Dal partito armato al regime totalitario: la Milizia · 10 In un testo del fascista b r u n o f r u...

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« Italia contemporanea » dicembre 1980, fase. 141 Dal partito armato al regime totalitario: la Milizia « Forza e consenso »: il partito come milizia armata Gli studi sul fascismo, sia la letteratura prevalentemente di taglio memorialistico, di analisi politica e di testimonianza, sia i contributi più recenti che indirizzano la ricerca verso un approccio qualitativamente nuovo, hanno per lo più ignorato l’organizzazione paramilitare della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn), tramite istituzionale e politico per la legalizzazione nel corpus dello stato dello « spirito » e delle « tradizioni » della milizia fascista Il silenzio, solo incidentalmente interrotto, si è nutrito della convinzione che, mancando un vero e proprio archivio1 2, era impossibile scrivere la storia di questa 1 II regolamento di disciplina della Mvsn (8 marzo 1923, n. 831) sottolineava la filiazione della milizia volontaria dalle squadre organizzate in milizia già prima della marcia su Roma. Era stata la milizia fascista che aveva « valorizzato » la « Vittoria » e « ridato » all’Italia il « senso della gloria e della forza nazionale » (art. 2) ed è per questo che i quadri della milizia volontaria dovevano essere reclutati fra gli appartenenti alla « milizia fascista » che ne face- vano domanda (art. 3 del regolamento istitutivo della Mvsn, 14 gennaio 1923, n. 31). Ma il problema dello squadrismo, della sua disciplina e del suo utilizzo era già stato posto e in parte risolto dal fascismo: un primo ordinamento si era avuto nel gennaio del 1922 (regola- mento di Oneglia) e un secondo nel settembre-ottobre ( italo balbo , Diario 1922, Milano-Vero- na, A. Mondadori, 1932). Le direttive per l’organizzazione e l’addestramento delle squadre fu- rono poi pubblicate il 3 ottobre 1922 su « Il Popolo d’Italia », mentre il 12 e il 22 ottobre ve- nivano rese pubbliche le norme per il funzionamento delle legioni, oltre alla suddivisione delle zone militari (12) in vista della marcia su Roma. La contrapposizione di questo « esercito fa- scista » alle forze armate dello stato deve essere considerata l’atto politico più importante per la preparazione della marcia (Renzo de felice , Mussolini il fascista. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, p. 317). 11 regolamento istitutivo, quello disciplinare e le norme per la costituzione, il funzionamento e le chiamate della Mvsn sono state pubblicate da Alberto aquarone , L’organizzazione dello stato totalitario, Torino, Einaudi, 1965, pp. 332-35. 2 L’archivio della Mvsn, che doveva raccogliere non solo i rolini di arruolamento delle sin- gole zone, ma anche i « diari storici » delle legioni, le biografie dei comandanti, gli affari am- ministrativi, un reparto stampa e propaganda, una sezione foto-cinematografica e un’emero- teca (Attilio teruzzi , La Milizia delle Ccnn e le sue specialità, Milano-Verona, A. Mondadori, 1933) non risulta depositato né all’Archivio centrale dello stato (Acs) - il fondo Mvsn concerne prevalentemente in formazioni dell’Ufficio politico investigativo e consta di 49 buste - all’Ufficio storico dello stato maggiore dell’esercito che pure conserva i diari delle legioni combattenti della Mvsn. Emilio Re, che fu un dirigente dell’Acs nel periodo precedente il 25 luglio 1943, National archives microfilm publications T. 586, Personal Papers of Benito Mussolini together with Some Officiai Records of thè Italian Foreign Office and thè Ministry of Popular'

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« Italia contemporanea » dicembre 1980, fase. 141

Dal partito armato al regime totalitario: la Milizia

« Forza e consenso »: il partito come milizia armata

Gli studi sul fascismo, sia la letteratura prevalentemente di taglio memorialistico, di analisi politica e di testimonianza, sia i contributi più recenti che indirizzano la ricerca verso un approccio qualitativamente nuovo, hanno per lo più ignorato l’organizzazione paramilitare della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn), tramite istituzionale e politico per la legalizzazione nel corpus dello stato dello « spirito » e delle « tradizioni » della milizia fascistaIl silenzio, solo incidentalmente interrotto, si è nutrito della convinzione che, mancando un vero e proprio archivio1 2, era impossibile scrivere la storia di questa

1 II regolamento di disciplina della Mvsn (8 marzo 1923, n. 831) sottolineava la filiazione della milizia volontaria dalle squadre organizzate in milizia già prima della marcia su Roma. Era stata la milizia fascista che aveva « valorizzato » la « Vittoria » e « ridato » all’Italia il « senso della gloria e della forza nazionale » (art. 2) ed è per questo che i quadri della milizia volontaria dovevano essere reclutati fra gli appartenenti alla « milizia fascista » che ne face­vano domanda (art. 3 del regolamento istitutivo della Mvsn, 14 gennaio 1923, n. 31).Ma il problema dello squadrismo, della sua disciplina e del suo utilizzo era già stato posto e in parte risolto dal fascismo: un primo ordinamento si era avuto nel gennaio del 1922 (regola­mento di Oneglia) e un secondo nel settembre-ottobre ( i t a l o b a l b o , Diario 1922, Milano-Vero- na, A. Mondadori, 1932). Le direttive per l’organizzazione e l’addestramento delle squadre fu­rono poi pubblicate il 3 ottobre 1922 su « Il Popolo d’Italia », mentre il 12 e il 22 ottobre ve­nivano rese pubbliche le norme per il funzionamento delle legioni, oltre alla suddivisione delle zone militari (12) in vista della marcia su Roma. La contrapposizione di questo « esercito fa­scista » alle forze armate dello stato deve essere considerata l’atto politico più importante per la preparazione della marcia (R e n z o d e f e l i c e , Mussolini il fascista. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, p. 317).11 regolamento istitutivo, quello disciplinare e le norme per la costituzione, il funzionamento e le chiamate della Mvsn sono state pubblicate da Al b e r t o a q u a r o n e , L’organizzazione dello stato totalitario, Torino, Einaudi, 1965, pp. 332-35.2 L’archivio della Mvsn, che doveva raccogliere non solo i rolini di arruolamento delle sin­gole zone, ma anche i « diari storici » delle legioni, le biografie dei comandanti, gli affari am­ministrativi, un reparto stampa e propaganda, una sezione foto-cinematografica e un’emero- teca (At t i l i o t e r u z z i , La Milizia delle Ccnn e le sue specialità, Milano-Verona, A. Mondadori, 1933) non risulta depositato né all’Archivio centrale dello stato (Acs) - il fondo Mvsn concerne prevalentemente in formazioni dell’Ufficio politico investigativo e consta di 49 buste - né all’Ufficio storico dello stato maggiore dell’esercito che pure conserva i diari delle legioni combattenti della Mvsn.Emilio Re, che fu un dirigente dell’Acs nel periodo precedente il 25 luglio 1943, Na t i o n a l a r c h i v e s m i c r o f i l m p u b l i c a t i o n s T. 586, Personal Papers of Benito Mussolini together with Some Officiai Records of thè Italian Foreign Office and thè Ministry of Popular'

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istituzione e che peraltro la milizia era stata un’organizzazione del tutto coreogra­fica e pleonastica nella costruzione dello stato totalitario, come d’altronde stava a dimostrare la sua ingloriosa fine il 25 luglio 19433. Ma se la prospettiva è quella di una « scomposizione » del blocco del fascismo che abbia come costante di riferimento la società italiana e i suoi soggetti concreti - classi e gruppi sociali, istituzioni e tradizioni - e non si limiti alla semplice ricostruzione di giudizio, interna allo stesso fascismo4, bisognerà allora valutare tutta una serie di colle­gamenti tra la milizia e il partito, la struttura statale, il paese. Ci si può allora volgere a considerare - come si tenta in questo saggio - i manuali d’istruzione per i militi, i fogli d’ordine e di propaganda, alcuni dati sugli iscritti, come fonti disponibili, che già sono in grado di tratteggiare un quadro abbastanza esauriente circa la vita, le modalità degli impegni assunti dal milite, in alcuni casi la psico­logia del corpo armato, posto dal fascismo a suo presidio5.D’altra parte, se è vero che in un regime che tende a divenire totalitario il partito mette in moto un processo in cui « coercizione » ed « entusiasmo » si sostengono mutuamente generando nuova coercizione6, andrà allora indagato, con un’atten­zione ben maggiore, il peso e lo spessore politico e sociale della presenza poten­ziale in ogni luogo del « braccio armato » del fascismo.La milizia ebbe, nel corso del ventennio, caratteristiche diverse e subì anch’essa, come altri istituti del regime, modifiche ed evoluzioni: così al primo tempo, quando si trattava di non dissolvere e « vaporizzare » le « forze vive della rivo­luzione », ma di creare all’interno dello stato un organismo vigile delle « tradi­zioni della milizia fascista », valorizzatore della « vittoria » e del « senso della gloria e della forza nazionale », ne seguiva un secondo in cui il « braccio armato », simbolo guerriero del nuovo « clima nazionale », era chiamato ad as­sumere la responsabilità dell’educazione militare delle giovani generazioni, oltre ai tradizionali compiti di tutela dell’ordine pubblico.Questo saggio è appunto rivolto allo studio di questo secondo tempo della « ri­voluzione », nel tentativo di comprendere quale fu la dimensione e il ruolo poli­tico della milizia negli « anni del consenso », quando il regime - pur creando una fitta rete di organizzazione e di controllo sociale sulle masse - continuava

Culture, 1922-1944, received by thè Department of State, Washington - d’ora in poi abbre­viato in Naw, Personal Papers of Benito Mussolini - cont. 1295 La copia microfilmica che ho consultato è posseduta dall’Istituto di Storia della facoltà di lettere e Filosofia dell’Università di Firenze) sostenne che le carte riguardanti varie questioni del Comando generale della Mvsn facevano parte di quell’/lrc/ttVio Riservato che, probabilmente, Mussolini portò nella villa di Gargnano sul Garda, dove fu ricongiunto, nei primi mesi del 1944, con l’Archivio militare segre­to (e m i l i o r e , Storia di un archivio: Le carte di Mussolini, Milano, Ed. del Milione, 1946, pp. 10-15).3 Cfr. Al b e r t o a q u a r o n e , La Milizia Volontaria nello stato fascista, « La Cultura », 1964, nn. 3 e 4.4 Intervento di e r n e s t o r a g i o n i e r i in La Toscana nel regime fascista (1922-1939), FirenzeLeo S. Olschki, 1971, p. 477. ,5 D’altra parte lo studio recente sui Frei-Korps di k l a u s t h e w e l e i t Mànnerphantasien, voi. 1, Frauen, Fluten, Korper Geschichte; voi. 2 Mdnnerkorper zur psycoanalyse des weissen Terrors Frankfurt, 1977-78, indica un interesse di più vasto respiro per queste formazioni para- militari e dimostra la possibilità, se non la necessità, di indirizzare la ricerca anche verso fonti tradizionalmente non utilizzate nella ricerca storica; ad esempio l’uso che Theweleit fa del materiale fotografico e, in generale, iconografico potrebbe risultare utile anche per uno studio sulla milizia. Cfr. l u t z n i e t h a m m e r , Archives and sources: Male fantasies, an argument for and with an important new study in history and psycoanalisis, « Flistory Workshop », 1979, n. 7.6 Cfr. Ad r ia n l y t t e l t o n , La conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, Bari, Laterza, 1974, p. 241.

a indicare nella milizia uno degli « istituti tipici » della « rivoluzione d’otto­bre » 7.In questa prospettiva la storia degli ordinamenti della Mvsn - dalle norme per l’inquadramento e l’addestramento delle squadre in vista della Marcia su Roma, al regolamento istitutivo del gennaio 1923 e poi alle disposizioni successive del 1924, 1929 e infine del 1936 - dimostra come il fascismo mirasse a utilizzare la forza adattandola alla situazione del momento, rivendicando così la sua carat­teristica di partito organizzato militarmente: « La creazione della Milizia - scris­se Mussolini nella Prefazione alle delibere del Gran Consiglio nei suoi primi cinque anni di vita - è il fatto fondamentale, inesorabile, che poneva il Governo sopra un piano assolutamente diverso da tutti i precedenti e ne faceva un Re­gime. Il partito armato conduce al Regime totalitario » 8.Il « braccio armato », che serviva al fascismo per « tenere a bada tutti coloro che erano stati risparmiati dalla prima ondata dell’offensiva, si sarebbe trasfor­mato nel tempo e avrebbe assunto forme diverse di organizzazione, perché diverse sarebbero state le esigenze e le finalità, ma certo avrebbe continuato a contrad­distinguere quella « speciale forma di reggimento politico che si chiama fa­scismo » 9.La milizia poteva così servire come elemento ausiliario per la conquista pezzo a pezzo del potere statale oltre che come arma di contrattazione e di ricatto e non solo verso la monarchia e le forze costituzionali; all’interno dello stesso fascismo funzionava poi come ago della bilancia e catalizzatore di risentimenti e scompensi che la conquista del potere non aveva certo eliminato. La milizia doveva essere, mutate le dimensioni spazio-temporali della lotta, un « sussidio » volontario agli « ordini dello stato fascista »; bisognava dunque esigere una fer­rea disciplina per neutralizzare e con il tempo elidere quelle configurazioni pro­vinciali e talvolta locali entro cui le squadre si erano formate e avevano trovato la loro coesione. La solidarietà fra i componenti delle squadre, quel particolare « clima di ardimento » e quella « atmosfera cameratesca militare », delle quali è ricca di ricordi la cronaca fascista, si spiegano probabilmente anche nei diffusi e capillari rapporti di parentela che esistevano all’interno delle squadre e che forse continuarono a contraddistinguere le legioni della milizia10.La disciplina doveva così assumere la forma di un’abdicazione cieca della volon­tà individuale per sottostare a quella di coloro « che sono delegati a comandare per un interesse superiore a quello dei singoli individui [...], l’assoluta disciplina

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7 p a r t i t o n a z io n a l e f a s c i s t a , Il Gran Consiglio nei primi dieci anni dell’era fascista, Ro­ma, Nuova Europa, 1933, p. 14.8 p a r t i t o n a z io n a l e f a s c i s t a , Il Gran Consiglio nei primi cinque anni dell’era fascista, Roma, Libreria del Littorio, 1927, p. XI.9 Cfr. Opera Omnia di Benito Mussolini (d’ora in poi abbreviata in O.O.) a cura di E. e D. Susmel, Firenze, La Fenice, 1951-63, 35 voli., voi. XIX, pp. 303-4.10 In un testo del fascista b r u n o f r u l l i n i , Squadrismo fiorentino, Firenze, A. Vallecchi 1933, è riportata una lista di squadristi: lo stesso cognome veniva citato anche più di due volte, quando non si sottolineava espressamente il rapporto di parentela. Anche in altre regio­ni d’Italia, comunque, la presenza di padri, figli e fratelli nelle squadre si ripeteva, come risul­ta da un elenco di squadristi - divisi per zone geografiche - pubblicato in appendice al lavoro di G io r g io a . c h i u r c o , Storia della rivoluzione fascista, 5 voli., Firenze, A. Vallecchi, 1929, come « debito » della rivoluzione alla « milizia fascista ».Per quel particolare « clima di ardimento » e per quella atmosfera cameratesca-militare » cfr., ad esempio, p i e r ò g i r a c e , Diario di uno squadrista, Napoli, G. Rispoli An., 1940; Roberto Fa­rinacci, Squadrismo. Dal mio diario della vigilia 1919-1922, Roma, Ed. Ardita 1933; U m b e r t o f . b a n c h e l l i , Le memorie di un fascista (1919-1923), Firenze, Ed. della V.A.M., 1923.

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è legge d’onore », si legge nel regolamento di disciplina della Mvsn del marzo 1923.Si trattava di usare la forza, « risolutrice della storia » n , in modo non caotico, ma razionale e organico nella ferma volontà del fascismo di mantenere il potere; esempi di disciplina da una parte, ma anche prontezza a una chiamata improv­visa per « continuare la marcia e spingerla a fondo verso altre direzioni », erano queste le direttive con le quali Mussolini, salutando le camicie nere senesi, cele­brava il primo anniversario della marcia su Roma11 12 13.Il problema dello squadrismo e della sua « normalizzazione » in milizia si spiega così in un’ottica più generale che ha come coordinate i meccanismi di forza, ma anche di contrattazione, entro cui la conquista del potere venne ad attuarsi!3. Premesso che la milizia subì, come il programma politico di Mussolini e Io stesso partito fascista, le contraddizioni e i punti oscuri di una situazione profondamen­te incerta che faceva pensare allo stato fascista come ad una sorta di « dinamo », è opportuno osservare che il principio che vige in un clima di questo tipo, dove il controllo sociale e l’arbitrio poliziesco confondono i tempi e le proprie e rispet­tive funzioni, è « punire coloro che potrebbero ribellarsi piuttosto che coloro che si ribellano » 14.In quest’ottica la possibilità per il governo fascista di « accantonare » e « prepa­rare » le forze necessarie della milizia per avere « oltre i consensi anche la forza », con una formula più volte enfaticamente proclamata, non fu un elemento di secondaria importanza 1S.La milizia, reclutata fra cittadini di provata fede fascista e per lo più fra i com­ponenti delle squadre, giurava fedeltà al capo del governo e da esso dipendeva. Così, mentre scompariva la guardia regia, un esercito di volontari, che aveva fat­

11 Mussolini nella riunione di Napoli, prima della marcia su Roma, aveva affermato: « [...] tutte le volte che nella storia si determinano dei fatti contrastanti di interesse e d’idee, è la forza che all’ultimo decide. Ecco perché abbiamo raccolto e potentemente inquadrato e ferrea­mente disciplinate le nostre legioni, perché se l’urto dovesse decidersi sul terreno della forza, la vittoria tocchi a noi ». Cfr. O.O, voi. XVIII, p. 456.12 In questa volontà di mantenere il potere ad ogni costo Mussolini rivendicava la carat­teristica rivoluzionaria del fascismo. Cfr. 0 .0 ., voi. XIX, pp. 308-320. Per il discorso alle ca­micie nere senesi, cfr. 0 .0 ., voi. XIX, pp. 61-65.13 La costituzione formale della Mvsn non può intendersi come un segno di « normalizza­zione », giacché l’esercito delle camicie nere veniva indicato come la forza indispensabile fino a quando « non (si fosse) completamente realizzata in tutte le amministrazioni ed istituti dello stato la successione della classe dirigente fascista, o ligia al fascismo, alla classe dirigente di ieri e fino a quando non (fosse) irreparabilmente tramontata ogni velleità di riscossa da parte degli elementi anti-nazionali ». 0 .0 ., voi. XIX p. 334. Il massimo organo del fascismo, il Gran Consiglio, rivendicava dunque la forza delle camicie nere come lo strumento volto a ga­rantire l’instaurazione dello stato fascista. L’istituzionalizzazione della milizia non fu quindi un atto di « normalizzazione », come propone Renzo De Felice, bensì il richiamo e l’ordine inderogabile per le squadre e i ras di rientrare nella legalità voluta dal fascismo. Cfr. R. d e f e l i c e , M u sso lin i il fasc ista . L a co n q u is ta d e l p o tere cit., pp. 430-31.14 II 5 gennaio 1927 M ussolin i in viava una circolare ai prefetti in cu i, oltre ad affrontare la delicata questione dei rapporti tra organi di partito e istituti d ello stato, ordinava « Una tem pestiva prevenzione » cosi da rendere inutile una « costosa e tardiva repressione » , 0.0., vo i. X X II, pp. 467-70.15 Mussolini usava lo slogan « forza e consenso », probabilmente traendolo da Pareto, per giustificare l’esistenza della Mvsn. « 11 Governo dimostra chiaramente - affermò Mussolini nel 1923 - che egli tende a governare non attraverso la violenza, ma, se è possibile, e in quanto è desiderabile, attraverso il consenso dei cittadini. Naturalmente il Governo accantona e prepara le forze necessarie della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale per avere oltre i con­sensi anche la forza», 0 .0 ., voi. XIX, p. 121.

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to la rivoluzione o che era accorso più tardi nelle file del partito fascista, diven­tava un’« arma di governo » da usare « indipendentemente ed anche contro le ancora vigenti leggi dello Stato ». Con queste parole Novello Papafava denuncia­va la preoccupazione per l’instaurazione di una milizia armata agli ordini di Mussolini16 17 18.Mentre il fascismo veniva da più parti indicato come soluzione ultima e neces­saria per il ritorno alla « normalità della convivenza sociale », prendeva forma - nel cuore dello stato - la regolamentazione di uno strumento volto a garantire la perpetuazione dell’esperimento fascista,7. Un nesso che allora non doveva sfuggire ad osservatori autorevoli che avvertirono il pericolo della tentazione, per il fascismo, di « stravincere » e di abbandonare il « consenso » per la « forza » 1S. L’uso della « forza » e dunque anche della milizia fu in questi anni una costante decisiva non soltanto in situazioni eccezionali, ma soprattutto come pratica poli­tica almeno fino a quando « tutti » non si fossero rassegnati all’« inesorabile fat­to compiuto » 19.Sottovalutare questa componente significa, mi pare, soggiacere ad una visione che - proiettando retrospettivamente le cause e i motivi che portarono la Mvsn alla fine ingloriosa del 25 luglio 1943 - finisce per sottovalutare il peso istituzio­nale e la dimensione politica e sociale della presenza nello stato di una milizia armata di parte.L’attività delle squadre e la loro configurazione istituzionale in quanto organo a « servizio del Governo e dello Stato » come Milizia volontaria per la sicurezza nazionale veniva a riproporsi, almeno nel primo biennio di interregno istituzio­nale, ogni volta che le funzioni del partito tendevano a sovrapporsi e a confon­dersi con quelle del governo, frutto, come si diceva allora, della gloriosa rivolu­

16 n o v e l l o p a p a f a v a , La Milizia Nazionale, « Rivoluzione Liberale », 8 maggio 1923.17 All’indomani della marcia su Roma Salvemini aveva messo in guardia dal considerare il fascismo un fenomeno transitorio; l’organizzazione armata alle spalle di Mussolini avrebbe continuato ad imporlo oltre quella « luna di miele », cfr. g a e t a n o S a l v e m i n i , Scritti sul fasci­smo, a cura di A. Merola e N. Valeri, Milano, Feltrinelli, 1966, voi. II, p. 20. « Si normalizza ma non disarma. Si converte ad una almeno apparente legalità, ma non lascia la preda, morde il freno, non rinunzia al dominio, non rientra ne’ ranghi »; F r a n c e s c o s a v e r i o m e r l i n o , L’Italia qual è. Politica e Magistratura dal 1860 ad oggi in Italia. Fascismo e democrazia, a cura di N. Tranfaglia, Milano, Feltrinelli 1974, p. 319.18 Fulvio zugaro, Il problema dello squadrismo. Esercito regolare e milizia di partito, « Il Mondo », 25 novembre 1922; La nuova milizia, ibid, 19 dicembre 1922; Un equivoco non no­stro, ibid, 21 dicembre 1922. Ai primi del 1923 « Il Mondo », pur conservando i dubbi e le perplessità circa questa milizia e il suo reclutamento, come in un trafiletto del 16 gennaio 1923, lodava però i richiami alla disciplina impartiti da Mussolini e metteva in evidenza i pericoli che sarebbero potuti derivare « da un insuccesso del governo fascista », cfr. I doveri di disciplina dei fascisti, ibid., 13 gennaio 1923.19 Cfr. O.O., voi. XX, pp. 205-17. Non solo per le elezioni dell’aprile 1924, ma ancora per la ricorrenza del I maggio la milizia era stata mobilitata al fine di evitare qualsiasi « dimostra­zione antinazionale » (Archivio di Stato di Bologna - d’ora in poi abbreviato in Asb - , Prefet­tura. Gabinetto, cat. 7, circolare della questura di Bologna, 26 aprile 1924).Ancora nel 1929 si parlava di chiamate della milizia per servizio di ordine pubblico, che po­tevano venir ordinate anche solo dal Comando generale della Mvsn (Comando Generale Mvsn, Ufficio Stampa, La Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, Roma Istituto Poligrafico Stato, Libreria, 1931, p. 14). In questi anni, a seguito della difficile situazione economica, a Torino il prefetto mobilitava la milizia, anche se una più intensa azione comunista, all’interno del corpo armato del fascismo, creava dei dissidentismi e la milizia, a Faenza, non rispondeva agli ordini di mobilitazione. L’episodio di Faenza è ricordato in un opuscolo di « Giustizia e Li­bertà », indirizzato « Agli Ufficiali dell’Esercito ». Sull’azione di comunisti, all’interno delle forze armate, cfr. G io r g io b o a t t i , Aspetti dell’azione antimilitarista del Pcd’I all’interno delle forze armate fasciste, 1926-1936, « Rivista di Storia Contemporanea », 1979, n. 3.

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zione non di un partito ma di un movimento ideale ed etico teso al ripristino di un « clima nazionale ». Ma il « governo di partito », « cosa lecita e in certe con­tingenze desiderabile », come annotava Volpe all’indomani delle elezioni dell’apri­le 1924, non doveva per la sua stessa esistenza travalicare i limiti della legge co­mune e la milizia non essere sic et simpliciter agli ordini del partito20. Filtrava attraverso questo monito la preoccupazione che il fascismo, accelerando i propri tempi nella conquista del potere, si irrigidisse, mentre attraverso i suoi « istituti rivoluzionari » come il Gran Consiglio e la milizia il « governo dello stato dive­nuto fascista » doveva iniziare un processo di « fascistizzazione » dello stato stesso fino a renderlo « intrinsecamente nazionale, superiore ai partiti, compreso lo stes­so Pnf » 21.Si trattava pur sempre di un moto di rivolgimento tendente all’assorbimento del­l’apparato amministrativo e istituzionale prefascista, ma in una scansione spazio­temporale che non permetteva facili e repentini moti decentratori né l’uso della forza — indispensabile strumento di dominio politico — in maniera indiscrimi­nata. Il terrorismo doveva adattarsi e, in alcuni casi, lasciare il campo ad altre forme di azione politica giacché la « rivoluzione », dopo un primo tempo in cui lo stato aveva riacquistato la sua legalità « non formale ma sostanziale », aveva bisogno di altri sviluppi fino alla conquista e alla « rivoluzione delle coscienze » 22. In questo iter la milizia avrebbe migliorato la sua sistemazione legale, integran­dosi nel complesso delle forze armate, senza però rinunciare al suo carattere pret­tamente fascista23. Non vi è dunque alcun motivo per pensare che Mussolini volesse ridimensionare il ruolo della milizia con il nuovo regolamento dell’ago­sto 1924: da una parte questo era l’esito di un progetto in discussione fin dal di­cembre 1923 24 e che nell’aprile del ’24 non aveva ancora trovato una forma ade­guata 25, dall’altra significava rafforzare la compagine del fascismo come « milizia armata » all’interno dell’ordinamento dello stato.Con il regolamento del 4 agosto 1924 la milizia, pur giurando fedeltà al re e sot­toponendosi alle norme disciplinari dell’esercito, rimaneva di fatto agli ordini del presidente del Consiglio come arma « intatta e intangibile a presidio della patria, dell’ordine e naturalmente del regime fascista » 26.Le disposizioni dell’agosto sul nuovo status della milizia — precedentemente ap­provate dai comandanti delle squadre — confermavano non solo la « volontà » del fascismo di continuare ad avere le sue legioni, ma anche la ferma decisione di inserirle in uno stato che doveva essere il frutto di quel rivolgimento etico, cri­stallizzatosi nella « rivoluzione d’ottobre » 27.

20 Gio a c c h i n o v o l p e , Un’occhiata alla nuova Camera, « Gerarchia », aprile 1924.21 G. v o l p e , Storia elei movimento fascista, Milano, ISPI Istituto di politica internazionale, 19432, pp. 107-108.22 Cfr. d in o g r a n d i , Primo aito, « Gerarchia », dicembre 1924; v i l f r e d o p a r e t o , Legalità, ibid., aprile 1923.23 Cfr. O.O., voi. XX, p. 174, discorso tenuto da Mussolini il I febbraio 1924 in occasione della celebrazione del primo anniversario della istituzione della Mvsn.24 Co r r a d o z o l i , La riforma della milizia, « Il Popolo d’Italia », 25 luglio 1924.25 Come rilevava Raggioni ad Acerbo il 4 aprile 1924, Acs, Presidenza del Consiglio dei Mi­nistri (d’ora in poi abbreviato in Pres. Cons.) Rubrica (1924), busta (b.) 741, fascicolo (f.) « Mvsn ».26 Al f r e d o f e l i c i , La milizia nazionale, « Gerarchia », luglio 1924.27 II « Mondo » dando notizia del rapporto dei comandanti della milizia a palazzo Chigi (Comandanti della milizia a Palazzo Chigi, 22 luglio 1924) commentava; « Mussolini ha illu­strato nelle sue linee essenziali il progetto di sistemazione della milizia e ha invitato i coman­danti di zona ad esprimere il loro parere « Essi, unanimamente, hanno dichiarato che il prò-

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Il reclutamento veniva solo formalmente aperto a « tutti i cittadini del regno », di fatto l’ammissione dipendeva da « speciali condizioni di idoneità fisica, morale e politica » mentre l’equiparazione dei gradi della gerarchia squadrista a quella militare — sanzionata dalle disposizioni dell’agosto 1924 e vista come segno di uno svuotamento del ruolo politico della milizia — non ebbe di fatto attuazione28. Nel 1926, infatti, una relazione alle Camere per l’abrogazione di quell’articolo sui gradi affermava « che la gerarchia, contemplata nell’ordinamento dell’agosto 1924, non era mai entrata in vigore; le « necessità » radicate all’origine della istituzio­ne della milizia erano così prevalse sulla « teorica costituzione della legge » 29.Non vi fu dunque un ridimensionamento della milizia, né una tale ipotesi può es­sere suggerita dalla lettura dei telegrammi con i quali Mussolini s’informava circa lo stato d’animo e le impressioni che il nuovo regolamento aveva prodotto sugli squadristi e che definiva « soddisfacente » sotto « ogni riguardo » 30. Uno schema completo della presidenza del Consiglio sulle ripercussioni prodotte dal nuovo ordinamento tra ufficiali e militi della Mvsn, ne dava un quadro abbastanza posi­tivo anche se segnalava che qualche preoccupazione, determinata da « interessi puramente personali », serpeggiava non solo a Firenze e a Ravenna, dove nel rapporto con il partito la milizia contava molti punti di forza, ma anche a Roma, a Bologna e a Cremona, per citare solo le province più rappresentative31. Escluse queste perplessità, era però diffuso il convincimento che il decreto avesse prodotto « buona impressione » e che l’unico punto che sollevava qualche dubbio fosse quello sulla equiparazione della gerarchia squadrista a quella militare, che avreb­be dunque ridotto il valore dei gradi conquistati dai comandanti delle squadre. In linea di massima, comunque, il provvedimento aveva soddisfatto gli ambienti della milizia, così che non sembrava necessaria « nessuna azione persuasiva » da parte delle autorità competenti32.Non può dunque condividersi la prospettiva che vede nel regolamento dell’agosto 1924 quasi una volontà del fascismo di limitare le funzioni della milizia a quelle di un « amorfo organismo poliziesco » 33. Secondo questa interpretazione la « truppa scelta della rivoluzione » sarebbe diventata un organismo ibrido, né pie-

getto, formulato d’accordo tra lo stato maggiore dell’esercito e il Comando generale della mi­lizia, risponde all’anima e alla speranza della milizia ».28 L’art. 7 del RDL 4 agosto 1924 affermava che i militi « tratti dai cittadini del regno » dovevano corrispondere a « speciali condizioni di idoneità fisica, morale e politica ». Il « Mon­do » (// nuovo ordinamento della milizia fascista approvato dal Consiglio dei Ministri, 2 ago­sto 1924), rilevava che la specificazione di corpo reclutato secondo « l’idoneità politica » e di­pendente dal Presidente del Consiglio era l’elemento più lampante che la milizia non si sot­traeva alla tutela del partito anzi che questa, inserita nelle forze armate dello stato, assicurava la salvaguardia militare del fascismo. Al b e r t o a q u a r o n e , La Milizia Volontaria cit., n. 3, pp. 268-69 ha invece visto in questo ordinamento il passaggio della milizia da organo di partito a istituzione statale e quindi la sua riduzione ad una sostanziale ambiguità.29 Acs, Pres. Cons. Rubrica (1928-1930), b. 1088, f.l. L’art. 5 del RD 14 gennaio 1923 cit., affermava che la nomina degli ufficiali doveva avvenire tramite decreto reale. Tale disposizione venne però sospesa con il RD 15 marzo 1923, n. 967, il quale disponeva che le nomine fossero fatte, con carattere provvisorio, dal Comando generale della Mvsn. Lo stesso Balbo nel suo organo II « Corriere padano » affermò che la disposizione dell’agosto sui gradi non ebbe mai attuazione, (E la Milizia?, 7 aprile 1925).V it t o r i o v e r n é , Mvsn, Milano, Società Nazionale Editrice Propaganda 1937, p. 133, sostenne che il decreto dell'agosto rimase sulla carta e, pur non essendo mai abrogato, non venne nem­meno messo in pratica.30 Acs, Pres. Cons. Rubrica (1924), b. 741, telegramma cifrato di Mussolini ai prefetti.31 Acs, Pres. Cons. Rubrica (1924), b. 741.32 Acs, Pres. Cons. Rubrica (1924), b. 741, fonogramma interno della prefettura di Roma a Mussolini, 6 agosto 1924.33 Cfr. A. a q u a r o n e , La milizia Volontaria c i t . , p . 269.

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namente di partito né completamente inserita nelle regolari istituzioni dello stato, si sarebbe unicamente affiancata e sovrapposta ai corpi di controllo sociale e poli­tico già esistenti. Si tratta di una ipotesi che, a mio parere, disconosce il piano generale dei rapporti di forza, visti anche come pratica politica di affiancamento34, che il fascismo andava organizzando: il parlamento — aveva affermato Mussolini — non doveva essere per il fascismo « l’unico ambiente » in cui tutte le situazioni politiche di una nazione in momenti eccezionali, trovano la loro soluzione ordi­naria e regolare3S; in quest’ottica le squadre erano talvolta le « ferree legioni » pronte ad ogni cenno del duce « per la salute e la grandezza d’Italia », ma anche l’impulsiva e fremente forza che poteva sfuggire dalle mani al comandante su­premo del fascismo che, troppe volte per eccessiva longanimità, le aveva trat­tenute 36.Con ciò non si vuole affermare la priorità della milizia rispetto agli organi di con­trollo e di repressione dello stato, ma soltanto sottolineare la possibilità di contrat­tazione che il fascismo continuava a mantenere, rivendicando lo strumento della milizia come presidio del nuovo clima.Nel tempo le funzioni di controllo sociale non potevano esaurire i compiti della milizia che doveva servire anche come « palestra di educazione spirituale », pur mantenendo i connotati di un organismo nato come emanazione della « Italia Vittoriosa e Combattente »; d’altra parte lo stesso partito fascista modificava la propria fisionomia, anche se non assumeva il carattere di una formazione me­tapolitica e in sostanza neutrale37 e, come la milizia, s’inseriva nel complesso in­treccio del corpus dello stato, modificandone la struttura e il significato.

« Le funzioni del cittadino e del soldato sono inscindibili nello stato fascista »

Giovanni Gentile, definendo le caratteristiche dell’« era nuova » che si apriva con la legge del 1928 sul Gran Consiglio, vi individuava il passaggio, la « tra­sformazione » e la « risoluzione » della rivoluzione nello stato:

Il partito cessa definitivamente di essere un partito e manda perciò il suo Segretario nel Consiglio dei Ministri. Come organizzazione della grande maggioranza nazionale o delle masse politicamente significative del popolo italiano, esso diventa la Nazione che esprime dal suo seno il Governo, e perciò lo riconosce e ne è governata [...] La Nazione coincide in verità col Partito, in quanto aderisce al Regime, ossia allo spirito che informa e regge la vita nazionale. Il Partito perciò è totalitario [...] Dentro lo Stato la libertà con la di­sciplina, fuori niente38.Difficile è stabilire quale tipo di rapporto venne in effetti a istituirsi tra gli organi di partito e le istituzioni dello stato, certo è che una serie di elementi — non

34 « Noi abbiamo visto svolgersi - scriveva Giovanni Amendola sul « Mondo », 11 aprile1923 - ed estendersi ogni giorno di più la attuazione di un disegno alla lunga insostenibile, nel quale, accanto ad ogni organo statale viene collocato un organo fascista, che lo domina, lo controlla e lo paralizza: il Gran Consiglio accanto al Consiglio dei ministri, i commissari poli­tici accanto ai prefetti, i segretari dei fasci accanto ai vari organi dell’autorità statale, ecc. E’ superfluo aggiungere che, in questo sistema, spetta al ministro, al prefetto, al questore, al fun­zionario in genere di ubbidire al corrispondente grado della gerarchia fascista ». G io v a n n i a m e n d o l a , Al di sopra degli equivoci, «11 Mondo», 11 aprile 1923.33 Cfr. O.O., voi. XXI, pp. 85-86.33 Cfr. O.O., voi. XX, pp. 205-217.37 m a r c o p a l l a , La conquista fascista del potere, « Studi Storici », 1974, n. 4, p. 979 e e r n e s t o r a g i o n i e r i , Il partito fascista, in La Toscana nel regime fascista cit., pp. 79-80.38 G io v a n n i , g e n t i l e , La legge del Gran Consiglio, « Educazione fascista », 1928, n. 9, ora in A. Aquarone, L’organizzazione dello stato totalitario cit., pp. 496-500.

Dal partito armato al regime totalitario 39

ultimo gli effetti della grande crisi sull’Italia e conseguentemente un nuovo in­dirizzo di politica economica, il raggiunto accordo con la chiesa ma anche i con­trasti con l’Azione cattolica — spinsero il fascismo a scegliere la strada del par­tito di massa organizzato militarmente 39.In questo contesto la milizia, corpo militarizzato ma dai caratteri politici ben defi­niti, rimaneva come presidio di un ordine conquistato e simbolo di uno stato che nella mobilitazione generale indicava la sua caratteristica di nazione concorde sotto i voleri di un capo e « sempre in armi ». D’altra parte, in tutta Italia, ancora alla fine del 1927, continuavano ad esistere — come affermava un anonimo in­formatore della Pubblica Sicurezza — « centri di illegalismo » in una situazione politica generale molto più grave della « crisi morale » seguita al delitto Matteotti, mentre da Roma in giù il fascismo rimaneva « un enorme punto interrogativo » e in Sicilia quasi non esisteva40. Il fascismo non poteva dunque liberarsi del suo presidio armato limitandolo ad un ruolo esclusivamente burocratico41.Il secondo tempo della « rivoluzione », la costruzione del regime totalitario non poteva nemmeno accettare l’esistenza di elementi disgregatori, né di piccole vio­lenze individuali, come la presenza delle squadre ai margini della milizia, o movi­menti dissidenti all’interno del partito42. « Voi sapete — affermò Mussolini nel discorso di chiusura del V congresso nazionale del Pnf — quello che io penso della violenza. Per me essa è profondamente morale, più morale del compromes­so e della transazione. Ma perché abbia in sé stessa la giustificazione della sua alta moralità, è necessario che sia sempre guidata da un’idea giammai da un basso calcolo, da un meschino interesse » 43.La « violenza individuale », la persistenza delle squadre accanto alla « regolare milizia », continuerà invece a turbare il fascismo per tutti gli anni venti e parte degli anni trenta, arrivando, nei primi mesi del 1925, a conoscere forme di tensio­ne molto acuta all’interno dello stesso fascismo44. Nel concreto esercizio del po-

39 e r n e s t o RAGIONIERI, Il partito fascista c i t . , p p . 79-80.40 Naw, Personal Papers of Benito Mussolini, cont. 1122, Atti del Gran Consiglio, ottobre 1927.41 Dal 1925, con il proliferare delle milizie speciali, si assisterebbe - a parere di Aquarone (La Milizia Volontaria cit., n. 4, pp. 363-64) - ad un fenomeno di « elefantiasi periferica », men­tre al centro le funzioni della milizia vera e propria sarebbero state sempre più imprecise e nebulose. Dal 1928 vi erano inoltre state varie proposte per l’istituzione di milizie delle acque, di una milizia sanitaria, di una doganale e di una delle bonifiche. Queste intenzioni del regime andrebbero - mi pare - studiate con un’attenzione maggiore non solo come volontà del fasci­smo di penetrare in ogni ganglio della vita civile, ma soprattutto come segno di quella tentata militarizzazione del tessuto sociale.42 Acs, Ministero dell’Interno, Direzione generale PS, affari generali e riservati (d’ora in poi Min. Int., Dir. gen. PS, affari gen. e ris.) (1924), b. 87, prot. 1528, 8 settembre 1924.43 O.O., voi. XXI, p. 357.44 Nel corso del 1925 Federzoni inviò ai prefetti numerose circolari telegrafiche in cui si richiedevano notizie dettagliate sul problema dello squadrismo, sulla sua convivenza ai margini della milizia, sulle possibili interferenze del partito, cfr. Al b e r t o a q u a r o n e , L’organizzazione dello stato totalitario, cit., pp. 382-85.Ma lo squadrismo, a differenza di quanto aveva ipotizzato Mussolini per il caso Galbiati e Tara­bella che si era concluso con la radiazione dei due consoli, era molto più radicalizzato e diffuso; d’altronde le connivenze toccavano non solo « le autorità politiche », ma anche il governo così che, difficilmente, si sarebbe estirpato il fenomeno con un provvedimento esemplare. Naw, Per­sonal Papers of Benito Mussolini, cont. 1118, Atti del Gran Consiglio, settembre 1925.Ancora nel 1930, a Firenze, un piccolissimo nucleo di fascisti aveva promosso la costituzione di una banda « Tamburini », alla quale avevano aderito anche due militi di una legione della Mvsn. Cfr., m a r c o p a l l a , Firenze nel regime fascista 1929-1934, Firenze, Leo S. Olschki, 1978, pp. 152-53.

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tere questa situazione che creava certamente delle difficoltà, poteva anche essere sfruttata da Mussolini per autocandidarsi come l'unica persona in grado di trat­tenere « quella » parte del fascismo, per troppo tempo tenuta su un letto di Procuste45.D’altra parte il nuovo Testo Unico di Pubblica Sicurezza, del novembre 1926, non solo allargava l’organico della intelaiatura per il controllo politico, ma istituiva in ogni provincia presso la Prefettura un ufficio di polizia politica alle dipendenze del prefetto, che doveva agire in collaborazione con uno speciale ufficio per le indagini politiche (Upi) diretto da un ufficiale della Mvsn e con sede nel rispettivo comando di legione, mentre la stessa polizia veniva rafforzata e posta sotto la direzione di un tecnico accorto come Bocchini46 47.Questa presenza di organismi di controllo politico diversi dà uno spessore signi­ficativo alla formula di « stato di polizia » e non di partito, usata per gli anni succesivi al nuovo Testo Unico di PS, anche se non in funzione onnicomprensiva. D’altra parte, mentre tutti i principi di libertà venivano negati, si stabiliva un’equa­zione matematica tra il governo fascista e l’entità stato, così che la funzione della Pubblica Sicurezza non doveva più essere considerata nei termini della « ecce­zionalità ». Al contrario Rocco ne esplicitava la natura di carta costituzionale di uno stato di polizia assoluto, per cui le prerogative della Pubblica Sicurezza dovevano essere giudicate come una delle funzioni primarie dell’attività dello stato, il cui esercizio non poteva venir ostacolato da assurdi preconcetti48.Il rapporto fascismo-popolo e la equivalenza popolo-nazione, popolo-stato, non si poteva comunque esaurire nelle norme sul restringimento, se non sulla completa eliminazione, del diritto liberale; si trattava di « situare » il partito nell’intreccio della struttura nazionale, giacché era stato per ridare allo stato « consistenza », « autorità », forza e prestigio, per « farlo uno e intangibile », che il fascismo ave­va combattuto per ricreare, in sostanza, un « clima nazionale » di cui si sentiva il portavoce storico 49. Ma il fascismo avrebbe dovuto creare dall’interno e con i « suoi uomini » quello stato fascista che aveva più volte proclamato come il ne­cessario portato della « rivoluzione nazionale », frutto dell’unità perfetta del par­tito e del governo50. In questa prospettiva una circolare « riservatissima-racco- mandata » del segretario del partito Giuriati ai segretari federali delle province, del 12 novembre 1930, in cui si richiedevano i nomi di « uno o più camerati » da « trarre da varie categorie » (professori, magistrati, deputati, ufficiali della Mvsn) per la compilazione di uno schedario dal quale poter attingere « uomini cui affidare cariche o uffici » 51, appare oltremodo illuminante della volontà di rac­colta, attraverso la mediazione ravvicinata del partito a livello periferico e locale, di « uomini fedeli al regime » 52.

45 Parte non pubblica del discorso conclusivo di Mussolini al Consiglio Nazionale del par­tito, 7 agosto 1924, pubblicata da R. d e f e l i c e , Mussolini il fascista cit., p p . 671-72.46 Cfr. p a o l a c a r u c c i , L'organizzazione dei servizi di polizia dopo l’approvazione del Te­sto Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza, «Rassegna degli Archivi di Stato», 1976, n. 1.47 Cfr. A. l y t t e l t o n , La conquista del potere, cit., p. 480.48 S i l v i o t r e n t i n , Le trasformation récentes du droit public italien, Paris, 1929, p. 380.49 Cfr. O.O., voi. XXII, pp. 467-70.50 E n r i c o c o r r a d in i , Governo e partito, « Gerarchia », gennaio 1925.51 Naw, Personal Papers of Benito Mussolini, coni. 490, circolare n. 1 di protocollo « riser- vatissimo-raccomandato », 12 novembre 1930. Non si sa se tale schedario venne poi costituito o se, con le dimissioni di Giuriati, decadde anche il progetto.52 Cfr. g i a n p a s q u a l e s a n t o m a s s i m o , Il fascismo degli anni trenta, «Studi Storici», 1975, n . 1, p. 109.

Dal partito armato al regime totalitario 41

11 carattere prettamente fascista e di « partito » della milizia era riaffermato dal­l’assunzione del comando generale da parte di Mussolini, nell’ottobre 1926, che sanava quelle voci di una contrapposizione, nel Gran Consiglio dello stesso ot­tobre, fra due opposte tendenze: una rappresentata da Farinacci e dai suoi se­guaci, che sostenevano la tesi di una completa emancipazione della milizia dal­l’esercito, l’altra che richiedeva una « maggiore fusione » nell’esercito per una completa « fascistizzazione » di quest’ultimo53. Le voci raccolte dall’anonimo in­formatore della PS non dovevano infatti essere prive di fondamento se una let­tera « riservatissima » di Mussolini al comandante generale della milizia Gonza­ga, del 24 settembre 1926, accennando ad un progetto di riorganizzazione presen­tato dallo stesso Gonzaga, lo definiva inadeguato alla « nuova situazione » e con­cludeva affermando: « Per togliere ogni equivoco ho deciso di assumere io stesso personalmente e direttamente il comando della Mvsn per farne lo strumento ade­guatissimo a tutte le necessità del regime sia all’interno che all’esterno » 54.D’altra parte le stesse alte gerarchie militari si mostravano contrarie a qualsiasi intervento diretto del fascismo e tutelavano le loro prerogative muovendosi in una difesa corporativa della loro autonomia, come dimostrava il complesso di leggi votate nel febbraio 1926 e «formanti lo statuto definitivo dell’esercito» che riaf­fermava la chiusura « politica » e « tecnica » della forza armata dello stato5S.La discussione sulla collocazione politica della milizia, rispetto all’esercito, non illumina unicamente il problema specifico, ma fa intravedere le coordinate più generali del rapporto, di sovrapposizione ma anche di parallelismo, tra gli organi dello stato e le istituzioni del partito. Da un lato, l’esercito non poteva rimanere estraneo al « rivolgimento compiuto dal fascismo », altrimenti il regime rischiava di trovarsi, al momento opportuno, « senza le sue baionette » 56, dall’altro, il « braccio armato » del fascismo affiancandosi per le operazioni di guerra alle forze armate dello stato, non doveva incontrare né l’ostilità né l’indifferenza di queste ultime. Rispetto ai tempi dell’istituzione e della legalizzazione di una mi­lizia di parte in cui il fascismo cercava di contendere ai tradizionali organi dello stato il concreto esercizio del potere, il regime mirava ora ad una pratica di affian- camento.In questo contesto, dopo la contrapposizione nel Gran Consiglio e la risoluzione di Mussolini di assumere personalmente il comando generale della Mvsn, il pro­blema dell’impiego delle unità della milizia in guerra tornava ad essere uno dei temi centrali. La sicurezza di avere un esercito in mano a « vecchie e fedeli cami­cie nere » spingeva l’allora segretario del partito, Augusto Turati, a proporre nel 1930 un «inquadramento» degli ufficiali della milizia nell’esercito»57. Turati traeva tali conclusioni da un’informazione che inviava a Mussolini e in cui si

53 Acs, Min. Int. Dir. gen. PS, affari gen. e ris. (1926), b. 96, f. « Milizia Affari generali Varie » e Al b e r t o a q u a r o n e , L’organizzazione dello stato totalitario, cit., p. 364.54 Acs, Segreteria Particolare del Duce. Carteggio Ordinario (d’ora in poi abbreviato in Segr. Pari, del Duce. Cari. Ord.), fondo 500.020, risposta « riservatissima » di Mussolini a Gonzaga, 24 settembre 1926.55 Le norme Cavallero Badoglio, per le quali si rimanda agli studi di G io r g io r o c h a t , L’esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini, Bari, Laterza, 1967, pp. 575-94 e G io r g io r o c h a t -g i u l i o m a s s o r b i o , Breve storia dell’esercito italiano dal 1861 al 1943, Torino, Einaudi 1978, p. 220, furono definite da Mussolini «lo statuto definitivo dell’esercito», cfr. O.O., voi. XXII, p. 158.56 Naw, Personal Papers of Benito Mussolini, cont. 1122, Atti del Gran Consiglio, lettera promemoria di Giuriati a Mussolini, 22 febbraio 1931.57 Naw, Personal Papers of Benito Mussolini, cont. 1122, lettera-promemoria di A. Turati a Mussolini, I gennaio 1930.

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denunciava un « morale » dell’esercito non soddisfacente e il trattamento prefe­renziale di cui avrebbero goduto gli ufficiali della Mvsn. Il nuovo ordinamento della milizia del settembre 1929 — ordinamento Teruzzi dal nome del nuovo capo di stato maggiore della Mvsn — era stato un elemento ulteriore di diffidenza o almeno non era riuscito a produrre quei reali « sentimenti di cameratismo e di affetto » tra i due corpi dello stato.

Non mancavano specialmente amare riflessioni sulle ben diverse condizioni della Mvsn — notava l’informatore — in favore della quale il Governo Nazionale non avrebbe le­sinato né danari né mezzi. In special modo si osserva e si lamenta che Ufficiali, i quali nell’Esercito ricoprivano gradi modesti, abbiano trovato la possibilità di ascendere senza difficoltà, con poca preparazione e in molti casi con limitate benemerenze di guerra, ai gradi più elevati della gerarchia58.L’importanza dell’ordinamento Teruzzi deve essere ricercata proprio nel tentativo di risolvere il problema della collocazione della milizia rispetto all’esercito in guerra: le camicie nere non solo dovevano garantire il « fronte interno », ma so­prattutto costituire « dal personale iscritto alla milizia e avente obblighi militari (...) un’aliquota di battaglioni Ccnn a piedi e ciclisti, destinati ad operare in caso di guerra con le grandi unità dell’esercito mobilitato » 59. Rispetto all’ordinamento istitutivo del 1923, in cui, in caso di mobilitazione generale, la « milizia fascista » sarebbe stata assorbita dall’esercito e dalla marina « in armi », l’ordinamento del 1929, introducendo a fianco dell’esercito i battaglioni Camicie Nere, considerava la « forza morale » delle armi l’elemento principale della vittoria » 60.La consistenza dei battaglioni Camicie Nere che, per accordi intercorsi con il ministero della Guerra, doveva rimanere segreta 61, sembra essere stata nel 1933 di trenta battaglioni con un totale di 20.130 uomini quasi tutti di truppa (19.530) 62; è dunque possibile supporre che la consistenza numerica di un battaglione, costi­tuito secondo la norma ternaria della Mvsn (3 compagnie basate rispettivamente su 3 plotoni e ogni plotone su 3 squadre) non fosse superiore alle 700 unità tra ufficiali e truppa. In linea di massima questi battaglioni dovevano essere reclutati tra le legioni che avevano la stessa sede di giurisdizione delle divisioni militari 63 e già prima dell’ordinamento Teruzzi dovevano aver fatto la loro apparizione 64. Una relazione di un ufficiale di marina, alla presidenza del Consiglio, che aveva assistito alle esercitazioni di questi battaglioni della zona lombarda, non li vedeva come « doppioni dell’esercito » ma come formazioni per compiti speciali che ri­chiedevano in modo particolare

salde qualità morali della massa, altissimo spirito di combattività e di iniziativa dei singoli, non eccessiva metodicità nello svolgimento delle fasi [...] Mi è stato riferito — continuava la relazione — da Alte Autorità competenti che S.E. il Capo del Governo

5« Ibid.55 Comando Generale Mvsn, Ufficio Stampa, La Milizia cit., capo XXI, « Battaglioni Ccnn », pp. 32-33.60 Naw, Personal Papers of Benito Mussolini, cont. 1122, lettera-promemoria di Giuriati a Mussolini. Come ricordava E. Bazan - capo di stato maggiore della Mvsn dal dicembre 1924 al dicembre 1928 - il problema era già stato posto dall’agosto 1927; scartata l’ipotesi di una « disseminazione atomica » della milizia nelle file dell’esercito e la formazione di una armata nera, era necessario trovare una soluzione intermedia. Cfr. E n r i c o b a z a n , La Milizia Volonta­ria per la Sicurezza Nazionale, In AA. W ., La civiltà fascista illustrata nelle dottrine e nelle opere, Torino Unione Editoriale Torinese 1928, p. 595.61 Acs, Pres. Cons. Rubrica (1928-30), b. 1088, f. 1.62 Acs, Segr. del Duce Cari. Ord., fondo 500.020, memoria del 23 luglio 1933.63 Comando Generale Mvsn, Ufficio Stampa, La Milizia cit., capo XXI cit. p. 32.w Anche Attilio Teruzzi, nella relazione sugli schemi di legge concernenti lo stato giuri­dico della milizia dell’ottobre 1929, definiva questi battaglioni di camicie nere come di fatto «già esistenti», Naw, Personal Papers of Benito Mussolini, cont. 1122, Atti del Gran Consiglio.

Dal partito armato al regime totalitario 43

avrebbe intenzione di creare, oltre agli 80 battaglioni di guerra da assegnare organica- mente alle Divisioni dell’Esercito (2 per Divisione), altri 40 battaglioni coi quali costi­tuire grandi unità di camicie nere65.

Il numero di questi battaglioni veniva fissato con « determinazione del Capo del Governo » e a tutti gli effetti queste formazioni, almeno fino al nuovo ordina­mento della Mvsn del 1936 (ordinamento Russo), dovevano considerarsi una « spe­cialità » della milizia, così come venivano indicate dalla relazione al progetto di legge che le istituiva e che fissava in venti milioni annui la spesa del loro man­tenimento 66 67 68.Il « volontario » della milizia ordinaria che bene doveva « ponderare » e valutare la « gravità della promessa che spontaneamente faceva » e che, anche a costo di un sacrificio, doveva mantenere — come si legge in un articolo del regolamento di disciplina — assumeva invece nei battaglioni Ccnn un impegno di ferma per dieci anni, anche se poteva usufruire di alcune norme di « preferenza » e « pre­cedenza » per le assunzioni nei pubblici ufficiw.L’ordinamento Russo dell’ottobre 1936, che sostituiva quello precedente « in se­guito alle manifestatesi necessità di adeguare la propria organizzazione all’impie­go che la milizia avrà in guerra », sanzionerà di fatto la volontà del regime di im­piegare la milizia come organo parallelo all’esercito, in caso di mobilitazione generale. La legione veniva ordinata su un « battaglione Ccnn con rispettiva coorte complementi costituito con effettivi di età dal 26° al 36° anno escluso » e un « battaglione Ccnn territoriale con rispettiva coorte complementi costituito con effettivi di età dal 40° al 55° anno incluso interessato alla difesa territoriale del paese » 6S.

Un ordinamento che si adeguava a nuove prospettive del regime sia all’interno, con l’approvazione delle leggi per la « Nazione militare », sia all’esterno dopo l’impiego delle truppe italiane in Africa, e che in generale tendeva a rendere fun­zionale il « braccio armato » del fascismo ad una mutata situazione del paese69.La tesi che vede, proprio a partire dagli anni trenta, una perdita di ruolo poli­tico della milizia, non considera le coordinate più generali del rapporto esercito- fascismo e della permanenza nello stato di un’altra forza armata reclutata al di fuori del controllo dell’esercito, la milizia volontaria, disconoscendo in tal modo le prospettive nuove che il fascismo tendeva a concretizzare attraverso la crea­zione di un regime reazionario di massa dove al controllo sociale si sommavano forme nuove di dominio politico.

65 Acs, Pres. Cons. Rubrica (1928-30), b. 1088, f.l, sottof. 1-12, relazione di un capitano di marina alla Presidenza del Consiglio, 3 settembre 1929.66 Acs, Pres. Cons. Rubrica (1928-30), b. 1088, f. 1.67 Ibid. L’impegno di ferma per 10 anni, definito come una sorta di « volontarietà perma­nente », doveva servire per assicurare la stabilità alla forza di battaglioni. Oltre ai premi in denaro allo scadere dei primi cinque anni e a 2.500 lire alla fine dell’impegno dei dieci anni, vi erano anche polizze di assicurazione per gli appartenenti ai battaglioni Ccnn con famiglia numerosa. Il 7 agosto 1931 il ministero delle Finanze chiedeva inoltre una sollecita risposta di chiarimento sulle norme di « precedenza agli appartenenti ai battaglioni CC.NN. », notando come sia la Presidenza del Consiglio, sia il Comando generale della Mvsn, fossero ormai d’ac­cordo a differenza delle titubanze che continuava a dimostrare il ministero dell’Interno. Acs, Pres. Cons. Rubrica (1928-30), b. 1088 f.l.68 Acs, Segr. Pari, del Duce. Cart. Ord., fondo 500.020, si tratta di un resoconto sull’atti­vità della Mvsn dal 3 ottobre 1935 al 3 novembre 1939.69 Le leggi per la «nazione militare» del 31 dicembre 1934 (leggi 2150 e 2151) regolavano giuridicamente l’istruzione pre e post militare. La legge sull’istruzione premilitare affermava che le « funzioni del cittadino e del soldato » erano « inscindibili nello stato fascista » e che l’addestramento militare doveva considerarsi « parte integrante dell’educazione nazionale ».

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La milizia, nata dallo squadrismo e successivamente inserita nella struttura sta­tale, doveva prima « armonizzarsi » nel complesso delle forze armate dello stato e poi entrare di diritto a farne parte. L’Ufficio stampa del comando generale della milizia, infatti, nel presentare il regolamento Teruzzi, sottolineava da una parte che la milizia « frutto della marcia su Roma » era un’istituzione « tipica­mente italiana », dall’altra che il « compito educativo e quello militare rappre- senta[va]no due periodi succesivi di quell’azione che la milizia [era] andata via via esercitando e svolgendo a favore della gioventù italiana [giacché...] nessuna altra istituzione meglio della milizia [avrebbe potuto] assolvere questo compi­to » 70. Ma il comando generale non negava alla guardia armata del regime i com­piti di ordine pubblico e di pubblica sicurezza, notando altresì come la creazione di nuove province e la suddivisione amministrativa del regno avesse imposto un correlativo assestamento nella milizia che, « inquadrata solidamente tra le altre forze armate », mentre svolgeva la sua azione politica, doveva prepararsi « ai nuovi compiti che la sua maturità e la evoluzione del fascismo andavano man mano assegnandole » 71.Colpisce in questo nuovo ordinamento la riproposta delle norme disciplinari e dei doveri d’obbedienza nella identica forma del regolamento dell’8 marzo 1923, men­tre si sottolineava la peculiarità dei doveri del milite:

I doveri disciplinari degli appartenenti alla milizia — si legge nell’articolo 20 del para­grafo sulla « disciplina » — oltre ad essere comuni a quelli del militare in genere, mi­rano soprattutto a formare la coscienza del cittadino, poiché si estendono alla vita pri­vata ed implicano, perché spontaneamente accettati, un sacrificio maggiore e più asso­luto in ogni momento e in ogni condizione72.A quel « formidabile esercito di camicie nere », a quella « forza di governo », co­me la definiva Balbo73, s’imponeva dunque una mistica eroica che indicava nella salvaguardia dal nemico interno, come dai pericoli esterni, gli ideali della patria quale «Madre Comune»:

II milite della Milizia nazionale serve l’Italia in mistica purità di spirito, con fede incrol­labile e mistica volontà; sprezza al pari d’ogni viltà la prudenza che nasce dall’oppor­tunismo; ambisce come premio sommo alla sua fede, il sacrificio, sente la fiera bellezza dell’apostolato a cui tutto si vota per fare forte e sicura la grande Madre Comune » 74.Lo stile di vita che il fascismo proponeva si legava da una parte alla mistica dello squadrismo e dello « innato spirito volontaristico della razza », dall’altra in­coraggiava una tensione ideale, un’abdicazione della volontà individuale ad un unico e comunitario sostrato di necessità e richieste: « abnegazione, sacrificio, eroismo » dovevano costituirne i « caratteri indiscutibili » 75. Il milite non doveva conoscere che doveri, l’unico suo diritto era la « gioia di compierli ». « Del co­mandare e dell’obbedire [doveva essere] uguale in lui la fierezza; giacché eser- cita[va] su se stesso il più difficile dei comandi colui che ciecamente obbediva]. Capo o gregario, sia che ordini sia che eseguisca, il milite della Mvsn [doveva] essere sempre ed a tutti esempio di questa purità spirituale » 76. L’« iniziativa,

70 Comando Generale Mvsn, Ufficio Stampa, La Milizia cit., « Premessa », p. VI.71 Ibid., p. V ili.72 Ibid., capo IV, « Disciplina », p. 9.73 Cfr. i t a l o b a l b o , Lavoro e Milizia per la nuova Italia, discorso tenuto il 21 aprile 1923 e riprodotto in opuscolo Roma, G. Berlutti, 1923, p. 42.74 RDL 8 marzo 1923, cit., art. 17.73 Quaderni Dux, Problemi della Mvsn. Milizia e Nazione Armata, a cura dell’Ufficio Stam­pa della 58a legione San Giusto.76 RDL 8 marzo 1923, cit., art. 18.

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« precipua dote di chi comanda », diventava così un « pernicioso difetto » se abu­sata o soltanto usata « in contrasto o danno di ciò che è ordine, o anche sempli­cemente direttiva o istruzione delle autorità superiori » 77 78.Nella legione, come nelle coorti e nei manipoli, doveva passare quel « senso col­lettivo della vita » 7S, quella coesione di « lavoro » e di « lotta » che il fascio lit­torio tendeva a raffigurare: « Se il popolo italiano — si legge in un quaderno d’istruzioni per i militi a cura dell’Ufficio stampa della Mvsn — stretto in una sola volontà, ha trovato la sua plastica espressione simbolica nelle verghe raccolte nei fasci littori, la Milizia trova nella scure, inserta tra le verghe a denotare lo strumento che garantisce e perpetua quell’unione, l’arma che si volge contro chi ad essa attenta. La Milizia è, per tal modo, il presidio della Nazione unita, la po- tenziatrice della vita sociale, la spada nelle mani del Regime » 79.Filtra, attraverso questa descrizione, una sorta di mitologia dello squadrismo, che accanto ad elementi contingenti — come acquisire un certo potere sociale di me­diazione essendo una « camicia nera al servizio dello Stato fascista » — non fu certo un elemento di secondaria importanza. Basta pensare da una parte alle affer­mazioni di Mussolini sullo spazio dei miti nella realtà sociale di un popolo80, dallo altro analizzare come il sogno comunitario di una « società senza classi » venis­se proposto e propagandato in quei numerosi « decaloghi del fascista » o nelle pre­ghiere e nei giuramenti del milite della milizia81. In un decalogo si legge: « La patria si serve anche facendo la sentinella a un bidone di benzina ». « Un com­pagno deve essere un fratello: 1. perché vive con te; 2. perché la pensa come te 82.Attraverso questo « senso collettivo della vita » l’uomo uscendo dal proprio posto di lavoro dove si sentiva una « piccola unità » riusciva ad immergersi in una folla di « migliaia e migliaia di persone che avevano le sue stesse idee » 83. Un meccanismo complesso di azioni combinate alimentava in tal modo la tensione ideologica di una « società senza classi » dove la atomizzazione sociale si dirada­va e il concetto di « nazione » lasciava il posto a quello di « Stato organico » dove non si poteva più ammettere alcun tipo di distinzione tra « popolo e Stato » 84. I « miti » cessavano così nella loro attuazione di essere tali e divenivano « stru­menti di potere politico » 85. Le parate e i campi paramilitari, come le adunate « oceaniche », venivano in tal modo a far parte di un tutto e la nazione a confi­gurarsi come una « grande famiglia ».

77 Ibid., paragrafo sull’« Iniziativa », art. 42.L’art. 20 dell’ordinamento del settembre 1929 da tali considerazioni concludeva: « l’obbedienza e la subordinazione devono essere le doti principali di ogni camicia nera ».78 Cfr. E m i l i o L u d w i g , Colloqui con Mussolini, Milano, A. Mondadori 1932, pp. 122-23.79 Quaderni Dux, Problemi della Mvsn cit., pp. 20-21.80 Cfr., E. Ludwig, op. cit., p. 70.81 II decalogo del fascista e La preghiera del milite, in Quaderni Dux, Problemi della Mvsn cit., pp. 20-21.82 II decalogo del fascista cit.83 R. De Felice, Introduzione, a Ge o r g e l . m o s s e , La nazionalizzazione delle masse. Simbo­lismo politico e movimenti di massa in Germania dalle guerre napoleoniche al Terzo Reich,'Bologna, il Mulino 1975, pp. 2 e sgg.84 Tullio cianetti, Il popolo nel fascismo, Milano, A. Mondadori 1939, pp. 85-92.85 Per il problema della trasformazione dei miti in « strumenti politici », Di e t r i c h o r l o w ,The conversion of Myths into political power: the case of the nazi Party 1925-1926, « The American Historical Review », 1967, n. 3 W a l t e r l a q u e u r (Young Germany. A History of the German Youth Movement, New York, Basic Books, 1962, p. XIV) ha notato, riferendosi al movi­mento giovanile nazista: « wolkish is not folkish but indicates a specific trend in German right wing thought and politics. It is not synonimus with nationalism since it puts people (or, to be precise, the race) above state and nation as a supreme good ».

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Ma la Milizia volontaria era anche la « forza viva e operante dello Stato Fasci­sta », il « principio » di uno stato che cercava di autocandidarsi non come un « raggruppamento di italiani attorno ad un determinato programma, realizzato o da realizzare », ma soprattutto come una « fede che (aveva) avuto i suoi confes­sori e nei cui ordinamenti operavano come militanti gli italiani nuovi, espressi dallo sforzo della guerra vittoriosa e dalla successiva lotta tra la Nazione e l’anti- Nazione » 86.Profondamente diversa, in questa prospettiva, appariva la collocazione della Mi­lizia volontaria rispetto ai corpi paramilitari nazisti delle Schutz Staffeln e delle Sturm Abteilungen, soprattutto rispetto al rapporto con il partito e lo stato. Le disposizioni di attuazione (29 marzo 1935) della legge fondamentale del 1 dicem­bre 1933 sulla garanzia della unità fra il partito e lo stato, un’unità vista come « eine Korpeschaft des öffentlichen Rechts », definivano le SS « parti integranti del partito nazionalsocialista ». Il Führer le dirigeva come capo del partito e dal momento che « nella dottrina tedesca » il partito era « al di fuori dello Stato », la milizia nazista era « una milizia di partito e dunque non [poteva] essere contem­plata nell’ordinamento relativo delle forze armate » 87 88.In Italia invece, mediante un processo di progressiva « identificazione » del par­tito fascista con lo stato, veniva a prodursi un clima mirante alla cancellazione di qualsiasi forma di separazione tra la vita civile e quella militare, di militariz­zazione della società civile che tenderà a concretizzarsi durante il ventennio at­traverso vari tentativi, e di esaltazione dei valori nazionali e militariS8.La milizia, con il Gran Consiglio, secondo le parole di Mussolini, era uno degli « istituti tipici » della « Rivoluzione », « una forza armata agli ordini dello Stato » come il partito era una « milizia civile, agli ordini del Duce, al servizio dello Stato Fascista » 89; ciò non escludeva però l’esistenza di rapporti e collegamenti diretti fra il partito e la milizia. D’altronde un profondo nesso tra le due istitu­zioni, come suggerisce Salvatore Foderaro, autore di un ordinamento giuridico della milizia e allora sostituto procuratore, era stabilito dal fatto che il coman­dante generale della Mvsn era lo stesso « Duce del fascismo », capo anche del Pnf; inoltre vari tipi di collegamento esistevano tra il segretario del partito e il comando della milizia e tra il segretario federale e i comandi della milizia nelle varie province90.Il carattere di istituzione statale, attribuito alla milizia, poneva il problema della qualifica del milite: « ufficiale e agente della forza pubblica », « ufficiale e agente di polizia giudiziaria », « pubblico ufficiale » 91.

86 Come viene rilevato anche nel bollettino pubblicato dal Partito Nazionale Fascista, Foglio d’ordine, 30 ottobre 1929.87 Cfr. s a l v a t o r e f o d e r a r o , La Milizia Volontaria e le sue specialità. Ordinamento giuri­dico, Padova Cedam 1939, p. 10. In generale W i l l i a m l . s h i r e r , Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi 1962, 2 voli.88 Cfr. e r n e s t o r a g i o n i e r i , Il partito fascista cit., p. 72.89 Statuto d e l Pnf, 1932, art. 1, Al b e r t o a q u a r o n e , L’organizzazione dello stato totalitario cit., p. 518.90 Fr e d e r i c k w. d e a k i n (Storia della Repubblica di Salò, Torino Einaudi, 1963, I voi. p. 43) afferma che esisteva un ufficio di collegamento tra la milizia e il partito. Inoltre il RDL 8 marzo 1923 stabiliva che le « domande di ammissione [dovevano] essere presentate al diret­torio del fascio locale e da questo passate alla federazione provinciale, la quale d’accordo con il comando di legione, competente per il territorio, decide [va] dell’ammissione».91 Da un lato alcuni giuristi sostennero che la milizia, sorta come organo di partito, si trasformò nello sviluppo successivo del suo ordinamento, in milizia di stato (An t o n i o v i s c o , Miliza Partito e Sindacati nell’ordinamento giuridico, Roma, Il Nuovo Diritto 1931; s a l v a t o r e

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Fino al secondo ordinamento della Mvsn dell’agosto 1924, la « guardia scelta del­la Rivoluzione » svolse principalmente funzioni di tutela dell’ordine pubblico92: in tale ambito la qualifica e le funzioni di agente della forza pubblica, attribuite al milite, furono, da alcuni giuristi, indicate come una « formula restrittiva » del­l’attività della milizia93. Foderaro notava invece che al milite era stata lasciata ampia « discrezionalità » e « autonomia » e come fuori di qualsiasi servizio co­mandato avesse potuto operare anche degli arresti. In questo caso il milite diveni­va « depositario di una parte dell’autorità sovrana dello stato e, precisamente, del potere esecutivo » 94. La qualifica di pubblico ufficiale risultava così « imma­nente » al milite, « il quale è tale anche se in borghese e fuori di un regolare ser­vizio comandato, purché agisca nella qualità di milite, in quanto vi sia, cioè, un nesso tra il fatto e l’esercizio delle funzioni » 95. La giurisprudenza in proposito subì poi col tempo un’evoluzione continua: il RDL del 2 aprile 1925 conferiva agli appartenenti alla milizia non solo la qualifica di « ufficiale della forza pub­blica », ma affermava l’inutilità della distinzione tra il milite in servizio e non. « Tutti gli appartenenti alla Mvsn anche se non indossino la divisa e non siano inquadrati in seguito a mobilitazione, possono spiegare la loro attività per tute­lare l’ordine pubblico, per impedire la perpetrazione di un reato e reprimere un’azione che le leggi dello stato vietano » 96. Dopo la riforma del codice di proce­dura penale i militi potevano procedere anche a due « atti importantissimi »: « l’arresto obbligatorio e facoltativo in flagranza » e il « fermo di polizia giudi­ziaria ». La omissione di entrambi questi « atti d’ufficio » comportava, per il mi­lite, anche l’arresto. Interessante risulta poi l’esemplificazione con la quale, in un manuale sulle funzioni di polizia giudiziaria della Mvsn, si indicava un caso di « omissione di atto d’ufficio »: se ha l’ordine di vigilare un sovversivo, primo il milite non deve dirlo a chicchessia; qualora venga poi riscontrata la flagranza di reato il milite deve procedere all’arresto pena 10.000 lire di multa e la reclu­sione fino ad un anno. La flagranza di reato poteva essere semplicemente « l’offe­sa all’onore e al decoro del Re o del Capo del Governo ». Accanto alla limitazio­ne assoluta e perentoria delle « associazioni sovversive », sulle quali i militi avreb­bero dovuto vigilare, si ordinava l’arresto di persone « socialmente pericolose »: « Gli ufficiali e i militi della Mvsn [...] devono altresì procedere all’arresto di chi è stato dichiarato delinquente abituale, professionale e per tendenza, o si trova sottoposto a misura di sicurezza personale, degli oziosi e dei mendicanti, di coloro che non hanno residenza fissa nel territorio dello Stato » 97.

f o d e r a r o , La Milizia volontaria e le sue specialità cit., dall’altro si parlò invece della milizia come della trasformazione dello squadrismo in esercito (G i u s e p p e r a b a g l i e t t i , Le istituzioni del regime, Bologna, Verozzi 1935; A. c i c c h i t t i , La Mvsn nell’ordinamento giuridico dello stato, « Rivista penale », 1933 n. 3).92 Al telegramma di De Bono all’Avvocatura militare del tribunale di Roma, in cui si affer­mava che alla milizia non era stato demandato alcun potere di « polizia politica » che non avrebbe potuto inquadrarsi nei « cosiddetti servizi militari » (// delitto Matteotti tra il Viminale e l’Aventino. Dagli Atti del Processo De Bono davanti all’Alta Corte di Giustizia, a cura di Giuseppe Rossini, Bologna, 11 Mulino 1966, p. 599), faceva riscontro un telegramma dello stesso De Bono sulle « funzioni di polizia politica » della milizia ma non di « impiego spicciolo », secondo una decisione dello stesso Mussolini, Asb, Prefettura. Gabinetto, cat. 7, 1923, tei. 16888 da De Bono al prefetto di Bologna.93 Cfr. s . f o d e r a r o , La Milizia volontaria e le sue specialità, c i t , . p . 45.94 Cfr. ibid., pp. 187-88.93 Cfr. ibid., p. 88.96 G. r a b a g l i e t t i , Le funzioni di polizia giudiziaria della Mvsn e delle sue specia­lità, milizia forestale, stradale, ferroviaria, postelegrafonica, portuario e confinaria, Torino S. Lattes e C. 1933, p. 4.92 Ibid., p. 42.

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Poteri che il milite riceveva in virtù del carattere particolare del suo arruolamen­to « che importava non un servizio limitato ad un dato periodo di tempo, come avviene nell’esercito, ma un servizio costante e continuativo anche se il milite viva la vita comune e vesta l’abito borghese. Ed ecco la ragione (per cui) la qua­lifica di pubblico ufficiale si abbia anche senza la chiamata di mobilitazione e sen­za la divisa » 98.La possibilità d’azione lasciata ai militi era dunque assai estesa e trovava con­ferma nelle disposizioni sul porto d’armi, nelle quali si autorizzavano ufficiali, capi-squadra e militi a portare « anche fuori servizio [...] la rivoltella o pistola d’ordinanza ». La relativa autorizzazione veniva concessa dal prefetto della pro­vincia in base « alla motivata proposta del comando di zona interessato » 99.La « difesa attiva » del regime veniva così delegata alla milizia che servì talvolta, anche solo a livello psicologico, come punto di riferimento per un governo che intendeva governare possibilmente con il « consenso », ma pronto nella necessità a ricorrere alla « forza » 10°. Lo strumento volontario a difesa del regime era una forza organizzata capillarmente; da ciò derivava la sua diversa struttura e consi­stenza numerica da regione a regione, ma anche la sua potenziale presenza in ogni luogo 101.Ma le « intenzioni » del regime si scontravano con quelle condizioni generali d’in­certezza che continuavano a contraddistinguere milizia ed esercito in quanto tali e nel loro rapporto con il regime. In questa prospettiva, probabilmente, vanno inserite le lamentele di un’atmosfera non positiva per la milizia e l’opinione che « nei riguardi di questa forza [il regime] non [volesse] prendere nessun impe­gno », attendendo dagli eventi la soluzione del problema, mentre essendo stata « il più valido strumento per abbattere l’impalcatura crollante del regime passa­to » doveva continuare ad essere non solo la « più valida salvaguardia dell’avve­nire » ma soprattutto « la più valida scuola per la preparazione dell’avvenire im­periale » 102. Anche nell’esercito si producevano comunque moti di inquietudine e un « comitato segreto di agitazione fra gli ufficiali del Regio Esercito » denun­ciava una situazione insoddisfacente e il malgoverno del ministero della Guerra mentre si avevano parole di elogio e profferte di fiducia per la persona del Duce 103. L’atteggiamento del paese verso Mussolini non era certo proporzionale all’attac­camento al regime, come si rileva da una lettera di Farinacci a Mussolini del 1933 in cui, oltre al problema della « successione », veniva sottolineata la profonda e

98 A. visco, Milizia, Partito e Sindacati, cit., p. 13.99 Ministero dell’Interno, Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, foglio d’ordini, I ottobre 1923.100 Lo stesso Mussolini aveva sottolineato l’importanza della componente psicologica della « forza armata del fascismo »: « nel giugno scorso (1923-24) lo sciopero che si tentava a Roma - ed i muratori avevano abbandonato i cantieri - gelò non appena sfilò per il corso la legione Francesco Ferrucci di Firenze. Tutti capirono che non c’era da scherzare », O.O., voi. XXI, p. 199.101 La Mvsn era costituita da un numero di legioni che variò, nel corso del ventennio, da 100 a 180. Le legioni, suddivise in coorti, centurie e manipoli, erano poi riunite in comandi di zona. Nel 1927, ad esempio, c'erano 164 legioni più varie coorti distaccate, da 4 a 8 in ogni regione; queste coorti si trovavano talvolta in piccoli paesi o addirittura su piccole isole. Il documento da cui sono tratte queste notizie mi è stato gentilmente fornito dal ten. col. Ettore Lucas.102 Naw, Personal Papers of Benito Mussolini, cont. 459, lettera di V. Verné a Mussolini, 27 gennaio 1925.103 Naw, Personal Papers of Benito Mussolini, cont. 490, « riservatissima-raccomandata » di Ricci a Bocchini, I luglio 1936.

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radicata cesura tra le istituzioni del regime e la società italiana: « pare alle volte che le nostre istituzioni e leggi se ne stiano da una parte e gli uomini dall’altra in silenzio e in sospetto. Effettivamente, Presidente, cos’è lo Stato oggi? La fiducia in Mussolini. Noi non siamo ancora arrivati allo Stato che dà forza agli uomini. C’è l’uomo che dà forza allo Stato. Che avverrà quando ci verrà meno questo uomo? » 104.Il problema è dunque più ampio e avremo bisogno di tenere sempre presente questo quadro d’insieme per non limitare alla milizia un discorso politico che è invece più generale; d’altra parte quella pratica di affiancamento e di parallelismo tra istituzioni dello stato e organi del regime, come tra esercito e milizia, si adat­tava molto bene alla coesistenza di organismi dalle tradizioni e dalla fisionomia politica diverse miranti a raffigurare l’immagine di uno stato che, attraverso una rinnovata forma di governo, si era fatto portavoce dello « spirito della guerra ». La milizia era il simbolo di questo « rivolgimento », l’esercito continuava ad essere 1’« asse portante » di uno stato rivolto a « più alti destini ». Già in occasione della adunata di Napoli, alla vigilia della marcia su Roma, il capitano Aurelio Pado­vani aveva salutato nelle camicie nere il « glorioso esercito grigio-verde »:

Saluto le magnifiche camicie nere della milizia fascista, già provate in mille cimenti, e in nome di queste saluto il glorioso esercito grigio-verde, del quale molti di essi si ono­rano di far parte durante la guerra vittoriosa. Auspico con piena sicurezza, invitandovi ad inchinare i gagliardetti dinanzi alle gloriose bandiere dei reggimenti benemeriti, che l’esercito d’Italia e la milizia fascista come oggi spiritualmente domani sapranno ritro­varsi sulla stessa strada per i migliori destini della patria105.Per affermare quel « senso collettivo della vita » per cui « chi marcia non si di­minuisce [...] ma si moltiplica attraverso tutti quelli che marciano con lui », Mus­solini aveva bisogno di un simbolo guerriero ma fascista I06; non si trattava in alcun modo di intaccare il ruolo e la dimensione dell’esercito; ciò che il fascismo tendeva a costruire con la milizia era una scuola, l’esempio di una generazione che nel fascismo doveva trovare la dimensione dello stato non come ente astratto e staccato, ma come un istituto di organizzazione della vita sociale. « Sì, questo è quello che il fascismo vuol fare della massa: organizzare una vita collettiva, una vita in comune, lavorare e combattere in una gerarchia senza gregge. Noi vogliamo l’umanità e la bellezza della vita in comune [...] L’uomo già a sei anni viene tolto in un certo senso alla famiglia, e viene restituito dallo Stato a sessanta anni. L’uomo non vi perde nulla, lo creda pure: viene moltiplicato » 107.

Note sulla composizione sociale della Mvsn: 1928-31

Con gli anni trenta, secondo le affermazioni di Mussolini, si sarebbe aperta la « IV grande epoca storica », quella delle « camicie nere », dove il « fascista integra­le », nato e vissuto interamente nel nuovo clima avrebbe reso costante il principio della « rivoluzione continua » 108.Se dunque la forza del fascismo consisteva nel mantenere solidamente nei ranghi la « generazione rivoluzionaria » e nel sapervi immettere, altrettanto saldamente,

un Naw, Personal Papers of Benito Mussolini, cont. 448.105 Dichiarazioni del capitano Padovani, « Il Popolo d’Italia », 2 ottobre 1922.106 E. Ludwig, Colloqui con Mussolini, cit., p. 122.107 Ibld., p. 123.•os Cfr. O.O., voi. XXVI, pp. 185-93.

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le nuove energie della generazione crescente « destinata a continuare la rivolu­zione », la milizia come simbolo e presidio armato del nuovo « clima nazionale » non poteva scomparire 109. Al contrario le norme per la « nazione militare », vo­tate dal Consiglio dei ministri il 18 settembre 1934, le affidavano l’istruzione pre­militare della popolazione maschile dai 18 ai 21 anni, in collaborazione con i Fasci giovanili di combattimento, e l’istruzione postmilitare per tutti i sottufficiali e i militari in congedo fino al compimento del 32° anno di età; soltanto quadri interamente fascisti avrebbero, infatti, potuto infondere quel « senso di camerati­smo » come « sentimento di solidarietà che lega tutti gli uomini che hanno una fede comune e un comune dovere » no.La milizia rivendicava in tal modo, per i giovani prima della chiamata alle armi, un tirocinio di severa preparazione politico-militare, atto a infondere « l’abito della disciplina » in una pratica di fatiche e sacrifici « spirituali e fìsici ». Il complesso delle leggi per la « nazione militare » rappresentava un programma superbo mi­rante all’inquadramento e all’organizzazione di tutto un popolo in una « società guerriera, plasmata ed operante con unicità di metodo e di direzione di mar­cia » m . Per tutti gli anni venti si tennero comunque, in una linea di tendenza in progressivo aumento, i corsi premilitari affidati, dall’ordinamento dell’agosto 1924, alla milizia. Secondo alcune cifre ufficiali le reclute fornite di brevetto premilitare variarono dal 1922 al 1924 da 4.365 a 14.273 (rispettivamente per la classe 1902 e 1904), fino a raggiungere indici molto più elevati nei corsi premilitari organiz­zati dalla milizia m.L’« Annuario statistico italiano » rilevava per gli anni 1926-1927 più di 2.400 corsi con 103.000 iscritti al primo anno e 63.000 promossi. Da tale data fino al 1931 veniva registrato un aumento progressivo sia di corsi che di iscritti se si esclude il calo di 5.000 unità che si era verificato tra il 1928-29 e il 1929-30, mentre per l’anno 1931-32 l’istruzione premilitare, diventata obbligatoria, contava più di un milione di iscritti.Non si trattava comunque di impartire un’educazione unicamente militare, altri­menti l’ufficioso bisettimanale « Esercito e marina » avrebbe giustamente notato che l’istruzione premilitare « per lo stretto legame » esistente con l’educazione militare vera e propria non poteva « essere resa estranea alla competenza del mi-

l<» Cfr. O.O., voi. XXVI, p. 398.no f e l i c i a n o b u o n a s s i n i -o n o r io o n o r i , Manuale della camicia nera, San Casciano, Società edit. toscana 1931, p. 86111 e m i l i o s a i l e r , L’istruzione premilitare, « Il Popolo d’Italia », 4 luglio 1923.112 Partito Nazionale Fascista, Il cittadino-soldato, Roma 1936, p. 12.113 Atti Camera, XXVII Legislatura, documento 12-A, Relazione della sottocommissione Guerra e Marina sullo stato di previsione del ministero della Guerra per l’esercizio 1924-25, p. 53. I corsi premilitari vennero poi regolati dal Testo Unico delle leggi sul reclutamento, 5 agosto 1927, n. 1247. La frequenza dei corsi limitava la ferma per le chiamate alle armi ed era neces­saria per la concessione del rinvio fino al 27° anno di età, per gli studenti universitari. Prima di allora l’istruzione premilitare era affidata ad un complesso di società anonime, coordinate dall’autorità militare.Dal 1930 (L. 29 dicembre 1930, n. 1759) l’istruzione premilitare diveniva obbligatoria per tutti i cittadini maschi al compimento del 18° anno d’età. Le istruzioni venivano impartite in due anni consecutivi, suddivise in due cicli della durata di 6 mesi il primo e di 4 il secondo. Cfr. Comando Generale Mvsn, Ufficio Stampa, La Milizia cit., pp. 29-30.W i l l i a m s h e r id a n a l l e n in Come si diventa nazisti. Storia di una piccola città 1950-1955, Torino, Einaudi 1968, p. 29 ha notato come, nel periodo precedente la conquista del potere da parte del nazismo, uno degli elementi centrali fosse il sorprendente sviluppo delle organizza­zioni militaristiche, in parte affidate a reparti delle forze armate.

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nistero della Guerra » 114 115, bensì di iniziare a forgiare « non le forme della vita umana, ma il contenuto, l’uomo, il carattere, la fede » U5. Così si fa l’esercito fa­scista, dal basso — aveva affermato Mussolini riflettendo sui risultati soddisfacenti dell’istruzione premilitare — « così si fanno le generazioni guerriere: Non soltan­to di soldati che obbediscono perché comandati, ma generazioni di soldati che si battono, perché tale è il loro desiderio [...] perché sentono di portare un’idea » 1I6.Le norme sull’istruzione premilitare venivano emanate dal ministero della Guerra, ma di fatto i corsi erano interamente affidati ad ufficiali della milizia « ricono­sciuti idonei dello speciale compito loro affidato ». Le disposizioni di massima provenivano dal Comando generale della Mvsn ed era infatti presso gli uffici di legione che venivano compilati per ogni allievo degli speciali fogli matricolari « nei quali rimaneva permanente notizia della qualità morali e militari di ognuno e dei risultati degli esami » 117. L’analisi di questi fogli-campione è oltremodo illu­minante per comprendere, ad esempio, che cosa significava la formula della « sa­nità popolare » come dato essenziale e caratterizzante del regime fascista e come quel rapporto fascismo-popolo dovesse essere considerato nel suo significato « bio­logico ». La « salute », era scritto in un opuscolo di propaganda, stampato per i « panorami di vita fascista » ed edito sotto gli auspici del Pnf, significava per il regime un aspetto della equivalenza «popolo-nazione», «popolo-stato»:

L’organismo umano deve raggiungere l’equilibrio dinamico per essere capace di sentire tutti i doveri e di affrontare tutti i sacrifìci. L’essere debole è un peso morto per la so­cietà. La dignità umana è collaudata da un senso di padronanza di sé. Tutto ciò non può essere raggiunto che attraverso un sistema che rinvigorisce la razza in genere e mi­gliori l’educazione fisica individuale.Un regime che volesse restare lontano dal popolo si guarderebbe da dargli la forza fisica e dall’insegnargli il modo di usarla.Lo Stato fascista è stato il primo a fare della educazione fisica (fatto eminentemente biologico) un cardine politico... noi dobbiamo all’educazione fisica metà del desiderio di ’vita strenua’ che anima la gioventù italiana; metà della sua volontà di azione e di po­tenza 118 *.

Questi fogli matricolari dovevano poi servire come parte di una valutazione « fi­sica e militare » più generale da raccogliersi in una sorta di « libretto personale », definito il « documento fondamentale militare » del cittadino, tanto è che il suo smar­rimento veniva punito con un’ammenda dalle 10 alle 500 lire e sul libretto per­sonale di ciascun lavoratore doveva essere indicato il numero distintivo del rela­tivo « libretto personale di valutazione fisica » oltre alla precisazione necessaria che il libretto era tenuto perfettamente aggiornato n9.

114 X. x, Mobilitazione industriale, « Esercito e marina », 29 maggio 1923; un esperto del­lo stato maggiore, F r a n c e s c o f o s c h i n i , (Milizia nazionale e mobilitazione industriale, 22 giu­gno 1923) replicava sullo stesso giornale che non doveva essere istituito nessun legame fra i compiti di tutela dell’ordine pubblico, affidati alla Mvsn, e l’istruzione premilitare. Sullo stesso problema, cfr. A.V.L., L’istruzione premilitare, 13 luglio 1923; n e s t o r e , La premilitare, 21 luglio 1923; e r s a , L’istruzione premilitare, 25 settembre 1923; t i m o n e , Note del giorno. Esercito e Milizia Nazionale, 2 ottobre 1923; tutti questi articoli furono pubblicati su « Esercito e marina ».115 Partito Nazionale Fascista, Il cittadino-soldato cit., p. 10.il« O.O., voi. XXII, p. 384.Hi Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ispettorato per la preparazione premilitare e post­militare della nazione, Libretto personale di valutazione dello stato fisico e della preparazione militare.il® T. c i a n e t t i , Il popolo nel fascismo cit., pp. 145-47.l*9 Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ispettorato per la preparazione premilitare e post­militare della nazione, Norme generali per la conservazione del libretto personale, in Libretto personale cit.

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Per i premilitari l’aspetto fisico-sanitario appariva determinante: alla anamnesi, in un certo senso ristretta e con dati assai generici su eventuali elementi familiari da segnalare, faceva riscontro un « esame obiettivo » delle condizioni fisico-sani­tarie (per la dentizione si dava uno schema campione dove erano da indicare i denti cariati e quelli mancanti) che corrispondeva ad un’accorta e dettagliata car­tella clinica e un esame antropometrico che doveva concludersi con un « giudizio generico » sul grado di robustezza (da classificarsi in « meno robusto-robusto-mol- to robusto ».Le leggi per la « nazione militare » vanno comunque inserite nel quadro generale di un regime che andava organizzando un quadro articolato di controllo sulle masse al fine di stabilizzare i rapporti sociali all’interno 12°. In quest’ottica la preoc­cupazione maggiore era per i giovani, giacché bisognava poterli identificare net­tamente in « linea politica, in linea morale e anche [...] nel temperamento e nelle abitudini » 120 121.Il processo della « regolarità organizzativa e disciplinare » doveva in tal modo assicurarsi la linfa vitale nelle « generazioni che avanzavano », definite le « co­lonne portanti » della « rivoluzione in marcia » 122; lo scopo non era soltanto quel­lo di farne dei buoni soldati, bisognava altresì « forgiarne » il carattere, « pro­durre » degli uomini « dalla volontà e dai nervi d’acciaio, sprezzanti del pericolo, tetragoni ad ogni sofferenza e ad ogni insidia, decisi a combattere, decisi a durare, decisi a vincere e a morire. Farne in una parola dei guerrieri » 123 124. Alla milizia era dunque affidato il compito di alimentare la fiamma guerriera e rivoluzionaria nel cuore dei giovani, nella prospettiva di un legame di disciplina sempre più stretto tra il cittadino e lo stato fascista: « Non dimenticare — si legge nel Deca­logo del cittadino-soldato — che la disciplina è la prima virtù del soldato e del cittadino » m .Era questo solo un aspetto di un apparato propagandistico di più ampio respiro mirante ad influenzare la società, in modo diretto e indiretto, attraverso un’atmo­sfera di « entusiasmo » e « coercizione » volta a produrre, in ultima istanza, un « adattamento progressivo » ad un certo modo di v ita125.Le direttive per i corsi di cultura militare da svolgere nelle scuole, a partire dal 1 febbraio 1935, erano in tal senso esemplari: le forme di questo tipo d’insegna­mento dovevano risultare allettevoli e, soprattutto nel primo corso per i più giovani, alimentare i « germi del sentimento patriottico e dello spirito guerriero » nell’esaltazione degli eroi nazionali, mentre nello stadio successivo si doveva por­re bene in connessione gli ordinamenti militari con quelli sociali ed economici in

120 Cfr. g i a n p a s q u a l e s a n t o m a s s i m o , Il fascismo degli anni trenta, cit., p. 112. a x e l k u h n (Il sistema di potere fascista, Milano, Mondadori, 1975) ha notato che il fascismo che si stabilizza come « forma statale » e che De Felice chiama « regime », può essere definito un assetto socio-politico che garantisce ai contraenti di classe le rispettive posizioni; classe operaia urbana, proletariato rurale e contadini poveri sono i gruppi sociali a spese dei quali si attua il mantenimento della posizione sociale sia del ceto medio, sia dell’alta borghesia.121 Naw, Personal Papers of Benito Mussolini, cont. 1361, relazione riservata di Starace al Gran Consiglio, dicembre 1934.122 Ibid.123 Al e s s a n d r o t a r a b i n i , La Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale nella educazio­ne guerriera della nazione, in Atti della Società italiana per il progresso delle scienze, Pavia, tip. succ. F.lli Fusi 1935, p. 34.124 Decalogo del cittadino-soldato, in Libretto personale cit.125 Cfr. P h i l i p v . c a n n i s t r a r o , La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, Bari, Laterza, 1975, p. 71.

una forma « episodica, brillante, commovente, atta a colpire l’immaginazione e permeare l’animo dei giovani » 126.A partire dagli anni trenta prendeva dunque avvio un processo di « propaganda d’integrazione », funzionale a grosse mobilitazioni e mirante a produrre un clima di partecipazione popolare. La milizia in questa prospettiva continuava ad essere un simbolo importante come volontà politica armata per la tutela della sintesi suprema dei valori nazionali, diventando la palestra educativa più alta in quan­to in essa l’individuo poteva sperimentare — come si legge in un quaderno di propaganda dell’Istituto nazionale di cultura fascista — « in un’atmosfera d’in­contaminata purezza ideale », quelle capacità che lo rendevano partecipe della vita dello stato: « Tra il Capo e i suoi gregari, gli operai del fascismo, esiste un tacito accordo che ha trovato sempre finora, quando possibile, la sua consacrazio­ne nei fatti. Ed è su questo terreno che i legionari della milizia, operai di prima linea nella fatica della Rivoluzione, sanno di essere vicini — uniti, non divisi, dalla gerarchia — al loro Duce » 127.Gli strumenti a disposizione del regime per fascistizzare la società italiana si arti­colavano così su vari piani e la milizia era, in questo ambito, uno strumento bivalente: da una parte quale « aristocrazia guerriera del fascismo » era la pale­stra più idonea per l’educazione politico-militare delle giovani generazioni e per coltivare nella postmilitare « le doti e le attitudini del soldato, tenendolo pronto di spirito e di membra a ogni nuovo appello della patria » 128, dall’altra continua­va a svolgere, con le altre forze di polizia, i carabinieri e l’Ovra, la parte preven­tiva e repressiva di un lavoro che mirava a creare, o a tener vivo, un clima gene­rale di mobilitazione sociale, dove la possibilità di contrasti all’interno non do­veva essere contemplata.Già alla fine degli anni venti il regime aveva accreditato l’idea dell’ingresso del­l’Italia in un’epoca totalmente nuova: la stessa introduzione di un nuovo calen­dario che segnava la sua data d’inizio con quella della marcia su Roma e sosti­tuiva alla festa del I maggio il « Natale di Roma », data della leva fascista e del passaggio dei giovani nelle file della Mvsn o del Pnf, tendeva a rappresentare una cesura reale e tangibile dalle precedenti forme di dominio politico: « Come il piede del fante sulle posizioni conquistate segna la vittoria delle armi, così la camicia nera del milite — proclamava Attilio Teruzzi, — segna infallibilmente le conquiste della Rivoluzione » 129 130 131.Tutta una mistica legava dunque i tempi della « rivoluzione d’ottobre » agli esiti del regime, come tutta una mitologia dell’educazione fìsica e spirituale portava all’affermazione dei doveri dell’uomo come cittadino e soldato: l’uomo doveva conservarsi sano, non soltanto per sé ma per la società sulla quale avrebbe altri­menti pesato come un membro parassita. « La scienza dimostra — si legge in un manuale per le camicie nere — che l’esercizio ginnastico moderato e progressivo rinvigorisce gli organi; il migliore mezzo per perfezionare il corpo è adunque il lavoro; le attività fisiche si possono esercitare anche senza il fine di produrre lavoro ed allora ci serviamo di un altro mezzo, lo sport » 13°, che funzionò infatti come tramite di influenza sulle masse e di mobilitazione emotiva di esse m.

126 A. p a l u m b o , L e cronache militari, « Gerarchia », gennaio 1935.127 Commento alla milizia, Roma, 1942, p. 20.128 Partito Nazionale Fascista, Il primo e il secondo libro del fascista Roma 1941, pp. 85-86.129 At t i l i o t e r u z z i , Milizia e rivoluzione, « Gerarchia », gennaio 1935.130 F . b u o n a s s i n i -o . o n o r i , Manuale della camicia nera, c i t . , p . 78.131 Cfr. e r n e s t o r a g i o n i e r i , La storia politica e sociale, i n Storia d’Italia, voi. IV, Dall’uni­tà a oggi, Torino, Einaudi 1976, p. 2229.

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Ma nello stesso tempo Mussolini dipingeva un’Italia lontana da qualsiasi voce0 forma di antifascismo e destinata ad essere il centro propulsore dei concetti universali del fascismo in tutto il mondo. In sostanza la propaganda, a vari livel­li, cercò di disegnare la natura della società italiana in modo che il cittadino si convincesse che il regime aveva realmente operato una rivoluzione sociale e che ogni aspetto della vita nazionale funzionava in perfetto accordo con la volontà di Mussolini.La descrizione delle caratteristiche, dei compiti e della fisionomia politica della milizia, fin qui accennata e suggerita attraverso spunti e sollecitazioni, non esau­risce il problema di una sua effettiva determinazione e identità. Soltanto un’at­tenta analisi sulla composizione sociale di questo corpo, articolata negli anni per cicli generazionali, luoghi di provenienza ed estrazione sociale degli iscritti, po­trebbe incominciare a fornire le coordinate per l’individuazione di un tratto, certo non secondario, della « guardia armata » del regime. Purtroppo non esiste, allo stato attuale della documentazione, una serie completa di dati ma solo alcuni indici quantitativi e in parte qualitativi sugli iscritti alla Mvsn dal gennaio 1928 al dicembre 1931. L’analisi-campione che in queste pagine si tenta vuole essere un contributo, seppur minimo, ad uno studio, ancora tutto da fare, sull’istituzio­ne, il funzionamento, il ruolo e lo spessore sociale della « guardia armata » del regime.1 dati a nostra disposizione furono pubblicati dall’« Annuario statistico italiano » nel capitolo dedicato alle Forze armate; non sappiamo come la rilevazione fu eseguita, ma soltanto che le notizie sugli iscritti furono comunicate all’Istituto centrale di statistica direttamente dal comando generale della Mvsn, né sappiamo se l’Istituto fornì, per effettuare la rilevazione, un questionario da compilare. Non è comunque da escludere che queste notizie, sulle quali si basa l’elaborazione statistica dell’« Annuario », fossero già presenti in quei rolini di arruolamento che pure esistevano, ma di cui sembra si sia perduta ogni traccia.L’« Annuario » informa per ogni anno — dal gennaio 1928 al dicembre 1931 — sul numero degli iscritti alla Mvsn divisi per ufficiali (in « servizio permanente », « nei quadri » e « fuori quadro ») e truppa (« capi squadra » e « camicie nere »; la squadra era l’unità base della legione). Per gli iscritti di truppa 1’« Annuario » fornisce anche una « classificazione per età » e una per « professioni, arti e me­stieri ». Con questi indici si è tentato di condurre un’analisi sistematica sui dati di truppa classificati per età raggruppandoli per zone geografiche (nord, centro, sud, isole), mentre l’estrema « imprecisione » della rilevazione inerente le catego­rie sociali non ha reso possibile nessun aggruppamento, ma solo semplici notazio­ni ed ipotesi132.D’altra parte è da tener presente che, a livello generale, fino al censimento del 1936, si hanno notizie e dati sulla popolazione che corrispondono per lo più ad un crite­rio « soggettivo », relativo cioè alla professione o al mestiere esercitato dal censito; assai scarse sono invece le notizie relative alla classificazione « oggettiva » la quale ponga in evidenza — ha affermato un demografo come Ornello Vitali — qual è il settore, o ramo, o categoria economica entro il quale il censito esercita la professio­ne od il mestiere dichiarato »133.

132 Le regioni d’Italia sono state così suddivise: Nord (Piemonte, Lombardia, Liguria, Ve­nezia Tridentina, Veneto, Venezia Giulia e Zara), Centro (Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio), Sud (Abruzzi e Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabrie), Isole (Sicilia e Sardegna).133 o r n e l l o v i t a l i , La popolazione attiva in agricoltura attraverso i censimenti italiani (1881-1961) Roma, Fili Failli 1968, p. 18.

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Premesse queste considerazioni e pur con tutte le cautele necessarie, un tentativo di analisi sulla composizione sociale degli iscritti di truppa alla Mvsn, appare già possibile alla luce di questi dati dell’« Annuario »; uno studio analogo per gli ufficiali — magari ricorrendo alla memorialistica e alle fonti locali oltre ai fasci­coli personali conservati nella Segreteria particolare del Duce, ma riguardanti per lo più consoli della Mvsn, quindi ufficiali di grado molto elevato, e non qua­dri intermedi — risulterebbe altrettanto interessante.Il problema metodologico più generale sulla veridicità della documentazione pre­sentata dall’« Annuario », si è invece in parte risolto avendo rintracciato alcuni dati sugli iscritti alla milizia al I ottobre 1929 che, salvo lievi variazioni, coincidono con quelli pubblicati dall’« Annuario », tanto da indurre a ritenere valida comples­sivamente la documentazione statistica 134.Ai primi del 1928 (tav. 1) era già possibile rilevare un contingente non sotto­valutabile di ufficiali e militi (277.000) a cui andrebbero sommate le 20.000 unità aggregate a corpi speciali. Le adesioni maggiori, di ufficiali e di truppa, prove­nivano, in linea di massima, dal nord e dal centro, rappresentando più della metà degli iscritti. L’età dei militi variava dai 18 ai 30 anni, ma con un’accentuazione rilevante dai 20 ai 30.Negli anni precedenti il decennale del regime, prima cioè che l’iscrizione al par­tito divenisse obbligatoria per gli impieghi pubblici e statali, per la magistratura e le libere professioni, la distribuzione geografica degli iscritti subiva alcune mo­difiche rispetto al periodo precedente la marcia su Roma; così tali variazioni si registravano nelle aderenze di ufficiali e truppa alla milizia: la Lombardia (36.225 militi e 2.961 ufficiali), come nel partito135, superava la Toscana (26.010 militi e 1.727 ufficiali) anche se per quest’ultima, alla data del I gennaio 1928, mancavano i dati della 94a legione e dunque di un migliaio di uomini, e il Piemonte (24.563 militi e 1.153 ufficiali) gareggiava con l’Emilia (25.591 militi e 1.680 ufficiali).Passando poi a considerare l’estrazione sociale di questi militi ci accorgeremo che l’unità più imponente degli iscritti di truppa era rappresentata dal gruppo degli « agricoltori e simili », un’unità questa destinata ad aumentare negli anni. Questi militi « agricoltori » provenivano per lo più dal nord, dal Piemonte (8.959), dalla Lombardia (9.829), dalle Venezie (10.666) per poi concentrarsi in Emilia e Romagna (8.069), in Toscana (4.656 ma quest’ultima cifra non è completa mancando i dati della 94a legione). Nel sud l’unica punta di rilievo, ma rientrante nella media rispetto alle zone di maggior addensamento, era rappresentata dagli Abruzzi Molise.Dando uno sguardo al censimento generale della popolazione del 1931, un tratto che emerge immediatamente è una certa relazione, quasi proporzionale e d’altra parte immaginabile, tra le zone dove forte era la popolazione agricola e quelle che fornivano un numero rilevante di « agricoltori e simili » alla milizia; così in Piemonte dove, su un totale di 24.000 circa militi, quasi 9.000 erano « agricol­tori », in Lombardia (9.829 « agricoltori » su 36.225 militi in tutta la regione), Toscana (4.656 « agricoltori su 20.010 complessivamente) e in Emilia Romagna (8.069 « agricoltori » su circa 25.000 militi). Tale relazione non si verificava in­vece nelle zone meridionali dove ad una estesa popolazione agricola non corri­

134 Naw, Personal Papers of Benito Mussolini, cont. 1122, Atti del Gran Consiglio, marzo 1930.135 Partito Nazionale Fascista, Foglio d’ordini, n. 31, 6 luglio 1927.

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spondeva una rilevante presenza di « agricoltori » nella milizia e complessivamen­te le adesioni dei militi si mantenevano molto al di sotto delle medie del nord e del centro 136.Un problema centrale rimane però insoluto nel momento in cui dal generale, dalla categoria degli « agricoltori e simili » considerata genericamente, si scende nello specifico e ci si interroga sulla « figura agricola » che questa rappresentava.Pur tenendo presente le annotazioni di Luigi Einaudi sulla trasformazione pro­fonda che si verifica nel primo dopoguerra con la « sbracciantizzazione » e la con­seguente dilatazione delle piccole proprietà e le affermazioni di Jens Petersen su un’estesa presenza, nell’Italia del 1930, di piccole e medie aziende agricole, il quesito non trova una risposta adeguata, ma solo ipotesi e approssimazioni137. Stando alle cifre considerate da Ornello Vitali nella « struttura percentuale delle principali figure in agricoltura » tra il 1921 e il 1936 la quota dei lavoratori senza terra scende dal 44 al 28 per cento, mentre le categorie intermedie degli « affit­tuari, conduttori terreni altrui e assimilati » salgono dal 7 al 18 per cento, come pure i coloni parziari ma con un incremento minore (dal 15 al 19 per cento)138. D’altra parte già dal 1921, in un sondaggio su una metà dei presunti iscritti al Pnf, risultava una percentuale elevata di « lavoratori della terra », superiore a quella del Psi nel 1903, da vedersi probabilmente — come ha suggerito Jens Petersen — sotto l’imposizione del monopolio del collocamento dei lavoratori, introdotto quasi dappertutto dal fascismo dopo l’eliminazione o l’assorbimento dei centri di potere socialisti139.Seppur importante il problema della definizione reale e della composizione socia­le della categoria « agricoltori e simili » tra gli appartenenti alla Mvsn, non deve però indurre a soluzioni arbitrarie di continuità cronologica, né ad interpretazioni definitive, tenendo sempre presente che non conosciamo, per quanto riguarda la rilevazione statistica degli appartenenti di truppa alla milizia, i criteri di aggre­gazione.Gli « operai in metallo » risultavano tra i militi un’entità numerica relativamente limitata (circa 15.000 unità), anche se questa presenza, particolarmente forte in Piemonte (2.610) e in Lombardia (3.393), ma anche in Liguria (1.430), in Toscana (1.797) e in Emilia Romagna (1.248) può servire come esemplificazione per com­prendere quelle « propaggini » sulla classe operaia che il fascismo andava acqui­stando dove forte era stata la presenza socialista. Accanto agli « operai in metal­lo » vi erano anche gli « operai in legno » (10.650) e i circa 9.000 « operai in pel­le », ma in questa categoria venivano inclusi anche i calzolai.

136 o r n e l l o v i t a l i , La popolazione attiva, pp. 188-89.137 l u i g i e i n a u d i , / contadini alla conquista della terra italiana nel 1920-1930, « Rivista di Storia economica », 1939, n. 4, p. 278. j e n s p e t e r s e n , Elettorato e base sociale del fascismo italiano negli anni venti, « Studi Storici », 1975, n. 3, p. 662, cfr. anche Ar r i g o s e r p i e r i , La guerra e le classi rurali italiane, Bari, Laterza, 1930.138 o r n e l l o v i t a l i , La popolazione attiva cit., pp. 200-4.139 Cfr. j e n s p e t e r s e n , Elettorato e base sociale cit., p. 655. Non è escluso che tra questi « lavoratori della terra » vi fossero anche i mezzadri, che ebbero una parte non secondaria nella costruzione di una parte almeno della base di massa del fascismo, specialmente in Emilia e Romagna; « l’orientamento sociale e politico dei mezzadri non si presentava, in complesso, come un orientamento di avanguardia, ma risultava, semmai, intermedio tra quello dei braccianti e dei salariati, già da tempo impegnati in grandi lotte sindacali e largamente conquistati alle idee del socialismo, e quello dei coltivatori diretti, in larga parte, invece, ancora lontani dalla partecipazione ad azioni rivendicative, e più sovente sottoposti ad una direzione o comunque ad influenze conservatrici e moderate ». Cfr. e m i l i o s e r e n i , L’agricoltura toscana e la mezzadria nel regime fascista e l'opera di Arrigo Serpieri, in AA. VV., La Toscana nel regime fascista, cit., p. 331.

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Per la milizia va probabilmente ridimensionata la tesi prospettata da Ignazio Silone, nella sua indagine sulla composizione sociale del Pnf e che fu definita da Augusto Turati come un’inchiesta oltremodo intelligente e fedele 140 141, secondo la quale gli operai iscritti al Pnf provenivano dalle « categorie riformiste » (tipo­grafi, vetrai, portuali, cooperatori) che avevano contratti di lavoro migliori degli altri operai e credevano di conservare le loro conquiste abbandonando il resto della classe operaia alla reazione 141. È altresì vero che nella milizia, come corpo in cui il rapporto con il fascismo era più attivo, vanno ricercati quegli elementi legati al fascismo ideologicamente e organicamente:

Questi — scriveva Togliatti — non provengono sempre dagli operai specializzati, non sono nemmeno capi-reparto, ma costituiscono non di meno il punto di appoggio del fa­scismo in fabbrica [...] Per valutare le forze che il fascismo possiede in una azienda bi­sogna tener conto non del numero di operai iscritti al partito fascista (perché l’iscrizione è semi-obbligatoria e qualche volta avviene d’ufficio), ma dal numero degli operai legati al fascismo in maniera più stretta e politicamente organica 142.In effetti le « categorie riformiste » non sono nemmeno presenti tra le stesse classificazioni e non è pensabile che queste potessero raccogliersi sotto la deno­minazione indicante le « altre » attività.L’elemento che emerge e che deve essere sottolineato è la presenza rilevante di im­piegati (17.152), professionisti e studenti (17.432), di artigiani (12.265), commer­cianti (10.467) e bottegai (4.024). Un 24 per cento di queste adesioni proviene, dunque, sicuramente dai ceti medi legati sia alla « produzione » (artigiani e com­mercianti) sia alla burocrazia e ai servizi (impigati e professionisti)143.Cercando di commentare questi dati in percentuale ci accorgeremo che più della metà degli iscritti di truppa alla milizia è rappresentato da « agricoltori e simili » (29 per cento) e da ceti medi (24 per cento), accanto ad un’entità numerica rela­tivamente consistente di « operai (12 per cento) e di sottoproletari — muratori, mi­natori e simili», «uomini di fatica non addetti a lavori fìssi» -— (15 per cento); il rimanente 20 per cento si distribuiva tra le categorie — non esplicitate — e indicate sotto la denominazione « altre » (9 per cento) e tra « marinai e pesca­tori » e « armaioli e pirotecnici ».La presenza operaia nella milizia, limitabile ad un 10-12 per cento del totale degli iscritti, conferma la tesi, prospettata da Lyttelton su una campionatura effet­tuata tra gli iscritti al Pnf di Roma e di Milano, che riscontra tale presenza nei margini appunto del 10-12 per cento 144.La presenza di una fascia considerevole di sottoproletari è probabilmente da ve­dersi nell’ottica di un impiego, anche saltuario, che poteva trovarsi nelle mobili­tazioni settimanali, giacché solo i quadri permanenti dei gradi superiori riceve­vano una retribuzione fissa, comparabile ai relativi impieghi nell’esercito, mentre la truppa e tutti coloro in servizio non permanente ricevevano un’indennità solo

140 Cfr. A. l y t t e l t o n , La conquista del potere, cit., p. 759.141 ig n a z io s i l o n e , La società italiana e il fascismo. Una vecchia inchiesta sui Pnf, « Tem­po presente », 1962, dicembre.142 p a l m i r o t o g l i a t t i , Dov'è la forza del fascismo italiano, in Lezioni sul fascismo, Roma, Editori Riuniti, 1972, pp. 180-81.143 Tutto da indagare è il rapporto tra la presenza dei colletti bianchi nel partito nazista, negli anni della crisi, e negli stessi anni un numero rilevante di impiegati nel partito fascista e in particolare nella milizia, cfr. e u g e n e j o n e s , Between thè fronts: thè German National Union of Commercial Employes from 1926 to 1933, « lournal of Modem History », n. 3, 1976.144 Cfr. A. l y t t e l t o n , La conquista del potere, cit., p . 491.

58 Elvira Valleri

per le chiamate. Il datore di lavoro, nel caso di operai e impiegati, era costretto a corrispondere loro per 20 giorni i 2/3 del salario senza poter far recuperare il tempo perduto; i dipendenti statali e i cottimisti giornalieri percepivano invece un’indennità piena.Con i primi mesi del 1929 (tav. 1) si concretizzava un aumento di circa 50.000 unità per lo più fra la truppa: 20.000 giovani tra i 18 e i 20 anni (il totale saliva da 42.712 a 61.875), spinti probabilmente dalla possibilità di un guadagno, sep­pure minimo, per le mobilitazioni, ma soprattutto educati nel culto della « nazio­ne guerriera », scelsero di aderire alla milizia. L’indice di questa entità numerica era poi destinato a salire progressivamente, almeno per gli anni che si conoscono. Vari rapporti dei comandanti della Mvsn, sul contegno degli avanguardisti che dovevano passare alla milizia e al partito, registravano infatti in tutte le regio­ni d’Italia buone prove di « disciplina » e, dal punto di vista « politico », « un attaccamento alle istituzioni ed entusiasmo per il Regime », oltre ad uno « svi­luppato senso della cooperazione e [...] spirito d’iniziativa e prontezza » 145.La provenienza dei militi rimaneva sempre rilevante dal nord e dal centro (71 per cento) anche se in tutte le regioni si verificava un aumento valutabile tra le 2 e le 9 mila unità. Le regioni in cui questa affluenza aveva toccato le punte più alte erano state la Lombardia, la Toscana e poi TEmilia Romagna e il Lazio, un aumento considerevole si era avuto anche in Sicilia.Nella distribuzione sociale di queste nuove adesioni va segnalato l’aumento con­siderevole di « professionisti e studenti » (da 15.432 a 27.420) e l’afflusso di nuo­vi impiegati (da 17.152 a 20.073) anche se in assoluto rimaneva molto forte il numero di agricoltori (da 70.507 a 85.736). Tra gli operai si registrava invece una flessione di 2.000 unità.Alla fine dello stesso anno (tav. 1) si registrava un ulteriore aumento di più di30.000 unità tra la truppa, proveniente ancora dal centro e dal nord, mentre gli agricoltori, aggregati ai « pastori » e agli « allevatori di bestiame » (4.778 al gen­naio 1929), aumentavano fino a toccare il tetto delle 100.000 unità. Ancora in aumento risultava il numero degli studenti e dei professionisti che toccava le35.000 unità con un incremento di 7.000 unità rispetto all’inizio dell’anno, mentre se si considera che agli « operai in metallo » erano stati aggiunti gli « armaioli e i pirotecnici», il numero rimaneva pressoché costante (da 18.986 a 21.143, all’inizio dell’anno vi erano infatti circa 1.300 armaioli).L’aumento di queste 30.000 unità, come si è visto, veniva assorbito per la metà da elementi borghesi (professionisti e studenti) e da impiegati (da 20.078 a 25.217) anche se la categoria dei bottegai, a cui era stata sommata quella dei commercianti, registrava una flessione di 5.000 unità (da 16.250 all’inizio del 1929 a 11.983 alla fine dello stesso anno).C’è comunque da registrare un aumento di altre 10.000 unità nella categoria in­dicante le rimanenti attività (da 24.095 a 34.536). È così possibile supporre una situazione per la quale potevano continuare a rimanere nella milizia solo coloro che possedevano utili privati e statali, giacché una decurtazione del salario non sarebbe stata resa possibile dalle prime avvisaglie della crisi.Alla fine del 1930 (tav. 1) ad una flessione tra gli ufficiali faceva riscontro un ulteriore aumento di 30.000 unità fra la truppa. Tra le categorie in aumento

145 Acs, Segreterìa Particolare del Duce. Carteggio riservato (1922-43), Gran Consiglio, b. 26, f. C.

Dal partito armato al regime totalitario 59

« agricoltori », « professionisti », relativamente gli impiegati, gli operai e « gli uomini di fatica non addetti a lavori fissi ». Le regioni di provenienza vanno sem­pre indicate nel nord e nel centro; rispetto al 1929 queste fornivano ancora 19.000 unità anche se il sud cominciava a contribuire alla formazione dei quadri di truppa della milizia con un numero relativamente alto di unità (da 68.705 del 1929 a 80.594 del 1930).La situazione al dicembre 1931 (tav. 1) non segnala significativi spostamenti, an­che gli indici quantitativi, seppur in aumento, non raggiungono le percentuali d’incremento degli anni precedenti e in due città come Firenze e Livorno si regi­strava una flessione degli iscritti di truppa 146.Per tutto il 1930 e il 1931 non è quindi possibile parlare di una crescita di militi tra i « senza lavoro » che convalidi la tesi che vede nella milizia lo strumento preposto in questi anni ad assorbire una forza lavoro eccedente147. In questo periodo la crescita della milizia ha invece proprio un arresto: la stessa categoria degli «agricoltori» segnala una flessione (da 104.041 al 31 dicembre del 1930 a 96.146 al 31 dicembre 1931), mentre la fascia dei sottoproletari si mantiene pres­soché costante. L’unica fascia che, almeno per i dati a nostra disposizione, se­gnala per tutti i quattro anni una progressione costante è quella degli studenti e dei liberi professionisti.Queste pagine si sono indirizzate nella prospettiva da un lato di individuare la fisionomia della milizia come organo preposto al controllo sociale e dall’altro di comprendere uno dei possibili canali di quello « strato attivo » del fascismo e del­la ideologia che veniva messa in atto per produrlo.Uno studio ben più articolato sulla milizia potrebbe condurci a rivedere il signi­ficato reale di questo organismo e, attraverso la sua composizione sociale, spieghe­rebbe il ruolo da questa esercitato nel regime.Come già ricordava Silone l’analisi del fascismo e del suo partito non può non produrre una fruttuosa ricerca qualora ci si volga ad indagare i dati concernenti la stratificazione sociale di questa formazione politica e del suo inserimento nello stato; sottolineava altresì come fosse parimenti necessario liberarsi dal pregiudi­zio di uno studio sul Pnf quale orda di mercenari, « formata da spostati », « av­venturieri e sedicenti intellettuali ».Analogamente per la Mvsn — liberata la prospettiva da false ipotesi sulla com­pleta inutilità della « truppa scelta della rivoluzione » — la ricerca potrà muo­versi su piani diversi ma concentrici: definire quel meccanismo che fu del fasci­smo un dato peculiare, dall’altro richiamare l’attenzione su un’istituzione per molti aspetti considerata inutile, un semplice strumento da parata, dove comun­que militarono — sotto la spinta di pressioni diverse — più di 350.000 italiani.

ELVIRA VALLERI

146 Va per altro notato che in una città come Livorno il lavoro della Federazione giovanile comunista era stato assai ampio soprattutto fra i militari e i giovani, cfr. f r a n c a p i e r o n i b o r t o l o t t i , Il partito comunista d'Italia a Livorno, «Rivista storica del socialismo», 1967, n. 2 e in generale o. b o a t t i , Aspetti dell’azione antimilitaristica del Pcd’I cit.147 a . a q u a r o n e , La Milizia Volontaria, cit. p. 370, n. 4.

60 Elvira Vallen

TAVOLA 1Numero degli iscritti alla Mvsn Situazione al T gennaio 1928

NORD CENTRO SUD ISOLE TOTALE %Ufficiali 7.650 6.396 4.224 1.627 19.897Truppaper età: 18-20 18.395 12.315 8.095 3.367 42.712 16,7

21-30 60.841 42.455 28.085 10.828 142.209 55,431-36 15.152 11.504 6.476 3.886 37.018 14,437-40 5.668 5.112 2.846 2.121 15.747 6,1

oltre i 40 5.886 6.063 3.597 3.464 19.010 7,4

Situazione al T gennaio 1929Ufficiali 8.828 7.752 5.005 2.069 23.654Truppaper età: 18-20 24.575 19.405 12.574 5.321 61.875 20,3

21-30 58.199 50.438 29.540 18.822 150.999 49,531-36 20.995 12.440 7.804 4.696 45.935 15,037-40 9.708 6.740 3.809 2.403 22.660 7,5

oltre i 40 8.676 7.365 4.236 3.069 23.346 7,7

Situazione al T dicembre 1929Ufficiali 9.384 7.627 5.681 2.399 25.091Truppaper età: 18-20 31.325 26.371 19.711 9.487 86.894 25,8

21-30 63.966 50.072 30.735 12.313 157.086 46,631-36 17.322 13.872 9.118 4.911 45.223 13,437-40 8.709 6.487 4.517 2.662 22.375 6,6

oltre i 40 9.859 8.199 4.624 3.081 25.763 7,6

Situazione al 31 dicembre 1930Ufficiali 9.063 7.046 4.860 2.179 23.148Truppaper età: 18-20 45.946 36.585 29.363 13.004 124.698 33,5

21-30 58.781 52.415 32.489 11.487 155.172 41,731-36 15.722 14.409 9.594 5.041 44.774 12,037-40 10.322 8.303 4.510 3.201 20.868 5,6

oltre i 40 6.728 7.739 4.638 2.776 26.416 7,2

Situazione al 31 dicembre 1931

Ufficiali 9.288 7.420 6.298 2.307 25.313Truppaper età: 18-20 31.373 25.323 17.630 9.126 83.452 22,9

21-30 68.816 54.436 42.749 19.888 185.889 48,331-36 18.783 18.215 12.163 4.896 54.057 14,937-40 7.463 7.331 4.388 2.428 21.610 5,9

oltre i 40 9.820 9.581 5.364 4.372 29.136 8,0

Fonte: ISTAT, Annuario Statistico Italiano, Roma (1928-1932).