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Dalle omelie di Don Pierino Galeone a cura di Don Vincenzo Carone

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Dalle omelie di Don Pierino Galeone

a cura di Don Vincenzo Carone

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 2

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 3

Presentazione

Padre Pio diceva: “l'anima che ha scelto il divino amore non può

rimanersene egoista nel Cuore di Gesù, ma si sente ardere anche nella carità

verso i fratelli...” (Ep.III, p.962). “Da parecchio tempo sento in me un

bisogno, cioè di offrirmi al Signore vittima per i poveri peccatori e per le

anime purganti”. (Ep.I, p.206) “il bene che noi ci adoperiamo ad arrecare

alle anime altrui, risulterà utile anche alla santificazione dell'anima

nostra...” (Ep.II, p.384).

Don Pierino Galeone ha avuto da Padre Pio il compito di fondare l‟Istituto

Secolare dei Servi della Sofferenza che vuole essere il luogo dove Padre

Pio è presente nella Chiesa per compiere la sua missione fino alla fine del

mondo. Padre Pio ha comunicato a Don Pierino la sua spiritualità, per cui le

sue prediche portano alla conoscenza della misericordia di Dio, e mediante la

conversione, avere l‟esperienza di Dio; l‟esperienza poi porta all‟impegno

dell‟ubbidienza alla fede per vivere nella Chiesa l‟amore di Dio che salva.

In una omelia ha detto: Tante volte andiamo da Gesù, dalla Madonna, dai

Santi dei quali siamo devoti, soltanto per avere quello che ci è necessario per

la vita umana, per ciò che è terrestre, e pensiamo poco alle cose dello spirito,

alla salvezza dell’anima, al Regno dei Cieli. Quanta gente che pur andando

in chiesa, non si è ancora impegnata a mettersi in comunione seria e

definitiva con Cristo osservando i suoi comandi, poiché la comunione intima

con Cristo avviene mediante l’osservanza della sua Parola.

Ho raccolto molte di queste omelie, le ho mandate per Facebook; adesso

voglio ordinarle in alcuni “Quaderni” e mandarle a voi; saranno utili a voi e

agli altri per perseverare nella Chiesa sulla via della salvezza.

Don Vincenzo

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 5

L‘ammonizione

Non solo i genitori, ma molti di noi hanno il dovere di ammonire chi sta

sbagliando.

Facciamo qualche riflessione utile su questo argomento. Cos‟è

l‟ammonizione?

È un invito rivolto a qualcuno perché cambi il proprio comportamento; è una

sollecitazione a migliorare il suo impegno in quello che sta facendo; a volte

invece è un vero e proprio rimprovero che viene fatto amabilmente, per

evitare che la suscettibilità dell‟altro susciti in lui una ribellione, e forse anche

una reazione violenta.

Anche quando abbiamo il dovere di ammonire qualcuno, come in tutti i

rapporti con il prossimo, dobbiamo prima esaminare se siamo veramente

umili.

Verifichiamo nella nostra coscienza se Gesù ci ha donato questa che è stata la

sua virtù, e che ha proposto a tutti noi di imparare da Lui.

Chi non è umile non solo non è capace di accogliere l‟ammonizione, ma non è

capace neppure di ammonire gli altri.

Gli mancano due cose: la prima, la più importante, gli manca la testimonianza

della vita cristiana; in passato si diceva: fai quello che ti dico, ma non fare

quello che faccio io. Inoltre manca quella umiltà che l‟altro deve avere per

accogliere l‟ammonizione e utilizzarla per migliorare il proprio

comportamento.

Dobbiamo essere molto prudenti se non vogliamo farci dei nemici, dobbiamo

cioè verificare prima se l‟altro ha veramente bisogno di una correzione.

Per correggere una persona che sbaglia, occorre iniziare dall‟ammonizione.

Essa deve essere fatta sempre dalla persona che ha una responsabilità nei

confronti di chi sta sbagliando. Non è ammissibile che il figlio corregga il

proprio padre. Ogni autorità viene da Dio. Gesù non ha ammonito Pilato che

lo condannava a morte: “tu non avresti autorità su di me se non ti fosse stata

data dall’alto”. Gli ha detto soltanto di stare attento perché “il tuo peccato è

grande”, però ha accettato la condanna a morte senza fiatare.

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Padre Pio disse che Dio osserva attentamente quello che i governanti dicono e

fanno, giudicherà molto severamente i governanti che non rispettano la

giustizia sociale e i diritti dei poveri.

La stessa severità Dio riserba per tutti coloro che approfittano della loro

autorità per fare del male.

Mi rendo conto che queste mie affermazioni possono generare un sorrisino di

compassione in questo clima molto discusso di libertà di pensiero e di parola.

Viviamo in un mondo che ha sovvertito i valori sacri della giustizia e

dell‟ordine sociale.

Attraverso la cosiddetta scienza, attraverso la sapienza e l‟esperienza, si cerca

il bene materiale del singolo innanzitutto, poi anche il bene della famiglia e

della società civile. Il più delle volte emerge la presunzione oppure, sotto il

paravento della presunzione, un orgoglio squallido, invidia, gelosia o altra

roba di questo genere.

Stiamo assistendo con sconcerto alla inchiesta che viene fatta a una madre

che si suppone di aver ucciso il suo bambino. Viene accusata di aver

commesso “un delitto efferato”. Tutte quelle donne che abortiscono, cioè non

uccidono il proprio bambino che va a scuola, lo uccidono quando si trova

sotto il loro cuore e non ha altra colpa che quella di voler nascere e avere una

mamma.

La donna che abortisce, esercita un diritto che lo Stato le ha dato: la donna ha

diritto di disporre del proprio corpo come le pare e piace, dice la legge.

Uccidere il proprio figlio prima che nasca è lecito, uccidere lo stesso figlio

dopo che è nato, è un delitto crudele. Eppure ci troviamo di fronte alla stessa

madre, allo stesso bambino e alla stessa situazione umana e sociale.

Gli uomini e le donne del nostro tempo non conoscono la distinzione tra il

bene e il male. Quando la Chiesa cerca di entrare in questo caos di leggi e di

opinioni per cercare di mettere un poco di ordine, non riesce a concludere

nulla, o meglio la conclusione è un coro di proteste e di insulti contro le nostre

Istituzioni e contro i sacerdoti e Vescovi che si permettono di dire forte: Dio

non vuole.

I più agguerriti oppositori della Chiesa sono i cristiani, e le stesse persone che

dovrebbero difendere i principi della morale cristiana. Siamo tutti gonfi di

orgoglio e di arroganza inspiegabile.

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Non va avanti colui che è onesto e giusto, per andare avanti bisogna essere

furbi. Sappiamo ben mettere la verità al posto sbagliato. Mettiamo al posto

giusto quello che non è vero.

I furbi sanno strumentalizzare anche i ragionamenti più giusti, non per

ammonire, ma per demolire l‟autorità e la società stessa.

È molto semplice camminare se c‟è davvero l‟umiltà, perché chi è umile

pratica sempre la giustizia, chi pratica la giustizia sa dire a un altro quello che

è giusto e quello che è sbagliato.

Bada che, per correggersi da questa fragilità, da questa debolezza, bisogna

bruciare tutte le convinzioni sbagliate. Esse infatti chiudono il buon senso e

impediscono di accogliere la correzione e le ammonizioni che ci vengono dalle

persone che hanno dei doveri da compiere verso di noi.

Tante volte i genitori, i sacerdoti e gli uomini e le donne di buona volontà

cercano di fare il proprio dovere, tentano in tutte le maniere di togliere questa

malizia, questa debolezza, questa fragilità. Si sforzano di parlare con dolcezza,

di ammonire e correggere con ragionamenti che dovrebbero essere

convincenti, a volte sono costretti a fare dei rimproveri. Il risultato è che

vengono discussi con una furberia spesso banale e squallida, da parte loro la

correzione è impossibile.

Cosa devi fare per distruggere il tuo orgoglio? Devi metterti al tuo posto e fare

il tuo dovere, qualunque sia la reazione degli altri.

La presunzione più grave, che in realtà è diabolica, è quella di essere convinto

di fare il bene quando si cerca di eliminare una persona che dice la verità, così

hanno fatto con Gesù.

Nel tempo che fu dicevamo: la verità fa male.

Mettiti al tuo posto, e cerca di essere quello che Dio vuole che tu sia. Rispetta

il ruolo che gli altri hanno ricevuto da Dio. Tutti dobbiamo imparare ad

ascoltare l‟ammonizione, ad accogliere la correzione.

Bada, che pecca di più colui che dà ragione a chi critica l‟ammonizione

ricevuta, che non quello che ha ricevuto l‟ammonizione. Quelli che

sostengono la critica, danno man forte al disagio psicologico e spirituale di

quelli che rifiutano l‟ammonizione.

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Quello che facciamo tra di noi, lo facciamo anche nei riguardi di Dio.

Qualunque sia la nostra opinione, Dio rimane lo stesso di sempre: “Dio ferisce

e risana, corregge e castiga”.

Lo fa sempre perché ci ama.

<<Se soffri con rassegnazione al suo volere tu non l’offendi, ma lo ami. E il tuo cuore avrà

grande conforto se pensi che nell’ora del dolore Gesù stesso soffre in te per te. Egli non ti

ha abbandonato quando fuggivi da lui; perché dovrebbe abbandonarti ora che nel

martirio della tua anima gli dai prove d’amore?>>.

San Pio

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L’ipocrisia e il giuramento

La parola ipocrisia deriva dal greco üpokrinos, che vuol dire: avere un

pensiero, un giudizio verso un‟altra persona o meglio un comportamento

sommerso nella mente e nel cuore, di fronte a quello emerso all‟esterno nel

rapporto con quella persona.

Una delle porte, forse quella principale, che fa entrare un‟anima nell‟ipocrisia,

è l‟amor proprio.

Vorrei fare delle riflessioni senza approfondirle, mi fermerò soltanto

all‟enunciato dei principi.

Cerchiamo di dire, di chiarire una definizione dell‟amor proprio. Diciamo

subito che la prima definizione è questa: l‟amore a ciò che ti appartiene.

Proprio si riferisce alla persona, quindi possiamo dire che l‟amor proprio è

l‟amore all‟Io.

C‟è una differenza non soltanto verbale, ma sostanziale tra l‟Io e quello che

intendiamo dire con la parola: proprio. L‟io è il centro di attribuzione di tutte

le azioni di una persona, sia le azioni attive e sia quelle passive. Proprio,

indica tutto quello che appartiene all‟Io ad ogni livello: sia quello mentale, sia

quello dell‟intelligenza, della volontà, della psiche, dei sensi; anche quello che

appartiene all‟Io circa la cose.

L‟amor proprio quindi, non soltanto si riferisce al soggetto, ma anche a tutto

quello che appartiene al soggetto.

Però è difficile distinguere nell‟amor proprio ciò che appartiene all‟Io, e cioè

che di conseguenza appartiene anche all‟Io. Non è facile accorgersi dell‟amor

proprio, è possibile individuarlo soltanto mediante i segni.

Il primo segno dell‟amor proprio è quello di avere “la battuta” facile. La

battuta facile si poggia su di una ipersensibilità emotiva, per cui appena una

parola, un gesto, un comportamento tocca l‟Io, immediatamente c‟è la

reazione.

La reazione può essere diversa, sia quella verbale, sia quella di reagire

mediante i comportamenti.

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La reazione quindi non è soltanto verbale, è anche mediante il

comportamento.

Questo è segno che il proprio Io o a livello di pensiero, o a livello di un

desiderio, o a livello di una emozione, reagisce subito, e quindi non ha la

capacità di saper incassare sia le lodi, come anche le umiliazioni. Questo è un

segno.

Si può avere un criterio di – direi- attenzione: se una autorità più alta si trova

presente, come nel caso dei genitori, si è molto attenti alle reazioni, anche nel

caso in cui ci sono delle umiliazioni; per cui le reazioni e i comportamenti

vengono modulati, camuffati, però mai vengono assorbiti, perché si parla

dopo, e si sparla con chi è confidente.

Questa è facilità emotiva ad accogliere le umiliazioni e le contrarietà.

Se si unisce l‟ipersensibilità con la ragione, si può arrivare a delle quote

altissime, anche il giuramento. Il giuramento per sé sarebbe chiamare Dio

come testimone di quello che dico. Quando il giuramento viene inserito

nell‟amor proprio si chiama la propria cultura, il proprio Io, la propria ragione

e le proprie emozioni a testimone di quello che si dice: è come dico io, è così,

basta. Questa è una simulazione del giuramento.

Alcuni molto facilmente, per via dell‟amor proprio o della ragione o delle

emozioni, scattano in maniera dura, a volte girano le spalle, se ne vanno e

sbattono la porta.

Non è possibile che l‟amor proprio non porti all‟ipocrisia. La scaletta

dell‟amor proprio porta al litigio, alla divisione, alla mancanza di rispetto per

l‟altro, e forse anche a tutto il resto: l‟invidia, la gelosia, l‟odio, e nel caso in cui

si tratta dei figli, porta alla ribellione.

Facciamo ancora delle considerazioni. Quando fai una discussione accesa, tu

hai tre momenti mentali: o sei certo di quello che dici, allora cerchi di

distruggere l‟altro: se invece la tua mente è fumosa e la memoria non ti

presenta chiarezza, il tuo amor proprio ti fa presentare le tue affermazioni

come certe: no, è così come dico io.

Magari l‟altro ti dimostra che stai sbagliando, il tuo amor proprio non ti fa

ammettere che stai sbagliando. Tu non sei capace di presentare il tuo Io

perdente e umiliato.

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Questo è uno dei segni che in te c‟è l‟amor proprio profondo.

Quando la tua mente è fumosa perché non ricordi bene, la tua memoria è

confusa, tu non sei capace di dire che non ricordi bene, per cui la tua

incertezza viene da te presentata come certezza: è così come dico io.

Anche quando l‟altro ti dimostra che stai sbagliando, non sei capace di

ammetterlo e di chiedere scusa, non accetti l‟umiliazione della evidenza, per

cui il tuo amor proprio ti fa pensare che l‟altro capirà da solo.

Se l‟evidenza che l‟altro ti presenta è lampante, gli rispondi: tutti sbagliano.

Non è possibile per te presentare il tuo Io perdente e umiliato dall‟evidenza.

Questo è uno dei segni che l‟amor proprio è profondo.

Quando la tua mente è fumosa, perché non ricordi bene, per via dello stimolo

dell‟Io, l‟amor proprio ti fa dire delle bugie: “tu hai detto così”. Magari quella

parola, quel fatto, quel comportamento nella tua memoria non sono evidenti,

dici delle bugie. Per far prevalere la tua ragione a tutti i costi, dici delle bugie.

La bugia è sempre connessa con il travisamento delle parole che l‟altro dice:

tu hai detto questo, è vero che tu l‟hai detto. Il tuo amor proprio ti suggerisce

di aggredire l‟intenzione dell‟altro.

Quando non sei capace di chiedere scusa, aggredisci l‟altro, infierisci contro

chi ha umiliato il tuo Io.

L‟amor proprio non crede a nulla, travisa tutto: e le parole e le intenzioni

dell‟altro.

L‟atteggiamento più significativo dell‟amor proprio è quando si passa ad

accusare l‟altro, “hai sbagliato, lo dice il tuo amico”, “tu non sbagli? pensa ai

fatti tuoi”. Se non sai incassare l‟umiliazione, passi sempre al contrattacco.

Questo succede da sempre nella storia delle amicizie. Il poeta Dante per es.

diceva: “aver compagno nel duol, scema la pena”. È terribile!

Questo avviene non solo tra amici, ma anche tra sacerdoti, tra discepolo e

maestro, tra sudditi e superiori nelle comunità religiose, tra figli e genitori.

Quando si passa all‟accusa, le conseguenze sono sempre dolorose.

I vigliacchi, a motivo dell‟amor proprio, hanno l‟accusa sotto il mantello della

mormorazione, della critica e della calunnia.

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L‟amor proprio finge di fare la critica cosiddetta costruttiva, in realtà

distruggono l‟altro che forse ha ragione.

È difficilissimo prendere l‟amor proprio per la testa come si fa con la vipera, è

troppo sottile.

Due soluzioni sono possibili: dare subito il perdono come ha detto Gesù, e

chiedere umilmente scusa quando sei tu a sbagliare; oppure tacere e pregare

lasciando a Dio il compito di giudicare e valutare le opere tue e dell‟altro.

Quando manca l‟umiltà, un‟altra soluzione non c‟è.

Quando tu umili il tuo Io, Gesù è presente in te: “domine, bonum michi,

umilasti me” Signore, mi hai umiliato, questo è bene per me.

San Francesco chiedeva sempre al Signore una umiltà profonda, sincera,

sentita e interiore.

Padre Pio diceva: più che visibile, l‟umiltà deve essere nascosta nel cuore,

deve essere convinta.

“Gesù non considerò la sua uguaglianza con Dio, umiliò se stesso fino alla

morte e alla morte di croce”. “imparate da me, disse, che sono mite e umile di

cuore”. Ha annientato il suo Io, e si è reso disponibile alla volontà del Padre.

Soltanto chi è umile è disponibile al perdono “settanta volte sette”.

Il Signore punisce le singole persone, le famiglie, la società, i popoli e

l‟umanità tutta, però lo fa unicamente per sollecitare al pentimento e al

perdono.

Non urtare, non mortificare gli altri è un segno di umiltà. Le parole dure sono

sempre segno di squilibrio dell‟amor proprio, facilmente portano a

bestemmiare.

Tieni sempre presente i tuoi limiti e le tue fragilità, soltanto questo è per te il

segno che hai vinto l‟amor proprio.

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Come aiutare il prossimo

Cominciamo con distinguere l‟aiuto che gli altri cercano di avere da te, e

l‟aiuto che tu cerchi di avere dagli altri.

L‟aiuto che tu cerchi è un sostegno necessario perché tu faccia la volontà di

Dio? Oppure cerchi un sostegno, una condivisione? Oppure una approvazione

per i tuoi nervi che saltano, per la tua mormorazione, per il danno che fai agli

altri con la tua critica spietata?

Molti non fanno il proprio dovere e cercano l‟approvazione o la giustificazione

per la loro pigrizia e per l‟evasione con cui trascurano il lavoro che bisogna

compiere; facilmente perdono tempo e forse, addirittura, fanno di peggio.

Se sei umile e fai la volontà di Dio, cercherai sempre di avere dal Signore

l‟aiuto perché, nonostante le fragilità, tu compia i tuoi doveri in maniera

soddisfacente.

Se sei orgoglioso, tu cerchi l‟aiuto dal tuo Io e da parte di coloro che

condividono le stranezze della tua mentalità, i tuoi pregiudizi, addirittura la

tua malizia.

Quando qualcuno si rivolge a te per avere un aiuto per superare una sua

difficoltà, tu cosa fai? Dici che non hai tempo? Dici che lo farai certamente,

ma non adesso? Fai finta di non capire che la difficoltà dell‟altro è vera e che

quindi è necessario dare una mano?

Domanda alla tua coscienza la motivazione per cui vuoi aiutare qualcuno.

Se sei un buon cristiano, doni il tuo aiuto per ubbidire al comando di Cristo

che vuole che amiamo il prossimo mediante le opere dell‟amore. Se invece sei

orgoglioso operi animato dalla pretesa della gratitudine.

Non è raro il caso di chi vuole primeggiare sugli altri, e lo dimostra aiutandoli

nelle difficoltà.

Pensi veramente che la tua carità sia vera quando il tuo cuore è animato da

gelosia, da invidia, oppure dalla finzione di volere veramente il bene

dell‟altro? Quando hai deciso di aiutare qualcuno, gli dai l‟aiuto che ti chiede,

oppure decidi tu quello che lui deve avere? Pensi che corrisponda al

comandamento dell‟amore al prossimo quando pensi di aiutare perché

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superino le difficoltà che impediscono di commettere peccati contro la fedeltà

matrimoniale, o contro il sesto e il nono Comandamento? Credi che Dio

approvi il tuo comportamento quando tu a qualcuno faciliti il cammino verso

il peccato?

Analizziamo brevemente i tre punti della nostra discussione: l‟aiuto che cerchi

di avere dagli altri, l‟aiuto che vuoi dare agli altri, e l‟aiuto che gli altri cercano

di avere da te.

Bada bene, che aiutare il prossimo è un punto basilare della vita cristiana.

Il Vangelo dice che Gesù ci giudicherà secondo quello che abbiamo fatto agli

altri. Se abbiamo fatto del bene, ci farà entrare nel suo Regno, se non abbiamo

fatto del bene, ci manderà all‟inferno.

Gesù ha parlato chiaro: all‟inferno non va soltanto colui che ha commesso i

peccati e non si è pentito, all‟inferno ci va anche colui che non ha fatto il bene

che poteva fare, per questo motivo l‟amore al prossimo è un Comandamento.

Tu devi cercare l‟aiuto per compiere i tuoi doveri quotidiani, oppure per

portare a termine un‟azione buona, quando non ce la fai da solo. Devi cercare

un aiuto per fare una cosa buona e giusta. Non ha senso aspettarsi un aiuto da

persone che ignorano i principi della giustizia e delle virtù cristiane. L‟aiuto è

un bene che cerchi, è un gesto di amore che vuoi sia fatto verso di te.

Che bene può darti il mondo? Quale amore pensi di trovare? Solo Cristo può

darti quei beni che tu attendi per il tuo corpo, per la tua anima, per il tuo

presente, passato e futuro, per la vita terrena, per la vita celeste.

Perché perdi tempo ad andare dietro alle cose del mondo, perché cerchi un

aiuto che non ti può dare? Nessuno può darti quello che non ha. Forse hanno

soltanto una mano per rubarti quei pochi beni che hai.

È un‟affermazione fondamentale, perché l‟aiuto coincide sempre con l‟amore.

Sei sempre disponibile, oppure chiedere a te un aiuto è sempre un rischio da

parte del prossimo perché è imprevedibile la tua risposta?

Se rispondi bene, a volte quel bene che fai o è ritardato, o è ragionato troppo,

oppure sei presuntuoso.

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Il poco di bene che fai, non ha nessun merito, perché forse lo fai per amor

proprio per cui il bene non imbocca il cammino dell‟amore vero, forse il

cammino di una strana gratitudine.

A volte può essere combinato con una condivisione di critica, di ribellione.

Aiutare chi si ribella è un aiuto finto, perché tu dai sostegno a chi si ribella. Se

tu invece aiuti chi si ribella dando luce di verità e conforto, lo aiuti perché si

sottometta alla parola di Dio, soltanto allora il tuo aiuto è valido, è un aiuto

vero.

Quanti aiuti finti e controproducenti nel mondo! Quanti aiuti che si sono

dispersi nella perdita dei meriti!

Fai l‟esame di coscienza, quale aiuto tu cerchi nella tua vita? Vuoi essere

aiutato a soddisfare le esigenze della tua natura umana oppure quelle della

vita eterna, della vita divina? Presso chi cerchi l‟aiuto? Quando sei affaticato e

stanco vai da Cristo oppure vai al mondo?

Bada che questa deviazione è facilissima da fare, specialmente per la gente

che vive nel mondo ecclesiale. È molto facile deviare le piste giuste dell‟aiuto

saggio, evangelico, sia nel ricevere che nel dare.

Forse dobbiamo capovolgere completamente la nostra mentalità, il nostro

modo di aiutare e di essere aiutati. Questo cambiamento può avvenire

soltanto alla luce di Dio.

Tante volte si hanno pretese che si presentano a Dio e alla Chiesa.

Pretendiamo dagli altri quello che non sappiamo dare, vogliamo essere

aiutati, quando poi ci si chiede un aiuto, non sappiamo darlo.

Quante volte aiutiamo gli altri? Se poi non riceviamo l‟aiuto che chiediamo, ci

lamentiamo che non siamo stati aiutati.

Ci sono uomini e donne che hanno la categoria mentale a non lasciarsi

aiutare. Se si fa subito, bisogna ritardare, se si ritarda, bisogna farlo subito.

Dobbiamo essere umili, sempre e in tutto.

Devi aiutare chi ti aiuta a sentire da parte di Dio il conforto nell‟aiuto che stai

dando. Così fa Gesù con noi. È buono, amabile, ha mandato lo Spirito Santo

per darci conforto, aiuto e sostegno.

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Com‟è difficile incoraggiare chi sta aiutando gli altri! Com‟è bello stare nella

pace con chi ti sta vicino e con chi collabora con te.

Tante volte siamo strani; ora lodiamo, ora disprezziamo. Bada che la carità,

l‟aiuto, e il servizio sono sinonimi. Dove c‟è la carità vera, l‟aiuto è equilibrato

e saggio.

“sono venuto per servire, non per essere servito”. Gesù lo ha fatto fino alla

morte e alla morte di Croce, accogliendo anche le ingratitudini, le infedeltà, i

rinnegamenti e i tradimenti. Ha camminato sempre per la via della carità e

dell‟amore al Padre Celeste.

Ecco, ha notato Papa Francesco, «il dramma del cuore chiuso, il dramma della

mente chiusa. E quando il cuore è chiuso, questo cuore chiude la mente. E quando

cuore e mente sono chiusi non c’è posto per Dio». Sì, ha spiegato il Papa, ci

siamo «soltanto noi» e per di più convinti nel dire che «si deve fare solo quello

che io credo», sicuri oltretutto di fare esattamente «quello che dicono i

comandamenti». Ma «i comandamenti portano una promessa e i profeti svegliano

questa promessa». Di fronte alla «mente chiusa, per Gesù non è possibile

convincere, non è possibile dare un messaggio di novità». Che poi «non è nuovo»

ma «è quello che era stato promesso dalla fedeltà di Dio e dai profeti». Eppure gli

interlocutori di Gesù «non capiscono: hanno la mente chiusa, il pensiero chiuso,

perché nel loro egoismo, nei loro peccati, hanno chiuso il proprio cuore». Il loro,

dunque, «è un pensiero chiuso che non è aperto al dialogo, alla possibilità che ci

sia un’altra cosa, alla possibilità che Dio ci parli e ci dica com’è il suo cammino,

come ha fatto con i profeti». Di sicuro, ha aggiunto il Pontefice, «questa gente non

aveva ascoltato i profeti e non ascoltava Gesù». La loro, però, «è qualcosa di più

che una semplice testardaggine. No, è di più! È l’idolatria del proprio pensiero: io

la penso così, questo deve essere così e niente di più!»

<<Quanto più amore darai, tanto più ne riceverai. L’amore tutto dimentica, tutto perdona,

dà tutto senza riserva>>.

San Pio

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 17

Il buon senso, Il discernimento, la discrezione

Il Vangelo parla del modo di rapportarsi l‟uno con l‟altro, mette anche in

risalto il modo con cui dobbiamo comprendere, avere misericordia, avere

bontà, apertura col prossimo, e parla della misura che dobbiamo avere nello

stare col prossimo.

Cos‟è il buon senso? La parola “senso” qui si di deve intendere come ciò che tu

senti. Però il sentire riguarda, in un certo senso, il mondo emotivo e quindi la

psiche e, di fatto, le impressioni.

Però le impressioni sono tante. Tu devi scegliere quella buona, per cui il buon

senso non è altro che la scelta buona di tutto ciò che tu senti. Se per es. tu stai

in Chiesa, il buon senso ti dice di stare zitto, di non chiacchierare, di stare

attento alle parole che vengono dette dal sacerdote. Il buon senso dice di

essere coperta bene, senza portare vestiti stravaganti. Il buon senso può anche

aiutare a regolare gli atteggiamenti impulsivi, quelli meno controllati.

Se tu, per esempio, dove ti trovi insieme con altri, senti una barzelletta

oscena, brutta, piccante, e ridi divertito, tu che lotti contro le tentazioni per

non lasciarti trascinare nel peccato, ti metti a ridere come gli altri, il buon

senso ti è scappato di mano.

Il buon senso è seguire le buone emozioni. Tu avverti che, per esempio,

scherzando, qualcuno può mortificarsi, il buon senso dice: frenati!

Il buon senso nel dare un‟esortazione, una correzione, un rimprovero.

Quando colui che stai rimproverando ha capito quello che vuoi dirgli, è inutile

affondare il coltello dentro.

Ci sono alcuni che se non premono dentro con le parole non sono soddisfatti,

e presumono di non essersi spiegati bene. Il buon senso scappa.

Il discernimento che cos‟è? E‟ il vagliare tempo, persone, parole,

comportamenti più adatti o per te o per un altro. Se tu vai in casa di una

persona che ti fa accomodare e tu ti alzi e cominci a girare, a curiosare, a

chiedere di questo e di quest‟altro … Ma stai al posto tuo!

Il discernimento ti dice di essere equilibrato dinanzi a dei modi di vedere, di

parlare, di comportarti. Stai al posto tuo, non fare la marionetta.

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 18

Il discernimento è qualcosa di più del buon senso; il buon senso è la scelta

buona che tu fai, il discernimento è qualcosa che è all‟esterno per cui i tuoi

comportamenti devono essere riflettuti, ben educati, ben appropriati, sempre

irrorati dalla carità fraterna.

La discrezione, invece, è qualcosa di più profondo, perché tu ti sei accorto che

per esempio quella persona non riesce a trovare chi è disposto a sposarla, sii

discreto nel parlare di lei; se qualcuno ti chiede: “Che ne pensi di questa

persona?” tu, se sei discreto, dirai che è una brava persona, giovane, ecc.

prenderai il lato buono.

La discrezione vuol dire questo: quello che pensi di una persona lo devi prima

inzuppare nella carità affinché quello che dici di lui corrisponda a verità.

Egualmente se tu sai che è un ottima persona, la discrezione non deve farti

dire che quella è una santa, ma devi dire che è molto buona, intelligente,

amabile, servizievole. Andare al di là è indiscrezione.

La mancanza di discrezione annulla le realtà vere che ha una persona della

quale tu parli in modo indiscreto. Il buon senso, il discernimento, la

discrezione sono componenti importanti che delineano in maniera direi

emergente, significativa, la dignità di una persona.

Tante volte si è pignoli per piccole cose. Ma passa avanti! Quando manca il

buon senso, questo discernimento, questa discrezione, si è sempre agitati,

perché le emozioni vengono rivoluzionate.

Quando dentro la tua testa c‟è una rivoluzione, è come una pentola sul fuoco,

svapora tutto. Infatti quello che hai in testa deve uscir fuori, perciò cominci a

mormorare, criticare, a fare battute fuori posto. Non sei più indiscreto, ma a

volte maleducato e più che maleducato, sei diventato cattivo.

Quando manca il buon senso, non si riesce più a scegliere la buona

impressione, non discerni la riflessione e i comportamenti, non sei molto

attento a dire la verità nella carità. Dentro la tua testa c‟è un manicomio, sei

sempre triste, hai bisogno sempre di manifestare agli altri le stupidaggini che

hai dentro il cuore, e così diventi una persona da evitare.

Attenzione, il cristianesimo non è questo: è semplicità, trasparenza, amabilità,

è gradimento agli altri, è carità, è equilibrio della persona nel guardare, nel

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parlare; colui che vive di fede è semplice, senza artifici, né sovrapposizioni di

comportamenti ipocriti.

Devi dire sempre la verità nella carità, devi essere trasparente, senza

presunzione e, a volte, anche senza sederti in cattedra.

Riflettiamo su quello che dice Papa Francesco sulle persone che chiama

cristiani verniciati: Chi giudica si mette al posto di Dio e così facendo va

incontro a una sconfitta certa nella vita perché verrà ripagato con la stessa

moneta. E vivrà nella confusione, scambiando la “pagliuzza” nell’occhio del

fratello con la “trave” che gli impedisce la vista. È un invito a difendere gli altri e

non a giudicarli mai. Il passo evangelico della liturgia (Matteo, 7, 1-5), ha fatto

subito notare il Pontefice, presenta proprio Gesù che «cerca di convincerci a non

giudicare»: un comandamento che «ripete tante volte». Infatti «giudicare gli altri

ci porta all’ipocrisia». E Gesù definisce proprio «ipocriti» coloro che si mettono a

giudicare. Perché, ha spiegato il Papa, «la persona che giudica sbaglia, si

confonde e diventa sconfitta». Chi giudica «sbaglia sempre». E sbaglia, ha

affermato, «perché prende il posto di Dio, che è l’unico giudice: prende proprio

quel posto e sbaglia posto!». In pratica crede di avere «la potestà di giudicare

tutto: le persone, la vita, tutto». E «con la capacità di giudicare» ritiene di avere

«anche la capacità di condannare». Il Vangelo riferisce che «giudicare gli altri

era uno degli atteggiamenti di quei dottori della legge ai quali Gesù diceva

“ipocriti”». Si tratta di persone che «giudicavano tutto». Però la cosa più

«grave» è che, così facendo, «occupano il posto di Dio, che è l’unico giudice». E

«Dio, per giudicare, si prende tempo, aspetta». Invece questi uomini «lo fanno

subito: per questo chi giudica sbaglia, semplicemente perché prende un posto che

non è per lui». Ma, ha precisato il Papa, «non solo sbaglia; anche si confonde».

Ed «è tanto ossessionato da quello che vuole giudicare, da quella persona —

tanto, tanto ossessionato! — che quella pagliuzza non lo lascia dormire». E

ripete: «Ma io voglio toglierti quella pagliuzza!». Senza però accorgersi «della

trave che lui ha» nel proprio occhio. In questo senso si «confonde» e «crede che

la trave sia quella pagliuzza». Dunque chi giudica è un uomo che «confonde la

realtà», è un illuso. Non solo. Per il Pontefice colui che giudica «diventa uno

sconfitto» e non può che finire male, «perché la stessa misura sarà usata per

giudicare lui», come dice Gesù nel Vangelo di Matteo. Dunque «il giudicatore

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 20

superbo e sufficiente che sbaglia posto, perché prende il posto di Dio, scommette

su una sconfitta». E qual è la sconfitta? «Quella di essere giudicato con la misura

con la quale lui giudica» ha rimarcato il vescovo di Roma. Perché «l’unico che

giudica è Dio e quelli ai quali Dio dà la potestà di farlo. Gli altri non hanno

diritto di giudicare: per questo c’è la confusione, per questo c’è la sconfitta».

Oltretutto, ha proseguito il Papa, «anche la sconfitta va oltre, perché chi giudica

accusa sempre». Nel «giudizio contro gli altri — l’esempio che dà il Signore è “la

pagliuzza nel tuo occhio” — c’è un’accusa» sempre. Esattamente l’opposto di

quello che «Gesù fa davanti al Padre». Infatti Gesù «mai accusa» ma, al

contrario, difende. Egli «è il primo Paraclito. Poi ci invia il secondo, che è lo

Spirito». Gesù è «il difensore: è davanti al Padre per difenderci dalle accuse». Ma

se c’è un difensore, c’è anche un accusatore. «Nella Bibbia — ha spiegato il

Pontefice — l’accusatore si chiama demonio, satana». Gesù «giudicherà alla fine

del mondo, ma nel frattempo intercede, difende». Giovanni, ha notato il Papa, «lo

dice tanto bene nel suo Vangelo: non peccate, per favore, ma se qualcuno pecca,

pensi che abbiamo un avvocato che ci difende davanti al Padre». Così, ha

affermato, «se noi vogliamo andare sulla strada di Gesù, più che accusatori

dobbiamo essere difensori degli altri davanti al Padre». Da qui l’invito a

difendere chi subisce «una cosa brutta»: senza pensarci su troppo, ha

raccomandato, «vai a pregare e difendilo davanti al Padre, come fa Gesù. Prega

per lui». Ma soprattutto, ha ripetuto il Papa, «non giudicare, perché se lo fai,

quando tu farai una cosa brutta, sarai giudicato!». È una verità, ha suggerito, che

è bene ricordare «nella vita di tutti i giorni, quando ci viene la voglia di giudicare

gli altri, di sparlare degli altri, che è una forma di giudicare». Insomma, ha

riaffermato il Pontefice, «chi giudica sbaglia posto, si confonde e diventa

sconfitto». E così facendo «non imita Gesù, che sempre difende davanti al Padre:

è avvocato difensore». Colui che giudica, piuttosto, «è un imitatore del principe di

questo mondo, che va sempre dietro le persone per accusarle davanti al Padre».

Papa Francesco ha concluso pregando il Signore perché «ci dia la grazia di

imitare Gesù intercessore, difensore, avvocato nostro e degli altri». E di «non

imitare l’altro, il demonio, che alla fine ci distruggerà».

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 21

L’affetto

La parola Angelo vuol dire messaggero, colui che porta un messaggio. Tutto il

mistero della nostra religione è fondato appunto su questa parola: essere

mandato.

Il Padre Celeste ha mandato suo Figlio; il Figlio di Dio, dopo aver mandato lo

Spirito Santo, ha mandato gli Apostoli nel mondo; gli Apostoli hanno fondato

la Chiesa, e l‟hanno mandata a tutti gli uomini e a tutte le donne della terra.

Gesù ha dato a tutti quelli che credono in Lui il mandato di aiutare gli altri a

conoscere il Vangelo di salvezza mediante la testimonianza della vita cristiana

e le opere buone.

I Salmi fanno cantare a tutto il Creato le lodi di Dio. Anche il Creato quindi è

messaggero di Dio.

Perché la nostra missione nella famiglia, nella Chiesa e nella società in cui

viviamo si realizzi secondo il desiderio di Cristo, dobbiamo essere come gli

Angeli.

Gesù vuole che ciascuno di noi, con l‟aiuto della sua Grazia diventi puro e

semplice come un bambino.

Soltanto colui che ha allontanato dalla sua vita ogni forma di malizia, può

adempiere nella famiglia e nella Chiesa il compito per cui è stato mandato:

“vai dai tuoi fratelli e dì che Io sono risorto dai morti”.

La categoria dei cristiani è quella dei piccoli, per essere come gli Angeli, per

essere figli di Dio simili a Gesù Risorto.

Diventare significa cambiare col tempo e con la pazienza. Infatti per diventare

come bambini, è necessaria innanzitutto la conversione: non devi commettere

più nessun peccato secondo le indicazioni date a noi dai Dieci Comandamenti.

Lasciare il male non basta, occorre arricchire la propria spiritualità con i

meriti che riceviamo dalla Provvidenza di Dio come ricompensa delle opere

buone.

Dobbiamo lasciare il male e fare il bene, questa è la conversione. Essa avviene

mediante un cammino lento, ma costante nella preghiera, nella penitenza

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 22

della rinunzia ai piaceri che Dio ha proibito, e nelle opere buone. Soltanto la

conversione ci fa diventare come bambini, cioè senza alcuna malizia.

I cristiani devono essere uomini e donne che non hanno il coraggio di fare il

peccato, anzi non ci pensano neppure. Essi non orientano se stessi verso il

denaro e il benessere per godere più intensamente possibile di questo breve

soggiorno sulla terra. Pensano invece a sacrificare la loro vita perché i propri

cari e coloro che portano nel loro cuore, conoscano e amino Cristo Risorto.

Padre Pio diceva che noi eravamo i suoi compagni di esilio. Il Salmo ci fa

pregare cosi: “Dio mio, sono straniero sulla terra”.

Se dentro il nostro cuore non nasce la nostalgia di Cristo Risorto e della patria

celeste, non avremo mai la gioia di essere figli di Dio, e di sacrificare la vita

per aiutare gli altri a conoscere la fede e i valori della vita cristiana, non

avremo mai la forza di portare serenamente la nostra croce.

Il poverello di Assisi andava cantando per le vie del mondo: è tanto il bene che

mi aspetto, che ogni pena mi è diletto. Quindi questo diventare come bambini

è un divenire; il divenire appunto da un itinerario molto lontano.

Pensi veramente che diventare semplici e buoni come i bambini, non fare mai

il male, sacrificare la vita per fare il bene, pensi proprio che non ne valga la

pena?

Non pensi di essere veramente qualcuno che conta se eviti di commettere

quegli atti che infangano il tuo cuore, il tuo corpo e la tua stessa dignità?

Cos‟è meglio: evitare le azioni cattive, evitare di unirti a qualcuno mediante la

forza di un affetto che non è giusto coltivare, evitare di curiosare immagini e

comportamenti di persone che vivono immerse nella impurità più degradante

della persona umana, tradire il vincolo matrimoniale, evitare di bestemmiare,

evitare un linguaggio volgare e corredato di parole sporche, vivere un

matrimonio che non è matrimonio, cosa preferisci: evitare tutte queste cose

oppure diventare un uomo, una donna che sanno essere soltanto

sporcaccioni, ingiusti e cattivi?

Per essere con Cristo Risorto dobbiamo rimboccarci le maniche, stringere i

denti, ed eliminare tutto quello che nella nostra persona c‟è di malizioso.

L‟Apostolo dice che dobbiamo spogliarci dell‟uomo vecchio per rivestirci

dell‟uomo nuovo. “la nuova creatura secondo Cristo” dobbiamo “espugnarla”

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 23

facendo violenza su noi stessi per soffocare il desiderio di godere i piaceri

della carne.

Dobbiamo metter via ogni malizia, perché basta qualche cosa che resti di

malizia dentro di noi, perché il demonio, senza perdere tempo, strumentalizzi

quella debolezza per riaccendere una passione sopita con fatica, e così rende

nuovamente maliziosa tutta la nostra persona.

Abbiamo fatto male a trascurare il nostro Angelo Custode.

Dove particolarmente il nostro Angelo Custode si impegna a custodirci e

proteggerci dalle aggressioni del demonio? Il cuore è la parte più debole e più

vulnerabile alle sollecitazioni del maligno.

Secondo la categoria umana il cuore è sede dell‟amore. Se viene a mancare

l‟amore che Gesù ci dona, il cuore non resta vuoto, viene immediatamente

occupato dall‟amore per il gusto del proibito.

Che cosa può turbare e rendere annebbiato il tuo cuore? Sono le immagini che

creano nel cuore un affetto che coinvolge la tua persona in una forma

irresistibile.

L‟affetto, come tutte le altre cose che abbiamo, è stato creato da Dio, deve

essere sempre un affetto pulito perché deve restare in Dio.

L‟affetto che non ti orienta verso Gesù Risorto, certamente un giorno o l‟altro

ti travolgerà in una avventura disastrosa.

Quando l‟affetto non viene da Dio, il tuo cuore diventa come una mela marcia,

essa fa marcire tutte le altre mele che stanno nel paniere della tua esistenza.

Nasce in te tutta una serie di fragilità: non è possibile per te essere prudente

nei confronti del male che ti affascina; la preghiera prima diventa debole e

distratta, poi diventa non sentire più il bisogno di pregare; non sei prudente,

non sei capace di fare un sacrificio per fare del bene a qualcuno; sei egoista, la

tua mente si fissa stabilmente in un modo di vivere immorale e indegno di

una persona normale; nel tuo cuore si affollano turbolenze di ogni genere; i

tuoi sensi diventano sempre più sensibili; i tuoi nervi sono sempre a fior di

pelle, non sei capace di compiere il tuo dovere. È terribile, ma vero.

Occorre riprendere il cammino della conversione. Siccome la conversione è

un dono di Dio, tu devi con umiltà e fede, lasciarti prendere dal Signore; è Lui

che ti porta in alto, e ti fa vedere le tue debolezze passate per potertene

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 24

pentire e provocare così il proposito di non farlo più. Così nella tua umiltà,

nella tua fede cominci a sperare dal Signore di tornare a credere nella sua

infinita misericordia. Gli chiedi che ti doni il perdono per poter riprendere la

vita cristiana secondo la Sua volontà, e la tua vocazione alla vita cristiana.

Essendo la conversione, l‟umiltà e la fede un dono soprannaturale, non c‟è

altra maniera per potersi elevare in alto con l‟aiuto di Dio se non quella di

pregare con fede e fiducia.

Con la preghiera ti rivolgi al Signore ed Egli aumenta la tua umiltà e la tua

fede, e così ti innalza in alto, ti fa vedere il tuo passato e il tuo presente, ti

provoca nel cuore il dispiacere di averlo deluso, e ti dona anche il grande dono

di non farlo più.

Sempre in questa quota soprannaturale ti dona il perdono, perché il perdono

non è altro che Dio stesso, il quale entra nuovamente dentro di te per via della

assoluzione che ha cancellato i tuoi peccati. Così tutto si rinnova in te, e

rinasce una nuova creatura.

Con il perdono che hai ricevuto rientri nella strada della conversione. Questo

nuovo percorso diventa per te un percorso in cui doni tutto te stesso a Gesù.

Ritorni a vivere come nel tuo cuore desidera e come vuole il Signore. Ricevi la

pace che gli Angeli sulla Grotta di Betlemme promettevano a tutti gli uomini e

a tutte le donne di buona volontà. Allora tu cammini con gioia, perché la via

del Signore è Lui stesso.

L‟amore al prossimo è il comando del Signore a tutti noi. Egli ha detto che chi

non ama il prossimo, va all‟inferno. È opportuno quindi che approfondiamo

ulteriormente gli elementi costitutivi dell‟affetto.

La parola affetto vuol dire “andare verso”, “inclinazione”. È una inclinazione

dolce, affascinante e attraente.

Questa inclinazione però deve avere un‟origine. L‟origine dell‟affetto è

l‟amore.

Amare, dice il Papa, vuol dire voler bene. È chiaro quindi che bisogna dare

all‟altro il bene che vogliamo per lui.

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 25

L‟affetto quindi è il tragitto tra colui che ama e colui che viene amato. È

l‟itinerario che pian piano si radicalizza tra la persona che ama e la persona

che viene amata.

Ovviamente, se l‟affetto è buono perché è buono l‟amore in quanto è buono il

bene che si vuole per l‟altro, ben venga l‟affetto perché è naturale all‟uomo e

alla donna. Sappiamo infatti dalla Sacra Scrittura che l‟uomo e la donna sono

stati creati a immagine e somiglianza di Dio, sappiamo anche dal Vangelo che

Dio è Amore. Quindi essendo simili a Dio, anche la struttura dello spirito

dell‟uomo e della donna è amore.

Stai attento che simile non vuol dire uguale. L‟amore buono genera l‟affetto

buono. Se l‟uomo e la donna hanno la virtù della bontà, tendono a realizzare

l‟amore vero, e quindi l‟affetto con cui si amano è buono.

L‟uomo e la donna non possono vivere senza amare, però se non hanno

l‟amore di Dio nel cuore, il loro affetto tende a realizzarsi mediante il peccato.

Quando l‟attrazione sessuale si spegne, si spegne anche l‟affetto, le

conseguenze sono sempre dolorose e a volte tragiche.

San Francesco che viveva nello spirito del Vangelo, vedeva in tutte le creature

i fratelli e le sorelle da amare: “nel mio cuore va nascendo amore” cantava.

Noi abbiamo a nostra disposizione il Sacramento del perdono e il dono

dell‟Eucarestia.

Con l‟aiuto della Grazia noi otteniamo da Gesù Risorto l‟immagine e l‟amore

di Dio, quando l‟amore nostro diventa quello che Gesù ci dona, possiamo

cambiare la natura dell‟affetto cattivo e farlo diventare buono.

Per regolare l‟affetto non buono, bisogna tener presente tre elementi: chi ama,

la tendenza verso qualcuno, e la persona che viene amata. Non si può

spegnere l‟affetto cattivo se non si aggiusta l‟amore.

Quell‟amore che si infiamma della passione, deve diventare amore che vuole

aiutare l‟altro a conquistare la virtù della bontà. Devi agire con mezzi

opportuni e soprattutto con la testimonianza della vita nell‟amore di Dio,

perché l‟altra persona trovi importante il cambiamento.

Tu, quando dici a una persona: io ti amo, cosa gli vuoi dare? Qual è il dono

dell‟amore che vuoi dimostrargli?

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 26

Anche tu sei tra quelli che spendono e spandono sguardi dolci, sorrisi, parole

e comportamenti studiatamente teneri?

Tu sai bene che il tuo amore per l‟altro non ha una fonte di bontà, ma

racchiude dentro di sé la malizia e il desiderio della passione che vuole essere

soddisfatta.

Tu sai bene che quello che stai donando con le tue manifestazioni di tenerezze

sdolcinate tendono soltanto a coprire di bellezza il sudiciume che sporca il

cuore e i sentimenti. Tu sai molto bene che quello che stai donando non è

buono, è solo la copertura di un inganno che a volte si realizza

reciprocamente.

Può darsi il caso che la persona che hai davanti l‟avevi cercata secondo la

volontà di Dio, poi il tuo affetto e la tua inclinazione verso quella persona

sono cambiati. Ti sei orientato verso quella stessa persona con sentimenti di

malizia.

Adesso però hai ascoltato la voce di Dio, e vuoi cambiare. Quella persona che

non hai mai amato secondo Dio, non può essere sottratta dalla tua vista, dalla

tua vicinanza, dalla relazione di vita che ha avuto con te.

Se tu vuoi modificare il tuo affetto, e non puoi togliere dalla tua vista l‟amato

o l‟amata, non puoi togliere neanche l‟inclinazione cattiva. Se vuoi veramente

eliminare l‟inclinazione cattiva, e ricomporre di nuovo il tuo rapporto giusto

con la persona che ami, devi rivedere la fonte dell‟amore che hai nel cuore,

devi rivedere quello che vuoi donare a quella persona.

Non è possibile che tu da solo cambi il tuo cuore da cattivo a buono. Devi

pregare molto, anche con la stessa parola di Dio: “crea in me o Signore, un

cuore nuovo, donami uno spirito nuovo”.

Se in te è entrato l‟amore malizioso oppure un affetto morboso verso una

persona, non hai nessuna possibilità di eliminarlo con la forza della tua

volontà.

Insieme con la preghiera devi cominciare a rivedere quello che fin ora hai

donato all‟altro: sguardo dolce, parole affettuose, complimenti accattivanti,

sorrisi languidi, telefonate, appuntamenti.

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 27

Quando hai rifiutato veramente di recitare la farsa dell‟innamorato impazzito

per l‟altra persona, Gesù Risorto crea in te un cuore nuovo, e ti dona uno

spirito saldo che sa stabilire un rapporto serio con la persona che ami.

Devi sradicare dal tuo comportamento la farsa dell‟innamorato. A seconda

della violenza o della morbosità dell‟affetto, diminuiscila lentamente, con un

impegno costante quando non puoi allontanare la persona con cui ti sei legato

per cui è l‟inclinazione verso di lei.

Poiché amare vuol dire volere il bene dell‟altra persona, ci sono soltanto due

modi di dare il bene a qualcuno: i beni delle passioni del corpo, oppure i beni

che Cristo dona a chi vive secondo la fede.

Il corpo si dona nei modi conosciuti da tutti. Questo dono si offre mediante

quello che abbiamo definito il teatro della tenerezza e dei complimenti.

Se ti rivolgi a un buon padre spirituale, lui ti consiglia di cominciare a pregare

per ottenere da Gesù Risorto un cuore nuovo, capace di amare di un amore

profondo e vero.

Non perdere mai di vista il demonio, la sua malizia è molto raffinata, per cui

può sempre aprire una breccia nel tuo cuore. È capace anche di convincerti

che quell‟affetto morboso, proprio perché è straordinariamente forte, è un

dono di Dio, quella relazione quindi è voluta da Dio. Se hai deciso di cambiare

la natura del tuo affetto, stai attento a non farti imbrogliare.

L‟affetto può essere portato non soltanto alle persone, ma anche alle cose; alle

cose buone come per es. l‟automobile, per queste cose si è molto gelosi.

Alle cose non buone l‟affetto va con l‟imprudenza e con la presunzione, per cui

si pensa che non c‟è nulla di male.

Attenzione, l‟affetto è un circo equestre, una giostra di cavalli, di gente, di

giocolieri, di clown! L‟affetto è la palestra dove satana vomita l‟astuzia più

luciferina.

Prega molto il Padre Celeste per avere verso il prossimo l‟affetto buono che dà

gioia al cuore e ci rende felici.

Sia che lo manifesti e sia che lo nascondi, l‟affetto è sempre pericoloso. Se lo

manifesti, subito c‟è l‟invidia e la gelosia da parte degli altri, se invece lo tieni

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 28

nascosto, il demonio lo può modificare ed elaborare a modo suo rendendolo

cattivo.

Devi fare sgorgare l‟affetto dal tuo amore a Cristo. Solo Gesù Risorto

garantisce l‟affetto buono. Se non parte da Lui, ci sarà certamente un altro

centro di interesse. Una volta che hai modificato in Cristo il tuo affetto , nel

cuore nasce la gioia dell‟amore vero.

Trascrivo alcune considerazioni di San Giovanni Paolo II: . . . Rallegratevi . . .

ve lo ripeto ancora, rallegratevi” (Fil 4, 5. 4). Rallegratevi della sua presenza

salvifica; questa gioia spirituale si manifesti nella fiducia illimitata in Dio.

L’Apostolo scrive: “Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a

Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti” (Fil 4, 6). In

altre parole l’espressione “il Signore è vicino” è un invito all’intimità con lui;

intimità che si attua in modo più diretto nella preghiera. È durante la preghiera

che noi ci apriamo davanti a Dio con tutto ciò che costituisce la nostra vita e che

decide di essa. Il Signore è vicino, rallegratevi. Diventate affabili, e perciò

benevoli, premurosi, indulgenti verso gli altri. Il Signore è vicino. Egli vi

comunichi la sua pace! L’Apostolo scrive: “La pace di Dio, che sorpassa ogni

intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù” (Fil 4, 7).

Quale grande bene è una tale pace! Essa è soprattutto la pace della coscienza.

La conoscenza devastatrice di un affetto che nasconde la malizia è difficile,

anzi è quasi impossibile che venga conosciuta da colui che deve subire le

conseguenze della malizia.

Non sa cosa deve fare per liberarsene, non sa quanto deve durare il fuoco

della passione, non sa se diminuisce oppure aumenta.

Se cerca una soluzione non la trova, non sa se deve cedere oppure

contraddire; se cambiare strada o non cambiare strada, se andare verso Cristo

o verso il demonio.

Una volta che tu vieni investito da un affetto violento da parte di qualcuno, tu

non capisci più niente. Pensi di rivolgerti a Gesù, ma non trovi riparo,

preferisci seguire gli impulsi che satana ti dona in maniera fortissima, per cui

è impossibile per te svincolarti dalla suggestione di chi ti investe col suo

affetto maligno.

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 29

La cosa peggiore è questa: chi viene stordito dai complimenti e dalle parole

affettuose di qualcuno, non è disposto ad accogliere qualsiasi esortazione e

incoraggiamento. È convinto che non è assolutamente possibile svincolarsi da

questa morsa diabolica. Qualsiasi espressione di incoraggiamento da parte di

una persona amica, non viene per nulla recepita. Siccome quell‟affetto

morboso ha invaso l‟amore del cuore, non c‟è spazio per una consolazione. La

sola consolazione possibile è la persona sulla quale si riversa la sua affettività.

Devi preparare il tuo cuore ad affrontare questi assalti da parte degli altri.

Facilmente si lascia vincere colui o colei che si nutre di immagini, pensieri,

desideri, canzoni, musica, ballo, ecc. Questa persona abbocca ogni volta che

qualcuno la investe con sollecitazioni affettuose, mediante le quali

maliziosamente cerca in lei soltanto uno strumento per rendere intenso il

proprio piacere sessuale.

In queste cose non esiste distinzione di sesso, chiunque, anche una persona

consacrata, se non è seriamente impegnato a vivere una vita di fede autentica,

deve mollare ogni volta che il demonio lo mette in confronto con l‟affetto

morboso di qualcuno.

Di solito, quando non si rinunzia subito a vedere le immagini che provocano

determinate eccitazioni nel cuore e nei sensi, si crea nel cuore la disposizione

ad accogliere un affetto morboso. Le immagini sono sempre collegate con

l‟affetto e l‟affetto è sempre collegato con la sessualità.

Quando uno non vuole disinteressarsi delle immagini che provocano la

disposizione all‟affetto, non riuscirà ad evitare quell‟amico, quell‟amica, che

vuole fare di lui uno strumento del proprio piacere sessuale.

La cosa più strana è questa: nel momento in cui qualcuno è riuscito ad

infiammare il tuo affetto, tu non sei capace di credere a chi ti vuole avvertire,

consigliare, aiutare a svincolarti. Sei convinto che non c‟è altra soluzione che

andare avanti fino in fondo.

Perché il demonio ti porta a questa conclusione? Lui sa benissimo che, una

volta che ti ha convinto che non è possibile liberarsi da questo affetto,

l‟insolubilità ti porta sempre alla decisione più strampalata. Invece non è

vero, perché essenzialmente quel tipo di affetto si fonda sui sensi e i sensi

sono mobili. Infatti dopo un periodo di tempo in cui hai assecondato la tua

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 30

passione, ti poni la domanda: come ho fatto a perdere la testa dietro a quel

cretino o a quella pazza?

Per natura sua il demonio è abilissimo a farti credere duraturi i beni che

invece passano. Lo dice Gesù nel Vangelo: “tu accumuli, accumuli ricchezze e

non sai che quanto meno te lo aspetti viene la morte e ti porta via”.

Il Qoèlet dice: tu non sai neppure a chi devono andare le ricchezze che hai

accumulato con tanta fatica, forse anche in maniera ingiusta. Come le

ricchezze, così anche i piaceri della carne.

Queste parole si applicano anche al nostro caso: quando il demonio forma nel

tuo cuore un affetto grande, la tua considerazione , anche se sofferta molto, ti

porta a questa conclusione: se decidi di assecondare i desideri della passione,

pensi che non finirà mai; se invece decidi di soffocarla, pensi che non riuscirai

mai a vincerla, per cui questo tormento ti distruggerà la vita fino alla morte.

Questo è l‟inganno diabolico di satana.

La Grazia di Dio ci porta a superare qualsiasi cosa voglia impedire a noi di

allontanare la tentazione. L‟affetto che non viene subito messo sotto il

controllo della ragione, infiamma la passione e diventa devastante,

inspiegabile, insolubile, pazzesco e violento.

Padre Pio dinanzi a questi fenomeni, non dico che li disprezzava, ma ci dava

pochissima importanza, infatti diceva: “più tu ragioni su questo fatto, peggio

è, devi lasciar spegnare le vampate della tua passione”.

Le cose più fondamentali da tenere presente sono: non riesci a spiegare come

mai questo affetto si è acceso nel tuo cuore e nella tua passione; se non ricorri

subito alla preghiera e alla fede vissuta, il demonio ti convince che non

riuscirai mai a liberarti da questo legame; ti convincerà anche che questa

storia non finirà mai.

In molti casi questa strana avventura diventa una sofferenza grande. È una

sofferenza vera, ma le motivazioni sono sbagliate: mi riferisco specialmente al

caso in cui uno vede distruggere la propria famiglia, o il proprio sacerdozio, o

la vita consacrata, e sente che non può fare a meno di frequentare quella

persona che sta rovinando la sua vita e quella dei propri cari.

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 31

L‟affetto, frutto dell‟amore che viene da Cristo, non produce mai tristezza,

però può arrecare una grande sofferenza, perché il prossimo che ami viene

proposto e custodito da Cristo.

La sofferenza dell‟affetto è santa se si affida amabilmente a Gesù per il bene

della persona amata; invece è pericolosa se produce amarezza, inquietudine,

ansia e permalosità.

L‟affetto frutto dell‟amore puro, non deve mai farti paura, perché chi si ama e

viene seguito col vero amore, viene sempre sostenuto con un‟attenzione

sensibile, premurosa, prudente e duratura.

Riflettiamo seriamente su quello che ha scritto Benedetto XVI in una sua

enciclica: Due sono qui gli aspetti importanti: l’eros è come radicato nella natura

stessa dell’uomo; Adamo è in ricerca e « abbandona suo padre e sua madre » per

trovare la donna; solo nel loro insieme rappresentano l’interezza dell’umanità,

diventano « una sola carne ». Non meno importante è il secondo aspetto: in un

orientamento fondato nella creazione, l’eros rimanda l’uomo al matrimonio, a un

legame caratterizzato da unicità e definitività; così, e solo così, si realizza la sua

intima destinazione. All’immagine del Dio monoteistico corrisponde il matrimonio

monogamico. Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa

l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio

diventa la misura dell’amore umano. Questo stretto nesso tra eros e matrimonio

nella Bibbia quasi non trova paralleli nella letteratura al di fuori di essa „..

L’amore — caritas — sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non

c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio

dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo

in quanto uomo. Ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di

aiuto. Sempre ci sarà solitudine. Sempre ci saranno anche situazioni di necessità

materiale nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore

per il prossimo. Lo Stato che vuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé,

diventa in definitiva un’istanza burocratica che non può assicurare l’essenziale di

cui l’uomo sofferente — ogni uomo — ha bisogno: l’amorevole dedizione

personale. (Benedetto XVI)

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 32

Custodire l‘affetto

L‟affetto vero si custodisce con l‟amore vero. Soltanto Cristo può custodire

l‟amore vero verso le persone che devi amare.

Tu ami qualcuno con tutto il cuore, quando ami Cristo con tutto il cuore.

Ami Cristo quando accogli la parola di Dio e la metti in pratica, nonostante le

difficoltà e i disagi che ti procura. Se tu quindi ubbidisci alla fede, tu ubbidisci

anche a Gesù e alla Chiesa.

L‟amore di Gesù rivela al tuo cuore la persona, o le persone con cui devi

legarti con un vincolo di amore indissolubile.

L‟amore che viene da te, è sempre un amore che desidera l‟altra persona

soltanto per quello che ti piace o ti fa comodo.

Verifica se è vero quello che ti sto dicendo: andiamo indietro al tempo della

tua giovinezza.

Tu eri una ragazza, un ragazzo, di bella presenza, intelligente, vivace, aperta

alla vita, ecc. Certamente non pochi ragazzi ti giravano attorno e ti chiedevano

di stabilire un rapporto intimo, nessuno di quelli che si presentavano

suscitava in te l‟amore. Un giorno si è presentato un giovane che ti ha parlato,

tu hai sentito nascere in te l‟amore che non avevi sentito per gli altri, eppure

erano forse migliori di questo. Hai sentito che qualcuno ha acceso il tuo cuore.

Non ci hai mai pensato, Dio ha stabilito una famiglia con voi due.

Le cosiddette esperienze prematrimoniali rendono impossibile l‟intervento di

Dio, per questo l‟unione di due persone diventa un calvario, e a volte finisce in

una tragedia.

Dio quando dona l‟amore a due persone, dona le Grazie perché lo

custodiscano nella sua volontà. Egli non dona l‟amore soltanto in funzione del

matrimonio, dona a tutti quelli che credono in Cristo un amore speciale per

amare tutti indistintamente, senza cercare di ricavarne un interesse

personale.

Se tu riesci a custodire dentro di te questo amore, vedi nella tua coscienza che

questo affetto è veramente grande e sincero. Nel tuo comportamento avrai

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 33

una scioltezza che ti rende gradito agli altri, il tuo amore non conoscerà le

catene della schiavitù o della dipendenza dagli altri, vivrai in una libertà

meravigliosa, il tuo cuore sarà sempre sereno, la tua trasparenza sarà

abbagliante dinanzi agli altri.

Anche quando il tuo cuore è travagliato da una pena grande, sarai sempre

spigliato, sereno, sorridente, pronto, responsabile delle tue azioni e dei tuoi

sentimenti, amabile, gentile. Non scavalcherai mai i limiti della prudenza,

dell‟equilibrio e del dominio di te. Non andrai mai al di là di quello che

potrebbe sembrare quell‟affetto, quell‟amore.

Chi è che sta più avanti di tutti? Colui il quale ha un affetto buono, soltanto

costui fa l‟esperienza dell‟amore cristiano. Ogni giorno avrai cura di

conservarlo pulito, se vedi che sta perdendo quota, ti impegni per ricuperarlo.

Esamina costantemente il tuo affetto verso gli altri, e scoprirai la tua vera

identità umana e spirituale.

L‟affetto che corrisponde all‟amore per la persona che più ami nella vita, deve

essere conservato sempre pulito, ricuperato se comincia a venir meno, e reso

soprannaturale mediante l‟amore di Cristo che alberga nel tuo cuore. Bisogna

aver cura delle cose belle, altrimenti si sciupano e diventano un fastidio

insopportabile.

Quando ami con un amore che viene a te da Cristo che ami con tutto il cuore,

scopri la verità della tua personalità: sei libero dal fango della passione, sei

felice di stare insieme, la volontà di ricuperarlo qualora si guastasse, ti dona

sicurezza.

Per coloro i quali si amano nell‟amore di Cristo, il divorzio non esiste, il loro

matrimonio è solido e indissolubile per natura sua, non solo per volontà di

Cristo. Tutte le difficoltà si superano e la famiglia viene vista come una

missione che bisogna svolgere nella Chiesa e nella società civile. Tu puoi avere

un affetto pulito soltanto quando l‟amore puro è radicato in Cristo mediante

una vita cristiana autentica.

La norma per orientarsi bene: l‟amore verso la persona che più ami, riceve da

essa messaggi di affettività. Tu però noti che questi messaggi non ti

convincono, ti danno fastidio nel cammino della tua vita cristiana. Senti un

disagio e forse anche una sofferenza grande, nel vedere che il tuo amore a

Cristo comincia ad oscurarsi.

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 34

Devi essere convinto che bisogna ricuperare subito la purezza di quell‟affetto,

e di quell‟amore, e lo devi radicalizzare in Cristo mediante un miglioramento

della tua ubbidienza alla fede. Tu scoprirai così l‟identità del tuo carattere e

della tua persona: sia quella umana che spirituale.

Una volta che nel tuo cuore c‟è quest‟ordine, c‟è più facilità ad esprimere la

tua vera identità umana e spirituale. Ti senti libero, non ti senti condizionato

da niente e da nessuno.

Il tuo equilibrio affettivo consiste in questo: sono molti i messaggi che tu ogni

giorno ricevi dalle persone e dai media, tu però non li accogli subito, li valuti

alla luce delle tue convinzioni umane e religiose. Se vivi una spiritualità che si

sviluppa dalla fede, questa cernita avviene istintivamente. Molti di quei

messaggi infatti, tendono a cambiare il tuo modo di pensare e il tuo modo di

amare, e di valutare le emozioni, tendono a cambiare anche il tuo modo di

valutare l‟eccitazione delle passioni interne ed esterne. In genere nell‟istante

in cui arrivano, tu li accogli, oppure li getti nel dimenticatoio.

Devi prepararti per questo confronto, avvertirai immediatamente che sono

cose inutili e spesso diventano una minaccia che ti porta a fare quello che non

devi mai fare. Li rifiuti istintivamente perché minacciano il tuo rapporto di

amore con Cristo. Così difendi e migliori i valori della tua identità cristiana, e

il tuo amore alla vita divina che c‟è in te, diventa più sicuro, più puro e più

profondo.

I messaggi diventano un problema quando tu vivi una vita spirituale

superficiale, e confusamente. Facilmente ti rendi conto del pericolo che

incombe sul tuo rapporto con Cristo, infatti la volontà è incerta e

l‟inclinazione al peccato sessuale diventa irresistibile.

Spesso arrivi a questa conclusione: poi mi confesso e così passa tutto.

È triste vedere cristiani che fanno del perdono che viene dato in confessione

una svalutazione della gravità del peccato, in alcuni casi anche una occasione

comoda per assecondare la tentazione.

Dopo che hai commesso il peccato, tutto cambia in te: il tuo carattere, la tua

immagine, il tuo sorriso.

Quando non hai nessun interesse per i messaggi cattivi che ti colpiscono

giorno e notte, tu esprimi il meglio di te stesso, cioè la tua vera identità e

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 35

l‟identità dell‟amore divino che hai nel cuore. Senza che te ne renda conto, tu

doni a coloro che vivono nel tuo ambiente la testimonianza di Cristo che vive

in te.

Nei rapporti con il prossimo, tu sei cordiale di una cordialità sincera, e nel

contempo sei riservato. La tua prudenza è al massimo livello, però nessuno se

ne accorge. I sentimenti del tuo cuore sono nobili e senza malizia.

Ti meraviglierai di te stesso a vedere che nel tuo cuore nasce l‟inclinazione di

aiutare gli altri anche quando ti costa sacrifici grandi. Questi sono i

presupposti necessari per fare una morte santa.

Quindi questo ingranaggio di affettività, regolato da un amore profondo per le

virtù cristiane, è sempre un arricchimento della tua identità, e di quella libertà

di cui parla Gesù quando dice: “la Verità della parola di Dio vi farà liberi”.

La potenza dell‟affettività è come un fulmine, la scarica devastatrice può

essere evitata soltanto se interviene prontamente la Grazia del Signore.

Trascrivo una raccomandazione che Santa Teresa d‟Avila fa alle sue

consorelle: “Oh, noi infelici! Come sono pochi quelli che raggiungono l’amore di

Gesù! Si crede di aver fatto tutto perché si è entrati in religione e si evita l’offesa

di Dio! Ma, ohimé! restano ancora certi vermi che non si lasciano conoscere,

finché, come quello che rose l’edera di Giona, non abbiano rovinata ogni virtù,

quali l’amor proprio, la propria stima, i più piccoli giudizi temerari e certe

mancanze di carità verso il prossimo che non si ama come noi stessi„ Se

adempiamo i nostri doveri per forza, unicamente per non commettere peccato,

siamo molto lontane dalle disposizioni necessarie per essere unite del tutto alla

volontà di Dio!”

<<Bisogna amare, amare, amare e niente più. Oh, se avessi infiniti cuori, tutti i cuori del

cielo e della terra, della Madre tua, o Gesù, tutti, tutti li offrirei a te! …>>

San Pio

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 36

L’amicizia, la pietà e la tenerezza

Quando l‟amicizia viene collocata nel giusto posto, dona agli amici un mondo

di gioia.

Una volta si diceva: chi ha trovato un amico, ha trovato un tesoro.

L‟amicizia è una componente essenziale dell‟amore, è un modo pratico di

rendere affettuoso l‟amore. Dio è affettuoso perché Lui è l‟Amore.

Chi più di Lui ama quelli che ha creato?

Chi si sente amato da Gesù, sente vibrare nel suo cuore la tenerezza divina e la

tenerezza materna della Mamma sua.

Il Profeta scrive in un Salmo riferendosi a Dio che si rivolge al popolo pentito,

dopo che sono stati a Lui infedeli: “ti ho amato di amore eterno per questo ho

pietà di te e della tua rovina”.

La Rivelazione dei misteri di Dio ci presenta il suo Amore come amicizia,

tenerezza e pietà.

L‟affetto è l‟inclinazione del cuore e della vita verso colui che viene amato.

“Dio ha tanto amato gli uomini da mandare sulla terra il Figlio suo

Unigenito, perché riportasse a Lui tutti i figli che si sono dispersi per le vie

del peccato”.

Quando Gesù prese commiato dagli Apostoli, ebbe compassione della loro

tristezza e disse: “Io torno al Padre e dal Cielo vi manderò lo Spirito Santo

che vi aiuterà a vivere secondo quello che vi ho insegnato”.

Ha mandato a tutti un Angelo per difenderci dagli assalti del maligno. Pochi

istanti prima di morire ci ha messi tutti nel Cuore materno di Maria, perché a

nessuno deve mancare la Mamma della vita divina in noi.

Ha detto ai suoi Apostoli di fondare e organizzare la Chiesa perché fosse nel

mondo il suo Corpo mediante il quale Egli continua la sua opera di

reclutamento dei figli di Dio, che vogliono ritornare al Padre che li ha creati.

Come vedi, Dio ci ama di un affetto sincero e puro. La tenerezza del suo

Amore è cosi grande che nasconde tutto quello che ci dona. Noi infatti

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 37

veniamo a conoscenza del suo amore di Padre soltanto quando viviamo

secondo la fede.

Colui il quale bestemmia, colui il quale accusa Dio di avergli mandato

sventure e malattie, non farà mai l‟esperienza del suo Amore. Se non si

ravvede, si troverà a vivere nell‟inferno dove manca l‟amore, e tutto quello che

fa felice la nostra vita.

Scusa, se bestemmi come un indemoniato, se non capisci che la sofferenza è

un dono per purificare la tua vita di peccato, come è possibile per te unirti a

Lui nella tenerezza del suo Amore? Dio non ti ha mai cacciato via, né ti

allontanerà mai dalla sua presenza, sei tu che cammini sulla strada che ogni

giorno ti allontana da Lui sempre di più.

In Dio c‟è una purezza dell‟Amore, un‟affettività e una tenerezza così dolce e

amabile che fa impazzire i Santi. La gioia che hanno nel cuore è come un

abbraccio affettuoso e un bacio di Gesù. L‟amore divino che alberga in coloro

che vivono nella Grazia, avvolge il loro spirito nell‟amplesso della dolcezza

divina.

Leggi le lettere che Padre Pio ha scritto al suo Padre spirituale e vedrai che sto

dicendo la verità.

La pace è la coscienza nel profondo del proprio essere che assicura che tu ti

trovi nel giusto posto con Dio, con te stesso e con gli altri.

Se nel tuo cuore custodisci l‟amore grande che Gesù ti dona perché sei un

discepolo umile e fedele, insieme con l‟amore divino, in te nascerà anche la

sua tenerezza dolcissima. Vedi che l‟affetto divino diventa il tuo affetto, la tua

tenerezza e il tuo amore.

Fratello mio, l‟amore, l‟affetto, e la tenerezza divina nei Santi io l‟ho vista e

l‟ho sperimentata personalmente in Padre Pio, ti faccio presente che la mia

testimonianza è vera. Apro solo una parentesi: in confessione gli chiesi una

Grazia di cui avevo tanto bisogno. Padre Pio girò la testa e vidi che parlava

con qualcuno. Non vidi nessuno e non sentii nulla. Però notai che parlava con

rispetto e che insisteva con la preghiera. Tornò a guardarmi con un

atteggiamento di chi mi chiedeva perdono e mi disse: figlio mio, noi lo

diciamo al Signore, il Signore poi fa quello che vuole. Quella Grazia non l‟ho

avuta, ho avuto invece l‟amore e la tenerezza paterna del Padre.

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 38

Chiunque possiede l‟amore del Signore mediante la sua ubbidienza alla fede

umile e fedele a quello che ci ha insegnato, possiede anche la sua tenerezza

affettuosa e la sua amicizia: “non vi chiamo più servi, voi adesso siete i miei

amici” disse un giorno agli Apostoli.

Se tu accogli l‟amore di qualcuno, è impossibile per te non avere l‟affetto verso

di lui, verso di lei.

Se l‟amore coincide con la passione sessuale, anche l‟affetto sarà tale, il tuo

rapporto con quella persona sarà squilibrato e pieno di rimorsi di coscienza.

Ti sentirai sporco e deluso per essere sceso al livello inferiore a quello che

possiedono l‟uomo e la donna, che vivono onestamente nella loro umanità.

Se lo Spirito Santo ti concede dei momenti di lucidità, senti una pena

profonda per te e per l‟altra persona. Il giorno in cui litigate, vengono fuori gli

epiteti che manifestano chiaramente quello che pensi dell‟altra persona e

quello che egli pensa di te. È terribile. Se poi per un periodo di tempo hai

vissuto da buon cristiano, senti una profonda pena di non aver corrisposto

all‟amore e all‟affetto di quelle persone che si sono interessate della tua

formazione alla fede.

Sant‟Agostino era perseguitato dal pensiero di aver fatto soffrire tanto la sua

mamma, quando ha scoperto il suo grande amore che lo perseguitava nei

lunghi anni in cui viveva nel peccato.

Se un‟anima è davvero equilibrata nella vita spirituale, vedendo i doni di Dio,

vede anche il suo affetto e la sua amicizia. Dall‟affetto risale all‟amore e alla

sua grande tenerezza. “pietà e tenerezza è il Signore”.

Ascoltiamo la parola del Papa: La pienezza cui Gesù porta la fede ha un altro

aspetto decisivo. Nella fede, Cristo non è soltanto Colui in cui crediamo, la

manifestazione massima dell’amore di Dio, ma anche Colui al quale ci uniamo

per poter credere. La fede, non solo guarda a Gesù, ma guarda dal punto di vista

di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo modo di vedere. In tanti

ambiti della vita ci affidiamo ad altre persone che conoscono le cose meglio di

noi. Abbiamo fiducia nell’architetto che costruisce la nostra casa, nel farmacista

che ci offre il medicamento per la guarigione, nell’avvocato che ci difende in

tribunale. Abbiamo anche bisogno di qualcuno che sia affidabile ed esperto nelle

cose di Dio. Gesù, suo Figlio, si presenta come Colui che ci spiega Dio (cfr Gv

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 39

1,18). La vita di Cristo — il suo modo di conoscere il Padre, di vivere totalmente

nella relazione con Lui — apre uno spazio nuovo all’esperienza umana e noi vi

possiamo entrare. San Giovanni ha espresso l’importanza del rapporto personale

con Gesù per la nostra fede attraverso vari usi del verbo credere. Insieme al

“credere che” è vero ciò che Gesù ci dice (cfr Gv 14,10; 20,31), Giovanni usa

anche le locuzioni “credere a” Gesù e “credere in” Gesù. “Crediamo a” Gesù,

quando accettiamo la sua Parola, la sua testimonianza, perché egli è veritiero (cfr

Gv 6,30). “Crediamo in” Gesù, quando lo accogliamo personalmente nella nostra

vita e ci affidiamo a Lui, aderendo a Lui nell’amore e seguendolo lungo la strada

(cfr Gv 2,11; 6,47; 12,44). (Papa Francesco)

Tutto dipende dalla contemplazione della parola di Dio. “E meditavo sui tuoi

precetti che ho amati. E tenevo levate le mie mani ai tuoi precetti che ho

amati”.

Alcuni codici, tanto nel primo che nel secondo versetto leggono: Ho amato

molto, ovvero assai, o anche intensamente, rendendo liberamente, come a

ciascuno garbava, l‟unica parola greca.

Ama dunque la parola di Dio sfruttando quelle risorse che ti consentono di

camminare nella via della conversione.

Il tuo cuore deve essere docile all‟azione dello Spirito Santo che ti dona la

carità.

Questo amore poi si realizza nel pensare e nell‟agire: “E io meditavo sui tuoi

precetti, che io ho amato”, poiché fine dell‟ubbidienza alla fede è la carità che

procede da cuore puro .

L‟Apostolo, prima di iniziare il discorso sulla carità, diceva: “Voglio mostrarvi

una via più alta, comprendere anche l’amore di Cristo che sovrasta ogni

scienza” .

Al pensare e all‟agire si riferiscono le altre parole: “E mi esercitavo nelle vie

della tua giustizia”.

Colui che ama fare la volontà del Signore, sente nelle sue parole la tenerezza

del suo affetto.

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 40

Un cuore che sa amare

L‟amore è la struttura portante dell‟uomo e della donna. Dio ha creato

l‟affetto.

Se vuoi avere un cuore che sa amare, è necessario che tutti gli affetti che

nascono dalla tua sensibilità siano accolti e benedetti da Dio. Non dimenticare

mai che tu sei uscito dalle mani di Dio, sei un atto di amore del suo Cuore

divino.

Cosa vuol dire che gli affetti del cuore devono essere graditi a Dio? Vuol dire

che non devi essere tu l‟origine che genera gli affetti: è bello, simpatico, sa

cantare, sa suonare, sa ballare, sa essere molto sensibile. Non è facile trovare

qualcuno che ama una persona principalmente perché è un buon cristiano,

chissà perché!

La persona che ha molti soldi e molta disponibilità al sesso diventa oggetto di

rivalità tra diverse persone. Generalmente l‟uomo e la donna cercano di

provocare l‟affetto nel cuore della persona con la quale desiderano soddisfare

i propri desideri e le proprie necessità. Questi affetti non vengono da Dio,

vengono dagli istinti e dai bisogni della natura umana. Presto o tardi

esplodono delle vere e proprie tragedie, che superano di gran lunga la rottura

del divorzio.

Padre Pio disse: quanto più peccano, tanto più poi si odiano.

Viene a mancare quindi la riflessione di chi riconosce di essersi sbagliato,

esplode tra i due la ferocia dell‟odio. Ognuno cerca di fare all‟altro tutto il

male che gli è possibile fare.

Quando c‟è da scegliere tra le varie forme di vendetta, viene preferita sempre

quella che distrugge l‟altra persona. Questo succede quando l‟amore umano

non viene coinvolto nella purezza dell‟amore di Dio.

Solo l‟amore che viene donato da Dio mediante il Sacramento del matrimonio

diventa puro, nobile e disinteressato. L‟amore di chi ama Cristo preferisce

sacrificarsi affinché la persona che ama sia felice.

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 41

Se non hai mai fatto l‟esperienza della verità di queste mie affermazioni, fai

attenzione: impara ad accogliere gli affetti con quella che San Paolo chiama la

libertà dello Spirito.

Se ami qualcuno, è solo perché tu hai deciso di amare, non perché in te è

avvenuto il cosiddetto colpo di fulmine, oppure al cuore non si comanda,

oppure l‟amore è cieco. È sbagliato dire che l‟amore è cieco, sei tu cieco, e se

coinvolgi un‟altra persona nel guazzabuglio del tuo affetto malsano, il colpo di

fulmine spaccherà la testa a te e all‟altra persona.

L‟amore che viene da Dio non è quello delle canzonette di San Remo; è la

volontà di due persone che vogliono impegnare la propria vita per compiere la

missione di donare alla Chiesa e alla società una famiglia moralmente solida,

e dei figli preparati ad affrontare le difficoltà della vita con onestà e dignità.

Papa Francesco è uno degli uomini più grandi del nostro tempo. Non so se ci

hai fatto caso: nei suoi discorsi ringrazia spesso la nonna che gli ha insegnato

ad essere uomo e cristiano.

Bisogna essere in due a volere la famiglia cristiana. Devono sposarsi soltanto

dopo aver esaminato insieme se ci sono gli elementi per poter realizzare

quell‟amore divino che diventa amore umano. Gli affetti che bisogna

accogliere sono tanti: devi accogliere l‟affetto di un bambino irrequieto e

disubbidiente, quello di una persona che ha bisogno di una mano amica che

l‟aiuti e la sostenga nelle difficoltà, quello di un anziano che ti tiene inchiodato

in casa perché non può stare solo. Questi sono alcuni esempi tra i tanti affetti

che Dio stesso ti propone.

Se tu davvero sei convinto che gli affetti buoni vengono da Dio, nella fede in

Lui sarai saldamente convinto che Dio stesso ti presenta ogni giorno le

persone che tu devi amare, mediante le opere dell‟amore cristiano. Devi

essere generoso verso le persone che devi amare con affetto sincero.

Impara ad amare quelle persone che Dio ogni giorno ti presenta: piccoli,

sgangherati, anziani, giovani ostinati e strampalati.

Consentimi di darti un consiglio pratico: devi amare con i fatti, se le opere

non sono possibili, ama con le parole buone, se le opere e le parole non sono

possibili, ama con la preghiera. Nessuno deve avvicinarsi a te senza ricevere

qualcosa.

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 42

Questo principio l‟ho imparato dal Padre Pio: “in tutta la storia dell’umanità

nessuno verrà su questo monte senza ricevere qualcosa”.

Ti consiglio di stare molto attento e dominare con la ragione che ragiona nella

Legge di Dio gli affetti che vengono da te. Non produrre mai un affetto, un

giorno o l‟altro ti morderà il cuore come un serpente che ti lascia un veleno

amaro.

Per purificare gli affetti del tuo cuore, ti suggerisco tre cose:

1) non ti inquietare quando senti che nel tuo cuore si è formato un affetto

disordinato. Non ti inquietare dal punto di vista psichico.

2) non ti ingelosire di nessuno dal punto di vista spirituale, abbi fiducia che il

Signore è più grande anche di questi morsi velenosi.

3) ricordati che la maniera migliore per amare chi tu ami, è quella di affidarla

ogni giorno all‟amore del Signore: mettila sotto la protezione della Mamma

Celeste e affidala alla misericordia di Cristo Crocifisso.

Trasmetto a te il consiglio che dava Padre Pio: “affida a Gesù ciò che ha

prodotto il tuo affetto nel cuore”. Chi non ha affetti nel cuore, non è normale.

Chi ha nel cuore affetti che non vengono da Dio, è infelice. Chi accoglie tutti

gli affetti che vengono da Dio, è perfettamente felice.

Ringrazia Cristo Risorto che ti ha dato la possibilità di accogliere nel tuo cuore

l‟amore di Dio che eleva e nobilita il tuo amore umano. Affida alla volontà di

Dio tutti i tuoi affetti. Affidati con fiducia a Lui. Egli non soltanto ti

conserverà gli affetti buoni, ma li lascerà puri e belli. Se non lo hai ancora

fatto, vuol dire che hai scelto di essere infelice e succube agli affetti non buoni

che vengono da satana.

Considera l‟equilibrio affettivo di Gesù: come aveva predetto Giovanni il

Battista, andava in cerca dei poveri, dei malati e dei peccatori. Non si fermava

in un villaggio, ma andava da un villaggio all‟altro. Però aveva nel Cuore un

amore grande per la Mamma sua e la predilezione per Giovanni.

Ecco l‟equilibrio degli affetti. L‟affetto è santo quando ti lascia nel cuore la

pace, e non ti impedisce di andare alle predilezioni di Gesù: i poveri, gli

ammalati e i peccatori.

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 43

Dobbiamo amare così perché Gesù ci manda ad annunziare Lui nel mondo.

Tutti, in forza della vocazione alla vita cristiana, siamo destinati ad essere

messaggeri di Cristo Risorto.

Concludo queste mie considerazioni con la definizione dell‟amore di Dio di

San Giovanni Paolo II: Dio è la santità perché è amore (1 Gv 4, 16). Mediante

l’amore è separato assolutamente dal male morale, dal peccato, ed è

essenzialmente, assolutamente e trascendentalmente identificato col bene morale

nella sua fonte, che è Lui stesso. Amore infatti significa proprio questo: volere il

bene, aderire al bene. Da questa eterna volontà del Bene scaturisce l’infinita

bontà di Dio nei riguardi delle creature e, in particolare, nei riguardi dell’uomo.

Dall’amore trae origine la sua clemenza, la sua disponibilità ad elargire e a

perdonare, la quale tra l’altro ha trovato un’espressione magnifica nella parabola

di Gesù sul figlio prodigo, riportata da Luca (cf. Lc 15, 11-32). L’amore si

esprime nella Provvidenza, con la quale Dio continua e sostiene l’opera della

creazione. In modo particolare l’amore si esprime nell’opera della redenzione e

della giustificazione dell’uomo al quale Dio offre la propria giustizia nel mistero

della croce di Cristo, come dice con chiarezza San Paolo (cf. Rm e Gal). Così

dunque l’amore, che è l’elemento essenziale e decisivo della santità di Dio,

attraverso la redenzione e la giustificazione, guida l’uomo alla sua santificazione

con la potenza dello Spirito Santo.

<<Se in un’anima non ci fosse altro che la brama di amare il suo Dio, già c’è tutto, c’è Dio

stesso perché Dio non è dove non c’è il desiderio del suo amore. L’amore di Dio

sostanziale è quell’atto di preferenza semplice e nudo, con cui la volontà antepone Dio ad

ogni altra cosa per la sua infinita bontà. Chi ama in tal modo il Signore, lo ama con amore

di carità sostanziale>>.

San Pio

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno XXIV Pag. 44

INDICE

- Presentazione ........................................................................................... 3

- L„ammonizione ........................................................................................ 5

- L‟ipocrisia e il giuramento ....................................................................... 9

- Come aiutare il prossimo ....................................................................... 13

- Il buon senso, Il discernimento, la discrezione ...................................... 17

- L‟affetto .................................................................................................. 21

- Custodire l„affetto................................................................................... 32

- L‟amicizia, la pietà e la tenerezza ........................................................... 36

- Un cuore che sa amare .......................................................................... 40