Dal Manga all'Anime trasformazione e movimento
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Dal Manga all’Anime: trasformazione e movimento
La maggior parte di coloro non abituati al mondo dell'animazione hanno solitamente in mente un punto di
riferimento da cui partire nel momento in cui visionano un prodotto dell’animazione, il manga. Opinione diffusa è infatti che ad ogni anime corrisponde più o meno un manga, quindi una versione cartacea da cui partire da cui poi attraverso un processo produttivo legato alla logica del successo si arriva alla serie
animata. In linea di massima la deduzione è corretta ma non tiene in debito conto le decine di varianti cui la produzione giapponese è legata e come ogni regola standard che si rispetti il numero di eccezioni sorpassa di gran lunga la sua applicazione, soprattutto nell'ultimo decennio che ha visto fiorire commercialmente
nuovi media legati al mondo non solo del videogame, di cui saranno spiegate in seguito le diverse tipologie legate all'animazione, ma anche letteratura, Light Novel (che come vedremo di letteratura non si tratta), film, gadjet e molto altro ancora. Il tutto coinvolto in un processo di continua trasformazione di un'opera in
un'altra e che in Giappone permette la fruizione di un singolo titolo nei più diversi media. Partiamo in questo primo articolo innanzitutto da ciò che al manga è sicuramente più vicino, la Light Novel: generalmente interpretata in occidente come genere letterario legato al romanzo a puntate, la sua essenza
è invece quella di costituire un vero e proprio script a cui vengono sostituite le immagine disegnate con fitti dialoghi e l’inserimento sporadico di alcune tavole il cui disegno è d'ispirazione manga. Generalmente
scritte da autori estremamente giovani, alcuni ancora diciottenni, in
occidente potrebbero essere viste come delle vere e proprie sceneggiature o testi teatrali con poche indicazioni di regia. Come ogni prodotto destinato ai media e quindi alla grande diffusione è
possibile ravvisare diversi generi ma soprattutto livelli qualitativi estremamente diversificati legati di fatto alla qualità dei dialoghi oltre che ad un'idea di fondo solitamente abbastanza a interessante.
Si hanno così opere di ottima qualità quali quelle di Nishio Ishin, autore delle due serie Bakemonogatari del 2006 e Katanagatari del 2007, entrambe diventate anime in breve tempo rispettivamente per la regia di
Akiyuki Shinbo e Keitaro Motonaga, scritte con uno stile caleidoscopico, dialoghi velocissimi ed un giapponese colloquiale a cui corrisponde però un ritmo statico delle
immagini letterarie. Quasi sempre nelle opere di Ishin citate è quasi naturale avere scene fisse in cui tutta l'azione viene legata solo ed unicamente al continuo
incalzare dei dialoghi che si fanno spesso surreali ed ai limiti del comprensibile. La sua produzione è considerabile in questo contesto però come vera eccezione in cui l’autore volontariamente sceglie la forma della light novel per ottenere l'effetto estetico desiderato,
non è così raro trovare opere le cui ottime idee di fondo vanno sovente sprecate ed a cui alla forza iniziale non
corrisponde eguale qualità di scrittura, come nel caso di Horizon in the middle of nowhere [Kyōkaisen-‐jō no Horaizon] di Minoru Kawakami del 2008, la cui trama in se accattivante
si perde in dialoghi spesso banali e centrati sui più logori luoghi comuni di ambientazione scolastica. Anche in quest’opera i dialoghi sono fitti ma spesso l'autore sembra
trovarsi in difficoltà con le sue stesse spiegazioni storiche che lasciano tutto nel vago o in certi casi nella confusione.
Sensazione che nella trasposizione animata diretta da Manabu Ono viene inoltre maggiormente acuita.
Questi sono solo due esempi molto estremi a cui vanno ad aggiungersi poi le numerosissime Light Novel in cui sia la qualità della trama e dei dialoghi lasciano perplessi in egual misura.
Vi sono infine numerosi casi, come Bibliotheca Mystica de
Dantalian [Dantarian no shoka] scritta dal 2008 al 2010 da Gakuto Mikumo e Book girl [Bungaku Shōjo] scritta dal 2006 al 2011 da Mizuki Nomura in cui lo sviluppo
dell’idea accattivante iniziale non sempre corrisponde uno sviluppo, sia di trama che di scrittura, dello stesso
livello, rendendo però l’opera finale estremamente interessante per le
potenzialità drammatiche che puntualmente hanno visto il loro sviluppo nelle
regie di Yutaka Uemura del 2011 (Dantarian) e Shunsuke Tada nel 2010 (Book Girl). Quest’ultimo caso inoltre non ha avuto una trasposizione in serie ma una vera e propria compressione all’interno di un’opera destinata alla sala
cinematografica. In aggiunta a questo è da segnalare che per queste due ultime opere il passaggio dalla forma cartacea a quella animata è stata effettivamente mediata da un’altra forma cartacea, il Manga. Nella logica di una
distribuzione commerciale che è sempre attenta a sfruttare, ed in certi casi spremere, al massimo un prodotto di successo non è infatti inusuale che le diverse tipologie di intrattenimento diventino e si trasformino continuamente da una forma all’altra e caso ancora più interessante è la diversificazione
dell’operazione stessa. Non è raro infatti arrivare ad assistere a due serie Manga parallele, pubblicate da due diverse case editrici, su un medesimo testo di Light Novel che a volte arrivano addirittura ad essere messe, a distanza di tempo, in animazione da due case di produzione. La materia è ben lungi dall’esaurirsi
con questi esempi che tracciano semmai delle linee guida su cui iniziare ad orientarsi in questo vasto mondo, esempi infatti di Light Novel, genere quindi come abbiamo visto a sua volta
ibrido e ibridante, che mantengono un buon rapporto qualitativo tra le immagini e trame proposte e lo sviluppo drammatico se ne potrebbero fare moltissimi, tra cui
l ’interessante Gosick scritta dal 2003 al 2011 da Kazuki Sakuraba e diventata serie nel 2011 diretta da Hitoshi Nanba, libera reinvenzione drammatici avvenimenti che portarono alla
Seconda Guerra Mondiale visti da un piccolo stato assimilabile
all’antica Savoia, Spice and Wolf [Ōkami to Kōshinryō] scritta dal 2006 al 2012 da Isuna Hasekura e diventata serie nel 2008 diretta da Takeo Takahashi, reinvenzione del basso medioevo
in cui seguiamo le avventure di un commerciante ed un Dio pagano oppure ancora Durarara! scritta dal 2004 da Ryohgo
Narita diventata serie nel 2010 per la regia di Takahiro Omori ambientata interamente ad Ikebukuro, quartiere affollatissimo di Tokyo ed in cui si respira letteralmente la città che viene in
questo modo omaggiata e diventa protagonista a sua volta. Come si è visto gli esempi sono tanti, come tanti sono però anche gli altri media a cui non si è ancora guardato e su cui ci soffermeremo nei prossimi interventi.