Dalle omelie di Don Pierino Galeone a cura di Don Vincenzo ... · rimanersene egoista nel Cuore di...

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Dalle omelie di Don Pierino Galeone a cura di Don Vincenzo Carone

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Dalle omelie di Don Pierino Galeone

a cura di Don Vincenzo Carone

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 2

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INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 3

Presentazione

Padre Pio diceva: “l'anima che ha scelto il divino amore non può

rimanersene egoista nel Cuore di Gesù, ma si sente ardere anche nella carità

verso i fratelli...” (Ep.III, p.962). “Da parecchio tempo sento in me un

bisogno, cioè di offrirmi al Signore vittima per i poveri peccatori e per le

anime purganti”. (Ep.I, p.206) “il bene che noi ci adoperiamo ad arrecare

alle anime altrui, risulterà utile anche alla santificazione dell'anima

nostra...” (Ep.II, p.384).

Don Pierino Galeone ha avuto da Padre Pio il compito di fondare l’Istituto

Secolare dei Servi della Sofferenza che vuole essere il luogo dove Padre

Pio è presente nella Chiesa per compiere la sua missione fino alla fine del

mondo. Padre Pio ha comunicato a Don Pierino la sua spiritualità, per cui le

sue prediche portano alla conoscenza della misericordia di Dio, e mediante la

conversione, avere l’esperienza di Dio; l’esperienza poi porta all’impegno

dell’ubbidienza alla fede per vivere nella Chiesa l’amore di Dio che salva.

In una omelia ha detto: Tante volte andiamo da Gesù, dalla Madonna, dai

Santi dei quali siamo devoti, soltanto per avere quello che ci è necessario per

la vita umana, per ciò che è terrestre, e pensiamo poco alle cose dello spirito,

alla salvezza dell’anima, al Regno dei Cieli. Quanta gente che pur andando

in chiesa, non si è ancora impegnata a mettersi in comunione seria e

definitiva con Cristo osservando i suoi comandi, poiché la comunione intima

con Cristo avviene mediante l’osservanza della sua Parola.

Ho raccolto molte di queste omelie, le ho mandate per Facebook; adesso

voglio ordinarle in alcuni “Quaderni” e mandarle a voi; saranno utili a voi e

agli altri per perseverare nella Chiesa sulla via della salvezza.

Don Vincenzo

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 4

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 5

Il giudizio universale (Lv 19,1-2.11-18; Sal 18; Mt 25,31-46)

Sia lodato Gesù Cristo.

La liturgia della Parola che avete ascoltato, specialmente il Vangelo, dà

un’impostazione completa a tutto il mistero della Redenzione, perché ci sono,

specialmente nel Vangelo, le due braccia del Signore, cioè la misericordia e la

giustizia.

La misericordia verso i fratelli del Signore, specialmente verso i più piccoli, e

le opere di misericordia, sia corporali che spirituali; chi ha compiuto queste

opere di misericordia avrà dal Signore la ricompensa.

Perché la ricompensa del Signore? Perché: “Quello che avete fatto a uno di

questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me, e quindi io vi do la

ricompensa, venite pure a occupare il posto nel mio regno preparato da mio

Padre sin dalla fondazione del mondo” (cfr. Mt 25, 34-35).

Quindi c’è prima la misericordia e poi la giustizia.

Questo risalta in modo positivo nelle pecorelle che stanno alla destra di Gesù,

il quale siede sul trono della Sua gloria; dinanzi a Lui sono riunite tutte le

genti della terra passate, presenti e future, ed è Lui che distinguerà le pecore

dai capri. Alle pecore – come ho detto prima – dirà: “Venite servi buoni e

fedeli ad occupare il posto che mio Padre ha preparato per voi” (cfr. Mt

25,34). A quelli della sinistra poi dopo dirà: “Via, lontano da me maledetti nel

fuoco eterno preparato per il diavolo e per tutti quelli che hanno seguito i

suoi suggerimenti” (cfr. Mt 25,41). Perché il Signore fa questo? Gesù dirà.

“Perché non mi avete dato da mangiare, non mi avete dato da bere, non

avete accolto il forestiero” ecc. (cfr. Mt 25,42-43).

Ha detto riferendosi a tutti quelli che sono le pecore alla sua destra che quello

che ha riferito agli uomini, lo ha attribuito a sé: “Quello che avete fatto a uno

di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me” (cfr. Mt 25,40).

Ecco, il quadro è molto chiaro: avendola fatta a Lui questa mancanza di

misericordia, poi dirà “Via lontano da me maledetti nel fuoco eterno” (Mt

25,41).

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 6

Ecco, vedete un po’ come sono presenti la giustizia e la misericordia.

Vi devo dire che nella misericordia in un modo molto dettagliato ci sono:

affamati, assetati, forestieri, carcerati, ammalati. È un dettaglio, ma sceglie i

punti che per Lui sono più interessanti per l’esercizio delle opere di

misericordia. “Quando è avvenuto questo?” (cfr. Mt 25,38.44), domandano i

buoni e i cattivi. Risponde Gesù: “Quando questo non lo avete fatto o l’avete

fatto ai fratelli lo avete fatto a me, se non l’avete fatto ai miei fratelli, quelli

più piccoli, non lo avete fatto a me” (cfr. Mt 25,40.45). La ricompensa a chi

ha fatto le opere di misericordia e la condanna invece a chi non ha fatto le

opere di misericordia.

Mentre leggeva il Vangelo avevo dinanzi in modo completo il Signore giusto.

Badate, siederà sul Suo trono e dinanzi a Lui saranno riunite tutte quante le

genti per essere giudicate, chi per il premio, chi per la condanna. Dice

chiaramente nella conclusione: “Andranno al supplizio eterno, gli altri invece

nella gloria eterna” (cfr. Mt 25,46).

Non vi nascondo che ci voleva questo Vangelo in questo anno della

misericordia, perché noi non abbiamo le chiare idee circa la misericordia. Sì, è

vero, il Vangelo parla di alcune opere di misericordia, però la Chiesa ha

completato le quattordici opere di misericordia, sette spirituali e sette

corporali. Quelle di Gesù sono indicative. Ci sono tante opere di misericordia

che forse non sono incluse in quelle che la Chiesa ha proposto ai cattolici.

Ecco la giustizia di Dio. È questo il punto.

Non vorrei che si pensasse che il Signore fosse soltanto misericordioso, e non

si avesse presente che il Signore è anche giusto. Il Signore è misericordioso

con tutti quelli che si convertono. La misericordia di Dio però può essere

rifiutata; Dio non può dare la misericordia a chi non la vuole e quindi è

costretto a giudicare secondo giustizia e la giustizia significa dare il bene se

hai fatto bene, e dare una punizione se hai fatto male.

Quindi, è un Vangelo che mi fa vedere in modo completo la misericordia.

Ci sono tre cose fondamentali o se volete, quattro.

Gesù che giudicherà circa i comportamenti verso i fratelli, specialmente quelli

più piccoli. Lui stabilisce: “Quello che avete fatto ai miei fratelli lo avete fatto

a me” (cfr. Mt 25,40). E Lui dà la ricompensa. È interessante anche che –

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 7

poiché il Padre Celeste ha costituito Signore Cristo Suo Figlio, quindi Re

dell’universo – Gesù è molto delicato in questo, pur giudicando dice:

“Occuperai il posto che mio Padre ha preparato per voi” (cfr. Mt 25,34). “Mio

Padre ha preparato”, questa è una chicca, è una ciliegina nel Vangelo, perché

come degli invitati a casa hanno il posto assegnato dal capo famiglia,

egualmente anche in Cielo, nel Regno di Dio, chi prepara e assegna i posti è il

Padre Celeste.

È tutto un insieme di cose che completa veramente la visione in questo anno

della misericordia.

Certo, è garantito che, se tu fai queste opere di misericordia, tu avrai dal

Signore la ricompensa, e dopo il posto in Paradiso, nel Regno di Dio. Come è

anche certo che se tu non fai quello che il Signore ti ha comandato verso i

fratelli, non avendolo fatto a Gesù, non potrai avere il posto in Cielo e sarai

condannato.

Le parole della giustizia sono molto severe: “Via lontano da me maledetti nel

fuoco eterno preparato per il diavolo e ovviamente per tutti quelli che lo

seguono” (cfr.Mt 25,41). E come lo si segue? Gesù ha detto: “I miei servi sono

quelli che mi seguono, che mettono in pratica la mia Parola” (cfr. Lc 8,21).

Quindi chi segue satana è chi mette in pratica la sua parola, però la parola di

satana viene dalla bocca del mondo: l’attaccamento ai beni, ai piaceri,

all’orgoglio, alla presunzione, al proprio io.

Questa visione non deve appesantire il nostro criterio dell’anno della

misericordia, è bene però che sia presente tutto l’insieme della misericordia e

della giustizia. È bene, ma è chiaro che quelli del mondo non tengono

presente né la giustizia, né la misericordia. Ma è pur chiaro che sacerdoti,

anime consacrate, quelli che frequentano la chiesa, devono tener presente,

non in modo superficiale, ma in modo concreto, che, sì, c’è la misericordia che

è eterna, infinita – come dice il salmo – ma c’è anche la giustizia di Dio.

Sono due chiari parametri che il Signore nel giudizio universale userà per

tutte le genti riunite dinanzi al Suo trono di gloria.

Qual è la conclusione? La conclusione per tutti i cristiani, i sacerdoti e le

anime consacrate è questa, noi abbiamo disponibilità di elementi per fare le

opere di misericordia: visitare gli ammalati, visitare le famiglie che sono in

difficoltà, i poveri, quelli che hanno bisogno di un piatto da poter mangiare.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 8

Noi abbiamo questa disponibilità. Certo, alcuni di voi hanno una maggiore

opportunità per visitare gli ammalati, altri di voi di visitare quelli che hanno

bisogno di mangiare, altri possono avere bisogno anche di una parola di

conforto, di consolazione. Insomma, noi praticamente abbiamo la

disponibilità di fare le opere di misericordia. Però, non dimenticate che non

dobbiamo fare queste opere di misericordia per ricevere complimenti da

coloro ai quali noi portiamo questo conforto. Dobbiamo fare tutto per amore

del Signore, perché Lui ci darà la ricompensa.

È questo il quadro generale che ho davanti, molto molto completo.

Una volta si parlava di questo argomento dinanzi a padre Pio e si parlava della

misericordia del Signore, addirittura padre Pio diceva due espressioni molto

lapidarie; la prima “Non abusate mai della misericordia del Signore”, e la

seconda “Non dovete pensare che il braccio della giustizia di Dio si sia

accorciato”. Non abusare e il braccio non si è accorciato, sono due frasi con

cui padre Pio ha voluto proprio puntualizzare questo dono del Signore dato a

noi, la misericordia.

La misericordia di Dio, la misericordia di Gesù, continuerà anche in Paradiso.

È eterna la misericordia. Perché in Cielo noi andremo per la misericordia del

Signore. La misericordia del Signore continuerà ancora nei nostri riguardi in

Paradiso. Come la giustizia, ovviamente, nell’inferno.

Per quale motivo? Perché le opere che fa l’uomo – essendo egli immortale,

perché la sua anima è immortale – sono fatte anche insieme col corpo, ma

partono dalla mente, dalla volontà, dallo spirito dell’uomo. Per cui essendo

immortale l’anima, anche le opere sono immortali, sia quelle buone sia quelle

non buone. Per cui essendo le opere buone, cioè quelle della misericordia,

immortali, dureranno in eterno.

Noi abbiamo questa disponibilità. Noi navighiamo in questo mare

dell’eternità, perché sia le opere buone sia quelle cattive rimarranno sempre,

perché partono da un essere che è immortale. Non soltanto l’essere è

immortale, ma anche le sue opere sono immortali.

Voi immaginate, in Cielo noi avremo la vita divina. Sì, è vero, quella che darà

vita all’anima, vita al corpo, però la vita divina ha come supporto, punto di

partenza, le opere buone fatte sulla terra.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 9

Egualmente, non si può contestare quel grado di vita divina che noi abbiamo,

perché sono le opere che testimoniano appunto la giustezza del giudizio di

Gesù: queste sono le opere, questo è il premio, queste sono le opere questa è

la condanna.

Quindi le opere ci accompagneranno eternamente o in Cielo o – Dio non

voglia – altrove.

<<Se i confessori confessassero come dovrebbero confessare, i fedeli sarebbero come

dovrebbero essere>>.

San Pio

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 10

La casa

(Is 55, 10-11; Sal 33; Mt 6, 7-15)

Sia lodato Gesù Cristo.

Vi devo parlare questa sera della casa.

La casa ha tante funzioni, principalmente è il luogo dove abita la famiglia, cioè

i genitori e i figlioli.

Nella casa si esercitano le virtù fondamentali di Cristo e dei cristiani, ma direi

anche di tutti quanti gli uomini.

La struttura essenziale di Gesù è questa: come Figlio è ubbidiente, come

fratello è la carità personificata, ha dato la vita divina per noi; quindi

l’ubbidienza e la carità.

La casa. Nella famiglia ci sono i genitori, ci sono anche i figlioli. Verso i

genitori: ubbidienza; verso i fratelli: carità. L’ubbidienza è carità, la carità è

ubbidienza.

Nella casa, dove c’è la famiglia, i genitori e i figlioli, l’uomo è chiamato ad

esercitare comunemente le virtù essenziali di Cristo: l’ubbidienza come figlio

e la carità come fratello.

Certamente la casa non è un luogo dove noi egoisticamente siamo chiamati a

vivere, ma lì ci formiamo. La casa è un luogo dove noi nasciamo, cresciamo,

siamo educati, ci formiamo, per vivere in “altre case”.

Noi abbiamo diversi luoghi dove dobbiamo abitare come se fosse una casa,

per esercitare l’ubbidienza e la carità, sia nel campo religioso, sia nel campo

civile. Nel campo religioso abbiamo il parroco, il Vescovo, il Papa e abbiamo i

fratelli. Nel campo civile, laddove noi operiamo per motivi di lavoro, abbiamo

i superiori verso i quali dobbiamo esercitare la sottomissione, come Gesù a

Maria e Giuseppe, ma nello stesso tempo anche esercitare la carità. Questo

grossomodo.

Però ci sono tante comunità, di ogni genere. Io per motivi di praticità,

riferisco questi pensieri alla casa dove abitano i religiosi, le persone sacre.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 11

In una comunità religiosa, o in un consesso presbiterale dove c’è il Vescovo, i

sacerdoti, i diaconi ecc., dovunque bisogna esercitare queste due virtù

fondamentali: l’ubbidienza, la sottomissione, e la carità fraterna.

Se noi usciamo fuori dal luogo dove il Signore ci ha posto, o per vocazione

naturale, la famiglia naturale, o per vocazione spirituale come sacerdoti nella

comunità presbiterale, o anime consacrate in una casa dove c’è una Comunità,

se noi non amiamo questo luogo o, se volete, questo ambiente, non siamo

cristiani perché questo è il luogo dove si esercitano le virtù fondamentali di

Cristo: l’ubbidienza e la carità. Proprio in quel luogo dove Egli ci ha fatto

nascere per vocazione, ci fa vivere spiritualmente, ci fa vivere e operare per il

lavoro lì dobbiamo esercitare queste virtù.

Se noi non amiamo questi luoghi, e non li amiamo attraverso la

mormorazione, la critica, l’insopportazione sia della sottomissione, sia della

carità fraterna, noi non siamo cristiani.

Anche se per esempio tu ami di più il lavoro della tua Comunità, ami più la

famiglia naturale della tua Comunità, ami più la tua Comunità del lavoro o

viceversa, sei fuori strada. Tu devi stare in quel luogo, in quell’ambiente dove

il Signore ti ha posto.

Questo criterio, Satana lo scombussola molto facilmente. Ti fa amare di più la

casa naturale, fratelli e sorelle, che non la tua Comunità, ti fa amare di più il

posto di lavoro che non la Comunità; forse alcuni amano di più la Comunità

perché lì c’è un alimento, un nutrimento maggiore del proprio egoismo,

dell’amor proprio, della presunzione. Certo è che Satana può facilmente

scombussolare.

La cosa più brutta è questa: tu esci fuori dall’ambiente che il Signore, o per

una vocazione o per l’altra, o per quella naturale, o per quella soprannaturale,

ti ha destinato. Per esempio: tu ami di più stare nella tua famiglia naturale

che non in quella spirituale; vale di più lo spirito, il soprannaturale del

naturale, allora è necessario che tu ordini bene.

D’altra parte anche nel campo naturale funziona così, chi si sposa deve

lasciare la propria famiglia e deve unirsi alla sposa. Se questo avviene in

campo naturale, perché non dovrebbe avvenire in campo soprannaturale?

Il Signore è saggio, la preferenza è la Comunità spirituale, ma non per questo

non devi anche occuparti della casa, della famiglia naturale.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 12

Anche Gesù con molta saggezza come sempre dice: “Non di solo pane vive

l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Quindi, ha

messo insieme la casa naturale e la casa spirituale, cioè la famiglia e la Chiesa,

o la nostra impostazione che è una famiglia spirituale e la Chiesa.

Questi pensieri devono essere molto profondi.

Quando si comincia a sgattaiolare, si va di qua, poi di là, e c’è sempre un fuggi

fuggi dal criterio della crescita spirituale, dell’ubbidienza e della carità.

Devi andare al lavoro, se hai un compito di autorità e devi comandare,

comanda pure; certo l’ubbidienza, non comprende soltanto chi deve ubbidire,

ma anche chi deve comandare.

Gesù che comanda ci ha parlato di ubbidienza, di carità. Chi sa ubbidire sa

anche comandare, anzi non sa comandare a chi non sa ubbidire.

Quindi è necessario che noi abbiamo un criterio.

Se poi in una Comunità si mormora, si critica, si giudicano i superiori, si è

molto pregiudizievoli nei riguardi dei fratelli, delle sorelle, è chiaro che non

sai vivere in casa, non sai vivere in famiglia, non sai vivere da buon cristiano,

non sai assumere le tue vere caratteristiche, responsabilità, o di padre, di

madre di famiglia, o di figlio, di fratello, di sorella, in una famiglia.

Devi assumere le caratteristiche della tua identità con grande umiltà, non con

superbia, con orgoglio, a volte anche con dispotismo, con una voglia di

comandare sempre: se non c’è quello che io voglio, che io dico, non sanno far

nulla, sono inutili, non sanno far niente.

Bisogna imparare a comandare, bisogna imparare a ubbidire, bisogna

imparare ad esercitare la carità fraterna e bisogna avere tutti quanti gli altri

elementi che aiutano l’ubbidienza e la carità. Tu devi ubbidire come se fosse

l’ubbidienza al Signore, e devi usare la carità sempre ubbidendo al Signore:

“Amatevi gli uni gli altri come io vi ho comandato di fare e come io ho fatto”

(cfr. Gv 13,34).

Ci vuole l’umiltà nell’ubbidienza, e ci vuole la misericordia nella carità.

Non esiste una carità profonda, stabile, senza la misericordia, perché la

misericordia è una carità sofferente. Sofferente perché tu devi amare, aiutare,

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 13

perdonare, incoraggiare, consolare, anche quelli che sono ingrati, anche quelli

che forse non accolgono questa tua prestazione di servizio della carità.

Quanta umiltà ci vuole per ubbidire! Quanta pazienza e misericordia ci vuole

per la carità fraterna!

Chi di noi, non soltanto è senza peccato, ma chi di noi non ha difetti,

debolezze, sia caratteriali e sia anche psicologiche, spirituali!

Non ci può essere la carità fraterna se non c’è la misericordia. E la

misericordia ha tante virtù connesse, quella principale è la pazienza, perché la

pazienza comprende il perdono, comprende anche la preghiera verso colui il

quale ti ha avversato, e devi pregare perché possa ravvedersi e riconciliarsi.

Certamente la pazienza comporta diversi elementi: l’umiltà ad accogliere

l’avversità, la prontezza di generosità nell’amore al prossimo anche se ti ha

dispiaciuto, offeso, la prontezza a rispondere al male con il bene, pregare

perché si converta, perché possa riconciliarsi.

Tutto questo mistero è un mistero di fede, di speranza, di amore; quando

preghi per chi ti ha avversato, contrariato, perché possa ravvedersi,

riconciliarsi, quasi sempre non si ravvede subito, devi avere anche la speranza

nel Signore.

Se tu perdoni prega il Signore, Egli vede la tua disponibilità e ti viene

incontro, non solo per quello che hai fatto, ma anche per quelli che ti hanno

avversato perché possano, alla luce del Signore, vedere le avversità, le

contrarietà ingiuste che hanno operato nei tuoi riguardi, e attendere la

riconciliazione dimenticando il passato.

State attenti figlioli, satana è molto abile, dà molto fastidio nella Comunità

spirituale o nella famiglia, dove i fratelli mormorano, dà fastidio.

Ho scritto nelle Costituzioni che chi ama il Crocifisso, certamente

sperimenterà per la sua intercessione presso il Padre, per la sua espiazione

dei peccati e il perdono, la trasformazione di ogni vergogna in vanto.

Satana è capace di fare il rovescio: le vergogne della vita passata le fa

diventare vanto. Questo capita molto facilmente a preti e anime consacrate.

Ciò che prima era vergognoso, ripugnante, ora diventa vanto.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 14

Tante volte noi non sappiamo esercitare le virtù negli ambienti come la

famiglia spirituale, la famiglia naturale, la parrocchia, la diocesi, altrove, e a

volte siamo molto esigenti per la presunzione, per l’orgoglio, per l’amor

proprio, per rendere molto guardabile la nostra persona, la nostra attività, il

nostro ruolo.

La vergogna diventa un vanto. Sono queste, considerazioni che vengono dalle

due fonti o da Cristo o da Satana, o dal mondo.

Certo, il punto di riferimento principale è il luogo dove il Signore ti ha

collocato per vocazione.

Se tu hai scelto la famiglia o hai scelto la vita religiosa, tu ami la tua casa, la

tua Comunità? Ami i tuoi genitori, papà e mamma, fratelli e sorelle?

Sfuggire oggi è più semplice. Forse in passato, quando ero piccolo io, subito si

sapeva se si era andati a giocare al pallone, se si era andati di qua, di là, si

aveva subito sotto mano tutto il quadro preciso dei luoghi dove io e mio

fratello potevamo andare a giocare. Oggi non si capisce niente più, uno può

sfuggire in camera sua, può sfuggire al posto di lavoro, può sfuggire in

parrocchia.

Il demonio è molto abile, molto abile. Come fa questa gente ad amare la

vergogna, ad amare ciò che è sporco, come fa? Se tu guardi dal punto di vista

della serenità spirituale, hai ripugnanza; Satana però è capace di farti riamare

ciò che in passato hai amato e poi ritenuto vergognoso. È capace di fare questi

salti nei sacerdoti, nelle anime consacrate, nelle persone sposate. Se ne vanno

con l’ex fidanzata, con l’amico con cui si sono lasciati ….

Tutto questo dipende dal fatto che non si sa stare nella propria casa. Nella

casa dove il Signore ci ha collocato, Lui è presente per aiutarci ad essere

ubbidienti, caritatevoli, a crescere veramente secondo la sua volontà.

Se noi ci sbilanciamo e non teniamo presente secondo la volontà di Dio i

luoghi dove dobbiamo vivere e operare, senza per niente lasciarci sporcare

dalle cose del mondo, è chiaro che Satana, che è molto abile, vede subito

quando un’anima comincia di nuovo a lasciarsi rodere dall’amor proprio,

dalla presunzione, dalla mondanità, e tu puoi ricadere di nuovo in ciò che hai

disgustosamente vomitato, rinunciato; lo stesso brivido del cane che torna al

vomito.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 15

È veramente necessario che ci sia un amore maggiore. Dovete amare la casa

dove il Signore vi ha collocato. Però rimanete nei vostri luoghi, non vi fate

imbrogliare dal maligno. Lo so, quando vai a casa c’è il fratello, c’è la sorella,

quante mortificazioni hai perché in casa forse non si comportano bene fratelli,

sorelle, nipotini, ecc. Quante umiliazioni! Però tu con il tuo animo buono

cerchi di confortare i fratelli, di aiutare i nipotini, le nipotine.

Ti comporti con una certa delicatezza perché emerga il tuo saper fare, il tuo

prestigio, il tuo ruolo, a volte succede che quando vieni nella Comunità, quella

principale, quella primaria non ti comporti bene. Qui c’è una porzione del

gregge che si inserisce con la parrocchia, con la diocesi e con il regno di Dio: il

passaggio da questa comunità all’altra comunità nell’altra vita.

Bisogna che amiamo di più la casa, che amiamo di più l’ubbidienza e la carità.

Anche Gesù si sottomise a papà e a mamma, a Maria e Giuseppe. Anche loro

quanta carità! la carità della Madonna, Giuseppe con Maria, Maria con

Elisabetta, Gesù quanta carità ha avuto! Mamma mia! Qui ci santifichiamo

noi. Gesù si è fatto santo nell’ubbidienza e nella carità.

D’altra parte in Cielo troveremo un’altra casa, dove c’è il Papà, ci sarà la

Mamma e tutti quanti saremo fratelli. Addirittura anche Gesù, Figlio di Dio,

noi lo vedremo come fratello, anche se è nostro Re, nostro Salvatore.

Quindi, cercate di ordinare un po’ queste idee, non vi lasciate dissipare la

vostra mentalità da tanti suggerimenti sbagliati. Dovete amare i vostri luoghi,

le vostre case dove il Signore vi ha collocato, senza per niente perdere di vista

la famiglia naturale, la parrocchia, la diocesi, il posto di lavoro. Ma tutto deve

essere fatto con un criterio tale da rimanere sempre nella nobiltà più alta della

sottomissione e della carità.

Basta ogni intervento di presunzione.

La vanità per esempio è presunzione, il saper fare, il mormorare, criticare è

presunzione, dove c’è presunzione c’è Satana, e non te ne accorgi, perché lui si

nasconde. Quindi attenti, attenti. Sappiamo vivere la nostra casa in cui il

Signore ci ha collocati.

La nostra grande casa per noi è la Famiglia di Dio, la Chiesa, però anche la

famiglia umana, laddove dobbiamo vivere, lavorare, sia spiritualmente, come

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 16

anche per il sostentamento, per il pane quotidiano, come Gesù ha insegnato

nel Padre Nostro.

Dobbiamo santificarci facendo la volontà di Dio. Ma anche lavorare, facendo

la volontà di Dio, per guadagnare il pane quotidiano e dobbiamo anche

faticare per non lasciarci derubare dal maligno con le sue tentazioni.

Le due virtù fondamentali da esercitare in tutte le case dove noi ci troviamo,

sono la preghiera e il lavoro. Praticamente sono riferimenti al Padre Nostro,

perché non dimentichiamo che tutte le famiglie dipendono dal Padre Celeste.

Bisogna pregare perché tutto quello che noi desideriamo, che vogliamo, ci

venga dato materialmente e spiritualmente, dipende sempre dalla benevola

volontà di Dio.

Bisogna pregare, bisogna imparare a pregare. Questo nelle vostre famiglie

certamente c’è stato. Però, attenzione, nella casa bisogna anche imparare a

lavorare, non si può sempre pregare o sempre lavorare, no. Questi due

elementi sono essenziali, fondamentali, perché se non c’è la preghiera la

famiglia va a scatafascio, se non si lavora, dice San Paolo: “Chi non vuole

lavorare non mangi” (2Ts 3,10).

Però è chiaro che con amore bisogna pregare e fare pregare, e con grande

amore bisogna invogliare a lavorare.

Non dimenticate che in qualsiasi luogo, noi dobbiamo sempre portare queste

due caratteristiche: l’ubbidienza e la carità, la preghiera e il lavoro. Non è che

si lavora qui e non si lavora al posto di lavoro, oppure al posto di lavoro sì e

qui no, oppure qui sì e lì in parrocchia no.

Quando un’anima sa vivere in casa, dovunque va, porta questi due doni

grandi, essenziali della nostra identità umana e cristiana: la preghiera e il

lavoro.

Vorrei che questi pensierini che vi ho detto rimanessero nei vostri cuori.

Ricordate che facendo così, voi vi salvate e aiutate gli altri a salvarsi. Se invece

sbandate o in questa casa, o nelle altre case, o in parrocchia o nel posto di

lavoro, se si sbanda, diventa poi dopo molto rischioso salvarvi e, ancora di

più, salvare gli altri.

Facciamo come ha detto Gesù attraverso il vostro povero Padre.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 17

La conversione è ritorno a Gesù e l’ira di satana (Gio 3,1-10; Sal 50; Lc 11,29-32)

Sia lodato Gesù Cristo.

La conversione è un po’ misteriosa perché satana è molto attento quando

un’anima si converte e prende con volontà risoluta la decisione di cambiare

vita. La vita si cambia perché si cambiano i rapporti con le persone, con sé

stessi, con Dio, si cambiano le opere. In tanto si cambia la vita in quanto si

cambiano le opere che sono frutto della vita. Se si cambia la vita è chiaro che

la conversione, questo cambiamento di vita, questo cambiamento delle opere,

viene notato da satana.

Come satana aggredisce un’anima che si vuole convertire? In molte maniere.

Non mancano le modalità all’abilità di satana per diminuire piano piano

questa volontà risoluta e queste opere buone perché non avvenga il

cambiamento di vita, non si realizzi la conversione.

La conversione si realizza con le opere. Un sacerdote, le anime consacrate, i

fedeli che vivono seriamente la vita cristiana, se devono progredire in una

radicale conversione, non soltanto dal male ma anche dalle piccole cose, è

necessario che abbiano chiara dinanzi alla mente e dinanzi al proprio spirito,

l’abilità di satana. Abilità con la quale satana intende piano piano sfilacciare la

tua buona volontà e quindi diminuire la forza delle opere buone, la forza di

cambiare la vita e quindi della volontà risoluta e della conversione.

Per esempio, tu hai la volontà risoluta di cambiare vita, cioè di cambiare le tue

opere. Ci sono delle opere che interessano te, però il cambiamento di vita

riguarda le opere verso gli altri, i quali possono essere buoni o cattivi. Sempre

nella conversione sono interessati i buoni e i cattivi.

Come è abile satana? Le sue maniere più abili per riportare l’anima dalla sua

parte sono queste: “È inutile che tu adesso ti sforzi, perché non riuscirai. È

tutta una illusione la tua, anche questa tua buona volontà a operare in un

modo tale da prendere le distanze dai pericoli di peccato o addirittura anche

da chi ti può aver fatto del male.” Crea l’illusione: “Sì, per un po’ di tempo tu

puoi, poi dopo vedrai”.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 18

Le opere buone sono investite dall’illusone di satana, che cerca di convincere:

“Adesso addirittura hai avuto questa volontà così decisa da rifiutare,

mediante le tue opere, i tuoi comportamenti, il male, vedrai che non

concluderai nulla”.

L’illusione è la maniera più costante, più frequente di satana per far smettere

alla buona volontà di compiere le opere buone per il cambiamento di vita, per

la conversione, e tornare definitivamente al Signore.

Lui non vuole questa tua radicale conversione. Non la vuole! Lotta contro in

tutte le maniere.

La lotta più frequente, che trova più facilità a far cadere quelli che vogliono

convertirsi, e che hanno forse con tanta decisione, disprezzo, rinunziato a

delle opere non buone, è l’illusione. Lui è capace di suggerire, piano piano,

l’illusione. Questa è la maniera più frequente con cui aggredisce quelli che si

vogliono convertire.

D’altra parte avviene così anche umanamente. Supponiamo che tu ti sia

fidanzato, con una ragazza, ti sia fidanzata con un ragazzo. Poi lasci quella

ragazza, quel ragazzo, ti fidanzi con un altro, con un’altra. È chiaro che quel

ragazzo, quella ragazza che tu hai lasciato ti insinuerà continuamente questi

pensieri: “Ma quello lì è uno scemo, che avrai?...” E comincia a metterti in

testa l’illusione: “Vedi la tua famiglia, quello che farà…” e insulta in tutte le

maniere per farti ritenere sbagliata quella tua decisione di lasciare quel

fidanzato, quella fidanzata precedente e seguire l’altra; “vedrai alla fine che

conclusione farai con quella pazza, con quello stupido”.

Dopo questo modo di procedere, cosa fa satana? C’è l’altra maniera, molto

importante da parte sua. Siccome quando stavi con l’altro ragazzo, l’altra

ragazza, ti portava in macchina di qua e di là etc., con questa, che ha una

spina dorsale diversa, molto più coerente e onesta con Dio, con sé stessa e col

prossimo, ti suggerisce: “Vedi? Che stai combinando? Pregare, dire il

Rosario, andare dal prete …”

E che cosa combina satana in questa situazione? La seconda maniera con cui

la sua abilità ti fa ritenere inutile, stanchevole, poco realizzabile la tua

personalità in questo nuovo rapporto, quello che tu adesso hai abbracciato, ti

appesantisce, ti stanca. Cerca tutte le distrazioni possibili - ricordi passati,

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 19

distrazioni, stanchezza o altro - per svuotare la tua anima, la tua mente, il tuo

cuore dell’amore, dell’attenzione al Signore.

La terza maniera con cui satana abilmente brucia la conversione, la brucia

completamente, è la solitudine. “Vedi, mentre prima quanti amici, andavi di

qua, di là, eravate così felici, perché il piacere, il divertimento dona delle

soddisfazioni, adesso cosa avrai? Non ti diverti più, non hai più nessuno”.

Mette l’illusione. Poi la non realizzazione: “Vedi? Il tuo io, la tua personalità,

come sei ridotto! Tante amicizie che prima avevi adesso non hai più”.

Cominci a pensare: “Io, per essere un cristiano vero, devo rinnegare

quell’amicizia di prima, adesso non mi vogliono bene…”. Ti mette la

solitudine, resti solo.

La prima maniera è l’illusione, la seconda maniera è il vuoto, la solitudine.

Badate che altro è la solitudine, altro è il vuoto, cioè non sentirti realizzato,

perché ti svuota l’amore, svuota la tua anima dell’amore. Svuota

completamente la preghiera, l’ubbidienza, la carità, il proprio dovere, e ti fa

fare le cose in maniera quasi forzata.

Siccome lì prima c’era l’amore al mondo e sembrava che realizzasse, adesso

invece per non farti realizzare nella conversione la comunione con Cristo,

satana ti svuota l’amore, ti svuota la mente, il cuore, i sensi, dell’amore al

Signore. Per cui tu resti solo: non riesci ad andare al Signore, hai lasciato le

persone di prima, adesso non riesci a metterti in comunione con il Signore. Ti

senti solo, specialmente solo e abbandonato da chi dovrebbe volerti bene

secondo questo criterio di conversione, per il quale tu avresti trovato

veramente la gioia di stare con Gesù, di stare con la comunità, di fare il tuo

dovere per amore del Signore.

Tutto questo lui te lo svuota, e ti fa desiderare di nuovo: “Era meglio prima,

era meglio prima, almeno io sentivo di essere amato, qualcuno mi voleva

bene, c’era chi mi amasse, chi mi stesse vicino. Qui Gesù non lo sento, quello

così, quello così… “ Attenzione, svuota l’amore per portare alla solitudine e

per far desiderare di nuovo le cose del mondo.

Non fa fare le opere tutte in una volta, ma piano piano, piano piano.

Mentre prima si era molto decisi e determinati, piano piano, piano piano,

senza ancora accondiscendere a nulla, satana crea di nuovo un rapporto

normale.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 20

La normalità del rapporto è apparente, perché è una flessione della buona

volontà, è una flessione nella mancanza dell’amore. É una flessione nascosta,

perché tu cerchi di nuovo chi ti può considerare, ti può amare. E allora ti fa

tornare di nuovo e ti distrugge completamente il percorso della conversione.

Queste sono le tre maniere con cui molto facilmente satana inganna.

Ci sono però tante altre maniere con cui satana cerca di distogliere dalla

conversione. Verso Iddio: “lì non stai bene, là così, la famiglia,…” ecco, ti fa

vedere Gesù come se fosse dimenticato. Oppure le persone che ti vogliono

bene, che ti dovrebbero voler bene, non ti considerano; un’altra maniera con

cui lui inganna: “Almeno allora c’era qualcuno, qualcuna, che ti voleva bene”.

Sono altre maniere. Gesù, la vocazione: “Ma cosa sto concludendo nella mia

vocazione? Mi sembra di non concludere nulla. Forse ho sbagliato tutto, così,

hai sbagliato tutto, forse è meglio che tu smetta di fare tutti questi sforzi di

conversione, ritorna come prima, perché tutto quello che fai è tutto inutile,

vuoto, non c’è nessuna conclusione”.

Ovviamente ti sradica la fede, ti sradica la speranza, ti sradica l’amore, ti porta

di nuovo al passato. Piano piano fa guardare il passato con la presunzione e

l’imprudenza: che c’è di male? Tutto è normale, e invece in quella normalità si

infila il veleno delle affettività precedenti o altro di più squallido, di più

vergognoso.

Queste sono le maniere, le abilità di satana per diminuire, per bruciare la

volontà radicale di conversione.

Badate che questo non accade soltanto a voi, anche ai sacerdoti, pure ai

vescovi, avviene la stessa cosa.

Se satana vede che c’è questo sbandamento, ti presenta un altro elemento

diverso di quello di prima, quando egli era un complice delle tue debolezze

della vita passata. Te ne presenta uno nuovo, e quindi ti fa andare con più

imprudenza nelle occasioni di fare il male, negli indugi, nella perdita di

tempo. È abilità di satana: appena vede che c’è la ricerca di qualcosa a motivo

della solitudine delle creature. Per alcuni è il mangiare, altri il vestire, etc.

Non sono fine a loro stessi questi comportamenti, il mangiare, il vestire o un

certo processo di autonomia: mo’ sto da solo, mo’ di qua, mo’ di là. Per la

solitudine da Cristo, da sé stessi, si cerca il mondo. Satana dice: “Va bene, tu

rifiuti il passato, fai bene…” però ti presenta altri soggetti con i quali tu puoi

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 21

di nuovo cadere nell’illusione e nell’inganno diabolico, e quindi distruggi la

conversione.

Ne ho contate sei di queste maniere, ma quella più micidiale, quella più brutta

è l’illusione. L’illusione ti toglie la fede, la speranza, ti toglie l’amore e ti fa

scivolare di nuovo piano piano, gradino dopo gradino, apparentemente nella

normalità; poi basta una spintarella in più perché la normalità venga meno, e

si comincia di nuovo ad essere membri di “questa generazione malvagia”.

Questo mondo che vi ho detto è nascosto dentro di voi. È impossibile che non

ci sia qualcosa di questi cenni che ho fatto se la conversione è debole. Se è

debole la conversione, ci sarà certamente qualcuno di questi aspetti. Per

esempio, la mancanza di speranza che possa riuscire ad essere più umile, ad

essere più paziente, ad essere più misericordioso, ad essere più ubbidiente,

più caritatevole.

Non dovete pensare che siano numeri astratti questi, no, perché il demonio

attacca come vuole: un po’ all’io, un po’ alle persone, un po’ i beni di questo

mondo, attaccamenti alle cose del mondo, alle cose della carne, la tua

personalità! Così distrugge la conversione. E quindi (quelli di questa

generazione saranno umiliati) sia (dal)la regina (di Saba), sia (da) Salomone,

(sia) da quelli di Ninive che ascoltando Giona si sono umiliati e convertiti.

Qual è la causa per cui tutte queste cose possono essere fatte da parte di

satana nei vostri cuori? La presunzione. Sì, la presunzione è generica, ma in

modo preciso è l’astinenza. Non ci si sa più astenere.

Astenersi. L’astinenza non è soltanto l’astinenza delle carni, no. L’astinenza -

come dice la prima preghiera – è da ciò che può impedire la conversione nella

vita spirituale.

C’è l’astinenza positiva e quella negativa. Quella negativa: uno comincia a non

pregare bene, a non essere puntuale alla Messa, a non fuggire le occasioni.

L’astinenza di queste cose avviene perché c’è la presunzione a monte: “Che

male c’è? Non c’è niente di male”. La presunzione in senso positivo: “So bene

che queste cose le devo fare per poter mantenere sempre in atto il mio

cammino di conversione: devo pregare bene, fare la meditazione, adorare

l’Eucarestia, fuggire le occasioni, senza illusioni, senza nascondimenti, senza

finzioni, senza dar retta agli insulti di satana. Devo mantenere ferma la

volontà risoluta ad astenermi da tutto ciò che può indebolire la mia volontà

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 22

radicale a una conversione veramente totale, sincera, per un cambiamento

di vita, con le opere che devono testimoniare il cambiamento di vita, la

conversione. Con le opere. Non più internet, persone, ecc.: astenersi da

queste cose.

Astinenza. La prima preghiera riguarda proprio queste cose. Dice: “Guarda o

Padre il popolo a te consacrato e fa’ che, mortificando il corpo con

l’astinenza, si rinnovi nello spirito con il frutto delle opere buone”. Senza

l’astinenza lo spirito non si rinnova.

In questo momento, tutte le cose che ho detto sono cose che possono essere

presenti, qualcosa più emergente, qualche altra più assonnata, ma nascosta.

La conversione senza questi spunti di abilità diabolica non può essere né

sfilacciata, né distrutta, né bruciata.

Il punto finale dove vuole arrivare satana è questo: non esiste Cristo, non

esiste il Paradiso, l’inferno, quindi non esiste la conversione. É questo

l’ultimo stadio di satana.

Se non preghiamo il Padre Celeste che è il principio della luce - anche Gesù ha

ricevuto la luce da suo Padre - satana ci può imbrogliare molto facilmente.

Non solo ci imbroglia, ma le convinzioni che lui riesce a mettere nella nostra

ragione sono così radicate da sradicare anche quelle convinzioni che vengono

via via proposte nelle varie omelie dai buoni sacerdoti.

Ma voi ve ne accorgete come è abile satana? L’ultimo stadio è questo: “Ma

vedi? Ti sei sforzato di cambiare e non hai trovato niente, ma chissà se

esiste, tutti imbrogli …” e attribuisce a Cristo, alla Chiesa, al Padre spirituale,

alla vocazione, prima c’è la colpa e poi il crollo! Quindi la conversione viene

completamente dalla parte del demonio.

Qual è il momento più difficile nel quale satana vuole distruggere la

conversione in senso radicale? È la fiducia nel padre spirituale; satana è molto

abile: È buono, sì, però non sa, però questo…però qui ha sbagliato….qui non

è colpa sua…ma dà sempre ragione … Tutte queste litanie diaboliche le

conosco molto bene, perché il Signore me le fa conoscere; sono una goccia

cinese per distruggere la figura del padre spirituale.

E qual è la conseguenza? Quando non si ha fiducia nel padre spirituale,

specialmente se è fondatore dell’Istituto religioso, perché è il riferimento del

carisma, della comunità, dell’Istituto, etc. la conseguenza è che perdendo la

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 23

fiducia, non si ubbidisce più, non si usa più la carità. L’ubbidienza ai superiori

è il canale con cui si riceve l’amore di Dio per poter amare il prossimo. La

disubbidienza porta il disordine nella comunità, si distrugge l’Istituto con la

sfiducia nel Padre.

È tutta abilità di satana. Ci sono alcuni che portano dentro dei dubbi: Ma il

carisma, ma è vero Padre Pio ? ma così, ma è colà …. Nonostante tutte le

prove che il Signore vi può dare della verità che lo Spirito Santo fa verificare

nei vostri cuori, satana è capace di eliminare tutte queste convinzioni che

sono profonde nel vostro spirito.

Lui è molto abile. Se non c’è la preghiera e la fuga delle occasioni, se non c’è

l’umiltà, la fede, la speranza e l’amore, non vi illudete: satana vi può

ingannare, ci può ingannare, a cominciare da me!

Mi può ingannare come uomo, non come padre spirituale, attenzione, adesso

non confondiamo.

<<Con il Signore ho fatto il patto che quando la mia anima sarà purificata dalle fiamme

del Purgatorio e sarà degna di entrare in Paradiso, mi metterò sulla porta e non vi entrerò

se prima non avrò visto entrare fino l’ultimo dei miei figli>>.

San Pio

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 24

La sofferenza è un dono (Est 4,17k-u; sal 137; Mt 7, 7-12)

Sia lodato Gesù Cristo.

Se noi vogliamo credere sempre, non si può parlare della fede e del credere in

astratto, ma bisogna riferirla a chi bisogna credere, di chi bisogna aver fede.

Quindi la fede e il credere riguardano Dio. Per poter aver fede in Dio e credere

in Lui, bisogna che noi abbiamo delle convinzioni elementari su Dio.

Qui si incomincia un po’ a ragionare, a cominciare dall’esistenza di Dio.

Le qualità particolari del Signore che si riferiscono alla fede sono tante. Ma le

due qualità del Signore che stabiliscono in maniera salda la fede sono due: Lui

è Padre ed è onnipotente.

Se noi vogliamo andare in fondo in fondo alla sua paternità, dovremmo essere

molto onesti perché Dio è Padre, e il padre è colui che dà la vita, e dà la vita

dell’essere in se stesso, e per l’uomo anche la vita divina.

Quindi è Padre in senso improprio, è Padre di tutti quanti gli esseri esistenti

ed è Padre anche degli esseri viventi che non hanno la sua immagine e

somiglianza; la paternità strettamente detta è riferita alla partecipazione della

vita divina.

Tutto questo può essere razionalmente creduto se noi pensiamo che Dio è

l’essere supremo, che è creatore, onnipotente; quindi la sua paternità ha delle

caratteristiche particolari, cioè dà la vita, dà l’esistenza a tutti quanti gli

esseri.

Questo essere supremo, che San Giovanni dice che è carità, può volere il

male? No. Perché non può volerlo? Perché è sommo bene. Se non si è convinti

di questo non si può andare avanti perché di qui vengono altre conseguenze

essenziali.

È chiaro che ens bonum et verum convertuntur, cioè il bene, l’essere, bonum

ens, è ciò che è vero, ciò che corrisponde alla realtà, convertuntur, cioè ciò che

è buono è vero, ciò che è vero è reale, corrispondono, convertuntur vuol dire

che tutti e tre si confermano a vicenda.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 25

Il bene è l’essere, è ciò che è vero, che corrisponde alla realtà. Che differenza

passa: verum et bonum et ens convertuntur? Ciò che esiste è bene, è vero.

Quindi ciò che non esiste, si chiama male. Dio può volere ciò che non esiste?

No.

Se ens bonum et verum convertuntur, Dio non può volere ciò che non esiste,

non può volere ciò che è falso, ciò che è cattivo. Allora, se noi siamo onesti nel

pensare a queste cose, dobbiamo dire che Dio è Padre, è buono, dice sempre

la verità, Lui come Creatore ha creato tutti quanti gli esseri.

Dio può creare il non essere, il non esistere? No. Sarebbe una contraddizione

per questo Essere supremo creare ciò che non esiste, ciò che non è buono, ciò

che non è vero, perché convertuntur queste tre qualità.

Dunque Dio è Padre, Lui è la carità, è il bene personificato, è la verità, è

l’essere supremo, è la realtà suprema, al di sopra di Lui non c’è nessuno, non è

fatto da nessuno, Lui ha fatto tutti quanti gli esseri.

Allora la prima conclusione è questa: se Dio dice qualche cosa può essere mai

falso? No. Può essere mai cattivo? No. Può essere male? No. Voi avete

risposto a questo, però attenzione. Cos’è la sofferenza? È la privazione di un

bene, dunque la sofferenza è un male perché, ho detto prima, il male è la

privazione di un bene. Se la sofferenza è privazione del bene, è un male.

Dunque la sofferenza Dio non dovrebbe volerla.

Come mai il Signore vuole o permette che noi soffriamo? Perché è stata

redenta.

Che vuol dire sofferenza redenta? La redenzione è dare ad ogni essere quello

che manca, alla sofferenza manca il bene, se la sofferenza è redenta, per la

redenzione ha il bene di cui è priva.

Allora la sofferenza non è più un male, diventa un bene. Addirittura, come

diceva Padre Pio, la sofferenza è un dono. Perché questo? Ciò che è bene è

amore, ciò che invece è sofferenza è dolore. Sono uniti insieme l’amore e il

dolore. Che è successo? Che noi nella sofferenza, se non andiamo da Colui che

può dare il bene di cui è privata la sofferenza, resta soltanto il dolore. Se noi

invece andiamo da Colui che ha redento la sofferenza, cioè ha la capacità di

dare il bene di cui è priva, allora la sofferenza diventa un bene.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 26

Quindi solo la sofferenza associata alla sofferenza di Gesù può avere quello di

cui è priva, cioè il bene. Per sé la sofferenza, essendo dolore, è espiazione.

Domanda fatta a Padre Pio: “Padre, cos’è la sofferenza? Espiazione. Cos’è

l’espiazione? È sofferenza”.

Quindi dove c’è la sofferenza c’è l’espiazione. Però l’espiazione comporta che

sempre sia unita alle sofferenze di Gesù perché soltanto Lui ha redento,

soltanto Lui ha i beni da poter dare alla sofferenza perché divenga un bene.

La sofferenza è dolore, però il bene è amore. Se noi vogliamo avere dei beni,

noi dobbiamo accettare, accogliere dal Signore, anche il dolore, perché non c’è

dolore che venga da Dio, in unione con Cristo che non ci doni i beni.

Quindi, ogni sofferenza è espiazione, espiazione di qualche debolezza. E

comporta certamente di avere, dopo l’espiazione, il dono per cui uno ha

espiato quello che ha fatto.

Non c’è sofferenza senza avere il dono per cui ha espiato con la sofferenza.

La sofferenza praticamente che cos’è? Recupero dei beni perduti. Allora, se

noi vogliamo veramente essere corretti, saggi, dovremmo dire così: la

sofferenza è un dono che Dio ci dà perché noi possiamo recuperare tutto ciò

che abbiamo perduto con le nostre debolezze che vengono espiate dalle

sofferenze. Io con le sofferenze, con l’espiazione, recupero quei beni perduti

per le mie fragilità della vita passata.

La maturità: tu non hai nulla da espiare perché tutte le fragilità le hai espiate

e i beni di cui sei stato privato per le fragilità passate li hai tutti quanti

recuperati, allora la sofferenza che è unita sempre alle sofferenze di Cristo, ti

fa avere dei beni che possano essere serviti al prossimo perché possa

convertirsi e quindi tornare al Signore e salvarsi.

Non esiste la salvezza, né il Salvatore, né i salvati senza la sofferenza. Se il

Salvatore, che è Cristo, per salvarci ha sofferto, è morto e poi risorto, noi

salvati, noi redenti, non possiamo essere diversi da Colui che ci ha salvati.

Dobbiamo anche noi accogliere quelle sofferenze che unite alle sofferenze di

Cristo ci permettono di recuperare quei beni che noi abbiamo perduto per le

debolezze, per i peccati, per i sacrilegi della vita passata.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 27

Rifiutare la sofferenza, non accogliere la sofferenza, è un bene o un male? Un

male, perché così tu rifiuti di avere quel bene che in passato per il peccato ti

era stato privato per la tua malizia.

Se la sofferenza è necessaria per il recupero dei beni, il Signore, in un modo

molto semplice ci fa recuperare i beni. Il dolore dei peccati per avere il bene

comporta il perdono dei peccati. Il pentimento si unisce all’amore se

realmente comporta il dolore di aver offeso Dio e meritato l’inferno, questa è

la condizione per avere il perdono dei peccati. Il dolore e l’amore in un modo

tutto particolare sono nel sacramento della confessione.

Nel battesimo fa tutto il Signore. Il dolore, le sue sofferenze, sono più che

sufficienti, perché sono di valore infinito, per poter purificare chi viene

battezzato; questo è un dono che fa Lui nel battesimo, per cui viene purificato

da tutti i peccati e dai residui dei peccati della sua vita passata se fosse un

adulto a battezzarsi.

Noi dobbiamo avere questa chiarezza circa Dio, il quale è carità, non può

volere il male, dice sempre la verità, per cui bisogna credere in Dio, credere

anche quando Egli ci dà la sofferenza.

La sofferenza che il Signore ci dà, poiché Dio non può volere il male, non può

non essere che un bene; in tanto quella sofferenza è nei nostri riguardi in

quanto per noi è un bene secondo il suo disegno. Soltanto che noi dobbiamo

strumentalizzare il dolore associandolo alle sofferenze di Cristo per avere i

beni che il Signore aveva pensato di darci attraverso il dono della sofferenza

che noi abbiamo associato alle sofferenze di Cristo, che ci ha dato i beni da

recuperare.

Credere in Dio. La più grande difficoltà nel credere in Dio è proprio credere

quando Egli ci fa soffrire. Quando ci fa soffrire? In tante maniere: fisicamente,

psicologicamente, spiritualmente, anche per esempio un’incomprensione, un

ammonimento, un rimprovero, qualcosa che ti lascia amareggiato, qualcosa

che il Signore permette o vuole.

La permissione di Dio non vuol dire che quello che Lui ha permesso sia

assente dal suo intervento. Dio è presente nella volontà esplicita e nella

volontà permissiva. È sempre presente Lui. Per cui il Signore dà tutte le grazie

necessarie anche quando ha permesso, per esempio, che tu abbia una grossa

umiliazione, un’ingiusta umiliazione. Il Signore interviene dando la forza e

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 28

assicurando a questa sofferenza, che tu unisci alla sofferenza di Cristo, dei

beni superiori a quelli che tu possa immaginare, perché tu hai sofferto

ingiustamente. Il dolore non aveva da espiare nulla nei tuoi riguardi, per cui il

dolore unito all’amore ha moltiplicato, ha raddoppiato la ricompensa da parte

di Dio, purché quella sofferenza sia accolta dalle mani del Signore e sia

associata alle sofferenze di Cristo dal quale ci viene donato il bene da

recuperare o per noi o per gli altri.

Se le cose stanno così, tu devi credere sempre in Dio, perché il fastidio

maggiore che tu puoi avere è o perché Dio permette una sofferenza, e la vuole

perché tu possa recuperare dei beni mediante questa accoglienza della

sofferenza unita alla sofferenze di Cristo, oppure - attenzione a questo punto

perché è il più delicato - il Signore può permettere che tu ti trovi a fare un

confronto tra la sofferenza che recupera e il piacere delle cose del mondo che

ti fanno invece perdere.

Tu credi a questo o no? Tu credi che Dio dice la verità, credi che Cristo è Dio e

dice la verità? “Il mondo ha odiato me e odierà pure voi” (Gv 15,18); l’odio è

volere il male. Ora, se tu, poiché il mondo amministra in maniera spudorata,

sfacciata, il piacere dei beni di questo mondo, della carne, del proprio io, ecc.,

se tu credi a Cristo il quale dice che il mondo ti odia, credi? E se il mondo ti

odia, lo sai che non ti vuole bene? E lo sai che le maniere con cui il mondo ti

odia, per cui non ti vuole bene, sono appunto l’attaccamento ai beni di questo

mondo, ai piaceri della carne e al tuo io? Qui scatta la fede.

A chi devi credere: a un mondo che ti propone il piacere o a Dio che ti

propone la sofferenza per espiare, per avere i beni, addirittura per recuperare

anche l’innocenza?

Tu credi al mondo quando rubando, facendo cose brutte, sporche, o con la

presunzione o con la vanità, pensi quello che Satana suggerisce, cioè che tutto

questo per te è un bene; dimentichi che Gesù ha detto che il mondo ti odia,

per cui segui le concupiscenze del mondo, tu non dai retta alle parole del

Signore quasi che siano false.

Non credendo a Cristo, credendo al mondo, che succede? Se la sofferenza ti

procura i beni perduti perché associata alle sofferenze di Cristo, il piacere

associato al mondo, associato a Satana, ti fa perdere i beni di Dio, aumenta la

perdita dei beni. Tu credi a questo? È questo il problema.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 29

Quand’è il momento clou della fede? Quando c’è il confronto tra quello che

dice Dio e quello che dice il mondo, quello che dicono gli amici, le amiche,

presenti o passati, che ti propongono ciò che suggerisce il mondo che ti odia,

questo l’ha detto Cristo.

Tu credi a Cristo o credi al mondo? Credi al piacere per cui poi non credi alle

sofferenze del Signore e rimani nel credere che sono un male da evitare? Non

credi che la sofferenza è un bene in quanto ti fa recuperare, associata alle

sofferenze di Cristo, tutti i beni perduti della vita passata? Ti fa recuperare

anche l’innocenza.

Quindi questo essere supremo, ad un certo punto viene messo a confronto con

il mondo. E poiché il mondo parla attraverso le concupiscenze che sono la

bocca di Satana, attraverso di queste ti induce al piacere, ai beni di questo

mondo, della carne, o al proprio io. A chi credi: al piacere o alla sofferenza? La

sofferenza è un male e il piacere è un bene. Ecco, hai confuso le cose.

Confondendo le cose, confondi anche a chi devi credere. Credi più al mondo

che non a Cristo, il quale per salvarti, per attuare la redenzione ti propone,

come nel battesimo, la rinuncia a Satana, la rinuncia al mondo, la rinuncia

alle opere cattive, e ti propone di credere in Dio Padre, nel Figlio, nello Spirito

Santo e nella Chiesa.

Quindi vedete come il meccanismo della fede viene abilmente travisato da

Satana, e tu ci cadi non una volta, ma tante volte. Satana è molto abile. La

presunzione: ma in fondo in fondo come si fa a vivere così? Ma che c’è di

male, ma in fondo in fondo, ma poi…

Il cammino di Satana è questo: tu seguendo la via del Vangelo, il discepolato

di Cristo, devi rinunciare e portare la croce, devi soffrire, devi soffrire. Satana

così ti fa vedere la sofferenza in un modo sbagliato, non come un dono con il

quale si recupera tutto per la vita eterna. Allora comincia a confonderti: la

presunzione, l’imprudenza, ti fa rientrare di nuovo nelle occasioni, nel

mondo, guardi, pensi, incontri anche ciò che in passato hai rifiutato. Torni

come un cane al vomito. E con molta abilità Satana è capace di farti tornare al

vomito delle cose più luride, più squallide, più sporche della vita passata con

un’abilità tale da farti credere che questo: è giusto, che questo è un bene per

me; mica posso perdere la testa sempre a soffrire per recuperare? Ma che

devo recuperare?

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 30

In questa maniera Satana, non ve ne accorgete, distrugge tutta quanta la

nostra religione. Distrugge completamente Dio, l’inferno, il Paradiso, la

salvezza delle anime. Distrugge tutto mediante l’odio del mondo.

Non esiste un piccolo atto di fede per il quale Dio non dia la forza; non esiste

una tentazione, un insulto del mondo e del nostro io per quale Dio non dia la

forza a superare il male e a fare il bene, perché è un Padre buono.

“Possibile che un padre di questo mondo al posto del pane dia una pietra e se

chiedi un pesce ti dia una serpe?” (cfr Lc 11,11) “Chiedete, cercate, bussate e vi

sarà dato” (cfr Lc 11,9).

<<Quando si comincia bene una giornata con la preghiera, la si finisce bene>>.

San Pio

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 31

La mortificazione corporale nella vita spirituale

(Ez 18, 21-28 Salmo 129 Mt 5, 20-26)

Sia lodato Gesù Cristo

Vorrei dire un piccolo pensiero sulla prima preghiera della messa: Concedi,

Signore, alla tua Chiesa di prepararsi interiormente alla celebrazione della

Pasqua, perché il costante impegno nella mortificazione corporale porti a tutti

noi un vero rinnovamento dello spirito.

La mortificazione corporale e il rinnovamento dello spirito. Questo è l’oggetto

della preghiera al Padre Celeste.

Cosa è la mortificazione? La morte è separazione dell’anima dal corpo, per cui

si usa questa parola mortificazione corporale per indicare la separazione dal

corpo di tutto ciò che non fa bene allo spirito. La mortificazione è un atto della

volontà, un proposito buono a separarsi da una debolezza corporale, vedere

cose immorali, memoria, fantasia, affetti, sensi, udito, gusto, vista, tatto.

C’è una differenza: altro è il fioretto, altra è la mortificazione, altra è

l’astinenza, altro è la penitenza.

La mortificazione è una separazione, è un atto della volontà con cui vogliamo

separarci, quindi una rinunzia radicale. La separazione non deve avere nulla

in comune con le debolezze degli sguardi, dell’udito, delle parole, dei

sentimenti, degli affetti.

Questa è la mortificazione corporale perché possa portare frutti di

rinnovamento spirituale.

Noi abbiamo l’anima e il corpo, la vita del corpo è data dall’anima, per cui

tutto ciò che il corpo fa o rinunzia, parte sempre dall’anima, cioè dalla volontà

e dalla intelligenza, per cui la mortificazione parte sempre dalla mente e dalla

volontà.

Mente e volontà sono spirito, però questo collegamento del corpo e dello

spirito che è unità sostanziale nell’uomo, porta a questo: io mortificandomi

nella mente dove c’è la conversione vera e propria, metto tutto ciò che

riguarda la vita corporale al giusto posto; così viceversa, io mortifico il corpo

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 32

quando tutto ciò che è vecchio e non è buono lo tolgo, e ciò che è nuovo lo

metto.

Non è possibile che tu ti mortifichi corporalmente se non c’è prima una

convinzione nella mente; perché la convinzione possa essere tradotta nei fatti,

è necessario che passi nella volontà la quale deve volere.

Qual è la differenza tra la mente e la volontà?

La differenza è questa. Supponete: io conosco che questo è un piccolo vaso,

questa è la conoscenza, con la volontà io la devo amare. Per amare devo

conoscere l’utilità di questo vaso. La conoscenza deve produrre, perché la

volontà possa amare ciò che è conosciuto, l’utilità, il bisogno, la necessità di

questo oggetto.

La mentalità può muovere la volontà per amare ciò che è stato conosciuto

dalla mente, quando viene conosciuta dalla volontà l’utilità, la necessità, la

nobiltà di questo oggetto.

Dopo aver conosciuto l’oggetto, e dopo aver conosciuto la necessità e l’utilità

che può produrre nei miei riguardi, la mia volontà tende a volere e ad amare

questo oggetto, allora io devo comperare questo oggetto.

Come si comperano le cose spirituali? Non hai i soldi per comprare le realtà

soprannaturali, per cui devi pregare.

La convinzione della conoscenza non è altro che la conoscenza globale

dell’utilità e necessità di questo oggetto, per cui la volontà scatta ad amare

questo oggetto, e se ama fa tutti i sacrifici per poter acquistare l’oggetto.

È impagabile sia la conoscenza, sia l’utilità di questo oggetto, sia l’amore della

volontà, la compera di questo oggetto che è una realtà soprannaturale, viene

dalla bontà di Dio, per cui quello che tu devi avere è un dono di Dio che non si

può comperare.

L’unica maniera con cui tu puoi acquistare di fatto questa realtà

soprannaturale che è impagabile, è pregare.

Conoscere, essere convinto della necessità, amare questo oggetto, volerlo,

pregare il Signore che mi faccia dono, sono appunto tutte le componenti di

questa preghiera.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 33

È chiaro che per avere il rinnovamento dello spirito, perché lo spirito si metta

a nuovo, è necessario che tolga le cose vecchie, che mi separi dalle cose

vecchie; e la separazione dall’uomo vecchio è appunto questa mortificazione

corporale che noi non possiamo fare da soli, perché l’uomo vecchio non è

altro che la presenza del maligno, del mondo, del tuo io, per cui è necessario

che io preghi il Signore a mortificarmi perché conosca l’utilità di questa

rinunzia a favore del mio spirito, e perché possa rinnovarmi e pregare il

Signore perché possa realizzare questo rinnovamento dello spirito.

<<Grazie ai favori di cui Dio mi ricolma sempre, mi trovo molto migliorato nella fiducia il

lui>>.

San Pio

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 34

Dobbiamo amare i nemici come Dio ha amato

noi peccatori

(Dt 26, 16 – 19; Sal 118; Mt 5, 43 – 48)

Sia lodato Gesù Cristo.

Il Vangelo sottolinea l’ampiezza dell’amore di un buon cristiano; penso che

voi abbiate notato che in tutte le preghiere iniziali sempre si invoca la

misericordia del Signore, sempre. Fate la prova per vedere in appresso. O Dio,

Padre di eterna misericordia, - è importante questo.

Perché l’eterna misericordia? Noi in Cielo usufruiremo sempre della

misericordia del Signore - fa, che si convertano a te i nostri cuori. Questo è il

punto importante: si convertano a te i nostri cuori, perché nella ricerca

dell’unico bene necessario e nelle opere di carità fraterna, siamo sempre

consacrati alla tua lode.

Tre cose: i cuori, l’unico bene necessario e la carità fraterna. Cosa è il cuore?

Comunemente il cuore è la sede dell’amore; perché il cuore è la sede

dell’amore? Perché l’amore è dono e nella concezione biblica la vita è il dono

più grande, il sangue è il simbolo per eccellenza della vita. Poiché il cuore

pompa il sangue e dona la vita, che è il dono più grande e l’amore è dare il

dono, il cuore poiché dona il sangue, dona la vita, dona l’amore. Per questo il

cuore è considerato la sede dell’amore, sede perché dal cuore parte questa

effusione del sangue in tutto l’organismo.

Adesso andiamo nel più concreto. Sì, è vero, il cuore è la sede dell’amore, però

attenti bene che noi dobbiamo amare. Fondamentalmente la nostra religione

è fatta così: amare Dio e il prossimo; però l’amore più grande è verso il

Signore, per cui il nostro cuore deve essere veramente integrale nell’amore, e

amare Dio come unico nostro bene necessario. Quindi non bisogna anteporre

nulla all’amore di Dio, al di sopra di Dio. No, dobbiamo ritenere che il Signore

è l’unico bene necessario che noi dobbiamo amare.

Questo è il primo oggetto dell’amore del nostro cuore: che preghiamo il

Signore di rendere veramente efficiente il cuore. L’altro amore è la carità

fraterna: dona Signore questa forza, perché possiamo esercitare sempre la

carità fraterna, prima l’amore dona ai nostri cuori una forza straordinaria

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 35

perché possiamo amare Dio come unico bene necessario, e poi amare i nostri

fratelli e sorelle, nella carità fraterna a gloria del Signore.

Ecco qui, il cuore, l’amore, Dio e il prossimo. Questa è l’impostazione della

prima preghiera, però nel Vangelo c’è qualcosa di particolare, cioè amare i

nemici. Allora l’amore ai nemici ha un insieme di virtù.

La prima virtù è questa: accogliere con pazienza le avversità, le contrarietà, le

ostilità forse anche le offese, forse anche qualcosa di peggio, le calunnie.

Quindi la prima virtù che scatta verso i nemici è la pazienza nell’accogliere il

male; però al male bisogna rispondere col bene e, quindi, il nemico ha

bisogno della nostra pazienza, ma nello stesso tempo il perdono. Sono i due

elementi fondamentali, però qual è più grande? La pazienza o il perdono? È

più grande il perdono, perché la pazienza è accogliere il male per amore del

Signore, il perdono è dare il bene.

Quindi, noi vogliamo amare in maniera integrale, così come noi abbiamo

chiesto nella preghiera. Non si inserirebbe bene questa eterna misericordia se

noi guardiamo soltanto al cuore, all’amore, a Dio come unico bene necessario;

così la misericordia non si vede chiaramente, ma si vede molto più

chiaramente nel Vangelo perché noi dobbiamo amare, esercitare la

misericordia verso i nostri nemici.

La prima cosa è questa: per amore di Gesù saper accogliere con pazienza il

male che si riceve di qualsiasi tipo, e rispondere al male col bene; però non è

completo così l’amore ai nemici, perché il perdono è il più grande amore, è il

più grande dono, è il dono perfetto per – dono, dono perfetto.

La pazienza e il perdono si riferiscono all’offesa; la pazienza riceve l’offesa, il

perdono si riferisce all’offesa, però è sempre in chiave direi passiva. Sì, anche

lo stesso perdono, che tu dai al prossimo, si riferisce sempre all’offesa che lui

ti ha arrecato. Il dono che dai è sempre un fatto molto attivo, per sé il perdono

si riferisce all’offesa, il perdono, per essere integrale, deve dare al prossimo

quello che gli è mancato purtroppo per non offendere, per fare del male.

Dobbiamo pregare per il prossimo perché possa ravvedersi del male fatto e

possa riconciliarsi così con te, con voi.

Il perdono ha questi movimenti: l’accoglienza con pazienza dell’avversità; se

escludete la preghiera perché si ravveda e possa così riconciliarsi, voi avete

fatto un perdono a metà. Il vero perdono non è soltanto togliere l’offesa,

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 36

perdonare l’offesa, ma il vero perdono integrale è quello di mettersi di nuovo

in comunione con te, che noi chiamiamo riconciliazione. Difatti nella

confessione tu, ricevi l’assoluzione, il perdono dei peccati, non è che il Signore

ti perdona soltanto i peccati, ma con il perdono dei peccati tu ti rimetti di

nuovo in comunione con Lui, ti riconcili con Lui.

Questa riconciliazione ti dà tanta gioia, per cui una confessione fatta bene non

può mai non essere investita dalla gioia, perché viene di nuovo il Signore

dentro di te, perché è il Dio della gioia e ti investe con la gioia.

Adesso la domanda: se noi non facciamo così come dice Gesù, Gesù dice che

noi saremmo come i pagani. Perché? Cosa manca ai pagani riguardo ai

nemici? Cosa manca ai pagani a fronte dei cristiani, riguardo ai nemici? Solo

il perdono? Ho detto già il perdono, la pazienza, la preghiera, la

riconciliazione. Non hanno questa mentalità i pagani perché il pagano: occhio

per occhio, dente per dente, odia i nemici.

L’odio vuol dire non amore e, se tu vuoi amare i nemici, devi fare questo

percorso che ho detto, ma non fermarlo a metà: avere pazienza e perdonare le

offese, stop. No, se non c’è la comunione fraterna - come dice la prima

preghiera - per la quale si prega il Signore che venga data a noi la forza, noi

non siamo veramente misericordiosi, non esercitiamo la misericordia. La

misericordia non consiste soltanto nel perdono dell’offesa, ma la

misericordia, il perdono consiste nella piena riconciliazione con il prossimo,

considerandolo fratello, quindi riconciliandoci con lui.

Ai pagani cosa manca? L’amore, ma l’amore è una parola astratta, manca

anzitutto l’accoglienza, la pazienza, occhio per occhio dente per dente. Salta la

pazienza e, saltando la pazienza, non c’è il perdono. Se c’è l’odio ai nemici,

non c’è il perdono. Non solo, ma il nemico si vuole eliminare e si esclude la

possibilità della riconciliazione, della comunione con i nemici. Si eliminano i

nemici.

La nostra religione cristiana si distingue principalmente nell’amore ai nemici.

I nemici nostri li possiamo trovare dovunque: in famiglia, nella comunità, nel

posto di lavoro, nella società, dovunque. Noi dobbiamo avere l’allenamento

della misericordia e a perdonare; i nemici sono tanti perché siamo tutti quanti

peccatori, il peccatore è colui il quale manca contro Dio e contro il prossimo.

Questo è il peccatore.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 37

Tutti siamo peccatori, tutti possiamo mancare reciprocamente, la

misericordia deve essere continua, la prima preghiera dice eterna, quindi non

una volta sì e una no. Questo può capitare ai preti, alle anime consacrate, alla

gente che frequenta la chiesa. Simon Pietro chiese: «quante volte bisogna

perdonare? Sette volte?», «No» disse Gesù, «settanta volte sette» (Mt 18, 21

– 22). Voi sapete che nella Scrittura 666 è la massima imperfezione, cioè

Lucifero, mentre 777 è la massima perfezione. Quindi Dio è settanta volte

sette, che vuol dire sempre. La perfezione è sempre.

Siamo nell’anno della misericordia, non esiste assolutamente un giorno in cui

noi non dobbiamo trovarci dinanzi a delle situazioni che sono di disagio per

noi: contrarietà, modo di vedere, di fare, di parlare, bene che non riceviamo,

male che dobbiamo subire. Noi ci troviamo davanti a tutte queste cose

continuamente, noi ci troviamo in questo esercizio necessario della

misericordia verso il prossimo, perché la misericordia è la sintesi dell’amore,

del cuore dell’amore a Dio, unico bene necessario, e dell’amore al prossimo,

verso il quale dobbiamo esercitare la carità fraterna, tutto a lode del Signore,

ad maiorem Dei gloria.

Vi devo spiegare un fatto naturale. Il sangue, che è figura della vita, è

diffuso in tutto il nostro corpo e porta appunto la vitalità. La vitalità

dell’amore di Dio sono le opere buone. Se non ci sono le opere buone, vuol

dire che il cuore, cioè l’amore di Cristo, non effonde la sua vitalità, quindi se

non ci sono opere buone non c’è vitalità, non c’è l’amore di Dio.

Preghiamo il Padre celeste nell’essere più operosi nell’amore a Dio,

considerando il Signore l’unico bene necessario, e amando, come dice

appunto la prima preghiera, con le opere buone per esercitare la carità

fraterna a gloria di Dio.

<< … chi prega si salva. Chi non prega si danna. Chi prega poco è in pericolo>>.

San Pio

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 38

L’Ascolto (Gn 15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9,28b-36)

Sia lodato Gesù Cristo.

La liturgia della Parola di questa domenica di quaresima rivela una umanità

sorprendente perché, ve lo dico subito; se io per esempio dicessi a quelle

donne, a queste ragazze: per andare a Taranto devi andare giù per via Lecce,

via Roma e poi proseguire sempre, però avessi al tempo stesso un cd - spero

di aver detto bene - per cui faccio vedere Taranto; avendo visto Taranto in cd,

tutte le immagini, questi fotogrammi, questa sequenza, loro credono

veramente a quello che ho detto, per andare a Taranto.

Nella prima lettura avete sentito quello che addirittura il Signore aveva

promesso ad Abramo con il quale ha fatto un’alleanza particolare, dicendo

appunto che da te nascerà colui nel quale saranno benedette tutte le genti

della terra, Abramo non vide nulla; lui lasciò la sua patria e andò laddove il

Signore gli indicava.

Gesù dice: Abramo vide il Messia e si rallegrò molto. Questo lo disse agli

scribi e farisei mentre diceva appunto la sua identità di essere il figlio di Dio.

Voi sapete che sul monte, che comunemente noi chiamiamo, il Tabor, Gesù

fece vedere a Pietro, Giacomo e Giovanni in anticipo la gloria che sarebbe

spettata a noi se camminiamo nella via dei comandamenti di Mosè, nella via

che ci hanno indicato i Profeti, ma in modo particolare che ci ha indicato

Gesù.

Noi quindi abbiamo avuto il comando di camminare per questa strada per

raggiungere la visione beatifica di Gesù in Cielo. Gesù sul monte si è fatto

vedere folgorante come il sole, bello, meraviglioso con la veste candida e a

fianco a Lui c’era Mosè ed Elia. Pietro Giacomo e Giovanni, addirittura furono

avvolti in una nube dalla quale venne fuori una voce poderosa, quella del

Padre Celeste: «questi è il mio Figlio diletto, il mio Figlio amato in cui mi

sono compiaciuto. Ascoltatelo» (Lc 9, 35).

Il tema fondamentale della prima, della seconda e della terza lettura è questo:

ascoltate Gesù e certamente voi non sarete delusi. Sul monte Tabor ci ha fatto

vedere il traguardo che noi raggiungeremo se cammineremo ascoltando la

Parola di Gesù, e camminando per la strada buona, cioè per la sua strada in

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 39

Cristo, che è «la Via, la Verità e la Vita» (Gv 14,6). Ci ha fatto vedere il

traguardo bello come il sole, folgorante, luminoso, con le vesti candide,

meravigliose. Non solo, ma addirittura il Padre Celeste che ha avvolto in una

nube Pietro, Giacomo e Giovanni, ha fatto sentire la sua voce: ascoltatelo;

infatti: chi ascolta mio Figlio come io mi compiaccio di mio Figlio così avrò

compiacimento di coloro che ascoltano mio Figlio, e cammineranno per la sua

strada. Certamente il traguardo esiste e sarà raggiunto, però è soltanto per

quelli che sono fedeli camminando nella via del Signore, cioè secondo il

Vangelo, secondo la legge Mosè e i profeti Elia.

Il tema fondamentale è ascoltatelo, cioè bisogna camminare per la strada del

Vangelo, certamente il traguardo c’è, Gesù lo ha fatto vedere, anzi ha voluto

raccomandarlo a noi; infatti ha detto di non dire nulla a nessuno, se non dopo

la mia risurrezione. Quindi il traguardo noi lo vedremo dopo che avremo

percorso la strada.

Qual è la strada che Gesù ha percorso? è la via della Croce. Dobbiamo

percorrere anche noi, la via della croce, per questo Gesù ha dato ad ognuno

questo compito di rinunziare a satana, al mondo, all’io, portando la croce che

Gesù ci ha affidato, una croce personale; tutte le difficoltà quotidiane che noi

incontriamo in famiglia, nella scuola, nel posto di lavoro, nel negozio,

dovunque ci troviamo con la gente. Dobbiamo superare tutto per amore di

Gesù.

Questa è la croce: superare queste difficoltà pregando, vigilando con fede viva,

con amore saldo nel Signore.

Due schemi fondamentali: ascoltate Gesù, camminate per la sua via, il

traguardo è certo. Non preoccupatevi se avrete prove durante il cammino

perché come Gesù, come Cristo, anche i cristiani possono raggiungere questo

traguardo di gloria che Gesù ha fatto vedere in visione a Pietro, a Giacomo, a

Giovanni cioè alla chiesa primitiva; così avverrà di tutti quanti coloro i quali,

battezzati, credenti, seguiranno la via del Signore e certamente avranno come

dono dal Signore la visione beatifica in cui godranno la visione del Padre

Celeste, del Figlio di Dio, dello Spirito Santo, della Madonna, dei santi del

cielo.

«ascoltatelo» (Lc 9, 35). La via è questa, il traguardo è sicuro. La strada non è

sempre piana, c’è la discesa, la salita, ci sono le difficoltà. Il tuo cammino deve

essere più sicuro pregando, vigilando, mettendo in pratica la parola del

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 40

Signore, ma principalmente amandoci reciprocamente gli uni gli altri, per

incoraggiarci insieme a camminare per questa strada meravigliosa, che ci farà

incontrare Gesù nella gloria del Paradiso.

Noi siamo nella seconda settimana di quaresima. Stiamo camminando verso

la gloria della risurrezione. Dobbiamo pregare, fare un po’ di penitenza

secondo le disposizioni della Chiesa, anche l’astinenza dalle carni il venerdì;

durante il cammino dobbiamo cercare di purificare lo spirito anche attraverso

le mortificazioni del corpo.

Dobbiamo essere saldi nella fede, nella speranza, nell’amore e dobbiamo

essere certi che Gesù è risorto e che in Lui risorgeremo anche noi. Adesso è un

cammino di penitenza per una conversione profonda; non dobbiamo dubitare

per niente, questo cammino ci condurrà a una purificazione dello spirito, per

sentirci più liberi, più belli, più buoni, più santi, più sorridenti, più gioiosi.

Teniamo presente quello che vi ho detto nell’omelia. Camminiamo nella

quaresima, camminiamo per questa via un po’ difficile di penitenza e di

preghiera; ciò che deve veramente animare il nostro cuore e il nostro spirito è

la certezza che noi alla pasqua di risurrezione, insieme con Gesù e in Gesù,

risorgeremo anche noi. Questo è il grande dono che oggi la Chiesa ci fa

mediante la liturgia della parola.

O Signore, ascolta questo popolo buono che è in cammino verso la

Pasqua, che prega, vigila, fa penitenza cioè rinunzia alle cose del mondo, al

proprio io, alle tentazioni di satana; è saldo nella fede nella speranza e

nell’amore per raggiungere il traguardo della risurrezione della Pasqua per

sentire lo spirito veramente rinnovato nella gioia della risurrezione del

Signore.

Vorrei anche dirvi che voi siete fortunati perché ascoltate queste buone parole

del Signore attraverso il sacerdote, ma quanta gente, forse familiari, forse

amici, tanta gente questo cammino non lo fa, perché non credono alla Pasqua

di risurrezione. Preghiamo anche per loro perché, camminando, in ogni

difficoltà che incontreremo, diremo al Signore: Gesù questo per la

conversione dei fratelli, Gesù questo per la conversione dei fratelli.

Sì, o Padre, tu hai detto: questo è il mio Figlio diletto nel quale mi sono

compiaciuto. Ascoltatelo. Noi abbiamo ascoltato, abbiamo imparato la

preghiera che egli ci ha insegnato da rivolgere a te. Padre santo, aiutaci ad

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 41

ascoltare giorno dopo giorno sempre la tua Parola che ci viene comunicata dal

tuo amato figlio. Noi vogliamo camminare per la via del Vangelo per

raggiungere così la gloria della risurrezione in tuo figlio.

<<Quanta consolazione deve infondere in un cuore il sapere di possedere, quasi con

certezza, Gesù>>.

San Pio

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 42

La Cattedra di San Pietro apostolo

(1Pt 5,1-4; Sal 22; Mt 16,13-19)

Sia lodato Gesù Cristo.

Quello che sto per dirvi è molto importante e lo verificherete anche voi.

Oggi è la festa della cattedra di San Pietro. La cattedra è una sedia più

alta dove si siede il maestro che deve insegnare. Questa cattedra di San Pietro,

poiché l’unico maestro è Cristo, il Signore l’ha affidata al suo vicario, cioè a

Pietro, e ai suoi successori.

E che cosa bisogna insegnare? Bisogna insegnare la fede e la morale. La fede è

ciò che bisogna credere, la morale è ciò che bisogna fare per potersi salvare.

Andiamo in fondo a queste affermazioni. Perché Pietro possa insegnare è

necessario che conosca bene ciò che deve insegnare. Noi abbiamo in san

Pietro un esempio completo, cioè il non essere stato un buon discepolo ed

essere stato elevato ad essere un buon maestro.

Andiamo un po’ per gradi. Non è stato un buon discepolo perché ha rinnegato

il Signore per tre volte, ma è stato un buon maestro perché anzitutto ha

conosciuto Gesù mediante l’intervento del Padre Celeste: “Non la carne e il

sangue ti hanno rivelato chi sono, ma il Padre mio che è nei Cieli” (Mt 16, 17).

Pietro ha dato la prima professione a Gesù quando ha detto “Tu sei il Cristo, il

Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16). Però: “Non la carne e il sangue te l’ha

detto ma mio Padre ti ha rivelato chi sono io” (cfr. Mt 16, 17). D’altra parte

Gesù aveva detto che nessuno conosce il Padre se non il Figlio e nessuno

conosce il Figlio se non mediante il Padre (cfr. Mt 11, 27). Gesù si fa conoscere

per volontà del Padre, ma è Lui stesso che col Padre si fa conoscere.

Pietro ha riconosciuto che Gesù ha due elementi essenziali: “Tu sei il Cristo, il

Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16). Sono due affermazioni indivisibili. Gesù è

il Cristo, Colui che deve essere rifiutato, soffrire molto, morire e poi risorgere

– è la definizione che Gesù ha dato del Cristo - e il Figlio di Dio.

Gesù, avendo assunto i peccati del mondo, li ha espiati mediante la sua

passione, morte e risurrezione. Come voi sapete, i peccati non possono essere

perdonati se non da Dio, per cui è necessario che Cristo sia Dio. Secondo la

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 43

volontà del Padre, Dio da solo non può salvarci. Secondo il disegno della

sapienza divina è necessario che si faccia uomo. Ma l’uomo non può salvare se

non è anche Dio. I peccati possono essere perdonati - specialmente se si tratta

di tutti quanti i peccati del mondo - se non mediante i meriti infiniti che può

acquistare soltanto una persona divina. Ecco la professione di fede. Lui,

maestro della fede.

C’è un fatto particolare. La professione di fede, da parte di Pietro, è stata in un

certo senso confermata dallo stesso Pietro. Gesù voleva che Pietro recuperasse

la fragilità di non essere un buon discepolo: “Mi ami tu?” “Sì, ti amo Signore”

“Mi ami?” (cfr. Gv 21, 15-17). L’amore, l’amore a Gesù è fede, perché “Se tu mi

ami osservi la mia parola” (Gv 14, 23). Non ho osservato la parola, non l’ho

amato, e non lo ho amato perché non ho ubbidito. L’ubbidienza alla parola di

Dio è professione di fede, perché la parola di Dio è fede. La fede è credere in

Dio e in quello che Egli dice.

“Mi ami tu?” (Gv 21, 15). È meraviglioso questo discorso. Sembra preso alla

lontana e invece va al cuore del discorso.

Ha rinnegato, rinnega la parola di Dio e quindi rinnega la fede colui che

doveva poi essere maestro della fede. Però il Signore non dice: “Perché mi hai

disubbidito?” Vedete com’è meraviglioso? Per questo è incantevole il Vangelo,

è proprio un incanto, la psicologia, la maniera con cui il Signore sa prendere

Pietro.

Gesù voleva andare in fondo. Perché Pietro si ricordasse del rinnegamento,

per tre volte il Signore ha domandato: “Mi ami tu?” Però alla terza domanda

Simon Pietro rispose: “Tu lo sai Signore” (cfr. Gv 21, 17). Ha trasferito la

propria conoscenza nella conoscenza del Signore. “Sì, io ti amo”. É una

conoscenza molto limitata quella che ha Pietro del suo amore verso Gesù,

però Pietro ha avvertito la sua impotenza, incapacità, debolezza, fragilità.

Pensate a quando là, sul lago, dimostrò ancora la debolezza della fede.

“Allontanati da me che sono un povero peccatore” (Lc 5, 8). Questo maestro

della fede che rinnega Gesù, riconosce: “Allontanati da me che sono un

povero peccatore” (ib.). Maestro della fede e della morale.

Tutti questi comportamenti di Pietro sono sotto un certo aspetto,

sorprendenti a fronte della cattedra che il Signore gli ha affidato per insegnare

in modo universale la fede e la morale per la salvezza. E Gesù poi chiede: “Che

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 44

pensa la gente, chi pensate voi che io sia?” (Mt 16, 13. 15). Gesù vuole che gli

Apostoli si rendano conto chi è Lui.

Anche qui ci sarebbe un discorso meraviglioso. Noi conosciamo il Signore?

Come dice san Giovanni: “Non conosce il Signore, è bugiardo chi dice di

conoscere il Signore e non mette in pratica la sua parola” (cfr. 1 Gv 2, 4).

Dunque, San Pietro, rinnegando il Signore, non avrebbe questa disponibilità a

riconoscere il Signore se non fosse intervenuto il Padre Celeste a rivelare a lui:

“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Che intreccio!

Il Vangelo ci presenta le note della scala diatonica tra Pietro e Gesù: tutti i

momenti di particolare discepolato, poi addirittura anche del magistero.

Ecco, questo è il punto. Voi insegnate perché mi conoscete, perché io vi

comunico le verità che dovete insegnare, predicare. Io vi comunico come

bisogna comportarsi, come bisogna credere, cosa bisogna credere, come

bisogna comportarsi.

La verità è il fondamento di tutta la nostra religione, e la verità è l’oggetto

proprio della fede. “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”

(Mt 16, 18).

Cos’è la Chiesa? É una convocazione sacra. E come si convoca la gente?

Mediante la parola di Dio. La parola di Dio che contiene il kerigma, è la parola

di verità. È la verità che convoca gli uomini e le donne perché possano essere

riuniti in questa convocazione sacra.

La cattedra, la verità, la fede, la Chiesa sono dei riferimenti così grandi, così

importanti che avrebbero bisogno di una spiegazione molto, molto

approfondita. La fede, la cattedra, la verità, la convocazione sacra, la Chiesa,

mamma mia!

“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa” (ib.). Su questa

pietra così fragile, così debole, umana, Gesù ha fondato la sua Chiesa che

durerà nei secoli, le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. Non

solo, ma ha tanta fiducia il Signore di Pietro, al quale ha comunicato dei doni

particolari.

Nel 1854 finalmente fu definita l’infallibilità del Papa nella fede e nella

morale. Su questa pietra, sulla verità della fede, quella fede che lui da povero

peccatore non ha saputo professare in momenti difficili.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 45

E c’è un altro confronto. Il Padre Celeste l’ha rivelato: “Tu sei il Cristo, il

Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16) ma Pietro, nonostante sapesse tutto, non è

riuscito a professare: “Non lo conosco” (Lc 22, 57). Mamma mia.

Sì, sono tante le riflessioni che mi vengono nella mente, ma più che nella

mente, nel cuore. Gesù ha affidato a Pietro: “Io fonderò la mia Chiesa” (Mt

16, 18). Qual è il fondamento? È Cristo: Via, Verità e Vita. Via, Verità e Vita.

Ma Lui è maestro della fede, è maestro della morale, che è conseguenza della

fede. Lui che ha rinnegato la Verità – “Non lo conosco” (Lc 22, 57) – poi

diventa fondamento della Chiesa. Il fondamento della Chiesa è la fede, cioè la

verità, per cui si riconosce che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente.

Vedete un po’ che tessitura in questo Vangelo! Dovete riflettere bene. Pietro

debole, fragile, peccatore, che ha rinnegato il Signore, si sente dire: Qui

fonderò la mia Chiesa. E la mia Chiesa non sarà vinta da satana, e “le porte

dell’inferno non prevarranno contro di essa” (cfr. Mt 16, 18). Si vede che

questa pietra che è Pietro è una partecipazione della potenza infinita di Cristo,

che sorregge la Chiesa in tutti i momenti della storia universale. Ma non solo,

non solo.

Pietro, la Chiesa. Pietro non soltanto è fondamento della fede, ma lui

addirittura ha ricevuto le chiavi del regno dei Cieli: “Quello che tu legherai e

scioglierai sulla terra sarà legato e sciolto nei Cieli” (Mt 16, 19).

Pietra, la Chiesa, la fede, la verità, fondamento della Chiesa, questa

convocazione sacra, dà le chiavi del regno dei Cieli. E in questo dar le chiavi,

aprire e chiudere, si vede in filigrana l’infallibilità del Papa, perché lui ha le

chiavi della verità della fede e della morale. La chiave che apre e chiude, vuol

dire che c’è l’infallibilità, un’assistenza particolare.

Gesù, Pietro, la Chiesa, le porte degli inferi, il potere particolare, la chiave, il

Regno dei Cieli, l’infallibilità del Papa. La Chiesa non potrà essere distrutta

dal maligno. Le chiavi del regno dei Cieli: terra e Cielo, tutto quanto, ha

affidato questo potere di infallibilità al papa.

Tutte queste cose sono molto interessanti, belle, non vi nascondo che danno

al mio animo, al mio cuore una gioia immensa. Sapete perché? A parte che mi

chiamo Pietro, ma perché Pietro, tra gli Apostoli, direi più di Tommaso, è

quello che coniuga insieme la profondità della debolezza e l’altezza

irraggiungibile della sua santità. Poi fu crocifisso con la testa all’ingiù. Per

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 46

dire che si può senz’altro essere santi, pur avendo rinnegato, non una volta,

ma tre volte nella vita il Signore, disubbidendo alla sua legge, non osservando

la morale, seguendo il mondo, satana e l’io.

Mi ha molto colpito l’altra affermazione: “Le porte dell’inferno non

prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18).

Tengo presente quello che ha detto la Madonna: “Ha snudato la potenza del

suo braccio, il Signore, e ha rovesciato i potenti dai troni” (Lc 1, 51-52). Ecco,

è la Madonna che lo dice: il Signore ha snudato la potenza del suo braccio

onnipotente e ha rovesciato i potenti dai troni.

Sento come un’eco di quello che ha detto Gesù. Dice così la prima preghiera:

“Concedi, Dio onnipotente che tra gli sconvolgimenti del mondo la Chiesa

non si turbi”. Ecco qui. Pensavo a tutto questo: Gesù, Pietro.

Continuerà la Chiesa, questa cattedra continuerà a insegnare. Il Maestro

divino ha affidato il magistero, un solo magistero c’è nella Chiesa, quello di

Pietro, di Simon Pietro e i successori di Pietro.

“Non si turbi la Chiesa tra gli sconvolgimenti del mondo di questo

momento”, quasi per accennare a quello che ha detto Gesù: “E le porte

dell’inferno non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18). Contro di essa “che

hai fondato sulla roccia con la professione della fede dell’apostolo Pietro”.

Quindi Pietro è diventato roccia di fede, roccia di fede.

Ogni parola è talmente grande, è talmente alta questa liturgia di oggi che

veramente più la guardo, più mi sento piccolo, piccolo, piccolo tanto da

inabissarmi nella mia nullità. Che bello!

“La Chiesa non si turbi dinanzi a questi sconvolgimenti del mondo

contemporaneo perché il Signore ha fondato tutto sulla roccia di Pietro”.

Pietro che ha rinnegato il Signore, ha riconosciuto di essere peccatore, fragile,

rimproverato dal Signore: “Gente di poca fede” (cfr. Mt 8, 26). Il Signore ha

scelto lui come roccia, quasi per dire che nella Chiesa è sempre presente: “Io

sono con voi sino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).

Ha scelto Pietro come roccia che poteva essere fragile, ma io sono con questa

roccia, insieme con mio Padre e con lo Spirito Santo, per cui le porte

dell’inferno non prevarranno contro di essa. Né la Chiesa si deve turbare

dinanzi agli sconvolgimenti del mondo contemporaneo. Mamma mia.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 47

Quando ha incominciato a insegnare Simon Pietro? Dopo che Gesù è risorto,

nel giorno della Pentecoste. Lui ha arringato tutta la folla e parlando in

aramaico, “l’arabo, il parto e il siro in suo sermon l’udì” (A. Manzoni,

Pentecoste). Ecco, fece questo miracolo. Lui era riconosciuto come il capo

degli Apostoli, cominciò ad annunziare la parola di Dio e quindi a comunicare

la fede. Poi quelle tremila persone, tutte quelle persone che erano in piazza a

Gerusalemme chiesero: “Che dobbiamo fare adesso?” “Essere battezzati”

(Cfr. At 2, 37-38). La fede e i sacramenti, il battesimo e la fede, lui ha

cominciato.

Non solo. Avete letto nel breviario che Simon Pietro fu il primo a riconoscere

che tutte le genti devono essere conquistate a Cristo. É lui che ha

quell’apparizione del lenzuolo: “Prendi e mangia” “Ma no!” “No, non c’è

nessuna distinzione tra giudeo o greco o altri” (cfr. At 10, 11-15). E poi andò,

perché lo Spirito del Signore gli aveva detto di andare; vennero alcuni a

chiamarlo, poi andò ed erano pagani quelli da cui andò. Quindi il primo ad

annunziare agli ebrei, il primo ad annunziare ai pagani a Giaffa è lui. Ha

messo in pratica, per essere pescatore di uomini.

Giaffa è il punto di partenza della predicazione degli Apostoli al mondo

pagano. Poi specialmente per l’opera di San Paolo, apostolo delle genti, la

parola di Dio si è diffusa in tutta la terra.

Vi devo dire questo: è stato San Pietro che è andato ai pagani, di cui anche

Roma faceva parte. È lui che ha iniziato la predicazione. Questa cattedra di

Pietro, questo maestro ha cominciato lì da Giaffa, Roma e poi tante altre. E

continua ancora con i suoi successori.

Non dimenticate che il Padre Celeste ha rivelato non soltanto chi è Gesù, ma

con Gesù ha rivelato la Chiesa a Pietro, ha rivelato tutto quello che lui deve

fare e quello che tenterà di fare l’inferno contro di lui e quello che egli farà in

terra e in Cielo. Come sta facendo papa Francesco.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 48

Testimoni coerenti al servizio di tutti (Is 1, 10.16-20; Sal 49; Mt 23, 1-12)

Sia lodato Gesù Cristo.

Ci sono tre pensieri, sarò molto breve. Il primo pensiero è sugli scribi e sui

farisei. Il secondo pensiero riguarda il Padre e il Maestro. Il terzo pensiero

riguarda chi è più grande nel Regno dei Cieli.

Ecco, sono questi i tre pensieri.

Gesù molto chiaro, luminoso, come sempre, distingue molto bene la figura

degli scribi e farisei dicendo: attenzione insegnano bene ma non vivono bene,

non fanno le opere che insegnano, statevi attenti. E li ammonisce: fate quello

che dicono, ma non fate quello che fanno (cfr. Mt 23,2). Ecco il primo

pensiero.

Si parla oggi di evangelizzazione, della nuova evangelizzazione. Ma secondo il

mio umile pensiero la nuova evangelizzazione è solo questa: chi predica sia

testimone di quello che dice, questa è la novità.

Fino adesso forse, sono state dette molte parole, come diceva il Papa in un

incontro in piazza San Pietro, tanti discorsi biblici, teologici, filosofici,

sociologici, psicologici, discorsi da cattedra.

Noi ieri abbiamo ricordato la cattedra di San Pietro. Pietro ha avuto la

partecipazione del magistero, perché l’unico Maestro è Cristo; Simon Pietro e

i suoi successori non sono maestri autonomi, ma sono maestri nella fede e

nella morale, insegnando e praticando quello che Gesù ha insegnato e ha

praticato. È questo il primo pensiero.

Il secondo pensiero. Come bisogna essere chiamati. Ha fatto bene il Papa a

togliere i titoli: “Non fatevi chiamare rabbini, padre, maestro” (cfr Mt 23,8-

10). Ha tolto questi titoli di Monsignore o di altro, è giusto, perché oggi non

sono importanti i titoli che possono avere, anche se meritano riguardi

particolari, ma i veri titoli sono quelli che derivano dalla testimonianza delle

opere buone. Tenete presente che uno solo è il Padre, dice Gesù, uno solo è il

Maestro, il Cristo. Questo è il secondo pensiero.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 49

Il terzo pensiero riguarda quello che fanno. Non bisogna fare come insegnano

i farisei e come fanno i farisei, o meglio, mettono in pratica quello che

insegnano, ma non praticano quello che fanno.

Purtroppo ci sono tanti predicatori oggi nella Chiesa a cui manca la

testimonianza, a cui manca la coerenza tra quello che dicono e quello che

fanno, manca questa coerenza.

Come dicevo prima, la nuova evangelizzazione ha una sola novità: predicare

da testimoni del Vangelo e non dare importanza a come si è chiamati, rabbini,

padre spirituale. Non teneteci a questi titoli, perché uno solo è il Padre, uno

solo il Maestro, il Padre che è nei Cieli e il Maestro è Cristo.

Volevo sottolineare l’ultimo pensiero, il terzo pensiero. Vi dico le cose così,

con molta semplicità.

Il servo fa quello che dice il suo signore. Però chi è il più grande dei servi? Il

servo fa quello che dice il suo signore ma a favore degli altri. Chi è un grande

servo? Chi serve gli altri come il suo Signore ha comandato. Ma chi è il servo

più grande? È colui che serve tutti. È questo il punto particolare. Chi è che

serve tutti? Chi è compreso nel “tutti”? Anzitutto i poveri, i malati, i peccatori.

Questi rientrano nel “tutti”.

Ora, tu in questo anno di misericordia vai incontro ai poveri, vai incontro ai

malati, vai incontro ai peccatori, secondo le tue possibilità, le tue

disponibilità. Quei “tutti” deve comprendere, non soltanto quelli che incontri

nella giornata, ma anche se non dovessi incontrare nessuno, dinanzi a Gesù

prega, offri la tua giornata, le sofferenze per tutti quelli che non hai

incontrato, che sono sulla faccia della terra: quanti poveri, quanti malati,

quanti peccatori! Così tu entri nel “tutti”, così tu diventi servo di tutti e diventi

grande, il più grande.

Ecco i tre pensieri. Ricapitolo di nuovo.

Il primo pensiero, attenzione, bisogna fare quello che si insegna, non come gli

scribi e i farisei. Non dovete tenere troppo ai titoli, perché i due titoli

fondamentali dell’universo sono questi: Padre e Maestro. Il Padre è uno solo

quello che è nei Cieli. Anche il Maestro è uno solo: quello che è nei Cieli.

Il servo è grande se serve quelli che il suo Signore ha comandato di servire.

Ma il più grande è quello che va al di là di quelli che possono essere inclusi nel

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 50

servizio, perché certamente il Signore vuole che tu sia servo di tutti sulla

faccia della terra, dei poveri, dei malati e dei peccatori, che sono le categorie

messianiche che Gesù è venuto ad evangelizzare.

La nuova evangelizzazione, fatta di opere buone, deve essere rivolta non

soltanto ai poveri, ai malati, ai peccatori che incontri, forse anche in famiglia

o nel posto di lavoro, ma devi pregare dinanzi a Gesù, all’Eucarestia, per tutti i

poveri della terra, per tutti i malati della terra. Ovviamente pregando e

offrendo le sofferenze che il Signore ti propone giorno dopo giorno, queste

arricchiscono la tua preghiera a favore dei fratelli per rendere sempre più

nobile, più universale il tuo servizio.

Noi ci rivolgiamo all’unico Padre.

Simon Pietro disse a Gesù: “Insegnaci a pregare” (cfr Lc 11,1). Quindi, mentre

noi recitiamo il Padre Nostro confermiamo che Colui che è nei Cieli è il nostro

unico Padre, e Colui che ci ha insegnato a pregare l’unico Padre è l’unico

Maestro.

<<Senti mammina, io ti voglio più bene di tutte le creature della terra e del cielo… dopo

Gesù, s’intende… ma ti voglio bene>>.

San Pio

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 51

Non sono venuto per essere servito, ma per servire (Ger 18,18-20; Sal 30; Mt 20,17-28)

Sia lodato Gesù Cristo.

Questo è un Vangelo molto sconcertante. C’è Gesù, c’è la madre di Giovanni e

Giacomo, i figli di Zebedeo, ci sono le reazioni degli Apostoli; c’è la risposta di

Gesù alla madre dei figli di Zebedeo, e Gesù chiarisce: “I posti li decide mio

Padre secondo le sue conoscenze e secondo la predestinazione” (cfr. Mt 20,

23). Poi chiarisce che la grandezza non consiste nello stare a destra o a

sinistra ma, come aveva detto prima, anzitutto nel bere il suo calice.

Poi chiarisce ancora: in che consiste bere il calice? Nel servire i fratelli. E i più

grandi, a differenza di quelli del mondo, sono quelli che servono di più i

fratelli; i più grandi sono quelli che servono tutti quanti. Poi Gesù definisce sé

stesso: lui non è venuto per essere servito ma per servire, per essere il servo di

tutti.

È un Vangelo che, non vi nascondo, mi sconcerta.

Chi di voi è capace di dire: “Io adesso vado sul monte per vedere e lì mi

prenderanno i sacerdoti, gli scribi, i farisei e mi condanneranno, poi i

pagani mi scherniranno, mi crocifiggeranno e al terzo giorno risusciterò”?

Sì, è vero, c’è anche il riferimento alla resurrezione, ma il riferimento alla

resurrezione non diminuisce le sofferenze che dovrà affrontare per la

condanna dei sacerdoti, degli scribi, per gli scherni dei pagani, della

crocifissione, della morte.

É sconcertante. Gesù ha avuto una forza umana, divina, unica: annunziare la

sua condanna, i suoi scherni, la crocifissione e la morte, ed annunziare anche

la risurrezione.

Ve lo dirò con molta umiltà, da stolto: il Signore ha permesso, tramite Padre

Pio e una sua figlia spirituale prediletta, che io conoscessi che mi dovranno

capitare tante cose nella mia vita. Le so bene, ma non per questo io non soffro

molto di quello che mi dovrà capitare. La conoscenza non diminuisce la

sofferenza.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 52

Anche se dopo c’è la ricompensa. É vero, la ricompensa può, perché no,

attutire un tantino, ma quando tu ti immergi nella sofferenza che conosci che

Iddio ha stabilito per te, la conoscenza della ricompensa non diminuisce la

sofferenza.

Gesù. Io vedo questo uomo-Dio, che va a Gerusalemme, Lui va là dove deve

essere crocifisso e poi risorgere. Mi sconcerta. Non è da uomini questo.

Dev’essere certamente un uomo superiore, è un Dio, che ha assunto l’umanità

perché sia consegnata, condannata, crocifissa e muoia.

Come mi sconcerta quello che viene dopo: mentre Gesù afferma tutto questo,

la mamma di Giovanni e Giacomo, quasi insensibile a questa conoscenza che

Gesù fa di sé, di quello che dovrà avvenire, sta a pensare ai suoi figli, uno a

destra e uno a sinistra. Per me la madre di Giacomo e Giovanni è proprio fuori

ragione.

Guardate la delicatezza di Gesù: non la rimprovera. Però con una frase che sa

di rimprovero, ma sa anche di comprensione, risponde: “Voi non sapete

quello chiedete” (Mt 20, 22). Poi praticamente Gesù – è molto bello questo –

rivela la partecipazione di Giovanni e Giacomo alla sua crocifissione e morte,

al suo calice: “Voi berrete il mio calice” (Mt 20, 23). Questo, bere il calice, fa

decantare completamente i posti a destra e sinistra. “Sì, lo possiamo” (Mt 20,

22). Questa è la partecipazione, questo è il servizio che devono fare, servire il

calice, che è la sintesi di tutte le sofferenze. Mamma mia, “Sì, lo possiamo”

(ib.). E Gesù conferma: “È vero, lo potete! E lo farete” (cfr. Mt 20, 23).

Vedete come psicologicamente Gesù è attento. Da un lato alla mamma dice:

“Non sapete quello che chiedete…. Berrete il calice? Sì, lo potete bere” (Mt 20,

22-23). Poi torna ai posti. Però circa i posti specifica: “Non sono io che decido,

ma mio Padre l’ha preparato sin dall’eternità” (Mt 20, 23). Ha detto due

cose: la prima che non dipendono da lui i posti, e la seconda, implicitamente,

che non sono loro due a stare a destra e sinistra.

Mi nasce il dubbio. Certamente Giovanni è prediletto. Ma poteva essere uno sì

e uno no? Gesù è stato molto saggio. Supponiamo che Giovanni sì e Giacomo

no, ma Gesù non poteva dire questo: avrebbe rammaricato la mamma,

avrebbe rammaricato Giacomo, avrebbe ancora di più indignato gli Apostoli

per questa unica predilezione a Giovanni.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 53

Poi Gesù, con molta abilità divina, scende più giù al pratico. Prima il calice,

poi il servizio di questo mondo, che è grande. Quindi cerca di chiarire il posto

a destra e sinistra, che i grandi sono quelli che servono di più. È vero che il

posto a destra e sinistra dipende anche dal calice delle sofferenze da bere, ma

è pur vero che dipende dal servizio.

Voi adesso chiudete gli occhi e pensate un po’. Ci sono due cose: l’ubbidienza

e la carità. Il calice da bere l’ha voluto il Signore: “Non la mia, la tua volontà

sia fatta” (Lc 22, 42). C’è quindi l’ubbidienza; il servizio, c’è la carità, chi

serve. I pilastri del posto in Cielo sono coloro i quali ubbidiscono bevendo il

calice, partecipando al calice di Gesù, e partecipando al servizio di Gesù nella

carità verso i fratelli.

Vi ho pregato di chiudere gli occhi perché non vi distraeste.

Che abilità ha Gesù, come scende piano piano. E poi dovete cogliere bene

anche la conclusione.

I posti a destra e a sinistra dipendono dalla volontà del Padre, dipendono dal

calice da bere, praticamente dipendono dal servizio ai fratelli, perché Lui non

è venuto per essere servito, ma per servire. Quindi, è la carità fraterna quella

che stabilisce il posto a fianco a Gesù.

È sconcertante questo Vangelo.

C’è la fragilità della mamma, ma è comprensibile; c’è anche la fragilità di

Giacomo e Giovanni, questa è presunzione di stare a destra e a sinistra,

perché loro certamente volevano ciò che la mamma chiedeva; però scatta

l’indignazione degli Apostoli verso di loro. Vedete quante cose ci sono in

questo Vangelo!

Vedete l’inizio e la fine del Vangelo. L’inizio: “Stiamo salendo a Gerusalemme

perché il Figlio dell’uomo sarà catturato, condannato, poi schernito dai

pagani, crocifisso, morire, risorgere” (Mt 20, 18-19). Ecco il primo quadro, il

quadro del servo di Jahvè, di Isaia profeta.

Lo stesso Gesù non guarda al posto che deve avere. Il suo posto prima è la

croce e poi il trono di gloria del risorto, perché Egli serve, ha servito tutta

l’umanità, ha preso tutti i peccati del mondo, li ha espiati, ha ottenuto la

misericordia per tutti. Ecco il servo di tutti, servo di Jahvè, il servo di tutta

l’umanità, passata, presente e futura e anche dell’universo.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 54

Se vogliamo essere molto chiari, oggettivi: i posti a fianco a Gesù li stabilisce il

servizio della carità ai fratelli in conseguenza del servizio a Gesù, cioè

l’ubbidienza al Padre, la partecipazione al calice che Gesù sta per bere, alla

volontà del Padre. Dall’ubbidienza alla volontà del Padre scaturisce l’amore

che poi si trasforma in servizio ai fratelli con la carità.

Servire la sofferenza senza servire la carità non esiste. Non esiste il servizio

della sofferenza senza il servizio della carità, non esiste. Se tu vuoi servire la

sofferenza, cioè partecipare al calice, all’ubbidienza al Padre Celeste, devi

servire la carità ai fratelli. Sono due cose indissolubili, come sono indivisibili

in Cristo il crocifisso e il risorto.

È un Vangelo che mi sconcerta. C’è Gesù, c’è la mamma dei figli di Zebedeo,

poi Gesù risponde, Giacomo e Giovanni, sì, berrete il calice… però ecco non

sono io, è mio Padre che decide. È simpatica questa battuta!

Nella lettera ai Romani (cfr. Rm 8, 29-30) si dice che il Signore conosce,

predestina, chiama, giustifica e glorifica. Il Padre Celeste fin dall’eternità ha

conosciuto quelli che avrebbero particolarmente servito Jahvè bevendo il

calice che Gesù ha bevuto e servendo i fratelli al massimo grado

nell’ubbidienza e nella carità, per questo li ha predestinati, chi mio Padre ha

conosciuto, e predestinato, e chiamato e giustificato e glorificato. È mio Padre

che fa questo discorso, è Lui che conosce.

D’altra parte vedete – e concludo – il Paradiso è una grande sala di nozze,

perché lì in Cielo c’è il matrimonio, in modo particolare, tra lo sposo e la

sposa, Cristo e la Chiesa.

Il Vangelo ci fa conoscere questo: come in una sala è il papà che ordina e dà i

posti, così in questa grande sala di nozze - lo sposo è il Figlio di Dio - è il papà

che stabilisce i posti, però prima li conosce sin dall’eternità mediante le opere

compiute da ciascuno..

Come dicono qui i verbi della prima preghiera: “Sostieni sempre o Padre la

tua famiglia nell’impegno delle buone opere” primo; “Custodiscila con il tuo

aiuto nel cammino di questa vita” secondo; terzo: “Guidala al possesso dei

beni eterni”.

INSIEME CON PADRE PIO – Quaderno LV Pag. 55

INDICE

- Presentazione ........................................................................................... 3

- Il giudizio universale ................................................................................ 5

- La casa .................................................................................................... 10

- La conversione è ritorno a Gesù e l’ira di satana ................................... 17

- La sofferenza è un dono .........................................................................24

- La mortificazione corporale nella vita spirituale ................................... 31

- Dobbiamo amare i nemici come Dio ha amato noi peccatori ................ 34

- L’Ascolto ............................................................................................... 38

- La Cattedra di San Pietro apostolo ........................................................42

- Testimoni coerenti al servizio di tutti ................................................... 48

- Non sono venuto per essere servito, ma per servire .............................. 51