D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA
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D – L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA
1 – La Riforma protestante e la Controriforma cattolica. La spettacolarizzazione della
religione e il disciplinamento della società
2 - Spettacolarizzazione della religione e disciplinamento della
società (testi storiografici e documenti di storia locale)
1 – LA RIFORMA PROTESTANTE E LA CONTRORIORMA CATTOLICA. LA
SPETTACOLARIZZAZIONE DELLA RELIGIONE E IL DISCIPLINAMENTO
DELLA SOCIETÀ
0 I significati storici della Riforma e della Controriforma
LA RIFORMA PROTESTANTE
1.1 Gli aspetti teologici ed ecclesiastici
1.1.1 Chiesa e movimenti riformatori durante il medioevo
1.1.2 I "mali" della Chiesa
1.1.3 L'indulgenza tedesca del 1517 e la rivolta di Lutero
1.1.4 La teologia luterana (vedi anche 1.2.4, 1.2.6 e 2.2)
Una religiosità angosciata
Il pessimismo antropologico
La giustificazione per fede
Il sacerdozio universale
1.2 Gli aspetti socio-politici
1.2.1 La diffusione della Riforma
1.2.2 Gruppi sociali e riforma
1.2.3 La rivolta dei cavalieri
1.2.4 La rivolta dei contadini e la Riforma radicale
La rivolta dei "12 articoli"
Müntzer e i riformatori radicali
(vedi anche 1.1.4, 1.2.6 e 2.2)
La sopravvivenza della Riforma radicale:
gli anabattisti
1.2.5 La riforma dei principi
Lo scontro impero-principi
1.2.6 La diffusione della Riforma in Europa
Calvino (vedi anche 1.1.4, 1.2.4 e 2.2)
La teologia calvinista
Il nuovo rapporto con il mondo
L’area luterana e l’area calvinista
La Riforma in Italia
1.3 Gli aspetti psico-sociali (vedi lettura Fromm "Il significato psicologico delle
dottrine di Lutero e Calvino", in Corso di Filosofia Moderna, pag. 24-40)
Cronologia
1517 Lutero pubblica le tesi contro ________________
1518 _________ condanna le tesi di Lutero
1521 Carlo V condanna Lutero
primi anni venti _________________________________________
_____________ Rivolta dei contadini
fine anni venti Tentativi di conciliazione da parte di Carlo V
_____________ Scontro tra principi riformati e principi cattolici
(Lega di Smalcalda)
inizio anni quaranta______________________________________
1546- 1555 _______________________________________
Abdicazione di Carlo V Riconoscimento del diritto dei
principi _________________________
Coloro che aspiravano a una riforma della chiesa nel
corso del XV sec. avevano criticato:
1 - ______________________________________
2 - la monetizzazione del potere spirituale:
a - _______________________________
b -________________________________
__________________________________
Atteggiamento umanisti:
1 - ______________________________________
2 - ______________________________________
Significati storici della Riforma e della Controriforma:
1 - rottura _______________________________
2 - ____________________________________
al fine di a - ____________________________
b - ____________________________
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LA CONTRORIORMA CATTOLICA. LA SPETTACOLARIZZAZIONE DELLA
RELIGIONE E IL DISCIPLINAMENTO DELLA SOCIETÀ
2.0 L’uso del termine Controriforma
2.1 La convocazione del concilio di Trento
2.1.1 Oppositori e fautori del concilio (vedi anche 1.2.5)
2.1.2 Il concilio e la mancata conciliazione
2.1.3 Gli effetti storici del concilio
2.2. La definizione della dottrina cattolica
(vedi anche 1.1.4 e 1.2.4, 1.2.6)
2.2.1 La riaffermazione del ruolo della chiesa
2.2.2 La teologia tridentina
Peccato, grazia, sacramenti
Il sacerdozio
Il divieto di interpretare la Bibbia
La sacralità della tradizione ecclesiastica
2.3 La riorganizzazione del clero (vedi anche 2.2.1)
2.3.1 La moralizzazione della vita del clero
2.3.2 I nuovi ordini religiosi: i gesuiti
2.4 La riorganizzazione del culto e la lotta all'eresia
2.4.0 Concilio, fedeli e culto
2.4.1 La lotta all'eresia
La santa inquisizione (vedi anche 2.5.7)
L'indice dei libri
2.4.2 Il nuovo modello di vita religiosa (vedi anche 2.2.2)
La spettacolarizzazione della religione
I luoghi di culto
Le forme di culto
2.5 Il disciplinamento della società
2.5.1 Una società omogenea e obbediente
2.5.2 Repressione e cristianizzazione
I “mali” della cultura popolare
L’azione della chiesa
La repressione del Carnevale e della vita sessuale
2.5.3 Gli strumenti del controllo
Diocesi e visite pastorali
Le parrocchie e le confraternite
Le missioni popolari e "la pastorale della paura"
2.5.4 La caccia alle streghe
Il processo psicologica del capro espiatorio
Le credenze sulle streghe
Il ruolo della tortura (vedi anche 2.4.1)
La fine dei processi per stregoneria e la rivoluzione
mentale del seicento
Nei confronti di culti e fedeli l'azione del Concilio
si indirizzò verso due direzioni:
A - _____________ ___________________
B - il disciplinamento:
1 ______________________________
2 ______________________________
La moralizzazione del clero
Nuovo ruolo del clero necessità _________________
Provvedimenti presi dal concilio:
1 ________________________________________________
2 obbligo ai vescovi di compiere ________________________
3 abolizione del cumulo dei benefici ecclesiastici
4 __________________________________________________
5 __________________________________________________
La "pastorale della paura"
La minaccia dell'inferno e l'eternità della condanna
Inferno dantesco Inferno delle "missioni"
Ordinato e spazioso ____________________
_________________ Assoluta prevalenza del
fuoco (fuoco intelligente)
Compiacimento di Dio nei
confronti _____________
Centralità dei sacramenti
Centralità_________________
Vita religiosa = partecipazione a __________________
celebrate da _______________________
fenomeno collettivo e _________________
Spettacolarizzazione della religione
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A - LA RIFORMA PROTESTANTE
1.0 I significati storici della Riforma e della Controriforma
1.1 Gli aspetti teologici ed ecclesiastici
1.2 Gli aspetti socio-politici
1.0 I significati storici della Riforma e della Controriforma
La Riforma protestante ha assunto un significato rivoluzionario, di profonda rottura
nella storia europea in quanto ha modificato una delle caratteristiche peculiari della
società europea medioevale: l’unità religiosa. Quella che noi oggi chiamiamo Europa
veniva allora chiamata Cristianità. Se l’unità politica della cristianità era in parte stata
un miraggio e comunque le pretese universalistiche dei papi o degli imperatori erano
ormai definitivamente tramontate, poiché era in atto il processo di formazione degli
stati nazionali e regionali, la cristianità rappresentava, ancora all’inizio del
Cinquecento, un legame culturale molto forte costituendo quello che era il valore
fondamentale dell’uomo medievale, la religione.
La riforma luterano, insieme alle altre confessioni protestanti quali il calvinismo, sancì
la definitiva rottura di questa unità che finì per provocare, nei secoli XVI e XVII, una
serie continua di scontri, di guerre di religione.
All’interno di questi scontri la Riforma protestante e la seguente Controriforma
cattolica, voluta dal Concilio di Trento, ebbero una seconda conseguenza di portata
storica poiché contribuirono ad accrescere l’importanza delle istituzioni sociali, quali
la Chiesa e lo Stato, nella vita dell’individuo promuovendo un processo che gli storici
hanno definito di disciplinamento e di acculturazione della società. Tale processo
costituisce il tentativo di stabilire un più capillare controllo su tutti gli aspetti della vita
della popolazione al fine di ottenere una società culturalmente meno differenziata e più
pronta ad obbedire ai poteri centrali (Stato e Chiesa) in maniera più automatica.
Il processo di disciplinamento e di acculturazione possono essere descritti come il
tentativo di sradicare una serie di comportamenti, dal gioco alla mendicità o ai
comportamenti sessuali, usanze e tradizioni, quali il carnevale, pratiche e credenze,
come quelle etichettate come stregoneria, sostituite da altre ritenute corrette. La
religione, quella protestante come quella cattolica, venne utilizzata come principale
strumento per imporre l’omogeneità culturale e interiorizzare l’obbligo
dell’obbedienza.
Proprio perchè l’identità europea era fortemente caratterizzata dalla religione cristiana
e perchè la rottura di questa identità si accompagnò ad un accentuarsi del processo di
disciplinamento della società la Riforma e la Controriforma coinvolsero aspetti non
solo teologici ed ecclesiastici ma anche socio-politici e psico-sociali. La nostra analisi
esaminerà, dunque, Riforma e Controriforma sulla base di questi tre aspetti. Per gli
aspetti psico-sociali vedi lettura Fromm "Il significato psicologico delle dottrine di
Lutero e Calvino", in Corso di Filosofia Moderna, pag. 24- 40)
I SIGNIFICATI STORICI DELLA
RIFORMA E DELLA CONTRORIFORMA
I SIGNIFICATI STORICI DELLA RIFORMA E DELLA CONTRORIFORMA
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1.1 Gli aspetti teologici ed ecclesiastici
1.1.1 Chiesa e movimenti riformatori durante il medioevo
1.1.2 I "mali" della Chiesa
1.1.3 L'indulgenza tedesca del 1517 e la rivolta di Lutero
1.1.4 La teologia luterana
C'è un filo continuo tra le richieste di riforma della Chiesa che avevano attraversato il
Medioevo e quelle che si svilupparono nel Cinquecento; la denuncia di mali, errori,
deviazioni, compromessi, l'ansia del rinnovamento, il bisogno di un ritorno alle
origini, che avevano caratterizzato i movimenti medievali di dissidenza religiosa, si ri-
trovavano ora nelle parole delle nuove generazioni di riformatori.
Nei confronti dei movimenti riformatori, durante il Medioevo, la Chiesa o aveva
finito per riassorbirli al suo interno accogliendone le istanze più propriamente
religiose, come ad esempio nel caso del movimento francescano, o era ricorsa alla
repressione, quando i movimenti ereticali davano voce a richieste di più radicali
mutamenti politico-sociali, utilizzando i tribunali della Santa Inquisizione e la sua
alleanza con il potere politico.
All’inizio del Cinquecento c'era una profonda differenza rispetto al passato, perché i
problemi che avevano afflitto la Chiesa medievale, e tuttora operanti, si intrecciavano con
nuove difficoltà determinate dalle trasformazioni che avevano investito la Stato
pontificio e la figura del papa, capo universale della cristianità. La Chiesa-Stato cresciuta
tra Quattro e Cinquecento, le caratteristiche della monarchia papale, la rigida struttura
della curia romana e dell'apparato amministrativo ecclesiastico, diventarono
inevitabilmente bersagl io di aspre polemiche dove le tradizionali denunce e richieste di
riforma erano alimentate da nuovi disagi e motivi di scandalo nel corpo della cristianità. Due
fattori colpivano in modo particolarmente doloroso l'opinione pubblica cristiana
denunciando quella che possiamo chiamare la pratica della monetizzazione del potere
spirituale. Innanzitutto la separazione tra beneficio e ufficio, cioè tra la rendita legata al
conferimento di un determinato ufficio (parroco, vescovo) e l'esercizio dei
corrispondenti doveri di cura delle anime. Parrocchie e vescovadi erano per lo più
assegnati in cambio di favori politici, per esempio ai figli cadetti di famiglie eminenti, che
si disinteressavano poi del proprio ufficio, affidando a pagamento a dei sostituti il compito
di assicurare un minimo di assistenza spirituale ai fedeli. In secondo luogo veniva il ricorso
a multe in denaro per sanare irregolarità e infrazioni, per esempio vendendo indulgenze o
bolle di assoluzione dai peccati. Con le somme così ottenute la Chiesa cercava di
compensare la diminuzione delle proprie entrate fiscali a causa delle concessioni fatte ai
sovrani. La bolla del 13 settembre 1517 con cui il papa Leone X concedeva, dietro
adeguato pagamento, l'indulgenza plenaria a chi si fosse pentito dei propri peccati, sarebbe
diventata il motivo occasionale di manifestazione della rivolta luterana.
Durante il Quattrocento la denuncia dei mali della chiesa si era espressa oltre che nel
risorgere dei movimenti ereticali, quali quello di Wycliffe o degli hussiti, in cui erano
presenti forti istanze politiche e sociali, come spesso nel Medioevo e come avvenne ancora
per i riformisti protestanti più radicali, anche nella cultura dotta elaborata dagli umanisti.
Si trattava di una piccola minoranza colta che aveva avanzato la richiesta di una religione
più intima, che non si risolvesse in un sistema di pratiche e devozioni esteriore o andava
elaborando un punto di vista più laico al cui interno l’azione della Chiesa veniva valutata,
al pari delle altre istituzioni umane, in termini politico-sociali.
Tornando alla pratica delle indulgenze, che come abbiamo detto fu il motivo occasionale
della rivolta luterana, la dottrina comunemente accettata diceva che Gesù e i santi
avevano creato un grande tesoro di indulgenze cui il papa e il suo clero potevano far
accedere i fedeli. Da queste indulgenze il papa poteva trarre all'infinito la remissione
delle pene di cui giustamente i cristiani dovevano aver terrore, ma non tanto da
disperare di ricevere all'occorrenza aiuti sostanziosi. La teoria e la pratica delle
LA RIFORMA PROTESTANTE
GLI ASPETTI TEOLOGICI ED
ECCLESIASTICI
CHIESA E MOVIMENTI RIFORMATORI DURANTE
IL MEDIOEVO
Le strategie della chiesa nei confronti dei
_____________________ nel medioevo:
a - ______________________________
istanze _________________________
b - _______________________________
istanze ____________________________
I "MALI" DELLA CHIESA
___________________________
+
______________________________
_________________________________
1 - ________________________________
___________________________________
2 - ________________________________
Riformatori ______________________:
a - ________________ e ______________
istanze ____________________________
b - ________________________________
istanze:- ____________________________
- ____________________________
L'INDULGENZA TEDESCA DEL 1517 E LA
RIVOLTA DI LUTERO
La giustificazione ____________________
207
indulgenze erano ormai degli elementi consolidati della dottrina cattolica, anche se
non era del tutto chiaro se esse si riferivano solo alle pene inflitte dalla Chiesa
stessa, da scontare dopo la morte in purgatorio, o anche alle pene del purgatorio
inflitte direttamente da Dio.
Se il papa aveva le chiavi della banca delle indulgenze, l'alto clero aveva a sua
volta stretti rapporti anche con le banche terrene tenute dai finanzieri italiani e
tedeschi. All'inizio del 1515 la confusione fra le due banche si era manifestata
apertamente quando Alberto Hohenzollern (la cui famiglia teneva il ducato di
Brandeburgo), già titolare di due importanti diocesi, aveva chiesto per sé anche il
più importante vescovado di Germania, quello di Magonza. Questo cumulo di cariche
era proibito, ma Leone X aveva dichiarato di essere disposto ad autorizzarlo dietro
il pagamento di 10 000 monete d'oro. Alberto se li fece anticipare dal banchiere Jacob
Fugger e per poterli restituire concordò con il papa il bando di un'indulgenza della
durata di due anni. Gli introiti costituiti dalle offerte dei fedeli sarebbero stati quindi
spartiti a metà: una parte avrebbe rimborsato i Fugger, l'altra parte sarebbe servita a
Leone X per pagare le spese della costruzione della nuova basilica di San Pietro a
Roma: i peccati degli uomini sarebbero dunque stati trasformati in marmi, colonne,
lusso sacro. La vendita delle indulgenze nelle regioni tedesche iniziò nel 1517 e fu
diretta con sconcertante spregiudicatezza.
Quando i mercanti della salvezza giunsero ai confini della Sassonia, Lutero si
affrettò a mettere in guardia i suoi parrocchiani di Wittenberg: secondo il monaco
agostiniano il papa non aveva nessun potere di sostituirsi al giudizio di Dio e i frati
domenicani che predicavano l'indulgenza mettevano in grave pericolo l'anima di
chi pensava di poter risolvere così facilmente le proprie pendenze con Dio. Questa
condanna delle indulgenze trovava un solido fondamento teorico nelle convinzioni
cui Lutero era giunto in quegli anni e perciò egli si mise ad argomentarla redigendo
95 brevi enunciati da porre in discussione presumibilmente all'interno
dell'università, visto che queste "tesi" erano scritte in latino. Era la fine di-ottobre
del 1517: qualcuno tradusse in tedesco le tesi, un tipografo le stampò ed esse fecero
il giro della Germania. Cosa dicevano queste tesi? Che il papa non poteva rimettere
nessuna pena, se non quelle imposte dalla Chiesa stessa; che il papa non poteva.
cancellare nessuna colpa; che sarebbe stato dannato in eterno chi avesse creduto
alla propria salvezza sulla base delle indulgenze; che il papa non avrebbe dovuto
procurarsi denaro con questi mezzi empi.
Molti erano già da sé persuasi della giustezza di queste tesi e vedendole espresse con
tanta chiarezza le appoggiarono con forza, a partire dallo stesso duca elettore di
Sassonia, Federico il Savio. Questi aveva riempito la cattedrale di Wittenberg con
17 433 reliquie (fra cui una spina autentica della corona di Gesù e 4 capelli di Maria),
ma le parole di Lutero lo turbarono. Le tesi furono inviate a Roma, mentre in
Germania la polemica fra Lutero e i partigiani delle indulgenze diventava rovente.
I torchi dei tipografi si misero in movimento e il paese fu invaso da opuscoli,
libelli, manifesti, vignette satiriche; Lutero si accorse di possedere eccellenti qualità
di polemista - la violenza verbale, il senso dell'umorismo, la logica stringente - e
l'indignazione crebbe in lui fino a farlo scendere in lizza senza paura contro i suoi
avversari: “Devo parlar rozzo per teste rozze; vedo che l'asino non intende la
musica e che gli si devono mettere davanti i cardi”.
Nell'estate 1518 dalla corte pontificia partì la prima condanna delle tesi di Lutero,
che si accorse però di aver trovato un protettore in Federico il Savio: nonostante le
insistenze del papa, l'elettore di Sassonia si rifiutò di mandare Lutero a Roma
perché fosse processato come eretico. Il 1519 fu l'anno dell'elezione imperiale, e il
caso del monaco tedesco passò in second'ordine, ma subito al principio del 1520 la
curia romana emanò una nuova e più articolata condanna, in una bolla che
cominciava con le parole Exurge Domine (15 giugno). Ancora una volta Federico
intervenne a favore del suo protetto e chiese che Lutero fosse ascoltato alla prima
dieta imperiale dopo l'elezione di Carlo V, che doveva tenersi nella primavera del
1521. Quando ciò avvenne erano passati già più di tre anni dall'inizio della contesa,
delle indulgenze
L’indulgenza del __________
Le ______________________
la loro _________________________ e
________________________________
gli argomenti :
1 _________________________________
__________________________________
2 - ________________________________
___________________________________
3 - ________________________________
__________________________________
Lutero ____________________________
La prime due ____________________
papali
La protezione del ___________________
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il fronte dei partigiani di Lutero si era allargato e le idee del monaco si erano ormai
inserite in processi di trasformazione culturale e politica assai più complessi e in
atto da molto tempo.
Nato a Eisleben, in Sassonia, il 10 novembre 1483, il giovane Lutero decise, nel 1505,
di entrare in convento. Il suo obiettivo era quello che tutti i monaci, prima di lui, per secoli
avevano perseguito: fuggire il mondo e i suoi pericoli, rifugiarsi nel monastero per
poter concentrare tutte le proprie energie nella preghiera e nella meditazione, in una
parola raggiungere la pace dell'anima, la fiduciosa certezza della salvezza eterna.
Tuttavia, il giovane monaco Lutero aveva interiorizzato più di altri suoi contemporanei
quella terribile concezione del divino che si era imposta nell'immaginario cristiano a
partire dalla metà del XIV secolo. Lutero, in convento, per quanto si sforzasse di essere un
buon monaco, percepiva se stesso come perennemente in debito nei confronti di Dio.
Era convinto, infatti, di essere senz'altro destinato alla dannazione eterna e, più in
generale, che l'uomo non fosse assolutamente in grado, con le sue forze, di raggiungere il
Paradiso. Lutero raccontò in seguito molte volte i violenti turbamenti della sua coscienza,
le paure, le angosce che gli impedivano di trovare la pace. Il senso del peccato lo
perseguitava, si confessava continuamente tenendo impegnato anche per alcune ore il suo
confessore ad ascoltare una estenuante ricerca dei più piccoli peccati.
L'esperienza spirituale del giovane Lutero, dunque, ci appare quella tipica di un
cristiano tardomedievale che, educato a considerare Dio prima di tutto come un giudice
terribile, giunge alla conclusione che nessuno, agli occhi di Dio, può essere giusto. Gli
uomini, quindi, non devono fare altro che aspettarsi, da parte di Dio stesso, la punizione
dei loro peccati, per mezzo delle eterne sofferenze infernali. Nel 1512, Lutero divenne
professore di Sacra Scrittura all'università di Wittenberg; incaricato di tenere, negli
anni 1515-1516, un corso sulla Lettera ai Romani dell'apostolo Paolo, trovò
finalmente in essa la risposta al suo dramma angoscioso. In quello scritto
neotestamentario, innanzi tutto Lutero trovò espresso un pessimismo antropologico del
tutto simile a quello che personalmente aveva maturato. Paolo, infatti, scriveva: «Io so che
in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la
capacità di attuarlo; infatti, io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.
Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me»
(Lettera ai Romani, 7, 18-20). Proprio in questa irresistibile tendenza verso il male
consiste, per Lutero, l'eredità del peccato originale, che ha completamente cancellato
nell’uomo ogni capacità di attuare il bene, lo costringe a commettere solo azioni malvagie
e gli impedisce di rispettare i comandi di Dio.
Su questa concezione antropologica pessimistica si fonda la teologia luterana che si
presenta come una riproposta della teologia paolina. Infatti, Paolo, nel momento in cui
smaschera come illusoria e assurda ogni pretesa di giungere con le sole forze umane alla
salvezza ultraterrena, offre pure un consolante annunzio liberatorio: la cosiddetta
giustificazione mediante la sola fede.
Per Paolo (e per Lutero), essere giustificati (= essere trattati come giusti = essere salvati)
da Dio sulla base dei propri meriti, delle proprie opere buone, è assolutamente
impossibile, visto che - come già abbiamo detto - gli uomini tendono fin dalla nascita
solo verso il male.
Tuttavia, la sorte dell'umanità non è la dannazione generalizzata; infatti, come Paolo
annuncia in numerosi passi della Lettera ai Romani, la croce di Cristo ha cancellato le
conseguenze del peccato, nel senso che il castigo per il peccato stesso si è integralmente
riversato sul Figlio di Dio crocefisso. Di conseguenza, Dio ci tratta da giusti, ci
giustifica, ci salva, anche se siamo peccatori, mentre l'uomo, per aver parte a questa
salvezza gratuitamente donata, deve semplicemente aver fede nel fatto che il Crocefisso l'ha
salvato, prendendo su di sé la punizione per il peccato compiuto in tutti i tempi e in tutti i
luoghi. La giustificazione (= la possibilità di accedere al Paradiso) non è il frutto di un
formidabile sforzo, come pensano erroneamente, confidando orgogliosamente nelle proprie
energie, i monaci che si rifugiano in monastero e fuggono le tentazioni del mondo.
LA TEOLOGIA LUTERANA
Una religiosità ______________________
in fuga dal _______________________
- paura della ________________________
- il senso del ________________________
La ripresa della teologia _______________
I principi della teologia di Lutero:
1 il pessimismo _____________________
peccato ____________________ e
_______________________ dell’uomo
2 _________________________________
l’inutilità __________________________
209
All'opposto, la salvezza è un dono, da accogliere con gratitudine e con fiducia, in una parola
con fede.
Seguendo ancora una volta Paolo che aveva distinto tra uomo “carnale” e uomo
“spirituale”, Lutero riconosce nel cristiano una doppia natura: c'è in lui un uomo
interiore, che trova la sua piena libertà nella fede, nel rapporto diretto con Dio, nella
lettura delle Sacre Scritture, che esprimono autenticamente la volontà divina. C'è anche
un uomo esteriore, che si pone in rapporto con gli altri uomini nel quadro della vita
sociale. Le opere buone non servono a salvare l’uomo interiore (che si salva unicamente
per la fede), ma soltanto a governare l'uomo esteriore e a farlo vivere in armonia con
l'uomo interiore.
Le conseguenze di questa valorizzazione assoluta del dialogo diretto tra uomo e Dio sono
di grande importanza e su di esse si fonda l’altro principio della teologia luterana. Si
svalutava anzitutto il ruolo de sacerdoti quali intermediari necessari tra Dio e i fedeli;
secondo Lutero esisteva infatti un sacerdozio universale dei credenti: tutti i credenti erano
sacerdoti perché tutti avevano ricevuto il battesimo. Nessuna barriera divideva di
conseguenza gli ecclesiastici e questi ultimi erano soltanto dei delegati che svolgevano nel
nome di tutti un determinato ufficio. La lettura e l'interpretazione delle Sacre Scritture
erano un diritto di tutti i credenti e non, come affermava la Chiesa, un monopolio
riservato ai sacerdoti.
Per Lutero il papato stesso era un istituzione esclusivamente umana, una potenza terrena,
come le monarchie o l'Impero, e l'intera Cristianità non aveva altro capo che Cristo.
Dalla dottrina del sacerdozio universale dei credenti derivava inevitabilmente una
diversa valutazione dei sacramenti. I sette sacramenti cattolici (eucarestia, battesimo,
penitenza, matrimonio, cresima, ordine, estrema unzione), furono ridotti da Lutero a
due. Soltanto l'eucarestia e il battesimo, a suo avviso, erano fondati sulla Sacra Scrittura;
gli altri erano il frutto delle distorsioni introdotte dall'autorità ecclesiastica, come lo
erano il culto dei santi e della Madonna.
Fu tuttavia l’attacco diretto al potere del papa e la sua ingerenza nelle cose secolari
(contenuto in un opuscolo intitolato “Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca”) ad
avere la risonanza più vasta. Lutero si rivolgeva direttamente ai principi tedeschi, ai
quali chiedeva di intervenire in virtù del loro ufficio nell'opera di riforma della Chiesa.
«Nobili principi e signori, per quanto tempo ancora lascerete che la vostra terra e il
vostro popolo siano preda inerme dei lupi rapaci?». Il tono diventava via via più
aspro, mentre Lutero descriveva i vizi della curia romana: «Là vengono infranti i voti,
là concessa licenza ai monaci di abbandonare gli ordini, là è in vendita ai sacerdoti il
matrimonio, là i figli di puttana possono diventare legittimi, là ogni vergogna e
disonore può assurgere a dignità e ogni vizio e inclinazione iniqua esser consacrato
cavaliere e diventare nobile. Tutta la rete degli assurdi divieti creata dai papi e
imposta contro la libertà del cristiano non è solo un diabolico espediente per
cumulare patere e spremere denaro, visto che non c'è divieto da cui il papa non possa
esentare dietro un congruo pagamento? Spariscano dunque le ricchezze della
Chiesa, i monasteri e i conventi, il diritto canonico, i divieti e le dispense».
1.2 Gli aspetti socio-politici
1.2.1 La diffusione della Riforma
1.2.2 Gruppi sociali e riforma
1.2.3 La rivolta dei cavalieri
1.2.4 La rivolta dei contadini
1.2.5 La riforma dei principi
1.2.6 La diffusione della Riforma in Europa
Al successo della Riforma contribuirono fattori di carattere internazionale come le tensioni
a cui fu sottoposto l'imperatore Carlo V (la ricorrente minaccia turca, il lungo conflitto
con la Francia, lo scontro con il papa Clemente VII), la fuoriuscita dell'Inghilterra
dall'orbita cattolica, la politica della curia romana che sulle prime sottovalutò il
3 _________________________________
uomo _____________________ e uomo
_____________________________
a – l’interiorità del ___________________
______________________
b – _____________________________
delle gerarchie ecclesiastiche
e del __________________________
c - _______________________________
La critica __________________________
e l’appello ai _____________________
GLI ASPETTI SOCIO-POLITICI
210
potenziale esplosivo della Riforma.
Accanto a questi giocarono un loro ruolo sia la disponibilità di una nuova tecnologia, la
stampa a caratteri mobili, sia fattori propri della società tedesca, dove le proposte luterane
trovarono orecchie attente e dove varie forze e interessi politico-sociali si mobilitarono a
favore della riforma.
Se la sorte di Lutero fu diversa da quella di tanti dissidenti che, nel Medioevo, erano finiti
sul rogo, fu anche perchè le sue idee suscitarono un notevole interesse in tutta la Germania
e, ben presto, in tutta l’Europa, grazie anche al fatto che la loro diffusione fu agevolata
da un ampio ricorso all'uso della stampa, in dimensioni che nessuna attività di propaganda
aveva in precedenza raggiunto. Oltre alle opere di Lutero, la Riforma produsse un'ingente
quantità di scritti polemici e teologici che passò quasi tutta attraverso le tipografie e
circolò in Europa sotto forma di libro stampato.
Questa circolazione fu resa possibile dall'uso della lingua volgare che fu adoperata anche per
trattare argomenti che fino a qualche decennio prima sarebbe stato impensabile esprimere
in altra lingua se non in latino, lingua dei dotti e della Chiesa.. La Bibbia, tradotta dallo
stesso Lutero in tedesco, divenne un libro accessibile a chiunque sapesse leggere.
L'uso della lingua volgare per esprimere nuove idee di argomento religioso e
comunicare alle masse la Sacra Scrittura rappresentò una vera e propria rivoluzione
culturale: i chierici e i dotti persero l'antico privilegio che ne faceva gli unici lettori di testi
sacri, accomunandosi sotto questo profilo, alla massa dei fedeli. La lettura della Bibbia
tedesca e gli scritti dei riformatori non era tuttavia un fatto privato, ma pubblico: intorno
a coloro (ancora pochi) che sapevano leggere, si radunava la massa degli analfabeti, ad
ascoltare e a discutere, nelle chiese come nelle piazze, nelle abitazioni private come nelle
osterie.
Fu proprio grazie alla diffusione dei testi dei riformatori che, a partire da Wittenberg,
in molte città i preti cominciarono a officiare la messa in tedesco e senza i paramenti
sacri, mentre i fedeli si comunicavano in entrambe le specie, evitando la confessione.
Molti sacerdoti presero moglie (lo stesso Lutero si sposò con una ex suora ed ebbe
sei figli), i conventi si vuotarono, mentre il clero che si rifiutò di accettare i principi
della Riforma fu oggetto dell'ira popolare che, incendiando le chiese, devastando
gli altari e distruggendo le immagini sacre, dimostrò quanto ormai era diventata
insopprimibile l'insofferenza della popolazione nei confronti del clero papista.
Per il successo della Riforma fu determinante il fatto che il messaggio dei riformatori fu
accolto da più forze politico-sociali, anche in contrasto tra di loro.
Avevano accolto con entusiasmo la sua predicazione le frange più povere del
proletariato urbano e i contadini, che erano rimasti favorevolmente impressionati dalla
violenta condanna degli sfruttatori pronunciata da Lutero in varie occasioni, e che
interpretavano la sua esaltazione della libertà interiore dell'uomo come un invito puro
e semplice alla libertà da qualsiasi oppressione.
L’appello di Lutero fu accolto anche da chi, più giustamente, avevano colto nel
messaggio luterano, accanto all'appello in favore della libertà in materia di fede, un
incitamento, per loro rassicurante, alla rassegnazione su questa terra, all'obbedienza nei
rapporti sociali, al rispetto dell'ordine. L'azione dirompente di Lutero non dispiaceva,
infatti, nemmeno a quei principi tedeschi che vedevano in essa l'occasione per indebolire
il potere del papa e quello dell’imperatore e che nella negazione luterana della validità del
sacerdozio leggevano un implicito invito a impadronirsi delle vastissime terre che il clero
possedeva in Germania.
Con la sua accentuata frammentazione territoriale la Germania era certo un paese
politicamente arretrato rispetto alle altre monarchie europee; una delle tendenze
in atto era quella verso la formazione di sovranità regionali coincidenti con i grandi
ducati1, anche se ostacolata dall'esistenza di troppe autonomie cittadine, di piccole
LA DIFFUSIONE DELLA RIFORMA
I fattori del successo della Riforma:
1 - ___________________________
2 - ___________________________
e diffusione _____________________
l’uso del _____________________
la ____________________ pubblica
Le nuove e i _____________________
3 –
GRUPPI SOCIALI E RIFORMA
1 A questo proposito possiamo ricordare che nel 1525 il gran maestro dell'Ordine teutonico, Alberto di
Brandeburgo, secolarizzava l'ordine e assumeva il titolo di duca di Prussia, dando origine allo stato regionale che
nel corso dell’Ottocento guiderà l’unificazione tedesca.
211
ma prestigiose sovranità ecclesiastiche e di molti e dispersi poteri feudali. L'unità
tedesca era data solo dall'autorità imperiale, ma essa a sua volta sembrava troppo legata
a un'eredità medievale connotata da una continua ingerenza nelle cose tedesche di quel
lontano centro di legittimazione che era Roma. Alla pressione politica si aggiungeva
poi da parte del papa la pressione finanziaria: troppo era il denaro tedesco che
prendeva la via dell'Italia e la protesta di Lutero contro l'avidità della corte
pontificia trovava grande disponibilità presso molti principi tedeschi.
Inoltre Lutero poteva essere certo dell'appoggio della piccola nobiltà dei cavalieri (i
Ritter), una classe sociale che era stata messa doppiamente in crisi dall'evoluzione
dell'arte della guerra e dai tentativi dei duchi di creare strutture statali moderne
all'interno dei propri possessi. I Ritter rappresentavano un passato sociale in via di
disfacimento, ma intanto essi potevano incolpare la Chiesa di tutti i mali della
Germania e aspirare apertamente a impossessarsi dei beni ecclesiastici.
La stessa borghesia cittadina era disposta a schierarsi a fianco di Lutero sia per liberarsi
della pressione fiscale esercitata da Roma sia per riaffermare l’autonomia politica delle
città libere.
L'avevano recepito con favore anche gli intellettuali, che non potevano non apprezzare
la rivendicazione luterana del diritto di tutti gli uomini di pensare e scrivere seguendo la
propria coscienza. Molti ecclesiastici, infine, vedevano nell'azione di Lutero l'ultima
occasione per riformare in profondità la Chiesa, le cui capacità di soddisfare i più
profondi bisogni di religiosità aveva ormai toccato un livello molto basso: la Chiesa
era un apparato di potere e il papa era soprattutto un principe italiano. Cosa
bisognava pensare di avventurieri preoccupati soprattutto di creare principati per i
loro figli illegittimi, come Sisto IV (1471-84) Lo stesso Leone X – papa nel 1517
quando Lutero pubblicò le sue tesi - era sì esente da vizi ed efferatezze vistose, ma
la sua elezione dimostrava sicuramente la corruzione del sistema. Suo padre
Lorenzo il Magnifico lo aveva fatto cardinale nel 1488 a soli tredici anni e la sua
elezione a pontefice dimostrava solo la potenza dei banchieri fiorentini.
Tra tutte queste forze sociali quelle la cui mobilitazione segnò gli avvenimenti politico-
sociali dei decenni successivi alla rivolta luterana furono la piccola nobiltà, i contadini
e i principi.
Come abbiamo visto, nonostante due condanne papali (1518 e 1520) Lutero, grazie al
principe di Sassonia, aveva ottenuto di essere giudicato dalla prima dieta imperiale
dopo l'elezione di Carlo V, che si tenne nella primavera del 1521, dopo che il 6
gennaio del 1521 Lutero era stato ufficialmente scomunicato dal tribunale
1521:
la scomunica ______________________
GRUPPI SOCIALI E RIFORMA E LORO OBIETTIVI
1 __________________________________ _________________________________________________________
2 __________________________________ _________________________________________________________
_________________________________________________________
3 __________________________________ _________________________________________________________
4 __________________________________ _________________________________________________________
5 __________________________________ _________________________________________________________
6 __________________________________ _________________________________________________________
212
romano. Ricevuta la bolla che gliela annunciava, Lutero la bruciò pubblicamente e
quando la questione fu posta all'ordine del giorno della Dieta di Worms (17-18 aprile
1521) egli non ritrattò le sue posizioni. Alla condanna dell’autorità religiosa si affiancò
allora quella dell'autorità civile, ovvero il bando dalle terre dell'Impero, e se Lutero non
si fosse allontanato, l'arresto e il rogo. L'intervento dell'elettore (poiché aveva il diritto
di partecipare all’elezione dell’imperatore) di Sassonia Federico il Saggio - che lo fece
rapire e portare al sicuro – impedì tuttavia azioni punitive nei confronti del ribelle, il quale
sotto la protezione del principe sassone si dedicò fra l'altro alla traduzione in tedesco del
Nuovo Testamento.
Nel frattempo però la Riforma si era diffusa ed incrociata con vasti sommovimenti sociali.
Primi a muoversi furono i cavalieri, cioè la piccola nobiltà. I cavalieri colsero nella
predicazione di Lutero un invito ad aggredire la grande proprietà ecclesiastica e
impugnarono le armi. Erano guidati dall'umanista Ulrich von Hutten, che vedevano
nei cavalieri la futura classe dirigente dell'Impero, in grado di unificare lo Stato tedesco
e di abbattere il potere dei vecchi feudatari laici ed ecclesiastici. Nel 1521-23 i cavalieri
scatenarono una vera e propria guerra civile, ma una potente lega dei feudatari laici ed
ecclesiastici represse nel sangue la rivolta, che lo stesso Lutero condannò con dure
parole.
Molto più grave fu la rivolta dei contadini. In Germania, come del resto in tutta l'Europa
tardomedievale, le rivolte contadine erano state sempre abbastanza frequenti e come altrove si
erano inasprite in conseguenza della grande peste e della crisi del '300.
Nelle vaste pianure cerealicole dell'Europa centrale, all’ombra dei castelli, le
comunità contadine, rette dai loro statuti, erano legate ai signori da patti antichi.
L'interpretazione dei patti era però sottoposta alla tensione di condizioni mutate,
soprattutto a causa della lenta ripresa economica e demografica che la società
europea conobbe a partire dal secolo XV. Dopo la grave crisi causata dal ciclo di
pesti e di carestie della fine del Trecento, la ripresa demografica e la rinnovata
domanda di generi alimentari fecero salire i prezzi del grano. I signori feudali vollero
trarne profitto cercando di ottenere dai contadini maggiori prestazioni lavorative
sulla parte dominicale - cioè appartenente al signore - del terreno e appropriandosi
con la forza di terre della comunità contadina. I signori aumentarono le loro entrate
anche riscuotendo pedaggi e incamerando i proventi derivanti dal loro diritto di
amministrare la giustizia.
La situazione sociale delle campagne tedesche si fece incandescente a partire dal 1524 quan-
do fra l'estate e l'autunno scoppiarono le prime rivolte in Svevia e nella zona della
Selva nera. All'inizio dell'anno seguente il moto dilagò in buona parte della Germania
centromeridionale: dalla Turingia al Tirolo, dall'Alsazia alla Svizzera furono assaliti e
incendiati i monasteri, i castelli, le dimore signorili. I signori fuggivano impauriti.
Diversamente da quanto era accaduto nelle rivolte contadine del passato, in alcune
regioni della Germania sud-occidentale il movimento cercò di darsi
un'organizzazione e un programma. All'inizio del 1525 si formarono «alleanze» locali
che confluirono a loro volta nell'Unione cristiana dell'Alta Svevia. Il fallimento delle
trattative con i signori portò all'elaborazione dei cosiddetti dodici articoli: una sorta di
manifesto che raccoglieva le principali rivendicazioni dei contadini e servì da punto di
riferimento per le lotte dei mesi seguenti. In essi si chiedeva, tra l'altro, l'abolizione di
qualsiasi forma di servitù personale, l'uso delle foreste e dei boschi, l'esercizio libero della
caccia e della pesca, la possibilità di eleggere e destituire i parroci. Anche se la maggior
parte di queste rivendicazioni non avevi nulla di rivoluzionario e tendeva semmai a
ripristinare i rapporti consuetudinari tra contadini e signori che questi ultimi avevano
alterato a loro vantaggio, e anche se i contadini non pensavano affatto ad abbattere il
feudalesimo in quanto tale, non c'è dubbio che l'insieme delle richieste, se accolto, avrebbe
avuto effetti dirompenti sul potere politico ed economico dei signori. Alcune pretese,
per esempio quella relativa all'elezione dei parroci o all’abolizione delle servitù personali,
suonavano come decisamente rivoluzionarie. Particolare significato eversivo assumeva
la Dieta di ___________________ e la
condanna __________________________
la protezione del _____________________
LA RIVOLTA DEI CAVALIERI
LA RIVOLTA DEI CONTADINI
Le condizioni dei contadini dopo ________
__________________________________
Le prime __________________________
I ________________________________
- diritti ____________________________
- abolizione________________________
- elezione __________________________
213
il costante richiamo al Vangelo, che finiva per legare il movimento dei contadini alla
diffusione delle idee di Lutero e l'attività dei suoi seguaci.
Non furono certo le idee di Lutero a scatenare le rivolte contadine, poiché queste ultime, come
abbiamo visto, affondavano le radici in un malessere secolare. Ma il luteranesimo fu ben
presto, e inevitabilmente, chiamato in causa, dai contadini stessi e dalle autorità. I contadini
invocavano Lutero come loro paladino e si aspettavano che egli assumesse la guida del
loro movimento. Il riformatore, tuttavia, dapprima cercò di restare neutrale, poi si schierò
apertamente coi signori. Anzi, a mano a mano che la rivolta si trasformava in guerra vera e
propria, Lutero esortò i principi a combattere i ribelli con ogni mezzo, a massacrarli
e ad ucciderli senza pietà, come se fossero cani rabbiosi.
L'esitazione iniziale di Lutero a schierarsi coi contadini si spiega col fatto che egli
era consapevole che - per la riuscita della sua riforma della Chiesa - il sostegno dei
principi era indispensabile. I toni violenti dell'appello al massacro, invece, si
capiscono non appena si tiene presente la concezione politica del riformatore tedesco.
Egli, infatti, era un convinto sostenitore della tesi (espressa dall'apostolo
Paolo) secondo cui l'autorità di un sovrano proveniva da Dio, che aveva concesso il
potere ai prìncipi affinché - in un mondo corrotto dal peccato - mantenessero l'ordine
con la forza e imponessero con la spada il rispetto della Sua legge. Ribellarsi all'autorità,
dunque, secondo Lutero voleva dire opporsi a Dio e alla Sua volontà: significava compiere
un gesto folle e demoniaco, che andava represso con tutto il vigore possibile.
Che dalla Riforma potesse derivare la sovversione sociale lo dimostravano però i
riformisti più radicali. Proprio uno dei primi compagni di Lutero, Andreas
Carlostadio, traeva dalle dottrine evangeliche conseguenze più radicali, negando la
presenza reale di Cristo nell'eucarestia, affermando che il battesimo somministrato
ai bambini non aveva valore, spingendo i suoi seguaci alla violenza contro il clero
cattolico. Un altro ex prete, Thomas Müntzer(1490 ca-1525), andava ancora più
lontano, non soltanto affermando come Carlostadio che le comunità dei fedeli
potevano fare del tutto a meno del clero e amministrare da sé le cose sacre, ma
sostenendo che il vero cristiano era continuamente ispirato da Dio. Convinto che la
Rivelazione divina non si esaurisse nel testo biblico ma continuasse a parlare nel cuore degli
eletti, ispirati da Dio perché predicassero la sua parola, Müntzer si staccava così dalla visione
luterana della Bibbia come unica fonte rivelativa. L’ispirazione divina avrebbe condotto gli
uomini alla formazione di una comunità di uomini liberi che doveva realizzare attraverso il
potere popolare il regno della giustizia su questa terra.
Quando venne fatto prigioniero, mentre lo torturavano (prima di decapitarlo), gridò: «Tutte
le cose appartengono a tutti!». La battaglia contro l'egoismo e l'avidità dei signori era
stata in effetti uno dei motivi dominanti della sua teologia, poiché lotta per la fede e
lotta contro la miseria gli apparivano inscindibili. Al contrario di Lutero che invitava
gli uomini alla passività e a ricercare dentro di sé l'unica autentica libertà, Müntzer aveva
predicato un programma rivoluzionario: “a ciascuno dovrà essere dato secondo i suoi
bisogni e a seconda delle disponibilità del momento”.
Carlostadio fu ridotto al silenzio, nell'esilio di una piccola parrocchia rurale, ma Müntzer
si venne invece a trovare al centro della grande rivolta contadina che sconvolse l'intera
Germania dalla primavera del 1524 al maggio 1525.
Il 15 maggio 1525 i contadini turingi furono sconfitti a Frankenhausen dai
cavalieri dei duchi e dei vescovi. Alcune migliaia di ribelli furono massacrati e
Müntzer fu processato e torturato come eretico prima di seguire la loro sorte. L'intera
repressione della rivolta, in quei crudeli ultimi giorni di maggio, provocò un
olocausto di 100.000 morti. Una sconfitta storica: dietro quel fiume di sangue e
quella montagna di cadaveri c'era l'arresto dell'evoluzione dei rapporti di
produzione nelle campagne; il feudalesimo vi avrebbe signoreggiato per altri tre
secoli.
I motivi della Riforma radicale sopravvissero in piccoli gruppi di sostenitori. In
Olanda, in Germania, in Boemia, in Svizzera il radicalismo religioso e quello politico
si rivitalizzarono nell'anabattismo, un termine con cui si indicavano posizioni diverse,
e richiamo al ______________________
Lutero e la __________________________
della rivolta contadina
motivi:
1 - _______________________________
2 _________________________________
I RIFORMATORI RADICALI
A - ____________________________:
l’estremismo ________________________
negazione _______________________ e
__________________________________
B – T. Müntzer
La ____________________________
continua ispirando gli uomini nella
costruzione _______________________
Fede e lotta _________________________
La sconfitta dei ______________________
e la morte di ________________________
LA SOPRAVVIVENZA DELLA RIFORMA
RADICALE
214
accomunate però dalla tendenza a distinguere i veri cristiani, seguaci intransigenti del
Vangelo, dagli altri gruppi. Critici nei confronti della Riforma che si era fermata alla
denuncia dei mali più vistosi senza un vero rinnovamento ecclesiale, gli anabattisti
intendevano la Chiesa come comunità libera e volontaria; di qui, il rifiuto di ogni forma
di regolamentazione, cattolica o riformata; di qui, il rifiuto del battesimo ai neonati
incapaci di scelta consapevole e la rivendicazione del battesimo da adulti (perciò
venivano indicati col termine di anabattisti, ribattezzati) come autentica scelta di
appartenenza alla comunità religiosa. Alla scelta libera e responsabile doveva far
seguito l'impegno a concretizzare l'insegnamento evangelico, realizzando fin da ora, sulla
Terra, la società dei figli di Dio, l'ordine perfetto della giustizia e dell'uguaglianza
Gli anabattisti si segnalarono per il loro radicale rifiuto dello stato e della violenza:
consideravano lo stato come un'istituzione necessaria solo per gli ingiusti e dal
momento che essi si considerano veri cristiani pensavano di non dover avere, con
l'autorità secolare, alcuna relazione: «Nessun anabattista doveva occupare una carica pub-
blica nello Stato, o invocare l'autorità di questo contro un altro anabattista o prestare
giuramento o prendere le armi per conto dello Stato. Consideravano se stessi gli unici
Eletti e le loro comunità le sole a beneficiare dell'immediata guida di Dio: piccole
isole di rettitudine in un oceano di iniquità. » (N. Cohn).
Respingendo il mondo (che, evidentemente, era il regno di Satana) essi volevano
essere la vera Chiesa di Cristo, cioè dar vita ad una comunità che - retta solo dall'amore -
non conoscesse gerarchie di alcun genere. . Su questa base nella città di Münster, che
si era ribellata al vescovo, gruppi di anabattisti - soprattutto di origine olandese -
proclamarono l'avvento del regno di Dio. Il loro radicale desiderio di uguaglianza portò
in breve tempo all'adozione di provvedimenti di tipo comunistico, cioè alla eliminazione
della proprietà privata.
«Sull'avventura comunista di Münster disponiamo solo di fonti di parte avversa, le quali
tendono a mostrare che si trattò di un'orgia di crudeltà sanguinaria, di lussuria e di
follia criminale. Però, il fascino che Münster esercitò su tanti neerlandesi (abitanti delle
regioni settentrionali dei Paesi Bassi ) e tedeschi prova che davvero la Nuova Gerusalemme
si presentò come l'attesa incarnazione di istanze già circolanti largamente nel decennio
precedente e identificate da colti e ignoranti innumerevoli come il bene per antonomasia»
(G. Spini).
Verso Münster, in effetti, cominciarono ad affluire masse di diseredati sempre più
consistenti, provenienti sia dalla Germania che dai Paesi Bassi. La paura della diffusione
delle idee anabattiste fra i propri sudditi spinse i principi dell'Impero tedesco a intervenire
militarmente: superando le differenze confessionali, vennero in aiuto del vescovo di Münster
il quale, dopo essere stato deposto, aveva circondato la città col proprio esercito. II 24 giugno
1535, Münster fu espugnata dopo un lungo assedio, e quanti non erano morti di fame vennero
massacrati. I capi della rivolta che caddero nelle mani dei principi, invece, furono sadicamente
torturati nelle piazze delle città circostanti, a titolo di ammonimento severo per tutti coloro che
avessero voluto rilanciare in Germania il millenarismo comunista e rivoluzionario.
Favorevoli per i propri interessi alla Riforma, i principi territoriali riuscirono a
sconfiggere le interpretazioni più radicali della Riforma e a imporre una stabilizzazione
che represse i movimenti che avrebbero potuto mettere in discussione il loro controllo
dell’ordine costituto. La condanna della guerra dei contadini consentì a Lutero di legarsi
sempre più strettamente a quei principi che avevano aderito alla Riforma.
Durante gli anni venti Carlo V, occupato nelle guerre con la Francia e con il papato,
non intervenne direttamente in Germania e in questa situazione i principi riformati e
cattolici, che avevano dato vita a due contrapposte alleanze, avevano finito per
riconoscere il diritto di ciascun principe di scegliere la confessione religiosa del proprio
stato (1526).
Sul finire degli anni venti l’evolversi della situazione internazionale (sconfitte del
papato e della Francia e conseguente rafforzamento di Carlo V) rimise in discussione
tale accordo e Carlo V revocò la concessione del diritto. Interessato a ricomporre l’unità
dei cristiani, per confermare la sua autorità sui principi, l’imperatore favorì i tentativi
Gli ____________________________
1- _________________________________
2 - ________________________________
in particolare del _____________________
3 - ________________________________
4 - ________________________________
Gli anabattisti di _____________________
egualitarismo e ______________________
la ________________________________
LA RIFORMA DEI PRINCIPI
I __________________________ e la
sconfitta delle interpretazioni radicali della
Riforma
Lo scontro ____________________ e
_____________________________
1 – anni ________________
assenza di ____________________
accordo principi _________________ e
215
di conciliazione tra i due schieramenti e a tale scopo convocò la Dieta di Augusta.
L’incontrò finì però per essere solo un’occasione per definire e differenziare le
rispettive posizioni teologiche.
L'ostinazione del papa e del re di Francia nel rifiutare la convocazione di un concilio
per comporre i contrasti rendeva impossibile la soluzione della questione luterana;
d'altra parte, la minaccia dei turchi impediva a Carlo V di intraprendere una guerra
contro i principi protestanti, del cui aiuto aveva bisogno sul confine orientale. Dovette
quindi concludere una pace religiosa a Norimberga (1532) con i principi della Lega
di Smalcalda, in cui si erano riuniti i principi tedeschi che avevano aderito alla
Riforma, per poter essere libero di agire sugli altri fronti.
Dunque, il conflitto politico-religioso in Germania fu nuovamente accantonato per
qualche anno, il tempo per Carlo di affrontare e battere i turchi e la Francia. In
Germania la Lega di Smalcalda poté cominciare a comportarsi come una potenza
sovrana, ricevendo e inviando ambasciatori ad altre potenze.
All’inizio degli anni quaranta risorsero le speranze di Carlo V anche perché il papa
Paolo III (1534-1549) aveva dichiarato di voler convocare un concilio e aveva intanto
nominato una commissione di cardinali e di alti prelati per studiare i problemi di una
riforma della Chiesa. Carlo V decise pertanto di dar vita a incontri regolari - detti
“colloqui di religione” - tra catto1ici e protestanti. L’accordo raggiunto al secondo incontro,
quello di Ratisbona, tra i rappresentanti di Lutero (tra cui Melantone il maggior
collaboratore di Lutero) e della curia romana venne però rifiutato e gli interlocutori
del colloquio di Ratisbona furono smentiti da chi li aveva mandati.
La presenza di una compagine organizzata e ostile, come la Lega di Smalcalda,
comprometteva tuttavia l'autorità dell'imperatore e non poteva essere tollerata a lungo.
E cosí, appena fu possibile disporre dei necessari mezzi finanziari, fu organizzata la
campagna militare contro la Lega, che era appoggiata dalla Francia. Le operazioni
militari durarono nove anni (1546-55); era il primo caso di guerra civile in Europa
provocata da motivi religiosi. Alla fine Carlo V fu comunque costretto a rinunciare a
imporre l’unità religiosa e quindi a imporre l’autorità imperiale.
________________________________
2 – fine ________________ - inizio ______
la Dieta di ______________________
debolezza di ________________________
a _________________________________
b__________________________________
pace di _____________________________
con i principi protestanti della __________
__________________________
3 – Anni _____________________
I colloqui di _________________________
La guerra contro la ___________________
___________________ (1546- ______)
Le confessioni religiose negli stati tedeschi dopo la pace di Augusta (1555)
216
La pacificazione religiosa fu concordata ad Augusta (1555) e si ispirò al principio che
sanciva la libertà religiosa di principi e città, non quella degli individui. Solo lo Stato era
libero di scegliere tra cattolicesimo e luteranesimo, aderendo, a seconda delle convenienze,
all'una o all'altra dottrina. L'imperatore era tenuto a riconoscere la libertà di scelta, e il diritto
a praticare il culto della confessione adottata. Ma, all'interno dello Stato, il singolo cittadino
(con l'eccezione degli abitanti delle città imperiali che ottennero l'autonomia) doveva
seguire la religione del principe o dei magistrati della città; disobbedendo, rischiava di essere
colpito da sanzioni che prevedevano anche il rogo, e l'esilio. Una clausola stabiliva però che
le conversioni alla Riforma successive al 1552 non comportassero, come fino a quel
momento era avvenuto, la secolarizzazione dei beni della Chiesa romana.
La pace segnò dunque non solo il riconoscimento ufficiale dell’esistenza della nuova
religione, del protestantesimo, ma anche un decisivo avanzamento del processo di
affermazione del nuovo modello di stato nazionale-regionale.
La Riforma tedesca, pur fortemente influenzata dalle idee e dalla personalità di Lutero,
affondava le sue radici anche nella peculiare condizione politica ed economica della
Germania, per i cui principi la soggezione a Roma era sentita come un'inaccettabile ferita
all'autonomia e all'orgoglio nazionali. Sotto questo aspetto la Riforma luterana sarebbe
rimasta forse un fenomeno circoscritto e non immediatamente esportabile fuori della
Germania. Se la Riforma superò i suoi confini iniziali ciò dipese dal ruolo autonomo
svolto da alcuni centri urbani e intellettuali con una capacità di influenza maggiore di
Wittenberg e delle altre piccole cittadine che avevano seguito Lutero. Nel corso degli
anni venti e trenta - a partire da Zurigo, Basilea e Strasburgo, e poi da Berna e Ginevra
- il movimento riformatore assunse una risonanza veramente europea.
Il ruolo principale in questa seconda fase della storia della Riforma è tenuto da un
francese, Giovanni Calvino (1509-64), nato da una famiglia di borghesia togata (suo
padre era notaio) ed egli stesso studente di diritto all'università di Orléans e a Parigi.
Alla fine del 1533 risultò chiaramente che lo spirito della Riforma era entrato nell'am-
biente dell'università di Parigi e che il re di Francia Francesco I intendeva reprimerlo
con la forza; perciò Calvino fuggì in Svizzera e dopo essere stato un anno e mezzo a
Basilea si trasferì, nel luglio 1536, a Ginevra; seguì un nuovo mutamento di sede nel
1538 (a Strasburgo) e infine, nel 1541, il ritorno definitivo a Ginevra.
Nonostante l'acquisita sicurezza nella fede, Lutero aveva mantenuto nelle sue opere
alcuni evidenti tratti della sua tormentata vita di monaco: l'immagine medievale del
diavolo spunta continuamente ed egli ci descrive memorabili conflitti con il principe
delle tenebre e gran maestro della tentazione; la sua visione cupa della società e
della politica portava tutti i segni della scelta del monaco di fuggire dal mondo perverso,
ma dimostrava anche l'arretratezza politica della Germania, dove si continuava a
ragionare in termini di fedeltà e dedizione feudale al proprio superiore.
Nulla di tutto questo in Calvino, il principio della superiorità della fede sulle opere
restava per Calvino come per Lutero il punto di partenza da cui depurare il cristianesimo
da ogni traccia di ritualismo superstizioso; da ciò egli ricavava in fatto di sacramenti, e
soprattutto per l'eucarestia, delle tesi molto vicine a quelle di Zwingli (un altro
riformatore che aveva agito a Zurigo), negando la presenza reale del corpo e del
sangue di Gesù nelle sacre specie.
La fede di Calvino aveva però delle connotazioni diverse da quelle della dottrina luterana:
essa può derivare solo dalla grazia irresistibile del Dio onnipotente e resta
completamente sottratto alla ragione umana il motivo che conduce alcuni uomini a
credere.
Questo mistero della fede può essere espresso dicendo che gli uomini di fede sono degli
eletti da Dio, che ciascun uomo è predestinato dall'eternità alla salvezza o alla dannazio-
ne. L'insistenza sul tema della predestinazione è tipica più degli sviluppi del calvinismo
che di Calvino stesso, ma la svalutazione delle opere risulta assai più radicale nel rifor-
matore di Ginevra che in Lutero. E tuttavia, per un rovesciamento di fronte, che ha
tutte le caratteristiche del paradosso religioso e psicologico, il calvinista, che è certo
La pace di __________________ (_____)
Il diritto dei principi di ________________
___________________________________
Una nuova _______________________ e il
rafforzamento _______________________
LA DIFFUSIONE DELLA RIFORMA IN EUROPA
Il ruolo di ______________________
______________________________
G. CALVINO
217
della sua fede e del suo stato di eletto, non ha bisogno di disprezzare le opere, come
faceva invece Lutero, di vederle come inesorabilmente malvagie e di cercare rifugio
soltanto nell’interiorità.
Anche Martin Lutero aveva compiuto un'innovazione decisiva nell'ordine delle dottrine
e della pratica sociale sostenendo la piena dignità del lavoro e dei ruoli tenuti nella
famiglia, ma Calvino andava molto oltre perché trasformava in una vocazione divina il
proprio stato sociale e faceva del lavoro un modo per glorificare Dio e per esprimere
visibilmente la saldezza della fede e del suo fondamento nella grazia. La religione
diventava così il principio del governo di se stessi non solo nel momento della fede, ma
nel comportamento di tutti i giorni. Il lavoro produttivo diventava una forma di preghiera,
un'offerta a Dio delle proprie certezze: il fine esclusivo dell'arricchimento continuava a
essere malvagio, ma non il fatto in sé della produzione attraverso il lavoro.
Questo diverso modo di articolare il rapporto tra la fede e 1e opere ha un preciso
corrispettivo nel ruolo attribuito da Calvino all'autorità civile. Lutero aveva legittimato
la totale delega del potere alla funzione repressiva dei principi, mentre Calvino non
soltanto ammetteva, sia pure con molte cautele, il diritto di ribellione contro l'autorità
che si allontanava dalla legge di Dio, ma soprattutto affermava che la vita religiosa deve
improntare la stessa comunità civile e non invece restare chiusa nella sfera della
coscienza. Per conseguenza le istituzioni civili dovevano essere al servizio del
programma di una società rigidamente morale e religiosa.
Lo Stato non è solo violenza, una conseguenza del peccati ma serve a valorizzare la
vita associata. Appena tornato Ginevra, nel 1541, Calvino emanò le Ordinanze
ecclesiastiche, il modello della comunità calvinista, tendenzialmente repubblicana, dove
le autorità cittadine dovevano collaborare con un concistoro dei pastori evangelici e dei
rappresentanti laici della città nell'opera di controllo della purezza della fede e dei
costumi, nella repressione dell'eresia, del l'immoralità, degli scandali.
A partire dal 1541, dunque, la Riforma si presentava con una doppia forza espansiva,
con due anime, la luterana e 1a calvinista, e con due stili molto diversi. A questa data
l’area di diffusione della dottrina di Lutero, era ormai definita: la Germania, specie nelle
regioni orientali e settentrionali; la Danimarca, in maniera irreversibile dopo l'ascesa
al trono di Cristiano Il (1534-49); la Svezia, che si era separata con una vera
rivoluzione dall'unione con la Danimarca e che fu condotta alla Riforma dall'iniziativa
del re nazionale Gustavo Vasa (1523- 60). L’ulteriore espansione della Riforme
avvenne soprattutto sotto l’influenza del calvinismo e riguardò i Paesi Bassi,
l’Inghilterra e la Francia, intrecciandosi, come sempre, con motivi politici. In
Olanda la diffusione della Riforma avvenne in connessione con la lotta per
l’indipendenza dalla cattolica Spagna e in Francia, come vedremo, all’interno delle
lotte per il potere tra diverse fazioni nobiliari.
La Riforma della chiesa anglicana, legata occasionalmente alle vicende
matrimoniali di Enrico VIII (1509-47), si colloca invece all’interno del processo
La diffusione in Europa:
- l’area _________________________
Germania, ________________________ e
________________________
- l’area ____________________________
Olanda: lotta per l’indipendenza dalla
___________________
Francia: lotte _______________________
I principi della teologia calvinista:
1- ________________________________________________________________________________________________________
2- ________________________________________________________________________________________________________
3- ________________________________________________________________________________________________________
Il nuovo rapporto con il mondo:
1- ________________________________________________________________________________________________________
2- ________________________________________________________________________________________________________
218
di rafforzamento delle strutture statali. Infatti, essa fu promossa dalla casa regnante
per porre sotto controllo le strutture ecclesiastiche e allargare la base sociale su cui
si appoggiava lo stato attraverso la vendita a nobili e borghesia mercantile delle
terre confiscate.
In Italia il movimento riformatore ebbe un carattere ristretto, intellettualistico e non
organizzato, coinvolgendo piccoli gruppi di intellettuali che nel clima politico e
religioso dominante in Italia non avevano nessuna possibilità, non solo di espandersi,
ma di sopravvivere. Tra le poche eccezioni, dove troviamo invece una certa diffusione
di massa delle eresie, vi sono le valli valdesi, dove avevano trovato rifugio fin dal
Medioevo i seguaci di Pietro Valdo la cui religiosità era molto vicina allo spirito
luterano e la cui repressione venne ripresa in grande stile, e quelle cuneesi dove, stante
la vicinanza e in determinati periodi il diretto controllo della Francia, trovò una certa
diffusione il calvinismo, anch’esso prontamente represso.
Inghilterra: rafforzamento _____________
______________________
I riformatori in ____________________
I _____________________________
219
B- LA CONTRORIORMA CATTOLICA. LA SPETTACOLARIZZAZIONE
DELLA RELIGIONE E IL DISCIPLINAMENTO DELLA SOCIETÀ
1. L’uso del termine “Controriforma” e gli effetti storici del concilio di Trento
2. La definizione della dottrina cattolica. La teologia tridentina: la
riaffermazione del ruolo della chiesa
3. La riorganizzazione del clero
4. La riorganizzazione del culto
5. Il disciplinamento della società
1. L’uso del termine “Controriforma” e gli effetti storici del concilio di Trento
Gli sconvolgimenti religiosi verificatisi in Germania e la diffusione della Riforma
protestante in altre regioni europee obbligarono la Chiesa romana a intervenire con
tutta una serie di provvedimenti di carattere politico, istituzionale, teologico. A
questa reazione contro il dilagare del protestantesimo, che si sviluppò tra il 1550
e il 1660, si dà comunemente il nome di Controriforma.
Gli storici di orientamento cattolico hanno spesso rifiutato il termine in quanto
sottolinea gli aspetti repressivi del fenomeno, il suo caratterizzarsi come recupero
violento e coercitivo, a favore del cattolicesimo, di una parte degli spazi che il
protestantesimo aveva occupato o stava per occupare e comunque vede il
fenomeno come una reazione «contro» qualcosa (la Riforma) che era accaduto
prima e altrove, svalutando implicitamente qualsiasi apporto creativo e originale
del movimento.
Ma se forze consapevoli della necessità di una riforma ecclesiastica e spirituale
erano attive nel mondo cattolico prima ancora che il caso Lutero assumesse
risonanza internazionale, questa istanza di rinnovamento non riusciva però a
trovare alcuno sbocco concreto e a modificare la gestione della Chiesa da parte delle
gerarchie. Queste ultime, infatti, fecero propria la necessità di un rinnovamento solo
molto tempo dopo la Riforma luterana e la attuarono in gran parte come risposta
alla sua rottura. Il termine Controriforma appare da questo punto di vista, quindi,
adeguato.
La riforma della Chiesa voluta dalle gerarchie ecclesiastiche trovò il suo massimo
momento di elaborazione nel concilio di Trento che venne convocato solo nel 1542,
vale a dire 25 anni dopo la rivolta di Lutero, quando era evidente che le possibilità
di una riconciliazione erano ormai fallite ed esso poteva diventare uno strumento
in mano al papa per una riforma della Chiesa che partisse da una condanna delle
tesi luterane.
Nel 1564 papa Pio IV (1559-65) pubblicò e sanzionò le conclusioni che il concilio
aveva raggiunto nelle sue 25 sessioni: esse erano destinate ad ispirare l’azione della
Chiesa cattolica per quattro secoli almeno, fino al Concilio vaticano II che si terrà
negli anni sessanta del secolo scorso. Vi erano, infatti, contenuti: le affermazioni
dottrinali che respingevano in blocco le tesi dei protestanti e definivano la teologia
cattolica; le norme disciplinari e i principi della riorganizzazione del clero che
assunsero un ruolo di primo piano nella moralizzazione della Chiesa; nonché le
norme che avrebbero dettato la riorganizzazione delle forme di culto tipiche della
cosiddetta, proprio per sottolineare la portata storica del concilio e di Trento, chiesa
tridentina
L’USO DEL TERMINE “
_________________________________
Il concilio di ________________
220
2. La definizione della dottrina cattolica. La teologia tridentina: la
riaffermazione del ruolo della chiesa
Invece di conciliare le posizioni contrastanti per cui era stato voluto, almeno nelle
intenzioni dichiarate, il concilio svolse un’importantissima opera di definizione della
dottrina cattolica, nonché di riorganizzazione del clero e di normazione delle modalità
del culto, tant’è che l'impianto dottrinario e organizzativo che la Chiesa si diede è,
nella sostanza, ancora oggi vitale, essendo la Chiesa che noi conosciamo in gran
parte quella uscita dal concilio di Trento.
La teologia cattolica non ignorava, certo, le difficoltà che l'uomo poteva incontrare a
causa della sua debolezza e della sua fragilità, che lo esponevano al rischio del
peccato ed erano alla base della teologia e dell’esperienza religiosa di
Lutero. A ciò, però, il Concilio di Trento pose rimedio ribadendo la
tradizionale dottrina secondo la quale i sacramenti comunicano la grazia di Dio, cioè
la forza dello Spirito Santo, che permette di resistere alle tentazioni e di combattere le
insidie del demonio e di cooperare alla propria salvezza. Questo significava anche
ribadire la necessità dell'esistenza del sacerdozio (poiché solo il clero può legittimamente
amministrare i sacramenti), o meglio ancora proclamare che la Chiesa - coi suoi riti
e i suoi preti ordinati - era elemento decisivo e ineliminabile ai fini della salvezza del
singolo cristiano.
Il concilio assegnò alla Chiesa un ruolo di mediazione analogo anche a proposito della
relazione fra il fedele e la Bibbia. Innanzitutto, si proclamò che la traduzione
latina di San Girolamo (vissuto tra il 347 e il 420) - detta Vulgata - poteva essere
ritenuta «autentica nelle pubbliche letture, nelle dispute, nella predicazione»,
cosicché si vietò a chiunque di respingerla «con qualsiasi pretesto». Inoltre, «per
reprimere gli ingegni troppo saccenti», il Concilio fece divieto a chiunque di
«interpretare (la Bibbia) contro il senso che ha (sempre) ritenuto e ritiene la santa
madre Chiesa, alla quale spetta di giudicare del vero senso e
dell'interpretazione delle sacre scritture, o anche contro l'unanime consenso
dei padri, anche se queste interpretazioni non dovessero esser mai pubblicate».
In tal modo, la Chiesa cattolica si opponeva all'istanza protestante secondo cui la
Bibbia andava tradotta e posta nelle mani di tutti i credenti, affinché ogni cristiano
potesse essere in diretto e personale rapporto con Dio. Tuttavia, il risultato storico delle
scelte operate a Trento fu un progressivo distacco dei cattolici dal testo biblico, nel
senso che i fedeli non vennero più educati per secoli, fino al concilio Vaticano II, a
considerarlo come la primaria e insostituibile fonte della loro personale esperienza
religiosa.
Infine, va considerato l'argomento teologico che venne contrapposto al
principio protestante della sola Scrittura. Si ricorderà che Lutero, fin dal 1519,
aveva affermato di riconoscere la Bibbia come unica fonte di verità, rifiutando
viceversa di credere ai decreti dei concili. Su questa base, il protestantesimo
LA DEFINIZIONE DELLA DOTTRINA
CATTOLICA. LA TEOLOGIA
TRIDENTINA: LA
RIAFFERMAZIONE DEL RUOLO
DELLA CHIESA
GLI EFFETTI STORICI DEL CONCILIO DI TRENTO
221
aveva proceduto all'espulsione, dalla fede e dalla prassi della Chiesa, di tutto ciò che
non era esplicitamente menzionato nel Nuovo Testamento, in modo da far tornare
la Chiesa stessa alla purezza dei tempi apostolici. Il Concilio di Trento, al
contrario, proclamò che tutta una serie di dottrine (il Purgatorio, ad
esempio), di pratiche (le indulgenze, i pellegrinaggi, la venerazione delle reliquie)
e di riti, anche se non erano esplicitamente presenti nella Bibbia, dovevano
essere accolti con pari reverenza rispetto a quelli testimoniati nella Scrittura. Si
diceva, inoltre, che quelle dottrine e quelle pratiche, considerate a pieno titolo di
origine apostolica, erano state «conservate con successione continua nella Chiesa
cattolica».
Insomma, a fronte del luterano sola Scrittura, il cattolicesimo oppose il rispetto e la
riverenza per la tradizione della Chiesa. Ad un protestantesimo tendenzialmente
individualista (che insiste sul rapporto diretto e personale dell'uomo con Dio),
quindi, fu contrapposta la Chiesa come elemento centrale dell'esperienza religiosa
e onnipresente mediatrice del rapporto col divino.
3. La riorganizzazione del clero
3.1 La moralizzazione della vita del clero
3.2 I nuovi ordini religiosi: i gesuiti
Nel momento in cui rilanciava il ruolo centrale del sacerdozio nell'esperienza
religiosa del credente cattolico, il Concilio di Trento prese atto che il clero non era
assolutamente all'altezza del compito che l'assemblea dei vescovi gli attribuiva.
Così il concilio ecumenico, a fianco delle precisazioni dottrinali appena citate,
emise una serie di importanti decreti destinati a modellare la figura del sacerdote
cattolico fino ai giorni nostri.
Fu ribadito l'obbligo del celibato ecclesiastico e quello della residenza, ovvero
tutti i sacerdoti (vescovi compresi) con funzioni pastorali erano tenuti a risiedere
nella circoscrizione loro affidata; ai vescovi fu imposto di effettuare visite regolari
nelle parrocchie della loro diocesi (le cosiddette visite pastorali) per controllare il
comportamento dei fedeli e vigilare sulla disciplina degli ecclesiastici e garantire
il decoro del clero; queste norme portavano, come logica conseguenza,
all'abolizione del cumulo dei benefici ecclesiastici. Fu inoltre imposto l'uso del
latino come lingua universale della Chiesa. Per combattere la tradizionale ignoranza
del clero fu creata una rete di seminari, destinati alla formazione di uomini di
Chiesa preparati e colti. Scopo dei seminari non era soltanto quello di formare
intellettualmente e religiosamente gli ecclesiastici. Essi miravano anche a
LA RIORGANIZZAZIONE DEL
CLERO
LA MORALIZZAZIONE DELLA VITA DEL
CLERO
Nuovo ruolo____________________
_________________________________
Provvedimenti del concilio:
_________________________________
_________________________________
_________________________________
_________________________________
_________________________________
______________________________
1 - ______________________________________________________
______________________________________________________
_______________________________
2 - ______________________________________________________
da cui:
______________________________________________________
_______________________________
3 - ______________________________________________________
______________________________________________________
=
_______________________________
222
infondere attraverso ritiri, meditazioni, incontri spirituali il cosiddetto spirito
ecclesiastico, un atteggiamento morale che si traduceva in una visione totalmente
cattolica della realtà. In questo processo di avviamento alla vita ecclesiastica
aveva un ruolo importante l'esame della vocazione sacerdotale, cioè della sincera
inclinazione dei candidati al servizio nella Chiesa. Il seminario era un ambiente
«separato» che non comunicava col mondo circostante, come si conveniva a
un'istituzione dedicata all'educazione di individui che il concilio aveva definito
superiori rispetto al resto dei fedeli.
Già negli anni immediatamente precedenti l'apertura del concilio e poi lungo tutto
il suo corso e oltre, i papi erano intervenuti anche con iniziative personali, per
fronteggiare alcune tra le questioni più scabrose dell'organizzazione ecclesiastica:
furono varati provvedimenti contro il nepotismo, contro la simonia e contro il
concubinaggio.
Nel complesso, tra iniziative papali e delibere conciliari, la Chiesa cattolica riuscì
sicuramente a separare in maniera netta i sacerdoti dal resto dei fedeli e a fare di essi
il perno organizzativo della sua presenza nella società. Il clero diocesano a cui era
capo il vescovo, e che a differenza dei monaci viveva non separato dal mondo ma
nelle parrocchie in mezzo ai fedeli, divenne sempre più il riferimento per la massa
dei fedeli.
La volontà di attuare una riforma del cattolicesimo attraverso nuove forme
organizzative, di attuare una moralizzazione del clero e di intervenire
concretamente nella società era emersa già alcuni anni prima d concilio di Trento
con la fondazione di tutta una serie di ordini religiosi e di istituzioni caritative e
assistenziali.
La più importante di queste nuove istituzioni fu la Compagnia di Gesù,
fondata nel 1534 da Ignazio di Loyola (1491-1556), un ufficiale spagnolo dalla vita
avventurosa, il quale, ferito durante un assedio, fu preso da una crisi mistica – il
misticismo conosce in questo periodo una notevole fioritura - e decise di dedicarsi
all'apostolato religioso. L'ordine dei gesuiti, che ebbe una rapida crescita (5000
membri nel 1581,16.000 nel 1625), prevedeva una formazione lunga e meticolosa:
due anni di noviziato, due di studi letterari e scientifici, tre di filosofia, quattro di
teologia. Il gesuita diventava sacerdote verso i trent'anni, ma doveva ancora
affrontare un ultimo anno di noviziato. La struttura interna era rigorosamente
gerarchica e l'autorità era concentrata nelle mani del capo dell'ordine, il generale.
Reclutati attraverso una selezione durissima, i gesuiti erano uomini di Chiesa che
univano alla vasta cultura una consolidata abitudine all’obbedienza di tipo militare
(lo stesso termine «Compagnia» evocava il mondo dell'esercito).
All'estremo rigore esercitato all'interno dell'ordine faceva riscontro, però,
un'estrema flessibilità dei gesuiti nei confronti della realtà in cui operavano: si
realizzava così un netto superamento dello spirito monastico e dell'isolamento dal
mondo. Avendo come obiettivo principale la riconquista della Cristianità ai
princìpi morali e dottrinali della Chiesa romana, la Compagnia si industriò per
realizzare il massimo della penetrazione possibile nella realtà politica, sociale,
culturale europea, evitando atteggiamenti di eccessiva rigidità nei confronti degli
«eretici», degli increduli, degli incerti. Soprattutto in due campi tale azione fu
svolta con successo: la collaborazione con i governi e la promozione delle
istituzioni educative. Membri dell'ordine assunsero la direzione delle università
cattoliche, ma soprattutto fondarono scuole di istruzione primaria e secondaria
che presto furono affollate di giovani appartenenti ai ceti superiori, alta nobiltà
compresa. Questo grande successo si deve alla serietà e alla buona qualità media
dell’istruzione gesuitica.
In più, la capacità dell'ordine di intuire le esigenze del «pubblico» si espresse
nell'introduzione, nei programmi scolastici, del gioco didatticamente disciplinato,
della danza perché i ragazzi imparassero a tenere un portamento elegante, delle
recite teatrali per abituarli a essere disinibiti in società: tutti accorgimenti per
_________________________________
Risultati:
_________________________________
_________________________________
_________________________________
_________________________________
I NUOVI ORDINI RELIGIOSI: I GESUITI
_________________________________
223
formare schiere di perfetti gentiluomini e di perfetti cattolici. Come educatori, i
gesuiti ebbero accesso all’élite dominante e alle stesse corti finendo per svolgere un
ruolo politico importante in molti paesi europei.
Per altro verso va precisato che i gesuiti si preoccuparono di estendere la propria
influenza anche sui ceti più umili, proponendo, ancora una volta, il sistema più
efficace per catturare l'attenzione del popolo analfabeta. Essi furono infatti grandi
promotori del culto delle immagini sacre, sfociante nei sontuosi apparati
cerimoniali delle processioni religiose che si svolgevano anche nei più piccoli paesi.
4. La riorganizzazione del culto
4.1 La lotta all'eresia
4.2 Il nuovo modello di vita religiosa
Per quanto riguarda i fedeli e il culto la Chiesa romana agì in diverse direzioni: la
repressione delle eresie, il disciplinamento, cioè il controllo del comportamento dei
fedeli, sradicando i comportamenti ritenuti immorali o pagani, nonché la
proposta/imposizione di un nuovo modello di religiosità.
LA RIORGANIZZAZIONE DEL
CULTO
Il beato Giovenale Ancina (1545-
1604) , vescovo di Saluzzo, uno dei
controriformisti cuneesi.
La repressione delle eresie ebbe come
strumento essenziale il tribunale
dell’Inquisizione a cui venne dato nuovo
vigore anche attraverso una serie di riforme
per cui il tribunale venne accentrato sotto la
direzione di una commissione cardinalizia, la
Congregazione del Sant’Uffizio, favorendo
così una politica unitaria dell’Inquisizione.
L'autorità dell'Inquisizione venne estesa a
tutta la cristianità, senza eccezioni: tutti i
cristiani, qualsiasi fosse il loro rango o censo
o la nazionalità dovevano rispondere dinanzi
agli inquisitori romani per quanto riguarda
atti, scritti comportamenti in contrasto con i
principi della Chiesa.
Anche la procedura inquisitoriale venne
riformata: fu rafforzato il potere degli
inquisitori, cui fu attribuita sia l'iniziativa
LA LOTTA ALL'ERESIA
giudiziaria che il giudizio, fu ampliata la libertà di interrogare, torturare, condannare;
vennero inoltre annullate le garanzie di difesa ai sospettati, mentre all'inquisitore
venne affidato il duplice e contraddittorio ruolo di accusatore e giudice. Per
coinvolgere anche i fedeli nella caccia agli eretici, la Chiesa richiamò con severità le
comunità cristiane all'obbligo di denuncia, pena la scomunica, di chiunque fosse
CARATTERISTICHE DELL’ORDINE DEI GESUITI
1 - _____________________________________________________________________________________________________________
2 - _____________________________________________________________________________________________________________
3 - _____________________________________________________________________________________________________________
A - ____________________________________________________________________________________________________
B - _____________________________________________________________________________________________________
C - _____________________________________________________________________________________________________
224
sospetto di eresia, negromanzia, magia, bestemmia, sacrilegio.
Un secondo strumento repressivo fu pensato appositamente per gli intellettuali di
cui la Chiesa sottopose a censura gli scritti: un'apposita Congregazione dell'Indice
ebbe il compito di vigilare sulle pubblicazioni e designare i titoli la cui lettura era proi-
bita. Le opere dei filosofi, dei politici, dei poeti vennero spesso allegate come prova
dell'eresia dei loro autori: casi emblematici sono quelli di Giordano Bruno, forse la
vittima dell’Inquisizione più illustre tra gli intellettuali dell’epoca, e Galileo Galilei,
entrambi denunciati e accusati di eresia per le tesi sostenute nelle loro opere. Ma
anche l’essere sorpresi a leggere opere proibite o il semplice possederle poteva causare
denunce e processi per eresia.
All’Inquisizione, come vedremo, venne affidato non solo il compito di reprimere
gli intellettuali che si opponevano allo spirito controriformista, in quanto essa ebbe
un’importante ruolo anche nel disciplinamento delle classi inferiori.
Coerentemente con la teologia tridentina il nuovo modello di religiosità che la
Chiesa cattolica venne elaborando era teso a ribadire la centralità della chiesa e del
clero nel rapporto con il divino.
Infatti, la vita religiosa venne sempre più identificata con la partecipazione alle
funzioni religiose legate ai sacramenti, di cui la teologia tridentina aveva ribadito
l’importanza come strumento per ricevere la grazia divina, indispensabile per
colmare la debolezza dell’uomo sulla via che lo conduce alla salvezza eterna.
Scelta che esaltava il carattere collettivo e l’immediata visibilità e quindi anche
esteriorità e controllabilità della religiosità contro il carattere personale e interiore
che il modello di religiosità protestante tendeva a privilegiare.
Esteriorità e collettività sono alla radice di un processo di spettacolarizzazione della
religione che si espresse sia nei luoghi di culto che nelle forme dei culti.
La linearità geometrica delle chiese rinascimentali cominciò alla fine del
Cinquecento a essere sostituita dalla ricerca di un’intensa suggestione. Le nuove
chiese che si imposero vengono abitualmente ricondotte sotto la categoria del
barocco. Negli interni si verificò come un’esplosione di stucchi, ori, decorazioni,
mentre si venivano moltiplicando gli altari laterali. Su questi altari comparve
l’iconografia sacra che illustrava i nuovi modelli di santità, con i cieli di nuvole rosa
che si aprono per mostrare trionfi divini e verso i quali si alzano gli sguardi pii e i
cuori travolti da mistici rapimenti.
IL NUOVO MODELLO DI VITA RELIGIOSA
REPRESSIONE ERESIE:
strumenti:
1 _____________________________________________
A - ____________________________________________________________________________________
B - ____________________________________________________________________________________
C - ____________________________________________________________________________________
a - __________________________________________________________________________________________
b - __________________________________________________________________________________________
c - __________________________________________________________________________________________
2 ___________________________________________________________________________________________________________
225
Chiesa dell’Assunta a Savigliano
Affreschi alla volta (inizio sec XVIII), uno tra
i tanti segni della Controriforma nel
saviglianese
I soffitti cominciarono a coprirsi di volte stellate dai colori azzurro e oro sgargianti,
popolate di schiere d'angeli presentati nella forma del putto innocente e sensuale
e disposti con grande attenzione all'effetto scenografico della finta prospettiva; gli
altari si riempirono di calici e ostensori che irraggiavano fiamme d'oro, con
l'effetto di concentrare l'attenzione dei fedeli sulla sontuosità e la meraviglia
dall'oggetto. Tutto era ostentato, sottolineato, imposto a un'emotività sempre più
smisurata e abnorme: il fedele diventava nella sua chiesa: spettatore invece che
compartecipe. Altari, pareti e colonne si riempivano di reliquiari ed ex voto
lussuosi e sgargianti, mentre l'intensa devozione per la Madonna e i santi si
manifestava con statue piangenti, cuori trafitti, sangue stillante. Coronata e
dolente, carica di lusso e di ori ma anche di sofferenze atroci ben visibili, la
Vergine Maria esprimeva bene tutto il gusto eccitato ed eccessivo dell'epoca.
Per quanto riguarda i culti il fenomeno della spettacolarizzazione coinvolse
innanzitutto la celebrazione dei sacramenti: la messa, celebrata in latino seguendo
un messale unico che ne legava i contenuti ai diversi periodi dell’anno ecclesiastico
(avvento, pasqua, ecc..), divenne un grande spettacolo, il cui teatro era la chiesa
barocca e a cui il fedele assisteva come spettatore; il culto dell’ostia, in cui il
concilio aveva ribadito esserci la presenza reale di Cristo, venne promosso con tutta
una serie di cerimonie (adorazioni eucaristiche, vespri, processioni) altrettanto
spettacolari e di apparati cerimoniali (tabernacoli, ostensori, baldacchini) il cui
splendore era inteso come segno di religiosità della comunità parrocchiale; negli
angoli più silenziosi e discreti delle chiese fecero la loro comparsa i monumentali
confessionali tripartiti, muniti di grata interna, nella cui penombra i fedeli
andavano ad assolvere l'obbligo dell'annuale confessione auricolare (segreta e
privata) stabilita e prescritta dal concilio di Trento.
Un altro tipico esempio della religiosità promossa dalla chiesa controriformista è
costituito dal culto dei santi. Teologicamente visti non solo come esempio per gli
uomini ma anche come intermediari tra i fedeli e la divinità, il loro culto perpetuava
una rappresentazione, affermatasi già nel tardo Medioevo, dell’al di là visto a
immagine del mondo terreno, come un sistema di protettori e clienti, in cui era
meglio avvicinare Dio tramite un mediatore che non tentare di arrivare a lui
direttamente. Attraverso la diffusione del culto dei santi patroni la Chiesa cercava
di incanalare una religiosità popolare che tendeva a finalizzare i riti religiosi
all’ottenimento di protezione per se stessi, i propri famigliari, i propri animali e i
propri beni in generale.
Il culto dei santi prese la forma del culto delle reliquie (i “Corpi santi” che venivano
portati in processione durante la festa patronale), delle immagini, e non solo di
quelle conservate nelle chiese ma anche dei “santini”, la cui diffusione fu consentita
226
dalla stampa. La fede in tali oggetti sacri era fondata sulla fede in ciò che può essere
definito come l’efficacia materiale del sacro, ossia il loro potere di provocare
cambiamenti nel mondo materiale e visibile.
Tra i santi assunse un particolare rilievo la Madonna al cui culto era dedicate la
diffusione di nuove pratiche religiose, quali la recita del rosario, e di cui vennero
riconosciute numerosissime apparizioni autorizzando il culto sul luogo in cui esse
sarebbero avvenute (santuari mariani).
Molte di queste forme di religiosità sono una cristianizzazione di antichi culti che
sopravvivevano soprattutto nelle campagne. Basti pensare alle manifestazioni
devozionali che si tenevano intorno a luoghi ritenuti miracolosi, oppure alle
devozioni agrarie. Se la pratica devozionale veniva cristianizzata, la repressione
si manifestò per lo più verso tutto ciò che veniva a scontrarsi con quello che la
Chiesa riteneva non conforme alle proprie esigenze di ordine e di decenza. Per
coloro che vi prendevano parte spesso la cerimonia religiosa costituiva un momento
di «festa» collettiva (o, come si direbbe oggi di «socializzazione») e, quindi, potevano
avere un risvolto non molto spirituale e poco ortodosso, fino alla sregolatezza.
Tra i riti devozionali collettivi la processione e il pellegrinaggio furono tra i più
praticati e, se si considerano le implicazioni psicologiche e sociali, dei più
significativi per la storia delle mentalità e dei comportamenti.
È necessario sottolineare, tuttavia, che i pellegrinaggi dell'Età Moderna si dif-
ferenziarono da quelli medievali perché, pur mantenendo caratteri di massa,
assunsero dimensioni più ridotte per quanto concerneva le distanze. Non più,
quindi, viaggi in Oriente, e più in particolare in Palestina, ma spostamenti all'inter-
no di aree territorialmente più ristrette, verso i luoghi delle apparizioni della
Vergine o quelli dove erano conservati i corpi dei santi. Anche se i pellegrini
accettarono i dettami di comportamento imposti dalli Chiesa (e non vi furono
pellegrinaggi senza messe, comunioni e confessioni) gli atti essenziali della
partecipazione del pellegrino furono altri, ossia: il contatto con l'oggetto sacro,
come il sorbire l'acqua delle fontane ritenute miracolose, o l'immergersi in esse;
la pratica di strofinarsi contro l'immagine sacra o di strapparle qualche scheggia
da conservare come reliquia.
IL NUOVO MODELLO DI VITA RELIGIOSA
Centralità di:
carattere della religiosità:
1 ______________________________
_____________________
2 ______________________________
______________________
3 ______________________________
______________________
_________________________________________________________________
A- __________________________________ B - ______________________________________
1 - __________________________ 1 - ___________________________________
2 - __________________________ 2 - ___________________________________
3- __________________________ 3 - ___________________________________
4 - ___________________________________
227
La processione rappresentava probabilmente il momento di massima
spettacolarizzazione degli eventi religiosi che aveva al suo centro uno degli oggetti
sacri di cui abbiamo detto, la reliquia, l’immagina del santo, l’ostia, che veniva con il
massimo sfarzo possibile (baldacchini, addobbi, strutture sceniche) portato per le vie
del centro abitato. L’opera d’imposizione di nuove forme di culto si accompagnò ad un’opera di
istruzione dei fedeli che utilizzò come suo strumento principale, insieme con la
predicazione, il catechismo. Una disposizione conciliare faceva obbligo ai curati
di insegnare la dottrina ai fedeli nella lingua corrente. A tale scopo il concilio affidò
a una commissione guidata dall'arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, forse il più
noto tra i vescovi controriformisti, l'incarico di redigere un Catechismo romano
che fu stampato nel 1566. Questo manualetto a uso dei sacerdoti, contenente in
forma semplificata la dottrina del concilio di Trento, ebbe una grande
importanza nel divulgare in maniera uniforme i princìpi dell'ortodossia tridentina
presso i fedeli.
L’educazione del fedele: ______________
+________________________________
Savigliano santuario dell’Apparizione, uno
dei santuari mariani dell’epoca
5. Il disciplinamento della società
5.1 Una società omogenea e obbediente
5.2 Repressione e cristianizzazione
5.3 Gli strumenti del controllo
5.4 La caccia alle streghe
Le conseguenze sociali della Riforma protestante e della Controriforma cattolica, che
si manifestarono nella seconda metà del Cinquecento e nel Seicento, sono state
descritte dagli storici come un processo di disciplinamento della società, ovvero il
tentativo di stabilire un più capillare controllo su tutti gli aspetti della vita
delle popolazioni al fine di ottenere una società più compatta, meno culturalmente
differenziata, e pronta a obbedire a poteri centrali (chiesa e stato)in maniera più au-
tomatica.
Nei confronti delle fondamentali manifestazioni della vita sociale - il gioco, il
sesso, i riti del corteggiamento e del matrimonio, le feste, le forme di medicina
popolare e di magia, i comportamenti pubblici e privati - venne avviata una
gigantesca e capillare opera di controllo e di intervento. II risultato di
quest'azione fu che il secolo XVI che si era aperto con clamorose ribellioni al
principio di autorità (vedi Lutero), si chiuse all’insegna dell’obbedienza
interiorizzata, della disciplina.
IL DISCIPLINAMENTO DELLA
SOCIETÀ
UNA SOCIETÀ OMOGENEA E OBBEDIENTE
Il disciplinamento della società:
una società ________________________
e ________________________________
L’obbedienza _____________________
L’omogeneità _____________________
=________________________________
228
Da questo punto di vista, cattolici e protestanti si mossero con intenti e modalità
sostanzialmente analoghe. La religione venne utilizzata come principale
strumento per imporre l’omogeneità culturale e interiorizzare l’obbligo
dell’obbedienza a tal punto che la manifestazione più evidente di questo
processo di disciplinamento può essere descritta come un processo di
“cristianizzazione delle campagne”.
Le popolazioni, in special modo quelle rurali, spesso associavano alle credenze
e ai rituali della Chiesa pratiche antichissime, di evidente origine pagana, che più
di mille anni di diffusione del cristianesimo nelle campagne non erano riusciti ad
estirpare. In Friuli, ad esempio, alla metà del XVI secolo le popolazioni rurali
credevano che ad alcune persone privilegiate (dette benandanti) fosse concesso di
recarsi periodicamente nel mondo dei morti, e che l'abbondanza dei raccolti
dipendesse dall'esito di grandi battaglie notturne, condotte dai benandanti stessi
contro gli spiriti dei defunti, considerati pericolosi ed aggressivi nei confronti dei
vivi. In quasi tutte le regioni d'Europa era diffusa la pratica di accendere grandi
fuochi nella notte fra il 23 e il 24 giugno: questo rito era celebrato in onore di San
Giovanni Battista, ma era anche opinione comune che a quei fuochi si
avvicinassero, per scaldarsi, le anime di tutti coloro che, essendo morti
prematuramente, vagavano senza pace. Per questo, poi, le ceneri di quei falò erano
conservate come amuleti capaci di proteggere dalle disgrazie e dagli incidenti.
Nel corso del Seicento, le autorità religiose si sforzarono di cancellare tutti questi
residui di paganesimo e queste pratiche superstiziose; le popolazioni rurali dell'Europa
occidentale, dunque, furono vittime di uno sforzo di acculturazione senza pre-
cedenti, intendendo per acculturazione l'imposizione violenta di una cultura
(cioè di un sistema di credenze, di valori morali e di comportamenti) da parte di
un élite a chi ne possedeva un'altra2.
Cosa non andava nella cultura popolare agli occhi dell’élite culturale che intendeva
modificare gli atteggiamenti del resto della popolazione?
L’azione di questa élite si concentrò particolarmente su due aspetti: la presenza di
tracce di credenze legate al paganesimo e l’eccessiva licenza dei comportamenti che
non si adeguavano agli insegnamenti della chiesa. Dal momento che feste popolari e
stregoneria, in maniera più evidente, manifestavano questi aspetti furono anche i
fenomeni che con più forza i riformatori cercarono di sradicare3.
La posizione della Chiesa fu assolutamente drastica solo nei confronti della
stregoneria, punta estrema della superstizione e della devianza, che
presupponeva il patto con il diavolo e la rinuncia a Dio in cambio del potere su
uomini e cose. Nei casi di pratiche che non comportavano l'appello alle forze
diaboliche, la Chiesa preferì seguire, invece, un atteggiamento più conciliante,
nel senso di una cristianizzazione di antichi culti, come abbiamo già osservato,
manifestandosi la repressione per lo più verso gli aspetti socializzanti.
Anche nei riguardi del carnevale, vera festa di liberazione degli istinti, assai
poco compatibile con l'etica cristiana, la Chiesa pre-tridentina, soprattutto nel
XV secolo, aveva assunto un atteggiamento abbastanza tollerante, limitandosi
a inserirlo nel proprio calendario liturgico e facendolo seguire dalla quaresima,
proprio per non entrare in conflitto con i fedeli. In epoca tardomedievale il carnevale
era stato una festa sia per i contadini sia per la gente di città e il suo simbolismo
essenziale era effettivamente «terreno», in quanto imperniato sul cibo e sulla
sessualità, ossia sulla fertilità. È importane sottolineare, inoltre, che il
carnevale non era solo una festa riservata alle classi popolari, ma anche alla
La _______________________________
delle ____________________________
i culti ____________________________
a - _______________________________
b - ______________________________
L’imposizione _____________________
di una nuova _______________________
REPRESSIONE E CRISTIANIZZAZIONE
I mali della cultura popolare:
1 -______________________________
2 - ______________________________
L’azione della Chiesa:
1 - ______________________________
nei confronti di:
a - ______________________________
b - ______________________________
2 - ______________________________
Esempi di ________________________
1- il _____________________________
La tolleranza del _________________
Il ____________________________ del
_________________________
2 La cultura è qui intesa come l’insieme di conoscenze, valori, comportamenti che identifica un gruppo sociale,
differenziandolo rispetto agli altri. Così, ad esempio, nella società odierna noi possiamo parlare di una cultura giovanile
intendendo l’insieme di quegli atteggiamenti che sono propri dei giovani in quanto contrapposti agli adulti. 3 È da notare che, come diremo in seguito, le forme di credenza nella stregoneria che vennero represse erano in realtà
una creazione di coloro intendevano reprimerla.
229
gente colta che vi partecipava attivamente, come ci ricordano le canzoni
carnascialesche di Lorenzo de' Medici e Niccolò Machiavelli.
Solo a partire dalla fine del XVI secolo e soprattutto durante quello successivo,
in tutta Europa le autorità laiche ed ecclesiastiche cominciarono a porre limiti
severi per la celebrazione del carnevale, tentando di soffocarne lo spirito
pagano e imponendo alla festa popolare un velo di austerità e autocontrollo che, col
tempo, diventò sempre più evidente. Vescovi esemplari, come Gian Matteo
Giberti a Verona e Carlo Borromeo a Milano o Giovenale Ancina a Saluzzo, si
dedicarono a purificare le credenze e le pratiche dei propri fedeli. Un esempio
può essere rappresentato dal Borromeo che, a Milano, si oppose, al pari di
Calvino a Ginevra, ai carnevali, alle danze e agli spettacoli, che furono
definiti dal prelato «la liturgia del diavolo».
Sarà una lotta dura, forse conclusa solo nel XIX secolo, che non ha soltanto
aspetti religiosi e morali, ma costituisce anche una profonda modificazione
psicologica e culturale. L'uomo del XVI secolo, non meno dell'uomo del Medioevo,
non aveva nessun dominio dei propri impulsi e stati emotivi: la paura diventava per
lui terrore e panico incontrollabile, la gioia esplosione fisica e sensuale, il dolore
un oceano incontenibile di disperazione urlata, l'odio una sconfinata brutalità. La
cultura quaresimale della Controriforma cominciò a imporre la moderazione alle
manifestazioni della vitalità.
La vita sessuale fu uno dei principali obiettivi di questa massiccia campagna re-
pressiva e la trasgressione sessuale diventò quasi il modello di tutte le altre forme
di trasgressione: per vie diverse, ma con identici risultati, sia il concilio di Trento
sia l'etica protestante affermarono che la sessualità era lecita soltanto dentro il
matrimonio e solo se subordinata al fine della procreazione. Il peccato della carne
divenne il peccato per eccellenza, facendo passare in second'ordine quelli derivanti
dall'orgoglio e dall'avidità, che la morale medievale aveva condannato in maniera
molto più severa che non la lussuria. Sulla sessualità calava una cortina di tristezza
e di repulsione. La comparsa di una nuova malattia, la sifilide, contribuì anch’essa a
togliere spontaneità all’effusione fisica e a circondare il piacere di sospetto,
apprensione e possibilità di castigo.
Uno dei risultati più importanti di questa operazione di repressione della cultura
popolare fu sicuramente la separazione di quest’ultima dalla cultura delle classi
colte. Tale separazione era sicuramente meno evidente prima del Cinquecento,
quando le classi colte erano culturalmente meno distanti dal resto della
popolazione, come abbiamo visto per il carnevale e come ci ricorda il classico
l’esempio del parroco di campagna che condivideva tutte le credenze dei suoi
parrocchiani (non per niente tra i provvedimenti del Concilio di Trento vi fu
l’istituzione dei seminari per l’istruzione del clero). Alla formazione di un ceto
dirigente culturalmente omogeneo e distante dalla cultura popolare contribuì
prepotentemente l’aumentata circolazione dei libri, favorita dalla diffusione della
stampa a caratteri mobili, e che a sua volta consentì una maggiore e più penetrante
circolazione delle idee volute dai centri di potere che attraverso la censura (vedi
l’Indice dei libri) ne potevano controllare la diffusione.
Un altro esempio di questo disciplinamento delle classi colte è sicuramente
costituito dall’istituzione dei collegi per gli studenti. Gli studenti universitari, che
avevano percorso disordinatamente le vie d'Europa spostandosi da un professore
a un altro e mantenendosi con l'accattonaggio, avevano ceduto il posto agli
studenti dei collegi - quelli gesuitici dell'Europa cattolica, quelli dei colleges inglesi
di Oxford e Cambridge - dove l'insegnamento era impartito a classi divise per età, e
dove i giovani dovevano conformarsi a regole valide per tutti.
La Chiesa per realizzare questo controllo si servì, oltre che dei tribunali
dell’Inquisizione, delle strutture diocesane e parrocchiali che rinnovate dal
concilio vennero a radicarsi sempre più strettamente nella società.
Strumento efficacissimo per imporre le direttive dall’alto furono le visite pastorali
La repressione della ________________
L’imposizione ____________________
________________________________
2 - ______________________________
Il modello imposto: ________________
_________________________________
La sessualità come _________________
I risultati della repressione:
1 - ______________________________
2 - ______________________________
ruolo dei:
a- _________________________
b- _________________________
GLI STRUMENTI DEL CONTROLLO
1 - ______________________________
230
dei vescovi; rese obbligatorie, come abbiamo già detto, dal concilio esse furono
utilizzate per attuare un controllo sulle forme di religiosità e di moralità delle
popolazioni e dello stesso clero. Tra il resto, le dettagliatissime relazioni, che
venivano compilate in occasione della loro effettuazione, sono un prezioso
documento che ci attestano gli sforzi compiuti dall’élite ecclesiastica in questa
direzione.
Se all’Inquisizione fu affidata soprattutto l’opera repressiva, cadendo sotto la sua
giurisdizione parecchi tipo di reato , non solo l’eresia e la stregoneria, ma anche
la bestemmia, la poligamia e molti altri, alle parrocchie spettò soprattutto il
versante positivo e pastorale del processo di disciplinamento. Esse erano il perno
organizzativo delle cerimonie religiose, ad esse era affidato il compito di
controllare che tutta la popolazione vi partecipasse, ad esse era affidato il compito
della predicazione e dell’insegnamento del catechismo che dovevano diffondere
le basi fondamentali del credo cattolico.
Le parrocchie oltre a questi compiti presero a svolgere anche altre funzioni
“civili” di inquadramento della popolazione. Ad esempio, fu resa obbligatoria la
compilazione dei “Registri del battesimo” che costituiscono la prima forma di
anagrafe moderna, la scuola di religione era poi spesso l’unica forma di istruzione
per le popolazioni, vi si apprendevano non solo i fondamenti del cristianesimo,
ma anche le regole di cortesia o come si diceva, della “civiltà cristiana”.
Insieme alla parrocchia provvedevano ad organizzare la vita religiosa anche le
Confraternite, già presenti nel Medioevo ma fortemente rilanciate dalla
Controriforma, le quali erano organizzazioni di laici con scopi devozionali,
organizzando il culto del santo a cui erano dedicate, e/o assistenziali, dedicandosi
all’assistenza o dei poveri, o degli inferni, o dei carcerati, ecc..., nonché al
soccorso reciproco tra confratelli.
Un momento tipico del processo di disciplinamento della società è sicuramente
costituito dalle cosiddette “missioni popolari”: condotte da predicatori che
percorrevano in lungo e in largo le regioni i cui venivano invitati o inviati,
toccavano tutte le parrocchie organizzando cerimonie religiose e predicazioni al
fine di insegnare la retta dottrina, imporre l’obbligo della partecipazione ai
sacramenti e i modelli comportamentali ritenuti corretti. Nell’organizzare le
missioni popolari si distinsero in particolare due dei nuovi ordini nati durante
questo periodo: i cappuccini e i gesuiti.
Il momento centrale delle missioni popolari era costituito dalla predicazione; per
designare il tratto fondamentale dell'azione di predicazione che investì, in modo
capillare, le campagne europee nel corso del Seicento, lo storico francese J.
Delumeau ha coniato l'espressione «pastorale della paura». Infatti, il tema
preferito dalla predicazione era la minaccia dell’inferno che veniva descritto in tutti
i dettagli possibili, in modo da provocare nel pubblico forti emozioni di repulsione, di
orrore e di spavento. In primo luogo, si metteva in rilievo che i tormenti ultraterreni
sarebbero stati eterni, cioè sarebbero durati per sempre; chiunque fosse finito
all'inferno, inoltre, non avrebbe mai più conosciuto un istante di pace e di piacere,
ma sperimentato solo dolore e sofferenza.
E poi importante osservare che l'inferno cattolico del Seicento differisce da quello
dantesco in alcuni elementi fondamentali. Infatti, mentre nell'oltretomba descritto da
Dante lo spazio concesso ai peccatori era, nell'insieme, abbastanza vasto, l'inferno
descritto dai predicatori delle missioni seicentesche era in genere presentato come
un'opprimente prigione, in cui i dannati venivano orrendamente compressi gli uni
sugli altri, come i cadaveri nei cimiteri in tempo di peste. Dante nel suo inferno-
città, ben ordinato e strutturato, vedeva i dannati torturati in mille modi diversi,
invece nell'inferno-prigione tipico del Seicento il fuoco assunse il ruolo di castigatore
unico. Si trattava di un fuoco micidiale, che avvolgeva completamente le proprie
vittime, ma anche sapiente e intelligente, perché capace di colpire la parte del corpo
del peccatore che maggiormente aveva peccato e di discernere quali dannati fare
soffrire di più. A più riprese, infine, i predicatori misero l'accento sul fatto che
2 - _____________________________
Le visite _________________________
3 - ______________________________
Le funzioni:
a - ___________________________
b - ___________________________
4 - _____________________________
I momenti del disciplinamento:
1 - _____________________________
2 - _____________________________
La pastorale della __________________:
la minaccia dell’___________________
Diversità inferno dantesco e del Seicento:
1 - ______________________________
2 - ______________________________
231
Dio, irritato e offeso dall'atteggiamento del peccatore, che aveva osato sfidare la Sua
santa Legge, non avrebbe avuto né pietà né misericordia per il dannato, ma anzi
l'avrebbe colpito con implacabile severità.
Così il gesuita Paolo Segneri (morto nel 1694), uno dei predicatori più noti,
descriveva l’atteggiamento di Dio verso i dannati: “E per quanto alzano gli occhi
per rivoltarsi (= rivolgersi ) a quel gran Dio che lo accese (= che accese il fuoco
dell'inferno), veggono ch'egli, ... lo dovrò dire? Veggono ch'egli, divenuto per essi
(secondo il loro sentimento) un Nerone, non per ingiustizia, ma per severità, non
solo non vuole, o consolarli, o soccorrerli, o compatirli, ma di più ancora applaude
battendo le mani e con un diletto incredibile se ne ride. Pensate dunque in quali
smanie debbono essi prorompere, e in quali furori! Noi bruciamo, e Dio ride?...”
Non sorprende apprendere dai resoconti dell'epoca che, al termine di una predica,
molti ascoltatori erano in preda al panico e all'angoscia; il missionario però, a quel
punto, offriva ai suoi spaventati fedeli il salutare rimedio della confessione: grazie ad
esso (e poi, in futuro, per mezzo della rigida osservanza dei comandamenti della
Chiesa) sarebbe stato possibile al credente evitare quell'orribile luogo di tortura che
il predicatore aveva fatto balenare davanti agli occhi del proprio uditorio.
3 - ______________________________
Predicazione e ____________________
La sede della missione cappuccina a Chianale – Valle Varaita
In Italia il movimento riformatore ebbe un carattere ristretto,
intellettualistico e non organizzato, coinvolgendo piccoli gruppi di
intellettuali che nel clima politico e religioso dominante in Italia non
avevano nessuna possibilità, non solo di espandersi, ma di
sopravvivere. Tra le poche eccezioni, dove troviamo invece una certa
diffusione di massa delle eresie, vi sono le valli valdesi, dove avevano
trovato rifugio fin dal Medioevo i seguaci di Pietro Valdo la cui
religiosità era molto vicina allo spirito luterano e la cui repressione
venne ripresa in grande stile, e quelle cuneesi (valli Varaita e Maira,
ma anche occasionalmente in località di pianura) dove, stante la
vicinanza e in determinati periodi il diretto controllo della Francia,
trovò una certa diffusione il calvinismo, anch’esso prontamente
represso. Lo stabilirsi di una missione, come quella cappuccina di
Chianale, rappresentava uno dei momenti della ripresa delle forze
cattoliche nelle zone controllate dai protestanti. A Savigliano, nel
convento di S. Domenico, vi era una delle sedi dell’Inquisizione.
La più vistosa manifestazione del clima di repressione che si accompagnò al
processo di disciplinamento della società è sicuramente rappresentata dalla caccia
alle streghe che conobbe il suo apogeo tra il 1580 e il 1650 (110.000 processi,
60.000 vittime).
La credenza nella stregoneria è legata alla strategia psicologica del capro espiatorio
che condiziona il comportamento di un individuo e della collettività in cui vive e
viene attivata da una comunità quando questa è colpita da una crisi che non è capace
di comprendere razionalmente nelle sue cause effettive, o che comunque non è in
grado di fronteggiare efficacemente. A quel punto il meccanismo procede con
l'individuazione di un colpevole: qualcuno su cui poter rovesciare la responsabilità
della crisi.
Il processo di colpevolizzazione, tuttavia, funziona solo se l'accusato è credibile,
cioè se già da tempo gode di una pessima fama ed è una sorta di emarginato all'interno
del gruppo: sotto questo profilo, gli ebrei, ad esempio, si prestavano perfettamente, dal
momento che costituivano l'unica minoranza religiosa significativa presente
nell'Europa cristiana ed erano stati accusati (fin dal tempo dei Padri della Chiesa) di
LA CACCIA ALLE STREGHE
232
essere gli strumenti di Satana, gli assassini di Cristo e, quindi, i nemici giurati di quanti
credevano il lui.
Certamente, la violenza perpetrata verso chi è stato accusato di aver
scatenato la crisi (violenza che può arrivare fino all'eliminazione fisica) non
risolve affatto la situazione problematica nella sua effettiva realtà: siamo di
fronte, dunque, ad un meccanismo di difesa illusorio, nel senso che non è capace di
aggredire la crisi nelle sue vere cause e di sconfiggerla. Eppure, la strategia del
capro espiatorio ottiene ugualmente, in chi l'attiva, un importantissimo risultato.
Infatti, nel momento in cui il responsabile viene individuato (e, conse-
guentemente, fatto oggetto di violenza) si genera una specie di catarsi collettiva,
di sfogo delle emozioni, di provvisorio allentamento della tensione accumulata
da un gruppo (o da un individuo) a seguito dell'esplosione di una situazione critica.
Se tale tensione venisse scatenata verso l'interno, la comunità investita dalla
crisi verrebbe distrutta: ecco perché si cerca in tutti i modi di proiettarla verso
l'esterno, trovando, appunto, un colpevole.
Nel corso del Quattrocento, la strategia del capro espiatorio si perfezionò
ulteriormente; nel XV secolo, infatti, giunse a pieno compimento il concetto di
strega, termine con cui si indicava una donna accusata di aver stipulato un patto col
diavolo, rinnegato la fede e avuto rapporti sessuali col demonio stesso; in
cambio - si diceva - Satana le concedeva la possibilità di operare il male in modo
misterioso e con strumenti soprannaturali. Secondo il domenicano J. Nider (che
scriveva fra il 1435 e il 1437, a Basilea) le streghe riuscivano a «sottrarre, a loro
piacimento, la terza parte del letame, del fieno, del frumento, o di qualunque altra
cosa, dal campo del vicino per appropriarsene senza che nessuno le vedesse; o erano in
grado di provocare grandinate molto vaste e venti dannosi con fulmini; o ancora,
sotto lo sguardo dei genitori, gettare nell'acqua i bambini che vi camminavano vicini,
senza che nessuno le scorgesse; o ancora procurare la sterilità negli uomini o nelle
bestie, danneggiare nelle cose o nei corpi i vicini, fare imbizzarrire i cavalli che
venivano bardati, mentre veniva porta la staffa al cavaliere».
S'intravede, dietro queste parole, tutto un mondo di piccoli e grandi drammi,
di tragedie familiari e di rancori fra vicini; la strega e lo stregone, nell'immaginario e
nella vita popolari, rivestirono il ruolo di capri espiatori .per tutti gli incidenti
inaspettati o per quelli che risultavano di impossibile soluzione. Si trattava di
situazioni di crisi, capaci di gettare a terra e distruggere una famiglia o una
collettività più vasta; accusare la strega non ridonava il raccolto perduto o il
figlio annegato, ma allentava la tensione emotiva che questi incidenti
avevano generato in chi li aveva subiti, o meglio serviva a proiettare fuori del
gruppo un'aggressività esasperata che, se riversata all'interno della comunità, ne
avrebbe provocato la distruzione.
Non si escludeva a priori la possibilità che esistessero stregoni maschi; era
opinione corrente, tuttavia, che la grande maggioranza dei malefici agenti di
Satana fossero donne. Questa convinzione corrisponde pienamente ai requisiti
che deve possedere un capro espiatorio per poter essere credibile; in una società in
cui il potere era interamente gestito dai maschi, infatti, la donna era una figura
Le credenze sulle streghe:
1 – il patto con _____________________
e i poteri __________________________
Le streghe e la strategia _____________
_________________________________
- ______________________________ e
_______________________________
- perché _________________________
IL PROCESSO PSICOLOGICO DEL _____________________________________
1 - ____________________________________________________________
2 - ____________________________________________________________
3- _____________________________________________________________
4 - _____________________________________________________________
Vedi anche pag. 235
233
marginale, perfettamente adatta - come gli ebrei - a rivestire il ruolo di capro
espiatorio. Inoltre, da secoli, le donne erano oggetto di una violenta propaganda
ostile, che le dipingeva come schiave della lussuria, incapaci di dominare le
proprie passioni e comunque pericolose per il maschio: la figura di Eva, che
induce Adamo al peccato e ne provoca la rovina, era regolarmente additata come
esempio della pericolosità della donna.
La rinnovata violenza della caccia alle streghe si comprende non appena teniamo conto
del fatto che, all'inizio del Cinquecento, le credenze relative alla stregoneria si erano
arricchite del concetto di sabba. Con tale termine si indicava un raduno notturno di
streghe e stregoni. Al luogo prescelto per la riunione ogni seguace di Satana arrivava
in volo, dopo essersi unto il corpo con un unguento speciale, donatogli dal
diavolo stesso e fabbricato con ingredienti di vario tipo; nei Paesi Baschi, ad
esempio, le streghe arrestate dichiaravano di usare, soprattutto, escrementi di
rospo, mentre in vari altri luoghi esse confessarono che il magico unguento era a base
di grasso e carni di cristiani uccisi. Al sabba, secondo l'opinione corrente, le streghe e
gli stregoni rinnovavano la loro abiura della fede cristiana e del battesimo
compiendo atti blasfemi di vario genere; fra questi, il gesto di calpestare la croce era
uno dei più frequenti e diffusi. Poiché il diavolo stesso (visibile in forma umana o
animalesca, a seconda dei casi) partecipava al sabba, i suoi seguaci gli rendevano
omaggio e lo adoravano; a questi riti, facevano seguito un banchetto (a base di carne
umana), una danza ed un'orgia, nel corso della quale le streghe e gli stregoni si
accoppiavano sia con i demoni sia tra loro.
La credenza nella stregoneria era comunemente accettata anche dall’élite culturale in
quanto, come scrive lo storico francese L. Febvre, “gli uomini del XVI secolo non
possedevano la nostra nozione di naturale opposto al soprannaturale. 0
piuttosto, per loro, tra il naturale e il soprannaturale la comunicazione
rimane normale e incessante. Essi conservano dell'universo una visione
mistica, una visione da primitivi che non vanno, come noi, a cercare le cause
nei dati dell'esperienza vissuta, con l'intenzione di inquadrare ogni avvenimento nel
reticolo dei fenomeni, di spiegarlo con ciò che lo ha preceduto, di farne la
conseguenza necessaria di condizioni date e la causa, non meno necessaria, di
conseguenze facili da prevedere: essi pretendono di trovarle, queste cause
semplici e possenti, in un mondo che per definizione sfugge all'esperienza,
in un mondo popolato di potenze invisibili, di forze, di spiriti, d'influssi che
ci circondano da ogni parte, ci assediano e regolano la nostra sorte. Cade un fulmine: non è
un «fenomeno naturale», ma l'atto volontario e cosciente della Divinità che
interviene bruscamente negli affari umani.”
I giudici incaricati di reprimere la stregoneria erano colpiti, soprattutto, dal fatto
che, quando descrivevano il sabba, le confessioni degli imputati coincidevano fra
loro fin nei minimi dettagli. Da ciò, i giudici e gli intellettuali del Cinquecento e del
Seicento avevano dedotto che il sabba e tutti i crimini delle streghe erano eventi
reali. Agli occhi dello storico, viceversa, quelle somiglianze trovano facile
spiegazione tenendo conto del largo uso della tortura che venne fatto dai tribunali
incaricati di punire le streghe. «La tortura - scriveva già nel 1631 il gesuita F. Spee,
uno dei pochi intellettuali che assunse una posizione critica su questo argomento -
riempie la nostra Germania di streghe e di malvagità inaudite, e non solo la Germania,
ma ogni nazione che vi ricorra. Se non abbiamo ancora confessato tutti di praticare
la stregoneria è soltanto perché non siamo stati torturati tutti».
Inoltre l'imputata (di solito, una povera contadina semi-analfabeta) quando non
veniva torturata, era spesso sottoposta al cosiddetto interrogatorio suggestivo, un
particolare modo di porre le domande (che, in questo caso, vertevano sul sabba,
sull'aspetto del diavolo, sui crimini compiuti ecc.) per cui l'accusata intuiva la
risposta che l'autorità desiderava venisse fornita. Il risultato era che l'imputata non
diceva la verità, ma solo quanto le era suggerito in anticipo dal giudice,
assolutamente convinto della reale esistenza delle streghe.
Le Province Unite smisero di uccidere streghe con almeno un secolo d'anticipo
2 - il ____________________________
La mentalità: _____________________
________________________________
La coincidenza delle _______________
ruolo di:
1 _______________________________
2 _______________________________
234
rispetto ad ogni altro paese europeo; l'ultima esecuzione sicura di una strega nei Paesi
Bassi, infatti, ebbe luogo nel 1591, mentre l'ultimo processo documentato nella
Provincia d'Olanda risale al 1610 e si concluse con l'assoluzione dell'imputato. Nel
resto d'Europa, il reato di stregoneria cessò di essere perseguito dai giudici verso la fine del
Seicento.
In Francia, un editto del 1682 stabilì che i presunti maghi potessero essere puniti
per impostura, per sacrilegio (nel caso di utilizzo di ostie, calici o parole della Scrittura)
o per avvelenamento; il sabba e lo stesso concetto di maleficio diabolico, invece,
non venivano più menzionati, con un silenzio totale che, in pratica, equivaleva ad
una completa negazione della loro realtà. In precedenza, tutti i tentativi di rifiutare
l'esistenza del sabba e dei crimini stregoneschi erano stati accolti, dai giudici che
dovevano gestire i processi, con scetticismo e preoccupazione. Addirittura, nel
1670, i magistrati di Rouen, in Normandia inviarono al re un ampio documento nel
quale sostenevano che mettere in questione la realtà dei malefici frutto di stregoneria
significava minare alla base la religione stessa: «Si tratta, Sire, - scrissero i giudici
normanni - di verità unite così intimamente ai principi della religione che,
nonostante il carattere straordinario dei fenomeni in questione, nessuno ha osato
finora porle in dubbio».
Queste parole ci portano direttamente al cuore della questione relativa alle cause
della fine dei processi per stregoneria e al suo importantissimo significato storico.
Fondamentale, senza dubbio, risultò il controllo dell'operato dei magistrati periferici
da parte delle autorità centrali, che alla fine del Seicento erano molto più vigili di
quanto non lo fossero nei primi decenni del secolo. Ancor più rilevante, però, fu
la progressiva diffusione di una vera e propria rivoluzione mentale per certi aspetti
analoga a quella operata in astronomia e in fisica da Galileo. In effetti, il giudice
che si rifiutava di processare o condannare una strega, o che addirittura negava
l'esistenza stessa delle streghe e dei loro malefici, doveva innanzitutto trovare il
coraggio di mettere in dubbio l'opinione della tradizione. Dal momento che tutti i più
brillanti e prestigiosi intellettuali dei secoli passati, nessuno escluso, avevano creduto
al diavolo e alle streghe chiunque negasse il loro potere malefico compiva un passo
che, nel Seicento, era ancora empio, folle e temerario, proprio come quello compiuto
da chi sfidava tutte le autorità tradizionali affermando che la Terra girava intorno al
Sole.
La rivoluzione mentale dei magistrati che posero fine ai processi per
stregoneria, inoltre, assomiglia notevolmente a quella che, negli stessi decenni,
incominciava a caratterizzare il comportamento degli ufficiali di sanità toscani in
tempo di peste; come questi ultimi anche i giudici - prima di ricorrere a
spiegazioni o rimedi di tipo soprannaturale - scelsero di esaurire tutta la gamma
delle ipotesi e delle spiegazioni possibili. In pratica, ciò significò rinunciare alla
millenaria concezione secondo la quale l'umanità era costantemente esposta agli
attacchi del demonio e comunque a stretto contatto con le potenze soprannaturali, celesti
o infere che fossero.
In entrambi i casi, alle credenze tradizionali si sostituiva il ricorso alla
“sensata esperienza”, cioè all'osservazione concreta della realtà; e nel caso dei processi
per stregoneria, essa spingeva alla constatazione che - per tutti gli episodi di sospetto
maleficio - era possibile trovare altre cause, di tipo naturale, capaci di spiegare la
sventura in questione. Fino alla fine del XVI secolo, aveva dominato incontrastata una
concezione del mondo che non conosceva il «senso dell'impossibile» (L. Febvre),
perché riteneva che Dio o il demonio potessero, in ogni momento, violare le normali
regole di funzionamento della natura e comunque intervenire nelle vicende degli
uomini. Nel corso del Seicento, a tale visione dell'universo si sostituì
gradualmente l'idea di un cosmo retto da leggi costanti e immutabili, rigide, non
soggette a interferenze e interventi esterni, da parte di forze superiori, estranee
rispetto alla Natura.
La fine dei processi di streghe
Olanda: _______________________
Europa: _________________________
Le cause della fine dei processi alle streghe
235
LE CAUSE DELLA FINE DEI PROCESSI ALLE STREGHE
1 - ___________________________________________________________________________________________________________
2 ____________________________________________________________________________________________________________:
a - ____________________________________________________________________________________________________
b - ____________________________________________________________________________________________________
c - ____________________________________________________________________________________________________
Il meccanismo del capro espiatorio
non comprensibile
Crisi individuazione di ____________
Caratterizzato da ________________________ non _________________
violenza perpetrata nei confronti di ______________
catarsi collettiva ovvero ______________________________________
_____________________________________
Si evita che ____________________________________________________