CROCETTA DEL MONTELLO per la cultura del territorio del mais_02.pdfE’ una breve monografia sul...

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Questo opuscolo è stato realizzato a scopo didattico, quale supporto per la visita alla mostra allestita nel nuovo impianto sportivo di Crocetta del Montello, in occasione della ricorrenza di S. Andrea. E’ una breve monografia sul mais e un tributo alla memoria del contadino che dai campi, e in particolare dal granoturco, ha tratto il suo sostentamento per lunghi anni. In una società che del consumismo ha fatto il proprio sistema di vita, pensare e ricordare la sem- plicità di un tempo non significa rimpiangere il passato. Vuol dire essere consapevoli del lungo cammino dell’uomo e fare tesoro di e- sperienze che potrebbero tornare utili in momenti difficili, come quello che stiamo attraversando. Il termine crisi deriva dal greco e significa scelta. Non solo in queste circostanze ma ogni giorno dobbiamo operare delle scelte. La nostra missione consiste nel migliorare le condizioni di vita attuali, tenendo fisso il pensiero che la terra avrà degli abitanti anche dopo di noi. Un grazie sincero a tutti quelli che hanno contribuito per il miglior risultato di questa manifestazione. CROCETTA DEL MONTELLO per la cultura del territorio

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Page 1: CROCETTA DEL MONTELLO per la cultura del territorio del mais_02.pdfE’ una breve monografia sul mais e un tributo alla memoria del contadino che dai campi, e in particolare dal granoturco,

Questo opuscolo è stato realizzato a scopo didattico, quale supporto per la visita alla mostra allestita nel nuovo impianto sportivo di Crocetta del Montello, in occasione della ricorrenza di S. Andrea. E’ una breve monografia sul mais e un tributo alla memoria del contadino che dai campi, e in particolare dal granoturco, ha tratto il suo sostentamento per lunghi anni. In una società che del consumismo ha fatto il proprio sistema di vita, pensare e ricordare la sem-plicità di un tempo non significa rimpiangere il passato. Vuol dire essere consapevoli del lungo cammino dell’uomo e fare tesoro di e-sperienze che potrebbero tornare utili in momenti difficili, come quello che stiamo attraversando. Il termine crisi deriva dal greco e significa scelta. Non solo in queste circostanze ma ogni giorno dobbiamo operare delle scelte. La nostra missione consiste nel migliorare le condizioni di vita attuali, tenendo fisso il pensiero che la terra avrà degli abitanti anche dopo di noi. Un grazie sincero a tutti quelli che hanno contribuito per il miglior risultato di questa manifestazione.

CROCETTA DEL MONTELLO per la cultura del territorio

Page 2: CROCETTA DEL MONTELLO per la cultura del territorio del mais_02.pdfE’ una breve monografia sul mais e un tributo alla memoria del contadino che dai campi, e in particolare dal granoturco,

I cereali sono la principale fonte ali-mentare per l’uomo e occupano una posizione di primo piano anche nell’ali-mentazione animale. Occupano circa il 50% della superficie seminativa mondiale e sono coltivati in tutti i continenti. In Italia questa percen-tuale è del 45%. AVENA: cereale tipico dei climi tempe-rati, ama i terreni pesanti, umidi e acidi. Si distingue per la sua inflorescenza in pannocchia e non in spiga. FARRO: è una varietà antica e rustica del grano tenero. Si tratta di una pianta poco produttiva, ma ben acclimatata nei terreni poveri, poco esigente e resi-stente alla mancanza di acqua. La sua coltura non richiede trattamenti antipa-rassitari. Questo ne fa un cereale ap-prezzato per l’agricoltura biologica. FRUMENTO (grano tenero): è il primo cereale coltivato (oltre 15.000 anni fa nella vallate del Tigri e dell’Eufrate). E’ il più presente nell’alimentazione umana. Ne esistono circa 30.000 varietà, alle quali se ne aggiungono ogni anno di nuove. Si adatta a qualsiasi tipo di terreno. GRANO DURO: ha la stessa origine preistorica del grano tenero ma è meno produt-tivo pur se più ricco di proteine. E’ il cereale della cucina mediterranea: è alla base della pasta italiana, della pasticceria greca e orientale, del couscous nordafricano. GRANO SARACENO: originario dell’Asia è classificato come cereale nelle statisti-che agroalimentari. Sta regredendo a vantaggio delle nuove varietà di grano. KAMUT: antico cereale egiziano notato da un pilota americano dopo la seconda guerra mondiale. Ne inviò alcuni esemplari a suo padre, agricoltore del Montana, che li seminò per curiosità, ottenendo un prodotto biologico apprezzato. MAIS: coltivato in America, si diffuse in Europa nel XV secolo. Oggi è il cereale più coltivato nel mondo. Non solo è un ingrediente insostituibile nell’alimentazione ani-male e umana (si pensi alla polenta), ma si usa anche per la produzione di pasta da carta e per l’estrazione di diverse sostanze chimiche.

MIGLIO: pianta dei paesi secchi e cal-di. E’ caratterizzato da una spiga alta e da piccoli grani, essenziale nell’alimen-tazione delle popolazioni sub saharia-ne, che ne ricavano anche birra e fo-raggio. ORZO: originario dell’Asia e dell’Africa occidentali, sopporta tutti i climi ma te-me l’umidità prolungata. La sua princi-pale destinazione è la produzione di birra. QUINOA: originario degli altipiani boli-viani, ha ricoperto per il Sud America la medesima importanza nutritiva che il mais ha avuto per l’America centrale. “Madre delle piante” nell’impero inca, oggi utilizzato per la produzione di bir-ra, ma la sua coltivazione non si è mai diffusa in altri continenti. RISO: è il primo cereale dell’alimenta-zione umana. Proviene dall’Asia mon-sonica ma varietà ibride hanno raggiun-to le latitudini più disparate, permetten-

do la coltivazione in Africa, Argentina, Brasile, Guyana, Uruguay, Stati Uniti, Italia (pianura padana), Francia, Spagna e Grecia. Il 90% è destinato all’alimentazione u-mana. SEGALE: è il cereale dei terreni poveri, tipico di regioni isolate. Forniva il pane quo-tidiano e la paglia serviva per i tetti delle capanne oltre che per la produzione di se-die e cesti. SORGO: originario dell’Africa, costituisce un importante alimento delle popolazioni dell’emisfero meridionale del pianeta. Nell’emisfero boreale è coltivato per alimenta-zione animale, per produrre zucchero e alcool. Resiste bene alla siccità, avendo ra-dici profonde. SPELTA: pianta piccola, coltura storica dell’area mediterranea e mediorientale. E’ quasi scomparsa. TRITICALE: cereale moderno nato dall’incrocio tra il grano e la segala. Coltivazione marginale, il cui prodotto è destinato all’alimentazione animale.

I CEREALI

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Per i Maya, il mondo era stato generato da un seme di mais. Poi gli dei aveva-no creato l’uomo, dapprima di terra, quindi di legno: ma questi uomini non eb-bero lunga vita, perché privi di cuore e di cervello. Quelli che sopravvissero diedero origine alle scimmie.

Allora anche gli uomini vennero modellati con il granoturco. Oltre ad essere composti di mais, nel corpo degli esseri umani scorreva il sangue degli dei. Per il popolo che realizzò le monumentali piramidi a gradoni nel territorio dell’odierno Messico meridionale e del Gua-temala, dal 300 al 1400, era proprio il mais la principale risorsa. Per i Maya il terzo dio in ordine di importanza, dopo quelli del Cielo e della pioggia, era Yam Kax, dio del mais, raf-figurato come un giovane dagli occhi e orec-chie grandi e sporgenti, con la testa ornata da una pannocchia. I rituali e le offerte al dio del mais erano molto importanti e si svolge-vano a intervalli regolari. Secondo una leg-genda Maya il mais si trovava nascosto sotto

una montagna di roccia dura. Gli dei, per aiutare gli esseri umani, fecero ca-dere un fulmine sulla roccia che custodiva il granoturco, abbrusto-lendo parte dei chicchi: da qui nac-quero le quattro varietà del mais: rossa, nera, gialla e bianca. Il no-me (mais) è di origine spagnola, maíz, a sua volta d'origine caraibi-ca, più precisamente taino, mahis. Quando nel 1492 Cristoforo Co-lombo giunse in America, non tro-vò un paese disabitato, ma popoli che avevano sviluppato civiltà raffi-nate ed evolute.

Si trattava dei Maya, degli Inca e degli Aztechi, insediati in quelle zone fin dai tempi antichissimi. I Maya vivevano soprattutto nella zona che gli archeologi chiamarono Mesoa-merica (Messico meridionale fino al Guatemala, Honduras e al El Salva-dor), gli Aztechi nella cosiddetta Area Intermedia e gli Inca nell'Area Andi-na. I Maya si dedicavano alla raccolta di frutti selvatici: papaia e noci. Usava-no le spezie, quali peperoncino, va-niglia e origano. Si dedicavano all'a-gricoltura coltivando mais, fagioli, zucche, cacao e tabacco. Il mais, principale alimento, veniva cucinato dalle donne in svariati modi. I chicchi venivano posti in vasi di terra-cotta e lasciati a bagno di acqua e calce per un’intera notte. In questo modo si ammorbidivano. L’indomani veniva-no trasformati in farina grossa. La fa-rina veniva posta su foglie di banano e fatta cuocere. Erano le tortillas. Un’altra ricetta maya erano le tama-les che consisteva in foglie di grano-turco ripiene e bollite nell’acqua. In Europa le prime coltivazioni di mais iniziarono trent’anni dopo la scoperta dell’America, in Spagna e più precisamente in Andalusia, per opera di agricoltori arabi che lo usarono per alimentazione animale. Fu durante il secolo XVII che si diffuse in una fa-scia precisa che attraversava la Spagna, la Francia, l’Italia, i paesi del Danu-bio fino all’Ucraina e al Caucaso. Nell’America del Nord era conosciuto fin dal I° millennio d.C.

MAIS E MAYA

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Il mais (Zea Mays) è un cereale che sta assumendo, a livello mondiale, una diffusione e un’importanza crescenti. L’aumento delle superfici coltivate è sen-za dubbio legato alla sua utilizzazione nel settore zootecnico.

Area di origine

Area di coltivazione

Il mais (o granoturco, granone, frumentone, ecc.) fu conosciuto dagli europei dopo la scoperta dell’America. La sua diffusione in Europa si ebbe nel 1600, nelle regioni Balcaniche, allora facenti parte dell’Impero Ottomano, grazie alle condizioni climatiche favorevoli che assicuravano produzioni più che doppie rispetto ai cereali tradizionali e, forse, anche al fatto che questo nuovo prodot-to agricolo, non ancora rubricato, sfuggiva alla tassazione. Qualche tempo dopo il mais iniziò a diffondersi in Italia. Fu chiamato “granoturco” con riferimento alla sua provenienza (?). Le regioni della Pianura Padana, grazie al clima favorevole, furono quelle che introdussero il mais nel-le loro colture con ottimi risultati. Ma anche le regioni peninsulari trovarono nel mais un valido contributo al precario sostentamento alimentare delle popola-zioni agricole. Nell'agricoltura tradizionale veniva coltivato con la tecnica dei "tre campi", uno a mais e due a frumento, con gli spazi marginali occupati dai filari di vite mari-tata ad alberi vivi: questa formula corrispondeva esattamente alle esigenze

della piccola proprietà, permettendo di ottenere il prodotto con cui pagare i tribu-ti (in grano) e quanto serviva per l’ali-mentazione (in mais, cioè polenta). Negli ultimi decenni si è assistito ad un aumento costante delle produzioni medie di granella, passando dalle 2-3 tonnellate fino alle 12 e anche 15 per ettaro. Tale progresso è stato possibile sostituendo le vecchie varietà a seme vitreo con gli i-bridi a seme farinoso, molto più produttivi, e con il costante miglioramento del-le tecniche colturali. Ormai il mais si è localizzato quasi esclusivamente nelle zone più fertili ed irri-gate, ma la scarsità di cereali a livello mondiale, con il conseguente aumento dei prezzi, è dovuta alla crescente richiesta dei Paesi emergenti e soprattutto ad un maggior utilizzo non alimentare. Ciò crea preoccupazioni, aggravate dal fatto che la popolazione mondiale è in continuo aumento e che la superficie coltivabile non solo non può aumentare, ma purtroppo tende a diminuire. Nel mondo i cereali più importanti sono: il mais che primeggia per produzione totale e resa unitaria, il riso perché nutre un numero di persone più elevato e il frumento per le maggiori superfici coltivate.

Il primato delle produzioni mondiali si è raggiunto nelle regioni padane grazie all'impegno profuso da scienziati, tecnici e operatori agri-coli. Si è così stimolata una zoo-tecnia intensiva e tecnologicamen-te avanzata che ha favorito l'affer-marsi di produzioni alimentari d'ec-cellenza quali formaggi grana e prosciutti crudi.

DIFFUSIONE DEL MAIS MAIS IN ITALIA

Diffusione del mais nel mondo

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La pianta del mais è monoica (fiori maschili e femminili separati sulla stessa pianta) e porta i fiori riuniti in spi-ghette che rappresentano l'unità dell'infiorescenza. Esistono due tipi di spighette maschili e femminili. Le maschili sono raccolte nell'infiorescenza maschile o pennacchio, le femminili sono portate sulla spiga vol-

garmente chiama-ta pannocchia. Le diverse mi-gliaia di varietà di mais sono suddi-vise in gruppi a seconda delle ca-ratteristiche mor-fologiche della ca-riosside (grano).

CLASSIFICAZIONE DEL MAIS (nome latino Zea mays) Zea mays indentata (mais dentato o "dent corn") E’ il più importante, costituisce il 90% delle coltivazioni. Zea mays indurata (mais vitreo o "flint corn") Consistenza vitrea, colore intenso, utilizzato per alimentazione umana e avicoltura. Zea mays ceratina (mais waxy) Mais che per l’accumulo di amido sotto forma di amelopectina viene utilizzato nell’industria alimentare come addensante. Zea mays saccharata (mais dolce o "sweet corn") E’ il mais dolce utilizzato per le insalate. Zea mays amylacea (mais farinoso o "soft corn") Accumula amido come amilosio e viene utilizzato per l’industria. Zea mays everta (mais da scoppio o "pop corn") Presenta cariossidi vestite che riscaldate scoppiano. Zea mays tunicata (mais vestito o "pod corn") Mais di scarso interesse.

PRODUZIONE di MAIS IN ITALIA NEL 2011 (fonte Istat)

MAIS - MORFOLOGIA DELLA PIANTA MAIS IN ITALIA

Regioni Produzione Q.li Lombardia 28800034 Veneto 25160172 Piemonte 14923950 Emilia-Romagna 13306768 Friuli-Venezia Giulia 8102316 Lazio 1996116 Toscana 1535170 Umbria 1261379 Campania 1203719 Abruzzo 647925 Marche 480925 Calabria 199882 Sardegna 67913 Puglia 57175 Molise 54502 Basilicata 41200 Sicilia 34260 Trentino-Alto Adige 11895 Trento 11700 Liguria 10280 Valle d'Aosta 1200 Bolzano 195

ITALIA 97896781

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L'uomo antico sicuramente dovette alimentarsi con cereali e i reperti testimoniano come fosse usanza macinarli grossolanamente tra due pietre e cuocere la farina in acqua bollente. In epoca romana la polenta era chiamata con un nome molto simile al nostro, "pultem". Essa era fatta con un cereale simile al grano, più duro: il farro. Solo con la

scoperta delle Americhe e quindi del mais il bi-nomio polenta e mais divenne indissolubile fino ai giorni nostri. Fu Venezia ad introdurla nelle paludi del Polesi-ne e nel Friuli. Secondo lo studioso Giovanni Beggio, la prima seminagione è datata 1554, in Veneto. Di certo c'è solo che fu dal XVII secolo che avvenne la grande diffusione del mais in Europa. Nei secoli seguenti, l'intera Padania, non mangiò altro che polenta di mais: essa risolse gli enormi problemi alimentari di molte popolazioni povere. La pellagra: colpa della povertà, non della polenta

E’ stata lo sfacelo delle campagne della Pianura Padana. La si credette per secoli causata da un’infezione del mais, solo nell’800 si sciolse l’enigma. I malati di pella-gra si riconoscevano per le famigerate «3 D»: dermatite, non di rado era scambiata per leb-bra, diarrea e demenza. Se non curata, porta-va alla morte e per decenni i manicomi del nord si riempirono di «matti» con i sintomi neurologici della malattia. Dalla seconda metà del 1700 si era notato che la diffusione della malattia andava a brac-cetto con i consumi di polenta, in Italia diven-ne un problema molto esteso nelle regioni ve-nete, dove i contadini consumavano anche due o tre chili di polenta al giorno, e solo quel-

la. Si pensò a una tossina presente nel granturco (il discusso scienziato italiano Ce-sare Lombroso fu uno dei più accaniti promotori di tale teoria). Gli studi successivi portarono alla scoperta che la pella-gra è una malattia causata dalla ca-renza o dal mancato assorbimento di vitamine del gruppo B. Secondo la prima indagine sanitaria dell’Italia u-nita, nel 1878, 100mila persone in I-talia ne erano affette, erano quasi tutti contadini e 9 su 10 vivevano fra Veneto, Emilia e Lombardia. Giuseppe II d'Asburgo fondò a Le-gnano, nel 1784 il primo ospedale per malati di pellagra. Tra il 1804 e il 1805, il governo austriaco, che allo-ra dominava quella parte d'Italia, condusse un'inchiesta sulla pellagra nelle province di Treviso e Padova, concludendo che la malattia non era né contagiosa né ereditaria, ma dipendeva «dall'abuso dell'alimento vegetabile, in particolare del granturco». Curiosità: vampiri e sesso Da una credenza popolare si pensa che il mito dei vampiri abbia avuto diffusione in seguito all’avvento della pellagra. I vampiri fuggono dalla luce del sole per conserva-re la loro forza ed evitare la loro decomposizione. I malati di pellagra sono ipersensi-bili alla luce del sole. I sintomi clinici della pellagra comprendono insonnia, aggressi-vità, ansia e conseguente demenza e possono aver contribuito ad alimentare le leg-gende sui vampiri. Forse vi stupirà sapere che uno dei più documentati cibi dalle proprietà afrodisiache è la polenta. Da alcuni esperimenti condotti sui topi, è risultato che il mangiare po-lenta stimolava la loro attività sessuale. L’effetto afrodisiaco del mais sembrerebbe dovuto alla mancanza in questo alimento del triptofano, inibitore della serotonina, or-mone del buonumore.

MAIS POLENTA E PELLAGRA

La polenta Pietro Longhi (1702-1785)

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L'agricoltore prepara il terreno con l'aratura, lo concima e interra il seme al momento opportuno con l’aiuto di seminatrici spinte da trattori. La semina avviene nei mesi di marzo-aprile quando il terreno è umido e tiepido. Se il terreno è adatto il seme germina velocemente prima che larve di maggioli-ni, grillotalpa o altri insetti comincino a rosicchiarlo. Se tutto va bene dopo una settimana, il rivestimento del chicco si rompe per lasciare uscire la ra-

dichetta e la piumetta. Nel mese di maggio si vedono spuntare le piantine e dopo tre settimane vengono rincalzate, formando lunghi solchi per facilitare l’irrigazione. Le lunghe file del mais crescono veloce-mente, le irrigazioni sono abbondanti e fre-quenti (una volta a settimana). A metà giu-gno la pianta raggiunge un’altezza di circa 70/80 cm. A fi-

ne luglio arriva a due metri. La pannocchia, a metà del fusto, raggiunge i 20 cm. di lunghez-za e i chicchi crescono velocemente. Nel me-se di agosto le irrigazioni cessano, l’acqua non serve più, i chicchi sono maturi. La pan-nocchia è pronta. Un tempo le pannocchie venivano staccate dal fusto manualmente (spannocchiatura), poi liberate dalle brattee (scartocciatura), e infine sgranate. Oggi la raccolta è meccanizzata e avvie-

ne in due modi, a seconda dell’utilizzo finale del prodotto: - il silomais o trinciato, si ricava trinciando il granoturco, cioè tagliando a pezzettini l'inte-ra pianta con un apposita macchina chiama-ta trincia, quando la cariosside (il grano) ha una consistenza morbida e lattiginosa. Il trinciato così ottenuto viene posto in un silos di stoccaggio e lasciato fermentare per 40

giorni; la maturazione permette di ottenere un alimento succulento molto apprezzato dai bovi-ni. - la granella invece si raccoglie a settembre, quando le spighe (pannocchie) sono mature, con mietitrebbie che la separano dal tutolo. Il resto della pianta rimane secco sul campo a formare gli stocchi. Le cariossidi di mais, se u-

sate come mangime per gli ani-mali, vengono ridotte in farine grossolane, largamente usate negli allevamenti di mucche, maiali e polli. La farina molto fine serve all’uo-mo per preparare squisite polen-te ma anche dolci, biscotti e pa-sta. I chicchi vengono utilizzati per corn-flakes, per insalate, pa-tatine e per ottenere olio di semi.

Da una varietà particolare si ottengono i popcorn. Fino agli anni sessanta del Novecento, nei campi si potevano vedere diver-se persone che perfezionavano il lavoro effettuato dalle macchine. L’inten-sificazione della produzione ha completamente meccanizzato il la-voro e oggi sono grandi macchine a popolare i campi. Le foto in bianco e nero di questo pannello appartengono ad un mon-do scomparso, meglio rappresenta-to da quei luoghi dove il mais è an-cora il principale alimento umano. Le popolazioni economicamente a-vanzate li chiamano terzo mondo.

COLTIVAZIONE DEL MAIS

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Abbiamo detto dell’uso zootecnico del mais, dell’in-silato destinato all’alimentazione dei bovini, del gra-no per gli animali da cortile. Ci occupiamo ora della molitura dei cereali. I mulini di un tempo (i mulini bianchi) le cui ruote erano mosse dall’acqua, non esistono più, quelli a vento appartengono solo a determinate zone. Quasi tutti funzionano ad ener-gia elettrica. La gamma dei prodotti ottenibili lavorando il mais è molto ampia. Attraverso la lavorazione a secco (mulini) si ottengono spezzati più o meno fini, se-mola, farina e crusca. Con gli sfarinati si producono fiocchi, polenta, farine precotte, semole glutinate.

Dalla lavorazione per via umida rica-viamo prodotti come l’amido nativo, proteine, farina glutinata, concentrato proteico della fermentazione lattica del mais. Successivamente impie-gando l’amido come materia prima in un processo a cascata, si generano prodotti di seconda trasformazione: destrine, glucosio, destrosio, frutto-sio, isoglucosio, caramello, ciclode-strine.

Dai semi del mais si ricava un olio per l'alimentazione umana. Secondo un luogo comune duro a morire, gli oli di semi sono i più adatti per friggere. Non è così, la scelta migliore resta sempre l'olio extravergine di oliva; l'olio di semi di mais rappresenta un'alternativa. Oggi il cereale comincia ad interessare sempre più le a-ziende per impieghi diversi dall’alimentazione umana e a-nimale, tipo la produzione di etanolo, alternativo al petrolio o al gas naturale, il silomais per ottenere biogas e pure pellet come combustibile per stufe, sia dal tutolo che dal chicco.

Biocarburanti Tutti i carburanti estratti dalle biomasse sono definiti biocarburanti. Per tale ra-gione sono considerati una fonte di energia rinnovabile. I principali biocarburanti sono: biodiesel come sostituto del gasolio, bioetanolo come sostituto della benzina. Pochi sanno che il primo motore a gasolio inventato da Rudolph Diesel nel 1-893 funzionava proprio con olio di arachidi. Bioplastica La bioplastica è un tipo di plastica biodegradabile in quanto derivante da ma-terie prime vegetali rinnovabili annualmente. Il tempo di decomposizione è di qualche mese in compostaggio a fronte dei mille anni richiesti dalle materie plastiche sintetiche derivate dal petrolio. Delle plastiche di derivazione biotec-nologica attualmente sul mercato conosciamo bene il Mater-Bi, composto principalmente da farina o amido di mais, grano o altri cereali. L’esempio che tutti conosciamo è costituito dal sacco per la raccolta dei rifiuti umidi.

EVOLUZIONE NEGLI IMPIEGHI DEL MAIS

Antichi mulini

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VARIETA’ DI MAIS TIPICHE DEL VENETO

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L’arte è l’espressione del pensiero e dell’attività dell’uomo. Anche il mais è stato oggetto di attenzioni particolari da parte di artisti antichi e moderni. Abbiamo già visto come per le popolazioni arcaiche dell’America centrale fosse una divinità, e così fu raffigurato. Non mancano però le sorprese.

Nell’Ottocento è espressione del duro lavoro nei campi.

All’inizio del Novecento, quando la meccanizzazione accelerò i processi produtti-vi in agricoltura, il messicano Diego Rivera (1886-1957), con i suoi murales, sep-pe rappresentare mirabilmente il momento di questa transizione, ispirato dall’arte pre-colombiana, dove il mais era sempre presente.

MAIS NELL’ARTE

Questo bassorilievo del tempio di Ramses II (Abydo), che regnò in Egitto dal 1279 al 1213 a.C., po-trebbe favorire la tesi secondo la quale il mais fosse presente in A-frica prima della scoperta dell’A-merica.

Dio del mais Yam Kax nella civiltà Maya.

La raccolta Enrico Ursella (1887-1955)

Civiltà Huasteca - 1950 La molendera - 1924 Festa del mais - 1923

Meccanizzazione del lavoro - 1926