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Corso di PROGETTO DI STRUTTURE Prof. Ing. Enzo D’AMORE COLLASSO PROGRESSIVO: STATO DELLARTE E TECNICHE DI MITIGAZIONE GRUPPO 1 Diego BRUCIAFREDDO Francesco CAMINITI Sandro TROVATO Università degli Studi “Mediterranea” Di Reggio Calabria FACOLTA’ DI INGEGNERIA Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Civile – Progettazione Strutturale ANNO ACCADEMICO 2008 - 2009

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Corso di PROGETTO DI STRUTTURE

Prof. Ing. Enzo D’AMORE

COLLASSO PROGRESSIVO:

STATO DELL’ARTE E TECNICHE DI MITIGAZIONE

GRUPPO 1 Diego BRUCIAFREDDO

Francesco CAMINITI

Sandro TROVATO

Università degli Studi “Mediterranea”

Di Reggio Calabria

FACOLTA’ DI INGEGNERIA

Corso di Laurea Specialistica in

Ingegneria Civile – Progettazione Strutturale

ANNO ACCADEMICO 2008 - 2009

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Curriculum Vitae Europass

Informazioni personali

Nome(i) / Cognome(i) Diego Bruciafreddo

Indirizzo(i) Via Bernardino Verro n.8, 20141 Milano

Telefono(i) +39 320 466 7566

E-mail [email protected]

Cittadinanza Italiana

Data di nascita 11/12/1984

Sesso Maschio

Occupazione desiderata/Settore

professionale

Ingegnere Strutturista

Esperienza professionale

Date 14/05/2012 a oggi

Lavoro o posizione ricoperti Ingegnere Strutturista

Principali attività e responsabilità Attività di consulenza relativa alla progettazione esecutiva di Torre Isozaki -edificio nell’ambito del progetto di riqualificazione dell’ex area fiera del comune di Milano di 57 piani - 220 m in c.a. con pareti accoppiate a nucleo per le azioni orizzontali , solai a piastra e colonne composite per i carichi verticali e dispositivi fluido viscosi per il controllo delle vibrazioni.

Nome e indirizzo del datore di lavoro Studio Iorio srl, Passaggio S.Bartolomeo n.7 24121 Bergamo

Tipo di attività o settore Ingegneria Strutturale

Date Dicembre 2009 a oggi

Lavoro o posizione ricoperti Ingegnere Strutturista

Principali attività e responsabilità Progettazione strutturale di strutture temporanee prefabbricate di grande luce per il ricovero di imbarcazioni. Principali tipologie strutturali trattate: -Tendostrutture in carpenteria metallica di acciaio e alluminio; -Tensostrutture; -Strutture pneumatiche;

Nome e indirizzo del datore di lavoro Yachtgarage Srl, Via delle Puglie 8 Benevento

Tipo di attività o settore Ingegneria Strutturale

Date 12/09/2011 a 09/05/2012

Lavoro o posizione ricoperti Ingegnere Strutturista

Principali attività e responsabilità Tirocinio formativo nell’ambito del master in “Progettazione Antisismica” della scuola Master F.lli Pesenti del Politecnico di Milano.Principali attività svolte: -Progettazione Strutturale “Torre Panoramica a Maranello per la Galleria Ferrari” progetto Architettonico Studio Lissoni– Torre Panoramica di 30 metri in c.a. con due piani interrati e uno sbalzo in testa di 12 m. Analisi in campo dinamico per il controllo delle vibrazioni. -Progettazione Strutturale “Auditorium il Castello a L’Aquila” - Struttura con isolamento sismico alla base, progettata da Renzo Piano, in legno strutturale composta da pannelli di xlam su una doppia orditura di travi in lamellare. -Modello strutturale agli elementi finiti per lo studio del comportamento statico e dinamico di Torre Isozaki.

Nome e indirizzo del datore di lavoro Studio Iorio srl, Passaggio S.Bartolomeo n.7 24121 Bergamo

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Tipo di attività o settore Ingegneria Strutturale

Date 01/09/2010 – 30/09/2010

Lavoro o posizione ricoperti Progettista Strutturale

Principali attività e responsabilità Progetto Strutturale di un edificio a sei elevazioni fuori terra più piano interrato, irregolare in pianta e in elevazione, di un edificio in c.a. in zona ad alta sismicità (ag/g 0.38) in classe di duttilità B. Il comportamento sismico è stato ottimizzato mediante l’adozione di una scala alla “Giliberti”.

Nome e indirizzo del datore di lavoro Studio Tecnico Arch. Antonino Leonello

Tipo di attività o settore Ingegneria Strutturale

Date 10/03/2007 al 10/06/2007

Lavoro o posizione ricoperti Tirocinio Formativo

Principali attività e responsabilità Attività sperimentale di modellazione e calcolo della risposta sismica locale.

Nome e indirizzo del datore di lavoro MECMAT – Dipartimento di Meccanica e Materiali dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

Tipo di attività o settore Ingegneria Strutturale

Istruzione e formazione

Date Febbraio 2011 – Maggio 2012

Titolo della qualifica rilasciata Master di II livello in “Progettazione antisismica delle strutture per costruzioni Sostenibili”

Principali tematiche/competenze professionali acquisite

Tecniche di progettazione per la mitigazione del rischio sismico sia su strutture nuove che esistenti. Competenze specialistiche nell’ambito della modellazione del comportamento dinamico delle strutture.

Titolo della tesi e argomenti “The new observation tower for the Galleria Ferrari Area in Maranello: structural earthquake and comfort design” Progettazione strutturale della nuova torre panoramica a Maranello per la Galleria Ferrari. Sono state effettuate analisi dinamiche non lineari incrementali con modellazione a fibre (IDA) per la valutazione del comportamento sismico e analisi dinamiche lineari per la valutazione del livello di confort a seguito delle vibrazioni di natura antropica sullo sbalzo di 12 m.

Nome e tipo d'organizzazione erogatrice dell'istruzione e formazione

Politecnico di Milano – Scuola Master F.lli Pesenti

Date Novembre 2007 – Dicembre 2010

Titolo della qualifica rilasciata Laurea Specialistica in Ingegneria Civile Progettazione strutturale

Principali tematiche/competenze professionali acquisite

Progettazione di strutture e opere geotecniche; Comportamento dinamico delle strutture sotto l’azione del sisma e del vento; Valutazione e mitigazione del potenziale di collasso progressivo negli edifici;

Titolo della tesi e argomenti “Valutazione della vulnerabilità sismica di edifici esistenti in c.a. mediante analisi non lineari” La tesi tratta la valutazione del grado di vulnerabilità di un edificio esistente irregolare in pianta mediante l’utilizzo di analisi dinamica non lineare con modelli a plasticità diffusa.

Nome e tipo d'organizzazione erogatrice dell'istruzione e formazione

Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria

Livello nella classificazione nazionale o internazionale

110 e lode con menzione di merito

Date Ottobre 2004 – Novembre 2007

Titolo della qualifica rilasciata Laurea Ingegneria Civile

Principali tematiche/competenze professionali acquisite

Competenze base di Analisi Matematica, Fisica,Scienza e Tecnica delle Costruzioni e Geotecnica

Titolo della tesi e argomenti “Risposta Sismica Locale” Valutazione della variazione dell’input sismico in relazione alle condizioni locali del sito.

Nome e tipo d'organizzazione erogatrice dell'istruzione e formazione

Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria

Livello nella classificazione nazionale o internazionale

110 e lode con menzione di merito

Autovalutazione Comprensione Parlato Scritto

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Livello europeo (*) Ascolto Lettura Interazione orale Produzione orale

Inglese B2 Livello intermedio C1 Livello Avanzato B2 Livello intermedio B2 Livello intermedio C1 Livello avanzato

Francese A2

Livello Elementare

B1 Livello Intermedio A2 Livello

Elementare A2

Livello elementare

A2 Livello elementare

(*) Quadro comune europeo di riferimento per le lingue

Capacità e competenze sociali - Sono particolarmente predisposto a lavorare in team cercando sempre di comprendere e di risolvere i problemi al meglio al fine di ottenere i risultati previsti. - Sono dotato di un forte senso di volontà e di capacità di problem solving anche nelle situazioni più dinamiche. -Sono dotato di un ottimo spirito di adattamento anche nelle situazioni più complesse e sono pienamente disponibile a trasferte in tutto il mondo. -Buona capacità di comunicazione e motivazione ottenuta grazie a un’ampia esperienza di impartizione di lezioni private a un buon numero di studenti universitari ( ad oggi circa 60 )

Capacità e competenze organizzative

Gestione di progetti e gruppi di lavoro

Capacità e competenze tecniche Ingegnere strutturista con capacità progettazione di strutture non tradizionali e complesse.

Capacità e competenze informatiche

Si elencano le principali competenze specialistiche in aggiunta alle competenze base di utilizzo del computer: Ottima conoscenza Excel+VBA Ottima Conoscenza programma per Modellazione FEM STRAUS7 Ottima Conoscenza Programma per Modellazione Fem MIDAS GEN Ottima Conoscenza Programma Per Modellazione FEM SAP200 Capacità di utilizzo e apprendimento in tempi rapidi di tutti i programmi di modellazione FEM Ottima conoscenza dei linguaggi di programmazione VBA, C++ Ottima conoscenza del programma di Calcolo MATLAB Ottima conoscenza del pacchetto OFFICE Ottima conoscenza di AUTOCAD

Altre capacità e competenze Runner amatoriale con partecipazione a eventi , nuoto;

Patente A, B

Ulteriori informazioni Referenze e Curriculum Vitae dettagliato su richiesta

Autorizzo il trattamento dei miei dati personali ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 "Codice in materia di protezione dei dati personali". (facoltativo, v. istruzioni)

Firma

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INDICE

1. INTRODUZIONE .......................................................................... Pag. 1

1.1 Definizione di Collasso Progressivo.. .............................................. Pag. 1

1.2 Report di crolli che documentano il collasso progressivo................ Pag. 1

1.3 Quadro normativo, guide tecniche e approcci per la riduzione

del rischio di collasso progressivo.. ................................................. Pag. 2

1.4. Metodi per l’abbattimento e mitigazione del rischio di collasso

progressivo.. .................................................................................... Pag. 5

1.4.1 Approccio Tie Force ............................................................. Pag. 7

1.4.2 Ridondanza ........................................................................... Pag. 9

1.4.3 Considerazioni della linee guida riguardo il collasso

progressivo ............................................................................ Pag. 11

1.4.4 Prescrizioni specifiche contro le esplosioni .......................... Pag. 16

1.5 Analisi del percorso di carichi in seguito all’eliminazione di una

colonna.. ........................................................................................... Pag. 17

2. LINEE GUIDA GSA .................................................................... Pag. 23

2.1 Collasso Progressivo secondo GSA.. ............................................... Pag. 23

2.2 Analisi statica lineare secondo GSA.. .............................................. Pag. 24

2.3 Altra tipologie di analisi secondo GSA.. .......................................... Pag. 27

3. LINEE GUIDA UFC .................................................................... Pag. 28

3.1 Collasso Progressivo secondo UFC.. ............................................... Pag. 28

3.2 Analisi statica lineare secondo UFC.. .............................................. Pag. 29

3.3 Analisi statica non lineare secondo UFC.. ....................................... Pag. 34

3.3.1 Modello Analitico ................................................................. Pag. 34

3.3.2 Combinazioni di carico ......................................................... Pag. 34

3.3.3 Fattore di incremento dinamico (DIF) .................................. Pag. 37

3.3.4 Limite al danneggiamento strutturale.................................... Pag. 39

3.4 Analisi dinamica non lineare .. ......................................................... Pag. 40

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4. VALUTAZIONE DEL POTENZIALE DI COLLASSO

PROGRESSIVO DI UNA STRUTTURA IN C.A.

PROGETTATA SECONDO NTC08 CLASSE DI

DUTTILITA’ “A” ......................................................................... Pag. 42

4.1 Generalità.. ....................................................................................... Pag. 42

4.2 Caratteristiche dell’edificio in esame.. ............................................. Pag. 44

4.3 Combinazione di carico per il collasso progressivo.. ....................... Pag. 46

4.4 Combinazione di carico per il collasso progressivo.. ....................... Pag. 46

4.5 Risultati delle analisi.. ...................................................................... Pag. 48

4.6 Considerazioni .. .............................................................................. Pag. 57

5. IPOTESI DI ADEGUAMENTO ................................................. Pag. 59

5.1 Considerazioni preliminari ............................................................... Pag. 59

5.2 Descrizione della travatura reticolare spaziale ................................. Pag. 60

5.3 Modellazione della travatura reticolare.. .......................................... Pag. 63

5.4 Caratteristiche dei materiali e dei profili utilizzati.. ......................... Pag. 64

5.5 Risultati delle analisi.. ...................................................................... Pag. 65

A.1 ALLEGATO 1: Tabulati modellazione nodi

A.2 ALLEGATO 2: Particolari nodi Vestrut

A.3 ALLEGATO 3: Tavola designazione travi

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CAPITOLO 1 –INTRODUZIONE COLLASSO PROGRESSIVO: STATO DELL’ARTE E TECNICHE DI MITIGAZIONE

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

1.1 Definizione di Collasso Progressivo

Con l’espressione “collasso progressivo” si descrive quel fenomeno

in cui una rottura locale si propaga in maniera analoga a una reazione a

catena, causando il collasso totale o parziale dell’edificio.

L’ASCE 7-05 definisce il collasso progressivo come “la

propagazione, tra gli elementi strutturali, di una rottura iniziale locale che

provoca, eventualmente, il collasso dell’intera struttura o di una parte

sproporzionata della stessa”. Si tratta quindi di un crollo di tipo

incrementale.

Generalmente, la causa scatenante il crollo è sconosciuta, generata

da azioni anomale, non prevedibili e non previste nella progettazione: onde

di pressione causate da esplosioni, impatti di veicoli, aeroplani, oggetti in

caduta, incendi, cicloni, errori di progettazione e/o costruzione.

1.2 Report di crolli che documentano il collasso progressivo

L’attenzione nei confronti del rischio di collasso progressivo è

andata crescendo in seguito alla diffusione di crolli disastrosi: Ronan Point

(Londra, 1968), Murrah Federal Building (Oklahoma, 1995), il World Trade

Center di New York nel 2001, solo per citarne alcuni.

In Italia il comportamento disastroso in fase post-collasso di edifici

in c.a. improvvisamente crollati nell’arco di pochi anni (a Palermo,

l'11/03/1999; a Foggia, in viale Giotto, l'11 novembre 1999; a Roma, in via

Vigna Jacobini, il 15/12/1999; a Napoli, in via Sanseverino, all'Arenella, il

25 giugno 2001) ha richiamato l'attenzione della comunità tecnico-

scientifica sulla questione della possibilità di evitare collassi progressivi

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conseguenti a cedimenti anche di elementi strutturali importanti, ma

inizialmente localizzati e circoscritti.

Nella prima metà degli anni '70 negli Stati Uniti (ed ancor prima in

Canada) furono istituite varie commissioni di studio. Dalla analisi del

censimento dei crolli avvenuti negli anni immediatamente precedenti emerse

che una elevata percentuale aveva avuto caratteristiche tipiche del collasso

progressivo. Nel 1973 Allen e Schriever raccolsero i dati (disponibili a

partire dal 1968) dell'Engineering News-Record sui crolli avvenuti negli

USA ed in Canada. Obiettivo dello studio era principalmente

l’identificazione sia delle cause di innesco del fenomeno, sia delle cause di

quelle modalità di evoluzione del collasso, che avevano poi portato dalla

rottura locale al crollo parziale o totale dell'edificio.

Un’altra questione sviluppata dai due studiosi fu il censimento dei

crolli in funzione delle modalità del loro sviluppo, con l’individuazione di

quelli nei quali si potevano riconoscere le caratteristiche proprie di un

collasso progressivo. Ciò comportava, naturalmente, di stabilire prima quali

caratteristiche dovesse presentare un crollo perché potesse definirsi

progressivo. Gli Autori proponevano così di convenire che l'aspetto

identificativo dovesse riconoscersi nel numero (almeno 3) di elementi

strutturali significativi coinvolti nel crollo in conseguenza diretta di una

rottura locale.

1.3 Quadro normativo, guide tecniche e approcci per la riduzione del rischio di collasso progressivo

Attualmente è possibile fare riferimento ai seguenti documenti per lo

studio del fenomeno del collasso progressivo.

ASCE 7-05: tale guida tecnica definisce due approcci per la

riduzione del rischio di collasso progressivo. Il primo è il “Direct Design”

secondo il quale deve essere analizzata in maniera esplicita la resistenza al

collasso progressivo durante l’iter di progettazione. Questo approccio

include l’Alternate Path (AP) method (metodo del percorso alternativo dei

carichi), per il quale ogni struttura deve essere in grado di fare ponte al di

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sopra di un elemento strutturale collassato,e lo Specific Local Resistance

(SLR) method (metodo della resistenza locale specifica): l’edificio (o le sue

parti) deve avere sufficiente resistenza per sopravvivere ad una specifica

azione o minaccia.

Con il secondo metodo, detto “Indirect Design”, la resistenza al

collasso progressivo è garantita implicitamente attraverso la fornitura di

livelli minimi di resistenza, continuità e duttilità. L’ASCE 7-05 fornisce

altresì linee guida e suggerimenti per il miglioramento del comportamento

strutturale, anche se va sottolineato che la normativa americana si limita a

fornire indicazioni qualitative. Tali indicazioni vengono approfondite e

trattate quantitativamente in altri due documenti, ovvero le “Progressive

Collapse Guidelines” della GSA (U.S. General Services Administration) e

nelle “Unified Facilities Criteria (UFC)” – Design of buildings to resist

progressive collapse – Departement of Defense.

I British Standards, alla stregua dei due documenti appena sopra

elencati, prevedono i seguenti approcci: Tie Forces (TF), Alternate Path

(AP), Specific Local Resistance (SLR).

TF (approccio di tipo Indirect Design): migliora la continuità, la

duttilità e la ridondanza strutturale mediante il funzionamento a catenaria

degli impalcati (ties) che “incatenano” l’edificio in presenza di azioni

anomale.

AP (approccio di tipo Direct Design): richiede al progettista di

garantire che la struttura sia capace di “far ponte” sopra un elemento

strutturale rimosso e che il danneggiamento non superi i limiti fissati dal

codice stesso.

SLR (approccio di tipo Direct Design): si richiede che ogni elemento

strutturale al di sopra del quale l’edificio non sia più in grado di far ponte sia

progettato come un elemento chiave (key element), ovvero sia in grado di

sopportare una pressione statica di 34 kN/m2.

L’UNI EN 1990, che fornisce le basi della progettazione strutturale

valide per tutti gli Eurocodici, da indicazioni molto generali in merito alle

azioni eccezionali prescrivendo che una struttura sia progettata e realizzata

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in modo che non venga danneggiata in maniera sproporzionata rispetto alla

causa originaria, da esplosioni, urti e conseguenze di errori umani. Gli

elementi da considerare sono quelli concordati per un progetto specifico con

il committente e con l’autorità competente. Per ulteriori prescrizioni la

norma rimanda alla EN 1991-1-7. Essa prescrive, inoltre, che il danno

potenziale venga evitato o limitato attraverso una scelta appropriata di una o

più delle seguenti procedure:

• evitare, eliminare o ridurre i rischi cui la struttura può

essere esposta;

• scegliere una forma strutturale con bassa sensibilità ai

rischi considerati;

• scegliere una forma strutturale ed una progettazione

capace di sopravvivere in maniera adeguata alla rimozione

accidentale di un singolo elemento o di una parte limitata della

struttura, o al verificarsi di un danno localizzato accettabile;

• evitare il più possibile sistemi strutturali che possono

collassare senza segni premonitori;

• connettere gli elementi strutturali.

È compito degli altri Eurocodici fornire regole specifiche per ridurre

il rischio di collasso progressivo. L’EC2 al par. “9.10 – Tying systems”

prescrive che le strutture non progettate per resistere ad azioni eccezionali

debbano avere un sistema di incatenamento idoneo per prevenire il collasso

a catena mediante la creazione di percorsi alternativi delle forze interne

dopo un danno locale e prescrive alcune tipologie di incatenamenti, oltre ad

alcune regole di dettaglio per il dimensionamento di tali elementi. Tali

indicazioni praticamente coincidono con quelle riportate dalle UFC

americane precedentemente introdotte.

Le Norme Tecniche per le Costruzioni (2008) forniscono

indicazioni generali, e non di dettaglio, relative ad una progettazione mirata

a ridurre il rischio di collasso progressivo. Le norme introducono il concetto

di “robustezza nei confronti di azioni eccezionali (capacità di evitare danni

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sproporzionati rispetto all’entità delle cause innescanti quali incendio,

esplosioni, urti)”.

In merito alla “robustezza” le NTC riportano al paragrafo 3.1.1 “In

fase di progetto, la robustezza dell’opera deve essere verificata imponendo

azioni nominali convenzionali, in aggiunta alle altre azioni esplicite (non

sismiche e da vento), applicate secondo due direzioni orizzontali ortogonali

e consistenti in una frazione dei carichi pari all’1%, al fine di verificare il

comportamento complessivo.”

In maniera sempre del tutto generale al capitolo 3.6 – Azioni

eccezionali, le norme recitano così: “Le azioni eccezionali sono quelle che

si presentano in occasione di eventi quali incendi, esplosioni ed

urti….Quando non si effettuano verifiche specifiche nei confronti delle

azioni eccezionali, quali esplosioni, urti, ecc., la concezione strutturale, i

dettagli costruttivi ed i materiali usati dovranno essere tali da evitare che la

struttura possa essere danneggiata in misura sproporzionata rispetto alla

causa.”

1.4. Metodi per l’abbattimento e mitigazione del rischio di collasso progressivo

Con riferimento alle “Unified Facilities Criteria” (da qui in poi

denominate per semplicità UFC), si vogliono descrivere i principali metodi

per l’abbattimento del rischio di collasso progressivo. In particolare, come

prima anticipato, tale guida nel paragrafo 1-3.4.1/2 fa riferimento a due

approcci, diretto (Direct Design Approaches) ed indiretto (Indirect Design

Approaches).

L’approccio diretto include “esplicite considerazioni riguardo alla

resistenza nei confronti del collasso progressivo durante la fase

progettuale”. Tale obiettivo può essere raggiunto seguente due

metodologie:

1. Metodo dei percorsi alternativi di carico “Alternate Path

(AP) method”, il quale richiede che la struttura sia in grado di

fare ponte al di sopra degli elementi strutturali rimossi, in

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modo che il danno generato resti localizzato e se ne scongiuri

quindi una sua propagazione.

2. Resistenza locale specifica “Specific Local Resistance

(SLR)”, il quale richiede che l’edificio, o alcune parti di esso,

possiedano sufficiente resistenza per resistere allo specifico

carico che potrebbe generare il collasso progressivo.

Chiaramente quest’ultima via non può essere seguita quando le

azioni in gioco sono anomale ed eccezionali, proprio a causa

dell’indeterminatezza dei carichi da assumere a base di progetto.

Il metodo dei percorsi alternativi di carichi da per scontato invece

che sia stata già vinta la resistenza locale degli elementi direttamente

soggetti all’azione eccezionale e che quindi debba essere il resto delle

struttura a fronteggiare tali azioni e consentirne la ridistribuzione nelle

regioni non danneggiate tramite i propri requisiti di continuità, iperstaticità,

ridondanza e duttilità. Quest’approccio prescinde quindi dall’evento che ha

prodotto il danneggiamento o l’eliminazione di un determinato elemento

strutturale, e si limita a studiare il comportamento dell’edificio in seguito ad

esso.

L’approccio indiretto considera la resistenza al collasso progressivo

implicitamente attraverso la fornitura di livelli minimi di resistenza,

continuità e duttilità. Le ASCE 7 forniscono delle linee guida generali e

suggerimenti per migliorare l’integrità strutturale, ma non danno requisiti

quantitativi per la progettazione sia diretta che indiretta nei confronti del

collasso progressivo. Possono essere così riassunte tali indicazioni:

1) Buona organizzazione della pianta

2) Sistema integrato di tiranti (effetto catenaria)

3) Ritorno dei carichi sui muri portanti

4) Cambi di direzione dell’orditura dei solai

5) Partizioni interne in grado di sopportare carichi

6) Azione catenaria dei solai

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7) Raggio d’azione dei muri portanti

8) Ridondanza dei sistemi strutturali

9) Duttilità

10) Rinforzi addizionali per esplosione o l’inversione del

carico

11) Costruzione con compartimenti stagni

1.4.1 Approccio Tie Force

Seguendo l’approccio “tie force”, si devono fornire alla struttura

legami adeguati tra gli elementi strutturali che siano in grado di ridistribuire

i carichi in seguito alla perdita istantanea di un elemento di supporto

verticale attraverso. Il “tie force” deve essere assicurato alla struttura sia in

direzione orizzontale (longitudinale, trasversale e perimetrale) che in

direzione verticale. Per quanto riguarda l’azione orizzontale la norma

propone un nuovo approccio rispetto a quello precedente. L’azione

orizzontale, che prima era affidata alle travi, ora deve essere riportata a terra

dai sistemi di solai che, in caso di perdita di elementi di supporto verticale,

ridistribuiranno le sollecitazioni per via catenaria o membranale (vedi Fig

2).

La condizione di carico del solaio per il calcolo della “tie force”

necessaria è la seguente:

wF = 1.2D + 0.5L

dove:

wF = carico sul solaio

D = carichi permanenti

L = carichi variabili

Nel caso in cui alcune parti della struttura siano soggette a carichi di

maggiore entità si segue la procedura inserita nella norma per il calcolo

delle azioni risultanti.

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Figura 1. Azione ridistribuita per via catenaria

Figura 2. Nuovo approccio “Tie force” in una struttura intelaiata

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Figura 3. Vecchio approccio “Tie force” in una struttura intelaiata

1.4.2 Ridondanza

Le strutture devono essere progettate in modo che di fronte alla perdita di

alcuni elementi, ci siano dei percorsi di carico alternativi che evitino il

collasso progressivo. Se il sistema è ridondante, la perdita di uno o più

elementi principali non dovrebbe causare il collasso poiché i carichi che

prima erano sopportati dall’elemento danneggiato possono essere trasferiti

agli altri elementi della struttura.

Nel caso del World Trade Center 1 (WTC1) si può vedere un sistema

reticolare posto sulla copertura della torre (figura 3.1) che fornisce dei

percorsi di carico alternativi nel caso della perdita di elementi principali di

supporto [Byfield 2007].

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Figura 3.1. Sezione del WTC1 dove si vede un sistema in copertura che crea percorsi di carico

alternativi

Inoltre, la ridondanza alla struttura può essere fornita anche a livello locale

con l’aumento della resistenza degli elementi più vulnerabili, che possono

essere colpiti da azioni accidentali, con l’evidente difficoltà di poter stabilire

quali sono questi elementi e soprattutto l’azione che potrà investirli [Nair

2003].

Da quanto detto si deduce che la progettazione delle strutture che possono

essere sottoposte a carichi eccezionali di difficile previsione deve possedere

un elevato livello di ridondanza che provveda a fornire un adeguato

meccanismo (percorsi di carico alternativi) per evitare il collasso

progressivo.

Nella seguente figura si possono vedere due sistemi costruttivi. Il primo ha

un elevato livello di ridondanza, mentre il secondo ha un basso livello di

ridondanza.

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Figura 3: Torri con un alto livello di ridondanza (1) e con un basso livello di ridondanza (2) [Byfield 2007]

1.4.3 Considerazioni delle linee guida riguardo il collasso progressivo

Ogni edificio dovrebbe essere progettato con il massimo livello di

sicurezza e con l’intento di ridurre al minimo le possibilità che sotto un

evento di carico critico ci sia un collasso progressivo della struttura.

Affinché la struttura possa essere dotata di sufficiente robustezza

durante la fase progettuale sono necessarie delle considerazioni.

Le considerazioni sono sia di tipo locale, con particolare attenzione

ai tipi di connessione, sia di tipo globale, con particolare attenzione alla

configurazione strutturale.

Alcune normative riportano le caratteristiche che le strutture devono

possedere affinché si possano mitigare gli effetti del collasso progressivo.

Tra queste caratteristiche la [FEMA 426] ci invita a considerare:

a) Ridondanza: l’uso di un sistema di resistenza alle forze

laterali e a quelle verticali ridondante è altamente incoraggiato quando si

parla di collasso progressivo. La ridondanza tende a favorire

l’irrobustimento della struttura e aiuta a garantire che ci siano percorsi di

carico alternativi nel caso in cui viene a mancare uno o più elementi.

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Inoltre la ridondanza favorisce l’arrivo del carico massimo di

snervamento in diverse posizioni sulla struttura, aumentando così la

possibilità che il danno resti circoscritto.

b) Uso di elementi e dettagli strutturali duttili: se gli elementi

strutturali sperimentano già il superamento del limite elastico in fase di

esercizio senza mai aver sperimentato il collasso progressivo, ci

troviamo in una posizione alquanto critica. Infatti, gli elementi strutturali

devono sperimentare il superamento del limite elastico solo nel caso di

eventi eccezionali. Superato il limite elastico, è consigliabile far uso di

elementi altamente duttili che permettono di avere la ridistribuzione di

carichi eccezionali sulla struttura.

c) Capacità di resistere a carichi inversi: la capacità di resistere

a carichi inversi è molto importante quando siamo in presenza della

perdita di un elemento strutturale principale. La progettazione, in questo

caso, può ricevere un aiuto dalle tecniche di progettazione sismica.

d) Capacità di resistere allo shear failure (rottura per taglio):

gli elementi strutturali devono conservare una sufficiente resistenza e

duttilità sotto eventi di carico eccezionali per poter contrastare uno shear

failure. Se la capacità di taglio viene superata prima della capacità

flessionale, si avrà una rottura improvvisa (le rotture per taglio sono

improvvise e fragili), anziché una rottura duttile. Ciò ha alte probabilità

di portare la struttura al collasso progressivo.

La [GSA] fornisce le seguenti prescrizioni da considerare durante la

fase di progettazione degli edifici:

Considerazioni sul comportamento locale:

a) Continuità tra travi diverse: Provvedere alla continuità tra

travi differenti nel progetto di una connessione nelle strutture in acciaio

è considerato fondamentale per poter abbassare il potenziale di collasso

progressivo. È compito dell’ingegnere strutturale dimostrare che il

sistema di connessione trave-colonna-trave adottato sia in grado di

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ridistribuire i carichi per diverse condizioni (ad esempio la rimozione

della colonna).

b) Resilienza delle connessioni: Risulta alquanto necessario che

le connessioni siano in possesso di resilienza per poter abbassare il

potenziale di collasso progressivo. Questa proprietà serve per contrastare

la perdita istantanea di un supporto verticale.

c) Ridondanza delle connessioni: Avere una ridondanza delle

connessioni consente percorsi di carico differenti nel caso in cui ci sia la

perdita di un elemento strutturale. Un esempio di connessione detta

“tradizionale” è mostrata in figura 3.3 dove viene inclusa la

rappresentazione delle deformate flessionali sotto l’influenza dei soli

carichi gravitazionali. Come si può vedere in figura 3.4 quando il

sistema è soggetto alla rimozione della colonna, la luce della trave

diventa doppia. Rimane così il dubbio che la configurazione originaria

sia in grado di sostenere la nuova ridistribuzione dei carichi dovuta alla

perdita della colonna. Ciò dipende sia dal tipo di connessione trave-

colonna-trave al centro, che dal tipo di connessione trave-colonna alle

estremità.

Figura 4: Schema di un collegamento “tradizionale” trave – colonna – trave in una

struttura in acciaio intelaiata prima della rimozione della colonna [GSA 2003]

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Figura 5: Risposta dello schema mostrato in figura 3.3 dopo la rimozione della

colonna, si vede l’incapacità di protezione dello schema contro il collasso progressivo [GSA

2003]

d) Capacità rotazionale delle connessioni: Soltanto le

connessioni trave-colonna per le quali è stata accertata la loro qualità

attraverso dei test eseguiti su scala reale che hanno verificato il loro

livello di capacità rotazionale, dovrebbero essere usate nella costruzione

dei nuovi edifici per attenuare il potenziale di collasso progressivo. È

grazie alla duttilità delle connessioni che i sistemi di travi in una

struttura in acciaio si possono adattare a diverse condizioni di carico

dovute alla perdita di una colonna. La ricerca ha mostrato che in molti

casi, affinché venga raggiunto il successo di una connessione trave-

colonna in una configurazione con il doppio della luce iniziale, non

basta che essa abbia alte capacità di arrivare alla condizione di cerniera

plastica ma si deve mantenere una sufficiente capacità di portare carichi

assiali sia da parte della trave che della connessione dove viene rimossa

la colonna.

e) Determinazione della richiesta di resistenza delle

connessioni: Infine, per completare il progetto o l’indagine su un dato

tipo di connessione trave-colonna (per esempio la calibratura dei piatti,

dei bulloni, delle saldature che creano la connessione), bisogna

determinare la resistenza richiesta a taglio e flessione per ogni sezione

critica. Ogni connessione potrebbe avere delle sezioni critiche differenti

per le quali la sollecitazione dovrebbe essere calcolata, a causa delle

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differente geometrie e/o materiali impiegati. La richiesta di resistenza

delle connessioni per le sezioni critiche potrebbe essere calcolata con la

determinazione del punto in cui si formano le cerniere plastiche. Trovata

la posizione si determina la grandezza del momento in questo punto del

diagramma che è pari al momento plastico della sezione Mpl = Wpl y (la

posizione delle cerniere plastiche può essere trovata attraverso dei test

ciclici a scala reale che sono generalmente usati per quantificare la

capacità rotazionale delle connessioni). Il passo successivo è quello di

tracciare il diagramma del momento della trave per la condizione in cui

la luce della trave è raddoppiata come mostrato in figura 3.5.

Sovrapponendo il punto di cerniera plastica noto sul diagramma del

momento, partendo dal punto di formazione del momento plastico e

continuano verso l’asse della colonna rimossa, potrebbe essere

facilmente determinato l’incremento della domanda di resistenza per

ogni connessione.

Figura 6: Diagramma del momento dovuto alla rimoazione della colonna per

detrminare la richiesta di resistenza delle connessioni per ogni elemento di connessione [GSA

2003]

Considerazioni sul comportamento globale:

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Ridondanza della struttura globale: L’uso di un sistema strutturale di

resistenza che sia ridondante in direzione verticale e in direzione orizzontale

è fortemente incoraggiato quando si parla di collasso progressivo. Una

sistema globale ridondante tende a fornire la struttura di una maggiore

robustezza strutturale che aiuta ad assicurare dei percorsi alternativi di

carico percorribili nel caso in cui ci sia una azione anomala che possa

provocare la perdita di un elemento strutturale principale. In più, la

ridondanza strutturale provvede a dislocare in diversi punti della struttura lo

snervamento degli elementi, che incrementa la possibilità che il danno

rimanga circoscritto.

1.4.4 Prescrizioni specifiche contro le esplosioni

La [FEMA 426] specifica quali sono le caratteristiche strutturali che

possono essere utili alla mitigazione degli effetti delle esplosioni:

• È importante conferire un comportamento duttile

locale e globale per poter assorbire l’energia dell’impatto dovuto

all’esplosione.

• Bisogna usare dei rinforzi simmetrici in modo tale da

aumentare la resistenza ultima della struttura.

• Il progettista dovrebbe prestare particolare attenzione

nel riconoscere quali sono gli elementi che potrebbero essere

sottoposti a carichi opposti a quelli per i quali sono stati progettati.

Le costruzioni in acciaio sono avvantaggiate da questo punto di

vista in quanto la loro resistenza alle sollecitazioni è simmetrica. Le

costruzioni in cemento armato invece, dovrebbero essere dotate di

armature simmetriche all’interno degli elementi in modo tale da

incrementare la resistenza ultima dell’intera struttura.

• La spaziatura tra la colonne dovrebbe essere ridotta a

una misura accettabile per poter incrementare la resistenza della

struttura sotto gli effetti dell’esplosione. La distanza fra due colonne

dovrebbe non essere superiore ai 9 m.

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• Anche l’altezza fra i piani dovrebbe essere ricondotta

a livelli accettabili e comunque non superiore ai 4,5 – 5 metri.

• Le pareti dovrebbero essere collegate ai piani in modo

tale da minimizzare l’effetto dell’esplosione sulle colonne.

• In molti casi, l’uso della duttilità in fase progettuale

come avviene nel caso sismico e l’uso di percorsi di carico

alternativi come avviene per contrastare il collasso progressivo,

potrebbero aiutare ad aumentare il livello di protezione contro gli

effetti esplosivi.

1.5 Analisi del percorso di carichi in seguito all’eliminazione di una colonna

Negli edifici in c.a. il danno atteso a seguito di un fenomeno di

collasso progressivo è proporzionale all’estensione della zona inizialmente

colpita dall’azione eccezionale. Affinché possano attivarsi certi percorsi

alternativi di carico è necessario che la struttura subisca una determinata

deformazione. Il livello di tale deformazione cresce con l’estensione della

porzione di struttura danneggiata; di conseguenza danneggiamenti molto

estesi possono essere fronteggiati solo con grandi deformazioni, requisito

che non è tipico di una struttura in c.a. A questo va aggiunto che per azioni

molto intense i danni causati dall’impatto di frammenti in caduta non può

essere ovviamente trascurato.

L’eliminazione di una delle colonne innesca il fenomeno del collasso

progressivo. La mancanza di questo elemento strutturale interrompe quindi

il normale percorso verticale seguito dai carichi.

I pilastri subito adiacenti all’elemento danneggiato saranno i primi a

ricevere il carico portato dalla colonna ormai mancante e si occuperanno di

portarlo fino in fondazione. Del trasferimento di questi carichi se ne

occuperanno le travi e le tamponature (soprattutto se rigide e ben confinate)

che si trovano subito al di sopra del pilastro mancante.

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Figura 7: Schema dell'edifico a seguito della perdita di un pilastro perimetrale

Figura 8:Potenziale meccanismo di by‐pass alle deficienza strutturale

L’eliminazione della colonna modifica l’itinerario che i carichi

seguono in condizioni statiche e genera delle forze orizzontali come si può

intuire da condizioni di equilibrio del nodo. Tali azioni somigliano in

qualche modo a quelle generate da un sisma ma localizzate e di elevata

intensità.

Nel caso in cui si superasse la resistenza delle tamponature a causa

dell’elevato valore di deformazione raggiunto dalle maglie, gli unici

elementi in grado di portare i carichi ai pilastri adiacenti saranno le travi.

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Figura 9:Affidamento dei carichi sopportati alle sole travi convergenti in un nodo

Affinché una struttura sia in grado di attivare questi meccanismi di

trasferimento o by-pass delle azioni dovute al danneggiamento di una delle

colonne è necessario che gli elementi che lo compongono sia adeguatamente

dimensionati e mutuamente connessi fra di loro. Proprio la rottura di uno di

questi elementi può provocare l’interruzione del by-pass e

conseguentemente un disastroso collasso progressivo. Negli schemi sopra

proposti è possibile intuire quali siano le componenti del sistema strutturale

maggiormente impegnate in questo fenomeno:

- La pilastrata in cui si è ipotizzato il collasso, che potrebbe essere

soggetta a trazione

- Le travi ed i solai che ricevono le spinte orizzontali

- Le murature coinvolte nei percorsi obliqui

- Le due pilastrate contigue a quella in cui è collassata la colonna (

questi elementi sono costretti a portare infatti oltre al loro carico

verticale, anche quello aggiuntivo che prima gravava sull’altra

pilastrata)

- Le strutture di fondazione delle due pilastrate sopra elencate che

riceveranno un incremento di carico

- Il terreno di fondazione sottostante le due pilastrate

- I nodi trave-colonna

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Se uno di questi elementi dovesse cedere, le azioni cercherebbero un

nuovo percorso che sicuramente richiederebbe valori maggiori di

deformazione soprattutto a carico delle travi, che se non in possesso di

elevati valori di duttilità collasserebbero progressivamente.

Un altro possibile ed efficace meccanismo di by-pass dei carichi è

quello che si basa sul funzionamento a catenaria degli impalcati, ovvero

il Tie Forces (TF). Tale funzionamento richiede che le armature orizzontali

degli impalcati siano progettate ed organizzate in modo da poter ricevere

rilevanti azioni orizzontali di trazione che si generano durante il fenomeno

del collasso progressivo. In questa situazione i solaio sarebbero chiamati a

lavorare come una membrana vincolata lungo i bordi agli spostamenti

orizzontali e verticali. Questi pannelli infatti, dopo una prima fase in cui

manifestano un comportamento flessionale, in seguito alla rottura delle zone

critiche, attivano un meccanismo a catenaria che è chiaramente legato a

deformazioni rilevanti. In funzione dell’orditura dei solai questa membrana

potrà essere uni o bidirezionale.

Figura 10:Meccanismi di Tie Force per il trasferimento dei carichi

Importanza decisiva nell’attivazione di tale meccanismo è giocata da

una corretta disposizione dei dettagli di ancoraggio e di giunzione delle

barre che fungono da catene oltre all’inserimento di staffe nei nodi. E’

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necessario infatti, affinché il funzionamento a catenaria sia attivabile, che il

resto della struttura possa equilibrare il tiro all’estremità della catenaria

stessa.

Per quanto riguarda i solai unidirezionali è fondamentale che vi sia

continuità fra le barre di armatura inferiori da portarsi attraverso un nodo.

In figura è possibile vedere il meccanismo di resistenza che si può

instaurare in un sistema che è soggetto alla rimozione di una colonna

considerando qualitativamente solo il contributo delle travi.

Figura 11: Meccanismo di resistenza dopo la rimozione di una colonna [Hamburger 2003]

La maggior parte dei progetti trascurano la possibilità che si possa

sviluppare un meccanismo di resistenza per via catenaria e si affidano

implicitamente al sistema di resistenza flessionale.

Nei sistemi in cui le connessioni sono a parziale ripristino delle

sollecitazioni, la ridistribuzione delle azioni nel caso della perdita della

colonna può avvenire attraverso l’azione catenaria.

Page 28: DB.collasso Progessivo

CAPITOLO 1 –INTRODUZIONE COLLASSO PROGRESSIVO: STATO DELL’ARTE E TECNICHE DI MITIGAZIONE

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Per poter avere una azione catenaria le connessioni trave-colonna e

trave-colonna-trave nel punto in cui viene rimossa la colonna, devono

possedere una adeguata duttilità e resistenza alla trazione [Byfield &

Paramavisan 2007].

Finché le connessioni hanno una ottima resistenza agli sforzi di

trazione, in modo tale da poter attuare un comportamento catenario, non è

necessario che ci sia la massima resistenza alle azioni flessionali nel piano

[Hamburger 2003].

Figura 12: Equilibrio catenario delle forze per rotazioni diverse

Effettuando una analisi dell’equilibrio all’azione catenaria per due

configurazioni sottoposte alla stessa forza ma con rotazioni diverse, si nota

che la sollecitazione di trazione diminuisce all’aumentare dell’angolo di

rotazione φ .

Nel caso in cui si instauri un meccanismo catenario, l’aumento delle

capacità rotazionali delle connessioni, comporta una diminuzione dello

sforzo di trazione sulla trave e sulla connessione stessa riducendo così il

rischio di collasso progressivo.

Le capacità rotazionali inelastiche delle connessioni rappresentano

quindi, un parametro fondamentale per controllare i meccanismi di tipo

catenario.

Page 29: DB.collasso Progessivo

CAPITOLO 2 –LINEE GUIDA GSA COLLASSO PROGRESSIVO: STATO DELL’ARTE E TECNICHE DI MITIGAZIONE

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CAPITOLO 2

LINEE GUIDA GSA

“Progressive collapse is a situation where local

failure of a primary structural component leads to the

collapse of adjoining members which, in turn, leads to

additional collapse. Hence, the total damage is

disproportionate to the original cause.”

2.1 Collasso Progressivo secondo GSA

La U.S General Service Administration (GSA) ha sviluppato:

“Progressive Collapse Analysis and Design Guidelines for New Federal

Office Buildings and Major Modernization Projects”, con l’obbiettivo di

ridurre gli effetti del collasso progressivo negli edifici colpiti da azioni

dinatura eccezionale, generalmente non previste in fase progettuale dai

codici normativi. Il lavoro iniziato nel 1999, ha fornito il primo testo nel

2000 e la versione definitiva nel 2003.

Nel testo vengono forniti i criteri di progettazione per gli edifici

esposti al rischio di collasso progressivo e le metodologie di analisi per

verificare se tali edifici siano in grado o meno di subire danni spropositati

rispetto alla causa scatenante.

Lo scopo principale della GSA è quello di fornire ai progettisti gli

strumenti necessari per la riduzione del rischio di collasso progressivo nelle

strutture di nuova progettazione e i metodi di analisi per la valutazione del

rischio di collasso progressivo nelle strutture esistenti.

La norma non specifica quali sono le azioni eccezionali contro le

quali la struttura deve resistere (i.e. attacchi terroristici dinamitardi), bensì si

concentra sulla “robustness” che ogni struttura deve possedere per poter

contrastare i fenomeni di collasso progressivo.

Page 30: DB.collasso Progessivo

CAPITOLO 2 –LINEE GUIDA GSA COLLASSO PROGRESSIVO: STATO DELL’ARTE E TECNICHE DI MITIGAZIONE

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2.2 Analisi statica lineare secondo GSA

La GSA prevede che l’analisi strutturale venga effettuata attraverso

l’analisi statica lineare al passo del modello con aggiornamento manuale

della matrice di rigidezza della struttura.

La condizione di carico alla quale si sottopone l’intera struttura è

così definita:

Load = 2 ( DL + 0,25 LL )

dove:

DL = carichi permanenti

LL = carichi variabili

mentre il fattore 2 rappresenta il fattore di incremento dinamico del

carico derivante dall’applicazione di un carico impulsivo alla struttura.

Passi da seguire per l’analisi:

• si carica la struttura come visto precedentemente

• si procede alla rimozione istantanea di un elemento di

supporto verticale al primo piano come mostrato in figura (si elimina

una colonna alla volta lungo i due lati della struttura, nell’angolo e al

centro).

Figura 1. Approccio coretto ed incorretto per la rimozione delle colonne

Page 31: DB.collasso Progessivo

CAPITOLO 2 –LINEE GUIDA GSA COLLASSO PROGRESSIVO: STATO DELL’ARTE E TECNICHE DI MITIGAZIONE

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Figura 2. Zone di rimozione degli elementi di supporto verticale

• si effettua l’analisi della struttura

• si verifica quali elementi strutturali eccedono il DCR e si modifica la

matrice di rigidezza della struttura così come spiegato di seguito:

se il DCR di un elemento supera il valore massimo a causa di

sollecitazioni taglianti l’elemento viene considerato fallito; se il DCR

viene superato a causa di sollecitazioni flessionali si inserisce una

cerniera e viene applicata una coppia di momenti pari a quello resistente

dell’elemento

• Si rilancia l’analisi fino a che nessun elemento non eccede il DCR.

Il rischio di collasso progressivo viene effettuato valutando le dimensioni

delle parti della struttura che non hanno resistito alla rimozione istantanea di

un elemento di supporto verticale. La struttura si trova nella condizione di

basso rischio di collasso progressivo se il danno strutturale non eccede

determinate dimensioni fornite dalla norma come mostrato in figura:

Page 32: DB.collasso Progessivo

CAPITOLO 2 –LINEE GUIDA GSA COLLASSO PROGRESSIVO: STATO DELL’ARTE E TECNICHE DI MITIGAZIONE

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Figura 3. Dimensioni massime delle aree che possono danneggiarsi a seguito della rimozione di

una colonna

La valutazione delle capacità resistenti degli elementi strutturali viene

effettuata mediante il DCR (Demand Capacity Ratio) che rappresenta il

rapporto tra la resistenza richiesta e quella che l’elemento strutturale può

fornire.

Attraverso il DCR si valuta se un elemento strutturale può considerarsi

integro, fallito o “parzialmente” fallito. Un elemento viene considerato non

in grado di assolvere alla sua funzione quando eccede il valore di DCR

fornito dalla norma.

Il valore di DCR varia in base al tipo di struttura (c.a. o acciaio) ed in base

al tipo di elemento strutturale.

Nel caso di c.a. il DCR vale 2 per le strutture che possono essere considerate

tipiche mentre vale 1,5 per le strutture che non possono essere considerate

come tipiche.

Nel caso dell’acciaio il DCR varia in funzione del tipo di elemento

strutturale che viene esaminato, assumendo valori elevati per elementi

sottoposti ad azioni flessionali e valori più bassi per elementi sottoposti a

presso-flessione. Valori più dettagliati sono riportati all’interno di una

tabella presente all’interno della norma e che è stata redatta in base alle

Page 33: DB.collasso Progessivo

CAPITOLO 2 –LINEE GUIDA GSA COLLASSO PROGRESSIVO: STATO DELL’ARTE E TECNICHE DI MITIGAZIONE

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indicazioni che sono presenti nelle principali norme e commentari

americani.

2.3 Altra tipologie di analisi secondo GSA

La norma non preclude altre tipologie di analisi come l’analisi statica

non lineare e l’analisi dinamica lineare e non lineare che permettono di

cogliere in maniera decisamente migliore gli aspetti peculiari caratterizzanti

le strutture sottoposte ad azioni di tipo dinamico.

Tuttavia è consigliato l’uso di queste analisi solo ai progettisti più

esperti che siano in grado di non incorrere in errori di modellazione.

Page 34: DB.collasso Progessivo

CAPITOLO3 –LINEE GUIDA UFC COLLASSO PROGRESSIVO: STATO DELL’ARTE E TECNICHE DI MITIGAZIONE

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CAPITOLO 3

LINEE GUIDA UFC

“Progressive collapse is a relatively rare event, in the United States and other

Western nations, as it requires both an abnormal loading to initiate the local

damage and a structure that lacks adequate continuity, ductility, and

redundancy to resist the spread of damage. However, significant casualties can

result when collapse occurs. This is illustrated by the April 19, 1995 bombing

of the Alfred P. Murrah building in Oklahoma City, in which the majority of

the 168 fatalities were due to the partial collapse of the structure and not to

direct blast effects. The recent escalation of the domestic and international

terrorist threat has increased the probability that other US government

structures will be attacked with explosives or other violent means.”

“the spread of an initial local failure from element to element, eventually

resulting in the collapse of an entire structure or a disproportionately large

part of it.”

3.1 Collasso Progressivo secondo UFC

Il documento più recente per quanto riguarda la progettazione contro

il rischio di collasso progressivo e lo UFC 4-023-03 pubblicato il 14 Luglio

2009 e revisionato il 27 Gennaio 2010. Tale documento fornisce le linee

guida per una progettazione mirata a minimizzare il rischio di collasso

progressivo nelle strutture che possono essere soggette ad azioni di natura

eccezionale. Tale documento può essere applicato nella progettazione delle

nuove costruzioni e per l’adeguamento di edifici esistenti che risultassero

essere a rischio di collasso progressivo. Le linee guida può essere applicata

alle strutture in cemento armato, in acciaio, in muratura ed in legno,

fornendo degli esempi applicativi nelle appendici finali.

Nel testo vengono forniti i criteri di progettazione per gli edifici

esposti al rischio di collasso progressivo e le metodologie di analisi per

verificare se tali edifici siano in grado o meno di subire danni spropositati

rispetto alla causa scatenante.

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3.2 Analisi statica lineare secondo UFC

La norma prevede l’uso dell’analisi statica lineare per tutte le strutture che

possono essere considerate come regolari senza la necessità di calcolare il

DCR. Nel caso in cui la struttura risultasse irregolare deve essere calcolato il

DCR per ogni sezione e verificare che esso non sia superiore a 2. Nel caso

in cui una sola sezione supera il valore di DCR prestabilito, l’analisi statica

lineare non può essere usata.

DCR

Per il calcolo del DCR si crea un modello tridimensionale della struttura, si

effettua l’analisi statica lineare e si calcolano i valori di DCR per ogni

singolo elemento:

DCR = QUDLim/QCE

dove:

QCE = è la resistenza dell’elemento

QUDLim = è l’azione nelle’elemento dovuta ai carichi

CARICHI

La struttura deve essere verificata in due condizioni di carico differenti: 1)

condizione di carico a controllo di deformazione; 2) condizione di carico a

controllo di forze.

• Nel caso di condizione di carico a controllo di deformazione la

condizione di carico è la seguente:

Per le aree vicino l’elemento di supporto verticale rimosso e quelle al di

sopra di esse si ha:

GLD = ΩLD [(0.9 o 1.2) D + (0.5 L o 0.2 S)]

Dove:

GLD = carichi gravitazionali incrementati per l’analisi statica lineare

a controllo di

deformazioni

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D = carichi permanenti

L = carichi variabili

S = carico da neve

ΩLD = fattore di incremento dinamico per l’analisi statica lineare a

controllo di deformazioni

Per le restanti parti della struttura la condizione di carico è la seguente:

G = (0.9 o 1.2) D + (0.5 L o 0.2 S)

dove G = carichi gravitazionali

• Nel caso di condizione di carico a controllo di forze la condizione di

carico è la seguente:

Per le aree vicino l’elemento di supporto verticale rimosso e quelle al di

sopra di esse si ha:

GLF = ΩLF [(0.9 o 1.2) D + (0.5 L o 0.2 S)]

Dove:

GLF = carichi gravitazionali incrementati per l’analisi statica lineare a

controllo di forze

D = carichi permanenti

L = carichi variabili

S = carico da neve

ΩLF = fattore di incremento dinamico per l’analisi statica lineare a

controllo di forze

Per le restanti parti della struttura la condizione di carico è la seguente:

G = (0.9 o 1.2) D + (0.5 L o 0.2 S)

dove G = carichi gravitazionali

Per tenere in conto la stabilità nei confronti dei carichi laterali e gli effetti P-

Δ in entrambi i casi si applica ad ogni facciata dell’edificio, per ogni

direzione principale (una per volta), la seguente quantità:

0.002Σ

Page 37: DB.collasso Progessivo

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Dove:

-LLAT carichi laterali

-ΣP Somma dei carichi verticali (Dead e Live) agenti ad ogni piano, al netto

del DIF.

FATTORE DI INCREMENTO DEL CARICO Ω

Il fattore di incremento dinamico del carico è fornito dalla norma attraverso

la seguente tabella:

Dove mlif è il minore degli m dell’intera struttura. Gli m sono calcolati

attraverso la tabella seguente:

Page 38: DB.collasso Progessivo

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VERIFICA

• Per il sistema a controllo di spostamenti si deve verificare che:

Φ m QCE ≥ QUD

Dove:

QUD = azione derivante dall’analisi statica lineare

m = fattore modificatore dell’elemento calcolato come specificato

nelle linee guida

Φ = fattore di riduzione della resistenza del materiale

Page 39: DB.collasso Progessivo

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QCE = resistenza dell’elemento

• Per il sistema a controllo di forze si deve verificare che:

Φ QCL ≥ QUF

Dove:

QUF = azione derivante dall’analisi statica lineare

QCL = resistenza dell’elemento

Φ = fattore di riduzione della resistenza del materiale

Page 40: DB.collasso Progessivo

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Figura 4. Localizzazione delle zone in cui deve essere incrementato il carico a seguito della

rimozione di un elemento di supporto verticale esterno o interno

3.3 Analisi statica non lineare secondo UFC

L’analisi statica non lineare è una tecnica di analisi mediante la quale si

cerca di individuare il comportamento della struttura a seguito di azioni che

ne provocano il superamento della soglia elastica.

Page 41: DB.collasso Progessivo

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Soprattutto in questo ambito, quello dei carichi di natura eccezionale,

diventa importante valutare ed indagare quali siano le effettive risorse della

struttura per far fronte ad azioni di natura anomala, risorse che non possono

essere messe in luce da una analisi elastica la quale non è potenzialmente in

grado di seguire l’evoluzione del comportamento e la conseguente

ridistribuzione dei carichi.

3.3.1 Modello Analitico

Per modellare,analizzare e valutare un edificio, è necessario

utilizzare un modello tridimensionale, non sono infatti permessi modelli

piani. L’analisi può essere svolta trascurando il contributo degli elementi

secondari, tuttavia andrà verificato a posteriori la compatibilità della

richiesta deformativa degli stessi.

3.3.2 Combinazioni di carico

L’analisi viene effettuata secondo le seguenti combinazioni di carico:

Carichi verticali incrementati per le aree di piano al di sopra delle colonne

rimosse o delle pareti

L’area a cui afferiscono tutte le campate immediatamente adiacenti

all’elemento rimosso e le corrispondenti ai piani successivi devono essere

caricati con un valore maggiorato dei carichi espresso dalla seguente:

ΩN 0.9 o 1.2 D 0.5 L o 0.2 S

Dove:

GN valore incrementato dei carichi verticali per l’analisi statica non lineare

D peso proprio degli elementi strutturali incluso il sovraccarico permanente

L carico variabile

S carico da neve

ΩN Dynamic Increase Factor (DIF) fattore di incremento del carico per

tenere conto degli effetti dinamici che seguono alla rimozione di un

elemento portante e accompagnano il riarrangiamento strutturale.

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Carichi verticali per le zone lontane dalla colonna o parete rimossa

Tutte le campate, ad ogni piano, non immediatamente adiacenti all’elemento

rimosso devono essere caricate con una combinazione di carichi verticali G

pari a:

0.9 o 1.2 D 0.5 L o 0.2 S

In cui il significato dei termini è analogo a quanto esposto in precedenza.

Lo schema di carico viene messo in evidenza dallo schema seguente tratto

dall’UFC 2010

Figura 1:Schema di carico relativo alla rimozione (in tempi separati) di una colonna centrale e di

una perimetrale

Carichi Laterali Applicati alla struttura.

Page 43: DB.collasso Progessivo

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Per tenere in conto la stabilità nei confronti dei carichi laterali e gli effetti P-

Δ si applica ad ogni facciata dell’edificio, per ogni direzione principale

(una per volta), la seguente quantità:

0.002Σ

Dove:

-LLAT carichi laterali

-ΣP Somma dei carichi verticali (Dead e Live) agenti ad ogni piano, al netto

del DIF.

Procedura di carico

I carichi determinati devono essere applicati usando una storia di carico ad

incrementi costanti in numero minimo pari a 10. Ad ogni passo il software

analizzato deve essere in grado di trovare la convergenza tra stato

deformativo ed equilibrio coi carichi esterni.

3.3.3 Fattore di incremento dinamico (DIF)

Il fattore di incremento dinamico tiene in conto degli effetti dovuti

all’applicazione istantanea del carico conseguente la rimozione di un

elemento portante. Tale carico è propriamente quello che competeva in

condizioni ordinarie all’elemento rimosso.

In merito a ciò la versione 2005 dell’UFC e le GSA 2003 davano un

valore di ΩN pari a 2. Nella versione UFC 2010 vengono fatte delle

considerazioni rispetto a questo valore e all’inappropriatezza di ritenerlo

costante rispetto al tipo di struttura e di analisi.

Esattamente ne vengono esposte tre nel C-6.8, che si riportano in seguito:

1. Lo stesso moltiplicatore 2 non può essere usato sia per l’analisi statica

lineare sia per l’analisi statica non lineare, in quanto l’analisi statica non

lineare incorpora le non linearità;

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2. Un DIF pari a 2 non è appropriato per la maggior parte delle analisi. Il

massimo spostamento ottenuto in campo dinamico dovuto all’applicazione

di un carico rettangolare è doppio dello spostamento che si ottiene se il

carico è applicato in maniera quasi statica, e conseguentemente si registra

una sollecitazione massima doppia rispetto a quella sollecitante. Ne segue

che se la struttura restasse in campo elastico la scelta di un DIF pari a 2

potrebbe ritenersi appropriata . Tuttavia, in situazioni di carico estreme

come quelle ipotizzate, la struttura tipicamente sarà impegnata, e verrà di

conseguenza progettata, per rispondere in campo non lineare.

Quindi il DIF, coefficiente che viene utilizzato per approssimare la risposta

effettiva che si otterrebbe con un’analisi dinamica non lineare, è tipicamente

minore di 2. D’altra parte il fattore di amplificazione del carico LIF per un

analisi statica lineare deve essere più grande di 2, per la presenza di effetti

dinamici e non lineari.

3. Il fattore amplificativo del carico era indipendente dalle perfomances

dell’edificio, ovvero restava il medesimo sia se il grado di danneggiamento

era alto sia se di modesta entità.

Per la determinazione del DIF da usare nelle analisi è necessario valutare la

capacità rotazionale espressa come R=(θu-θy)/θy. Il più piccolo rapporto tra

tutti gli elementi primari (ad esclusione delle colonne) è il parametro

mediante il quale determinare il DIF secondo delle espressioni riportate in

tabella:

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Figura 2:Tabelle UFC per la determinazione del DIF

Figura 3:Diagramma del DIF in funzione della rotazione plastica su quella a snervamento

3.3.4. Limite al danneggiamento strutturale

Nella versione precedente dell’ UFC, il limite del danneggiamento

strutturale era fissato nel 15% per l’area di piano nei pressi della colonna

rimossa o della parete e nel 30% per la rimozione di una elemento

perimetrale. Nella versione 2010 questi criteri sono stati rimossi e sostituiti

da uno più specifico, ovvero che tutti gli elementi devono essere progettati

per non collassare.

Il requisito può ritenersi soddisfatto se si ottengono valori

compatibili con la capacità deformativa ultima degli elementi. Questa

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versione dell’UFC fa osservare che i criteri di accettabilità, che in sostanza

forniscono gli elementi per la definizione della cerniera plastica, sono stati

modificati rispetto alla UFC03 nella quale coincidevano con i valori

riportati nella ASCE41. Difatti quei criteri di accettabilità si riferivano a

regressioni di test ciclici nei quali la rottura avviene anche per l’innesco di

fenomeni legati a fatica, quelle formulazioni sicuramente efficaci per la

risposta della struttura ad azioni sismiche diventano troppo conservative o

restrittive se si usano per valutare la risposta della struttura ad i carichi

conseguenti la perdita di un elemento portante.

Questo modo di procedere è la metologia del Deformation-

Controlled Actions che si affianca alla possibilità di controllare la struttura

mediante un confronto in forze, in sintesi la QUF forza restituita dall’analisi

non lineare deve essere minore di quella limite dell’elemento (QCL)

moltiplicato per un fattore riduttivo Φ, cioè deve risultare:

3.4 Analisi dinamica non lineare

L’uso dell’analisi dinamica non-lineare è consentito per tutte le

strutture. La modellazione strutturale deve essere tridimensionale e il carico

da applicare a tutta la struttura è il seguente:

GND = (0.9 o 1.2) D + (0.5 L o 0.2 S)

Dove:

GND = carichi gravitazionale per l’analisi dinamica non lineare

D = carichi permanenti

L = carichi variabili

S = carico da neve

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Applicato il carico all’intera struttura si inizia l’analisi rimuovendo

istantaneamente un elemento di supporto verticale. Molto importante è la

velocità di rimozione dell’elemento in quanto essa può influire fortemente

sui risultati dell’analisi.

Per quanto riguarda le deformazioni ci si aspetta che gli elementi

strutturali abbiano capacità de formative maggiori di quelle risultanti

dall’analisi.

Per quanto riguarda le azioni ci si aspetta che ogni sezione soddisfi il

seguente requisito:

Φ QCL ≥ QUF

Dove:

QUF = azione derivante dall’analisi dinamica non lineare

QCL = resistenza dell’elemento.

Φ = fattore di riduzione della resistenza del materiale

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CAPITOLO 4

VALUTAZIONE DEL POTENZIALE DI COLLASSO PROGRESSIVO DI UNA STRUTTURA IN C.A. PROGETTATA SECONDO NTC08 CLASSE DI DUTTILITA’ “A”

4.1 Generalità

Questo capitolo tratterà la valutazione della capacità di una struttura,

progettata secondo NTC08 in classe di duttilità “A” in zona ad alta sismicità

(EX ZONA I), a far fronte alle richieste prestazionali riportati nell’UFC

2010. Si utilizzerà un approccio “ibrido”, ovvero si applicheranno i criteri di

analisi e accettabilità esposti in precedenza, seguendo la procedura NSP, ma

utilizzando un modello dell’edificio a plasticità concentrata con

modellazione delle cerniere fatta secondo NTC08. Questa metodologia

nasce da alcune considerazioni che vengono di seguito riportate.

Prima considerazione

La definizione di cerniera plastica adottata dalle UFC richiede

come input anche il taglio di progetto V. La definizione di questo parametro

è riportata nelle FEMA 356 §6.5.2.3 (documento di riferimento per l’UFC)

come il valore di taglio derivato dall’inviluppo delle sollecitazioni delle

combinazioni di carico sismiche e gravitazionali. Rispetto a tale valore la

sezione si progetta considerando due contributi Vc (dovuto al calcestruzzo) e

Vs (dovuto alle staffe). Il rapporto tra Vs/V è uno dei parametri che serve per

valutare se una sezione è C (Conforme) o NC (Non Conforme) con

conseguente sostanziale differenza dei parametri della cerniera plastica.

La progettazione dell’edificio in esame è stata effettuata utilizzando

il criterio di gerarchia delle resistenze per il quale il taglio di progetto deriva

direttamente dagli sforzi fatti per privilegiare le rotture duttili (per flessione)

rispetto a quelle fragili (per taglio) ed è solo indirettamente in relazione con

l’effettivo taglio agente; si aggiunge inoltre che la resistenza a taglio di una

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sezione, con l’approccio NTC08, si affida completamente alla resistenza

ultima delle staffe o delle bielle compresse di cls. Ciò significa che il

progetto delle armature resistenti della sezione è stato effettuato utilizzando

criteri sostanzialmente, se non concettualmente, differenti da quelli adottati

negli Stati Uniti. Questa considerazione vuole esternare il “sospetto” che

l’importanza del rapporto proposto nell’UFC non abbia la stessa valenza se

riferito a sezioni progettate con criteri differenti, con sostanziale poca

attendibilità dei valori ottenibili.

Si potrebbe ipotizzare, dati i parametri in gioco, che la “conformità”

o meno di una sezione sia da ricercare nella capacità di esibire duttilità

importanti.

Ma data l’arbitrarietà di questa affermazione unita alle

considerazioni successive lascia preferire per una scelta differente.

Seconda considerazione

I modelli UFC 2010 sono tarati su caratteristiche meccaniche e

prove sperimentali su materiali differenti da quelle in uso nel nostro paese.

Questo potrebbe derivare anche da standard diversi per la produzione degli

stessi, con conseguente diverso comportamento reologico atteso. A titolo di

esempio si potrebbe pensare che gli standard di produzione del calcestruzzo

e relativi criteri di accettabilità,riflessi dai nostri valori di calcolo rispetto a

quelli caratteristici, siano differenti.

Terza considerazione

Il valore del DIF (Dynamic Increase Factor) proposto dall’UFC,

deriva da interpolazioni di risultati di analisi dinamiche non lineari per le

quali ha solo importanza la forma del diagramma momento-rotazione (M-θ).

Il modello di cerniera plastica NTC08 ricalca i punti caratteristici di quelle

curve. Di conseguenza, si ritiene che l’utilizzo di una cerniera plastica tipo

NTC08 non possa influenzare il valore del DIF. Per inciso si specifica che

anche questa è un ipotesi, seppur supportata da un pensiero razionale, che

andrebbe validata con delle analisi specifiche.

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4.2 Caratteristiche dell’edificio in esame

L’edificio che si prende in esame è destinato ad uso uffici aperti al

pubblico si prevede un affollamento tale da far ricadere l’edificio in OCIII.

In pianta ha una forma rettangolare simmetrica rispetto a due assi ortogonali

(36.00m x 15.80m). In elevazione si sviluppa per sei piani fuori terra, senza

arretramenti per un’altezza complessiva di 22.00 m dallo spiccato delle

fondazioni fino all’estradosso dell’ultimo solaio. L’altezza di interpiano è di

3.60 m, eccetto il primo livello che presenta un’altezza di 4.00 m.

Figura 1:Pianta dell’edificio

Page 51: DB.collasso Progessivo

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Figura 2:prospetto lato corto

Figura 3:Prospetto lato lungo

Page 52: DB.collasso Progessivo

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La tipologia resistente è un telaio in cemento armato con travi

emergenti. Le dimensione delle sezioni al primo livello è di 40x70 per le

travi e per i pilastri i perimetrali, mentre quelli disposti all’interno sono

70x70. Al secondo livello le travi e i pilastri perimetrali sono mediamente

30x60 mentre i centrali 60x60. Dai livelli successivi i pilastri subiscono una

rastremazione di circa 5 cm a piano.

Il materiale utilizzato è calcestruzzo C25/30 e acciaio B450C.

4.3 Combinazione di carico per il collasso progressivo

La combinazione di carico analizzata è pari a P=D + (0.9 o 1.2) L

per i carichi verticali (incrementati del DIF nelle zone attigue alla rimozione

come descritto nella UFC) e del due per mille dei carichi verticali.

Il peso complessivo degli elementi strutturali e del sovraccarico fisso

viene riportato in tabella, l’azione dei carichi orizzontali viene applicata

sulle quattro direzioni principali dell’edificio una per volta.

Livello Di

[KN] Li

[KN/m2] P=D+0.9L [KN/m2]

P=D+1.2L [KN/m2]

LLi=1/6*0.002ΣP [KN]

Livello 1 13.89 4.00 17.49 18.69 9589 Livello 2 13.09 4.00 16.69 17.89 9589 Livello 3 13.07 4.00 16.67 17.87 9589 Livello 4 12.59 4.00 16.09 17.29 9589 Livello 5 12.52 4.00 16.12 17.32 9589 Copertura 10.01 0.5 10.46 12.10 9589

4.4 Combinazione di carico per il collasso progressivo

Alla luce delle considerazioni precedentemente riportate la

modellazione delle cerniere plastiche viene fatte secondo quanto riportato

nelle NTC08. Usando la formulazione di normativa si è ottenuto il legame

Momento- Curvatura per tutte le travi.

Le assunzioni fatte sono:

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- modello elastico perfettamente plastico della cerniera con

Momento di snervamento pari al momento ultimo;

- Rigidezza iniziale pari alla rigidezza della sezione non fessurata;

Per i calcolo della rotazione di snervamento θy si utilizza la seguente:

In cui:

фy è la curvatura allo snervamento ottenuta in maniera approssimata

con la seguente:

22

εsy valore di snervamento dell’acciaio

h altezza utile della sezione

c copri ferro

Lv luce di taglio che si pone pari a metà luce della trave

db diametro medio delle barre longitudinali

Per il calcolo della rotazione ultima si utilizza la formula di origine

sperimentale riportata nella C8A.6 :

Dove:

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- γel è pari a 1.5 per gli elementi primari ed 1 per gli elementi

secondari

- h è l’altezza della sezione;

- ν = N /(Ac fc) è lo sforzo assiale normalizzato di

compressione agente su tutta la sezione Ac;

- ω = As fy /(bh fc) e ω’ = A′s fy /(bh fc) sono le percentuali

meccaniche di armatura longitudinale in trazione e compressione (b, h

sono base ed altezza della sezione), rispettivamente, (nelle pareti tutta

l’armatura longitudinale d’anima è da includere nella percentuale in

trazione);

- fc , fy e fyw sono la resistenza a compressione del

calcestruzzo e la resistenza a snervamento dell’acciaio longitudinale e

trasversale, ottenute come media delle prove eseguite in sito,

eventualmente corrette sulla base di fonti aggiuntive di informazione,

divise per il fattore di confidenza appropriato in relazione al livello di

conoscenza raggiunto.

4.5 Risultati delle analisi

Si è deciso di analizzare la struttura per la verifica al collasso

progressivo eliminando di volta in volta una colonna. La procedura è stata

applicata su 6 pilastri poiché, per ovvie ragioni di simmetria, ciò rappresenta

tutte le combinazioni previste dalle UFC 2010.

Si riportano di seguito le posizioni degli elementi rimossi:

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Delle 6 combinazioni analizzate si riportano i risultati delle più significative:

Eliminazione colonna 1:

Figura 4: Deformazione del telaio A‐A al momento del collasso

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Figura 5: Deformata del telaio 1‐1 al momento del collasso

Eliminazione colonna 2:

Figura 6: Deformata del telaio A‐A al momento del collasso

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Figura 7: Deformata telaio 2‐2 al momento del collasso

Eliminazione colonna 3:

Figura 8: Deformata del telaio A‐A al momento del collasso

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Figura 9: Deformata del telaio 1‐1 al momento del collasso

Eliminazione colonna 7:

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Figura 10: Deformata del telaio B‐B allo step finale (non collassato)

Figura 11: Deformata del telaio 2‐2 allo step finale (non collassato)

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Eliminazione colonna 8:

Figura 12: Deformata del telaio B‐B al momento del collasso

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Figura 13: Deformata del telaio 2‐2 al momento del collasso

Eliminazione colonna 9:

Figura 14: Deformata del telaio B‐B al momento del collasso

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Figura 15: Deformata del telaio 2‐2 al momento del collasso

4.5 Considerazioni

In tutte le combinazioni di carico eccetto quella in cui è stata

eliminata la colonna 7 si è riscontrato un collasso progressivo, in quanto il

colore giallo nelle cerniere plastiche rappresenta il raggiungimento della

rotazione ultima da parte della stessa, con conseguente sostanziale perdita di

funzionalità. L’analisi degli step di carico ha evidenziato come la struttura

abbia attinto a tutte le proprie risorse di ridistribuzione, di fatti il

raggiungimento delle condizioni ultime di uno degli elementi evidenzia

come la struttura si sia sempre trasformata in un meccanismo.

Nei telai perimetrali il raggiungimento del collasso si ha con un

carico all’incirca pari al 50-60 % di quello derivante dalle linee guida UFC

(vedi paragrafo 3 - Combinazioni di carico per il collasso progressivo). Le

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motivazioni principali che portano alla crisi la struttura possono essere così

riassunte:

1) L’eliminazione delle colonne porta alla formazione di

campate con luci di circa 14 m con conseguente elevato incremento

delle sollecitazioni flessionali nelle sezioni di estremità.

2) La condizione di doppia luce porta all’inversione del

diagramma del momento in corrispondenza del nodo dove è stata

eliminata la colonna. Poiché le travi sono armate in maniera non

simmetrica, non possiedono risorse sufficienti per contrastare

l’inversione della sollecitazione flessionale venutasi a creare.

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CAPITOLO 5

IPOTESI DI ADEGUAMENTO

5.1 Considerazioni preliminari

Per sopperire alla mancanza di risorse resistenti degli elementi struttrali

soggetti a collasso si è pensato di realizzare una travatura reticolare spaziale,

posta sulla copertura, in grado di redistribuire in maniera più omogenea i

carichi che nascono in seguito alla perdita istantanea di un elemento di

supporto verticale. La scelta di tale soluzione nasce dalle seguenti

considerazioni:

1) Il sistema progettato non altera significativamente le caratteristiche

dinamiche della struttura. Infatti, l’edificio, non subisce variazioni di

rigidezza laterale ma solo verticale. Tale condizione modifica in

maniera comunque trascurabile i periodi dei modi fondamentali di

vibrazione a causa dell’aumento di massa. Di seguito si riportano i

risultati dell’analisi modale effettua in entrambe le configurazioni

(con e senza struttura reticolare).

Periodo senza reticolare

Periodo con reticolare

Differenza Incremento percentuale

Sec Sec Sec %

1 0,8830 0,8914 0,0084 0,95%

2 0,8784 0,8828 0,0044 0,50%

3 0,8000 0,8093 0,0093 1,16%

4 0,3117 0,3150 0,0033 1,04%

5 0,3041 0,3054 0,0013 0,42%

6 0,2812 0,2843 0,0031 1,12%

7 0,1815 0,1830 0,0014 0,78%

8 0,1724 0,1734 0,0010 0,56%

9 0,1632 0,1652 0,0020 1,25%

10 0,1212 0,1216 0,0004 0,36%

11 0,1167 0,1171 0,0003 0,26%

12 0,1110 0,1120 0,0010 0,93%

Modo

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2) Essendo la copertura non praticabile, tale intervento non apporta

consistenti modifiche funzionali all’edificio.

3) Non si riscontrano particolari problematiche per quanto riguarda

l’installazione del sistema reticolare che richiede solo il montaggio

di piastre di ancoraggio in corrispondenza dei nodi di copertura.

4) Il sistema reticolare non comporta lavorazioni particolarmente

complesse e costose da realizzare in cantiere (ad esempio saldature)

in quanto tutti gli elementi che la compongono sono realizzati

direttamente in officina e assemblati in loco.

5.2 Descrizione della travatura reticolare spaziale

La sovrastruttura è realizzata mediante aste tubolari in acciaio

collegate mediante giunti sferici a cerniera in acciaio bonificato al NiCrMo

ricavati mediante procedimento di stampaggio a caldo e aste tubolari

filettate in acciaio alle cui estremità sono avvitati terminali a testa sferica.

Figura 1: Nodo per travature reticolari della VESTRUT

Il giunto è costituito da tre elementi circolari, due calotte ed una

piastra centrale che le racchiude, uniti insieme da un’unica vite: le due

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calotte simmetriche sono dotate di fessure ed alloggiamenti nei quali si

posizionano i terminali delle aste durante il montaggio. I terminali a testa

sferica sono fissati da un controdado e avvitati direttamente sulle aste

rastremate, in modo destrorso da un lato, e sinistrorso dall’altro.

Figura 2: Particolare nodo VESTRUT

Il giunto sferico VESTRUT è dal punto di vista statico e tecnologico,

una cerniera. Dopo il bloccaggio, tutte le aste convergenti nel nodo hanno la

possibilità di ruotare in un piano dello spazio. La caratteristica fondamentale

del sistema VESTRUT consiste nel realizzare la cerniera unidirezionale nel

giunto di convergenza delle aste. Tale particolarità è fondamentale nelle

ipotesi di verifica statica dell' intera struttura reticolare spaziale. Infatti, in

sede di calcolo strutturale, i nodi di convergenza delle aste del reticolo

spaziale sono ipotizzati come “cerniere perfette”, al fine di limitare le

caratteristiche di sollecitazione delle aste al solo “sforzo normale”. In caso

contrario nell’ipotesi di “nodi incastri”, si verificherebbero caratteristiche

della sollecitazione aggiuntive nelle aste dovuti a “taglio” e “momento”

durante gli abbassamenti della struttura per effetto dei carichi accidentali.

Tale inconveniente avviene quasi in tutti gli altri collegamenti

tridimensionali esistenti, in quanto essi sostanzialmente rappresentano dal

punto di vista tecnologico degli “incastri”.

Nel sistema VESTRUT tutte le aste sono sottoposte esclusivamente

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al solo sforzo normale in qualsiasi condizione di carico.

Figura 3: Esploso assonometrico

• Tutte le aste sono regolabili prima, durante e dopo aver effettuato il

montaggio, senza alterare le tensioni all’interno della struttura.

Grazie alla caratteristica del nodo cerniera è possibile effettuare regolazioni

delle aste sia prima del montaggio che dopo la posa in opera della struttura.

I terminali avvitati alle aste hanno una filettatura destrorsa da un lato e

sinistrorsa dall’altro. La regolazione avviene quindi mediante la rotazione

delle aste intorno al proprio asse dopo averle inserite nel nodo. Tali

regolazioni hanno lo scopo di: correggere eventuali difetti dimensionali

delle aste, creare superfici curve, realizzare controfrecce nella struttura,

effettuare centraggi in corrispondenza degli appoggi.

• È consentito l’avvitaggio contemporaneo nel nodo di massimo 12 aste

utilizzando un’unica vite.

• Sono escluse saldature per la realizzazione di tutti i collegamenti tra i

componenti del sistema.

Gli assemblaggi di tutti i componenti del sistema VESTRUT avvengono

senza l’uso di saldature: il collegamento del terminale all’asta avviene

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mediante avvitaggio sia direttamente sul tubo rastremato a caldo, sia

attraverso un tappo filettato avvitato al tubo.

5.3 Modellazione della travatura reticolare

La travatura reticolare è stata modellata al SAP mediante elementi

bielle. I profili scelti per la struttura sono a sezione circolare cava. La

travatura ha un’altezza pari a quella di interpiano (3,6 m). Inoltre, anche il

collegamento tra la travatura e la struttura esistente può essere assimilato a

quello di una cerniera. Si riporta in figura una vista assonometrica della

travatura e d’insieme della struttura.

Figura 4: Vista assonometrica della travatura reticolare spaziale

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Figura 5: Vista assonometrica della struttura

5.4 Caratteristiche dei materiali e dei profili utilizzati

L’acciaio utilizzato è del tipo S235 con le caratteristiche riportate

nella seguente tabella:

Acciai laminati

Norma e tipo di

acciaio

Spessore nominale della membratura

t ≤ 40 mm 40 mm < t ≤ 80 mm

EN 10025‐2 fy [N/mm2] fu [N/mm2] fy [N/mm2] fu [N/mm2]

S 235 235 360 215 360

La travatura è composta da profilati cavi circolari formati a caldo

con le seguenti caratteristiche:

D

(mm)

s

(mm)

m

(kg/m)

A

(cm2)

I

(cm4)

W

(cm3)

Z

(cm3)

193,7 16 70,1 89,3 3554 367 507

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Per la verifica degli elementi compressi si è considerata una

lunghezza libera d’inflessione pari alla distanza fra le cerniere.

5.5 Risultati delle analisi

Sono state effettuate 6 analisi sulla struttura, una per ogni colonna

eliminata. Sono stati calcolati i massima valori delle sollecitazioni sugli

elementi strutturali utilizzati successivamente per effettuare le verifiche sia

sulla travatura reticolare che sulla struttura in cemento armato. La

condizione determinante per il dimensionamento della travatura è quella per

la quale viene a mancare il pilastro 2.

Di seguito si riportano i massimi valori di sforzo normale e di

abbassamento in corrispondenza della colonna rimossa riscontrati nelle 6

combinazioni:

Combinazioni 1 2 3 7 8 9

Nmax (trazione) [kN] 96 1168 1264 262 503 442

Nmax (compressione) [kN] 45 776 675 173 225 178

Abbassamento [mm] 23.2 21.5 20.8 5.6 7.0 6.5

Come si può notare dai risultati riportati in tabella, la condizione più

gravosa si ha per l’eliminazione della colonna 2. Di seguito vengono

riportati i risultati delle analisi ritenuti più significativi:

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Figura 6: Diagramma dello sforzo normale per la combinazione 2 (rosso compressione, blu trazione)

Figura 7: Verifica della travatura effettuata dal SAP per la combinazione 2

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Figura 8: Diagramma dello sforzo normale della travatura nella combinazione 9 (rosso compressione, blu trazione)

Dalle analisi si evince che, nonostante la presenza della travatura

reticolare in copertura, la perdita di un elemento di supporto verticale

comporta la plasticizzazione delle travi lungo la pilastrata danneggiata. Il

livello di questa plasticizzazione non arriva mai a compromettere l’utilizzo

dell’edificio (non viene mai raggiunto il limite di IO “immediate

occupancy” fornito dalle UFC). Inoltre, tale configurazione, porterà allo

sviluppo di forze di trazione sulla pilastrata stessa. Ulteriori verifiche sono

state svolte per assicurarsi che le armature e gli ancoraggi delle barre delle

colonne tese siano in grado di portare tali sforzi. In particolare, essendo gli

ancoraggi progettati in modo tale che la rottura avvenga sempre per trazione

sulle barre e non per sfilamento, tale verifica risulta implicitamente

soddisfatta. Affinché questo meccanismo possa svilupparsi è necessario che

i nodi trave colonna non subiscano danni a seguito dell’evento.

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Figura 9: Deformata del telaio A‐A nel caso di rimozione della colonna 2

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ALLEGATI

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ALLEGATO A1

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ALLEGATO A.3 Designazioni travi