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| 28 aprile 2010 | | 42 | | 28 aprile 2010 | 43 fummo capiti. Ci accusarono di ingenuità, di diffondere scritti inventati dalla Cia. La cosa più stupida del mondo». Il sobornost’ di don Giussani «Se lei non si è stufato dell’Urss sappia che l’Urss si è stufata di lei»: è il 1970 e alla fron- tiera viene ufficializzato l’esilio di padre Scalfi dalla Russia, un esilio che durerà qua- si vent’anni. Ma la dimensione cristiana del popolo russo, incarnata in una tradizione artistica e culturale senza pari, aveva inizia- to a svelarsi in Italia, grazie a una rivista, Russia cristiana ieri e oggi, l’antesignana de La Nuova Europa fondata da padre Scal- fi insieme ai sacerdoti Nilo Cadonna e Pie- tro Modesto, e all’incontro con don Luigi Giussani: «Venne ad abitare al pianterreno della palazzina di via Martinengo nella pri- ma metà degli anni Sessanta. “La liberazio- ne nasce dalla comunione”, era il presuppo- sto su cui aveva fondato Gioventù Studen- tesca, quello che in russo si chiama sobor- nost’: la Chiesa come realtà umana, il cor- po vivente di Cristo animato dal suo spiri- to e fonte di conoscenza; la vita come par- tecipazione a un’unità che investe tutto e supera ogni estraneità. Amava la lettera- tura russa, il canto popolare, diventammo amici e spesso mi chiamava in Cattolica segretario della Congregazione per le Chie- se orientali Tisserant, «non offre la possibi- lità di un apostolato in seno alla comuni- tà russa. Sono però d’avviso che il nostro apostolato debba essere rivolto a interessa- re i cattolici ai problemi che concernono la Russia e l’unità della Chiesa». Quello che è accaduto poi è storia: la storia di un popolo che inizia a radunarsi intorno a Scalfi e monsignor Enrico Galbia- ti, futuro prefetto della Biblioteca Ambro- siana, nelle piccole stanze di via Martinen- go durante la settimana e a Seriate nel week-end, in quella villa di Betty Ambive- ri (la figlia di un imprenditore del baco da seta) che sarebbe diventata la sede ufficia- le di Russia Cristiana, costituitasi in Fon- dazione nel 1992. Un popo- lo che inizia a far paura alla macchina dell’ateismo del- la grande madre Russia e a dare voce ai suoi figli libe- ri traducendo il samizdat, l’editoria clandestina dei dissidenti. «L’Occidente aveva vissuto il tramonto del razionalismo nelle sue forme più bru- tali, culminate nell’hitlerismo; nell’Unio- ne Sovietica il gigante comunista stava ini- ziando a tremare innanzi al diffondersi di manoscritti, appelli e documenti, testimo- nianze laiche e religiose di un popolo che rischiava la pelle per comunicare la possi- bilità di “vivere senza menzogna”, come diceva Solzenicyn, rivendicando il protago- nismo del cuore e dell’esperienza che sole aiutano la ragione. Iniziammo a portare il samizdat in Italia, come possibilità di rina- scita culturale e filosofica dell’Occidente stesso, in breve diventammo un punto di riferimento per gli esuli russi. Non sempre CULTURA La breccia nel moloch sovietico Cinquant’anni fa padre Romano Scalfi a bordo di un maggiolino dimostrava che la macchina dell’ateismo comunista non aveva raso al suolo il senso religioso. «Oggi la sfida della libertà è la stessa». E scrive le pagine di una Nuova Europa la coscienza non era servito. Puoi distrugge- re una pratica religiosa, ma non il senso reli- gioso. Ecco cos’era la Russia di allora». La voce del samizdat Sono passati cinquant’anni e raccontare cosa portò il trentino padre Scalfi, classe 1923, a varcare il confine sovietico signi- fica raccontare l’opera cui il sacerdote ha consacrato la sua esistenza, Russia Cristia- na, e l’attualità di una sfida che ha riunito e riunisce oggi il fiore della cultura euro- pea tra le 112 pagine di una rivista, La Nuo- va Europa. Russia cristiana, spiega il gior- nalista Pierluigi Colognesi nell’omonimo libro edito da San Paolo, ha una data di nascita precisa: 4 ottobre 1957, e un luo- go di nascita, Milano. Roma- no Scalfi è cappellano del- le Piccole Suore dell’Assun- zione, in via Martinengo 16. Una città che, scriverà l’allo- ra trentaquattrenne Scalfi al U NIONE SOVIETICA. UNA RAGAZZA IN attesa che si aprisse un portone. Era estate, l’estate del 1960, e lei aspettava davanti all’unica chiesa cattolica aperta al culto a Leningrado. Non era credente, ma «mi piace la musica dell’organo», aveva spie- gato allo straniero che si era fermato a par- lare con lei, «e poi mi piace pregare». Non si era scomposta neppure quando le era stato chiesto “pregare chi, se non credi in Dio?”: «Dio non esiste perché la scienza lo ha dimo- strato. Ma qualcosa ci deve essere, qualcosa a cui io voglio chiedere cose per questo mio povero paese, che è in una crisi profondissi- ma». Padre Romano Scalfi la Russia prima del muro la racconta così: Minsk, Smolensk, Mosca, Zagorsk, Kalinin, Novgorod, Lenin- grado, Kiev, L’vov. Tappe di una strada, sulla quale cercare orme, tracce di una Presenza, che allora si voleva e si credeva scomparsa, abolita da una folle educazione. Lui, padre Romano, su quella strada si era incamminato tanti anni prima. E ora vestito in borghese, aveva varcato il confi- ne sovietico insieme all’amico padre Pie- tro Modesto, preparato come lui al collegio Russicum di Roma, due sacerdoti, quattro laici e un “angelo custode”: un incaricato del Cremlino che avrebbe dovuto seguire e controllare ogni movimento dei turisti. Che viaggiavano però a bordo di una Mercedes e di una Volkswagen, una per trasportare la “guida” sovietica, l’altra per attardarsi in deviazioni e simulazioni di guasti al moto- re e attirare – le auto tedesche erano merce rara nell’Urss di allora – drappelli di curio- si. Da una conversazione sul motore dell’au- to a quella sul divino motore immobile il passo era breve per i sacerdoti, e i curiosi si dividevano in fretta tra atei militanti e dis- sidenti che di essere considerati alla stregua di «concime per la felicità futura promes- sa dal partito» non ne volevano più sapere. «C’era tra la gente di strada, gente sem- plice e spesso piena di superstizioni – rac- conta padre Scalfi –, qualcosa che la retori- ca di regime non era riuscita ad annullare. Non restava che un centinaio di luoghi di culto aperti in tutto il paese, dopo la chiu- sura di tutti i monasteri ortodossi e delle 54 mila chiese parrocchiali sotto Stalin, quan- do vennero fucilati più di 110 mila sacerdoti. Eppure, in quella ragazza davanti alla chiesa tutto l’impegno usato per sradicare Dio dal- A destra, il gruppo che accompagnò padre Romano Scalfi nel suo primo viaggio in Urss, alle porte di Leningrado. È l’estate del 1960: i finti turisti superano la cortina con una Mercedes, una Volkswagen e una “strategia di contatto”. Si simula un guasto al motore, si crea un capannello attorno ai veicoli (assai rari nell’Urss di allora) e si inizia a parlare Non era credente, ma «mi piace la musica dell’organo. E poi mi piace pregare». Non si era scomposta neppure quando le era stato chiesto “pregare chi, se non credi in Dio?” Da una conversazione sul motore dell’auto a quella sul divino motore immobile il passo era breve, per i sacerdoti. E i curiosi si dividevano in fretta tra atei militanti e dissidenti RUSSIA CRISTIANA OLTRE IL MURO DEL SILENZIO

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fummo capiti. Ci accusarono di ingenuità, di diffondere scritti inventati dalla Cia. La cosa più stupida del mondo».

Il sobornost’ di don Giussani«Se lei non si è stufato dell’Urss sappia che l’Urss si è stufata di lei»: è il 1970 e alla fron-tiera viene ufficializzato l’esilio di padre Scalfi dalla Russia, un esilio che durerà qua-si vent’anni. Ma la dimensione cristiana del popolo russo, incarnata in una tradizione artistica e culturale senza pari, aveva inizia-to a svelarsi in Italia, grazie a una rivista, Russia cristiana ieri e oggi, l’antesignana de La Nuova Europa fondata da padre Scal-fi insieme ai sacerdoti Nilo Cadonna e Pie-tro Modesto, e all’incontro con don Luigi Giussani: «Venne ad abitare al pianterreno della palazzina di via Martinengo nella pri-ma metà degli anni Sessanta. “La liberazio-ne nasce dalla comunione”, era il presuppo-sto su cui aveva fondato Gioventù Studen-tesca, quello che in russo si chiama sobor-nost’: la Chiesa come realtà umana, il cor-po vivente di Cristo animato dal suo spiri-to e fonte di conoscenza; la vita come par-tecipazione a un’unità che investe tutto e supera ogni estraneità. Amava la lettera-tura russa, il canto popolare, diventammo amici e spesso mi chiamava in Cattolica

segretario della Congregazione per le Chie-se orientali Tisserant, «non offre la possibi-lità di un apostolato in seno alla comuni-tà russa. Sono però d’avviso che il nostro apostolato debba essere rivolto a interessa-re i cattolici ai problemi che concernono la Russia e l’unità della Chiesa».

Quello che è accaduto poi è storia: la storia di un popolo che inizia a radunarsi intorno a Scalfi e monsignor Enrico Galbia-ti, futuro prefetto della Biblioteca Ambro-siana, nelle piccole stanze di via Martinen-go durante la settimana e a Seriate nel week-end, in quella villa di Betty Ambive-ri (la figlia di un imprenditore del baco da seta) che sarebbe diventata la sede ufficia-le di Russia Cristiana, costituitasi in Fon-dazione nel 1992. Un popo-lo che inizia a far paura alla macchina dell’ateismo del-la grande madre Russia e a dare voce ai suoi figli libe-ri traducendo il samizdat,

l’editoria clandestina dei dissidenti. «L’Occidente aveva vissuto il tramonto

del razionalismo nelle sue forme più bru-tali, culminate nell’hitlerismo; nell’Unio-ne Sovietica il gigante comunista stava ini-ziando a tremare innanzi al diffondersi di manoscritti, appelli e documenti, testimo-nianze laiche e religiose di un popolo che rischiava la pelle per comunicare la possi-bilità di “vivere senza menzogna”, come diceva Solzenicyn, rivendicando il protago-nismo del cuore e dell’esperienza che sole aiutano la ragione. Iniziammo a portare il samizdat in Italia, come possibilità di rina-scita culturale e filosofica dell’Occidente stesso, in breve diventammo un punto di riferimento per gli esuli russi. Non sempre

cultura

La breccianel moloch sovietico

Cinquant’anni fa padre Romano Scalfi a bordo di un maggiolino dimostrava che la macchina dell’ateismo comunista non aveva raso al suolo il senso religioso. «Oggi la sfida della libertà è lastessa». E scrive le pagine di una Nuova Europa

la coscienza non era servito. Puoi distrugge-re una pratica religiosa, ma non il senso reli-gioso. Ecco cos’era la Russia di allora».

La voce del samizdatSono passati cinquant’anni e raccontare cosa portò il trentino padre Scalfi, classe 1923, a varcare il confine sovietico signi-fica raccontare l’opera cui il sacerdote ha consacrato la sua esistenza, Russia Cristia-na, e l’attualità di una sfida che ha riunito e riunisce oggi il fiore della cultura euro-pea tra le 112 pagine di una rivista, La Nuo-va Europa. Russia cristiana, spiega il gior-nalista Pierluigi Colognesi nell’omonimo libro edito da San Paolo, ha una data di nascita precisa: 4 ottobre 1957, e un luo-

go di nascita, Milano. Roma-no Scalfi è cappellano del-le Piccole Suore dell’Assun-zione, in via Martinengo 16. Una città che, scriverà l’allo-ra trentaquattrenne Scalfi al

Unione Sovietica. Una ragazza in attesa che si aprisse un portone. Era estate, l’estate del 1960, e lei aspettava

davanti all’unica chiesa cattolica aperta al culto a Leningrado. Non era credente, ma «mi piace la musica dell’organo», aveva spie-gato allo straniero che si era fermato a par-lare con lei, «e poi mi piace pregare». Non si era scomposta neppure quando le era stato chiesto “pregare chi, se non credi in Dio?”: «Dio non esiste perché la scienza lo ha dimo-strato. Ma qualcosa ci deve essere, qualcosa a cui io voglio chiedere cose per questo mio povero paese, che è in una crisi profondissi-ma». Padre Romano Scalfi la Russia prima del muro la racconta così: Minsk, Smolensk, Mosca, Zagorsk, Kalinin, Novgorod, Lenin-grado, Kiev, L’vov. Tappe di una strada, sulla quale cercare orme, tracce di una Presenza, che allora si voleva e si credeva scomparsa, abolita da una folle educazione.

Lui, padre Romano, su quella strada si era incamminato tanti anni prima. E ora vestito in borghese, aveva varcato il confi-ne sovietico insieme all’amico padre Pie-tro Modesto, preparato come lui al collegio Russicum di Roma, due sacerdoti, quattro laici e un “angelo custode”: un incaricato del Cremlino che avrebbe dovuto seguire e controllare ogni movimento dei turisti. Che

viaggiavano però a bordo di una Mercedes e di una Volkswagen, una per trasportare la “guida” sovietica, l’altra per attardarsi in deviazioni e simulazioni di guasti al moto-re e attirare – le auto tedesche erano merce rara nell’Urss di allora – drappelli di curio-si. Da una conversazione sul motore dell’au-to a quella sul divino motore immobile il passo era breve per i sacerdoti, e i curiosi si dividevano in fretta tra atei militanti e dis-sidenti che di essere considerati alla stregua di «concime per la felicità futura promes-sa dal partito» non ne volevano più sapere.

«C’era tra la gente di strada, gente sem-plice e spesso piena di superstizioni – rac-conta padre Scalfi –, qualcosa che la retori-ca di regime non era riuscita ad annullare. Non restava che un centinaio di luoghi di culto aperti in tutto il paese, dopo la chiu-sura di tutti i monasteri ortodossi e delle 54 mila chiese parrocchiali sotto Stalin, quan-do vennero fucilati più di 110 mila sacerdoti. Eppure, in quella ragazza davanti alla chiesa tutto l’impegno usato per sradicare Dio dal-

a destra, il gruppo che accompagnò padre romano Scalfi nel suo primo viaggio in urss, alle porte di leningrado. È l’estate del 1960: i finti turisti superano la cortina con una Mercedes, una Volkswagen e una “strategia di contatto”. Si simula un guasto al motore, si crea un capannello attorno ai veicoli (assai rari nell’urss di allora) e si inizia a parlare

Non era credente, ma «mi piace la musica dell’organo. E poi mi piace pregare». Non si era scomposta neppure quando le era stato chiesto “pregare chi, se non credi in Dio?”

Da una conversazione sul motore dell’auto a quella sul divino motore immobile il passo era breve, per i sacerdoti. E i curiosi si dividevano in fretta tra atei militanti e dissidenti

RuSSia CRiStiaNa OltRE il muRO dEl SilENziO

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dente perseguitato come dell’uomo che si alza tutti i giorni e si chiede “cosa voglio fare della mia vita”. Per Russia Cristiana il problema non è mai stato fare opposizione al regime bensì testimoniare come a parti-re dall’esperienza cristiana è possibile vive-re una vita unitaria, piena di significato, in ogni momento della storia, in ogni angolo del mondo. Questa è la sfida della Russia di Putin e Medvedev come della Nuova Euro-pa, di un mondo libero, segnato da diver-se condizioni e caratteristiche storiche, ma figlio della stessa tradizione».

Per lui è stato così negli anni Settanta ed è così oggi che vive con la sua famiglia in quella casa di Seriate dove Russia Cristia-

a sostituirlo nelle lezioni, voleva che spie-gassi il samizdat ai suoi ragazzi. Nell’inten-sificarsi della nostra amicizia capii quella frase: la liberazione nasce dalla comunio-ne. La Russia non sarebbe giunta alla sua liberazione attraverso un consesso di cul-tori del tema e convegni ecumenici, tutto questo non sarebbe servito o sarebbe diven-tato un’illusione senza la vita delle perso-ne, una vita di comunione capace di incon-trare e farsi compagna delle analoghe espe-rienze di comunione che fiorivano al di là del Muro». Fu allora che padre Scalfi decise che tale ambito sarebbe stato, da lì in avanti per Russia Cristiana, quello di Comunione e Liberazione. E la storia di colpo salì a caval-lo in quelle due stanzette di via Martinengo.

Da piazza Majakovskij a MedvedevBukovskij, Galanskov, Ginzburg, Vysockij, Galic, Brodskij, Sinjavskij, Daniel’: all’ini-zio sono i ragazzi di piazza Majakovskij, in fretta e negli anni le voci dei dissidenti si alzano, moltiplicano e vengono rilanciate in Italia attraverso uno strumento che nel-la rivendicazione del primato della dimen-sione religiosa del popolo russo e della sua cultura vede la chiave per comprendere l’uomo e la storia contemporanei. Uno strumento che negli anni muta: da Russia cristiana ieri e oggi a L’Altra Europa a

La Nuova Europa, che nel 1992 vede la sua luce anche in edizione spagnola e russa, la storia aveva cominciato a galoppare: «Cadu-to il Muro – spiega Adriano Dell’Asta, profes-sore di Lingua e letteratura Russa all’Univer-sità Cattolica, vice presidente della Fonda-zione Russia Cristiana – è tornata in Russia la libertà, e quella della libertà è sempre sta-ta la sfida di ieri e di oggi, del mondo occi-dentale come di quello orientale, del dissi-

RuSSia CRiStiaNa OltRE il muRO dEl SilENziO cULtUra

la rivista la Nuova Europa nasce 50 anni fa, col nome Russia cristiana ieri e oggi, un titolo “fuori dal coro” negli anni di guerra fredda in cui si parlava di unione Sovietica e patria del socialismo. l’intento dei promotori, i sacer-doti Romano Scalfi, Nilo Cadonna e Pietro modesto, era quello di rivendicare il primato della dimensione cristiana del popolo russo e della sua cultura, proponendola come chiave di com-prensione dell’uomo e della storia con-temporanei. Proprio all’attualità di questa sfida è dedicato l’arti-colo pubblicato da la Nuova Europa oggi in libreria: un inedito di padre Florenskij scrit-to come introduzione alle dispense delle sue lezioni, che affronta con straordinaria luci-dità il tema dell’edu-cazione. tra gli altri protagonisti delle 112 pagine della rivista, disponibile su ordi-nazione in libreria o in abbonamento (per info: 035/294021; [email protected]), Havel, Solov’ëv, Sacharov e Radio liberty.

L’annIversarIo

Sopra, Seriate, villa ambiveri: i sacerdoti fondatori di russia cristiana ieri e oggi leggono la stampa sovietica.Da sinistra, Nilo cadonna e romano Scalfi, Pietro Modesto (in piedi). Sotto, Scalfi all’ingresso del cremlino

«Nell’intensificarsi dell’amicizia con Giussani capii che la russia non sarebbe giunta alla sua liberazione grazie a un consesso di cultori del tema. Ma attraverso una vita di comunione»

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cULtUra RuSSia CRiStiaNa OltRE il muRO dEl SilENziO

Oriente e Occidente, come aveva profetiz-zato il Papa venuto dall’Est, che aveva volu-to affidare alla Madonna la Russia, come la Vergine aveva chiesto a Fatima.

Quello che non vide Gagarin“Si los hombres no construyen ¿Cómo vivirán?” (Se gli uomini non costruiscono, come vivranno?): protagonista alla kermes-se spagnola EncuentroMadrid dello scorso aprile, la mostra “Vivere senza menzogna” realizzata da Russia Cristiana e Fondazione Solzenicyn, «la testimonianza di un uomo in cui gli sforzi del totalitarismo non sono riusciti ad annullare un rapporto costituti-vo con la verità. Una speranza conosciuta in Italia grazie alla sua amica Irina Alberti, direttrice a Parigi de la Pensée Russe, por-tavoce in Occidente del pensiero dei Sacha-rov, dei Bukovskij, dei Maximov e dei Sinja-vskij. Non conquistare il mondo, secondo la misura dell’ideologia. Ma volerlo tutto, secondo la sua ricchezza», spiega Dell’Asta. «Gagarin è stato in cielo e Dio non l’ha visto», aveva udito dagli universitari a Mosca nel 1963. Cinquant’anni dopo, nell’aula gre-mita di un’università siberiana, Scalfi sen-tiva un professore parlare ai suoi studen-ti così: «Ero ateo. Aprirmi a una maggiore

conoscenza mi ha portato a conoscere Dio e Dio a cono-scere Cristo». Tutti gli studen-ti, quasi nessuno battezzato, si erano alzati ad applaudire.

caterina Giojelli

na porta avanti la sua missione: «Se aves-si percepito in Russia Cristiana un grup-po semplicemente anticomunista, in que-gli anni in cui noi studenti eravamo tutti orientati a sinistra, non l’avrei mai conside-rato. Quello che mi colpì fu invece il fasci-no di un movimento che non si configura-va come un disegno politico di opposizione bensì di affermazione di una bellezza, del-la positività di un’esperienza, attraverso la quale prendevano voce le esigenze di verità e di giustizia dell’uomo: questa era la forza del dissenso che affascinava noi giovani, la forza di riaffermare il rispetto per la perso-na e per la realtà calpestate dall’ideologia. Seguivamo le testimonianze che arrivavano da oltre confine, i processi ai cristiani capa-ci di affermare davanti a un giudice “noi cristiani vogliamo tutto il mondo”».

La proposta di Scalfi segna una genera-zione. Lavoro, studio e turismo diventano le occasioni per intensificare i rapporti con la Russia, spesso non esenti da ritorsioni del Kgb. «Sono gli anni – dice Dell’Asta – in cui ad Andrej Sinjavskij veniva chiesto se poteva definirsi anticomunista e lui rifletteva: sic-

come comunista significa antiumano dovrei essere un antiantiumano, e troppe negazio-ni non fanno per me: trovo più interessan-te affermare qualcosa. Questo è il punto: se fossimo stati anticomunisti alla caduta del muro avremmo dovuto chiudere i battenti. E invece la storia ha trovato nuove strade».

Il 28 ottobre 2007 monsignor Paolo Pez-zi viene ordinato Arcivescovo Metropolita dell’Arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca: a un italiano, amico di Scalfi e appartenen-te alla Fraternità missionaria San Carlo Bor-romeo fondata da don Massimo Camisasca, “figlio spirituale” di don Giussani, Benedet-to XVI affida il compito di vegliare su un milione e mezzo di cattolici russi e rianno-dare i rapporti con la Chiesa ortodossa. Per-ché si compia il cammino aperto da Gio-vanni Paolo II e l’Europa torni a respirare con due polmoni, dall’Atlantico agli Urali,

russia cristianaautore P. colognesiEditore san PaoloPagine 238Prezzo 14,50 euro

La BIoGraFIa

«Sinjavskij rifletteva: siccome comunista significa antiumano dovrei definirmi un antiantiumano, e troppe negazioni non fanno per me: mi interessa affermare qualcosa»

In alto, a sinistra, il Bazar del libro nel cortile di San luigi dei Francesi di Mosca. Sopra, Scalfi all’interno del cremlino nel 1969. a lato, l’incontro con Giovanni Paolo II durante il Meeting per l’amicizia tra i popoli del 1982