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Manovra Finanziaria Trasferimenti di aziende e partecipazioni per successioni e donazioni La ratio alla base della norma della Finanziaria 2007 che ha previsto l’esonero dei trasferi- menti di azienda e partecipazio- ni sociali dall’imposta sulle suc- cessioni e donazioni è indivi- duabile nel valore sociale del- l’impresa e nella sua capacità di promuovere il benessere sociale mediante la creazione di posti di lavoro. Il percorso interpretativo di tale disposizione è, tuttavia, caratterizzato da numerose zone d’ombra. G. Zizzo, pag. 1351 Società di comodo Assume particolare rilevanza per i contribuenti l’individua- zione delle cause che consento- no la disapplicazione della nor- mativa sulle società di comodo, soprattutto per le società in li- quidazione, le holding e le im- mobiliari. Con riguardo a queste ultime società appare particolar- mente delicata l’individuazione del valore di mercato dei canoni di locazione e dei criteri in base ai quali è possibile identificare i fabbricati costituenti beni-mer- ce, che non assumono rilievo ai fini in esame. G. Ferranti, pag. 1357 Nuove aliquote, franchigie ed esenzioni per l’imposta sulle successioni e donazioni La reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni ha fornito lo spunto al legisla- tore per abolire alcune norme del precedente D.Lgs. n. 346/1990 e per introdurne di nuove, come la fissazione di nuove aliquote d’imposta, va- riabili a seconda del grado di parentela con il de cuius o do- nante. Sono stati fissati anche nuovi livelli di franchigia ed è stata prevista l’esenzione per il passaggio generazionale riguar- dante le aziende o rami di esse, le quote sociali e le azioni, an- che se in questo caso la norma appare essere oltremodo rigida e restrittiva, limitando notevol- mente i casi in cui il beneficio dell’agevolazione potrà essere utilizzato. Assonime, Circolare n. 13 del 12 marzo 2007, pag. 1401 F. Guffanti, pag. 1402 Costi per autoveicoli In materia di deducibilità dei costi relativi ad autoveicoli, non è sufficiente per il contribuente provare la certa inerenza del co- sto rispetto all’attività d’impre- sa, ma è necessario dimostrare anche quel quid pluris rappre- sentato dalla strumentalità esclusiva di tali beni. Agenzia delle entrate, Risoluzio- ne 23 marzo 2007, n. 59/E, pag. 1407 C. Pino, pag. 1409 Consolidato Riporto delle perdite che interrompono il consolidato Nei casi di fusione e scissione che comportano l’interruzione del consolidato il principio di li- bera circolabilità delle perdite realizzate in costanza della tassa- zione di gruppo non si rende ope- rante, a seguito del venir meno di tale regime fin dall’inizio dell’e- sercizio in cui l’operazione viene posta in essere, lasciando quindi spazio all’integrale applicazione degli artt. 172 e 173 del T.U.I.R. anche con riferimento alle perdite residue del consolidato attribuite alla società fuoriuscita. R. Michelutti, pag. 1366 Rettifiche di consolidamento per le società di comodo L’Agenzia delle entrate - distin- guendo tra norme sostanziali e norme procedurali - afferma il principio secondo cui il legitti- mo e sistematico «vantaggio» dell’opzione per il regime del consolidato, consistente nella possibilità di determinare in ca- po alla società o ente controllan- te un’unica base imponibile per l’intero gruppo d’imprese, in misura corrispondente alla som- da leggere subito «Il commercialista … in vista» Ritenute subite da società semplici e da associazioni tra artisti e professionisti Continua, nel numero 18 del Corriere, la collaborazione tra IPSOA ed il Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti. Nella prossima rubrica «Il commercialista … in vista» si affron- terà il problema delle ritenute sui redditi di lavoro autonomo su- bite da società semplici e da associazioni tra artisti e professioni- sti e della relativa compensazione con altri debiti fiscali e contri- butivi. 1347 Corriere Tributario 17/2007 in questo numero

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Manovra Finanziaria

• Trasferimenti di aziende e partecipazioni per successioni e donazioni

La ratio alla base della normadella Finanziaria 2007 che haprevisto l’esonero dei trasferi-menti di azienda e partecipazio-ni sociali dall’imposta sulle suc-cessioni e donazioni è indivi-duabile nel valore sociale del-l’impresa e nella sua capacità dipromuovere il benessere socialemediante la creazione di posti dilavoro. Il percorso interpretativodi tale disposizione è, tuttavia,caratterizzato da numerose zoned’ombra.G. Zizzo, pag. 1351

• Società di comodoAssume particolare rilevanzaper i contribuenti l’individua-zione delle cause che consento-no la disapplicazione della nor-mativa sulle società di comodo,soprattutto per le società in li-quidazione, le holding e le im-mobiliari. Con riguardo a questeultime società appare particolar-mente delicata l’individuazionedel valore di mercato dei canonidi locazione e dei criteri in baseai quali è possibile identificare ifabbricati costituenti beni-mer-ce, che non assumono rilievo aifini in esame.G. Ferranti, pag. 1357

• Nuove aliquote, franchigie ed esenzioni per l’imposta sulle successioni e donazioniLa reintroduzione dell’impostasulle successioni e donazioniha fornito lo spunto al legisla-tore per abolire alcune norme

del precedente D.Lgs. n .346/1990 e per introdurne dinuove, come la fissazione dinuove aliquote d’imposta, va-riabili a seconda del grado diparentela con il de cuius o do-nante. Sono stati fissati anchenuovi livelli di franchigia ed èstata prevista l’esenzione per ilpassaggio generazionale riguar-dante le aziende o rami di esse,le quote sociali e le azioni, an-che se in questo caso la normaappare essere oltremodo rigidae restrittiva, limitando notevol-mente i casi in cui il beneficiodell’agevolazione potrà essereutilizzato.Assonime, Circolare n. 13 del12 marzo 2007, pag. 1401F. Guffanti, pag. 1402

• Costi per autoveicoliIn materia di deducibilità deicosti relativi ad autoveicoli, nonè sufficiente per il contribuenteprovare la certa inerenza del co-sto rispetto all’attività d’impre-sa, ma è necessario dimostrareanche quel quid pluris rappre-sentato dalla strumentali tàesclusiva di tali beni.Agenzia delle entrate, Risoluzio-ne 23 marzo 2007, n. 59/E, pag.1407C. Pino, pag. 1409

Consolidato• Riporto delle perdite che interrompono il consolidatoNei casi di fusione e scissioneche comportano l’interruzionedel consolidato il principio di li-bera circolabilità delle perditerealizzate in costanza della tassa-zione di gruppo non si rende ope-rante, a seguito del venir meno ditale regime fin dall’inizio dell’e-sercizio in cui l’operazione vieneposta in essere, lasciando quindispazio all’integrale applicazionedegli artt. 172 e 173 del T.U.I.R.anche con riferimento alle perditeresidue del consolidato attribuitealla società fuoriuscita.R. Michelutti, pag. 1366

• Rettifiche di consolidamento per le società di comodoL’Agenzia delle entrate - distin-guendo tra norme sostanziali enorme procedurali - afferma ilprincipio secondo cui il legitti-mo e sistematico «vantaggio»dell’opzione per il regime delconsolidato, consistente nellapossibilità di determinare in ca-po alla società o ente controllan-te un’unica base imponibile perl’intero gruppo d’imprese, inmisura corrispondente alla som-

da leggere subito

«Il commercialista … in vista»• Ritenute subite da società semplici e da associazioni tra artisti e professionisti

Continua, nel numero 18 del Corriere, la collaborazione traIPSOA ed il Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti.Nella prossima rubrica «Il commercialista … in vista» si affron-terà il problema delle ritenute sui redditi di lavoro autonomo su-bite da società semplici e da associazioni tra artisti e professioni-sti e della relativa compensazione con altri debiti fiscali e contri-butivi.

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ma algebrica degli imponibili diciascuna società che vi parteci-pa, non può erodere la fiscalitàcomunque prevista per le cd.«società di comodo».Agenzia delle entrate, Risoluzione8 marzo 2007, n. 36/E, pag. 1413D. Buono, pag. 1415

IVA di gruppo Con la norma di comportamenton. 167 la commissione dell’Asso-ciazione italiana dei dottori com-mercialisti (ADC) precisa i limitidi applicazione alle società esteredelle disposizioni sulla liquida-zione IVA di gruppo. Seguendol’impostazione delineata dallaADC, per applicare l’IVA digruppo a tutte le società residentiin altri Stati UE è necessario chela loro forma giuridica sia equi-pollente a quella delle società dicapitali di diritto italiano e cheesse siano identificate ai fini IVAnel territorio nazionale diretta-mente, o attraverso il propriorappresentante fiscale, o tramiteuna stabile organizzazione. P. Centore, pag. 1374

Lavoro dipendenteAnche l’INPS assume ricorren-temente la qualità di sostitutod’imposta il che lo assoggetta alrispetto della vigente normativafiscale in tema di IRPEF e di ac-certamento. Assai utile per gliinteressati si presenta in partico-lare la specifica disciplina fisca-le dettata in tema di correspon-sione anticipata dell’indennitàdi mobilità.Franco Petrucci, pag. 1378

Solidarietà tributariaLa Corte di cassazione discono-sce il principio dell’inestensibi-

lità ai condebitori solidali deglieffetti scaturenti dal comporta-mento posto in essere da uno diessi nei confronti del comunecreditore. Suscita tuttavia per-plessità l’affermazione secondocui il pagamento dell’imposta diregistro da parte del notaio, aseguito della notifica nei suoiconfronti dell’avviso di liquida-zione, renderebbe definitivo ilrapporto tributario con la conse-guente irripetibilità di quantocorrisposto dal responsabiled’imposta che non abbia impu-gnato l’atto impositivo.Cass. , 21 febbraio 2007, n.4047, pag. 1381D. Coppa, pag. 1383

Accertamento

• Documentazione extracontabile In determinate circostanze i ter-mini fissati per la notifica degliavvisi di accertamento, per IVAe imposte sui redditi, sono rad-doppiati. Il «raddoppio» si con-cretizza solo se l’amministrazio-ne finanziaria accerta violazionidi rilevanza penale. Cass. , 14 febbraio 2007, n.3222, pag. 1386D. Muraro, pag. 1388

Note di credito IVALa Corte di cassazione ribadisceil principio dell’identità tra l’og-getto della fattura e della regi-strazione originaria, da un lato,e, dall’altro, l’oggetto della re-gistrazione della variazione, dimodo che esista una corrispon-denza tra i due documenti conta-bili (fattura e nota di credito). Ilpresupposto dell’identità, chedeve valere anche sul piano sog-gettivo, implica altresì che l’ali-

quota IVA applicata in fase diregolarizzazione debba essere lamedesima della fatturazione ori-ginaria.Cass. , 22 gennaio 2007, n.1315, pag. 1392M. Peirolo, pag. 1394

Rassegna di giurisprudenzaa cura di Cesare Glendi

Fornitura e posa in opera ai finiIVA; poteri delle Commissionitributarie; assoggettabilità adIRAP dei promotori finanziari;efficacia del giudicato nel pro-cesso tributario; presupposti perl’accertamento induttivo; omes-so versamento IVA da parte delcedente; acquisto di auto usatein regime del margine IVA; cre-dito d’imposta per le aree svan-taggiate.Pag. 1398

Soggetti IVA

• Società «in house providing»L’Agenzia delle entrate si espri-me circa la qualificazione fiscaledelle società in house providinge, in particolare, sul trattamentoda riservare, ai fini IVA, ai corri-spettivi dalle stesse percepiti afronte dei servizi pubblici resi al-l’ente locale concedente. Rite-nendo che la normativa e l’orien-tamento giurisprudenziale in ma-teria non trovino immediata ap-plicazione in ambito tributario,l’amministrazione finanziaria re-puta che gli enti affidatari deiservizi pubblici assumono la ve-ste di autonomi soggetti passivi.Agenzia delle entrate, Risoluzione8 marzo 2007, n. 37/E, pag. 1418T. Paparo e A. Santi, pag. 1420

A p p r o f o n d i m e n t iManovra finanziaria

I trasferimenti di azienda e partecipazioni sociali per successione o donazionedi Giuseppe Zizzo 1351

Cause di disapplicazione della disciplina sulle società di comododi Gianfranco Ferranti 1357

ConsolidatoRiporto delle perdite per fusioni e scissioni che interrompono il consolidatodi Riccardo Michelutti 1366

IVAIVA di gruppo «estesa» ai soggetti comunitaridi Paolo Centore 1374

Lavoro dipendenteTrattamenti previdenziali e sostituzione d’impostadi Franco Petrucci 1378

G i u r i s p r u d e n z aImposta di registro

Irripetibilità dell’altrui pagamento nella solidarietà tributariaCass., 21 febbraio 2007, n. 4047commento di Daria Coppa 1381

AccertamentoDocumentazione extracontabile e accertamento induttivo ai fini IVACass., 14 febbraio 2007, n. 3222commento di Diana Muraro 1386

IVALimiti all’emissione della nota di accreditoCass., 22 gennaio 2007, n. 1315commento di Marco Peirolo 1392

RassegnaCorte di giustizia UE 1398Corte costituzionale 1398Corte di cassazione 1399Commissioni tributarie 1399a cura di Cesare Glendi

P r a s s i a m m i n i s t r a t i v aManovra finanziaria

Nuove aliquote, franchigie ed esenzioni nell’imposta sulle successioni e donazioniAssonime, Circolare n. 13 del 12 marzo 2007commento di Fabio Guffanti 1401

30 APRILE 2007Sommario

SETTIMANALE DI ATTUALITÀ, CRITICA E OPINIONE

EditriceWolters Kluwer Italia S.r.l.Strada 1, Palazzo F620090 Assago (Mi)http://www.ipsoa.itDirettore responsabileDonatella TreuDirezione scientificaCesare Glendi Professore ordinario di diritto processuale civile presso l’Università di Parmae Avvocato in GenovaCoordinamento scientificoGianfranco Ferranti ResponsabileDipartimento scienze tributarie - Scuolasuperiore dell’Economia e delle FinanzeComitato scientificoMassimo Basilavecchia Professoreordinario di diritto tributario pressol’Università di Teramo Mauro Beghin Professore straordinario di diritto tributario presso l’Universitàdi Padova, Avvocato e Dottore commercialista in PadovaMariagrazia Bruzzone Professore a contratto di diritto tributario presso l’Università di Genova e Avvocato in GenovaPaolo Centore Professore a contratto di diritto tributario presso l’Universitàdi Parma e Avvocato in Genova e MilanoPiermaria Corso Professore ordinario di diritto processuale penale presso l’Università di Milano e Avvocato in MilanoMario Damiani Vice Presidente -Consiglio nazionale Dottori commercialistiLuca Miele Capo area fiscalità d’impresa - Ministero dell’economia e delle finanzePaolo Moretti Consigliere delegato per la fiscalità - Consiglio nazionaleRagionieri e Periti commerciali e Presidente Fondazione Luca PacioliCarlo Pino Professore a contratto di diritto tributario presso l’UniversitàCattolica del Sacro Cuore di Milano e Dottore commercialista in SavonaFrancesco Serao Consigliere delegatoper le procedure concorsuali - Consiglionazionale Dottori commercialistiDario Stevanato Professore ordinario di diritto tributario presso l’Università di Trieste, Avvocatoe Dottore commercialista in VeneziaGiuseppe Zizzo Professore straordinario di diritto tributario presso l’Università C. Cattaneo - Liucdi Castellanza, Avvocato in MilanoRedazioneValentina Cecconi, Marcello Gervasio,Cristina Orsenigo, Anna Ortiz, Valeria RuggieroRealizzazione graficaIpsoa

FotocomposizioneABCompos Srlvia Pavese, 1/3 - 20089 Rozzano (Mi) Tel. 02 57789422

StampaRotolito Lombarda Spavia Roma, 115/A - 20096 Pioltello (Mi)Rivista licenziata per la stampail 18 aprile 2007.

1349Corriere Tributario 17/2007

C O R R I E R E

TRIBUTARIO

17

I costi per autoveicoli deducibili solo per i beni a strumentalità esclusivaAgenzia delle entrate, Risoluzione 23 marzo 2007, n. 59/Ecommento di Carlo Pino 1407

ConsolidatoLe rettifiche di consolidamento per le società di comodoAgenzia delle entrate, Risoluzione 8 marzo 2007, n. 36/Ecommento di Domenico Buono 1413

IVALe società «in house providing» sono soggetti passivi IVAAgenzia delle entrate, Risoluzione 8 marzo 2007, n. 37/Ecommento di Tommaso Paparo e Alberto Santi 1418

I n d i c iIndice analitico 1426Indice cronologico 1426

SommarioPubblicità

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1350 Corriere Tributario 17/2007

Approfondimenti ManovraFinanziaria

1351Corriere Tributario 17/2007

I trasferimenti di azienda e partecipazioni socialiper successione o donazione sono interessati dauna delle principali novità della riesumata impostasulle successioni e donazioni. La legge 27 dicem-bre 2006, n. 296 (legge Finanziaria 2007) (1) li hainfatti inclusi, a determinate condizioni, nel nove-ro delle vicende non soggette al tributo, aggiun-gendo all’art. 3 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346il comma 4-ter.Limitatamente ai trasferimenti di azienda, la dispo-sizione si aggiunge a quella che, nell’ambito delT.U.I.R., esclude dalla sfera dei fenomeni di realiz-zo i trasferimenti di azienda per causa di morte oper atto gratuito (art. 58, comma 1), solo in appa-renza replicandone l’effetto. In apparenza, perchémentre la prima sottrae definitivamente detti trasfe-rimenti al prelievo, la seconda si limita a stabilire ilsuo rinvio, ricorrendo allo strumento della succes-sione dell’avente causa nei valori fiscalmente rico-nosciuti in capo al dante causa (strumento che con-sente di traslare sul primo l’onere tributario cheavrebbe dovuto gravare sul secondo). L’esonero dei trasferimenti di azienda e partecipa-zioni sociali dall’imposta sulle successioni e dona-zioni determina, come qualsiasi esonero da impo-sta, una disparità di trattamento, alla quale è ne-cessario legare una giustificazione per impedire alregime che ne è fonte di andare incontro ad una di-

chiarazione di incostituzionalità per violazione de-gli artt. 3 e 53 Cost., ossia dei principi di egua-glianza e capacità contributiva.La matrice della disciplina in commento è proba-bilmente da rintracciare nelle considerazioni espo-ste nella raccomandazione della Commissione del-le Comunità europee n. 94/1069/CE del 7 dicem-bre 1994, la quale invitava gli Stati ad agevolare lasuccessione nelle imprese, in particolare sul ver-sante fiscale. In questo documento, e nella succes-siva comunicazione n. 98/C 93/02 della stessaCommissione, pubblicata nel 1998, l’onere tribu-tario è infatti additato come uno dei principali fat-tori di crisi in tale frangente: la necessità di reperi-re le risorse per assolverlo potrebbe costringere ibeneficiari ad indebitarsi o a liquidare una partedelle attività dell’impresa, mettendo in pericolo lasua sopravvivenza, con conseguente perdita di po-sti di lavoro e di benessere sociale.

I trasferimenti di azienda e partecipazioni sociali per successione o donazione

L a «ratio» alla base della norma della Finanziaria 2007 che ha previsto l’esonero deitrasferimenti di azienda e partecipazioni sociali dall’imposta sulle successioni e donazioni,

è individuabile nel valore sociale dell’impresa e nella sua capacità di promuovere ilbenessere sociale mediante la creazione di posti di lavoro. Il percorso interpretativo di taledisposizione è, tuttavia, caratterizzato da numerose zone d’ombra. Soluzioni interpretative noninformate all’interesse indicato, infatti, seppure aderenti alla lettera della disposizione, devonoessere scartate, in quanto producono norme irragionevolmente divergenti dal regime diimposizione ordinario.

di Giuseppe Zizzo

Giuseppe Zizzo - Professore straordinario di diritto tributario, Uni-versità C. Cattaneo - Liuc di Castellanza - Avvocato in Milano (*)

Note:(*) L’articolo costituisce una rielaborazione della relazione svoltaai convegni IPSOA - Scuola di formazione «Successioni, donazionie atti di liberalità: profili civili e fiscali alla luce delle recenti no-vità normative» tenutisi a Milano il 28 marzo 2007, e a Roma il 2aprile 2007.(1) In Banca Dati BIG, IPSOA.

ApprofondimentiManovraFinanziaria

1352 Corriere Tributario 17/2007

Il valore sociale dell’impresa, la sua capacità dipromuovere il benessere sociale mediante la crea-zione di posti di lavoro parrebbe dunque l’elemen-to che, nella valutazione discrezionale del legisla-tore, giustifica l’esenzione dei trasferimenti aventiad oggetto aziende e partecipazioni dall’impostasulle successioni e donazioni, e la disparità di trat-tamento che genera. Non è questa la sede per giu-dicare dell’attitudine di questo elemento a ricon-durre a ragionevolezza il regime in esame, anchealla luce della mitezza del prelievo (aliquote con-tenute e franchigia non insignificante) e della va-lorizzazione su base contabile dei cespiti in que-stione (che impedisce all’imposta di raggiungere iplusvalori latenti in capo alle attività aziendali el’avviamento). Occorre piuttosto evidenziare comeesso debba assolvere ad una funzione di indirizzonel percorso interpretativo della disposizione, se-gnato, mercè la formulazione approssimativa dellastessa, da numerose zone d’ombra. Soluzioni in-terpretative non informate all’interesse indicato,infatti, seppure aderenti alla lettera della disposi-zione, devono essere scartate, in quanto producononorme irragionevolmente divergenti dal regime diimposizione ordinario.

I beneficiariLa prima questione interpretativa di carattere ge-nerale da esaminare riguarda la platea dei benefi-ciari dell’agevolazione: i discendenti del dantecausa o chiunque, familiare o meno dello stesso?Il dubbio è sollevato dalla collocazione del riferi-mento ai discendenti, al termine di un inciso nelquale sono menzionati i patti di famiglia di cuiagli artt. 768-bis ss. c.c., che può essere letto: uni-tariamente, di guisa che detto riferimento sarebbecircoscritto ai patti di famiglia, nelle altre forme ditrasferimento i beneficiari risultando non qualifi-cati; ovvero come a sua volta intersecato da un(sub) inciso relativo ai patti di famiglia, di guisache detto riferimento sarebbe generalizzato.A favore della prima lettura potrebbe addursi l’esi-genza di favorire la continuità dell’impresa, indi-pendentemente dalle qualità del continuatore. Afavore della seconda, l’opportunità di circoscrive-re la tutela di detta esigenza ai trasferimenti chepermettono un passaggio generazionale interno alnucleo familiare. Il rilievo di questo profilo spie-gherebbe, d’altra parte, la graduazione di effetti ri-

scontrabile nel confronto tra il regime nell’impo-sta sulle successioni e quello nell’imposta sul red-dito. Quest’ultimo, infatti, configurando un sem-plice rinvio del prelievo, non distingue tra benefi-ciari, laddove il primo, configurando un più radi-cale esonero, distinguerebbe.Inoltre, il riferimento ai discendenti, se circoscrit-to ai patti di famiglia, risulterebbe pleonastico, at-teso che questi accordi hanno lo scopo di favorireil passaggio del controllo dell’impresa proprio aidiscendenti, e soltanto ad essi. La vicinanza tem-porale tra introduzione dell’agevolazione tributa-ria ed introduzione del patto di famiglia, attuataqualche mese prima (sempre nel corso del 2006),dovrebbe avvalorare ulteriormente la seconda tesi,consentendo di ravvisare una continuità nelle scel-te alla base dei due interventi.Infine, spunti a favore della riserva ai discendentisono reperibili nei lavori parlamentari, e segnata-mente nelle schede di lettura sulle modifiche ap-portate dal Senato alla Finanziaria, predisposte dalservizio studi della Camera dei deputati (che rife-risce l’agevolazione ai trasferimenti effettuati infavore dei discendenti, anche mediante patti di fa-miglia) e nella relazione della Commissione finan-ze della Camera (che attribuisce alla stessa la fun-zione di agevolare il passaggio generazionale delleimprese a gestione familiare).

Le partecipazioni in società di persone e in società non residentiLa seconda questione interpretativa di caratteregenerale su cui riflettere attiene all’oggetto dei tra-sferimenti destinatari dell’agevolazione, oggettoche è identificato nelle aziende, nei rami di azien-da, nelle quote sociali e nelle azioni.In tema di partecipazioni, la disposizione qualificasolo, al secondo periodo, le partecipazioni in so-cietà di cui all’art. 73, comma 1, lett. a), delT.U.I.R., stabilendo che, in caso di trasferimentodi partecipazioni in queste società, l’agevolazionespetti limitatamente alle partecipazioni mediantele quali è acquisito o integrato il controllo di cuiall’art. 2359, comma 1, n. 1), c.c. Non qualifica,invece, le partecipazioni in altre società, e segna-tamente nelle società di persone e in quelle non re-sidenti.Si deve perciò concludere che solo i trasferimentidi partecipazioni menzionati nel secondo periodo

sono destinatari dell’agevola-zione? A questo interrogativoè probabilmente possibile da-re risposta positiva, ma conuna non trascurabile precisa-zione in merito alle parteci-pazioni nelle società di per-sone.È indubbio che sarebbe deltutto irragionevole escluderequeste ultime dal campo diapplicazione dell’agevolazio-ne, ma credo che il loro po-sto, nei meccanismi dellastessa, non sia accanto allepartecipazioni in società dicapitali, ma accanto all’a-zienda. Si dovrebbe, cioè, ri-tenere che il passaggio dellaposizione di socio di societàdi persone, più che il passag-gio di una partecipazione so-ciale, configuri, ai fini delladisposizione in esame, il pas-saggio di una posizione dicontitolarità di un’azienda, evada pertanto agevolato allemedesime condizioni previste per il passaggio diquesta. Ne deriva, in particolare, che irrilevantedovrebbe risultare, nel caso di società di persone,l’entità della quota trasferita: il diritto di recessoriconosciuto al socio come il diritto alla liquida-zione della quota del socio defunto riconosciuta aisuoi eredi delineano infatti un ambiente normativoin cui anche le vicende di una quota minoritariasono in grado di compromettere l’integrità del pa-trimonio sociale.Quanto alle partecipazioni in società non residenti,la loro estraneità al beneficio ben potrebbe riflette-re il disinteresse dell’ordinamento italiano per lesorti di aziende situate al di fuori del suo territorio,ancorché controllate da soggetti residenti in Italia.Se la partecipata risiede in uno Stato membro del-l’Unione europea, tuttavia, in questo disinteressepotrebbe essere ravvisato una restrizione alla li-bertà di stabilimento assicurata dal Trattato CE(art. 43), collocando i residenti in Italia, che eser-citano direttamente o indirettamente (mediante so-cietà controllate) attività d’impresa nel territorio

di un altro Stato membro inuna posizione deteriore ri-spetto a quella dei residentiche le medesime att ivitàsvolgono direttamente o in-direttamente nel territorioitaliano.Il dato testuale, d’altra parte,non consente soluzioni diver-se da quella prospettata. L’al-ternativa che offre, di ricono-scere l’agevolazione alle par-tecipazioni in società non re-sidenti in modo incondizio-nato, è infatti chiaramenteinaccettabile, se solo si osser-va che definirebbe per questepartecipazioni un regime piùfavorevole di quello valevoleper le partecipazioni in so-cietà residenti, conducendo,ad esempio, a detassare, pale-semente fuori dagli intentidell’agevolazione, il valoredi poche azioni di una grandemultinazionale statunitense.

Le aziendeAi sensi del terzo periodo della disposizione incommento, i trasferimenti di azienda o di rami diazienda sono agevolati a condizione che gli aventicausa proseguano l’attività d’impresa per un perio-do non inferiore a cinque anni dalla data del tra-sferimento, rendendo, contestualmente alla presen-tazione della dichiarazione di successione o all’at-to di donazione, apposita dichiarazione in tal sen-so. Secondo i suggerimenti contenuti nella citataraccomandazione della Commissione CE, l’appli-cazione dell’agevolazione richiede che il benefi-ciario prosegua per un certo periodo l’attività nellaquale è subentrato. Non avrebbe senso, infatti,sgravare il trasferimento dell’azienda per evitaredi spezzare la continuità dell’iniziativa, se poil’interruzione si realizza per volontà del beneficia-rio medesimo. La prosecuzione dell’iniziativa implica natural-mente un ricambio negli elementi attivi e passiviche la compongono, senza che ciò comprometta ilbeneficio. Dovrebbe invece provocare una parziale

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Partecipazioni in società di persone— Una questione interpretativa dicarattere generale su cui riflettereattiene all’oggetto dei trasferimentidestinatari dell’esenzione per itrasferimenti di azienda, identificatonelle aziende, nei rami di azienda,nelle quote sociali e nelle azioni.— Si ritiene che solo i trasferimentidi partecipazioni mediante le quali èacquisito o integrato il controllo sianodestinatari dell’agevolazione, ma conuna non trascurabile precisazione inmerito alle partecipazioni nelle societàdi persone, per le quali dovrebberisultare irrilevante l’entità dellaquota trasferita: il diritto di recessoriconosciuto al socio come il diritto allaliquidazione della quota del sociodefunto riconosciuta ai suoi eredidelineano infatti un ambientenormativo in cui anche le vicende diuna quota minoritaria sono in grado dicompromettere l’integrità delpatrimonio sociale.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

decadenza la vendita, nelquinquennio, di un ramo del-l’azienda trasferita.Quanto all’impatto del confe-rimento dell’azienda o di unramo della stessa, questo deveessere valutato alla luce del-l’equipollenza che la disposi-zione delinea tra esercizio di-retto dell’impresa, esercizioin contitolarità nella formadella società di persone (indi-pendentemente dalla misuradella quota di partecipazioneagli utili) ed esercizio indiret-to mediante il controllo diuna società di capitali. Poichéil passaggio da una di questeposizioni all’altra non do-vrebbe incidere sulla spettan-za del beneficio, il conferi-mento in una società di perso-ne dovrebbe risultare neutroquale che sia la quota di partecipazione conseguitadal conferente, mentre il conferimento in una so-cietà di capitali dovrebbe essere neutro soltanto seil conferente ne acquisisce il controllo.Neutrale dovrebbe altresì essere, laddove si abbiauna pluralità di aventi causa, il passaggio dall’e-sercizio individuale (del dante causa) a quello col-lettivo (degli aventi causa) dell’attività d’impresa,nella forma della società di persone. L’eventualerecesso nel quinquennio da parte di uno dei soci,come il trasferimento della sua quota, dovrebberoprovocare la decadenza dall’agevolazione del solosocio recedente o cedente, senza coinvolgere glialtri, per i quale permane la situazione di contito-larità assunta come rilevante ai fini del godimentodel trattamento agevolato.

Le partecipazioni in società di capitaliSul versante delle partecipazioni in società di ca-pitali, come rilevato, il beneficio compete limitata-mente a quelle partecipazioni mediante le quali èacquisito o integrato il controllo di diritto dellapartecipata. Si deve dunque ritenere che tutti i tra-sferimenti che producono questo effetto siano de-stinatari dell’agevolazione? Credo di no. Alla luce della indicata ratio, è evi-

dente, infatti, che non tutti itrasferimenti di partecipazio-ni in società di capitali resi-denti meritano l’agevolazio-ne, ma solo quelli che con-sentono all’avente causa diacquisire o integrare il con-trollo, anche indiretto (me-diante una holding), di unasocietà che svolge effettiva-mente un’attività d’impresa.Solo a questa condizione, in-fatti, il trasferimento del con-trollo di una società può rite-nersi equivalente al trasferi-mento di un’azienda, e l’age-volazione apprezzabile in unaprospettiva di salvaguardiadei livelli occupazionali.L’esercizio effettivo di un’at-tività produttiva da parte del-la società, in altri contestivalorizzato (talvolta persino

oltre misura) dalla legislazione tributaria, qui è in-spiegabilmente negletto. E tuttavia, mi pare evi-dente che, se è fuori dal campo di applicazionedell’agevolazione il trasferimento di un patrimo-nio immobiliare, parimenti fuori dovrebbe essereil trasferimento di una quota di controllo di unasocietà immobiliare, pena una irragionevole dispa-rità di trattamento. Analogamente, se è fuori dalcampo di applicazione dell’agevolazione il trasfe-rimento di una partecipazione di minoranza, pari-menti fuori dovrebbe essere il trasferimento di unapartecipazione di maggioranza in una holding chedetiene solo partecipazioni di minoranza.Poiché il controllo di diritto si realizza mediantel’esercizio del diritto di voto nell’assemblea ordi-naria della partecipata, il trasferimento della nudaproprietà delle partecipazioni non dovrebbe essereagevolato, mentre dovrebbe esserlo la costituzioneo il trasferimento dell’usufrutto. Anche il controllodeve essere mantenuto per un periodo non inferio-re a cinque anni dalla data del trasferimento, ri-chiedendosi agli aventi causa di rendere, conte-stualmente alla presentazione della dichiarazionedi successione o all’atto di donazione, apposita di-chiarazione in tal senso.È indubbio che la partecipazione trasferita non de-

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Partecipazioni in società di capitali— Sul versante delle partecipazioni insocietà di capitali, il beneficio suitrasferimenti di azienda o di rami diazienda compete limitatamente aquelle partecipazioni mediante le qualiè acquisito o integrato il controllo didiritto della partecipata. Ci si chiede setutti i trasferimenti che produconoquesto effetto siano destinataridell’agevolazione.— Si ritiene di dare risposta negativa.Non tutti i trasferimenti dipartecipazioni in società di capitaliresidenti, infatti, meritanol’agevolazione, ma solo quelli checonsentono all’avente causa diacquisire o integrare il controllo,anche indiretto, mediante una holding,di una società che svolgeeffettivamente un’attività d’impresa.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

ve essere, di per sé, una par-tecipazione di controllo nelsenso indicato. Si può quinditrattare di una partecipazionedi minoranza, purché l’aventecausa, per effetto del trasferi-mento, acquisisca il controllodella partecipata (evidente-mente sommando la parteci-pazione di minoranza ricevu-ta alla partecipazione di mi-noranza già posseduta). Il ri-ferimento alla integrazionedel controllo, accanto alla suaacquisizione, sembrerebbeincludere nel regime di age-volazione anche quei trasferi-menti di partecipazioni di mi-noranza che avvengono a fa-vore di un soggetto che hagià il controllo della parteci-pata, rafforzandolo.Poiché la situazione da man-tenere per il prescritto quin-quennio è la situazione di controllo, parrebbe con-sentita la cessione nel corso di tale periodo di quo-te di partecipazione anche consistenti, persino del-l’intera partecipazione conseguita nel trasferimentoagevolato, nel caso dell’integrazione del controllo.Negare l’agevolazione in quest’ultima ipotesi, pro-prio alla luce della eventualità ora prospettata, si-gnificherebbe del resto penalizzare quelle succes-sioni nella gestione dell’impresa che avvengonogradualmente, già penalizzate dalla soggezione altributo dei trasferimenti di partecipazioni anteriorial raggiungimento della soglia di controllo.La possibilità che abbiano accesso al regime age-volato anche trasferimenti che coinvolgono parteci-pazioni di scarsa entità, trasferimenti che potrebbe-ro persino essere estranei ad un programma di tra-smissione di un’impresa (il beneficiario potrebbe,ad esempio, avere acquisito il controllo della so-cietà autonomamente, senza il concorso del dantecausa), denuncia uno sfasamento tra l’ipotesi deltrasferimento di partecipazioni e quella del trasferi-mento d’azienda, che tuttavia può essere ricompo-sto alla luce dello scopo dell’agevolazione conside-rata. L’esigenza di impedire al prelievo sul trasferi-mento di incidere sul patrimonio aziendale, che so-

stiene la scelta di agevolazio-ne nel trasferimento (diretto)dell’azienda, nel caso di tra-sferimento di partecipazionicontamina ogni trasferimentoin cui il beneficiario, succes-sivamente ad esso, ma nonnecessariamente in dipenden-za di esso, controlla la parte-cipata, perché, controllando-la, ha la possibilità di attinge-re dal suo patrimonio per ac-quisire le risorse necessarie afronteggiare il prelievo. Sitratta di una sfera di situazio-ni certamente più variegata diquella da considerare in temadi trasferimento (diretto) del-l’azienda, idonea perciò asollevare maggiori problemiinterpretativi.Tra questi, in sede di primaanalisi è in particolare affio-rato quello relativo al regime

del trasferimento a favore di più beneficiari di unapartecipazione di per sé di controllo. Due sono inquesto caso gli assetti configurabili: la compro-prietà, situazione nella quale valgono intuitiva-mente le medesime considerazioni sviluppate conriferimento al beneficiario unico, e l’acquisto perquote, con riferimento al quale l’Agenzia delle en-trate (nella circolare 16 febbraio 2007, n. 11/E) (2)ha negato la spettanza dell’agevolazione, se non,ovviamente, per quel beneficiario che dovesse ac-quisire o integrare il suddetto controllo per effettodel trasferimento.Questa differenziazione non appare però inoppu-gnabile alla luce della ratio della disciplina, postoche l’integrità del patrimonio aziendale, e quindila continuità dell’impresa, sono in questa secondacircostanza esposte alle stesse minacce alle qualisono esposte nella prima. È vero che gli aventicausa, singolarmente, non avendo il controllo, nonpossono determinare l’azione della società, ma laloro comune posizione di soggetti passivi del tri-buto ben potrebbe dare vita ad un’iniziativa collet-

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Nota:(2) In Banca Dati BIG, IPSOA.

Patto di famiglia— Laddove il trasferimento agevolatodell’azienda o della partecipazionefosse avvenuto in forza di un patto difamiglia, si potrebbe porre il problemadella rilevanza delle attribuzionioperate dal beneficiario a favore deglialtri legittimari.— Indipendentemente dalla naturagiuridica delle stesse, quello che ai finidi un giusto prelievo sull’assegnazionedell’azienda o della partecipazioneconta è che dette attribuzioni incidonosull’incremento patrimoniale chel’atto produce in testa all’assegnatario,riducendone l’ammontare, e poiché èquesto incremento patrimonialel’indice di attitudine alla contribuzionecolpito dal tributo, si deve ritenere cheil valore di tali attribuzioni debbaessere portato in diminuzionedell’imponibile.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

tiva, capace, in virtù del controllo assicurato dallapartecipazione ricevuta (nel suo insieme), di attua-re quel dirottamento sul patrimonio aziendale delprelievo che l’agevolazione mira a scongiurare.L’impegno al mantenimento del controllo, richiestodalla disposizione, potrebbe in questo caso concre-tizzarsi nella conclusione di patti parasociali di vo-to, destinati a stabilizzare il governo della società,e di blocco, destinati ad impedire la cessione a ter-zi delle partecipazioni dei contraenti, specie se ido-nea a provocare la perdita del controllo da parte delsindacato. L’eventuale cessione della partecipazio-ne a terzi, infatti, non solo causerebbe la decadenzadall’agevolazione del cedente, decadenza che, delresto, sarebbe causata anche da una sua cessioneagli altri beneficiari, ma, se accompagnata dallaperdita del controllo da parte di questi ultimi, im-plicherebbe anche la loro decadenza dall’agevola-zione, posto che l’impegno a conservare il control-lo è in questa ipotesi assunto in modo collettivo.

La decadenzaIl venire meno dell’attività o del controllo nel pe-riodo indicato, salvo che non dipenda da causanon imputabile al beneficiario, comporta la deca-denza dall’agevolazione, e l’imputazione a que-st’ultimo della stessa obbligazione tributaria chesarebbe sorta con riferimento alla data della suc-cessione o della donazione se l’agevolazione nonfosse stata operante. Sono inoltre dovuti gli inte-ressi di mora decorrenti dalla stessa e la sanzioneper omesso versamento di cui all’art. 13 delD.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.Laddove il trasferimento agevolato dell’azienda odella partecipazione fosse avvenuto in forza di unpatto di famiglia, si potrebbe porre il problema dellarilevanza delle attribuzioni operate dal beneficiario afavore degli altri legittimari. Indipendentemente dal-la natura giuridica delle stesse, sulla quale i primicommentatori dell’istituto non hanno manifestatounivocità di vedute, quello che ai fini di un giustoprelievo sull’assegnazione dell’azienda o della par-tecipazione conta è che dette attribuzioni incidonosull’incremento patrimoniale che l’atto produce intesta all’assegnatario, riducendone l’ammontare, epoiché è questo incremento patrimoniale l’indice diattitudine alla contribuzione colpito dal tributo, sideve ritenere che il valore di dette attribuzioni debbaessere portato in diminuzione dell’imponibile.

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SULLA FINANZIARIA 2007

Approfondimenti• D. Deotto, «Le operazioni “black list” dopo la Finan-

ziaria 2007», in CT n. 16/2007, pag. 1267• M. Andreozzi e R. Siciliano, «Contributi ai fondi pen-

sione tra regime previgente e nuova normativa», inCT n. 16/2007, pag. 1271

• N. Arquilla, «Valorizzazione delle attività finanziarienell’imposta sulle successioni», in CT n. 16/2007,pag. 1275

• G. Ferranti, «L’interpello disapplicativo per le societàcomodo», in CT n. 15/2007, pag. 1183

• F. Guffanti, «Problemi aperti sul trust ai fini delle im-poste sui redditi», in CT n. 15/2007, pag. 1190

• A. Dodero, «L’indeducibilità degli ammortamenti del-le aree sottostanti i fabbricati», in CT n. 14/2007,pag. 1106

• M. Poggioli, «L’estensione del sindacato antielusivo apenali, multe e caparre infragruppo», in CT n.14/2007, pag. 1116

• A. Dodero e A. Trevisani, «Estesa l’applicazione deglistudi di settore», in CT n. 13/2007, pag. 1023

• G. e A. Vasapolli, «La prova contraria delle società dicomodo», in CT n. 13/2007, pag. 1029

• M. Giaconia e L. Greco, «Limiti all’utilizzo delle per-dite pregresse nella trasparenza», in CT n. 13/2007,pag. 1036

Prassi amministrativa• Circolare 21 marzo 2007, n. 16/E, con commento di

B. Izzo e L. Miele, in CT n. 16/2007, pag. 1317• Risoluzione 12 marzo 2007, n. 43/E, con commento

di G. Provaggi, in CT n. 16/2007, pag. 1323• Circolare 15 marzo 2007, n. 13/E, con commento di

L. Lodi, in CT n. 16/2007, pag. 1329• Circolare 15 marzo 2007, n. 14/E, con commento di

M. Giaconia e A.M. Rhode, in CT n. 15/2007, pag.1243

• Circolare 16 marzo 2007, n. 15/E, con commento diF. delli Falconi e G. Marianetti, in CT n. 15/2007,pag. 1250

• Risoluzione 9 marzo 2007, n. 39/E, con commento diD. Buono e G. De Candia, in CT n. 14/2007, pag. 1161

• Circolare 1° marzo 2007, n. 12/E, con commento diD. Buono e G. De Candia, in CT n. 14/2007, pag. 1161

• Risoluzione 16 febbraio 2007, n. 25/E, con commen-to di N. Arquilla, in CT n. 13/2007, pag. 1078

Fondazione Pacioli• Doc. n. 4 del 14 febbraio 2007, con commento di B.

Izzo e L. Miele, in CT n. 13/2007, pag. 1071

Speciale Finanziaria 2007www.ipsoa.it/Finanziaria 2007

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1357Corriere Tributario 17/2007

Dopo aver iniziato in un precedente articolo (1) latrattazione della disciplina dell’interpello disapplica-tivo della normativa in materia di società di como-do, nel presente intervento viene completato il qua-dro, esaminando il contenuto e gli effetti del provve-dimento del Direttore regionale, le conseguenze del-la mancata presentazione dell’istanza e, soprattutto,le cause che consentono la disapplicazione della di-sciplina in materia di società di comodo.

Provvedimento del Direttore regionaleIl Direttore regionale deve comunicare al contri-buente, mediante plico raccomandato, il provvedi-mento di accoglimento o di rigetto della istanza didisapplicazione entro il termine di 90 giorni dalladata di presentazione dell’interpello presso l’Uffi-cio locale, salva la richiesta di elementi integrati-vi, che sospende il termine per l’emanazione delprovvedimento del Direttore regionale e può esse-re avanzata una sola volta (2). L’Agenzia ha precisato che le eventuali richieste diulteriori dati ed elementi conoscitivi saranno limi-tate ai soli casi in cui i contenuti dell’istanza, nellaloro connessione logica ed argomentativa, non sia-no di per sé sufficienti per rispondere alla richiestaavanzata e che gli uffici non sono necessariamentetenuti a svolgere incisive attività istruttorie (qualiaccessi, verifiche, ecc.) volte a sindacare la con-gruità ed il fondamento degli elementi forniti. Ciòin quanto gli effetti del provvedimento di accogli-mento dell’istanza devono ritenersi sottoposti alla

condizione che i presupposti dell’accoglimentomedesimo siano completi e veritieri e che trovinoconcreto riscontro nel successivo comportamentotenuto dal contribuente. In caso contrario il provve-dimento emanato sarà inefficace ex tunc. Resta, na-turalmente, impregiudicata la potestà dell’ammini-strazione di riscontrare la veridicità e la completez-za dei dati e degli elementi evidenziati nelle istan-ze accolte dal Direttore regionale, anche mediantela predisposizione di appositi piani di controllo. In considerazione del numero molto elevato delleistanze che saranno presentate e delle conseguentigravose incombenze degli uffici, si è posta da subi-to la questione se, in caso di mancata risposta daparte del Direttore regionale entro il termine previ-sto, si sia in presenza di un silenzio-assenso. Al ri-guardo era stato osservato (3) che, in assenza di

Cause di disapplicazione della disciplina sulle società di comodo

A ssume particolare rilevanza per i contribuenti l’individuazione delle cause checonsentono la disapplicazione della normativa sulle società di comodo, soprattutto

per le società in liquidazione, le holding e le immobiliari. Con riguardo a queste ultime societàappare particolarmente delicata l’individuazione del valore di mercato dei canoni dilocazione e dei criteri in base ai quali è possibile identificare i fabbricati costituenti beni-merce, che non assumono rilievo ai fini in esame.

di Gianfranco Ferranti

Gianfranco Ferranti - Responsabile Dipartimento scienze tributa-rie - Scuola superiore dell’Economia e delle Finanze - Professore acontratto di diritto tributario presso la facoltà di Economia della IIUniversità di Napoli

Note:(1) Cfr. G. Ferranti, «L’interpello disapplicativo per le società dicomodo», in Corr.Trib. n. 15/2007, pag. 1183.(2) L’Agenzia ha precisato che reiterate richieste, comportandoaltrettante sospensioni del termine per l’emanazione del provve-dimento, contrasterebbero con i principi di non aggravamento edi celerità del procedimento amministrativo di cui alla legge 7agosto 1990, n. 241.(3) Cfr. G. Zizzo, «Uno spiraglio per il silenzio-assenso», in Il Sole- 24 Ore del 6 marzo 2007, pag. 30. S. Capolupo, «Società di co-

(segue)

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1358 Corriere Tributario 17/2007

una esplicita previsione normativa in proposito, sidovrebbe applicare la disciplina generale del pro-cedimento amministrativo a istanza di parte per ilrilascio di provvedimenti amministrativi, contenutanell’art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, inbase alla quale il silenzio dell’amministrazionecompetente equivale ad accoglimento della doman-da, senza necessità di ulteriori istanze o diffide.Il problema dovrebbe risultare superato in seguitoalla indicazione, contenuta nella circolare 15 mar-zo 2007, n. 14/E (4), secondo la quale il detto ter-mine di 90 giorni, sebbene non perentorio, va ri-spettato in ogni caso, affinché possa corrisponder-si all’interesse dei contribuenti di avere risposta intempo utile per la presentazione della dichiarazio-ne dei redditi. L’Agenzia si è, pertanto, impegnataad operare il massimo sforzo organizzativo, al finedi dare sempre esplicito riscontro alle istanze diinterpello, senza che i contribuenti si debbano in-terrogare sul significato da dare ad un eventualemancata risposta.Nelle circolari 2 febbraio 2007, n. 5/E (5) e n.14/E del 2007 è stato affermato che il provvedi-mento di rigetto del Direttore regionale non puòessere impugnato immediatamente in quanto nonrientra tra gli atti impugnabili di cui all’art. 19 delD.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ma il contri-buente potrà far valere le proprie ragioni dinanzialla Commissione tributaria mediante impugnazio-ne dell’eventuale avviso di accertamento notifica-to a seguito del provvedimento di rigetto del Di-rettore regionale. Al riguardo si osserva che la Corte di cassazione,nella sentenza 21 dicembre 2004, n. 23731 (6),sembra avere implicitamente ammesso la impu-gnabilità della risposta negativa ad un interpello dicui al comma 8 dell’art. 37-bis del D.P.R. 29 set-tembre 1973, n. 600, ma, in effetti, sulla legitti-mità di tale impugnabilità è lecito nutrire dei dub-bi, trattandosi di un atto diverso da quelli di cui lalegge prevede la impugnabilità, per il suo caratteresoltanto anticipatore della lesione del diritto delcontribuente prodotta dall’eventuale e successivoavviso di accertamento (7).

Effetti della mancata presentazionedell’istanza di disapplicazione Nella circolare n. 5/E del 2007 l’Agenzia delle en-trate ha affermato che il D.L. 4 luglio 2006, n.

223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4agosto 2006, n. 248 ha inteso rendere più efficacela disciplina in esame e la legge Finanziaria per il2007 (8) ha soppresso, nel comma 1 dell’art. 30della legge 23 dicembre 1994, n. 724, il riferimen-to alla «prova contraria», «al fine evidente diescludere che detta prova possa essere fornita insede di accertamento o nel corso del contenzioso.In alternativa, il nuovo comma 4-bis dell’art. 30ha indicato, «quale unica iniziativa utile per dimo-strare che non è stato possibile conseguire i ricavie il reddito minimi, la presentazione dell’istanza didisapplicazione ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8,del D.P.R. n. 600/1973». Sulla base di tale ricostruzione normativa l’Agen-zia delle entrate ha ritenuto che, qualora sia statoassolto l’onere di presentazione dell’istanza, debbaammettersi la possibilità di riproporre la questione

Note:(segue nota 3)modo. Potere di accertamento e prova contraria», in il fisco n.9/2007, pag. 1214, sostiene, invece, che né l’art. 37-bis del D.P.R. n.600/1973 né il D.M. 19 giugno 1998, n. 259, considerano il princi-pio del silenzio-assenso, fissato, invece, dall’art. 11, comma 2, dellalegge 27 luglio 2000, n. 212 in materia di interpello ordinario eche il medesimo effetto non può essere desunto in via interpre-tativa.(4) In Corr.Trib. n. 15/2007, pag. 1243, con commento di M. Giaco-nia e A.M. Rhode.(5) In Corr. Trib. n. 10/2007, pag. 817, con commento di M. Giaco-nia e A. Pregaglia.(6) In Corr. Trib. n. 10/2005, pag. 781, con commento di C. Pino, ein GT - Riv. giur. trib. n. 4/2005, pag. 348, con commento di D. Ste-vanato, «Quale tutela avverso il diniego di disapplicazione di nor-me antielusive?».(7) Cfr., al riguardo, D. Stevanato, op. loc. cit., pag. 349, e Id., «Stra-da “stretta” per impugnare l’istanza alla Dre», in Il Sole - 24 Oredel 4 dicembre 2006, pag. 32. Ritiene tassativa l’elencazione degliatti impugnabili contenuta nell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, P.Russo, «Processo tributario», in Enc. Dir., XXXVI, Milano, 1994,pag. 771. V. Pezzuti, in Il nuovo processo tributario-Commentario, acura di T. Baglione - S. Menchini - M. Miccinesi e altri, Milano,2004, pag. 228, ritiene che la natura perentoria della detta elenca-zione non esclude che possano essere impugnati atti formalmen-te atipici che concernono la sussistenza dell’obbligazione tributa-ria, ma che non devono rifluire in alcuno degli atti tipici, onde siimpone la loro ricomprensione nel novero di questi ultimi. PerG. Maccagnani, in Commentario breve alle leggi del processo tributa-rio, a cura di C. Consolo e C. Glendi, Padova, 2005, pag. 186,un’interpretazione estensiva del detto art. 19 andrebbe ammessanei soli casi di provvedimenti costituenti espressione compiutadelle funzioni di accertamento, di liquidazione, sanzionatoria o dipronuncia sul diritto al rimborso.(8) Legge 27 dicembre 2006, n. 296, in Banca Dati BIG, IPSOA.

concernente l’operatività del-la società o dell’ente all’esa-me dei giudici tributari, me-diante impugnazione dell’e-ventuale avviso di accerta-mento emesso del competenteufficio a seguito del rigettodell’istanza da parte del Di-rettore regionale. Invece inassenza di presentazione del-l’istanza il ricorso sarebbeinammissibile.Quest’ultima presa di posi-zione è stata criticata presso-ché unanimemente dalla dot-trina (9) ed appare ispiratadalla esigenza di rendere piùcogente l’applicazione delladisciplina in esame e di in-durre i contribuenti interes-sati ad adeguarsi alla stessaovvero a farsi «monitorare»dall’Agenzia tramite la pre-sentazione delle richieste didisapplicazione, in funzionedel potenziamento dell’atti-vità di accertamento. Peraltroin sede di risposta ad un’in-terrogazione parlamentare(10) è stato riferito che lo stesso Dipartimento perle politiche fiscali del Ministero ritiene che«l’ammissibilità o meno del ricorso presentato inassenza della preventiva procedura di interpellonon possa che essere valutata sulla base dell’indi-rizzo che al riguardo verrà tracciato dalla giuri-sprudenza».Al riguardo si ricorda che, in base all’art. 18, com-ma 4, del D.Lgs. n. 546/1992, il ricorso «è inam-missibile se manca o è assolutamente incerta unadelle indicazioni di cui al comma 2, ad eccezionedi quella relativa al codice fiscale, o non è sotto-scritto a norma del comma precedente» e tale di-sposizione non è stata integrata al fine di com-prendere anche l’ipotesi in esame. L’Agenzia ha,quindi, adottato un’interpretazione estensiva delladetta norma, diversamente da quanto avvenuto conriferimento alla non impugnabilità dell’atto dimancato accoglimento della richiesta di disappli-cazione da parte del Direttore regionale, che, come

già ricordato, è stata motiva-ta proprio sulla base dellaconsiderazione che tale attonon risulta espressamente ri-compreso tra quelli menzio-nati nella normativa sul con-tenzioso tributario. Va, altresì, tenuto presenteche la norma in esame affer-ma che la società interessata«può richiedere» la disappli-cazione, mentre in altri casil’obbligo della richiesta è sta-to previsto in modo chiaro edesplicito: si veda, ad esempio,il disposto dell’art. 167, com-ma 5, del T.U.I.R., nel quale èstabilito, ai fini della disappli-cazione delle disposizioni inmateria di CFC, che «il con-tribuente deve interpellarepreventivamente l’ammini-strazione finanziaria».

Cause che consentono la disapplicazione della disciplina delle società di comodo L’istanza di disapplicazione

ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. n.

1359Corriere Tributario 17/2007

Approfondimenti ManovraFinanziaria

Note:(9) Cfr., tra gli altri, D. Deotto, «Le Entrate “rubano la scena” aigiudici», in Il Sole - 24 Ore del 6 febbraio 2007, pag. 26, che ipotiz-za il contrasto di tale presa di posizione con i principi fondamen-tali del diritto, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte dicassazione nella sentenza 30 novembre 2006, n. 25506 - in Corr.Trib. n. 4/2007, pag. 315, con commento di M. Beghin, e in GT - Riv.giur. trib. n. 2/2007, pag. 105, con commento di M. Basilavecchia,«Abuso di norme retroattive sulla nozione di aree edificabili e(mancate) reazioni interpretative» - secondo la quale non è am-missibile che l’amministrazione finanziaria possa «rivestire il dop-pio ruolo di parte in causa e di legislatore». S. Capolupo, op. loc.ult. cit., afferma, invece, che, «pur essendo convinto che l’orienta-mento della giurisprudenza sarà favorevole alla tesi contraria, leindicazioni ministeriali, proprio in quanto dirette agli uffici senzaalcuna valenza nei confronti dei terzi, legittimano una mancatacondivisione sul piano delle valutazioni di carattere generale manon giustificano affermazioni di eccessiva rigidità quale l’ipotizza-ta e ricordata sostituzione dell’Agenzia delle entrate al giudicetributario».(10) Interrogazione 21 febbraio 2007, n. 5-00754, in Banca DatiBIG, IPSOA.

Immobilizzazioni in corso di realizzazioneNella circolare n. 5/E del 2007l’Agenzia delle entrate ha affermatoche può essere chiesta ladisapplicazione della disciplina sullesocietà di comodo se la societàimmobiliare ha iscritto in bilancioesclusivamente immobilizzazioni incorso di realizzazione, da destinaresuccessivamente alla locazione. Nelleistruzioni per la compilazione delmodello di dichiarazione però èaffermato che il costo delleimmobilizzazioni materiali eimmateriali in corso di realizzazionedeve essere semplicemente esclusodalla base di calcolo dellepercentuali, senza alcun riferimentoalla necessità di presentare l’istanza diinterpello. Al riguardo appareauspicabile un chiarimento inteso adevitare la presentazione dell’istanza diinterpello nei casi in esame, nei quali,come ribadito nella circolare n. 14/Edel 2007, non è possibile presumere ilconseguimento di alcun reddito.

LA PRASSI AMMINISTRATIVA

600/1973, può essere presentata in presenza di«oggettive situazioni» che hanno reso impossibileil conseguimento dei ricavi, degli incrementi di ri-manenze e dei proventi nonché del reddito minimoovvero non hanno consentito di effettuare opera-zioni rilevanti ai fini dell’IVA in misura non infe-riore a quella presunta in base all’applicazione de-gli appositi coefficienti. Si deve trattare di situazio-ni indipendenti dalla volontà dei soggetti interessa-ti e non dimostrabili attraverso le risultanze conta-bili.La dimostrazione di tali situazioni appare senz’al-tro più agevole rispetto al passato, non essendo piùrichiesta la sussistenza del carattere della «straor-dinarietà» delle stesse. L’individuazione della tipologia delle situazioni inpresenza delle quali si può fornire la prova contra-ria ha imposto la preliminare soluzione della que-stione relativa alla natura della disciplina sulle so-cietà di comodo, che si presenta anch’essa proble-matica. In particolare, la detta natura è stata rite-nuta antievasiva più che antielusiva (11), conside-rata la tendenziale «fruttuosità» degli assets inte-stati all’impresa, che si traduce in una presunzionedi reddito minimo (12). È stato, inoltre, rilevato(13) che la disciplina in esame «traduce probabil-mente un indirizzo del legislatore, che assegna undisvalore all’utilizzo improprio dello strumentosocietario, non già per lo svolgimento di un’atti-vità economica ma per attuare uno spossessamentoformale tra i beni e i loro proprietari, sottraendotali beni al loro regime naturale (redditi fondiari,redditi di capitale etc.) ed inserendoli in un regimedi impresa attribuito in base ad un criterio formale(la natura giuridica del soggetto), cui però noncorrisponde l’esercizio di una impresa ma un’atti-vità di mero godimento».Sulla base delle considerazioni formulate nellacircolare n. 5/E del 2007, nella quale si affermache la norma è stata introdotta allo scopo di avva-lersi «delle più favorevoli norme dettate per le so-cietà», è stato da altri ritenuto (14) che la stessaabbia natura antielusiva e che la società possa for-nire la prova contraria dimostrando che dallastruttura societaria non derivano vantaggi fiscalirispetto all’intestazione diretta dei beni in capo aisoci (come nel caso della s.r.l. unipersonale) e chela stessa non gestisce il patrimonio nell’interessedei soci.

Si ritiene che tutte le dette opinioni possano avereun parziale fondamento nel disposto normativo,attesa l’ambiguità e la scarsa coerenza sistematicadella disciplina in esame e che, di conseguenza, fi-niscano per non assumere valore decisivo ai finidella individuazione dei casi in cui la stessa puòessere disapplicata. Costituiscono, invece, un pre-zioso contributo al fine di favorire una revisionecomplessiva della disciplina stessa, finalizzata asemplificarla e renderla coerente con il vigente si-stema impositivo.Non rientrano più tra le cause di esclusione ma trale dette «oggettive situazioni» i casi dei soggettiche non si trovano in un periodo di normale svol-gimento dell’attività produttiva prevista dall’og-getto sociale. A tale riguardo nella circolare n. 5/Edel 2007 sono stati richiamati i chiarimenti giàforniti con la C.M. 26 febbraio 1997, n. 48/E (15),secondo i quali si possono considerare, a titoloesemplificativo, periodi di non normale svolgi-mento dell’attività: • il periodo d’imposta da cui decorre la messa in li-quidazione volontaria. Invece il periodo che prece-de quello in cui ha avuto inizio la liquidazione èconsiderato normale, anche se di durata inferiore aquella ordinariamente prevista dall’atto costitutivo;• i periodi d’imposta successivi al primo, in cui ilsoggetto non abbia ancora avviato l’attività previ-sta dall’oggetto sociale, perché, ad esempio: la co-struzione dell’impianto da utilizzare per lo svolgi-mento dell’attività si è protratta, per cause non di-pendenti dalla volontà dell’imprenditore, oltre ilprimo periodo d’imposta; non sono state concessele necessarie autorizzazioni amministrative, puressendo state tempestivamente richieste; vienesvolta esclusivamente un’attività di ricerca prope-deutica all’esercizio di un’altra attività produttiva

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Note:(11) Da R. Lupi, «Le società di comodo come disciplina antievasi-va», in Dialoghi dir. trib. n. 9/2006, pag. 1097; Id., «Il corto circuitodell’intestazione a società di beni oggettivamente fruttiferi», ivi n.10/2006, pag. 1328; Id., «Modifiche alle società di comodo: normaantievasione o patrimoniale camuffata?», ivi n. 11/2006, pag. 1431.(12) Così D. Stevanato, «La disciplina delle società di comodo co-me incentivo all’abbandono dello schermo societario per attivitàdi mero godimento», in Dialoghi dir. trib. n. 11/2006, pag. 1436.(13) Cfr. D. Stevanato, op. loc. ult. cit.(14) Cfr. G. e A.Vasapolli, «La prova contraria delle società di co-modo», in Corr.Trib. n. 13/2007, pag. 1029.(15) In Banca Dati BIG, IPSOA.

(sempre che la stessa attivitàdi ricerca non consenta, diper sé, la produzione di benie servizi e la conseguenterealizzazione di proventi). Si ricorda che anche la Cortedi cassazione (16) ha confer-mato che i periodi di nonnormale svolgimento dell’at-tività non sono soltanto quelliin cui la società si trova instato di liquidazione. Nella R.M. 14 marzo 1997,n. 43/E (17) è stato affermatoche anche in caso di seque-stro conservativo delle quotedi una s.r.l. si è in presenza diun periodo di non normalesvolgimento dell’attività, inquanto l’obiettivo del custodeè quello di conservare il pa-trimonio della società e nonquello di assumere il rischioimprenditoriale.Nella successiva R.M. 4 lu-glio 1997, n. 154/E (18) èstato poi ritenuto che si sia inpresenza di situazioni di ca-rattere straordinario non imputabili a valutazionisoggettive e che giustificano il mancato supera-mento del test di operatività allorché sia svoltaun’attività essenzialmente di ricerca, sperimenta-zione e formazione prodromica alla realizzazionedel prodotto, l’ottenimento delle necessarie risorsefinanziarie sia subordinato all’effettuazione di no-tevoli investimenti produttivi (sproporzionati ri-spetto alla fase iniziale dell’attività stessa) e le in-frastrutture siano inagibili per il mancato collaudodi alcune opere da parte delle competenti attività.In base a quanto chiarito nella stessa C.M. n. 48/Edel 1997, devono, invece, considerarsi periodi dinormale svolgimento dell’attività quello relativo aun esercizio di durata inferiore a quella stabilitadall’atto costitutivo (per modifiche che non inci-dono sull’attività svolta, come in caso, ad esem-pio, di fusioni, scissioni o trasformazioni) e quelloin cui la società ha affittato o concesso in usufruttol’unica azienda posseduta (caso in cui, invece, inmateria di studi di settore è stato affermato che si

è in presenza di un periododi non normale svolgimentodell’attività). Il contribuente è tenuto apresentare l’istanza di disap-plicazione anche nel caso incui l’esimente, manifestatasiantecedentemente al 4 luglio2006, sia ancora operante. L’Agenzia delle entrate hapoi fornito, sempre nella cir-colare n. 5/E del 2007, degliimportanti chiarimenti in me-rito alle ipotesi più ricorrentiin relazione alle quali puòessere presentata la dettaistanza da parte delle societàin liquidazione volontaria,delle holding e delle societàimmobiliari.

Società in liquidazione L’Agenzia ha correttamenteaffermato che lo stato di li-quidazione formale della so-cietà non costituisce di per sécondizione sufficiente perescludere la società dall’am-

bito di applicazione della disciplina sulle societàdi comodo, qualora non si sia in presenza di ade-guate iniziative volte a perseguire il realizzo delpatrimonio aziendale ovvero si riscontrino eventinon rispondenti alle finalità proprie della liquida-zione quali, ad esempio, il godimento a titolo per-sonale, da parte dei soci o dei loro familiari, deibeni sociali. Ciò in quanto durante la fase della li-quidazione la gestione dell’impresa deve esserenormalmente improntata al perseguimento delle fi-nalità di realizzo del patrimonio sociale e non piùal conseguimento dell’ordinario oggetto sociale,anche nel caso in cui, ai sensi dell’art. 2487, com-ma 1, lett. c), c.c., sia conferito ai liquidatori l’e-sercizio provvisorio dell’intera impresa o di singo-li rami della stessa, generalmente previsto per fa-

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Canoni di locazione in linea con quelli di mercatoNella circolare n. 5/E del 2007l’Agenzia ha ritenuto che la provacontraria possa essere fornita anchedimostrando che i canoni dichiarati,anche se inferiori a quelli «presunti»,sono almeno pari a quelli di mercato.Si ritiene che a tal fine possa farsiriferimento ai valori indicati nellabanca dati delle quotazioniimmobiliari dell’Osservatorio delmercato immobiliare dell’Agenzia delterritorio, anche se nella circolare n.6/E del 2007 è stato sottolineato chele dette quotazioni non devono essereassunte quale unico fondamentodella rettifica del valore dichiarato inatto, ma possono essere utili perl’avvio di più approfondite analisisulla base di altri elementi, quali, adesempio, lo stato di manutenzionedell’immobile e le pattuizioni tra leparti in merito alle spese diristrutturazione eventualmentenecessarie.

LA PRASSI AMMINISTRATIVA

Note:(16) Cass., 17 marzo 2005, n. 10100, in Banca Dati BIG, IPSOA.(17) In Banca Dati BIG, IPSOA.(18) In Corr.Trib. n. 35/1997, pag. 2613, con commento di D.Vocca.

vorire il miglior realizzo dei suoi beni e non di-sperdere, a causa dell’inattività, il valore dell’a-zienda. È stato, di conseguenza, previsto che le società inliquidazione debbono produrre «ogni tipologia didocumentazione utile a sostenere l’effettività delproprio stato di liquidazione, nonché ogni infor-mazione idonea a dimostrare l’inequivocabile in-tenzione di portare a compimento tale procedura»e ne è stata fornita un’elencazione esemplificativa(per la quale si rinvia alla menzionata circolare n.5/E del 2007), dalla quale emerge che la mole didocumentazione richiesta è notevole e se ne auspi-ca la semplificazione. Con riguardo alla fase conclusiva della liquidazio-ne è stata chiesta l’allegazione del bilancio finaledi liquidazione e del piano di riparto. Da tale indi-cazione si evince che l’istanza di interpello va pre-sentata anche se la liquidazione è terminata (o ècomunque cessata l’attività) nel corso del 2006. Si ricorda, inoltre, che nella C.M. 15 maggio1995, n. 140/E (19), è stato precisato che, in casodi successiva revoca della liquidazione, «l’esclu-sione dall’applicazione della disciplina in com-mento non opera relativamente a tutti i periodid’imposta interessati dallo scioglimento medesi-mo», in quanto la dottrina e la giurisprudenza ri-tengono che la revoca dello stato di liquidazione,producendo automaticamente la ripresa della vitanormale della società, comporta la reviviscenzadella situazione giuridica preesistente. In seguitonon sono stati forniti ulteriori chiarimenti al ri-guardo ed è, quindi, «ragionevole ritenere, nell’ot-tica ministeriale, che i motivi cautelativi posti abase delle precedenti interpretazioni vengano con-siderati validi» (20) anche successivamente.

Società holding L’Agenzia ha ritenuto che, poiché la operatività diuna holding è subordinata anche alla circostanzache le società partecipate distribuiscano dividendiin misura superiore all’importo presunto di ricaviattribuito alla holding stessa in base ai coefficientiprevisti dalla norma, occorre valutare «se e quan-do la mancata erogazione di dividendi costituiscauna ragionevole ipotesi per ottenere la disapplica-zione della normativa». A tale riguardo è stato precisato che l’istanza didisapplicazione, ove accolta con riferimento alle

società partecipate, potrà normalmente motivarel’accoglimento anche dell’istanza presentata dallaholding.L’Agenzia ha, altresì, ritenuto che l’istanza pre-sentata, anche da soggetti diversi dalle holding,possa essere accolta in caso di:• «società partecipate con riserve di utili non suffi-cienti, in caso di integrale distribuzione, a consen-tire alla holding di superare il test di operatività; • mancata distribuzione di dividendi da parte dellepartecipate dovuta alla necessità di coprire con leriserve di utili esistenti le perdite conseguite; • società partecipate che si trovano in fase di av-vio dell’attività; • società partecipate che operano in settori in crisi; • società costituite quali special purpose vehicle(SPV), che dimostrano di dover necessariamenteimpiegare i proventi conseguiti dalla società targetper il rimborso dei debiti contratti per l’acquistodella target stessa». Sulla base delle richiamate esemplificazioni sem-bra evincersi che la mancata distribuzione dei di-videndi non debba dipendere dalla volontà dei socima da oggettivi impedimenti «esterni», qualunquene sia la causa. Al riguardo potrebbero rilevare an-che ulteriori situazioni, quali la impossibilità perla società partecipata di distribuire utili in quantoimpegnata nell’effettuazione di investimenti di ri-levante ammontare o la impossibilità per la hol-ding di orientare la politica di distribuzione dei di-videndi della partecipata, in quanto in possesso didiritti di voto limitati, che non le consentono diraggiungere tale obiettivo (21).

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Note:(19) In Corr.Trib. n. 23/1995, pag. 1627.(20) Così l’Assonime nella circolare n. 46 del 1997.(21) Cfr., in tal senso, anche G. e A.Vasapolli, op. loc. ult. cit., secon-do i quali se non si possiede una partecipazione di controllo «èfacile dimostrare che la società non ha alcuna possibilità di influiresulla decisione della partecipata di distribuire utili, essendo questauna decisione che spetta a chi detiene la maggioranza dei diritti divoto» e la mancata distribuzione degli utili potrebbe essere dovu-ta anche a politiche di espansione che richiedono ingenti investi-menti «che devono essere anche finanziati dalla stessa partecipataricorrendo alla sua capacità di “creare cassa” (autofinanziamentointerno)». Gli stessi Autori ritengono, inoltre, che nel caso in cuila società partecipata abbia chiuso in perdita o in pareggio per ef-fetto di una situazione di difficoltà in cui versa appare logico rite-nere che si sia in presenza di una «situazione di tensione finanzia-ria che richiede un convogliamento di tutte le disponibilità di cas-sa verso le esigenze della gestione caratteristica».

Società immobiliari L’Agenzia ha elencato, a tito-lo esemplificativo, le seguen-ti particolari situazioni ogget-tive in presenza delle quali lesocietà, anche diverse daquelle che hanno per oggettola realizzazione e la successi-va locazione di immobili,possono chiedere la disappli-cazione della normativa inesame:• se la società immobiliare«ha iscritto in bilancio esclu-sivamente immobilizzazioniin corso di realizzazione, dadestinare successivamente al-la locazione ma, ovviamente,non suscettibili, al momento,di produrre un reddito, ancor-ché minimo», come già chia-rito nella C.M. n. 48/E del1997. In presenza di immobi-li già locati ed altri in corsodi realizzo è consentita laparziale esclusione di questiultimi, tramite una disappli-cazione parziale. A tale ri-guardo è stato osservato (22)che le istruzioni per la compilazione del modellodi dichiarazione non sembrano in linea con le af-fermazioni della circolare, laddove è precisato cheil costo delle immobilizzazioni materiali e imma-teriali in corso di realizzazione deve essere sem-plicemente escluso dalla base di calcolo delle per-centuali, senza alcun riferimento alla necessità dipresentare l’istanza di interpello. Peraltro, nellastessa C.M. n. 48/E del 1997 (che confermava lostesso indirizzo espresso nella precedente C.M. n.140/E del 1995), richiamata dalla circolare n. 5/Edel 2007, era stato affermato che i fabbricati incorso di costruzione (iscritti come immobilizza-zioni in corso) non assumevano comunque rilievo.Sembrerebbe, quindi, che l’Agenzia abbia intesorettificare la precedente presa di posizione: al ri-guardo appare, però, auspicabile l’intervento di unulteriore chiarimento inteso ad evitare la presenta-zione dell’istanza di interpello nei casi in esame,nei quali, come ribadito nella circolare n. 15/E del

2007, non è possibile presu-mere il conseguimento di al-cun reddito. Per quanto con-cerne le aree edificabili, si ri-t iene che possano esserecomprese tra le immobilizza-zioni in corso soltanto se so-no effettivamente poste inessere le procedure finalizza-te all’edificazione e non se sitratta di un mero investimen-to patrimoniale. Appare op-portuno che l’Agenzia forni-sca i necessari chiarimenti inmerito a tali questioni;• in caso di «dimostrata im-possibilità, per la società im-mobiliare di praticare canonidi locazione sufficienti persuperare il “test di operati-vità” ovvero per conseguireun reddito effettivo superiorea quello minimo presunto.Ciò si verifica, ad esempio,nei casi in cui i canoni di-chiarati siano almeno pari aquelli di mercato, determina-ti ai sensi dell’art . 9 delT.U.I.R.». Si ritiene che, ai

fini della determinazione dei detti canoni di mer-cato possa farsi riferimento ai valori indicati nellabanca dati delle quotazioni immobiliari dell’Os-servatorio del mercato immobiliare dell’Agenziadel territorio, nella quale, oltre al valore degli im-mobili, risulta indicato anche il valore locativoespresso in euro al metro quadro per mese. Si ri-corda che a tali valori l’Agenzia delle entrate hagià fatto riferimento, nella circolare 6 febbraio2007, n. 6/E (23), nella quale è stato sottolineatoche le dette quotazioni non devono essere assuntequale unico fondamento della rettifica del valoredichiarato in atto, ma possono essere utili per l’av-

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Note:(22) Da L. Gaiani, «Da Unico la prova della operatività», in Il Sole- 24 Ore del 28 febbraio 2007, pag. 32.(23) Circolare n. 6/E del 2007, a par. 1.6. (Corr.Trib. n. 9/2007, pag.735, con commento di R. Fanelli), riguardante i nuovi poteri degliuffici in materia di accertamento ai fini delle imposte di registro,ipotecaria e catastale.

Immobili beni-merce Sono esclusi dal computo dei ricavipresunti (e del reddito minimo) gliimmobili che costituiscono beni-merce, in quanto la norma fa esplicitoriferimento al valore delleimmobilizzazioni. Al riguardo si pone laquestione se l’Agenzia delle entratepossa sindacare le scelte operate dallesocietà in sede di classificazione dellerelative voci di bilancio. Nella C.M. n.137/E del 1997 è affermato che,tenuto conto che va fatto riferimentoalle immobilizzazioni come definite aifini civilistici, l’ufficio può rettificarela classificazione qualora ritenga chenon sono state correttamenteapplicate le regole stabilite dalcodice civile e dai principi contabili.Si auspica che l’Agenzia forniscaulteriori chiarimenti in merito,specificando se sono applicabili ancheai fini in esame le precisazioni giàformulate ai fini della verifica delrequisito della commercialità rilevanteper l’applicazione della participationexemption.

IL PROBLEMA APERTO

vio di più approfondite analisi sulla base di altrielementi disponibili o acquisibili mediante un cor-retto utilizzo dei poteri di controllo. Appare, infat-ti, del tutto evidente che il valore locativo potreb-be risultare fortemente influenzato, ad esempio,dallo stato di manutenzione dell’immobile e dallepattuizioni tra le parti in merito all’individuazionedi quale di esse si debba fare carico delle spese diristrutturazione che si rendano eventualmente ne-cessarie;• se è dimostrata la «impossibilità di modificare icontratti di locazione in corso». Con riguardo aifondi rustici è stato osservato (24) che può verifi-carsi tale ipotesi, in quanto la legge 3 maggio1982, n. 203, che disciplina i patti agrari, disponeche il canone è stabilito in base a coefficienti dimoltiplicazione del reddito dominicale fissati dallacommissione tecnica provinciale ovvero in base aduna convenzione «in deroga» stipulata tra il pro-prietario e l’affittuario con l’assistenza delle orga-nizzazioni sindacali di categoria. Si ritiene, comun-que, che, più in generale, tale fattispecie possa ri-correre frequentemente, in presenza, naturalmente,di contratti di locazione aventi durata pluriennale.L’Agenzia dovrà, però, chiarire se anche in taliipotesi resta necessario, come sembrerebbe, verifi-care se il canone fissato nel momento in cui è postoin essere il contratto di locazione sia almeno pari aquello di mercato; • in presenza di una «temporanea inagibilità del-l’immobile».

Terreni e fabbricati tra attivo circolante e immobilizzazioniSi ricorda, infine, che sono esclusi in via di princi-pio dal computo dei ricavi presunti (e del redditominimo) gli immobili che costituiscono beni-mer-ce, in quanto la norma fa esplicito riferimento alvalore delle immobilizzazioni.Al riguardo si pone la questione se l’Agenzia delleentrate possa sindacare le scelte operate dalle so-cietà in sede di classificazione delle relative vocidi bilancio. La norma stabilisce, infatti, che, ai finidella disciplina in esame, sia i ricavi e i proventisia i valori dei beni e delle immobilizzazioni van-no assunti in base alle risultanze medie dell’eser-cizio e dei due precedenti. Nella C.M. n. 48/E del1997 (25) era stato, al riguardo, precisato che, poi-ché la normativa fiscale non contiene alcuna defi-

nizione delle immobilizzazioni, occorre fare riferi-mento, per i soggetti tenuti alla redazione del bi-lancio, a quelle «assunte secondo la disciplina ci-vilistica» e, per gli altri soggetti, alle indicazionidesumibili dalle scritture contabili di cui all’art.18 del D.P.R. n. 600/1973. L’Assonime aveva al-tresì precisato (26) che la verifica della condizionedi operatività deve essere condotta, in via di prin-cipio, sulla base delle componenti rilevate secondola corretta applicazione dei principi contabili edelle regole civilistiche di redazione del bilancio. Nella C.M. 15 maggio 1997, n. 137/E (27) è stato,poi, affermato che, tenuto conto che va fatto riferi-mento alle immobilizzazioni come definite ai finicivilistici, si deve ritenere che «il potere di accer-tamento dell’ufficio possa comportare sia la retti-fica di tale classificazione sia quella dei valori cherilevano secondo i criteri dell’art. 76, comma 1,del T.U.I.R.» (ora art. 110, comma 1).Si ritiene, quindi, che gli uffici possano comunqueverificare se sono state correttamente applicate leregole civilistiche e i principi contabili.Si auspica che l’Agenzia fornisca ulteriori chiari-menti in merito, specificando se sono applicabilianche ai fini in esame le precisazioni già formula-te ai fini della verifica del requisito della commer-cialità rilevante per l’applicazione della participa-tion exemption. Si ricorda che a tale proposito l’A-genzia delle entrate aveva affermato, nella risolu-zione 15 dicembre 2004, n. 152/E (28) che l’atti-vità di compravendita non può configurarsi cometale «per effetto delle sole manifestazioni di inten-to a cedere l’immobile» e, d’altra parte, la locazio-ne non può essere considerata attività sussidiariarientrante nell’esercizio caratteristico della stessaattività di compravendita in presenza di contrattidi locazione di durata pluriennale e continuativa ein mancanza di un qualsiasi atto di vendita aventead oggetto anche una parte dell’immobile. In que-st’ultimo caso si è, piuttosto, di fronte ad un’atti-

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ApprofondimentiManovraFinanziaria

Note:(24) Da G.P. Tosoni, «Via d’uscita ai terreni in affitto», in Il Sole -24 Ore del 14 marzo 2007, pag. 31.(25) Nel par. 2.1.(26) Nella circolare n. 46 del 1997, par. 3.4, cit.(27) C.M. n. 137/E del 1997, risposta 12.6, in Banca Dati BIG,IPSOA.(28) In Corr. Trib. n. 3/2005, pag. 233, con commento di P.R. Sori-gnani.

vità tipica delle società immobiliari di gestione, aprescindere da ogni qualificazione formale dell’at-tività d’impresa. Di conseguenza, l’attività dicompravendita sarebbe, invece, riscontrabile inpresenza, ad esempio, di frequenti atti di acquistoe vendita di immobili, anche qualora gli stessi fos-sero locati. A tale riguardo è stata prospettata l’op-portunità di consentire che la destinazione allavendita possa essere provata anche con mezzi diprova diversi dagli atti di compravendita, quali, ad

esempio, i mandati a vendere conferiti a interme-diari specializzati, anche se non andati a buon fine(29) (in tal caso sarebbe, comunque, opportunofornire anche la dimostrazione delle trattative in-tervenute).

1365Corriere Tributario 17/2007

Approfondimenti ManovraFinanziaria

Nota:(29) Così M. Piazza, «Immobiliari, sconti personalizzati», in Il Sole- 24 Ore del 9 novembre 2004, pag. 24.

1366 Corriere Tributario 17/2007

ApprofondimentiConsolidato

Fusioni e scissioni che interrompono il consolidatoNel precedente contributo in relazione alle fusionie scissioni che non interrompono il consolidato (1)si è individuata una relazione di conflitto tra ilprincipio di libera circolabilità delle perdite pro-dotte in costanza di consolidato e le disposizionispecifiche di cui agli artt. 172 e 173 del T.U.I.R., esi è concluso nel senso dell’inapplicabilità a taliperdite delle norme limitatrici disposte per le fu-sioni e scissioni.Detta sovrapposizione di discipline non si verificainvece nel caso di operazioni di fusione e scissio-ne che interrompono il consolidato, posto che aisensi dell’art. 124, comma 1, del T.U.I.R., l’inter-ruzione anticipata della tassazione di gruppo de-corre fin dall’inizio dell’esercizio in cui si verifical’evento interruttivo.In tal caso, l’art. 124, comma 4 (come integratodall’art. 13, comma 8, del D.M. 9 giugno 2004)prevede la riattribuzione, secondo uno dei criteriindicati in sede di esercizio dell’opzione, delleperdite residue del consolidato esistenti alla chiu-sura dell’esercizio precedente, cosicché sul pianologico (2) tale riattribuzione precede la verificadei limiti e delle condizioni dettate dagli artt. 172e 173.Ne consegue che la società facente parte del con-solidato che pone in essere la fusione o la scissio-ne interruttiva può computare le perdite ad essa

riattribuite ai sensi dell’art. 124, comma 4, in di-minuzione dell’eventuale reddito imponibile delperiodo di imposta che termina alla data di effica-cia giuridica dell’operazione, qualora si tratti disocietà incorporata o scissa (salvo naturalmente ilcaso di retrodatazione degli effetti fiscali), o delperiodo di imposta nel corso del quale l’operazio-ne si perfeziona qualora si tratti di società incorpo-rante o beneficiaria della scissione.Si supponga ad esempio che la società consolidataB abbia posto in essere nel corso del 2006 una fu-sione per incorporazione in una società non appar-tenente al consolidato, avente effetto giuridico efiscale al 30 ottobre 2006: le perdite residue delconsolidato attribuite a B a seguito dell’interruzio-ne anticipata, relative agli esercizi 2004 e 2005,possono essere compensate con il suo reddito im-ponibile del periodo di imposta 1° gennaio-30 ot-

Riporto delle perdite per fusioni e scissioni che interrompono il consolidato

N ei casi di fusione e scissione che comportano l’interruzione del consolidato il principiodi libera circolabilità delle perdite realizzate in costanza della tassazione di

gruppo non si rende operante, a seguito del venir meno di tale regime fin dall’iniziodell’esercizio in cui l’operazione viene posta in essere, lasciando quindi spazio all’integraleapplicazione degli artt. 172 e 173 del T.U.I.R. anche con riferimento alle perdite residue delconsolidato attribuite alla società fuoriuscita.

di Riccardo Michelutti

Riccardo Michelutti - Avvocato e Dottore commercialista in Mila-no - Studio Maisto e Associati

Note:(1) Cfr. R. Michelutti, «Riporto delle perdite per fusioni e scissio-ni che non interrompono il consolidato», in Corr.Trib. n. 15/2007,pag. 1197.(2) Sotto il profilo temporale, ai sensi dell’art. 13, comma 10, delD.M. 9 giugno 2004 il soggetto consolidante deve comunicare al-l’Agenzia delle entrate, entro trenta giorni dal verificarsi dell’e-vento che ha comportato l’interruzione della tassazione di grup-po, la perdita di efficacia dell’opzione, nonché l’importo delleperdite residue attribuito a ciascun soggetto partecipante al con-solidato.

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Approfondimenti Consolidato

tobre 2006, prima di verificare il soddisfacimentodei parametri di cui all’art. 172, comma 7, delT.U.I.R.Pertanto, può concludersi che nei casi di fusione escissione che comportano l’interruzione del conso-lidato il principio di libera circolabilità delle perdi-te realizzate in costanza della tassazione di grupponon si rende operante, a seguito del venir meno ditale regime fin dall’inizio dell’esercizio in cui l’o-perazione viene posta in essere, lasciando quindispazio all’integrale applicazione degli artt. 172 e173 del T.U.I.R. anche con riferimento alle perditeresidue del consolidato attribuite alla società fuo-riuscita ai sensi dell’art. 124, comma 4.

Fusioni e scissioni per le quali viene richiesta la continuazione del consolidatoLe conclusioni appena raggiunte con riferimentoalle fusioni e scissioni che interrompono il conso-lidato devono essere più attentamente valutatequalora, pur in presenza di una fusione o scissioneposta in essere dalla consolidante potenzialmenteinterruttiva della tassazione di gruppo, sia ottenutala continuazione del consolidato a seguito dell’e-sercizio dell’interpello previsto dall’art. 124, com-ma 5, del T.U.I.R. (3).L’esito positivo dell’interpello per la continuazio-ne del consolidato preclude, come noto, il verifi-carsi degli effetti di cui all’art. 124, ivi compresala riattribuzione delle perdite residue del consoli-dato alle singole società secondo il criterio comu-nicato in sede di esercizio dell’opzione.Inoltre, la continuazione del consolidato comportail mantenimento dei limiti temporali di validitàdell’opzione originariamente esercitata, non dandoluogo ad una nuova opzione (4).In linea di principio, potrebbe quindi sostenersiche, non verificandosi alcun effetto interruttivo econtinuando il previgente consolidato secondo i li-miti temporali originari, il consolidato non perdala sua unitarietà anche ai fini del regime delle per-dite, rimanendo così preservato il principio di libe-ra circolabilità delle perdite realizzate in costanzadell’opzione (5).

Note:(3) Nel caso di scissione parziale o totale della consolidante conattribuzione delle partecipazioni nelle società consolidate alla/e

società beneficiaria/e, deve ritenersi possibile ottenere la conti-nuazione del consolidato mediante presentazione dell’istanza diinterpello ex art. 13, comma 2, del D.M. 9 giugno 2004.Appare in-fatti eccessivamente restrittivo, sul punto, l’orientamento espres-so dall’Agenzia delle entrate nella circolare 16 marzo 2005, n.10/E (par. 8.1) (in Corr.Trib. n. 16/2005, pag. 1287, con commentodi D. Liburdi e F. Ricca), secondo cui la scissione parziale dellaconsolidante da un lato comporta l’interruzione del consolidatotra la scissa e le partecipate trasferite e dall’altro lato impone al-la società beneficiaria neocostituita di esercitare una nuova op-zione con le società partecipate solo a partire dall’esercizio suc-cessivo. Detto orientamento si fonda su un passaggio della circo-lare 20 dicembre 2004, n. 53/E (par. 3), in Corr.Trib. n. 4/2005, pag.311, con commento di A. Dodero, secondo cui l’opzione in qua-lità di controllante è di regola preclusa per le società neocosti-tuite nel corso dell’esercizio, «salvo il caso in cui la società neo-costituita venga ad esistenza nel contesto di fattispecie nelle qua-li sia ravvisabile una successione a titolo universale (quali, adesempio, fusione per incorporazione ad opera di società neo-co-stituita, fusione con costituzione di una nuova società o scissionetotale a favore di società beneficiaria di nuova costituzione): intali ipotesi, infatti, qualora sia verificabile la sussistenza, fin dall’i-nizio del periodo di imposta, del requisito del controllo in capoal soggetto che si estingue ed a condizione che quest’ultimo nonabbia esercitato l’opzione in qualità di consolidante, il requisitodovrà ritenersi verificato anche in capo al soggetto neo-costitui-to che gli succede nel complesso delle posizioni giuridiche sog-gettive attive e passive». In realtà, posto che per la società conso-lidata il regime di tassazione di gruppo con la scissa viene menofin dall’inizio dell’esercizio in cui si perfeziona la scissione, deveritenersi che la beneficiaria neocostituita (o preesistente) possaimmediatamente esercitare una nuova opzione con la partecipa-ta, ereditando dalla scissa il requisito del controllo fin dall’iniziodell’esercizio indipendentemente dal fatto che la scissa non si siaestinta per effetto della scissione. Per altro verso, deve altresìammettersi l’esercizio dell’interpello al fine di ottenere la prose-cuzione in capo alla beneficiaria neocostituita del consolidato giàin essere con la scissa, senza che si determinino gli effetti inter-ruttivi di cui all’art. 124 del T.U.I.R. Questa conclusione non appa-re smentita neppure dalla recente risoluzione 1° febbraio 2007,n. 17/E, in Banca Dati BIG, IPSOA, la quale, pur richiamando in ma-niera fuorviante il sopra riportato passaggio della circolare n.53/E del 2004, cit., si riferisce al diverso caso in cui la società be-neficiaria della scissione detenga già fin dall’inizio dell’esercizio lapartecipazione di controllo nella società partecipata ad essa tra-sferita per scissione (a seguito di un atto di scissione iscrittopresso il Registro delle imprese con effetto dal 1° gennaio) edopti per il consolidato con la stessa a partire dal medesimo eser-cizio.(4) Non trattandosi di una nuova opzione, non si rende applicabi-le neanche il disposto dell’art. 128 del T.U.I.R. sul riallineamentodei valori.(5) In termini generali, l’inapplicabilità dell’art. 118, comma 2, alleperdite realizzate in costanza di consolidato, qualora il consolida-to non venga meno in toto ma sopravviva pur con una diversa ar-ticolazione, è affermata anche dalla circolare n. 53/E del 2004,par. 4.2.2.2., cit., secondo cui la «unitarietà del consolidato per-mane fintanto che tutte le opzioni bilaterali già esercitate, anchein epoca diversa, non siano venute meno, per effetto degli eventiche determinano l’interruzione anticipata del consolidato o in

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1368 Corriere Tributario 17/2007

ApprofondimentiConsolidato

Sul piano teorico, invero, lasoluzione più rigorosa, nel ri-spetto del principio del su-bentro nelle posizioni fiscaliche caratterizza le operazionidi fusione e scissione, do-vrebbe essere quella che con-sente la libera circolabilitàdelle perdite soltanto all’in-terno dell’originario perime-tro di società facenti capo al-la ex consolidante, imponen-do quindi una scomposizionein «sezionali» del redditocomplessivo globale del con-solidato che continua.Tale soluzione, tuttavia, con-figge con la scelta adottatadal legislatore di configurareil consolidato come un siste-ma «aperto», che permettel’ingresso e l’uscita delle sin-gole società senza pregiudi-care, finché permane l’iden-tità del soggetto consolidan-te, il regime di libera circola-zione delle perdite prodottein costanza del regime di tas-sazione di gruppo, e quindi non imponendo unascomposizione del reddito complessivo globale intanti «sezionali» a seconda delle diverse scadenzedelle opzioni esercitate con le società di volta involta subentranti nel consolidato. In conclusione, quindi, se il principio dell’unita-rietà del consolidato dovesse essere salvaguardatoanche in sede di interpello per la continuazione delconsolidato, nel caso di fusione o di scissione del-la consolidante i limiti e le condizioni per il ripor-to delle perdite dettati dagli artt. 172 e 173 do-vrebbero coerentemente applicarsi soltanto con ri-ferimento alle perdite ante-consolidato della con-solidante, senza intaccare invece le perdite residuedel consolidato (anche per la parte riferibile alleperdite proprie della stessa consolidante), che con-tinua in capo alla società incorporante o beneficia-ria della scissione.Tuttavia, non può negarsi che l’applicazione indi-scriminata di tale principio è suscettibile in alcunicasi di dar luogo ad effetti di compensazione inter-

soggettiva delle perdite chesi prestano ad essere censu-rati in sede di interpello, datala funzione antielusiva (enon di mera verifica dei pre-supposti applicativi del regi-me) che sembra doversi as-sociare alla procedura dispo-sta dall’art. 124, comma 5,del T.U.I.R.Infatti, fermo restando che inprincipio la fusione o scis-sione della consolidantecomporta l’interruzione delconsolidato, rientra nella di-screzionalità tecnica dell’am-ministrazione finanziaria insede di risposta all’interpellola fissazione dei limiti cuisubordinare la continuazionedel consolidato, in particola-re al fine di evitare che lacontinuazione dia luogo aduna indebita compensazioneintersoggettiva delle perditegeneratesi nel consolidatocon redditi imponibili ad es-so estranei.

Le possibilità di compensazione intersoggettivadelle perdite sarebbero poi vieppiù amplificateladdove la fusione o la scissione della consolidan-te di un consolidato in perdita sia posta in esserecon la società consolidante di un altro consolidatoin utile, dando quindi origine ad una «unione» tradue consolidati distinti (6).

Fusioni e scissioni con continuazione del consolidatoQualora, pur in presenza di unafusione o scissione posta in esseredalla consolidante potenzialmenteinterruttiva della tassazione di gruppo,sia ottenuta la continuazione delconsolidato a seguito dell’eserciziodell’interpello previsto dall’art. 124,comma 5, del T.U.I.R. non verificandosialcun effetto interruttivo e continuandoil previgente consolidato secondo ilimiti temporali originari, il consolidatonon perde la sua unitarietà anche aifini del regime delle perdite. Tuttavia,rientra nella discrezionalitàdell’amministrazione finanziaria insede di risposta all’interpello lafissazione dei limiti cui subordinare lacontinuazione del consolidato, inparticolare per evitare che lacontinuazione dia luogo ad unaindebita compensazioneintersoggettiva delle perdite generatesinel consolidato con redditi imponibiliad esso estranei.

OSSERVAZIONI CRITICHE

Note:(segue nota 5)conseguenza del mancato rinnovo delle stesse. In altre parole,soltanto se in un determinato periodo d’imposta siano venutemeno tutte le opzioni, per interruzione del consolidato o per na-turale scadenza delle opzioni stesse, senza che nel periodo d’im-posta successivo ne venga rinnovata almeno una, il consolidato sideve ritenere cessato nel suo complesso».(6) Nel caso inverso in cui sia il consolidato «di destinazione» adavere perdite residue, non è chiaro se sia richiesto l’interpello perla continuazione del consolidato anche da parte della consolidantedi detto consolidato che assume la veste di incorporante o benefi-ciaria della scissione. Sul punto, la circolare n. 53/E del 2004, par.7.3.2., cit., ha esteso il dettato letterale dell’art. 11, comma 5, del

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1369Corriere Tributario 17/2007

Approfondimenti Consolidato

Applicazione analogicadell’art. 13, comma 6, del D.M. 9 giugno 2004In riposta ad una istanza diinterpello per la continuazio-ne del consolidato ai sensidell’art. 124, comma 5, delT.U.I.R., per un caso di fu-sione per incorporazione del-la società consolidante nellapropria controllante fuoriconsolidato, la recente risolu-zione 12 marzo 2007, n. 44/E(7) ha invocato l’applicazio-ne analogica del disposto del-l’art. 13, comma 6, del D.M.9 giugno 2004.Detta norma disciplina il ca-so in cui la consolidante nelcorso del periodo di duratadell’opzione opti in qualità diconsolidata, insieme con tuttele società da essa consolidate,per un nuovo consolidato conla propria controllante; in taleipotesi, fermo restando che lanuova opzione non determinagli effetti interruttivi di cui all’art. 124, commi 1,2 e 3, del T.U.I.R., le perdite residue del consoli-dato sono riattribuite alle società che le hanno pro-dotte secondo il criterio indicato in sede di eserci-zio dell’opzione e sono utilizzabili soltanto dallesocietà che le hanno ricevute, costituendo nell’am-bito del nuovo consolidato perdite ante-opzione, aisensi dell’art. 118, comma 2, del T.U.I.R. Nell’ottica dell’Agenzia delle entrate, quindi, leperdite residue del consolidato dovrebbero essere«derubricate» a perdite ante-opzione ogniqualvoltavi sia un mutamento soggettivo della consolidante,indipendentemente dal fatto che esso avvenga pereffetto di una operazione di successione universale(quale la fusione o la scissione) o per effetto delmero esercizio di una nuova opzione con la pro-pria consolidante.In questa prospettiva, il principio di unitarietà delconsolidato, che permetterebbe di salvaguardare lalibera circolazione delle perdite prodotte in co-stanza dell’opzione, sarebbe confinato al caso incui la diversa articolazione dell’originario perime-

tro di consolidamento sia do-vuta all’ingresso di una nuo-va società in qualità di con-solidata, come espressamenteprevisto dall’art. 15 del D.M.9 giugno 2004.Al contrario, nei casi di fu-sione o scissione della conso-lidante è come se si avesse, aisoli fini del riporto delle per-dite, una interruzione delconsolidato originario con laconseguente attribuzione del-le perdite residue a ciascunasocietà secondo i criteri indi-cati nella comunicazione diesercizio dell’opzione, cosic-ché dette perdite divengonoperdite ante-opzione per ilprosieguo del consolidato. Seguendo questa tesi, quindi,nel caso di riattribuzione in-tegrale alla consolidante del-le perdite prodotte in costan-za di consolidato, dette per-dite sarebbero soggette, alpari delle perdite ante-opzio-

Note:(segue nota 6)D.M. 9 giugno 2004 anche alla scissione di una società extra-conso-lidato la cui beneficiaria sia la società consolidante, affermando che«nel caso in cui la consolidante o la consolidata sia beneficiaria diuna scissione di società, anche non inclusa nella tassazione di grup-po, non si verifica interruzione della tassazione di gruppo». Adot-tando la medesima interpretazione estensiva, non si renderebbedovuto l’interpello neppure nel caso di fusione per incorporazionedi società extra-consolidato da parte della consolidante, in virtù deldisposto dell’art. 11, comma 3, del decreto (deve tuttavia notarsiche, sia nel caso della fusione che della scissione, l’applicazione allaconsolidante svuoterebbe di contenuto l’inciso «qualora permanga-no i requisiti di cui all’articolo 117 del testo unico» contenuto neicitati commi 3 e 5 del decreto, posto che detti requisiti permango-no per definizione nel caso di operazioni che interessano la conso-lidante).Ad ogni modo, anche nell’ipotesi dell’interpello, l’applicazio-ne analogica del disposto dell’art. 15 del D.M. 9 giugno 2004 per ilsubentro in un consolidato in perdita di una società con imponibilipositivi non potrebbe che condurre ad una libera compensazionedelle perdite del consolidato «di destinazione» con i redditi impo-nibili del consolidato «di origine». Per una critica all’applicazioneanalogica anche di quest’ultima norma, vedi infra.(7) In Corr.Trib. n. 16/2007, pag. 1335, con commento di G. Scifonie P. Claps.

Continuazione del consolidato in caso di fusione per incorporazioneIn caso di fusione per incorporazionedella società consolidante nella propriacontrollante fuori consolidato, larisoluzione n. 44/E del 2007 hainvocato l’applicazione analogica deldisposto dell’art. 13, comma 6, del D.M.9 giugno 2004, che disciplina il caso incui la consolidante nel corso delperiodo di durata dell’opzione opti inqualità di consolidata, insieme con tuttele società da essa consolidate, per unnuovo consolidato con la propriacontrollante. In tale ipotesi, fermorestando che la nuova opzione nondetermina gli effetti interruttivi di cuiall’art. 124, commi 1, 2 e 3, del T.U.I.R.,le perdite residue del consolidato sonoriatttribuite alle società che le hannoprodotte secondo il criterio indicato insede di esercizio dell’opzione e sonoutilizzabili soltanto dalle società che lehanno ricevute.

LA PRASSI AMMINISTRATIVA

1370 Corriere Tributario 17/2007

ApprofondimentiConsolidato

ne realizzate dalla stessa, alla verifica dei limiti edelle condizioni di cui agli artt. 172 e 173 e con-fluirebbero comunque come perdite ante-opzionein capo alla nuova consolidante; viceversa, nel ca-so di riattribuzione delle perdite alle società che lehanno prodotte, i limiti in questione si appliche-rebbero solamente alla quota-parte di perdite riat-tribuite alla consolidante, mentre le perdite riattri-buite alle consolidate non subirebbero alcuna de-curtazione ma sarebbero utilizzabili soltanto dallemedesime società.

Considerazioni criticheL’applicazione analogica dell’art. 13, comma 6, delD.M. 9 giugno 2004 si presta a mio avviso ad alcu-ne critiche, in quanto comporta l’estensione di unadisposizione regolante il caso specifico di un nuo-vo esercizio dell’opzione (con la conseguente ap-plicazione di tutte le condizioni di natura oggetti-va, soggettiva e temporale richieste per l’esercizioex novo dell’opzione) a fattispecie, quali le fusionie le scissioni, che invece determinano secondo iprincipi generali un subentro dell’avente causa nel-le posizioni soggettive fiscali del dante causa.Invero, l’art. 13, comma 6, detta una serie di regoledestinate ad operare «in automatico», senza alcunaindagine in merito alle finalità sottese all’eserciziodella nuova opzione, consentendo da un lato di evi-tare gli effetti pregiudizievoli connessi all’anticipa-ta interruzione del consolidato e imponendo dal-l’altro di avviare la nuova opzione senza poter tra-sferire nel nuovo perimetro di consolidamento leperdite residue dell’originario consolidato.Al contrario, la fusione e la scissione della conso-lidante danno luogo a vicende successorie a frontedelle quali l’interpello è volto proprio ad ottenerela continuazione delle posizioni fiscali preesisten-ti, secondo i principi generali che governano detteoperazioni.In questo diverso scenario, l’indiscriminata appli-cazione in via analogica dell’art. 13, comma 6, delD.M. 9 giugno 2004 costituisce a mio avviso unamisura sproporzionata rispetto alle esigenze antie-lusive al cui presidio è deputato l’interpello di cuiall’art. 124, comma 5, del T.U.I.R.Dette esigenze dovrebbero invece essere tutelate,con una valutazione casistica che è propria di ogniprovvedimento antielusivo, solamente laddove lafusione o la scissione della consolidante possa

comportare un indebito utilizzo dei vantaggi fiscaliofferti dalla tassazione di gruppo, ed in particolareuna compensazione intersoggettiva della perditadel consolidato con redditi ad esso estranei (8).In questi termini, quindi, l’art. 13, comma 6, delD.M. 9 giugno 2004 non dovrebbe essere invoca-bile per definizione nel caso in cui la continuazio-ne del consolidato sia richiesta a seguito dellascissione totale o parziale della consolidante inuna o più società di nuova costituzione, con il tra-sferimento alla/e beneficiaria/e delle partecipazio-ni nelle società consolidate, posto che in tale ipo-tesi non si verifica sicuramente alcun effetto dicompensazione intersoggettiva delle perdite resi-due del consolidato con gli imponibili della/e so-cietà beneficiaria/e della scissione, e non vi èquindi alcun motivo per «derubricare» le perditeprodotte in costanza del consolidato in perdite an-te-consolidato delle singole società (9).Analogamente, non si determinano effetti elusivi dicompensazione intersoggettiva degli imponibili nelcaso in cui la consolidante si fonda per incorpora-zione in una società di nuova costituzione che neabbia appena acquisito il controllo (10), non aven-

Note:(8) Critica l’eccessiva rigidità dell’applicazione analogica dell’art.13, comma 6, del D.M. 9 giugno 2004 anche l’Assonime, nella cir-colare n. 16 del 19 marzo 2007.(9) Assumendo la continuazione del consolidato in capo alla/e be-neficiaria/e, occorre anche stabilire un criterio per la ripartizionedelle perdite residue del consolidato prodotte dalle società le cuipartecipazioni sono oggetto di scissione. A tal fine, posto che leperdite prodotte dalle consolidate non costituiscono posizionisoggettive della consolidante che pone in essere la scissione, la ri-partizione sulla base del patrimonio netto contabile, ai sensi del-l’art. 173, comma 4, del T.U.I.R. dovrebbe tecnicamente riguardarele sole perdite residue del consolidato prodotte dalla consolidan-te, mentre, in assenza di una indicazione normativa, dovrebbe rite-nersi per ragioni logico-sistematiche che la porzione di dette per-dite riferibile a ciascuna delle consolidate confluisca nel consolida-to che continua in capo alla società beneficiaria della scissione cuiviene trasferita la rispettiva partecipazione (adattando così al con-solidato il concetto di «connessione per insiemi» agli elementi delpatrimonio scisso, previsto dall’art. 173, comma 4, del T.U.I.R. perle posizioni soggettive della singola società).(10) Deve rilevarsi che a differenza della fattispecie presa in con-siderazione dall’art. 13, comma 6, del decreto, che richiede che lanuova consolidante detenga il controllo ex art. 117, comma 1,della ex-consolidante fin dall’inizio dell’esercizio, nel caso dellafusione o della scissione della consolidante tale requisito è irrile-vante, in quanto la società incorporante o beneficiaria ereditaper effetto dell’operazione il requisito del controllo fin dall’iniziodell’esercizio sulle società consolidate.

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Approfondimenti Consolidato

do la società incorporanteprodotto verosimilmente al-cun reddito imponibile concui compensare le perdite delconsolidato facente capo al-l’incorporata (11).In conclusione ed in terminipiù generali, deve rilevarsi co-me ai fini dell’interpello per lacontinuazione del consolidato,l’attribuzione di una valenzasistematica alle disposizionidettate per casi specifici dalD.M. 9 giugno 2004 sia su-scettibile di condurre a risulta-ti assai poco uniformi e irri-spettosi, in un senso o in unaltro, dell’esigenza di preveni-re comportamenti elusivi.In particolare, l’applicazioneanalogica dei due modelli nor-mativi disposti da un lato nel-l’art. 13, comma 6, e dall’altro nell’art. 15 del D.M.9 giugno 2004 è foriera di effetti diametralmente op-posti a seconda del verso dell’operazione di fusioneo di scissione che interessa la società consolidante.Nel caso di un consolidato in perdita, infatti, men-tre la fusione o scissione della consolidante in ve-ste di incorporata o scissa comporterebbe che lacontinuazione del consolidato sia sempre e co-munque subordinata alla «derubricazione» delleperdite come perdite ante-consolidato, nel casoopposto in cui la stessa consolidante funga da in-corporante o beneficiaria della scissione non vi sa-rebbe alcuna limitazione alla compensazione inter-soggettiva degli imponibili. Tali effetti irrazionali sarebbero poi ulteriormentedilatati in ipotesi di «unione» tra due consolidatimediante l’aggregazione delle due società consoli-danti per fusione o scissione, in quanto a secondadel verso dell’operazione le perdite di un consoli-dato potrebbero trovare libera compensazione coni redditi imponibili dell’altro consolidato (12), op-pure sarebbero irrimediabilmente riqualificate co-me perdite ante-opzione.Dalle considerazioni svolte discende quindi che lanatura antielusiva che sembra doversi associare al-l’interpello richiesto dall’art. 124, comma 5, delT.U.I.R. per la continuazione del consolidato mal si

concilia con la fissazione diun criterio rigido e predeter-minato cui subordinare la ri-sposta positiva dell’ammini-strazione finanziaria (quale ilrichiamo dell’art. 13, comma6, del D.M. 9 giugno 2004).Il richiamo indiscriminato atale norma, infatti, rende difatto superfluo il ruolo asse-gnato all’interpello, in spre-gio al criterio di proporziona-lità e di valutazione «caso percaso» che deve governareogni giudizio di elusività.Più corretto appare confinarel’ambito applicativo dell’art.13, comma 6, del D.M. 9 giu-gno 2004, nonché quello del-l’art. 15 dello stesso decreto,ai casi specifici presi in consi-derazione dalle due norme,

per affidare invece allo scrutinio dell’interpello dicui all’art. 124, comma 5, del T.U.I.R. la verifica ca-so per caso della sussistenza di un eventuale effettodi compensazione intersoggettiva di utili e perditederivante dalla continuazione del consolidato. In alternativa, in una prospett iva de iurecondendo, occorrerebbe dare soluzione normativaalla questione adattando con un apposito interven-to normativo i parametri previsti per il riporto del-le perdite dall’art. 172, comma 7, del T.U.I.R. alpiù ampio contesto del consolidato fiscale (13).

Cessione extra-consolidato di una bara fiscaleSe il trasferimento della maggioranzadelle partecipazioni aventi diritto divoto ed il mutamento dell’attivitàprincipale in fatto esercitata, nelperiodo di osservazione indicatodall’art. 84, comma 3, del T.U.I.R.interessa una società che non facciapiù parte della tassazione di gruppo, ildivieto di riporto delle perditepregresse colpirà anche le perditeprodotte in costanza di consolidato erientrate nella disponibilità dellasocietà. La fattispecie può verificarsi inparticolare qualora il trasferimentoextra-gruppo della partecipazione dimaggioranza della «bara fiscale»determini una fattispecie di perdita delcontrollo sulla società consolidata.

OSSERVAZIONI CRITICHE

Note:(11) Naturalmente, la stessa assenza di effetti di compensazioneintersoggettiva si ha nel caso in cui l’incorporante sia una societàholding preesistente, ma strutturalmente priva di redditi imponi-bili (ad es., perché non riceve dividendi dalle società partecipateo perché i proventi imponibili sono azzerati dalle spese generali).(12) Invece, nel caso di fusione o scissione della consolidante diun consolidato in utile con una società in perdita non apparte-nente ad un altro consolidato, la compensazione intersoggettivadegli imponibili sarebbe comunque limitata per effetto dell’appli-cazione degli artt. 172 e 173 del T.U.I.R. alle perdite della societàincorporante/beneficiaria.(13) L’assenza di parametri normativi che indirizzino il giudiziodell’amministrazione finanziaria in sede di interpello per la conti-nuazione del consolidato è censurata da G. Zizzo, «Fusione di so-cietà e tassazione di gruppo», in Corr. Trib. n. 23/2004, pag. 1790,che individua in ciò una possibile violazione del principio costitu-zionale di riserva di legge.

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ApprofondimentiConsolidato

Cessione extra-consolidato di una «bara fiscale»ex art. 84, comma 3, del T.U.I.R.La riattribuzione alla società che le ha prodotte (oalla ex-consolidante) delle perdite residue del con-solidato comporta che il disposto dell’art. 84,comma 3, del T.U.I.R. si renda applicabile ancheper dette perdite, oltre che per le perdite ante-op-zione.Pertanto, qualora il trasferimento della maggioran-za delle partecipazioni aventi diritto di voto ed ilmutamento dell’attività principale in fatto eserci-tata, nel periodo di osservazione indicato dall’art.84, comma 3, interessi una società che non facciapiù parte della tassazione di gruppo, il divieto diriporto delle perdite pregresse colpirà anche leperdite prodotte in costanza di consolidato e rien-trate nella disponibilità della società.La fattispecie può verificarsi in particolare qualorail trasferimento extra-gruppo della partecipazionedi maggioranza della «bara fiscale» determini unafattispecie di perdita del controllo ex art. 117,comma 1, del T.U.I.R. sulla società consolidata. Peraltro, l’art. 84, comma 3, potrebbe rendersi ap-plicabile anche nei confronti della società ex-con-solidante, con riferimento alle perdite prodotte incostanza di consolidato che siano state ad essa riat-tribuite, laddove il trasferimento della partecipazio-ne di maggioranza della ex-consolidante sia postain essere dopo l’interruzione anticipata o il manca-to rinnovo del consolidato nel suo complesso. Invece, come già rilevato (14), finché la «bara fi-scale» (sia essa consolidante o consolidata) rimaneparte della tassazione di gruppo, le perdite prodot-te in costanza di detto regime non appartengonoalla singola società e quindi non dovrebbero essereincise dal divieto di riporto di cui all’art. 84, com-ma 3 (15).Ciò detto, deve d’altro canto rilevarsi come lostrumento del consolidato fiscale possa prestarsiad originare una forma di compensazione degliimponibili similare a quella presa di mira dall’art.84, comma 3, del T.U.I.R., senza tuttavia che sirendano operanti i presupposti applicativi di talenorma.Potrebbe infatti aversi il caso di un consolidato fi-scale strutturalmente in perdita, in cui i due pre-supposti del trasferimento della maggioranza edella «rivitalizzazione» della «bara fiscale» sianointegrati mediante l’acquisizione del controllo del-

la società consolidante e l’attribuzione alla stessadi una o più partecipazioni di controllo in societàredditizie, al fine di utilizzare le perdite residuedel consolidato a fronte dei redditi delle suddettesocietà subentrate nella tassazione di gruppo, inconformità all’art. 15 del D.M. 9 giugno 2004.

Note:(14) Cfr., R. Michelutti, «Riporto delle perdite per fusioni e scis-sioni che non interrompono il consolidato», cit., loc . cit., pag.1205.(15) Una conferma testuale di tale conclusione sembra ritrarsidall’art. 9, comma 2, del D.M. 9 giugno 2004, secondo cui: «Leperdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei redditi di cui alcomma 1 possono essere computate in diminuzione del redditocomplessivo globale dei periodi d’imposta successivi, secondo lemodalità di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 84». Il mancato ri-chiamo del comma 3 dell’art. 84 appare volto ad attestare l’inap-plicabilità di tale disposizione finché permane la tassazione digruppo, posto che in tale lasso temporale le perdite risultantidalla dichiarazione dei redditi del consolidato non appartengonoad alcuna società. Ritiene invece che l’art. 84, comma 3, si rendaapplicabile anche con riguardo alla perdite prodotte in costanzadi consolidato, M. Andriola, «Limiti al commercio delle perditenel passaggio dall’Irpeg all’Ires: stabilità e mutamento delle strate-gie di pianificazione fiscale», in Rass. trib., 2005, pag. 830. In parti-colare, secondo tale Autore, in costanza di consolidato il divietoal riporto opererebbe nei confronti della consolidante, anchecon riferimento alle perdite prodotte dalle consolidate: tale con-clusione muove dalla premessa, non condivisibile, per cui in vi-genza della tassazione di gruppo la titolarità delle perdite delconsolidato spetta alla consolidante. Altresì non condivisibile èl’ulteriore affermazione dell’Autore, secondo cui qualora la con-solidante sia la stabile organizzazione di una società non residen-te, i requisiti di vitalità di cui all’art. 84, comma 3, debbano essereverificati in capo alla casa madre estera: è evidente infatti la man-canza di significatività dei parametri reddituali e del numero didipendenti della casa madre, laddove le perdite riportabili in Italiaderivano dalla sola attività svolta dalla stabile organizzazione, laquale peraltro deve redigere ai sensi dell’art. 152 del T.U.I.R. unapposito conto economico da cui possono evincersi i requisitireddituali richiesti dalla norma (proprio il richiamo alla determi-nazione unitaria del reddito di impresa imponibile in Italia sullabase di apposito conto economico relativo alla gestione della sta-bile organizzazione, operato dall’art. 152 del T.U.I.R., permette amio avviso di adattare il riferimento letterale alla «società» daparte dell’art. 84, comma 3, lett. b); del resto, per l’analoga limita-zione alle risultanze del conto economico della stabile organizza-zione, ai fini dei requisiti di operatività in tema di società di co-modo nel caso di soggetti non residenti, cfr. le circolari 15 mag-gio 1995, n. 140/E, in Corr.Trib. n. 23/1995, pag. 1627, e 26 febbraio1997, n. 48/E, in Banca Dati BIG, IPSOA; nella prima circolare, inol-tre, veniva altresì specificato che il requisito del numero di dipen-denti inferiore a cinque, richiesto dall’originaria formulazionedell’art. 30 della legge n. 724/1994, prima delle modifiche operatedalla legge n. 662/1996, doveva essere verificato considerando isoli dipendenti per i quali la stabile organizzazione avesse applica-to le ritenute alla fonte ex art. 23 del D.P.R. n. 600/1973).

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Approfondimenti Consolidato

In tal caso, i requisiti e i presupposti applicatividell’art. 84, comma 3, del T.U.I.R. non risultanosoddisfatti, in quanto da un lato le perdite del con-solidato non appartengono, come già detto, allasocietà consolidante oggetto di trasferimento, edall’altro lato non vi è alcuna «rivitalizzazione» diuna «bara fiscale» ma piuttosto la «rivitalizzazio-ne» di un consolidato in perdita, per il quale i re-quisiti di vitalità dettati dall’art. 84, comma 3, lett.b), non si rendono operanti, essendo concepiti sol-tanto per la singola entità giuridica e non già per ilgruppo di società consolidate.Tuttavia, pur non rendendosi direttamente invo-cabile l’art. 84, comma 3, sembra che l’acquisi-zione del controllo della consolidante volta ad at-tribuire alla stessa una o più partecipazioni in so-cietà redditizie senza determinare l’interruzionedel consolidato sia comunque suscettibile di sin-dacato ai sensi dell’art. 37-bis del D.P.R. 29 set-tembre 1973, n. 600, laddove la sequenza di ope-razioni origini una indebita compensazione inter-soggettiva delle perdite residue del consolidato.In particolare, ove si consideri che nel diverso ca-so in cui abbia luogo la fusione tra la società red-ditizia e la società consolidante del consolidato inperdita la continuazione del consolidato sarebbesoggetta all’interpello di cui all’art. 124, comma 5,del T.U.I.R., con le conseguenti limitazioni allacompensazione intersoggettiva delle perdite piùsopra discusse, analogamente dovrebbe aversi unacensura antielusiva ex art. 37-bis del D.P.R. n.600/1973 nel caso in cui il disposto dell’art. 15 delD.M. 9 giugno 2004 sia strumentalizzato al fine diottenere una illimitata compensazione delle perdi-te residue del consolidato senza incappare in alcu-na norma specifica (16).

Nota:(16) In particolare, il sindacato elusivo potrebbe appuntarsi sulfatto che l’attribuzione alla consolidante delle partecipazioni nel-le società redditizie sia effettuata senza scontare imposte in Italia(come nel caso di trasferimenti dall’estero) oppure avvalendosidi un regime di neutralità (come nel caso dei conferimenti di par-tecipazioni ex art. 177, comma 2, del T.U.I.R.) o di tassazione ri-dotta (come nel caso di cessione di partecipazioni che beneficia-no della participation exemption). In tali ipotesi, infatti, la mancatao ridotta imposizione del trasferimento delle partecipazioni po-trebbe accentuare l’accostamento dell’operazione, sul piano dellacompensazione degli imponibili, con una fusione tra la consoli-dante e la società redditizia, secondo un orientamento già mani-festato in termini generali nella risoluzione 24 ottobre 2006, n.

116/E, in Corr.Trib. n. 46/2006, pag. 3685, con commento di E. Ro-mita e F. Pedrotti. Non appare invece dirimente, al contrario diquanto affermato da M. Andriola, «La dialettica tra “aggiramento”e valide ragioni economiche, in una serie di ipotesi applicativedella norma antielusiva», in Rass. trib., 2006, pag. 1930, che il con-solidato in perdita sia stato avviato con il preordinato fine di ad-divenire alla successiva cessione della partecipazione di maggio-ranza nella consolidante, essendo indizio sufficiente del compor-tamento elusivo l’acquisizione della consolidante mirata ad uncommercio delle perdite fiscali del consolidato, mediante la com-pensazione intersoggettiva di dette perdite con i redditi della so-cietà profittevole fatta appositamente confluire all’interno del pe-rimetro di consolidamento.

1374 Corriere Tributario 17/2007

ApprofondimentiIVA

Il D.M. 13 dicembre 1979, in attuazione di quantoprevisto dall’art. 73, ultimo comma, del D.P.R. 26ottobre 1972, n. 633, prevede la possibilità, per igruppi societari, di liquidare l’IVA in maniera uni-taria, compensando le situazioni debitorie e credi-torie risultanti dalle liquidazioni periodiche dellesingole società partecipanti (1).

La finalità dell’IVA di gruppoIl beneficio che nasce dall’applicazione di questosistema di consolidamento è di natura tipicamentefinanziaria e consiste nella possibilità di ottenereun sollecito rimborso dei crediti IVA vantati dauna delle società del gruppo, mediante compensa-zione con l’eventuale IVA a debito di un’altra so-cietà componente.In sostanza, con il meccanismo in oggetto si evitache all’interno dello stesso gruppo debba essereversata l’IVA per alcune società, attendendo per lealtre, al contrario, il rimborso del credito.Il sistema di liquidazione unitaria dell’IVA, per-tanto, conformandosi alla sola fase di liquidazionedell’imposta, assume una rilevanza meramenteprocedurale, discostandosi sostanzialmente dal re-gime del soggetto unico d’imposta.Con tale procedura la società controllante compen-sa i saldi a debito e a credito delle liquidazioni pe-riodiche, nonché il saldo finale, delle società con-trollate, sicché le singole società trasferiscono allacontrollante i loro crediti o debiti, e questa effettuaun’operazione algebrica sugli stessi.Come evidenziato dalla risoluzione 6 novembre

2002, n. 347/E (2), la norma non dà «luogo ad unavera e propria unificazione soggettiva delle societàfacenti parte del gruppo stesso, tuttavia attua co-munque una deroga, sia pure parziale, ai principidi soggettività, prevedendo una procedura unifica-ta di compensazione e versamento del tributo». Inogni caso, il ricorso alla cd. IVA di gruppo non èriconosciuto indistintamente a tutti i soggetti even-tualmente interessati, considerando che l’art. 2 delD.M. 13 dicembre 1979 fornisce una precisa indi-cazione, ricomprendendo nel perimetro applicativodelle controllate «soltanto le società per azioni, inaccomandita per azioni e a responsabilità limitatale cui azioni o quote sono possedute per una per-centuale superiore al cinquanta per cento del lorocapitale, fin dall’inizio dell’anno solare precedente...».A tale proposito, la C.M. 28 febbraio 1986, n. 16(3) chiarisce che sono «pertanto, ammesse allaparticolare procedura in qualità di controllate sol-tanto le società di capitali, con esclusione, quindi,

IVA di gruppo «estesa» ai soggetti comunitari

C on la norma di comportamento n. 167 la commissione dell’Associazione italiana deidottori commercialisti (ADC) precisa i limiti di applicazione alle società estere delle

disposizioni sulla liquidazione IVA di gruppo. Seguendo l’impostazione delineata dalla ADC,per applicare l’IVA di gruppo a tutte le società residenti in altri Stati UE è necessario che laloro forma giuridica sia equipollente a quella delle società di capitali di diritto italianoe che esse siano identificate ai fini IVA nel territorio nazionale direttamente, o attraverso ilproprio rappresentante fiscale, o tramite una stabile organizzazione.

di Paolo Centore

Paolo Centore - Professore a contratto di diritto tributario pressol’Università di Parma e Avvocato in Genova e Milano

Note:(1) Sull’argomento cfr. T. Campagna, «Adempimenti & ObblighiIVA - iva di gruppo: conseguenze e sanzioni in caso di omessoversamento», in Azienda & Fisco n. 22/2001, pag. 1033 ed ancheC. D’Ardia, «Adempimenti & Obblighi IVA - gruppi societari e li-quidazione unitaria dell’iva», ivi n. 2/2002, pag. 99 nonché M. Pei-rolo, «Scambi internazionali - l’iva di gruppo in presenza di so-cietà residenti all’estero», ivi n. 24/2002, pag. 1055.(2) In Corr.Trib. n. 3/2003, pag. 239, con commento di R. Fanelli.(3) In Banca Dati BIG, IPSOA.

1375Corriere Tributario 17/2007

Approfondimenti IVA

delle società di persone, lequali sono da ritenersi altresìescluse dalla detta proceduraanche quando assumono laqualità di controllanti». Sideve, pertanto, concludereche sia la controllante che lacontrollata «debbano esseresocietà di capitali apparte-nenti ai tipi previsti» (4).La stessa circolare precisa,poi, che se la società che vo-glia operare la liquidazionedi gruppo è controllata, perpoter procedere è necessarioche la propria controllante ri-nunci alla procedura qui inesame, dal momento che «inuna situazione di controllooltre il secondo grado, essen-do più di una le società ad es-sere allo stesso tempo con-trollanti e controllate ... dovranno essere prodottedalla società che intende esercitare la facoltà diavvalersi delle disposizioni in esame, in forza delcombinato disposto dell’art. 2, secondo comma, edell’art. 3, terzo comma, tante dichiarazioni di ri-nuncia quante sono le società che la precedononella catena di controllo (se ad esempio la societàC intende avvalersi della procedura di liquidazionecon D ed E, dovrà produrre la dichiarazione di ri-nuncia delle società A e B, assumendo in tal modo,ai fini fiscali, la posizione di capogruppo)».Dal punto di vista sostanziale, la risoluzione n.347/E del 2002 esclude dalla procedura suddetta«un soggetto non residente, sia pure costituito sot-to forma societaria, anche se questo abbia nomina-to un proprio rappresentante fiscale nel territoriodello Stato» nonché l’ipotesi di una società non re-sidente che «abbia nominato un proprio rappresen-tante fiscale nel territorio dello Stato».È fin troppo evidente che la limitazione della li-quidazione IVA di gruppo alle sole società resi-denti in Italia, come interpretata nella risoluzionesopra citata, comporta un’irragionevole discrimi-nazione tra fattispecie nazionale e fattispecie co-munitaria, giacché escludere un gruppo nel qualela controllante tenuta agli adempimenti sia resi-dente in altro Stato dell’UE circoscriverebbe gli

evidenti vantaggi (finanziari)della compensazione dellereciproche situazioni credito-rie e debitorie al solo gruppo(o parte di un gruppo) costi-tuito da società residenti inItalia con una controllanteivi residente (5).Intervenendo ulteriormentesul tema, la risoluzione 21febbraio 2005, n. 22/E (6) haparzialmente modificato taleorientamento, concentrando-si su considerazioni che sifondano sulla necessità di ar-monizzare la normativa na-zionale, non solo tributaria, aquella comunitaria, e sullavolontà di garantire l’agibi-lità, in tale ambito, a tutti isoggetti con i requisiti, peral-tro, già individuati dall’art. 2

del D.M. 13 dicembre 1979.Ivi si precisa che «considerata peraltro la ratiodell’art. 2 del D.M. 13 dicembre 1979, volta a li-mitare il beneficio alle sole società di capitali,l’applicazione del regime relativo all’IVA di grup-po deve potersi estendere a tutte le società di capi-tali, ivi comprese quelle residenti in paesi comuni-tari che, alla stregua delle statuizioni vigenti nelloStato di residenza, assumono forme giuridicheequipollenti alle società di capitali di diritto italia-no».Diviene, quindi, fondamentale il controllo dellacondizione di equipollenza o pari rilevanza giuri-dica che «dovrà essere effettuato alla luce di unesame comparativo della normativa vigente nelloStato di residenza della singola società comunita-ria con quella delle società di capitali richiamatenel citato D.M. 13 dicembre 1979».Fermo restando che la società non residente deve

Condizione di equipollenzaLa risoluzione n. 22/E del 2005 hachiarito che l’applicazione del regimerelativo all’IVA di gruppo deve potersiestendere a tutte le società dicapitali, ivi comprese quelle residentiin paesi comunitari che, alla streguadelle statuizioni vigenti nello Stato diresidenza, assumono formegiuridiche equipollenti alle società dicapitali di diritto italiano. Diviene,quindi, fondamentale verificare lacondizione di equipollenza o paririlevanza giuridica che dovrà essereeffettuata alla luce di un esamecomparativo della normativa vigentenello Stato di residenza della singolasocietà comunitaria con quella dellesocietà di capitali richiamate nel citatoD.M. 13 dicembre 1979.

LA PRASSI AMMINISTRATIVA

Note:(4) In questi termini cfr. risoluzione n. 347/E del 2002, cit.(5) In Corr. Trib. n. 12/2005, pag. 975, con commento di P. Parisi.Cfr., sull’argomento,V. Ficari, «La non discriminazione nella liqui-dazione IVA di gruppo comunitario», ivi n. 10/2003, pag. 788.(6) In Corr. Trib. n. 12/2005, pag. 975, con commento di P. Parisi.Cfr. A. Russo, «Dichiarazione IVA di gruppo, requisiti e adempi-menti preliminari», in Fiscooggi.it del 23 febbraio 2005.

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ApprofondimentiIVA

possedere tutti gli altri requisiti in precedenza giàrilevati, la risoluzione stabilisce come condizioneessenziale, perché il soggetto possa partecipare al-la speciale procedura, che si identifichi nel territo-rio nazionale.Ciò può avvenire attraverso la presenza di una sta-bile organizzazione, la nomina di un rappresentan-te fiscale oppure, alternativamente, mediante l’i-dentificazione diretta prevista dall’art. 35-ter delD.P.R. n. 633/1972.

La posizione (di apertura) confermata dall’ADCLe argomentazioni della prassi richiamata rappre-sentano un sostegno importante alla posizione del-la ADC nella norma di comportamento n. 167 delmarzo 2007 (7) dal momento che viene precisatal’estensione, in sostanza, alla disciplina dell’IVAdi gruppo, prevista dall’art. 73 del D.P.R. n.633/1972, alle società estere, operanti nel territo-rio nazionale e ivi identificate, se la loro formagiuridica è equipollente alla s.p.a. o alla s.r.l. deldiritto civile italiano. La ratio del riconoscimento va individuata, in viagenerale, nell’art. 4, par. 4, secondo periodo, delladirettiva del Consiglio n. 77/388/CEE del 17 mag-gio 1977, cd. VI direttiva CEE (ora art. 11 delladirettiva del Consiglio n. 2006/112/CE del 28 no-vembre 2006) (8): sebbene la norma comunitariapare limitare l’utilizzo della procedura in oggettoalle sole società «residenti all’interno del paese»,da un esame più dettagliato delle disposizioni con-tenute nell’art. 73, terzo comma, del D.P.R. n.633/1972 e nel D.M. 13 dicembre 1979, si ricava(9) che alla società controllante non residente nonsia preclusa l’applicazione della procedura dell’I-VA di gruppo, in quanto la norma nazionale nonimpone alla capogruppo né l’obbligo di residenzanel territorio dello Stato né, tanto meno, una speci-fica forma giuridica (10).Tra i limiti dell’estensione, la Commissione invo-ca la necessità di verificare l’equipollenza dellaforma giuridica assunta dalla società estera a quel-la delle società di capitali di diritto italiano. In particolare, la norma osserva che l’art. 2 del re-golamento (CE) n. 2157/2001 dell’8 ottobre 2001sullo statuto della Società europea richiama (11) itipi di società che, secondo gli istituti previsti ne-gli Stati membri, sono considerate equipollenti al-

le società per azioni e alle società a responsabilitàlimitata del diritto civile italiano, cioè limitandol’applicazione a due soli soggetti indicati nell’art.73, secondo comma, del D.M. 13 dicembre 1979.L’equipollenza tra le tipologie societarie comuni-tarie è, altresì, desumibile dall’allegato della diret-tiva del Consiglio n. 435/90/CEE del 23 luglio1990 (dividendi «madre-figlia»).In sostanza, seguendo l’impostazione delineata dal-l’ADC, per applicare l’IVA di gruppo a tutte le so-cietà residenti in altri Stati UE è necessario che laloro forma giuridica sia equipollente a quella dellesocietà di capitali di diritto italiano e che esse sianoidentificate ai fini IVA nel territorio nazionale di-rettamente, o attraverso il proprio rappresentantefiscale, o tramite una stabile organizzazione. Ne derivano, a questo punto, due ulteriori effettitra loro concentrici: (i) l’IVA di gruppo è applica-bile anche se l’identificazione IVA in Italia è ef-fettuata solo per consentire a società estera e con-trollate residenti di partecipare al meccanismodell’IVA di gruppo; (ii) per effetto dell’omologa-zione, si possono ritenere applicabili anche allesocietà estere, nei limiti indicati, le disposizionipreviste per i «gruppi» societari in tema di rim-borsi, di cui all’art. 38-bis, primo comma, delD.P.R. n. 633/1972.La Commissione ADC, considerando l’ambito ap-plicativo del regolamento (CE) n. 2157/2001dell’8 ottobre 2001, esclude infine l’equipollenzae, pertanto, l’estensione dell’IVA di gruppo, a per-sone giuridiche diverse da quelle riconosciute daldiritto europeo in ambito UE. Di conseguenza, re-stano in ogni caso esclusi dall’IVA di gruppo gli

Note:(7) In Banca Dati BIG, IPSOA. Cfr. P. Centore e P.P. Bruni, «L’iva digruppo apre alle imprese Ue», in Il Sole - 24 Ore del 29 marzo2007, pag. 30 ed anche F. Poggiani, «IVA di gruppo, liquidazioni li-mitate», in Italia Oggi del 29 marzo 2007, pag. 41.(8) Cfr. P. Centore, IVA Europea Guida alla nuova direttiva rifusa,Norme nazionali e comunitarie a confronto, IPSOA, 2007, passim.(9) Tale posizione trova conferma nell’interpretazione fornita dalMinistero delle finanze (cfr. R.M. 21 giugno 1999, n. 102/E, in Ban-ca Dati BIG, IPSOA) della locuzione «se residenti», inserita nel se-condo comma dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, nonché nella cd.libertà di stabilimento delle società all’interno dell’UE, pena laviolazione del Trattato di Roma.(10) Sul punto cfr., altresì, M. Peirolo, «L’iva di gruppo in presenzadi società residenti all’estero», in Azienda & Fisco n. 24/2002, pag.1055.(11) Cfr. allegati I e II.

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Approfondimenti IVA

enti e le società estere: comu-nitari, identificati in Italia,ma la cui forma societarianon sia conforme ai criteri diequipollenza indicati dalle di-sposizioni comunitarie soprarichiamate; non comunitari,ancorché dotati di stabile or-ganizzazione nel territorioUE; soggetti comunitari nonidentificati nel territorio na-zionale ai fini IVA. Per l’esclusione della stabileorganizzazione (12) in Italiadi un soggetto non comunita-rio, la Commissione osserva,sulla scia dell’insegnamentodella Corte di giustizia CE(13) che la stabile organizza-zione ai fini IVA non coinci-de con il medesimo istitutointeso in senso reddituale; inparticolare, riguardo alla so-pravvivenza, ai fini IVA, del-la rilevanza giuridica dellacasa madre rispetto alla propria stabile organizza-zione.Il che porta a escludere l’applicazione dell’IVA digruppo al soggetto extracomunitario con stabileorganizzazione nella UE (14), dovendosi limitarel’esame alla natura giuridica della casa madre che,all’evidenza, non gode dell’equipollenza, indipen-dentemente dalla forma giuridica.

Note:(12) Si vedano: F. Gallo, «La stabile organizzazione», in Rass. trib.,Quaderni, n. 2/1986, pag. 156; Id., «Il concetto di stabile organizza-zione nel regime convenzionale contro la doppia imposizione», inDir. prat. trib., 1986, I, pag. 1136; Id., «Contributo all’elaborazionedel concetto di “stabile organizzazione” secondo il diritto inter-no», in Riv. dir. fin., 1985, I, pag. 385; infine, Id., «La stabile organiz-zazione elemento determinante per la tassazione del redditod’impresa di soggetti non residenti», in il fisco, 1983, pag. 239 ss.;A. Lovisolo, «Il concetto di stabile organizzazione nel regime con-venzionale contro la doppia imposizione», in Dir. prat. trib., 1985, I,pag. 1139; G. Tardella, «Stabile organizzazione», in Riv. dir. trib.,1998, I, pag. 365; E. Ceriana, «Stabile organizzazione e imposizionesul reddito», in Dir. prat. trib., 1995, I, pag. 666; R. Fanelli, «Indivi-duazione della stabile organizzazione ai fini IVA», in GT-Riv. giur.trib. n. 3/1998, pag. 260, commento alla Comm. trib. prov. Milano12 settembre 1997, n. 238; Id., «La Corte CE definisce la stabile

organizzazione», in Corr. Tr ib . n.10/1998, pag. 775, commento allaCorte di giustizia CE 17 luglio 1997,causa C-190/95; A. Santi, «Specialitàdel concetto di stabile organizzazioneai fini dell’imposta sul valore aggiun-to», in Rass. trib., 1988, pag. 367; F.Tundo, «In tema di stabile organizza-zione ed IVA», in Dir. prat. trib., 1992,II, pag. 327; A. Fantozzi, «Stabile orga-nizzazione», in Guida fiscale italiana,Torino, 1980; R. Lupi, «Territorialitàdel tributo», in Enc. giur.Treccani; P. Lu-dovici, «Il regime impositivo della sta-bile organizzazione agli effetti dell’im-posta sul valore aggiunto», in Riv. dir.trib., 1998, pag. 68; A. Fazzini, Il princi-pio di territorialità nell’imposta sul valo-re aggiunto, Padova, pag. 195; S. Dus,L’imposta sul valore aggiunto, Torino,1981, I, pag. 290; M. Giorgi, «La nozio-ne di stabile organizzazione nell’im-posta sul valore aggiunto», in Riv. dir.trib. int., 1999, pag. 260; M. Cerrato,«La stabile organizzazione nelle im-poste dirette e nell’iva, tra irrilevanzadel controllo societario e coincidenzacon il concetto di centro di attivitàstabile», in Riv. dir. trib., 1999, IV, pag.201; M. Del Giudice, «La stabile orga-nizzazione elemento determinante

per la tassazione del reddito d’impresa di soggetti non residenti»,in il fisco, 1983, pag. 1239.(13) Sentenza 23 marzo 2004, C-210/04 «FCE Bank», in GT - Riv.giur. trib. n. 8/2006, pag. 655, con commento di P. Centore, «“Cen-tro stabile” e “stabile organizzazione” ai fini IVA», e in Banca DatiBIG, IPSOA. Cfr. anche F.Venegoni e P.Targa, «Regime IVA applica-bile ai servizi resi dalla stabile organizzazione non residente allacasa madre», in Fiscalità internazionale n. 6/2006, pag. 549.(14) Cfr. «I gruppi extracomunitari residenti sono esclusi dal re-gime IVA di gruppo», in Italia Oggi del 31 maggio 2005, pag. 36, acura della Commissione imposte indirette dell’Ordine dei dotto-ri commercialisti di Roma.

Applicazione dell’IVA di gruppo a società residenti UESecondo l’ADC, per applicare l’IVA digruppo a tutte le società residenti inaltri Stati UE, è necessario che la loroforma giuridica sia equipollente aquella delle società di capitali di dirittoitaliano e che esse siano identificate aifini IVA nel territorio nazionaledirettamente, o attraverso il propriorappresentante fiscale, o tramite unastabile organizzazione. Ne deriva che:(i) l’IVA di gruppo è applicabile anchese l’identificazione IVA in Italia èeffettuata solo per consentire asocietà estere e controllate residentidi partecipare al meccanismo dell’IVAdi gruppo; (ii) per effettodell’omologazione, si possonoritenere applicabili anche alle societàestere, nei limiti indicati, ledisposizioni previste per i «gruppi»societari in tema di rimborsi.

ADC NORMA N. 167

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Lavorodipendente

Approfondimenti

Anche gli istituti previdenziali nel momento in cuicorrispondono indennità, pensioni e trattamenti dianaloga natura la cui imponibilità ai fini IRPEFnon sia discutibile, si trovano a doversi porre ilproblema del trattamento fiscale agli stessi appli-cabile con eventuale susseguente ricorrenza del-l’obbligo di effettuare le ritenute alla fonte ex art.23 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 con con-seguente, eventuale, applicabilità delle prescritteaddizionali regionale e comunale.Mentre è evidente, ad esempio, l’assoggettabiltàall’IRPEF degli interessi per ritardata correspon-sione di trattamenti pensionistici (sia pure coneventuale applicabilità del regime proprio degliemolumenti arretrati) per altre fattispecie l’indivi-duazione del regime di tassazione può risultarenon immediatamente percettibile.

Emolumenti arretrati del trattamento di integrazione salarialeCosì, anche per agevolare (pensiamo) le attività diinformazione del pubblico da parte degli uffici pe-riferici, l’INPS ha diramato uno specifico messag-gio in merito al regime fiscale applicabile agliemolumenti arretrati del trattamento di integrazio-ne salariale (messaggio 17 gennaio 2007, n. 1720dal quale infatti si ritrae che erano state sollevateperplessità da parte di singoli beneficiari e di asso-ciazioni di categoria quanto al trattamento fiscalefino ad oggi applicato).Nel messaggio viene precisato che l’Istituto proce-derà all’applicazione della tassazione separata solonel caso di pagamenti di competenza di eserciziprecedenti, antecedenti il provvedimento di auto-rizzazione.

Al fine di meglio esplicitare la posizione assunta,nel messaggio si prospettano alcuni esempi chepossono chiarire il concetto applicato:1) Pagamento a maggio 2007 di indennità aventidecorrenza 1° luglio 2006• provvedimento di settembre 2006• dal 1° luglio 2006 al 31 agosto 2006: tassazioneseparata• dal 1° settembre 2006: tassazione corrente2) Pagamento a maggio 2007 di indennità aventidecorrenza 1° ottobre 2006• provvedimento di marzo 2007• dal 1° ottobre 2006 al 31 dicembre 2006: tassa-zione separata• dal 1° gennaio 2007: tassazione corrente3) Pagamento a dicembre 2007 di indennità aventidecorrenza 1° febbraio 2007• provvedimento di ottobre 2007• dal 1° febbraio 2007: tassazione correnteLa presa di posizione qui richiamata riprende insostanza le precisazioni dettate dall’amministra-zione finanziaria nella C.M. 5 febbraio 1997, n.23/E (1), anche se con riferimento all’esempio sub1) potrebbe sostenersi l’applicabilità del regime ditassazione separata per tutti i pagamenti relativi al2006 (e non già fino ad agosto 2006) in quantosembra discutibile propendere con sicurezza al ri-corso al momento in cui si verifica la conclusionedella procedura, quale momento discriminatorioper la scelta del regime di tassazione. Se il paga-mento nella specie si verificasse, ad esempio, asettembre 2007, il percettore dovrebbe «riaprire»

Trattamenti previdenziali e sostituzione d’imposta

A nche l’INPS assume ricorrentemente la qualità di sostituto d’imposta il che loassoggetta al rispetto della vigente normativa fiscale in tema di IRPEF e di accertamento.

Assai utile per gli interessati si presenta in particolare la specifica disciplina fiscale dettata intema di corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità.

di Franco Petrucci

Nota:(1) In Corr.Trib. n. 9/1997, pag. 693.

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Approfondimenti Lavorodipendente

la dichiarazione dei redditigià presentata.

Corresponsione anticipatadell’indennità di mobilità Di interesse sotto il profilofiscale è anche il messaggio13 dicembre 2006, n. 33100in tema di corresponsione an-ticipata dell’indennità di mo-bili tà ai sensi dell’art . 7,comma 5, della legge 23 lu-glio 1991, n. 223. Al riguardova rammentato che il vigenteT.U.I.R. annovera una nor-mativa specifica che dispone,in tale ipotesi, l’applicabilitàdel regime della tassazione separata. La finalitàche ha indotto alla adozione di tale specifica nor-mativa risiede nella opportunità (nella valutazionedel legislatore) di attenuare il carico fiscale gra-vante sulla indennità di mobilità e sul trattamentodi integrazione salariale corrisposti in via anticipa-ta per consentire ai beneficiari di iniziare un’auto-noma attività produttiva. In assenza di una espressa previsione normativache ne disponesse l’assoggettamento a tassazioneseparata, le somme in questione avrebbero dovutoessere assoggettate a tassazione ordinaria, in quan-to nella fattispecie in esame non si è in presenza diun reddito che si è formato nel corso degli anni; lostesso si concretizza infatti in un solo periodod’imposta successivo, in maniera anticipata rispet-to alla sua formazione. L’assoggettamento a tassazione ordinaria, tuttavia,avrebbe ridotto il beneficio che il legislatore avevainteso concedere ai lavoratori in questione preve-dendo la corresponsione anticipata dell’indennità edel trattamento in un caso meritevole invece di con-siderazione sociale quale quello della libera scelta diun lavoratore di avviare un’attività autonoma. L’a-dozione della richiamata previsione consente, inve-ce, di applicare nella fattispecie in esame il regimedi cui all’art. 21, comma 1, del T.U.I.R., e cioè l’ali-quota corrispondente alla metà del reddito comples-sivo netto del percettore nel biennio anteriore aquello in cui avviene la percezione delle somme. Come precisato nella C.M. n. 23/E del 1997, pereffetto della integrazione della disposizione in esa-

me nell’ultimo periodo delcomma 3 dell’allora vigenteart. 16 del T.U.I.R., all’in-dennità in questione potràtornare applicabile in sede diliquidazione dell’imposta daparte degli uffici tributari ilpiù favorevole trattamentofiscale tra il regime della tas-sazione separata e quello or-dinario.

Liquidazione del TFR e dei crediti diversi da quest’ultimo in caso di insolvenza del datore di lavoro

In realtà se si «leggono» con attenzione le istru-zioni specie di natura operativa dettate dall’Istitutosi riscontrano sovente puntualizzazioni di naturafiscale. Così, nella circolare 7 marzo 2007, n. 53in tema di intervento del Fondo di garanzia istitui-to per la liquidazione del TFR e dei crediti diversida quest’ultimo in caso di insolvenza del datore dilavoro, si «conferma» che l’Istituto è tenuto qualesostituto di imposta ad assoggettare a ritenuta fi-scale le somme erogate a titolo di TFR e di acces-sori, fermo restando che ai sensi del D.Lgs. 18febbraio 2000, n. 47 gli uffici finanziari provvede-ranno alla riliquidazione dell’imposta sulla basedell’aliquota media di tassazione dei cinque anniprecedenti a quello in cui è maturato il diritto allapercezione (pertanto la ritenuta fiscale operata dal-l’Istituto ha carattere provvisorio).Dato che l’accertamento dei crediti di lavoro, sianelle procedure concorsuali che nelle esecuzioniindividuali, deve intendersi fatto al lordo delle ri-tenute fiscali, come si ricava, ad esempio, dallasentenza della Suprema Corte 18 aprile 2003, n.6337, qualora nello stato passivo fosse stato am-messo l’importo netto del TFR, l’Istituto provve-derà ad operare le ritenute fiscali su detto importofatta salva la possibilità per il lavoratore di presen-tare domanda tardiva di cui all’art. 101 della leggefallimentare per la differenza.Per quanto poi riguarda le prestazioni erogate dalFondo di garanzia a titolo di crediti di lavoro di-versi dal TFR, le stesse costituiscono redditi di la-voro dipendente ai sensi dell’art. 49 del T.U.I.R.

Corresponsione anticipata dell’indennità di mobilitàIn tema di corresponsione anticipatadell’indennità di mobilità, il vigenteT.U.I.R. annovera una normativaspecifica che dispone in tale ipotesil’applicabilità del regime dellatassazione separata. Nella fattispeciein esame è applicabile il regime di cuiall’art. 21, comma 1, del T.U.I.R., ecioè l’aliquota corrispondente allametà del reddito complessivo nettodel percettore nel biennio anteriore aquello in cui avviene la percezionedelle somme.

SOLUZIONI OPERATIVE

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Lavorodipendente

Approfondimenti

(l’Istituto parla ancora di art. 46) e sono di conse-guenza assoggettate a ritenuta alla fonte, calcolatacol sistema della tassazione separata ai sensi del-l’art. 17, comma 1, lett. b), del T.U.I.R., qualora sisia di fronte ad emolumenti corrisposti in annisuccessivi rispetto a quello in cui è maturato il di-ritto.Ovviamente eventuali interessi corrisposti per ilritardato pagamento andranno assoggettati an-ch’essi a tassazione con lo stesso regime propriodelle somme cui accedono.Conseguenze fiscali ai fini dell’IRPEF in capo aisoggetti interessati derivano poi in numerose cir-costanze da sviluppi normativi, giurisprudenziali oamministrativi che intervengono nel tempo. Cosìcome precisato nel messaggio INPS 21 febbraio2007, n. 4726, avendo la legge 23 dicembre 2005,n. 266 (legge Finanziaria 2006) agevolato i lavora-

tori socialmente utili che svolgano attività di col-laborazione coordinata e continuativa nelle scuole,attraverso il riconoscimento del beneficio di cuiall’art. 7, comma 1, del D.Lgs. 28 febbraio 2000,n. 81, consistente nel porre a carico del Fondo perl’occupazione del Ministero del lavoro, la copertu-ra dell’onere contributivo gravante sui medesimisoggetti, si è provveduto a disporre con nota 24novembre 2006 il rimborso a favore dei lavoratorimedesimi dell’importo a loro trattenuto alla fontea titolo di contribuzione alla gestione separata del-l’INPS.Evidentemente, ciò comporterà ricadute fiscali po-tendosi pensare che il recupero del minor imponi-bile fiscale (corrispondente all’importo dei contri-buti rimborsati) verificatosi in passato porterà al-l’assoggettamento del predetto importo al regimeproprio degli emolumenti arretrati.

GiurisprudenzaCass., 21 febbraio 2007, n. 4047

Impostadi registro

1381Corriere Tributario 17/2007

Casssazione, Sez. trib., Sent., 21 febbraio 2007(18 gennaio 2007), n. 4047 - Pres. Saccucci -Rel. Merone

1. Fatto, svolgimento del processo e motivi del ricorso

1.1. La S.L.G. s.p.a. ricorre contro il Ministerodell’economia e delle finanze e l’Agenzia delleentrate per ottenere la cassazione della sentenzaspecificata in epigrafe. Le parti intimate resistonocon controricorso.1.2. In fatto, la S.L.G. s.p.a. ha impugnato il silen-zio rifiuto seguito alla istanza di rimborso dell’im-posta di registro proporzionale, pagata dal notaioper la registrazione di un atto societario, deducen-do che tale imposta non fosse dovuta. Le commis-sioni tributarie adite nei due gradi di merito hannorespinto il ricorso della società, sul rilievo che ilrapporto tributario doveva considerarsi definito,dopo che il notaio, al quale era stato notificatol’avviso di liquidazione dell’imposta, aveva prov-veduto al relativo pagamento.1.3. A sostegno dell’odierno ricorso, la società de-nuncia:a) la falsa applicazione delle disposizioni relativealla notificazione dell’avviso di liquidazione allepersone giuridiche (artt. 76, comma 3, e 52, com-ma 3, del D.P.R. n. 131/1986, 60 del D.P.R. n.

600/1973, 145 c.p.c. e 19 del D.Lgs. n. 546/1992),in quanto la notifica fatta al notaio non potevaprodurre gli effetti della notifica alla società, cheandava effettuata presso la sede della stessa, cosìcome prevede l’art. 145 c.p.c. di procedura civile:la notifica al notaio, persona solidalmente obbliga-ta, ai sensi dell’art. 57, comma 1, del D.P.R. n.131/1986 avrebbe «raggiunto il proprio scopo soloper quanto attiene alla riscossione dell’imposta,non certo per quanto riguarda il diritto del contri-buente a proporre ricorso» e, quindi, era da consi-derarsi nulla nei confronti della società;b) i vizi della motivazione della sentenza impu-gnata, nella parte in cui afferma che la società ave-va consapevolezza dell’obbligo del pagamentosoltanto perché aveva costituito un fondo spesepresso il notaio, che copriva la somma dovuta (cir-costanza che, invece, dimostrava che il notaio po-teva avere effettuato il pagamento senza la neces-sità di interpellare la società) e nella parte in cuiafferma che la nullità della notifica doveva esserefatta valere con apposita impugnazione, posto cheproprio tale nullità non aveva consentito alla so-cietà di conoscere l’esistenza del provvedimento e,quindi, di impugnarlo;c) la correttezza della procedura seguita dal contri-buente per ottenere il rimborso;d) l’insussistenza dell’obbligazione tributaria, ri-conosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte.

2. Diritto e motivi della decisione2.1. Il ricorso non può trovare accoglimento. Latesi della nullità della notifica o, comunque, dellasua inefficacia nei confronti della società, apparepriva di fondamento.2.2. Il problema dell’efficacia della notificazionenei confronti della società va esaminato tenendoconto della peculiarità della fattispecie in esame,caratterizzata dal vincolo di solidarietà che inter-corre tra il notaio (responsabile di imposta) e lasocietà (obbligato principale). Tale vincolo èespressamente previsto dall’art. 57 del D.P.R. n.

Irripetibilità dell’altrui pagamento nella solidarietà tributaria

Tenuto conto del vincolo di solidarietà che inter-corre tra il notaio (responsabile di imposta) e lasocietà (obbligato principale) che ad esso si rivol-ga per la registrazione di un atto, è legittima lanotificazione dell’avviso di liquidazione dellarelativa imposta di registro nei soli confronti delnotaio responsabile d’imposta, con la conse-guenza che il pagamento seguito a tale notifica de-finisce il rapporto tributario anche con la società,senza che questa possa richiedere il rimborso diquanto pagato.

LA MASSIMA

131/1986, in forza del quale il notaio che ha redat-to l’atto ed ha richiesto la registrazione è solidal-mente obbligato al pagamento dell’imposta. Nederiva che legittimamente l’ufficio ha notificatol’avviso di liquidazione al notaio responsabiled’imposta, con l’ulteriore conseguenza che il pa-gamento seguito a tale notifica ha definito il rap-porto tributario anche con la società. Infatti, se-condo quanto dispone l’art. 1292 c.c., in caso diobbligazione solidale, «ciascuno può essere co-stretto all’adempimento per la totalità e l’adempi-mento da parte di uno libera gli altri»; ne derivache l’amministrazione finanziaria creditrice, inquanto aveva la facoltà di scegliere l’obbligato alquale rivolgersi, non aveva alcun dovere di notifi-care l’avviso anche alla società. Né questa, dopo ilpagamento effettuato da parte del responsabiled’imposta, poteva richiedere il rimborso all’ammi-nistrazione finanziaria senza vanificare la facoltàdi scelta del creditore di chiedere l’adempimentoad uno qualsiasi degli obbligati solidali.In altri termini, se fosse consentito al coobbligatonon destinatario dell’avviso di liquidazione dichiedere il rimborso del pagamento effettuato daaltro coobbligato solidale, di fatto verrebbe svuo-tato di contenuto il precetto che attribuisce al cre-ditore la facoltà di rivolgersi ad uno qualsiasi deicoobbligati. D’altra parte, salvo prova contraria,nei rapporti con il creditore si presume che l’ob-bligato intimato intanto abbia provveduto al paga-mento, in quanto abbia avuto l’assenso da parte ditutti gli altri coobbligati, nei cui confronti, altri-menti, non potrebbe esercitare il diritto di regressoex art. 1299 c.c.Pertanto, quando, come nella specie, un avviso diliquidazione sia stato notificato soltanto ad unodei coobbligati e questo abbia adempiuto per tutti,si presume che tutti gli altri coobbligati, esposti al-l’azione di regresso o rivalsa, siano stati informatied abbiano deciso di non impugnare l’avviso stes-so. Con la ulteriore conseguenza che il rapportotributario deve considerarsi definito senza che visia la possibilità di richiedere il rimborso di quan-to pagato. Semmai, il coobbligato «dissenziente»potrà far valere le proprie ragioni opponendosi al-l’azione di regresso o di rivalsa del coobbligatoadempiente. Tanto più che se il coobbligato adem-piente ha pagato senza prima richiedere il paga-mento pro quota agli altri coobbligati, il coobbli-

gato non adempiente non ha titolo per chiedere ilrimborso di una somma che non ha sborsato.2.3. Nella specie, poi, è pacifico che la società haversato anticipatamente al notaio la somma neces-saria per far fronte al pagamento dell’imposta diregistro proporzionale, che normalmente viene ri-chiesta direttamente allo stesso notaio in quantoresponsabile d’imposta. Parte ricorrente eccepisceche questa circostanza proverebbe, contrariamentea quanto ritenuto dai giudici di appello, che il no-taio può aver pagato senza necessità di informarela società contribuente. In realtà, ritiene il Colle-gio, che se al versamento anticipato della somma(peraltro, corrispondente per eccesso alla sommadovuta per l’imposta proporzionale) si deve dareun significato, questo non può che essere quellodel consenso anticipato al pagamento dell’impostanel momento in cui sarebbe stata richiesta al no-taio, sollevando quest’ultimo dall’onere di eserci-tare poi il diritto di rivalsa (art. 64 del D.P.R. n.600/1973).2.4. In definitiva, ritiene il collegio che nella spe-cie non vi sia stata alcuna violazione delle normesulla notifica e che il rapporto tributario corretta-mente sia stato ritenuto esaurito con il pagamento(anticipato, da parte della società) di quanto liqui-dato dall’ufficio. Ogni altra questione, quindi, èassorbita.Conseguentemente, il ricorso va rigettato e le spe-se, liquidate come da dispositivo, seguono la soc-combenza.

P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ri-corrente al pagamento delle spese del giudizio dicassazione, che liquida in complessivi 6.100,00(seimilacento/00 euro), di cui 6.000,00 (seimila/00euro) per onorario, oltre alle spese generali e agliaccessori di legge.

1382 Corriere Tributario 17/2007

Cass., 21 febbraio 2007, n. 4047

Impostadi registro

Giurisprudenza

1383Corriere Tributario 17/2007

GiurisprudenzaCass., 21 febbraio 2007, n. 4047

Impostadi registro

ILCommentodi Daria Coppa

La Corte di cassazione disconosce il principiodell’inestensibilità ai condebitori solidali degli ef-fetti scaturenti dal comportamento posto in esse-re da uno di essi nei confronti del comune credi-tore. Suscita tuttavia perplessità l’affermazionesecondo cui il pagamento dell’imposta di registroda parte del notaio, a seguito della notifica neisuoi confronti dell’avviso di liquidazione, rende-rebbe definitivo il rapporto tributario con la con-seguente irripetibilità di quanto corrisposto dalresponsabile d’imposta che non abbia impugnatol’atto impositivo. Invero, la tutela della situazionesoggettiva del debitore principale dipenderebbedalla scelta del coobbligato da escutere, discre-zionalmente operata dall’amministrazione finan-ziaria in virtù della facoltà di scelta concessa alcreditore dall’art. 1292 c.c.

Suscita perplessità la sentenza che si annota peravere disconosciuto il principio dell’inestensibilitàai condebitori solidali degli effetti scaturenti dalcomportamento posto in essere da uno di essi nelrapporto intercorrente con il comune creditore (1).L’operatività di tale principio, posto a tutela delleragioni dei soggetti rimasti estranei alle vicendeintervenute nell’ambito di quel rapporto obbligato-rio, avrebbe dovuto indurre i giudici di legittimitàa delineare con maggiore ponderazione l’ambito diapplicabilità in materia tributaria della normativacivilistica in tema di obbligazioni solidali.Muovendo dalla formulazione letterale della di-sposizione contenuta nell’art. 1292 c.c. (2), la Su-prema Corte ha infatti ritenuto che il pagamentodell’imposta di registro (3) da parte del notaio, aseguito della notifica nei suoi confronti dell’avvi-so di liquidazione, abbia «definito il rapporto tri-butario anche con la società», pur non essendo,quest’ultima, risultata destinataria di alcun attoimpositivo. A tal fine i giudici hanno negato lasussistenza dell’obbligo, in capo all’amministra-zione finanziaria, di notificare tale atto anche aldebitore principale, grazie alla «facoltà di sceltadel creditore di chiedere l’adempimento ad unoqualsiasi degli obbligati solidali».

Peculiarità della solidarietà tributariaAppare evidente che l’incondizionata trasposizionedelle norme civilistiche, senza tenere in debita con-siderazione le peculiarità della materia tributaria,conduce inevitabilmente a soluzioni interpretativenon sempre conformi, come si vedrà in prosieguo,ai precetti costituzionali posti a presidio di una cor-retta attuazione del procedimento impositivo (4).

Obbligo di notifica dell’atto impositivoSicché può certamente escludersi l’obbligo perl’amministrazione finanziaria di notificare l’attoimpositivo a tutti i condebitori (5), alla stessa stre-gua del comune creditore nella solidarietà civilisti-ca. Ciò, tuttavia, non equivale ad ammettere che lapretesa impositiva fatta valere nei confronti solodi uno o di alcuni dei condebitori possa essere au-tomaticamente estesa anche a coloro che da quellapretesa non siano stati raggiunti (6).

Daria Coppa - Professore straordinario di diritto tributario pressol’Università di Palermo

Note:(1) Si tratta di principio comunemente accolto anche in materiatributaria, sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza. Cfr., per tut-ti, M.C. Fregni, Obbligazione tributaria e codice civile, Torino, 1998,pag. 283.(2) Tale disposizione statuisce che «l’obbligazione è in solidoquando più debitori sono obbligati tutti per la medesima presta-zione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimen-to per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri».(3) Dal testo della sentenza non si evince a quale titolo la pretesaimpositiva sia stata fatta valere nei confronti del notaio rogante; dalcontesto, tuttavia, sembra emergere che nella fattispecie si trattas-se di imposta principale, quantunque i giudici, nella descrizione delfatto, facciano riferimento all’istanza di rimborso «dell’imposta diregistro proporzionale». D’altro canto, ai sensi dell’art. 57, comma2, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo Unico dell’imposta di re-gistro), «la responsabilità dei pubblici ufficiali non si estende al pa-gamento delle imposte complementari e suppletive».(4) «Non può essere trascurato il principio … per cui l’Ammini-strazione finanziaria non è un creditore come gli altri, ma è uncreditore che deve sottostare alle regole e ai principi generali, fis-sati dalla Costituzione» (M.C. Fregni, Obbligazione tributaria e codi-ce civile, cit., pag. 298).(5) Si tratta di un orientamento ormai prevalente in dottrina. Cfr.,per tutti, M.C. Fregni, op. cit., pag. 309 ss. e bibliografia ivi citata.(6) Anche in questo caso si tratta di principio generalmente rico-nosciuto. Cfr., per tutti, M.C. Fregni, op. cit., pag. 298. Va peraltro

(segue)

Ne consegue che le vicende proprie del rapportoinstaurato dall’amministrazione finanziaria conuno dei condebitori non possono riflettersi sul di-verso ed autonomo rapporto obbligatorio intercor-rente con gli altri condebitori ai quali nessun attoimpositivo sia stato notificato (7).Non convincente appare pertanto l’affermazionedel Supremo Consesso secondo cui «quando, co-me nella specie, un avviso di liquidazione sia statonotificato soltanto ad uno dei coobbligati e questoabbia adempiuto per tutti, si presume che tutti glialtri coobbligati, esposti all’azione di regresso orivalsa, siano stati informati ed abbiano deciso dinon impugnare l’avviso stesso» (8). Tale assunto sembra infatti rievocare quella mutuarappresentanza tra condebitori che consentirebbe aciascuno di essi di agire in nome e per conto deglialtri coobbligati con effetti vincolanti anche neiconfronti di questi ultimi (9): l’intervenuta defini-tività dell’atto impositivo, per mancata impugna-zione da parte dell’unico soggetto che ne sia risul-tato destinatario, costringerebbe il condebitoreestraneo alla pretesa a subire un prelievo che po-trebbe anche non essere commisurato alla capacitàcontributiva espressa dal presupposto d’impostada questi realizzato.E tale evenienza appare tanto più probabile inquanto la mancata notificazione dell’atto impositi-vo non abbia consentito quel vaglio giurisdiziona-le che la tempestiva impugnazione avrebbe assicu-rato (10).

Costituzione di un fondo spese per il pagamento dell’imposta di registroNé, del resto, alla previa costituzione presso il no-taio di un fondo spese pari alla somma pretesa conil successivo avviso di liquidazione può attribuirsiil significato «del consenso anticipato al pagamen-to dell’imposta nel momento in cui sarebbe statarichiesta al notaio», come ritenuto dall’organo giu-dicante (11): è noto, infatti, che l’anticipata corre-sponsione al notaio degli importi dovuti a titolo diimposta in dipendenza della registrazione dell’attoda questi rogato costituisce un obbligo previsto daprecise disposizioni di legge, alla cui osservanzala parte contraente non può sottrarsi (12).Va anzi osservato che proprio l’obbligatorietà ditale anticipata corresponsione priva il debitoreprincipale di idonei strumenti di tutela a fronte del

comportamento (mancata impugnazione dell’avvi-so di liquidazione e conseguente pagamento dellesomme pretese) posto in essere dal responsabile

1384 Corriere Tributario 17/2007

Cass., 21 febbraio 2007, n. 4047

Impostadi registro

Giurisprudenza

Note:(segue nota 6)rilevato, come emerge dai motivi di impugnazione, che la societàha erroneamente eccepito la nullità della notifica dell’avviso di li-quidazione per non essere stata effettuata presso la propria se-de, anziché contestare la mancata notifica del medesimo avviso ela conseguente inestensibilità nei propri confronti degli effettiscaturenti dall’atto notificato ad altro condebitore.(7) A tale conclusione può pervenirsi ove si consideri che «anchele obbligazioni solidali tributarie, così come quelle civilistiche, de-vono considerarsi costituite da un fascio di rapporti obbligatorisoggettivamente distinti, anche se accomunati da identità di titoloe di oggetto, e, pertanto, ogni singolo coobbligato può “gestire”autonomamente il suo rapporto nei confronti del Fisco» M.C.Fregni, op. cit., pag. 250).(8) Non si comprende peraltro come i soggetti coobbligati pos-sano decidere di non impugnare un atto di cui non siano destina-tari e che non sia stato loro notificato.(9) È noto che su tale argomentazione si fondava la tesi della cd.«supersolidarietà» tributaria, oggi definitivamente superata a se-guito dell’ormai risalente sentenza della Corte costituzionale 16giugno 1968, n. 48, a partire dalla quale la giurisprudenza ha defi-nitivamente affermato il principio della non estensibilità degli ef-fetti di un atto ai soggetti ai quali l’atto medesimo non sia statonotificato. Per un’attenta ricostruzione degli orientamenti dottri-nali e giurisprudenziali sull’argomento, cfr. L. Castaldi, «Solidarietàtributaria», in Enc. giur., vol. XXIX, Roma, 1993, pag. 6 ss.; M. Mic-cinesi, «Solidarietà nel diritto tributario», in Dig. disc . priv. Sez.Com., vol. XIV,Torino, 1997, pag. 454; M.C. Fregni, Obbligazione tri-butaria e codice civile, cit., pag. 257.(10) Dal testo della sentenza non si evincono i motivi formulati asostegno dell’insussistenza della pretesa impositiva fatta valere conl’avviso di liquidazione notificato al responsabile d’imposta: l’omessapronunzia dei giudici è giustificata dal fatto che tali motivi di impu-gnazione risultano assorbiti nella statuizione sulla questione preli-minare in ordine all’ammissibilità dell’azione di rimborso.(11) Ad avviso dei giudici «salvo prova contraria, nei rapporti conil creditore si presume che l’obbligato intimato intanto abbiaprovveduto al pagamento, in quanto abbia avuto l’assenso da par-te di tutti gli altri coobbligati, nei cui confronti, altrimenti, nonpotrebbe esercitare il diritto di regresso ex art. 1299 c.c.». Vatuttavia osservato che, come più avanti sarà evidenziato, l’antici-pato esercizio del diritto di rivalsa può indurre il responsabiled’imposta a non acquisire il previo consenso all’adempimento daparte dei condebitori, per i quali del resto può risultare estrema-mente oneroso fornire la prova contraria.(12) Si tratta di norme non tributarie (art. 28, comma 3, della leg-ge 16 febbraio 1913, n. 89) che consentono al notaio di non svol-gere la funzione di pubblico ufficiale in assenza della previa acqui-sizione delle imposte da versare in virtù della sua responsabilitàsolidale. Proprio sull’anticipato esercizio del diritto di rivalsa vie-ne peraltro fondata la legittimità costituzionale della figura delresponsabile d’imposta, trattandosi di un soggetto tenuto a sod-disfare una pretesa erariale connessa ad un presupposto imposi-tivo realizzato da altri.

d’imposta (13): se da un lato non può disconoscer-si la facoltà di scelta del creditore di pretenderel’adempimento da parte di uno qualsiasi degli ob-bligati in solido, dall’altro, tuttavia, al condebitoreal quale l’atto impositivo non sia stato notificatodeve essere riconosciuto un mezzo di tutela che lopreservi dagli effetti pregiudizievoli scaturenti dal-l’altrui operato.

Irripetibilità di quanto pagato dal responsabiled’imposta e tutela del debitore principaleNon può pertanto invocarsi la intervenuta definiti-vità del rapporto tributario al fine di negare al de-bitore principale la ripetibilità (14) di quanto pa-gato dal responsabile d’imposta che non abbia im-pugnato l’atto impositivo. Invero, la posizionesoggettiva del debitore principale e la conseguentetutela dipenderebbero dalla scelta del coobbligatoda escutere, discrezionalmente operata dall’ammi-nistrazione finanziaria in virtù della facoltà con-cessa al creditore dall’art. 1292 c.c.: sicché, rite-nendosi escluso il rimborso del tributo da altri in-debitamente corrisposto, la possibilità di sottopor-re alla cognizione dei giudici la legittimità del pre-lievo, attraverso l’impugnazione, sarebbe subordi-nata alla circostanza che sia stato o no notificatol’atto impositivo.Non è azzardato ritenere, peraltro, che la sceltadell’amministrazione finanziaria possa incentrarsiproprio sul responsabile d’imposta il quale, poten-do esercitare preventivamente il diritto di regressoin virtù delle norme che obbligano il debitore prin-cipale a corrispondergli anticipatamente le sommepretese dall’erario, potrebbe non avere alcun inte-resse ad impugnare l’atto notificatogli.Si potrebbe così profilare una violazione del prin-cipio di buona fede che, ai sensi dell’art. 10, com-ma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, de-ve informare il rapporto tra contribuente ed ammi-nistrazione finanziaria (15): invero, tale principiova inteso come generale dovere di correttezza delsoggetto attivo (16), il quale deve astenersi daltrarre profitto da situazioni contingenti favorevoli.Tale può infatti configurarsi lo spontaneo adempi-mento della prestazione da parte del responsabiled’imposta nella misura in cui, rendendo definitivoil rapporto tributario, legittima la soluti retentiodel tributo pagato, non essendo consentito al debi-tore principale, rimasto inciso dal prelievo, di con-

testarne la legittimità attraverso l’impugnazionedel diniego di rimborso.

1385Corriere Tributario 17/2007

GiurisprudenzaCass., 21 febbraio 2007, n. 4047

Impostadi registro

Note:(13) A meno che non voglia ritenersi che la tutela del debitoreprincipale possa essere assicurata solo entro i confini della disci-plina dei rapporti interni tra coobbligati: tale sembra essere ilconvincimento espresso nella sentenza annotata, ove si affermache «il coobbligato “dissenziente” potrà far valere le proprie ra-gioni opponendosi all’azione di regresso o di rivalsa del coobbli-gato adempiente». Vale la pena di osservare che nella fattispeciein esame il coobbligato dissenziente, avendo già subito la rivalsa,a causa dell’anticipata corresponsione delle somme pretese dal-l’erario, sarebbe costretto ad agire in giudizio nei confronti delresponsabile d’imposta per ottenere ristoro del pregiudizio eco-nomico sofferto. Prescindendo da ogni approfondimento, impos-sibile in questa sede, vale tuttavia la pena di evidenziare l’estremadifficoltà insita nel fornire la prova che la mancata impugnazionedell’atto impositivo da parte del notaio si configuri come com-portamento non conforme alle regole della correttezza e dellabuona fede e come tale idoneo a provocare un danno risarcibile.(14) Tale conclusione appare peraltro in contrasto con l’orienta-mento espresso dalla medesima Sezione tributaria della Corte dicassazione nella sentenza 8 marzo 2006, n. 4954 (in Corr. Trib. n.21/2006, pag. 1667, con commento di A. Montesano). Conferman-do precedenti giurisprudenziali del medesimo tenore, i giudicihanno infatti affermato che «una volta estinta l’obbligazione tri-butaria l’eventuale diritto al rimborso non può che competere alsoggetto destinato ad essere definitivamente inciso dalla pretesae non al mero coobbligato per il pagamento dell’imposta che hail diritto di rivalsa nei confronti del debitore principale». Sulla ba-se di tale assunto si è conseguentemente negata la legittimazionedel notaio rogante per il rimborso delle somme pagate in ecce-denza, essendo tale soggetto estraneo al rapporto tributario.(nello stesso senso Cass., Sez. trib., 21 dicembre 2002, n. 16390;Id., 23 settembre 2004, n. 19172; Id., 9 marzo 2005, n. 9440, in GT- Riv. giur. trib. n. 11/2005, pag. 1032, con commento di B. Ianniello,«Limiti alla legittimazione processuale tributaria del notaio», e inBanca Dati BIG, IPSOA). Di contrario avviso A. Fedele, Appunti dal-le lezioni di diritto tributario,Torino, 2005, pag. 239.(15) La facoltà di notificare l’atto impositivo ad alcuni soltantodei condebitori confliggerebbe anche con il principio di imparzia-lità di cui all’art. 97 Cost. «che impone viceversa all’amministra-zione di perseguire inderogabilmente nella sua attività criteri diparità di trattamento» (M. Miccinesi, Solidarietà nel diritto tributa-rio, cit., pag. 458).(16) La stessa giurisprudenza ha attribuito al principio di collabo-razione e buona fede un significato talmente ampio da ritenersiapplicabile anche ad altre ipotesi oltre a quelle espressamentecodificate nel secondo e terzo comma del citato art. 10, ritenen-dole non esaustive in quanto meramente esemplificative. In talsenso Cass., Sez. trib., 10 dicembre 2002, n. 17576, in GT - Riv.giur. trib. n. 4/2003, pag. 343, con nota di E. Della Valle, «Il princi-pio di buona fede oggettiva e la marcia inarrestabile dello Statu-to», e in Banca Dati BIG, IPSOA. Da ultimo cfr., altresì, Cass., Sez.trib., 6 ottobre 2006, n. 21513, in Corr.Trib. n. 46/2006, pag. 3666,con commento di P. Muccari.

1386 Corriere Tributario 17/2007

Cass., 14 febbraio 2007, n. 3222Accertamento Giurisprudenza

Cassazione, Sez. trib., Sent., 14 febbraio 2007(5 dicembre 2006), n. 3222 - Pres. Riggio - Rel.Ruggiero

FattoA seguito della verifica fiscale eseguita dal Co-mando Nucleo di Polizia tributaria di Salerno neiconfronti della società G., esercente attività di la-vorazione e commercializzazione di articoli di ab-bigliamento, conclusasi con verbale di accerta-mento del 27 settembre 1995 e con acquisizionedella documentazione extracontabile, l’ufficio IVAnotificava gli avvisi di rettifica ai fini IVA per glianni 1993 e 1994. In particolare, per l’anno 1993,venivano contestati i seguenti addebiti: acquistosenza fattura, vendita senza fattura, tardiva emis-sione di fatture relative ad operazioni imponibilied inesatta registrazione di fatture. Inoltre, sullabase del rinvenimento di appunti manoscritti, ve-nivano contestati i seguenti addebiti: omessa fattu-razione di prestazioni ricevute, omessa fatturazio-ne di cessioni di beni e tardiva emissione di fatturerelative ad operazioni imponibili.Avverso tali avvisi la società proponeva opposi-zione, eccependo che i rilievi dell’Ufficio non era-no suffragati da valide presunzioni. La Commissione tributaria provinciale di Salerno,con la sentenza n. l18/18/97, respingeva il ricorso,motivando che la rettifica dell’Ufficio poggiava

non su appunti extracontabili privi di consistenza,ma sul rinvenimento di block-notes e schede, sucui erano stati riscontrati rapporti commerciali noncontabilizzati. La società interponeva gravame, lamentando la su-perficialità, la illegittimità e la carenza di motiva-zione.La Commissione tributaria regionale, con la sen-tenza in epigrafe indicata, accoglieva parzialmentel’appello; in particolare, per l’anno 1993, annulla-va il rilievo relativo all’acquisto senza fattura, an-nullava il rilievo relativo alla vendita senza fattu-ra, dichiarava cessata la materia del contendereper i rilievi formali e confermava nel resto; inol-tre, per l’anno 1994, annullava il rilievo relativoalla vendita senza fattura, dichiarava cessata lamateria del contendere per i rilievi formali e con-fermava nel resto; fissava nel minimo edittale leconseguenziali penalità; compensava le spese. Inordine al fondamentale addebito, motivava che,quanto agli appunti intestati a vari clienti, la primaparte costituiva la presumibile o potenziale vendi-ta, mentre la vendita reale era quella in calce agliordini.Per la cassazione di questa decisione l’amministra-zione finanziaria ha proposto ricorso, notificato indata 11 gennaio 2001, con l’articolazione di duemotivi. La società non si è costituita.

Motivi della decisione1. Con il primo motivo l’amministrazione ricor-rente ha dedotto la violazione e falsa applicazionedegli artt. 112, 115 e 132 c.p.c. e l’omessa, insuffi-ciente e contraddittoria motivazione su punti deci-sivi della controversia, in relazione all’art. 360,primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c. ed all’art. 62,comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992. In particolare,rilevava che: l’argomento motivazionale, fondatosull’interpretazione di uno dei fogli extracontabilirinvenuti in sede di verifica, era estraneo al conte-nuto dell’appello, in quanto tale argomento erastato abbandonato; inoltre sulla validità della pre-

Documentazione extracontabile e accertamento induttivo ai fini IVA

La documentazione extracontabile (block-notes,schede, ecc.) legittimamente rinvenuta nell’ambitodi verifiche fiscali svolte presso la sede dell’im-presa integra un elemento probatorio, ancor-ché presuntivo, rilevante ai fini dell’accertamen-to induttivo in materia di IVA. Infatti, le annota-zioni informali così reperite costituiscono unindizio grave, preciso e concordante dellaesistenza di operazioni commerciali prive di ri-scontro nella contabilità «ufficiale».

LA MASSIMA

1387Corriere Tributario 17/2007

GiurisprudenzaCass., 14 febbraio 2007, n. 3222

Accertamento

sunzione, fondata sulla documentazione extracon-tabile, nulla era stato detto, per cui l’annullamentodel rilievo era privo di base logica. Con il secondo motivo è stata eccepita la viola-zione e falsa applicazione degli artt. 54 e 55 delD.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e la motivazioneinsufficiente ed illogica su punti decisivi dellacontroversia, in relazione all’art. 360, primo com-ma, n. 3 e n. 5, c.p.c. ed all’art. 62, comma 1, delD.Lgs. n. 546/1992. Si assumeva, in modo speci-fico, che: la Commissione regionale aveva confer-mato la rettifica dell’ufficio, nella parte in cuiaveva accertato l’acquisto senza fattura di servizidi lavorazione di capi di vestiario, ritenendo chefossero pienamente adeguate le prove documenta-li rinvenute dai verificatori; alla luce di questacircostanza, la sentenza appariva manifestamentecontraddittoria laddove aveva disatteso il conse-guenziale rilievo concernente l’avvenuta venditasenza fattura delle merci lavorate in nero; eranostati del tutto ignorati dai giudici tributari gli ele-menti emersi dalla verifica in ordine alla inatten-dibilità degli inventari ed alla rilevata prassi dellasocietà di distinguere i «pezzi reali» dai «pezzi inbolla».2. Il ricorso deve essere accolto, in quanto sono ri-sultate fondate le censure svolte dall’amministra-zione.2.1. A parte ogni considerazione sul fatto che l’at-to di appello della società conteneva anche rilieviin ordine ad uno dei fogli extracontabili, ma tali ri-lievi erano svolti in maniera alquanto generica, viè che l’Ufficio operava sulla base di presunzionipienamente valide.Appare aprioristica l’affermazione, sottesa allamotivazione della decisione gravata, secondo laquale la rettifica non possa fondarsi su presunzio-ni. Soprattutto questa tesi contrasta con gli orien-tamenti consolidati di questa Corte, che ha avutomodo di puntualizzare come sia utilizzabile ai finidell’accertamento di operazioni non contabilizzatenella contabilità «ufficiale» qualsiasi forma di do-cumentazione che sia astrattamente idonea ad evi-denziarne l’esistenza, purché legittimamente rin-venuta nel corso di verifiche fiscali. In particolare, è stato precisato che tale documen-tazione, pur in assenza di irregolarità contabili e diinadempimenti degli obblighi di legge, non puòessere ritenuta dal giudice come probatoriamente

irrilevante, integrando invece la stessa un elemen-to probatorio, ancorché presuntivo, utilmente valu-tabile in sede di accertamento dell’IVA, indipen-dentemente dal contestuale riscontro di irregolaritànella tenuta della contabilità e di inadempimentidegli obblighi di legge (Cass., Sez. trib., 8 settem-bre 2006, n. 19329) (1).Dunque, il problema della valutazione dell’effica-cia probatoria di tale documentazione è stato risol-to nel senso che il rinvenimento di una contabilitàinformale, tenuta su un brogliaccio, oltre che suagende-calendario, block-notes, matrici di assegni,estratti di conti correnti bancari, costituisce un in-dizio grave, preciso e concordante dell’esistenzadi imponibili non riportati nella contabilità ufficia-le, che legittima l’amministrazione finanziaria aprocedere ad accertamento induttivo (Cass, Sez.trib., 27 marzo 2006, n. 6949) (2).Ed, inoltre, ai fini del riconoscimento dell’effica-cia probatoria della presunzione, non occorre che ifatti sui quali la stessa si basa siano tali da fare ap-parire l’esistenza del fatto ignoto come l’unicaconseguenza possibile dei fatti accertati, bastando,al riguardo, che l’operata inferenza sia effettuataalla stregua di un canone di probabilità, la cui se-quenza e ricorrenza siano verificabili secondo lecomuni regole di esperienza (Cass. n. 19329/2006cit.).In sintesi, le presunzioni poste a base dell’accerta-mento devono ottemperare alla regola o criterio -il cui rispetto è assoggettabile a controllo giurisdi-zionale - dell’inferenza logica, non già necessaria,ma probabilistica dei fatti costitutivi della pretesatributaria (Cass. n. 9961/1996, n. 9782/1999, n.2605/2000) (3).2.2. Coglie nel segno anche la censura di viziomotivazionale. Innanzitutto, sotto il profilo speci-fico dell’omessa motivazione, risulta del tuttoomessa la delibazione in ordine alla discrasia tra icapi affidati per la lavorazione ed i capi ceduti.Pertanto, si rende necessaria una nuova valutazio-ne della controversia. Sotto il medesimo profilodel difetto di motivazione, va evidenziato che ladecisione è affidata ad affermazioni tautologiche,

Note:(1) In Corr.Trib. n. 43/2006, pag. 3434, con commento di S. Stufano.(2) In Banca Dati BIG, IPSOA.(3) Cass., 8 marzo 2000, n. 2605, in Banca Dati BIG, IPSOA.

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Cass., 14 febbraio 2007, n. 3222Accertamento Giurisprudenza

che non consentono una adeguata ricostruzionedell’iter logico-giuridico.Sussiste anche il vizio denunziato nell’ottica dellacontraddittorietà della motivazione. Infatti, i giudicidi secondo grado, circa l’acquisto senza fattura diservizi di lavorazione di un considerevole numerodi capi di abbigliamento, per un verso riconosceva-no adeguate le prove documentali raccolte in corsodi verifica, per altro verso, tuttavia, disattendevanoil pur conseguenziale rilievo circa l’avvenuta vendi-ta senza fattura delle merci lavorate «in nero».

In conclusione, accogliendosi il ricorso dell’ammi-nistrazione, la decisione gravata deve essere cassa-ta con rinvio ad altra Sezione del giudice a quo. Ilgiudice del rinvio provvederà anche in ordine a al-le spese della presente fase.

P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza im-pugnata. Rinvia, anche per le spese, ad altra Sezio-ne della Commissione tributaria regionale dellaCampania.

ILCommentodi Diana Muraro

Nella prospettiva dell’accertamento induttivo ai fi-ni IVA, la Suprema Corte valorizza la rilevanzaprobatoria delle presunzioni - qualificate come«gravi, precise e concordanti» - ricavabili dalla do-cumentazione extracontabile rinvenuta nell’ambi-to della verifica fiscale. Peraltro, l’attribuzione ditale valenza probatoria viene agganciata ad unoschema argomentativo dotato di un certo «auto-matismo», in quanto il fatto consistente nel rinve-nimento di tali scritture sembra essere reputatodalla Corte quale elemento sufficiente ai fini dellarettifica. Ciò, peraltro, senza indugiare sul conte-nuto delle scritture stesse e, in particolare, sul lo-ro rapporto con l’attività economica sottostante.

La sentenza in rassegna ritorna sulla questionedella rettifica della dichiarazione tributaria (inquesto caso, la dichiarazione IVA), fondata sullaacquisizione di documentazione extracontabile (1).Segnatamente, le contestazioni mosse nei confron-ti della società sottoposta a verifica si fondano sulrinvenimento di appunti manoscritti, riconducibilia block-notes e schede, dai quali gli Uffici hannofatto discendere l’esistenza di rapporti commercia-li non contabilizzati (2).

Diana Muraro - Cultore di diritto tributario presso la Facoltà diEconomia dell’Università degli Studi di Padova

Note:(1) Sul tema dell’accertamento induttivo-extracontabile, si veda-no, senza pretese di esaustività, i seguenti scritti: G. Falsitta, Ma-

nuale di diritto tributario. Parte generale, Padova, 2005, pag. 393; Id.,Corso istituzionale di diritto tributario, Padova, 2007, pagg. 241-243;A. Fantozzi, Corso di diritto tributario, Torino, 2003, pag. 194; Id., Ildiritto tributario, Torino, 2003, pag. 426; Id., «I rapporti tra Fisco econtribuente nella nuova prospettiva dell’accertamento tributa-rio», in Riv. dir. fin. sc. fin., 1984, pag. 216; F. Tesauro, Istituzioni di di-ritto tributario. Parte generale, Torino, 2006, pagg. 237-238; F. Mo-schetti (a cura di), Procedimenti tributari e garanzie del cittadino, Pa-dova, 1984, passim; R. Lupi, Diritto tributario. Parte generale, Milano,2005, pag. 169; Id., Manuale giuridico professionale di diritto tributa-rio. Principi generali e questioni di diritto positivo, Milano, 2001, pas-sim; Id., Metodi induttivi e presunzioni nell’accertamento tributario,Milano, 1988, passim; Id., «Argomentazioni extracontabili e coeffi-cienti predeterminati nell’accertamento dei contribuenti minori(dalla legge 154/1989 al disegno di legge 3005/1991)», in Riv. dir.trib., 1991, I, pag. 625; G. Gaffuri, Diritto tributario. Parte generale eparte speciale, Padova, 2006, passim; S. La Rosa, Principi di diritto tri-butario, Torino, 2006, pag. 350; Id., «I modelli accertativi nel siste-ma tributario italiano», in Dir. prat. trib., 1986, I, pag. 1513; E. DeMita, Principi di diritto tributario, Milano, 2004, pag. 313; D. Stevana-to, «Irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e limiti all’ac-certamento induttivo», in Rass. trib., 1989, II, pag. 877; I. Manzoni,Potere di accertamento e tutela del contribuente nelle imposte direttee nell’IVA, Milano, 1993, passim; A. Giovannini, Ipotesi normative direddito e accertamento nel sistema d’impresa, Milano, 1992, pag. 93;A. Cicognani, «Appunti sull’accertamento tributario dei redditid’impresa e di lavoro autonomo», in Dir. prat. trib., 1984, I, pag.369; G.Tinelli, Istituzioni di diritto tributario, Padova, 2003, pag. 219;A. Di Pietro (a cura di), L’accertamento tributario. Principi, metodi,funzioni. Giornata di studi per Antonio Berliri, Milano, 1994, passim; L.Ferlazzo Natoli, Lineamenti di diritto tributario, Milano, 2004, pag.86 ss.; G. Ingrao, «Verso il superamento della dicotomia tra ac-certamento contabile ed extracontabile per piccole imprese eprofessionisti», in Riv. dir. trib., 2006, I, pag. 21 ss.(2) Per l’analisi di casi similari, cfr. le recenti sentenze di Cass., 27marzo 2006, n. 6949, in Banca Dati BIG, IPSOA; Id., 8 settembre2006, n. 19329, in Corr. Trib. n. 43/2006, pag. 3434, con commentodi S. Stufano.

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GiurisprudenzaCass., 14 febbraio 2007, n. 3222

Accertamento

Nel procedere in questa direzione, i giudici affron-tano, sia pure indirettamente, la questione del me-todo accertativo e la questione dell’impiego, nel-l’ambito di tale metodo, di presunzioni dotate deirequisiti di gravità, precisione e concordanza (3).Prima di appuntare l’attenzione sul caso in esame,corre l’obbligo di spendere alcune riflessioni in-torno al ruolo della strumentazione presuntiva insede di accertamento dei fatti fiscalmente rilevan-ti. In questa prospettiva, non vi è dubbio che l’am-ministrazione finanziaria possa avvalersi di code-sta strumentazione (4): si deve tuttavia stabilirequali fatti vengono posti a fondamento di tali pre-sunzioni e quali argomentazioni la stessa ammini-strazione impiega per dimostrare i fatti posti allabase della pretesa erariale.Nel caso specifico, ci sembra che la Corte sipreoccupi da una parte di fissare il principio dellautilizzabilità della documentazione extracontabile;dall’altra, di stabilire in astratto che tale documen-tazione può essere dotata di efficacia probatoria;infine, di sottoporre alla regola probabilistica il ri-sultato raggiunto attraverso schemi di accertamen-to presuntivi, espungendolo dal modello stando alquale il fatto ignoto dovrebbe essere l’unica con-seguenza desumibile dal fatto noto.Orbene, l’esame dei profili testé richiamati impo-ne di procedere seguendo un certo ordine.

L’utilizzabilità della documentazione extracontabile nell’accertamento induttivo IVAQuanto al primo aspetto (l’utilizzabilità della docu-mentazione extracontabile nel comparto dell’IVA),la sentenza appare pienamente condivisibile. Non c’è dubbio, infatti, che l’amministrazione fi-nanziaria possa avvalersi del più ampio apparatodocumentale al fine di accertare, anche in virtù dischemi inferenziali, le fattispecie di evasione. Inquesto senso, il supporto documentale rinvenutonell’ambito delle operazioni di verifica (block-no-tes, schede, ecc.) costituisce - quantomeno su unpiano astratto - un valido punto di appoggio per larettifica del quantum dichiarato.L’indirizzo giurisprudenziale dimostra, in questosenso, significativa attenzione ai profili costituzio-nali, laddove perviene, in definitiva, a fissare ilprincipio secondo il quale il reddito imponibile de-ve convergere verso risultati di effettività, senzamascheramenti garantiti, in modo più o meno evi-

dente, dalle scritture contabili. In altre parole, lescritture non debbono assumere, nel comparto del-l’accertamento, il ruolo di strumenti idonei a pie-gare i risultati fiscali verso valori che non espri-mono dati effettivi ma, per l’appunto, dati formali.In quest’ottica, scritture contabili e bilancio posso-no certo costituire la base per la determinazioneanalitica del reddito, a condizione che quanto inessi esposto corrisponda a realtà (5) (6). Il primo arresto giurisprudenziale, pertanto, con-sente di riflettere sugli schemi tradizionali standoai quali la regolarità meramente formale dellescritture contabili non cristallizza il potere accer-tativo. Anzi, tale potere può spingersi fino al supe-ramento delle risultanze contabili, laddove essenon manifestino sintonia rispetto ad altri elementiacquisibili anche al di fuori delle scritture. Ciò èdimostrato, del resto, dalla progressiva evoluzione

Note:(3) Giova sin d’ora rilevare come la logica che ispira l’accerta-mento di cui all’art. 55 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 siaquella di consentire la determinazione induttiva dell’ammontareimponibile e dell’aliquota applicabile «sulla base dei dati e dellenotizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’ufficio(…)». Nel procedere alla ricostruzione del reddito imponibile,l’Ufficio può utilizzare ogni mezzo probatorio consentito, ancor-ché di natura presuntiva, a condizione che sia caratterizzato dairequisiti di gravità, precisione e concordanza. In questa prospetti-va, come chiaramente rilevato da I. Manzoni, Potere di accertamen-to, cit., pag. 360, l’obiettivo dell’accertamento induttivo IVA non èquello di ricostruire l’effettivo valore aggiunto maturato dal con-tribuente, siccome risultante dalle operazioni effettuate sia a val-le che a monte, bensì quello di determinare l’ammontare delleoperazioni imponibili e la relativa imposta. E ciò, computando indetrazione solo i versamenti eventualmente eseguiti dal contri-buente e le imposte detraibili ai sensi dell’art. 19, risultanti dalleliquidazioni prescritte dagli artt. 27 e 33 del D.P.R. n. 633/1972.(4) In tal senso, cfr., per tutte, Cass., 8 luglio 2002, n. 9884 (inCorr.Trib. n. 42/2002, pag. 3818, con commento di C. Lamberti), ri-guardante il caso della ricostruzione dei ricavi di un’impresa di ri-storazione sulla base del consumo dei tovaglioli utilizzati.(5) Su questo versante, come rilevato da R. Lupi, «Considerazio-ni-bonsai sull’evasione delle imprese minori», in A. Di Pietro (acura di), L’accertamento tributario. Principi, metodi, funzioni. Giornatadi studi per Antonio Berliri, Milano, 1994, «La scrittura contabile èspesso uno schermo rispetto alla realtà effettiva, alla quale invecesi avvicinano molto di più considerazioni basate sulle caratteristi-che sostanziali dell’attività».(6) È opportuno precisare, purtuttavia, che opera nell’attuale si-stema fiscale italiano il nesso di derivazione del reddito d’impre-sa dal risultato di conto economico. Per un approfondimento sulpunto, si veda, per tutti, G. Zizzo, «La determinazione del redditodelle società e degli enti commerciali», in G. Falsitta, Manuale didiritto tributario. Parte speciale. Il sistema delle imposte in Italia, Pa-dova, 2005, pag. 230 ss.

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Cass., 14 febbraio 2007, n. 3222Accertamento Giurisprudenza

della disciplina fiscale sul versante dell’accerta-mento incentrato su indici esteriori e su studi disettore (7).

L’efficacia probatoria della documentazione extracontabileDesta, invece, perplessità il secondo arresto giuri-sprudenziale, laddove la Corte, nell’affrontare iltema dell’efficacia probatoria della documentazio-ne extracontabile, fissa il principio secondo il qua-le tale tema sarebbe dominato dal mero «rinveni-mento di una contabilità informale». Quest’ultima,a sua volta, costituirebbe «un indizio grave, preci-so e concordante dell’esistenza di imponibili nonriportati nella contabilità ufficiale, che legittimal’amministrazione finanziaria a procedere ad ac-certamento induttivo».Si tratta di un’affermazione priva di qualsiasi sfu-matura (e, potremmo dire - per certi aspetti - «to-temica») sulla quale sono necessarie alcune consi-derazioni.In particolare, appare discutibile l’osservazione inbase alla quale il supporto dell’azione accertatricepotrebbe essere rappresentato dal mero «rinveni-mento» di una contabilità informale, senza preoc-cuparsi di effettuare, su tale contabilità, un esamecritico in ordine al contenuto della stessa. Ci domandiamo, insomma, quale valenza possa at-tribuirsi al semplice reperimento di siffatta docu-mentazione in sede di verifica, in assenza di unavalutazione volta a determinare una connessionedella stessa (documentazione) con l’attività del-l’impresa ed, eventualmente, con le fattispecieevasive. In verità, la scansione procedimentale non dovreb-be essere del tipo - automatico - «rinvenimentodella contabilità informale/accertamento indutti-vo», bensì del tipo «rinvenimento della contabi-lità/vaglio critico della stessa ed, eventualmente,rettifica della dichiarazione». Per costante insegnamento della dottrina (8), infat-ti, l’accertamento (qui inteso come atto volto allarettifica del dichiarato) non costituisce una fasenecessaria rispetto all’attività istruttoria, bensì unafase meramente eventuale: fase, dunque, dipen-dente dai risultati concretamente emersi nel corsodell’attività di ispezione e di verifica.Tale schema operativo sembra trascurato nel corpodella sentenza commentata, nel quale, come è age-

vole rilevare, è assente qualsiasi riferimento all’at-tività di valutazione del fatto (segnatamente, atti-vità di valutazione della documentazione extra-contabile). In altri termini, nella sentenza non sono riportate in-dicazioni quanto al contenuto dei block-notes, sche-de, ecc. e manca, pertanto, l’idea delle argomenta-zioni sulla base delle quali codesto contenuto do-vrebbe riferirsi proprio al soggetto che è stato sotto-posto ad accertamento. In ogni caso, quand’anchetale contenuto fosse stato esplicitato (il che non è),rimane da stabilire come esso si coordini con l’atti-vità di ricostruzione dell’imponibile.Suscita altre perplessità, in questa prospettiva, ilfatto che il rinvenimento di documenti extraconta-bili possa legittimare il ricorso all’accertamentoinduttivo. Anche qui, non possono non valere leargomentazioni che abbiamo poc’anzi prospettato.Infatti, l’adozione di tale metodo, il quale prevedel’abbandono delle scritture contabili (se esistenti)e l’adozione di strumentazione presuntiva addirit-tura priva dei caratteri di gravità, precisione e con-cordanza (9) dovrebbe pur sempre avvenire sulpresupposto della dimostrazione della totale inaffi-dabilità delle scritture stesse. Dimostrazione, que-sta, che certo non può essere affidata al mero «rin-venimento» di una contabilità informale, bensì al-l’esame della contabilità stessa secondo le regolepiù in alto esposte, oltre che ad una attività di ade-guamento tra il contenuto delle suddette scritture el’attività concretamente esercitata.

Note:(7) Sul tema, cfr. A. Fantozzi, «Gli studi di settore nell’accerta-mento del reddito d’impresa», in L. Perrone e C. Berliri (a curadi), Diritto tributario e Corte costituzionale, Napoli, 2006, pag. 383.G. Marongiu, «Coefficienti presuntivi, parametri e studi di setto-re», in Dir. prat. trib., 2002, I, pag. 707; M. Beghin, L’accertamento inbase a studi di settore. Contributo allo studio dei «metodi» del-l’accertamento dei redditi determinati sulla base delle scritturecontabili, ed. provv., Padova, 2005, passim; L.Tosi, Le predetermina-zioni normative nell’imposizione reddituale. Contributo alla trattazionesistematica dell’imposizione su basi forfetarie, Milano, 1999, passim;R. Lupi, Metodi induttivi e presunzioni nell’accertamento tributario,Milano, 1988, passim.(8) In tal senso, per tutti, S. La Rosa, «Caratteri e funzioni dell’ac-certamento tributario», in A. Di Pietro (a cura di), L’accertamentotributario, cit., pag. 38.(9) Il problema non si porrebbe qualora si abbracciasse la lineaargomentativa adottata da I. Manzoni, Potere di accertamento, cit.,pag. 359, stando al quale, in materia di IVA, la rettifica basata sumetodologia induttiva deve comunque avvenire in base a presun-zioni gravi, precise e concordanti.

1391Corriere Tributario 17/2007

GiurisprudenzaCass., 14 febbraio 2007, n. 3222

Accertamento

In altre parole, sembra a chi scrive che sia manca-ta in questo caso quella interpretazione del fatto laquale, ad avviso di attenta dottrina (10), non puòessere omessa in sede di ricostruzione dell’impo-nibile fiscale. L’impressione è che, in questo caso, il giudice ab-bia inteso affidarsi ad uno schema di massimasemplificazione, agganciando, secondo una scan-sione «automatica», il fatto costituito dal rinveni-mento della documentazione extracontabile al fat-to rappresentato dall’occultamento di fattispecieimponibili. Tra i due fatti, peraltro, non esiste - co-me abbiamo detto - una necessaria concatenazio-ne, laddove si riconosca che per tradurre in evasio-ne il contenuto della documentazione extraconta-bile è necessario affrontare un indefettibile pas-saggio sul versante dell’esame e della valutazionecritica della documentazione stessa.

La portata «probabilistica» del criterio di inferenza logicaDel resto, la stessa Corte di cassazione impieganel corpo della sentenza espressioni che ci appaio-no criticabili, laddove legittima l’accertamento in-duttivo sulla base di elementi extracontabili che,testualmente, valorizza quali «indizi gravi, precisie concordanti dell’esistenza di imponibili non ri-portati nella contabilità ufficiale».Ebbene, al fine di rettificare la dichiarazione tributa-ria non sembra sufficiente disporre di «indizi» ed èrichiesto, semmai, che questi (indizi) si tramutino inprove dell’evasione stessa (11). Insomma, i «dati» ele «notizie» non dovranno essere affermati apoditti-camente dall’Ufficio, ma provati dallo stesso e ri-condotti, sulla base di un nesso di logicità, al sog-getto cui si riferiscono le operazioni di verifica. Taleconversione dell’indizio in prova dell’evasione nonsembra avvenuto, stando al corpo della sentenza inrassegna, ove i requisiti di «gravità, precisione econcordanza» vengono - a nostro modo di vedere -calati dall’alto, in assenza di qualsivoglia valutazio-ne del caso concreto. Insomma, sembra sia venuta amancare una fase di puntuale adattamento delle ri-sultanze istruttorie al caso specifico.

Considerazioni conclusiveSulla base delle considerazioni qui sopra svolte, leconclusioni cui è dato pervenire sono le seguenti:a) in ordine all’impiego della strumentazione pre-

suntiva, non vi è dubbio che essa possa entrarenell’ambito degli schemi di accertamento; pari-menti, non vi è dubbio che, movendo da scrittureextracontabili, si possa procedere alla ricostruzio-ne dell’imponibile fiscale;b) in ordine alle modalità di impiego delle scrittu-re extracontabili, peraltro, è da respingere l’ideasecondo la quale esse possano, per il semplice fat-to di essere state intercettate dall’amministrazione,supportare una qualsiasi ricostruzione dell’imponi-bile. In particolare, siamo dell’idea che le scritturein esame debbano essere inquadrate nella prospet-tiva delle attività concretamente esercitate e nonesonerino gli Uffici finanziari dalla esposizionedell’iter seguito per sostenere il recupero presunti-vo. In altre parole, le scritture extracontabili nonlegittimano, da sole, l’impiego dell’accertamentoinduttivo, se esse non dimostrino che le scritturecontabili sono inattendibili (12). Ma è evidenteche, per dimostrare tale inattendibilità, l’Ufficionon potrà esimersi da una indagine fattuale ap-profondita, la quale esponga risultati di netta, si-gnificativa dissociazione tra ciò che è stato forma-lizzato e ciò che è stato rinvenuto in sede istrutto-ria. Altrimenti detto, altro è la prova del presuppo-sto per il metodo induttivo; altro è la prova dei fat-ti di evasione che l’Ufficio intende raggiungere at-traverso schemi inferenziali.

Note:(10) Sul punto, per tutti, R. Lupi, «I concetti strutturali del giudiziodi fatto riferito all’evasione fiscale», in Rass. trib., 2005, pag. 1775.(11) Sul rapporto tra fonti di presunzione e fonti di prova, cfr. A.Giovannini, Ipotesi normative di reddito e accertamento nel sistemad’impresa, Milano, 1992, pag. 65.(12) Come chiaramente rilevato da F. Moschetti, «Avviso di ac-certamento tributario e garanzie del cittadino», in F. Moschetti (acura di), Procedimenti, cit., pag. 43 ss., in particolare pag. 53 ss., lacoesistenza dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, ri-ferita alle presunzioni utilizzate nell’ambito dell’accertamentoanalitico, richiede che le stesse rappresentino la conseguenza ne-cessaria ed univoca emergente dal procedimento inferenziale ba-sato su fatti noti. In questa prospettiva, tale coesistenza «devecreare un effetto non di mera probabilità, ma di certezza giuridi-ca del fatto ignoto», cosicché la fonte di prova presuntiva nondovrebbe fornire una dimostrazione meno certa rispetto allafonte di prova diretta. Sempre con riferimento all’accertamentoanalitico, lo stesso Autore esclude, espressamente, l’attribuzionedelle caratteristiche di gravità, precisione e concordanza - con ri-ferimento alle presunzioni - qualora la rettifica «sia basata unica-mente su appunti, annotazioni, conteggi, prospetti, ecc., di incertapaternità, suscettibili di valutazioni diverse e non suffragati daelementi ulteriori di prova».

1392 Corriere Tributario 17/2007

Cass., 22 gennaio 2007, n. 1315IVA Giurisprudenza

Cassazione, Sez. trib., Sent. 22 gennaio 2007 (7 dicembre 2006), n. 1315 - Pres. Paolini - Rel. Zanichelli

1. Svolgimento del processoF.L. ha proposto riscorso avverso l’avviso con ilquale l’Ufficio IVA di xxx aveva rettificato la di-chiarazione annuale 1994, irrogando le relative san-zioni, per avere il medesimo emesso note di creditoin un’ipotesi diversa da quella prevista dall’art. 26del D.P.R. n. 633/1972 e conseguentemente per ave-re reso dichiarazioni inesatte e avere tenuto irrego-larmente le scritture contabili, precisando che le no-te di accredito erano state emesse a fronte del contri-buto annuale di manutenzione degli impianti frigori-fero cui era contrattualmente obbligato nei confrontidegli acquirenti dei prodotti (gelati) da lui forniti. La Commissione tributaria provinciale ha accoltoparzialmente il ricorso. Sull’appello principale dell’ufficio e incidentaledel contribuente la Commissione tributaria regio-nale ha confermato la decisione. Ricorre per cassazione l’amministrazione dedu-cendo violazione e falsa applicazione dell’art. 26del D.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, n.3), c.p.c., per avere la Commissione ritenuto che lafattispecie in relazione alla quale erano state emes-se le note di credito rientrasse tra quelle previsteda tale norma.Resiste il contribuente con controricorso.

Motivi della decisioneIn via preliminare deve rilevarsi la tempestivitàdella proposizione del ricorso (8 luglio 2005) conriferimento alla data di deposito della sentenza im-pugnata (15 gennaio 2003), tenuto conto della so-spensione dei termini prevista nella legge n.289/2002 e dei principi enunciati dalla Corte nellasentenza n. 22891/2005 (1) quanto alle modalità dicalcolo. I termini fattuali della fattispecie sono del tuttopacifici: il contribuente, titolare di una ditta dicommercio all’ingrosso di gelati e prodotti conge-lati, forniva gelati ai propri clienti unitamente aifrigoriferi per conservarli; il contratto prevedevaper il cliente l’obbligo di utilizzare detti frigoriferie per il fornitore quello di corrispondere un contri-buto annuale fisso per le spese di manutenzione.L’avviso di rettifica relativamente all’anno 1994 èstato notificato in quanto il contribuente, dopoaver emesso le fatture per le forniture eseguite, haaltresì emesso note di credito con la causale «qua-le vostro compenso per la vendita del gelato A. ecorretta esposizione e manutenzione dei frigorife-ri, riferito al 1994». La Commissione tributaria re-gionale, dopo aver riconosciuto che l’emissionedelle note di credito non era conforme al «caratte-re strettamente formale dell’IVA», ha ritenuto tut-tavia che non potesse non tenersi conto dell’assen-za di danno per l’erario e che la comune volontàdelle parti in ordine a tale sistema di regolazionedei loro rapporti potesse inquadrarsi tra le cause dideterminazione di variazioni in aumento o in dimi-nuzione previste dai commi 2 e 3 dell’art. 26 delD.P.R. n. 633/1972. Ha impugnato tale ratio deci-dendi l’ufficio ribadendo come non solo fosse di-versa l’aliquota applicata (9% per le forniture e19% per le note di credito), ma che comunque lenote di credito non possano che essere emesseesclusivamente con riferimento a fatture attive.

Limiti all’emissione della nota di accredito

Non sussistono le condizioni legittimanti l’e-missione delle note di credito a seguito di varia-zioni dell’imponibile IVA o dell’imposta se, comenel caso deciso, le operazioni imponibili ogget-to delle note di credito sono diverse da quelleper cui erano state emesse le fatture. La varia-zione, inoltre, deve conseguire al rilevamento diinesattezze o ad accordi o eventi sopravve-nuti, e non invece da un complessivo e conte-stuale accordo preesistente.

LA MASSIMA

Nota:(1) In Corr.Trib. n. 14/2006, pag. 1115, con commento di F. Graziano.

1393Corriere Tributario 17/2007

GiurisprudenzaCass., 22 gennaio 2007, n. 1315

IVA

Il motivo è fondato. L’art. 26 del D.P.R. n.633/1972 disciplina le variazioni dell’ammontaredell’imponibile o dell’imposta distinguendo l’i-potesi della variazione in aumento, per cui sussi-ste l’obbligo di emissione di fattura e delle relati-ve annotazioni, da quella di variazione in diminu-zione per cui è prevista la semplice facoltà diprocedere a portare in detrazione l’imposta e aregistrare tale operazione. Per entrambe le ipotesiil tenore letterale della norma («Se un’operazioneper la quale sia stata emessa fattura, successiva-mente alla registrazione dl cui agli articoli 23 e24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riducel’ammontare imponibile ...») e la logica che pre-siede alla documentazione e al calcolo del tributoindicano chiaramente che in tanto può ipotizzarsiuna questione di variazione in quanto per eventisuccessivi all’emissione o per inesattezze venga-no modificati gli estremi di una determinata ope-razione imponibile e cioè di un rapporto di ces-sione di beni o prestazione di servizi singolar-mente considerato e non già quando muta per unaqualsiasi causa il quadro complessivo dei rappor-ti tra i soggetti interessati. Nella fattispecie, l’in-sussistenza delle condizioni legittimanti l’emis-sione delle note di credito deriva da un dupliceordine di considerazioni. In primo luogo le ope-razioni imponibili oggetto delle note di creditosono diverse da quelle per cui erano state emessele fatture in quanto mentre queste si riferivano al-le forniture di merce quelle concernevano presta-zioni di servizi (manutenzione). In secondo luo-go, la pretesa variazione non consegue al rileva-mento di inesattezze o ad accordi o eventi so-pravvenuti ma deriverebbe da un complessivo econtestuale accordo preesistente che comprende-va sia le forniture di merce da parte del ricorrenteche il servizio di manutenzione da parte dellacontroparte. Né, al fine di giustificare il ricorsoalla nota di credito in luogo della fattura, vale ri-chiamare la decisione della Corte giustizia CE,17 settembre 1997, nel procedimento C-141/96(2), la quale ha ritenuto l’equivalenza tra i duedocumenti, posto che la medesima affrontava ildiverso problema se, nel caso in cui la legislazio-ne autorizza l’emissione della nota di credito daparte del destinatario della prestazione in luogodell’emissione della fattura da parte dell’autoredella stessa, nei confronti di quest’ultimo si veri-

fichino gli stessi effetti, quanto alla responsabi-lità per l’imposta, che conseguirebbero all’emis-sione della fattura da parte sua. La fondatezza del motivo comporta l’accoglimen-to del ricorso. Non essendo necessari ulteriori ac-certamenti in fatto, la causa può essere decisa nelmerito e pertanto respinta la domanda introduttivadel contribuente. L’esito della fase di merito induce a compensareintegralmente tra le parti le spese dell’intero giudi-zio.

P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza im-pugnata e, decidendo nel merito, rigetta la doman-da introduttiva del contribuente; compensa le spe-se dell’intero giudizio.

Nota:(2) In Banca Dati BIG, IPSOA.

1394 Corriere Tributario 17/2007

Cass., 22 gennaio 2007, n. 1315IVA Giurisprudenza

La Corte di cassazione ribadisce il principio dell’i-dentità tra l’oggetto della fattura e della registra-zione originaria, da un lato, e, dall’altro, l’oggettodella registrazione della variazione, di modo cheesista una corrispondenza tra i due documenticontabili (fattura e nota di credito).Il presupposto dell’identità, che deve valere anchesul piano soggettivo (ossia con riferimento allecontroparti dell’operazione originaria e di quellarettificata), implica altresì che l’aliquota IVA appli-cata in fase di regolarizzazione debba essere lamedesima della fatturazione originaria.

Con la sentenza in esame, la Suprema Corte si èpronunciata in ordine all’ambito applicativo dellaprocedura di variazione in diminuzione (dell’im-ponibile e dell’imposta) di cui all’art. 26, secondoe terzo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633.Nella specie, si tratta di comprendere la legittimitàdella procedura in esame, qualora la stessa, attuataattraverso l’emissione di apposite note di credito,si riferisca ad operazioni (imponibili) diverse daquelle oggetto della fatturazione originaria.Nel caso giudicato, quest’ultima riguarda la forni-tura di determinati beni (in specie, gelati e prodotticongelati), mentre le note di credito concernonouna prestazione di servizio (in specie, la manuten-zione degli impianti frigorifero forniti dallo stessocedente unitamente ai gelati).In pratica, per accordo contrattuale, il cedente si èimpegnato a riconoscere ai cessionari un contribu-to annuo, di importo fisso, per la manutenzionedei suddetti frigoriferi, da scomputare, per mezzodelle note di credito, dal prezzo di vendita dei pro-dotti precedentemente ceduti.Oltre alla diversità delle operazioni compiute (ces-sione, da un lato, e prestazione, dall’altro), la con-testazione mossa dall’Ufficio si basa anche sullaconsiderazione che i due documenti contabili (fat-tura e nota di credito) sono stati emessi (dal ce-dente/prestatore) in relazione ad operazioni sog-gette a IVA con aliquote diverse; tali sono, infatti,le aliquote applicate, rispettivamente, alla cessione

dei prodotti alimentari (9%, all’epoca dei fatti) eal servizio di manutenzione (19%, all’epoca deifatti).

Procedura di variazione in diminuzioneLa posizione espressa sul punto dai giudici di le-gittimità, che nega l’applicabilità dell’art. 26 delD.P.R. n. 633/1972, si fonda sul meccanismo difunzionamento della procedura di variazione in di-minuzione.Quest’ultima, nella normativa interna (ma non an-che in quella comunitaria) (1), ha carattere facolta-tivo (2), a differenza dell’ipotesi di variazione inaumento, disciplinata dal primo comma del citatoart. 26, obbligatoria «tutte le volte che successiva-mente all’emissione della fattura o alla registrazio-ne di cui agli artt. 23 e 24 l’ammontare imponibiledi un’operazione o quello della relativa impostaviene ad aumentare per qualsiasi motivo, compre-se la rettifica di inesattezze della fatturazione odella registrazione».La variazione in diminuzione dell’imponibile edell’imposta, proprio perché è un diritto potestati-vo, è ammessa solo in casi tassativi, peraltro senzalimiti di tempo, tranne che nelle ipotesi di accordosopravvenuto o di erronea fatturazione, rispetto al-le quali la rettifica va effettuata entro il termine diun anno dal compimento dell’operazione (imponi-bile) originaria (3).Più in dettaglio, il secondo comma dell’art. 26 di-sciplina la rettifica diminutiva, senza limitazionetemporale alcuna, discendente da «dichiarazionedi nullità, annullamento, revoca, risoluzione, re-

ILCommentodi Marco Peirolo

Marco Peirolo - Dottore commercialista in Torino, Gruppo di Studio- Eutekne

Note:(1) Cfr. art. 90, par. 1, della direttiva 28 novembre 2006, n.2006/112/CE, che ha abrogato, dal 1° gennaio 2007, la direttiva17 maggio 1977, n. 77/388/CEE (cd.VI direttiva CEE).(2) Cfr. RR.MM. 3 dicembre 1991, n. 560055 e n. 500372, in BancaDati BIG, IPSOA; R.M. 30 ottobre 1982, n. 352824, ivi e R.M. 16maggio 1978, n. 361363, ivi.(3) Sul termine annuale in caso di erronea fatturazione si veda,da ultimo, la circolare dell’Agenzia delle entrate 16 febbraio2007, n. 11/E (risposta 5.1), in Banca Dati BIG, IPSOA.

1395Corriere Tributario 17/2007

GiurisprudenzaCass., 22 gennaio 2007, n. 1315

IVA

scissione e simili (4) o per mancato pagamento intutto o in parte a causa di procedure concorsuali odi procedure esecutive rimaste infruttuose o inconseguenza dell’applicazione di abbuoni o scontiprevisti contrattualmente» (5); il terzo comma del-lo stesso articolo, invece, estende la facoltà di ret-tifica, nel rispetto del termine annuale, all’ipotesiin cui gli eventi di cui sopra discendano dal so-pravvenuto accordo delle parti (6) e a quella del-l’erronea fatturazione (7).

Metodi di rettificaQuanto alla procedura che, in concreto, deve esse-re adottata per la rettifica, spetta al cedente/presta-tore emettere la nota di credito; per ragioni conta-bili, la variazione dell’imponibile va annotata, invia alternativa, in diminuzione delle vendite o inaumento degli acquisti, secondo quanto previstodall’art. 26, secondo e quinto comma.In modo speculare, il cessionario/committente, do-vendo restituire all’erario l’imposta, in tutto o inparte, «indebitamente» detratta, deve annotare lavariazione, in via alternativa, in aumento dellevendite o in riduzione degli acquisti.Il secondo comma dell’art. 26 stabilisce che, in ca-so di adozione della procedura di variazione, «ilcedente del bene o il prestatore del servizio ha ildiritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19l’imposta corrispondente alla variazione»; spetta,quindi, al solo cedente/prestatore la facoltà di av-valersi dello strumento della nota di credito conaccredito dell’IVA da rettificare, dovendosi esclu-dere che il cessionario/committente possa, di pro-pria iniziativa, recuperare (a debito), con appositanota da lui emessa, l’imposta «erroneamente» de-tratta.Previo accordo con il cedente/prestatore, la nota didebito può rettificare la fattura originaria solo sulpiano finanziario, lasciando cioè invariata la posi-zione IVA delle controparti (8).Né, d’altra parte, il cessionario/committente puòrivolgersi direttamente all’amministrazione finan-ziaria per chiedere la restituzione dell’imposta as-solta, in via di rivalsa, ai sensi dell’art. 18 delD.P.R. n. 633/1972 (9), posto che il rapporto (dicarattere tributario) con l’Ufficio si riferisce allasola detrazione operata (10).Il cessionario/committente, dopo che i lcedente/prestatore ha adottato la procedura di va-

riazione (11), può ripetere nei suoi confronti l’im-posta corrisposta a titolo di rivalsa, stante il rap-

Note:(4) Sulla riconducibilità della rettifica, in caso di contratto stipula-to «per persona da nominare», alla locuzione «e simili», si veda laD.R.E. Emilia Romagna, con la nota 9 maggio 2002, n. 909-20845/2002, in Banca Dati BIG, IPSOA.(5) Sul trattamento IVA dei prezzi di fine anno si veda Cass., 5marzo 2007, n. 5006, di prossima pubblicazione in GT - Riv. giur.trib., con commento di M. Peirolo.(6) Sulla validità dell’accordo verbale, si veda Cass., 22 giugno2001, n. 8558, in Corr.Trib. n. 34/2001, pag. 2578, con commento diR. Fanelli, e in GT - Riv. giur. trib. n. 11/2001, pag. 1300, con com-mento di G. Zizzo, «Sconti e note di variazione IVA».(7) Secondo la risoluzione dell’Agenzia delle entrate 20 novem-bre 2001, n. 185/E (in Corr.Trib. n. 11/2002, pag. 998, con commen-to di M. Peirolo), quest’ultima «si configura come un originarioerrore della fattura in sé considerata, che sin dalla sua emissioneesprime una divergenza tra la realtà effettiva e quella dichiarata».(8) Cfr. R.M. 11 luglio 1992, n. 530447, in Banca Dati BIG, IPSOA.(9) Cfr. Cass., 5 maggio 2003, n. 6778, in Corr.Trib. n. 27/2003, pag.2242, con commento di M. Peirolo.(10) In pratica, l’amministrazione finanziaria ha il potere/doveredi escludere il cessionario/committente dall’esercizio del dirittodi detrazione (cfr. Cass., 10 giugno 1998, n. 5733, in GT - Riv. giur.trib. n. 12/1998, pag. 1064, con commento di A. Comelli, «Profilisostanziali e processuali dell’erroneo assoggettamento all’IVA diun’operazione esclusa», in Banca Dati BIG, IPSOA, e in Riv. dir. trib.n. 4/1999, II, pag. 191, con nota di S. La Rosa, «L’erronea applica-zione dell’Iva, tra le norme e il dogma della condictio indebiti»).In effetti, come si dirà, una volta riconosciuto, nei confronti delcessionario/committente, il diritto di ripetere dal proprio ceden-te/prestatore la maggiore imposta corrisposta a titolo di rivalsa,risulta conseguentemente precluso il diritto di detrazione di talemaggiore imposta, pena la violazione del principio di neutralitàdell’IVA derivante dalla duplice valenza dello stesso credito d’im-posta relativo alla medesima operazione imponibile. Cfr. A. Co-melli, «La restituzione dell’IVA versata e non dovuta e variazionidell’imponibile o dell’imposta», in Rass. trib. n. 2/2000, II, pag. 489.(11) In alternativa alla medesima, il cedente/prestatore può chie-dere all’amministrazione finanziaria il rimborso dell’IVA «non do-vuta» attraverso l’azione generale di rimborso di cui al comma 2dell’art. 21 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (cfr. Cass., 6 feb-braio 2004, n. 2274, in Banca Dati BIG, IPSOA).Sulla predetta alternatività, si vedano anche: Comm. trib. reg. Li-guria, 9 marzo 2005, n. 57, in GT - Riv. giur. trib. n. 10/2005, pag.972, con commento di M. Peirolo, «Recupero dell’IVA “non dovu-ta”: procedura di variazione e azione generale di rimborso», e inBanca Dati BIG, IPSOA; Cass., 28 aprile 2000, n. 5427, in GT - Riv.giur. trib. n. 12/2000, pag. 1092, con commento di L. Bianchi, «Po-teri del giudice tributario di secondo grado e presupposti delgiudicato interno», e in Banca Dati BIG, IPSOA; Id., 13 marzo2000, n. 2868, in GT - Riv. giur. trib. n. 6/2000, pag. 483, con com-mento di A. Comelli, «La restituzione dell’IVA non dovuta e va-riazioni dell’imponibile o dell’imposta», e in Banca Dati BIG,IPSOA; Id., 12 dicembre 1996, n. 11083, in GT - Riv. giur. trib. n.11/1997, pag. 1036, con commento di P. Centore, «Modalità di re-cupero dell’IVA “non dovuta”», e in Banca Dati BIG, IPSOA.

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Cass., 22 gennaio 2007, n. 1315IVA Giurisprudenza

porto di natura privatistica esistente tra i due sog-getti (12).In questo modo, al riequilibrio della posizione fi-scale (derivante dalla rettifica dell’IVA detratta), ildestinatario della nota di credito riequilibra anchela posizione patrimoniale, conseguente alla perditadella detrazione, recuperando l’imposta a suo tem-po corrisposta, in rivalsa, alla propria controparte(13).Secondo la posizione unanime della Suprema Cor-te (14), la restituzione va promossa tramite l’azio-ne prevista dall’art. 2033 c.c., la cui cognizione èdevoluta alla competenza del giudice ordinario.Contro tale azione, che si prescrive nell’ordinariotermine decennale di cui all’art. 2946 c.c., il ce-dente/prestatore non può opporre il fatto di averversato l’imposta «non dovuta» all’Erario (15).

Presupposti della rettificaLa nota di credito deve contenere quelle indicazio-ni che si rendano necessarie per «collegare» l’ope-razione originaria con quella rettificata.Detto collegamento si esprime sia dal lato sogget-tivo, sia da quello oggettivo.Sotto il primo profilo, la variazione in diminuzio-ne (di cui all’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972) pre-suppone che la stessa intervenga tra le medesimeparti dell’operazione (imponibile) originaria. Sic-ché, non può essere applicata a soggetti diversi,anche se intervenuti successivamente al compi-mento dell’operazione oggetto di fatturazione ini-ziale (16).Sotto il secondo aspetto, è richiesta l’«identità tral’oggetto della fattura e della registrazione origi-naria, da un lato, e, dall’altro, l’oggetto della regi-strazione della variazione, in modo che esista cor-rispondenza tra i due atti contabili» (17) (fattura enota di credito).In sostanza, tenuto conto che lo scopo del legisla-tore è quello di evitare «pericolose forme di elu-sione degli obblighi del contribuente» (18), tale fi-nalità viene perseguita, da un lato, vietando la mo-dificazione, sia in senso unilaterale che concordatotra le parti, delle registrazioni obbligatorie, e, dal-l’altro, ossia in caso di variazione (successiva)dell’imponibile e dell’imposta, richiedendo l’iden-tità dell’oggetto della registrazione della rettificarispetto all’oggetto della fattura e della registra-zione originarie.

Nel documento rettificativo non è, tuttavia, indi-spensabile indicare la fattura o le fatture origina-rie, specie allorché la variazione discenda dallosconto (o abbuono) condizionato al raggiungimen-to, da parte del cliente, di un predeterminato volu-me di acquisti.Più in generale, tanto la prassi amministrativa(19), quanto la giurisprudenza (20), ammettono lavalidità della «regolarizzazione» allorché il «colle-gamento» tra i predetti documenti contabili (fattu-ra e nota di credito) si evinca altrimenti (per esem-pio, dalle originarie pattuizioni) (21).Tale identità comporta l’applicazione, nella nota dicredito, della stessa aliquota utilizzata per la quan-tificazione dell’imposta in sede di fatturazione(22), anche se l’aliquota, tra la data di emissionedella fattura e quella di rilascio della nota di credi-to, sia variata (23).

Note:(12) Cfr. art. 26, secondo comma, ult. periodo, del D.P.R. n.633/1972.(13) Cfr. M. Basilavecchia, «Le note di variazione», in AA.VV., L’im-posta sul valore aggiunto, in Giur. sist. dir. trib., diretta da F. Tesauro,Torino, 2001, pag. 647 ss.(14) Cfr. Cass., 28 aprile 1990, n. 3602, in Corr. Trib. n. 27/1990,pag. 1883; Id., SS.UU., 13 dicembre 1991, n. 13446, ivi n. 4/1992,pag. 281.(15) Cfr. Cass. n. 5733/1998, cit.(16) Cfr. Cass., 21 giugno 2001, n. 8455, in Banca Dati BIG, IPSOA.Sulla procedura di variazione in diminuzione in caso di contratto«per persona da nominare», si veda tuttavia la R.M. 29 aprile1986, n. 400649, in Banca Dati BIG, IPSOA, nonché la nota D.R.E.per l’Emilia Romagna n. 909-20845 del 2002, cit.(17) Così Cass., 6 luglio 2001, n. 9188, in Banca Dati BIG, IPSOA eId., 2 luglio 1999, n. 5356. Nello stesso senso, per la prassi ammi-nistrativa, cfr. R.M. 19 dicembre 1977, n. 360206, ivi.(18) Così Cass. n. 9188/2001, cit.(19) Cfr. R.M. 7 marzo 1977, n. 364184, in Banca Dati BIG, IPSOA;R.M. 16 dicembre 1975, n. 502289, ivi.(20) Cfr. Cass., 11 aprile 1996, n. 3428, in Corr. Trib. n. 25/1996,pag. 2042; Comm. trib. centr., 11 luglio 1992, n. 4542, in Banca Da-ti BIG, IPSOA; Comm. trib. II gr. Pavia, 10 ottobre 1980, n. 43, ivi.(21) Sul punto, anche A. Carinci, «Le variazioni Iva: profili sostan-ziali e formali», in Riv. dir. trib. n. 6/2000, I, pagg. 743 e 751;A. Santi,«La Cassazione si pronuncia sui requisiti della nota di credito», inCorr.Trib. n. 46/2001, pag. 3476.(22) Cfr. R.M. 29 luglio 1980, n. 383041, in Banca Dati BIG, IPSOA;R.M. 18 luglio 1984, n. 398113, ivi.(23) Come indicato nelle istruzioni relative alla compilazione delmodello di dichiarazione IVA 2007, qualora «il contribuente abbiaregistrato, nell’anno d’imposta, operazioni assoggettate ad IVA conaliquote d’imposta o percentuali di compensazione non più presen-ti, nel quadro VE, egli deve computare gli imponibili relativi a talioperazioni nel rigo corrispondente all’aliquota più prossima a quel-

(segue)

1397Corriere Tributario 17/2007

GiurisprudenzaCass., 22 gennaio 2007, n. 1315

IVA

Orientamento della Corte di cassazioneNel caso di specie, i richiamati presupposti (inparticolar modo, quello oggettivo) sono stati as-sunti dai giudici di legittimità a fondamento del-l’esclusione della rettifica in diminuzione, nonravvisandosi quel collegamento che deve necessa-riamente sussistere tra l’operazione originaria equella regolarizzata.Mentre la prima riguarda la fornitura di determina-ti beni, la seconda concerne una prestazione di ser-vizio; peraltro, si tratta di operazioni soggette aIVA con aliquote diverse (rispettivamente, nellamisura, allora vigente, del 19% e del 9%).La Suprema Corte ha, quindi, respinto l’ammissi-bilità della procedura di variazione, oltre che per ildifetto del presupposto dell’identità oggettiva trale operazioni cui si ricollega la nota di credito, an-che perché «la pretesa variazione non consegue alrilevamento di inesattezze o ad accordi o eventisopravvenuti ma deriverebbe da un complessivo econtestuale accordo preesistente che comprendevasia le forniture di merce (…) che il servizio di ma-nutenzione da parte della controparte».Neppure il rilievo, avanzato dal contribuente, sullaritenuta equivalenza tra la fattura e la nota di cre-dito è stato accolto. Al riguardo, la Corte di giusti-zia (24) ha stabilito che gli Stati membri, ai sensidell’art. 22, par. 3, lett. a), della VI direttiva CEE,

sono autorizzati «a considerare come “documentoequivalente ad una fattura” una nota di creditoemessa dal destinatario dei beni o dei servizi, qua-lora contenga le indicazioni che la detta direttivaprescrive per le fatture», se la stessa viene «emes-sa con l’accordo del soggetto passivo fornitore deibeni o prestatore dei servizi e quest’ultimo possacontestare l’importo dell’IVA ivi indicato».Per i giudici di legittimità, il richiamo alla sentenzadella Corte UE sarebbe inconferente, «posto che lamedesima affrontava il diverso problema se, nelcaso in cui la legislazione autorizza l’emissionedella nota di credito da parte del destinatario dellaprestazione in luogo dell’emissione della fattura daparte dell’autore della stessa, nei confronti di que-st’ultimo si verifichino gli stessi effetti, quanto allaresponsabilità per l’imposta, che conseguirebberoall’emissione della fattura da parte sua».

Note:(segue nota 23)la calcolata, calcolando le imposte corrispondenti, e deve poi inclu-dere la differenza d’imposta (positiva o negativa) rispettivamentenei righi VE24 e VE11, fra le variazioni. Nei quadri VE e VF alcuni im-porti potrebbero risultare di segno negativo a seguito di variazioniin diminuzione eseguite nell’anno d’imposta. In tale ipotesi, indicareil segno (-) davanti ai relativi importi (all’interno dei campi)».(24) Cfr. Corte di giustizia CE, 17 settembre 1997, causa C-141/96, in Banca Dati BIG, IPSOA.

Giurisprudenza

1398 Corriere Tributario 17/2007

Rassegnaa cura di Cesare Glendi

CORTE DI GIUSTIZIA UEIVA 1. Cessione di beni - Fornitura con posa in opera diun cavo a fibre ottiche - Collegamento tra due Statimembri - Parziale collocazione al di fuori dell’U-nione europea - Configurazione come cessione dibeni e non come prestazione di servizi - Condizioni

1. La fornitura e posa in opera di un cavo a fibreottiche che collega due Stati membri ed è colloca-to in parte fuori del territorio dell’Unione europeadeve essere considerata come una cessione di beniai sensi dell’art. 5, n. 1, della VI direttiva CEE(come modificata dalla direttiva del Consiglio n.2002/93/CE), quando risulta che, in seguito ai col-laudi eseguiti dal fornitore, il cavo sarà trasferitoal cliente, il quale potrà disporne come proprieta-rio, e che il prezzo del cavo vero e proprio rappre-senta una parte chiaramente preponderante del co-sto totale dell’operazione, mentre i servizi del for-nitore si limitano alla posa in opera del cavo, sen-za alterarne la natura e senza adattarlo alle esigen-ze specifiche del cliente.Corte di giustizia UE, Sez. III, Sent. 29 marzo2007, causa C-111/05 - Pres. Rosas - Rel. LõhmusDi prossima pubblicazione in questa Rivista, conil commento di P. Centore

2. Cessione di beni - Fornitura con posa in opera diun cavo a fibre ottiche - Collegamento tra due Statimembri - Parziale collocazione al di fuori dell’U-nione europea - Tassazione in ciascuno Stato mem-bro attraversato dal cavo e proporzionale alla lun-ghezza del cavo situato sul suo territorio - Configu-rabilità

2. L’art. 8, n. 1, lett. a), della VI direttiva CEE de-ve essere interpretato nel senso che la competenzaa tassare la fornitura e la posa in opera di un cavoa fibre ottiche che collega due Stati membri del-l’Unione europea ed è collocato in parte al di fuori

del territorio comunitario spetta a ciascuno Statomembro in proporzione alla lunghezza del cavoche si trova sul suo territorio, sia per quanto ri-guarda il prezzo del cavo vero e proprio e del ma-teriale residuo, sia per quanto riguarda il costo deiservizi collegati alla posa in opera di quest’ultimo.Corte di giustizia UE, Sez. III, Sent. 29 marzo2007, causa C-111/05 - Pres. Rosas - Rel. LõhmusDi prossima pubblicazione in questa Rivista, conil commento di P. Centore

3. Cessione di beni - Fornitura con posa in opera diun cavo a fibre ottiche - Collegamento tra due Statimembri - Parte dell’operazione effettuata nella zonaeconomica esclusiva sulla piattaforma continentale ein alto mare - Assoggettamento ad IVA - Esclusione

3. Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. a), della VI diretti-va CEE, in combinato disposto con gli artt. 2, pun-to 1, e 3 della stessa direttiva, la fornitura e la posain opera di un cavo a fibre ottiche che collega dueStati membri dell’Unione europea non sono assog-gettate all’IVA per la parte dell’operazione cheviene effettuata nella zona economica esclusiva,sulla piattaforma continentale e in alto mare.Corte di giustizia UE, Sez. III, Sent. 29 marzo2007, causa C-111/05 - Pres. Rosas - Rel. Lõh-musDi prossima pubblicazione in questa Rivista, conil commento di P. Centore

CORTE COSTITUZIONALEPROCESSO TRIBUTARIO Poteri delle Commissioni tributarie - Art. 7, comma1, del D.Lgs. n. 546/1992 - Esclusione del potere diordinare alle parti di produrre documenti necessariai fini della decisione - Questione di legittimità co-stituzionale - Infondatezza

È infondata la questione di legittimità costituzio-nale (sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Co-st.) dell’art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992,nella parte in cui non prevede, tra i poteri istrutto-ri dell Commissioni tributarie, quello di ordinarealle parti, pur nei limiti dei fatti dedotti, di produr-re documenti ritenuti necessari ai fini della deci-sione.Corte cost., Sent. 29 marzo 2007 (19 marzo2007), n. 109 - Pres. Bile - Red. Vaccarella

«Rassegna di giurisprudenza tributaria»:tutte le massime, con il testo delle sentenze

e l’eventuale commento d’Autore

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1399Corriere Tributario 17/2007

Giurisprudenza Rassegnaa cura di Cesare Glendi

CORTE DI CASSAZIONEIRAPSoggetti passivi - Promotore finanziario - Mancanzadi autonoma organizzazione - Presupposto dell’im-posta - Esclusione - Obbligo per il giudice di meritodi accertare il requisito dell’organizzazione - Sussi-stenza - Obbligo per il giudice di merito di accerta-re la qualificabilità, o meno, come imprenditore delpromotore finanziario - Sussistenza

Ai fini IRAP l’autonoma organizzazione del lavo-ratore autonomo è riscontrabile ogniqualvolta ilprofessionista si avvalga, in modo non occasiona-le, di lavoro altrui, o impieghi beni strumentali ec-cedenti il minimo comunemente ritenuto indispen-sabile per l’esercizio dell’attività.L’accertamento sull’esistenza dell’autonoma orga-nizzazione deve essere compiuto con riferimento atutti i periodi per i quali è chiesto il rimborso.Posto che il promotore finanziario è figura oscil-lante tra l’impresa e il lavoro dipendente, conside-rato che l’imprenditore commerciale è pacifica-mente assoggettabile ad IRAP, il giudice di meritodovrà esaminare l’ascrivibilità del promotore fi-nanziario alla categoria dei promotori non impren-ditori.Cass., Sez. trib., Sent. 2 aprile 2007 (8 febbraio2007), n. 8177 - Pres. Prestipino - Rel. GenoveseDi prossima pubblicazione in questa Rivista, conil commento di A. Bodrito, e in GT - Riv. giur.trib., con il commento di G. Marongiu

PROCESSO TRIBUTARIO Sentenza passata in giudicato - Efficacia in altrogiudizio tra le stesse parti - Ammissibilità - Riesamenel secondo giudizio di analoghe questioni di fatto edi diritto - Non è consentito - Principio di autono-mia dei diversi periodi d’imposta - Esclusione

Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano rife-rimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno diessi sia stato definito con sentenza passata in giu-dicato, l’accertamento così compiuto in ordine allasituazione giuridica ovvero alla soluzione di que-stioni di fatto e di diritto relative ad un punto fon-damentale comune ad entrambe le cause, forman-do la premessa logica indispensabile della statui-zione contenuta nel dispositivo della sentenza,

preclude il riesame dello stesso punto di diritto ac-certato e risolto, anche se il successivo giudizioabbia finalità diverse da quelle che hanno costitui-to lo scopo ed il petitum del primo. Tale efficacianon trova ostacolo, in materia tributaria, nel prin-cipio di autonomia dei periodi d’imposta, in quan-to l’indifferenza della fattispecie costitutiva del-l’obbligazione relativa ad un determinato periodorispetto ai fatti che si siano verificati al di fuoridello stesso si giustifica solo in relazione ai fattinon aventi caratteristica di durata e comunque va-riabili da periodo a periodo, e non anche rispettoagli elementi costitutivi della fattispecie che,estendendosi a una pluralità di periodi d’imposta,assumono carattere tendenzialmente permanente.Cass., Sez. trib., Sent. 21 marzo 2007 (1° gennaio2007), n. 6755 - Pres. Paolini - Rel. Genovese

COMMISSIONI TRIBUTARIEACCERTAMENTOAccertamento induttivo - Ridotta potenzialità d’im-presa in un determinato anno lavorativo - Scosta-mento dei ricavi da quelli determinati dai parametri- Ammissibilità

In caso di accertamento induttivo, un anno caratte-rizzato da anomalie (come, nel caso deciso, l’assen-za per servizio di leva del collaboratore, figlio delcontribuente, nonché l’impegno prevalente del con-tribuente stesso presso altra società) è da conside-rarsi atipico e di sicuro impatto sui risultati, che nonpossono che essere l’espressione forzatamente ri-dotta di un potenziale d’impresa, in quanto dall’an-no successivo sono stati espressi quantitativamentein modo più congruo. Tale ipotesi è quindi assimila-bile alle caratteristiche che presenta il primo annodi attività di un’azienda, anno in cui è necessarioprocedere all’allacciamento dei rapporti di lavoroche vanno a determinare, nel tempo, l’avviamento(uno degli elementi valutati nell’azienda), così co-me pure l’ultimo anno di attività (anno di liquida-zione), che vede dissolversi tali rapporti aziendali,risultando quindi motivato il discostarsi dei ricavida quelli determinati, nel caso, dai parametri.Comm. trib. prov. di Padova, Sez. VIII, Sent. 27marzo 2007 (12 dicembre 2006), n. 252 - Pres.Pezzangora - Rel. VoltolinaDi prossima pubblicazione in GT - Riv. giur. trib.,con il commento di A. Marcheselli

IVAFatturazione - Cessione di beni - Corresponsionedell’imposta da parte del cessionario - Mancatoversamento dell’IVA all’Erario da parte del cedente- Responsabilità del cessionario - Esclusione

Nessun addebito può essere formulato a carico delcessionario (che abbia eseguito i pagamenti, coninclusione di IVA) per mancato versamento del-l’imposta da parte del cedente, poiché il cessiona-rio non può verificare, né sindacare, né contrastarecomportamenti che appartengono esclusivamentealla sfera altrui.Comm. trib. prov. di Isernia, Sez. III, Sent. 14marzo 2007 (14 febbraio 2007), n. 8 - Pres. Pilo-ne - Rel. FabrizioDi prossima pubblicazione in questa Rivista, conil commento di M. Basilavecchia, e in GT - Riv.giur. trib., con il commento di P. Centore

IVARegimi speciali - Auto usate - Acquisto in regimedel margine ex art. 36 del D.L. n. 41/1995 - Verifi-ca, da parte dell’acquirente, delle condizioni legit-timanti l’uso dell’agevolazione - Necessità - Esclu-sione

L’applicazione del regime del margine deriva dallanecessità di evitare la doppia imposizione IVA lad-dove sussistano le condizioni previste dall’art. 36del D.L. n. 41/1995 (convertito dalla legge n.85/1995), ossia che si tratti di beni usati (nel casodeciso, automobili aventi almeno sei mesi di vita eseimila chilometri di percorrenza) e che l’acquistoavvenga da privati, o soggetti esenti, o da soggettiche abbiano già acquistato beneficiando del regi-me del margine.La norma, dunque, operando una presunzione inforza della quale sono parificati agli acquisti daprivati quelli relativi a beni ceduti da operatori,che, a loro volta, abbiano assoggettato l’operazio-ne al regime del margine, esclude la necessità diuna verifica, da parte dell’acquirente, delle condi-zioni legittimanti l’utilizzo dell’agevolazione, rite-nendo giustificato il ricorso a tale regime nel casoin cui il soggetto passivo non fosse in grado dipercepire o conoscere l’eventuale illegittimità de-gli atti precedenti.Comm. trib. reg. Molise, Sez. I, Sent. 26 febbraio

2007 (18 dicembre 2006), n. 35 - Pres. Ghionni -Rel. PiconeDi prossima pubblicazione in GT - Riv. giur. trib.,con il commento di P. Centore

AGEVOLAZIONICredito d’imposta per le aree svantaggiate - Erro-nea indicazione del codice per godere dell’agevola-zione nel modello F24 - Prova della sussistenza deirequisiti per il credito d’imposta - Diritto all’agevo-lazione - Sussistenza

Nel caso in cui il contribuente dimostri, attraverso ladocumentazione prodotta, di avere diritto al creditod’imposta per investimenti nelle aree svantaggiate dicui all’art. 7 della legge n. 388/2000, tale diritto nonpuò essergli negato, pur in presenza di una erratacompilazione di uno dei Mod. F24 (nel caso deciso,erronea indicazione del codice di riferimento).Comm. trib. prov. di Avellino, Sez. V, Sent. 7 feb-braio 2007 (25 gennaio 2007), n. 33

1400 Corriere Tributario 17/2007

GiurisprudenzaRassegnaa cura di Cesare Glendi

Assonime, Circolare n. 13 del 12 marzo 2007Si precisa che il testo sopra riportato

è una sintesi elaborata dalla redazione IPSOA

Assonime, Circolare n. 13 del 12 marzo 2007Prassi amministrativa Manovra

Finanziaria

1401Corriere Tributario 17/2007

Nuove aliquote, franchigie ed esenzioni nell’imposta sulle successioni e donazioni

Presupposto impositivoIl presupposto oggettivo dell’imposta sulle suc-cessioni e donazioni è stato ampliato rispetto allaprecedente norma, prevedendo oltre ai trasferimentidi beni e diritti per causa di morte e per donazione,anche gli atti a titolo gratuito e di costituzionedi vincoli di destinazione.Per l’Agenzia delle entrate (risposta a Telefisco 2007)la locuzione «costituzione di vincoli di destinazione»va riferita solo ai negozi con effetti traslativi del-la proprietà di beni o diritti e non anche a quelli do-ve permane di fatto la titolarità dei beni in capo aldisponente stesso.

Trasferimento di beni al trust e ai suoi beneficiariNella suddetta risposta, l’Agenzia delle entrate haanche affermato che sono soggetti ad imposta sia itrasferimenti di beni e diritti effettuati a favore diun trust in sede di istituzione, sia quelli effet-tuati dal trustee a favore dei beneficiari deltrust.L’Agenzia non ha però considerato che il trasferi-mento di beni dal disponente al trustee non incre-menta il patrimonio di quest’ultimo, non verifican-dosi alcun arricchimento di tale soggetto.L’imposta si applicherebbe poi secondo le aliquotepiù elevate, poiché di norma il trustee non è legatoda rapporti di parentela con il disponente. La stessodicasi quando il trustee successivamente trasferisce ibeni ai beneficiari, applicandosi ancora l’aliquota piùelevata prevista per i trasferimenti fra soggetti chenon hanno vincoli di parentela. Ne deriva una formadi tassazione assolutamente non equa a carico deltrust.

Aliquote e franchigieSono state previste, sia per le successioni che per ledonazioni, nuove aliquote d’imposta e nuovi livel-

li di franchigia, entrambi variabili a seconda del gra-do di parentela con il de cuius o donante.

Esenzioni per i trasferimenti di aziende, quote sociali e azioni

È stata prevista l’esenzione per il passaggio gene-razionale riguardante le aziende o rami di esse,le quote sociali e le azioni, anche se in questo caso lanorma appare essere oltremodo rigida e restrittiva,limitando notevolmente i casi in cui l’agevolazionepotrà essere utilizzata.

Società di capitaliCon riferimento alle quote di società di capitali, lanorma specifica, infatti, che il beneficio è limitato aisoli casi in cui, attraverso la successione o la donazio-ne, sia acquisito o integrato il controllo ai sensidell’art. 2359, primo comma, n. 1), c.c. Stante questorichiamo, l’esenzione prevista spetta solo se il trasfe-rimento delle quote o azioni permette agli eredi odonatari di subentrare in una situazione di con-trollo (maggioranza di voti) o di realizzare tale con-trollo qualora essi siano già in possesso di altre quo-te o azioni della società. Se il controllo può esserepacificamente accertato nei casi in cui un unico bene-ficiario acquisisca le quote o azioni, appare invece piùdubbio quando la partecipazione di controllotrasferita sia frazionata fra più beneficiari.

Parere dell’Agenzia delle entrateL’Agenzia delle entrate ha osservato, nella circolaren. 11/E del 2007, che la predetta condizione si realiz-za se la proprietà delle quote o delle azioni dimaggioranza è acquisita «pro indiviso» (compro-prietà dai beneficiari), mentre tende invece a negarela spettanza dell’esenzione quando ciascun beneficia-rio acquisti una parte, in proprietà esclusiva, dellequote o azioni, se per effetto dell’acquisto nessunbeneficiario disponga del controllo della società.

LA CIRCOLARE IN SINTESI

1402 Corriere Tributario 17/2007

Assonime, Circolare n. 13 del 12 marzo 2007

Prassi amministrativaManovraFinanziaria

ILCommentodi Fabio Guffanti

La reintroduzione dell’imposta sulle successioni edonazioni ha fornito lo spunto al legislatore perabolire alcune norme del precedente D.Lgs. n.346/1990 e per introdurne di nuove, come la fissa-zione di nuove aliquote d’imposta, variabili a se-conda del grado di parentela con il de cuius o do-nante. Sono stati fissati anche nuovi livelli di fran-chigia ed è stata prevista l’esenzione per il passag-gio generazionale riguardante le aziende o rami diesse, le quote sociali e le azioni, anche se in que-sto caso la norma appare essere oltremodo rigidae restrittiva, limitando notevolmente i casi in cui ilbeneficio dell’agevolazione potrà essere utilizzato.

Con la circolare in commento, Assonime è interve-nuta a fornire chiarimenti e a porre in luce dubbiinterpretativi in relazione alla reintroduzione del-l’imposta sulle successioni e donazioni dispostadalla legge 24 novembre 2006, n. 286, di conver-sione del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 e successiva-mente modificata dalla legge 27 dicembre 2006, n.296 (legge Finanziaria 2007) (1).Come noto, l’imposta sulle successioni e donazio-ni, gravante sui trasferimenti a titolo gratuito(mortis causa o per atto fra vivi) di cui al D.Lgs.31 ottobre 1990, n. 346 era stata abolita con la leg-ge 18 ottobre 2001, n. 383. Questi tipi di trasferi-menti rimanevano però soggetti alle imposte ipote-carie e catastali (pari rispettivamente al 2 eall’1%), quando avevano ad oggetto beni immobi-li, nonché, per le donazioni di importo superiore a350 milioni delle vecchie lire a favore di soggettiche non avessero rapporti di coniugio o parentelacon il donante entro il quarto grado, all’applica-zione delle imposte applicabili ai relativi atti tra-slativi a titolo oneroso (generalmente l’imposta diregistro).Osserva Assonime che l’abolizione dell’impostasulle successioni e donazioni si inquadrava nell’o-rientamento che i trasferimenti a titolo gratuito,anche per atto fra vivi che avvengono nell’ambitodel nucleo familiare, non esprimessero una realecapacità contributiva, trattandosi di patrimoni for-matisi all’interno della famiglia e nel cui ambito

erano destinati a rimanere. L’eliminazione del pre-lievo era poi particolarmente sentita quando il tra-sferimento riguardava l’azienda di famiglia o quo-te di partecipazione di società di famiglia, poichél’elevato prelievo fiscale gravante sullo stesso eracertamente di ostacolo al passaggio generazionale,creando spesso problemi di sopravvivenza delleimprese stesse. Anche in sede comunitaria (2) erastato espresso questo orientamento di non danneg-giare la trasmissione ereditaria delle aziende di fa-miglia con onerosi prelievi fiscali.Questo orientamento è stato di nuovo posto in di-scussione con la reintroduzione dell’imposta sullesuccessioni e donazioni, che, anche se con impattolimitato per la previsione di nuove franchigie,comporta in certi casi (per attribuzioni patrimonia-li di una certa entità) un prelievo fiscale non indif-ferente sui trasferimenti a titolo gratuito, conside-rando che va ad aggiungersi alle imposte ipocata-stali (per un totale pari al 3%) in presenza di im-mobili.

Istituzione dell’imposta sulle successioni e donazioniIl D.L. n. 262/2006, nella formulazione inizialedell’art. 6, assoggettava le successioni ad un pre-lievo inquadrabile nell’ambito dell’imposta di re-gistro, pur escludendo le devoluzioni di beni im-mobili in favore del coniuge e dei parenti in linearetta: l’imposta di registro si applicava con aliquo-te proporzionali differenziate in relazione al rap-porto di parentela con il de cuius e alla natura deibeni trasferiti per successione. Allo stesso modoerano regolamentati anche i trasferimenti per do-nazione. In sede di dibattito parlamentare, viste anche lecritiche da più parti sollevate, si è provveduto asopprimere l’originario art. 6, e a riscrivere com-

Fabio Guffanti - Dottore commercialista in Milano

Note:(1) In Banca Dati BIG, IPSOA.(2) Cfr. Raccomandazione della Commissione CE n. 1069 del 7 di-cembre 1994 e Comunicazione n. 98/C 93/02 del 28 marzo 1998.

pletamente le norme dell’imposta sulle successionie donazioni nell’art. 2, commi da 47 a 53, dellalegge di conversione n. 286/2006. Con la legge Fi-nanziaria 2007, all’art. 1, commi da 77 a 79, sonopoi state apportate ulteriori modifiche.Abbandonata la strada di collegare le successioni edonazioni all’imposta di registro, si è quindi deci-so di reintrodurre l’abolita imposta sulle succes-sioni e donazioni di cui al D.Lgs. n. 346/1990 neltesto vigente alla data del 24 ottobre 2001 (datadella soppressione dell’imposta), prevedendo co-munque importanti modifiche in ordine alla defini-zione del presupposto oggettivo (anche per tenerconto di nuovi istituti di recente introdotti quali ivincoli di destinazione e i patti di famiglia) e allamisura delle aliquote di imposta e delle franchigie,nonché agevolazioni e esenzioni prima non previ-ste.

Disciplina del tributo e presupposto impositivoStante l’espresso richiamo normativo, tornano adapplicarsi le disposizioni previste dal D.Lgs. n.346/1990 in tema di territorialità dell’imposta, diesclusioni soggettive ed oggettive, di determina-zione della base imponibile (tra cui la presunzionedel 10% del valore globale dell’asse ereditario),dei criteri di valutazione dei beni e diritti facentiparte della successione/donazione, delle passivitàdeducibili, delle riduzioni di imposta e detrazionidalla stessa, nonché le norme procedimentali ri-guardo l’accertamento, la liquidazione e la riscos-sione dell’imposta e quelle relative a divieti e ob-blighi a carico di terzi debitori del defunto o de-tentori di beni oggetto di successione.Da sottolineare che torna quindi ad essere imponi-bile con aliquote proporzionali la donazione di ti-toli di stato (3), fatte salve le franchigie previste,mentre permane l’esenzione dei titoli stessi ai finidell’imposta sulle successioni.Da rilevare anzitutto che la norma ha riscritto ilpresupposto oggettivo dell’imposta: ora non siparla più solo di trasferimenti di beni e diritti percausa di morte e per donazione, ma anche in gene-re di atti a titolo gratuito e di costituzione di vin-coli di destinazione (4).Sulla costituzione dei vincoli di destinazione ai fi-ni dell’imposta sulle successioni e donazioni è in-tervenuta l’Agenzia delle entrate nel corso di Tele-

fisco del 30 gennaio 2007, fornendo una rispostache non è però poi stata riportata nella successivacircolare 16 febbraio 2007, n. 11/E (5) che ha rac-colto le risposte fornite dall’Agenzia stessa nelcorso del suddetto incontro. Pur tuttavia, in questa risposta l’Agenzia ha postoin evidenza come la locuzione «costituzione divincoli di destinazione» debba riferirsi esclusiva-mente a negozi con effetti traslativi (a titolo gra-tuito) della proprietà di beni o costitutivi (a titologratuito) di diritti reali e non anche a quelli dovepermane di fatto la titolarità dei beni in capo al di-sponente stesso (per esempio costituzione di unpatrimonio destinato ex art. 2447-bis c.c.). Sonoquindi da escludere dall’imposizione gli «atti didestinazione per la realizzazione di interessi meri-tevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, apubbliche amministrazioni, o ad altri enti o perso-ne fisiche» (6), poiché tali atti non hanno effettitraslativi sui beni che rimangono nella titolaritàdel soggetto che costituisce il vincolo (7) e sonoquindi da assoggettare ad imposta di registro inmisura fissa e, in presenza di immobili, ad impostaipocatastale, sempre in misura fissa.Nella suddetta risposta, l’Agenzia delle entrate èstata anche portata a ritenere che siano soggetti adimposta sia i trasferimenti di beni e diritti effettua-ti a favore di un trust in sede di istituzione, siaquelli effettuati dal trustee a favore dei beneficiaridel trust.Come giustamente rileva Assonime, questa con-clusione non sembra tener conto delle peculiaritàdel trust che, se disciplinato sotto il profilo fiscalealla stessa stregua dei tradizionali atti traslativi,viene a scontare oneri sproporzionati rispetto aglieffetti concreti prodotti dal negozio stesso.L’Agenzia non ha assolutamente considerato che iltrasferimento di beni dal disponente al trustee nonincrementa il patrimonio di quest’ultimo, non veri-ficandosi alcun arricchimento di tale soggetto.L’imposta si applicherebbe poi secondo le aliquote

1403Corriere Tributario 17/2007

Assonime, Circolare n. 13 del 12 marzo 2007

Prassi amministrativa ManovraFinanziaria

Note:(3) Cfr. D.L. 20 giugno 1996, n. 323, convertito, con modificazioni,dalla legge 8 agosto 1996, n. 425.(4) Cfr. art. 2645-ter c.c.(5) In Banca Dati BIG, IPSOA.(6) Cfr. nota 4.(7) Sul punto vedi anche circolare dell’Agenzia del territorio 7agosto 2006, n. 5/T.

e franchigie operanti in base al rapporto di paren-tela fra disponente e trustee, quindi di regola conle aliquote più elevate, qualora il trustee sia unprofessionista o una persona giuridica, come spes-so avviene nel trust.La stessa anomalia si verifica poi quando il trusteesuccessivamente trasferisce i beni ai beneficiari,applicandosi ancora l’imposta con l’aliquota piùelevata prevista per i trasferimenti fra soggetti chenon hanno vincoli di parentela. Assonime giusta-mente osserva che in questo modo ne deriva unaforma di tassazione non equa, che considera unacapacità contributiva diversa da quella effettivamanifestata dall’atto di trust, con un’ingiustificatapenalizzazione di questo istituto da un punto di vi-sta fiscale, e sottolinea l’opportunità di un riesameda parte dell’Agenzia delle entrate del propriopensiero espresso nella risposta fornita, come det-to fortunatamente non inserita nella circolare n.11/E del 2007.L’Agenzia delle entrate (8), sempre in tema di pre-supposto oggettivo d’imposta, ha chiarito che l’at-to con cui il titolare di un diritto reale di godimen-to su un bene immobile (usufrutto, uso o abitazio-ne) rinuncia al suo diritto a favore del titolare del-la nuda proprietà è da ritenersi atto traslativo a ti-tolo gratuito e pertanto soggetto sia all’impostasulle donazioni sia alle imposte ipocatastali (3%),anche se la predetta equiparazione delle rinunce aitrasferimenti sia disposta ai fini dell’imposta sulledonazioni ma non anche ai fini delle imposte ipo-catastali.

Aliquote e franchigieLa legge n. 286/2006, in relazione alla determina-zione dell’imposta applicabile ai trasferimenti acausa di morte, prevede le seguenti aliquote, diffe-renziate a seconda del legame di parentela con ilde cuius:• 4% se eredi o legatari sono il coniuge o parentiin linea retta;• 6% se eredi o legatari sono parenti fino al quartogrado o affini in linea retta o affini in linea collate-rale fino al terzo grado;• 8% in tutti gli altri casi.È prevista poi una franchigia di un milione di eu-ro, applicabile per ciascun beneficiario, se erede olegatario è il coniuge o parenti in linea retta. Lalegge Finanziaria 2007 (9) ha introdotto anche una

franchigia di centomila euro se beneficiario è unfratello o una sorella e una franchigia di 1.500.000euro se il beneficiario della successione è portato-re di handicap grave (10), quale che sia in questocaso il legame di parentela con il de cuius. In tuttigli altri casi non si applica alcuna franchigia.Le stesse aliquote e le stesse franchigie si applica-no anche, senza differenziazioni, alle donazioni eagli altri atti di trasferimento di beni e diritti a tito-lo gratuito.La legge n. 286/2006 ha abrogato la precedentenorma (11) che disponeva che la franchigia (nel2001 pari a 350 milioni di lire) non si applicassein sede di successione se e nei limiti in cui l’eredeo legatario se ne fosse già avvalso in sede di pre-cedenti donazioni disposte a suo favore dal decuius. Venuta oggi meno tale norma, Assonime os-serva come ci sia il dubbio se la franchigia possacontinuare a ritenersi preclusa dal fatto che l’eredeo legatario ne abbia già fruito, in tutto o in parte,in sede di tassazione di precedenti donazioni e sot-tolinea come sia auspicabile un chiarimento daparte dell’Agenzia delle entrate.Per quanto riguarda invece l’imposta dovuta in se-de di donazione, la franchigia dovrebbe raffrontar-si all’importo complessivo delle donazioni postein essere dal donante a favore dello stesso donata-rio anche se effettuate in diversi periodi temporali:quindi se si è già fruito della franchigia per prece-denti donazioni (per esempio in data anteriore al25 ottobre 2001, data di soppressione dell’impo-sta), la stessa non potrà applicarsi, nei limiti in cuici si è già avvalsi del beneficio, per le successivedonazioni effettuate fra le stesse parti. L’impostaresta ovviamente calcolata sulla base del valoredella donazione e non anche di quello delle dona-zioni precedenti che rilevano solo per escludere, intutto o in parte, l’applicazione della franchigia. Nulla si dispone a livello normativo per le dona-zioni fatte nel periodo dal 25 ottobre 2001 (data disoppressione dell’imposta) al 29 novembre 2006(data di entrata in vigore dell’attuale normativa) ai

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Assonime, Circolare n. 13 del 12 marzo 2007

Prassi amministrativaManovraFinanziaria

Note:(8) Cfr. risoluzione 16 febbraio 2007, n. 25/E, in Corr. Trib. n.13/2007, pag. 1078, con commento di N.Arquilla.(9) Cfr. legge Finanziaria 2007, all’art. 1, comma 77.(10) Cfr. legge 5 febbraio 1992, n. 104 per definire la gravità del-l’handicap.(11) Cfr. art. 56, comma 2-quater, del D.Lgs. n. 346/1990.

fini dell’utilizzo della franchigia. Assonime rilevache le donazioni intercorse durante questo periodonon dovrebbero rilevare ai fini del computo dell’u-tilizzo della franchigia, in quanto nel suddetto pe-riodo non operò alcuna franchigia non essendol’imposta stessa all’epoca più applicabile.

Esenzione per i trasferimenti di quote sociali e azioniLa legge Finanziaria 2007, seguendo la raccoman-dazione comunitaria (12), all’art. 1, comma 78, hadisposto l’esenzione dall’imposta sulle successionie donazioni dei trasferimenti, sia mortis causa siaper atto fra vivi, che realizzano la trasmissionedell’impresa. Mediante l’inserimento del comma4-ter all’art. 3 del D.Lgs. n. 346/1990 è stata pre-vista l’esenzione da imposte per i trasferimenti diaziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni.Assonime ha dedicato ampio spazio all’esame diquesta importante tematica.Per azienda o rami di essa deve farsi riferimento aquanto previsto dall’art. 2555 c.c. e dalla generi-cità del riferimento si desume che l’attività diazienda possa essere sia di natura commercialeche agricola e che quindi i beni aziendali trasferitiper i quali è operante il beneficio possono essere,sia fabbricati strumentali per l’attività, sia altri be-ni aziendali di natura non strumentale (magazzino,ecc.) sia terreni agricoli facenti parte di un com-pendio qualificabile come azienda (13). Per quanto riguarda le quote societarie, rientranonell’agevolazione le quote di società di ogni tipo(di persone e di capitali). Con riferimento allequote di società di capitali, la norma specifica cheil beneficio è limitato ai soli casi in cui, attraversola successione o la donazione, «sia acquisito o in-tegrato il controllo ai sensi dell’art. 2359, primocomma, numero 1) del codice civile» (14).Stante questo richiamo, l’esenzione prevista spettasolo se il trasferimento delle quote o azioni permet-te agli eredi o donatari di subentrare in una situazio-ne di controllo o di realizzare tale controllo qualoraessi siano già in possesso di altre quote o azionidella società, situazione questa che potrebbe limita-re notevolmente l’operatività del beneficio, specienelle società di grandi dimensioni dove il controllonon sempre corrisponde alla maggioranza.Inoltre, se il controllo può essere pacificamenteaccertato nei casi in cui un unico beneficiario ac-

quisisca le quote o le azioni, appare invece piùdubbio quando la partecipazione di controllo tra-sferita sia frazionata fra più beneficiari.A questo proposito, l’Agenzia delle entrate (15) haosservato che la predetta condizione si realizza sela proprietà delle quote o delle azioni di maggio-ranza è acquisita pro indiviso, cioè in compro-prietà dai beneficiari, mentre tende invece a nega-re la spettanza dell’esenzione quando ciascun be-neficiario acquisti una parte, in proprietà esclusi-va, delle quote o delle azioni, se per effetto del-l’acquisto nessun beneficiario disponga del sud-detto controllo della società.Secondo tale orientamento, l’esenzione non sareb-be quindi applicabile alla divisione testamentaria(16) delle quote o azioni, nei casi in cui il dantecausa possedeva il controllo ma, per la pluralità dieredi o donatari, nessuno di essi disponga poi delcontrollo secondo i suddetti restrittivi criteri. Diconseguenza ne viene limitata in modo forse irra-gionevole l’operatività della norma agevolativa. Meglio sarebbe prevedere allora, a parere di chiscrive, in sede di circolare esplicativa, che la nor-ma agevolativa trovi ugualmente applicazionequalora i beneficiari conferiscano in un patto disindacato vincolato, della durata di almeno 5 anni,ognuno le quote o azioni ricevute, in maniera taleche il sindacato conservi il controllo che facevacapo al dante causa (de cuius o donante).

Esonero anche per i patti di famigliaLa norma di esonero si applica anche quando iltrasferimento dell’azienda o delle quote o azionisia effettuato tramite i «patti di famiglia» (17), at-traverso cui l’imprenditore sceglie l’erede destina-to a succedergli nella titolarità dell’impresa.Il trasferimento attuato con i patti di famiglia è atitolo gratuito, quindi rientra nell’ambito dell’im-posta sulle successioni e donazioni, ma l’impostanon è applicata qualora si verifichino le condizioni

1405Corriere Tributario 17/2007

Assonime, Circolare n. 13 del 12 marzo 2007

Prassi amministrativa ManovraFinanziaria

Note:(12) Cfr. nota 2.(13) Cfr. C.M. 4 novembre 1978, n. 64, in Banca Dati BIG, IPSOA.(14) Si considerano controllate «le società in cui un’altra societàdispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea or-dinaria».(15) Cfr. circolare n. 11/E del 2007, par. 12.1, cit.(16) Cfr. art. 734 c.c.(17) Cfr. art. 768-bis ss. c.c.

sopra ricordate. Assonime rileva che potrebberopresentarsi due distinte ipotesi, con diversi effettifiscali: la prima in cui lo stesso disponente liquidacon propri beni i legittimari non assegnatari del-l’azienda e la seconda in cui è l’assegnatario del-l’azienda a dover liquidare gli altri assegnatari.Nella prima ipotesi, il beneficio è operante per iltrasferimento dell’azienda (o delle quote o azioni)ma non per i trasferimenti di beni di diversa natu-ra, che saranno soggetti ad imposta del 4% sullaparte eccedente la franchigia di 1 milione di euro.Nella seconda ipotesi, ferma restando l’esenzioneper il trasferimento dell’azienda (o delle quote oazioni) e l’assoggettamento ad imposta per le attri-buzioni di beni aventi altra natura, dovrebbe ritener-si che le attribuzioni a favore dei legittimari siano daassoggettare ad imposta secondo l’aliquota e con lafranchigia prevista per i trasferimenti a favore delconiuge o di parenti in linea retta. Tali liquidazionirappresentano infatti la quota parte loro spettantedell’azienda trasferita dal disponente (coniuge oascendente dei legittimari) ad uno solo di essi, ana-logamente a quanto avviene nel caso in cui, in sededi successione, l’erede o il legatario sia gravato daun onere a favore di un terzo, come disposto dall’art.46, comma 3, del D.Lgs. n. 346/1990 (18). Pertanto,poiché il patto di famiglia regola i rapporti fra i le-gittimari come se si aprisse la successione del dispo-nente, dovrebbe applicarsi l’imposta secondo glistessi criteri di cui al citato art. 46, comma 3.Aderendo a questa impostazione, che consideraquindi tutte le attribuzioni che derivano dal pattodi famiglia come trasferimenti a titolo gratuito,dovrebbe escludersi che le attribuzioni in parolapossano ricevere il trattamento fiscale proprio de-gli atti a titolo oneroso. Sotto il profilo soggettivo, osserva Assonime cheil riferimento ai discendenti, come beneficiari deltrasferimento agevolato, dovrebbe valere solo conriferimento ai trasferimenti effettuati tramite i pattidi famiglia, stante la formulazione letterale dellanorma, lasciando quindi intendere che l’operativitàdell’agevolazione spetti anche per i trasferimenti afavore di soggetti diversi dai discendenti, come ilconiuge o parenti in linea collaterale (fratelli e so-relle), in linea quindi con le indicazioni comunita-rie a riguardo (19).Condizione per fruire del beneficio è che gli aventicausa proseguano l’attività imprenditoriale (azienda)

o detengano il controllo della società (quote o azioni)per almeno cinque anni dalla data del trasferimentoed in tal senso devono rendere apposita dichiarazionecontestualmente alla dichiarazione di successione oalla stipula dell’atto di donazione o del patto di fami-glia. Se questa condizione non viene poi rispettatadagli aventi causa, si rende allora dovuta l’impostacon applicazione di interessi e sanzioni.Secondo Assonime non dovrebbe verificarsi la de-cadenza dall’agevolazione quando il possesso deibeni acquisiti per successione o donazione vengameno per causa non imputabile alla volontà delbeneficiario (fallimento dell’impresa, pignoramen-to dei beni, ecc.).La norma ha ribadito infine, con l’aggiunta delcomma 1-bis all’art. 8 del D.Lgs. n. 346/1990, chel’avviamento non rientra nella base imponibile aifini del computo del valore delle aziende, comepure delle quote o azioni, cadute in successione ooggetto di donazione.

Affrancamento dell’eredità: abolizioneÈ stata soppressa la facoltà di pagare in vita l’im-posta di successione per i beni e diritti che potreb-bero far parte dell’attivo ereditario.

Obblighi procedimentaliÈ stato reintrodotto l’obbligo di presentazione delladichiarazione di successione, stabilendo il termineentro dodici mesi dall’apertura della successione.

Disciplina transitoria La nuova disciplina è operante per le successioniapertesi dal 3 ottobre 2006 e per le donazioni e gliatti di trasferimento a titolo gratuito effettuati dal29 novembre 2006.Le modifiche introdotte dalla legge Finanziaria2007 si applicano a partire dal 1° gennaio 2007.Da ultimo, per gli atti di donazione formatisi nelperiodo 3 ottobre - 28 novembre 2006, si applica ladisciplina prevista dall’art. 6 del D.L. n. 262/2006,poi soppressa in sede di conversione in legge (20).

1406 Corriere Tributario 17/2007

Assonime, Circolare n. 13 del 12 marzo 2007

Prassi amministrativaManovraFinanziaria

Note:(18) Il citato articolo di legge dispone infatti che l’onere si conside-ra come un legato a favore del beneficiario, con l’applicazione del-l’imposta secondo le aliquote e le franchigie stabilite in base al rap-porto di parentela o coniugio fra il de cuius e il beneficiario stesso.(19) Cfr. nota 2.(20) Cfr. nota 8.

Ris. 23 marzo 2007, n. 59/EPrassi amministrativa Manovra

Finanziaria

1407Corriere Tributario 17/2007

Agenzia delle entrate, Direzione centralenormativa e contenzioso - Risoluzione 23marzo 2007, n. 59/E

QuesitoLa Alfa s.r.l. (di seguito, in breve, la «Società»)svolge attività di vendita di macchinari ed attrezza-ture specifiche, banchi e catene di lavoro per fale-gnamerie, salottifici e mobilifici in genere, nonchéattività di progettazione, installazione, vendita e ma-nutenzione di impianti industriali di aspirazione ecabine di verniciatura per il settore del legno.Relativamente alla attività di progettazione ed in-stallazione, viene precisato che trattasi di attivitàsecondarie e funzionali all’attività commerciale divendita di macchine per la lavorazione del legno.La Società istante dichiara che:• «la vendita di macchinari avviene in virtù dimandati di agenzia, in forza dei quali la societàistante fattura sia provvigioni alle aziende fornitri-ci sui contratti conclusi laddove il trasporto, mon-taggio e collaudo viene effettuato direttamentedalla casa madre che se ne assume la responsabi-lità (...)»;• «per lo svolgimento dell’attività la società si av-vale della collaborazione di quattro operai specia-lizzati, un impiegato amministrativo, tre venditoricon contratto di lavoro dipendente settore terziarioqualifica viaggiatore di 1a categoria»;

• «la vendita, sia diretta che a provvigioni, avvie-ne esclusivamente acquisendo commesse presso ildomicilio delle aziende clienti, non utilizzando, las.r.l. Alfa, né una struttura espositiva né alcun pun-to vendita»;• «per l’esercizio dell’attività la società istante uti-lizza due autocarri dotati di sistemi meccanici disollevamento e carico, nonché quattro autovetturedi cui tre con contratto di leasing ed una con con-tratto di noleggio di lungo termine utilizzate esclu-sivamente dai venditori»;• «considerata la struttura aziendale esistente, sen-za l’utilizzo delle autovetture, l’attività commercia-le non potrebbe essere svolta in alcun altro modo»;• «il D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 in corso di con-versione (1) ha modificato la previgente normativarelativamente alla deducibilità dei costi relativi aimezzi di trasporto, riscrivendo, tra l’altro, la lette-ra b) del comma 1».Tutto ciò premesso, l’istante chiede di conoscere,ai sensi del novellato art. 164, comma 1, lett. a) eb), del T.U.I.R., l’esatta modalità di applicazionedella deduzione dal reddito d’impresa dei costidelle autovetture utilizzate per la vendita, nonchéquale sia il corretto trattamento tributario in ordinealla detraibilità ai fini IVA dei costi di noleggiodelle menzionate autovetture e dei costi a questeultime correlati, quali carburanti, pedaggi auto-stradali, assicurazioni, manutenzioni e riparazioni.

Soluzione prospettataL’istante ritiene che le quattro autovetture debbanoessere considerate quali «beni strumentali» all’at-tività d’impresa, in quanto nel caso di specie laSocietà, essendo priva di locali destinati alla ven-dita di macchine per la lavorazione del legno, agi-

I costi per autoveicoli deducibili solo per i beni a strumentalità esclusiva

Le autovetture utilizzate da un’impresa com-merciale allo scopo di visitare i propri clienti,nel quadro della presentazione del prodotto fina-lizzata alla successiva eventuale vendita, non con-figurano l’ipotesi di strumentalità dei beni d’im-presa ai fini IRES, di conseguenza non può trova-re appl icazione i l regime di integralededucibilità.

IL PARERE DELL’AGENZIA

Nota:(1) Nel frattempo, il decreto è stato convertito, con modificazio-ni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.

sce in forza di mandati di agenzia e il personaledipendente - che ha specifiche mansioni di venditapropagandistica e agisce con la qualifica di viag-giatore di 1a categoria - utilizza le menzionate au-tovetture esclusivamente per svolgere le suddettemansioni di vendita propagandistica.Pertanto, essendo le quattro autovetture esclusiva-mente utilizzate per lo svolgimento dell’attivitàpropria dell’azienda, la Società ritiene correttoconsiderare integralmente deducibili dal redditod’impresa i relativi costi di acquisto e di esercizio,nonché integralmente detraibile l’IVA relativa alnoleggio delle stesse e al sostenimento dei suddetticosti d’esercizio.

Parere dell’Agenzia delle entrateSi rileva, in via preliminare, che sulla nuova for-mulazione dell’art. 164 del T.U.I.R. (così comemodificato a seguito dell’intervento normativo dicui all’art. 2, commi 71 e 72, del D.L. 2 ottobre2006, n. 262), che disciplina il trattamento fiscaleda riservare a taluni mezzi di trasporto a motore,l’amministrazione finanziaria è recentemente in-tervenuta a fornire chiarimenti con la circolare 19gennaio 2007, n. 1/E (par. 17) (2).Nella citata circolare n. 1/E del 2007, confermandola posizione già espressa nella precedente C.M. 10febbraio 1998, n. 48/E (3) è stato ribadito il concettosecondo cui sono strumentali all’attività d’impresaquei beni senza i quali l’attività stessa non può esse-re esercitata (ad esempio, le autovetture per le im-prese che effettuano attività di noleggio).Ciò posto, è evidente che ai fini della verifica del-la sussistenza del requisito della strumentalità deibeni d’impresa (nell’accezione appena menziona-ta) a nulla rilevano le peculiarità indicate dall’i-stante riguardo alle concrete modalità con le qualiè organizzata la propria attività (i.e. l’assenza dilocali destinati alla vendita, l’esecuzione delle pre-stazioni di vendita in forza di mandati di agenzia el’utilizzo delle autovetture da parte del personaledipendente esclusivamente per svolgere le suddet-te mansioni di vendita).Pertanto, le autovetture utilizzate da un’impresacommerciale allo scopo di visitare i propri clienti(nel quadro della presentazione del prodotto fina-lizzata alla successiva eventuale vendita) non con-figurano l’ipotesi di strumentalità dei beni d’im-presa prevista dal menzionato art. 164, comma 1,

lett. a), n. 1, secondo cui sono da ritenersi taliquelli «... destinati ad essere utilizzati esclusiva-mente ... nell’attività propria dell’impresa».Ne consegue che relativamente alle specifiche ti-pologie di mezzi di trasporto a motore contempla-te nell’istanza in esame non può trovare applica-zione il regime di integrale deducibilità di cui allanorma appena citata.Per completezza si fa presente che alla presentefattispecie non può neppure essere applicato il no-vellato regime di deducibilità delle spese sostenutein relazione agli automezzi concessi in uso promi-scuo ai dipendenti di cui alla nuova lett. b-bis) delcomma 1 dell’art. 164 del T.U.I.R. Ciò in quantodall’istanza emerge che le menzionate autovettureaziendali sono utilizzate dal personale dipendenteesclusivamente per lo svolgimento dell’attivitàd’impresa, non venendo le stesse, pertanto, a con-figurare alcuna forma di fringe benefit in favoredei dipendenti della Società.Tenuto conto delle indicazioni fornite dall’istantee alla luce delle considerazioni suesposte, la scri-vente è dell’avviso che gli autoveicoli in questionedebbano essere considerati quali beni che, seppurutilizzati da parte di un soggetto esercente attivitàdi impresa, non risultano «strumentali» all’attivitàdalla stessa esercitata nel senso esplicitato dallemenzionate circolari n. 48/E del 1998 e, da ultimo,n. 1/E del 2007.Al riguardo, in tale ultima pronuncia è stato preci-sato che il comma 71, n. 3, lett. b), dell’art. 2 delmenzionato D.L. n. 262/2006, nel modificare iltrattamento fiscale da applicare ai veicoli non stru-mentali all’attività di impresa da parte degli eser-centi attività d’impresa, ha previsto un regime ditotale indeducibilità sia in merito al costo di acqui-sto che alle relative spese di gestione.Inoltre, si fa presente che il menzionato trattamen-to fiscale di integrale indeducibilità del costo diacquisto dei beni non strumentali all’attività pro-pria dell’impresa si applica, in ogni caso, indipen-dentemente dalla circostanza che l’utilizzo deisuddetti beni avvenga mediante contratto di loca-zione o di noleggio.Pertanto, nel caso di specie la scrivente ritiene che

1408 Corriere Tributario 17/2007

Ris. 23 marzo 2007, n. 59/E

Prassi amministrativaManovraFinanziaria

Note:(2) In Banca Dati BIG, IPSOA.(3) In Corr.Trib. n. 10/1998, pag. 781, con commento di D. Deotto.

ai fini dell’IRES alle quattro autovetture in esame- di cui tre utilizzate con contratto di leasing eduna con contratto di noleggio di lungo termine - eai correlati costi di esercizio debba applicarsi il re-gime fiscale della totale indeducibilità, in quantotrattasi di autoveicoli «non strumentali» all’attivitàdi impresa.Ai fini della corretta applicazione dell’IVA, piùprecisamente, l’art. 19-bis1, comma 1, del D.P.R.26 ottobre 1972, n. 633, occupandosi della disci-plina relativa alla esclusione o riduzione del dirittoalla detrazione dell’imposta limitatamente ad alcu-ni beni e servizi, prevede - alla lettera c) - che peri veicoli a motore ivi contemplati «che non forma-no oggetto dell’attività propria dell’impresa» ladetraibilità dell’imposta assolta sull’acquisto esulla gestione dei medesimi debba avvenire sullabase della percentuale ridotta di detrazione che ri-

sulterà dall’autorizzazione riconosciuta all’Italiadal Consiglio dell’Unione europea ai sensi delledisposizioni comunitarie in vigore (cfr. art. 19-bis1, comma 1, lett. c, D.P.R. n. 633/1972, comemodificato dall’art. 1, comma 2-bis, del D.L. 15settembre 2006, n. 258, convertito, con modifica-zioni, dalla legge 10 novembre 2006, n. 278).La menzionata limitazione della detrazione del-l’imposta opererà, peraltro, soltanto a partire dallapubblicazione di detto provvedimento di autorizza-zione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.Ne consegue che nelle more della pubblicazionedel menzionato provvedimento, l’imposta assoltasull’acquisto e sulla gestione dei beni in esame«che non formano oggetto dell’attività propria del-l’impresa» si renderà detraibile secondo le regolegenerali stabilite negli artt. 19 ss. del menzionatoD.P.R. n. 633/1972.

1409Corriere Tributario 17/2007

Ris. 23 marzo 2007, n. 59/E

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ILCommentodi Carlo Pino

In materia di deducibilità dei costi relativi ad auto-veicoli, non è sufficiente per il contribuente prova-re la certa inerenza del costo rispetto all’attivitàd’impresa, ma è necessario dimostrare anche quelquid pluris rappresentato dalla strumentalitàesclusiva di tali beni.

La questione relativa alla deducibilità dei costi re-lativi ai mezzi di trasporto si arricchisce di unnuovo tassello, a cui - presumibilmente - molti al-tri dovranno ancora aggiungersi.Per non ripetere cose altrimenti già dette (1), ri-cordiamo brevemente che l’attuale formulazionedell’art. 164 del T.U.I.R. prevede, per le imprese,un generale regime di indeducibilità dei costi diacquisto e di impiego relativi ai mezzi adibiti altrasporto di persone, salvo alcune particolari e cir-costanziate ipotesi (beni utilizzati da agenti dicommercio, beni dati in uso promiscuo ai dipen-denti, beni destinati all’attività propria dell’impre-sa).Questo regime ha suscitato un coro unanime diproteste e di interrogativi, in quanto nega in radice

ciò che, invece, appare evidente agli occhi di tutti,e cioè che le autovetture ed i mezzi di trasporto ingenere siano almeno in parte strumentali all’atti-vità di impresa, anche se genericamente passibilidi uso personale da parte del titolare dell’impresao degli amministratori.Le nuove disposizioni, che retroagiscono di fatto atutto il 2006, possono ritenersi una sorta di «risar-cimento» fiscale a fronte della maggiore detraibi-lità dell’IVA assolta sulle medesime spese: si èpensato di far fronte alle minori entrate erarialiIVA mediante l’incremento della base imponibiledelle imposte personali, derivante dal mancato ri-conoscimento dei costi in oggetto.Infatti, l’art. 2, comma 72, del D.L. 3 ottobre2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dallalegge 24 novembre 2006, n. 286, ha espressamente

Carlo Pino - Professore a contratto di diritto tributario presso l’Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Dottore commercialistain Savona

Nota:(1) Cfr. C. Pino, «Limiti di deducibilità dei costi per autoveicoli»,in Corr. Trib. n. 37/2006, pag. 2958; Id., «Discutibili le norme antia-buso sull’utilizzo dei veicoli aziendali», ivi n. 44/2006, pag. 3472.

previsto il suddetto legame tra rimborso IVA e de-ducibilità dei costi per automezzi, laddove autoriz-za (tramite regolamento ministeriale!) la modificadel regime di totale indeducibilità, in funzione de-gli effetti finanziari derivanti dalla concessione al-l’Italia da parte del Consiglio UE dell’autorizza-zione a stabilire una misura ridotta della percen-tuale di detrazione IVA assolta per gli acquisti deibeni in oggetto e delle relative spese di impiego. La misura ridotta di detrazione forfetaria dell’IVAè stata disposta (almeno per quanto riguarda i rim-borsi relativi alle annualità pregresse), con Prov-vedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate22 febbraio 2007, che prevede una detrazione ge-neralizzata del 40% (ridotta al 30% per le attivitàagricole). Al momento, non si ha invece notiziadel «parallelo» provvedimento a favore dei contri-buenti per quanto riguarda il riconoscimento delladeducibilità dei medesimi costi.

Nozione di «strumentalità esclusiva»Dato l’attuale regime di totale indeducibilità deicosti relativi agli automezzi aziendali, ci si è chie-sti quale possa essere una ragionevole via di uscitain tutti quei casi in cui questa disposizione si rivelipalesemente arbitraria.Si è pertanto ipotizzato l’utilizzo dello strumentodel cosiddetto interpello disapplicativo, previstodall’ottavo comma dell’art. 37-bis del D.P.R. 29settembre 1973, n. 600, che potrebbe consentire alcontribuente la dimostrazione dell’assenza di ef-fetti elusivi nel proprio comportamento, eliminan-do quindi la limitazione alla deduzione, prevista invia generalizzata dalla norma.La risoluzione in commento, invece, è la rispostadell’Agenzia delle entrate ad un interpello ordina-rio, richiesto dal contribuente in ordine alla corret-ta interpretazione ed applicazione - nel caso dispecie - delle disposizioni contenute nell’art. 164del T.U.I.R. nella sua attuale versione.L’amministrazione finanziaria ha confermato (ed’altronde non poteva essere diversamente …) lasoluzione interpretativa già espressa nella C.M. 10febbraio 1998, n. 48/E (2) e recentemente confer-mata dalla circolare 19 gennaio 2007, n. 1/E (3)secondo cui la norma fa riferimento ad una nozio-ne ristretta di strumentalità di questi particolari be-ni d’impresa, che potrebbe definirsi come «stru-mentalità esclusiva».

Secondo questa nozione, possono dare luogo a co-sti deducibili soltanto quegli automezzi senza iquali l’attività stessa non può essere esercitata (è ilcaso dei taxisti, delle autoscuole, dei corsi di gui-da), o dai quali promanano direttamente i ricavidell’attività d’impresa (come nel caso delle attivitàdi autonoleggio).Qualsiasi altro utilizzo, secondo questa rigida po-sizione, non rientra nelle ipotesi di utilizzo esclu-sivo «nell’attività propria dell’impresa», previstoletteralmente dall’art. 164 del T.U.I.R., e pertantonon è idoneo a generare costi deducibili.In particolare, secondo l’amministrazione, non ri-levano le concrete modalità con cui l’impresa siorganizza per l’esercizio della propria attività, equindi la inequivocabile connessione dell’utilizzodel bene rispetto a tale attività.Cioè a dire che non è sufficiente provare la certainerenza del costo rispetto all’attività d’impresa,ma è necessario dimostrare anche quel quid plurisrappresentato appunto dalla strumentalità esclusi-va.

Interpello ordinario ed interpello disapplicativoCome si diceva, la posizione dell’Agenzia delleentrate discende dalla risposta ad un interpello or-dinario, e la sua pubblicazione nella «Documenta-zione tributaria» sul sito web dell’Agenzia è fun-zionale a scoraggiare ulteriori interpelli nel sensoprospettato dal contribuente, volti cioè al ricono-scimento di una nozione più ampia di strumenta-lità, con riferimento all’uso imprenditoriale deimezzi per trasporto di persone.Ciò sta a dimostrare, se ce ne fosse ancora biso-gno, che l’utilizzo dello strumento dell’interpelloordinario è «pericoloso» per i contribuenti e van-taggioso per l’amministrazione finanziaria.In assenza di una «quasi certezza» di una rispostafavorevole, infatti, l’Agenzia tende a cristallizzarele proprie posizioni contrarie alle ragioni del con-tribuente mediante la pubblicazione della relativarisoluzione, con ciò impedendo erga omnes chesulla questione possano ulteriormente sussistere le«obiettive condizioni di incertezza» previste dalla

1410 Corriere Tributario 17/2007

Ris. 23 marzo 2007, n. 59/E

Prassi amministrativaManovraFinanziaria

Note:(2) In Corr.Trib. n. 10/1998, pag. 781, con commento di D. Deotto.(3) In Banca Dati BIG, IPSOA.

legge quale presupposto per la proposizione di ul-teriori interpelli sulla stessa materia (4).Ricordiamo, sempre in materia di autoveicoli, uncaso analogo riguardante l’utilizzo di vetture tra-sformate ad uso autocarro ed acquistate da lavora-tori autonomi, dove la proposizione dell’interpello(e la sua risposta negativa) ha avuto come unicaconseguenza quella di «mettere nei guai» tutti isoggetti che avevano adottato tale pratica, ormairesa pubblica, indipendentemente dalla sua legitti-mità (5).L’interpello disapplicativo, invece, si fonda sullariconosciuta natura antielusiva della norma che li-mita la possibilità di deduzione, e tende a superareil limite oggettivo previsto dalla legge mediante ladimostrazione che - nella specie - non si è prodot-to alcun effetto elusivo.Quindi, la dimostrazione data dal contribuente,che illustrava le concrete modalità di utilizzo degliautomezzi, comprovando il fatto che gli stessi era-no destinati esclusivamente ad uso imprenditoria-le, in quanto affidati ai dipendenti-venditori, che sirecavano presso le aziende-clienti per proporrel’acquisto dei beni prodotti dall’impresa, potevaben supportare l’interpello disapplicativo, piutto-sto che quello ordinario che è stato (negativamen-te) esperito.

Irragionevolezza della disciplina vigenteA nostro avviso, peraltro, neppure la soluzionedell’interpello disapplicativo può dirsi soddisfa-cente.Nella pasticciata nuova disciplina della deduzionerelativa agli autoveicoli aziendali si tende aconfondere la predeterminazione del grado di ine-renza del bene rispetto all’attività d’impresa, effet-tuata con l’intento di ridurre l’abuso di norme fi-scali favorevoli, rispetto all’elusione in quanto tale.Si deve invece sottolineare come l’attuale discipli-na sia del tutto irragionevole, anche con riferimen-to al rispetto del principio di capacità contributiva,in quanto nega in radice qualsiasi inerenza fra l’u-tilizzo di autoveicoli e l’esercizio dell’attivitàd’impresa, il che è palesamente contrario a qual-siasi dato di comune esperienza.Il rimedio a una generalizzata situazione di totaleindeducibilità di un costo totalmente o almenoparzialmente inerente non può essere la ricerca,nelle pieghe dell’ordinamento, di una qualche nor-

ma che consenta la prova contraria, quanto quellodella declaratoria di incostituzionalità della dispo-sizione in oggetto.Non è, cioè, ammissibile che sia emanata una nor-ma di carattere «strutturale» che impedisca la de-duzione di costi d’impresa, motivata solo da ragio-ni di gettito.Ed è proprio l’esperienza della detrazione IVA suicosti relativa agli autoveicoli a confermare tale da-to interpretativo, con l’unica (e purtroppo non irri-levante) differenza che in materia di imposizionediretta la legislazione interna non soggiace alle re-gole comunitarie, ma unicamente al vaglio di le-gittimità costituzionale.

1411Corriere Tributario 17/2007

Ris. 23 marzo 2007, n. 59/E

Prassi amministrativa ManovraFinanziaria

Note:(4) In tal senso si esprime letteralmente l’art. 5, comma 5, delD.M. 26 aprile 2001, n. 209, contenete il regolamento per le mo-dalità di esercizio del diritto di interpello di cui all’art. 11 delloStatuto dei diritti del contribuente.(5) Secondo la risoluzione 23 luglio 2002, n. 244/E, in Banca DatiBIG, IPSOA, affinché si possa dedurre integralmente dal reddito laspesa sostenuta per l’acquisto del veicolo e gli altri componentinegativi di reddito ad esso correlati, è necessario che vi sia unrapporto di stretta inerenza tra l’attività professionale e l’utilizzodel veicolo immatricolato quale «autocarro». Non è quindi possi-bile riscontrare un nesso di diretta strumentalità tra l’utilizzo diun autocarro e lo svolgimento di un’attività professionale, qualequella notarile, che si caratterizza logicamente per il fatto di fon-darsi sull’applicazione di energie intellettuali da parte del presta-tore del servizio e che viene normalmente esplicata in ambientiorganizzati in ufficio.

Prassi amministrativaRis. 8 marzo 2007, n. 36/E

Consolidato

1413Corriere Tributario 17/2007

Agenzia delle entrate, Direzione centralenormativa e contenzioso - Risoluzione 8 marzo2007, n. 36/E

QuesitoLa società Alfa - Società cooperativa agricola a r.l.(di seguito, Alfa) ha esercitato l’opzione, per iltriennio 2004-2006, per il consolidato fiscale dicui agli artt. 117-129 del T.U.I.R. in qualità diconsolidante.Tra le società incluse nel «perimetro di consolida-mento» è compresa la Beta s.r.l., partecipata al100% dalla Alfa.La Beta chiude il bilancio relativo all’esercizio 1°gennaio/31 dicembre 2005 con una forte perditacivilistica, determinata, in massima parte, dallacontabilizzazione degli interessi passivi dovutisulla concessione di prestiti. I suddetti interessipassivi, a causa dell’applicazione del pro rata pa-trimoniale di cui all’art. 97 del T.U.I.R., risultanototalmente indeducibili e pertanto, in sede di di-chiarazione dei redditi, verrà effettuata una varia-zione in aumento per lo stesso importo.La partecipazione detenuta da Beta che determinal’indeducibilità degli interessi passivi in applica-zione del cd. «pro rata patrimoniale» è quella rela-tiva alla società Gamma s.p.a., anch’essa compre-sa nel perimetro di consolidamento.Nella dichiarazione dei redditi di Beta emergerà,

nonostante la suddetta variazione in aumento, unaperdita fiscale; tuttavia, poiché la Beta rientra trale società non operative di cui alla legge 23 dicem-bre 1994, n. 724, la stessa dovrà determinare ilreddito imponibile ai sensi del comma 2 dell’art.30 della stessa legge. Pertanto, nella dichiarazioneUNICO 2006 della Beta, emergerà un reddito po-sitivo imponibile, forfetariamente determinato inapplicazione delle disposizioni appena citate e tra-sferito al consolidato, ai fini della determinazionedel reddito complessivo globale.A tal fine Beta ha intenzione di compilare il qua-dro GN della dichiarazione dei redditi UNICO2006, indicando nella sezione I (rigo GN 1) ilreddito imponibile come determinato ai sensi del-la legge n. 724/1994 e nella sezione VIII («Datirilevanti ai fini delle rettifiche di consolidamen-to») - al rigo GN33, colonna 2 «pro rata patrimo-niale» - l’importo degli interessi passivi che sonostati oggetto di variazione in aumento nel quadroRF della propria dichiarazione dei redditi. Que-st’ultimo formerà oggetto di variazione in dimi-nuzione, da parte della consolidante Alfa, nelladichiarazione del redditi del consolidato (model-lo CNM 2006).La Alfa, in qualità di consolidante, chiede di cono-scere il corretto comportamento da seguire nellacompilazione della dichiarazione dei redditi relati-va al consolidato nazionale. In particolare, se nelmodello CNM può tenere conto, ed in che misura,delle rettifiche da consolidamento previste dal-l’art. 122, comma 1, lett. a), del T.U.I.R., relativa-mente alla propria controllata che per il periodod’imposta 2005 si qualifica, ai fini fiscali, quale«società non operativa».La società istante, più precisamente, domanda sepossa procedere alla variazione in diminuzione -in sede di consolidamento - del risultato dellasomma algebrica degli imponibili dei soggetti par-tecipanti al regime per un importo pari a quelloche è stato oggetto di variazione in aumento daparte della predetta controllata nella propria di-chiarazione dei redditi.

Le rettifiche di consolidamento per le società di comodo

Nel caso in cui il reddito «ordinariamente» de-terminato sia inferiore a quello risultante dall’ap-plicazione della normativa sulle società di co-modo, la consolidata non operativa comunica alla«fiscal unit» il reddito derivante dall’applicazionedi quest’ultima disposizione e la consolidantenon può effettuare alcuna variazione in dimi-nuzione per rettificare tale importo, in quanto lastessa determinerebbe, in violazione della predet-ta normativa «speciale», la riduzione dell’importoassoggettato a tassazione.

IL PARERE DELL’AGENZIA

Soluzione prospettataLa società consolidante Alfa, nella compilazionedella dichiarazione relativa al consolidato fiscalenazionale, modello CNM 2006, ritiene corretto in-dicare nel quadro NF, «Determinazione del redditocomplessivo globale»:• nella sezione I («Somma algebrica dei redditicomplessivi netti») il reddito imponibile trasferito,come sopra determinato (vale a dire ai sensi del-l’art. 30 della legge n. 724/1994), dalla consolida-ta Beta;• nella sezione II «rettifiche di consolidamento»,nel rigo NF9 («Rideterminazione pro rata patrimo-niale») nella colonna 2, l’importo degli interessipassivi resi indeducibili da parte della Beta e dallastessa indicati nel rigo GN33 del proprio Mod.UNICO.A tal proposito la società ritiene che l’importo daindicare tra le variazioni in diminuzione in sede diconsolidamento possa essere pari a quello oggettodi variazione in aumento da parte della consolidatanella sua dichiarazione dei redditi, tenuto contoche l’unica partecipazione posseduta da Betaavente i requisiti di cui all’art. 87 del T.U.I.R. (e,in quanto tale, rilevante ai fini della verifica delcd. pro rata patrimoniale) risulta essere in societàfacente parte dell’area di consolidamento (Gam-ma) e che non esistono dividendi percepiti prove-nienti da partecipazioni pex in società non inclusenell’area medesima.

Parere della Direzione centraleL’art. 97 del T.U.I.R. prevede, al comma 2, chenon rilevano - ai fini del calcolo del pro rata patri-moniale - le partecipazioni in società il cui redditoconcorre insieme a quello della partecipante (inquesto caso, consolidata) alla formazione dell’im-ponibile di gruppo. In applicazione di tale normadi natura sostanziale, è la partecipante/consolidatache ha un «diritto» a rettificare il prorata al fine dinon tenere conto delle partecipazioni con i requisi-ti pex che sono a loro volta inserite nel medesimoperimetro di consolidamento.La disposizione di cui all’art. 122, comma 1, lett.b), norma di carattere «procedurale», prevede chela rettifica in parola sia operata dalla consolidantein sede di determinazione dell’imponibile di grup-po. Tale norma fa riferimento alla «rideterminazio-ne» del pro rata patrimoniale di cui all’art. 97,

comma 2, del T.U.I.R., ossia alla rideterminazionedel reddito della partecipata a seguito della sud-detta «rettifica».Conseguentemente, è con riferimento alla posizio-ne della società consolidata che sostanzialmenteopera la rettifica di consolidamento, e quindi an-che nel rispetto della disciplina delle società di co-modo.Nel caso (ricorrente nell’ipotesi de qua) in cui ilreddito «ordinariamente» determinato sia inferiorea quello risultante dall’applicazione della normati-va sulle società di comodo, la consolidata comuni-ca alla fiscal unit il reddito derivante dall’applica-zione di quest’ultima disposizione e la consolidan-te non può effettuare alcuna variazione in diminu-zione per rettificare tale importo, in quanto la stes-sa determinerebbe - in violazione della predettanormativa «speciale» - la riduzione dell’importoassoggettato a tassazione.Nella diversa ipotesi in cui il reddito «ordinaria-mente» determinato (ad esempio, pari a 1.000) siamaggiore rispetto a quello risultante dall’applica-zione della normativa sulle società di comodo (adesempio, pari a 800), la consolidata non operativa(che non abbia superato il test di operatività) co-munica alla fiscal unit il reddito determinato ordi-nariamente (1.000) e la consolidante ha diritto adoperare la rettifica in diminuzione ex art. 122,comma 1, lett. b), del T.U.I.R. solo fino a concor-renza dell’eccedenza del reddito ordinariamentedeterminato rispetto a quello determinato con l’ap-plicazione della normativa sulle società di comodo(nell’ipotesi, pari a 200).

1414 Corriere Tributario 17/2007

Ris. 8 marzo 2007, n. 36/EConsolidato Prassi amministrativa

1415Corriere Tributario 17/2007

Prassi amministrativaRis. 8 marzo 2007, n. 36/E

Consolidato

ILCommentodi Domenico Buono

L’Agenzia delle entrate - distinguendo tra normesostanziali e norme procedurali - afferma il princi-pio secondo cui il legittimo e sistematico «vantag-gio» dell’opzione per il regime del consolidato,consistente nella possibilità di determinare in ca-po alla società o ente controllante un’unica baseimponibile per l’intero gruppo d’imprese, in misu-ra corrispondente alla somma algebrica degli im-ponibili di ciascuna società che vi partecipa, nonpuò erodere la fiscalità comunque prevista per lecd. «società di comodo».

Con la risoluzione in commento l’Agenzia delleentrate fornisce chiarimenti con riferimento allerettifiche di consolidamento disciplinate dall’art.122 del T.U.I.R. Lo fa nell’ambito della procedurad’interpello, esaminando il corretto utilizzo dellerettifiche di consolidamento in parola nel casospecifico di rettifica da pro rata patrimoniale e direddito determinato applicando la disciplina dellecd. «società di comodo».

Caso di specieIn particolare, si prende in esame l’ipotesi - rap-presentata da una società «capogruppo» - che lasocietà consolidante, nella compilazione della di-chiarazione dei redditi relativa al consolidato na-zionale (modello CNM), possa tenere conto (ed,eventualmente, in che misura) delle rettifiche diconsolidamento previste dall’art. 122, comma 1,lett. a), del T.U.I.R., relativamente alla propriacontrollata che per il periodo d’imposta 2005 siqualifica, ai fini fiscali, quale «società non opera-tiva» ai sensi della legge 23 dicembre 1994, n.724. L’art. 122 del T.U.I.R. prevede che l’obbligo dideterminare e dichiarare il reddito complessivo delgruppo «consolidato» ricada in capo alla società oente controllante. Come chiarito dalla circolare 20dicembre 2004, n. 53/E (1) la consolidante - a talfine - apporta alla somma algebrica dei redditicomplessivi dei soggetti partecipanti le cd. «varia-zioni in rettifica» tra cui quella (in diminuzione o

in aumento) per tener conto degli effetti indotti dalregime di consolidato sul pro rata patrimoniale diindeducibilità degli interessi passivi già calcolatoda ciascuna consolidata in applicazione dell’art.97 del T.U.I.R.Si ricorda che ai sensi di tale, ultima, disposizione,ciascun soggetto (comprese, pertanto, le societàche partecipano al consolidato), «nel caso in cuialla fine del periodo d’imposta il valore di librodelle partecipazioni di cui all’articolo 87 eccedequello del patrimonio netto contabile», deve calco-lare il pro rata di indeducibilità degli interessi pas-sivi (al netto degli interessi attivi) sulla base delrapporto tra l’eccedenza e il totale dell’attivo pa-trimoniale ridotto del patrimonio netto contabilerettificato e dei debiti commerciali.Gli interessi passivi indeducibili, evidenziati inapplicazione di tale operazione, debbono, inoltre,essere ridotti in misura corrispondente alla quotaimponibile dei dividendi percepiti, relativi allemedesime partecipazioni esenti.Conseguentemente, le singole consolidate comuni-cano al soggetto consolidante il proprio redditoimponibile, dopo aver operato - tra l’altro - l’even-tuale rettifica a seguito dell’indeducibilità degliinteressi passivi appena illustrata.

Indicazione nel modello CNMLa società istante aveva ritenuto corretto indicarenel quadro NF della dichiarazione relativa al con-solidato fiscale nazionale (modello CNM), da unaparte (sezione I) il reddito imponibile trasferito,determinato ai sensi dell’art. 30 della legge n.724/1994 (2), e dall’altra (nella sezione II relativaalle «rettifiche di consolidamento», nel rigo NF9 -colonna 2 «Rideterminazione pro rata patrimonia-le») l’importo degli interessi passivi indeducibili

Nota:(1) In Corr.Trib. n. 4/2005, pag. 311, con commento di A. Dodero.(2) Cioè il maggiore tra reddito determinato «forfetariamente» ereddito analiticamente determinato ai sensi degli artt. 83 ss. delT.U.I.R. Nella fattispecie esaminata dalla risoluzione in commento(si ritiene, tipica delle società cd. di comodo) il reddito «forfeta-rio» risultava, ovviamente, superiore rispetto a quello «analitico».

in capo alla consolidata e dalla stessa indicati nelrigo GN33 del proprio Mod. UNICO, per il lorointero ammontare atteso che l’unica partecipazio-ne posseduta dalla consolidata «di comodo» aven-te i requisiti pex (e, in quanto tale, rilevante ai finidella verifica del cd. pro rata patrimoniale) fa par-te della medesima area di consolidamento e chenon esistono dividendi percepiti provenienti dapartecipazioni pex in società non incluse nell’areamedesima.

Differenza tra risultato analitico e forfetarioIl chiarimento «qualificante» operato dalla risolu-zione in commento riguarda un aspetto che già insede di prima stesura delle nuove disposizioni in-trodotte con il D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344aveva destato qualche dubbio. La natura della di-sposizione contenuta nell’art. 122 la quale preve-de, appunto, che le rettifiche di consolidamentosiano operate dalla consolidante in sede di deter-minazione del reddito imponibile della fiscal unit èquella di norma procedurale. In altri termini, le ret-tifiche di consolidamento effettuate nel rispetto ditale norma vengono operate dalla consolidante permere ragioni di opportunità operativa, ma - riferen-dosi al reddito imponibile delle consolidate - devo-no essere effettuate nel rispetto delle caratteristi-che proprie di tali società (3). L’Agenzia delle en-trate, affermando in tale contesto la natura di nor-ma «procedurale» della disposizione in parola,giunge ad una conclusione che - ciò posto - puòconsiderarsi scontata, ma che apre la strada ad ul-teriori considerazioni che affronteremo nel seguito. Operato, infatti, tale distinguo tra norma sostan-ziale (che nella fattispecie in esame è l’art. 97 delT.U.I.R. di disciplina del cd. «pro rata patrimonia-le» e che attribuisce il diritto a rettificare il pro ra-ta in caso di consolidato) e norma procedurale(l’art. 122 del T.U.I.R. che disciplina le rettifichein parola), la risoluzione afferma il principio daseguire in caso di contemporanea presenza di retti-fiche operate dalla consolidata e di reddito deter-minato «forfetariamente» dalla stessa per effettodell’applicazione della disciplina delle «società dicomodo» di cui alla legge n. 724/1994.Nel caso in cui il risultato «analiticamente» deter-minato sia inferiore al risultato «forfetariamente»determinato, la consolidata deve comunicare allafiscal unit solo il reddito derivante dall’applicazio-

ne della disposizione «speciale» sulle società dicomodo e la consolidante non può effettuare le ret-tifiche di consolidamento per diminuire tale im-porto. Nella diversa ipotesi in cui il reddito analiticamen-te determinato dalla consolidata società «non ope-rativa» fosse maggiore di quello scaturente dal-l’applicazione delle percentuali predeterminate diredditività, la consolidante ha diritto ad operare larettifica in diminuzione ex art. 122, comma 1, lett.b), del T.U.I.R. per l’importo della variazione inaumento (effettuata dalla consolidata), ma solo fi-no a concorrenza dell’eccedenza del reddito anali-ticamente determinato rispetto a quello computatocon l’applicazione dei criteri forfetari.Volendo semplificare con un esempio numericociò che la risoluzione in commento afferma, siconsideri l’ipotesi in cui i dati della società parte-cipata siano i seguenti:Utile di bilancio 300Variazione in aumento (da pro rata) 700Reddito imponibile «analiticamente» determinato 1.000Nell’ipotesi in cui il reddito «minimo» della me-desima società partecipata/consolidata, determina-to in applicazione della disciplina delle società dicomodo, sia pari a 1.400, ossia superiore a quelloordinariamente determinato, alla fiscal unit deveessere comunicato 1.400 e non può essere apporta-ta (da parte della consolidante) alcuna variazionein diminuzione per rettificare il pro rata. La varia-zione in diminuzione che la consolidante («in ve-ce» della consolidata) avrebbe effettuato (ai sensidell’art. 122 del T.U.I.R.), infatti, non può in ognicaso influenzare (4) il reddito da assoggettare aimposizione da parte della consolidata in applica-zione della norma speciale sulle società di como-do.A parità di dati, nel diverso caso in cui il reddito«minimo» forfetariamente determinato sia pari a800, la consolidata comunica alla fiscal unit 1.000e la consolidante può apportare nel modello di di-chiarazione CNM una variazione in diminuzioneper rettificare il pro rata. Tale variazione in dimi-

1416 Corriere Tributario 17/2007

Ris. 8 marzo 2007, n. 36/EConsolidato Prassi amministrativa

Note:(3) Cfr. Circolare Assonime n. 16 del 19 marzo 2007, di prossimapubblicazione in questa Rivista con commento di M. Beghin.(4) Nel senso di farlo scendere sotto la soglia di 1.400.

nuzione, tuttavia, può essere apportata solo fino aconcorrenza dell’imponibile (proveniente) dellaconsolidata non inferiore al reddito da assoggetta-re a imposizione in applicazione della norma spe-ciale sulle società di comodo. In pratica, a frontedi una variazione «teorica» pari a 700, nell’esem-pio la consolidante apporta una variazione in dimi-nuzione di 200. Nella sostanza, in entrambi i casi appena esamina-ti, il legittimo e sistematico «vantaggio» dell’op-zione per il regime del consolidato, consistente (5)nella possibilità di determinare in capo alla societào ente controllante un’unica base imponibile perl’intero gruppo d’imprese, in misura corrisponden-te alla somma algebrica degli imponibili di ciascu-na società che vi partecipa, non erode la fiscalitàcomunque prevista per le cd. «società di comodo».

Ulteriori considerazioniCome si è anticipato in precedenza, tali conclusio-ni - peraltro condivisibili (6) - possono essere og-getto di ulteriori considerazioni.Innanzitutto, appare chiaro che la regola affermatadalla risoluzione esplichi effetto con riguardo atutte le rettifiche di consolidamento, la quali devo-no ritenersi «di diritto» appartenenti alle singolesocietà appartenenti alla fiscal unit, a nulla rile-vando la circostanza che le variazioni siano opera-te «meccanicamente» dalla consolidante nella di-chiarazione del gruppo.In secondo luogo, come sottolineato dalla stessaAssonime, l’impostazione dell’Agenzia sembraconfermare un assunto interpretativo prospettatodalla medesima associazione nella circolare 9 di-cembre 2005, n. 65, laddove si sollevavano per-plessità riguardo all’inserimento, ad opera delD.Lgs. 18 novembre 2005, n. 247, del comma 2-bis nel corpus dell’art. 123 del T.U.I.R. (7).Posto che, come chiarito dalla risoluzione in esa-me, la disposizione contenuta nell’art. 122 ha na-tura procedurale, e al di là delle considerazionifatte dall’Assonime circa l’utilità ovvero l’inutilitàdella disposizione introdotta dal correttivo, rimanel’affermazione - importantissima - che la concretaapplicazione delle regole sulle rettifiche non puòmodificare la fiscalità delle singole partecipanti alconsolidato né, pare dirsi, può intaccare le regoleche governano il consolidato stesso.Pertanto, appare chiaro che se l’imponibile «indi-

viduale» di periodo si riduce per effetto di rettifi-che, anche l’ammontare delle perdite pregresse(della consolidata) portate in compensazione (delrelativo reddito) dovrebbe considerarsi, per princi-pio generale, automaticamente ridotto fino alla mi-sura di tale minore imponibile e tali perdite, dun-que, risulterebbero ex se non rilevanti ai fini di unloro possibile travaso nell’imponibile complessivodel consolidato (8). Ciò può accadere, ad avviso di chi scrive, non solocon riferimento alle rettifiche da trasferimenti deibeni in neutralità e da pro rata patrimoniale, maanche - ad esempio - quando il «travaso» di perdi-te avviene per effetto di consistenti dividendi di-stribuiti all’interno del medesimo gruppo (9).E il principio affermato dalla risoluzione in com-mento sembra confermarlo.

1417Corriere Tributario 17/2007

Prassi amministrativaRis. 8 marzo 2007, n. 36/E

Consolidato

Note:(5) Come sottolineato dalla circolare n. 53/E del 2004, cit., «conl’introduzione di tale istituto viene riconosciuta nel nostro ordi-namento fiscale, anche ai fini delle imposte sul reddito, la realtàeconomica dei gruppi di imprese, con la finalità, indicata nella re-lazione al decreto, di rendere il sistema tributario italiano omo-geneo a quelli più efficienti in essere nei Paesi membri dell’Unio-ne europea».(6) Sulla condivisibilità si è autorevolmente espressa l’Assonimecon la circolare n. 16 del 2007, cit.(7) Tale disposizione era stata inserita al fine di evitare, attraver-so le operazioni di trasferimento di beni in neutralità fiscale, ilcd. refreshing delle perdite, attuato dalla società cedente cheavesse rilevato, nella propria dichiarazione, una plusvalenza deri-vante dal suddetto trasferimento, compensandola con proprieperdite pregresse. In applicazione dell’art. 122 del T.U.I.R. la so-cietà consolidante avrebbe escluso dall’imponibile tale plusvalen-za (non imponibile per effetto del regime di neutralità), e - con-seguentemente - le perdite pregresse utilizzate in compensazionedalla società consolidata si sarebbero trasformate in un imponibi-le di segno negativo (perdita fiscale). Di fatto, l’imponibile negati-vo che, nell’ambito del consolidato, avrebbe potuto compensaregli imponibili positivi delle altre società partecipanti al consolida-to, rappresentava un trasferimento delle perdite pregresse alla fi-scal unit in violazione dell’art. 118, comma 2, del T.U.I.R.(8) Cfr.Assonime, circolare n. 16 del 2007, cit.(9) È il caso ad esempio di una società consolidata che nel 2004 hapercepito un dividendo da altra società aderente all’opzione pari a1.000, supponendo che sia l’unico componente positivo di reddito,in dichiarazione la società opera una variazione in diminuzione paria 950 (in applicazione dell’art. 89 del T.U.I.R.) la quota rimanente diimponibile, 50, viene compensata con perdite pregresse all’opzio-ne, la consolidata trasferisce al consolidato un imponibile pari a 0,ma la consolidante nel CNM opererà la variazione in diminuzionepari a 50 per realizzare la completa neutralità dei dividendi infra-gruppo, così spostando in capo al consolidato e rendendo fruibilel’importo (pari a 50) delle perdite pregresse della consolidata stes-sa in violazione dell’art. 118, comma 2, del T.U.I.R.

1418 Corriere Tributario 17/2007

Prassi amministrativaRis. 8 marzo 2007, n. 37/E

IVA

Agenzia delle entrate, Direzione centralenormativa e contenzioso - Risoluzione 8 marzo 2007, n. 37/E

QuesitoLa società istante, costituita ai sensi degli artt.113 ss. del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, riferi-sce di operare nella veste di società comunale inhouse del comune di xxx e di gestire i serviziinformatici e telematici del comune medesimo,in forza del contratto di servizio stipulato tra leparti.Ciò premesso, l’interpellante chiede di conoscerese le prestazioni di servizio che essa rende all’entecomunale, dietro pagamento di un corrispettivo,siano da assoggettare ad IVA.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

La società istante ritiene di non possedere una di-stinta soggettività rispetto all’ente comunale chel’ha istituita e che la partecipa integralmente, né disvolgere attività di natura commerciale.Sulla base delle suddette considerazioni, la societàistante ritiene, in relazione all’attività di gestioneche essa pone in essere, che non ricorrano i pre-

supposti richiesti dall’art. 1 del D.P.R. 26 ottobre1972, n. 633 per l’applicazione dell’IVA.In particolare, per quanto concerne il requisitosoggettivo, la società è dell’avviso che, pur essen-do stata costituita con la tipologia della società aresponsabilità limitata, essa costituisca un entestrumentale del comune, in quanto possiede le ca-ratteristiche di una società in house.A tal fine la società interpellante riferisce che ilproprio capitale sociale è interamente possedutodall’ente locale che l’ha costituita e nei confrontidel quale essa svolge, in via esclusiva, la propriaattività. La stessa società evidenzia, peraltro, chel’ente territoriale svolge nei suoi confronti un con-trollo analogo a quello che lo stesso ente effettuasui propri servizi.A parere della società istante, quindi, essa rientranel modello organizzativo di gestione dell’attivitàamministrativa del comune di xxx e fa capo allapredetta amministrazione quale elemento di siste-ma.Ciò posto, la società interpellante ritiene che ilrapporto instaurato tra essa e l’amministrazioneconcedente non sia riconducibile ad un rapportocontrattuale tra due soggetti autonomi e distinti,bensì ad un’ipotesi di delegazione organica, nonrilevante ai fini dell’applicazione dell’IVA.La medesima società è, altresì, dell’avviso chel’attività resa al comune, che realizza in via surro-gatoria compiti istituzionali del medesimo ente lo-cale, abbia natura pubblicistico-istituzionale e,quindi, non commerciale.

Parere dell’Agenzia delle entrateSi premette preliminarmente che la questione lega-ta alla qualificazione giuridica di società in houseproviding dell’interpellante sollecita un’indaginedi natura extratributaria e, come tale, non ascrivi-bile alle prerogative esercitabili dall’Agenzia delleentrate in sede di trattazione dell’interpello di cuialla legge n. 212/2000, che risponde all’esigenzadi chiarire la portata e l’ambito applicativo dellenorme tributarie. Ciò premesso, fermo restando

Le società «in house providing» sono soggetti passivi IVA

Una società che opera nella veste di società «inhouse providing» per un comune e che gesti-sce i servizi informatici e telematici del co-mune medesimo, in forza del contratto di servi-zio stipulato tra le parti, essendo soggetto giuri-dicamente distinto dall’ente locale che la con-trolla e costituita nella forma giuridica di società aresponsabilità limitata, si configura, agli effetti del-l’IVA, quale soggetto passivo. Ne deriva chenon può essere estesa alla società la disposizionesecondo cui per gli enti non commerciali, ivicompresi quelli pubblici, si considerano effettuatenell’esercizio di imprese soltanto le cessioni dibeni e le prestazioni di servizi rese nell’eserciziodi attività commerciali.

IL PARERE DELL’AGENZIA

1419Corriere Tributario 17/2007

Prassi amministrativa IVARis. 8 marzo 2007, n. 37/E

quanto rappresentato dalla società istante, relativa-mente al possesso delle condizioni necessarie peressere qualificata società comunale in house, si ri-tiene che detta qualifica non assuma rilevanza inordine all’individuazione dei presupposti impositi-vi IVA nell’ambito dei rapporti giuridici che s’in-staurano tra la società e l’ente locale.Infatti, la normativa e la giurisprudenza comunita-ria che delineano la figura della società in houseproviding e le caratteristiche del rapporto relazio-nale che essa intrattiene con l’ente pubblico che lacontrolla, riguardano la materia degli appalti pub-blici e, in particolare, le procedure ad evidenzapubblica secondo le direttive CE.Al riguardo, la giurisprudenza della Corte di giu-stizia CE, a partire dalla sentenza 18 novembre1999, causa C-107/1998 - «Teckal» - ha elaboratotre criteri, tra essi cumulativi, atti a giustificare lasottrazione di un servizio all’ambito di operativitàdelle regole dell’evidenza pubblica.I tre requisiti fondamentali per gli affidamenti inhouse, indicati dalla citata sentenza sono: a) il ca-pitale deve essere interamente pubblico; 2) il con-trollo esercitato dall’ente partecipante ed affidanteil servizio sulla società deve essere analogo aquello esercitato sui propri servizi; 3) l’attivitàesercitata dalla società deve essere realizzata, inmisura prevalente, con l’ente o il gruppo di entiche la controllano.In linea con i criteri elaborati dalla giurisprudenzacomunitaria il legislatore nazionale ha trasfuso iprincipi sopra delineati nel comma 5, n. 3), del-l’art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000, così come modi-ficato dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, conver-tito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, recante«Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pub-blici locali di rilevanza economica».Detta disposizione, che non riguarda la materia tri-butaria, stabilisce che il conferimento della titola-rità del servizio pubblico locale può essere effet-tuato, senza ricorrere all’espletamento di gare conprocedure ad evidenza pubblica, anche a società acapitale interamente pubblico, a condizione chel’ente titolare del capitale sociale eserciti sulla so-cietà un controllo analogo a quello esercitato suipropri servizi e che la società realizzi la parte piùimportante della propria attività con l’ente che lacontrolla (società in house).Si fa presente, peraltro, che in merito all’ambito

applicativo degli effetti che discendono dall’ap-partenenza a detta tipologia di società, già con larisoluzione 9 novembre 2006, n. 129/E (1), è statoprecisato che la nozione di organismo di dirittopubblico, mutuata dalla giurisprudenza e dallanormativa in materia di appalti pubblici in base al-la quale le società in house potrebbero essere assi-milate ad enti pubblici, non può ritenersi applica-bile in materia tributaria.Ciò premesso, relativamente alla fattispecie in esa-me si osserva che la società istante, soggetto giuri-dicamente distinto dall’ente locale che la control-la, è stata costituita nella forma giuridica di so-cietà a responsabilità limitata e, conseguentemen-te, agli effetti dell’IVA, si configura quale sogget-to passivo del tributo, ai sensi dell’art. 4, secondocomma, n. 1), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633secondo cui «Si considerano in ogni caso effettua-te nell’esercizio di imprese: 1) le cessioni di beni ele prestazioni di servizi fatte dalle società a re-sponsabilità limitata ...».Ne deriva che non può essere estesa alla societàistante la disposizione recata dall’art. 4, quartocomma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secon-do cui per gli enti non commerciali, ivi compresiquelli pubblici, si considerano effettuate nell’eser-cizio di imprese soltanto le cessioni di beni e leprestazioni di servizi rese nell’esercizio di attivitàcommerciali.La disposizione menzionata, infatti, esclude dal-l’applicazione dell’IVA gli enti non commercialirelativamente allo svolgimento di alcune attivitàper il peculiare «status giuridico» da essi possedu-to, che non può essere trasferito in capo a soggettidiversi, quali le società commerciali, aventi unapersonalità giuridica distinta dall’ente da cui pro-manano.Per quanto concerne il requisito oggettivo, l’art. 3,primo comma, del citato D.P.R. n. 633/1972, pre-vede, tra l’altro, che costituiscono prestazioni diservizi le prestazioni verso corrispettivo dipenden-ti da rapporti contrattuali.Nel caso in esame, posto che tra le parti intercorreun rapporto giuridico sinallagmatico nel quale ilcorrispettivo ricevuto dalla società costituisce il

Nota:(1) In Corr.Trib. n. 47/2006, pag. 3756, con commento di M. Peiro-lo.

1420 Corriere Tributario 17/2007

Prassi amministrativaRis. 8 marzo 2007, n. 37/E

IVA

compenso per il servizio effettuato, viene soddi-sfatto anche il requisito oggettivo richiesto dal ci-tato art. 3.In conclusione, ricorrendo nella fattispecie in esa-me sia il presupposto soggettivo sia quello oggetti-

vo per l’applicazione del tributo, la società, anchese opera nella veste di società comunale in house,deve assoggettare ad IVA i proventi ad essa corri-sposti dal comune quale corrispettivo per l’attivitàdi gestione dei servizi informatici e telematici.

ILCommentodi Tommaso Paparoe Alberto Santi

L’Agenzia delle entrate si esprime circa la qualifi-cazione fiscale delle società cosiddette «in houseproviding» e, in particolare, sul trattamento da ri-servare, ai fini IVA, ai corrispettivi dalle stesse per-cepiti a fronte dei servizi pubblici resi all’ente lo-cale concedente. Ritenendo che la normativa el’orientamento giurisprudenziale in materia nontrovino immediata applicazione in ambito tributa-rio, l’amministrazione finanziaria reputa che gli en-ti affidatari dei servizi pubblici assumono la vestedi autonomi soggetti passivi. Inoltre, l’Agenzia af-ferma la rilevanza, sotto il profilo oggettivo, delrapporto che si instaura fra la società di scopo el’ente concedente. Si tratta di una conclusione dirilievo per gli enti che si avvalgono di tale moda-lità di affidamento dei servizi locali, in un quadronormativo ed interpretativo dai contorni definito-ri tuttora piuttosto sfumati.

Con la risoluzione in commento, l’Agenzia delleentrate fornisce un contributo importante per ladefinizione del corretto trattamento applicabile,con riferimento all’IVA, relativamente alle fornitu-re di servizi pubblici locali di rilevanza economi-ca, resi dalle società dirette affidatarie - ccdd. inhouse providing - nei confronti dell’ente pubblicoconcedente. Puntualizzando ed ampliando le con-siderazioni già svolte recentemente a mezzo dellarisoluzione 9 novembre 2006, n. 129/E (1), infatti,l’amministrazione finanziaria ha sostanzialmenteribadito che l’ente strumentale, a prescindere dalsuo peculiare status giuridico - quale desumibiledalla speciale normativa in materia di appalti pub-blici, di derivazione comunitaria - che pure po-trebbe renderlo assimilabile ad un organismo didiritto pubblico, rientra a pieno titolo nel noverodei soggetti passivi d’imposta. Tanto asserito per

quanto concerne il presupposto soggettivo, corre-lativamente e sotto il profilo oggettivo, viene af-fermata la rilevanza ai fini dell’imposizione sulvalore aggiunto, in quanto suscettibile di generareprestazioni di servizi imponibili, del rapporto in-staurato fra la società di scopo e l’ente concedente,del quale viene negata la natura di delegazione or-ganica.Si tratta di modelli di gestione dei servizi pubbliciaventi rilevanza economica, erogati direttamentedagli enti locali attraverso proprie articolazioni so-cietarie, individuate, rispetto al mercato, senza ilconfronto competitivo previsto dalla gara. In simi-li circostanze, il servizio reso non viene «esterna-lizzato» sotto il profilo sostanziale, rispetto all’en-te affidante, il quale infatti esercita sull’esecutoredel servizio un «controllo analogo» a quello eser-citato sui propri uffici. Tale modello di gestione,già fortemente radicato nel territorio nazionale -anche per effetto della trasformazione delle azien-de speciali in società di capitali - ha, più di recen-te, e per effetto della novella introdotta all’art. 113del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (T.U.E.L.) (2),trovato una notevole diffusione nella gestione deiservizi di rilevanza economica ed industriale e deiservizi a rete, quali in particolare il servizio idricointegrato, il servizio integrato di gestione dei rifiu-ti, il trasporto pubblico locale, i servizi ambientaliin genere, quelli di gestione del territorio e di ma-nutenzione del patrimonio e degli impianti. Ciò,

Tommaso Paparo - Avvocato in RomaAlberto Santi - Dottore commercialista in Roma

Note:(1) In Corr.Trib. n. 47/2006, pag. 3756, con commento di M. Peirolo.(2) Per il tramite dell’art. 14 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269,convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n.326.

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Prassi amministrativa IVARis. 8 marzo 2007, n. 37/E

nonostante i requisiti che ne legittimano il ricorso,anche ai fini della tutela e promozione della con-correnza, risultino essere alquanto stringenti.La pronuncia in commento scaturisce da un’istan-za di interpello proposta proprio da una società inhouse, a capitale interamente pubblico, titolaredella gestione dei servizi informatici e telematicidi un comune, quale disciplinata da un appositocontratto stipulato con l’ente territoriale conceden-te. Il dubbio verteva sulla rilevanza ai fini dell’I-VA dei corrispettivi ritratti in ragione delle presta-zioni effettuate a beneficio dell’ente pubblico, at-teso che la società affidataria realizza la propriaattività esclusivamente a favore dell’ente conce-dente, il quale - a sua volta - esercita su di essa uncontrollo analogo a quello che esplica sui propriservizi. Tanto premesso, la tesi dell’estraneità alsistema applicativo dell’imposta proposta dall’i-stante valorizzava l’irriconducibilità del rapportocosì instauratosi ad un contratto vero e proprio,nonché la natura pubblicistico-istituzionale deiservizi direttamente appaltati e perciò, in ultimaanalisi, il loro connotato privo di commercialità.Come accennato, l’Agenzia delle entrate non hacondiviso la ricostruzione propugnata dall’inter-pellante e, pur riconoscendo l’applicabilità al casodi specie della speciale normativa degli appaltipubblici di lavori, forniture e servizi, ha rilevatoche la stessa non assume una valenza generale nel-l’ordinamento giuridico, non integrando, segnata-mente, la nozione tributaria di ente od organismopubblico. Di talché, attesa la distinta soggettivitàgiuridica - quale società di capitali - dell’organi-smo affidatario rispetto all’ente locale concedentee l’intrinseco carattere sinallagmatico del rapportodal quale scaturiscono i servizi effettuati, la risolu-zione conclude per la sussistenza di tutti i presup-posti applicativi dell’IVA ai corrispettivi in que-stione.

La disciplina giuridica delle società «in house providing» a tutela e promozione della concorrenzaA chiusura della procedura comunitaria di infra-zione di norme e principi del Trattato CE in mate-ria di libera circolazione e libertà di stabilimentoe, quindi, di non discriminazione e parità di con-correnza tra operatori pubblici e privati, il legisla-tore nazionale ha (per primo rispetto ad altri Stati

membri) conformato il diritto interno a quello co-munitario, regolamentando l’istituto dell’affida-mento diretto secondo il modello cosiddetto inhouse. Infatti, il novellato art. 113 del T.U.E.L.prevede (in materia di «Gestione delle reti ed ero-gazione dei servizi pubblici locali di rilevanzaeconomica»):• al comma 1, che «le disposizioni del presente ar-ticolo che disciplinano le modalità di gestione edaffidamento dei servizi pubblici locali concernonola tutela della concorrenza e sono inderogabili edintegrative delle discipline di settore»;• al comma 5, lett. c), che «l’erogazione del servi-zio avviene secondo le discipline di settore e nelrispetto della normativa dell’Unione europea, conconferimento della titolarità del servizio … a so-cietà a capitale interamente pubblico a condizioneche l’ente o gli enti pubblici titolari del capitalesociale esercitino sulla società un controllo analo-go a quello esercitato sui propri servizi e che la so-cietà realizzi la parte più importante della propriaattività con l’ente o gli enti pubblici che la con-trollano» (3).L’istituto dell’affidamento diretto, secondo il mo-dello in argomento, è stato sostanzialmente recepi-to sulla base del principio di diritto contenuto nel-la sentenza 18 novembre 1999, causa C-107/98,con la quale la Corte di giustizia delle Comunitàeuropee ha dichiarato che la direttiva del Consi-glio 14 giugno 1993, n. 93/36/CEE, che coordinale procedure di aggiudicazione degli appalti pub-blici di forniture, è applicabile ove un’amministra-zione aggiudicatrice - quale un ente locale - decidadi stipulare per iscritto, con un ente distinto da es-sa sul piano formale ed autonomo rispetto ad essasul piano decisionale, un contratto a titolo onero-so, avente ad oggetto la fornitura di prodotti.Con la richiamata novella, il legislatore nazionaleha inteso perseguire il dichiarato fine di «evitarealterazioni o distorsioni della concorrenza e delmercato e di assicurare la parità degli operatori».Nel pensiero della Corte costituzionale, la tuteladella concorrenza non è solo protezione, ma anchepromozione e, quindi, superamento di assetti mo-nopolistici.

Nota:(3) Di analogo tenore sono il comma 4 ed il comma 15-bis del-l’art. 113 medesimo.

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Prassi amministrativaRis. 8 marzo 2007, n. 37/E

IVA

In evidente continuità di pensiero rispetto alle sen-tenze 13 gennaio 2004, n. 14 (4) e 7 luglio 2005,n. 272 (5), con la sentenza 1° febbraio 2006, n. 29la Corte ha rimarcato il principio per il quale «allapotestà legislativa esclusiva dello Stato nella ma-teria “tutela della concorrenza”, devono essere ri-condotte le disposizioni statali di principio conte-nute nell’art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000, in quan-to le medesime, pur incidendo sulla materia deiservizi pubblici locali, che appartiene alla compe-tenza residuale delle regioni, disciplinano l’affida-mento della gestione dei servizi pubblici locali, dirilevanza economica, secondo un sistema teso asalvaguardare la concorrenzialità del mercato».Oltremodo significativo risulta essere l’orienta-mento espresso con la sentenza 3 marzo 2006, n.80, in quanto, secondo la Corte, «le competenzeesclusive statali che - come quella relativa alla«tutela della concorrenza» - si configurino come«trasversali» incidono naturalmente, nei limiti del-la loro specificità e dei contenuti normativi che diesse possano ritenersi propri, sulla totalità degliambiti materiali entro i quali si applicano». Talepronuncia focalizza le proprie considerazioni sulvincolo di scopo, posto dall’art. 18, comma 2, delD.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422, «di incentivareil superamento degli assetti monopolistici e di in-trodurre regole di concorrenzialità nella gestionedei servizi di trasporto regionale e locale».Con riguardo alla normativa in argomento, anche ilgiudice comunitario (6) ha espresso il proprio as-senso, affermando che «nel settore delle concessio-ni di servizi pubblici, l’applicazione delle regoleenunciate agli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE, nonchédei principi generali di cui esse costituiscono laspecifica espressione, è esclusa se, allo stesso tem-po, il controllo esercitato sul concessionario dal-l’autorità pubblica concedente è analogo a quelloche essa esercita sui propri servizi, e se il dettoconcessionario realizza la parte più importante del-la propria attività con l’autorità che lo detiene …Una normativa nazionale che riprenda testualmenteil contenuto delle condizioni indicate al punto pre-cedente, come fa l’art. 113, comma 5, del D.Lgs. n.267/2000, come modificato dall’art. 14 del D.L. n.269/2003, è in linea di principio conforme al dirittocomunitario ... Va precisato che, trattandosi diun’eccezione alle regole generali del diritto comu-nitario, le … condizioni … devono essere interpre-

tate restrittivamente, e l’onere di dimostrare l’effet-tiva sussistenza delle circostanze eccezionali chegiustificano la deroga a quelle regole grava su co-lui che intenda avvalersene».Vasta è, poi, la giurisprudenza sulla nozione dicontrollo analogo. In sintesi, esso si sostanzia inun potere penetrante dell’azionista ed ente affidan-te di incidere significativamente sulla vita dellastessa società, esercitando pertanto un controlloanalogo a quello esercitabile sui propri servizi,sicché il Consiglio di amministrazione non potreb-be disporre di più ampi poteri di ordinaria ammi-nistrazione, né potrebbe concludere autonoma-mente, senza l’accordo dell’assemblea dei soci, ta-luni negozi entro un dato valore economico (7).Né lo statuto della società in house può prevedere,anche in via meramente ipotetica e potenziale, l’a-pertura del capitale pubblico a soci privati (8).Conforme all’orientamento del giudice comunita-rio è quello del giudice nazionale. Si segnalano, aifini di una corretta ricostruzione del modello inoggetto: • la sentenza del TAR Abruzzo - Pescara, 7 no-vembre 2006, n. 687, da cui si evince che, ai finidella corretta sussistenza del controllo analogo,esso debba esercitato «unitariamente» dagli azio-nisti, anche mediante la costituzione di un ufficiocomune, «cui sia attribuito il compito di realizzareil coordinamento e la consultazione tra gli enti lo-cali provvedendo, tra l’altro, all’esercizio di uncontrollo su vari profili di funzionamento della so-cietà»;• la sentenza 8 novembre 2006, n. 5197, con cui ilTAR Puglia - Lecce, la quale ha sintetizzato i pre-supposti legittimanti il ricorso all’istituto dell’affi-damento diretto, precisando che «ai fini dell’am-missibilità dell’in house providing … occorre che:a) la società affidataria del servizio sia a totalepartecipazione pubblica; b) essa realizzi la mag-

Note:(4) In Banca Dati BIG, IPSOA.(5) Con la sentenza n. 272/2004, la Corte afferma che l’art. 113del T.U.E.L., come modificato dall’art. 14 del D.L. n. 269/2003, co-stituisce «una norma-principio della materia, alla cui luce è possi-bile interpretare il complesso delle disposizioni in esame nonchéil rapporto con le altre normative di settore».(6) Cfr. Corte di giustizia UE, 6 aprile 2006, causa C-410/04.(7) Così depone la sentenza della Corte di giustizia UE, 13 otto-bre 2005, causa C-458/03.(8) Cfr. Corte di giustizia UE, 11 gennaio 2005, causa C-26/03.

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gior parte della propria attività con l’ente o con glienti proprietari; c) l’organo gestionale (consigliodi amministrazione o amministratore unico) nondisponga di poteri tali per cui gli enti proprietaridel pacchetto azionario non sono in grado di effet-tuare un controllo incisivo ed ulteriore rispetto aipoteri di cui dispone, ai sensi del diritto civile ecommerciale, l’azionista di maggioranza di unaqualsiasi società di capitali; d) gli atti costitutivie/lo Statuto non prevedano l’apertura parziale delpacchetto azionario a soci privati, sia pure indivi-duati con procedure di evidenza pubblica».

Il trattamento ai fini IVA delle prestazioni nei confronti dell’ente pubblico concedenteIl legislatore - tanto comunitario, quanto domesti-co (9) - fornisce una definizione quanto mai ampiadel presupposto soggettivo di applicazione dell’I-VA. In particolare, per quanto concerne la discipli-na sopranazionale di riferimento, si identifica co-me soggetto passivo d’imposta colui che esercita -a mente dell’art. 4, parr. 1 e 2, della direttiva delConsiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE (cd. VIdirettiva CEE) e, corrispondentemente, dell’art. 9della direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, n.2006/112/CE - in modo indipendente ed in qual-siasi luogo, un’attività economica consistente inquella del produttore, del commerciante o del pre-statore di servizi, a prescindere dal suo scopo edessendo a tal fine del tutto irrilevanti i risultati ditale attività. La nozione in parola, pertanto, si ca-ratterizza per una notevole latitudine, ciò che ri-sulta confermato dalla lettura della norma che dàla Corte di giustizia delle Comunità europee, laquale tende a ricomprendere nell’alveo applicativodel tributo «tutte le fasi produttive, distributive edella produzione dei servizi» (10).Tuttavia, sono esplicitamente ritenuti privi di sog-gettività, ai fini di che trattasi, per espressa previ-sione di cui all’art. 4, par. 5, della VI direttiva(11), gli Stati, le regioni, le province, i comuni egli altri organismi di diritto pubblico, i quali «nonsono considerati soggetti passivi per le attività odoperazioni che esercitano in quanto pubbliche au-torità, anche quando, in relazione a tali attività odoperazioni, percepiscono diritti, canoni, contributio retribuzioni. Se però tali enti esercitano attivitàod operazioni di questo genere, essi devono essereconsiderati soggetti passivi per dette attività od

operazioni quando il loro non assoggettamentoprovocherebbe distorsioni di concorrenza di unacerta importanza» (12).Difforme da quella appena tratteggiata - come ri-saputo - è la tecnica definitoria del requisito in pa-rola prescelta dal nostro legislatore nazionale, laquale subisce le suggestioni sia delle nozioni pro-prie dell’ordinamento civilistico, sia della norma-tiva codificata per l’imposizione del reddito (13).L’art. 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 statui-sce, infatti, limitatamente a quanto rileva in questasede, che si considerano soggetti d’imposta le so-cietà commerciali e gli enti, pubblici e privati, cheabbiano per oggetto esclusivo o principale l’eser-cizio di attività commerciali o agricole. Segue,poi, un’elencazione di attività considerate di per sérilevanti ai fini dell’applicazione del tributo, indi-pendentemente dalla tipologia di colui che le eser-cita. Come si vede, la norma nazionale non preve-de una specifica disciplina per gli enti pubblici, in

Note:(9) La compatibilità della normativa interna con quella soprana-zionale di riferimento, soprattutto per quanto concerne l’assog-gettabilità al tributo delle attività commerciali di carattere pub-blico-autoritativo, è stata ripetutamente messa in dubbio dalladottrina. Per un compendio delle varie posizioni espresse al ri-guardo, vedasi G. Gasparini Berlingieri, «Gli enti non commercia-li», in AA.VV., L’imposta sul valore aggiunto. Giurisprudenza sistema-tica di diritto tributario, diretta da F. Tesauro, Torino, 2001, pagg.194-195, ove anche ulteriori riferimenti bibliografici.(10) La giurisprudenza, sul punto, è piuttosto copiosa; a tale ri-guardo, si vedano ex multis Corte di giustizia CE, 4 dicembre1990, causa C-189/89; Id., 26 settembre 1996, causa C-230/94, inCorr. Trib. n. 16/1997, pag. 1182; Id., 26 giugno 2003, causa C-305/01, ivi n. 36/2003, pag. 2979, con commento di P. Centore, ein GT - Riv. giur. trib. n. 12/2003, pag. 1105, con commento di M.del Vaglio, «La disciplina IVA dell’attività di “factoring” alla luce diuna recente sentenza della Corte di giustizia»; Id., 26 giugno2003, causa C-442/01, in Banca Dati BIG, IPSOA.(11) La disposizione richiamata è stata trasfusa senza modifichesostanziali nell’art. 13, par. 1, della direttiva n. 2006/112/CE.(12) L’orientamento della Corte di giustizia in merito alla defini-zione delle attività degli enti pubblici, in quanto pubbliche auto-rità, è ben consolidato. Oltre alle sentenze 17 ottobre 1989, cau-se riunite C-231/87 e C-129/88, in Banca Dati BIG, IPSOA, e 15maggio 1990, causa C-4/89, ivi, che hanno interessato proprio ilnostro ordinamento, cfr. da ultimo la sentenza 8 giugno 2006,causa C-430/04, in Corr.Trib. n. 31/2006, pag. 2467, con commentodi A. Santi.(13) Per approfondimenti, fra gli altri, si vedano A. Comelli, IVA co-munitaria e IVA nazionale. Contributo alla teoria generale dell’impostasul valore aggiunto, Padova, 2000, pagg. 494 ss., e M. Giorgi, Detra-zione e soggettività passiva nel sistema dell’imposta sul valore aggiun-to, Padova, 2005, pagg. 79 ss. e pagg. 161 ss.

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IVA

quanto fornisce una qualificazione di commercia-lità, che sostanzialmente trascende dalla naturapubblica o privata del soggetto. Segnatamente, inbase all’art. 4, quarto comma, del D.P.R. n.633/1972, gli enti pubblici che non abbiano peroggetto esclusivo o principale l’esercizio di atti-vità commerciali si considerano soggetti d’impo-sta, limitatamente alle cessioni di beni ed alle pre-stazioni di servizi «fatte nell’esercizio di attivitàcommerciali o agricole», definite secondo canonidi «economicità» e «professionalità» propri delladisciplina civilistica.

La posizione soggettiva dell’ente affidatarioTanto premesso, la risoluzione in commento - unavolta sgombrato il campo dell’indagine dalla giu-risprudenza e dalla normativa in tema di contrattipubblici che, pur potendo astrattamente consenti-re l’assimilazione delle società in house agli entipubblici, vengono reputate «non immediatamenteapplicabili ai fini fiscali per la delimitazione del-l’ambito applicativo delle norme tributarie riferitead enti ed organismi pubblici» (14) - risolve age-volmente la questione della posizione soggettivadell’ente affidatario nei confronti del concedente.Attesa la distinta soggettività giuridica dei due or-ganismi e la costituzione in forma di società a re-sponsabilità limitata del primo, stante l’inequivo-co tenore dell’art. 4 del D.P.R. n. 633/1972, taleper cui si considerano in ogni caso effettuate nel-l’esercizio d’impresa le cessioni di beni e le pre-stazioni di servizi effettuate dalle società com-merciali, l’Agenzia delle entrate ritiene che nonpossa essere utilmente invocato nel caso di specieil disposto del quarto comma del medesimo arti-colo (15). In altri termini, la sussistenza del pre-supposto soggettivo in capo alla società di scopoè riconducibile al dettato di cui all’art. 4, secondocomma, n. 1), del D.P.R. n. 633/1972 e non già aquello di cui al successivo quarto comma dellastessa disposizione, come invece sostenuto dal-l’interpellante.Acclarata così la ricorrenza del requisito soggetti-vo, la pronuncia che qui si commenta riscontra lasoddisfazione nella fattispecie anche di quello og-gettivo, in considerazione del fatto che «tra leparti intercorre un rapporto giuridico sinallagma-tico nel quale il corrispettivo ricevuto dalla so-cietà costituisce il compenso per il servizio effet-

tuato». A tale proposito, non v’è molto da aggiun-gere al ricco filone interpretativo concernente lanozione di prestazione di servizi rilevante ai finiIVA (16). Con riferimento alla grandezza in que-stione, d’altro canto, i lineamenti definitori risul-tano ormai nettamente tracciati dalla progressivaevoluzione della giurisprudenza della Corte digiustizia delle Comunità europee. In particolare,secondo il consolidato insegnamento dei giudicicomunitari, l’imponibile di una prestazione risulta«costituito da tutto ciò che è ricevuto quale corri-spettivo del servizio» (17). Peraltro, il «nesso di-retto» che lega la prestazione di servizi al relativocorrispettivo deve ravvisarsi nella presenza di unrapporto sinallagmatico tra il soggetto attivo equello passivo dello stesso, in relazione al quale«avvenga uno scambio di reciproche prestazioni,dove il compenso ricevuto dal prestatore costitui-

Note:(14) Cfr. risoluzione n. 129/E del 2006, cit.(15) La rilevanza dell’effettuazione di operazioni rientranti nel-l’ambito di applicazione dell’imposta, al fine dell’acquisizione del-lo status di soggetto passivo, a scapito della sussistenza di merirequisiti formali e, in tale prospettiva, l’attrazione alla sfera dioperatività del tributo della generalità delle cessioni e delle pre-stazioni poste in essere da società ed enti commerciali è temati-ca oltremodo dibattuta. Per una puntuale ed aggiornata ricostru-zione dello «stato dell’arte», anche alla luce della giurisprudenzacomunitaria, cfr. ancora M. Giorgi, op. cit., pag. 119 ss.(16) In proposito, fra i numerosi altri, cfr. F. Moschetti, «Sul con-cetto di “corrispettivo” ai fini IVA», in Boll. trib., 1982, pag. 1611; L.Castaldi, «Le operazioni imponibili», in AA.VV., L’imposta sul valoreaggiunto. Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, diretta da F.Tesauro, cit., pag. 54; G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Partespeciale, Padova, 2000, pagg. 467-468; A. Comelli, «Sul requisitodell’onerosità delle operazioni soggette all’IVA», in Riv. dir. trib.,2003, III, pag. 88.(17) Si sono occupate a vario titolo della questione, fra le altre,Corte di giustizia CE, 2 giugno 1994, causa C-33/93, in Corr. Trib.n. 32/1994, pag. 2117, con commento di P. Centore, e in GT - Riv.giur. trib. n. 1/1995, pag. 7, con commento di A. Gratani, «Tassazio-ne degli omaggi promozionali: cessione a titolo gratuito o a titolooneroso?»; Id., 24 ottobre 1996, causa C-317/94, in Corr. Trib. n.35/1997, pag. 2589, e in GT - Riv. giur. trib. n. 8/1997, pag. 705, concommento di A. Gratani, «Bolle di accompagnamento e discrimi-nazione a rovescio»; Id., 16 ottobre 1997, causa C-258/95, in GT -Riv. giur. trib. n. 3/1998, pag. 216, con commento di P. Centore,«Prestazioni gratuite di servizi fra normativa comunitaria e na-zionale», e in Banca Dati BIG, IPSOA; Id., 19 giugno 2003, causa C-149/01, in GT - Riv. giur. trib. n. 10/2003, pag. 905, con commentodi L. Barone, «Rientra nel calcolo dell’IVA “base da base” per leagenzie di viaggio l’importo aggiuntivo pagato dall’intermediarioper coprire lo sconto praticato al viaggiatore», e in Banca DatiBIG, IPSOA.

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Prassi amministrativa IVARis. 8 marzo 2007, n. 37/E

sca il controvalore effettivo del servizio prestatoall’utente» (18).Se la ricorrenza del presupposto dell’onerositàdella prestazione, pur nelle sue molteplici sfaccet-tature e peculiarità, pone problemi tutto sommatolimitati nei rapporti fra privati, allorché si abbia ache fare con organismi di diritto pubblico e, quin-di, intervengano aspetti che trascendono l’autono-mia negoziale, i profili di criticità risultano inne-gabilmente enfatizzati. Il discorso ci porterebbemolto lontano e non rientra nelle finalità del pre-sente limitato intervento. Nella prassi applicativa,

tuttavia, l’elemento differenziatore fra situazioniche generano una soggezione ad imposta e fatti-specie estranee all’ambito applicativo del tributosi delinea spesso in termini assai labili, alla cuiidentificazione l’Agenzia delle entrate, con la riso-luzione in oggetto, non contribuisce francamentein maniera significativa.

Nota:(18) Cfr. Corte di giustizia CE, 3 marzo 1994, causa C-16/93, inCorr. Trib. n. 19/1994, pag. 1250, e in GT - Riv. giur. trib. n. 6/1994,pag. 521, con commento di P. Centore, «Fisco e musica», e Id., 5giugno 1997, causa C-2/95, in Banca Dati BIG, IPSOA.

I n d i c e a n a l i t i c oAccertamento induttivoIVAD.Muraro .......................................................................... 1386

Consolidato nazionaleEffetti dell’esercizio dell’opzioneR. Michelutti ..................................................................... 1366Rettifiche di consolidamentoD. Buono........................................................................... 1413

DeduzioniIRES - Limiti di deduzione delle spese di mezzi ditrasporto a motoreC. Pino .............................................................................. 1407

Detrazioni d’impostaIVA - Particolari beniC. Pino .............................................................................. 1407

Imposta sulle successioni e donazioniIstituzioneG. Zizzo............................................................................. 1351F. Guffanti ......................................................................... 1401

IVAPresuppostoT. Paparo e A. Santi .......................................................... 1418

MobilitàIndennità di mobilitàFranco Petrucci ................................................................ 1378

Operazioni straordinarieIRES - FusioneR. Michelutti ..................................................................... 1366IRES - ScissioneR. Michelutti ..................................................................... 1366

OpzioniIVA - Liquidazione di gruppoP. Centore.......................................................................... 1374

Pubblica amministrazioneGestione dei servizi pubblici locali a rilevanzaeconomicaT. Paparo e A. Santi .......................................................... 1418

Redditi d’impresaIRES - PerditeR. Michelutti ..................................................................... 1366

Redditi di lavoro dipendenteDefinizioneFranco Petrucci ................................................................ 1378

Redditi soggetti a tassazione separataDeterminazioneFranco Petrucci ................................................................ 1378

RiscossioneImposta di registro - Soggetti obbligati al paga-mentoD. Coppa........................................................................... 1381

RitenuteRedditi di lavoro dipendenteFranco Petrucci ................................................................ 1378

SocietàSocietà di comodoG. Ferranti........................................................................ 1357

Variazioni dell’imponibile o dell’impostaIVA - Aumento e diminuzioneM. Peirolo ......................................................................... 1392

I n d i c e c r o n o l o g i c oGiurisprudenza22 gennaio 2007 - Cass. - Sez. trib. n. 1315............ 1392commento di M. Peirolo ................................................... 13947 febbraio 2007 - Comm. trib. prov. Avellino -Sez. V n. 33 (*) ........................................................ 140014 febbraio 2007 - Cass. - Sez. trib. n. 3222 ........... 1386commento di D. Muraro ................................................... 138821 febbraio 2007 - Cass. - Sez. trib. n. 4047 ........... 1381commento di D. Coppa ..................................................... 138326 febbraio 2007 - Comm. trib. reg. Molise - Sez.I n. 35 (*) ................................................................. 140014 marzo 2007 - Comm. trib. prov. Isernia - Sez.III n. 8 (*) ................................................................ 140021 marzo 2007 - Cass. - Sez. trib. n. 6755 (*) ......... 139927 marzo 2007 - Comm. trib. prov. Padova - Sez.VIII n. 252 (*).......................................................... 139929 marzo 2007 - Corte di giustizia UE - Sez. IIIcausa C-111/05 (*)................................................... 139829 marzo 2007 - Corte cost. n. 109 (*).................... 13982 aprile 2007 - Cass. - Sez. trib. n. 8177 (*)............ 1399

Prassi amministrativa8 marzo 2007 - Agenzia delle entrate - Risoluzionen. 36/E...................................................................... 1413commento di D. Buono ..................................................... 14158 marzo 2007 - Agenzia delle entrate - Risoluzionen. 37/E...................................................................... 1418commento di T. Paparo e A. Santi..................................... 142012 marzo 2007 - Assonime - Circolare n. 13........... 1401commento di F. Guffanti ................................................... 140223 marzo 2007 - Agenzia delle entrate - Risoluzio-ne n. 59/E................................................................. 1407commento di C. Pino ........................................................ 1409

Indici

1426 Corriere Tributario 17/2007

(*) Nella sezione «Rassegna di giurisprudenza».Il testo delle sentenze e l’eventuale commento d’Autore si pos-sono richiedere a Corriere Tributario on line ([email protected]).

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