DARFUR UNITED PURE I PROFUGHI HANNO UN TEAM · di un club di Premier. QATAR DOHA VUOLE COMPRARE IL...

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6 EXTRATIME - 23 DICEMBRE 2014 MONDO La vita di Jonas Gutierrez, centrocampista argentino sopravvissuto a un cancro al testicolo, è ricominciata ieri con l’Under 21 del Newcastle, il suo club, nella Premier League Cup dopo un anno di stop per la malattia. Gutierrez ha giocato 88 minuti nel ruolo di centrale di centrocampo, sotto gli occhi di molti suoi compagni (tra cui Obertan e Coloccini), ed è stato salutato da una standing ovation al momento della sostituzione. Per la cronaca, il Newcastle U21 ha battuto 4-1 il West Ham. ARGENTINA JONAS IN CAMPO COL NEWCASTLE DOPO IL CANCRO (si.mar) Nel 2008 la dirigenza del Tottenham rifiutò un’offerta di oltre 300 milioni di euro da un gruppo arabo, ma se il Qatar fosse disposto a mettere sul tavolo il miliardo di sterline che vuole il proprietario Joe Lewis per cedere la società, allora gli Spurs sarebbero i prossimi a finire in mano straniera. Lo dice il Sun che riporta le parole del ministro dello sport Salah bin Ghanem bin Nasser al-Ali, che ha confermato l’interesse del governo di Doha per l’acquisto di un club di Premier. QATAR DOHA VUOLE COMPRARE IL TOTTENHAM Cosmin Contra vola in Cina e il Getafe si ritrova senza allenatore. Il tecnico romeno, 39 anni, ex Milan, ha deciso di accettare l’offerta per allenare il Guangzhou R&F al posto dello svedese Sven-Goran Eriksson (andato allo Shanghai SIPG). Contra raggiungerà presto Canton per la firma del contratto, di cui non si conosce ancora la durata. Il team è giunto terzo nell’ultimo campionato, vinto dai «cugini» del Guangzhou Evergrande guidati da Marcello Lippi (ora d.t.), e adesso da Fabio Cannavaro. CINA CONTRA VOLA A GUANGZHOU SFIDA LIPPI E CO. (m.can.) I giocatori dei 25 principali club brasiliani hanno nel 2014, tutti sommati, il valore di mercato minore degli ultimi 4 anni, secondo la ricerca della Pluri Consultoria: 856 milioni e 600 mila euro contro gli 862 milioni del 2013. Nel 2012 è stato toccato il record: 1 miliardo e 61 milioni di euro; nel 2011, 1 miliardo secco. Il Cruzeiro, campione brasiliano delle due ultime stagioni, è ora al vertice della classifica: 81,7 milioni il valore complessivo della rosa, seguito dal San Paolo con 70,4 milioni. BRASILE VALORE ROSE IN CALO: - 200 MILIONI IN 3 ANNI IN ALTO E FOTO GRANDE, I RAGAZZI DEL DARFUR UNITED NEL LORO CAMPO PROFUGHI DI KOUNOUNGO, A SINISTRA, IN MAGLIA VERDE AL VIVA WORLD CUP 2014 DISPUTATO IN SVEZIA DARFUR UNITED PURE I PROFUGHI HANNO UN TEAM Nei campi al confine tra Sudan e Ciad due anni fa è nata la «nazionale» dei rifugiati. «È il nostro modo per dire al mondo che esistiamo e vogliamo la pace» DARIO FALCINI © RIPRODUZIONE RISERVATA «O ra facciamo parte del mondo». Pal- lone tra i piedi, per la prima volta Mahamat sperimentava la propria esi- stenza. Negata da miseria, guerra e indifferenza l’aveva ri- trovata su un campo di terra quasi regolamentare. «La na- scita di una squadra di calcio è una delle poche belle notizie per una terra immersa nella violenza. Sul rettangolo di gio- co i suoi abitanti smettono di essere vittime o sopravvissuti, curano i loro traumi, socializ- zano e si divertono», racconta Gabriel Stauring. Cinque anni fa ha fondato i-ACT, organizza- zione di volontari californiani che anima Kounoungo e gli al- tri undici campi al confine tra Sudan e Ciad, dove vivono 300 mila profughi del Darfur. Tra un corso di inglese e una mo- stra di disegni nel 2012 sorgeva il Darfur United: nessuno fu in grado di imporre un altro no- me a mister Mark Hodson, ex dirigente della Mls, fanatico di Rooney e soci. Il simbolo della squadra è un verde omaggio ai Red Devils, al posto di Belzebù i confini della regione e un paio di alberi, i soli due che ombreg- giano il limitar del Sahara. La coppa No Fifa Alla prima selezione si presen- tarono da tutti i campi profughi della zona: a piedi nudi o con calzature improbabili, molti portavano in volto e nel girovi- ta i segni di settimane di marcia nel deserto per mettere in salvo la famiglia dalle mattanze dei Janjaweed, i filo Jihad (guerra santa), quasi tutti avevano assi- stito a uno stupro o un omici- dio. Per alcuni di loro il pallone era un sentito dire, per Ismail Abdraham Ibrahim è una pas- sione sbocciata nella culla. «Ho iniziato a giocare a 4 anni, no- nostante la contrarietà di mio padre - racconta -. Il calcio è po- polare in Darfur, le sfide tra i villaggi sono molto accese». A giugno, al termine di un inter- minabile viaggio senza passa- porto, Ismail e compagni si so- no ritrovati a Östersund, in Svezia. Due anni prima si era- no presentati in Kurdistan con 5 allenamenti alle spalle e il terrore dei fuochi d’artificio inaugurali, ora assaporavano con maggiore convinzione il profumo del sintetico della Vi- va World Cup, il torneo delle nazioni non riconosciute dalla Fifa. All’esordio 0-20 con la Pa- dania, altre 3 sconfitte in dop- pia cifra nei match successivi. Ma al 61° gol incassato in 6 giorni il sorriso arredava anco- ra il loro volto. «Grazie alla coppa abbiamo portato la sto- ria del Darfur in giro per il mondo - spiega Gabriel Stau- ring -. Nel 2015 avremo una squadra femminile, intanto continuiamo a lavorare sui ra- gazzini». L’accademia Da alcuni mesi la prima acca- demia del Darfur United ha aperto i battenti nel campo di Djabal, altre si inaugureranno presto nelle diverse strutture. Gli allenatori sono rifugiati e operano sotto la supervisione dei membri della ong per sco- vare talenti tra i giovani ospiti. «La situazione in Darfur è terri- bile: la popolazione scappa e non tutti riescono a passare il confine - dice il fondatore di i- ACT -. Nei campi del Ciad le co- se sono precipitate: mancano medicine, acqua e cibo perché la razione alimentare è stata ri- dotta a mille calorie al giorno, la metà di quanto previsto dal World Food Program. La gente cerca una quotidianità attra- verso il lavoro e la scuola, ma molti si lasciano andare». Anti- doto all’apatia, il pallone fa quello che può per cicatrizzare una delle ferite più dolorose del pianeta. «Sono orgoglioso di vestire la maglia dello Uni- ted - conclude Ismail Ab- draham Ibrahim -. Il calcio è il nostro modo per dire al mondo che il Darfur esiste e vuole pace e giustizia, che non vogliamo più consolare orfani e vedove. Il genocidio deve finire». l la scheda 11 ANNI DI CONFLITTO DA 300 MILA MORTI E 2 MILIONI DI SFOLLATI Il Darfur è una regione a ovest del Sudan al confine col Ciad. Il conflitto è iniziato nel 2003 per motivi etnici e economici fra ribelli anti- governativi e i Janjawid, armati dal dittatore sudanese Omar el Bashir, e artefici di un genocidio o pulizia etnica che ha provocato 300 mila morti e 2 milioni di sfollati. Il Darfur oggi è un fascicolo congelato alla Corte penale dell’Aja. «Non è una priorità dell’Onu» ha denunciato pochi giorni fa il procuratore capo Bensouda. Il mandato d’arresto per crimini contro l’umanità nei confronti di El Bashir non ne ha scalfito il potere in Sudan. Nonostante la tregua del 2010 i massacri sono quotidiani: a novembre 210 ragazze e bambine di un villaggio del Darfur sono state violentate. Mar Rosso SUDAN SUD SUDAN ETIOPIA EGITTO LIBIA CIAD REP. EN. AF. DARFUR Nyala Khartoum AFRICA IL RITO DEL SANTA FE PORTA TANTI TITOLI ADRIANO SEU © RIPRODUZIONE RISERVATA A ffidarsi alla fede non è sem- pre garanzia di successo. Ne sa qualcosa il San Lorenzo, k.o. sabato dal Real nella finale del Mondiale per club nonostante le preghiere del Papa Bergoglio. Tifosi e giocatori dell’Indepen- diente Santa Fe, invece, hanno ragione di credere il contrario, forti del trionfo in campionato ot- tenuto domenica nella finale con l’Independiente Medellin. Dietro all’8° titolo del club di Bogotà, giunto col successo per 2-1 all’an- data seguito dall’1-1 nel ritorno nella capitale, pare ci sia lo zam- pino di Sandra Merino, assistente spirituale messa a libro paga dal 2012. Pediluvio e piedi nudi Tutto ha inizio quando la devota signora Merino entra in contatto col presidente Cesar Pastrana a inizio 2012. «Solo il Signore vi consentirà di tornare a trionfare», sentenziò all’epoca, convincendo giocatori e staff a realizzare un pediluvio purificatorio negli spo- gliatoi, seguito da una passeggia- ta a piedi nudi nel campo prima di ogni gara. Nonostante lo scetti- cismo generale, tutti decidono di assecondarla pur di spezzare un digiuno che durava da quasi 40 anni. Pochi mesi dopo, come per incanto, il Santa Fe conquista il ti- tolo e il presidente Pastrana deci- de d’ingaggiare la signora Merino come assistente spirituale. Da al- lora non c’è partita che non venga preceduta dal rito propiziatorio. «C’è chi ci prende in giro, ma sia- mo convinti che quest’usanza ci consenta di avere l’appoggio e la protezione del Signore, non ab- biamo nessuna intenzione di ab- bandonarla», ha spiegato il cen- trocampista Daniel Torres. Per gli agnostici, invece, il trionfo di do- menica è soprattutto merito del capitano argentino Omar Perez, 33 anni e da 6 a Bogotà. Il tre- quartista argentino naturalizzato colombiano è stato il trascinatore del titolo conquistato nel 2012 e, pur tra mille acciacchi, continua a lasciare il segno con gol e raffiche di assist. Da giovane, a causa del- le fragili ginocchia, il Pelado fu scaricato dal Boca, dov’era consi- derato l’erede naturale di Riquel- me. In Colombia ha trovato la propria dimensione e il presiden- te Pastrana sta meditando di ac- contentare la tifoseria, che vor- rebbe firmasse un contratto a vita con Los Cardenales. Perez non aspetta altro, «pronto a restare fi- no a quando il Signore lo vorrà». Gira e rigira, è sempre una que- stione di fede. OMAR PEREZ, 33 ANNI, SANTA FE (REUTERS) COLOMBIA

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6EXTRATIME - 23 DICEMBRE 2014

MONDO

La vita di Jonas Gutierrez, centrocampista argentino sopravvissuto a un cancro al testicolo, è ricominciata ieri con l’Under 21 del Newcastle, il suo club, nella Premier League Cup dopo un anno di stop per la malattia. Gutierrez ha giocato 88 minuti nel ruolo di centraledi centrocampo, sotto gli occhi di molti suoi compagni (tra cui Obertan e Coloccini), ed è stato salutato da una standing ovation al momento della sostituzione. Per la cronaca, il Newcastle U21 ha battuto 4-1 il West Ham.

ARGENTINA

JONAS IN CAMPOCOL NEWCASTLEDOPO IL CANCRO

(si.mar) Nel 2008 la dirigenza del Tottenham rifiutò un’offerta di oltre 300 milioni di euro da un gruppo arabo, ma se il Qatar fosse disposto a mettere sul tavolo il miliardo di sterline che vuole il proprietario Joe Lewis per cedere la società, allora gli Spurs sarebbero i prossimi a finire in mano straniera. Lo dice il Sun che riporta le parole del ministro dello sport Salah bin Ghanem bin Nasser al-Ali, che ha confermato l’interesse del governo di Doha per l’acquisto di un club di Premier.

QATAR

DOHA VUOLE COMPRARE IL TOTTENHAM

Cosmin Contra vola in Cina e il Getafe si ritrova senza allenatore. Il tecnico romeno, 39 anni, ex Milan, ha deciso di accettare l’offerta per allenare il Guangzhou R&F al posto dello svedese Sven-Goran Eriksson (andato allo Shanghai SIPG). Contra raggiungerà presto Canton per la firma del contratto, di cui non si conosce ancora la durata. Il team è giunto terzo nell’ultimo campionato, vinto dai «cugini» del Guangzhou Evergrande guidati da Marcello Lippi (ora d.t.), e adesso da Fabio Cannavaro.

CINA

CONTRA VOLA A GUANGZHOU SFIDA LIPPI E CO.

(m.can.) I giocatori dei 25 principali club brasiliani hanno nel 2014, tutti sommati, il valore di mercato minore degli ultimi 4 anni, secondo la ricerca della Pluri Consultoria: 856 milioni e 600 mila euro contro gli 862 milioni del 2013. Nel 2012 è stato toccato il record: 1 miliardo e 61 milioni di euro; nel 2011, 1 miliardo secco. Il Cruzeiro, campione brasiliano delle due ultime stagioni, è ora al vertice della classifica: 81,7 milioni il valore complessivo della rosa, seguito dal San Paolo con 70,4 milioni.

BRASILE

VALORE ROSE IN CALO: ­ 200 MILIONI IN 3 ANNI

IN ALTO E FOTO GRANDE, I RAGAZZI DEL DARFUR UNITED NEL LORO CAMPO PROFUGHI DI KOUNOUNGO, A SINISTRA, IN MAGLIA VERDE AL VIVA WORLD CUP 2014 DISPUTATO IN SVEZIA

DARFUR UNITEDPURE I PROFUGHIHANNO UN TEAMNei campi al confine tra Sudan e Ciad due anni fa è nata la «nazionale» dei rifugiati. «È il nostro modo per dire al mondo che esistiamo e vogliamo la pace»

DARIO FALCINI© RIPRODUZIONE RISERVATA

«O ra facciamo partedel mondo». Pal­lone tra i piedi,

per la prima volta Mahamatsperimentava la propria esi­stenza. Negata da miseria,guerra e indifferenza l’aveva ri­trovata su un campo di terra quasi regolamentare. «La na­scita di una squadra di calcio èuna delle poche belle notizie per una terra immersa nella violenza. Sul rettangolo di gio­co i suoi abitanti smettono di essere vittime o sopravvissuti, curano i loro traumi, socializ­zano e si divertono», raccontaGabriel Stauring. Cinque annifa ha fondato i­ACT, organizza­zione di volontari californianiche anima Kounoungo e gli al­tri undici campi al confine traSudan e Ciad, dove vivono 300mila profughi del Darfur. Tra un corso di inglese e una mo­

stra di disegni nel 2012 sorgevail Darfur United: nessuno fu in grado di imporre un altro no­me a mister Mark Hodson, ex dirigente della Mls, fanatico di Rooney e soci. Il simbolo dellasquadra è un verde omaggio aiRed Devils, al posto di Belzebùi confini della regione e un paiodi alberi, i soli due che ombreg­giano il limitar del Sahara.

La coppa No FifaAlla prima selezione si presen­tarono da tutti i campi profughidella zona: a piedi nudi o concalzature improbabili, moltiportavano in volto e nel girovi­ta i segni di settimane di marcianel deserto per mettere in salvola famiglia dalle mattanze dei Janjaweed, i filo Jihad (guerrasanta), quasi tutti avevano assi­stito a uno stupro o un omici­dio. Per alcuni di loro il palloneera un sentito dire, per Ismail Abdraham Ibrahim è una pas­sione sbocciata nella culla. «Hoiniziato a giocare a 4 anni, no­

nostante la contrarietà di miopadre ­ racconta ­. Il calcio è po­polare in Darfur, le sfide tra ivillaggi sono molto accese». Agiugno, al termine di un inter­minabile viaggio senza passa­porto, Ismail e compagni si so­no ritrovati a Östersund, in Svezia. Due anni prima si era­no presentati in Kurdistan con5 allenamenti alle spalle e ilterrore dei fuochi d’artificioinaugurali, ora assaporavano con maggiore convinzione ilprofumo del sintetico della Vi­va World Cup, il torneo delle

nazioni non riconosciute dallaFifa. All’esordio 0­20 con la Pa­dania, altre 3 sconfitte in dop­pia cifra nei match successivi. Ma al 61° gol incassato in 6giorni il sorriso arredava anco­ra il loro volto. «Grazie alla coppa abbiamo portato la sto­ria del Darfur in giro per ilmondo ­ spiega Gabriel Stau­ring ­. Nel 2015 avremo unasquadra femminile, intanto continuiamo a lavorare sui ra­gazzini».

L’accademiaDa alcuni mesi la prima acca­demia del Darfur United ha aperto i battenti nel campo diDjabal, altre si inaugureranno presto nelle diverse strutture.Gli allenatori sono rifugiati eoperano sotto la supervisionedei membri della ong per sco­vare talenti tra i giovani ospiti. «La situazione in Darfur è terri­bile: la popolazione scappa enon tutti riescono a passare il confine ­ dice il fondatore di i­ACT ­. Nei campi del Ciad le co­se sono precipitate: mancanomedicine, acqua e cibo perchéla razione alimentare è stata ri­dotta a mille calorie al giorno, la metà di quanto previsto dal World Food Program. La gentecerca una quotidianità attra­verso il lavoro e la scuola, ma molti si lasciano andare». Anti­doto all’apatia, il pallone fa quello che può per cicatrizzareuna delle ferite più dolorosedel pianeta. «Sono orgogliosodi vestire la maglia dello Uni­ted ­ conclude Ismail Ab­draham Ibrahim ­. Il calcio è ilnostro modo per dire al mondoche il Darfur esiste e vuole pacee giustizia, che non vogliamo più consolare orfani e vedove.Il genocidio deve finire».

lla scheda11 ANNI DI CONFLITTO DA 300 MILA MORTI E 2 MILIONI DI SFOLLATI

Il Darfur è una regione a ovest del Sudan al confine col Ciad. Il conflitto è iniziato nel 2003 per motivi etnici e economici fra ribelli anti-governativi e i Janjawid, armati dal dittatore sudaneseOmar el Bashir, e artefici di un genocidio o pulizia etnica che ha provocato 300 mila morti e 2 milioni di sfollati. Il Darfur oggi è un fascicolo congelato alla Corte penale dell’Aja. «Non è una priorità dell’Onu» ha denunciato pochi giorni fa il procuratore capo Bensouda. Il mandato d’arresto per crimini contro l’umanità nei confronti di El Bashir non ne ha scalfito il potere in Sudan. Nonostante la tregua del 2010 i massacri sono quotidiani: a novembre 210 ragazze e bambine di un villaggio del Darfur sono state violentate.

Mar Rosso

SUDAN

SUDSUDAN

ETI

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EGITTOLIBIA

CIA

D

REP.CEN. AF.

DARFUR

Nyala

Khartoum

AFRICA

IL RITO DEL SANTA FE PORTA TANTI TITOLIADRIANO SEU

© RIPRODUZIONE RISERVATA

A ffidarsi alla fede non è sem­pre garanzia di successo.

Ne sa qualcosa il San Lorenzo,k.o. sabato dal Real nella finaledel Mondiale per club nonostantele preghiere del Papa Bergoglio.Tifosi e giocatori dell’Indepen­diente Santa Fe, invece, hannoragione di credere il contrario,forti del trionfo in campionato ot­tenuto domenica nella finale conl’Independiente Medellin. Dietroall’8° titolo del club di Bogotà, giunto col successo per 2­1 all’an­data seguito dall’1­1 nel ritorno

nella capitale, pare ci sia lo zam­pino di Sandra Merino, assistentespirituale messa a libro paga dal2012.

Pediluvio e piedi nudi Tutto ha inizio quando la devotasignora Merino entra in contattocol presidente Cesar Pastrana a inizio 2012. «Solo il Signore viconsentirà di tornare a trionfare»,sentenziò all’epoca, convincendogiocatori e staff a realizzare un pediluvio purificatorio negli spo­gliatoi, seguito da una passeggia­ta a piedi nudi nel campo primadi ogni gara. Nonostante lo scetti­cismo generale, tutti decidono diassecondarla pur di spezzare un

digiuno che durava da quasi 40 anni. Pochi mesi dopo, come perincanto, il Santa Fe conquista il ti­tolo e il presidente Pastrana deci­de d’ingaggiare la signora Merinocome assistente spirituale. Da al­lora non c’è partita che non vengapreceduta dal rito propiziatorio.«C’è chi ci prende in giro, ma sia­mo convinti che quest’usanza ciconsenta di avere l’appoggio e la protezione del Signore, non ab­biamo nessuna intenzione di ab­bandonarla», ha spiegato il cen­trocampista Daniel Torres. Per gliagnostici, invece, il trionfo di do­menica è soprattutto merito delcapitano argentino Omar Perez,33 anni e da 6 a Bogotà. Il tre­

quartista argentino naturalizzatocolombiano è stato il trascinatoredel titolo conquistato nel 2012 e,pur tra mille acciacchi, continua alasciare il segno con gol e raffichedi assist. Da giovane, a causa del­le fragili ginocchia, il Pelado fuscaricato dal Boca, dov’era consi­derato l’erede naturale di Riquel­me. In Colombia ha trovato lapropria dimensione e il presiden­te Pastrana sta meditando di ac­contentare la tifoseria, che vor­rebbe firmasse un contratto a vitacon Los Cardenales. Perez nonaspetta altro, «pronto a restare fi­no a quando il Signore lo vorrà». Gira e rigira, è sempre una que­stione di fede.OMAR PEREZ, 33 ANNI, SANTA FE (REUTERS)

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