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A B C del “piccolo” missionario salesiano dal 1875 la missione continua Animazione Missionaria SDB (Salesiani di Don Bosco) FMA (Figlie di Maria Ausiliatrice)

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A B Cdel “piccolo”

missionario salesiano

dal 1875 la missione continua

Animazione Missionaria SDB (Salesiani di Don Bosco)

FMA (Figlie di Maria Ausiliatrice)

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a cura di Emma Colombatti ed Anna Zulian

progetto grafico Francesco Capodieci

si ringraziano: Comitato VIS San Marco Equipe Scuola di Mondialità INE

Questo sussidio in preparazione all’esperienza estiva è suddiviso in quattro ambiti:

1. una lettera inviata dai missionari salesiani ai giovani partenti per l’esperienza estiva,

2. alcune testimonianze di giovani che hanno già vissuto la bellezza dell’esperienza estiva,

3. il puzzle dell’esperienza estiva costituito da 6 tessere fondamentali e da non dimenticare,

4. alcune indicazioni teorico-pratiche per affrontare al meglio la preparazione, il mese di esperienza e il ritorno a casa.

Siamo sicuri che ogni aspetto che troverai in queste pagine potrà essere utile alla tua crescita personale e al tuo cammino di servi-zio ai poveri, in particolare ai giovani poveri!

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Sei qui per

CONDIVIDERE

La tua fede in Gesù Salvatore

Se hai occhi attenti, ti accorgerai presto che dare a questo popolo il riso, le medicine, il vestito, un la-voro e i soldi non basta.La Salvezza ha radici più profonde. Viene dalla Grazia, dall’incontro con Cristo, l’unico che può cam-biare il cuore dell’uomo e quindi la cultura e le strutture sociali e poli-tiche.Ricordalo bene: condividi con noi missionari e con i nostri giovani quello che hai di più caro: Gesù.

La tua giovinezza

Il più bel regalo per noi e per loro sei tu.Dà te stesso senza riserve superando ogni inconscio sentimento di supe-riorità. I giovani hanno bisogno di amici che vengono da lontano che si pongono al loro livello, che li amano e li sti-mano.

Al GIOVANI CHE FARANNOL'ESPERIENZA ESTIVA

Lettera dai missionari salesiani

Benvenuto!!!Te lo augurano i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice, i Cooperato-ri e i giovani di questo Paese.Sei a casa tua! Ci penseranno soprattutto i nostri giovani a fartelo sen-tire fin dal primo giorno.

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Una sintesisull’esperienzaformativa di unmese in missione

1. L’esperienza di un gruppo di persone che per un mese si recano in un paese povero, appoggiandosi alle strutture della missione, trova la sua giusta inquadratura solo se viene con-siderata un momento forte di forma-zione: un modo moderno di fare gli «esercizi spirituali» per mettere que-ste persone nella possibilità di fare scelte determinanti nella progettazio-ne globale della loro vita.

2. Per garantire questo risultato sono necessarie alcune condizioni indispen-

sabili:

a. una preparazione precedente della dura-ta di almeno un anno, con incontri periodici che permettano ai partecipanti di conoscersi e amalgamarsi; di conoscere la realtà socia-le, politica, religiosa, economica del paese dove si recano; di programmare il loro stile di vita e la modialità di lavoro.

b. la conoscenza della lingua “internazio-nale” utilizzata in quel paese.

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L’esperienza in Bolivia, assieme ai giovani di San Carlos, è sta-ta forte ed intensa. Condividere un mese con i giovani boliviani è stato entusiasmante ma anche “stravolgente”. La povertà con cui sono venuta in contatto, i bambini del “centro del niño desnudrido” mi hanno “sconvolto” e mi hanno fatto, come dice don Zuppini, “ri-bellare dentro” mi hanno fatto senti-re impotente ma per fortuna noi non andiamo a portare solo noi stessi, che soprattutto nel mio caso era ben poca cosa, ma andiamo a portare Gesù, an-diamo a condividere con i giovani e le persone del luogo l’esperienza della nostra fede ed è questo che mi ha dato la forza di affrontare tutto. Mettere nelle sue mani ogni sera tutto ciò che avevo vissuto durante il giorno, sia le cose belle ed entusiasmanti (l’alle-gria, i sorrisi dei bambini, la genti-lezza e l’accoglienza delle persone che avevo incontrato), sia le sof-ferenze, il dolore, la povertà, lo sfruttamento, l’abbandono, face-va acquistare un senso diverso a tutto. Come dice don Zuppini: “Una intensa vita di preghiera è la sorgente della forza. È la luce che ti illumina e ti fa andare in profondità”. È questo rendersi strumento di Qualcun’altro che mi ha sempre dato la forza per superare anche i miei limiti (la mia timidezza, la pigrizia), ed è ciò che ti fa andare avanti an-che quando sei stanco, perché sai che stai lavorando per Lui, che il poco che tu fai, da Lui ver-rà moltiplicato.

Barbara

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Una vera esperienza missionaria

Sforzati di capire che cos’è la mis-sione. Il cuore della missione è an-nunciare Gesù Cristo a chi non lo conosce e far “accadere” fra i po-veri e il Regno di Dio i segni della Sua venuta.Vedrai quale immenso lavoro di promozione e di sviluppo fanno qui i missionari. La promozione e lo sviluppo sono parti integranti del-la missione. Ma la meta è sempre Gesù Cristo. Aiutaci anche tu - con semplicità - ad essere veri missio-nari.Ti accorgerai che qui la fede non ha radici profonde. Trenta, quaranta, cent’anni di evangelizzazione sono molto pochi. II Vangelo non è an-cora pienamente arrivato al cuore di questa cultura.C’è bisogno di modelli giovanili la cui fede ha radici profonde. Tu puoi testimoniare tutto questo!

Una esperienza di animazione giovanile

Mettiti al servizio degli animatori locali. Devono essere loro i protago-nisti. Anche in questo campo cerca di imparare da loro. Solo così avrai anche tu delle cose da comunicare e da insegnare.

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Non dare altro che te stesso e le tue risorse umane e spirituali.Non dare loro delle cose. Salte-rebbe immediatamente il rapporto vero: tu diventeresti lo “straniero” che ha tutto e loro i poveri che tutto e sempre devono mendicare!

c. un tipo di organizzazione della giornata che contenga sempre queste tre dimensioni:

- la preghiera, incentrata su una celebrazione dell’Eucaristia vissuta come gruppo, come confronto aperto sulla Parola di Dio, presieduta normalmente dal sa-lesiano che accompagna il gruppo e collocata in un momento della giornata che non la limiti nel tempo.

- la riflessione sulla realtà della gente, sui problemi della evangelizzazione, dell’inculturazione, sul lavoro del missionario. In questo impegno la comunità salesia-na deve essere “maestra”, deve raccontare, testimoniare, illuminare, guidare in modo che quando il gruppo torna in Italia sappia riferire con serietà la situazione dei poveri e il progetto educativo pastorale dei salesiani.

- il lavoro, inteso come l’occasione di stare con la gente e con il salesiano che lavora. Perciò l’occupazione migliore è quella di animare salesianamente le attività gio-vanili in oratorio in collaborazione con gli animatori locali.

Si possono anche fare attività di tipo culturale: igiene, alimentazione, dise-gno, musica, danza, teatro; o attività di tipo professionale: saldatura, motori-stica, semplici impianti elettrici, taglio e cucito, ecc.Qualcuno con competenze specifiche che trovano possibilità di impegno im-mediato, può metterle a servizio (medico, geometra, ecc.).

d. il gruppo, se è consistente, non dovrebbe invadere totalmente gli spazi della comunità, ma certamente deve avere momenti di vita comune con i sa-lesiani: qualche pranzo, qualche cena, i dopo cena, qualche liturgia. Tutte le celebrazioni domenicali o festive devono essere vissute con la gente.

e. le spese di viaggio e di mantenimento in terra di missione devono essere pagate da ciascuno con un coraggioso risparmio realizzato rinunciando a cose meno essenziali durante i mesi di preparazione.

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PER RAGGIUNGERE TUTTO QUESTO

TI SEGNALIAMO

QUATTRO

CONDIZIONI

IRRINUNCIABILI

1 Una profonda esperienza di gruppo fra voi

Vivere e lavorare insieme è talvolta molto duro: si scontra con il nostro innato individualismo.Condividere tutto durante un mese può diventare terribilmente arduo.Ma non è forse la testimonianza di giovani cristiani che sanno vivere secondo il Vangelo la cosa di cui hanno più bisogno i nostri giovani? Per raggiungere questo sii pronto a lasciarti guidare.

Riscopri una parola in disuso:

OBBEDIENZA

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2 Una intensa vita di preghiera

È la sorgente della forza. È la luce che ti illumina e ti fa andare in pro-fondità. Prega insieme e prega da solo. Cuore a cuore con Gesù e Sua Madre.

3 Una “vacanza” di grande lavoro

Prendi il coraggio a due mani e non tirarti indietro. Misurati con la tua capacità di tenuta. Non essere da meno dei poveri. Vedrai quanto essi lavorano. Ama la fatica. Ne va della tua dignità.

4 Un mese accanto a noi missionari

Non meravigliarti dei nostri difetti. Non siamo degli eroi, ma dei pove-ri cristiani che mettono la loro vita a disposizione del Vangelo. Siamo strumenti poveri. Ma è la Grazia soltanto che fa miracoli.

- l’esperienza che viene proposta è cristiana: infatti veniamo ospitati in comunità religiose e ci viene chiesto di metterci in gioco come cristiani.

- l’esperienza è salesiana: l’ambito della nostra esperienza è eductivo, i destinatari sono i giovani, molti spesso poveri.

- l’esperienza è servizio: attraverso animazione e attività, ma aperti a ogni situazione, necessità ed esigenza, sia tra i giovani, sia nella comunità dove siamo ospitati.

- l’esperienza si prepara: o partecipando agli incontri di formazione che la Scuola di mondialità (formazione missionaria) propone; o cercando di mettere in discussione alcuni nostri stili di vita, aprendoci a iniziative locali, per cercare di capire cosa significa incontrare l’altro, specie se in difficoltà o disagio; o conoscendo, in maniera più approfondita, le persone che faranno l’esperienza estiva con me; o conoscendo il luogo, gli usi, i costumi, le religioni, la situazione politica… del luogo; o confrontandosi con il capogruppo prima, durante e dopo, riconoscendolo come punto di riferimento; o coltivando un atteggiamento di umiltà e delicatezza, andando con spirito di comunione e di scambio di ricchezze. Ci è chiesto di entrare nella vita degli altri in punta di piedi, ascoltando, guardando, chiedendo e non giudicando il lavoro dei missionari. Al nostro ritorno la missione deve “restare in piedi” e a noi è chiesta una presenza positiva; o facendo prendere contatti dal capogruppo con la missione e, dove è possibile, partire con delle iniziative, attività, giochi… o visto che il viaggio è a carico del partente, cercando attraverso varie iniziative, sovvenzioni, fondi, per contribuire al costo del viaggio e lasciare una buona offerta alla missione per il nostro vitto, alloggio e spese varie.

- l’esperienza non è una vacanza

- l’esperienza non è fare di testa propria

- l’esperienza non è solo mia: essere volontari è uno stile di vita!

Il puzzle dell'esperienza estiva

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TI SEGNALIAMO INFINE

ALCUNI

PERICOLI

Alt allo scoraggiamento

Arriverai con molta voglia di comu-nicare. Ma la barriera della lingua ti farà sentire molto povero e talvolta anche ridicolo. Questa esperienza di povertà è un passo essenziale della missione.È una spoliazione di tutte le sicurez-ze del “primo mondo”. È ritornare bambini. È rinascere un’altra volta. Come un ricominciare da capo.

Alt alla superficialità

II triste panorama di una generaliz-zata, tragica e pur familiare povertà ti farà ribellare dentro. Sarai pure indotto a giudicare. Guarda molto e rifletti ancor di più. E soprattutto una regola d’oro per te:

non giudicare!

Alt alla facile compassione

Vedrai una infinità di poveri. E ne troverai tantissimi che ti chiederan-no cose, soldi, regali. Per loro tu sei uno straniero e quindi hai tutto e puoi tutto. Non regalare niente a nessuno. Fidati dei salesiani: essi sanno chi è veramente povero. E poi ogni aiuto deve avere una valenza educativa: aiutare questi nostri fratelli a pren-dere le loro responsabilità e essere protagonisti del loro sviluppo.

Alt al sentimentalismo e al consumo delle emozioni

La sperimenterai subito. Special-mente i bambini e i giovani sono di una affettuosità unica e spesso travolgente. È il loro grande valore e la loro grande risorsa. Ma tu non fermarti a questo. Faresti di questo mese un consumo di emozioni e non riusciresti ad andare più in profondi-tà. Ama veramente, profondamente e con cuore limpido. Come sapeva amare don Bosco. Vigila forte sui tuoi affetti. Non illudere e non illu-derti di nessuno o di nessuna. C’è un valore che i giovani devono impara-re da te:

la purezza e la castità del cuore

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Spirito con cui affrontare l’esperienza di

volontariato

A. Il volontariato come risposta etica ad una scelta antropologica, di fede, quindi come struttura di per-sonalità, come virtù interiore.

B. L’incontro con una cultura «al-tra» come riscoperta di se stessi, della radice più umana, della di-versità come ricchezza.

C. La promozione dell’uomo come condivisione delle problema-tiche, di tutte le problematiche, mie

e sue: scambio nella comunione.

D. Un discernimento fatto «insieme» per individuare gli obiettivi dello svilup-po, per determinare una gerarchia negli strumenti da usare.

E. L’annuncio della fede inteso come gioiosa comunicazione di una profonda speranza di vita, attuato vivendo con to-talità il «servizio», per amore gratuito.

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“Eccomi a casa!” Sono sta-te queste le prime parole che ho pronunciato quando sono ritornata in Madagascar per la seconda volta. Sono que-ste le parole che possono far capire la profondità del mio legame con questo paese. I miei nuovi amici mal-gasci, fin dalla prima volta in cui sono stata nella loro terra, mi hanno accolto consideran-domi una di loro, le porte delle loro case erano aperte per una mia visita, e le loro premure, perchè non mi sentissi a disagio in una nazione lontana, sono state sintomo del grande amo-re che questo popolo ha per il prossimo.Ancora oggi, a distanza di alcuni anni, il legame che mi ha unito ai giovani che ho incontrato continua ad essere vivo e molto forte. I contatti, pur nella difficol-tà della distanza, ci per-mettono di condividere le nostre esperienze e di es-sere presenti nelle rispet-tive vite.

Elisa

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Concludiamo:Grazie della tua venuta. Essa ci incoraggia e ci fa sentire vivo l’affetto delle nostre Ispettorie Salesiane di origine.

Noi siamo a tua disposizione affinché tu possa ripartire da qui con una fede più viva e con nel cuore una salutare inquietudine verso scelte più impegnative.

Questo può diventare per te l’inizio di un cammino veramente vo-cazionale. Volontari per un mese forse non basta. E se il Signore ti chiamasse ad essere “Volontario a vita?”.

Pensaci e prega!

Quella Parola deve diventare vera anche per te:

“Chi perderà la propria vita per me, la salverà” (Lc 9.23).

I Missionari Salesiani

- la sobrietà è liberarsi dalle nostre sovrastrutture, dall’apparenza per riscoprire ed essere se stessi.

- la sobrietà si impara: o ponendosi in modo aperto e curioso: non giudicando, ascoltando in modo partecipato, dimostrando un interesse vero. o essendo sobri nel modo di vestire e nel modo di fare. Non volendo essere al centro dell’attenzione ma aiutando gli animatori del posto ad essere protagonisti. o mettendo in gioco il proprio stile di vita, cercando di imparare qualcosa dalle persone che incontriamo e non per forza insegnando loro (cerchiamo lo scambio).

- la sobrietà nel concreto: o utilizziamo vestiti semplici, comodi, non appariscenti e in linea con le usanze del paese che ci accoglie. o viviamo di quello che offre la comunità che ci ospita. Non partiamo dal presupposto che “come in Italia non si mangia da nessuna altra parte” anzi cerchiamo di conoscere il paese in cui siamo anche dal cibo. (ovviamente evitando cose che possono far male!). o non sfoggiamo gioielli, cellulari, ipod, pc e quant’altro. Possono essere strumenti utili ma limitiamo l’utilizzo alla necessità del posto, portiamoli solo se possono realmente servire al gruppo e all’oratorio.

o utilizziamo in modo consapevole la macchina fotografica.

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La missionarietà, una dimensione per

realizzare la vocazione cristiana, una componen-

te indispensabile dell’animatore salesiano

Definizione dei termini

1 «Missione»Si riferisce alla persona, ha la sua origine nel Battesimo ed è compo-nente essenziale della spiritualità cristiana; si manifesta con scel-te vocazionali diverse, ma tutte orientate a testimoniare con la vita che Cristo è il Signore e solo in Lui c’è la salvezza. Il mandato viene da

Cristo.

1.1 Missione è formazione delle coscienze

Si ritiene definitivamente superato, o da superare, il concetto di missione ridotto al “partire”, ad “attività” per raccogliere e mandare oggetti o soldi, oppure anche all’invio di tecnici o operatori sociali senza riferimento all’evangelizzazione, all’accettazione rispettosa delle diverse culture, alla continuità di un rapporto di solidarietà che deve cambiare la nostra vita perché nasce dalla convinzione che «tutti siamo veramente responsabili di tutti».

19 anni, ragazza, cristiana, desiderosa di conoscenza del mondo e di Dio, ultrasensibile all’ingiustizia e alla sofferenza.Questa ragazza va a un meeting MGS, don Ferdinando Colombo parla alla folla e fa breccia: entra nel pensiero di lei la coscienza di voler contribuire in questo mondo meraviglioso, ma che ha sfaccetta-ture drammatiche; drammi creati da mani d’uomo e di donna dove solo altrettante mani d’uomo e di donna possono contribuire per contrastare e riparare. Mani che hanno un cuore battente. Per noi cristiani, un cuore che batte in Gesù e che in Gesù rico-nosce l’essenza della vera fratellanza, senza confini. Una fratellanza che non fa i conti con la carta di credito, mentre riconosce la pari dignità di ognuno.Il meeting continua con una testimo-nianza di un gruppo di amici gasa-tissimi dalla prima esperienza in Bolivia in missione: non ci sono ricordi delle loro parole, ma lu-cidi nella memoria rimangono i loro sorrisi vivi e l’entusiasmo. E quella ragazza cercava la vita.Ha cominciato il cammino: bus-sando alla porta di don Tiziano, accompagnata da don Graziano e don Danillo il percorso co-minciò con la Scuola di Mon-dialità.. Era il 1991. Il 1993 l’anno della mia prima esperienza in mis-sione. Due anni luminosi, scrit-ti nella memoria perché hanno contribuito a definire la mia vita.

Martina

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1.2 Missionarietà salesianaL’attributo della salesianità, riferito alla missione, si realizza attraverso la scelta dei destinatari: i giovani, i giovani poveri; dell’ambito educa-tivo, formativo, della globalità della problematica: tutto il mondo del giovane (l’oggi, educandolo nel profondo; e il domani, preparandolo ad un lavoro onesto).

2. L’Animazione MissionariaLa missionarietà è una dimensione costitutiva della Pastorale Giova-nile. L’ambito naturale e necessario dell’AM salesiana è la Pastorale Giovanile. O meglio la PG deve essere necessariamente connotata di missionarietà. L’AM non è una delle associazioni ma una componente senza la quale non può esistere una PG. Per questo è necessario lavora-re a stretto contatto con la PG perché la dimensione missionaria possa essere presente in maniera trasversale anche nelle altre associazioni salesiane.

Documenti della Chiesa che possono essere utilinell’approssimarsi alla missionarietà cristiana:

1. Evangelizzazione e testimonianza della carità2. Christifideles laici3. Redemptoris Missio4. Sollecitudo Rei Socialis

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A cosa serve pregare? ... A niente! Con tutto quello che abbiamo da fare in missione, tutti i problemi concreti da affrontare in oratorio, mettersi a pregare è davvero una perdita di tempo. E sappiamo quanto è prezioso il tempo. Meglio un’ora di più con i bimbi in oratorio, meglio stare con i compagni di missione a organizzare le attività!!Ma 15 minuti per pregare oggi no! Non mi serve e non ci riesco.

A cosa serve pregare? ... Mi fermo e penso…L’altro giorno è passato un amico che non vedevo da tanto tempo. Ha suonato inaspettato alla porta perché passava di qua e mi sono accorto che tra un caffè, i ricordi del passato e 4 risate è volata via un’ora o forse più. Quella visita non è servita a niente o meglio, non è servita a niente che mi aspettassi e avessi programmato. Ho perso tempo prezioso e mi sono trovato poi con le cose arretrate da finire, ma alla fine il mio volto e il suo erano più lumininosi. Forse è questo il senso della preghiera. Non serve a niente e sicuramente ci sono tante altre cose più impor-tanti che vengono prima. Ma senza preghiera il mio cuore si spegne. E allora a che serve fare tutto e avere tutto se ho il cuore spento? A niente!Quindi molto importante durante l’esperienza è la preghiera. Anche se non sei credente, non sei praticante o non sei abituato a pregare è molto importante questo mese viverlo a pieno: sforzati, prova a lasciarti guidare e affidarti a Lui… è un’occasione per provare e buttarsi!Scoprirai che è la sorgente della Forza. È la luce che ti illumina e ti fa andare in profondità. Prega insieme e prega da solo.

Quando penso alle esperienze fatte in missione, vivo è in me il ricordo dei momenti di preghiera con il gruppo e con i missionari, erano momenti nostri di intimità con Gesù, durante quei momenti trovavamo la forza per affrontare tutte le fatiche della giornata, Sono convinto che senza una grande fede in Cristo resa viva tramite la preghiera comunitaria, un missionario non riuscirebbe a rimanere in quei posti a volte in condizioni molto difficili, temperature che raggiungono i 50°, pericoli, crisi, momenti di sconforto: in Lui trovano la forza!

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Importante quindi la preghiera comunitaria possibilmente pregando con la comunità e con il gruppo. Tutto in linea con gli impegni e le attività della giornata, concordando tutti assieme le modalità!

Importante anche l’andare a Messa con la gente poiché diventa anche un’occasione di testimonianza.È molto importante anche la preghiera individuale, ritagliandosi del tempo nella giornata per il dialogo con Dio. Il volontariato è un periodo privi-legiato per approfondire la propria fede ed educazione alla preghiera: la lontananza dalle preoccupazioni di ogni giorno ci permette di staccare completamente e di avere tempo per riflettere e pregare. Ci aiuta molto in questo lo stretto contatto con la povertà e con un modo spesso diverso di vivere la fede da parte della popolazione che ci accoglie. Personalmente stando in missione ho riscoperto il valore del fermarmi per ringraziare Dio, o per pregare per un bambino con cui avevo parlato durante la giornata.…Fermarsi a pregare proprio come un pit stop (che significa, letteralmente, fermata al pozzo). Nella Formula 1 è il momento in cui i piloti effettuano una sosta per fare rifornimento, cambiare le gomme e tutto il resto.Spiritualmente abbiamo bisogno di effettuare i nostri pit stop con il Signo-re, cioè di prendere del tempo per stare alla sua presenza, pregare e ricaricarci per affrontare la vita quotidiana.

“E avvenne che egli si trovava in un certo luogo a pregare e, come ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: “Signore, insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”. Anche Gesù effettuava le sue fermate e i suoi rifornimenti. Sapeva che non poteva farcela da solo. Ma quel tempo, o al mattino o alla sera, era speciale e qualcosa accadeva nella sua vita.

Gesù faceva tante cose ogni giorno, e per di più tutte cose spirituali: predicava, insegnava, guariva gli ammalati… ma non per questo non pren-deva del tempo per stare in preghiera ed ascoltare il Padre. C’è qualcosa che riempie la nostra vita quando stiamo in preghiera, che niente può sostituire.E Gesù usciva da quei momenti di preghiera con una forza ed un entu-siasmo nuovi e le persone intorno a lui se ne accorgevano.

Infatti i discepoli gli chiedono di insegnare loro a pregare. Anche loro avevano bisogno di imparare a pregare nel modo giusto.

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Spiritualità missionariasalesiana

• Spiritualità del quotidiano

Il quotidiano dei paesi è il mio quotidiano (non si più vivere in isolamento) Lettura “spirituale” dei giornali e della televisione (lettura critica) Preghiera del/sul quotidiano Stile di austerità Santità quotidiana laicale (la vita diventa santa nella semplicità di ogni giorno)

• Spiritualità dell’ottimismo

Il messaggio della gioia dei poveri Semplicità produce gioia Gioia sprigiona ottimismo

• Spiritualità di amicizia con Gesù

Gesù è il primo missionario Gesù incarnato = inculturato Gesù = mi invia

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“All’inizio dell’anno pastorale il direttore del mio oratorio mi ha chiesto se per quell’anno mi sarei voluta im-pegnare nel gruppo missiona-rio e nella scuola di mondialità dell’ispettoria... in realtà non ci avevo mai pensato, ma visto che era importante una presen-za anche della nostra casa, ho accettato l’invito di don Marco. Per tutto l’anno ho seguito gli incontri “della mondialità” e mi si è aperto un mondo bellissimo, la mia mente e il mio cuore hanno viaggiato per il mondo in “lungo e in largo”grazie ai racconti di tut-te quelle persone che ci hanno ac-compagnato in quei mesi.Verso marzo don Marco mi ha chiesto “E allora... quando par-ti?” e io stupita “Per dove?”. Il tempo di pochi secondi e già avevo capito che mi chiedeva se alla formazione della scuo-la di mondialità avessi voluto dare una maggiore concre-tezza partendo per l’espe-rienza estiva. Senza pensarci troppo gli ho risposto di sì e nel giro di pochi mesi sono arrivata in Angola. Sono qui da pochi giorni e ancora mi sento tutta scombussolata, dal viaggio, dal caldo, dalla diversità di odori e colori, ma ho la certezza di essere nel posto giusto al momento giusto!

Annalisa

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• Spiritualità comunione ecclesiale

Chiesa che nasce e chiesa che annuncia (ricevere il messaggio di Gesù e condividerlo con gli altri) Reciprocità: chiesa particolare e chiesa universale Giovani con orizzonti mondiali

• Servizio responsabile

Gesù invita e invia (scelta vocazionale) Gesù chiama in forma personale e la risposta è personale Generosità = gioia Scelta di vita come laico missionario

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Siamo Salesiani, questo lo dimostriamo anche in terra di missione!

- animazione è capire la bellezza del mettersi al servizio per gli altri, senza bisogno di ricompense.

- animazione è CONOSCERE una realtà per poterla affrontare al meglio. o conoscere vuol dire avere competenza e professionalità per fare bene il proprio mestiere. o conoscere vuol dire prepararsi bene. o conoscere è avere ordine, anche esteriore perché questo è specchio di quello interiore.

- animazione è COMUNICARE perché siamo come messaggeri e allora: o fuori la simpatia che non è solo divertire, ma condividere la vita dei ragazzi o fuori la creatività, che vuol dire inventarsele tutte per arrivare alla meta o fuori il coinvolgere tutti perché ognuno dei ragazzi è importante o fuori il migliore mezzo di comunicazione che è l’esempio concreto che si dà con la propria vita

- animazione è COLLABORARE perché l’animatore non è mai un lupo solitario. Saper lavorare insieme è un’arte che si impara praticandola: cerchiamo di scoprire i pregi e non sempre solo i difetti degli altri!

- animazione è CUORE perché le cose si fanno bene solo se oltre al cervello c’è anche il cuore: ci vuole passione, ci vuole amore per animare tutti, per stare vicino ai più deboli, per evidenziare i valori di tutti senza fermarsi alla superficialità delle prime apparenze.

- animazione è CLIMA: gioia ed entusiasmo a nord, sorriso a sud, un senso di protezione e di accoglienza su tutta la penisola!

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Ma che sia un clima temperato: quello che si vive non è solo questione di un momento, è questione di uno stile di vita.

- animazione è cambiare i propri piani per mettersi a servizio perché può capitare di trovarsi a fare delle cose diverse da quelle preventivate cercando di non scoraggiarsi e dare la propria disponibilità al 100%.

- animazione è affiancare gli animatori del luogo durante il Grest o estate ragazzi inserendosi anche nelle squadre;

- animazione è suggerire giochi o attività;

- animazione è insegnare le nostre danze e imparare le loro;

- animazione è stare semplicemente con i bambini e gli animatori in cortile;

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Il periodo dell’esperienza

Se si è fatta una buona preparazione, si sono già messe le premesse per la buona riuscita dell’esperienza.Diamo ora alcuni suggerimenti perché si raggiungano gli scopi che ci eravamo proposti.

1. VITA COMUNITARIACondizione indispensabile perché si trascorra bene questo mese è l’affia-tamento con la comunità. Il vivere assieme, gomito a gomito, 24 ore su 24, per gente non abituata a una vita comunitaria, ognuno col suo caratte-re, la sua mentalità, i suoi difetti, non è una cosa facile. Nonostante ci si sia

preparati a questa convivenza, prospet-tando anche le difficoltà, l’impatto con la

realtà presenta sempre degli aspetti «inedi-ti».Si dovrà curare in modo particolare:

la «comunione»:• accettare (non «sopportare»!) l’altro, così com’è; accettare che sia diverso da me, che abbia un carattere diverso dal mio, gusti di-versi dai miei, idee diverse dalle mie, nel campo dell’opinabile; con i suoi difetti e i suoi limiti, come io ho i miei;

• avere sempre l’attenzione all’altro: pre-occuparsi delle sue esigenze, delle sue ne-cessità; essere sensibili e percepire i suoi stati d’animo; venire incontro ai suoi desi-deri, magari inespressi per timidezza;

E così, eccomi qua, che scen-do dall’aereo e metto piede sul suolo boliviano. E l’accoglienza è fredda, molto fredda… appena scesi dall’aereo in felpa e bermu-da pronti ad un ambiente tropicale ci accoglie il vento del Norte, fred-do e pungente, e una temperatura vicino allo zero. Mentre tiriamo fuori tutti i maglioni dalle valigie, ci rendiamo subito conto che tutto sarà diverso da come ci potevamo aspet-tare. Finito il tempo dei dubbi, delle attese, dei progetti… ora si tratta di vivere appieno l’esperienza, di aprire occhi orecchie e cuore per accoglier tutto quello che ci aspetta.Riusciremo a far capire che siamo ve-nuti qui per loro?

Mi faccio ancora le stesse domande e ne parlo con Padre Luis, il salesiano parroco del paese, che mi ascolta paziente mentre passeggiamo. Ripenso a tutto quello che ab-biamo fatto in questo mese, gli incontri con gli animatori dei di-versi villaggi, i corsi animatori, i giochi assieme con i bambini, le visite alle comunità sperdute nella foresta… di tutte le idee ed i progetti che avevamo prima di partire ne avremo realizzati un decimo, per il resto abbiamo im-provvisato o ci siamo fatti gui-dare dai giovani del luogo. Sono serviti i nostri interventi? Sono stati efficaci?

Padre Luis allora mi parla di “hermano” Severino, un sale-siano missionario da trent’anni a San Carlos ed un punto di rife-

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capirlo in certi momenti di cattivo umore, anteporre le necessità degli altri alle mie;

• essere in atteggiamento di servizio: non tirarsi indietro di fronte agli im-pegni; non addossare sempre agli altri le varie incombenze, i lavori da fare; dimostrarsi sempre disponibili con giovialità; andare incontro a chi ha più bisogno; alleviare il più possi-bile i pesi degli altri;

la serietà moralelo scopo della nostra presenza è di essere «testimoni della speranza». È il primo requisito per «evange-lizzare».

2. VITA CRISTIANASi dia la dovuta importanza alla preghiera (in modo particolare alla Santa Messa), alla riflessione comu-nitaria, alla presenza nel gruppo del sacerdote, all’impegno di evangelizza-zione.

la preghieraÈ l’indispensabile sostegno per chi voglia vivere una vita di fede. Ancor più neces-saria quando ci si trova a vivere in situa-zioni difficili, nelle quali sono possibili momenti di sconforto, di crisi. Si dovrà curare:

• la preghiera comunitaria: la nostra piccola comunità deve esprimersi, come tale, anche in un rapporto con il Signo-re: «Dove sono due o più riuniti nel mio

rimento per tutti gli abitanti del paese. Ogni giorno alle cinque lui stacca dai mille lavori che sta facendo e va a sedersi nella panchina della piazza. La gente

lo sa, si avvicina, saluta, chiac-chiera e racconta. Sanno che lui è la per loro, per ascoltarli! E

questo è molto più importante di tutto quello che ha costruito in tanti anni!

Parlando ci sediamo come sempre sul muretto dell’oratorio, vicino ad un gruppo di bambini. Gabriellita ha otto anni e sta spulciando i capelli al fratellino e, quando ha finito, inizia ad esaminare anche i miei. Rido dicendo che dovrei proprio farmi una doccia. Allora padre Luis mi fa notare che quello è un gesto che si fa tra parenti e amici, non con gli estranei… “Vedi - mi dice - non è tanto importante quello che avete fatto in questo mese, quanto quello che siete e come vi siete rapportati con i giovani di qui… se Gabriellita ti sta spulciando è perché ti ha accolto come uno di famiglia!”

Roberto

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nome, io sono in mezzo a loro». Le modalità e i tempi dovranno essere decisi in base agli impegni, alle attività, all’impostazione della giornata.

• la preghiera individuale: ognuno dovrà ritagliarsi un certo tempo nella giornata per il suo dialogo con Dio.

la riflessione comunitariaOgni impegno serio nella vita di un uomo, se vuole essere portato avanti nel modo giusto, deve essere accompagnato dalla riflessione. Più è importante l’impegno, più è necessaria la riflessione. Il volontariato raggiungerà gli sco-pi prefissi se periodicamente verrà sottoposto a una verifica, da parte di tutta la comunità: perché stiamo facendo questa esperienza? Stiamo andando bene cosi? C’è qualche cosa da rettificare, da togliere, da aggiungere? È utile la no-stra presenza qui? Stiamo ottenendo gli effetti desiderati? Cosa abbiamo im-parato oggi? Quali sono le cause della povertà che abbiamo sotto gli occhi? Quali sono le necessità che abbiamo rilevato? Quale può essere qui il ruolo del volontario a lungo termine? Come potremmo contribuire allo sviluppo di questo paese? Come possiamo riportare nella nostra cultura le suggestioni avute qui? Quale incidenza sta avendo questa esperienza nella mia vita?

l’impegno di evangelizzazione«Il laico cristiano è evangelizzatore perchè testimonia con fatti concreti la speranza e la fede che sono nel suo cuore».Realizzerà questo impegno di evangelizzazione con:

• la testimonianza: «la prima forma di evangelizzazione è la testimonianza» (Redemptoris Missio, n.42). Essa «rende visibile un modo nuovo di compor-tarsi». «Tutti nella chiesa, sforzandosi di imitare il divino Maestro, possono e debbono dare questa testimonianza, che in molti casi è l’unico modo possi-bile di essere missionari».

• la catechesi: dove la conoscenza della lingua lo consente, si potrà fare di-rettamente, nell’ambito di un’animazione di ragazzi e giovani. Negli altri casi ci si servirà, come interpreti, di catechisti locali.Avrà una sua giustificazione solo se sarà qualche cosa di «speciale», se avrà carattere di «novità»; altrimenti che senso ha fare una cosa che può fare molto meglio, come tutto il resto dell’anno, il catechista locale? Qualche esempio: racconti biblici «vivacizzati», scenette preparate con loro su qualche episodio del Vangelo, presentazione, con diapositive, di vite di santi... Un altro modo, con i più grandi, potrà essere il dibattito su qualche problema importante,

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portando l’esperienza del proprio paese.Una catechesi «spicciola», molto efficace, sarà quella di parlare coi giovani, esprimendo con semplicità il proprio modo di vedere sui problemi comuni (fede, famiglia, ragazze, fidanzamento, matrimonio, rapporti sessuali, pratica religiosa, impegni sociali...).

3. ATTIVITÀi rapporti umani

È uno degli impegni che maggiormente contribuisce alla buona riuscita dell’esperienza, al raggiungimento degli scopi prefissi. Sono da curare i rap-porti:

• con il missionarioBisogna esigere da lui che dedichi una parte del suo tempo al giovane in missione. Gli si chiederà: quali sono i suoi problemi, le sue difficoltà, quali le necessità della gente, la loro mentalità, usi e costumi, rispondenza all’opera del missionario, pratica religiosa, moralità, rapporti con altre fedi, ecc.

• con la genteOccorre stare più che si può con la gente, parlare con loro, cercare di capire la loro mentalità, informarsi sulla loro vita, sui loro problemi più assillanti, ascoltare le loro storie, imparare le loro tecniche, parlare dei nostri paesi, spiegare perchè si è voluto passare un mese con loro.

• con la realtà socialeSi cercherà di fare visite mirate a scuole, ospedali, dispensari, lebbrosari, piantagioni, industrie, miniere, zone particolarmente povere, comunità reli-giose e monacali, altri volontari.

• con le autoritàSaranno utilissime le interviste (non necessariamente a modo giornalistico, con taccuino o registratore, ma sempre ben preparate in antecedenza con do-mande precise) al Vescovo, al capo della comunità, ai direttori delle scuole, agli insegnanti, al personale degli ospedali, a industriali sia del posto che stranieri, a proprietari terrieri, ecc. Il tutto mirato a una conoscenza più ap-profondita dell’ambiente e della situazione della gente.

gli interventi tecniciIn alcune situazioni e se qualche giovane possiede competenze specifiche, si potranno effettuare piccoli interventi tecnici a beneficio della gente o della missione. Ad es.: tinteggiatura di ambienti, impianti elettrici, scavi per tuba-ture, pulizie, sistemazione cortili, costruzione di piccoli arnesi.

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- essere gruppo significa: vivere con persone con le quali si condivide OGNI COSA per un periodo, si mangia assieme, si dorme assieme, si lavora assieme, ci si diverte insieme e si discute assieme.

- essere gruppo significa: rapportarsi continuamente e confrontarsi anche quando si hanno idee e opinioni differenti. Convivere con una persona per una settimana è bello, ma poi arrivano i problemi, le incomprensioni e le discussioni... come in ogni famiglia.

- essere gruppo significa: superare il proprio desiderio di “essere solitario” e condividere con gli altri la propria esperienza, i propri sentimenti.

- essere gruppo significa: avere pazienza, comprensione e come in ogni cosa “AMORE”, nel senso cristiano del termine (carità).

- essere gruppo significa: comportarsi da tale: siamo tutti una cosa sola, inutile quindi portarsi 1000 macchinette fotografiche ed ottenere l’effetto “giapponesi a Venezia”: ciò che andiamo a vedere non è una “attrazio one da circo”, i ricordi più belli e profondi saranno tatuati nel nostro cuore anche senza macchina fotografica. Basta 1 “fotoreporter” in un gruppo ben organizzato.

- essere gruppo significa: aiutarsi, tutti possono avere un momento di debolezza, volersi chiudere in un proprio limbo, isolarsi, soprattutto dopo aver visto ciò che vedremo: dobbiamo aiutarci e affiancarci per superare questi momenti.

- partire in gruppo significa: essere visti e accolti come gruppo: il nostro operato non è l’operato del singolo, ma è l’operato del gruppo, spesso “degli italiani” in senso generico. Ciò che facciamo e come ci comportiamo verrà quindi ricordato come opera di tutti.

- un gruppo organizzato è una forza: ci si aiuta, e si producono risultati assieme se funziona e se non funziona dipende solo da noi. Ciò che otteniamo da un’esperienza di gruppo vissuta bene è mille volte più fruttifero di un’esperienza solitaria perché alla fine ciò che più vale nel nostro cammino sono i rapporti con le persone: le amicizie ne escono rinforzate, gli amori diventano veri e profondi, e il nostro modo di vedere le cose cambia.

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Incontro con l’uomo neiPaesi in Via di Sviluppo

Scelte salesiane

1. Quando ci si trova in questi paesi con infiniti problemi non ci si deve lasciar tentare dalla voglia di affrontarli tutti; è un sentimento di onnipotenza a cui suc-cede poi la frustrazione più distruttiva: è necessario scegliere e quindi avere un criterio di scelta, consapevoli che noi siamo un seme di speranza e una tessera del mosaico; ma anche ciascu-na delle persone che incontriamo è un piccolo seme, molto prezioso.

2. Un primo criterio di scelta è di non considerare la persona che abbiamo davanti semplicemente e principal-mente un «tubo digerente», ma inve-

ce partire dallo Spirito che è in lei, che la rende capace di sorridere, di stringerti

la mano, di continuare a vivere e a lottare anche con la pancia vuota. Mi sembra che

questo sia un profondo rispetto per la dignità della persona.Se la persona è anzitutto e fondamentalmen-te Spirito, le scelte salesiane devono mirare a questo e orientare a questo ogni altro in-tervento. Per questo l’oratorio-centro giovanile è e re-starà l’opera principe, purché non sia inteso come attivismo fine a se stesso. L’oratorio salesiano deve essere lo spazio umano in cui cresce lo spirito. A fianco delle scuole professionali ci vuole un don Bosco che ti sorride e ti riempie di gioia anche se sei a piedi nudi e sbrindellato.

Quel che mi resta delle tre espe-rienze estive in Bolivia è essen-zialmente il ricordo di una bella vita di gruppo.Ci si è sempre preparati e si è cer-cato di vivere quell’intenso mese appunto come gruppo di persone, ognuno con il proprio carattere, provenienza, età…Devo dire che l’esperienza vissuta era tale e significativa perché impo-stata come gruppo. Ho vissuto ognu-no dei tre mesi sempre con persone diverse, ma il tempo è sempre stato arricchente e positivo, perché il tutto era appunto impostato e vissuto come gruppo.Nel gruppo ognuno manifesta comun-que il proprio carattere e le proprie ca-pacità, messe a disposizione degli altri: chi sa un po’ più della lingua (e aiuta così gli altri), chi è bravo nell’anima-zione (bans, canto, giochi…) e così trascina anche chi è più goffo o non ha fantasia, chi è più espansivo e chi è invece più per il dialogo a tu per tu, chi ha più energie e chi si stanca prima… Devo dire che queste diversità, condivise, han-no reso felicissima l’esperienza.L’esperienza comunitaria, che è tipica dei gemellaggi come MGS nelle missioni salesiane, è cer-tamente positiva quindi, ma va preparata, voluta, assimilata da parte di tutti. Devo dire che chi non ha la disponibilità a metter-si un minimo in gioco per vivere il tutto come gruppo, forse non è “portato” a questo tipo di espe-rienza...

Marco

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Tra i poveri non si può trasformare l’oratorio in scuola di lavoro a basso livello con la motivazione che devono guadagnarsi da mangiare. L’oratorio deve essere il luogo dove, nella socializzazione, le legittime esigenze dello sviluppo fisico, delle espressioni atletiche, del divertimento, della musica, del teatro, della danza, del gioco, della socialità, dell’incontro tra uomo e donna, della progettazione matrimoniale, trovano uno spazio autenticamente umano e cristiano.

Da qui l’importanza della presenza continua degli educato-ri, di modelli di identificazione (sia ideali come la figura dei santi, sia in carne ed ossa come la figura dei volontari). L’associazionismo come possibilità di rapporto tra persone che si incontrano costantemente e con problematiche omogenee, con un progetto educativo, tappe, verifiche.3. Un secondo criterio di scelta è di considerare quale scambio umano è possibile tra me e la persona che mi sta davanti, tra i valori che io possiedo,

i doni che mi sono stati dati e quelli del mio interlocutore. Questo esige che io abbia approfondito la mia identità, il mio ruolo. Poiché faccio parte di una comunità, debbo conoscere la mia matrice, e decidere il mio ruolo per-

sonale in una strategia d’insieme. Inoltre richiede una profonda stima dell’altro come persona da ascoltare, da accettare comunque, da va-lorizzare; questo sentimento non è spontaneo, va coltivato, verificato, fatto

crescere: nel linguaggio cristiano serio si chiama umilta’:

• La stima dell’altro corrisponde alla valorizzazione delle ricchezze (anche piccole piccole) dell’altro perché si senta amato (Bartolomeo Garelli: sai fischiare?). Corrisponde alla valorizzazione della cultura locale, alla responsabilizzazione anche quando sappiamo che ci saranno notevoli sconfitte, alla pazienza di attendere i tempi di maturazione secondo i loro ritmi e non con la fretta occidentale. Ma è chiaro allora che l’educatore deve cercare i motivi della sua serenità e la forza della donazione nell’amore che nasce dalla fede, non nell’efficienza delle realizzazioni, nella attuazione pronta dei suoi schemi. L’arte di educare i poveri è più simile alla

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crescita di un bimbo che al funzionamento di una catena di montaggio. Davanti a queste riflessioni si può comprendere quale equilibrio umano sia richiesto a un educatore e a un giovane in missione in particolare. Si può capire come sia limitato il periodo di due anni proposto ai volontari e quanto importante diventa un progetto comunitario che superi i singoli componenti e anche l’eventuale mobilità delle persone. • Dobbiamo avere sempre il coraggio di caratterizzare salesianamente la nostra presenza. Scegliere i giovani, la loro crescita, e investire tutte le energie sul loro futuro nel senso più completo possibile: la formazione umana e cristiana, le scuole professionali e la catechesi, la vita in tutte le sue manifestazioni comprese la gioia e il tempo libero. Non vuol dire scartare gli adulti, ma certo vuol dire che noi non dobbiamo sostituirci a ogni tipo di compito della struttura civile. Ogni volta che vogliamo abbracciare tutto, oltre a non riuscirci, dequalifichiamo il nostro servizio.

Il nostro intervento sarà sempre una goccia nell’oceano, ma la differenza tra un servizio qualificato e quello generico è paragonabile ad una piccola manciata di sale che dà sapore a tutta la pentola di contro ad acqua che si aggiunge ad acqua. I salesiani non sono truppe di assalto o il pronto soccorso d’emergenza; sono agenti creatori di strutture stabili nel settore dell’educa-zione, destinate a durare nel tempo e a trasformarle.

4. Un terzo criterio di scelta: siamo portatori della speranza cristiana. È la Comunità Salesiana arricchita dai singoli confratelli con la loro «varietà» che diventa segno credibile di Cristo presente per salva-re. Puntare sulla comunità e investire energia in questa direzione è fare chiesa e preparare il futuro della presenza salesiana.

5. Per questo dobbiamo mantenere il ponte umano costituito dai gruppi di giovani che provenendo dai nostri ambienti educativi vengono per fare un

mese di «esercizi spirituali» di nuova concezione, guidati da un salesiano che come direttore spirituale li accompagna, ammaestrati dalla comunità salesiana missionaria che li aiuta ad aprire gli occhi sul significato della loro vita.

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- accoglienza è: "sentirsi a casa propria". Quando noi andiamo a casa di qualcun altro ci sentiamo accolti se l'altra persona ci stringe la mano, ci offre un caffè, ci fa mettere comodi.

- accoglienza è: capacità di accogliere e essere accolti; è comprensione, valorizzazione della persona,

abbandono di pregiudizi.

- accoglienza è: un atteggiamento di fraterna intesa, sincera e sentita amicizia, di profonda solidarietà. Modi di pensare e di fare che non si fermano alla prima impressione.

- accoglienza è: esercitare l'amore cristiano nell'accettare, ascoltare, tollerare l'altro, anche se diverso, rispettarlo, accoglierlo nella nostra vita prima che in una "giornata di animazione".

- accoglienza è: il giusto modo di far sentire gli altri sicuri, rilassati e far capire loro che si è un gruppo che è lì per condividere la quotidianità.

- accoglienza è: mettersi a disposizione e coinvolgere le persone che andiamo a visitare al fine di collaborare ad una buona riuscita del Grest o delle attività in oratorio.

- accoglienza è: avere uno spirito di carità nell'anima. Un'accoglienza in Gesù. Quello deve essere il faro. Noi al loro servizio per accogliere in noi i loro problemi per una comunione più profonda.

- accoglienza è: accettare con umiltà le reazioni più o meno calorose che si possono ricevere al nostro arrivo. Solo con un atteggiamento umile si riescono ad instaurare rapporti importanti, ad abbattere barriere per valorizzare l'altra persona.

- accoglienza non è: dire semplicemente "prepariamo l'inizio di giornata con questi bans o quei giochi".

- accoglienza non è: partire con un atteggiamento da "salvatori" del mondo per comandare in casa loro.

Questa accoglienza diventa partecipazione alla loro vita e ci permette di "stare con la gente": capire la loro mentalità, i loro problemi quotidiani, ascoltare le loro storie, parlare dell'Italia, e soprattutto spiegare perché si è voluto passare un mese con loro.

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Comunicazionedell’esperienza

1. A CHI - comunità di partenza (ispettoria, educatori, casa salesiana, parrocchia, oratorio, scuola, gruppi...) - ambiente sociale (mass media, TV, radio, giornali, insegnanti scuole, circoli)

2. CHE COSA - valori oggettivi (ricchezze culturali del popolo visitato, arte, folklore, spiritualità, ricchezze comportamentali delle singole categorie, lavoro, famiglia, maternità, dati statistici, prospettive di

futuro) - valori soggettivi (revisione del

prorio quadro dei valori, progetti di vita, giudizio sulle scelte esistenziali, rapporti interpersonali nel gruppo, con i missionari, con la gente, con qualcuno in particolare)

3. COME - in gruppo come appartenente ad un «progetto» - individualmente

4. QUALI STRUMENTI - campi-scuola, serate, mostre, mercatini, bacheche, giornali, riviste, proiezioni, conferenze

Le varie esperienze estive che ho vissuto sono state tutte uniche in se, ma anche simili.Uniche perché fatte ogni volta con persone diverse o quasi e perché le esperienze umane vissute erano nuove ogni volta.Simili perché la forza che mi spingeva a questo era la voglia di condividere come diceva, don Zuppini, quello che di più impor-tante era per me e cioè Gesù.Ricordo con emozione in Ma-dagascar la volta in cui volevo pregare in malgascio assieme agli animatori e biascicavo a mal a pena il segno della croce e l’Ave Maria, e la grande emozione provata sentendo invece accanto a me un animatore malgascio che pregava il Padre Nostro in perfetto italiano.Quello che mi sono portato a casa sono i volti, le storie, la vita di questi giovani che abbiamo incontrato e la fede che abbiamo condiviso e questo mi ha fatto capire che un mese non bastava, dovevo e volevo fare di più ed è grazie a questo che poi sono partito per un’espe-rienza a lungo termine che con le dovute differenze mi ha permesso di arricchire la mia fede e la mia attenzione verso gli ultimi.

Francesco

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Verificadell’esperienza

1. ITINERARIO FORMATIVOLa riflessione è rivolta a persone che fan-no l’esperienza in gruppo, dopo un’op-portuna preparazione, consapevoli di vivere un momento importante della loro vita e convinti che l’esperienza ha come scopo la maturazione delle per-sone che la compiono (senza negare altri valori).

È necessario quindi prendere in con-siderazione il proprio cammino spi-rituale fatto di «intenzionalità e co-scienza» e verificare:

* se mi sono reso conto di

avere una vita spirituale

* se ho coscienza di dover curare lo spirito almeno

quanto si cura il corpo* verso quale obiettivo finale mi muovo* che tipo di tappa intermedia rappresenta questa esperienza estiva in missione

2. PERICOLI

* pericolo di collezionare esperienze senza lasciarsene catturare, di vivere con delle persone senza coinvolgersi: esperienze e persone sembrano intercambiabili come le suppellettili di un appartamento; al centro, in tragica solitudine, solo il mio «io».

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“Tornare a casa e accor-gersi di essere cambiati.

Tornare a casa e capire che niente sarà più come prima.

Tornare a casa e deci-dere che l’amore ricevu-to nel mese di esperienza estiva deve trasformarsi in scelte concrete e radicali.

Tornare a casa e cercare di ri-portare a familiare e amici il vissuto dell’esperienza: le sen-sazioni e i sentimenti, le gioie e le difficoltà, le cose insegna-te e ciò che è stato imparato.

Tornare a casa e arrab-biarsi con coloro che non hanno orecchie per ascoltare il mio racconto.

Tornare a casa e avere sem-pre in mente i volti e i sor-risi dei giovani incontrati.

Tornare a casa e rin-graziare il Signore per aver potuto vivere un mese così fantastico!

Giovanni

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* pericolo di cercare un ambiente meno impegnativo perché meno complesso, almeno per noi ricchi; un ambiente che ci permette di vivere da protagonisti anche per la brevità della esperienza; meno impegnativo perchè i progetti riguardano cose da fare e non i rapporti umani, prolungati quanto una vita.

* pericolo di nascondere con l’attivismo esteriore la decisione di non cambiare il nostro stile della vita: faccio buone azioni, ma

non mi preoccupo di «essere buono».

* pericolo di credere di migliorare se stessi facendo cose, svolgendo attività, senza intervenire su valori, giudizi, atteggiamenti della propria vita e di quella del gruppo.

3. VERIFICA

* verificare quali nuovi valori (o quali vecchi valori ma con peso nuovo) mi trovo nel cuore dopo l’esperienza: austerità di vita, fedeltà alle persone, ricerca dei rapporti interpersonali al di sopra di tutto, spirito di servizio, diversità come ricchezza, ottimismo, fede come coraggio di fidarsi di Dio, comunità come ambiente in cui costruire rapporti ispirati dalla fede, chiesa come speranza per ogni popolo, per ogni persona.

* verificare gli atteggiamenti che siamo riusciti a vivere costantemente dopo l’esperienza: uso dei soldi, uso del tempo, rispetto delle persone, coraggio nello stare con persone portatrici di problemi di cui non si intravvede la soluzione, abbattimento dell’orgoglio-protagonismo, collaborazione nel lavoro, non dare giudizi, non lamentarsi, pregare, partecipazione alla vita della comunità cristiana, scelta delle informazioni, scelta dei media, impegno di testimoniare la fede.

* progettare la vita, a partire dall’esperienza fatta, con

obiettivi molto definiti, sia nella meta finale, sia nelle tappe di ogni giorno. Valutare con realismo il costo di questa

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operazione di conversione e il tipo di persona e di vita che ne risulta.

* collocare le scelte professionali e quelle di adempimento vocazionale (matrimonio, vita consacrata, servizio) allo interno di questo obiettivo globale.

4. TAPPE IN PROGRESSIONE

Affrontiamo il problema della ripetitività dell’esperienza estiva in missione con questa impostazione legata alla maturazione della persona.La prima volta è il necessario contatto con una realtà sconosciuta che obbliga a misurare la propria vita e le proprie scelte con criteri nuovi; se nell’espe-rienza mancasse la componente della vita di fede, mancherebbe la luce per capire, la forza per convertirsi. Se manca il sacerdote guida e la mediazione del gruppo, si rischia di essere abbagliati da qualcosa che emoziona o dall’in-sorgere di sentimenti legittimi, ma troppo settoriali (commozione per i bam-bini, senso di pietà, desiderio di donare gli oggetti, senso di colpa per i nostri beni, per il nostro cibo...).La seconda volta potrebbe aver senso se devo rendere un servizio alla crescita di altri “novizi”: fare da capogruppo. Oppure rendere un servizio professio-nale gratuito non disponibile nel paese dell’esperienza.La terza volta deve essere già una scelta vocazionale con un preciso pro-getto di inserimento nella realtà locale, di collaborazione con tutte le forze disponibili sul territorio ed in particolare con il missionario. Per noi credenti deve già essere preminente la coscienza di evangelizzare, di testimoniare il vangelo servendo l’uomo e la società. È una prospettiva che esige tempi più lunghi di riflessione e prepara in maniera precisa la scelta del volontariato a lungo termine o della presenza a tempo indeterminato come coppia o come consacrato. Ha un corrispettivo in Italia in una presenza sistematica a servizio di una realtà del territorio.

In sintesi l’esperienza estiva in missione puo’ e deve essere l’elemento che deter-mina una scelta nell’orientamento della vita: da una vita centrata su di se’ ad una vita a servizio dell’altro. Questo vale per ogni cultura, per ogni situazione vocazionale.

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Un impegno che crea una nuova mentalità

In sintonia con la missione salesiana e la spiritualità che la alimenta, il

volontariato salesiano si basa sui valori evangelici. Si impe-gna per un progetto di vita centrato sul servizio delle persone bisognose e della società umana in genere; promuove i diritti umani di ogni persona, partecipando agli sforzi per la solidarietà, la giustizia e la pace; e collabo-ra così allo sviluppo integrale dei popoli. Per i membri della chiesa esso è anche un invito a condividere la propria fede attraverso la loro testimo-nianza e il loro servizio. In questo modo il volontariato, anche se è una fase temporanea nella vita di una persona, crea una nuova mentalità, che trasforma progressivamen-te il modo concreto di affrontare la propria vita come impegno per la cre-azione di un mondo nuovo attraverso il servizio all’umanità bisognosa.

“Tale impegno diffuso costituisce per i giovani una scuola di vita che educa alla solidarietà e alla disponibilità a dare non semplicemente qualcosa, ma se stessi. All’anti-cultura della morte, che si esprime per esempio nella droga, si contrappone così l’amore che non cerca se stesso, ma che, proprio nella disponibilità a «perdere se stesso» per l’altro, si rivela come cultura della vita.”

Una visione vocazionale della vita come dono e come servizio

Il giovane in missione assume una visione vocazionale della vita, conce-

pita come un dono ricevuto gratuitamente e da condividere al servizio della pienezza di vita per tutti.Questa cultura vocazionale diventa una realtà vissuta quando il giovane acquisisce atteggiamenti e valori importanti: la difesa e la promozione del carattere sacro della vita umana; la fiducia in sé e nel prossimo; l’inte-riorità che permette di scoprire in sé e negli altri la presenza e l’azione di Dio; la disponibilità a sentirsi responsabile e a lasciarsi coinvolgere per il bene degli altri in atteggiamento di servizio e di gratuità; il

coraggio di sognare e desiderare in grande con audacia il bene degli altri.

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Questa visione deve svilupparsi durante la formazione dei volontari e deve ispirare i loro progetti e servizi in modo tale che l’esperienza di vo-lontariato non si riduca ad una parentesi, nel modo di affrontare la propria vita nella società e nella chiesa.

Atteggiamento di servizio disinteressato e di solidarietà

Il volontariato diventa una vera scuola di vita, soprattutto per i giovani. Contribuisce a educarli ad una cultura di solidarietà con gli altri, soprat-tutto i più bisognosi, nello spirito di accoglienza, apertura, e donogratuito di sé.

Esso costituisce un fattore peculiare di umanizzazione: grazie alle svariate forme di solidarietà e di servizio che promuove e concretiz-za, rende la società più attenta alla dignità della persona umana e alle sue molteplici aspettative.

Attraverso le attività intraprese, il giovane in missione perce-pisce che solo chi ama e si dona agli altri realizza pienamente se stesso/a come una creatura umana.

Ispirato dai valori della Spiritualità Salesiana

All’oratorio di Don Bosco i giovani e gli adulti collaboratori hanno avu-to l’esperienza di vivere e lavorare insieme con lui per l’educazione e

per la salvezza dei giovani. Tale “vissuto carismatico” e comunitario, nucleo della Spiritualità Salesiana, illumina il progetto di volontariato salesiano. Eccone alcune caratteristiche:• l’amore preferenziale per i giovani, specialmente i più poveri, come segno di un amore speciale di Dio per loro;• la pedagogia della bonta’, espressione di una carità concreta alla misura dei giovani, che suscita in loro corrispondenza di amore;• lo spirito di famiglia: uno stile di relazione umana serena e accogliente, che suscita una visione positiva di sé, costruisce un ambiente formativo stimolante, incoraggia il cammino di gruppo ed il protagonismo nel proprio impegno di crescita;

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• gli impegni del quotidiano come lo spazio di risposta alla propria vocazione umana e cristiana e il luogo nel quale collaboriamo a sviluppare la missione redentrice di Cristo e la trasformazione del mondo;

l’ottimismo e la gioia della vita: fiducia nella vittoria del bene, apertura ai valori umani presenti in tutte le persone, anche quelle più povere e carenti, la pedagogia della gioia e della festa.

Valori e atteggiamenti del volontariato salesiano

Il volontariato salesiano promuove alcuni valori e atteggiamenti di fondo che costituiscono il suo stile d’azione:

• Servizio disinteressato: come atteggiamento di dedizione di tutta la propria vita e della propria professionalità per la costruzione di un mondo migliore. Una persona si offre completamente senza badare al proprio guadagno e alle proprie convenienze per la realizzazione di un progetto di sviluppo umano. Il disinteresse consiste proprio nel centrare l’attenzione sui bisogni degli altri anziché sull’avanzamento personale.• Lo spirito comunitario: il giovane in missione mette generosamente le proprie doti e le qualità a servizio del progetto e della comunità in cui opera. Evita di lavorare individualmente o in modo isolato. È disponibile al dialogo e al confronto, alla programmazione e alla verifica, al lavoro in “équipe”. • Lo stile “oratoriano”: il giovane in missione esprime nell’azione un “cuore oratoriano” che sa stare con i ragazzi e farsi amare, spinge a fare il primo passo per condividerne la vita, crea un ambiente di famiglia che fonde, nel quotidiano, domande giovanili, esperienze di vita e cammino di fede. Accompagna i giovani in percorsi formativi pensati su loro misura e rispettosi della loro sensibilità. • Interculturalita’ e solidarieta’: con un’opzione chiara e

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preferenziale per gli ultimi, in particolare per i poveri ed emarginati, il giovane in missione si sforza di scoprire, rispettare, apprezzare e far apprezzare i valori della cultura in cui lavora, e di apprendere la lingua del luogo. Armonizza il coraggio della profezia con la pazienza dell’attesa. Evita gli estremismi e controlla la tendenza al dominio, che può nascondersi sotto le apparenze del servizio. • L’inserimento critico e responsabile nella realtà sociale nella quale lavora e nella pastorale della chiesa locale: il giovane in missione acquisisce una visione complessiva e critica della realtà sociale, contribuisce alla rimozione delle cause dell’ingiustizia, collabora nella costruzione del Regno di Dio e promuove i valori evangelici dell’amore, del servizio, del perdono, della condivisione fraterna, della fiducia nella bontà del Padre. S’impegna anche nella pastorale organica della chiesa locale, lavorando con gli altri organismi ecclesiali.

(da Il Volontariato nella Missione Salesiana, 2008)

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Page 22: del “piccolo” missionario salesiano · Sei qui per CONDIVIDERE La tua fede in Gesù Salvatore Se hai occhi attenti, ti accorgerai presto che dare a questo popolo il riso, le medicine,

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Il VIS è un Organismo di laici che si ispi-ra al carisma di Don Bosco ed affianca il tradizionale impegno educativo dei Sale-siani nella formazione integrale umana, scolastica e professionale di bambini e ragazzi.Il VIS è un Organismo Non Governati-vo nato nel 1986, riconosciuto idoneo dal Ministero degli Affari Esteri italiano e dall’Unione Europea a progettare e rea-lizzare interventi di sviluppo umano nei paesi poveri e di educazione allo sviluppo in Europa.

Nel 2009 ha ricevuto dal Consiglio Eco-nomico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) lo status consultivo speciale.

Il VIDES è una Organizzazione Non Gover-nativa voluta dalle Figlie di Maria Ausiliatrice per la promozione della donna, per interventi educativi a favore di bambini e giovani svan-taggiati, per la cooperazione nei paesi in via di sviluppo.

Crede nell’intuizione di Don Bosco e di Madre Mazzarello che sia possibile educare i giovani ad essere protagonisti della loro formazione e che questo sia un mezzo efficace per miglio-rare la società.