Del Signoraggio e Del Servaggio Di Panoptes (SIGNORAGGIO NETWORK)

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DEL SIGNORAGGIO E DEL SERVAGGIO di Panoptes Affiora a questo punto, la questione del signoraggio. Si tratta di un termine antico, che si riporta all’epoca nella quale i sovrani coniavano monete d’oro e d’argento, cui assegnavano un valore facciale superiore a quello intrinseco (ecco il signoraggio), e la loro effigie sulle monete aveva il significato di garantirne sia l’ufficialità come mezzo di pagamento, sia il valore indicato (nell’ambito del regno). Per la banca centrale europea (BCE) signoraggio è “il reddito ottenuto dalle banche centrali nazionali nell’esercizio delle funzioni di politica monetaria del SEBC”(art. 32 dello statuto). Tale descrizione, (di parte), è fuorviante in quanto ne sposta i termini, lasciando intendere che si tratterebbe del ricavo di un servizio. Non è così: in realtà non c’è nessun servizio, ma al contrario un potere usurpato. Oggi, si definisce usualmente signoraggio la differenza tra il valore facciale del mezzo monetario ed il costo per produrlo. (PAOLO SAVONA, La sovranità monetaria, Torino, 1974) Questa differenza diventa un guadagno se chi “batte moneta”è un privato. Non lo è, se a ciò provvede lo Stato. Un tempo, la quantità massima delle banconote che potevano essere messe in circolazione, era determinata dalla riserva aurea posseduta. Sui biglietti era scritto: “pagabile a vista al portatore” intendendosi che questi poteva chiedere il controvalore in oro all’autorità che aveva stampato la cartamoneta. Questa limitazione alla stampa dei biglietti venne però superata già ai tempi della prima guerra mondiale. Con il passaggio dalle monete di metallo pregiato alla moneta cartacea, si rese molto più agevole creare valore monetario e ciò scatenò appetiti sfrenati. I banchieri fecero a gara per ottenere il privilegio di battere moneta. E, come sappiamo, l’ottennero. A metà dell’800, l’associazione massonica “Comitato dell’Amor fraterno” in Italia emetteva banconote. All’atto pratico, il signoraggio si traduce nella potestà di battere moneta. Si tratta di un’attribuzione connaturata al potere statale, cioè alla sovranità (al potere riconosciuto dai componenti il gruppo sociale per la gestione della collettività), e risponde all’interesse essenziale della comunità di disporre di uno strumento di pagamento, garantito nella funzione e nel valore. E’ bene avere chiaro che un pezzo di carta stampato assume la valenza di mezzo di pagamento, cioè di danaro, grazie al consenso della comunità nazionale. La sua accettazione da parte dei cittadini costituisce una convenzione, in base alla quale al pezzo di carta è assegnato il valore su di esso indicato. Si pensi al caso dell'operaio che, in cambio del suo lavoro (bene reale), ottiene cartamoneta (valore convenzionale) e, con questa cartamoneta, acquista risorse per vivere (valore reale). (Sotto certi aspetti, l’insieme di tutte le banconote di un Paese potrebbe dirsi l’espressione monetaria del valore dei beni che vi si trovano). In queste condizioni, il “trasferimento” della potestà di battere moneta ad un ente privato, ovviamente ignoto all’esperienza vissuta dalla società umana nel corso della sua storia, assume contorni totalmente distorsivi. Non si può perciò evitare di chiedersi perché le istituzioni, il cui compito specifico è la tutela degli interessi della popolazione, abbiano compiuto un atto che va contro questi interessi in misura tanto radicalmente distruttiva. Questa incredibile deformazione fu realizzata in modo compiuto nel 1694 quando venne creata la Banca d’Inghilterra: la prima banca centrale nello scenario mondiale. (Ne stigmatizza esemplarmente la costituzione il filosofo KARL MARX, Capitale, Roma, 1974, I, pag. 817 e ss.: “la banca d’Inghilterra venne autorizzata dal Parlamento a battere moneta … con questa moneta la banca faceva prestiti allo Stato e pagava per suo conto gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato. In Inghilterra, proprio mentre si smetteva di bruciare le streghe, si cominciò ad impiccare i falsari. Gli scritti di quell’epoca, ad esempio di Bolingbroke mostrano che effetto facesse sui contemporanei l’improvviso emergere di questa genia di bancocrati…”). La creazione, in quello che all’epoca era il centro economico-finanziario più importante del pianeta, di una realtà nuova, gli strumenti finanziari, che consentivano potenzialità di grandi e facili guadagni speculativi, generò una nuova schiatta di parassiti, intenti ad arricchirsi con il danaro altrui. Banchieri, finanzieri, rentiers, mediatori, operatori di borsa, si moltiplicarono e ritennero conveniente organizzarsi in camarille, più o meno segrete per mantenere riservati i loro trucchi, evitare conflitti interni e istituzionalizzare legami che garantissero la monoliticità della combriccola. La massoneria, con i suoi riti e la sua segretezza, costituì la loro ideale aggregazione. Il sovrano inglese ne fu subito il capo e risultò pertanto agevole compiere il “sacrilegio”di trasferire ad un loro ente privato il potere di battere moneta. Accedendo a siffatta istanza per evidente interesse di categoria, il re Del signoraggio e del servaggio di Panoptes (SIGNORAGGIO NET... http://www.signoraggio.com/signoraggio_servaggio.html 1 di 5 10.11.2012 11:23

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DEL SIGNORAGGIO E DEL SERVAGGIO

di Panoptes

Affiora a questo punto, la questione del signoraggio. Si tratta di un termine antico, che si riporta all’epoca nella quale i sovraniconiavano monete d’oro e d’argento, cui assegnavano un valore facciale superiore a quello intrinseco (ecco il signoraggio), e la

loro effigie sulle monete aveva il significato di garantirne sia l’ufficialità come mezzo di pagamento, sia il valore indicato

(nell’ambito del regno). Per la banca centrale europea (BCE) signoraggio è “il reddito ottenuto dalle banche centrali nazionali

nell’esercizio delle funzioni di politica monetaria del SEBC”(art. 32 dello statuto). Tale descrizione, (di parte), è fuorviante inquanto ne sposta i termini, lasciando intendere che si tratterebbe del ricavo di un servizio. Non è così: in realtà non c’è nessun

servizio, ma al contrario un potere usurpato.

Oggi, si definisce usualmente signoraggio la differenza tra il valore facciale del mezzo monetario ed il costo per produrlo. (PAOLO

SAVONA, La sovranità monetaria, Torino, 1974) Questa differenza diventa un guadagno se chi “batte moneta”è un privato. Non loè, se a ciò provvede lo Stato. Un tempo, la quantità massima delle banconote che potevano essere messe in circolazione, era

determinata dalla riserva aurea posseduta. Sui biglietti era scritto: “pagabile a vista al portatore” intendendosi che questi poteva

chiedere il controvalore in oro all’autorità che aveva stampato la cartamoneta. Questa limitazione alla stampa dei biglietti venne

però superata già ai tempi della prima guerra mondiale.

Con il passaggio dalle monete di metallo pregiato alla moneta cartacea, si rese molto più agevole creare valore monetario e ciò

scatenò appetiti sfrenati. I banchieri fecero a gara per ottenere il privilegio di battere moneta. E, come sappiamo, l’ottennero. A

metà dell’800, l’associazione massonica “Comitato dell’Amor fraterno” in Italia emetteva banconote.

All’atto pratico, il signoraggio si traduce nella potestà di battere moneta. Si tratta di un’attribuzione connaturata al potere statale,

cioè alla sovranità (al potere riconosciuto dai componenti il gruppo sociale per la gestione della collettività), e rispondeall’interesse essenziale della comunità di disporre di uno strumento di pagamento, garantito nella funzione e nel valore.

E’ bene avere chiaro che un pezzo di carta stampato assume la valenza di mezzo di pagamento, cioè di danaro, grazie alconsenso della comunità nazionale. La sua accettazione da parte dei cittadini costituisce una convenzione, in base alla quale al

pezzo di carta è assegnato il valore su di esso indicato. Si pensi al caso dell'operaio che, in cambio del suo lavoro (bene reale),ottiene cartamoneta (valore convenzionale) e, con questa cartamoneta, acquista risorse per vivere (valore reale). (Sotto certi

aspetti, l’insieme di tutte le banconote di un Paese potrebbe dirsi l’espressione monetaria del valore dei beni che vi si trovano).

In queste condizioni, il “trasferimento” della potestà di battere moneta ad un ente privato, ovviamente ignoto all’esperienza

vissuta dalla società umana nel corso della sua storia, assume contorni totalmente distorsivi. Non si può perciò evitare di chiedersiperché le istituzioni, il cui compito specifico è la tutela degli interessi della popolazione, abbiano compiuto un atto che va contro

questi interessi in misura tanto radicalmente distruttiva.

Questa incredibile deformazione fu realizzata in modo compiuto nel 1694 quando venne creata la Banca d’Inghilterra: la prima

banca centrale nello scenario mondiale. (Ne stigmatizza esemplarmente la costituzione il filosofo KARL MARX, Capitale, Roma,1974, I, pag. 817 e ss.: “la banca d’Inghilterra venne autorizzata dal Parlamento a battere moneta … con questa moneta la banca

faceva prestiti allo Stato e pagava per suo conto gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la banca desse con una

mano per aver restituito di più con l’altra ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo

centesimo che aveva dato. In Inghilterra, proprio mentre si smetteva di bruciare le streghe, si cominciò ad impiccare i falsari. Gliscritti di quell’epoca, ad esempio di Bolingbroke mostrano che effetto facesse sui contemporanei l’improvviso emergere di questa

genia di bancocrati…”).

La creazione, in quello che all’epoca era il centro economico-finanziario più importante del pianeta, di una realtà nuova, gli

strumenti finanziari, che consentivano potenzialità di grandi e facili guadagni speculativi, generò una nuova schiatta di parassiti,intenti ad arricchirsi con il danaro altrui. Banchieri, finanzieri, rentiers, mediatori, operatori di borsa, si moltiplicarono e ritennero

conveniente organizzarsi in camarille, più o meno segrete per mantenere riservati i loro trucchi, evitare conflitti interni e

istituzionalizzare legami che garantissero la monoliticità della combriccola. La massoneria, con i suoi riti e la sua segretezza,

costituì la loro ideale aggregazione. Il sovrano inglese ne fu subito il capo e risultò pertanto agevole compiere il “sacrilegio”ditrasferire ad un loro ente privato il potere di battere moneta. Accedendo a siffatta istanza per evidente interesse di categoria, il re

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(partecipe della cricca) agì non più come gestore degli interessi della collettività, ma come semplice privato, così certamente

arricchendosi, ma abusando dei suoi poteri e tradendo la fiducia dei suoi sudditi. Costui aveva “scoperto” che stampare moneta

per conto proprio (e della sua combriccola) era molto più redditizio che farlo per conto della nazione. Il passaparola fra famiglieregnanti e tra i banchieri consentì il rapido diffondersi della privatizzazione monetaria, senza troppi scrupoli per l’interesse

pubblico. Nel corso dell’ultima guerra, i Savoia, vedendo profilarsi la sconfitta, (e violando rigide norme specifiche) esportarono

all’estero i capitali accumulati, addirittura in Inghilterra, presso i loro confratelli. Confortarono in tal modo l’economia di quel

nemico, da loro stessi indicato ai soldati italiani, costretti a combattere senza scarpe e con armi della prima guerra mondiale.

Perché abbiamo parlato della potestà di battere moneta come di un’ attribuzione della sovranità e perché ne è illegittima laprivatizzazione? (Nota: GIANO ACCAME, La destra sociale, Roma, 1996).

E’ necessario ribadire che il battere moneta è attribuzione propria della sovranità pubblica (che, come sappiamo, appartiene al

popolo). E’ assiomatico, poi, che la sovranità, proprio perché tale, non è cedibile (tanto meno poi, come nel caso, con una legge

ordinaria…). Inoltre, non rientra assiomaticamente fra i poteri dei delegati del popolo disporre della sovranità (cioè dei poteri delmandante).

La cessione del signoraggio ad un ente privato costituisce perciò una vera inconcepibile enormità, determinando, in contropartita,

la catastrofica conseguenza del servaggio dei cittadini. Sul piano concreto, infatti, il trasferimento comporta innanzitutto un

gigantesco onere per i cittadini, che si traduce in un prelievo colossale di risorse dalle loro tasche (quando, invece, queste risorseappartengono a loro tutti che, accettando la cartamoneta, ne hanno creato il valore). Inoltre, la concessione ad un privato della

potestà monetaria, comporta consegnargli la conduzione e direzione dell’attività economica del Paese e la gestione delle sue

risorse finanziarie. E’ come se una famiglia consegnasse ad un estraneo il proprio patrimonio perché decida come impiegarlo ed

utilizzarlo).

Purtuttavia a questo si è provveduto anche in Italia, (con R.D. 812 del 1926). Legittimo chiedersi chi all’epoca ha incassato, nel Bel

Paese, il danaro di Giuda.

Con la privatizzazione della sovranità monetaria, l’ente che stampa le banconote, (il fantoccio banca centrale), non opera infatti

come semplice tipografia al servizio dello Stato, ma come titolare, o proprietario, della cartamoneta stampata (il cui quantitativo,

tra l’altro, essa stessa decide e determina).

Con la creazione di una banca centrale dotata di questi poteri, lo Stato, ossia la collettività nazionale, si è autopunita perché,

quando ha bisogno di soldi, deve chiederli alla banca, e questa (se vuole), glieli presta. Ma, trattandosi di un bene di sua proprietà,

gli chiede un interesse . Lo Stato dunque, in queste condizioni, non solo deve restituire il capitale ricevuto, ma pagare anche gli

interessi, ed al tasso deciso dalla banca centrale (V.: B. TARQUINI, La banca, la moneta e l’usura. La Costituzione tradita, Napoli,2001). Naturalmente, noi parliamo di Stato, ma chi è materialmente debitore, colui che deve pagare, è il popolo italiano che, a

questo scopo, è onerato di gravose imposte.

Nel Medioevo il signorotto imponeva l’obolo ai sudditi per fare qualche guerra o gratificarsi con qualche sontuoso palazzotto. Se

non bastava l’obolo, stipulava prestiti presso i banchieri. E’ stata tale prassi ad accendere le brame di questi ultimi. Poiché i prestitidi guerra erano sempre assai consistenti e perciò lucrosi, costoro vi hanno visto subito le enormi possibilità di arricchimento,

qualora fossero riusciti a trasformarli da occasionali in istituzionali. Soprattutto poi quando alle monete d’oro e d’argento, che

avevano comunque un valore intrinseco, si è sostituita la cartamoneta a costo zero.

In pratica, oggi, il vantaggio per il privato di “battere moneta” è massimo, equivalente a quello del falsario. Mentre quest’ultimoperò rischia la prigione, i banchieri centrali sono colmati di onori. ( MAURICE ALLAIS, premio Nobel per l’economia nel 1988, in :

La crise mondiale aujourd’hui, Paris, 1991, , è estremamente chiaro: “Par essence, la création monetaire ex nihilo que pratiquent

les banques est semblable, je n’hésite pas à le dire pour que les gens comprennent bien ce qui est en jeu ici, à la fabrication de

monnaie par des faux-monnayeurs, si justement reprimée par la loi”).

Se l’Imperatore Augusto voleva una flotta di triremi, con i metalli pregiati estratti dalle miniere dell’impero, coniava i sesterzisufficienti alla bisogna. E i cives romani potevano tranquillamente andare a comprare il biglietto per godersi gli spettacoli al

Colosseo, senza temere rivalse fiscali.

Oggi, invece, se lo Stato ha bisogno di 10.000 miliardi per fare un ponte, deve chiederli in prestito alle banche, ed i contribuenti

devono accollarsi nuove imposte per 10.000 miliardi, più gli interessi.

Si è verificata una paradossale inversione dei ruoli. Lo Stato, come un qualsiasi privato, deve chiedere ad un ente privato,diventato però, impropriamente, sovrano monetario, la “sua” cartamoneta. Ciò è abbastanza grottesco ed estremamente

punitivo, (ma, attenzione, ripeto, non per lo Stato, ente astratto, bensì per i cittadini).

Per disporre del danaro occorrentegli per funzionare, lo Stato lo deve richiedere alla banca centrale (ma ciò gli è consentito solo

entro certi limiti) oppure vende direttamente ai cittadini dei titoli di credito (i Buoni del Tesoro), con i quali si impegna a pagare un

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certo interesse (il cui ammontare è stabilito dai privati banchieri, come all’epoca delle Crociate).

La prima porzione riceve come contropartita della cartamoneta prodotta dalla banca centrale a costo quasi nullo, inferiore a quello

che dovrebbe sostenere un falsario (la produzione artigianale è sempre più onerosa di quella industriale). La seconda, invece, ha

come contraccambio delle banconote che sono il frutto del lavoro dei cittadini. (Questa diversità è piuttosto interessante).

Questi ultimi dovranno anche provvedere, sempre con il loro lavoro e pagando le imposte, a fornire allo Stato i mezzi monetariper restituire al sistema bancario la porzione di cartamoneta che questo ha “prestato” allo Stato.

Consegue comunque in entrambi i casi che le banche, emettendo moneta, “acquistano” a costo zero dai cittadini un valore

corrispondente in beni e risorse reali, da costoro prodotti.

Il cliente che va da una banca e chiede un mutuo, in quel momento medesimo ne diventa il finanziatore. Le rate di rimborso del

capitale più gli interessi, (spesso spalmate su decine di anni) saranno utilizzati dalla banca per altri lucrosi mutui, praticamentesenza fine.

Quando una banca consegna a Tizio per un mutuo del danaro ricevuto da altri mutuatari, è come se Tizio prendesse a prestito il

danaro dal suo vicino (TOM SCHAUF, The American Voter Vs. The Banking System, New York, 2002, nonché: N. COHN, The Pursuit

of the Millennium, Londra, 1957).

Le banconote che le banche ordinarie ricevono dalla loro longa manus, la banca centrale sono fonte di altra moneta (ancor piùgratuita), per effetto del moltiplicatore (come nell’esempio del mutuo, o di ogni altro affidamento). Le banche ordinarie, perciò,

creano nuova moneta, doppiamente lucrando sul lavoro dei cittadini.

Nell’esempio di cui sopra, se lo Stato facesse come l’Imperatore Augusto, e cioè stampasse direttamente biglietti per 10.000

miliardi, il ponte verrebbe costruito e nessun onere ricadrebbe sui cittadini.

Inoltre, se lo Stato, come sarebbe ovvio, (ed anzi naturale dovere), esercitasse la sua sovranità monetaria ed emettesse biglietti

di Stato anziché chiedere in prestito le banconote della banca centrale, non vi sarebbe evidentemente il debito pubblico (cioè il

“debito” contratto con la banca centrale e con i risparmiatori, acquirenti dei Buoni del Tesoro). Ed ai cittadini verrebbe risparmiato

il conseguente pesante onere. (A proposito, se stampa Buoni del Tesoro perché lo Stato non stampa direttamente la cartamonetache gli serve?).

Non solo: l’imposizione fiscale potrebbe essere enormemente ridotta (se non cancellata), le opere pubbliche potrebbero essere

moltiplicate, la crescita favorita, e la disoccupazione praticamente scomparire. Inoltre, il danaro creato dallo Stato porrebbe sullo

stesso piano il privato cittadino e le banche.

A causa del trasferimento ai finanzieri della sovranità monetaria, oggi, pagando le imposte, i cittadini “restituiscono” alla bancacentrale il mutuo che questa ha “concesso” allo Stato creando valore dal nulla, come i maghi delle fiabe.

La Costituzione americana riserva espressamente, al Congresso la sovranità monetaria. In aperta violazione di questo precetto

però, nel 1913, venne creata la solita banca centrale, sul modello inglese, cioè con le già note attribuzioni, e si aprì l’era della

Federal Riserve Bank , dell’IRS, (la tassa sul reddito) e del TUS (il tasso ufficiale di sconto, con il quale i banchieri stabilisconoquanto costerà ai cittadini il danaro da loro creato a costo zero).

Negli USA è stato calcolato (da Bob Dole, membro del Congresso) che circa il 50% del prelievo fiscale è destinato alle banche in

“contropartita” della cartamoneta data in prestito allo Stato.

Pertanto, se si eliminasse questo compenso monetario impropriamente attribuito alle banche, il cittadino potrebbe disporre dello

stesso reddito lavorando la metà (ovvero: molte mogli non sarebbero costrette a lavorare per far quadrare il bilancio familiare).

Abramo Lincoln, come già prima di lui Andrew Jackson, utilizzando il potere attribuitogli dalla Costituzione, stampò oltre 400milioni di dollari di Stato per finanziare la Guerra Civile, senza debito né interessi a carico dei nord americani.

Sganciandosi dal letale legame con i finanzieri, anche J.F.Kennedy stampò dollari di Stato per rilanciare l’economia. Purtroppo

scomparve prematuramente, e non mancano voci che ne addebitano l’assassinio (al pari di quello di Lincoln) alla cricca dei

banchieri. (www.bankfreedom.com)

Con la cessione della sovranità monetaria, si è creata una situazione analoga a quella del ladro che ruba un’auto, la vende per1000 euro, e questi soldi poi presta al proprietario, dietro interesse. Il cittadino che chiede un mutuo ad una banca per comprare

una casa, ottiene un bene (il danaro), che non è costato nulla alla banca ma che lo costringerà, per restituirlo, a lavorare una vita.

(Nota: l’esempio è di CLIFFORD HUGH DOUGLAS, Warnings Democracy, New York, 1997)

Ogni biglietto stampato dalla banca centrale, significa un debito di eguale valore per la collettività.

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Ma è necessario, a questo punto, aver ben chiara la situazione reale. Il vero destinatario del privilegio di “battere moneta” non è

la banca centrale cui viene attribuito (e del resto ciò non avrebbe gran senso), bensì il sistema bancario-finanziario nel suo

complesso che, dietro il paravento di questa furberia della banca centrale, è messo in grado di gestire e lucrare la ricchezza del

Paese, attraverso i pezzi di carta che stampa a costo zero (o quasi). Non a caso un certo Amschel Rothschild, co-fondatore dellasetta degli “illuminati”, già nel 1773 affermava disinvoltamente: “mi si consenta di emettere e controllare la moneta di una

nazione e non mi preoccuperò affatto di chi emana le leggi” (W.G.CARR, Pawns in The Game, cit., nonché: B. TARQUINI, La

banca, la moneta, ecc., cit.): Ma qualcuno, come abbiamo visto, già aveva capito il lucroso trucchetto.

Anche lo scopo dell’autonomia concessa alla banca centrale e principale pilastro della sovranità monetaria trasferitale, è quello digarantire l’indipendenza (ed ampia discrezionalità) al ben più importante sistema bancario. Se non vi fosse la banca centrale a

“dirigere” (in realtà accade il contrario) l’insieme delle banche, queste dovrebbero dipendere dallo Stato e dalle sue direttive e

l’arbitrio totale di cui dispongono (soprattutto nella manovra e nella concessione del credito, per non parlare, poi, del collocamento

dei titoli azionari) scomparirebbe del tutto.

Gli spropositati guadagni, diretti ed indiretti, e le speculazioni colossali (spesso illecite, come da ultimo il caso Lodi-Antonveneta haampiamente dimostrato) che il sistema realizza con il danaro di cui liberamente dispone (impossibili se il danaro fosse stampato

dallo Stato), verrebbero cancellati. (WILLIAM GUY CARR, Pawns in the Game, Los Angeles, 1962).

Oggi, per di più, il sistema bancario-finanziario gode di una deregolamentazione sorprendente. La così detta “legge bancaria”, le

leggi sulla finanza e quelle sulle assicurazioni, sono nulla più che una sorta di codice di comportamento, del tutto autoreferenziale,che non provvede a tutelare in nessun modo il cittadino. I danni per la collettività sono enormi: gli scandali Sindona, Ambrosiano,

Ferruzzi, Enron, Cirio, World Com, Parmalat, Lodi-Antonveneta, per limitarci ai casi più recenti e più noti, ne sono la conseguenza.

Di chi sono, se non dei risparmiatori, le centinaia di miliardi scomparsi in queste occasioni?

Annullando una potestà propria della collettività, anzi, addirittura cedendola a speculatori privati, notoriamente pericolosi(ricordiamo il monito di Jefferson sui pericoli di una finanza non controllata…), le istituzioni hanno tradito e tradiscono il mandato

loro conferito dai cittadini di tutelare e proteggere gli interessi della collettività che rappresentano. Si può senz’altro ritenere che

non possa configurarsi fattispecie che maggiormente si attagli all’ipotesi del reato di alto tradimento commesso dagli esponenti

coinvolti.

La vicenda è di una gravità sconcertante e può protrarsi ancora oggi soltanto grazie alla complicità dei media ed alla totale

inconsapevolezza della collettività, ignara dei meccanismi monetari, sempre attentamente coperti da rigoroso riserbo e

segretezza.. (R. STEINER, I punti essenziali della questione sociale, Milano, 1980). C’è da chiedersi come facciano i banchieri, nelle

loro riunioni periodiche, a guardarsi in faccia senza scoppiare dalle risate. Come diceva J. Henry Ford, “è un bene che il popolo noncomprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario perché, se accadesse, credo che scoppierebbe una

rivoluzione prima di domani mattina”. Dello stesso parere anche l’anonimo banchiere citato da Tom Schauf (Nota:TOM SCHAUF,

America’s Hope: To Cancel Bank Loans Without Going To Court, New York, 2000), il quale confessa che “se gli americaniscoprissero la verità su questi segreti, impiccherebbero i banchieri per quello che hanno fatto”.

In questo contesto kafkiano, con le istituzioni che tradiscono i loro cittadini, affiorano anche aspetti tragicomici.

La bassa manovalanza monetaria, impegnativa, costosa e non redditizia, è lasciata allo Stato. Questo, infatti, conia le monete

divisionarie (in Italia, prima dell’euro, stampava anche i “biglietti di Stato”da 500 e 1000 lire). Si tratta di una frazione minima

della complessiva circolazione monetaria (non più del 5%, ammonisce e statuisce la BCE) e del tutto onerosa (anche per sempliciquestioni di trasporto): le monete più piccole hanno spesso un costo di produzione superiore al valore facciale. Il costo del conio di

una moneta varia da 20 a 35 centesimi, mentre quello della stampa di una banconota è di circa 3 centesimi. Il conio delle

monetine da 1 lira ne costava 50. Lo Stato, dunque può direttamente acquistare beni e servizi nella piccola percentuale consentita

(!!) dalla banca centrale: una sorta di mancia o lo scarico di un compito fastidioso e utile solo agli “schiavi” della collettività?

Incidentalmente, è bene ribadire che non stiamo parlando soltanto di chi abbia il potere di battere moneta e di come essoappartenga connaturalmente allo Stato. Qui facciamo riferimento alla funzione fondamentale propria dello Stato di gestire la

collettività. Ora, la cosiddetta “leva monetaria” (cioè la gestione della moneta), costituisce il più importante strumento per

realizzare una politica economica. Un’attività dalla quale dipende lo sviluppo della nazione ed il benessere dei cittadini. Questasemplice ed ovvia considerazione fornisce la dimensione del problema di cui si tratta.

Naturalmente, non sono mancati degli assai stentati sforzi per cercare di giustificare teoreticamente il disdicevolissimo

trasferimento della sovranità monetaria ai banchieri. Si è detto che lo Stato (cioè il governo) se disponesse della sovranità

monetaria potrebbe abusarne per scopi elettorali. (JOACHIM BOCHACA, La finanza ed il potere, Padova, 1982).

L’argomentazione è inconsistente.

Innanzitutto, gli esponenti delle istituzioni hanno una responsabilità politica nei confronti degli elettori e le loro decisioni

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costituiscono il metro in base al quale i cittadini li giudicheranno. Ed è opportuno sottolineare che questa responsabilità manca del

tutto, invece, per i responsabili delle banche centrali, che rimangono al loro posto anche se commettono gli errori più gravi.

Secondariamente, parlare di possibili abusi monetari dei governi è sommamente ridicolo a fronte dei ben più gravi soprusi che

giornalmente costoro commettono ingannando e mistificando, scatenando guerre, assassinando liberi cittadini con l’etichetta di“terroristi”, ecc. ecc. Comunque, non vi è infine dubbio che, per un governo, è sicuramente meglio il “condizionamento” di finalità

elettoralistiche che non quello degli interessi degli speculatori privati.

rif: http://www.uomoepotere.eu/Pubblicazioni.html

17/12/2006 : signet@work : sandro pascucci : www.signoraggio.com v.0.5[http://www.signoraggio.com/signoraggio_servaggio.html]

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