Cristina Forcesin - Costruire per smontare. Architettura temporanea tra spazio, evento e movimento

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Costruire per smontare. Architettura temporanea tra spazio, evento e movimento

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Il paesaggio delle nostre città si caratterizza oggi di una grande quantità di opere costruite dall’uomo,che hanno sempre ricercato come qualità principale la massima durata, solidità e trasmissibilità aiposteri. Tuttavia a partire dalla Rivoluzione Industriale e poi durante il 1900, il progresso scientificoha seguito un ritmo sempre più veloce fino a giungere alla situazione contemporanea, caratterizzatada fenomeni come la facilità e l’immediatezza della comunicazione e della circolazione di personeed idee. La ricerca parte dal superamento del concetto di “firmitas” per una nuova chiave d’interpretazionedel contemporaneo, esemplificata da Bernard Tschumi attraverso una nuova triade al postodi quella vitruviana: spazio, evento e movimento. Attraverso l’inclusione dell’evento e del movimentonella processo di costruzione dello spazio si vuole affrontare in questa ricerca un approccio alprogetto apparentemente opposto all’essenza stessa dell’architettura, ovvero la costruzione di spazidestinati ad eventi e situazioni temporanei, di breve durata e in continua trasformazione, che peròpossono costituire la base di continue e mutevoli trasformazioni dello spazio urbano.

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Costruire per smontare. Architettura temporanea tra spazio, evento e movimento

“Della vita degli edifici si occupano poco coloro che oggi scrivono d’architettura. Eppure le opere d’architettura sono coinvolte dal trascorrere del tempo in modi caratteristi-ci, singolari e specifici. Un’opera di architettu-ra invecchia in modo ben diverso da come invecchia un quadro. Il tempo non è solo patina per un’opera di architettura e spesso gli edifici subiscono ampliamenti, includono riforme, sostituiscono o alterano spazi ed elementi, trasformando o addirittura perden-do la propria immagine originaria. Il cambia-mento, il continuo intervento, che lo si voglia o no, sono il destino di ogni architettura”.1 [...]

“Penso che il problema della materialità nell’architettura recente sia diverso che in quella passata e da questo fatto mi sento molto coinvolto. Non nel senso che ne sono dispiaciuto, ma nel senso che sono pronto ad accettare che l’architettura possa diventare qualcosa di diverso da ciò che è stata nella storia. Ho l’impressione che gli edifici siano destinati a conservarsi meno bene di quanto non avvenisse in passato. Non si tratta solo di un problema di mancanza di solidità. Vi è una credenza diffusa, anche se ancora poco espressa, per la quale gli edifici sono desti-nati a scomparire e anch’io condivido questa sensazione. L’architettura è pronta a diven-tare arte effimera. Ciò è evidente in questo mondo e in particolare negli Stati Uniti, dove la società è tanto sensibile ai cambiamenti e ai progressi della tecnologia edilizia. Questa è una delle ragioni per le quali l’architettura ricorre oggi spesso a un’immagine superfi-ciale del proprio passato: la società contem-poranea non crede a una condizione duratu-ra delle proprie creazioni. Ciò che conta è il primo impatto di un edificio e non la lunghez-za della sua vita”.2

L’azione del tempo sulla costruzione architettonica

1 Rafael Moneo, La solitudine degli edifici e altri scritti, Allemandi & C., Torino 1990, p.131.2 Ivi, p.212.

Bernard Tschumi, Advertisements for Architecture, 1976-77.

La riflessione di Moneo sulla vita degli edifici e sul carattere della permanenza porta ad interrogarsi sul ruolo mutevole che può avere il tempo su un’opera architettonica.Il paesaggio contemporaneo delle nostre città si caratteriz-za oggi di una grande quantità di opere costruite dall’uomo, che hanno sempre ricercato come qualità principale la massima durata, solidità e trasmissibilità ai posteri. Ciò ha portato il progetto architettonico a doversi confrontare oggi sempre più spesso con delle preesistenze, che inevitabil-mente invecchiano o vengono trasformate con il passare degli anni.Tuttavia i processi di adattamento degli edifici a nuovi usi spesso risultano lenti, mentre la società contemporanea, grazie allo sviluppo della tecnologia, è caratterizzata da fenomeni come la facilità e l’immediatezza della comunica-zione e circolazione di persone ed idee e da un mercato che richiede ormai una velocità di progettazione sempre più spinta.In questo ritmo accelerato e sempre in movimento, si è formato ad esempio il paesaggio dei non-luoghi, definiti da Marc Augè3 come spazi e luoghi vissuti dalle persone in continuo movimento nelle stazioni ferroviarie, ipermercati, aereoporti, che portano a un’ulteriore accentuazione del carattere di temporalità breve nella civiltà contemporanea.

Per il superamento del concetto di “firmitas”, Bernard Tschumi in Architecture and Disjunction propone come chiave di interpretazione per il contemporaneo una nuova triade al posto di quella vitruviana: spazio, evento e movi-mento.4

Nell’analisi del termine “veloce” Giovanni Corbellini spiega come ormai il progetto non debba più essere pensato “come prefigurazione di assetti tridimensionali equilibrati, ma come un campo di potenzialità in grado di di interagire criticamente con gli eventi e di anticipare, provocare, indirizzare i loro complessi e indeterminati sviluppi”.5

Da qui lo stimolo a cercare di concretizzare questo approc-cio progettuale, riflesso della Weltanschauung contempo-ranea, attraverso l’inclusione dell’evento e della transito-rietà nella processo di costruzione dello spazio.

La società contemporanea tra mobilità e temporaneità

3 cfr. Marc Augé, Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmo-dernità, Elèuthera, 2009.4 Giovanni Corbellini, Ex Libris. Parole chiave dell’architettura contem-poranea, 22publishing, Milano 2007, p.124.5 Ivi, p.125.

Da queste considerazioni sull’azione del tempo nell’opera architettonica e nella società contempora-nea nasce la volontà di affrontare in questa ricerca un approccio al progetto apparentemente oppo-sto all’essenza stessa dell’architettura, ovvero la costruzione di spazi destinati ad eventi e situazioni di breve durata e in continua modificazione attraverso le strutture temporanee, che possono costi-tuire però la base di successive trasformazioni dinamiche dello spazio urbano. Evento e permanenza possono essere considerate le due facce di una stessa medaglia, alle quali l’architettura deve porsi in maniera necessariamente diversa. Perciò l’azione del costruire nel caso dell’evento implica come azione successiva quella dello smontaggio: oggetto e strumento della ricer-ca saranno le strutture provvisorie e smontabili, le quali rimangono “per sempre” tali solo nel ricordo dell’evento o situazione che li ha generati, mentre esse spariscono, si muovono o si trasformano nei loro connotati fisici ed esteriori, in relazione alle nuove necessità.

Architettura temporanea: costruzione e smontaggio dello spazio?

Il progetto di AMA, finalista per il concorso “Una idea per la ricostruzione: proposte per l’emergenza” bandito dall’INARCH dopo il terremoto a L’Aquila, affronta l’evento sismico proponendo l’ossimoro di un’emergenza pianificata, una temporaneitá permanente o una provvisorietá stabile, con la progettazione di elementi prefab-bricati e smontabili senza rinunciare alle esigenze proprie dell’abitare: evento e permanenza si confrontano qui in maniera diretta.

Giacomo Costa, Arena

Ambito e obiettivi della ricerca

La ricerca vuole indagare l’architettura temporanea sotto due profili: il ruolo che essa può giocare nella trasformazione dello spazio contemporaneo nella sua transitorietà e il suo processo di proget-tazione/costruzione/smontaggio. Da un’analisi di casi studio dal punto di vista tipologico e proces-suale/costruttivo si vuole procedere poi all’esplorazione del tema attraverso l’elaborazione di strate-gie dinamiche utili per il progetto temporale di un’opera e della sua evoluzione.

Dispositivi

Il primo passo che si vuole affrontare nell’analisi sarà la definizione delle caratteristiche proprie di questo modo di costruire, che comprende l’essere un’architettura autonoma, economica, smonta-bile e quindi leggera, pensata per rispondere a un problema specifico in un momento ben determi-nato e concluso, ma aperta a un sua evoluzione successiva. Essa si applica infatti ad esigenze e programmi ben precisi accumunati dalla breve durata, che costi-tuiranno quindi i casi studio di base per la ricerca: padiglioni espositivi e fiere, eventi sportivi, musicali e artistici, case e strutture d’emergenza per le vittime di catastrofi naturali e umanitarie o per la sosti-tuzione di edifici permanenti nelle fasi di restauro o di cantiere.

Definizione di un’architettura temporanea

Il tema è poi sviluppato attraverso lo studio dei dispositivi che un’architettura temporanea mette in campo nel relazionarsi con l’ambiente che la ospita, ovvero la riconoscibilità e fruizione provvisoria dello spazio, la sua trasformazione attraverso l’evento e la sua successiva metamorfosi attraverso il movimento e/o smontaggio.

_L’interpretazione dello spazio urbano

La ricerca si propone di individuare gli strumenti messi in atto nella costruzione della scena urbana attraverso un’opera provvisoria e temporanea, che modifica provvisoriamente la percezione della città e ne fornisce una sua interpreta-zione.

L’Info-box in Potsdamer Platz a Berlino, (Schneider e Schumacher Architects, 1995) mostra il rapporto tra la trasformazione di uno spazio e l’architettura temporanea, che ne consente la fruizione provvisoria e l’interpretazio-ne.

Attraverso un processo di analogie, Aldo Rossi con il Teatro del Mondo vuole un oggetto che metta in discussio-ne le immagini stereotipate della città: “Il teatro mi sembra-va in un luogo dove finisce l’architettura e inizia il mondo dell’immaginazione” .6

Un’architettura può avere il ruolo di costruire o far immaginare una scena: a volte riproducendo brani di città o di ambienti costruiti imitando la realtà della vita vera, a volte, invece, trasportando lo spettatore in mondi immaginari. Tutto ciò si colloca nella realizzazione di un evento o di una situazione, per sua natura tem-poranea.

6 Aldo Rossi, Autobiografia scientifica, Il Saggiatore, Milano 2009

_La trasformazione della città attraverso l’evento

Le Olimpiadi, esempio di evento di porta-ta mondiale, offrono la possibilità di ripensare città intere tramite la trasfor-mazione di aree da rendere idonee ad accogliere migliaia di persone per la durata di circa un mese. La natura prov-visoria della funzione pone però il proble-ma della riprogrammazione e rimodula-zione successiva dello spazio lasciato libero alla fine dell’evento.Verrà quindi sviluppato il concetto di “legacy”, ovvero dell’eredità a lungo termine lasciata allo spazio da parte di eventi di questo genere. The Dream Sphere di Stufish Entertainment Architects alla

cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Beijing 2008.

Per i Giochi Olimpici di Londra 2012, gli orga-nizzatori hanno voluto proporre una visione strategica anche per la città: non si sono volute strutture permanenti e “fuori scala” difficilmente riconvertibili a nuovi usi come è succeso ad Atene (2004), dove sono rimasti grandi spazi pavimentati di “risulta”, edifici vuoti e impianti mastodontici non gestibili. Tutti gli impianti sportivi sono stati strutturati secondo una logica di elementi hardware (che permarranno nel tempo) ed elementi software (temporanei).

La Basketball Arena progettata da Wilkin-sonEyre Architects è uno degli 8 edifici (su 14) che saranno smontati alla fine dei Giochi Olimpici. L’edificio è in affitto: il proprietario è l’impresa scozzese che l’ha costruito e che si occuperà dello smontaggio per poi riutiliz-zarlo probabilmente nel 2014 per i Giochi del Commonwealth e nelle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016.

_La metamorfosi attraverso il movimento

Il nuovo valore che dà un’opera tempora-nea al trascorrere del tempo può rifletter-si anche in una metamorfosi dell’opera stessa, che, una volta esaurita la situa-zione per la quale era stata concepita, viene modificata o smontata per essere trasportata in un altro luogo, adattandosi alle nuove necessità.

Le Paper Log Houses di Shigeru Ban sono state costruite con tubi di cartone in seguito al terremoto che sconvolse la città di Kobe in Giappone nel 1995. Successivamente sono state riutilizzate dopo il terremoto ad Ankara in Turchia nel 1999, applicando però alcuni miglioramenti per adattarle all'ambiente della Turchia, come un isolamento maggiore e una configurazione più grande a causa della dimensione media delle famiglie turche mag-giore rispetto a quelle giapponesi.

La struttura temporanea progettata da Starassociati per le Cooperative Operaie a Trieste, una volta smontata ha lasciato sul luogo un muro di arenaria con una rete metallica, una grande paratia dove le piante avrebbero potuto arrampicarsi e trasformare la percezione di quello spazio in mutevole movimento durante le diverse stagioni dell’anno.

Accanto ai processi di trasformazione dinamica dello spazio che un’architettura temporanea mette in atto, si vuole indagare anche il processo costruttivo che li rende possibili, in quanto la velocità di costruzione costituisce l’elemento imprescindibile di questo approccio progettuale. Il problema della durata e dismissione di un’architettura tempora-nea mette in campo l’importanza di definire un preciso metodo di costruzione che sia adatto a un facile montaggio e smontaggio della struttura. I requisiti principali sono infatti la flessibilità (tipo-logica e tecnologica), l’adattabilità, la mobilità e la trasportabilità dell’oggetto, la reversibilità. Ciò implica un uso preva-lente di tecniche di costruzione con assemblaggio a secco e di materiali come l’acciaio, il legno, la carta e la pla-stica. Dal punto di vista tettonico, il processo costruttivo coinvolto è quello del meccano-kit, dove ogni componente è seriale e reperibile sul mercato e dove la prefabbricazione e l’assemblaggio hanno quindi un ruolo fondamentale nel creare facilmente e velocemente config-urazioni mutevoli di una struttura tempo-ranea.

_Costruire per smontare: l’assemblaggio a secco

7 Marco Imperadori, La meccanica dell’architettu-ra, in Arketipo n. 41, marzo 2010, p. 115.

Cedric Price, Fun palace, 1964.

La relazione tra tecnologia e la fascinazione per l’effimero, l’obsolescente, il transitorio è stato sviluppato soprattutto nell’ambiente dell’Inghilterra degli anni Sessanta. La ricer-ca prende in considerazione questo approc-cio con l’idea che “Il ricorso a una meccanica alla Reyner Banham, dove ciò che è mecca-nico (tecnicamente producibile e riproduci-bile) e “reificato” non è privo di valori, implica regole costruttive appropriate, proporzioni, metodologie contemporanee di progetto e verifica, “meccanismi” in grado di ricomporre scienza e arte”.7

Arketipo, Temporaneo, n.39, dicembre 2009.

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Zennaro, Pietro, Architettura senza. Micro esegesi della riduzione negli edifici contemporanei, Franco Angeli, 2009.

Abstract

Il paesaggio delle nostre città si caratterizza oggi di una grande quantità di opere costruite dall’uomo, che hanno sempre ricercato come qualità principale la massima durata, solidità e trasmissibilità ai posteri. Tuttavia a partire dalla Rivoluzione Industriale e poi durante il 1900, il progresso scientifico ha seguito un ritmo sempre più veloce fino a giungere alla situazione contemporanea, caratterizzata da fenomeni come la facilità e l’immediatezza della comunicazione e della circolazione di persone ed idee. La ricerca parte dal superamento del concetto di “firmitas” per una nuova chiave d’interpre-tazione del contemporaneo, esemplificata da Bernard Tschumi attraverso una nuova triade al posto di quella vitruviana: spazio, evento e movimento. Attraverso l’inclusione dell’evento e del movimento nella processo di costruzione dello spazio si vuole affrontare in questa ricerca un approccio al progetto apparentemente opposto all’essenza stessa dell’architettura, ovvero la costruzione di spazi destinati ad eventi e situazioni temporanei, di breve durata e in continua trasformazione, che però possono costituire la base di continue e mutevoli trasformazioni dello spazio urbano.