Da "il ritratto dell'amante", (Einaudi, 1992) di Maurizio Bettini

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Capitolo secondo Un vasaio che non era geloso Sembra che il primo a fare della «plastica», o scultura in creta, fosse stato Butade " un vasaio di Sicione che lavorava a Corinto 2. Accadde in- fatti che sua figlia si fosse innamorata di un giovane: ma questi stava per recarsi lontano, e allora la ragazza tracciò sulla parete il profilo dell' ama- to, ricalcandolo sull' ombra proiettata dalla lucerna. Secondo Atenago- ra ' la fanciulla compi questa operazione mentre il giovane dormiva (qua- si a 'rubargli' quella silhouette?). Il padre Butade, visto il disegno sul muro, ne ricavò un modello in argilla, che fece seccare poi con altri og- getti fittili e infine lasciò cuocere al forno. Dicono che quel ritratto si conservasse ancora nel Ninfeo di Corinto, fino al momento in cui Lucio Mummio distrusse la città. E questa fu l'origine della «plastica» '. 1. Nascita dell'immagine Se abbiamo deciso di iniziare proprio con questo racconto è perché, come si vede, in esso la nostra storia fondamentale svolge un compito importante, addirittura un compito di fondazione culturale: il ritratto dell'amante è, direttamente, l'origine di una téchne particolare, la scul- tura in argilla nasce con lui. La fonte di questo impulso alla creazione ar- tistica (anzi, alla scoperta artistica) è dunque specificamente costituito dal rimpianto per una persona assente: quel particolare tipo di «deside- rio inappagabile» che in greco porterebbe il nome di p6thos, e in latino quello di desiderium'. Solo che, ancora fragile e nuova, è come se quella prima immagine creata dalle mani di Butade non fosse stata capace di nascere da sola, e avesse avuto bisogno di un supporto cui appoggiarsi: l'ombra. Nell'invenzione eziologica, l'ingresso dell' arte plastica nel mondo della cultura chiede aiuto alla natura, che con la sua rnediazion sovraintenda - eccezionalmente - al fatidico passaggio. T1 pill nnt il'o l'i- Un vasaio che non era geloso II tratto che la nostra storia fondamentale possa vantare germoglia dunque sull' ombra dell' amato, è il suo calco 6 (il suo furto?). Quando, fedele e ineluttabile compagna, l'ombra si allontanerà per seguire nel suo viaggio il giovane corinzio, l'astuzia malinconica della fanciulla, e la bravura pie- tosa dell'arte, ne avranno già imprigionato l'inconsapevole silhouette. Non dimentichiamo il mitico espediente della figlia del vasaio: il seguito della nostra storia, cosi come la sua interpretazione, ne dipenderanno molto'. Con questo racconto sulle origini della «plastica» il nostro tema ac- quista, come dicevamo, direttamente valore mitico, a lui si deve la sco- perta di qualcosa che, prima, la cultura non conosceva: l'arte plastica. Che anzi, se assieme agli autori antichi si vuoI giocare al gioco delle sco- perte e di chi le fece per primo, si potrà perfino affermare che Butade e sua figlia (il p6thos di lei, e la consolazione fornita dall' arte di lui) dettero origine non a una sola fra le arti figurative, ma a tutte. Plinio 8, parlando della similitudines exprimendi ... origo (owerodi quando ebbe inizio l'arte del ritrarre in modo somigliante), indica chiaramente la plastice co- me punto di partenza: infatti, dice, essa è anteriore alla statuaria. Mentre altrove' ancora Plinio ricorda che, secondo Pasitele, la plastice era la «madre» sia dell' arte di cesellare che della statuaria che della scultura. Il primo ritratto dell'amante sarebbe dunque archetipo non della sola im- magine plasmata ma, in certo modo, di qualsiasi immagine dotata di vo- lume. Quando poi leggiamo, ancora in Plinio lO, che secondo i greci la scoperta della pittura sarebbe avvenuta per alcuni a Sicione, per altri a Corinto, ma «tutti sono d'accordo nel dire che si trattò di rilevare con delle linee l'ombra di un uomo », si resta colpiti dal fatto che gli elementi in gioco siano ancora gli stessi: Butade, come sappiamo, era di Sicione, e realizzò il suo primo ritratto proprio a Corinto; d'altra parte, secondo il nostro mitico racconto la ragazza fece esattamente quello che, stando al- la concorde opinione dei greci, dette origine alla pittura - ossia riprese con delle linee i contorni dell' ombra di un uomo n. Il vasaio e sua figlia furono dunque legati, in qualche modo, anche all' origine della pittura? e cosi fosse, il rimpianto per la perdita della persona amata (ovvero la creazione del primo «ritratto dell' amante») potrebbe vantare il privile- io di aver escogitato direttamente l'arte di creare immagini: qualsiasi tipo di immagini. ] n ogni caso, a Butade andrà però riconosciuto almeno un altro meri- icllo di aver saputo comprendere, e soccorrere, la malinconia amo-

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Capitolo secondoUn vasaio che non era geloso

Sembra che il primo a fare della «plastica», o scultura in creta, fossestato Butade " un vasaio di Sicione che lavorava a Corinto 2. Accadde in-fatti che sua figlia si fosse innamorata di un giovane: ma questi stava perrecarsi lontano, e allora la ragazza tracciò sulla parete il profilo dell' ama-to, ricalcandolo sull' ombra proiettata dalla lucerna. Secondo Atenago-ra ' la fanciulla compi questa operazione mentre il giovane dormiva (qua-si a 'rubargli' quella silhouette?). Il padre Butade, visto il disegno sulmuro, ne ricavò un modello in argilla, che fece seccare poi con altri og-getti fittili e infine lasciò cuocere al forno. Dicono che quel ritratto siconservasse ancora nel Ninfeo di Corinto, fino al momento in cui LucioMummio distrusse la città. E questa fu l'origine della «plastica» '.

1. Nascita dell'immagine

Se abbiamo deciso di iniziare proprio con questo racconto è perché,come si vede, in esso la nostra storia fondamentale svolge un compitoimportante, addirittura un compito di fondazione culturale: il ritrattodell'amante è, direttamente, l'origine di una téchne particolare, la scul-tura in argilla nasce con lui. La fonte di questo impulso alla creazione ar-tistica (anzi, alla scoperta artistica) è dunque specificamente costituitodal rimpianto per una persona assente: quel particolare tipo di «deside-rio inappagabile» che in greco porterebbe il nome di p6thos, e in latinoquello di desiderium'. Solo che, ancora fragile e nuova, è come se quellaprima immagine creata dalle mani di Butade non fosse stata capace dinascere da sola, e avesse avuto bisogno di un supporto cui appoggiarsi:l'ombra. Nell'invenzione eziologica, l'ingresso dell' arte plastica nelmondo della cultura chiede aiuto alla natura, che con la sua rnediazionsovraintenda - eccezionalmente - al fatidico passaggio. T1 pill nnt il'o l'i-

Un vasaio che non era geloso II

tratto che la nostra storia fondamentale possa vantare germoglia dunquesull' ombra dell' amato, è il suo calco 6 (il suo furto?). Quando, fedele eineluttabile compagna, l'ombra si allontanerà per seguire nel suo viaggioil giovane corinzio, l'astuzia malinconica della fanciulla, e la bravura pie-tosa dell'arte, ne avranno già imprigionato l'inconsapevole silhouette.Non dimentichiamo il mitico espediente della figlia del vasaio: il seguitodella nostra storia, cosi come la sua interpretazione, ne dipenderannomolto'.Con questo racconto sulle origini della «plastica» il nostro tema ac-

quista, come dicevamo, direttamente valore mitico, a lui si deve la sco-perta di qualcosa che, prima, la cultura non conosceva: l'arte plastica.Che anzi, se assieme agli autori antichi si vuoI giocare al gioco delle sco-perte e di chi le fece per primo, si potrà perfino affermare che Butade esua figlia (ilp6thos di lei, e la consolazione fornita dall' arte di lui) detteroorigine non a una sola fra le arti figurative, ma a tutte. Plinio 8, parlandodella similitudines exprimendi ... origo (owerodi quando ebbe iniziol'arte del ritrarre in modo somigliante), indica chiaramente la plastice co-me punto di partenza: infatti, dice, essa è anteriore alla statuaria. Mentrealtrove' ancora Plinio ricorda che, secondo Pasitele, la plastice era la«madre» sia dell' arte di cesellare che della statuaria che della scultura. Ilprimo ritratto dell'amante sarebbe dunque archetipo non della sola im-magine plasmata ma, in certo modo, di qualsiasi immagine dotata di vo-lume. Quando poi leggiamo, ancora in Plinio lO, che secondo i greci lascoperta della pittura sarebbe avvenuta per alcuni a Sicione, per altri aCorinto, ma «tutti sono d'accordo nel dire che si trattò di rilevare condelle linee l'ombra di un uomo », si resta colpiti dal fatto che gli elementiin gioco siano ancora gli stessi: Butade, come sappiamo, era di Sicione, erealizzò il suo primo ritratto proprio a Corinto; d'altra parte, secondo ilnostro mitico racconto la ragazza fece esattamente quello che, stando al-la concorde opinione dei greci, dette origine alla pittura - ossia ripresecon delle linee i contorni dell' ombra di un uomo n. Il vasaio e sua figliafurono dunque legati, in qualche modo, anche all' origine della pittura?e cosi fosse, il rimpianto per la perdita della persona amata (ovvero lacreazione del primo «ritratto dell' amante») potrebbe vantare il privile-io di aver escogitato direttamente l'arte di creare immagini: qualsiasitipo di immagini.] n ogni caso, a Butade andrà però riconosciuto almeno un altro meri-icllo di aver saputo comprendere, e soccorrere, la malinconia amo-

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rosa di sua figlia - in breve, come dice il titolo di questo capitolo, di nonessere stato geloso di sua figlia. Strano, perché in genere si dice che i pa-dri sono abbastanza gelosi delle proprie figlie e dei loro amori. In parti-colare poi trattandosi di un vasaio: perché, stando almeno alla tesi espo-sta da Lévi-Strauss in un libro di qualche tempo fa, i vasai dovrebberoessere tutti una razza di gelosi - «la poterie, art jaloux ...» 12. Può darsiche questa affermazione valga solo per il mondo amerindiano, e non peril nostro occidentale. In ogni caso, l'arte di creare immagini nasce inGrecia per impulso di pathos amoroso da un lato - una ragazza che vuoleper sé il ritratto del suo innamorato lontano - e per un atto di generositàe di affetto dell' altra: un padre che vuole consolare sua figlia. Viceversa,in un' altra storia abbastanza analoga a questa, il padre si mostra assaimeno generoso nei confronti di sua figlia e del ritratto che lei amava tan-to. Vediamo come.

2. I «simulacra» di Laodamia

Era destino che il primo guerriero greco che fosse sbarcato sul suolotroiano vi avrebbe incontrato la morte: liminare tributo di sangue (glioscuri rischi del «passaggio») a quella guerra gloriosa e maledetta. FuProtesilao, il marito di Laodamia, che ebbe quel poco invidiabile onore:e la giovane moglie non riusci a farsene una ragione. Secondo alcune ver-sioni del mito, gli dei ebbero pietà di lei, ed Ermes fu incaricato di ricon-durle - dal regno dei morti - il fantasma del marito: ma solo per pocotempo. Allo scadere del termine Laodamia mori di dolore fra le bracciadell'ombra amata, e scese all'Ade con lei 13. Secondo altri 14, invece, Lao-damia si era fatta costruire un simulacro in cera l5 di Protesilao, e lo avevaposto nel talamo fingendo che si trattasse di un'immagine sacra: cosi co-minciò a venerarlo. Era però ben chiaro che la fanciulla «aveva commer-cio» col simulacro del marito 16. Ma una volta, il servo che alla mattina leportava i frutti per il sacrificio si prese la briga di guardare da una fessu-ra, e vide Laodamia che teneva abbracciata la statua, e la baciava. L'uo-mo credette che la donna avesse aperto la porta a un adultero e andò ainformare di tutto il padre di lei, Acasto, che si senti in dovere di fare ir-ruzione nella camera della figlia - ma scopri che nel letto c'era solo l'effi-gies di Protesilao. Credette, il padre, che quella finzione tormentasseinutilmente la figlia, e che meglio sarebbe stato troncarla. Non era unpadre gentile come Butade, dette ordine che si ammucchiasse subito

Un vasaio che non era geloso 13

una pira e ci fece gettar sopra simulacro e arredi sacri: poi, appiccaronoil fuoco. Ma Laodamia non sopportò questo secondo dolore, e si gettòfra le fiamme ".Con questo genere di racconti (la figlia di Butade, Laodamia e gli al-

tri che inevitabilmente seguiranno) siamo entrati, come ben si vede, nelcuore stesso della nostra storia fondamentale: è la variante classica, di-remmo, la mossa più nota e attesa fra quelle che si possono giocare fradue amanti e un ritratto. L'amato, assente, è rimpiazzato da un'immagi-ne: il ritratto come sostituzione, il ritratto come consolazione. Molti altriamanti soli, nei secoli che verranno, vorranno sostituire chi non c'è tra-mite una sua immagine. Com'è noto, anche il Tristan di Thomas avrà unritratto della bella Yseut: ma bisognerà anche dire che Laodamia, se pu-re amante fedele e inconsolabile, non giunse al punto di organizzare at-torno al simulacro dell' essere amato un vero e proprio teatrino della me-moria - quella galleria di immagini (erette in una grotta inaccessibile) incui Tristan si recherà per sfogare la propria concitata passione ".liracconto della moglie fedele e del ritratto è un bel racconto. Anche

l'Ovidio delle Heroides ne senti la bellezza e, secondo lo schema dell' o-pera, ne trasse una lettera 19. Laodamia entra cosi a far parte di quella sin-golarissima schiera di eroine sofferenti che - nel momento più angoscio-so, o più tragico, della loro vicenda - decidono di prendere sulle ginoc-chia stilo e tavolette per mettersi a scrivere all' amato. Che dire di Arian-na che, abbandonata sulla spiaggia, non trova di meglio da fare se nonscrivere una lettera al perfido Teseo? 20. Cosi è per la sposa di Protesilao,che scrive una lettera al marito lontano. Naturalmente la finzione episto-lare esige che il destinatario, Protesilao, sia ancora in vita, e dunque cheil dolore di Laodamia, la sua consunzione per 1'assenza di Protesilao,debbano essere ambientati prima della morte dell' eroe: le esigenze postedal genere letterario modificano dunque, leggermente, le linee tradizio-nali del mito, e impongono alla sposa fedele di venerare il ritratto delmarito ancor prima della sua morte 21. Ma la mente innamorata di lei pre-sagisce già, purtroppo, come si concluderà quello sciagurato viaggioverso Troia. E in ogni caso, la semplice assenza dell' amato è più che suf-ficiente a motivare l'esistenza, ancora in cera 22, di un ritratto di Pro-tesilao ":

mentre tu, soldato, indossi le armi in una terra lontana,io ho con me un'immagine di cera che riproduce il tuo volto.

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dre, colpito dalla morte del figlio, ne volle far costruire un'immagine, ecominciò a onorarIo come fosse l'effigie di un dio: fu questa l'originedell'idolatria. L'esito è diverso, come diversa è la cultura in cui il raccon-to che «fonda» la nascita delle immagini si trova ad agire: ma l'impulsoiniziale è lo stesso, la perdita di una persona cara spinge alla sua sosti-tuzione tramite una figura - anche se quello che ne deriva è distanza dalvero dio.Questo passo biblico, incrociandosi con la dottrina evemeristica sul-

l'origine prettamente umana degli dei', dette origine alle note afferma-zioni di alcuni autori cristiani - Minucio Felice', e più diffusamente Lat-tanzio' - secondo cui il culto degli dei pagani sarebbe stato originatoproprio dal desiderium che si provava nei confronti dei re defunti: senti-mento che spinse prima alla creazione di immagini (per alleviare il rim-pianto), poi alloro culto, infine alla falsa credenza che si trattasse di im-magini degli dei. Scriveva molto chiaramente Minucio Felice 10: «Mentrevenerano religiosamente i propri re, mentre da morti li rimpiangono edesiderano vederli riprodotti in immagini, mentre bramano fissare instatue la loro memoria, ciò che era stato istituito come consolazione sitrasformò in religione». Il desiderium partorisce immagini e statue,mentre la consolazione cede il posto al culto. Mediato dal pensiero eve-meristico il rimpianto, da padre di immagini, si fa addirittura padredell'idolatria. Toccherà poi a Isidoro di Siviglia il compito di trasmetteretutto questo complesso di idee alla cultura medioevale, tramite il vastocollettore delle sue Etymologiae". Non intendiamo certo affrontare unargomento cosi vasto (e cosi fuori dal nostro orizzonte) come le «originidell'idolatria» secondo il pensiero degli autori cristiani. Ma val la penadi sottolineare quanto essa riproduca da vicino le radici stesse che, an-che nella rappresentazione culturale del mondo classico, venivano asse-gnate all'immagine. La nascita dell'immagine dal pathos o dal deside-rium, e la sua dichiarata funzione di sostituto, costituiscono un tratto do-minante, e ricorrente, nella storia dello statuto culturale che caratterizzal'immagine. Seguendo cicli diversi, e accordandosi a forme culturali di-verse, questa antica radice dell' immagine (nutrita di pathos) continua aprodurre frutti di forma certo variata ma di sapore sostanzialmente affi-ne. Vediamo anzi che cosa questo antico modello di cultura, assieme al-l'evemerismo che adesso lo accompagna, produsse nella singolare fanta-sia di Fulgenzio Planciade 12.

Sirofane d'Egitto aveva un figlio, che amava molto. Gli mori, e allora

li segno macchiato di realtà 53

il padre decise di fame costruire un'immagine: ma «mentre cerca un ri-medio alla tristezza trova in realtà una fonte di dolore, ignorando chel'unica consolazione per la sventura è l'oblio. Infatti costui si era procu-rato qualcosa da cui il lutto poteva risorgere, non in cui esso potesse tro-vare consolazione. E infine fu detto, "idolo" (idolum), cioè idos dolu, co-sa che noi Latini diciamo immagine (species) del dolore». Non si può ne-gare a Fulgenzio una certa capacità letteraria e (forse stranamente) unacerta dose di buon senso. Che la cura migliore per le sventure sia costi-tuita dall'oblio, e che l'immagine dell'assente sia una consolazione chetortura, non corrisponde solo a un bel giro di frase 13, ma anche a una so-stanziale verità. Fulgenzio era ignorante di greco 14, per cui fa dell' «ido-lo» una ibrida, greco-latina «immagine di dolore». Ma almeno questavolta l'ignoranza ha qualcosa di felice. E come spesso accade per le falseetimologie, la falsità della forma è compensata da una sostanziale veritàdel contenuto culturale. L'immagine è, in qualche modo, una species do-loris, il suo legame con il rimpianto, il suo legame con l'assenza sono co-stitutive della sua natura. La strampalata erudizione di Fulgenzio ci offreuna definizione giusta proprio perché sbagliata. Arrestiamoci qui. Piùavanti avremo modo di riprendere questo tema della sostituzione".

2. L'immagine e l'ombra

Ecco un secondo insegnamento tratto dai racconti che abbiamo ana-lizzato. Si è visto che il primo ritratto dell' amante fu ricalcato, dalla figliadel vasaio, sull'ombra del giovane amato. Fra il referente e l'immagine,fra il modello e il ritratto, sta dunque una sorta di medium, un collega-mento. Nel modo più semplice, il racconto ci dice allora qualcosa dimolto interessante sul ritratto di una persona amata, sul suo valore cul-turale. Non si tratta di una semplice effigie, di una pura imitazione con-dotta sull'asse della somiglianza. Costruito sull'ombra dell'amato, quelritratto possiede simultaneamente una parte del modello, e il contattostabilito fra immagine e referente fa si che alla similarità si associ la conti-guità. È come se, ricalcando furtivamente sul muro l'ombra del giovanedormiente, la figlia di Butade gli avesse sottratto una parte non seconda-ria della sua esistenza, e l'avesse tenuta per sé.Perché non c'è dubbio che l'ombra, anche nelle credenze antiche, sia

non solo concepita come qualcosa di strettamente correlato alla perso-

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na, ma arrivi talora a esprimerne addirittura la parte più significativa evitale. Secondo Proda 16 «le ombre ... hanno questa natura: sono imma-gini dei corpi e delle figure, e hanno una stretta affinità (sympdtheia) congli esseri da cui vengono proiettate, come mostrano le pratiche che adesse rivolgono gli stregoni». L'affermazione di Proda sulla sympdtheiafra ombra e persona merita credito. Secondo Plinio 17 i Magi persiani vie-tavano che «l'ombra di chiunque venisse bagnata dall'urina». L'urinacontamina, e bagnare l'ombra significa contaminare la persona: per lostesso motivo, il precetto di Pitagora ammoniva di « non orinare sui rita-gli delle unghie o sui capelli» IS. Ma l'ombra non è solo oggetto di caute-la, è anche fonte di potere. Da questo punto di vista, sarebbe appassio-nante seguire le intrecciate avventure della iena, del cane, e delle loroombre: secondo Eliano e Plinio IO, la iena ha infatti il potere di stregare ilcane, rendendolo muto, col solo gettare su di lui la sua ombra (e per que-sto manovra tacita, la notte, al lume della luna); mentre per Proda 20, laiena esercita questo potere non gettando la sua propria ombra sulla pre-da ma calpestando quella dell'ignaro animale. L'ombra del predatore ècome una trappola tesa alla vittima - ovvero, l'ombra della vittima tra-scina ineluttabilmente quest'ultima sotto le zampe del predatore.Se talora l'ombra può perdere, altre volte può salvare: dipende sem-

pre dalla 'natura' di chi la proietta. Negli Atti degli Apostoli 21 si narra diquando, per le piazze, venivano portati gli ammalati «affinché l'ombradi Pietro si posasse su di loro ». Pietro, il santo, dispone di un' ombra be-nefica. Al contrario il malvagio o l'impuro disporranno (per la solita leg-ge di sympdtheia) di un'ombra malefica. Nel Tieste di Ennio " l'omoni-mo personaggio - cui il crudele Atreo ha fatto divorare il corpo dei suoipropri figli - grida:

Non awicinatevi a me, ospiti, restate dove siete!Nuocerebbe ai buoni il contagio della mia ombra,per la forza della colpa confitta nel mio corpo.

Non meno interessanti, per il valore culturale dell'ombra, si presen-tano le credenze legate al celebre santuario di Zeus Lykaios, in Arcadia ",Secondo Pausania 24 «chi entra nel sacro recinto non vivrà più di un an-no. Nel recinto qualsiasi cosa, uomo o animale, non getta ombra». Vita epossesso dell' ombra si presentano come valori strettamente connessi:chi non getta ombra è contestualmente destinato a morire. Ancora, unoscolio a Callimaco 25 informa che «ogni essere entrato là dentro [nelluo-

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go di nascita di Zeus, a Parrasia]. .. diviene sterile, e cessa di gettare om-bra». La morte comminata a breve termine, o la sterilità, fanno dunquetutt'uno con la perdita dell' ombra: la skid è metonimia di vita, chi ha ad-dosso la morte, oppure è privato della capacità di generare altra vita, im-mediatamente la perde. Al contrario, si ricorderà quel noto passo delVangelo di Luca 26 in cui l'angelo promette a Maria vergine un figlio conle parole «la virtù dell'Altissimo ti adombrerà». Il «gettare la propriaombra» sulla fanciulla è buona metafora per alludere in qualche modoal concepimento: casi come il restar privi dell'ombra può funzionare dasimbolo di sterilità ". L'ombra produce, o manifesta, vita. Si sa che i mor-ti, anche secondo una credenza attribuita a Pitagora ", non gettano om-bra. E anzi, quando il Tespesio di Plutarco 29 racconta le sue esperienzedell'aldilà, dichiara di essere stato riconosciuto come essere ancor vivo,diverso dalle luminescenti anime beate, proprio perché «intorno a lui silevava una sorta di linea indistinta, ombrosa».Dunque è come se l'ombra esercitasse la rappresentanza della perso-

na, e, avendole in qualche modo assorbite, ne esplicitasse le caratteristi-che più essenziali '0. Questa serie di credenze ci aiuta dunque a compren-dere il significato del primo ritratto, quello che Butade e sua figlia trasse-ro dall'ombra del giovane amato dalla ragazza: e a collo carlo nel suocontesto culturale. Calcato sull' ombra - questa entità misteriosa chetrattiene ed esprime le qualità essenziali di chi la proietta -il ritratto siconferma essere ciò che già sappiamo per altra via: un sostituto. L'ombrache ne autorizza, all'inizio, l'esistenza rende l'immagine più un equiva-lente della persona che non una semplice effigie capace di 'rassomiglia-re' al suo referente. La mediazione dell'ombra avvicina straordinaria-mente l'immagine al suo oggetto: c'è stato un contatto, una trasmissio-ne. E questo contatto si è realizzato tramite quella parte della persona,l'ombra, che spesso ne manifesta le caratteristiche vitali.In questo stesso senso andranno anzi interpretati racconti che a tutta

prima parrebbero veicolare simboli e contenuti di natura assai diversa:come quello in cui si narra della statua di Dioniso in cui Giove aveva vo-luto riporre il cuore smembrato del fanciullo diletto ". Anche qui la me-tonimia, il contatto fra l'immagine e una parte assai significativa del suoreferente pretende di avvicinare il più possibile - come nel caso dell' om-bra - i termini della rappresentazione: l'immagine funziona da particola,reliquia. Più esplicitamente ancora (anche se in termini alquanto racca-priccianti), questo tentativo di sovrapporre il più possibile i due termini