Gallesina (Casal di Gallese,Massa alias Gallesina, Massa e Gallesi-na), 57, 58, 102, 104-106, 108, 112-115

- Massimilla, 104, 106, 107, 111, 112, 116- Mimmoli, 128- Monachina v. Selce- Monte del Forno, 89- Monte Maria Grande, 88, 89, 91, 94- Morte, pedica/tenuta, 104, 105, 109-111, 116

- Muratella (fuori Porta Portese), 56, 58-62

- Muratella (fuori Porta S. Paolo), 97,100, 122, 123

- Palidoro, 67- Palmarola, 58, 121, 128, 129- Pesce v. Maglianella - Petronella, 78- Pian de’ Frassi, 123- Castagnola, quarticciolo, 123

- Piancimino, 122, 123- Pietra Aura, 84- Pisciarello, 56, 57, 59- 62- Piscis, 104- Ponte Galera, 63- Ponte Lamentana (Nomentano), 116,120

- Ponte Salaro, 83- Portamedaglia, 130-132- Porto, 79- Posticciola (Grottoni), 101- Prataccio, 67, 68- Pratica, 97- Primavalle, 128- Quarto di S. Savo, 89- Riotorto, 123- S. Agata, 128- S. Agnese, 120- S. Alessio, 134 - S. Anastasia (Torretta o Torricella di S.Anastasia), 58, 116, 121, 129-134, 139

- S. Angelo, 67, 68- S. Biagio, 67, 68, 71- S. Broccola v. S. Procula- S. Colomba, 116- S. Gennaro, 95- S. Maria in Celsano, 92- S. Maria Nuova, 10- S. Procula (S. Broccola), (dei Massi-mo, Muti, Giraud, Merolli), 57, 58, 86,

Indici 217

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96-99, 101, 122- Capanna, quarto, S. Procula, 94, 97- Isoletta/Isolotta, quarto, 97, 99- Pretara, quarto, 97, 99- Sugareto, quarto, 99

- S. Procula (S. Broccola), (dei Vittori),97, 100

- Salone, 56, 78- Selce (Monachina), 79, 106, 107, 112- Selce (fuori porta S. Paolo), 83- Sette Bassi, 78, 83- Settebagni, 117- Solforata, 97, 99, 100- Statuario, 78, 81, 83, 85- Sugareto, 100- Testa di Lepre di sopra e di sotto, 69,71, 77

- Tor Carbone, (fuori Porta Portese), 63- Tor Carbone, (fuori Porta S. Sebastia-no), 81, 85

- Tor Fiscale, 116- Tor Forame, 79- Tor Marancia, 134- Tor Mastorta, 79- Torre in Pietra (Torrimpietra, Torrim-preda, Torre Impietra, Torre Impre-da), (dei Peretti, Falconieri), 57, 58,64, 67-71, 73-76- Polledrara, 77- S. Angelo, chiesa, 70- S. Biagio, chiesa, 70, 71- S. Maria Maddalena, chiesa, 70 - Torretta di S. Anastasia, v. Torre inPietra

- Torretta, quarto, 67, 76, 77 - Torre in Pietra, (dei Cenci), 67, 69-71- Torre in Pietra, (dei Massimo), 67, 68- Torrenova, 79- Torretta di S. Anastasia, v. S. Anastasia

- Torrevecchia, 128- Torricella di S. Anastasia v. S. Anasta-sia

- Torricola, 101- Tre Fontane, 121, 134- Procoio Mattei, 134

- Tufelli, 120- Valleranello, 84- Violatella (Inviolatella), 118- Vittorie, v. S. Procula (S. Broccola),(Vittori)

Terracina, 169, 174Tivoli- Grotta di Nettuno, 19- Palazzo Cesi, 127- Porta S. Croce, 127- territorio, 79Todi, 51Torino, 7Torre in Pietra, casale, 73 Toscana, 11Trasimeno, lago, 42Tre Fontane, abbazia, 134, 135Trevi, 48Tronto, dipartimento, 18

Umbria, 51, 167Urbino, 173

valli- di Chiana, 48 - Comacchio, 165- Folignale, 167 - Spoletana (Spoletina), 38, 167- Umbra, 48, 166Venafro, 69Veneto, 11Venezia, 7 Viterbo, 60, 65

Indice dei luoghi218

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Finito di stampare nel mese di dicembre 2014Mura srl - via Palestro 34 - 00185 Roma

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Inventario a cura di

DANIELA SINISI

MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMODIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI

LUOGHI RITROVATILA COLLEZIONE I DI DISEGNI E MAPPEDELL’ARCHIVIO DI STATO DI ROMA (SECOLI XVI - XIX)

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