D B IL SERVO SOFFERENTE IS NELLE OPERE DI SAN BERNARDO · 2012. 1. 14. · H.M. ROCHAIS (e per i...

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«Riv. Cist.», 28 (2011), pp. ......-..... DONATO BONO IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 1 PoichØ tutta lopera di san Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), «lultimo dei Padri» 2 , L permeata di Sacra Scrittura ed anzi la Bibbia «L inseparabile dallesperienza che egli fa di se stesso e di Dio» 3 , in questo articolo mi propongo di analizzare le citazioni scritturistiche del poema del Servo sofferente (Is 52,13-53,12) negli scritti bernardiani 4 . ¨ noto come questo testo dellAntico Testamento abbia assunto un ruolo parti- 1 Sulla figura di Bernardo di Chiaravalle, la sua opera e la sua importanza nella storia della Chiesa e dellOrdine benedettino cfr. A. LE BAIL, Bernard (saint), abbØ de Clairvaux, docteur de lglise, in Dictionnaire de spiritualitØ, I, Paris 1937, coll. 1454-1499; J. LECLERCQ, tudes sur saint Bernard et le texte de ses Øscrits, in «Ana- lecta Sacri Ordinis Cisterciensis», 9 (1953); IDEM, Bernardo di Chiaravalle, Milano 1992. Per lopera bernardiana ci siamo serviti della recensione critica di J. LECLERCQ - H.M. ROCHAIS (e per i primi due volumi anche C.H. TALBOD), Sancti Bernardi Opera, I-VIII, Romae 1957-1977 (= SBO), e di BERNARDO DI CHIARAVALLE, Opere di san Ber- nardo, 1-2.4-6, a cura di F. Gastaldelli, Milano 1984-1987 (= Opere). 2 Su questo particolare titolo, attribuito a san Bernardo, perchØ nel XII secolo rinnov e rese presente la grande teologia dei Padri, cfr. O. ROUSSEAU, S. Bernard «le dernier des PLres», in «Analecta Sacri Ordinis Cisterciensis», 9 (1953), pp. 300-308; J. MABILLON, Praefatio generalis, in Patrologia Latina, 182, coll. 26; PIO XII, Lettera enciclica Doctor mellifluus octavo exeunte saeculo a piissimo s. Bernardi obitu, in «Acta Apostolicae Sedis», 45 (1953), p. 369. 3 Cfr. J. LECLERCQ, Introduzione generale, in Opere, I, pp. XXXIX-XLIV. 4 Lesegesi bernardiana L tipicamente spirituale ed allegorica con un procedimen- to di combinazione e collegamento con altri brani scritturistici, in modo che essi si intersechino, sovrapponendosi o richiamandosi ad invicem. Sul rapporto, in generale, di san Bernardo con la Bibbia, il suo utlizzo e la sua importanza cfr. P.C. BODARD, La Bible, expression dune experience religieuse chez s. Bernard, in «Analecta Sacri Ordinis Cisterciensis», 9 (1953), pp. 24-45; D. FARKASFALVY, Linspiration de lcri- ture sainte dans la thØologie de s. Bernard, Rome 1964 (Studia Anselmiana, 53); IDEM, The role of the Bible in st. Bernards spirituality, in «Analecta Cisterciensia», 25

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  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 5«Riv. Cist.», 28 (2011), pp. ......-.....

    DONATO BONO

    IL SERVO SOFFERENTE (IS 53)NELLE OPERE DI SAN BERNARDO1

    Poiché tutta lopera di san Bernardo di Chiaravalle (1090-1153),«lultimo dei Padri»2, è permeata di Sacra Scrittura ed anzi la Bibbia «èinseparabile dallesperienza che egli fa di se stesso e di Dio»3, in questoarticolo mi propongo di analizzare le citazioni scritturistiche del poemadel Servo sofferente (Is 52,13-53,12) negli scritti bernardiani4. È notocome questo testo dellAntico Testamento abbia assunto un ruolo parti-

    1 Sulla figura di Bernardo di Chiaravalle, la sua opera e la sua importanza nellastoria della Chiesa e dellOrdine benedettino cfr. A. LE BAIL, Bernard (saint), abbé deClairvaux, docteur de lÉglise, in Dictionnaire de spiritualité, I, Paris 1937, coll.1454-1499; J. LECLERCQ, Études sur saint Bernard et le texte de ses éscrits, in «Ana-lecta Sacri Ordinis Cisterciensis», 9 (1953); IDEM, Bernardo di Chiaravalle, Milano1992. Per lopera bernardiana ci siamo serviti della recensione critica di J. LECLERCQ -H.M. ROCHAIS (e per i primi due volumi anche C.H. TALBOD), Sancti Bernardi Opera,I-VIII, Romae 1957-1977 (= SBO), e di BERNARDO DI CHIARAVALLE, Opere di san Ber-nardo, 1-2.4-6, a cura di F. Gastaldelli, Milano 1984-1987 (= Opere).

    2 Su questo particolare titolo, attribuito a san Bernardo, perché nel XII secolorinnovò e rese presente la grande teologia dei Padri, cfr. O. ROUSSEAU, S. Bernard «ledernier des Pères», in «Analecta Sacri Ordinis Cisterciensis», 9 (1953), pp. 300-308;J. MABILLON, Praefatio generalis, in Patrologia Latina, 182, coll. 26; PIO XII, Letteraenciclica Doctor mellifluus octavo exeunte saeculo a piissimo s. Bernardi obitu, in«Acta Apostolicae Sedis», 45 (1953), p. 369.

    3 Cfr. J. LECLERCQ, Introduzione generale, in Opere, I, pp. XXXIX-XLIV.4 Lesegesi bernardiana è tipicamente spirituale ed allegorica con un procedimen-

    to di combinazione e collegamento con altri brani scritturistici, in modo che essi siintersechino, sovrapponendosi o richiamandosi ad invicem. Sul rapporto, in generale,di san Bernardo con la Bibbia, il suo utlizzo e la sua importanza cfr. P.C. BODARD, LaBible, expression dune experience religieuse chez s. Bernard, in «Analecta SacriOrdinis Cisterciensis», 9 (1953), pp. 24-45; D. FARKASFALVY, Linspiration de lÉcri-ture sainte dans la théologie de s. Bernard, Rome 1964 (Studia Anselmiana, 53);IDEM, The role of the Bible in st. Bernards spirituality, in «Analecta Cisterciensia», 25

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    colare nellinterpretazione cristologica, operata dai primi cristiani in re-lazione allevento riguardante Gesù di Nazareth, e soprattutto in riferi-mento alla sua passione e morte, e linterpretazione patristica, da Cle-mente Romano (I secolo), Cipriano ( 258) e Giustino (II secolo) in poi,lo conferma5.

    Anche Bernardo, la cui affinità e indole patristica sono ormai fuor didubbio6, nei suoi scritti ricorre spesso al poema deutero-isaiano, inter-pretato senza alcuna ombra di dubbio in chiave cristologica, soprattuttoin quei tratti chiaramente individuali, che delineano la sofferenza atrocesubita dal Servo di Is 53. Lo scopo di questa nostra analisi, più che deter-minare il testo biblico utilizzato da Bernardo, è piuttosto quello di defi-nire la valenza e la portata del poema di Is 52,13-53,12 nella cristologiae nella soteriologia bernardiane7.

    1. I SERMONES SUPER CANTICA CANTICORUM8

    La serie dei Sermones super Cantica Canticorum, originariamentepredicati ai monaci in lingua romanza e in seguito tradotti in latino, co-

    (1969), pp. 3-13; J. LECLERCQ, Études sur Saint Bernard, cit., pp. 194-197; IDEM, Re-cueil détudes sur saint Bernard et ses écrits, Roma 1969, pp. 213-266; D. HELLER, DieBibel als Grundlage der Anthropologie Bernards von Clairvaux, in «Analecta Cister-ciensia», 46 (1990), pp. 123-140 (cfr. anche la Replica di H. BREM, Die biblischen The-men der Anthropologie Bernards, ibidem, pp. 141-150). Più in generale cfr. P. RICHÉ - J.CHÂTILLON - J. VERGER, Lo studio della Bibbia nel Medioevo latino, Brescia 1989.

    5 Cfr. D. BONO, La citazione di Is 53 nella Prima Clementis, in «Orientalia Christia-na Periodica», 76 (2010), pp. 103-120, soprattutto 106-107 nota 12. Su quanto Is 53abbia permeato la cristologia dei Padri cfr., ad esempio, il De incarnatione Domini 25-26 (Patrologia Graeca 75, coll. 1466-1467) di Teodoreto di Ciro, morto verso il 466.

    6 Cfr. J. LECLERCQ, Une doctrine spirituelle pour notre temps?, in «Analecta Ci-sterciensia», 46 (1990), pp. 397-410.

    7 Anche se ormai è la Vulgata il testo ufficiale in Occidente, tuttavia puntualizze-remo di volta in volta eventuali varianti o differenze tra la Versione Latina di Girola-mo e la citazione bernardiana, confrontandole qualora ce ne sarà bisogno con laSettanta (LXX) e il Testo Masoretico (TM) o Testo ebraico.

    8 Cfr. BERNARDO DI CHIARAVALLE, Sermoni sul Cantico dei Cantici, a cura di D.Turco, 1-2, Trani 1986.

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    stituisce decisamente lopera più imponente di san Bernardo di Chiara-valle. Non si tratta di una catechesi sistematica sul libro del Cantico deiCantici, ma di vere e proprie omelie improntate su passi e versetti delsuddetto libro biblico, e precisamente fino al v. 1 del capitolo terzo, ecompletate successivamente dai suoi discepoli.

    Degli 86 Sermones, un primo gruppo consistente fu probabilmentecomposto tra il 1135 e il 1138; il resto venne ripreso e continuato a par-tire dal 1148, negli intervalli di permanenza a Chiaravalle, fino alla mor-te. Si tratta di unopera di immenso valore spirituale, dal momento chelautore vi esprime profondamente la propria esperienza umana, misticae ascetica9.

    In Sermo XXII,III,7 lespressione Tradidit in mortem animam suam(Is 53,12cVulgata), applicata direttamente al Cristo, rileva nel discorsodi Bernardo lultimo gesto di una totale donazione (ad cumulum postre-mo pietatis), che il Signore Gesù ha voluto realizzare nei confronti del-lumanità: discese verso te nel carcerescacciò lombra della tua igno-ranza sciolse le funi dei peccati; volle poivivere santamente in mez-zo ai peccatori. Da ultimo, al culmine della sua pietà, consegnò se stes-so alla morte, e dal proprio fianco versò il prezzo della soddisfazione(Descendit ad te in carceremdepulit umbram ignorantiae tuaesolvitfunes peccatorumAddidit quoque sancte inter peccatores vivereAdcumulum postremo pietatis tradidit in mortem animam suam, et de pro-prio latere protulit pretium satisfactionis).

    Il gesto di consegnare se stesso alla morte e di versare dal propriocostato e dalle cinque piaghe del proprio corpo non una goccia, ma unfiume di sangue, è presentato da Bernardo come il gesto estremo dellapietà misericordiosa del Signore. Per questo egli utilizza il testo di Is53,12c, in cui il Servo, che si consegna alla morte, è il Signore Gesù, cheha compiuto a favore delluomo il gesto fecondo e amoroso del donodella propria vita.

    In Sermo XXV,IV,8, commentando le parole della sposa in Ct 1,4(Sono bruna, ma bella, figlie di Gerusalemme), Bernardo afferma che

    9 Cfr. J. LECLERCQ, Recherches sur les Sermons sur les Cantiques de s. Bernard,in «Revue Bénédictine», 64 (1954), pp. 208-223; 65 (1955), pp. 71-89, 228-258; 66(1956), pp. 63-91; 69 (1959), pp. 237-257; 70 (1960), pp. 562-590.

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    lessere nello stesso tempo «bella» e «oscura» permette alla sposa disentirsi in perfetta sintonia con il suo sposo, anchegli di «colore oscu-ro», ma con «forma e immagine del Signore». È, infatti, «apparso contale deformità», per cui conclude san Bernardo «è cosa sommamentegloriosa essere simile a lui». Lobbrobrio del Cristo sposo è giustificatoscritturisticamente dal testo di Is 53,2-5: Bernardo invita il lettore a ri-volgersi proprio al santo Isaia, per vedere come egli «ha visto il Signorein spirito: uomo del dolore che ben conosce il patireche non avevaapparenza né bellezzaNoi labbiamo stimato come un lebbroso, per-cosso da Dio e umiliato. Eppure egli è stato percosso per le nostre ini-quità, schiacciato per i nostri delitti; per le sue piaghe noi siamo statiguariti». «Ecco conclude Bernardo il colore oscuro».

    Il testo scritturistico è introdotto dallinvito allimperativo Vade adsanctum Isaiam, et describet tibi qualem in spiritu illum viderit. Seguela citazione biblica, espressamente riferita al Cristo, come confermalespressione Quemnam alium dicit, con a seguire le formule introdutti-ve Et quia e Et addidit, per poi concludere con la rilevanza della dimo-strazione e della prova fornita al lettore: Ecce unde niger («Ecco il colo-re oscuro»).

    Il testo utilizzato da Bernardo è sostanzialmente secondo la Vulga-ta, dissociandosi solo in alcuni punti, ma senza alcuna rilevanza:

    Is 53,3b: Vulgata: Virum dolorum et scientem infirmitatemBernardo: Virum doloris, et scientem infirmitatem

    Is 53,2b: Vulgata: Non est species ei neque decorBernardo: Non erat ei species neque decor

    Is 53,4c: Vulgata: Nos putavimus eum quasi leprosumet percussum a Deo et humiliatum

    Bernardo: Nos putavimus eum tamquam leprosum,et percussum a Deo, et humiliatum.

    Is 53,5a-b.d: Vulgata: Ipse autem vulneratus est propteriniquitates nostras,attritus est propter scelera nostra.et livore eius sanati sumus.

    Bernardo: Ipse autem vulneratus est propteriniquitates nostras,

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    et attritus propter scelera nostra,et livore eius sanati sumus

    Le differenze, alquanto irrilevanti ai fini del significato, sono: il sin-golare doloris al posto del plurale dolorum (Vulgata); limperfetto eratal posto del presente est (Vulgata); la congiunzione tamquam al posto diquasi (Vulgata); laggiunta della congiunzione et prima di attritus. Diesse, forse, la variante più significativa è la scelta del singolare dolorisal posto del plurale dolorum della Vulgata, ad indicare probabilmenteche il Cristo-Servo è da definirsi luomo del dolore, di ogni dolore, dive-nuto come tale lemblema della sofferenza umana10. È, nella sostanza, iltesto della Vulgata la Bibbia di Bernardo, il quale utilizza qui parti delpoema deutero-isaiano, per presentare la deformità del Cristo, a cui lasposa volentieri egli dice desidera conformarsi.

    In Sermo XXVIII,I,1-4 Bernardo continua la sua riflessione sulloscu-rità della sposa, immergendosi in unesegesi allegorica della Scrittura.La sposa è resa così del tutto simile allo sposo, nel quale non vi è «nébellezza né splendore» (ex toto non sit ei species neque decor; cfr. Is53,2c) e il cui «volto è disprezzato» (despectus; cfr. Is 53,3a). Egli continua Bernardo «oscurò se stesso» (semetipsum denigravit), pren-dendo la forma di schiavo, e nonostante tale apparenza è possibile vede-re «la mano che non fece peccato» (manum quae peccatum non fecit;cfr. 1Pt 2,22a; Is 53,9c) e colui nel quale «non fu trovato inganno sullasua bocca» (ideoque non inventus est dolus in ore eius; cfr. Is 53,9d; 1Pt2,22b). Bernardo utilizza immagini del poema del Servo, per motivarescritturisticamente la scelta del Signore di apparire scuro, debole e fra-gile, mentre egli in realtà era «lo splendore e limmagine della sostanzadi Dio» (splendor et figura substantiae Dei), nonché «piacevole allaspet-to e soave di spirito» (beatus repositus erat ornatus, suavis spiritu). Ma,tuttavia continua il santo abate di Clairvaux egli ha preso questa«rugosa e tetra immagine» del peccatore e «ha rivestito la mia forma,

    10 Da notare che la LXX ha qui a[[nqrwpoç ejn plhgh=/ (uomo nella piaga), mentreil TM, cui è fedele la Vulgata, ha y makeobôt (uomo dei dolori). Il vir doloris diBernardo, pur avvicinandosi di più alla LXX per la presenza del singolare, è tuttaviauna lezione maggiormente creativa.

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    per ricevere quanto mi spetta». La giustificazione scritturistica per que-sta asserzione è trovata da Bernardo nella citazione di Is 53,5c.6c, intro-dotta dalla preposizione causale quippe (perché), rafforzata dallespres-sione dicente propheta, e confermata dalla successiva citazione di Ebr2,17:

    Is 53,5c: Vulgata: Disciplina pacis nostrae super eum;Bernardo: Disciplina pacis nostrae super eum.

    Is 53,6c: Vulgata: Et posuit Dominusin eo iniquitatem omnium nostrum;

    Bernardo: Et Dominus in eo posuit iniquitatemomnium nostrum.

    Il testo è citato secondo la Vulgata: la trasposizione dei termini (Do-minus in eo prima di posuit) è dovuta forse a rimembranze di tipo mne-monico. Il ragionamento di Bernardo è il seguente: Cristo ha rivestito laforma della debolezza, perché io riceva quanto mi spetta, come affermaIsaia: Disciplina pacis nostrae super eum; et Dominus in eo posuit ini-quitatem omnium nostrum. In altri termini sembra dire Bernardo Luiha preso su di sé la disciplina della nostra pace e liniquità di noi tutti.Mentre la seconda asserzione è di facile comprensione, non così la pri-ma (Disciplina pacis nostrae super eum). La traduzione della Vulgata,da cui pari passo attinge Bernardo, è più secondo la LXX che il TM11.

    11 Ecco le differenze testuali:Vulgata-Bernardo: Disciplina pacis nostrae super eum;LXX: paideiva eijjrhvnhç hJmw=n ejjp jaujtovn;TM: mûsar elômenû aly (Il castigo della nostra pace è su di lui). Nel suo

    Commento a Isaia (cfr. R. GRYSON - C. GABRIEL, Commentaires de Jérôme sur leprophète Isaïe, Freiburg 1998, pp. 1511-1512; anche Corpus Christianorum Latino-rum 73, pp. 586-598), Girolamo riporta allinizio di ogni commento, tradotto in lati-no, sia il testo ebraico e sia quello della LXX, che è la Vetus latina. Qui la traduzionelatina dallebraico è identica, nonostante che il TM metta in risalto laspetto del casti-go ingiusto (mûsar), abbattutosi sul Servo, procurando pace/salvezza al noi corale, eche al contrario la LXX, con lutilizzo del termine paideiva, evidenzi la dimensioneeducativa della sofferenza. Con luso del termine Disciplina la Vulgata sembra inten-dere il versetto nella prospettiva giuridica. Su ben altri orizzonti ermeneutici la Tra-duction Oecuménique de la Bible (TOB), che traduce: Pegno di pace per noi.

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    Probabilmente Bernardo non si sofferma su queste peculiarità testuali,ma ciò che gli interessa è più semplicemente di poter concludere che ilCristo «è scuro agli occhi degli insipienti», ma «per le menti dei fedeli èmolto bello», anche se sulla croce appariva «deforme e scuro» (deformeet nigrum), secondo la lettura che ne dà il profeta Isaia, il quale affermache sul Cristo si è abbattuta ogni sciagura, affinché noi avessimo la sal-vezza.

    Poco più avanti (Sermo XXVIII,V,12), Bernardo chiarisce che «cèunoscurità che proviene dal lamento della penitenza e loscurità del-la confessione», quando si condivide il dolore e la pena dei fratelli, comeha fatto Cristo, «il nostro Pacifico», «avendo preso i nostri peccati nelsuo corpo sulla croce» (qui peccata nostra tulit in corpore suo superlignum; 1Pt 2,24; cfr. Is 53,4a).

    In Sermo XLV,IV Bernardo, commentando lespressione sulle lab-bra della sposa di Ct 2,15 (Ecco tu sei bello, diletto mio, tu sei bello),nota che lo sposo non così fu visto dal profeta, ma infermo e sofferente,quando questi afferma che in lui non vi era né bellezza né splendore(in his namque iuxta Prophetam, non erat ei species neque decor; Is53,2cVulgata).

    In Sermo LVI,I,1, commentando allegoricamente Ct 2,10 (Eccolo,egli sta dietro il muro, guarda dalle finestre, spia attraverso i cancelli) eintendendo lavvicinarsi dello Sposo verso la sua sposa nel senso del-lincarnazione del Verbo, Bernardo non ha difficoltà a inserire la profe-zia, introdotta dalla congiunzione di conferma Denique, di Is 53,4abVul-gata: Languores nostros ipse tulit et dolores nostros ipse portavit12.

    In Sermo LXI,I,2-3, commentando Ct 2,14 (Mia colomba, nelle fes-sure della roccia, nelle aperture della maceria, mostrami il tuo volto,fammi sentire la tua voce) Bernardo si sofferma sullimmagine dellaroccia, sulla quale lanima trova rifugio e consistenza. Spaziando e sal-tellando nei testi biblici, da Mt 7,24-27 al Sal 107,18, con una catechesilibera e allegorica, egli afferma che tale roccia sono le piaghe di Cristo

    12 Il testo della Vulgata è leggermente differente dalla LXX (ou|toç taVç aJmartivaçhJmw=n fevrei kaiV periV hJmw=n ojduna=tai), ed è più vicino al TM: aken halayenû hûnasa wemakobeynû sebalam (Certo, le sofferenze di noi lui sollevò, e i dolori di noicaricò).

    .

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    («Dove vi può essere sicuro e stabile riposo per gli infermi se non nellepiaghe del Salvatore?»). Il peccatore ritroverà pace, se si ricorderà dellepiaghe del Signore, dal momento che Egli è stato trafitto per i nostridelitti. La citazione di Is 53,5a (Vulneratus est propter iniquitates no-stras) è introdotta dalla congiunzione di conferma nempe, che sostitui-sce forse lIpse autem del testo biblico.

    Poco più avanti (Sermo LXI,III,7), la riflessione di Bernardo si esten-de dalloscurità del Cristo alloscurità della Chiesa, che «non si vergo-gnò delloscurità della croce, non ebbe orrore dellustione della passio-ne, non rifuggì dal livore delle piaghe» (livorem vulnerum non refu-git). La Chiesa continua Bernardo è la colomba «nella fessura dellaroccia, perché medita con tutta devozione le piaghe di Cristo, e concostante contemplazione abita in esse». Da qui egli conclude trovaspiegazione «la pazienza del martire», il quale «leva il suo volto esan-gue e livido verso di lui, dalle cui lividure è stato sanato» «Il ducebenigno vuole che il volto e gli occhi del devoto soldato si levino allesue piaghe», perché guardando le piaghe di Lui non sentirà le sue.

    In Sermo LXVII,III,5, commentando Ct 2,16 (Il mio diletto è a me eio a lui), Bernardo afferma che queste parole della sposa per il suo Spo-so sono una frase sintetica e quasi mancante, simili a una sorta di rutto,attraverso cui la sposa comunica il «profumo della sua interiorità». Equi Bernardo si sofferma ad elencare altri esempi di rutto, ossia di frasibibliche, dal cui interno è emanato un tenue odore e un buon profumo(Gn 1,1: Bene mihi eructavit Moyses; Sal 44,2: Bonus ex David qui ait),e tra questi Is 53,12, introdotto dallespressione: Bene Isaiasitaeructans, e chiuso dallespressione ut non perirent, avente per sogget-to sottinteso transgressores. Il testo biblico è il seguente:

    Bernardo: Tradidit in mortem animam suam, et cum sceleratis reputatusest, et ipse peccata multorum tulit, et pro transgressoribus rogavit;

    Vulgata: Tradidit in mortem animam suam, et cum sceleratis reputatusest, et ipse peccata multorum tulit, et pro transgressoribus rogavit;

    LXX: paredovqh eijç qavnaton hJ yuchV aujtou= kaiV ejn toi=ç ajnovmoiç ejlogi-vsqh, kaiV aujtoVç aJmartivaç pollw=n ajnhvnegken kaiV diaV taVç ajnomivaç aujtw=nparedovqh;

    TM: heerah nammawet napô weet-peym nimenah we hû hete-rab-bym nasa welapeym yapegya (versò per la morte la vita di lui, e con i

    . . .

    DA FARE CORREZIONEMANUALE.

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    trasgredienti fu contato e lui il peccato di molti sollevò e per i trasgredientiintercedette).

    La versione di Bernardo, del tutto simile al testo della Vulgata, è piùvicina al TM che alla LXX, la quale elimina lidea dellintercessione delServo, con la relativa insistenza sullessersi caricato le ingiustizie e ipeccati degli uomini.

    In Sermo LXX,II,4 ritorna lespressione Non est ei species nequedecor di Is 53,2cVulgata, dove Bernardo afferma che lo sposo è «leggia-dro e bello» come lo sono i gigli, ma «per quanto riguarda linfermitàdella carne», «non vi era in lui né apparenza né bellezza». Poco dopo(Sermo LXX,III,6), parlando della bellezza e della mansuetudine delCristo, Bernardo le paragona allagnello di Is 53,7c.e, la cui citazione èlegata ad Illum agnum attraverso il semplice pronome relativo qui: adoccisionem ductus est et non aperuit os suum13.

    In Sermo XXXVIII,II,2 Bernardo si sofferma a parlare dellespe-rienza di fede, partendo dallaffermazione di 1Cor 15,34 sullignoranzadi Dio (Ignorantiam Dei quidam habent) e giunge alla conclusione chetale ignoranza è effettivamente mancanza di fede: Sed hoc est quod dico:Deum ignoratis sed non creditis auditui nostro, alludendo probabilmen-te a Is 53,1a (Quis credidit auditui nostro? Vulgata)14; anche in SermoXLII,IV,7, parlando dellumiltà di Cristo fino alle percosse e alla morte,perché umile di cuore (cfr. Mt 11,29), e in Sermo LXXIII,II,8, parlandodellabbassamento di Cristo, Bernardo con lespressione quia voluit sem-bra alludere a Is 53,7aVulgata, dove del Servo-Agnello «oblatus» è det-to: quia ipse voluit; in Sermo LXXI,V,11 lespressione qui peccatumnon fecit ricalca ovviamente 1Pt 2,22 (cfr. Is 53,9c: iniquitatem non fe-

    13 Il testo di Bernardo si distingue dalla Vulgata, soprattutto per il verbo al perfet-to (ductus est), là dove la Vulgata ha ducetur, probabilmente a motivo della consecu-tio temporum. Comunque sia, Bernardo sembra oscillare tra LXX e TM:

    Bernardo: Ad occisionem ductus estet non aperuit os suum;Vulgata: Ad occisionem duceturet non aperuit os suum;TM: latebah yûbalwelo yptah py (fu condotto al macelloe non aprì bocca);LXX: ejpiV sfaghVn h[cqh...ou{twç oujk ajnoivgei toV stovma aujtou=.

    . . .

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    cerit Vulgata); infine, in Sermo LXXV,III,6 Apud nos infirmus reper-tus est probabilmente rimanda a Is 53,10a (Et Dominus voluit conterereeum in infirmitate).

    In conclusione, possiamo affermare che numerosi sono i riferimentie le allusioni a Is 53 nel commento bernardiano al Cantico dei Cantici.Nella sua prospettiva fortemente cristologica, il poema deutero-isaianoserve a Bernardo sia per evidenziare labbassamento e lumiltà del Cri-sto, fino alla morte, e sia per porre in risalto la dimensione prettamenteumana dello Sposo del Cantico, a cui volentieri si conforma la sposa.

    2. IL LIBER DE GRADIBUS HUMILITATIS ET SUPERBIAE15

    Scritto tra il 1124 e il 1125, il Liber de gradibus humilitatis etsuperbiae è la prima16 opera di san Bernardo, indirizzata al confratelloGodefroid de la Roche-Vanneau, verso cui lautore dimostra una pro-

    14 Cfr. anche le espressioni Nec oboediat Evangelio (Sermo LXV,II,7) e Sed quiscredat huic auditui o Si difficile credit huic auditui (Ad clericos de conversioneVII,12,12 o VII,12,5, in SBO IV, pp. 85-86), che potrebbero richiamare Rm 10,16Vul-gata (= Is 53,1).

    15 Su questa importante opera di san Bernardo cfr. I. DEUG-SU, Il «Tractatus degradibus humilitatis et superbiae» come momento della mistica bernardina, in Studisu s. Bernardo di Chiaravalle nellottavo centenario della canonizzazione. Conve-gno internazionale Certosa di Firenze (6-9 febbraio 1974), Roma 1975, pp. 327-347;IDEM, Introduzione, in Opere, I, pp. 3-35; G. MURA, Introduzione, in BERNARDO DICHIARAVALLE, I gradi dellumiltà e della superbia. Lamore di Dio, Roma 1996, pp. 5-62. In particolare, sulle problematiche di critica testuale, cfr. J. LECLERCQ, Pour lhi-stoire des traités de s. Bernard, in «Analecta Sacri Ordinis Cisterciensis», 15 (1959),pp. 56-78.

    16 Ormai non ci sono dubbi sulla priorità cronologica dellopera, come ha bendimostrato J. LECLERCQ, Le premier traité authentique de saint Bernard, in «AnalectaSacri Ordinis Cisterciensis», 19 (1963), pp. 189-198, contestando lopinione di G.BOSWORTH BURCH, The Steps of Humility by Bernard, Abbot of Clairvaux, Cambridge-Massachusetts 1950, pp. 237-238. Questi, poiché Bernardo nella lettera 18 al cardina-le Pietro richiama lopera con il semplice titolo De humilitate, ritiene di poterla iden-tificare con la prima delle tre parti del De statu virtutum, che porta il medesimo titolo.J. LECLERCQ, da parte sua, ha dimostrato che il De statu virtutum è da considerarsispurio.

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 15

    fonda relazione di amicizia e stima spirituali17. Si tratta di riflessioni,inizialmente orali, rivolte ai monaci sul VII capitolo della Regola di sanBenedetto. Messe per iscritto in seguito alla richiesta dellamico, ne vie-ne fuori un vero e proprio capolavoro spirituale, introdotto da una prefa-zione iniziale e chiuso da un indirizzo finale (capitolo XVI), rivolti aGodefroid. Nei capitoli 1-2 Bernardo parla dellumiltà e dei suoi dodicigradi, mentre in quelli successivi (3-15) lautore si sofferma sui relativigradi della superbia18.

    Citando 1Pt 2,21 (Christus passus est pro nobis, vobis relinquensexemplum, ut sequamini vestigia eius = De gradibus humiltatis et super-biae II,7), con cui lautore biblico della 1Petri introduce linno cristolo-gico modellato su Is 53 (1Pt 2,22-25), sembra che Bernardo intendapresentare nella persona del Cristo-Servo il modello sublime dellumil-tà, come specifica subito dopo: id est ut imitemini oboedientiam eius.

    Poco dopo (De gradibus humiltatis et superbiae II,9) Bernardo, nelpresentare il Cristo simile agli uomini e conoscitore delle loro sofferen-ze, può senza alcuna difficoltà citare Is 53,3bVulgata, introdotta dallaformula Unde Isaiaseum appellat: virumdolorum, et scientem infir-mitatem; e poco più avanti egli aggiunge la profezia di Is 53,4ab, intro-dotta dalla formula Sicut alibi scriptum est19. Questultima è inserita neltesto bernardiano come una proposizione oggettiva infinitiva, retta dalverbo cognoscimus (Languores nostros tulisse et dolores portasse co-gnoscimus). Rispetto alla Vulgata, è eliminato qui il soggetto ipse e lag-gettivo nostros, dopo dolores, forse perché evidenti nel contesto:

    17 Sulla figura e lidentificazione di questo personaggio cfr. SBO III, p. 3; ancheG. MURA, in BERNARDO DI CHIARAVALLE, I gradi, cit., pp. 79-80 nota 3.

    18 Per unanalisi dettagliata della struttura dellopera cfr. J. LECLERCQ, Lart de lacomposition dans les traités de s. Bernard, in «Revue Bénédictine», 76 (1966), pp.87-115, soprattutto 95-110.

    19 Da notare che rispetto alla medesima citazione di Is 53,3b in Sermo XXV,IV,8del Commento al Cantico dei Cantici, qui Bernardo segue in toto la Vulgata:

    De gradibus humilitatis et superbiae II,9: Virumdolorum, et scientem infirmi-tatem;

    Sermo XXIV,IV,8: Virum doloris, et scientem infirmitatem;Vulgata: Virum dolorum, et scientem infirmitatem.

  • DONATO BONO16

    Bernardo: Languores nostros tulisse et dolores portasse cognoscimus;Vulgata: Languores nostros ipse tulit et dolores nostros ipse portavit.

    Bernardo cita probabilmente a memoria il testo latino della Vulgata,inserendolo senza alcuna difficoltà nel proprio ragionamento e nelle pro-prie riflessioni. Il Cristo patiens egli lo ritrova perfettamente nello sche-ma deutero-isaiano del Servo sofferente, che qui propone ai monaci comemodello della propria umiltà e obbedienza, perché il Cristo non si è sot-tratto alla sofferenza e al dolore, di cui anzi è ottimo conoscitore, fino aprendere su di sé le nostre piaghe e i nostri dolori. La citazione di questidue brani del poema deutero-isaiano evidenzia lottica, entro cui Ber-nardo utilizza il medesimo canto del Servo: i monaci devono abbraccia-re lumiltà e rifiutare la superbia, perché Cristo si è fatto come il Servodeutero-isaiano, conoscitore dellinfermità del cuore umano, portandolasu di sé e sulle sue spalle20.

    3. IL LIBER DE DILIGENDO DEO

    Scritto su richiesta dellamico Aimerico, cardinale diacono dellaChiesa di Roma, il Liber de diligendo Deo è in realtà la risposta data daBernardo a una delle tante quaestiones, rivoltegli dallamico, come lau-tore stesso si preoccupa di evidenziare nel Prologus (Ad id solum quod

    20 Questo utilizzo parenetico della figura del Servo sofferente di Is 53 ha le sueradici nella tradizione neotestamentaria e patristica, da 1Pt 2,21-25 (cfr. anche Fil2,5-11) a Mc 10,45 (= Mt 20,28; cfr. Lc 22,27 e anche Gv 13,14-15), fino a 1Clem16,3-14 (cfr. D. BONO, La citazione di Is 53, cit., p. 114). Interessante, a riguardo,quanto nota a proposito del martirio di san Massimiliano, avvenuto in Africa alla finedel III secolo, P. SINISCALCO, Massimiliano: un obiettore di coscienza del tardo impe-ro. Studi sulla «Passio s. Maximiliani», Torino 1974, p. 88, in riferimento alla dichia-razione di fede del martire, ispirata alla Scrittura: «un posto privilegiato sembraassumere il cap. 53,1 sgg. del libro di Isaia, interpretato alla luce di passi neotesta-mentari»; e conclude: «Il Cristo sofferente, contemplato nel momento della passioneredentrice, diviene il modello che deve essere imitato dal cristiano; un modello chetanto più si impone quanto più luomo si trova nella circostanza di seguirne la via finoal martirio ed oltre».

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 17

    de diligendo Deo). Lopera, però, si configura non come un sempliceresponsum ad una quaestio, ma piuttosto come un vero e proprio tratta-to, dal momento che Bernardo non si accontentò di rispondere sul per-ché e in che modo si deve amare Dio, ma presenta una puntuale e precisatrattazione sui gradi dellamore21, collegandosi e in un certo senso com-pletando la precedente trattazione del De gradibus humilitatis et super-biae. Le due opere, infatti, si presentano come lo sviluppo di un unicopensiero: «non si può capire cosa sia lumiltà per Bernardo, senza tenerconto del valore che ha per lui la carità, e in che senso lumiltà sia insie-me via alla carità e alla verità»22. Lopera si chiude al capitolo 11 con lacosiddetta Epistula de charitate, lettera scritta in precedenza e inviatada Bernardo a Guigone e ai monaci della Grande Certosa, e quindi inse-rita in seguito dallo stesso autore come conclusione e sintesi del De dili-gendo Deo. È difficile poter stabilire con certezza la data di composizio-ne dellopera, ma si deve oscillare tra il 1121 (anno della creazione diAimerico a cardinale), o meglio, tra il 1126 (anno della sua nomina acancelliere o segretario di stato della Curia romana) e il 1141 (anno dellamorte dello stesso)23.

    In De diligendo Deo IV,13, parlando dellamore della sposa, che èlanima delluomo, verso lo Sposo, che è la Trinità, Bernardo si soffer-ma a lungo a rilevare la reale inadeguatezza dellamore dellanima neiconfronti del suo Signore, quandanche arrivasse ad amare con tutta sestessa. Anche in questo caso, infatti, si tratterrebbe di un amore piuttostofinito e limitato, ossia «di quel po di polvere che lanima, anche se siraccoglie tutta in se stessa, può offrire per riamare la suprema Maestà».Bernardo motiva questa sua asserzione con tre citazioni della Scrittura:la prima, Gv 3,16 (Denique sic Deus dilexit mundum, ut Unigenitumdaret), riferita al Padre; nel mezzo la citazione di Is 53,12 (Tradidit in

    21 Su come Bernardo intenda lamore di Dio cfr. P. GUILLOUX, Lamour de Dieuselon saint Bernard, in «Revue des sciences religieuse», 6 (1926), pp. 449-512; 7(1927), pp. 52-68; 8 (1928), pp. 69-80; B. SCHELLENBERGER, Bernardo di Chiaravalle.La via dellamore, Padova 1994.

    22 G. MURA, Introduzione, cit., p. 28.23 Più dettagliatamente, sulla questione cfr. ibidem, p. 139 nota 1; anche E. BER-

    TOLA, Introduzione, in Opere, II, 221-224.

  • DONATO BONO18

    mortem animam suam), riferita al Figlio; la terza, Gv 14,26 (SpiritusParaclitus, quem mittet Pater in nomime meo, ille vos docebit omnia, etsuggeret vobis omnia quaecumque dixero vobis), allo Spirito Santo. Quin-di, Bernardo può concludere la sua riflessione, facendo notare che Dioama con tutto se stesso, «perché è tutta la Trinità che ama, ammesso chesi possa dire «tutto» riferendosi allinfinito e allincomprensibile, che ècertamente semplice».

    Il testo di Bernardo, secondo la Vulgata, in realtà è più vicino allaLXX che al TM, anche se sostanzialmente le due versioni su questopunto non si distanziano assai:

    Bernardo: Tradidit in mortem animam suam;Vulgata: Tradidit in mortem animam suam;TM: heerah nammawet napô (versò per la morte la sua vita);LXX: paredovqh eijç qavnaton hJ yuchV aujtou.

    4. LAPOLOGIA AD GUILLELMUM ABBATEM

    Anche se nei codici pervenutici è titolato in diversi e svariati modi(da Libellus a Epistula de discreta variegate ordinis monastici et de noniudicando alterius servos, o ancora Excusatorius et invectorius dellexpli-cit del codice berlinese Phillips 1696)24, lopuscolo indirizzato a Gu-glielmo, abate di Cluny, e scritto intorno al 1125, riflette lo stile di unavera e propria Apologia. Si tratta, infatti, di una lettera di difesa dellavita benedettina, così come era vissuta dai monaci di Cîteaux, o Cister-censi, e dei vari monasteri, ad essi collegati, che proliferavano in tuttaEuropa, a motivo dellesperienza autenticamente monastica, propostae vissuta dai seguaci di Roberto, abate di Molesmes, che per primonellanno 1099 abbandonò Cluny, per ritirarsi a Cistercium25. A dispet-to dellesperienza monastica di Cluny, troppo legata alla terra e al

    24 La questione è affrontata da J. LECLERCQ, Introduction, in SBO III, pp. 63-79,soprattutto 66-78.

    25 Sulla questione cfr. J.-B. VAN DAMME, I tre fondatori di Cîteaux, Roma 1991.

    .

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 19

    mondo, Bernardo difende Cîteaux, dove sono garantiti silenzio, soli-tudine, povertà, lavoro manuale, umiltà intellettuale e separazione dalmondo26.

    Parlando in Apologia III,5 della possibilità per i cristiani di ritrovar-si in unità, nonostante la varietà degli Ordini religiosi e i diversi stili divita cristiana, come la continenza o il matrimonio, Bernardo motiva scrit-turisticamente questa sua asserzione, richiamando la diversità di vita divari personaggi biblici, da Noè e Daniele a Giobbe; da Marta e Maria aGiuseppe, figlio di Giacobbe. E qui, labate di Clairvaux, ricordando latunica tutta dun pezzo del Giuseppe veterotestamentario, liberatore del-lEgitto, sposta lattenzione del lettore a quel Giuseppe, che «salvò ilmondo, e non dalla fame del corpo, ma dalla morte dellanima e delcorpo insieme». La tunica di questo Giuseppe è «polimita, cioè variatacon bellissima varietà di coloritinta anche del sanguedellagnellocioè del sangue proprio, non dellaltrui». E qui Bernardo presenta ilCristo con le sfumature caratteristiche dellAgnello di Is 53,7, richiama-to sia con la citazione deutero-isaiana e sia con la rilettura di 1Pt 2,22:Ipse profecto est agnus mansuetissimus, qui coram non quidem tonden-te, sed occidente se, obmutuit, qui peccatum non fecit, sed abstulit pec-cata mundi. Bernardo, al fine di evidenziare la mansuetudine dellagnello,mette in risalto il suo silenzio (obmutuit), creando nello stesso tempo lacontrapposizione dellatteggiamento di colui che anziché tosarlo, comeavrebbe dovuto, lo uccide (qui coram non quidem tondente, sed occi-dente se). E in ciò lautore vede linnocenza di chi peccatum non fecit,sed abstulit peccata mundi. Il richiamo scritturistico è in realtà una libe-ra parafrasi del testo profetico secondo la Vulgata di Is 53,7.9b, utiliz-zando sia il Deutero-Isaia e sia la Prima Petri. Evidenziando in corsivoi termini in comune, è possibile notare come Bernardo sembri riecheg-giare liberamente le parole della Scrittura di Is 53,7.9b e 1Pt 2,22 (quipeccatum non fecit - Vulgata):

    26 Cfr. a riguardo la dettagliata presentazione della vita monastica a Cîteaux, fattadallo stesso Bernardo nellEpistula 142 (SBO VII, pp. 340-341; Patrologia Latina182, p. 297). La questione, in generale, è ben affrontata da G. LUNARDI, Lideale mo-nastico nelle polemiche del secolo XII sulla vita religiosa, Noci 1970, soprattutto pp.28-39, 48-49.

  • DONATO BONO20

    Bernardo: agnusqui coram nontondente, sed occidente se, obmu-tuit, qui peccatum non fecit;

    Vulgata: quasi agnus coram tondente se obmutesceteo quod iniquita-tem non fecerit.

    5. DE GRATIA ET LIBERO ARBITRIO

    La secolare e difficile questione circa il rapporto tra la Grazia divinae la libertà delluomo, affrontata sin dai tempi di Agostino, aveva avutoanche nel tempo di Bernardo una sua particolare importanza27, comeegli stesso afferma nel Prologo, dove è specificata persino loccasioneche lo determinò ad affrontare largomento28. Circa la data di composi-zione, Bernardo allinterno dellopera non fornisce nessun elemento uti-le a riguardo, ma nella Epistula 52, indirizzata ad Aimerico e che siritiene scritta intorno allanno 112829, si parla del trattato bernardianocome pubblicato da poco (nuper edidi).

    Parlando della triplice libertà (cfr. De gratia et libero arbitrio III,7),ossia dal peccato, dalla infelicità e dalla necessità, Bernardo afferma che«tra i figli di Adamo rivendica a sé la libertà dal peccato soltanto Coluiche non commise peccato né ci fu inganno sulla sua bocca», con espli-cito riferimento a 1Pt 2,22Vulgata (qui peccatum non fecit nec inventusest dolus in ore eius), che a sua volta ricalca Is 53,9cd. Anche «rispettoallinfelicità prosegue il santo abate di Clairvaux Cristo è stato po-tenzialmente libero, dal momento che di sua spontanea volontà egli si èsottoposto al dolore e alla passione». «Infatti commenta Bernardo nessuno poteva togliergli la sua anima, ma era lui che la deponeva».Egli fonda scritturisticamente questa sua asserzione con la citazione diIs 53,7a: Oblatus est quia voluit, introdotta dalla congiunzione afferma-tiva Denique e dalla formula Teste propheta, dando così forza probativa

    27 Sulla questione cfr. O. LOTTIN, Libre arbitre et liberté depuis saint Anselmejusquà la fin du XIII siècle, in Psychologie et morale aux XII et XIII siècles, I, Gem-bloux 1957, pp. 11 ss.

    28 Per lapprofondimento cfr. M. SIMONETTI, Introduzione, in Opere, I, p. 335.29 Sulla questione cfr. SBO III, p. 158.

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 21

    alla citazione biblica, che si differenzia dalla Vulgata per lomissionedel pronome Ipse, perché lautore citava a memoria o più probabilmenteperché non necessaria la sua presenza, in quanto evidente dal contesto:

    Bernardo: Oblatus est quia voluit;Vulgata: Oblatus est quia ipse voluit.

    Bernardo, utilizzando i testi biblici della figura del Servo, può cosìconcludere che «il Salvatore ebbe le tre libertàebbe tutte e tre le liber-tà, la prima in forza della natura umana e divina insieme, le altre due inforza della potenza divina».

    6. DE PRAECEPTO ET DISPENSATIONE

    Il De praecepto et dispensatione è unopera di grande acutezza in-tellettuale, formidabile ingegno ed equilibrio umano, in cui Bernardocon somma prudenza affronta il problema del rapporto tra la legge e ladispensa da essa. Inizialmente si trattava semplicemente di rispondereallesigenza di due monaci benedettini del monastero di Saint-Père-enVallée, presso Chartres, che con due lunghe lettere chiedevano lumi perla soluzione del rapporto con il loro abate. Prudentemente Bernardo nonrisponde direttamente né a loro, per timore che le missive gli fosserogiunte senza il consenso del loro superiore, né tanto meno allo stessoabate, ma a quello di Coulombs, con lintento che questi facesse da in-termediario, trovandosi i due monasteri nella stessa diocesi di Chartres.Su consiglio di questultimo, la risposta ha poi assunto un carattere pub-blico, diventando anzi un vero e proprio trattato, ampliando sì le argo-mentazioni, ma conservando, tuttavia, la forma epistolare. Non abbia-mo elementi intrinseci per fissare la datazione dellopera, ma possiamosenza dubbio ritenere che essa abbia avuto una larga diffusione nei mo-nasteri benedettini, almeno a partire dalla fine del 1140, come si puòsupporre dalla lettera scritta a Bernardo negli ultimi mesi del 1142 daPietro il Venerabile, di ritorno da un suo viaggio in Spagna, dove questichiede al santo abate una copia del De praecepto, letto una volta a Cluny,ma che poi non aveva più ritrovato.

    Introdotta dallespressione Denique Propheta de ipso (Iesu Christo)testatur e dallaggiunta rafforzativa di quod, la citazione di Is 53,12f

  • DONATO BONO22

    (pro transgressoribus rogavit) si presenta con una forza argomentativatale, da non lasciare dubbi sulla riflessione di Bernardo, come sottolinealaggiunta della proposizione finale Ut non perirent. Bernardo applica iltesto scritturistico alle situazioni concrete della vita monastica in cui imonaci, per quanto siano diligenti nellosservanza degli ordini impartitidai superiori, pur tuttavia non riusciranno mai ad essere perfetti, e inquesto Bernardo trova consolazione nelle Scritture, in particolare 1Gv2,1-2 e Is 53,12f: Gesù, il Servo, «ha pregato affinché non periscano itrasgressori», ossia coloro che trasgrediscono le norme monastiche.Bernardo, però, approfitta del contesto, per chiarire che la disobbedien-za agli ordini dei superiori non ha lo stesso valore dellosservanza deiprecetti di Dio, «sia per quanto riguarda il meritosia per quanto ri-guarda il pericolo della trasgressione». Il testo biblico è utilizzato daBernardo con estrema libertà e contestualizzato nella problematica con-creta, relativa alla vita comunitaria, e perciò non aderente al contestooriginario.

    7. IN LAUDIBUS VIRGINIS MATRIS

    Durante la malattia del 1124-1125, alletà di appena 34 o 35 anni30Bernardo, non potendo assorbire i duri impegni e i doveri quotidiani,concentra la sua mente, il suo cuore e la sua intelligenza in una delleopere che maggiormente caratterizzerano la sua teologia e cristologia,ossia Le lodi della Vergine Madre o Missus est31. Si tratta di quattroomelie, in cui Bernardo si sofferma sulla scena lucana dellannunciazio-

    30 È la tesi di D. VAN DEN EYNDE, Les débuts littéraires de saint Bernard, in«Analecta Sacri Ordinis Cisterciensis», 19 (1963) pp. 189-198; pure in J. LECLERCQ,Recueil détudes sur s. Bernard et ses écrits, III, Roma 1969, pp. 343-355. Cfr. anchelEpistula 89 ad Ogerio, scritta nella Quaresima del 1125, in SBO VII, pp. 236-237, elEpistula 18, indirizzata al cardinale Pietro, ibidem, p. 69.

    31 La devozione mariana di Bernardo è essenzialmente cristologica. Egli com-prende potremmo dire in chiave femminile la cristologia, attraverso lo sviluppoteologico della mariologia. Cfr. A.M. JAVIERRE ORTAS, Bernardo e Maria «mitezza eumiltà», in Respice Stellam. Maria in san Bernardo e nella tradizione cistercense.Atti del Convegno internazionale 1991, Roma 1993, pp. 67-68. Non convince affatto

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 23

    ne (Lc 1,26-38), tessendo sì le lodi della Vergine di Nazareth, ma con-centrandosi sul mistero del Cristo, con unabbondanza di allusioni e ci-tazioni bibliche32, tra cui Is 53,7 (homilia I,8) e Is 53,12 (homilia III,14).

    In homilia I,8, commentando Ap 14,4 (Sequuntur Agnum quocu-mque ierit), Bernardo asserisce che tale sequela implica che si sia nellostesso tempo e vergini e umili, e pur tuttavia ciò non porterà luomo aseguire lAgnello «ovunque egli andrà», perché il vergine non potrà mai«salire fino alla purezza dellAgnello, che è senza macchia», e lumilenon potrà mai imitare la sua mansuetudine, che lo portò a tacere non difronte a chi lo tosava, ma a chi lo uccideva. Bernardo utilizza la figuradellagnello di Is 53,7, per descrivere lumiltà paradossale ed estrema delCristo, che si è rivelata essenzialmente nella capacità di tacere di fronteagli uccisori. Il santo abate di Clairvaux enfatizza la scena biblica, dalmomento che il Deutero-Isaia parlava del silenzio dellagnello davanti aisuoi tosatori. Egli, invece, commenta il testo, dicendo che per il Cristonon si è trattato di semplici tosatori, ma di uccisori33. Più che una citazio-ne, il testo è una parafrasi con chiari riferimenti a Is 53,7Vulgata:

    Bernardo: ...ad munditiam agninon coram tondente, sed coram occi-dente se obmutuit;

    Vulgata: et quasi agnus coram tondente se obmutescet.

    In homilia III,14, invitando il lettore o lascoltatore ad accoglierelumiltà del Figlio di Dio, Bernardo ricorre a diversi testi della Scrittura

    la posizione di G. PICASSO, S. Bernardo di Chiaravalle. Sermoni per le feste della Ma-donna, Milano 1990, pp. 17-18, secondo il quale Bernardo «non apre sentieri nuovi»per lo sviluppo della mariologia, ma egli «continua a occupare un posto rilevante nellastoria della devozione mariana perché ha saputo riprendere e riproporre quanto la tradi-zione patristica aveva insegnato sulla Vergine». Sembra al contrario che, pur attingendodalla tradizione dei Padri della Chiesa, Bernardo però realizzi una sua peculiare e pro-pria riflessione ascetica e dogmatica sulla Vergine di Nazareth, e ciò gli procura «a buondiritto» come sostiene lo stesso Picasso il titolo di Doctor marialis.

    32 Cfr. J. LECLERCQ - J. FIGUET, La Bible dans les homélies de s. Bernard sur«Missus est», in «Studi medievali», 5 (1964), pp. 613-648.

    33 Cfr. lo stesso ragionamento in Apologia ad Guillelmum abbatem III,5: quicoram non quidem tondente, sed occidente se obmutuit.

  • DONATO BONO24

    (Rm 8,32; Fil 2,7), e tra questi Is 53,12, applicato direttamente alla per-sona del Cristo, che «consegnò la sua vita alla morte e fu contato tra imalfattori, egli portò i peccati di molti e intercedette per i peccatori,perché non perissero». La citazione è secondo la Vulgata, con laggiun-ta da parte di Bernardo dellespressione finale ut non perirent:

    Bernardo: Tradidit in mortem animam suam, et cum sceleratis reputatusest, et ipse peccata multorum tulit, et pro transgressoribus rogavit, ut nonperirent;

    Vulgata: Tradidit in mortem animam suam, et cum sceleratis reputatusest, et ipse peccata multorum tulit, et pro transgressoribus rogavit.

    8. I SERMONES BERNARDIANI

    Bernardo stesso, soprattutto durante gli ultimi anni della sua vita, haraccolto, sistemato, corretto e infine pubblicato una collezione di Ser-moni o Discorsi, che oggi figurano sotto il titolo di Sermoni per lanno eche costituiscono un vero e proprio commento allanno liturgico, dal-lAvvento fino alle feste di novembre34.

    Accanto a questa prima raccolta, esiste una serie di altri Sermones,comunemente denominati Sermones de diversis e Sermones varii: i Ser-mones de diversis sono, in sostanza, 125 Discorsi su temi diversi, cosìclassificati e conservati dagli antichi editori e confermati dalla recenteedizione critica35; nove testi autentici costituiscono i cosiddetti Sermo-nes varii36. Ci sono, infine, 17 Sermoni sul Salmo Qui habitat o Salmo90, che hanno una loro propria e specifica storia testuale e manoscritta37.

    34 Come giustmente osserva J. LECLERCQ, Introduzione, in Opere IV, p. 4, Bernar-do «su ciascuna festa e sui misteri che vi si celebrano ha costituito una sorta di trattatoteologico, cominciando con considerazioni di carattere dogmatico per finire con le-zioni ascetiche di carattere pratico». I Sermoni per lanno «fanno dunque parte del-lopera scritta di Bernardo», dal momento che essi sono il risultato di una profonda esistematica elaborazione di temi teologici, dogmatici e spirituali che, pertanto, non cipermettono di cogliere e approfondire lindole specifica del «Bernardo predicatore».

    35 Cfr. ibidem, p. 4.36 Cfr. ibidem, p. 620.37 Sulla questione cfr. SBO IV, p. 119, e soprattutto lanalisi specifica di H.M.

    ROCHAIS, Enquête sur les Sermons divers et les Sentences de saint Bernard, in «Ana-

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 25

    8.1. I Sermones per annum

    Allinterno dei Sermones per annum sono numerosi i richiami a partidi Is 53.

    - In adventu Domini (Sermo IV,7), Bernardo conclude la sua rifles-sione sul Cristo crocifisso, affermando che egli non era assetato di nien-taltro che della giustizia: ha, infatti, pregato per i suoi crocifissori e noncommise peccato (qui peccatum non fecit), richiamando il testo bi-blico di 1Pt 2,22Vulgata, che ha come riferimento Is 53,9c (eo quodiniquitatem non fecerit)38.

    - In vigilia Nativitatis (Sermo I,8) Bernardo, allinterno della rifles-sione sullincarnazione del Verbo nel grembo della Vergine, allude a Is53,8 con lespressione «Fratres, generationem istam quis enarrabit?»39;e conclude: «Virgo credit, fide concipit Virgo, parturit Virgo, manet Vir-go». Egli contempla, così, loriginalità mirabile della generazione delVerbo, utilizzando il testo di Is 53,8bVulgata (Generationem eius quisenarrabit?), sulla scia della tradizione patristica40; più avanti (SermoIV,3) Bernardo, nel contesto della riflessione sul parto di Maria (concep-tus fuit sine pudore, partus sine dolore), cita Is 53,4, introdotto dallespres-sione Secundum quod Isaias ait e dalla preposizione causale quia: Verelanguores nostros ipse portavit41. Con enfasi e solennità egli può cosìaffermare che la Madre non fu sfiorata da alcun dolore nel partorire Coluiche portò su di sé i dolori di tutto il mondo (qui tulit dolores totiusmundi)42.

    lecta Sacri Ordinis Cisterciensis», 18 (1962), pp. 22-27; IDEM, Remarques sur lesSermons divers et les Sentences de saint Bernard, in «Analecta Cisterciensia», 21(1965), pp. 1-34.

    38 SBO IV, p. 187.39 SBO IV, p. 198.40 A partire da Giustino in poi questo testo è stato utilizzato dai Padri nella rifles-

    sione sulla nascita verginale di Maria e sulla generazione eterna del Verbo. Sulla que-stione cfr. A. ORBE, La teologia dei secoli II e III. Il confronto della Grande Chiesacon lo gnosticismo, Roma 1995, pp. 102-104.

    41 La Vulgata ha: Vere languores nostros ipse tulit, et dolores nostros ipse porta-vit. Il testo di Bernardo, che sostituisce il verbo tulit con portavit, è dovuto forse aduna citazione a memoria.

    42 SBO IV, p. 222.

  • DONATO BONO26

    - In circumcisione Domini (Sermo II,1,10) labate di Chiaravalle ri-torna al testo di 1Pt 2,22Vulgata (qui peccatum non fecit)43 e, forse,allude a Is 53,12 con lespressione Non dedignatus est se peccatoremreputari. Parlando, quindi, dellumiltà e della mansuetudine del Cristo(Sermo II,1,18), Bernardo fa ricorso ad una parafrasi di Is 53,7 (Quidniobmutesceret coram circumcidente, qui coram tondente obmutuit, co-ram crucifigente siluit?), in cui paragona il silenzio del bambino Gesùdurante la circoncisione con il suo silenzio al momento della crocifis-sione44.

    - In Epiphania Domini (Sermo I,1,17) il testo di Is 53,1 (Domine,quis credidit auditui nostro?), citato secondo Rm 10,16 e Gv 12,38Vul-gata, è attribuito da Bernardo agli annunciatori del vangelo: «propterhoc angeli pacis amare flebant, dicentes: Domine, quis credidit audituinostro?»45.

    - In Purificatione sanctae Mariae (Sermo III,2,4) lespressione«Oblatus est quia ipse voluit» di Is 53,7 è attribuita alloblazione volon-taria del Cristo sulla croce46.

    - In Septuagesima (Sermo I,1) lespressione di Is 53,8 (sed genera-tionem istam quis enarrabit?) è riferita da Bernardo non alla generazio-ne eterna del Verbo o alla nascita verginale ma, come risulta chiaramen-te dal contesto, alla comunità degli eletti47.

    - In Quadragesima (Sermo I,2) la preghiera di Bernardo, rivolta alCristo, è sulla scia di Is 53,4: Tu Dolores meos portas, et pro me doles48.

    - In ramis palmarum (Sermo I,1) ritorna lespressione qui peccatumnon fecit di 1Pt 2,22 e poco più avanti lespressione Et cum sceleratisreputatus di Is 53,12 conferma la lettura cristologica del poema deutero-

    43 Lo stesso riferimento ritorna poco più avanti in Sermo III,4 (SBO IV, p. 285).44 SBO IV, p. 278.45 Ibidem, p. 292. È da notare che sia Paolo e sia Giovanni riportano Is 53,1

    secondo la LXX, che si differenzia dal TM per lintroduzione del vocativo Domine,facendo così diventare il testo una vera e propria invocazione orante a Dio. Bernardoriporta lespressione deutero-isaiana secondo la lettura neotestamentaria e, attribuen-dola ai messaggeri della pace, forse la pensa pronunciata dalla comunità cristiana.

    46 SBO IV, p. 343.47 Ibidem, p. 345.48 Ibidem, p. 354.

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 27

    isaiano fatta da Bernardo49; in seguito (Sermo II,3)50 la citazione di Is53,7 oscilla tra la Vulgata di At 8,32 (= Is 53,7LXX) e la Vulgata di Is53,7 (= TM), ma con una preferenza del testo lucano51:

    Bernardo: Tamquam ovis ad occisionem ductus est, et quasi agnus coramtondente obmutuit, et non aperuit os suum; qui, cum percuteretur, non commi-nabatur;

    At 8,32Vulgata: Tamquam ovis ad occisionem ductus est; et sicut agnuscoram tondente se, sine voce, sic non aperuit os suum;

    Is 53,7Vulgata: Sicut ovis ad occisionem ducetur, et quasi agnus coramtondente se obmutescet, et aperuit os suum;

    TM: kaseh latebah yûbal wukerahel lipney gozzeya bealamah welo yp-tah py [Come lagnello al macello fu condotto e come pecora davanti a quelliche la tosavano, ammutolì e non aprì la bocca di lui];

    LXX: wJç provbaton ejpiV sfaghVn h[cqh kaiV wJç ajmnoVç ejnantivon tou= kei-vrontoç aujtoVn a[fwnoç ou{twç oujk ajnoivgei toV stovvma aujtou=.

    Da notare che Bernardo aggiunge unespressione finale (qui, cumpercuteretur, non comminabatur), che ricalca 1Pt 2,23, dove la va-riante percuteretur al posto di pateretur(Vulgata) è forse dovuta a causemnemoniche:

    Bernardo: qui, cum percuteretur, non comminabatur;At 8,32Vulgata: quicum pateretur, non comminabatur.

    Numerosi, inoltre, sono i riferimenti a Is 53 nei Discorsi sulla pas-sione: nel Christus patiens Bernardo vede passo passo le sofferenze delServo deutero-isaiano.

    - In Feria quarta Hebdomadae Sanctae de Passione Domini, 2,lespressione Sicut agnus ad occisionem ductus sit et tamquam ovis co-

    49 SBO V, p. 43.50 SBO V, p. 48.51 At 8,32-33 (= Is 53,7-8a) è citato secondo la LXX. Bernardo ha come riferi-

    mento il testo lucano degli Atti degli Apostoli, differenziandosi per lavverbio quasi alposto di sicut; e anziché sine voce Bernardo ha obmutuit, più vicino al se obmutescetdella Vulgata di Is 53,7.

    . . ..

    FARECORREZIONE

    MANUALE.

  • DONATO BONO28

    ram tondente, non aperuit os suum di Is 53,7 è associata al Salmo 21,16:undique foraretur cum foderentur manus eius et pedes52;poco più avanti (In Feria quarta Hebdomadae Sanctae de PassioneDomini, 3-4), Bernardo presenta una vera e propria carrellata di passi diIs 53, riferiti al Cristo sofferente:

    - In humilitate iudicium eius sublatum est (= At 8,32Vulgata = Is53,8aLXX)53;

    - Vidimus eum, et non erat ei aspectus (= Is 53,2Vulgata);- Nec speciosum forma prae filiis hominum (cfr. Is 52,14cVulgata: et for-

    ma eius inter filios hominum)- Sed opprobrium hominum, tamquam leprosum (cfr. Is 53,4cVulgata: et

    nos putavimus eum quasi leprosum): novissimum virorum, plane virum dolo-rum (cfr. Is 53,3a: Despectum, et novissimum virorum);

    - a Deo percussum et humiliatum (cfr. Is 53,4dVulgata: Et percussum aDeo et humiliatum)

    - ita ut nulla esset ei species neque decor (cfr. Is 53,2cVulgata: Non estspecies ei, neque decor)54.

    Notiamo che il santo abate di Clairvaux commenta ciò con espres-sioni come: Nemo Illo sublimior, neque humilior. In tal modo Bernardocondensa la mirabile descrizione del Cristo Servo, fatta dal profeta, cuisi riferisce con il verbo introduttivo inquit; e continua con altre espres-sioni del poema deutero-isaiano:

    - cum sceleratis reputatus est (= Is 53,12dVulgata);- tradidit in mortem animam suam (= Is 53,12c), et peccata multorum

    tulit (Vulgata: et ipse peccata multorum tulit), etiam pro transgressoribus ro-gavit (Vulgata: et pro transgressoribus rogavit), ut non perirent55.

    52 Ibidem, p. 57.53 At 8,32-33 (= Is 53,7-8aLXX) è ben differente dal TM, che sembra insistere

    sullarresto del Servo e successiva condanna senza un vero e proprio processo. In tuttii modi, qui interessa sottolineare che la citazione bernardiana è secondo At 8,32Vul-gata, e non secondo Is 53,8aVulgata (De angustia, et de iudicio sublatus est).

    54 SBO V, p. 58.55 Ibidem.

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 29

    Poco più avanti (In Feria quarta Hebdomadae Sanctae de PassioneDomini, 4) Bernardo insiste sullunicità dellofferta compiuta dal Cri-sto: Non solus voluit et oblatus est, sed quia voluit (cfr. Is 53,7)solusin mortem tradidit animam suam (cfr. Is 53,12d)56. Quindi, il santo abatesottolinea che largomento principale nella passione del Signore (In Fe-ria quarta Hebdomadae Sanctae de Passione Domini, 8) è il fatto cheEgli pregò per i suoi nemici (cfr. Lc 23,34, citato da Bernardo secondounantica versione: Pater, ignosce illis quia nesciunt quid faciunt), comeaffermato in Is 53,12ef57:

    Bernardo: peccatum multorum tulit, et pro transgressoribus rogavit, utnon perirent;

    Vulgata: peccata multorum tulit, et pro transgressoribus rogavit.

    In Feria quarta Hebdomadae Sanctae de Passione Domini, 11, itesti di Is 53,4 (vere languores nostros ipse tulit et dolores nostrosipse portavit) e di Is 53,3 (vir dolorum) sono inseriti da Bernardo allin-terno di altri testi vetero-testamentari, come i Salmi 80,7 e 68,3058.

    In resurrectione Domini (Sermo I,11), limmagine di Gesù tra i la-droni di Lc 23,33 è accostata da Bernardo a Is 53,12d (= Lc 22,37Vulga-ta): pependit inter latrones et cum iniquis deputatus est Dominus maie-statis59; più avanti (Sermo III,2) Bernardo combina insieme Is 53,7c,citato secondo At 8,32Vulgata, e 1Pt 2,2360:

    Bernardo: Tamquam ovis ad occisionem ductus est et non aperuit os suum,qui cum malediceretur, non maledicebat, cum pateretur non comminabatur;

    1Pt 2,23Vulgata: qui cum malediceretur, non maledicebat: cum patereturnon comminabatur;

    At 8,32Vulgata: Tamquam ovis ad occisionem ductus estsic non aperuitos suum;

    Is 53,7cVulgata: Sicut ovis ad occisionem duceturet non aperuit os suum;

    56 SBO V, p. 59.57 Ibidem, p. 61.58 Ibidem, p. 64.59 Ibidem, p. 88.60 Ibidem, pp. 104-105.

  • DONATO BONO30

    e, infine (Sermo III,5) ritorna la citazione di Is 53,761:

    Bernardo: Oblatus est enim, quia voluit;Vulgata: Oblatus est quia ipse voluit.

    In Ascensione (Sermo IV,6) Bernardo attribuisce al Cristo lespres-sione qui tradebat in mortem animam suam, e più avanti (Sermo IV,9)anche lespressione Vidimus eum, et non erat illi species neque decor,citata forse mnemonicamente, dal momento che la Vulgata ha Non eratspecies ei neque decor et vidimus eum (Is 53,2)62.

    In Die Pentecostes (Sermo I,1)63 ritorna la citazione di Is 53,8 (ge-nerationem eius quis enarrabit?), sempre nel contesto della generazio-ne eterna e dellincarnazione del Verbo; e più avanti (Sermo II,7)64 ri-compare limmagine dellagnello muto di Is 53,7 (cfr. anche At 8,32):sicut agnus coram tondente obmutuit et non aperuit os suum.

    Nel discorso In sollemnitate Apostolorum Petri et Pauli (Sermo I,1)65riappare lespressione di 1Pt 2,23 (qui peccatum non fecit, nec inventusest dolus in ore eius); e In Assumptione Beatae Mariae (Sermo I,4) Ber-nardo utilizza liberamente e con una certa arbitrarietà Is 53,8 (Christigenerationem, Mariae assumptionem quis enarrabit?), unendo insiemeil mistero dellassunzione di Maria con quello della generazione delCristo66.

    In De Maria et Martha et Lazaro (Sermo III,5) troviamo lespressio-ne di Is 53,3 Virum dolorum et scientem infirmitatem67; e nel discorsoDominica in kalendis novembris I,2, Bernardo annota che il profeta Isaiavide il Cristo sofferente secondo Is 53,4 (Isaiastamquam leprosum sevidisse testatur)68; quindi (Sermo V,4), il santo abate di Chiaravalle spe-

    61 Ibidem, p. 108.62 Ibidem, pp. 142.145.63 SBO V, p. 161.64 Ibidem, p. 170.65 Ibidem, p. 188.66 Ibidem, p. 231.67 Ibidem, p. 241.68 Ibidem, p. 305.

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 31

    cifica, a differenza della visione celeste (cfr. Is 6,1), che il medesimoprofeta ha contemplato lo strazio e la sofferenza di Dio secondo i trattidel Servo sofferente di Is 53,2.3.4 (longe enim per omnem modum dissi-milis ea visio fuit, de qua alibi idem Propheta):

    Vidimus eum, inquit, et non erat ei species neque decor (Is 53,2), et aesti-mamus eum tamquam leprosum et percussum a Deo et humiliatum (Is 53,4;cfr. Vulgata: Non est species ei, neque decor; et vidimus eum, et nos putavi-mus eum quasi leprosum, et percussum a Deo et humiliatum);

    e ancora Bernardo insiste che il profeta Isaia vidit lividum plagis,saturatum opprobriispendentem, vidit propter nos morientem, et ait:Attritus est propter scelera nostra, cuius livore sanati sumus (Is 53,5;Vulgata: Attritus est propter scelera nostraet livore eius sanati su-mus); e insiste: Ibinovissimus virorum apparuit et despectusvir do-lorum et sciens infirmitatem (Vulgata: novissimum virorum, virumdolorum, et scientem infirmitatem).

    Nel presentare i suddetti tratti della sofferenza, il santo abate splen-didamente contrappone il vidi solitario di Is 6,1 al vidimus plurale di Is53,269.

    Sempre applicata al Cristo, la profezia di Is 53,2 ritorna nel discorsoIn festivitate omnium sanctorum (Sermo V,9) con lespressione nonhabens speciem aut decorem70;

    e finalmente la formula Oblatus est quia ipse voluit (= Is 53,7a) deldiscorso In festivitate sancti Martini episcopi 8, chiude la carrellata del-le citazioni di Is 53 nei Sermones per annum.

    8.2. I Sermones varii

    Lunico riferimento a Is 53 nei Sermones varii è nel De septem do-nis Spiritus Sancti 571, dove è citato il testo di Is 53,7 (cfr. At 8,32):

    69 Cfr. ibidem, p. 320.70 Ibidem, p. 368.71 SBO VI/1, p. 49.

  • DONATO BONO32

    Sicut ovis ad occidendum ductus estetquasi agnus coram tondente se non aperuit os suum;

    Vulgata: Sicut ovis ad occisionem duceturetquasi agnus coram tondente se obmutescet, et non aperuit os suum.

    Il testo di Bernardo si differenzia dalla Vulgata per luso del gerun-divo (ad occidendum), che imprime allespressione lidea di necessitàdellimmolazione dellagnello; e per lomissione di obmutescet, che nellaVulgata rafforza il silenzio dellAgnello/Servo.

    8.3. I Sermones de diversis

    Il primo riferimento a Is 53 nei Sermones de diversis è una parafrasidi Is 53,5 (ut livore eius nos sanaremur), che troviamo in Sermo VI,372.

    In Sermo XXVIII,1 lespressione nec in eo inventum est è un chiarorimando a 1Pt 2,22, modellato su Is 53,973.

    In Sermo XXIX,3 troviamo il riferimento a Is 53,12 nella proposi-zione relativa qui tradidit in mortem animam suam, et tulit peccatummultorum74.

    In Sermo XXXIII,3 e XXXIV,4 ritorna lespressione qui peccatumnon fecit di 1Pt 2,22 (cfr. Is 53,9)75.

    In Sermo XXXV,2 troviamo il testo di Is 53,7 Quia ipse voluit, obla-tus est, laddove la Vulgata ha Oblatus est, quia ipse voluit76.

    Anche in Sermo XL,4 lespressione Quia enim peccatum non fecitnisi unusrimanda a 1Pt 2,22 (cfr. Is 53,9)77.

    72 Ibidem, p. 107.73 Ibidem, p. 204.74 Ibidem, p. 212.75 Ibidem, p. 224 e 231.76 Ibidem, p. 229.77 Ibidem, p. 238.

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 33

    Nel Sermo LXXXVIII,1 la citazione di Is 53,8 (Generationem eiusquis enarrabit?) ritorna allinterno del tema della generazione divinadel Cristo78.

    In Sermo XC,2 è richiamato il testo di Is 53,3 nellespressione adhos pedes viri doloris et scientis infirmitatem79.

    E, infine, nel Sermo CCCIII,1 chiude la carrellata dei richiami alpoema del Servo la citazione di Is 53,2 Et vidimus eum, et non erat eispecies neque decor, laddove la Vulgata ha Non est species ei nequedecor, et vidimus eum80.

    9. LE SENTENTIAE

    È stata tramandata una lunga serie di Sentenze, detti o brevi testi,attribuiti a Bernardo. Riguardo, però, alla loro autenticità, pur essendocinon lievi difficoltà di tipo testuale, tuttavia agli studi attuali non ci sonomotivi fondati per avanzare, almeno nella sostanza, seri dubbi81. Alledue tradizionali serie di Sentenze, rispettivamente di 43 e 188 testi, se neaggiunge ora una terza serie di 127 testi, anchessi considerati sostan-zialmente autentici, perché dello stesso secolo di Bernardo e conforminello stile e nei concetti alle precedenti82.

    Nella Sententia XXIV (Series secunda), che parla della santità deicristiani, Bernardo afferma che essi «devono esercitare virilmente lapazienza, poiché anche Gesù fu ucciso come un agnello» (Iesus sicutagnus occisus est; cfr. Is 53,7)83.

    78 Ibidem, p. 333.79 Ibidem, p. 338.80 Ibidem, p. 400.81 La questione è ben affrontata da H.M. ROCHAIS, Enquête sur les Sermons di-

    vers et les Sentences, cit., pp. 9-21; IDEM, Remarques sur les Sermons divers et lesSentences, cit., pp. 19-34.

    82 Cfr. J. LECLERCQ, Introduzione, in Opere, II, pp. 239-262. La questione relativaallautenticità delle sentenze di Bernardo è affrontata H.M. ROCHAIS, Enquête sur lesSermons divers et les Sentences, cit., pp. 28-66; cfr. anche IDEM, Saint Bernard deClairvaux, les combats de Dieu, Paris 1981.

    83 SBO VI/2, p. 31.

  • DONATO BONO34

    Nella Sententia LXXXV della medesima serie, il carro dellumiltà èidentificato con quello su cui sedeva leunuco di Candace di At 8,27-2884. Anche se Bernardo non esplicita che leunuco leggeva Is 53,7-8a,sembra tuttavia implicito nel riferimento allumiltà.

    Questo medesimo carro, chiamato il carro della profondità del si-gnificato del mutamento di vita dopo la conversione, è nuovamente ri-cordato da Bernardo nella Sententia CXLII, dove viene esplicitato cheleunuco, sedutovi, lesse le Scritture insieme con lapostolo Filippo85.

    Nella Sententia CLXXI lespressione communis et despecta, usataper indicare il modo sommesso e debole con cui è apparso il Cristo Si-gnore, sembra un richiamo a Is 53,386.

    Nella Sententia LXX (Series tertia), parlando del peccato com-messo dallangelo della luce, Bernardo afferma che Dio ha vinto taleorgoglio, scegliendo di farsi totalmente umile e presentandosi alluo-mo sotto le spoglie dun uomo tanto miserabile quanto non se nè vi-sto leguale, ossia uomo del dolore, uomo che conosce la debolezza(despectum et novissimum virorum, virum dolorum et scientem infir-mitatem)87.

    Nella Sententia LXXXVIII lepisodio del lebbroso Naaman, purifi-cato e guarito dalla lebbra grazie alla sua immersione per sette volte,«cioè perfettamente», nelle acque del Giordano, è loccasione per parla-re dei lavacri spirituali, che afferma Bernardo sono sette: «uno fuoridel corpo, uno attorno al corpo, uno nel corpo, due nella lingua, duenella mente». Tutte e sette queste lavande furono nel Cristo, e in partico-lare quella relativa alla lingua, quando Egli nella sofferenza non reagì,quia sicut ovis coram tondente se obmutuit (= Is 53,7)88.

    Nella Sententia CXI sullassunzione della beata Vergine Maria ri-torna la citazione di 1Pt 2,22 (= Is 53,9), riferita al Cristo (Ipse enim estqui peccatum non fecit, nec inventus est dolus in ore eius)89.

    84 Ibidem, p. 41.85 Ibidem, pp. 50-51.86 Ibidem, p. 56.87 Ibidem, p. 103.88 Ibidem, p. 135.89 Ibidem, p. 190.

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 35

    10. LEPISTOLARIO BERNARDIANO

    Lattività epistolare di san Bernardo è stata veramente immane: sonoprobabilmente quasi un migliaio le sue missive, di cui circa cinquecentosono state conservate e, quindi, pervenuteci. Egli stesso si prodigava diconservarne copia, facendo spesso riferimento a qualche sua lettera pre-cedente e, quindi, rendendosi perfettamente conto dellimportanza dellasua attività epistolare nel suo tempo90.

    NellEpistula XXXII, scritta nei mesi settembre-ottobre 1124 e in-dirizzata allabate Joran dellabbazia di San Nicasio di Reims, Bernardointercede a favore di Drogone, il quale aveva abbandonato la propriaabbazia per farsi monaco cistercense. Il santo abate di Chiaravalle intro-duce la propria missiva con una condivisione di sentimenti, che egliriporta al Cristo sofferente, citando Is 53,4 nella forma dellinno petrinodi 1Pt 2,24: Con quanto affetto io mi associo al tuo dolore lo sa Coluiche sopportò nel suo corpo i dolori di noi tutti (.scit Ille qui nostrosomnium dolores in suo corpore tulit)91.

    La citazione di Is 53,1LXX (Domine, quis credidit auditui nostro?)troviamo nellEpistula CVII,10, scritta intorno al 1131 da Bernardo alfiglio diletto Tommaso, prevosto di Berverley, per sollecitarlo al compi-mento dei voti monastici promessi. Il testo deutero-isaiano è inserito nelcontesto del tema relativo alla risposta degli eletti alla propria vocazio-ne92.

    NellEpistula CXLIV, scritta ai monaci di Clairvaux nellottobre1137, nel termine absconditus, riferito al Cristo, è possibile vedere unareminiscenza di Is 53,3c93.

    NellEpistula CCXXXVII,3, indirizzata alla Curia Romana subitodopo lelezione del papa Eugenio III (Bernardo Paganelli, abate di San-tAnastasio), Bernardo esprime il suo stupore e la sua meraviglia peruna tale inaspettata elezione. Il povero Eugenio III, giovane delicato e di

    90 Sulla complessa problematica cfr. J. LECLERCQ, Introduzione, in Opere VI/1,pp. IX ss.

    91 SBO VII, p. 86.92 Ibidem, p. 274.93 Ibidem, p. 344.

  • DONATO BONO36

    tenera modestia, usa più alla contemplazione e alla quiete, che a tratta-re le faccende pubbliche, è paragonato ad un fanciullo (tamquam infans,cfr. Is 53,2LXX) trascinato come pecora condotta al macello (quasiovem ad victimam ductum)94.

    NellEpistula CDLXII,895 Ad quosdam noviter conversos, sul temadella povertà monastica, invitando i conversi a non disperare per il pro-prio peccato, lautore ne dà la motivazione, ricordando lesempio del-lagnello mite e innocente, pendente dalla croce, che tace in presenza dichi lo tosa (qui coram tondente se obmutuit) e, anziché scagliare im-properi e infuriarsi, si rivolge dolcemente a chi passa per la via e si volgea guardarlo96.

    11. LA PARABOLA DE AETHIOPISSA

    Non sorprende affatto che Bernardo abbia potuto utilizzare delleparabole allinterrno delle sue catechesi o più semplicemente le abbiaraccontate per far riposare il suo uditorio o per «adattarsi ad un pubblicopiù sensibile ai racconti dimmaginazione che alle esposizioni eleva-te»97.

    Nella parabola della donna etiope che il figlio del re prese in mo-glie, dove lautore presenta la Chiesa come donna prigioniera, ma libe-rata dal Cristo98, Bernardo non manca di utilizzare limmagine dellagnel-lo condotto al macello, citando Is 53,7, e collegandola con Gv 1,29:

    Bernardo: Quasi ovis ad occisionem ducetur et sicut agnus coram ton-dente se sic non aperiet os suum;

    94 SBO VIII, p. 114.95 Circa lautenticità bernardiana di questa lettera cfr. J. LECLERCQ, Lauthenticité

    de lépître 462 de s. Bernard «Ad noviter conversos», in «Studia anselmiana», 63(1974), pp. 81-96. Forse, è da ritenere che la lettera non sia autentica, ma senza dub-bio di ispirazione benardiana.

    96 SBO VIII, p. 445.97 Cfr. J. LECLERCQ, Introduzione, in Opere II, p. 672.98 Cfr. H.M. ROCHAIS, Enquête sur les Sermons divers et les Sentences, cit., pp.

    42-43.

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 37

    Vulgata: Sicut ovis ad occisionem ducetur et quasi agnus coram tondentese obmutescet, et non aperiet os suum.

    E poco più avanti ritorna il richiamo a 1Pt 2,22 (= Is 53,9), sempreriferito al Cristo, qui peccatum non fecit, nec inventus est dolus in oreeius99.

    12. CONCLUSIONI

    I tratti del Servo sofferente di Is 53 sono ben presenti nellopera disan Bernardo di Chiaravalle. Essi sono sempre attribuiti al Christus pa-tiens, e contribuiscono decisamente a delineare le caratteristiche dellacristologia e soteriologia bernardiane nella prospettiva veterotestamen-taria del Servo sofferente del Deutero-Isaia.

    Bernardo cita i passi del poema sostanzialmente dalla Vulgata, siadirettamente da Isaia e sia dalle citazioni presenti nel Nuovo Testamen-to, soprattutto dallinno cristologico di 1Pt 2,18-25, modellato su Is 53100,e dallopera lucana (Lc 22,37 = Is 53,12d e At 8,32-33 = Is 53,7-8a).

    99 SBO VI/2, pp. 289.293.100 Cfr. soprattutto De gradibus et superbiae II,7; ma anche In Ascensione (Ser-

    mo VI,3): Ut peccatis mortui, iustitiae vivamus (= 1Pt 2,24; SBO V, p. 152); In VigiliaApostolourm Petri et Pauli (Sermo III): ut sequamur vestigia eius (= 1Pt 2,21;ibidem, p. 186). Inoltre, in Sententia 17 (Series tertia) cfr. la citazione di 1Pt 2,21(Christus passus estut sequimini vestigia eius; SBO VI/2, p. 75); in Epistula XXIIIad Attonem: ut iustitiae viveretis (SBO VII, p. 75); in Epistula CV ad Romanum:ut iustitiae vivas (ibidem, p. 264); in Epistula CXXIV ad Hildebertum: singula-rem episcopum animarum suarum (cfr. 1Pt 2,25; ibidem, p. 306); in Epistula CXXVIad Episcopos Aquitaniae: Papam et Episcopum animarum suarum (ibidem, p. 317);in Epistula CCXLIII ad Romanos: redite ad Pastorem et Episcopum animarumvestrarum (SBO VIII, p. 133); in Epistula CCCXX Alexandro: pastorem animarumvestrarum (ibidem, p. 254); in Epistula CCCXXI ad Henricum De Murdac:tamquam pastor animarum eorum (ibidem, p. 255); in Epistula CCCXXIX ad Epi-scipum Lemovicensem: ...agitur de pastore et episcopo animarum (ibidem, p. 265);in Epistula CCCLIII Willelmo abbati De Rievalle: Pontifex amimarum nostrarum(ibidem, p. 296).

  • DONATO BONO38

    Nella lettura bernardiana del quarto canto del Servo sofferente nonsi intravede nessuna nota polemica, né antigiudaica né di alcun altrotipo. Per Bernardo si tratta semplicemente di un dato di fatto: la profeziadeutero-isaiana ha annunciato la passione e la morte del nostro Signoree Salvatore Gesù Cristo. È Lui lagnello immolato, condotto al macelloper i nostri peccati, e grazie alla sua atroce sofferenza la pace è ora su dinoi.

    Il quarto canto del Servo risulta così citato:

    Is 52,14c nec speciosum Hebdomadae Sanctaeforma prae filiis hominum de Passione Domini, 3-4;

    Is 53,1a (Domine), In cantica XVIII,II,2;quis credidit auditui nostro? cfr. XXXVIII,II,2;(cfr. Rm 10,16; Gv 12,38) In Epiphania Domini I,1,17;

    Epistula CVII,10;

    Is 53,2c et non erat In cantica XXV,IV,8; XLV,IV; LXX,II,4ei species neque decor cfr. In cantica XXVIII,I,1-4;

    In festivitate omnium sanctorum V,9;Sermo de diversis CCCIII,1;Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4;Dominica in kalendis novembris I,2; V,4;In Ascensione IV,9;

    Is 53,2d et vidimus eum De Maria et Martha et Lazaro III;Feria IV Hebdomadae Sanctae;Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4;In Ascensione IV,9;Dominica in kalendis novembris V,4;Sermo de diversis CCCIII,1;

    ut infans LXX Epistula 237,3;

    Is 53,2e et non erat Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4;ei aspectus (Vulgata)

    Is 53,3a despectum et novissimum cfr. In cantica XXVIII,I,1-4;virorum, plane virum dolorum Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4;

    Dominica in kalendis novembris I,2;Sententia CLXXI Series secunda;Sententia LXX Series tertia;

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 39

    Is 53,3b Virum doloris, In cantica XXV,IV,8;et scientem infirmitatem De gradibus II,9;

    Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 11;De Maria et Martha et Lazaro III,5;cfr. Sermo de diversis XC,2;Sententia LXX Series tertia;

    Is 53,3c et quasi absconditus Epistula CXLIV;(Vulgata)

    Is 53,4a Vere languores In cantica XXV,IV,8; XXVIII,V,12; LVI,I,1;nostros ipse tulit cfr. De gradibus II,9;

    In vigilia Nativitatis IV,3;Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 11;In Quadragesima I,2;Dominica in kalendis novembris I,2;

    et pro nobis dolet (Vetus Latina) cfr. In Quadragesima I,2;

    Is 53,4b et dolores nostros In cantica LVI,I,1;ipse portavit (cfr. 1Pt 2,22) cfr. In cantica XXVIII,V,12;

    cfr. De gradibus II,9;cfr. In vigilia Nativitatis IV,3;cfr. In Quadragesima I,2;cfr. Epistula XXXII;

    Is 53,4c Nos putavimus eum In cantica XXV,IV,8;tamquam leprosum Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4;

    Dominica in kalendis novembris V,4;

    sed opprobrium hominum, Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4;tamquam leprosum cfr. Dominica in kalendis novembris I,2;

    Is 53,4d et percussum a Deo, In cantica XXV,IV,8;et humiliatum Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4;

    Dominica in kalendis novembris V,4;

    Is 53,5a Ipse autem vulneratus In cantica XXV,IV,8; LXI,I,2-3;est propter iniquitates nostras

    Is 53,5b et attritus propter In cantica XXV,IV,8;scelera nostra Dominica in kalendis novembris I,2; V,4

  • DONATO BONO40

    Is 53,5c Disciplina pacis nostrae In cantica XXVIII,I,1-4;super eum

    Is 53,5d et livore eius In cantica XXV,IV,8;sanati sumus cfr. In cantica LXI,III,7;

    Dominica in kalendis novembris V,4;Sermo de diversis VI,3;

    Is 53,6c Et Dominus in eo posuit In cantica XXVIII,I,1-4;iniquitatem omnium nostrum

    Is 53,7a Oblatus est quia voluit In cantica XLVII,IV,7; LXXIII,II,8;De gratia et libero arbitrio III,7;In Purificatione sanctae Mariae III,2,4;Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 4;In resurrectione Domini III,5;In festivitate sancti Martini episcopi 8;Sermo de diversis XXXV,2;

    Is 53,7c Sicut agnus ad In cantica LXX,II,4;occisionem ductus est Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 2;(cfr. At 8,32b) De septem donis Spiritus Sancti 5;

    Apologia ad Guillelmum abatem III,5;In resurrectione Domini III,2;In Die Pentecostes II,7;cfr. Sententia XXIV Series secunda;Epistula 237,3;De Aethiopissa;

    Is 53,7d et tamquam ovis Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 2;coram tondente se obmutuit cfr. Apologia ad Guillelum abbatem III,5;(cfr. At 8,32c) De septem donis Spiritus Sancti 5;

    cfr. In laudibus Virginis Matris I,8;cfr. In circumcisione Domini II,1.18;cfr. In ramis palmarum II,3;Sententia LXXXVIII Series tertia;Epistula CDLXII,8;De Aethiopissa;

    Is 53,7b.e non aperuit In cantica LXX,II,4;os suum (cfr. At 8,32d) Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 2;

    cfr. In ramis palmarum II,3;

  • IL SERVO SOFFERENTE (IS 53) NELLE OPERE DI SAN BERNARDO 41

    Is 53,8a in humilitate iudicium Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4;eius sublatum estLXX(cfr. At 8,33a)

    Is 53,8b generationem eius In vigilia Nativitatis I,8;quis enarrabit? (cfr. At 8,33b) In Septuagesima I,1;

    In Die Pentecostes I,1;cfr. In Assumptione Beatae Mariae I,4;Sermo de diversis LXXXVIII,1;

    Is 53,9c iniquitatem non fecerit cfr. In cantica XXVIII,I,1-4;(cfr. 1Pt 2,22) In cantica LXXI,V,11;

    cfr. Apologia ad Guillelum abbatem III,5;cfr. De gratia et libero arbitrio III,7;cfr. In adventu Domini IV,7;cfr. In circumcisione Domini II,1,10;In sollemnitate Apostolorum Petri et Pauli I,1;Sermo de diversis XXXIII,3; XXXIV,4; XL,4;

    Is 53,9d non inventus est dolus In cantica XXVIII,I,1-4;in ore eius (cfr. 1Pt 2,22) De gratia et libero arbitrio III,7;

    In sollemnitate Apostolorum Petri et Pauli I,1;Sermo de diversis XXVIII,1;Sententia CXI Series tertia;

    Is 53,10a Et Dominus voluit In cantica XXXVIII,II,2;conterere eum in infirmitate cfr. In cantica LXXV,III,6;

    Is 53,12c tradidit in mortem In cantica XXII,III,7;animam suam De diligendo Deo IV,13;

    In laudibus Virginis Matris III,14;Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4;In Ascensione IV,6;Sermo de diversis XXIX,3;

    Is 53,12d et cum sceleratis In cantica XXII,III,7;reputatus est In laudibus Virginis Matris III,14;

    cfr. In circumcisione Domini II,1,10;In ramis palmarum I,1;Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4;cfr. In resurrectione Domini I,11;

    Is 53,12e et ipse peccata In cantica XXII,III,7;multorum tulit In laudibus Virginis Matris III,14;

  • DONATO BONO42

    Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4;Sermo de diversis XXIX,3;

    Is 53,12f et pro transgressoribus In cantica XXII,III,7;rogavit ut non perirent De praecepto et dispensatione X,24;

    In laudibus Virginis Matris III,14;Hebdomadae Sanctae de Passione Domini 3-4.

    Ad eccezione di Is 52,13.14a-b.15 e Is 53,11, per il resto il poemadel Servo sofferente è presente nella quasi totalità101. I tratti decisivi del-la personalità del Servo e della sua opera redentrice a favore delle molti-tudini sono ben evidenziati e attribuiti al Cristo, Redentore dellumani-tà. Ma Bernardo utilizza anche con maestria e libertà il testo biblico, enon solo secondo i canoni della tradizione patristica, come ad esempionel caso di Is 53,8b. Il poema deutero-isaiano fa talmente parte del suohumus spirituale, che egli vi ritorna con unesegesi personale, che nonsempre tiene conto del suo significato originario, spaziandovi libera-mente e concatenandolo con altri testi della Scrittura. Bernardo è così ilmistico e lasceta, che vi saltella nelle Sacre Scritture, cogliendo qua e làtesori per la propria e altrui edificazione spirituale. Tra i testi biblici, ilpoema del Servo sofferente è tra i più citati e certamente, anche per Ber-nardo, essa è lopera profetica la più eloquente e la più illuminante del-lintera economia veterotestamentaria.

    101 Del capitolo 53 non compaiono i vv. 1b; 2ab.f; 3d; 6ab; 8cd; 9ab; 10bc; 11;12ab.