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Presentazione È toccante il concetto di Graal che Davide Fiscaletti introduce nel suo testo come connesso ad una visione unica del mondo. È l’esigenza di una visione unitaria, è un valore di sempre, di culture diverse e tempi diversi. Una visione unitaria che è un valore umano. Come Fiscaletti mostra, nella scienza questa esigenza è particolar- mente visibile e porta naturalmente in sé la necessità di andare verso una teoria di grande unificazione, che includa tutte le altre. Il libro di Davide Fiscaletti ci parla di immagini prima che di con- cetti. Immagini di una chiarezza limpida, immagini fluide che infon- dono alla trattazione razionale una lucidità vitale. Il suo concetto di universo atemporale che si autorigenera porta una sorpresa che scritta da un fisico mostra tutta la sua incisività. Sorprendente rimane come conseguenza il concetto di interazione gravitazionale, che diventa anch’essa atemporale. Da questa immagine nasce nel lettore un’intuizione particolarmente luminosa, nel momento in cui il concetto di massa è associato al concetto di densità di spazio cosmico. Queste immagini dischiudono tutto il vibrante di una scoperta, di una prospettiva che affascina. Ma il libro di Davide Fiscaletti porta a dei punti di svolta ancora più radicali. Ne abbiamo individuati tre.

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Presentazione

È toccante il concetto di Graal che Davide Fiscaletti introduce nel

suo testo come connesso ad una visione unica del mondo. È l’esigenza di una visione unitaria, è un valore di sempre, di culture diverse e tempi diversi.

Una visione unitaria che è un valore umano. Come Fiscaletti mostra, nella scienza questa esigenza è particolar-

mente visibile e porta naturalmente in sé la necessità di andare verso una teoria di grande unificazione, che includa tutte le altre.

Il libro di Davide Fiscaletti ci parla di immagini prima che di con-cetti. Immagini di una chiarezza limpida, immagini fluide che infon-dono alla trattazione razionale una lucidità vitale.

Il suo concetto di universo atemporale che si autorigenera porta una sorpresa che scritta da un fisico mostra tutta la sua incisività.

Sorprendente rimane come conseguenza il concetto di interazione gravitazionale, che diventa anch’essa atemporale. Da questa immagine nasce nel lettore un’intuizione particolarmente luminosa, nel momento in cui il concetto di massa è associato al concetto di densità di spazio cosmico.

Queste immagini dischiudono tutto il vibrante di una scoperta, di una prospettiva che affascina. Ma il libro di Davide Fiscaletti porta a dei punti di svolta ancora più radicali.

Ne abbiamo individuati tre.

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Il primo punto: una visione unitaria L’autore ha il pregio di aver proposto una straordinaria sintesi. Si

tratta di una visione unitaria ch’egli sviluppa principalmente su tre li-velli.

Il primo livello riguarda un cambiamento di prospettive nell’individuazione delle proprietà della materia e dello spazio-tempo proposte rispettivamente all’interno delle due grandi rivoluzioni della fisica del '900, la meccanica quantistica e le teorie della relatività. Se i rapporti standard tra materia, spazio e tempo fossero visibili su una scacchiera, Davide Fiscaletti sembra aver ruotato e trasformato questi rapporti. Egli crea continuità tra i concetti di spazio e materia e rico-nosce il tempo come flusso di movimento della materia.

Il secondo livello è un vero e proprio salto concettuale, che include e unifica dimensioni diverse: il mondo dell’infinitamente piccolo e il mondo dell’infinitamente grande. Fino ad ora è esistita la domanda: come si possono interfacciare le proprietà del mondo dell’infinitamente piccolo con il mondo macroscopico nel quale ordi-nariamente viviamo? Fiscaletti non risponde a tale domanda in termini di interfaccia, ma propone una visione globale che include le due di-mensioni in una visione unica più estesa.

Il terzo livello è l’unificazione fra la visione scientifica e il concetto di consapevolezza: tra scienza e coscienza.

La bellezza di questa sintesi si sviluppa come possibile evoluzione di elementi scientifici preesistenti, non dimentica di essi.

Con la chiarezza unica della sua visione, Fiscaletti immette la vita dentro concetti preesistenti che in sé potevano apparire statici. Nel continuum creato da questa visione si scorge il movimento.

Il secondo punto: una sola scala da materia a consapevolezza L’intuizione di Fiscaletti è che alla base di tutto vi è un elemento

essenziale che unifica spazio, tempo e materia, un’unità essenziale che individua la vita. Tale elemento è l’immagine di un quanto di spazio caratterizzato e associato ad una frequenza.

Il concetto “frequenza” associato ai quanti di spazio allinea l’occhio da cui è nato questo libro con occhi che hanno osservato il

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mondo da sempre. Allinea questa visione con le più antiche intuizioni che tutto ciò che esiste ha la natura di frequenza. La natura dei quanti di spazio sembra in armonia con le più poetiche immagini della più antica tradizione vedica e con la poesia dell’Upanishad. L’immagine dei quanti di spazio crea una visione così ampia che altre concezioni scientifiche e filosofiche possono trovarvi una naturale armonizzazio-ne.

È sorprendente la naturalità con cui i quanti di spazio siano associa-ti in questo libro al concetto di entropia: vi è una scala in cui ad un’estremità vi sono i quanti di spazio che vibrano a frequenze più basse, e che sono caratterizzati da entropia, dove viene individuata la materia. All’altro lato della scala vi sono i quanti di spazio che vibra-no alla frequenza fondamentale, privi di entropia e che individuano la consapevolezza, che è consapevolezza cosmica.

Nella visione d’avanguardia di Fiscaletti si crea una connessione di natura vitale fra l’arte delle scienze matematiche fisiche e naturali e l’arte delle scienze cognitive.

Il terzo punto: la consapevolezza è una proprietà dello spazio Attraverso il concetto di frequenza fondamentale di vibrazione co-

me proprietà fondamentale dello spazio cosmico, in questo libro la consapevolezza diventa espansione. E unitaria.

Essa è non solo unificata alla materia e allo spazio cosmico, ma prende una luminosità straordinaria nel momento in cui al lettore si apre la possibilità di vederla per la prima volta come una proprietà dello spazio.

In questa visione la consapevolezza umana è in sincronizzazione con la consapevolezza cosmica e quindi è insita in questa proprietà dello spazio.

Tali immagini creano una straordinaria non discontinuità fra l’umano e l’universale.

La visione presentata in questo libro è connessa anche con teorie del campo e della coscienza di autorevoli pensatori del nostro tempo come Ervin Laszlo.

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Qualità fondamentale di tutto il lavoro di Davide Fiscaletti è il suo partire dalla necessità unica di uomo di scienza di rivedere i fonda-menti delle principali teorie scientifiche del '900 e di proporre una vi-sione fondata su ipotesi assolutamente innovative e d’avanguardia, ri-gorosamente sviluppate nella sua personale ricerca attraverso il forma-lismo matematico.

Ma di proposito in questo libro l’autore ha scelto di esporre le sue prospettive senza utilizzare direttamente tale formalismo. La sua scrit-tura, mentre si sviluppa in una sorprendente linearità, è capace di por-tare e dischiudere mirabilmente un immenso ordine dinamico. Un or-dine dinamico che esprime l’armonia dell’interrelazione tra tutto.

Ci si trova innanzi ad una limpida chiarezza razionale compenetrata da una sconfinata portante vitale.

Anna Bacchia e Melisa Rossi

L’immagine scientifica del mondo influenza profondamente l’esperienza scientifica: «Vediamo ciò che pensiamo». L’approccio di Davide Fiscaletti integra vecchie divisioni tra “materia”, “spazio” ed “energia” con consapevolezza acuta e che distingue chiaramente tra il mondo e la sua immagine. Nella scienza il graal verrà trovato median-te un metodo sintetico di ricerca in cui la consapevolezza ha l’importante funzione di sorvegliare ed integrare l’approccio analitico della mente.

Amrit S. Sorli

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Introduzione

Uno dei grandi obiettivi della scienza fisica è quello di fornire una

descrizione matematica precisa e dettagliata del mondo della natura. La fisica può essere considerata la scienza fondamentale: nonostante il carattere astratto di molti temi e di molte leggi matematiche, riusci-remmo a vedere il quadro della realtà che le sue teorie comportano se potessimo in qualche maniera uscire da noi stessi. Nel suo tentativo di dipingere un’immagine coerente e comprensibile dell’universo, nel corso dei secoli la fisica ha portato alcune delle più grandi conquiste della mente umana e diverse importanti teorie d’immane bellezza ed eleganza. In particolare, i progressi ottenuti nel corso del '900 hanno permesso di arrivare a una comprensione profonda della costituzione della materia, del suo comportamento e della sua evoluzione.

Nel '900 sono state elaborate e sviluppate le tre teorie fondamentali che stanno alla base della moderna descrizione dei fenomeni fisici: re-latività ristretta (o speciale), relatività generale e meccanica quantisti-ca. Queste teorie hanno cambiato profondamente la comprensione e la spiegazione dei fenomeni che avvengono nell’universo, determinando sia rilevanti e significativi sviluppi in svariati settori della ricerca, sia problematiche implicazioni sul piano epistemologico.

La relatività speciale, pubblicata da Einstein nel 1905, è il capitolo della fisica che studia i fenomeni che avvengono a elevatissime velo-cità (velocità compatibili con la velocità di propagazione della luce nel vuoto, che è circa uguale a 300000 chilometri al secondo) all’interno dei sistemi di riferimento inerziali (cioè sistemi che si muovono di moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro e rispetto a un sistema in cui vale la legge di inerzia, ossia in cui un corpo non soggetto a for-

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ze permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme). Nel suo famoso articolo Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento, con-fidando nella teoria di Maxwell come teoria fondamentale della natura ed estendendo il principio di relatività galileiana (secondo cui i sistemi inerziali sono equivalenti nella formulazione delle leggi della mecca-nica) a tutte le leggi della fisica, Einstein mostrò che le coordinate del-lo spazio e del tempo (quando si considerano processi che si svolgono a velocità prossime alla velocità della luce) possono cambiare nel pas-saggio da un sistema di riferimento ad un altro e, quindi, che spazio e tempo non possono essere considerate come grandezze fisiche separa-te e indipendenti tra loro (contrariamente a quanto avviene nella con-cezione newtoniana del mondo, in cui spazio e tempo sono considera-te entità indipendenti ed assolute). Inoltre, la teoria della relatività speciale comporta che il campo non può essere considerato come un’entità che descrive le vibrazioni di un mezzo materiale, ma deve essere considerato seriamente come un costituente elementare della realtà.

La relatività generale, elaborata da Einstein nel 1915, è la teoria oggi universalmente accettata sull’interazione gravitazionale. In base a questa teoria, a differenza di quanto avviene nella fisica newtoniana, la gravità non viene vista come una forza bensì come una modifica della geometria del continuo spazio-temporale: la presenza di materia in una certa regione dello spazio-tempo determina delle modifiche nel-le proprietà geometriche di quella regione. In altre parole, con la sua teoria della relatività generale Einstein, innanzi tutto, mostrò che la gravità, per poter essere resa consistente con la relatività speciale, do-veva essere descritta da una teoria di campo e, successivamente, dopo aver determinato le equazioni che descrivono il comportamento del campo gravitazionale, trovò un risultato straordinario, vale a dire ap-punto che il campo gravitazionale che lui aveva appena introdotto e il background spazio-temporale introdotto da Newton 300 anni prima sono in realtà la stessa cosa. Pertanto, con la relatività generale, il tea-tro in cui avvengono i fenomeni naturali viene promosso ad attore at-tivo: nelle equazioni fisiche che descrivono il movimento degli oggetti c’è sempre l’influenza diretta del campo gravitazionale, e quindi dello spazio-tempo. Il campo gravitazionale determina le proprietà metriche delle cose in quanto esso entra direttamente nelle equazioni che de-

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scrivono il loro comportamento. Questo significa, per esempio, che ogni misura di lunghezza, di area o di volume è, in realtà, una misura delle caratteristiche del campo gravitazionale. Inoltre, se il background di Newton e il campo gravitazionale sono la stessa cosa, ne deriva che, nell’ambito della relatività generale, il mondo fisico può essere visto come un insieme di campi interagenti (di cui uno è il campo gravitazionale, che viene appunto identificato con la struttura metrica dello spazio-tempo) e la dinamica di ognuno di questi campi è totalmente relativa, nel senso che il moto può essere definito solo po-sizionando questi oggetti dinamici l’uno rispetto all’altro. Insomma, la relatività generale ci insegna che il background spazio-temporale è uno dei campi dinamici della natura (vale a dire il campo gravitaziona-le) e, quindi, il moto di un oggetto deve essere analizzato rispetto a un oggetto dinamico, cioè appunto il campo gravitazionale.

Poi, a partire dalla seconda metà degli anni '20, si è avuta la terza – e forse più significativa, sotto il profilo degli enigmi che ha posto nell’indagine della realtà - rivoluzione scientifica del '900, vale a dire la meccanica quantistica. In termini del tutto generali, possiamo dire che la meccanica quantistica costituisce sostanzialmente un’estensione della meccanica classica in modo da rendere conto delle proprietà dei sistemi atomici e subatomici, degli aspetti microscopici dell’interazione tra radiazione e materia. Nello studio di questi feno-meni è necessario tener conto di una nuova costante fondamentale del-la natura, vale a dire la costante di Planck (che invece assume un ruolo trascurabile nella meccanica classica). Questa teoria ha determinato molti cambiamenti nella descrizione del mondo della natura mostran-do, in particolare, che nella microfisica le varie grandezze (per esem-pio l’energia, il momento angolare) non hanno una distribuzione con-tinua, ma possono assumere solo un insieme discreto di valori, cioè sono quantizzate.

Con lo sviluppo di relatività speciale, relatività generale e meccani-ca quantistica, il dominio della fisica classica è diventato chiaro e ben definito: la fisica classica (comprendente quei due grandi pilastri co-stituiti dalla meccanica newtoniana e dall’elettromagnetismo di Ma-xwell) studia i fenomeni riguardanti il mondo macroscopico dell’esperienza quotidiana, fenomeni che si svolgono a velocità picco-le rispetto alla velocità della luce, in cui sono in gioco deboli e uni-

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formi campi gravitazionali e in cui la costante di Planck assume un va-lore trascurabile. In altre parole, si può dire che la fisica classica può essere ottenuta, in assenza di gravità, come il limite a cui tende la rela-tività speciale per velocità piccole rispetto alla velocità della luce, in presenza di gravità come il limite della relatività generale nel caso di deboli e uniformi campi gravitazionali e, infine, come il limite della meccanica quantistica quando la costante di Planck assume un valore trascurabile per il problema in esame. Al di fuori di questi ambiti la fi-sica classica non funziona ed è per questo che bisogna ricorrere alle teorie più generali, nel primo caso la relatività speciale, nel secondo caso la relatività generale e nel terzo caso la meccanica quantistica.

Fin dalla loro formulazione, relatività speciale, relatività generale e meccanica quantistica hanno incontrato enormi successi sul piano ap-plicativo e hanno ricevuto accuratissime conferme sperimentali. Molta della fisica del novecento riguarda l’esplorazione dei nuovi mondi a-perti da questi tre schemi teorici. In particolare, la meccanica quanti-stica ha ottenuto enormi successi sul piano predittivo e applicativo in tutti i settori della fisica, dal mondo dell’infinitamente piccolo (fisica nucleare, fisica dello stato solido e fisica delle particelle elementari) al mondo dell’infinitamente grande (astrofisica e cosmologia); la relati-vità ristretta ha ricevuto importanti conferme sperimentali soprattutto nell’ambito della fisica delle particelle elementari, delle alte energie e inoltre ha determinato il metodo secondo cui funziona il sistema orario mondiale; la relatività generale ha consentito essa stessa significativi sviluppi grazie ad astrofisica relativistica e cosmologia.

Ciononostante, queste teorie – la meccanica quantistica da una par-te, e la relatività ristretta e generale dall’altra - ci lasciano con un’immagine generale del mondo fisico sostanzialmente incompleta e frammentata. Infatti, da una parte, le immagini della realtà che ci ven-gono offerte dalla relatività ristretta e dalla relatività generale (e che stanno alla base della descrizione dello spazio-tempo, rispettivamente in assenza e in presenza della gravità) sono immagini precise e geome-triche, mentre dall’altra parte l’immagine della realtà che ci viene for-nita dalla meccanica quantistica (nello studio dei processi atomici e subatomici) risulta essere sostanzialmente probabilistica e indetermi-nistica. La strategia di ricorrere a due diverse immagini del mondo per studiare due diversi domini della realtà fisica (a meno che non si dà

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un’interpretazione strumentalistica alle teorie scientifiche, cioè si ri-tiene che esse siano solo formalismi matematici che hanno utili appli-cazioni, in particolare per la previsione dei risultati sperimentali) ap-pare chiaramente poco soddisfacente da un punto di vista concettuale. La tendenza all’unificazione che caratterizza da sempre la ricerca fisi-ca richiederebbe di avere un’unica immagine del mondo per descrive-re i diversi domini della natura. La ricerca di un quadro unitario tra re-latività e meccanica quantistica è pertanto diventato il sacro graal della fisica contemporanea.

Le tre teorie fondamentali del '900 hanno inoltre delle caratteristi-che, sul piano dei fondamenti, che determinano una rottura profonda con la fisica classica. Abbiamo già sottolineato le rivoluzioni che han-no portato relatività ristretta e relatività generale per quanto riguarda la visione dello spazio e del tempo. Gli enigmi posti dalla meccanica quantistica nello studio dei processi microscopici sono forse ancora più profondi e, allo stesso tempo, fecondi. Fin dalla sua nascita, la meccanica quantistica ha incontrato notevoli problemi interpretativi e ha dato luogo a un dibattito sui propri fondamenti, su quello che dice a proposito del mondo che, lontano dall’essersi esaurito, è ancora molto vivace. In primo luogo, con la meccanica quantistica ci troviamo per la prima volta di fronte a una teoria di carattere essenzialmente stati-stico: essa è strutturata in modo tale da prevedere le probabilità dei di-versi possibili risultati di una misura, ma non l’esito di un singolo atto di misura. C’è pertanto il problema di come interpretare un formali-smo matematico che, ad un primo esame, sembra radicalmente diverso da quello della fisica classica. In secondo luogo, gli esiti dei processi di misura sui sistemi microscopici risultano fondamentalmente aleato-ri e, nella struttura della meccanica quantistica, non si capisce cos’è che determina il carattere probabilistico di questi risultati sperimentali. Infine, nell’ambito della teoria quantistica, c’è il problema di rendere conto dell’oggettivazione delle proprietà macroscopiche, vale a dire di riprodurre il fatto che quando si effettua un’operazione di misura di una certa grandezza, si ottiene sempre un risultato determinato (per esempio che, in una misura di posizione, un sistema fisico viene sem-pre trovato in un punto definito dello spazio). In sintesi si può dire che la meccanica quantistica introduce strane regole per spiegare

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l’interazione tra il mondo macroscopico e il mondo microscopico e quindi per rendere conto di quello che succede nei processi di misura.

In questo libro, ripensando criticamente i fondamenti della fisica teorica, ci proponiamo di mostrare che è possibile fornire un’interessante interpretazione, alternativa rispetto a quella standard, sia del mondo dell’infinitamente grande sia del mondo dell’infinitamente piccolo e che, allo stesso tempo, è possibile aprire nuove prospettive nel campo della consapevolezza. A questo scopo in-trodurremo un approccio alternativo riguardo al teatro in cui avvengo-no i fenomeni naturali. Con le considerazioni che faremo in questo li-bro non pretendiamo certo di fornire una risposta esauriente e comple-ta ai vari enigmi che l’uomo si trova di fronte nell’indagine della natu-ra; l’obiettivo è piuttosto quello di suggerire una nuova maniera di ri-leggere la realtà, la quale è in grado di aprire nuovi scenari e orizzonti.

La nostra idea è che per poter ottenere progressi importanti nella ri-cerca scientifica non è sufficiente affaccendarsi con il formalismo ma-tematico, individuare le applicazioni delle teorie che si hanno a dispo-sizione, ma bisogna anche, e soprattutto, riflettere criticamente sui fondamenti delle diverse teorie. Come ha sottolineato giustamente Li-cata nel suo eccellente libro Osservando la sfinge, 1«una scienza inca-pace di ripensare criticamente i propri fondamenti e metodi e proporre nuove prospettive, è una scienza condannata a morte per esautoramen-to del proprio potenziale culturale». E’ vero che l’arrabattarsi con il formalismo matematico sia una parte innegabilmente legittima e per-fino necessaria della ricerca scientifica (si pensi appunto agli indiscu-tibili successi, sul piano applicativo, delle teorie di cui disponiamo, segnatamente relatività ristretta, relatività generale e meccanica quan-tistica); ma appunto non è nient’altro che una parte e, di conseguenza, è improbabile che essa dia risultati importanti in assenza di un tentati-vo coerente di comprendere il mondo. Una scienza che si limita solo a connettere un sempre più vasto numero di esperienze, che si propone solo di utilizzare i suoi schemi teorici come strumenti di calcolo nella predizione dei risultati sperimentali, non può essere considerata del tutto convincente. L’analisi dei fondamenti di ciascuna teoria è un passo indispensabile se vogliamo che la fisica sia una scienza feconda. 1 Licata (2003, 13).

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In questa opera di analisi critica dei fondamenti, un elemento fon-damentale è a nostro parere rappresentato dal quadro che le diverse te-orie ci propongono riguardo al teatro dei fenomeni naturali. Analiz-zando gli schemi teorici di cui disponiamo, si può d’altra parte notare che tutto lo sviluppo della fisica teorica può essere visto come un raf-finamento progressivo dei modelli di spazio e tempo. Nessuna legge fisica può essere espressa senza essere collocata in un’opportuna strut-tura spazio-temporale, cosa che ha stimolato più volte nella storia del-la fisica l’idea di un intimo legame tra i processi fisici e l’arena globa-le nella quale si manifestano.

Il primo importante modello di spazio e tempo è stato quello pro-posto da Newton all’interno della sua teoria dinamica. Nel suo fonda-mentale trattato Principia mathematica philosophia naturalis (1687), che segna in pratica l’inizio della fisica teorica nell’accezione moder-na, Newton sviluppò una nozione precisa di spazio, tempo e movi-mento che – nonostante molti miglioramenti che si sono avuti succes-sivamente – rimane sostanzialmente valida ancora oggi, nel senso che è molto vicina al modo in cui la maggior parte della gente, scienziati inclusi, si raffigurano questi concetti. Secondo il modello di Newton, tutti i moti avvengono all’interno di uno spazio infinito, immobile e assoluto: per Newton, cioè, lo spazio sarebbe un contenitore infinito che si estende ovunque all’interno del quale gli oggetti si possono muovere indisturbati. Anche il tempo newtoniano è assoluto: scorre in modo perfettamente uniforme per tutti gli osservatori senza riferirsi a nulla di esterno e quindi non c’è niente che può turbare il suo scorrere. Di conseguenza, per Newton l’estensione spazio-temporale ha una sua realtà oggettiva, spazio e tempo sono entità assolute, aventi una realtà fisica fondamentale e la loro esistenza è indipendente da quella della materia. L’opinione dell’uomo della strada è molto vicina a quella di Newton: l’uomo della strada è convinto che lo spazio non finisce mai e che il tempo è sempre esistito, anche prima della (presunta) origine dell’universo.

Il matematico e filosofo tedesco Leibniz, contemporaneo di Newton, aveva invece una visione opposta: riteneva che alla materia e alle sue proprietà dovesse essere assegnato un ruolo primario, mentre spazio e tempo dovevano avere soltanto la funzione puramente rela-

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zionale di teatro di coordinate. Leibniz sosteneva che spazio e tempo non potevano esistere come entità assolute.

Centocinquanta anni dopo il fisico austriaco Ernst Mach riportò in primo piano la questione dei fondamenti, interessandosi in particolare alla natura e ai metodi della scienza. La sua concezione filosofica ave-va degli elementi in comune soprattutto con le idee di David Hume, empirista scozzese del Settecento. Mach sosteneva che la scienza do-vesse occuparsi di cose naturalmente osservabili; per questo diffidava profondamente dei concetti di spazio e tempo assoluti invisibili (quali erano stati proposti da Newton). Nel 1883 pubblicò una celebre storia della meccanica, La meccanica nel suo sviluppo storico critico, che conteneva una critica significativa a tali concetti. In questo libro, Mach formulò la tesi rivoluzionaria secondo cui non è lo spazio, ma tutta la materia dell’universo a esercitare un’azione fisica naturale. Mentre secondo Newton il movimento inerziale aveva luogo nello spazio assoluto, Mach propose l’idea che la legge d’inerzia sia relativa alle stelle e non allo spazio. L’importante novità introdotta da Mach consiste nel fatto che devono esistere opportune leggi fisiche che go-vernano il modo in cui la materia lontana controlla i movimenti degli oggetti che ci circondano: in questa visione, ogni corpo dell’universo deve esercitare un’azione che dipende dalla sua massa e dalla distanza. La legge d’inerzia, in base alle idee di Mach, può allora essere inter-pretata come un movimento in relazione a una qualche media di tutte le masse dell’universo. Per questa idea di base Einstein coniò l’espressione principio di Mach, con la quale adesso è universalmente conosciuta.

Le idee di Mach sollevano dei dubbi riguardo al modo newtoniano, tuttora ben radicato, di considerare i meccanismi dell’universo. Il mo-dello newtoniano presenta un universo “atomizzato” in cui una struttu-ra fondamentale contenente spazio e tempo esiste prima di ogni altra cosa mentre la materia esiste come atomi, minuscole masse immutabi-li che si muovono nello spazio e nel tempo e ne governano il movi-mento. Tranne quando sono abbastanza vicini per poter interagire, gli atomi di Newton si muovono in modo indipendente l’uno dall’altro, percorrendo ciascuno una traiettoria rettilinea verso le infinite mete dello spazio assoluto. Le idee machiane invece propongono una visio-ne organica e olistica in cui l’universo può essere in pratica visto come

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un tutt’uno, nel senso che il movimento di un oggetto in una determi-nata regione viene a dipendere da tutta la materia presente nell’universo, e quindi anche dalle masse lontane.

Mettendo a confronto la visione di Newton e quella di Mach-Leibniz, una prima naturale considerazione che si può fare è che, no-nostante la legittimità delle critiche di Mach nei confronti dello spazio e del tempo intese come entità assolute, non c’è nessun motivo per ri-durre l’esperienza della struttura spazio-temporale ad un puro proble-ma di coordinate. La nozione di evento è certamente vuota senza ma-teria, come conseguenza del carattere uniforme dello spazio e del tem-po previsto dalla relatività ristretta, ma è anche vero che il concetto stesso di materia, classica o quantistica, non può darsi senza relazioni spazio-temporali. Diventa allora lecito chiedersi: come è possibile u-scire da questa situazione di impasse nell’interpretazione di materia e struttura spazio-temporale? Quale è il ruolo più opportuno, più appro-priato e consistente che deve essere attribuito a spazio, tempo e mate-ria nel contesto delle teorie fisiche? Per rispondere a questi interroga-tivi la ricerca dell’autore suggerisce una strada alternativa che è in grado di aprire interessanti orizzonti nella scienza. Questa strada alter-nativa consiste nel ricorrere alle due seguenti idee di base.

La prima idea fondamentale è la seguente. Osservando il mondo che ci circonda, possiamo desumere immediatamente che la nostra percezione dello spazio deriva dall’osservazione degli oggetti materia-li, che ci sono regioni in cui c’è più materia e regioni in cui c’è meno materia e che la materia stessa è dotata di movimenti. Sulla base di questa naturale constatazione ci sembra lecito suggerire che spazio e materia possano essere visti come aspetti diversi di un’unica forma di energia di tipo più fondamentale (d’altra parte, come vedremo nel ca-pitolo 2, ci sono diverse osservazioni astronomiche che sembrano cor-roborare questa visione).

In secondo luogo, prendendo in considerazione la struttura spazio-temporale e, in particolare, la natura del tempo, Mach ha fatto un’osservazione che non può essere in alcun modo criticata e che, di conseguenza, può rappresentare un importante punto di partenza verso una nuova interpretazione dei diversi fenomeni naturali. Sul tempo Mach scrisse: «Non siamo in grado di misurare i mutamenti delle cose rapportandoli al tempo. Al contrario il tempo è un’astrazione, alla qua-

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le arriviamo proprio attraverso la constatazione del mutamento». Que-sta considerazione di Mach è pienamente consistente con i fatti speri-mentali. Noi intendiamo partire proprio da questa considerazione per costruire un’arena alternativa in cui avvengono i fenomeni della natu-ra.

Il nostro secondo fondamentale punto di partenza riguardo al teatro in cui avvengono i fenomeni naturali è pertanto il seguente: l’idea che il tempo esiste solo cambiamento, che tempo e cambiamento rappre-sentano lo stesso fenomeno, l’idea che noi percepiamo il tempo solo come cambiamento, come movimento della materia in uno spazio co-smico atemporale. L’arena dell’universo, nell’ambito dell’interpretazione sviluppata in questo libro, è una struttura “spazio–materia” in cui il tempo esiste solo come flusso di cambiamenti, di movimenti materiali irreversibili che avvengono nello spazio.

A proposito del tempo, è opportuno precisare che dire che il tempo esiste come cambiamento non equivale a dire che il tempo non esiste affatto o, meglio, che è un’illusione. In questo senso, la nostra visione riguardo al teatro, all’arena dell’universo presenta alcune importanti differenze rispetto alla concezione proposta dal fisico inglese Julian Barbour nel suo bel libro La fine del tempo.

In questo suo libro, Barbour sostiene che la nuova rivoluzione fisi-ca potrebbe essere rappresentata dalla non esistenza del tempo, che la gravità quantistica – cioè l’unificazione tra relatività generale e mec-canica quantistica – potrebbe portare a un universo statico2. Barbour mette in rilievo che il tempo può essere rimosso dalle fondamenta del-la fisica e questa nuova rivoluzione fisica porterà a una nuova realtà in cui nulla si muove, neppure la Terra, e regna la staticità. Secondo le idee di Barbour, esiste un unico giocatore, l’universo, e i suoi costi-tuenti fondamentali sono le sue possibili configurazioni, cioè le possi-bili disposizioni di tutti gli oggetti. Queste configurazioni sono in nu-mero infinito e rappresentano i diversi istanti di tempo. Pertanto, per Barbour spazio e tempo sono entità fisiche superflue, nel senso che non c’è nessun contenitore: il mondo è fatto di oggetti che per così di-re navigano nel nulla, e sono proprio questi oggetti, le diverse confi-gurazioni dell’universo, gli istanti di tempo (per questi istanti di tempo 2 Cfr. Barbour (2000, 8-10).

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Barbour usa anche il termine “Adesso”). L’arena dell’universo sugge-rita da Barbour è insomma una “terra di Adesso” di natura completa-mente atemporale, in cui regna la staticità completa e il movimento stesso è un’illusione, in cui le cose vere sono le configurazioni possi-bili e complete dell’universo, gli Adesso immutabili.

La visione suggerita in questo libro è invece sottilmente diversa da quella di Barbour: pur concordando con Barbour sul fatto che il tempo esiste solo come cambiamento, qui non si sostiene che il tempo sia un’illusione, che nell’universo regni la staticità completa. In questo li-bro si suggerisce l’idea che esiste un continuo flusso di energia tra le sue due forme possibili (spazio e materia) e che i cambiamenti, i mo-vimenti della materia nello spazio fisico atemporale sono essi stessi il tempo. Il cambiamento, il movimento degli oggetti materiali, secondo la nostra visione non è un’illusione (come sembra suggerire Barbour), ma è qualcosa di reale e il tempo scandito dagli orologi non è altro che una misura della durata del movimento.

In definitiva, nell’analisi svolta in questo libro l’approccio alterna-tivo che viene utilizzato consiste nelle due seguenti idee: primo, spa-zio e materia costituiscono forme diverse di un’unica fondamentale energia e, secondo, sulla base della percezione elementare, il tempo non può essere considerato un’entità avente una realtà fisica primaria (cioè un’entità fisica che scorre da sé nell’universo, in modo indipen-dente) ma esiste solo come flusso di cambiamenti, di movimenti mate-riali irreversibili che avvengono in uno spazio atemporale. Partendo da queste idee ci proponiamo di mettere in rilievo le importanti conse-guenze che derivano nell’interpretazione del mondo della natura, con l’obiettivo di arrivare ad una rilettura unitaria di diversi fenomeni e diversi capitoli della fisica. L’analisi svolta in questo libro ci consenti-rà in questo modo di aprire interessanti prospettive verso una visione unitaria del mondo e, di conseguenza, ci permetterà di individuare una nuova strada nella ricerca del sacro graal della fisica. In particolare, nel capitolo 1 analizzeremo le caratteristiche dello spazio atemporale nell’ambito del nostro modello, illustreremo la nostra interpretazione atemporale della gravità e dell’elettromagnetismo classico. Nel capito-lo 2 verrà esaminata la visione cosmologica che deriva dalla nostra concezione del tempo nonché da alcune significative osservazioni a-stronomiche, vale a dire l’idea di un universo atemporale, in equilibrio

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dinamico permanente, che è in grado di rigenerarsi da solo. Il capitolo 3 è dedicato all’interpretazione delle particelle subatomiche e, quindi, ad una visione atemporale della meccanica quantistica. Nel capitolo 4 verranno analizzate le prospettive nel campo della consapevolezza e il ruolo dell’osservatore. Infine, nel capitolo 5 si mostrerà che, nella no-stra visione atemporale dell’universo, l’evoluzione della vita può esse-re interpretata come una parte consistente, una continuazione dell’evoluzione dell’universo.

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Capitolo I Spazio atemporale, gravitazione

ed elettromagnetismo In questo capitolo, dopo aver analizzato a grandi linee i lineamenti

della teoria di Newton della gravitazione universale, i contributi di Einstein riguardo alla descrizione della struttura spazio-temporale, ri-spettivamente in assenza di gravità (relatività speciale) e in presenza di gravità (relatività generale), si introduce il concetto di densità dello spazio cosmico come proprietà fondamentale che caratterizza lo spa-zio universale. Questo concetto ci porta a una visione atemporale dello spazio e della gravitazione la quale ci consente di fornire una nuova interessante rilettura ai risultati della teoria newtoniana della gravità, della relatività speciale e della relatività generale e, allo stesso tempo, ci consente di aprire prospettive significative verso una visione ondu-latoria dello spazio cosmico. Infine, si suggerisce una nuova visione atemporale dell’elettromagnetismo classico basata anch’essa su due proprietà dello spazio: la densità elettrica dello spazio e la densità ma-gnetica dello spazio.

1.1. Considerazioni generali sul concetto di tempo e sulla misura del tempo

Secondo la meccanica newtoniana, tutti gli oggetti materiali si

muovono attraverso lo spazio assoluto (cioè un contenitore infinito che si estende ovunque e tiene assieme la materia istante per istante) obbedendo a delle leggi dinamiche ben definite, che regolano la loro