Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo...

26
1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque supervacuis vitam deplete querellis. Fata regunt orbem, certa stant omnia lege longaque per certos signantur tempora casus. Nascentes morimur, finisque ab origine pendet. Marco Manilio, Astronomicon, IV (12 16) A porre le basi della raffigurazione del cielo in Grecia furono l‟astronomo Eudosso di Cnido e il poeta Arato di Soli. Dell‟argomento ci piacque occuparci in uno studio (1) pubblicato sulla rivista trimestrale Ricerca 90 dal titolo Della virtù delle stelle inerranti e fu proprio in quell‟occasione che ci imbattemmo in una diversa raffigurazione di matrice orientale, che non ci fu possibile allora approfondire data la vastità della bibliografia esistente sull‟argomento. In esso ricordavamo come il geocentrismo, sul quale si fonda il sistema cosmologico conosciuto col nome di tolemaico, fosse in realtà ben antecedente all‟epoca del maestro di Alessandria. Il sistema detto a due sfere, nel quale sfere concentriche contenenti la Luna, i pianeti ed il Sole ruotavano - con moto rigorosamente circolare uniforme - in senso anti-orario attorno alla Terra ed erano contenute tutte da un‟ulteriore sfera, quella delle stelle fi sse, che ruotava invece con moto orario (Fig.1), era generalmente accettato in Grecia già dal IV° sec. a.C. Fig. 1: Il sistema astronomico a due sfere T. Kuhn (tr. it.) La rivoluzione Copernicana, Einaudi 1972

Transcript of Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo...

Page 1: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

1

Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di

Lucia Bellizia

Solvite, mortales, animos curasque levate

totque supervacuis vitam deplete querellis.

Fata regunt orbem, certa stant omnia lege

longaque per certos signantur tempora casus.

Nascentes morimur, finisque ab origine pendet.

Marco Manilio, Astronomicon, IV (12 – 16)

A porre le basi della raffigurazione del cielo in Grecia furono l‟astronomo Eudosso di

Cnido e il poeta Arato di Soli. Dell‟argomento ci piacque occuparci in uno studio (1)

pubblicato sulla rivista trimestrale Ricerca „90 dal titolo Della virtù delle stelle inerranti e fu

proprio in quell‟occasione che ci imbattemmo in una diversa raffigurazione di matrice

orientale, che non ci fu possibile allora approfondire data la vastità della bibliografia esistente

sull‟argomento.

In esso ricordavamo come il geocentrismo, sul quale si fonda il sistema cosmologico

conosciuto col nome di tolemaico, fosse in realtà ben antecedente all‟epoca del maestro di

Alessandria. Il sistema detto a due sfere, nel quale sfere concentriche contenenti la Luna, i

pianeti ed il Sole ruotavano - con moto rigorosamente circolare uniforme - in senso anti-orario

attorno alla Terra ed erano contenute tutte da un‟ulteriore sfera, quella delle stelle fisse, che

ruotava invece con moto orario (Fig.1), era generalmente accettato in Grecia già dal IV° sec.

a.C.

Fig. 1: Il sistema astronomico a due sfere

T. Kuhn (tr. it.) La rivoluzione Copernicana, Einaudi 1972

Page 2: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

2

Proprio ad Eudosso di Cnido (408-350 a.C.), matematico ed astronomo, allievo di Archita di

Taranto e in un secondo momento del filosofo Platone, si deve la formulazione di un sistema

planetario in cui ciascun pianeta era posto sopra la sfera interna di un gruppo di due o più

sfere concentriche, fra loro collegate: queste sfere rotanti (in numero di 27) dette

omocentriche, in quanto avevano come unico centro la Terra, riuscivano a spiegare con la loro

diversa inclinazione e la loro diversa velocità di rotazione, i movimenti combinati degli astri

erranti, ovvero il moto diurno e quello lungo l‟eclittica, compresi gli stazionamenti, le

retrogradazioni e le variazioni in latitudine. Eudosso inoltre aveva soggiornato in Egitto, dove

gli fu messo a disposizione un osservatorio, ed aveva avuto modo di studiare la posizione

delle costellazioni nella sfera celeste, il loro sorgere ed il loro tramontare. Riunì le sue

considerazioni al riguardo in un‟opera, andata perduta come tutte quelle da lui scritte, Le cose

che appaiono (Phaenomena) e lo specchio (Enoptron). E‟ con lui quindi che si ha una prima

prova di un sistema greco di costellazioni. I Phaenomena tuttavia sono sopravvissuti in

un‟opera dallo stesso nome, scritta da Arato (312-245 a.C.).

Questi (Fig. 2), nato a Soli in Cilicia (sulla costa meridionale dell'attuale Turchia),

dopo aver studiato ad Atene, trascorse la propria vita in Macedonia e lì, alla corte del re

Antigono II Gonata, scrisse nel 275 a.C. la versione poetica dei Phaenomena di Eudosso. Si

tratta di un poema didascalico di 1154 esametri, che ci è pervenuto, nel quale Arato identifica

47 costellazioni e dà il nome a 6 stelle: Arturo, Capella, Sirio, Procione, Spica e

Vendemmiatrice. La parte conclusiva dell‟opera espone le Prognoseis e cioè gli indizi tratti

dal mondo naturale ed animale, in base ai quali è possibile prevedere i cambiamenti del

tempo.

Fig. 2: Arato di Soli.

Da Veterum illustrium Philosophorum. Poetarum,

Rhetorum et Oratorum Imagines (1685)

di Giovanni Pietro Bellori (Roma 1613-1696)

Come il cielo di Eudosso, quello di Arato è ampiamente mitologizzato e alle costellazioni si

assegna un nome: ma quello che in Eudosso era solo un espediente mnemonico-descrittivo

(era necessario, per identificare e riferirsi ad un gruppo di stelle in modo semplice e breve,

che esse avessero un nome) diviene in Arato un sistema di iconografia mitologica. Via via che

le costellazioni vengono passate in rassegna, si allude ai singoli miti ed i nomi divengono

carichi di potenza evocativa: la raffigurazione che gli artisti greci avevano elaborato di eroi e

mostri per ragioni indipendenti dall‟osservazione del cielo si sovrappone al disegno delle

stelle, dando inizio ad un processo che nel tempo finirà talora coll‟entrare in contrasto con

esso.

Page 3: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

3

Questo processo di mitologizzazione della mappa celeste fa un balzo in avanti con i

Catasterismi, poema scritto da Eratostene di Cirene (276-194 a.C.), matematico, astronomo,

geografo e direttore della Biblioteca di Alessandria, nel quale tutte le costellazioni trattate

ricevono un nome ed un commento specificamente mitologico.

Arato di Soli fu imitato da più di un autore latino: Manilio, Virgilio, Marco T.

Cicerone (admodum adulescentulus), Germanico, Avieno. Ma prima che la loro attenzione,

egli attirò quella del grande Ipparco; questi era nato a Nicea, nella regione allora chiamata

Bitinia ed oggi Turchia, intorno al 190 a.C.; le sue opere sono andate tutte perdute, ad

eccezione de Il Commentario sui Fenomeni di Arato ed Eudosso, nel quale vengono discussi

tre libri: il trattato di Eudosso di Cnido sulle costellazioni; il poema dal titolo Phaenomena

scritto appunto da Arato di Soli; e infine un Commentario su Arato, scritto da Attalo di Rodi

(matematico, astronomo e scrittore suo contemporaneo, che egli apprezzava particolarmente

per le sue conoscenze scientifiche). Il bitinio, da studioso, contestava ad Arato numerose

imprecisioni astronomiche, che non impedirono tuttavia la grande fortuna del poema, che fu

usato nelle scuole come una sorta di libro di testo per l‟apprendimento della carta del cielo e

dei racconti mitologici connessi con le costellazioni o con le singole stelle. Ipparco visse ed

operò a Rodi e tra i tanti contributi che diede all‟astronomia, ci preme ricordare un catalogo di

circa 850 stelle, che riportava la posizione rispetto all‟eclittica e le collocava – per evitare

errori di identificazione – in sei diverse classi a seconda della magnitudo apparente e cioè

della luminosità rilevabile dal punto di osservazione (2).

Questo catalogo è purtroppo andato perduto – a meno che non si accettino le

dichiarazioni dell‟astrofisico Bradley E. Schaefer della Louisiana State University a proposito

dell‟Atlante Farnese (3) - e se ne ha notizia soltanto attraverso Claudio Tolemeo, che attorno

al 140 d.C. lo riprese e lo ampliò nel settimo e nell‟ottavo libro della Mathematiké Sýntaxis,

meglio conosciuta come Almagesto. E‟ questa la Sphaera Grecanica che passò all‟Occidente

e che rimase immutata sino al XVII sec. senza subire cambiamenti.

Ma parallelamente ad essa se ne sviluppò un‟altra, che traeva le proprie origini e la

propria nomenclatura dalla Mesopotamia e dall‟Egitto, che va sotto il nome di Sphaera

Barbarica.

Ed è qui che entra in scena Teucro e che comincia il viaggio che ci porterà, attraverso

differenti culture, agli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia a Ferrara.

Teucro! Chi era costui? Se lo domandava ancora cinque anni dopo aver scritto la sua

magistrale Sphaera. Neue griechische Texte und Untersuchungen zur Geschichte der

Sternbilder, il filologo Franz Boll, dolendosi a pag. 193 del VII volume del CCAG di non

poter aggiungere altro a quanto detto in quell‟opera su questo astrologo (4).

Il filosofo neoplatonico Porfirio (233 ca.-305) e il filosofo e politico Michele Psello

(1018-1078) sono senz‟altro testimoni (5) oltre che dei suoi trattati astrologici, del fatto che

fosse Babilonio ed hanno tramandato come egli avesse scritto su tõn decanõn kaì tõv

paranatellónton autoís kaì tõn prósopon tà apotelésmata (gli influssi dei decani e delle stelle

con essi consorgenti e dei volti), come avesse mostrato i molti aiuti provenienti in faccende

diverse dai 12 segni e dalle stelle che con ciascuno si levano e dai decani, e come avesse

descritto le immagini dei decani da incidere sugli anelli. Inoltre un anonimo autore (6) ci

ammaestra ad esporre tõn sunaphõn kaì aporroiõn Elíou kaì Selénes kaì tõn loipõn astéron tà

apotelésmata kaì tou oróscopou kaì tõn kléron katà Teukron tòn Babilónion (gli influssi delle

congiunzioni e delle deflussioni del Sole e della Luna e dei restanti pianeti e dell’ascendente e

delle sorti secondo Teucro il Babilonio).

Boll conclude poi nel luogo citato che in base alla testimonianza di Porfirio, Teucro gli

era senz‟altro anteriore e che non vi sono prove certe che egli si identifichi con lo scrittore del

I° sec. d.C. Teucro Ciziceno, come Karl Otfried Müller ed altri hanno sospettato. Ma

Page 4: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

4

sull‟argomento ognuno volle dire la sua: Wilhelm Gundel in Teukros (7) sostiene che era

forse originario di un‟antica Babilonia egiziana; Wolfgang Hübner in Teukros im

Spätmittelalter (8) è invece di parere contrario e identifica Babilonia con la nota città

mesopotamica, dalla quale provennero anche altri astrologi che in epoca ellenistica fecero

conoscere l‟astrologia orientale. Quanto alla datazione i vari studiosi concordano comunque

che egli visse al più tardi nel I° sec. d.C. ed è a lui che va ascritta la Sphaera Barbarica, una

descrizione del cielo delle stelle fisse, all‟incirca tre volte più grande del catalogo astrale di

Eudosso, Arato ed Eratostene, grazie all‟arricchimento a mezzo di nomi tratti da cataloghi di

origine egizia e babilonese, che è stata poi ricostruita con acume geniale da Franz Boll.

Ovviamente, in molti casi si trattava di nomi diversi per la stessa costellazione, cosa di

cui Teucro non sembra essersi preoccupato, accrescendo oltre modo la distanza tra il cielo

reale e quello mitologico. L‟arricchimento da lui operato infatti non era dovuto certamente a

più precise osservazioni astronomiche. Fra i nuovi abitanti della volta celeste, vi sono i decani

(un misto di astro e divinità), a ciascuno dei quali era assegnato un arco di dieci gradi della

fascia dello Zodiaco: ogni segno corrisponde a tre decani, che signoreggiano dieci giorni

dell‟anno e concorrono con i pianeti alla personalizzazione del singolo tema natale.

Il cielo si popola così, accanto ai ben noti personaggi di un tempo, di esotiche

immagini talora inesplicabili; sphaera grecanica e sphaera barbarica convivono

nell‟astrologia del tardo ellenismo ed è della seconda che tenteremo di tracciare le migrazioni,

servendoci proprio dei decani.

I Decani

I decani nacquero nell‟Antico Egitto: si trattava di stelle o asterismi che sorgevano a

particolari ore della notte durante 36 periodi successivi di 10 giorni ciascuno e vennero usati

come uno star clock siderale notturno a partire dal 2.100 a.C. ca. (9a o 10a Dinastia). Un

decano indicava dunque in origine un‟ora e sempre la stessa per 10 giorni e siccome le stelle

sorgono ogni notte 3‟ 56” più tardi, un dato decano veniva sostituito dopo dieci giorni da

quello che lo precedeva nell‟indicare quella particolare ora. Questi orologi stellari sono

testimoniati da numerose fonti figurative: compaiono ad es. sull‟interno del coperchio di una

ventina di sarcofagi di legno del Primo Periodo Intermedio e del Medio Regno (220 - 1800 ca.

a.C.), provenienti da Asyut, Tebe, Assuan etc. e conservati al momento nelle collezioni egizie

di vari musei (12).

Fig. 3: Orologio stellare diagonale del Medio Regno

Fonte: http://de.wikipedia.org/wiki/Diagonalsternuhr_EA47605

Page 5: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

5

I decani, in numero di 36 costituivano un anno di 360 giorni, cui era necessario

sommare altri 5 giorni, detti epagomeni (che venivano collocati tra il trentesimo giorno

dell‟ultimo mese e il primo giorno del nuovo anno) per raggiungere il numero 365 ed

allinearsi così a quello solare. L‟anno aveva inizio e con esso i decani, con la levata eliaca di

Sopdet, identificata dagli egittologi con la greca Sothis, la nostra Sirio (a Canis Majoris),

stella ragguardevole per la sua luminosità, col primo apparire della quale coincideva la piena

del Nilo.

Ma a queste osservazioni ed a questo uso di natura squisitamente astronomica gli

Egiziani unirono una concezione del cielo di natura magico-religiosa, in base alla quale sulla

sua strada diurna il Sole finiva con l‟incontrare ogni specie di geni, che gli contendevano, per

così dire, la signoria del tempo, dai quali otteneva di passare a mezzo di incantamenti, e che,

dopo il suo tramonto, regnavano a loro piacimento sul mondo (12). I più potenti, quelli che

erano legati a delle stelle, costellazioni o parte di costellazione, situate sulla strada del Sole,

erano le lampade (ebs - abs - absu) o i gruppi (et). Questa strada del Sole non era, come

l‟eclittica greca, un grande cerchio della sfera obliqua, ma piuttosto una larga banda, che

andava da un tropico all‟altro e della quale l‟equatore costituiva la linea mediana. La cosa non

ci deve stupire, in quanto del Sole si osservava il moto diurno e i circoli di declinazione

percorsi nelle varie stagioni venivano a situarsi proprio in questa banda. Visto che le stelle si

levano e si coricano talora assieme al Sole, gli Egiziani immaginarono fossero collocate nello

stesso luogo e cioè sulla sua strada. Questi geni-decani erano delle vere e proprie divinità, che

venivano invocate anche per il sovrano. Dice un‟iscrizione di Ombos (l‟attuale Kom Ombo,

40 km ca. a nord di Assuan): “Il grande disco del Sole, camminando durante il giorno nel

cielo, ha terminato la sua corsa ad Occidente come Dio Atoum: allora la Luna prende

possesso del cielo …. I decani brillano dopo il Sole. Essi camminano in cerchio, levandosi

l‟uno dopo l‟altro; appaiono dopo che si è coricato, alla loro ora secondo la stagioni. O voi,

anime delle stelle degli dei, che vi innalzate per promettere dei benefici, fate innalzare il figlio

del Sole, il signore dei diademi, Tolomeo eternamente vivo, l‟amico di Ptah e di Isis, come vi

innalzate voi stesse” (13).

Non sono rimaste tracce riconoscibili di un‟astrologia egizia nella grande antica epoca

del Regno (14): anche se il terreno era stato preparato dal culto solare, sembra che l‟astrologia

babilonese non sia penetrata prima del dominio greco, né sappiamo attraverso quali canali,

coinvolgendo l‟orgogliosa e conservatrice casta sacerdotale. La parete del tempio di Denderah

(Fig. 4) ci mostra assieme alle più antiche figure delle divinità egizie - i decani - i segni

zodiacali babilonesi: si tratta di un‟astrologia tardo-egizia connessa a quella babilonese.

Il testo fondamentale di questa astrologia tardo-egizia sono due opere profeticamente

oscure, attribuite al re Nechepso (effettivamente vissuto nel VII° sec. a.C.) e al sacerdote

Petosiris, contenenti rivelazioni destinate ad illuminare gli spiriti regali; scritte in greco da

questi due presunti autori egiziani, contengono tutti i particolari dell‟astrologia, di derivazione

non solo babilonese ed antico-egizia, ma anche greca (in particolare l‟ordinamento dei pianeti

in base alla durata delle loro rivoluzioni). Questo testo divenne una vera e propria Bibbia per

gli astrologi, affiancandosi per prestigio all‟opera astrologica di Claudio Tolemeo. Per la

datazione Boll pensa esso risalga ad almeno 150 anni prima di Cristo, in quanto da per non

ancora distrutta la città di Corinto. (15)

.

Page 6: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

6

Fig. 4: Zodiaco di Denderah, Museo del Louvre, Parigi.

(Rilievo proveniente dal tempio di Hathor a Denderah)

Databile III° millennio a.C. in base alla situazione astronomica rappresentata,

reca i nomi degli imperatori Tiberio, Nerone, Claudio e Domiziano, facendo così slittare la data

di costruzione del tempio al I° sec. d.C.

Il patrimonio culturale egiziano (nello specifico quello magico-religioso), così come

quello orientale del resto, aveva quindi lasciato la terra natia e si era fuso con quello greco:

questo era accaduto non a caso durante l‟età ellenistica, il cui inizio viene convenzionalmente

posto nel 323 a.C., anno della morte di Alessandro Magno, ὁ Μέγαρ Ἀλέξανδπορ, in un

periodo nel quale l'economia, la società e le istituzioni politiche greche subirono epocali

trasformazioni.

La polis, piccolo universo autosufficiente, in funzione della quale ogni cosa era stata

definita, perfino la libertà, la cultura, i valori morali, cessò di esistere e le varie città-stato

confluirono in regni, fortemente accentrati attorno alla figura divinizzata del sovrano. La

rivoluzione alessandrina portò con sé anche un‟evoluzione economica e sociale: si

intensificarono i commerci tra i vari stati e le regioni orientali, fiorirono nuovi centri di

cultura quali Alessandria, Rodi, Pergamo. I Greci vennero insomma a contatto con altre etnie

e ne conobbero i precetti: la cultura da ellenica divenne ellenistica e si diffuse su un più ampio

territorio geografico e con essa un ideale cosmopolitico. Sul piano privato, il declino della

polis e l‟impossibilità di partecipare attivamente al governo della cosa pubblica, la

trasformazione insomma da cittadino in suddito portarono ad un mutamento della coscienza

individuale, che si rifletté nei vari sistemi filosofici del periodo (il cinismo, lo stoicismo,

l‟epicureismo, lo scetticismo), che ebbero come fulcro delle loro speculazioni i problemi

dell‟uomo che ricerca e riscopre se stesso, piuttosto che la riflessione politica.

A partire dal III° sec. a.C. giunge in Grecia dall‟oriente anche l‟astrologia. Verso il

280 a.C. Berosso di Babilonia dedicava ad Antioco I un‟opera in greco, le Storie Babilonesi,

con la quale l‟astromantica orientale iniziava il suo cammino nella cultura ellenistica, fino ad

essere legittimata dagli Stoici, ed in particolare da un filosofo ed erudito del calibro di

Posidonio d‟Apamea (135-50 a.C. ca.). Ben presto essa avrebbe vinto ogni resistenza

culturale, conquistando sempre maggiori consensi. In questo crogiuolo di esperienze diverse e

contraddittorie si inserisce la figura del nostro Teucro, “babilonio”, che tuttavia si fa

Page 7: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

7

promotore di tecniche interpretative di matrice egizia e della cui opera non restano che

frammenti: possiamo infatti farcene un‟idea solo leggendo quelle di coloro, che a lui in

qualche modo si ispirarono o ne riportarono citazioni.

Marco Manilio, Firmico Materno.

Cominciamo da Marco Manilio, autore di un poema didascalico latino in cinque libri,

dal titolo Astronomicon. Da lui stesso apprendiamo che visse sotto Augusto (cui l‟opera è

dedicata) e sotto Tiberio, quindi nel I° sec. d.C. Il poema, rimasto sconosciuto fin quando

l‟umanista Poggio Bracciolini non ne scoprì una copia nel 1416 o 1417, non lontano da

Costanza dove si trovava per seguire i lavori dell‟omonimo Concilio (16), tratta temi

astronomici, astrologici e filosofici ed è interamente permeato dal desiderio di rinvenire la

ratio cosmica che muove la grande macchina dell‟universo e determina la storia umana. Ed a

questa ratio Manilio, coerente con la sua professione filosofica di stoicismo, invita l‟uomo ad

inchinarsi, senza cercare stoltamente di piegare il mondo al suo volere.

"Liberate i vostri animi, o mortali, alleviate gli affanni,

svuotate la vita di tanti, inutili lamenti.

I fati reggono il mondo, tutto è determinato da leggi precise,

e le lunghe età sono segnate da vicende prestabilite.

Nascendo moriamo e la fine dipende dall’inizio".

(IV, 12-16)

Il quarto ed il quinto libro parlano dei decreti degli astri e della loro azione sui destini degli

uomini, di quella parte dell‟astrologia cioè che lo Scaligero, come ricorda N. L. Lemaire,

definisce apotelesmatica (17); l‟astrologo infatti deve saper prevedere gli effetti delle stelle e

questi due libri sono appunto apotelesmatici seu decretorii (18). Tra le altre cose nel quarto

libro vengono analizzati i decani, che consistono per Manilio in una ripartizione ternaria dei

segni nei segni. Si parte dal segno dell‟Ariete, che ha quali decani l‟Ariete, il Toro e i

Gemelli, si prosegue con il Toro, che riceve invece Cancro, Leone e Vergine etc., fino ad

esaurire i segni. Poi si ricomincia per altre due volte, fino ad arrivare ai Pesci, che ricevono

Aquario, Capricorno e Pesci. (Fig. 5).

Fig. 5: I Decani secondo Manilio

(immagine tratta da Bouché-Leclerq - L’Astrologie Grecque

Page 8: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

8

Questa disposizione dà al matematico la non mediocre soddisfazione, dice Bouché-

Leclerq, de constater que le signes associés en aspecte trigone ont même decans et sont, par

conséquent, en harmonie parfaite (19). La conseguenza prima di questa divisione è che i nati

sotto uno stesso segno hanno caratteristiche diverse a seconda del decano nel quale il loro

Sole cade, in quanto si produce una commistione tra il segno natale e quello che lo governa.

Non si sa se Manilio conoscesse altri decani oltre questi, sta di fatto che dopo di lui non se ne

sentirà più parlare.

L‟intero libro quinto invece è consacrato ai paranatellonta, alle stelle o costellazioni

extra-zodiacali che sorgendo e tramontando con particolari gradi dei segni dello Zodiaco

esercitano la loro influenza sulla vita umana, facendo sì che i nati abbiano specifiche

caratteristiche: ad es. sorge Argo col IV° grado dell‟Ariete e genera i capitani di nave e gli

amanti delle belle navi; sorge col XV° grado di quello stesso segno Heniochus e genera gli

aurighi, i domatori di cavalli, i guidatori dei cocchi nei circhi, i cavallerizzi; sorgono con i

primi gradi del Leone Canis Major e la Canicula e i nativi sono violenti, iracondi, minacciosi,

litigiosi, feroci ed impavidi; e così via sino ai Pesci.

Nessuna correlazione viene fatta tra i paranatellonta e i decani, che sono presentati -

come dicevamo - in una forma della quale dopo di lui non si sentirà più parlare: l‟antica

tradizione egizia trova quindi in lui un‟espressione assai enigmatica. Teucro non viene citato e

Manilio non ci dice quale fosse la sua fonte diretta, e così si esprime nei versi 298/9 del

quarto libro:

quam partem decimam dixere Decania gentes.

A numero nomen positum est (…)

senza precisare chi fossero queste genti; egli comunque è il primo ad usare il termine decanus.

Non esiste infatti in egiziano il termine dekanóς – decanus: i decani erano contrassegnati da

sinonimi quali sibu (stelle), sau (stelle protettrici), nutari (divinità) etc.

Nessuna traccia in Manilio dei decani planetari che troviamo invece in un Firmico

Materno o in altri autori seguenti, che assegnano la signoria di ogni terza parte del segno ad

uno dei sette pianeti conosciuti nell‟antichità.

Giulio Firmico Materno (ca. 280 - 360 d.C.) era un avvocato di origine siracusana ed

apparteneva alla classe senatoriale romana. E‟ autore dell‟opera Matheseos Libri octo, in

latino, che ci è giunta intatta al 90% circa ed è a buon diritto il più lungo trattato di astrologia

che ci sia pervenuto dal periodo classico. In essa sono contenuti i fondamenti dell‟astrologia

greca e vengono perfino date raccomandazioni all‟astrologo affinché apprenda appieno la

disciplina e possa dare validi responsi e affinché soprattutto si comporti sempre secondo etica

nei confronti del cliente. La Mathesis (20) si presenta come una raccolta di lunghi brani di

autori greci: ogni argomento viene trattato separatamente e non confluisce in un metodo.

Dei decani si parla nel quarto capitolo del secondo libro (De decanis): i decani sono al

solito la terza parte di un segno e mostrano la propria signoria ed il proprio potere (dominium

suum ac potestatem), che sono peraltro infiniti, sui dieci gradi di competenza. Ma, ammonisce

l‟autore, ipsi decani singulis stellis deputantur, et si in ipso decano stella fuerit, licet sit in

alieno domicilio, sic est habenda, quasi sit in suo domicilio constituta; <in> suo enim decano

constituta haec eadem perficit, quae in signo suo constituta decernit.

In altre parole il decano è posseduto dal pianeta al quale è assegnato, finisce con

l‟esserne un secondo domicilio, visto che il pianeta estrinseca lì gli stessi effetti di quando è

nel suo vero domicilio. Ecco presentarsi alla ribalta non più – come in Manilio – il segno, ma

il pianeta quale signore del decano. Segue l‟elenco dei pianeti (Fig. 6), che è peraltro

concorde con quello che si ritrova in Paolo di Alessandria e in Demofilo (21).

Page 9: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

9

Fig. 6: I Decani planetari secondo Firmico Materno

(immagine tratta da Bouché-Leclerq - L’Astrologie Grecque)

Firmico aggiunge inoltre quale postilla che alcuni (autori) desiderando trattare questo

argomento con maggior profondità assegnarono a ciascun decano tre divinità, che vollero

chiamare munifices cioè leiturgoí, in modo che in ogni segno se ne possono trovare nove. A

questi nove leiturgoí, che sono fissi per ogni segno, attribuiscono il potere infinito delle

divinità: accidenti, sofferenze, malattie ed altro ancora. Ritroviamo questa antica

sottodivisione dei decani nei navamsas degli indù, per i quali ogni segno è diviso in nove parti

eguali.

Nel ventiduesimo capitolo del quarto libro (De vacantibus locis et plenis) il Nostro

riprende nuovamente l‟argomento, essendosi deciso – dice – a rivelare i venerabili segreti

della dottrina, che gli antichi volutamente avevano avvolto nell‟oscurità: richiamandosi

all‟autorità dell‟egiziano Nechepso spiega che ogni decano non esplica in pari modo la

propria potenza divina in ogni singolo grado che gli appartiene. Il numen agisce in verità

soltanto in alcune parti, altre sono vuote e l‟avere il Sole o la Luna o meglio ancora più

pianeti in parti piene in genitura è garanzia di ogni genere di felicità. Averli in parti vuote

condanna alla miseria e all‟infelicità. Lo stesso vale per il grado ascendente e per il Medio

Cielo. Segue l‟elenco di queste parti con il nome del nume del decano segno per segno per un

totale di 205 gradi pieni e 155 vuoti e il capitolo si conclude con l‟affermazione che il famoso

Petosiride si occupò di questa materia in modo poco rilevante, non perché non la conoscesse,

ma perché non aveva voluto insegnarla.

Page 10: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

10

Fig. 7: I Decani: partes vacue et plenae secondo Firmico Materno

(immagine tratta da Bouché-Leclerq – L’Astrologie Grecque)

In questo sistema non vi è traccia di pianeti e i decani portano nomi egizi: si tratta di nomi

distorti dal passaggio dal demotico al greco e dal greco al latino, e forse dagli errori dei

copisti. In Fig. 7 si può vedere come tali nomi abbiano subito varianti in altri autori. I gradi

pieni o favorevoli e i gradi vuoti o sfavorevoli, sono all'origine dei gradi luminosi ed oscuri

che si ritrovano negli astrologi arabi.

A partire dal quinto capitolo dell‟ottavo libro (Apotelesmata Spherae Barbaricae) fino

al diciassettesimo si parla invece delle stelle fisse delle costellazioni non zodiacali;

sfortunatamente mancano oltre 50 gradi per una lacuna nel testo latino. Queste stelle, secondo

Firmico, son poste in regioni vicine ai segni e con essi sorgono e tramontano con ordine

immutato ed hanno un nome tratto da vecchie favole. Ne parlarono già il poeta greco Arato e

Cesare e Tullio (22), ma non con l‟intento di fornire informazioni di natura astrologica, cosa

che si ripromette di fare il Nostro. Manilio non viene citato, ma l‟elenco delle stelle ed il loro

effetto ricalca sostanzialmente quanto questi aveva esposto nel libro quinto

dell‟Astronomicon.

Page 11: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

11

Intorno all'anno 346, mentre lavorava alla Mathesis, Firmico, che in circostanze di cui

si ignorano cause, luogo e tempo si era convertito al Cristianesimo, scrisse il De errore

profanarum religionum, opera che contiene un forte attacco ai culti orientali ed al paganesimo

e che è sopravvissuta in un singolo e lacunoso manoscritto. In essa l‟astrologia tuttavia non

viene mai nominata e diversa fu la fortuna della Mathesis, che ci è giunta in numerosi

esemplari.

Fonti figurative

Ci piace in questo viaggio verso Palazzo Schifanoia citare anche alcune della

numerose fonti figurative sui Decani: ecco le Tavolette di Grand.

Fig. 8: Tavoletta d’avorio proveniente da Grand (Vosges) cm. 28,2 x 19,4.

Musée des Antiquités Nationales (Saint-Germain-en-Laye)

Grand si trova in Lorena ed è un villaggio il cui nome è una corruzione di Grannus, il nome

del dio celtico o gallico identificabile con Apollo. Lì sorgeva un santuario gallo-romano

dedicato appunto a questo dio guaritore, che includeva bagni, giardini, un tempio, una basilica

ed un anfiteatro. La costruzione più vecchia risale al I° sec. d.C., ma aggiunte e restauri

vennero effettuati più tardi e nel IV secolo era ancora in piena attività. Era meta di pellegrini

in cerca di cure ai propri problemi di natura medica e di consigli da parte del dio. Le Tavolette

vennero trovate sul fondo di un pozzo nel 1967. Erano state fatte, deliberatamente e

metodicamente, a pezzi (furono trovati 188 frammenti) nell‟antichità. Si tratta di quattro

tavolette che formano due dittici simili tra loro. La Fig. 8 mostra uno dei due. Nel cerchio più

esterno troviamo i nomi dei trentasei decani, scritti in greco; seguono le loro immagini; poi

l‟elenco dei termini o confini egizi; poi ancora uno Zodiaco greco. Al centro i busti del Sole e

della Luna. Ai lati immagini dei quattro venti in forme egizianeggianti.

Page 12: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

12

Altro spettacolare esempio di fonte figurativa è la cosiddetta Tabula o Planisphaerium

Bianchini (Fig. 9).

Fig. 9: Tabula o Planisphaerium Bianchini

L’originale in marmo si trova al Museo del Louvre - Parigi.

Questa immagine è tratta dall’Histoire de l’Academie Royale des Sciences, Paris 1708

(per gentile concessione dell’ottimo Dr. Felice Stoppa – www.atlascoelestis.com)

Si tratta di una tavola di marmo di incerta datazione, probabilmente del II° /III° sec. d.C. che

rappresentava la Sphaera Barbarica, trovata nel 1705 in numerosi frammenti sull‟Aventino a

Roma e donata dall‟antiquario Francesco Bianchini all‟Accademia Francese. Mostra cinque

cerchi concentrici, quattro dei quali divisi in settori da linee. Nel primo circolo sono

raffigurati i dodici animali del Dodecahōros, lo schema che associava ad ogni segno dello

zodiaco greco una costellazione egiziana, non necessariamente zodiacale; nel secondo e nel

terzo due Zodiaci greci perfettamente eguali; ci sono poi i termini o confini, ancora una volta

quelli egizi; l‟ultimo cerchio mostra i decani, senza il nome, ma sovrastati ognuno dal dio

planetario che li governa. Questi dei vanno da Saturno alla Luna, dal più ponderosus al più

levis insomma, sono i prosōpa o facies e recano ognuno un proprio segno distintivo: Saturno

una falce, Giove uno scettro, Marte una lancia, il Sole dei raggi, Venere uno specchio,

Mercurio un caduceo e la Luna una mezzaluna. Ai quattro angoli ancora una volta le teste

alate dei venti principali. Nel centro invece della Tabula c‟è il serpente che avvolge con le

proprie spire due orse: raffigurazione canonica del polo dell‟eclittica, che non è soggetto

come il polo celeste Nord allo spostamento precessionale e cade nella Costellazione del

Dragone, separando Ursa Major da Ursa Minor (Fig. 10)

Si è propensi a credere che queste tavole, come le altre della specie, servissero agli

astrologi durante il consulto (23) per marcare la posizione dei pianeti, mediante pietre che ne

recavano il nome o l‟immagine. Era così possibile visualizzare senza sforzo le molteplici

relazioni tra segni, case e pianeti di un tema natale. Se poi le pietre eran fatte della sostanza

propria di ogni pianeta, questo permetteva all‟astrologo di invocare le proprietà magiche della

pietra stessa.

Page 13: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

13

Fig. 10: Posizioni del Polo Celeste Nord (i numeri indicano le date). Il PCN nel corso di un ciclo

di precessione descrive un cerchio intorno al polo dell’eclittica.

L‟ipotesi dell‟uso di questi manufatti da parte di un astrologo in sede di consulto spiegherebbe

anche la presenza di due zodiaci identici nella Tabula Bianchini: essi avrebbero avuto la

funzione di permettere, in caso di sinastria, un esame simultaneo della posizione dei pianeti

nel tema di due coniugi, di due amici o nemici etc.

Lo scenario storico

Ma prima di andare avanti nella nostra esposizione occorre gettare un‟occhiata fugace

agli avvenimenti storici e culturali di cui è stata protagonista l‟οἰκοςμένη γή a partire dalla

nascita degli Imperi Romani d‟Occidente e d‟Oriente, in seguito alla morte dell‟imperatote

Teodosio I (395 d.C.). Questi aveva deciso che eredi degli immensi territori dell‟Impero

fossero i due figli Arcadio, cui assegnò l‟Oriente ed Onorio, cui destinò invece l‟Occidente.

Questa divisione nata al fine di potersi meglio difendere dai barbari diede luogo col tempo a

due entità separate che non si sarebbero più riunite. L‟Impero d‟Occidente ebbe vita breve:

già nel 476 d.C. il re degli Eruli Odoacre depose Romolo Augustolo, l‟ultimo cesare; miglior

fortuna ebbe quello d‟Oriente, che durò sino alla conquista di Costantinopoli nel 1543 da

parte dei Turchi ottomani guidati da Maometto II.

Nell‟Impero d‟Oriente il greco divenne lingua ufficiale al posto del latino nel 610 d.C.,

anno dell‟ascesa al trono di Eraclio I di Bisanzio: questi assunse il titolo imperiale di basileus,

al posto di quello di augustus usato fino a quel momento e diede inizio al periodo cosiddetto

bizantino.

Quando Odoacre depose Romolo Augustolo rimise le insegne dell‟Impero

d‟Occidente a Zenone, imperatore d‟Oriente e lo riconobbe unico sovrano dell‟intero orbe

romano; di fatto fu acclamato re dai barbari che lo avevano sostenuto e divenne il primo

sovrano dell‟Italia post-romana. Iniziava così per l‟Europa il Medioevo, un periodo che

sarebbe terminato per ciascuno stato in date diverse e che vide il sorgere di una nuova civiltà

latino-germanica ed il fiorire di nuovi regn

Page 14: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

14

Retorio

Torniamo dunque alle fonti scritte sui decani per parlare di Retorio, l‟ultimo grande

astrologo del periodo classico. Originario dell‟Egitto visse probabilmente nel sesto/settimo

secolo d.C. (quando l‟Egitto era quindi parte dell‟Impero Romano d‟Oriente ed era già

iniziato il periodo bizantino) e scrisse in greco un compendio (una sorta di Tesoro) di tutta

l‟arte astrologica, del quale abbiamo solo alcuni excerpta (24) e parecchie versioni tardo-

bizantine. Le tecniche descritte sono quelle degli autori ellenistici che lo hanno preceduto

(Antioco di Atene, Vettio Valente).

Nel CCAG (Parte VII pagg. 192-213) Franz Boll riporta e commenta gli Excerpta

Rhetorii Aegyptii ex Teucro Babylonio de duodecim signis, una ricca descrizione delle

caratteristiche dei dodici segni, comprensiva delle costellazioni che consorgono con i decani e

delle peculiarità di coloro che sotto di essi nascono. La fonte è il nostro Teucro, anche se è

indubbio (come nota il Boll, l.c.) che Retorio avesse mescolato alle cose tratte da questo

autore non poche provenienti da altri. Si tratta di una ventina di pagine, tutto sommato di

agevole comprensione per chi voglia leggerle o tradurle; l‟autore inizia con l‟affermazione

canonica che il circolo dello Zodiaco si muove obliquamente, recando dodici parti chiamate

zόdia, la prima delle quali è l‟Ariete. Prosegue poi enumerando le qualità di questo primo

segno: maschile, tropico, primaverile, equinoziale, ascendente, quadrupede etc. e le sue

dignità; descrive poi i tre decani: “Nel primo decano sorgono Atena e la coda della Balena e

la terza del Deltotos (Triangulum) ed il Cinocefalo che porta le fiaccole e la testa del Gatto

del dodecahōros; col secondo decano si levano Andromeda, e la parte centrale della Balena e

la Gorgone e la spada falcata di Perseo e la parte centrale del dodecahōros; col terzo decano

si levano Cassiopea collocata sul trono e Perseo a testa in giù e la testa della Balena e la

parte restante del Deltotos e la coda del Gatto del dodecahōros; e il primo decano ha il volto

di Marte; il secondo del Sole; il terzo di Venere; sorge qui una stella brillante al grado 3 e 50

m. all’estremità del Fiume, umida, di prima grandezza, natura commista Giove e Venere …”.

Seguono poi i confini, l‟enumerazione delle regioni assegnate secondo Tolemeo, delle zone

del corpo governate, delle malattie collegate, per chiudere poi con le caratteristiche dei nati

sotto ogni singolo decano.

Analoga trattazione è riservata ai restanti 11 segni. Concludono gli Excerpta poche

righe che il Boll dubita appartengano a Retorio.

A questo autore va il merito di aver costituito un ponte tra l‟astrologia bizantina e

quella araba e medievale: David Pingree (25) ci mostra come il suo compendio fu utilizzato e

spesso rivisto da Teofilo di Edessa tra il 765 e il 775, che lo rese disponibile a Masha'allah,

suo collega alla corte Abbaside di Baġdād. L‟astrologo maronita tradusse infatti in siriano ed

in persiano anche parecchie opere greche di astronomia e di medicina. Un manoscritto del

compendio di Retorio fu, a quel che sembra, portato a Bisanzio da un allievo di Teofilo,

Stefano, nel 790 ca.; da questo archetipo discendono le numerose epitomi e rifacimenti di

porzioni di questo testo, alcune delle quali passarono per le mani di Demofilo nel 1000 ca.

L’Islam

Se in Occidente quindi, con l‟inizio del Medioevo la cultura greco-romana e con essa

l‟astrologia avevano subito una tragica battuta d‟arresto, le arti e le scienze continuavano

dunque ad essere coltivate in Oriente. Nel VII secolo a Costantinopoli, in Siria e soprattutto in

Persia ed in India, veniva studiata l‟astronomia e con essa ovviamente l‟astrologia.

Page 15: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

15

A questi paesi si aggiunse l‟Islam: i popoli sui quali si estese la dominazione araba tra

il VII e il IX secolo (Greci, Copti, Siriani, Persiani, Indiani) possedevano tutti una propria

tradizione astronomica ed un loro modo di compiere predizioni dai fenomeni celesti e i primi

astronomi musulmani (VIII e IX secolo) operarono quindi con grande eclettismo.

Una svolta determinante si ebbe però con la costruzione, all‟apice della potenza

Abbaside, sotto il califfato di al-Ma‟mūn, di due grandi osservatorii, uno a Baġdād, l‟altro

presso Damasco. Come ricorda Giuseppe Bezza (26), sotto la direzione di Yaḥyā ibn Abī al-

Manṣu¯r iniziò un intenso lavoro di verifica dei dati fondamentali dell‟Almagesto di Tolemeo,

che vedeva in quegli anni (827-828) una terza versione araba dall‟originale greco ad opera di

Ḥajjāj ibn Yūsuf ibn Maṭar. Una prima traduzione dal greco in arabo dell‟Almagesto era già

stata compiuta circa un paio di generazioni prima, ma per la sua difficoltà non aveva retto alla

concorrenza delle opere assai più pratiche all‟uso di origine indiana e persiana e si era imposta

solo più tardi, quando la preparazione matematica dei Musulmani divenne maggiore. Le

osservazioni condussero alla redazione del Zi¯j al-mumtaḥan (Tavole verificate), alla

determinazione della nuova obliquità dell‟eclittica, a una misurazione più precisa della

precessione degli equinozi e della durata dell‟anno tropico e, infine, alla scoperta del moto

dell‟apogeo solare, che Tolemeo aveva ritenuto immobile. Contemporaneamente, Ḥabaš al-

Ḥa¯sib (“il calcolatore”), introdusse nel suo Zi¯j al-dimasˇqi¯ il seno, il coseno e la tangente

in sostituzione della corda d‟arco. Il culmine di questo progresso astronomico verrà raggiunto

tra la fine del IX e l‟inizio del X secolo, quando la lingua araba potrà ormai esprimere con

compiutezza le argomentazioni scientifiche dell‟astronomia. Nasce così una seconda

generazione di astrologi che si basano per le proprie previsioni sull‟interpretazione

matematica dei fenomeni. L‟astrologia, pur se non può pretendere di essere scienza, riesce

così a collocarsi all‟interno delle scienze, e questo non avrebbe potuto e non può avvenire se

non attraverso lo status di arte che procede, nelle sue deduzioni, con un metodo che è il

metodo medesimo della scienza.

Nel periodo in cui le scienze, in Islam, si avviano alla loro massima fioritura vive ed

opera Ja'far ibn Muḥammad Abū Ma'shar al-Balkhī (Balkh, Afghanistan 787 - al-Wasit, Iraq

886), conosciuto anche come al-Falaki o Albumasar, matematico, astronomo, astrologo e

filosofo ed autore a Baġdād nel 848 d.C. dell‟ Introductorium majus in Astronomiam (titolo

originale Kitab al-mudkhal al-kabir ila 'ilm ahkam an-nujjum). L‟opera fu tradotta in latino

nel 1133 da Giovanni di Siviglia (Johannes Hispalensis o Hispaniensis) ed anche, in forma

abbreviata e più letterale, nel 1140 da Ermanno di Carinzia (Hermannus Dalmata, conosciuto

anche con i nomi di Sclavus Dalmata ed Hermannus Secundus). Di quest‟opera, le cui

traduzioni diedero il via ad un periodo di straordinaria espansione tra il tardo Medioevo ed il

Rinascimento dell‟interesse verso l‟astrologia, lo stesso Albumasar scrisse tra il 1116 e il

1130 una versione ridotta, la Ysagoga minor, che fu tradotta da Adelardo di Bath col titolo

Ysagoga minor Iafaris mathematici in astronomiam.

Abu Ma„shar, come la maggior parte degli astronomi arabi, mantenne strettamente

connessi l‟aspetto astronomico o descrittivo e quello astrologico o divinatorio e, come già

Tolomeo, considerò quest‟ultimo nella sua relazione con la filosofia, ovvero con la

cosmologia aristotelica. La dottrina della dipendenza di tutti i moti dal Primo Motore

attribuiva infatti alle sfere celesti un ruolo di mediazione che poté, nell‟interpretazione

astrologica, essere assunto a fondamento della teoria dell‟influenza degli astri sul mondo

sublunare; l‟accostamento delle dottrine fisiche di Aristotele alle dottrine astronomiche e

astrologiche di Tolomeo aveva reso possibile inoltre attribuire all‟astrologia una base

scientifica e integrarla nel sistema scolastico delle scienze.

Abu Ma„shar è considerato inoltre uno dei maggiori astrologi per la sua teoria (esposta

nell‟opera De magnis conjunctionibus) delle grandi congiunzioni secondo la quale vi sarebbe

Page 16: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

16

una stretta connessione fra le reciproche posizioni dei pianeti e i grandi mutamenti nella storia

dell‟umanità: crisi storiche decisive, quali i mutamenti dell‟egemonia di popoli e di civiltà,

l‟avvento o il tramonto di religioni, l‟affermazione o il crollo di regni e imperi. La creazione

del mondo in particolare sarebbe avvenuta quando tutti e sette i pianeti erano in congiunzione

al primo grado dell‟Ariete e la fine del mondo si verificherà quando tutti i pianeti si

troveranno all‟ultimo grado dei Pesci. Scrisse anche De revolutionibus nativitatum, nel quale

espose i principi sui quali si fonda la procedura della rivoluzione degli anni

La traduzione della sua opera introdusse in occidente la fisica (quale investigazione

dei meccanismi della natura) aristotelica; prima di essa infatti nessuna delle opera specifiche

dello stagirita sulla filosofia della natura era conosciuta. E ne divenne quindi per gli studiosi

del 12mo secolo la fonte più importante.

Per le numerose e indubitabili testimonianze che si sono conservate, il contatto

dell‟Islam con la Cristianità latina era cominciato, per così dire, già poco dopo la presenza

degli arabi nella Penisola Iberica, a metà del secolo VIII. A partire dal secolo IX gli europei

apparvero molto interessati alle conoscenze scientifiche che si stavano introducendo e

sviluppando in Andalusia. Alcune delle prime influenze della cultura mussulmana nell‟ambito

cristiano ebbero luogo in discipline scientifiche quali la medicina, la geometria e

l‟astronomia, con l‟introduzione nel mondo cristiano medioevale dei progressi realizzati dagli

arabi in campi come la costruzione di strumenti astronomici, le tavole astronomiche e l‟uso

della numerazione araba (27). Nel XII e nel XIII secolo, l‟Occidente sentì bisogno di tradurre

testi scientifici arabi per colmare le proprie lacune culturali accedendo all‟Almagesto di

Tolomeo, ai Libri naturales di Aristotele piuttosto che alle opere di Galeno proprio come

avevano fatto nel IX secolo gli studiosi dell‟Islam. E si trovò di fronte anche ai risultati di una

tradizione di studio che aveva sviluppato, rifinito e modificato il sapere degli antichi dopo

averlo fuso con elementi provenienti da altre culture (in particolare da quelle indiana e

persiana). Radicale ad esempio era stata la sostituzione delle opere originali di Galeno con

nuovi testi sulla medicina, giacché ogni generazione di medici arabi aveva cercato di

migliorare l‟opera dei propri predecessori. L‟apertura del Mediterraneo ai latini attraverso la

conquista e il commercio apportarono i maggiori contributi. Non è una coincidenza che il

movimento di traduzione prese il via dopo la riconquista di Toledo, che aprì il cuore della

Spagna islamica (1085), la conquista normanna della Sicilia, con la sua popolazione greca e di

lingua araba (1072-91), e la caduta di Antiochia che svelò le culture islamica e greca del

Mediterraneo orientale (1098).

Nella Toledo espugnata da Alfonso VI di Castiglia era presente ad esempio una

comunità di intellettuali ebrei, cristiani e musulmani, che cooperavano all'opera di diffusione

della scienza greca nell‟Occidente latino. Da questa comunità avrebbe avuto origine il celebre

collegio dei traduttori di Toledo, di cui fecero parte Avendauth, chiamato David Iuadaeus,

Gherardo da Cremona, Michele Scoto, Domenico Gundissalinus e molti altri. I mondi ebraico

e islamico condivisero insomma grazie a questi traduttori con la cristianità un sapere comune

sulla scienza e sulla filosofia; si era formato un commonwealth di studiosi che trascendeva i

confini politici e linguistici.

La descrizione dei decani è data da Abu Ma„shar nel secondo capitolo (De natura

signorum) del sesto libro (Fig. 11) dell‟Introductorium.

Page 17: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

17

Fig. 11: Introductorium in astronomiam Albumasaris Abalachi octo continens libros partiales

Augustae Vindelicorum - Erhardi Ratdolt, 1489

Traduzione latina di Ermanno di Carinzia.

Liber sextus, Capitulum secundum De natura signorum

Segno per segno (28) vengono ricordati i decani e di ogni decano l‟immagine consorgente

secondo i persiani, secondo gli indiani e secondo i greci: ne risulta così una sorta di sinossi di

facile consultazione delle tre sphaerae e l‟opera di sincretismo iniziata da Teucro il Babilonio

ne esce ulteriormente arricchita.

Fig. 12: La Vergine e i suoi decani.

Alfonso X El Sabio, Tratados de Magia y Astrologia

Roma, Biblioteca Vaticana, ms. Regin. Lat. 1283, fol. 9v (ca. 1280)

Non conosciamo per ora nessun manoscritto illustrato del testo originale di Abu Ma„shar (29),

ma abbiamo raffigurazioni di epoca posteriore: ad es. nel Reginense Latino 1283 (30) della

Biblioteca Vaticana (Fig. 12) ove le tre sfere vengono presentate in tre cerchi concentrici sui

fogli del Leone e della Vergine (nel cerchio più esterno quella indiana, nel secondo quella

babilonese-persiana ed egizia, in quello centrale quella di Tolemeo).

O il Manoscritto Latino 7330 della Bibliothèque Nationale de Paris (Liber

Astrologiae), nel quale ritroviamo, sotto lo pseudonimo di un certo Zothorus Zaparus

Page 18: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

18

Fendulus, proprio il testo di Abu Ma„shar (nella traduzione di Ermanno di Carinzia). Qui le

costellazioni (Fig. 13) sono disposte su tre strisce: in alto quelle della sfera persiana, al centro

quelle indiane ed in basso quelle di Tolemeo (31).

Fig. 13: I paranatellonta del primo decano del Cancro.

Georgius Zothorus Zaparus Fendulus, Liber Astrologiae

Bibliothèque nationale, Ms. Lat. 7330, fol. 14v (ca. 1220-1240)

La sfera che Abu Ma„shar definisce persica si basa in realtà su quella barbarica di Teucro,

trasmessa attraverso una traduzione persiana che i testi arabi attribuiscono ad un certo

Tinkalus (32) nome che potrebbe essere null‟altro che la degenerazione del nome Teucro; per

quanto riguarda la sfera indica, egli avrebbe attinto al Brhaj-jâtaka, opera del famoso

astrologo indiano Vaharamihira, vissuto all‟inizio del VI sec. d.C. (cfr. CCAG, l.c. nella nota

26), che a sua volta si era basato su traduzioni sanscrite di autori ellenistici, che avevano reso

mediante contaminazioni con gli dei autoctoni le figure dei decani irriconoscibili; la sfera

graecanica è un rimaneggiamento delle 48 costellazioni che appaiono nel VII Libro

dell‟Almagesto di Claudio Tolemeo.

In una parola la distanza tra questa raffigurazione del cielo e quella realmente

osservabile era divenuta incolmabile: l‟elenco di Teucro, trasmesso nel tempo in maniera del

tutto acritica, si era sommato a figure arabe, indie e greche tanto fantastiche quanto inesistenti.

Abraham ibn Ezra, Pietro d’Abano

Di decani ci parla inoltre Abraham ibn Ezra (1.092 ca.-1.167) nel secondo capitolo del

Principio della Sapienza quando tratta delle caratteristiche dei dodici segni, ognuno dei quali

è diviso in tre facies; particolari immagini tratti dalle tre sfere ascendono con ciascuna di

queste ultime.

Page 19: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

19

Era Abraham ibn Ezra un ebreo nato a Toledo, poeta, astrologo e filosofo. Dal 1140 in

avanti, per motivi rimasti sconosciuti, divenne un giramondo e scrisse durante il volontario

esilio le sue brillanti opere. Fu nel Nord Africa, in Italia, in Francia, a Londra.

Di cinque dei suoi trattati (Il principio della sapienza, Natività, Rivoluzioni, Elezioni

ed Interrogazioni) si conserva una traduzione dall‟ebraico in francese (33): alla fine del

Principio della sapienza è detto che esso fu scritto da Obers de Montdidier sotto dettatura da

parte di Hagins l‟Ebreo a casa di Henry Bate a Malines e finito il 22 dicembre 1273.

Una traduzione dal francese in latino di questi trattati fu fatta da Pietro d‟Abano

(1250-1315) nell‟opera Abrahe Auenaris Iudei astrologi peritissimi In re iudicali opera: ab

excellentissimo philosopho Petro de Abano post accuratam castigationem in latinum

traducta. (34): ed è leggibile assieme a quella di altri e cioè il Liber rationum, il Liber

luminarium et de cognizione diei cretici, tre Tractatus particulares nonché il De

consuetudinibus in judiciis astrorum it est centiloquium Bethen, probabilmente spurio. Il

Padovano chiude il Liber Introductorium o Principio della sapienza dichiarando di esserne il

traduttore in latino e di averlo trovato in gallico idiomate, in pluribus defectivum et aliquando

inordinate transpositum. L‟anno riportato è il 1293. (35)

Fig. 14: Pietro d’Abano

Pietro figlio di Costanzo, nato ad Abano, donde il suo soprannome, conosciuto anche come

Petrus de Apono o Aponensis (Fig. 14) fu filosofo, astrologo e professore di medicina a

Padova. Accusato di eresia e di ateismo e di praticare la magia, fu condotto in giudizio due

volte dall‟Inquisizione; assolto in un primo processo, morì in prigione prima della fine del

secondo. Giudicato tuttavia colpevole, si ordinò di esumarne il corpo e bruciarlo; ma avendo i

suoi amici segretamente rimosso il cadavere, l‟Inquisizione dovè contentarsi di bruciarne

l‟effigie. Il suo masterpiece è il Conciliator Differentiarum, quœ inter Philosophos et Medicos

Versantur, opera nella quale si poneva l‟obiettivo di armonizzare le opinioni tra loro

divergenti dei medici e dei filosofi a lui antecedenti, riconciliando la medicina araba con la

filosofia naturale greca. Numerosi sono i passi nel Conciliator in cui si parla di astrologia (36)

e Pietro non si stanca di ribadire che nessuna cosa dovrebbe essere intrapresa senza il favore

degli astri. Lo stesso medico non dovrebbe operare se essi non sono propizi, anzi è da essi che

dovrebbe trarre risposte e pronostici, quando i sintomi del paziente sono ambigui. Il valente

astrologo poi, non solo può prevedere il futuro con considerevoli probabilità di successo, ma

Page 20: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

20

potrebbe addirittura cambiarlo applicando a taluni oggetti le virtù occulte dei corpi celesti. La

strada per catturare e conservare l‟influenza celeste passa attraverso delle immagini costruite

con riferimento alle costellazioni. L‟operazione va fatta, si intende, a tempo debito e

l‟amuleto così ricavato va vivificato nella giusta maniera. Le immagini dei 360 gradi dello

Zodiaco, ad ognuno dei quali sono dedicate poche parole in latino, ce le illustra invece nel De

signis celestibus eorumque significatione et potestate, opera che ci è giunta in un solo

esemplare, un manoscritto del XV secolo, conservato attualmente presso la

Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera (37).

Le ritroveremo poi associate (in quanto ab excellentissimo viro Petro de Abano

elaboratae) nel 1488 a xilografie simboliche nell‟Astrolobium planum in tabulis ascendens

continens qualibet hora atque minuto equationes domorum celi, moram nati in utero matris

cum quodam tractatu nativitarum utili ac ornato: necnon horas inequales pro quolibet

climate mundi (Augsburg, Erhard Ratdolt, 1488) del tedesco Johannes Angelus (1463-1512),

studioso umanista ed editore di testi latini di scrittori antichi. Si tratta di 360 figure all‟interno

di oroscopi in forma quadrata; i singoli gradi son quelli dell‟ascendente di ciascuna carta (le

cuspidi sono quelle per il 45° N con la domificazione di Alcabizio), cosicchè quest‟ultima,

essendo in bianco, poteva esser copiata e riempita per essere usata per il giorno desiderato

(Fig. 15).

Fig. 15: L’Ariete, con i tre decani e primi due gradi ascendenti.

Astrolabium planum, Augsburg, E. Rathold, 1488

Ad ogni segno sono premesse inoltre le immagini dei tre decani, per un totale di 96 pagine di

illustrazioni; alle trecento sessanta immagini, una per grado, descritte da Pietro farà poi

riferimento anche Cornelius Agrippa von Nettesheim nel De occulta Philosophia (38).

I nomi dei due autori compaiono in seguito affiancati in un‟opera stampata a Marburg

nel 1559, dal titolo Henrici Cornelii Agrippae Liber Quartus de Occulta Philosophia, seu de

Cerimoniis magicis, cui accesserunt Elementa magica Petri de Abano, Philosophi.

Entrambe le attribuzioni sembrano essere non autentiche: ad ogni modo siccome gli

Elementa magica o Heptameron sono un grimoire contenente nomi, sigilli, formule e rituali

per invocare gli angeli dei sette giorni della settimana, l‟autore dell‟opera deve senz‟altro

essersi rifatto agli scritti risalenti a Pietro d‟Abano, che abbiamo visto citato in Agrippa a

proposito di immagini planetarie e zodiacali, cui dare vita quando si desidera raggiungere un

Page 21: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

21

particolare obiettivo. Il tutto nel più puro rispetto della tradizione magica ermetico-egizia che

Pietro aveva certo appreso da fonti arabe, in primo luogo Picatrix, vero compendio di magia

cerimoniale, le cui fortune, cominciate all‟epoca di Alfonso X El Sabio hanno resistito per

secoli presso tutti i grandi esoteristi (Fig.16). Il trattato arabo Ghâyat al-hakîm (Il fine del

Saggio), composto in Andalusia alla metà dell‟XI secolo, fu tradotto in castigliano (versione

della quale restano frammenti) e poi in latino proprio alla corte di Alfonso X alla fine del

1250. Opera forse di Abû-l-Qâsim Maslama ibn Ahmad al-Faradi al-Hasib al-Qurtubi al-

Mayritî (950-1008) matematico, astronomo ed alchimista (nonché traduttore e commentatore

di Tolemeo), il cui soprannome Maslama, tradotto in castigliano con Picatriz, sarebbe si dice

all‟origine del latino Picatrix. Sconosciuto l‟originale arabo fino alla sua scoperta verso il

1920 da parte dell‟orientalista e bibliotecario Wilhelm Printz (39).

L‟occultista ha in Picatrix un vero vademecum - privo forse di esposizione

sistematica, ma ricco di fonti - della negromanzia e cioè di tutte quelle operazioni compiute

dall’uomo in cui sono totalmente coinvolti l’intendimento e lo spirito e in cui l’intendimento

accompagni, agevolando o provocando, le cose meravigliose che con essa vengono compiute

(incipit del 2° cap. I° Libro).

Fig. 16: Magic Circle

John William Waterhouse (1886)

Quattro i libri e nel secondo, ai capitoli undici e dodici vengono presentati le immagini dei

decani e i loro influssi: in ogni segno la facies è ascritta ad un pianeta, secondo le orbite che

abbiamo già visto, che ad essa conviene e nella quale ascende in una particolare forma.

Impossibile senza conoscere queste dinamiche costruire quel che i sapienti chiamano

talismano, da teslam “ciò che viola”, in quanto ogni operazione compiuta per mezzo di un

talismano è una forma di violenza che vince l’oggetto in funzione del quale il talismano è

stato realizzato (Libro I° l.c.).

Le radici stesse della magia affondano nel moto degli astri e lo scopo del saggio, la

pratica magica, richiede un duro e complesso percorso conoscitivo: non si può intervenire

infatti su quel che non si è compreso. Le immagini dei talismani per poter agire devono essere

messe in relazione - e nella giusta ora - con le erbe, le pietre, le suffumigazioni proprie della

divinità astrale cui ci si appella: solo così quest‟ultima si porrà al servizio del Magus

Page 22: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

22

Magia astrale a Palazzo Schifanoia

A nessuno sfugge quindi che l‟Occidente aveva finito col ricevere dall‟India, attraverso gli

Arabi, il proprio patrimonio di credenze astrologiche, che già emigrato in Oriente, tornava con

nuova veste. Come è ovvio esso, nel corso di questo lungo viaggio, aveva accolto elementi

genuinamente orientali. Nel Rinascimento la magia e l‟astrologia ottennero una grande dignità

e s‟inquadrarono in una visione umanistica che poneva l‟uomo al centro dell‟universo.

Scrive Eugenio Garin: "Magia era visione della vita e del tutto e ritrovamento del linguaggio

universale, dei simboli e degli strumenti per dominare e indirizzare le forze della natura.

Astrologia era certezza dei legami fra le cose, dominio dei corpi celesti, anch‟essi vivi con le

loro anime, e dominanti uomini e cose" (40). L'età rinascimentale è pervasa da una religiosità

naturale, Dio è nella natura che l'uomo vuole dominare ricorrendo al sapere o alla magia.

Questo atteggiamento permetteva anche di superare il determinismo astrologico: l‟uomo che

conosca le leggi universali non si deve preoccupare di ciò che le stelle dicono se non per

approntare degli artifici volti ad annullarne gli influssi negativi.

Nel 1469-70 Borso d‟Este diede l‟ordine di affrescare il salone di rappresentanza di Palazzo

Schifanoia, una costruzione di Ferrara, eretta nel 1385 su commissione di Alberto d‟Este, suo

antenato. Il nome, che letteralmente significa “che schiva la noia”, stava ad indicare che la

dimora era destinata alla delizia ed allo svago, ad allontanare insomma il tedio degli impegni

di governo.

Fig. 17: Panoramica del Salone dei Mesi

(lunghezza 24 m., larghezza 11 m., altezza 7,5 m.)

Palazzo Schifanoia, Ferrara

Fu ingaggiato un nutrito gruppo di artisti (la cosiddetta "officina ferrarese") che eseguì i lavori

con straordinaria rapidità; gli affreschi dovevano celebrare infatti l'investitura, da parte di

Papa Paolo II, di Borso a duca di Ferrara, programmata all'inizio del 1471. Il ciclo pittorico

trae il nome di Salone dei Mesi dalla personificazione dei mesi dell‟anno, per ognuno dei

quali vennero raffigurati nella fascia superiore il trionfo di un dio dell‟Olimpo (41), in quella

mediana un segno dello Zodiaco accompagnato dai tre decani ed in quella inferiore scene

tratte dalla vita di corte (Fig. 17). Ci sono pervenuti solo i mesi da Marzo a Settembre (più un

frammento del mese di Dicembre), leggibili in senso antiorario. Il palazzo infatti dopo vari

passaggi ereditari e varie vicissitudini fu affittato all‟inizio del XVIII° secolo ed adibito a

Page 23: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

23

manifattura di tabacchi; gli affreschi, coperti con strati di intonaco rividero la luce solo più di

cento anni dopo.

Dotto ispiratore e supervisore di questo ciclo fu - come sostenne l‟iconologo Aby

Warburg (Fig. 18) nel 1912 durante una conferenza (42) al X° Congresso internazionale di

Storia dell‟Arte a Roma - Pellegrino Prisciani, bibliotecario, storiografo, sovraintendente alle

arti di corte, nonché professore di astronomia all'Università di Ferrara. Questi era infatti anche

astrologo e si appoggiò al singolare trinomio di eruditi costituito da Manilio, Abu Ma„shar e

Pietro d‟Abano per la decorazione della sala, che nel rappresentare come le divinità

planetarie, attraverso lo Zodiaco irradino il proprio influsso sulla vita di corte, doveva

divenire una sorta di grande talismano murale. Aby Warburg (1866-1929) fu il primo a

cogliere il significato astrologico degli affreschi, cosa che gli era riuscita grazie alla lettura di

Sphaera del Boll; ricostruì durante la citata conferenza (che suscitò non poche perplessità tra

gli addetti ai lavori) la singolare migrazione della Sphaera Barbarica da Teucro - attraverso la

Grecia, l‟Asia Minore, l‟Egitto, la Mesopotamia, l‟Arabia e la Spagna - sino a Ferrara, avendo

come costante punto d‟orientamento il primo decano dell‟Ariete, il vir niger (Fig. 19), nel

quale vide la costellazione di Perseo e di cui, egli che aveva definito l‟astrologia un‟oscura

superstizione, aveva finito col tenere una foto sul suo tavolo come talismano, dopo un lungo

periodo di degenza a causa della sua malattia mentale.

Fig. 18: Aby Moritz Warburg

Dal 1912 in avanti sui decani di Palazzo Schifanoia (che nel 1898 è divenuto sede di Museo)

si sono pronunciati in molti (43) e non é il caso, non essendo studiosi di storia dell‟arte, di

aggiungere alcuna osservazione. Ci piace ricordare invece che Warburg nella citata

conferenza tenne a precisare ai compagni di studi che il tentativo da lui compiuto di decifrare

l‟enigma figurato del Salone dei Mesi non voleva rimanere fine a sè stesso, bensì costituire

un‟arringa a favore di un ampliamento metodologico dei confini tematici e geografici della

loro disciplina. Non a caso fu uno dei padri dell‟iconologia e cioè di quella branca della storia

dell'arte che si occupa di ricercare la spiegazione delle immagini, dei simboli e delle figure

allegoriche dell'arte stessa. Nostro intento invece, con questa relazione, era ripercorrere il suo

cammino in chiave più squisitamente astrologica, in difesa della nostra disciplina per

dimostrare come ogni volta che si cerchi di metterla fuori dalla porta, essa rientri dalla

finestra. Troppi infatti sono stati nei secoli i legami con altri campi del sapere e con altre

manifestazioni dell‟ingegno umano.

Page 24: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

24

Fig. 19: Decano di sinistra del mese di marzo.

Affresco eseguito da Francesco del Cossa.

Palazzo Schifanoia, Palazzo dei Mesi.

Vi sono state continue interazioni tra astronomia, letteratura, arte, medicina ed astrologia e

non ha senso separarle e contrapporle, come fanno taluni quando affermano ad esempio, che il

Tolemeo astronomo autore dell‟Almagesto sia diverso dal Tolemeo astrologo autore della

Tetrabiblos.

Del cielo e dei moti degli astri si possono dare interpretazioni diverse, ma non

necessariamente antagoniste e tocca anche a chi studia, da astrologo, la storia della nostra

disciplina non cessare di porlo in rilievo. E perchè l‟astrologia riacquisti la dignità che le

compete occorre che rigorosi ne siano i metodi e l‟applicazione. Vero è anche che con gli

enigmatici decani di Palazzo Schifanoia siamo alla fine di un percorso che di astrologico ha

più poco, avendo perso ogni riferimento con l‟astronomia, e che sa invece più di magia

astrale; ma come ebbe a dire proprio Warburg (44) “logica e magia fioriscono sul medesimo

stelo”.

Genova, 15 febbraio 2009

[email protected]

www.apotelesma.it

Page 25: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

25

Note (1) Ricerca „90 N° 76 dell‟ottobre 2008. Rimandiamo il lettore a questo studio per una più accurata

descrizione dei cataloghi stellari e della teoria geocentrica. La relazione fu presentata l‟11 ottobre 2008 a

Genova al Convegno inaugurale di Apotélesma ed è leggibile anche in www.apotelesma.it, sito ufficiale

dell‟Associazione.

(2) La classificazione partiva dalle più brillanti (magnitudo + 1) ed andava fino a quelle appena discernibili

(magnitudo + 6).

(3) Vedi Lucia Bellizia, articolo citato nella nota (1).

(4) Leipzig, 1903 (rist. Hildesheim 1967).

(5) Porphyrii Philosophi Introductio in Tetrabiblum Ptolemaei, CCAG, V, 4 (pag. 221); Psellus: Perì

paradóxon anagnosmáton - Ed. Westermann, Paradoxográfoi, Braunschweig, 1839, p. 147, 21).

(6) Parisinus 2420, fol. 48 e 108.

(7) R.E.V.A., 1 (1934), 1132-34

(8) International Journal of the Classical Tradition (IJCT) Vol. I, Number 2 / September 1994, pag. 45.

(9) Paris 1899, Ernest Leroux, Éditeur. (Cap. VII, $ II - Les Décans)

(10) Che è stato inoltre oggetto di uno studio ponderoso da parte di Wilhelm Gundel, che ne raccolse ed

interpretò le fonti scritte e raffigurative in Dekane und Dekansternbilder. Ein Betrag zur Geschichte der

Sternbilder der Kulturvölker. - Leipzig 1936

(11) Per quanto esposto sui decani quali “stars-clock” ho trovato molto interessante la tesi di laurea in

astronomia sostenuta da Karine Gardre nel 2008 presso l‟Università di Tolosa, dal titolo “Conception d'un

modèle de visibilité d'étoile à l'oeil nu. Application à l'identification des décans égyptiens” e leggibile in

rete al link http://tel.archives-ouvertes.fr/docs/00/36/12/27/PDF/Manuscrit_These_KG.pdf , cui rimando

anche per tutte le fonti bibliografiche sull‟argomento.

(12) Cfr. Bouché-Leclerq - L’Astrologie Grecque, Paris 1899. Cap. VII $ II.

(13) Si tratta di Tolomeo VIII Evergete II, detto Physcon “pancione”, faraone del 145 al 117 a.C. Il testo è

riportato in Bouché Leclerq, op. cit. pag. 222.

(14) Franz Boll – Carl Bezold, Interpretazione e fede negli astri, Sillabe 1999, pag. 52 e segg.

(15) Vedi Boll – Bezold, luogo citato alla nota 14; CCAG VII, pag. 180; Giuseppe Bezza, Nechepso e

Petosiride, in www.cieloeterra.it.

(16) L‟editio princeps dell‟Astronomicon fu preparata dall‟astronomo Regiomontanus, usando manoscritti del

tutto corrotti (Poggio Bracciolini era solito ricopiare i manoscritti che rinveniva pur non essendo un

valido amanuense e spedire dietro compenso le sue copie frettolose in Italia. Provvedeva poi a distruggere

gli originali in modo da impedire che altri potessero intaccare il suo "monopolio") e pubblicata a

Norimberga nel 1473. Il testo fu edito criticamente da Joseph Justus Scaliger (prima edizione Parigi 1579

e seconda edizione, collazionata con manoscritti migliori, Leida 1600).

(17) Cfr. N. E. Lemaire - Poetae Latini minores quae notis veteribus ac novis illustravit. sextum, De re

astronomica / Ciceronis. Et Germanici Carmina ex Arato translata. Item M. Manilii Astronomicon, libri

quinque / ex recensione Jos. Scaligeri. Paris, 1837. Vol. VI pag. 193.

(18) N. E. Lemaire op. cit. pag.

(19) Cfr. Bouché-Leclerq, op. cit. pag. 218.

(20) Iulii Firmici Materni, Matheseos Libri VIII, ediderunt W. Kroll et F. Skutsch in operis societatem

assumpto K. Ziegler, Lipsiae in aedibus B.G. Teubneri, 1913.

(21) Cfr. Bouché-Leclerq - L’Astrologie Grecque, Paris 1899. Cap. VII $ II pag. 227 nota 3.

(22) Da intendersi il generale Cesare Germanico, autore tra il 14 e il 19 d.C. di una libera versione in latino del

I° libro dei Phaenomena di Arato e M. Tullio Cicerone, autore degli Aratea, libera traduzione anch‟essa

della stessa opera, risalente all‟ 80 a.C.

(23) Cfr. J. Evans, The astrologer’s apparatus: a picture of professional practice in Greco-roman Egypt,

Journal for the History of Astronomy, Vol. 35, Part 1, N° 118, pagg. 1 – 44 (2004).

(24) Cfr. CCAG VIII parte I pagg. 221 – 248 ex Cod. 10 (Paris. 2506); CCAG VIII parte IV pagg. 155 e segg.

ex Cod. 82 (Paris. 2425); etc.

(25) David Pingree - From Alexandria to Baġdād to Byzantium. The Transmission of Astrology. IJCT 8 (2001-

2002), pp. 3-37.

(26) Cfr. Giuseppe Bezza - Caratteri propri ed acquisiti dell’astrologia araba (conferenza tenuta nel 1999

alla sede di Roma dell'Is.I.A.O) in www.cieloeterra.it

(27) Charles Burnett - Medio Evo, quando l'Occidente voleva imparare dall'Oriente (testo letto dall‟autore in

occasione della conferenza Al di là di Orientalismo e Occidentalismo, organizzata da Reset-Dialogues on

Civilizations e tenutasi al Cairo, in Egitto, dal 4 al 6 marzo 2006).

Page 26: Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. · 1 Da Teucro il Babilonio a Palazzo Schifanoia: i Decani. di Lucia Bellizia Solvite, mortales, animos curasque levate totque

26

(28) In appendice al libro citato di Boll, Sphaera, è possibile leggere il testo in arabo con traduzione tedesca

dell‟orientalista Karl Dyroff delle immagini consorgenti con i trentasei decani; in CCAG, sempre edito da

F: Boll V, Parte1, pagg. 156 -169 è riportata una versione greca.

(29) Cfr. Fritz Saxl - La fede negli astri. Universale Bollati Boringhieri, 1985. Cap. 8, pag. 265 e segg.

(30) Si tratta di un compendio di Alfonso X El Sabio in castigliano nel quale confluiscono estratti di opere

magiche di derivazione giudaica (Libro de Raziel) o araba, tra cui la Gāyat-al-Hakīm (Picatrix in

Occidente), una delle fonti principali della magia astrale di origine orientale, che venuta in possesso di

Alfonso X fu da lui fatta tradurre dall‟arabo in spagnolo da Yehudá ben Moshé verso il il 1256-1258),

ma anche degli estratti dell‟Introductorium di Abu Ma„shar. Cfr. Anna Caiozzo, Les images du ciel

d'orient au moyen âge, Presses Paris Sorbonne, 2003.

(31) Vi sono numerosi manoscritti, che coprono un arco di due secoli, a nome Zothorus Zaparus Fendulus. Il

7330 è il più antico.

(32) Questo nome potrebbe essere null‟altro che la degenerazione del nome Teucro. Cfr. C.A. Nallino –

Tracce di opere greche giunte agli Arabi per trafila pehlevica, in A volume of Oriental Studies presented

to Professor E.G. Browne, Cambridge, 1922, pagg. 285-303.

(33) Cfr. Lynn Thorndike - History of Magic and experimental science, Kessinger Publishing, 2003, Book V

The thirteenth Century, Cap. LXX Peter of Abano, Appendice III.

(34) Venetiis : ex officina Petri Lichtenstein, 1507

(35) Anche gli altri trattati lo indicano come traduttore.

(36) Cfr. Lynn Torndike, l.c., pag. 890 e segg.

(37) Sono debitrice di questa informazione all‟ottima Margherita Fiorello di Roma che mi ha segnalato

l‟esistenza del manoscritto (che è inoltre scaricabile in rete all‟indirizzo: http://daten.digitale-

sammlungen.de/~db/0003/bsb00033078/images/index.html?id=00033078&fip=79.2.219.37&no=107&sei

te=330. ) Cfr. anche Graziella Federici Vescovini - Pietro d‟Abano e gli affreschi astrologici del Palazzo

della Ragione di Padova, in Labyrinthos. Studi e ricerche sulle arti dal Medioevo al Barocco, 9 (1986),

p. 50-75.

(38) Cfr. Cornelio Agrippa von Nettesheim (1486-1553) De occulta philosophia (ristampa del 1983 Edizioni

Mediterranee Roma) Volume secondo, al Capitolo XXXVII “ Delle immagini degli aspetti zodiacali e dei

loro poteri e delle immagini extrazodiacali” (pag. 117 e segg.).

(39) Per una recente traduzione dal latino in italiano vedi Picatrix, a cura di Paolo Aldo Rossi, Ed. Mimesis,

2008.

(40) E. Garin, Storia della filosofia italiana, vol. I, Torino 1966, p. 416

(41) Nell‟ordine stabilito dall‟Astronomicon di Manilio (Libro II, 439-447). Il poeta romano assegna la tutela

dei segni ai grandi dèi del pantheon greco-romano, accogliendo la tradizione che attribuisce loro i dodici

mesi dell‟anno:

Lanigerum Pallas, Taurum Cytherea tuetur

formosos Phoebus Geminos; Cyllenie, Cancrum

Iuppiter, et cum matre deum regis ipse Leonem;

spicifera est Virgo Cereris fabricataque Libra

Vulcani; pugnax Mauorti Scorpios haeret;

uenantem Diana uirum, sed partis equinae

atque angusta fouet Capricorni sidera Uesta;

et Iouis aduerso Iunonis Aquarius astrum est

agnoscitque suos Neptunus in aequore Pisces.

[Traduzione: Pallade protegge il lanoso Ariete, Citerea il Toro, Febo i bei Gemelli; tu, o Cillenio, il

Cancro; e tu, o Giove, con la madre degli dèi (Cibele), il Leone; la Vergine, portatrice di spighe,

appartiene a Cerere e la Bilancia a Vulcano, che l‟ha forgiata; il bellicoso Scorpione è collegato a Marte.

Diana favorisce quel cacciatore (il Sagittario), in parte uomo e in parte cavallo, e Vesta le stelle anguste

(contratte dal gelo?) del Capricorno. Opposto a Giove si trova l‟Acquario, che dipende da Giunone; e

Nettuno riconosce come suoi i Pesci, nelle sue stesse acque].

(42) Aby Warburg - Italienische Kunst und internationale Astrologie im Palazzo Schifanoja zu Ferrara,

tradotto e pubblicato in Arte e astrologia nel Palazzo Schifanoia di Ferrara, Abscondita, 2006.

(43) Fritz Saxl – La fede negli astri, Universale Bollati Boringhieri, 1985 e 2007. Ed anche Marco Bertozzi –

La tirannia degli astri, Sillabe 1999.

(44) Aby Warburg – Divinazione antica pagana in testi ed immagini dell’età di Lutero (1920), traduzione

italiana in La Rinascita del paganesimo antico (Firenze 1966), pag. 315.