DA STAMPARE

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1 Dipartimento di Scienze Laurea Magistrale in Geologia del Territorio e delle Risorse (DM270) Evoluzione termica e storia di provenienza del bacino tortoniano- messiniano di Scillato (Monti di Palermo, Sicilia) mediante studi di petrografia organica e mineralogia delle argille Candidato: Paolo Martizzi MAT 427202 Relatore: Prof.ssa Sveva Corrado Università degli studi Roma Tre Correlatori: Dott. Luca Aldega Sapienza-Università di Roma Dott. Francesco Interbartolo Università degli Studi di Palermo Anno accademico 2014/2015

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Dipartimento di Scienze

Laurea Magistrale in Geologia del Territorio e delle Risorse (DM270)

Evoluzione termica e storia di provenienza del bacino tortoniano-

messiniano di Scillato (Monti di Palermo, Sicilia) mediante studi di

petrografia organica e mineralogia delle argille

Candidato:

Paolo Martizzi MAT 427202

Relatore:

Prof.ssa Sveva Corrado Università degli studi Roma Tre

Correlatori:

Dott. Luca Aldega Sapienza-Università di Roma

Dott. Francesco Interbartolo Università degli Studi di

Palermo

Anno accademico 2014/2015

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Ringraziamenti

Giunto alla conclusione di questo lavoro, volevo ringraziare innanzitutto la Prof.ssa Sveva Corrado,

relatore di questa tesi, per la grande disponibilità e fiducia dimostratami, per i suoi consigli e

insegnamenti e per avermi dato la possibilità di lavorare su una tematica interessante e stimolante,

aiutandomi e incoraggiandomi sempre.

Ringrazio il Dott. Luca Aldega, correlatore, per la sua disponibilità, per il suo grande aiuto

nell’interpretazione dei risultati e per l’incoraggiamento che mi ha sempre dato.

Ringrazio il Dott. Francesco Interbartolo e il Dott. Maurizio Gasparo Morticelli per avermi ospitato

a Palermo e avermi aiutato nella fase di campionamento.

Ringrazio la Dott.ssa Martina Balestra, il Dott. Matteo Trolese e il Dott. Andrea Schito per tutti i

consigli e le spiegazioni.

Devo dire grazie anche al Dott. Sergio Lo Mastro per la sua rapidità nell’analizzare i campioni.

Voglio anche ringraziare, tutti, indistintamente i professori, ricercatori e dottorandi per aver sempre

messo a disposizione tutta la vostra conoscenza e disponibilità a noi studenti. Un grazie speciale lo

devo al Professor Francesco Salvini, alla Dott.ssa Paola Cianfarra e al Dott. Matteo Maggi per i

loro consigli e per la loro simpatia.

Ringrazio i miei genitori per avermi sempre sostenuto e per avermi permesso di arrivare dove sono.

Ringrazio i miei fratelli Davide e Livia per essermi stati vicini in tutti i momenti.

Ringrazio Federico per la sua simpatia e il suo sostegno.

Ringrazio Stefano ed Eleonora per tutti i momenti divertenti passati insieme.

Ringrazio tutti gli amici dell’università e in particolare Francesca e Valerio.

Ringrazio Andrea Quirini, Andrea Di Cosimo e Melissa Mirino, i migliori compagni che si possono

avere durante un lavoro di rilevamento.

Ringrazio, infine, una cara amica lontana per avermi sostenuto nel periodo più difficile di questo

percorso.

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Indice

1 Introduzione

1.1 Scopo della tesi e metodi di lavoro……………………………………………………………….4

1.2 Ubicazione dell’area di studio……………………………………………………………………5

2 Inquadramento Geologico della Sicilia e del Bacino di Scillato

2.1 Domini stratigrafico-strutturali della catena appenninico-maghrebide in Sicilia………………. 8

2.2 Assetto stratigrafico-strutturale dell’area del bacino di Scillato………………………………..18

2.3 Evoluzione tettono-stratigrafica dell’area del bacino di Scillato……………………………….25

3 Metodi e materiali

3.1 Petrografia organica

3.1.1 Analisi ottiche della materia organica dispersa nei sedimenti:generalità......................29

3.1.2 Preparazione dei campioni.............................................................................................34

3.1.3 Acquisizione e analisi dei dati.......................................................................................35

3.2 Diffrazione a raggi X della frazione fine dei sedimenti...............................................................37

3.2.1 Preparazione Campioni..................................................................................................37

3.2.1.1 Campioni con orientazione caotica o “random” ........................................................37

3.2.1.2 Campioni con orientazione preferenziale della frazione <2 μm................................39

3.2.2 Acquisizione e analisi dei dati ......................................................................................42

3.3 Materiali di studio e strategia di campionamento.........................................................................45

4 Risultati

4.1 Analisi ottica della materia organica............................................................................................53

4.2 Analisi diffrattometrica della frazione fine dei sedimenti............................................................61

5 Discussione

5.1 Confronto tra gli indicatori di massima esposizione termica (Ro%, %I in I-S e parametro R)...66

5.2 Contributo dello studio degli indicatori termici alla storia di provenienza .................................71

6 Conclusioni ................................................................................................ ……………………...74

Bibliografia .......................................................................................................................................76

Appendice..........................................................................................................................................82

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CAPITOLO I – INTRODUZIONE

1.1. Scopo della tesi e metodi di lavoro

Lo scopo di questo lavoro è quello di ricostruire l’evoluzione termica e la storia di provenienza del

bacino di wedge-top di Scillato. Con questo obiettivo sono stati effettuati studi della frazione fine

dei sedimenti, mediante analisi diffrattometrica a raggi X e analisi ottiche sulla materia organica

dispersa in essi. Inoltre sono state analogamente caratterizzate le successioni sedimentarie che

rappresentano il substrato di questi bacini.

Le analisi della materia organica dispersa nei sedimenti, ci permettono di valutare, da una parte la

maturità termica delle formazioni analizzate, dall’altra il tipo di ambiente in cui è stata conservata la

materia organica e il grado di prossimalità/distalità in funzione delle dimensioni dei frammenti e

dell’abbondanza relativa esistente tra diverse famiglie di macerali.

Le analisi mineralogiche, invece, ci permettono di distinguere i domini deposizionali principali e la

loro maturità termica in funzione dell’ordering strutturale di alcune fasi minerali riconosciute.

Dal confronto tra le fasi argillose presenti, possiamo contribuire a definire la provenienza dei

sedimenti, insieme ai più tradizionali strumenti di indagine sedimentologici (distribuzione delle

direzioni di provenienza, composizione delle sequenze di riempimento). In figura 1.1 è

rappresentato lo schema delle principali fasi di lavoro svolte durante la tesi.

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Figura 1.1 – Diagramma delle principali fasi di lavoro della tesi.

1.2. Ubicazione dell’area di studio

L’oggetto di studio in questa tesi è il bacino di Scillato, un bacino di wedge-top che consiste in una

depressione orientata N-S situata nei pressi dei paesi di Scillato e Caltavuturo, lungo il margine

occidentale delle Madonie. Il bacino è localizzato nel settore centro-settentrionale del Sicilian fold

and thrust belt (SFTB) (fig. 1.1) incluso nel rilevamento del foglio geologico 609-596 Termini

Imerese-Capo Plaia (Catalano et al., 2011).

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Figura 1.2 – Carta strutturale semplificata della Sicilia centro-settentrionale con i principali bacini miocenico-

pliocenici. L’area di studio è ubicata nel riquadro (da Gugliotta e Gasparo Morticelli, (2012)).

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Figura 1.3 – Stralcio del foglio geologico 609-596 Termini Imerese-Capo Plaia e legenda relativa ai termini in

affioramento nel bacino di Scillato ( modificata da Catalano et al. (2011)).

Il bacino è riempito da sedimenti silicoclastici di ambiente deltizio e di mare aperto, costituite da

50 m di argille sabbiose di età Serravalliano sup-Tortoniano (F.ne Castellana Sicula) e circa 1200 m

di conglomerati, sabbie e argille di età tortoniana (F.ne Terravecchia) (Gugliotta e Gasparo

Morticelli, 2012). Questa successione giace in discordanza al di sopra di un substrato deformato

costituito dall’unità del Flysch Numidico, composta da argille e arenarie con spessore massimo di

circa 700 m, dalle unità Sicilidi, composte da argille varicolori con spessore di circa 200 m e

dall’unità Imerese, composta da un’alternanza di argilliti, marne e calcilutiti, spesse

complessivamente circa 1000 m (fig. 1.2).

La successione di riempimento del bacino, in particolare la F.ne Terravecchia, è stata oggetto di

numerosi studi recenti sedimentologo-stratigrafici, in quanto rappresenta un ottimo esempio di

sequenze tipiche dei bacini di thrust-top. Inoltre l’architettura di riempimento del bacino è analoga a

quella dei reservoir produttivi a gas biogenico della Sicilia occidentale (Lippone-Mazzara gas field,

Gugliotta, 2013).

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CAPITOLO II – INQUADRAMENTO GEOLOGICO DELLA

SICILIA E DEL BACINO DI SCILLATO

2.1. Domini stratigrafico-strutturali della catena appenninico-maghrebide in Sicilia

La Sicilia è ubicata nel Mediterraneo centro-occidentale e costituisce una porzione del sistema

collisionale a pieghe e sovrascorrimenti Appenninico-Maghrebide (Fig. 2.1). Questo sistema si è

strutturato a partire dall’Oligocene-Miocene nella fase “post collisionale” della convergenza

(iniziata nel tardo Cretacico) tra la placca africana, la placca europea e la microplacca adriatica

(Catalano et al., 2011; Boccaletti et al., 1984). La strutturazione della catena è, inoltre, da

relazionarsi al coevo arretramento dell’arco di subduzione della litosfera Ionico-Africana (Catalano

et al. 2013; Doglioni et al., 1999; Faccenna et al., 2004; Chiarabba et al., 2005) e all’apertura del

bacino Liguro/Provenzale e del Tirreno (Faccenna et al., 2002). Il sistema è il risultato della

sovrapposizione di: a) un segmento appenninico meridionale E-NE vergente; b) il settore calabro-

ionico derivante dal trasporto dei terreni calabresi al di sopra del mar Ionio (Catalano et al. 2013;

Finetti & Del Ben, 1986; Cernobori et al., 1996; Catalano et al., 2001; Finetti, 2005) e c) il settore

siciliano con vergenza verso SSE. L’inizio della strutturazione dell’orogene appenninico -

maghrebide è marcato dalla collisione del Blocco Sardo - Corso con il margine della placca

Africana. Il blocco Sardo - Corso a sua volta, rappresenterebbe una porzione del margine Europeo,

separatasi dalla placca continentale principale e ruotata in senso antiorario seguendo l'apertura del

Bacino Balearico (Alvarez, 1972).

Il thrust belt appenninico-maghrebide coinvolge attualmente, i depositi mio-pleistocenici del

recente bacino di "avanfossa" (avanfossa Adriatica e Bacino di Gela) sovrapponendosi verso

l'esterno ai settori poco deformati dell'avampaese Apulo e Ibleo.

Il margine interno della catena Appenninico - Maghrebide è rappresentato da un complesso di unità

tettoniche cristalline erciniche con sovraimpronta alpina (Duee, 1969; Ogniben, 1969, Vignaroli et

al., 2008, Aldega et al., 2011) affioranti lungo l'Arco Kabilo - Calabride. L'Arco Kabilo - Calabride

(Torelli et al., 1985) si sovrappone, a partire dal Oligocene superiore/Miocene inferiore, alla catena

Appenninico - Maghrebide, lungo un fronte di sovrascorrimento sommerso nel Tirreno meridionale

noto come Fronte di Drepano (Catalano et al., 1996).

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Figura 2.1 – Assetto geologico della Sicilia e delle aree adiacenti (da Billi et al., 2010)

La catena siciliana costituisce la porzione centro-meridionale del più ampio sistema orogenico

Appennino-Maghrebide. In questi settori la deformazione ha interessato le successioni sedimentarie

Triassico-Paleogeniche depostesi in differenti domini paleogeografici (di mare basso e pelagici),

ubicati lungo il margine continentale africano ed il suo prolungamento offshore. La strutturazione

della catena è stata accompagnata dallo sviluppo di un bacino di avanfossa s.l. articolato in bacini

minori di thrust-top o piggy back (Ori & Friends, 1984), in cui si sono accumulati notevoli spessori

di depositi silico-clastici, carbonatici ed evaporitici, progressivamente coinvolti nella deformazione

durante l'avanzamento del fronte della catena. Il complesso collisionale della Sicilia è composto da

tre elementi principali (fig. 2.2):

- Un’area di avampaese, indeformato (o debolmente deformato) corrispondente al plateau ibleo

(Sicilia sud-orientale) e alla sua continuazione offshore nel Canale di Sicilia. È costituito da una

successione sedimentaria triassico-neogenica carbonatica che ricopre un basamento cristallino

africano (Patacca et al., 1979; Catalano & D' Argenio, 1982; Grasso & Lentini, 1982; Lentini et al.,

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1983; Bianchi et al, 1989; Antonelli et al., 1991). Recenti dati noti dall'interpretazione di sezioni

sismiche a riflessione, calibrate da dati di pozzo (Catalano et al., 2000a), hanno messo in evidenza

una successione triassico/pleistocenica spessa 8-10 km interessata, a varie altezze stratigrafiche, da

corpi tabulari interpretabili come intrusioni vulcaniche (Antonelli et al., 1991; Casero & Roure,

1994).

- Un’area di avanfossa recente, localizzata nell’offshore meridionale della Sicilia e nell’altopiano

ibleo lungo il margine settentrionale dell’avampaese. Essa è in parte sepolta dal fronte della catena

nella Sicilia meridionale e nel Bacino di Gela. Si tratta di una depressione orientata ONO-ESE,

sviluppatasi a partire dal Pliocene superiore (Di Stefano et al., 1993) in risposta al carico esercitato

dalle falde del fronte più avanzato della catena (fronte di Gela) (Catalano et al., 1992). I bacini si

sono sviluppati dal tardo Pliocene (Di Stefano et al., 1993; Ghielmi et al., 2011) e sono stati riempiti

da calcari marnosi e arenarie torbiditiche in discordanza angolare con le sottostanti evaporiti

messiniane e i depositi più antichi.

- Una catena a pieghe e sovrascorrimenti, vergente verso i quadranti meridionali, spessa a luoghi

più di 15 km, costituita (dall’interno verso l’esterno) da un elemento “europeo” (Unità Peloritane),

un elemento “tetideo” (Unità Sicilidi) e un elemento “africano” (Unità Appenninico-Maghrebidi).

Figura 2.2 – Carta strutturale della Sicilia (modificato da Catalano e D’Argenio, 1982; Catalano et al., 2000).

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L’assetto strutturale della catena mostra alcune differenze a seconda del settore geografico della

Sicilia (www.siripro.it) (fig. 2.2):

Sicilia Occidentale

L’edificio orogenico mostra, dal basso verso l’alto:

- un cuneo spesso 7-8 km di scaglie di piattaforma carbonatica mesocenozoica (Unità Panormide,

Trapanese-Saccense);

- un complesso spesso da 1 a 3 km di rocce carbonati che e clastiche di bacino distale del

Giurassico sup.- Miocene medio (Unità PrePanormidi) che sovrascorrono le Unità Trapanesi;

- successioni del Tortoniano sup.-Pleistocene medio che colmano i bacini sintettonici.

Sicilia Centro Occidentale

L’area esaminata si estende dai Monti di Palermo alla regione di Sciacca e comprende un settore di

catena costituito da una pila di unità in facies di piattaforma carbonatica (Trapanese-Saccense)

spessa almeno 10 km su cui si sovrappongono secondo Catalano et al. (1978), nel settore

settentrionale, le Unità Imeresi imbricate e deformate e nel settore meridionale, le Unità Sicane.

L’intero edificio tettonico è formato dai seguenti livelli strutturali separati da discontinuità sub-

orizzontali a grande scala.

- il livello inferiore è un cuneo tettonico spesso da 8 a 9 km di unità embricate costituite da una

successione spessa più di 3 km di piattaforma carbonatica dei domini Panormide, Trapanese e

Saccense. Il sistema embricato di piattaforma carbonatica con vergenza Sud si sviluppa dalla costa

Tirrenica alla latitudine di Sciacca.

- il livello strutturale intermedio consiste di un insieme di rampe spesse circa 2-3 km costituite da

carbonati bacinali imeresi e sicani. Tali unità sovrascorrono, lungo un livello di scollamento

debolmente immergente a nord, sulle unità embricate di piattaforma carbonatica.

- il livello superiore è rappresentato da 1) depositi molassici miocenici, evaporiti messiniane e

calcari del Pliocene inf. (Trubi) che appaiono piegati, fagliati e scollati dal loro substrato; 2)

depositi clastico-carbonatici del Pliocene medio-Pleistocene inf. che colmano ampie depressioni

sintettoniche; 3) la falda di Gela (parte frontale della catena) sovrapposta sia sulle Unità Sicane che

Saccensi nella parte meridionale della Sicilia.

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Sicilia centro-orientale.

In questa regione compresa tra Termini Imerese ed Eraclea sulla costa meridionale siciliana, le

strutture di piattaforma carbonatica affioranti ad occidente (area di Monte Kumeta-Busambra)

scompaiono bruscamente sostituite in superficie da estesi lembi del Flysch Numidico e dai corpi

paleozoico-triassici (F.ne Mufara e F.ne Lercara Auctorum).

I terreni paleozoico-triassici costituiscono una coltre molto più estesa di quanto finora noto

occupando, tanto in affioramento quanto nel sottosuolo, la regione tra i Monti di Termini Imerese e

le Madonie. Appaiono generalmente ricoperti tettonicamente da cunei deformati del Flysch

Numidico, ma la successiva evoluzione tettonica ha prodotto rigetti interni ai due corpi ed

inversioni tettoniche rispetto alla tettonica più antica caratterizzata da lunghi flat. Le coltri triassico-

paleozoiche si sovrappongono alle Unità Sicane nell’area di Lercara (Pozzo Roccapalumba). Queste

ultime riaffiorano nella regione di Castronuovo-Cammarata e si immergono verso sud ed est al di

sotto della Falda di Gela.

L’assetto strutturale è ancora quello di un cuneo di unità di piattaforma carbonatica su cui poggiano

nell’ordine dal basso verso l’alto: a)le unità bacinali mesozoico-paleogeniche (Imeresi a nord e

Sicane a Sud); b)i cunei tettonici oligo-miocenici del Flysch Numidico e le unità stratigrafiche

permo-triassiche. I caratteri strutturali di superficie (grandi antiformi, retroscorrimenti e pieghe)

sono indotti dalla deformazione post-tortoniana delle sottostanti unità di piattaforma carbonatica.

Sicilia Orientale

Il Settore compreso tra i Monti Nebrodi e la regione Iblea. Si possono distinguere tre livelli

strutturali principali nella catena della Sicilia orientale, sovrapposta, secondo i dati magnetometrici

e gravimetrici, su un basamento cristallino non deformato immergente verso nord. Tale basamento è

profondo circa 15 km sotto il margine tirrenico e 7 km sotto l’avampaese ibleo.

a) il livello inferiore della catena è costituito da rampe sud-vergenti spesse 3-4 km, prevalentemente

in facies di piattaforma carbonatica meso-cenozoica (Unità Panormide-Trapanese e Iblea) che

sovrascorrono sull’avampaese ibleo.

b) il livello intermedio consiste di un complesso di sottili scaglie tettoniche di carbonati bacinali

mesocenozoici poggiante sulla piattaforma carbonatica deformata.

c) il livello strutturale superiore è un cuneo tettonico costituito da unità Sicilidi e Numidiche e dalla

falda di Gela, ricoperto dai bacini sintettonici mio-pleistocenici.

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Le Unità Sicilidi sembrano essersi messe in posto durante il Miocene inf. sul tetto delle unità

affioranti. Il cuneo Sicilide raggiunge spessori maggiori nella Sicilia nord-orientale, dove è

preservato in una ampia depressione della catena (Bianchi et al., 1989). Nell’estremità nord-

orientale della Sicilia la falda sicilide è sovrascorsa dalle Unità cristalline Peloritane (Corrado et al.,

2009). La Falda di Gela (Grasso et al., 1991) sovrascorre i suoi sedimenti marini di avampaese del

Pliocene superiore. Il suo fronte sommerso si assottiglia nell’offshore della Sicilia meridionale. Il

cuneo alloctono è costituito da unità Sicilidi del Cretacico-Eocene, Flysch Numidico miocenico e

rocce clastiche, evaporitiche e carbonatico-marnose del Miocene inf.-Pleistocene inf. piegate e

fagliate. La formazione della Falda di Gela ha avuto inizio nel Pliocene medio e è stata attiva fino al

Pleistocene medio, come provato dai depositi di 0.8 Ma coinvolti nella deformazione. Le unità più

alte nella pila tettonica sono i terreni del Flysch Numidico, probabilmente scollati dal substrato

imerese. Questi corpi terrigeni continuano verso sud ispessendosi notevolmente in un cuneo che

coinvolge, in ripetute imbricazioni anche i terreni sicilidi e le coperture mioceniche e plioceniche,

indicando che l’età di messa in posto dell’intero corpo nelle regioni più meridionali è Pliocene

inferiore-medio.

La deformazione interna della piattaforma carbonatica e la sua forte embricazione è certamente

posteriore al Tortoniano inferiore (età della sovrapposizione delle unità meso-cenozoiche bacinali) e

può essere riferita al Pliocene-Pleistocene inferiore. Le culminazioni delle unità di piattaforma

carbonatica mostrano i loro effetti in superficie dove i terreni di copertura (Unità Imeresi, cunei del

Flysch Numidico, depositi mio-pliocenici) appaiono dislocati lungo fronti apparentemente rettilinei

tra le Madonie e i Monti Nebrodi (interpretati come linee trascorrenti (Ghisetti e Vezzani, 1984) o

piani di taglio ad alto angolo transpressivi (Oldow et al., 1990).

Sul dorso delle unità deformate o in deformazione prendono posto i depositi del Pliocene superiore

– Pleistocene inferiore che hanno riempito bacini di piggy back debolmente deformati

successivamente. Il tetto del cuneo di unità carbonatiche si mantiene a una profondità compresa tra

1.500 e 3.000 m nella regione delle Madonie orientali – Monti Nebrodi e poi si immerge nettamente

verso est scomparendo al di sotto delle coperture imeresi e numidiche spesse almeno 5.000 m.

Di seguito sono riportati e descritti i principali domini della catena (fig. 2.3):

- Unità Peloritane: affiorano nel settore nord-est della Sicilia e consistono principalmente in

sedimenti carbonatici posti al di sopra di unità di basamento cristallino caratterizzato da impronta

ercinica e localmente reimprontato nell’alpino. Le successioni carbonatiche sono coperte da depositi

terrigeni oligo-miocenici (flysch di Capo d’Orlando). Le unità cristalline sono strutturate in tre falde

principali (Duee, 1969; Amodio Morelli et al., 1976; Bonardi et al., 2001; De Capoa et al., 2004;

Aldega et al., 2011). La deformazione compressiva è generalmente collocata nel tardo Paleogene;

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- Unità Sicilidi (Corrado et al., 2009): in questo gruppo sono comprese le successioni calcareo-

marnose Giurassico-Oligoceniche (unità di Monte Soro), le Argille varicolori dell’intervallo

Cretacico-Eocene, i calcari pelagici dell’Eocene-Oligocene (Formazione di Polizzi), le Areniti

vulcanoclastiche (Tufiti di Tusa) del tardo Miocene in contatto discordante con il Flysch

vulcanoclastico di Reitano (De Capoa et al., 2000, 2002). Inoltre nella Sicilia centrale e nord-

occidentale affiora il flysch di Tusa Troina, composto da arenarie micacee ed intervalli vulcano

clastici, coevo al Flysch Numidico (Lancelot et al., 1977; Barbera et al., 2009).

- Flysch Numidico: all’interno di questo gruppo vengono distinte due formazioni: Il Numidico s.s e

la formazione di Tavernola (Catalano et al., 2000). Partendo dal basso, il flysch è composto da

mudstone e areniti con intercalazioni di brecce, arenarie quarzose e conglomerati con intercalazioni

argillose (Johansson et al., 1998). Questi depositi sono datati al tardo oligocene (Aquitaniano-

Burdigaliano) e sono ben esposti in Sicilia settentrionale (Monti di Palermo e Monti Nebrodi).

- Unità carbonatiche siciliane: sono unità relazionate a un ambiente deposizionale di piattaforma

carbonatica (conosciute come Pre-Panormide, Panormide, Trapanese, Saccense e Ibleo)

probabilmente circondato da bacini profondi (Imerese e Sicano) che facevano parte nel Mesozoico

del margine continentale passivo africano (Jenkins & Bernoulli, 1974; Catalano & D’Argenio,

1978; Montanari, 1989; Catalano et al., 1991, 2000a, b).

- Successioni carbonatiche di mare profondo Permo/Meso-Cenozoiche (Imeresi e Sicane): la

successione Imerese consiste in calcari di mare profondo (dal Permiano all’Oligocene) e calcari

risedimentati di mare basso (Giurassico-Oligocene) mentre quelle Sicane comprendono depositi

carbonatici e clastici di mare profondo (Permiano-Triassico) con olistoliti carbonatici di mare poco

profondo (Triassico-Miocene). Le sezioni Imeresi e Sicane hanno in comune le unità basali

caratterizzate da facies pelagiche tipiche delle formazioni Mufara e Scillato, ma le unità Sicane

differiscono nell’intervallo Giurassico-Miocene e per la mancanza dei depositi di flysch numidico.

- Successioni di piattaforma Meso-Cenozoiche: la sezione Pre-Panormide, affiorante nella Sicilia

occidentale (Catalano, 1987; Antonelli et al., 1992; Catalano et al., 2002), è costituita da dolomie e

calcari (Triassico-Lias) che passano verso l’alto a carbonati di slope (Giurassico), carbonati pelagici

(Cretaceo-Oligocene) e infine carbonati e sabbie del Miocene.

La successione Panormide affiora nella penisola di San Vito e nei Monti di Palermo (Grasso et al.,

1978; Abate et al., 1979; Bianchi et al., 1989; Catalano & Di Maggio, 1996; Santantonio Ed.,

2002). E’ l’unica sezione a mantenere le caratteristiche di una piattaforma carbonatica

nell’intervallo Mesozoico-Paleogene, con l’unica eccezione rappresentata dal Rosso Ammonitico

del Giurassico Medio. La maggior parte delle rocce ad affinità panormide si ritrova come materiale

risedimentato nella successione Imerese che è, invece, di mare più profondo.

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La successione Trapanese affiora in Sicilia occidentale ed è sepolta in Sicilia centro-orientale. Essa

è caratterizzata calcari e dolomie di piattaforma nel Triassico, seguite dal Rosso Ammonitico tipico

di una piattaforma pelagica (Giurassico-Oligocene inferiore) e infine, nel Miocene, da

biocalcareniti, areniti e marne distali in discordanza con il substrato.

La piattaforma carbonatica Saccense affiora a sud, nell’area di Sciacca mentre è sepolta nella Sicilia

sud-occidentale. La successione mostra affinità con la parte mesozoica della sezione trapanese, ma

nel periodo oligo-miocenico sviluppa differenti piattaforme carbonatiche.

- Successioni Neogenico-Pleistoceniche: sono composte da rocce terrigene, evaporitiche e

carbonato-clastiche e costituiscono il riempimento di bacini di avanpaese, wedge-top e avanfossa.

La Formazione Castellana Sicula (Serravalliano-Tortoniano) affiora in tutta la Sicilia settentrionale

e giace in discordanza al di sopra delle unità Sicilidi e del Flysch Numidico. Al di sopra, sempre in

contatto discordante, giace la Formazione Terravecchia. Le unità descritte appaiono deformate da

tettonica sin- e post- deposizionale e non mantengono la fisiografia originale dei bacini di wedge-

top. Nell’intervallo Messiniano, si deposita una successione evaporitica e successivamente la

Formazione dei Trubi (Pliocene inferiore), depositata durante l’abbassamento del livello del mare

nel Mediterraneo (Cita, 1973). Le rocce pleistoceniche sono composte, dal basso verso l’alto, da

arenarie torbiditiche, argille emipelagiche e mudstone.

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Figura 2.3 – Stratigrafia e domini di facies delle principali successioni pre e sinorogeniche

(Catalano et al., 2009;Catalano et al., 2013).

La cronologia deformativa, ricavata dall'analisi dei rapporti strutturali tra i vari elementi della

catena, vede il susseguirsi di due fasi deformative principali:

(i) durante la prima fase (Miocene inferiore-medio, shallow-seated) si assiste allo scollamento e alla

messa in posto con vergenza meridionale delle Unità Sicilidi (tra il Langhiano superiore e il

Serravalliano superiore) e, successivamente, delle unità derivanti dalla deformazione dell'avanfossa

s.l. numidica (precedente al Serravalliano superiore (Catalano et a.l, 1995), tra il Langhiano ed il

Tortoniano inferiore, (Catalano et al. 2000). Tra il Serravalliano inferiore e il Tortoniano inferiore

la deformazione coinvolge le successioni carbonatiche di mare profondo (Imeresi e Sicane) e le

relative coperture, che vengono sovrapposte sull'avampaese in deformato (Catalano et al. 1996;

Catalano et al., 2000). Dati strutturali di dettaglio indicano che le strutture sono orientate NO-SE e

hanno un trasporto tettonico verso SO (Oldow et al., 1990; Avellone & Barchi, 2003; Avellone et

al. 2010);

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(ii) successivamente (Miocene superiore/Pliocene inferiore) la deformazione raggiunge i livelli

strutturalmente più bassi (deep-seated structures), provocando la deformazione del corpo di

piattaforma carbonatica attraverso sistemi transpressivi ad alto angolo (Avellone et al., 2010;

Albanese and Sulli, 2012). La strutturazione del corpo di piattaforma induce la deformazione del

livello strutturale sommitale (coperture neogeniche) e la ri-deformazione (passiva). Dati strutturali

di dettaglio indicano che le strutture sono orientate E-O(Oldow et al., 1990; Avellone & Barchi,

2003; Avellone et al. 2010).

Nel corso degli anni sono stati proposti vari modelli paleogeografici (fig. 2.4) per spiegare la

distribuzione e l’assetto pre-orogenesi dei vari depositi sedimentari. Giunta & Liguori (1973) e

Scandone et al., (1974), postulano l'esistenza, dall'interno verso l'esterno, di un'area di piattaforma

carbonatica (Panormide), un'area bacinale (Imerese), una piattaforma "intermedia", un'area bacinale

(Trapanese - Sicano) suddivisa in due settori dalla presenza di un alto pelagico ed infine, una zona

di mare basso identificata come "piattaforma esterna". Catalano & D'Argenio (1978, 1982) hanno

proposto, sulla base dei rapporti strutturali, stratigrafici e di facies esistenti all’interno delle unità

stratigrafico-strutturali, riconosciute un altro modello paleogeografico, valido per la Sicilia NW.

Questo modello è caratterizzato dal Triassico superiore al Cretacico inferiore (da Nord verso Sud)

da un'alternanza di domini di piattaforma carbonatica, talvolta con caratteri transizionali

(Panormide, Trapanese, Saccense) e domini bacinali con sedimentazione di tipo pelagico,

emipelagico e di scarpata (Imerese, Sicano). Catalano & Di Maggio (1996) hanno revisionato

questo modello, estendendolo al Permiano. E’ ricostruibile una porzione di margine continentale

africano, bordato da un’area a sedimentazione pelagica e collegata verso est con la Tetide oceanica

(Catalano et al. 2013). L'interazione tra le aree di piattaforma carbonatica e le antistanti aree di mare

profondo è testimoniata dagli imponenti spessori di megabrecce carbonatiche, rinvenute a vari

livelli nella successione triassica del dominio Sicano (Di Stefano & Gullo, 1997). Questo margine

durante il Triassico superiore è caratterizzato da una estesa area di piattaforma carbonatica (domini

Pre-Panormide, Panormide, Trapanese, Saccense, Ibleo) bordata a nord da un'area a sedimentazione

pelagica e di scarpata (Domini Imerese, Sicano,). A partire dal Lias superiore i domini annegano

rapidamente, assumendo la fisiografia di seamount su cui si sviluppano depositi condensati di

altofondo pelagico (Jenkins, 1970; Catalano & D'Argenio, 1982; Santantonio, 1993, 1994). La

fisiografia ad alti e bassi strutturali viene invertita tra il Cretaceo superiore ed il Paleocene, a causa

di inversione tettonica. Un ulteriore proposta di assetto paleogeografico è stata sviluppata da Nigro

& Renda (1999), che propongono l’esistenza di un grande dominio bacinale (Imere-Sicano)

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interposto tra due piattaforme carbonatiche, rispettivamente la piattaforma Ibleo-Pelagiana e la

piattaforma Panormide.

Figura 2.4 – (a) Modello paleogeografico di Nigro & Renda (1999); (b) modello paleogeografico di Catalano e Di

Maggio (1996).

2.2. Assetto stratigrafico-strutturale dell’area del bacino di Scillato

Il Bacino di Scillato è costituito da una depressione strutturale collocata nel settore centro-

settentrionale della SFTB, lungo il lato occidentale delle Madonie. Consiste in una depressione

strutturale (larga circa 30 Km2) orientata approssimativamente N–S e racchiusa tra degli alti

strutturali di Cozzo Rasolocollo a nord-ovest, Monte dei Cervi ad est e Rocca di Sciara a sud (fig.

2.5).

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Figura 2.5 - a) panoramica del bacino di Scillato b) carta geologica semplificata e sezioni geologiche che mostrano

l’assetto tettono-stratigrafico del bacino c) colonna stratigrafica schematica del substrato e del riempimento

sedimentario del bacino (Gugliotta e Morticelli 2012).

Alla scala del bacino, la successione clastica deformata del Miocene medio, affiorante nel bacino di

Scillato, forma una sinforme asimmetrica con fianchi molto deformati a sud e ad est mentre il

fianco a nord appare meno deformato (Gugliotta e Gasparo Morticelli, 2012; Gugliotta, 2013;

Catalano et al., 2013). La sinforme principale appare tagliata da faglie estensionali minori con

direzione NW-SE. Queste faglie si sono sviluppate plausibilmente durante il Pleistocene e tagliano

il riempimento del bacino (Roure et al., 2002). La maggior parte dei dati relativi a quest’area

derivano dalla mappatura effettuata con il Progetto CARG e l’interpretazione dei profili sismici

profondi (Catalano et al., 2011a; Accaino et al., 2010). In base a questi dati, il cuneo tettonico è

composto da una serie di unità imbricate, sepolte al di sotto delle coperture neogenico-quaternarie, o

in affioramento in corrispondenza dei principali alti strutturali. Dal basso verso l’alto il cuneo

tettonico è composto da (fig. 2.6):

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Figura 2.6 – Transetto settentrionale del profilo sismico a riflessione SIRIPRO1 in cui è rappresentato l’assetto

tettonico delle unità sepolte al di sotto dell’area bacino di Scillato (Catalano et al., 2011b; Gugliotta e Gasparo

Morticelli 2012).

- carbonati e radiolariti meso-cenozoiche con brecce carbonatiche interstratificate (Unità Imeresi)

coperte dalle argille e arenarie torbiditiche del Flysch Numidico. Le unità imeresi affiorano in

corrispondenza degli alti strutturali affioranti nelle vicinanze del bacino di Scillato (Monte dei Cervi

e Rocca di Sciara);

- rocce permo-triassiche (F.ne Mufara) affioranti a nord-ovest del bacino;

- depositi di flysch numidico scollati dal substrato imerese, che sovrascorrono al di sopra della F.ne

Mufara;

- argille varicolori e calcari dell’intervallo Cretacico-Oligocene (Unità Sicilidi, Argille Varicolori)

che sovrascorrono il flysch Numidico durante il Langhiano-Serravalliano.

Le unità appena descritte sono in discordanza con la successione silico-clastica che forma il

riempimento del bacino di Scillato. Questa successione, di età miocenica, è spessa 1300 m e può

essere suddivisa in due unità litostratigrafiche principali: la Formazione Castellana Sicula (SIC) e la

Formazione Terravecchia (TRV), limitate alla loro base da discordanze angolari.

La Formazione Castellana Sicula (Lo Cicero et al., 1997; Catalano et al., 2000) affiora solo lungo il

bordo meridionale del bacino, è spessa 50 m ed è composta da argille emipelagiche, siltiti e arenarie

depositatesi in un ambiente di scarpata. L’analisi dei microfossili pubblicata da Catalano et al.

(2011) indica un età compresa tra Serravalliano e Tortoniano. Questi depositi sono stati

recentemente interpretati da Gugliotta (2012) come il riempimento originario del bacino poi

successivamente coinvolto nella deformazione del Tortoniano inferiore. Dal Tortoniano superiore,

l’esposizione subaerea e l’incisione fluviale hanno rimosso gran parte del riempimento, generando

un gap stratigrafico con la sovrastante formazione.

La Formazione Terravecchia è spessa oltre 1250 m ed è composta da conglomerati, arenarie e

argille (Flores, 1959; Schmidt di Friedberg, 1962, 1964-65; Catalano and D'Argenio, 1990; Abate

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et al., 1993, 1996, 1999; Butler and Grasso, 1993; Giunta et al., 2000; Gugliotta, 2010; Catalano et

al.,2011a). Il contatto alla base è caratterizzato da una discordanza angolare (S1), ben esposta nei

pressi di Monte Riparato, che taglia la formazione Castellana Sicula e le unità Sicilidi. L’età è

Tortoniano superiore (Gugliotta, 2010; Catalano et al., 2011a). Questa formazione è stata studiata

dal punto di vista stratigrafico, sedimentologico e strutturale da numerosi autori (Abate et al., 1993,

1996, 1999; Butler & Grasso, 1993; Gugliotta & Agate, 2010; Gugliotta & Morticelli, 2012;

Gugliotta, 2013); in questa tesi si farà riferimento ai lavori più recenti di Gugliotta & Gasparo

Morticelli e Gugliotta (2012, 2013) per una loro interpretazione tettono-stratigrafica.

In base a questi dati, sono state riconosciute sei facies principali (fig. 2.7): piana alluvionale a canali

braided ghiaiosi (A), piana alluvionale con stagni effimeri (B), fronte deltizio dominato da sabbie e

ghiaie (C), prodelta dominato da siltiti (D), delta slope progradante dominato da sabbie e

conglomerati (E), conglomerati e sabbie di delta-top (F). Le sei facies sono state raggruppate nello

studio di Gugliotta (2013) in due gruppi chiamati rispettivamente “Entrenched Valley Fill System”

(EVF) e “Flood-dominated fan delta system” (FDS), nel primo gruppo sono incluse le facies A e B

mentre nel secondo le restanti facies. Inoltre è possibile raggruppare le varie facies in due sequenze

principali: un’iniziale sequenza trasgressiva fining-upward (TS) e una regressiva (RS) coarsening-

upward (fig. 2.5) (Gugliotta e Gasparo Morticelli, 2012).

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Figura 2.7 – Log stratigrafico e sedimentologico delle principali associazioni di facies riconosciute nella F.ne

Terravecchia 1) Substrato piegato; 2) argille e marne; 3) argille e siltiti; 4) sabbie con stratificazione incrociata; 5 e 6)

conglomerati; 7) sequenze di coarsening-upward; 8) principali superfici erosive; 9) principali discordanze (Gugliotta

et al., 2013).

La TS caratterizza la parte meridionale, centrale e occidentale del bacino di Scillato (fig. 2.5).

Lungo il bordo meridionale del bacino, essa giace in onlap al di sopra delle unità della catena. La

TS è stata suddivisa da Gugliotta e Gasparo Morticelli (2012) in due parti, chiamate rispettivamente

TS1 e TS2.

La sequenza TS1 giace in contatto discordante (S1) con il sottostante substrato composto dalle

Argille Varicolori e la formazione Castellana Sicula ed è composta dalla facies A e dalla facies B:

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Facies A: è composta da 200 m di letti conglomeratici, poco selezionati e con clasti di grandi

dimensioni embriciati (anche più grandi 1.5 m di diametro). All’interno dei conglomerati sono

presenti anche clasti extrabacinali di rocce cristalline tipiche della Sardegna e della Calabria e del

substrato locale (Sicilidi e Flysch Numidico) (Ferla and Alaimo, 1975; Catalano and D'Argenio,

1990; Cirrincione et al., 1995). Verso l’alto la facies evolve da conglomerati a sabbie con

stratificazione incrociata e laminazioni parallele e a piccoli intervalli siltosi. Questa facies è stata

interpretata come un sistema fluviale braided, caratterizzato da periodi di piena e periodi di

inattività. In particolare la stratificazione incrociata, ben evidente nelle sabbie, è stata associata a un

intervallo di bassa energia, mentre gli intervalli siltosi potrebbero indicare dei canali abbandonati.

Facies B: è costituta da un corpo spesso 100 m di argille e siltiti, con interstratificati composti da

sabbie e conglomerati; questa facies è stata relazionata a un ambiente di piana alluvionale con

canali isolati e stagni effimeri.

I depositi della TS1 registrano un paleo flusso unidirezionale verso SE (fig. 2.7), che suggerisce la

presenza di un’area sorgente a nord.

Muovendosi verso l’alto nella successione e verso il centro del bacino, i depositi della TS1 vengono

coperti dalla TS2; il contatto tra le due sequenze è di tipo discordante (S2). La superficie di

discordanza S2 si individua nel settore centro-meridionale del bacino e si espande lateralmente,

tagliando le unità deformate del substrato (fig. 2.5). La sequenza TS2 è costituita da due

associazioni di facies (C, D):

Facies C: consiste in un corpo spesso 350 m di siltiti, sabbie e conglomerati con andamento

shallowing-coarsening upward. Tutta l’associazione è caratterizzata dalla presenza di forme trattive

(laminazioni piano-parallele o incrociate) e mostra un progressivo aumento di granulometria dal

basso verso l’alto. Questa associazione è stata attribuita a un ambiente di fronte deltizio, in cui i

depositi argillosi e siltitici indicano la parte più distale del fronte, mentre le sabbie e i conglomerati

sono da relazionarsi alla deposizione di torbiditi.

Facies D: è costituita da 450 m di siltiti marroni ed argillose, localmente con lenti centimetriche di

sabbie; in questa facies rientrano i litotipi affioranti nel centro del bacino. Gli interstratificati

sabbiosi sono caratterizzati da laminazioni a basso angolo nella parte bassa della facies e da

laminazioni incrociate nella parte più alta. Questa associazione è stata attribuita a un ambiente

tipico di pro-delta e delta slope distale, caratterizzato da flussi torbiditici.

All’interno della TS2 è stato riconosciuto un pattern di trasporto sedimentario differente da quello

della TS1. La forma riconosciuta è radiale e la sua direzione principale è verso N-NW, il che fa

supporre che l’area sorgente sia differente dalla precedente (fig. 2.7).

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Al di sopra della sequenza trasgressiva, si è deposta una sequenza regressiva (RS) molto meno

spessa e limitata ai settori settentrionali e, in piccola parte, centrali del bacino. La parte inferiore è

caratterizzata da circa 100 m di argille siltitiche con corpi conglomeratici interstratificati. Queste

rocce compongono l’associazione di facies E, affiorante al centro del bacino, in località Cozzo

Gracello. La facies E passa verso il basso ai depositi dell’associazione di facies D, mentre è coperta

dall’associazione di facies C; le associazioni D e C sono separate da una discordanza chiamata S3.

L’associazione E indica un ambiente di delta slope caratterizzato da processi di flusso gravitativo

che hanno portato alla rapida introduzione di materiale grossolano dalle regioni prossimali.

Al di sopra della discordanza S3 si attesta una notevole diminuzione degli interstratificati argillosi,

che vengono rimpiazzati da sabbie con le stesse caratteristiche riconosciute nella facies C

precedentemente descritta.

Infine, al di sopra dell’associazione di facies C, è andata a deporsi l’ultima associazione di facies

(facies F). La facies F è costituita da conglomerati rossi e gialli con interstratificazioni sabbiose;

questa facies è stata attribuita a un ambiente di delta-top.

Dall’analisi delle paleo-correnti risulta un pattern di dispersione radiale diretto principalmente verso

W-WNW.

La continua variazione delle sorgenti sedimentarie, che caratterizza sia la sequenza trasgressiva sia

quella regressiva, è confermata anche dalla presenza di clasti con affinità imerese, all’interno delle

associazioni di facies descritte. E’ pertanto probabile che nel corso dell’evoluzione del bacino si sia

verificato un processo erosivo che ha coinvolto i settori più rilevati della zona.

La sedimentazione della successione del bacino è sin-tettonica. Il primo segnale evidente di ciò è

rappresentato dalla progressiva diminuzione dell’inclinazione degli strati, muovendosi dai settori

meridionali verso quelli settentrionali del bacino (fig. 2.5); nella porzione superiore (Cozzo

Gracello) l’inclinazione è di circa 10° mentre nella porzione inferiore (Monte Riparato)

l’inclinazione è di circa 70°. La variazione d’inclinazione ha avuto effetto anche sulle discordanze

che si sono sviluppate, probabilmente, come risposta al sollevamento e all’erosione dei margini del

bacino. In secondo luogo, la successione è caratterizzata da una grande variazione di spessore delle

sequenze de posizionali; in particolare la sequenza trasgressiva passa da 900 a 600 m di spessore,

muovendosi dal centro del bacino verso SE. Infine si può affermare che il progressivo spostamento

delle aree sorgenti è un segnale di deformazione sin-sedimentaria.

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2.3. Evoluzione tettono-stratigrafica dell’area del bacino di Scillato

L’evoluzione deposizionale nell’area del bacino di Scillato si è sviluppata in due eventi

deposizionali principali (Gugliotta & Gasparo Morticelli 2012), il primo caratterizzato da

condizioni di sotto-alimentazione (sequenza TS) e il secondo caratterizzato, invece, da sovra-

alimentazione (sequenza RS); lo sviluppo di queste due sequenze è stato influenzato, inoltre, da

tettonica sin-deposizionale. La deposizione della più antica TS è avvenuta in un ambiente

progressivamente sempre più profondo (da piana alluvionale ad ambiente di fronte deltizio e pro-

delta). I depositi clastici grossolani della sequenza TS1 permettono di ricostruire un ambiente in cui

il carico dei fiumi, costituito da depositi clastici grossolani, veniva trasportato in una paleo-valle

collocata a sud. La transizione dalla sequenza TS1 a TS2 è caratterizzata da tre cambi principali

nella dinamica del bacino:

- Diminuzione di granulometria dovuta all’annegamento del bacino;

- Spostamento dell’originale superficie deposizionale e conseguente erosione (discordanza sin-

tettonica S2);

- Inversione dei paleoflussi e cambio dell’area sorgente.

L’inizio della sequenza RS è marcato da un aumento di alimentazione di materiale grossolano.

Questo aumento è stato correlato a una crescita del rilievo delle aree sorgenti e al ringiovanimento

dei fiumi e dei loro sistemi deltaici, che progradano rapidamente nel bacino. All’interno di questa

sequenza è presente una discordanza angolare (S3) e si riscontra inoltre una nuova variazione nel

paleo flusso principale (direzione WNW), che indica uno spostamento della sorgente verso est.

L’evoluzione deposizionale è stata recentemente interpretata in chiave stratigrafico-sequenziale (fig.

2.8) nel lavoro di Gugliotta et al. (2013).

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Figura 2.8 – Colonna stratigrafica riassuntiva delle sequenze e dei system tracts riconosciuti nella F.ne Terravecchia.

(Gugliotta et al., 2013).

La discordanza S1, che separa la formazione Castellana Sicula dai depositi della Terravecchia, è

stata interpretata come un sequence boundary di tipo I associata a un intervallo d’incisione fluviale.

Passando dalla facies A alla facies B si assiste a una progressiva perdita di energia dei corsi d’acqua

che marca una probabile superficie di massima trasgressione al tetto dell’associazione B.

Successivamente si ha la transizione a un intervallo di early TST. La sequenza deposizionale

successiva, caratterizzata dalle associazioni di facies C e D, marcano l’inizio dell’intervallo di TST.

La superficie S2, posta alla base, è interpretata come un sequence boundary indotto dalla tettonica

(uplift e creazione di una nuova sorgente). Il limite superiore del TST (Maximum Flooding Surface)

è rappresentato dal passaggio da un trend di fining upward a uno di coarsening upward. Il trend di

coarsening upward è confermato dalla presenza di corpi conglomeratici all’interno delle

associazioni D ed E. Questo intervallo regressivo è stato, quindi, interpretato come un HST. Il trend

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regressivo aumenta sempre di più verso l’alto ed è ben evidenziato dall’aumento della

granulometria e dalla comparsa di parasequenze di fronte deltizio con pattern progradante

(associazione di facies C). Le condizioni di sovra-alimentazione di questo intervallo sono dovute a

una diminuzione di spazio di accomodamento probabilmente dovuta a un uplift tettonico e

all’erosione (discordanza S3). Per questi motivi, l’associazione di facies C sembra essere relativa a

un intervallo di FSST. La presenza dell’associazione di facies F, tipica di un ambiente di delta top ci

permette di identificare un ultimo intervallo di HST.

L’evoluzione deposizionale del bacino, appena descritta, va correlata con alcuni cambiamenti che

hanno influenzato la geometria originale del bacino stesso e l’assetto strutturale del substrato,

affiorante negli alti strutturali circostanti.

Il modello evolutivo più recente (Gugliotta & Gasparo Morticelli, 2012; Gugliotta, 2013) propone

che l’evoluzione del bacino di Scillato sia stata fortemente influenzata dall’uplift delle unità

circostanti del substrato. L’uplift delle unità del substrato imerese si è raggiunto grazie all’azione di

faglie transpressive ad alto angolo (Faglia di M. Cervi) (fig. 2.9). Le strutture transpressive hanno,

probabilmente, influenzato sia la tettonica sin-sedimentaria della formazione di Terravecchia

(Tortoniano Superiore) sia il sollevamento dei depositi della Mufara, oggi in affioramento a Cozzo

Rasolocollo. Inoltre l’attuale orientazione del bacino di Scillato è il risultato dell’interferenza di due

eventi deformativi. L’originale depressione, orientata NW-SE, era parte di un bacino di wedge-top

relazionato a un primo evento compressivo (Evento I). In una seconda fase, tale depressione è stata

deformata non coassialmente da un campo di stress orientato NNW-SSE, durante il secondo evento

transpressivo (Evento II) (fig. 2.9).

Figura 2.9 – Modello di evoluzione tettono-sedimentaria del bacino di Scillato (Gugliotta e Gasparo Morticelli, 2013).

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Unendo dati di campagna e dati profondi, l’evoluzione tettonico-sedimentaria del Bacino di Scillato

sembra connessa all’attivazione di faglie deepseated ad alto angolo (fig. 2.10). Il sistema

transpressivo (Faglia di M. Cervi) in affioramento è, infatti, correlato con delle strutture profonde

enucleate nei livelli strutturali più profondi e che si sono propagate nei livelli più superficiali

durante l’Evento II (fig. 2.10).

Figura 2.10 – Schema concettuale che mostra la propagazione verso l’alto della deformazione nel tempo e la sua

relazione con l’evoluzione deposizionale del settore di studio (Gugliotta e Gasparo Morticelli, 2012).

Questo modello evolutivo è caratterizzato, quindi, da un regime tettonico esclusivamente

transpressivo in disaccordo con i modelli di alcuni autori precedenti (Abate et al., 1999 e Giunta et

al., 2000) che invocavano come regime tettonico principale quello estensionale.

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CAPITOLO III - METODI E MATERIALI

3.1. Petrografia organica

3.1.1. Analisi ottiche della materia organica dispersa nei sedimenti: generalità

La materia organica (MO) dispersa nei sedimenti è costituita da un insieme di composti organici di

varia origine e composizione. Gli organismi marini contribuiscono principalmente con proteine,

lipidi e carboidrati; le piante superiori apportano soprattutto resine, cere, lignina e carboidrati sotto

forma di cellulosa (Barnes et al., 1990). Nelle fasi iniziali del seppellimento, la MO è sottoposta a

trasformazioni fisico-chimiche irreversibili estremamente sensibili ai cambi di temperatura e che

portano alla riorganizzazione dei legami tra Carbonio e Idrogeno. Queste trasformazioni sono

responsabili della produzione di un complesso di macromolecole organiche chiamata kerogene che,

all’aumentare del seppellimento e della temperatura, si converte progressivamente in idrocarburi

liquidi e gassosi.

I diversi tipi di kerogene possono essere classificati con l’utilizzo di alcuni parametri, come i

rapporti atomici H/C e O/C, ottenuti da analisi elementari (fig. 3.1). Sulla base di questi rapporti,

sono stati definiti quattro tipi di kerogene con dei percorsi diagenetici ben distinti. Questa divisione

del kerogene in quattro tipi è supportata da un altro schema classificativo indipendente ottenuto con

lo studio delle morfologie delle particelle del kerogene (macerali), tramite microscopia ottica in luce

trasmessa.

Figura 3.1 - Diagramma di Van Krevelen che mostra i percorsi di maturazione per i vari tipi di kerogene in base ai

rapporti H/C e O/C. Le aree progressivamente più scure rappresentano le fasi di diagenesi, catagenesi e metagenesi

(da http://www.falw.vu/~rondeel/grondstof/oil/oil-total-web.html#_Toc531067567).

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Il kerogene di tipo I è caratterizzato da un rapporto iniziale H/C alto e O/C basso. Il materiale di

base è principalmente algale, o una combinazione di lipidi algali e cere delle piante superiori. Esso

forma parte dei macerali del gruppo delle liptiniti nei carboni (fig. 3.2). Dal punto di vista

naftogenetico, le rocce madri ricche in liptinite possiedono il massimo potenziale di produzione di

idrocarburi liquidi e gassosi.

Il kerogene di tipo II è composto principalmente da alghe e batteri di ambiente marino (macerali del

gruppo delle liptiniti) e si differenzia dal tipo I per i rapporti iniziali H/C e O/C che mostrano valori

intermedi, e per il maggior contributo dei gruppi aromatici e degli acidi carbossilici.

Il kerogene di tipo III si contraddistingue per l’iniziale rapporto H/C inferiore a 1, un rapporto

iniziale O/C compreso tra 0,2 e 0,3, e deriva fondamentalmente da resti di piante terrestri. Esso è

costituito per la maggior parte da gruppi aromatici formati da lignina e composti umici e

rappresenta il gruppo delle uminiti/vitriniti nella petrografia dei carboni. Rocce madri ricche in

vitrinite possono generare soprattutto idrocarburi gassosi.

Il kerogene di tipo IV ha un rapporto H/C inferiore a 0,5 e contiene per lo più materia organica

fortemente ossidata di varia origine. Rappresenta il gruppo delle inertiniti (fig. 3.2) ed è

caratterizzato da un potenziale naftogenico da nullo a molto basso.

Con l’aumento della maturità, il kerogene perde prima l’ossigeno per produrre CO2 e H2O e in

seguito idrogeno. I cambiamenti nella struttura molecolare hanno effetto sullo studio petrografico

dei macerali del gruppo della vitrinite, in quanto essi mostrano un forte aumento della loro capacità

di riflettanza.

La Riflettanza della Vitrinite (VRo%) è uno degli indicatori di maturità termica più utilizzati ed è

facilmente correlabile alle fasi di generazione degli idrocarburi e agli altri parametri termici

utilizzati in contesti sedimentari (Hunt, 1986; Scotti, 2003; fig. 3.3). Essa è definita come la

percentuale di luce incidente che viene riflessa dalla superficie dei frammenti di vitrinite rispetto ad

alcune sostanze standard (es. vetro, zaffiro, ecc.). Esso è, quindi, uno dei parametri più importanti

per calibrare i modelli termici dei bacini sedimentari (Dow, 1977; Mukhopadhyay, 1994). Il metodo

si basa sulla presenza dei macerali del gruppo dell’uminite-vitrinite che deriva da cellulosa e lignina

che sono componenti principali di piante superiori.

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Figura 3.2 – Principali tipi di kerogene (da Scotti, 2005).

Figura 3.3 – Schema di correlazione dei più importanti parametri di maturità organica (da Scotti, 2005).

Nella diagenesi e nei primi stadi della catagenesi (Ro% <1,5), la vitrinite è otticamente isotropa e i

gruppi aromatici presenti nella struttura organica non hanno un orientazione preferenziale. Al

contrario, nel processo di metagenesi, la vitrinite si comporta come un materiale anisotropo e i

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32

gruppi aromatici sono maggiormente orientati lungo piani preferenziali (Oberlin et al., 1980) (fig.

3.4). Quando la vitrinite viene sottoposta a uno sforzo devia torico oltre che a un incremento di

carico litostatico, la vitrinite può essere otticamente biassiale (Levine and Davis, 1989).

Figura 3.4 – Illustrazione del passaggio isotropo-anisotropo della vitrinite in funzione dell’aumento del grado di

maturità termica (Oberlin et al., 1980).

Conoscendo i valori di Ro% è possibile valutare lo stadio di maturazione raggiunto dai sedimenti

analizzati. In genere, valori di riflettenza (Ro%) tra 0,5 e 1,35 indicano una maturità termica della

source rock corrispondente alla finestra di generazione ad olio (fig. 3.5). Se Ro% supera valori di

1,35 si entra nella finestra di generazione del gas. Infine se Ro% è superiore a 4,0, il kerogene si

impoverisce di H, O, N e S fino alla sua completa grafitizzazione.

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Figura 3.5 – Valori di riflettanza della vitrinite associati a finestre di generazione di olio e gas (Oberlin et al. 1980).

Attraverso lo studio dei dati di riflettanza della vitrinite (Ro%) è, quindi, possibile:

- ricostruire la storia termica e di seppellimento, calibrando i modelli tempo-temperatura attraverso

il calcolo del gradiente paleo-geotermico e del tasso di erosione/esumazione (Van Hinte, 1978);

- identificare gli stadi di generazione degli idrocarburi raggiunti dalle rocce;

- ottenere una correlazione con gli altri parametri termici organici e inorganici (fig. 3.3).

Questo metodo presenta, tuttavia, alcune limitazioni metodologiche dovute a:

- assenza di informazioni su macerali differenti da quelli del gruppo della vitrinite;

- bassa affidabilità per valori di Ro% inferiori a 0,3;

- presenza di materiale organico rimaneggiato.

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3.1.2 Preparazione dei campioni

La preparazione dei campioni è stata eseguita nel Laboratorio Accademico di Analisi di Bacino

(ALBA) dell’Università di Roma Tre secondo la procedura proposta da Bustin et al.,(1990).

Per ogni campione è stata macinata, con pestello e mortaio d’agata, una porzione di materiale non

troppo superficiale del campione, onde evitare la presenza di materia organica ossidata. La

macinazione è stata eseguita ottenendo una granulometria di sabbia medio-grossolana e facendo

attenzione a non provocare azioni meccaniche troppo intense o prolungate; in quanto i frustoli

vegetali hanno una resistenza alla frantumazione molto inferiore rispetto alla componente

inorganica.

Per tentare di concentrare la materia organica e per assicurarsi che non vi siano frammenti alterati si

esegue, grazie ad un microscopio ottico Leica zoom 2000, un’operazione di picking manuale. Le

particelle di kerogene, così selezionate, vengono poi inglobate in resina epossidica (resina Serefiex

+ indurente con un rapporto di 1:20) e lasciate ad asciugare a temperatura ambiente per circa due

giorni.

Infine, i campioni sono stati levigati e lucidati con una lappatrice Struers Labopol 5 (fig. 3.6). Per la

levigatura si utilizzano carta abrasiva a grana via via inferiore (320, 500 e 1000) e un lubrificante a

base di isopropanolo. Allo stesso modo, la lucidatura è stata eseguita in tre fasi, con l’utilizzo di

pasta di allumina a granulometria decrescente (1.00, 0.30, 0.1 μm) e lubrificante a base di

isopropanolo per alcuni minuti.

Figura 3.6 – Sistema di lucidatura utilizzato per i campioni di materia organica dispersa per l’analisi ottica.

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3.1.3 Acquisizione e analisi dei dati

L’analisi ottica della materia organica dispersa nei sedimenti è stata eseguita utilizzando un

microscopio ottico Zeiss Axioskop 40 A (fig. 3.7), equipaggiato di una lampada alogena al

tungsteno (12V, 100w), un obiettivo Epiplan-Neofluar 50x/1.0 oil, un filtro per la luce incidente

non polarizzata (λ = 546 nm) e da un sistema di rilevamento MPS 200 (J & M Analytik AG – sito

web: http://www.jm.de). Le misurazioni sono effettuate in immersione ad olio (con indice di

rifrazione = 1.518) ad una temperatura di circa 23°C.

Figura 3.7 – Microscopio Zeiss Axioskop 40 A equipaggiato con il sistema di rilevamento MPS 200 utilizzato presso il

laboratorio ALBA di Roma Tre.

La prima operazione che si esegue è la verifica dell’intensità della luce, la quale deve superare il

valore di 10%; se questa situazione non si verifica si procede effettuando una regolazione manuale

del voltaggio (in genere pari a 1.000V), del Gain 1 (generalmente impostato su x10) e del Gain 2

generalmente pari a 1. Infine si controlla la luce parassita (deve essere inferiore al 4%

dell’incidente).

Si procede quindi alla calibrazione dello strumento con gli standard di riferimento.

Lo strumento viene calibrato utilizzando quattro diversi standard: Spinel (R0% = 0,426), Saphir

(R0% = 0,595), Yttrium Aluminium Garnet (R0% = 0,905) e Gadolinium Gallium Garnet (R0% =

1,726); la scelta degli standard dipende dal range di valori di riflettanza indicativamente attesi.

Una volta effettuata la calibrazione dello strumento si passa all’analisi dei campioni. Le misure

vengono effettuate su frammenti che non risultino alterati, fratturati ed ossidati, di dimensioni mai

inferiori a 5μm e per ognuno dei quali si fanno almeno 20 misurazioni, in modo da ottenere una

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media aritmetica del valore di riflettanza nello stesso punto. Per considerare i dati affidabili e di

buona qualità sarebbe opportuno ottenere valori di riflettanza per almeno 20-30 frammenti; tuttavia

in questo lavoro non è stato sempre possibile raggiungere tale numero per via della scarsità di

frammenti di vitrinite rispetto a quelli di inertinite presenti in alcuni campioni.

I risultati vengono, quindi, rappresentati graficamente con istogrammi di frequenza di classi ampie

0,5 di Ro, dai quali è possibile discriminare la componente indigena da quella rimaneggiata

attraverso l’analisi dell’istogramma di frequenza. Viene individuata la famiglia di frammenti

indigeni che in genere corrisponde ad una distribuzione gaussiana molto regolare a cui compete il

minor valore di riflettanza nell’istogramma di frequenza. Da questo si calcola il valore medio di

riflettanza (Ro%) e la relativa deviazione standard (±σ), riferiti ai soli frammenti indigeni (non

rimaneggiati), di ciascun campione (fig. 3.8). Durante la fase di analisi sono state acquisite le

immagini dei vari frammenti di macerali con l’uso di una micro-fotocamera Canon Power Shot G6

associata al microscopio.

Figura 3.8 – Esempio di istogramma con valore di Ro% e relativa deviazione standard.

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3.2 Diffrazione a raggi X della frazione fine dei sedimenti

La diffrazione a raggi X (XRD) su polveri è considerata la migliore tecnica per l’identificazione e la

quantificazione di tutti i minerali, compresi i fillosilicati. Mentre l’identificazione delle varie

componenti delle rocce risulta relativamente semplice se si possiede un buon database di minerali,

un’accurata analisi semi-quantitativa delle argille rimane una operazione complessa che può essere

realizzata grazie alla forte esperienza dell’interpretatore dei diffrattogrammi.

Le principali difficoltà analitiche relative all’analisi mineralogica semi-quantitativa sono legate alle

caratteristiche strutturali e chimiche dei minerali delle argille, in particolare alla loro composizione

chimica fortemente variabile, alla presenza di interstratificazioni, come le fasi Illite-Smectite (I-S) e

Clorite-Smectite (C-S),e ai difetti strutturali che disturbano la periodicità tridimensionale. Un

ulteriore difficoltà può sorgere a causa di un errata preparazione del materiale.

Nello studio quantitativo tramite diffrattometria a raggi X si realizzano, per ogni campione

analizzato, due tipi di preparati; il primo con orientazione caotica (“random”) dei cristalliti, e il

secondo con un orientazione ordinata degli stessi, cioè secondo la faccia basale (001) dei

fillosilicati.

Il primo tipo di preparato, definito anche “tal quale”, viene utilizzato per ottenere informazioni sulla

composizione mineralogica della roccia e sulle quantità percentuali, delle fasi cristalline presenti.

Dai campioni orientati, invece, si ottengono dati relativi alla composizione e alla quantità dei

minerali argillosi, dai quali si possono ricavare informazioni utili per la stima della massima

temperatura raggiunta dalle rocce analizzate (%I in I-S, parametro Reichweite “R”)

3.2.1 Preparazione dei campioni

3.2.1.1 Campioni con orientazione caotica o “random”

La prima fase prevede che venga prelevata un’aliquota di materiale (qualche decina di grammi)

rappresentativo del campione in esame, che viene sminuzzata e lasciata ad asciugare in forno a

40°C per circa 24 ore. Questa seconda operazione è particolarmente importante per campioni ad alta

componente argillosa. Successivamente, circa 2-3 grammi di materiale vengono finemente macinati

con mortaio e pestello d’agata, finchè la polvere risulta impalpabile al tatto. La polvere ottenuta

viene posta uniformemente in una pasticcatrice, costituita da una elemento inferiore e superiore,

all’interno della quale si posiziona il porta campione e un foglio da carta da filtro non liscia (fig.

3.9). Infine la pasticcatrice viene inserita al di sotto di una pressa ad aria compressa che compatta il

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materiale ad una pressione di 5 bar (fig. 3.10). Il portacampione estratto sarà successivamente

utilizzato all’interno del diffrattometro.

I vantaggi di questo tipo di preparato sono (Giampaolo e Lo Mastro, 2000):

- Spessore “infinito” (circa 2 mm) ai raggi X;

- Superficie corrugata, che non permette l’isorientamento dei minerali argillosi;

- Stesso valore di deviazione standard degli angoli d’inclinazione dei cristalliti rispetto

all’orientazione media dei cristalliti nell’aggregato;

- Ripetitività della preparazione del campione;

- Possibilità di confrontare campioni diversi e analizzati tramite XRD in tempi diversi;

- Possibilità di quantizzare minerali differenti presenti nella stessa miscela.

Figura 3.9 – Componenti necessari alla realizzazione dei campioni “tal quale”.

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Figura 3.10 – Pressa ad aria compressa necessaria a compattare il materiale all’interno del porta campione.

3.2.1.2 Campioni con orientazione preferenziale della frazione <2μm

Per ottenere i preparati orientati di materiale argilloso è necessario effettuare una serie di

separazioni granulometriche per isolare la frazione <2 μm.

La procedura adottata in questa tesi è quella descritta da Moore & Reynolds (1997),

successivamente modificata da Giampaolo e Lo Mastro (2000).

Circa 15 g del campione “tal quale” vengono macinati leggermente con mortaio e pestello d’agata e

inseriti all’interno di una beuta da 500 ml con 100 ml di acqua distillata (fig. 3.11B). La beuta viene

chiusa con tappi o pellicola di plastica e posta ad agitare a 200 oscillazioni al minuto per 60 minuti

(fig. 3.11B), al fine di disaggregare in acqua il campione. Una volta terminata questa fase, 50 ml di

sospensione vengono estratti con una pipetta e posti in provette destinate ad essere centrifugate.

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Figura 3.11 – A) Campioni di roccia macinati e posizionati all’interno di beute con acqua distillata; B) beute poste ad

agitare a 200 oscillazioni al minuto.

La centrifugazione è necessaria per separare la frazione grossolana, che si deposita sul fondo, dalla

frazione <2 μm, che rimane in sospensione all’interno della provetta. Inoltre, questa operazione è

molto importante per verificare l’eventuale presenza di sali (cloruri e solfati) solubili all’interno del

campione, che devono essere rimossi in quanto fonte di disturbo per la successiva analisi dei

diffrattogrammi. Per sincerarsi della loro presenza, si esegue una prima centrifugazione a 4000 giri

al minuto (rpm), per 15 minuti (fig. 3.12). Le provette che vengono inserite all’interno della

centrifuga devono avere tutte lo stesso peso, perciò si pesa una provetta di riferimento e la si

confronta con le altre. L’eccesso e il difetto di peso si correggono rispettivamente con l’aggiunta di

acqua distillata o con l’estrazione della soluzione più superficiale. Poiché i sali, in funzione della

loro concentrazione, hanno la capacità di inibire la deflocculazione dei minerali argillosi, dopo la

prima centrifuga, nel caso fossero presenti, l’acqua sarebbe completamente limpida e non si avrebbe

la frazione <2 μm in sospensione. In questo caso viene eliminata l’acqua e conservata la frazione

solida sul fondo della provetta, dopodiché si riporta a volume con altra acqua distillata e si ripete la

centrifugazione. Questa operazione deve essere ripetuta più volte, fino a che i sali non vengono

eliminati e la frazione solida <2 μm rimane in sospensione nell’acqua.

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Figura 3.12– Centrifuga utilizzata per la preparazione della frazione inferiore a 2 micron nel laboratorio di

preparativa argille di Roma Tre.

Successivamente si esegue una centrifugazione a 1000 rpm per un tempo che varia in funzione della

temperatura dell’acqua in cui sono immerse le particelle, della frazione granulometrica d’interesse

ricavabile applicando una variante della legge di Stokes e della velocità della centrifuga. Al termine

della fase di centrifugazione si prelevano, leggermente al di sopra della metà della provetta, circa 25

ml di sospensione, i quali sono poi lasciati riposare in contenitori sterili da 30ml con chiusura

ermetica per circa 2 giorni.

Infine, una piccola parte della sospensione viene deposta su vetrini di forma circolare

precedentemente lavati, pesati e siglati, è lasciata ad asciugare a temperatura ambiente (fig. 3.13).

Per conoscere la densità (g/cm3) del preparato orientato si pesa nuovamente il vetrino con la

polvere, si calcola la differenza di peso rispetto al vetrino vuoto e il risultato si divide per l’area del

campione (4,9 cm2).

Figura 3.13 – Vetrini posti ad asciugare a temperatura ambiente in una delle fasi di preparazione dei campioni per

l’analisi diffrattometrica a Raggi X

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3.2.2 Acquisizione e analisi dei dati

In questa tesi, tutti i campioni sono stati analizzati al diffrattometro per polveri Scintag X1

(fig.3.14) equipaggiato con un rilevatore allo stato solido Si(Li). Per i preparati con orientazione

caotica l’intervallo di scansione è 2-70 °2θ Cu Kα1, mentre per i preparati “orientati” si eseguono

due acquisizioni; una, su materiali asciugati in aria (air dried), da 1-48 °2θ Cu Kα1, e l’altra, su gli

stessi ma glicolati, da 1-30 °2θ Cu Kα1. La saturazione con glicole etilenico serve per individuare la

presenza di minerali argillosi espandibili.

Riguardo i diffrattogrammi relativi ai campioni “tal quale”, le operazioni da eseguire sono: la

sottrazione del fondo, la rimozione della radiazione Kα2 e la determinazione dei picchi, facendo un

confronto con le schede dell’International Centre for Diffraction Data (ICDD). L’eliminazione della

Kα2 è essenziale per poter comparare l’intensità e l’angolo di diffrazione dei minerali individuati

con la banca dati dell’ICDD, la quale riporta valori di intensità dei picchi e di angoli di diffrazione

relativi alla sola radiazione Cu Kα1.

L’informazione sulla quantità (espressa in percentuale) di ogni singola fase si ottiene misurando

l’ampiezza del picco a metà altezza (FWHM, full width at half maximum) che moltiplicata per

l’ampiezza totale ci dà l’area del picco. L’area, a sua volta, è divisa per il fattore di intensità del

picco (FIP), specifico per ogni fase mineralogica. Moltiplicando il valore ottenuto per 100 e

dividendolo per la somma del valore area/FIP di tutte le fasi del campione considerato, si ottiene la

percentuale di ogni singola fase sul totale.

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Figura 3.14 - Diffrattometro per polveri Scintag X1.

Sovrapponendo i tracciati diffrattometrici dei preparati air dried e glicolati si rende visibile la

presenza di fasi espandibili. La glicolazione produce un cambiamento nella forma di alcuni picchi

complessi, come per esempio quello intorno a 8,8 – 10 °2θ che può contenere il riflesso 001

dell’illite ed il riflesso di secondo ordine degli strati misti I-S (illite 001 – smectite 002). Dopo aver

scomposto i picchi compositi tra 9-10 °2θ e 16-17 °2θ (Moore and Reynolds, 1997), grazie alla

funzione matematica Pearson VII, è possibile misurare il Δ°2θ, ovvero la differenza di angolo tra il

picco illite 002/smectite 003 e il picco illite 001/smectite 002. Il contenuto di illite negli strati misti

illite-smectite (%I in I-S) viene determinato confrontando il valore angolare ottenuto con delle

tabelle di riferimento che indicano un range di percentuali legate a tale differenza. Il grado di ordine

strutturale dell’interstratificato illite-smectite (parametro Reichweite, R; Jadgozinski, 1949) si

valuta dalla posizione della riflessione illite 001/smectite 001 tra 5-8.5 °2θ. Per l’analisi quantitativa

della frazione <2 μm, i valori delle aree relativi a ciascun picco vengono convertiti mediante

costanti di calibrazione specifiche di ogni riflesso in percentuali in peso. Il quantitativo dei minerali

argillosi non viene espresso come % in peso dell’intera roccia, ma è normalizzato rispetto ai soli

fillosilicati. I minerali non argillosi non sono stati inclusi nell’analisi semi-quantitativa dei preparati

orientati.

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L’analisi dei minerali argillosi rappresenta un valido strumento nello studio dei processi diagenetici

e di metamorfismo di basso grado, poiché fornisce informazioni riguardo la storia termica e di

seppellimento delle sequenze sedimentarie (Botti et al., 2004; Corrado et al., 2005,2009; Aldega et

al., 2007 a,b; Aldega et al., 2011; Di Paolo et al., 2012). Il carico litostatico e/o tettonico comporta

che i minerali argillosi subiscano cambiamenti di tipo strutturale e composizionale in risposta a

variazioni termo-bariche. Poiché queste reazioni sono irreversibili, il fabric delle rocce esumate

mantiene le informazioni connesse al seppellimento e alla temperatura massima raggiunta

(Merriman and Frey, 1999). Durante il seppellimento avviene un’importante reazione nei

fillosilicati; si verifica la trasformazione della smectite in illite attraverso le fasi intermedie

dell’interstratificato illite-smectite (I-S).

Dallo stadio di diagenesi all’epizona si assiste alla seguente serie di reazione:

- minerali argillosi diottaedrici: smectite → strati misti I-S disordinati (R0) →strati misti I-S

ordinati (R1 e R3) → illite → mica chiara diottaedrica (muscovite).

Questa sequenza è caratterizzata da un incremento graduale dell’ordine strutturale, che si realizza

attraverso una serie di fasi metastabili (interstratificati). La terminologia di riferimento che riassume

il grado di ordine strutturale si basa sul termine R (Reichweite, Jadgozinski, 1949), il quale esprime

la probabilità, dato un livello A, di trovare come B il livello successivo. Il parametro R può variare

da 0 a 3. Il valore R=0 indica una struttura disordinata, nella quale i livelli illite-smectite sono

impilati in maniera casuale rispetto all’asse di riferimento c; la percentuale di illite può arrivare fino

ad un valore circa del 60%. Il valore R=1 indica che un livello di smectite è seguito da un livello di

illite, con un ordine di impilamento che si comincia; la quantità di illite passa dal 50% al 70%.

Nel caso in cui gli strati misti illite-smectite siano 50/50, ossia per una ripetizione regolare I/S, si

utilizza il termine Rectorite. Infine, R=3 indica che ciascun livello di smectite è circondato da

almeno tre livelli di illite su ciascun lato; il contenuto in illite supera il 90% (Altaner et al., 1988). In

questo lavoro di tesi, per indicare le fasi descritte precedentemente si useranno i termini, R0, R1 ed

R3 (fig. 3.15).

Secondo gli Autori Merrimann & Frey (1999) è possibile avere una discreta correlazione tra i valori

di riflettanza della vitrinite (Ro%) e i risultati in percentuale di illite presente nei livelli misti I-S

(fig. 3.16). Quindi, grazie a parametro organici e inorganici, sarà possibile ipotizzare le temperature

massime raggiunte dai campioni analizzati.

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Figura 3.15 – Tracciati diffrattometrici di strati misti illite-smectite con differente contenuto in illite e ordine

strutturale: A) strati misti I-S con strutture non ordinate (R0); B) strati misti I-S con strutture ordinate a corto raggio

(R1); C) strati misti I-S con strutture ordinate a lungo raggio (R3) (Pollastro, 1990).

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Figura 3.16 – Schema di correlazione tra Ro%, % I in I-S, zone metapelitiche, stadi di maturazione degli idrocarburi e

paleo temperature (Merriman & Frey, 1999).

Molti autori hanno studiato la serie di reazione illite-smectite come indicatore termico, in funzione

dei diversi contesti geologici (fig. 3.17). Hoffman e Hower (1979) propongono un modello

applicabile a gran parte degli studi geologici e petroliferi, il quale suggerisce che il passaggio da

strutture di tipo R0 a strutture di tipo R1 avviene a circa 100-110°C, mentre quello a strutture di tipo

R3 a circa 170-180°C, con un periodo di riscaldamento minimo di 2 Ma. Jennings e Thompson

(1986), invece, presentano un modello valido per aree caratterizzate da brevi ma intensi eventi di

riscaldamento, dove il passaggio da R0 a R1 e da R1 a R3 avviene rispettivamente a circa 130-

140°C e 170-180°C.

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Figura 3.17 – Intervalli di temperature proposti da differenti autori sulla base della composizione degli strati misti I-S

e sul grado di ordine strutturale.

3.3 Materiali di studio e strategia di campionamento

I campioni analizzati in questo lavoro sono stati prelevati nel corso di due campagne effettuate a

Giugno e a Novembre 2015, in collaborazione con l’università di Palermo, nell’area del bacino di

Scillato.

Sono state campionate rispettivamente le formazioni sedimentarie affioranti nel bacino di Scillato e

le unità del substrato, rispettivamente a nord-ovest (Cozzo Rasolocollo) e a sud-est (Rocca di

Sciara) del bacino. I luoghi di campionamento delle successioni sono indicati nella figura. 3.18 e in

tabella 1.

I campioni analizzati con le differenti tecniche analitiche provengono dagli stessi siti di

campionamento. In totale sono stati campionati 39 siti, dai quali derivano i 25 campioni analizzati

nel laboratorio ALBA dell’Università di Roma Tre.

Le rocce campionate sono principalmente argille e sabbie fini, le prime molto utili per l’analisi

mineralogica della frazione argillosa e le seconde generalmente ricche in materia organica dispersa.

Oltre alle informazioni sull’evoluzione termica, questi campioni possono fornire anche

informazioni utili per ricostruire l’evoluzione delle facies presenti nel bacino.

Per quanto riguarda i siti di campionamento ubicati a Cozzo Rasolocollo e Rocca di Sciara, si è

deciso di campionare le unità del substrato per verificare l’esistenza di un’impronta termica, da

parte di queste ultime, nelle formazioni di riempimento del bacino. I campioni provenienti da Cozzo

Rasolocollo (PM1, PM2, PM5, PM6, PM7) provengono tutti dalla formazione triassica della

Mufara, da affioramenti di argilliti scure e scagliose depostesi in un ambiente di mare profondo

(vedi appendice), molto utili per lo studio mineralogico delle argille. Si è deciso di realizzare un

transetto perpendicolare ai tre thrust cartografati nel foglio geologico “Termini Imerese – Capo

Plaia”, prendendo campioni sia al tetto sia al letto di ciascuno dei thrust fault.

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Parte del substrato imerese è stato campionato anche a Rocca di Sciara (fig. 3.19); il campione

PM 31 proviene, infatti, da un affioramento del membro più basso della formazione toarciana di

Crisanti, composto da argille radiolaritiche di mare profondo (vedi appendice).

Figura 3.19 – Vista panoramica dell’alto strutturale di Rocca di Sciara (da Gugliotta & Gasparo

Morticelli, 2012)

Partendo dalla zona a sud del bacino di Scillato, è stato possibile effettuare un transetto che

permette di ricostruire e definire l’intera sezione in affioramento. Le prime formazioni che si

incontrano sono rispettivamente il Flysch Numidico, le Argille Varicolori inferiori e la formazione

Castellana Sicula. Le rocce campionate del Flysch Numidico (MF4, PM34 e PM35) sono

essenzialmente argille verdastre e di colore bruno di scarpata, molto ricche in materia organica

(vedi appendice). Le Unità Sicilidi sono composte da argille scagliose di colore verde di mare

profondo (vedi appendice) e sono state analizzate a partire dal campione di argille PM16, posto in

contatto tettonico con il Flysch Numidico. La formazione Castellana Sicula è stata campionata

relativamente a due litotipi, sabbioso (MF6) e argilloso (PM15) (vedi appendice).

Proseguendo verso nord, si entra nel bacino di Scillato in cui affiora l’intera sezione stratigrafica

della formazione Terravecchia. Dall’analisi macroscopica dei campioni è possibile notare materia

organica composta essenzialmente da frammenti di materiale legnoso (frustoli carbonizzati). Tutti i

campioni raccolti nel settore a sud del bacino di Scillato (PA08, PA09, MF5 e MF2) (vedi

appendice) appartengono al membro più basso della formazione di Terravecchia (TRV1)

caratterizzato da arenarie fini o ricche in ciottoli (fig. 3.20).

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Figura 3.20 – Conglomerati e arenarie a stratificazione incrociata della facies braided della F.ne

Terravecchia (da Gugliotta & Gasparo Morticelli, 2012).

Successivamente ci si è spostati nel membro intermedio TRV2 i cui campioni sono generalmente

composti da sabbie fini (PA10, PM14, PM18) (vedi appendice e figura 3.21) ma che in alcune

località può presentare degli orizzonti siltici e argillosi (PM19). Tutti e quattro i campioni derivano

da una facies di fronte deltizio.

Figura 3.21 – Sequenza di fronte deltizio della F.ne Terravecchia (da Gugliotta & Gasparo

Morticelli, 2012).

Entrando nel membro pelitico-argilloso della formazione Terravecchia (TRV3), sono state

campionate delle peliti che definiscono la base di questo membro (PM25 e PM29) in facies di pro-

delta e la parte alta in facies di delta slope prossimale (PM23) (vedi appendice e figura 3.22).

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Figura 3.22 – Peliti di pro-delta interstratificate a conglomerati di delta slope prossimale (da

Gugliotta & Gasparo Morticelli, 2012).

Infine nel settore più settentrionale del bacino, in cui affiora il membro TRV1b composto da

conglomerati, sabbie grossolane e livelli pelitici, sono stati campionati PM28 (peliti) e PM22

(sabbie).

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TABELLA 1 – Campionamenti effettuati in questo lavoro di tesi, con litologie e facies

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Figura 3.19 – Carta di ubicazione dei siti di campionatura e relativa legenda con le formazioni campionate in questo

studio (modificato da Catalano et al. 2011)

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CAPITOLO IV – RISULTATI

4.1. Analisi ottiche della materia organica

L’analisi ottica della materia organica è stata effettuata sull’intera campionatura disponibile e ha

restituito dei risultati affidabili. Per il calcolo della Ro% media sono stati esclusi i frammenti molto

piccoli, quelli rimaneggiati e i frammenti di inertinite. Nella tabella 2 sono riportati i valori di

riflettenza della vitrinite ottenuti, le relative deviazioni standard, il numero di frammenti misurati e

le facies organiche riconosciute. I risultati ottenuti vengono discussi in funzione della formazione di

appartenenza.

4.1.1 Unità Imeresi (Carnico medio-Toarciano)

I campioni provenienti dalle unità imeresi sono sei e di questi, cinque (T, S, R, Q e P) provengono

dalla F.ne Mufara e uno (O) dalla F.ne Crisanti (fig. 4.1). I campioni della Mufara sono

caratterizzati da materia organica di piccole dimensioni di forma squadrata o rettangolare e di colore

grigio scuro. Nel campione P, sono stati riconosciuti anche frammenti di inertinite. I campioni T e S

sono i più antichi e sono entrambi calcilutiti. Gli istogrammi sono unimodali e i frammenti utilizzati

per la misura della riflettanza sono 16 per il campione T e 25 per il campione S. I valori di Ro%

ottenuti per i due campioni sono rispettivamente, 0,94±0,05 e 0,93±0,03. Entrambi i due campioni

indicano, pertanto, una maturità termica tipica della parte centrale della finestra ad olio. I restanti tre

campioni (P, Q e R)e sono caratterizzati da istogrammi unimodali. Sia i valori di Ro% che le

dimensioni dei frammenti misurati sono inferiori rispetto ai campioni T e S (10 per R, 15 per Q e 6

per P). Il valore di Ro% media è di 0,83±0,04 per R, 0,82±0,04 per Q e 0,83±0,04 per P; i valori di

Ro% ottenuti indicano, anche in questo caso, una maturità termica tipica della parte centrale della

finestra ad olio.

Il campione O della formazione Crisanti è composto da argilliti verdastre con materia organica di

tipo vitrinitico prevalentemente di piccole dimensioni, di forma squadrata o allungata. Per la misura

della Ro% sono stati considerati 11 frammenti che hanno fornito un valore di Ro% di 0,92±0,04 che

indica una maturità termica tipica della finestra ad olio.

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TABELLA 2– Risultati analisi ottiche della materia organica

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Figura 4.1 - Colonna stratigrafica semplificata delle facies delle Unità Imeresi dell’intervallo Carnico medio-

Toarciano e relativi istogrammi di frequenza dei dati di riflettenza della vitrinite ricavati dalle analisi effettuate nel

laboratorio di Roma Tre (ALBA) (modificata da Catalano et al. 2011,denominazione dei campioni e corrispondenza

con le sigle riportate in tabella e nel testo T =PM5, S=PM6, R=PM7, Q=PM2, P=PM1).

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4.1.2 Flysch Numidico (Oligocene Superiore-Miocene Inferiore)

I 3 campioni analizzati (N, M e L) (fig. 4.2) sono composti da litologie argillose di colore bruno e

mostrano un buon contenuto di frammenti di materia organica, di dimensioni piccole e dimensioni

medie e di forma quadrata o rettangolare. Il campione N presenta un istogramma di riflettanza

caratterizzato da due mode principali, una associabile ai frammenti di vitrinite rimaneggiata e

indigena. La misura di Ro% sui frammenti autoctoni (13) fornisce un valore medio di 0,54±0,04

mentre la vitrinite rimaneggiata fornisce un valore di 0,72. Il campione M mostra un istogramma

simile a N, con due mode associabili a due famiglie di frammenti di vitrinite, una indigena e una

rimaneggiata. I frammenti di vitrinite indigena (8) forniscono un valore di Ro% di 0,54±0,04

mentre la vitrinite rimaneggiata ricade nella classe 0,75. Il campione L è caratterizzato da

frammenti di vitrinite medio-grandi e l’istogramma è caratterizzato da un’unica moda. Il valore

medio di Ro%, ricavato dai 23 frammenti analizzati è di 0,85±0,04; il valore, sensibilmente più alto

dei campioni precedenti, e la forma irregolare dei frammenti fa pensare che questi siano

rimaneggiati. Il valore di Ro% dei campioni M ed N indica una maturità tipica della parte iniziale

della finestra ad olio.

4.1.3 Unità Sicilidi (Cretacico-Paleocene)

E’ stato analizzato un unico campione fortemente argilloso delle Unità Sicilidi (I) (fig. 4.2),

caratterizzato da frammenti di vitrinite di piccole dimensioni, spesso non misurabili, e subordinati

ad essi frammenti di inertinite. Sulla base dei 3 frammenti misurati il valore medio di Ro% ottenuto

è 0,76±0,03 che indica una maturità tipica della finestra ad olio

4.1.4 F.ne Castellana Sicula (Serravalliano superiore-Tortoniano inferiore)

I campioni analizzati in questa formazione (H) (fig. 4.2) sono composti rispettivamente da argilliti e

da arenarie e sono caratterizzati da frammenti in prevalenza di inertinite e poi di vitrinite di piccole

dimensioni e di forma squadrata o arrotondata. Si è deciso di cumulare i dati di Ro% dei due

campioni in un unico istogramma, che mostra tre mode principali. La prima è associata ai

frammenti di vitrinite indigena (Ro% = 0,44±0,03, con 11 frammenti analizzati), la seconda

rappresenta la vitrinite rimaneggiata (Ro% compresa tra 0.6 e 0.75) e infine un ultima che

rappresenta le inertiniti. La presenza di molta inertinite conferma l’ambientazione fluvio-deltizia

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associata a questa formazione. Il valore di Ro% colloca questa formazione in una fase immatura per

la generazione di idrocarburi.

Figura 4.2 - Colonna stratigrafica semplificata delle facies del Flysch Numidico e delle Unità Sicilidi e della

Castellana Sicula Fm. e relativi istogrammi di frequenza dei dati di riflettenza della vitrinite ricavati dalle analisi

effettuate nel laboratorio di Roma Tre (ALBA)(modificata da Catalano et al. 2011, denominazione dei campioni e

corrispondenza con le sigle riportate in tabella e nel testo N =MF4, M=PM34, L=PM35, I=PM16).

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4.1.4 F.ne Terravecchia (Tortoniano superiore-Messiniano inferiore)

Questa formazione è stata analizzata attraverso un campionamento in facies diverse. Il campione G

(fig. 4.3) è stato raccolto all’interno di una facies tipica di una sedimentazione fluviale a canali

intrecciati. I frammenti di vitrinite analizzati sono di dimensione variabile, da piccoli fino a medi;

inoltre è possibile riconoscere frammenti di inertinite tra cui fusinite di grandi dimensioni.

L’istogramma presenta tre mode principali, la prima con valori di Ro% (con 21 frammenti) è di

0,47±0,07 ed è quella delle vitriniti indigene, la seconda intorno a valori di Ro% di 0,6 è associabile

a vitrinite rimaneggiata, infine la terza, che copre valori che vanno da 0,65 a 1,15, indica le

inertiniti. La caratteristica presenza di fusinite di grandi dimensioni indica un ambiente prossimale

con grandi apporti continentali ossidati di materia organica.

I campioni della facies successiva di fronte deltizio (F, E e D) sono caratterizzati dalla prevalenza di

inertinite anche di tipo fusinitico, ma di dimensioni inferiori rispetto a quelle dei campioni

precedentemente descritti. Per quanto riguarda i frammenti di vitrinite, si nota un aumento delle

dimensioni medie della vitrinite muovendoci verso l’alto della successione stratigrafica. F raccoglie

in unico istogramma i dati di due campioni posti stratigraficamente nella stessa facies.

L’istogramma è caratterizzato da una moda dei frammenti di vitrinite indigena che ci restituisce

valori di Ro% di 0,45±0,03 (17 frammenti) e da una di frammenti di vitrinite rimaneggiata posta

nell’intervallo 0,55-0,6.

Nei campioni E e D, posti entrambi in degli orizzonti arenacei fini di fronte deltizio, sono stati

analizzati dei frammenti di vitrinite indigena di dimensioni medie che ci hanno fornito

rispettivamente un valore di Ro% di 0,45±0,03 (su 6 frammenti) e di 0,46±0,06 (su 34 frammenti).

Anche in questi due campioni sono state riconosciute delle vitriniti rimaneggiate (0,6-0,8 di Ro%)

mentre le inertiniti vanno da 0,8 fino a 1,15 di Ro%.

C include due campioni posti alla stessa altezza stratigrafica e composti da peliti di facies di delta

distale e pro-delta. Esso è caratterizzato da frammenti di vitrinite di piccole dimensioni e alcuni di

dimensioni medie e da frammenti di fusinite di dimensioni da medie a piccole. L’istogramma dei

due campioni mostra due mode, la prima dei frammenti di vitriniti indigene, fornisce valori di Ro%

di 0,46±0,03 (su 12 frammenti), la seconda per le vitriniti rimaneggiate ricade nell’intervallo 0,80-

0,85. I frammenti di inertinite misurati, infine, forniscono valori di 1,00 di Ro%. La presenza di

frammenti piccoli di vitrinite e di inertinite, è in accordo con la maggiore distalità di questa facies.

Gli ultimi due campioni (A e B) sono composti da peliti poste in facies di delta prossimale e fronte

deltizio. I frammenti di vitrinite sono di dimensione medio-piccola, ma mostrano un progressivo

aumento di dimensione in B posto in facies di fronte deltizio. I campioni A e B sono caratterizzati

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dalla presenza di frammenti di fusinite che aumentano di dimensione verso l’alto stratigrafico.

Anche in questo caso gli istogrammi mostrano due mode principali che indicano vitriniti indigene e

vitriniti rimaneggiate. Le vitriniti indigene forniscono valori di Ro% di 0.48±0,06 (con 13

frammenti misurati) per il campione B e di 0,47±0,05 per il campione A (con 22 frammenti

misurati). Le vitriniti rimaneggiate ricadono nell’intervallo 0,7-0,85%. Il valore di Ro% misurata

nei campioni di tutta la formazione indica uno stadio immaturo per la generazione di idrocarburi.

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Figura 4.3 - Colonna stratigrafica semplificata delle facies della Terravecchia Fm. e relativi istogrammi di frequenza

dei dati di riflettenza della vitrinite ricavati dalle analisi effettuate nel laboratorio di Roma Tre (ALBA)(modificata da

Catalano et al. 2011, denominazione dei campioni e corrispondenza con le sigle riportate in tabella e nel testo

H=PM15+MF6, G=MF5+PA9+PA8, F=PM19+PM18, E=PM14, D=PA10, C=PM25+PM29, B=PM23, A=PM28 e

PM22).

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4.2. Analisi diffrattometrica della frazione fine dei sedimenti

I 25 campioni provenienti dal bacino di Scillato e dalle località di Cozzo Rasolocollo e Rocca di

Sciara sono stati analizzati per fornire, attraverso metodi qualitativi e semi-quantitativi, sia della

roccia “tal quale” che della frazione inferiore a 2μm, la loro composizione mineralogica e le paleo-

temperature massime subite nel corso della loro evoluzione termica.

Nella tabella 3 e nella figura 4.4 vengono riportati i risultati delle analisi in funzione della

formazione e dell’età. Di seguito vengono discussi i risultati ottenuti in funzione della formazione

di appartenenza.

4.2.1 Unità Imeresi (Carnico medio-Toarciano)

Le argilliti nere e le calcilutiti che compongono la F.ne Mufara (PM1, PM2, PM5, PM6 e PM7),

provenienti dalla località Cozzo Rasolocollo, sono costituite da quarzo (dal 10% fino al 30%),

calcite (dal 3% fino al 48%), plagioclasi (massimo 9%) e da fillosilicati che rappresentano la

componente maggiore e vanno da un minimo del 32% a un massimo del 76% (fig. 4.4). Il Gesso e il

k-feldspato sono presenti in alcuni casi come fasi in traccia.

Nella frazione inferiore a 2 μm il minerale prevalente è l’Illite che è presente in percentuali che

vanno dal 25% (PM5) al 45% (PM6). Gli interstratificati I/S sono presenti tra il 10% (PM5 e PM7)

e il 40% (PM6) mentre nei campioni PM5, PM6 e PM7 sono presenti anche interstratificati C/S (dal

10% al 30%); nei campioni PM5, PM6 e PM7 è presente caolinite in percentuali al massimo del

10%, infine la Clorite varia da un minimo del 3% nel campione PM6 a un massimo del 35% nel

campione PM2 (fig. 4.4). Gli strati misti consistono di strutture ordinate R3 con Illite tra l’83 e

l’86% che indicano uno stadio di diagenesi avanzata.

L’unico campione proveniente dalla formazione di Crisanti (PM31) è un argilla costituita

prevalentemente da Fillosilicati (74%), da Quarzo (8%), Plagioclasio e K-Feldspato (2%) e Jarosite

(16%)(fig. 4.4). La frazione inferiore a 2 μm è composta prevalentemente da Illite (67%),

interstratificati I/S (32%) e da caolinite (1%) (fig. 4.4). Gli strati misti consistono di strutture R1

con Illite al 78% che stanno ad indicare le fasi iniziali della diagenesi avanzata (Merriman & Frey,

1999) (fig. 4.4).

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4.2.2 Flysch Numidico (Oligocene-Miocene)

I campioni appartenenti a queste formazione sono composti prevalentemente da argille (PM34 e

PM35) e da arenarie (MF4). La composizione mineralogica è dominata dai fillosilicati che

raggiungono valori fino all’85%, subordinati ad essi vi sono quarzo (dal 4% fino al 25%) e

plagioclasi che raggiungono massimo al 7%. Il campione PM34 è, invece, l’unico a presentare un

valore molto alto di Gesso (70%) (fig. 4.4). La frazione inferiore a 2 μm è composta da Illite (17-

37%), interstratificati I/S intorno al 20% (eccetto per il campione MF4 dove raggiungono massimo

il 5%), Caolinite fino al 74% eccetto nel campione PM34 (10%) e da Clorite intorno a un massimo

al 30% (nel campione PM34) e a un minimo 1-2% (nel campione MF4) (fig. 4.4). Gli strati misti

consistono di strutture R1 con percentuale di Illite tra il 70% e il 76% ed indicano le fasi iniziali

della diagenesi avanzata (Merriman & Frey, 1999) (fig. 4.4).

4.2.3 Unità Sicilidi (Cretacico-Paleocene)

L’unico campione di Unità Sicilidi analizzato (PM16) è caratterizzato dalla presenza di Quarzo

(6%), Fillosilicati (27%), Ankerite (6%), Plagioclasio (1%) e per la maggior parte da Calcite (60%)

(fig. 4.5). La frazione inferiore a 2 μm è composta in prevalenza da Caolinite (53%), Illite (14%) e

interstratificati I/S (13%) e Clorite (20%) (fig.4.4). Gli strati misti consistono di strutture R0 con il

45% di Illite e indicano una fase di diagenesi iniziale (Merriman & Frey, 1999) (fig. 4.4).

4.2.4 F.ne Castellana Sicula(Serravalliano superiore-Tortoniano inferiore)

I campioni di questa formazione (MF6 e PM15), composti da siltiti (PM15) e arenarie (MF6), sono

caratterizzati dalla presenza di Quarzo (10-15%), Calcite (10-14%), Plagioclasio (massimo 11%) e

soprattutto fillosilicati, che rappresentano le percentuali maggiori (da un minimo del 58% a un

massimo del 77%); Inoltre i campioni PM15 e MF6 mostrano basse percentuali di K-Feldspato (1-

3%) e il campione PM15 contiene Dolomite al 2% (fig. 4.4). La frazione inferiore a 2 μm è

composta da Illite (24-32%), interstratificati I/S (30-35%), Caolinite (26-39%) e Clorite (2-12%)

(fig. 4.4). Gli strati misti consistono di strutture R0 con il 50% di Illite nel campione MF6 e di

R0/R1 con Illite rispettivamente al 33% e al 70% che indicano rispettivamente una fase di diagenesi

iniziale (R0) e una fase di diagenesi avanzata (R1) (Merriman & Frey, 1999) (fig. 4.4).

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4.2.5 F.ne Terravecchia (Tortoniano superiore-Messiniano inferiore)

I campioni di questa formazione sono caratterizzati da una composizione mineralogica abbastanza

omogenea nella sezione stratigrafica campionata. Il Quarzo varia da un minimo del 6% (campione

PM25) a un massimo del 41% (campione PM18), le percentuali minori sono tipiche dei campioni

più pelitici della formazione. La Calcite varia da un minimo del 2% (campione PM22) a un

massimo del 22%, le percentuali minori sono associate alle litologie più fini (argille e siltiti). Il K-

Feldspato è presente con percentuali del 2-3% in tutta la formazione mentre il Plagioclasio è

caratterizzato da percentuali variabili dal 6% al 27%; le percentuali minori sono tipiche dei litotipi

argillosi mentre quelle maggiori caratterizzano i litotipi arenacei. I fillosilicati sono ben

rappresentati in tutta la formazione, raggiungendo il massimo valore nei litotipi argillosi e in

particolare nel campione PM25, dove essi rappresentano il 74% della roccia. Infine in tutta la

formazione è presente Dolomite in percentuali dell’1-3% (fig. 4.4).

La composizione della frazione inferiore a 2 μm mostra un andamento abbastanza omogeneo. Nei

campioni raccolti l’Illite è presente con valori che vanno dal 19% (PA10) fino al 40% (MF2), gli

interstratificati I/S mostrano valori compresi tra il 18% e il 24%, la Caolinite ha percentuali intorno

al 40%, fatta eccezione per il campione PA10 che raggiunge anche il 53%, infine la Clorite varia da

un minimo del 4% (MF2) a un massimo del 18% (PM14).

Gli strati misti sono costituiti da strutture disordinate R0/R1, con gli R0 che presentano percentuali

comprese tra il 40% e il 50% di Illite e gli R1 con percentuali intorno al 78-80%. Gli strati misti R0

indicano una fase di diagenesi iniziale mentre gli R1 indicano l’inizio di una fase di diagenesi

avanzata (Merriman & Frey, 1999).

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Figura 4.4 – Risultati dell’ analisi XRD semi-quantitativa della frazione fine dei sedimenti.

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TABELLA 3 – Risultati delle analisi XRD della frazione fine dei sedimenti

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CAPITOLO V – DISCUSSIONE

In questo capitolo verranno discussi i risultati ottenuti dall’analisi della frazione organica e

inorganica fine dei sedimenti che hanno permesso la caratterizzazione termica delle successioni

sedimentarie del bacino di Scillato e del suo substrato. Utilizzando l’equazione di Barker &

Pawlewicz (1994) (T = ln Ro + 1.68/0.0124), è stata, inoltre, fornita una stima delle paleo-

temperature massime a cui sono state sottoposte le formazioni studiate. Inoltre attraverso l’utilizzo

del diagramma di Hillier (1995) per ciascuno dei domini paleogeografici analizzati è stato possibile

identificare un marchio paleo termico caratteristico, rappresentato dal loro tasso di riscaldamento.

5.1 Confronto tra gli indicatori di massima esposizione termica (Ro%, %I in I-S e parametro R)

Mettendo a confronto i dati di indicatori termici organici e inorganici si possono fare alcune

considerazioni. Per quanto riguarda le unità del substrato imerese è evidente una corrispondenza tra

valore di Ro%, %I in I-S e parametro R. Il valore medio di Ro% è compreso tra 0,82 e 0,94 mentre i

dati di mineralogia ci indicano un ordering degli strati misti di tipo R3 con percentuali di illite

nell’interstratificato comprese tra 80 e 86% e strati misti C/S con un range compreso tra il 60% e

l’80%; pertanto le unità imeresi possiedono un’impronta termica importante con paleo-temperature

comprese tra circa 120°C e 130°C (secondo Barker & Pawlewicz, 1994) e mostranti uno stadio di

diagenesi avanzata (secondo Merriman & Frey, 1999).

Il Flysch Numidico è caratterizzato da valori di Ro% variabili tra 0,54 e 0,85 e strati misti R1 con

70-76%.

Nelle Unità Sicilidi non è stato possibile ottenere una correlazione di facile interpretazione tra

parametri derivati dalla materia organica e quelli di mineralogia delle argille, in quanto il valore di

Ro% (0,76) è relativo a pochi frammenti misurati che può indicare una temperatura di circa 113°C

(secondo Barker & Pawlewicz, 1994). Tale valore non corrisponde con strati misti di tipo R0 (45%

di Illite) che indicano, invece, una fase diagenetica iniziale (secondo Merriman & Frey, 1999).

La F.ne Castellana Sicula. e la F.ne Terravecchia. sono caratterizzate da due segnali ben distinti ed

evidenti sia dai valori di Ro% sia dagli strati misti. I valori di Ro% si attestano nel range 0.42-0.48

mentre la materia organica rimaneggiata ricade nell’intervallo 0.6-0.8. Per quanto riguarda gli strati

misti sono stati riconosciuti sia fasi R0 che fasi R1. Tenuto conto di queste variazioni, si può

affermare che queste formazioni siano caratterizzate da un segnale termico più freddo, tra i 65°C e i

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76°C, mentre la presenza di strati misti con un segnale termico più caldo (R1) è da imputare ad

apporti provenienti da sorgenti sedimentarie esterne al bacino. La formazione Castellana Sicula e

Terravecchia non mostrano variazioni evidenti nel valore di Ro% e questo è dovuto, probabilmente

a un gradiente di temperatura di circa 30°C/Km in tutto lo spessore.

Nella figura 5.2 viene presentato un quadro sinottico dei risultati dell’analisi sulla frazione organica

e inorganica fine dei sedimenti, costruito sulla base di correlazione effettuate da Merriman & Frey

(1999). Come è possibile osservare, il grado di ordine strutturale è in accordo con i valori di Ro%,

mentre, la %I in I-S sottostima la maturità termica del Flysch Numidico. Il disaccordo tra la %I in I-

S e i valori di 67iflettenza e il grado di ordine strutturale può essere spiegato considerando che le

cinetiche di reazione dei minerali argillosi dipendono non solo dalla temperatura, ma anche da

parametri come: i) disponibilità di potassio, ii) chimica dei fluidi interstiziali, iii) pH, iv)

seppellimento, v) tempo (Hower et al., 1976).

Si è deciso di inserire tutti i dati raccolti dalle analisi all’interno del diagramma di Hillier (Hillier et

al., 1995) (fig. 5.1), che permette di stimare i tassi di riscaldamento e l’ambiente geodinamico in cui

si sono deposte queste formazioni, rapportando i valori di Ro% e %I in I/S. Plottando i dati in

questo diagramma si può notare che le unità imeresi (fig. 5.1) sono state sottoposte a un tasso di

riscaldamento tipico di ambientazioni di rift continentale (6 °C/Ma). Il Flysch Numidico (fig. 5.1)

mostra una variazione ricadendo sia nella zona dei rift continentali (6 °C/Ma) sia in quella dei

bacini di foreland (<1,5°C/Ma). Le Unità Sicilidi (fig. 5.1) ricadono oltre il campo dei rift

continentali (>6°C/Ma, massimo 15°C/Ma). Il valore alto delle Unità Sicilidi potrebbe essere

dovuto a un contributo di shear heating indotto da tettonica. Infine i campioni della F.ne Castellana

Sicula. e della F.ne Terravecchia (fig. 5.1) ricadono nell’area dei bacini di foreland (>1,5°C/Ma,

massimo 3°C/Ma).

Figura 5.1 - Diagramma Ro contro % di Illite nell’interstratificato I/S di Hillier in cui sono stati riportati i dati

derivanti dalle analisi dei campioni di questa tesi (diagramma di Hillier, 1995)

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Dopo aver ricavato l’heating rate, è stato calcolato il tasso di sedimentazione per le formazioni a

spessore ed età biostratigrafiche note. Le formazioni di riempimento del bacino (Terravecchia e

Castellana Sicula) sono spesse complessivamente 1150 m e hanno un età compresa tra 12,9 Ma

(biozona a nannofossili MNN9, Sprovieri et al.,1996) e 6 Ma (biozona a C.Leptotporus, Sprovieri

et al., 1996) pertanto il tasso di sedimentazione è di 166,66 m/Ma. Dividendo l’heating rate con il

tasso di sedimentazione, si ottiene un paleogradiente geotermico di 18°C/Km. Lo stesso calcolo è

stato applicato per la F.ne Mufara, che ha uno spessore di 200 m e un età compresa tra 237 e 227

Ma (Kozur, 1989). Il tasso di sedimentazione in questo caso è di 20 m/Ma e il paleogradiente

geotermico è al massimo di 300°C/Ma.

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Figura 5.2 – Quadro sinottico che illustra la relazione tra i dati di Ro%, %I in I-S, parametro R, ricavati da questo lavoro di tesi, e le zone pre-metamorfiche e lo stadio di

maturazione della materia organica (modificato da Di Paolo et al., 2012).

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Figura 5.3 – Colonna stratigrafica e relativi valori di Ro% e %I in I/S dei campioni analizzati (modificato da Catalano et al. ,2011 e Gugliotta & Gasparo Morticelli, 2012).

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5.2 Contributo dello studio degli indicatori termici alla ricostruzione della storia di provenienza

nel bacino di Scillato

L’analisi delle facies organiche e degli interstratificati I/S ci ha permesso di ricostruire l’evoluzione

deposizionale e la storia di provenienza dei sedimenti del bacino di Scillato e di mettere in relazione

queste con l’evoluzione tettonica della catena siciliana.

Le sequenze sedimentarie depostesi all’interno del bacino di Scillato non mostrano variazioni in

termini di maturità termica ma sono visibili delle differenze nelle facies organiche riconosciute. La

prima sequenza trasgressiva (TS1) è caratterizzata da facies pelitiche di piana alluvionale dominate

da frammenti di inertinite tra cui fusinite di grandi dimensioni e da frammenti di vitrinite di piccole

dimensioni. Questa sequenza e la sottostante formazione Castellana Sicula si sono sviluppate in

concomitanza con il primo evento tettonico che ha interessato l’area di studio, caratterizzato da

thrust con trasporto verso SW. In questa prima fase, i sedimenti che provenivano da una sorgente

posta a NW e con flusso verso SE, andavano a deporsi all’interno di una depressione orientata NW-

SE racchiusa tra due alti strutturali costituiti dalle unità imeresi (Rocca di Sciara e Monte dei Cervi)

(fig. 5.4 e 5.5). La presenza di interstratificati I/S di tipo R1, ereditati all’interno della formazione

Castellana Sicula e della formazione Terravecchia della prima sequenza trasgressiva, indica che

l’apporto sedimentario da NW all’interno del bacino, che in questa fase era ancora aperto, è

rappresentato da rocce meno evolute termicamente rispetto alla formazione della Mufara

(caratterizzata da strati I/S R3). Un apporto importante potrebbe essere dovuto allo smantellamento

delle unità imeresi più giovani della F.ne Mufara e del Flysch Numidico durante la costruzione della

catena.

Il passaggio dalla prima alla seconda sequenza trasgressiva (TS2) è caratterizzato da un

approfondimento del bacino, da una diminuzione di granulometria e dalla presenza di facies

organiche composte da vitrinite generalmente di dimensioni medio-piccole e soprattutto da

frammenti di inertinite tra cui abbondante fusinite di piccole dimensioni.

Al termine della TS2 si passa a una fase regressiva (RS) caratterizzata da facies organiche composte

da frammenti di vitrinite e fusinite di dimensioni medie.

Le sequenze TS2 e RS si depongono in concomitanza con il secondo evento tettonico impostato

lungo faglie transpressive che hanno sollevato le unità del substrato e hanno chiuso il bacino di

Scillato verso S (fig. 5.4 e 5.5). Il flusso sedimentario subisce un inversione e in questa fase la

direzione preferenziale è verso W-NW con una sorgente posta a SE. Le analisi degli interstratificati

I/S mostrano, anche in questo caso, la presenza di fasi R1 che derivano dallo smantellamento delle

unità poste a SE del bacino (Flysch Numidico e Unità Imeresi di Rocca di Sciara).

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Figura 5.4 – Stralcio del foglio geologico “Termini Imerese-Capo Plaia in cui sono stati evidenziati gli elementi

tettonici attivi nei due eventi deposizionali (modificato da Gugliotta, 2013)

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73

Figura 5.5 – Sketch schematico del pattern sin-tettonico delle successioni del bacino di Scillato, con il colore blu vengono evidenziate le sequenze coinvolte nel primo evento

tettonico mentre in rosso sono evidenziate le sequenze associate al secondo evento (modificato da Gugliotta & Gasparo Morticelli, 2012)

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74

CAPITOLO VI – CONCLUSIONI

I dati acquisiti nel corso di questa tesi di Laurea Magistrale permettono di valutare la maturità

termica delle successioni sedimentarie affioranti nel bacino di Scillato e nei circostanti alti

strutturali di Cozzo Rasolocollo e Rocca di Sciara e di fornire nuove informazioni a sostegno dei

modelli di provenienza effettuati sulle successioni del bacino di wedge-top.

Per il raggiungimento di questo obiettivo sono stati analizzati 25 campioni provenienti dalle unità

del substrato e dalle unità di riempimento del bacino attraverso le seguenti metodologie:

- Diffrattometria a raggi X per la frazione fine dei sedimenti che ha permesso di caratterizzare la

mineralogia e lo stadio diagenetico dei terreni oggetto di studio.

- Microscopia ottica della materia organica per la determinazione della maturità termica. In

particolare sono stati analizzati macerali appartenenti al gruppo della vitriniti e delle inertiniti.

I principali risultati ottenuti tramite questi metodi sono:

- I valori di Ro% sono omogenei nelle formazioni di riempimento del bacino (Castellana Sicula e

Terravecchia) con valori compresi tra 0,44 e 0,48 tipici di una fase immatura per la generazione di

idrocarburi, mentre le analisi mineralogiche indicano la presenza di strutture R0 diagenetiche con

%I che vanno dal 35% al 50% (stadio diagenetico, Merriman & Frey, 1999) e R1, ereditati dal

Flysch Numidico, con %I che vanno dal 72% al 80%.

- Il Flysch Numidico è caratterizzato da valori di Ro% di 0,54 e da strutture R1 con %I che vanno

dal 70% fino al 76%, entrambe le analisi indicano una fase di diagenesi avanzata e di finestra ad

olio (Merriman & Frey, 1999).

- Le Unità Sicilidi sono caratterizzate da Ro% di 0,76 e da strutture R0 con il 45% di Illite, sulla

base dei dati di riflettanza la maturità termica è quella della finestra ad olio, ma gli interstratificati

I/S non sembrano essere stati influenzati da queste trasformazioni.

- Le Unità Imeresi hanno restituito valori di Ro% compresi tra 0,82 e 0,94 e strutture R1 e R3 con

%I compresa tra il 78% e l’86%.

Inserendo questi dati all’interno del diagramma di Hillier è stato stimato il tasso di riscaldamento

delle formazioni studiate e infine il paleogradiente geotermico per la F.ne Castellana Sicula e

Terravecchia e per la F.ne Mufara.

Infine le analisi mineralogiche hanno permesso di ricostruire la storia di provenienza delle

formazioni del bacino di Scillato, in particolare la presenza di strutture R1 all’interno delle

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formazioni Terravecchia e Castellana Sicula conferma che le sorgenti sedimentarie erano collocate

nelle zone in cui è avvenuta la deposizione del Flysch Numidico durante l’evoluzione della catena

siciliana. I dati raccolti confermano, pertanto, i modelli precedentemente proposti da Gugliotta &

Gasparo Morticelli (2012). In conclusione questo lavoro di tesi ha contribuito alla comprensione

dell’evoluzione tettono-stratigrafica dei bacini di thrust-top miocenici della Sicilia centro-

settentrionale, basati su indicatori paleo-termici.

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