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Il turista chearriva a Roma per laprima volta vienecatturato da una cittàcomplessa e caoticaavvolta ancora oggi nellasua storia millenaria. Ilsuo è un viaggio tra letante bellezze della città,monumenti, chiese, areearcheologiche famose intutto il mondo, ma èanche un viaggio tra lemolte specialitàculinarie offerte in ognizona della città ai‘pellegrini’. Così si

chiamavanoun tempo i

visitatori che amigliaia arrivavano aRoma in cerca di antichevestigia o per confermarela loro fede religiosa. Roma, la città dei grandiimperatori, dei grandipontefici o dei popolanidescritti dal Belli - perGoethe città dell’anima,città cortigiana descrittacosì bene da Fellini - oraè una metropoli checonvive con le suecontraddizioni e le sueeredità. Ma chi volesseritrovare l’anima corsara

L A C U C I N A P O P O L A R E C a r n e , i n t e r i o ra e l u m a c h eRigatoni con la ‘pajata’, coratella con i carciofi o con la cipolla, trippa alla romana,coda alla vaccinara, stufatino alla romana,saltimbocca, milza in umido, rognone al pomodoro, garofolato di manzo 2-4Trippa alla trasteverina, lumache alla romana dette anche di San Giovanni 5P o l e n t e , m i n e s t r e e p a s t aPolente di farro, fave e orzo, Pultes 6Lagnanum, zuppe di verdure e legumi,stracciatella, brodetto di Pasqua, cappellettiin brodo, pasta e fagioli con le cotiche, pastae broccoli, spaghetti alla carbonara, bucatini alla matriciana, “Gricia”, fettuccine alla romana o alla papalina, ravioli di ricotta, penne all’arrabbiata, spaghetti alla carrettiera, spaghetti allaputtanesca, spaghetti alla checca, spaghettialla bersagliera 7D ove t r ova r l iPantheon, Garbatella, San Lorenzo, Ostiense 2Testaccio 2, 5Trastevere 2, 8Borgo (vicino San Pietro), Monti 8

LA CUCINA EBRAICO ROMANESCACarciofi alla giudia, tortino di alici, gnocchialla romana, sarde e carciofi in tortino, timballo di ricotta, filetti di baccalà, fiori di zucca 9Supplì al telefono, minestra di broccoli e arzilla, minestra di ceci con i “pennerelli” 10

L ’ A B BACC H I O ( A g n e l l o )Costolette d’abbacchio impanate e fritte,costolette a scottadito, abbacchio al forno

con le patate 10-11

I L P O L LO Pollo fritto, pollo con i peperoni 11D ove t r ova r l iGhetto 12

PA N E E P I Z Z A Pane 12Bruschetta, pizza bianca, pizza rossa 13D ove t r ova r l iPantheon, Campo dei Fiori 13Testaccio, Trastevere, San Lorenzo, Prati 14

I D O LC I Montblanc, profiterole 14Maritozzi, bignè di San Giuseppe, castagnole alla romana e frappe 15Crostata con le visciole, ricotta con zucchero,liquore, cioccolato e scorzette di arancia 16Ricotta fritta, ricotta condita, budino di ricotta, bocconotti farciti, torta di ricotta e visciole, pangiallo, panpepato, pizza ricresciuta, mostaccioli, grattachecca 17D ove t r ova r l iPortico d’Ottavia (Ghetto), Pantheon e din-torni, San Giovanni, Prati, Pinciano, Traste-vere, Testaccio 18

I M E R C AT I Campo de’ Fiori, Testaccio 18-19

I L V I N O Il vino dei Castelli da gustare con la porchetta 19Vino rosso, vino bianco, vino rosato, vino frizzante 20

U N A S P E C I A L I T À D I O ST I A Spaghetti con le telline 20

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della città non deve farealtro che assaggiare ipiatti tipici della cucinaromana che nerispecchiano la storia,una cucina genuinaed essenziale, fatta dipochi elementisemplici e spessopoveri. Al Pantheon se cituffiamo nelle stradettee nei vicoli della cittàfaremo un’esperienzaunica di gusto, colori,sapori, odori. Allascoperta di una cucinarustica ma dai saporipieni e densi, quella delpopolo che ha abitato dasempre nei vicoli strettie nelle piazze della CittàEterna, che ne haanimato le tantelocande e osterie sparseper le strade, quella chenon è mai entrata neipalazzi della potentearistocrazia romana,fatta di ingredientiumili, di scarto, non

adatti acomparire sulle

mense di principi ecardinali. Le vie del gustopassano per i quartieri“popolari” dove èrimasta viva latradizione, Trastevere eTestaccio, più centrali,ma anche la Garbatella,San Lorenzo, Ostiensepullulano di trattorie, lasera diventano la metaprevilegiata per ritrovarelocali e osterie storiche,che poco concedono allamoda della rivisitazionedei piatti e ci

catapultano inatmosfere dove gli odoridelle pietanze siconfonde con lesuggestioni che ad ognipasso ci riverbera unpassato popolato dicarbonari, artigiani,popolane che tuttol’anno lottavano peraffermare la propriaesistenza, ai marginidelle ville e delle dimoreprincipesche. Questa è Roma,mescolanza di raffinatanobiltà e popoloschietto, abituato asopravvivere con la suacondizione reale e lapotenza evocativa di unacittà per secoli capitaledel mondo, e che ne hamantenuto l’identità piùautentica anche nellatrasmissione dellatradizione culinaria.Non è un caso che ilposto d’onore nellacucina romana, anzi

romanesca,spetti al cosiddettoquinto quarto, lefrattaglie, cioè tutte leinteriora o le parti menopregiate di bovini eovini, che non avevanoaccesso nelle cucinedelle classi più agiate eche erano quindidestinate allo scarto.Sono trippa, rognoni (ireni), cuore, fegato,milza, animelle eschienali, cervello,lingua e coda, o lacoratella, l'insieme difegato, polmoni, cuore.Con questi umiliingredienti si sonoelaborati piattistraordinari per gusto edelicatezza che,nonostante l’umileprovenienza,

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tegame con sedano epomodoro. Il sugo delgarofolato veniva usatoanche per condire latrippa alla trasteverina,che veniva poi passata inforno arricchita conpecorino grattugiato edun battuto di menta.

DOVE TROVARLI. Un po’ intutta Roma dal centro aiquartieri più periferici,ma il luogo di adozioneresta Testaccio, oggi unodei quartieri più allamoda. Il quartiereconserva quasi intatta lasua origine popolare e ilricordo di come, inpassato, i macellai chelavoravano nelmattatoio venivanopagati parte in moneta,parte con gli scarti dellamacellazione, cioè con ilquinto quarto. Non ultime in questabreve lista le lumache,must della gastronomia

francese, a Roma sonoproposte in vestecasereccia ma non perquesto meno gustose. Le lumache alla romana,dette anche "di SanGiovanni", venivanopreparate dagli ostiromani nella notte fra il23 e il 24 giugno in onoredel santo e servite alpopolo in una grandefesta sulla piazzaantistante la basilica,tradizione che ancoraoggi si conserva.Anticamente dedicataalla dea Cerere la festadel 24 Giugno, eracelebrata per propiziarsila fortuna el’abbondanza e perscacciare le divinitàavverse, dedicata poi aSan Giovanni, mantennela sua funzionepropiziatoria, le cornadelle lumacherappresentano il diavolo,quindi il male. Nell'800

accarezzanoil palato: i rigatoni conla ‘pajata’ o con ilrognone, la "coratella"con i carciofi o con lacipolla, la "trippa allaromana", la "coda allavaccinara", lo stufatinoalla romana, isaltimbocca, sono soloalcune delle vereprelibatezze che offre ilricco parterre dellepietanze cittadine. Fra le parti povere delmanzo, due piatti diantica origine popolareche ancora si trovano

nelle osterie romanesono la milza in

umido, insaporita consalvia, aglio, aceto,acciuga e pepe, ed ilrognone al pomodoro,cotto con un sugo dicipolla, pomodori,prezzemolo, vino biancoe pepe. Una vera rarità, anche senon è un piatto a base difrattaglie, è ilgarofolato di manzo, unarrosto di girello dimanzo farcito conpezzetti di lardo, chiodidi garofano (perciò ilnome), aglio a fettine ecotto a fuoco lento perun paio d'ore con cipolla,olio e burro in un

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orzo, le pultes, erano leminestre degli antichi;di laganum, sottilesfoglia di pasta fatta diacqua e farina espianata con ilmattarello, andavanoghiotti Cicerone e Oraziogià nel primo secolo a. C. Per tornare a oggiottime zuppe di verduree di legumi, oppuredurante le festivitàstracciatella, brodetto dipasqua, cappelletti inbrodo, vengono serviti in tutti i ristoranticittadini, assieme allepaste conosciute in tuttoil mondo che in pochiriescono a imitare. Laforza della cucinaromana è quella di usareingredienti e condimentiprovenienti dalterritorio, le magnificheverdure: broccoli, cicorie,carciofi, pomodori, fave;la grande varietà dilatticini, saporiti egenuini; le squisite e

teneri carni provengonogeneralmente dall’agroromano, la fertilecampagna che circondala città e che da semprela rifornisce. Guanciale, pancette,verdure, legumi, cirestituiscono piattiormai ‘mitici’, pasta efagioli con le cotiche,pasta e broccoli,spaghetti allacarbonara, bucatini allamatriciana, la “gricia”,ma anche fettuccine allaromana o alla papalina,insieme ai ravioli diricotta, pietanze spessocompletate con ilpecorino romano.E per finire penneall’arrabbiata, oliod’oliva, aglio, pomodoroe tanto tantopeperoncino, arrabbiatainfatti sta perpiccantissimo.La lista poi deglispaghetti è lunga, quasicome la ‘camicia di Meo’,

diventaanche unafesta di pace e neivari banchettiorganizzati, detti i"banchetti dellaconcordia" o "banchettidella pace" si servivanoappunto lumache.

RICETTA DA ANONIMO DEL1700. Date da mangiarealmeno per un giornomenta fresca alle lumache.Poi lavatele con acqua e unpizzico di sale, dipoiripulitele dalla schiumasotto abbondante acquacorrente. Toglietele dalguscio e bollitele per pochiminuti in acqua nella qualeavrete versato due o trecucchiai di aceto. Preparateun sugo di pomodoro con

un battuto diaglio, acciughe,

peperoncino e unmazzetto di menta,

stufato che sia versate lelumache e cuocete un'oraalmeno.

In una cucina povera masucculenta come quellaromana, descrittacisoprattutto nell’800 daartisti, poeti e scrittoriche raccontarono dalvivo scene di vitapopolare, sonoprotagoniste anche leminestre e le pasteasciutte che, come tuttoa Roma, hanno originilontane. Polente di farro, fave,

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alla carrettiera, allaputtanesca, alla checca,alla bersagliera, basta!Che fame.

DOVE TROVARLI. Il cibo aRoma è una festa che siripete ogni giorno intutta la città ma certoassaporare una “gricia”oppure una “carbonara”a Trastevere, a Borgoall’ombra del Cupolone oa Monti, il rione piùantico, è tutto un altromangiare.

Il posto d’onore inquesto panorama delgusto a Roma è occupato

dallacucina

ebraico-romanesca incui si sono fusi e‘confusi’ gli aspetti, leculture, i cibi di questidue popoli. Non poteva che esserecosì dal momento che gliebrei arrivano a Romagià dal II secolo a.C. e inconsiderazione del fatto,rimanendo nel nostroambito, che l’arteculinaria ebraicasemplice e fatta dielementi genuini comequella romana hal’abilità di trasformare

anche gli ingredienti piùpoveri in deliziosimanicaretti. In uno scambio virtuosola tradizione culinariaebraica ha influenzato lericette romane, cosìcome i prodottialimentari romanihanno sollecitato alcunipiatti “alla giudia”. L’incontro tra le duecucine sta alla base dellatradizione culinariadella città tanto che èdifficile distinguere dovecominci l’una o finiscal’altra. Impossibile nonassaggiare i

carciofi più buoni almondo. Il carciofo, principe dellacucina romana, èesaltato da questapreparazione: salati,impepati e fritticompletamente immersiin abbondante oliobollente i carciofi allagiudia sono una veraprelibatezza. Come iltortino di alici, unpasticcio cotto al fornoin cui si alternanoaliciotti e indivia, altratipica verdura dellacampagna romana, daconsumare tanto tiepidoche freddo. O gli gnocchialla romana fatti colsemolino, passati nelburro e parmigianoe poi finiti al forno;così come sarde ecarciofi in tortinooppure il timballodi ricotta. Da nondimenticare i filetti

di baccalà o i fiori dizucca, farciti con

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leggende di divinitàboschive, protettricidelle greggi.Varrone, scrittorelatino del IIsecolo a.C.,descrive leattente cureverso gliagnellini appenanati che venivanolegati a un palofino al quarto mese dietà per evitare che sifacessero male. Iltermine abbacchio,deriverebbe proprio daquesto uso di legare glianimali a un bastone, adbaculum, abbacchio.Costolette d’abbacchioimpanate e fritte,costolette a scottadito,cioè cotte su una grigliao brace rovente emangiate caldissime,appunto a bruciare ledita; abbacchio al fornocon le patate o altegame con le olive o al

limone.Anche il pollo in questogran galà fa la sua parte,trionfa fritto o cucinatocon i peperoni, il piattotradizionale del giornodi Ferragosto mentrel’agnello è il tipico piattopasquale.

mozzarellae alici, fritti in pastella, ei succulenti supplì altelefono, con unmorbido cuore dimozzarella filanteproprio come il filo deltelefono. Antenati delcibo da strada tantoapprezzato oggi. Non mancano leminestre, la più famosa,squisita, è sicuramentequella di broccoli earzilla, così a Roma èchiamata la razza, unpesce dalle carni bianchedelicatissime; da nonperdere la minestra di

cecicon i

‘pennerelli’, ricetta cherisale all’antica Romadove i ‘pennerelli’ nonsono che piccoli ritagli dicarne, non di maialeviste le regole alimentariosservate dagli ebrei.L’itinerario del gustoprosegue verso piatti chehanno comeprotagonista l’agnello,abbacchio per i romani,che ci ricorda l’originedel popolo romanodescritto dalle fonticome un popolo dipastori legato a

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DOVETROVARLI. La zona dielezione è il “Ghetto”,l’area dove gli ebreifurono costretti a viveresegregati dal 1550 fino al1870 e che ancora oggi èil cuore della comunitàebraica romana, proprioqui dove il 16 ottobre del1943 donne, bambini,vecchi, vennerorastrellati, deportati etravolti dalla ferocianazista. Oggi tra questestrette stradineall’ombra dellaSinagoga, il TempioMaggiore e delle

imponentipresenze del

Portico d’Ottavia e delTeatro di Marcello siconduce una vitatranquilla e le moltetrattorie offrono aituristi un’ampia sceltadove gustare i miglioripiatti della cucinaebraico-romanesca. Lavittoria di ogni essereumano libero sullabarbarie.

Anche il pane nellacucina romana occupaun posto privilegiato,dall’antica Roma al

Medioevo, alRinascimento, il pane èstato sempreprotagonista delletavole, sia dei poveri chedei ricchi, tanto che aRoma non si concepiscedi mangiare senza panea tavola. Chi nonconosce la bruschetta,una fetta di paneabbrustolito ("bruscato")semplicementestrofinata con aglio econdito con olio e sale,oppure arricchita conun’infinità diingredienti, pomodoro,peperoni, formaggio,cipolle. La bruschetta,piatto povero dellacucina contadinainventata per riciclare ilpane raffermo, oggi si‘sgranocchia’ ovunquecome gustoso antipasto.Altra specialità romanada non dimenticare è lapizza bianca, bassa escrocchiarella oppure

alta, condita con olio esale grosso, squisita conla mortadella appenatagliata o, d’estate,ripiena di fichi conl’aggiunta, per i piùgolosi, di prosciuttocrudo. Specialissima laproduzione di vecchiforni che preparano lapizza rossa cotta nellateglia: bassa e oleata,ricoperta di pomodoro,inimitabile nella suasemplicità, da mangiarecamminando per lestrade del CampoMarzio.

DOVE TROVARLI. Tutta lacittà ne è piena, forni‘vecchi’ o ‘moderni’sprigionano i loro aromie invitano a veloci efragranti spuntini;specialmente le viuzzeche si snodano intornoal Pantheon o a Campodei Fiori regalanoemozioni sfornando

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profumatipanini e pizze, di tutti itipi, insuperabili. La sera,poi, è la pizza la reginadella tavola, margherita,capricciosa, con funghi,con prosciutto o conquello che vogliamo, daTestaccio a Trastevere, daSan Lorenzo al Pigneto,da Ostiense a Prati c’èsolo l’imbarazzo dellascelta.

“Senza cità Bruschetta e Panzanella,è bono in ogni tipo di spuntinoa comincià

dar classico crostinofatto co’ bro, alice e mozzarella.E’ bono cor guanciale e Panontella,co’ le noce, co’ l’uva,intinto ar vino,e indorato cor buro a la padella.È bòno ner caffè, co’ la ricotta,cor gelato, l’aranci in insalata,cor prosciutto, li fischi e la caciotta.Co’ tonno e cipolletta, cor salame,co’ le castagne, co’ la cioccolata,ma soprattutto è bono co’ la fame.Aldo Fabbrizi, “Nonno Pane”, 1970

Se avete ancora fameassaggiate i dolcitipicamente romani cheresistono, insieme aidolci più famosi dellaproduzione nazionale enon, come montblanc eprofiterole, nelle moltepasticcerie della città. Inlinea con la tradizioneculinaria anche i dolci aRoma sono semplici,

preparati in famiglia percelebrare festivitàreligiose o ricorrenzespeciali. I ‘maritozzi’ soffici egolosi panini dolci farciticon panna montatasono serviti a colazionein ogni bar della Capitalee dintorni. Spessol’impasto è arricchitocon pinoli, uvetta escorza di aranciacandita, una volta cottiquesti morbidi dolcettivengono spennellati conuno sciroppo dolce diacqua e farciti solo almomento di consumarli.Il nome ‘maritozzo’ricorda

l’usanza di offrire questodolce nei periodimatrimoniali, le futurespose che ricevevano ildolce, soprannominavanomaritozzi i donatori,probabili prossimi mariti.Buonissimo anche ilbignè di San Giuseppe,fritto e ripieno di crema,si trova sempre ma latradizione vuole che sidebba preparare amarzo, mese dedicato alsanto. Avanti poi concastagnole, anchequeste rigorosamente

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alla ‘romana’, e frappe,specialità del carnevale. Una curiosità, ilCarnevale romano erauno dei principalifesteggiamenti dellaRoma papalina sicelebrava nel periododell'anno che precede laQuaresima. La suaorigine risale aiSaturnalia festivitàreligiose dell'anticaRoma caratterizzate dadivertimenti pubblici, ritiorgiastici, sacrifici, balli edalla presenza dimaschere.

I festeggiamenti siconcludevano con laFesta dei moccoletti,tutti i partecipantiportavano unmoccolo, cioè unacandela, che alla fineveniva spento. Questoindicava il passaggio alperiodo della Quaresima,periodo di penitenza edigiuno.Sempre della tradizionedolciaria romana è lacrostata con le visciole,qualità di ciliegie dicolore rosso scuro esapore acidulo con cui sipreparano marmellateinsuperabili; lacampagna romanaabbonda di questi alberi.Altro ingredientefondamentale dei dolciromani è la ricotta dipecora che puòcostituire da sola,semplicemente conditacon zucchero, liquore,cioccolato e scorzette di

arancia, un raffinatodessert, ma la lista delletentazioni contemplaanche: ricotta fritta,ricotta condita, budinodi ricotta, bocconottifarciti, torta di ricotta evisciole, insuperabilequella preparata alPortico d’Ottavia.Nel periodo di Natale èd’obbligo assaggiare ilpangiallo, ricco discorzette di cedro earancio candite, pinoli,mandorle;

il panpepato: miele,spezie, noci, mandorle,pinoli, cannella. Dolci‘robusti’ dasgranocchiare, magaridurante unapasseggiata sulLungotevere. Mentre il dolce pasqualeper eccellenza è la pizzaricresciuta, chiamataanche pizza dolce, unalto pane dolceprofumato,

aromatizzato concannella e semi dianice, e per finiremostaccioli confrutta secca,

canditi e miele omeglio ancora, ungustoso gelato: allavaniglia, alla menta,al cioccolato, allacrema, alla fragola.Oppure la

“grattachecca”invenzione tipicamenteromana della finedell’Ottocento, che

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prestodiventò un cibo distrada, servito neichioschi un po’ in tuttala città, ma soprattuttoin quelli divenuti miticidel Lungotevere. Misceledi neve o ghiaccioaddizionate con frutta siservivano nei banchettigià al tempo degliimperatori comeraffinato diversivo,abitudine ripresa poi nelRinascimento quando il“mangiare freddo”stregò, compliceCaterina de’ Medici, laCorte di Francia.

Il nome “grattachecca”deriva dal modo in cuisi prepara: il ghiaccioviene grattato daun grosso blocco,detto checca, conun appositoattrezzo a cui vieneaggiunto succo osciroppo difrutta.

DOVE TROVARLI.Portico d’Ottavia,

Pantheon, San Giovanni,Prati, Pinciano,Trastevere, Testaccio.

Concludiamo questacarrellata con unaescursione nei mercatidella città, colorati evivaci. In ogni quartiereal mattino alcune stradesi animano peraccogliere i banchetti deivenditori, ma se propriovogliamo concederci unacamminata tra verdure,carni, salumi e formaggi

è d’obbligo andare aCampo de’ Fiori, uno deimercati più antichi. Quisi viene ancora in cercadel mito, dell'immagineche la Capitale -attraverso cinema, arte,poesia - ha diffuso nelmondo. All’ombra dellastatua di GiordanoBruno, è tutta unaesplosione di odori,colori. Verdurai, vignaroli(vigneron, vignaiolo, cioèchi vende direttamente iprodotti della terracoltivati in proprio)mostrano orgogliosibanchi decorati conbroccoli, insalate, carciofima anche con zucche dimille forme edimensioni, mazzi dipeperoncini, grappolid’uva bionda o rossa,melograni. Nonmancano i banchetti dispezie e qualcuno vendeancora la “misticanza”:un insieme di verdure di

campo profumate eappetitose. E i‘pesciaroli’ offrono lamerce sui banchi,invitando a gran voce iclienti all’acquisto.Anche il mercato diTestaccio gode di famameritata. Fino a pochianni fa occupava lapiazza centrale delquartiere, ora è statospostato in unastruttura copertaaccanto al vecchiomattatoio: ci si trova ditutto. Meritano unasosta alcuni venditori,segnalatientusiasticamente daillustri quotidianistranieri, che offronopanini con la trippa efritti vari al cartoccio. Unparadiso per il palato. E il vino, il sovranoindiscusso della tavolaromana, servito in ognitrattoria, osteria,‘fraschetta’? Quello che

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arrivava a Roma dallecampagne e dai Castellisui ‘carretti a vino’?Rosso, bianco, rosato,frizzante,‘stuzzicarello’. Meritauna gita ai Castelli,gustatelo con laporchetta,maiale arrostito intero a fuocolento e profumato conerbe aromatiche. E già che ci sietearrivate a Ostia egustatevi unpiatto dispaghetti con letelline guardandoun placidotramonto che coloradi rosa il mare diRoma.

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Trastevere

Ostia

TestaccioGarbatella

Centro storico

San Lorenzo

San Giovanni

Pigneto

Castelliromani

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