De Certeau L'Invenzione del quotidiano

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MICHEL DE CERTEAU LII{VEI{ZIONE DEL QUOTIDIAI{O P refazi one di Albe rto Abruzzese

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MICHEL DE CERTEAU

LII{VEI{ZIONEDEL

QUOTIDIAI{OP refazi one di Albe rto Abruzzese

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rrc organizzate attraverso l'irreggimentazione della disciplinatecnocratica, muta razionalizzazione dell' atomismo liberale'

Come sempre, si è dovuto pagare per entrare' Soglia storica

della beatitudine: vi è storia là dove c'è un prezzo da pagare. Ilriposo si ottiene solo attraverso questa imposta' E i beati del tre-no sono ancora modesti, a confronto con quelli dell'aeroplano aiquali, per più soldi, si accorda una posizione più astratta (sbian-

camento del paesaggio e simulacri filmati del mondo) e più per-

fetta (quella di statue immobili in un museo aereo), ma segnata

da un eccesso che penalizza una diminuzione del piacere (,.me-

lancolicu) di vedere ciò da cui si è separati.E come sempre, bisogna anche uscire: ci sono soltanto para-

disi perduti. La stazione di arrivo è la fine di un'illusione? Altrasoglia, fatta di smarrimenti momentanei nello spazio delle sta-

zion|La storia ricomincia, febbrile, avviluppando nei suoi fluttil'armatura immobile del vagone: I'ispettore avverte al rumoredel suo martello le incrinature delle ruote, il facchino preleva ibagagli, i controllori circolano. Berretti e uniformi ripristinanotra la folla I'ordine del lavoro, mentre il flusso di viaggiatori-so-gnatori si getta nella rete costituita da volti in attesa stupefatta o

pronti a far rispettare la disciplina. Grida di collera' Appelli'Gioie. Nel mondo mobile della stazione,la macchina che si fer-ma appare improvvisamente monumentale e quasi incongruanella sua inerziadi idolo muto, o Dio stravolto.

Ciascuno torna a servire nel luogo predestinato, in fabbrica oin ufficio. La reclusione vacanziera è finita. Alla bella astrazio-

ne del carcerario subentrano i compromessi, le opacità e le di-pendenze di un luogo di lavoro. Ricomincia il corpo a corpocon una realtà che scaccia 1o spettatore, privato di binari e fine-strini. Terminata la robinsonata dell'anima bella viaggiante che

poteva credersi se stessa, intatta, perché circondata dal vetro e

dal ferro.

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Capitolo IXLo spazio come racconto

Ciò che ha creato I'umanità è la narra-zione.

P. Janet, L'Evolution de la mémoíre etla notion du temps,1928

Nell'Atene di oggi, i trasporti pubblici si chiamano metaphorai.Per andare al lavoro o rientrare a casa, si prende una <<metafora>>

- un autobus o un treno. I racconti potrebbero portate anch'essiquesto bel nome: ogni giorno, attraversano e organizzano deiluoghi; li selezionano e li collegano fra loro; ne fanno frasi e iti-nerari. Sono dunque percorsi di spazi.

A questo riguardo, le strutture narrative hanno valore di sin-tassi spaziali. Grazie a tutta una panoplia di codici, di comporta-menti ordinati e controllati, regolano i cambiamenti dello spazio(o circolazioni) effettuati attraverso i racconti sotto la forma diluoghi posti in serie lineari o intrecciate: da qui (Parigi), si va là(Montargis); questo posto (una stanza) ne include un altro (unsogno o un ricordo) eccetera. Non solo, ma rappresentati atffa-verso descrizioni o ben impersonati da attori (uno straniero, uncittadino, un fantasma), questi luoghi sono legati fra di loro inmodo più o meno stretto o vago attraverso <<modalità> che pre-cisano il tipo di passaggio che conduce dall'uno all'altro e chepuò essere caraîterizzato da una modalità <epistemica>>, riguar-dante la conoscenza (per esempio: <<non è certo che piazza dellaRepubblica si trovi qui>) o <<aletico>> riguardante l'esistenza (peresempio: <il paese di Cuccagna è un luogo improbabile>); o<<deontico>>, concernente l'obbligazione (per esempio: <<da que-sto punto, dovete passare a quello>)... Queste poche osserva-zioni bastano a farci comprendere con quanta sottile comples-

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sità. i.racconti, quotidiani o letterari, siano i nostri trasporti col-lettivi, i nostri metaforai.

Ogni racconto è un racconto di viaggio, - un'esperienza del_1o spazio. E.da questo punto di vista, riguarda le tàttiche quoti_

lige, di cui fa parte, dall'abecedario dèil,indicazione spaziale(<<è a destra>>, <<voltate a sinistra>), inizio di un raccontó il cuiseguito è scritto dai passi, fino alle <<novità>> di ogni giorno(<<Indovina chi ho incontrato dal fornaio?>), al <telégiolrnale'(<<Teheran: Khomeini è sempre più isolato...>>), alle leggende(le cenerentole nelle capanne) e alle storie raccontate (riiórdi eracconti di paesi stranieri o di passati più o meno lontanti). eue_ste avventure narrate riproducono geografie di azioni mentrevanno alla deriva nei luoghi comuni di un ordine, non costitui-scono soltanto un (<supplemento>> alle enunciazioni pedonali ealle retoriche podistiche. Non si accontentano di sposìarle e tra-sporle nel campo del linguaggio. Organizzano in réaltà i cammi_ni. Compiono il viaggio, prima o mentre i piedi lo eseguono.

Questo pullulare di metafore - detti o racconti organizzatori diluoghi attraverso gli spostamenti che <<descrivono, (iome si <<de_scrive>> una curva) -, di quale tipo di analisi è suscettibile? Limi-tandoci soltanto agli studi relativi alle operazioni spazializzLlnti (enon ai sistemi spaziali), numerosi sono i lavori che iorniscono me-todi e

-categorig. Fra i più recenti, possiamo segnalare in particola-

re quelli che si riferiscono a una semantica deilo spazio (come ades,empio gli studi di John Lyons sui <<Locative Subjects> e sulle<<Spatial Expressions>>),1 a una psicolinguistica delia percezione(pensiamo all'<ipotesi di localizzazione>> di Miller é John.on_

\ryd)',? una sociolinguisrica delle descrizioni di luoghi (WilliamLabov),3 a una fenomenologia dei comportamenti organizzatoi di<territori> (cfr. Albert E. Scheflen e Norman AshcrafOo a una <<et-

I John Lyons, Semantics,Cambridge University press, Cambri dge 1977,vol.fI., <Locative Subjects>, pp.475-481 <Spatial Éxpressionso, pp.-ASO_lOi(t ad. it., La s emantic a, Later za, Roma-B ari 1 97 g).

2 George A. Miller e Philip N. Johnson-Laírd, lnnguage and perception,Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1976.

1Cfr. infra,p.177.a Albert E. Scheflen e Norman Ashcraft, Human Territories. How we

Behave in Space-Time, Prenrice Hall, Englewood Cliffs (N.J.) 1976.

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nometodologio degli indici di localizzazione nella conversazio-ne (cfr. Emanuel A. Schegloff),s o a una semiotica che concepi-sce la cultura come un metalinguaggio spaziale (come ad esem-pio la Scuola di Tartu, e soprattutto Y. M. Lotman, B. A. Uspen-ski),6 eccetera. Come fi.no a ieri le pratiche significanti, che con-cernono le esecuzioni della lingua, sono state prese in considera-zione dopo i sistemi linguistici, oggi, le pratiche spazializzanti i-chiamano l'attenzione dopo che si sono esaminati i codici e letassonomie dell'ordine spaziale. La nostra ricerca appartiene aquesta <<secondo> fase dell'analisi, che passa dalle strutture alleazioni. Ma, in questo insieme molto vasto, terremo conto solodelle azioni narrative. Esse permetteranno di precisare alcuneforme elementari delle pratiche organizzafnci dello spazio: la bi-polarità <<mappo> e <<percorso>>, le procedure di delimitazione odi <circoscrizione>> e le <<focalizzazioni enunciative>> (ovveroI'indice del corpo nel discorso).

<Spazi> e <luoghi>

Partiamo da una distinzione fra spazio e luogo che delimita uncampo. È rn luogo l'ordine (quaìsiasi) r""oldo il quale deglielementi vengono distribuiti entro rapporti di coesistenza. Ciòesclude dunque la possibilità che due cose possano trovarsi nelmedesimo luogo. Vale qui la legge del <luogo proprio>>: gli ele-menti considerati sono gli uni a fianco agli altri, ciascuno situa-to in un luogo <<autonomo>> e distinto che esso definisce. Unluogo è dunque una configurazione istantanea di posizioni. Im-plica una indicazione di stabilità.

Si ha uno spaTio dal momento in cui si prendono in conside-razione vettori di direzione, quantità di velocità e la variabile

s E. A. Schegloff, Notes on a Conversational Practice: Formulating place,in David Sudnow (a cura di), Studies in Social Interaction, Free press, NewYork 1972,pp.75-119.

ó Cfr. ad esempio Ecole de Tart.u, Travaux sur les systèmes de signes , a cu-ra di Y. M. Lotman e B. A. Uspenski, Complexe, Bruxelles, e pur, parigi, pp.18-39,77-93 ss.; Iouri Lotman, Ia Structure du texte artistique, Gallimard,Paigi1973,pp.309 ss.

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del tempo. Lo spazio è un incrocio di entità mobili. È in qualchemodo animato dall'insieme dei movimenti che si verificano alsuo interno. È spazio I'effetto prodotto dalle operazioni che I'o-rientano, lo circostanziano,lo temporalizzano e lo fanno funzio-nare come unità polivalente di programmi conflittuali o di pros-simità contrattuali. Lo spazio sarebbe rispetto al luogo ciò chediventa la parola quando è parlata, ovvero quando è colta nel-I'ambiguità di un'esecuzione, mutata in un termine ascrivibile amolteplici convenzioni, posta come I'atto di un <presente (o diun tempo), e modificata attraverso le trasformazioni derivantida vicinanze successive. A differenza del luogo, non ha dunquené l'univocità né la stabilità di qualcosa di circoscritto.

Insomma, lo spazio è un luogo praticato. Così la strada geo-graficamente definita da un'urbanistica è trasformata in spaziodai camminatori. Allo stesso modo, la lettura è lo spazio pròdot-to attraverso la pratica del luogo che costituisce un sistema disegni - uno scritto.

Già Merleau-Ponty distingueva tra spazio <<geometrico>>(<spazialità omogenea e isotropo> analoga al nostro <luogo>) eun'altra <<spazialità> che definiva <<spazio antropologico". que-sta distinzione derivava da una problematica diversa, che mira-va a separare dall'univocità <geometrico> l'esperienza di un <<difuori> che si dà sotto forma di spazio e per il quale <do spazio èesistenziale> e <<l'esistenza è spaziale>. Questa esperienzà è rap-porto col mondo; nel sogno e nella percezione, e per così diieprima della loro differenziazione, essa esprime <<la medesimastruttura essenziale del nostro essere come essere situato in rap-porto con un ambiente), - s11 essere situato attraverso un desi-derio, indissociabile da una <direzione dell'esistenzo> e impian-tato nello spazio di un paesaggio. Da questo punto di vista, <visono altrettanti spazi quante esperienze spaziali distinte>.7 Laprospettiva è determinata da una <<fenomenologio> dell'esserenel mondo.

In un esame delle pratiche quotidiane che articolano questaesperienza, l'opposizione fra <luogo>> e <<spazio> rinvierà piut-tosto, nei racconti, a due tipi di determinazioni: I'una, attraverso

' Maurice Merlau-Ponty, Phénoménologie de la percepîion, cit., pp. 324-344 (trad. it. cit.).

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degli oggetti che saranno finalmente riducibili all'essere là diun morto, legge di un <<luogo>> (dal sasso al cadavere, un corpoinerte sembra sempre fondare, in Occidente, un luogo e rappre-sentare il simulacro di una tomba); I'altra, atffaverso operazioniche, ascritte a una pietra, a un albero o a un essere umano, spe-cificano degli <spazi>> attraverso le azioni di soggetti storici (unmovimento sembra sempre condizionare la produzione di unospazio e associarlo a una storia). Fra queste due determinazioni,vi sono dei passaggi, quali la condanna a morte (o la trasforma-zione in paesaggio) degli eroi che trasgrediscono i confini e che,colpevoli di aver attentato alla legge del luogo, la ripristinanoattraverso la loro tomba; oppure, al contrario, il risveglio di og-getti inerti (una tavola, una foresta, un personaggio dell'ambien-te), che uscendo dalla loro stabilità, tramutano il luogo in cuigiacevano nella estraneità del proprio spazio.

I racconti effettuano dunque un lavoro che, incessantemente,trasforma i luoghi in spazi o gli spazi in luoghi. Essi organizza-no così i giochi dei rapporti mutevoli che gli uni intrattengonocon gli altri. Giochi innumerevoli, che vanno dall'instaurazionedi un ordine immobile e quasi mineralogico (tutto è fermo, sal-vo il discorso stesso che, come una carrellata, percorre il pano-rama) fino alla successione accelerata delle azioni moltiplicatri-ci di spazi (come nei racconti polizieschi o in alcuni raccontipopolari, ma questa frenesia spazializzante resta nondimeno cir-coscritta dal luogo testuale). Da tutti questi racconti si potrebbericavare una tipologia in termini di identificazioni di luoghi e diesecuzioni di spazi. Ma, per individuare i modi attraverso i qualisi combinano queste operazioni distinte, occorrono criteri e ca-tegorie di analisi, - necessità che rinvia ai racconti di viaggi piùelementari.

Percorsi e mappe

Le descrizioni orali di luoghi - abitazioni o strade - rappresen-tano un primo e immenso corpus. Attraverso un'analisi moltoprecisa delle descrizioni di appartamenti a New York da partedegli occupanti, C. Linde e W. Labov riconoscono due tipi di-stinti che definiscono I'uno <<mappa> (map) e l'altro <<percorso>>

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(tour).Il primo è del tipo: <<Accanto alla cucina, c'è la cameradelle ragazze>>. Il secondo: <Volti a destra ed entri nel soggior-no>. Nel materiale raccolto da Linde e Labov solo il tre peiien-to delle descrizioni è del tipo <<tnoppz>>. Tutto il resto, ia quasitotalità dunque è del tipo <<percorso>>: <Entri da una piccola por-ta>> eccetera. Queste descrizioni vengono effettuate per lo più intermini di operazioni, e mostrano <<come entrare in ogni stan-za>>. Aproposito di questo secondo tipo, gli autori preciiano cheun circuito o un <<tragitto>> è uno speech act (vn atto enunciati-vo) che <<fornisce una serie minima di percorsi attraverso i qualiintrodursi in ciascuna stanza>>; e che il <<tragitto>> (path) è unaserie di unità che hanno la forma di vettori sia <statici> (<a de-stra>>, <<davanti a te> eccetera) sia <mobili> (<se volti a sinistro>eccetera).8

In altre parolg, la descrizione oscilla fra i termini di un'alter-nativa: o vedere (è la conoscenza dell'ordine dei luoghi), o an-dare (sono azioni spazializzantl). O presenta w quadro (.,c'èrr...),o organizza dei movimenti (<<entn, attraversi, volti>>...). Fra que-ste due ipotesi,le scelte compiute dai narratori newyorkesi pri-vilegiano massicciamente la seconda.

Tralasciando ora lo studio di Linde e Labov (che riguarda so-prattutto le regole delle interazioni e convenzioni sociali allequali obbedisce il <linguaggio naturale>>, problema che ritrovere-mo più avanti), cercheremo attraverso questi racconti newyorke-si, - e altri analoghi *, di precisare i rapporti fra indicatori di<percorso>> e indicatori di <<mappa> là dove essi coesistono inuna stessa descrizione. Qual è la coordinazione tra un.fare e unvedere, in questo linguaggio comune dove il primo domina cosìmanifestamente? La questione riguarda in definitiva, sulla basedi queste narrazioni quotidiane, il rapporto fra l'itinerario (unaserie discorsiva di operazioni) e la mappa (una messa in piano

8 Charlotte Linde e William Labov, Spatial Networks as a Site for theStudy of Innguage and Thought, in <Language>>, vol. 5 1, I97 5, pp. 924-939.Sul rapporto tra il fare e 1o spazio, si veda inoltre il gruppo 107 (M. Hammadet al.), Sémiotique de I'espace, rapporto Dcnsr, Parigr 1973,pp. 28 ss.

'qCfr. ad esempio Catherine Bidou e Francis Ho Tham Kouie, Le Vécu deshabitants dans leur logement à travers soixante entretiens libres,rapportoCerebe, Parigi 19741, Alain Médam e Jean-Frangois Augoyard, Situationsd' habitat et fagons d' habiter, Ecole spéciale d' architecture, p arigi 197 6.

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totalizzante delle osservazionl),ovvero fra due linguaggi simboli-ci e antropologici dello spazio. Due poli dell'esperienza. Sembrache, dalla cultura <<comune>) al discorso scientifico, si passi dal-I'uno all'altro.

Nella descrizione di appartamenti o di strade, le manipola-zioni dello spazio, ovvero i <<percorsi>> prevalgono. Molto spes-so, le descrizioni di questo tipo determinano I'intero stile dellanarrazione. E quando interviene I'altro tipo di descrizione, essaha come valore d'essere condizionata o presupposla dal primo.Esempi di percorso che condizionano una mappa: <<Se volti adestra c'è...>> o, formula analoga, <<Se vai dritto, vedrai...>>. Inentrambi i casi, un fare permette un vedere. Ma si dà anche ilcaso in cui un percorso presuppone un'indicazione di luogo:<<Là c'è una porta, tu entra in quella dopo> - un elemento dimappa è il postulato di un itinerario. Il tessuto narrativo in cuipredominano le descrizioni di itinerari è dunque punteggiato dadescrittori del tipo mappa, che hanno come funzione di indicaresia un effetto ottenuto attraverso il percorso (<tu vedi...>>), siaan dato che esso postula come limite (<<c'è un muro>>), possibi-lità (<c'è una portu), o obbligo (<<c'è un senso unico>>), eccete-ra.La catena delle operazioni spazializzanfi sembra punteggiatadi riferimenti a ciò che essa produce (una rappresentazione diluoghi) o a ciò che implica (un ordine locale). Si ha così la strut-tura del racconto di viaggio: storie di percorsi e di gesti sono se-gnate dalla <<citazione>> dei luoghi che ne risultano o che li auto-tizzano.

Da questo punto di vista, si può confrontare la combinazionedei <<percorsi>> e delle <<mappe>> nei racconti quotidiani con ilmodo in cui si sono, da cinque secoli, imbricati, e poi lentamen-te dissociati, nelle rappresentazioni letterarie e scientifiche dellospazio. In particolare, se si prende la <<mappa>> sotto la sua for-ma geografica attuale, si vede che nel corso del periodo segnatodalla nascita del discorso scientifico moderno (XV-XVII seco-lo), essa si è lentamente distaccata dagli itinerari che ne costitui-vano la condizione di possibilità. Le prime carte medievali reca-vano soltanto tracciati rettilinei di percorsi (indicazioni perfor-mative destinate del resto soprattutto ai pellegrinaggi), con lamenzione delle tappe da effettuare (città da attraversare, o dovefermarsi, alloggiare, pregare eccetera) e di distanze calcolate in

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ore o in giorni, ovvero in tempo di cammino.r0 Ciascuna di esseè un memorandum che prescrive delle azioni,Il percorso dacompiere è I'elemento predominante.Ingloba gli elèmenti dellamappa' così come la descrizione di un camrnino da effettuare siaccompagna oggi a un rapido disegno che già traccia sulla map_pa, attraverso citazioni di luoghi, una danza di passi attraveriola città: <venti passi.a destra, poi gi-ra a sinistra, poi ancora qua_ranta passi...>. Il disegno articola pratiche spazializzanti cómequei piani di itinerari urbani, arti di gesti e raèconti di passi, cheservono ai giapponesi da <<taccuini di indirizzi>>," comè la mira_bile mappa azteca (XV secolo) che descriveva l,esodo dei Toto_mihuacas attraverso un tracciato che non è quello di una <stra_do> (non ne esistevano), ma un <<diario di viaggio> - tracciatoscandito da impronte di passi regolari e rappresentazioni di av-venimenti successivi nel corso del viaggio (pasti, combattimen-ti, traversate di fiumi o di montagne eccetera); non dunque <<car_ta geograficu bensì <dibro di storio.t,

Dal XV al XVil secolo la mappa assume progressivamenteuna propria autonomia. Indubbiamente la prohferazione delle fi-gure <<narrative>> che la corredano da lungo tempo (navi, animalie personaggi di ogni sorta) conserva ancora la funzione di indi_care le operazioni - di viaggio, di guerra, di costruzione, politi_che o commerciali - che rendono possibile la fabbncazióne diun piano geografico.l3 Ben lungi dall,essere <<illustrazioni>>,glosse iconiche del testo, queste figurazioni, al pari di frammen_ti di racconti, segnano sulla mappa le operazioni storiche da cuiessa risulta. così il veliero dipinto sul mare indica la spedizione

_ 'l Cfr George H. T. Kimble, Geography in the Middte Ages, Methuen,Londra 1938.

" Roland Barthes, L'Empire des signes, Skira, Ginevra 1970, pp. 47_51(tr ad. it., L' imp e ro de i s e g ni, Einaudi, Torino 1 9 g4).

''? Mappa riprodotta e analizzata da pierre Janet, L,Evolution de la mémoi_re et la notion du temps,A. Chahine, pangí 1928,pp.2g4.2g7. L'originale èconservato a Cuauhtinchan (Puebla, Messico). .

. - 13 Per esempio Louis Marin, Utopiques: jeux d'espace, Minuit, parigi

1973: <Le portrait de la ville dans ses utopiques>, pp. iSl-ZOO, sul rappoótra le figure (un <discprso-percorso>>) e la mappa (un <sistema-terton; in tr"rappresentazioni della città nel XVII secolo - rapporto fra una dimensione..narrativa>> e una <geometrica>>.

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marittima che ha permesso la rappresentazione delle coste.Equivale a un descrittore del tipo <<percorso>. Ma la mappa pre-vale progressivamente su queste figure; ne colonizza lo spazio;elimina poco a poco le raffigurazioni pittoriche delle praticheche la producono. Trasformata dalla geometria euclidea e poidescrittiva, costituita da un insieme formale di luoghi astratti, èun <<teatro> (così venivano chiamati gli atlanti) in cui il medesi-mo sistema di proiezione giustappone due elementi molto diver-si: i dati forniti da una tradizione (la Geografia di Tolomeo, adesempio), e quelli che provenivano dai navigatori (come adesempio i portolani). Sullo stesso piano, la mappa collazionadunque luoghi eterogenei, gli uni ricevuti dalla tradizione e glialtn prodotti dall'osservazione. Ma I'essenziale qui è la cancel-lazione degli itinerari che, presupponendo i primi e condizio-nando i secondi, assicurano di fatto il passaggio dagli uni aglialtri. La mappa, scena totalizzante rn cui elementi di origine di-sparata sono concentrati per formare il quadro di uno <<stato>>

del sapere geografico, respinge davanti a sé o alle sue spalle,come dietro le quinte, le operazioni di cui essa è l'effetto o lapossibilità. Resta sola a occupare la scena. I descrittori di per-corso sono scomparsi.

U organizzazione riconoscibile nelle descrizioni dello spaziodella cultura quotidiana si trova dunque rovesciata attraverso illavoro che ha isolato un sistema di luoghi geografici. La diffe-renzafra le due descrizioni non riguarda evidentemente la pre-senza o I'assenza delle pratiche (che sono all'opera ovunque),ma il fatto che le mappe, costituite come luoghi propri in cuiesporre i prodotti del sapere, formino quadri di risultati leggibili.Le descrizioni dello spazio esibiscono al contrario le operazioniche permettono, in un luogo vincolante e non <<proprio>, di <tri-turarlo>>, come dice un abitante a proposito delle stanze del suoappartamento: <<Possiamo triturarle>.ta Dal racconto popolare al-le descrizioni di appartamenti, una esacerbazione del <fare> (edunque dell'enunciazione) anima i racconti che narrano percorsiin luoghi che hanno come caratteristica, dall'antico cosmo allecase popolari contemporanee, di essere le forme diverse di unordine imposto.

'4 Citato in C. Bidou e F. Ho Tham Kouie, op. cit.,p.55.

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I racconti quotidiani naffano ciò che, malgrado tutto, si puòfabbricare e costruire con una geografia prestabilita, che va (perlimitarsi alla casa) dalle camere così piccole che <<non si può fa-re niente>> fino al leggendario solaio scomparso che <pué servi-re a tutto>>.rs Sono insomma fattori di spazio.

Delimitazioni

Operazioni sui luoghi. i racconti svolgono anche il ruolo quoti-diano di un'istanza mobile e magistrale in materia di delimita-zione. Come sempre, questo ruolo appare più in secondo grado,quando è esplicitato e raddoppiato dal discorso giuridico. Se-condo,la bella lingua tradizionale dei processi verbali, i magi-strati fino a ieri <si spostavano sui luoghi> (trasporti e metaforegiuridiche) al fine di <comprendere>>, a proposito di frontiere<<litigiose>, i dexi contraddittori delle parti. Il loro <<giudizio in-terlocutorio>>, come si diceva, era una <<operazione di delimita-zione>>. Messi in bella calligrafia dai cancellieri, su pergamenela cui scrittura a volte si prolunga (o si inaugura?) in disegni chetracciano confini, questi giudizi altro non erano in definitiva chemetaracconti. Combinavano insieme (lavoro di scriba collazio-natore di varianti) le storie contrapposte che ciascuna delle partipresentava: <<Il signor Mulatier ci dichiara che suo nonno hapiantato questo melo sul bordo del suo campo [...]. Jeanpierreci ricorda che il signor Bouvet ha accumulato un mucchio di le-tame su un terreno che sarebbe indiviso fra lui e suo fraîello An-dt9..:ìr. Genealogie di luoghi, leggende di territori. Analoga aun'edizione critica, la narrazione del magistrato concilia quèsteversioni. Viene <<stabilita> a partire dai racconti <primari>(quello del signor Mulatier, quello di Jeanpierre, e tànti altri)che hanno già funzione di legislazioni spaziali poiché fissano eripartiscono dei terreni attraverso <gesti>> o discorsi di azioni(piantare un melo, accumulare un mucchio di letame eccetera).

Le <<operazioni di delimitazione>>, contratti narrativi e com-pilazioni di racconti, sono composti con frammenti tratti da sto-rie anteriori e <<mescolati> insieme. In questo senso, chiariscono

'5 Ivi, pp. 57,59.

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la formazione dei miti, poiché hanno anche la funzione di fon-dare e articolare spazi. Costituiscono, conservata negli archividelle cancellerie, un'immensa letteratura di viaggi, ovvero diazioni organizzatnci di aree sociali e culturali più o meno este-se. Ma questa letteratura rappresenta soltanto una parte infima(quella registrata dalle vertenze legali) della nanazione oraleche non cessa, come una fatica interminabile, di comporre spa-zi, di verificarne, confrontarne e spostarne i confini.

Questi <<comportamenti> narrativi, come li definiva pierreJanet,r6 offrono dunque un campo molto ricco all'analisi dellaspazialità. Fra le questioni che ne derivano, bisogna distinguerequelle che riguardano la dimensione (estensionalità), I'orienta-zione (vettorialità), I'affinità (omografie) eccetera. Sottolineere-mo soltanto alcuni aspetti relativi alla delimitazione stessa, que-stione primaria e letteralmente <fondamentale>>: è infatti la sud-divisione a strutturare 1o spazio. Tutto rinvia in effetti a questadifferenziazione che permette i giochi di spazio. Dalla distinzio-ne che separa un soggetto dalla sua esteriorità fino alle suddivi-sioni che localizzano gli oggetti, dall'habitat (che si costituiscea partire dal muro) fino al viaggio (che si costruisce sull,instau-razione di un <<altrove>> geografico o di un <<al di lil cosmologi-co) e nel funzionamento della rete urbana come in quello delpaesaggio rurale, non esiste spazialità che non organizzi la de-terminazione di confini.

In questa organizzazione, il racconto ha un ruolo decisivo.<<Descrive>>, indubbiamente. Ma <<qualsiasi descrizione è più cheuna fissazione>>, è <<un atto culturalmente creativo>>.17 Ha ancheun potere distributivo e una forza performativa (fa ciò che dice)quando si crea un insieme di circostanze. Allora essa è fondatri-ce di spazi. E reciprocamente,là dove i racconti scompaiono (omeglio si degradano in oggetti museografici), vi è perdita dispazio: privato di narrazioni (come si constata talvolta nella

'u Pierre Janet, L'Evolution de la mémoire,cit. Cfr. in particolare le confe-renze sulle <<tecniche narrative>> e sulla <fabbricazione>>, pp. Z49-294.A. Mé-dam e J.-F. Augoyard, op. cit., pp. 90-95, hanno definito il materiale della loroindagine con questa unità.

'7 Y. M. Lotman, in Ecole de Tartu, Travaux sur les systèmes de signes,cit., p. 89.

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città e altre volte nella campagna), il gruppo o I'individuo regre_disce verso I'esperienza, inquietante, faialista, di una totalitàinforme, indistinta, notturna. considerando il ruolo del raccontonella delimitazione, possiamo riconoscervi innanzitutto la fun-zione primaria di autorizzare l'instatrazione,lo spostamento oil superamento di limiti. e. per conseguenza. l'oppòsizione ope_rante nel campo chiuso del discorso fra due mòvimenti che siincrociano (porre e superare il limite) in modo da fare del rac_conto, una sorta di griglia di <parole incrociate>> (una quadretta-tura dinamica dello spazio), di cui lafrontiera e il ponte sem_brano le figure narrative essenziali.

I. Creare un teatro di azioni.Il racconto ha innanzitutto unafunzione di autorizzazione o, più esattamente, di fondazio;ne.Propriamente parlando, questa funzione non è giuriàica, ovverorelativa.a leggi o a giudizi. Deriva piuttosto Oa ciO che GeorgesDumézil analizza nella radice indoeuropea dhe, <<posare>>, atlra_verso i suoi derivati sanscrito (dhatfi e latino 6aly. <<Fas,scriveDumézil, è propriamente I'assise mistica, nel mondo invisibile,senza la quale tutti i comportamenti comandati o autorizzati dal-1o lus [diritto umano], e più generalmente tutte le condotte uma-ne, sono incerte, pericolose, se non fafali.Ilfas non è suscettibi_le di analisi, di casistica, come lo itts non si dettaglia così comeil suo nome non si declina>. Vi è, o non vi è assisà:fas est,ofasnon est. <Un tempo, un luogo, sono detti/asti o nefasti a secón_da che forniscano o meno all'azione umana questaassise neces-saria>>,tB

A differenza di ciò che accadeva nell,India antica (dove di_versi ruoli erano assunti di volta in volta dagli stessi personaggi),questa funzione è stata oggetto di una suddivisione istituzionalep.articolare nelle regioni occidentali del mondo indoeuropeo. Unrituale proprio, <<creazione dell'Occidente>>, corrispondé al fas,officiato a Roma da sacerdoti specializzati, ifttiales, che ritro_viamo <all'inizio di qualsiasi azione di Roma nei riguardi di unpopolo straniero>>, che si tratti di una dichiarazione ài sueffa. diuna spedizione militare, di un'alleanza con un altro puére. È'unpercorso in tre fasi centrifughe, I'una all,interno ma vicino alla

,,r8 Georges Dumézil, Idées romaines, Gallimard, parigi 1969, pp. 6l_7g,sullo <<Ius fetiale> (trad. it., Idee romane, il melangolo, Genova l9gii.

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frontiera, la seconda lungo di essa, la terza all'esterno. L'azionerituale si effettua prima di qualsiasi azione civile o militare poi-ché è destinata a creare il campo necessario alle attività politicheo guerriere. È dunque anche una repetitio rerum: a un tempo unaripresa e una ripetizione di atti fondatori originari, wa recitazio-ne e citazione di genealogie suscettibili di legittimare la nuovaimpresa, e luna predilione e promessa di successo all'inizio deicombattimenti, dei contratti o delle conquiste. Come la prova ge-nerale prima della rappresentazione effettiva, il rito, narrazionegestuale, precede I'effettuazione storica. Il percorso o il <cammi-no>> deijètiales apre uno spazio e assicura una assise alle opera-zioni dei militari, dei diplomatici o dei commercianti che si av-venturano oltre le frontiere. Così, nel Veda, Visnu <<attraverso isuoi passi, apre all'azione gusrriera di Indra lazonadello spazioin cui essa deve svolgersi>. E una fondazione. Essa <dà spazio>alle azioni che vengono intraprese; <<crea un campo>> che serveloro da <<base>> e da <<teaffo>>.re

Questo è precisamente il ruolo primario del racconto. Essodischiude tn teatro di legittimità ad azioni effettive. Crea uncampo che attoizza pratiche sociali rischiose e contingenti. Ma,triplice differenza in rapporto alla funzione così attentamenteisolata dal dispositivo romano, assicura il fis sotto una formadisseminata (e non più unica), minialtizzata (e non più naziona-le) e polivalente (e non più speciaTízzata). Disseminata, non sol-tanto a causa della diversificazione degli ambienti sociali, ma so-prattutto a causa di una crescente eterogeneità (ovvero di unaeterogeneità sempre più svelata) fra i <riferimenti>> aufoizzanfi:la scomunica delle <divinitil territoriali, la sterilizzazione deiluoghi ossessionati dallo spirito dei racconti e l'estensione diaree neutre, private di legittimità, hanno contrassegnato la fuga ela frammentazione delle narrazioni organizzafrici di frontiere edi appropriazione. (Una storiografia ufficiale - libri di storia, at-tualità televisive eccetera - si sforza tuttavia di imporre a chiun-que la credibilità di uno spazio nazionale.) Miniaturizzata, poi-ché la tecnocratizzazione socioeconomica riconduce all'unità fa-miliare o individuale il gioco de|fas o del nefos,con la moltipli-cazione delle <storie di famigliu, di quelle di <vito o di tutte le

t, Ibid.

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naffazioni psicoanalitiche. (poco a poco disancorate da questestorie particolari, giustificazionipubbliche tramutate in cieùi ru-morl sr conservano tuttavia o risorgono, selvagge, negli scontridi classe o nei conflitti di razze.) potivatentiinfine,-poiché ilmescolamento di tanti microracconti attribuisce loro

^funzioni

che derivano dalla volontà dei gruppi in cui essi circolano. eue-sta polivalenza non riguarda tuttavia le origini relazionali dèllanarratività: l'antico rituale creatore di campi di azione è ricono-scibile in <<frammenti> di racconti che circóndano le soglie oscu-re delle nostre esistenze; schegge nascoste che articolàno a suainsaputa la storia <biografico> di cui fondano lo spazio.

Un'attività narrativa, anche se multiforme e non più unitaria,continua dunque a svilupparsi laddove si pone un problema difrontiere e di rapporti con lo straniero. Frammentatà e dissemi-nata, essa non cessa di effettuare operazioni di delimitazione.ciò che mette ancora in gioco è illa-s che <<autorizza> delle im-prese e le precede. Al pari dei fttiales romani, dei racconti <fan_no da battistrado> alle pratiche sociali per aprire loro un campo.Le decisioni e le combinazioni giuridiche stesse vengono sòlodopo, come i detti e gli atti del diritto romano (lZs), cònciliandole sfere d'azione riconosciute a ciascuno,2o facevano essi stessiparte dei comportamenti ai quali ilfis forniva una <<assise>>. Se_condo le regole che sono loro proprie, i <giudizi interlocutori>>dei magistrati agiscono.sulla massa degliipazi eterogenei giàcreati e accreditati dall'inesauribile ricchezia di una n-anativltàorale fatta di storie familiari o locali, di <gesti>> abituali o pro-fessionali, di <<recitazioni> di percorsi e di paesaggi. euestiìea-tri di azioni, non sono tuttavia creati da essi, maióltaito artico-lati e manipolati. Presuppongono le autorità narrative che i ma-gistrati <<intendono>>, confrontano e gerarchizzano. prima delgiudizio regolatore, vi è il racconto fondatore.

2. Fronîiere e ponti.I racconti sono animati da una contrad_dizione che è rappresentata dal rapporto tra la frontiera e il pon-te, owero fra uno spazio (legittimo) e la sua esteriorità (eitra-nea). Per spiegarla, conviene ritornare alle unità elementari.Tralasciando la morfologia (che qui non ci interessa), situandosinella prospettiva di una pragmatica e, più esattamente, di una

'zo Ivi, pp. 3 1-45.

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sintassi che determina dei <<prograflrmi> o delle serie di praticheattraverso le quali ci si appropria dello spazio, si può assumerecome punto di partenza la definizione fornita da Miller e John-son-Laird all'unità di base che essi definiscono la <<regione>: sitratta di un incontro fra programmi d'azione. La <regione> èdunque lo spazio creato da un'interazione.rt Ne consegue che,nello stesso luogo, vi sono altrettante <<regioni>> quante intera-zioni o incontri fra programmi. E anche che la determinazionedi uno spazio è duale e operativa, dunque, in una problematicadi enunciazione, relativa a un processo <<interlocutorio>.

Si introduce così una contraddizione dinamica fra ciascunadelimitazione e la sua mobilità. Da un lato, il racconto non smet-te di porre confini. Li moltiplica, ma in termini di interazioni frapersonaggi - cose, animali, esseri umani: gli attori si dividonodei luoghi così come dei predicati (buono, astuto, ambizioso, in-genuo eccetera) e dei movimenti (avanzare, sottrarsi, esiliarsi, ri-voltarsi eccetera). I limiti sono tracciati dai punti di incontro frale appropriazioni progressive (l'acquisizione di predicati nel cor-so del racconto) e gli spostamenti successivi (movimenti internio esterni) degli attori. Appartengono a una distribuzione dinamica dei beni e delle funzioni possibili, per costituire una rete didiffercnziazioni, una combinatoria di spazi sempre più comples-sa. Risultano da un lavoro della distinzione a partire da incontri.Così, nella notte della loro illimitazione, i corpi si distinguonosoltanto laddove i <tocchi> della loro lotta amorosa o guerriera siinscrivono su di essi. Paradosso della frontiera: creati da contatti,i punti di differenziazione fra due corpi sono anche dei punti co-muni. La giunzione e la disgiunzione sono indissociabili. Qualedei corpi in contatto possiede la frontiera che li distingue? NéI'uno né I'altro. Ovverossia: nessuno?

Problema teorico e pratico della frontiera: a chi appartiene?Il fiume, il muro ol'albercfa da frontiera. Non ha il carattere dinon luogo che il tracciato cartografico presuppone al limite. Haun ruolo mediatore. Ma la nartazione lo fa parlare: <<Fermati>>,

dice la foresta da dove viene il lupo. <Stop> dice il fiume mo-strando il suo coccodrillo. Ma quest'attore, per il solo fatto cheè la parola del limite, crea comunicazione quanto separazione;

'?r G. Miller e Ph. N. Johnson-Laird,op. cit.,pp.57-66,385-390,564 ss.

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non solo_, ma pone un confine solo dicendo ciò che lo attraversa,venuto dall'altro. Esso articola. Ed è anche un passaggio. Nelracconto, la frontiera funziona come un terzo. È ino ..s!azio dimezzo>>, Zwischenraum, come dice una sublime e ironicà poesiadi Morgenstern sulla <<chiusura>' (Zaun). che fa rima con ospa_zio>> (Raum) e un <<vedere attraverso>> (hindurchzuschaun).É,bstoria di l;rna palizzata (un recinto di paletti, Lattenzaun):

Es war einmal ein Lattenzaunmit Zwischenraum, hindurchzuschaun

Luogo terzo, gioco d'interazioni e di cose intraviste,la frontieraè come un vuoto, simbolo narrativo di scambi e di incontri. pas-sando di là un architetto s'impadronisce subito di questo <<spa_zio intermedio> per costruirvi una grande casa:

Ein Architekt, der dieses sah,stand eines Abends plótzlich da -und nahm den Zwischenraum herausund baute draus ein grosses Haus.

Mutazione del vuoto in pieno, e dello spazio intermedio in luo-go stabilito. Il seguito va da sé. Il senato <si appropriò>> del mo_numelto - la Legge vi si installa -, e l,architetto fugge in Afri_ca-o-in-America:

Drum zog ihn der Senat auch ein.Der Architekt jedoch enrflohnach Afri-od-Ameriko.22

cementare la palizzata, riempire e costruire <lo spazio interme-dio>, è la pulsione dell'architetto; ed è altresì li sua illusione,poiché, senza saperlo, lavora per il congelamento politico deiluoghi e quando si accorge dell'opera Compiuta nòn gh resta

" C'erauna volta unapalizzata/ che non t.impediva di dare un,occhiata /se ne accorse un architetto / che una sera presto detto, / nel recinto abbando-nato / costruì il suo fabbricato / Espropriato dal senato / I'architetto, immanti-nente, / ha cambiato continente (christian Morgenstern, Der r,atfenlaun, inGesammelte Werke ,R. Piper, Monaco 1965 , p. 2,r.

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che fuggire lontano dai blocchi della legge. Il racconto al con-trario privilegia, attraverso le sue storie d'interazione, una <<lo-

gica dell'ambiguitb. <Capovolge>> la frontiera in traversata, e ilI'iume in ponte. Racconta in effetti inversioni e spostamenti: laporta che chiude è precisamente ciò che si apre; il fiume, ciòche libera il passaggio; l'albero, ciò che segna i passi di un'a-vanzata; la palizzata. un insieme d'interstizi in cui filtrano glisguardi.

Vi è ovunque un'ambiguità del ponte: volta a volta, congiun-ge e oppone insularità. Le distingue e le minaccia. Libera dall'i-solamento e distrugge I'autonomia. È così che, ad esempio, in-terviene come personaggio centrale e ambivalente nei raccontidei Noirmoutrins, prima, durante e dopo la costruzione, nel1972, di un ponte fra La Fosse e Fromentine.23 Vive una doppiavita in innumerevoli ricordi di luoghi e leggende quotidiane, cheriassumono spesso nomi propri, paradossi nascosti, ellissi di sto-rie, enigmi da decifrare: Pont-à-Mousson, Pont-Audemer, Pont-charra, Pontchàteau, Pont-Croix, Pont-de-Beauvoisin, Pont-de-I' Arche, Pont-de-Roide, Pont-du-Diable, Ponthieu eccetera.

A giusto titolo, indica ovunque il diabolico nei quadri in cuiHieronymus Bosch inventa le sue modificazioni di spazi.ra Tra-sgressione del limite, disobbedienza alla legge del luogo, il ponteraffigura Ia partenza,la lesione di uno stato, I'ambizione di unpotere conquistatore, o la fuga verso un esilio, in ogni caso il<tradimento> di un ordine. Ma, nello stesso tempo, crea un altro-ve che smarrisce, lascia o fa risorgere al di fuori delle frontiereI'estraneità che era controllata alf intemo, dà oggettività (oweroespressione e rappresentazione) all'alterità che si nascondeva aldi qua dei limiti, di modo che riattraversandolo e ritornando nelrecinto, il viaggiatore vi ritrova ormai I'altrove che aveva inizial-mente cercato partendo e fuggito in seguito rientrando. All'inter-no delle frontiere, 1o straniero è già là, esotismo o sabba della

'z3 Cfr. Nicole Brunet, Un pont vers l'acculturation. Ile de Noirmoutiers,Dre di etnologia, Université de Paris VIl, 1979.

'?a Cfr. Michel de Certeau, La Fable mystique au XVIe-XVIIe siècte,llediz., Tel, Gallimard, Parigi 1987; vol. I, cap. II, <Le jardin: délires et délicesde Jéróme Bosch>>, pp. 7l-106 (trad. it., Fabula mistica.La spiritualità reli-giosa tra il XVI e il XVII secolo, il Mulino, Bologna 1987).

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memoria, inquietante familiarità. Tutto avviene come se la deli-mitazione stessa fosse il ponte che apre I'interno al suo altro.

Delinquenze?

Là dove la mappa divide, il racconto attraversa. È ,.diegesirr,lermine greco che designa la narrazione: instaura un p"r?orlo(<guido) e passa attraverso (<trasgrediscer). Lo spazió di;p;_razioni che traccia è fatto di movimenti: è topotogxo, r"titiioalla deformazione di figure, e non topico, ovvero definitore diluoghi. Il limite è in esso circoscritto iolo secondo una modalitàambivalente. Fa un doppio gioco. Fa il contrario di ciò che dice.Abbandona il luogo allo straniero che ha l'aria di

"u""iur" rrori.

pnnuy, guanlo segna un arresto, non è stabile, segue pi"tf"rt"le variazioni degli incontri fra programmi. Le deliiritaiioni so-no limiti trasportabili e trasporti di limiti, metaphorai anch'esse.

Nelle narrazioni organiz zatici di spazi, le delimitazioni sem-brano svolgere il ruolo di xoana greche, statuette la cui inven_zione è attribuita all'astuto Dedalò: scaltre come lui,

"rr" pon"_

vano dei limiti solo distaziandosi e spostandoli. euesti indicato-ri

_contrassegnavano con caratteri dritti re curve e i movimentidello spazio. La loro fynzi919 ripartitoria differiva d""q;ì;;:ramente dalle divisioni stabilite da pali, picchetti o colonne sta-bili, che piantati nel terreno suddividevàno e componevano unordine dei luoghi.'z5 Erano anche limiti trasportabii. r-e opera-zioni narrative di derimitazione sostituisconò oggi gri enigmati-ci descrittori d'un tempo quando insinuano il móvlnento"attra-verso il gesto stesso di fissare, a titolo di delimitazione. Miche-l9t _l'ha già detto: crollata alla fine dell'antichità, l'aristocraziadelle grandi divinità dell'olimpo non ha trascinato affatto nellasua caduta <la moltitudine degli dei indigeni, la plebe o"gri dàiancora in possesso della immensità delleiampagne, delle-selve,dei monti, delle fontane, intimamente commisticon la vita deipaese. Questi dei, annidati nel cuore delle querce, nelle acque

_ .r Cfr. Frangoise Frontisi-Ducrotx, Dédale. Mythologie de l,artisan enGrè.c.e.anc.ienne, Maspero, parigi 1975,p. 104 e pi. tOO-tOt, 117 ss., sullamobilità di queste statue rigide.

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rumoreggianti e profonde, non potevano esserne cacciati [...].Dove sono? Nel deserto, sulla landa, nella foresta? Sì, ma so-prattutto nelle case. Vivono nei penetrali della vita domestica>>.2óMa anche nelle nostre strade e nei nostri appartamenti. Forsenon erano, dopo tutto, che gli agili testimoni della narratività, edella sua forma delinquente. Il fatto che cambino nome (qual-siasi potere è toponimico e instaura il suo ordine di luoghi no-nrinandoli) nulla toglie a questa forza multipla, insidiosa, mobi-le. Essa sopravvive alle trasformazioni della grande storia che lesbattezza e le nbattezza.

Se il delinquente esiste soltanto spostandosi, se la sua carat-teristica consiste nel vivere non ai margini ma negli interstizidei codici che elude e spiazza, se si caratteizza in base al privi-legio del percorso sullo stato, allora il racconto è delinquente.La delinquenza sociale consisterebbe nel prendere il raccontoalla lettera, nel farne il principio dell'esistenza fisica laddove lasocietà non offre più uscite simboliche e aspettative di spazi asoggetti o a gruppi, laddove non vi è più alternativa se non lamessa in riga disciplinare e la deriva verso l'illegalità, owerouna qualche forma di carcerazione e l'erranza all'esterno. Al-I'inverso, il racconto è una delinqrrenza in riserva, conservata,ma spiazzata a sua volta e compatibile, nelle società tradizionali(antiche, medievali eccetera), con un ordine fermamente stabili-to ma abbastanza duttile per lasciar proliferare questa mobilitàcontestatrice, irrispettosa dei luoghi, volta a volta giocosa e mi-nacciosa, che si estende dalle forme microbiche della narrazionequotidiana fino alle manifestazioni carnevalesche.2?

Resta da sapere, naturalmente, quali cambiamenti effettiviproduca in una società questa narratività delinquente. In ognicaso, possiamo già dire che, in materia di spazio, questa delin-quenza comincia con l'inscrizione del corpo nel testo dell'ordi-ne. L'opaco del corpo in movimento, che gesticola, cammina,gioisce, è ciò che definisce indefinitamente un qui attraverso unrapporto con un altrove, una <familiarità> in rapporto a una

'?6 Jules Michelet, La Sorcière, Parigi, Calman-Lévy, s.d., pp. 23-24 (trad.it., La stega, Einaudi, Torino 1971, p. 16).

'?7 Cfr. Emmanuel Le Roy Ladurie, Le Carnaval de Romans, Gallimard,Parigi 1979.

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<<estraneità>>. Le descrizioni dello spazio sono nel loro grado mi-nimo-una lingua parlata, ovvero un sistema linguistico-distribu-tivo di luoghi in quanto sono articolali attraverso una <<focaliz-zazione enunciatrice>:, ovygro un atto di praticarli. Sono I'og_getto della <<prossemica>>.28 Basta qui, prima di ritrovarne le ii-dicazioni nell'organizzazione della mernoria, ricordare che conquesta enunciazione focalizzante lo spazio appare di nuovo co-me un luogo praticato.

Parte quartaUsi della lingua

- * Cfr. ad esempio, Paolo Fabbri, Considérations sur la proxémique, in

<<!angages>, n.10, giugno f 968, pp. 65-i5.8. T. Hall, proxemics: iníir)iy

of Man's spatial Relations, in I. Gladston (a cura di), Man's Image in Medeií-ne and Anthropology,rnternational university press, New york 1963, defini-va la prossemica come <lo studio del modo in cui l,uomo struttura inconscia-mente lo spazio - la distanza fra gli uomini nel modo di condurre le attivitàquotidiane, l'organizzazione dello spazio nelle case e negli edifici, e infine laconfigurazione delle città>.

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