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Didattica laboratoriale per formare persone competenti Dario Nicoli - Università Cattolica di Brescia DELIVERY UNIT Ragusa 28-29-30 settembre 2011

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Didattica laboratoriale per formare persone competenti

Dario Nicoli - Università Cattolica di Brescia

DELIVERY UNIT Ragusa 28-29-30 settembre 2011

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Formare persone competenti La competenza non è più intesa come nel passato come una

somma di componenti (sapere, saper fare e saper essere), ovvero un’aggiunta esterna alla persona, ma come una qualità della stessa che ne indica una caratteristica antropologica e sociale fondamentale: il modo di stare nel reale, ovvero la padronanza della persona dimostrata nell’azione.

Essa, secondo il EQF (European Qualification Framework), indica la “capacità dimostrata di utilizzare le conoscenze, le abilità e le attitudini personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale”.

Nel EQF le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia.

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Mobilitare il principio formativo implicito • Ogni branca del sapere possiede un suo principio formativo

implicito che va messo in azione tramite la didattica laboratoriale: per le scienze è l’esperimento; per la letteratura è l’incontro vivo con il testo; per la matematica è la capacità di impostare e risolvere problemi; per la seconda lingua è la comunicazione; etc.

• Non basta l’operatività, occorre una conquista “consistente” del sapere.

• La didattica disciplinare si è spesso involuta riducendosi ad una sequenza tendenzialmente inerte di nomenclature e brevi frasi. Da qui la necessità di sollecitare le diverse dimensioni del sapere (cognitiva, affettiva, pratica) così da mobilitare per intera l’intelligenza degli allievi, così che “sappiano agire utilizzando ciò che sanno”.

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Lavorare per competenze Lavorare per competenze significa privilegiare l’azione,

significativa ed utile, in quanto situazione di apprendimento reale ed attiva che consente di porre il soggetto che apprende in relazione “vitale” con l’oggetto culturale da apprendere.

Ciò significa che si “mette in moto” l’apprendimento ed il suo campo d’azione:

il discente è sollecitato a fare un’esperienza culturale che ne mobilita le capacità e ne sollecita le potenzialità buone

il sapere si mostra come un oggetto ad un tempo sensibile, simbolico, affettivo, pratico ed esplicativo

Il docente diventa “mediatore” di un sapere che “prende vita” nel rapporto con la realtà, come risorsa per risolvere problemi e in definitiva per vivere bene.

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Il laboratorio entro il piano formativo La didattica laboratoriale non è un modo per rendere attraenti contenuti inerti la “messa in pratica” dei saperi teorici tramite esercitazioni una serie di sequenze operative di tipo addestrativo un’attività avulsa dal piano formativo. È una metodologia per formare persone competenti, tramite

situazioni di apprendimento reali in cui l’allievo è chiamato a coinvolgersi attivamente svolgendo compiti e risolvendo problemi, così da scoprire e padroneggiare i saperi teorici sottostanti. In tal modo egli fa esperienza personale di cultura.

Tali situazioni sono collocate entro un piano formativo centrato sulle competenze, di cui si perseguono le evidenze secondo una progressione indicata.

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Dalla pratica all’astrazione puntando sul linguaggio e la riflessione • La didattica laboratoriale non deve portare al’eccesso

opposto rispetto a quella frontale, ovvero fermarsi solo sull’operatività facendo così coincidere la “qualità competente” della persona con i prodotti che è in grado di realizzare (performativismo).

• Per correggere tale pericolo, va data la giusta rilevanza al linguaggio in quanto facoltà umana che consente di passare dal livello dell’operatività a quello dell’astrazione: tramite il linguaggio, l’allievo è chiamato a riflettere su ciò che fa e trovare i concetti ed i principi universali che sottostanno all’azione.

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L’area scientifica L’esperimento e la ricerca sono le strutture

dell’apprendimento delle scienze Tutto si può apprendere per quesiti Definire un cammino di conquista per tappe del sapere

complesso: prima l’autoevidenza del reale, poi la padronanza degli strumenti analitici, infine la visione olistica della realtà.

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L’area matematica • Superare la riduzione della matematica a “scienza dei

numeri” (aritmetica, algebra), preferendo una prospettiva centrata sul ragionamento e quindi sulla logica

• Evitare l’estrema formalizzazione propria della matematica pura, trovando una via di comunicazione con gli ambiti che consentono un utilizzo reale della matematica (geometria, statistica, fisica, calcolo delle probabilità, progettazione, amministrazione…).

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L’area linguistica • La comunicazione è centrata sul testo e sulla sua gestione • Non vanno separate lettura, scrittura e presa di parola,

ma sono da collegare entro compiti integrati • La comunicazione è essenzialmente relazione e non solo

forma semantica • La responsabilità circa l’acquisizione delle competenze

linguistiche è di tutti gli insegnanti • La didattica della lingua straniera mostra in modo

convincente la necessità di procedere dalle facoltà di comunicazione alle dimensioni strutturali del linguaggio fino alla cultura linguistica.

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L’area letteraria • Il punto centrale dell’apprendimento del sapere letterario

sta nell’incontro dell’allievo, tramite i testi, con l’autore, il suo messaggio, e poi la forma del testo

• Successivamente si possono introdurre gli elementi della critica letteraria, ma senza mai soffocare il valore vitale del testo letterario

• Spingere gli allievi ad appropriarsi del testo – anche con laboratori di declamazione - come occasione di incontro, arricchimento personale e visione

• Evitare il “solipsismo del lettore”: ogni conquista è un dono.

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L’area storico-sociale Superare l’unilateralità dell’approccio storicistico (storia

del pensiero) integrandolo con un approccio strutturale centrato sulla capacità d’uso degli strumenti culturali

Puntare sul dominio della “linea del tempo” e su una giusta mediazione tra storia degli avvenimenti (prospettiva breve) e storia strutturale (prospettiva lunga).

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L’area tecnica • Gestire i laboratori tecnici secondo un quadruplice

codice: 1. La conquista di una maestria professionale 2. La conquista di un linguaggio tecnico appropriato e

corretto 3. La conquista del sapere teorico sottostante le attività 4. La conquista della responsabilità etica circa l’impatto

della tecnica sull’uomo e la società.

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L’area dell’educazione corporea e della pratica sportiva Il focus formativo di quest’area consiste nel legame tra

mente e corpo; occorre educare i giovani a conoscere ed accettare il proprio corpo come parte della propria identità

Il tema della sana alimentazione e di una vita ordinata va affrontato in accordo con l’asse scientifico

La pratica sportiva presenta scopi di vita buona, prima che di competizione

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L’area dell’educazione religiosa Si tratta di una prospettiva propria della civiltà e quindi della

cultura, connessa al senso dell’esistenza e della comunità, al legame con gli altri e con il cosmo. Per tale motivo, essa non ha un confine disciplinare

L’idea che la religione sia un’opzione privata dell’individuo, ininfluente sul piano pubblico, è solo un punto di vista della cultura attuale, ma non può essere proposto come l’unico

Occorre evitare di ridurre la prospettiva religiosa ad un punto di vista etico-morale: la religione non è un “carabiniere dell’anima” ed inoltre il rapporto con Dio parte dalla considerazione del limite ovvero dell’impossibilità dell’essere umano di autodeterminarsi

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I saperi non funzionali • Non va enfatizzato sempre il principio di utilità inteso in

senso eccessivamente ristretto • Esistono anche saperi non funzionali, come la

comprensione di un testo in greco antico, la lettura di una poesia, l’ascolto di un’opera musicale, la contemplazione del creato

• Ogni conquista umana, ovvero ogni esperienza che arricchisce la vita personale, può essere comunicata così da trasmettere agli altri l’esperienza vissuta

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La gestione del gruppo • Il gruppo che opera tramite la didattica laboratoriale è

solitamente del tipo “di lavoro”, quindi va valutato unitariamente in base ai risultati raggiunti

• Il punteggio è uguale per tutti, ma deve essere ben inferiore alla metà del punteggio totale

• Nel gruppo si prevedono solitamente quattro ruoli: coordinatore, segretario, custode dei tempi e custode della partecipazione

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La valutazione: voti e padronanza • Per la valutazione occorre fare riferimento alle competenze mirate

ed ai saperi mobilitati, sapendo che i prodotti in esito costituiscono una parte della evidenze definite in anticipo (rubrica) come necessarie e sufficienti

• È utile una griglia unitaria riferita a tutte le competenze, con i criteri/indicatori possibili legati alle diverse forme dell’intelligenza (cognitiva, affettivo-relazionale, pratica, sociale, riflessiva), tra cui selezionare i fattori appropriati alla UdA che si sta svolgendo

• il consiglio di classe esprime un giudizio circa il grado di padronanza mostrato, prevedendo due livelli negativi (assente, parziale) e tre positivi (basilare, intermedio, elevato). Ogni docente coinvolto pone un voto sul suo registro

• La condotta riflette il coinvolgimento degli allievi nell’attività.

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Tre modelli di valutazione Gli approcci analitici: individuano dei test generici (es. test di abilità, del

carattere, di motivazione etc.) per misurare le competenze, anche senza collegarsi ad aspetti specifici del loro esercizio.

Gli approcci analogici: cercano di ricreare gli elementi costitutivi del ruolo agito, collegandoli alle competenze interessate. Rientrano in questa categoria gli esercizi di gruppo, le simulazioni di ruolo, i compiti-problema, gli incidenti etc.

Gli approcci che si basano sul giudizio degli altri: si affidano a giudizi di parti terze (ad es. i colleghi, i supervisori etc. ) per ottenere informazioni sui valutati.

(Cfr. M. Smith, I. Robertson La valutazione delle competenze, in R. Boam, P. Sparrow, Come disegnare e realizzare le competenze organizzative. Un approccio basato sulle competenze per sviluppare le persone e le organizzazioni, Angeli, Milano, 2003, pp. 96-133.)

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Gli approcci analitici Partono dalle discipline coinvolte nel percorso formativo, e si

riferiscono all’elenco delle conoscenze ( e delle abilità operative e mentali connesse) in cui questi si articolano. Si realizzano tramite test che consentano una misurazione della preparazione degli studenti.

I test possono essere di facile gestione valutativa (vero/falso; scelta multipla semplice o complessa, corrispondenza, completamento, risposta semplice univoca...) oppure difficile se si tratta di quesiti a risposta aperta articolata, testi liberi, continui e discontinui che possono avere più formulazioni e soluzioni.

È bene che la prova di verifica utilizzi la più ampia varietà di tecniche.

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Gli approcci analogici Si tratta di approcci centrati sulle competenze, che prevedono

l’implicazione degli allievi, singoli ed in gruppo, entro situazioni sfidanti fondati sulla analogia con le condizioni in cui si svolge il ruolo agito.

L’elemento analogico è anche alla base della metodologia di valutazione: tramite una griglia unitaria, si considerano le varie forme dell’intelligenza umana (cognitiva, pratica, sociale, affettiva relazionale, riflessiva) ed i vari “oggetti” di valutazione (prodotti, processi, linguaggi), e si confronta il modo di porsi dello studente di fronte al compito-problema con una tipologia di stili ordinati su una scala necessariamente qualitativa.

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Gli approcci per giudizio La valutazione avviene raccogliendo le riflessioni di giudici

che hanno la possibilità di vedere il candidato in azione, oltre che di considerarne le produzioni.

Questi sono tutor aziendali ed esperti i quali sono chiamati ad esprimere giudizi argomentati sul candidato, anche se non necessariamente fondati su tecniche valutative puntuali e formalizzate tramite griglie e schede.

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Elementi essenziali per la presentazione di un’esperienza di didattica laboratoriale 1. Titolo (meglio se evocativo) 2. Compito reale (o realistico), i problemi sottesi, i prodotti da

realizzare, (ricerca, presentazione, progetto, glossario e relazione individuale) il loro valore e l’interlocutore cui si riferiscono

3. Competenze mirate, prevalenti e concorrenti, e l’insieme dei saperi mobilitati (conoscenze e abilità)

4. Senso e valore dell’esperienza proposta 5. Colleghi ed eventualmente gli esperti esterni coinvolti 6. Sequenza di fasi di lavoro prevedendo un’alternanza tra lavoro di

gruppo e lavoro individuale, oltre ad esperienze o apporti esterni, se significativi

7. Natura della consegna 8. Ausili previsti 9. Modalità e criteri di valutazione.

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Criteri chiave per la riflessione circa un’esperienza di didattica laboratoriale Valore e ruolo dell’esperienza proposta nel quadro del

profilo finale perseguito Rilevanza dell’esperienza in relazione alle competenze

mirate Capacità di coinvolgimento degli allievi e di stimolo di

apprendimenti e maturazioni Qualità della cooperazione tra i docenti Capacità di coinvolgimento di soggetti esterni e di

valorizzazione delle risorse del contesto, ma anche viceversa: capacità di proporre la scuola nel contesto come soggetto culturale attivo

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I talenti degli studenti 1. I talenti sono concepiti come la presenza di una

eccellenza, in grado di consentire una performance superiore rispetto alla media. McClelland D.C. (1993, trad. It 2005) Competenza nel lavoro. Modelli per una performance superiore, Franco Angeli, Milano. The Achieving Society (1961).

2. I talenti sono concepiti come qualità peculiare di ogni persona, che ognuno possiede in modo e intensità diversi e che richiedono di essere messi in gioco e fatti fruttare per il bene di tutti (Parabola evangelica dei talenti).

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Il centro della questione «Il fatto che l'uomo sia capace d'azione significa che da lui

ci si può attendere l'inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile. E ciò è possibile solo perché ogni uomo è unico e con la nascita di ciascuno viene al mondo qualcosa di nuovo nella sua unicità».

Arendt H. (1999), Vita Activa. La condizione umana, Bompiani, Milano, p. 129.