Da tali considerazioni è interessante notare come il...

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1.1 Elementi relativi al concetto di trasparenza Trasparenza: l’essere trasparente. Tale è spesso la definizione sintetica del concetto di trasparenza, sul quale non si riflette e il cui significato non viene approfondito, ma intorno a cui si dice e si scrive molto, soprattutto in tempi recenti. Definire la trasparenza significa definire una qualità, una caratteristica. Ma di cosa? Secondo molti dizionari (1) tale caratteristica è riferita a quei corpi che si lasciano attraversare dalla luce e permettono così di individuare con chiarezza gli oggetti retrostanti. Tale definizione chiarisce l’esistenza di una relazione tra la caratteristica della trasparenza e la luce, fenomeno fisico senza cui non potrebbe svilupparsi la vista. Inoltre attribuisce tale caratteristica a corpi che si frappongono tra l’occhio e altri oggetti, ovvero a filtri. Quello che tale definizione non contempla è che la trasparenza è una caratteristica anche della vista stessa, una sua modalità di essere. Tale affermazione sembra avvallata da una breve analisi etimologica: trasparente deriva dal latino medioevale transparens, composto da trans – attraverso - e pareo, verbo che può essere transitivo come intransitivo, ovvero significare vedere ma anche apparire, mostrarsi. La trasparenza dunque è una caratteristica di ciò che si vede, di come si vede o ancora di come ci si mostra attraverso un filtro. Il latino classico traduce l’aggettivo trasparente con translucidus, perlucidus, perlucens, liquidus, splendidus, aggettivi che sono spesso riferiti all’acqua e all’aria e significano limpido, nitido. Raramente impiega i sostantivi perluciditas, perspicuitas, splendor, per parlare di trasparenza: nella maggior parte dei casi adotta perifrasi con l’aggettivo trasparente o con il sostantivo luce: vedere per trasparenza è porre qualcosa alla luce (2) . La traduzione greca dell’aggetivo trasparente è διαφανος, composto dalla preposizione διά-attraverso- e dall’aggetivo derivante dal verbo φαίνω, che nel suo significato attivo significa mostrare nel duplice senso di far vedere e rendere noto, e nella sua forma passiva – φαίνομαι - significa apparire, venire alla luce, essere visibile, manifesto. Tale verbo ha un valore espressamente sensoriale, tanto che l’aggettivo che da esso deriva – φαινόμενος - significa infatti visibile ai sensi. Il concetto che il termine trasparenza sintetizza va quindi letto in duplice modo: è la caratteristica di un oggetto con funzione di filtro, ovvero definisce la capacità di quest’ultimo di far vedere ciò che sta oltre a sé. Ma ancora è una modalità della vista stessa, ovvero quando essa si avvale di un filtro. 17

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1.1 Elementi relativi al concetto di trasparenza

Trasparenza: l’essere trasparente. Tale è spesso la definizione sintetica del concetto di trasparenza, sul quale non si riflette e il cui significato non viene approfondito, ma intorno a cui si dice e si scrive molto, soprattutto in tempi recenti. Definire la trasparenza significa definire una qualità, una caratteristica. Ma di cosa? Secondo molti dizionari(1) tale caratteristica è riferita a quei corpi che si lasciano attraversare dalla luce e permettono così di individuare con chiarezza gli oggetti retrostanti. Tale definizione chiarisce l’esistenza di una relazione tra la caratteristica della trasparenza e la luce, fenomeno fisico senza cui non potrebbe svilupparsi la vista. Inoltre attribuisce tale caratteristica a corpi che si frappongono tra l’occhio e altri oggetti, ovvero a filtri. Quello che tale definizione non contempla è che la trasparenza è una caratteristica anche della vista stessa, una sua modalità di essere. Tale affermazione sembra avvallata da una breve analisi etimologica: trasparente deriva dal latino medioevale transparens, composto da trans – attraverso - e pareo, verbo che può essere transitivo come intransitivo, ovvero significare vedere ma anche apparire, mostrarsi. La trasparenza dunque è una caratteristica di ciò che si vede, di come si vede o ancora di come ci si mostra attraverso un filtro. Il latino classico traduce l’aggettivo trasparente con translucidus, perlucidus, perlucens, liquidus, splendidus, aggettivi che sono spesso riferiti all’acqua e all’aria e significano limpido, nitido. Raramente impiega i sostantivi perluciditas, perspicuitas, splendor, per parlare di trasparenza: nella maggior parte dei casi adotta perifrasi con l’aggettivo trasparente o con il sostantivo luce: vedere per trasparenza è porre qualcosa alla luce (2). La traduzione greca dell’aggetivo trasparente è διαφανος, composto dalla preposizione διά-attraverso- e dall’aggetivo derivante dal verbo φαίνω, che nel suo significato attivo significa mostrare nel duplice senso di far vedere e rendere noto, e nella sua forma passiva – φαίνομαι - significa apparire, venire alla luce, essere visibile, manifesto. Tale verbo ha un valore espressamente sensoriale, tanto che l’aggettivo che da esso deriva – φαινόμενος - significa infatti visibile ai sensi. Il concetto che il termine trasparenza sintetizza va quindi letto in duplice modo: è la caratteristica di un oggetto con funzione di filtro, ovvero definisce la capacità di quest’ultimo di far vedere ciò che sta oltre a sé. Ma ancora è una modalità della vista stessa, ovvero quando essa si avvale di un filtro.

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Da tali considerazioni è interessante notare come il significato etimologico del termine trasparente non fa riferimento al passaggio del raggio luminoso attraverso un corpo. Esplicita semplicemente la visibilità di un corpo o , più spesso la presenza di un filtro per vedere un oggetto retrostante. Se ne deduce che una modalità della vista è resa possibile proprio dalla presenza di un oggetto interposto. Il passaggio del raggio luminoso è chiaramente condizione indispensabile perché sia possibile vedere, ma nelle radici etimologiche del termine trasparenza non risulta che esso debba attraversare il filtro. Con buona probabilità la definizione che i dizionari danno della trasparenza risente della lettura in termini quantitativi, proveniente dalla fisica-tecnica, la quale, dovendo fornire un metodo di quantificazione, cerca nella definizione di trasparenza quei parametri che sono controllabili scientificamente. Il risultato è sicuramente corretto da un punto di vista metodologico, ovvero se i dati di partenza vengono considerati validi, ma appare carente rispetto a molti altri fattori che compongono il concetto di trasparenza.

1.2 Semplificazioni del concetto di trasparenza: l’attraversamento del raggio luminoso

La fisica-tecnica semplifica la lettura del concetto di trasparenza, definendola come una delle proprietà ottiche che un materiale o un oggetto possono avere: la trasparenza è la caratteristica di un corpo che definisce l’intensità del raggio luminoso, in seguito a perdite per riflessione ed assorbimento. Quando si parla di materiali polimerici perfettamente cristallini, essa viene influenzata dallo spessore del manufatto, dal grado di purezza del materiale e dal grado di cristallizzazione. La fisica-tecnica definisce inoltre un’unità di misura, espressa in percentuale, relativa alla trasparenza; nello specifico essa è costituita dal rapporto tra intensità del raggio luminoso uscente da una superficie e intensità del raggio luminoso incidente detta superficie. Va sottolineato che il raggio luminoso considerato è perpendicolare allo spessore del corpo trasparente impiegato nella misurazione.

L (%) = Id/Ie

Id= intensità della luce dopo la provetta Ie = intensità della luce prima della provetta

I corpi impiegati come campioni della misurazione, ovvero le provette, sono solitamente lastre di spessore pari a 2 mm con superfici piane e ben pulite, mentre il raggio luminoso proviene da una sorgente costituita da una lampada ad incandescenza oppure da una luce monocromatica. Le intensità luminose vengono misurate prima e dopo aver attraversato la provetta, mediante fotocellula con galvanometro oppure con fotometro e campione di

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Il limite della definizione e quantificazione fisico-tecnica consiste nel considerare come fattore determinante il solo passaggio del raggio luminoso perpendicolare alla superficie incidente. In tal modo non viene considerata la luce che incide con angoli diversi l’oggetto-filtro. La misurazione della quantità di luce passante è pertanto poco realistica, soprattutto considerando che la luce solare, la quale può essere approssimativamente valutata come parallela, incide perpendicolarmente le superfici solo quando si trova allo zenith. Se come ambito di riferimento si considera il manufatto architettonico, l’unico elemento interessato da tale incidenza è la copertura. La valutazione della percentuale di trasparenza per le superfici verticali non risulta così descritta e quantificata, come pure non considera la diversità delle inclinazioni del raggio solare delle differenti stagioni.Inoltre, quando la visione di un oggetto in secondo piano risulta impedita dalla presenza di materiale opaco miscelato con materiale trasparente, la valutazione quantitativa della proprietà ottica del campione risulta impossibile da effettuarsi; come caso eventuale potrebbe essere considerata una media ponderata dei rapporti tra intensità del raggio incidente e passante delle parti trasparenti e opache. Ma il valore risultante non sarebbe rispondente all’effetto di trasparenza reale, poiché esso è influenzato dall’angolo di visuale dell’osservatore rispetto al filtro e all’oggetto in secondo piano e non tiene conto di un secondo fattore: quello psicologico-percettivo.

1.3 L’approccio percettivo: un modello di trasparenza apparente;

Vedere mediante un filtro ovvero osservare attraverso un oggetto trasparente: tale azione permette di vedere gli oggetti retrostanti, i quali possono apparire più o meno nitidi, con colorazioni leggermente diverse, con maggiore o minore definizione dei dettagli. Ciò che permette tale visione è la capacità dei filtri di essere attraversati dalla luce e permettere in tal modo che anche gli oggetti in secondo piano siano colpiti dalle radiazioni luminose e pertanto percepiti dall’occhio umano. La pratica comune si sofferma sul grado di nitidezza della visione filtrata, ma non pone particolare attenzione all’oggetto trasparente, ovvero non si

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1.1 1.1 Apparecchio costituito da fotocellula

e galvanometro, per la misurazione

del passaggio del raggio luminoso

attraverso una provetta

preoccupa di come esso sia definito. E’ comunque indubbio che vedere attraverso un oggetto trasparente sia differente dal vedere un oggetto trasparente. Quando un corpo è “troppo” trasparente non è percepibile dall’occhio umano tanto che noi tendiamo ad attraversarlo – se funge da soglia - sbattendoci inevitabilmente contro. In questo caso sembra che i nostri sensi ci ingannino, o meglio, che siano limitati. Una analoga incomprensione avviene quando si pone un oggetto trasparente sopra uno sfondo opaco, come un foglio di carta colorata. L’osservatore ignaro di questa operazione non è in grado di percepire l’oggetto trasparente, ma individua solo due superfici opache, magari con gradi diversi di saturazione del colore. Esistono pertanto situazioni in cui sembra che i nostri sensi si confondano, poiché non siamo in grado di percepire la presenza di un oggetto trasparente quando c’è. Oppure, in situazioni diverse, i nostri sensi si ingannano poiché percepiscono come trasparente un oggetto che in realtà non lo è; se, ad esempio, sovrapponiamo una serie di carte opache con gradi diversi di saturazione del colore, il nostro occhio percepisce una sensazione di trasparenza. Ci troviamo di fronte a quelle che la mentalità comune chiama illusioni, le quali vengono spiegate come eccezioni alla corrispondenza tra mondo fisico – il mondo reale in cui viviamo – e mondo fenomenico – il mondo che percepiamo. Da un punto di vista scientifico, è chiaro che non siamo di fronte a errori di corrispondenza, ma semplicemente all’ impossibilità, da parte del cervello umano, di elaborare certi dati.

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1.2 A.Garau, Solaris, 1990I fattori cromatici dei diversi strati creano effetti di trasparenza con oggetti opachi 1.3 Garau A., Conflitti, 19861.4 Garau A., Conflitto, 1986

1.2

1.3 1.4

Gli studi scientifici della psicologia percettiva(4) affrontano il problema in modo esteso, considerando la trasparenza come una questione appartenente all’ampio campo delle relazioni tra fenomeno fisico ed elaborazione psicologica. Tali studi trattano il tema della trasparenza come un fenomeno percettivo, ovvero affrontano la questione della impressione di trasparenza. I nostri sensi forniscono stimoli al cervello, il quale li elabora e trasforma in impressioni di trasparenza. Affinché tali impressioni si sviluppino non è sufficiente, né necessario, che un oggetto sia trasparente, come dimostrano gli esperimenti sopraccitati. Semplici prove empiriche sembrano contrastare con la definizione fisica della trasparenza. Curiosamente, l’analisi etimologica trattata al punto 1.1, determina una definizione di campo che non coincide con quello della fisica-tecnica: l’effetto di trasparenza è dato dalla presenza di un filtro, il quale non necessariamente deve poter essere attraversato dal raggio luminoso. Trasparente è ciò che permette di vedere attraverso. Fin dall’Ottocento i ricercatori di psicologia percettiva hanno tentato di individuare le condizioni che provocano l’impressione di trasparenza, con la consapevolezza che non sia sufficiente conoscere le caratteristiche fisiche dei corpi trasparenti per comprendere l’esito del processo percettivo. Analizzando alcune tele di pittori, soprattutto rinascimentali, è individuabile una prima risposta al quesito: essi impiegano figure, superfici e oggetti opachi per ottenere effetti di trasparenza: il velo delle Grazie nella Primavera del Botticelli viene percepito dal nostro occhio come trasparente, poiché le parti dei corpi retrostanti sono disegnate con colorazioni diverse rispetto alle parti non velate. Si tratta di tecniche pittoriche ampiamente conosciute, anche se limitate a casi ben definiti. Se da un lato è difficile dare una spiegazione scientifica all’impressione di trasparenza, è innegabile che gli artisti, con le loro soluzioni, pur parziali, abbiano intuito uno dei parametri che definiscono la questione.

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1.5 Sandro Botticelli, La Primavera,

1478-1485.Il velo delle Grazie

presenta una trasparenza ottenuta

attraverso la diversità delle tonalità cromatiche

e della disposizione nello spazio.

Le carni che lascia intravedere hanno una colorazione più tenue

di quella delle membra.

1.5

Da un punto di vista scientifico, gli studi di psicologia percettiva si sono largamente impegnati per rispondere al quesito relativo alle condizioni dell’impressione di trasparenza. All’oggi tali studi sono i più sviluppati e forniscono alcune risposte al problema, oltre che alcune possibili modalità di quantificazione dei fattori determinanti la trasparenza.Lo sviluppo storico degli studi di psicologia percettiva inizia nel 1867 con il fisiologo e fisico Hermann Von Helmholz, il quale, dopo aver spostato la questione dalla trasparenza alla sua impressione, individua due ordini di fattori che permettono il verificarsi dell’impressione di trasparenza: quelli figurali e quelli cromatici. I primi determinano il costituirsi dell’oggetto trasparente come distinto da altri oggetti (opachi) e dallo sfondo, i secondi determinano le condizioni per il verificarsi della scissione dei colori trasparente e opaco. Negli esperimenti affrontati dallo studioso è necessario che l’area di sovrapposizione tra superfici con colore trasparente e opaco sia unica e che i due colori siano posti su piani diversi. Helmholz dichiara possibile la distinzione del colore di un corpo trasparente da quello di un corpo opaco retrostante: l’occhio umano, nonostante sia colpito da un’unica stimolazione cromatica(5), è in grado di trasmettere al cervello due colori distinti. Tali considerazioni trovano Hering (1888) contrario: egli nega che il cervello umano sia in grado di scindere una stimolazione cromatica che risulta unica nel tempo e nello spazio (un unico punto di osservazione). Al di là delle dispute teoriche e sperimentali, quello che gli studiosi ereditano dalle teorie di Helmholz ed Hering è un restringimento del campo di indagine alla spiegazione di come sia possibile vedere due colori distinti quando lo stimolo cromatico è unico. Per i fattori figurali il ruolo della stratificazione spaziale dell’oggetto o figura trasparente rispetto ad altri opachi è determinante: accentuare la distinzione dei piani significa accentuare l’impressione di trasparenza. Tali condizioni sono state alla base delle soluzioni adottate dai pittori nelle loro opere per ottenere effetti di superfici diafane, le quali presentano sempre una chiara definizione geometrica e collocazione spaziale, con frequenti sottolineature di ciò che sta dietro e davanti.

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1.6 Raffaello Sanzio, Ritratto di giovane (La Fornarina), 1520, Palazzo Barberini..Il velo sul grembo è ottenuto con tonalità cromatiche tendenti al grigio, con alcune punte d’argento. 1.7 Sandro Botticelli, Madonna del Libro,1481, Museo Poldi Pezzoli.

1.61.7

I fattori cromatici, rispetto a quelli figurali, hanno maggiormente interessato gli studiosi di psicologia percettiva, i quali hanno prodotto posizioni teoriche più diversificate in funzione delle epoche e impostazioni culturali. F. Metelli, riprendendo gli studi di Helmholz, sviluppa una teoria sulla trasparenza delle superfici acromatiche che tuttora è ritenuta valida e che costituisce un modello applicabile alla trasparenza con superfici cromatiche, con risultati soddisfacenti. Egli crea un modello matematico per quantificare il colore trasparente. Afferma che quando vi è una impressione di trasparenza, il nostro sistema percettivo opera una scissione, per cui il colore si sdoppia in due: quello trasparente e quello opaco. In tale scissione l’oggetto trasparente viene percepito come uniforme per trasparenza e colore. Poiché il processo percettivo è letto come fenomeno inverso rispetto alla fusione, per analogia con essa, vengono impiegate le stesse semplici formule matematiche ma lette in senso inverso. In tal modo, partendo dai colori che sono fisicamente presenti nella situazione osservata, è possibile derivare quale sia il colore dello strato trasparente e quanto trasparente esso appaia. Facendo riferimento alle leggi che regolano la mescolanza dei colori, in particolar modo quelle di Talbot e Plateau, il modello di Metelli è riassumibile in una semplice equazione matematica, per cui i colori A e T, le cui misure, in termini di riflettanza sono a e t, presi in proporzioni α e (1-α), se addizionati, determinano il colore P con riflettanza p.

αa+ (1-α) t = p

a;t: valori di riflettanza α; (1-α): valori di proporzione di colore p: colore percepito, ottenuto da diverse mescolanze di colori e riflettanze.

Da Pos (1976) riprende il modello di Metelli e lo estende ai casi di trasparenza cromatica. In essi i parametri da considerare sono tre, x, y, z, in base alla composizione dei tre colori base (rosso, giallo, blu). Egli introduce anche il concetto di trasparenza parziale, una situazione in cui la superficie trasparente è percepita solo parzialmente, in una sua parte. Tale modello appare molto complesso per la quantità di variabili da considerare.Una ulteriore teoria è data da Beck, il quale parla di miscela sottrattiva, ovvero di un processo per cui lo strato trasparente opera una filtrazione spettralmente selettiva dello sfondo, come quello operato dai pigmenti impiegati nella pittura per sottrarre o assorbire alcune componenti del fattore luminoso incidente.Tale teoria non impiega alcun modello matematico, ma fa solo riferimenti a dati empirici.La teoria di Metelli appare utile in quanto permette una quantificazione della trasparenza, ma non tiene conto della differenza che intercorre tra valori fisici e percepiti. Per tale motivo Metelli prova a sviluppare un secondo modello impiegando misure psicofisiche - i valori della Scala di Munsell(6) per i diversi colori - e stabilendo una relazione univoca tra misure percettive e fisiche.

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Riconsiderando il pensiero fi siologico ed empirista, il modello matematico di Metelli viene integrato con il Sistema Naturale di Hering, il quale non fa riferimento a conoscenze di natura fi sica o chimica o fi siologica, ma solo psicologica. Egli defi nisce come unica caratteristica della percezione cromatica la somiglianza: un colore può avere maggiore o minore somiglianza al bianco (e di conseguenza al nero, ovvero la mancanza di luce), a un colore unico, o a colori opposti (caso dei colori misti). La sensazione percettiva non ha valore quantitativo, ma solo qualitativo. Il sistema impiegato da Hering per ordinare i colori, viene denominato Sistema Naturale dei colori e consiste in una rappresentazione geometrica di un doppio cono composto da triangoli equilateri rappresentanti i diversi colori, aventi come caratteristica comune il fatto di avere un lato che unisce i due estremi bianco-nero e gli altri due che uniscono il nero con un colore unico e il bianco, anch’esso con un colore unico.Il modello di Metelli e quello di Hering sono integrati, in quanto compatibili: al posto della rifl ettanza viene impiegato il grado di somiglianza percettiva.

α = (p-q)/(a-b)

Il vantaggio di tale sistema integrato consiste nell’aver esteso un modello matematico, la cui validità è riconosciuta dalla comunità scientifi ca, alla trasparenza di superfi ci cromatiche, inserendo all’interno delle equazioni impiegate modelli empirici di corrispondenza comparativa.

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1.8; 1.9; 1.10 Schema e spaccati assonometrici del sistema naturale dei colori secondo la scala di Munsell

1.10

1.8

1.9

1.4 Ridefinizione del concetto di trasparenza

Dagli studi sopraccitati è possibile ridefinire la trasparenza come un concetto ampio, di natura non meramente fisica, ma legato ad un forte valore psicologico, tanto che appare necessario spostare la questione al campo percettivo. Trasparente è ciò che determina un tipo di visione la quale appare modificata dalla presenza di un filtro. Trasparente è il tipo stesso di visione mutata. Pertanto è opportuno parlare di visione trasparente in vari gradi, ovvero secondo diverse modalità di disturbo. La trasparenza è un concetto di natura psico-percettiva: è un’impressione che il nostro cervello elabora in base agli stimoli che gli vengono forniti e alle condizioni psico-fisiche dell’osservatore. In tale trattazione, appare poco significativo fornire una quantificazione dell’impressione di trasparenza, poichè tale operazione risulterebbe particolarmente complessa dati i molteplici fattori da considerare. Quello che appare invece interessante è considerare le diverse modalità di disturbo della visione, che, riferite al campo del progetto di architettura, appaiono a volte di natura bidimensionale, altre di ordine tridimensionale. L’impressione di trasparenza in architettura è leggibile sia dall’interno che dall’esterno, ovvero sia dal microcosmo interno al manufatto, sia dal macrocosmo dell’ambiente esterno. Tale duplice possibilità di visione appare consapevole in alcuni progetti, consci che porre un filtro davanti a un oggetto determini un disturbo di visione, o meglio, una nuova modalità di visione dello stesso. Vedere attraverso qualcosa è un’impressione elaborata dal nostro cervello. La tesi di dottorato riflette sui modi di essere della trasparenza, sulle diverse modalità della sua percezione e, attraverso un’analisi di alcuni progetti di architettura, legge come tale impressione sia realizzabile, ovvero attraverso quali filtri – di natura sintetica, ovvero filtri polimerici – essa si definisca. Poiché all’oggi non esiste una quantificazione del disturbo della visione, la trattazione adotta una scala qualitativa capace di descrivere i diversi tipi di disturbo visivo. In tal modo si crea una relazione tra l’oggetto comunemente considerato trasparente – il filtro – e l’impressione di visione trasparente che esso determina. La trasparenza è una modificazione della visione, un’impressione che il nostro cervello elabora. I fattori che la determinano sono molteplici, i risultati spesso inaspettati. Il carattere psico-percettivo della visione determina elaborazioni spesso inattese e capaci di generare stupore.

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Note:

(1) Il Devoto Oli definisce la trasparenza come la capacità di un corpo di permettere il passaggio, attraverso il suo spessore, di radiazioni luminose e quindi la visione di oggetti situati al di là di esso; il Garzanti come «la proprietà, caratteristica di ciò che è trasparente». E l’aggettivo trasparente «che si lascia attraversare da una radiazione, in particolare dalla luce, consentendo di individuare in modo più o meno nitido gli oggetti che rispetto all’osservatore sono al di là di esso»; il dizionario UTET parla di trasparenza come della «qualità di un oggetto o di un corpo che, per natura della sostanza di cui è fatto o per l’esiguità dello spessore, si lascia attraversare dalla luce; donde si può vedere più o meno distintamente ciò che è posto al di là».(2) Aliquid luci opponete, porre qualcosa in trasparenza.(3) All’oggi gli studi di psicologia percettiva si propongono come i più avanzati nell’affrontare il tema della trasparenza. Nascono nell’Ottocento e si sviluppano sino ai nostri giorni, con le odierne tesi di O. Da Pos. (4) Poiché la zona di sovrapposizione dei corpi trasparente e opaco è unica, anche la stimolazione cromatica è unica.(5) All’oggi gli studi di psicologia percettiva si propongono come i più avanzati nell’affrontare il tema della trasparenza. Nascono nell’Ottocento e si sviluppano sino ai nostri giorni, con le odierne tesi di O. Da Pos.(6) la scala di Munsell è basata su tre dimensioni del colore: hue (tonalità), value (luminosità), chroma (purezza del colore). I colori sono ordinati in base percentuale e secondo le proprietà fisiche della luce riflessa. La dimensione dello spazio del colore non è uguale per tutti i colori. Ciò provoca la cossidetta asimmetria dello spazio del colore.

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