Cristiada - Cultura Cattolica - Scheda...generale messicano della guerra cristera. La leggenda narra...

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Messico, anni 20 del secolo scorso. Dopo una lunga stagione di rivolgimenti politici, lanazione è caduta nell’orbita dell’inesorabile egemonia degli Stati Uniti. Washington,nascondendosi dietro slogan di libertà e progresso, subordina all’ubbidienza e al rispetto deipropri interessi economici l’ascesa dei leader politici messicani. […]

Nel 1924 alla guida del Messico c’è Plutarco Elias Calles, che appena eletto (vota il 2%della popolazione) dà luce ad un clamoroso progetto politico: sradicare la religione cattolica dalpopolo. Estirparla usando come diserbante le durissime leggi penali che porteranno il suo nome,le Leggi Calles. Un attacco alla libertà religiosa che sarà condotto con la violenza più brutale:chiese incendiate, sacerdoti uccisi o deportati, impiegati pubblici costretti a rinnegare la fede,pena perdita posto di lavoro, chiusura di tremila scuole cattoliche e confisca di tutto il patrimoniodel clero.

Per rispondere alla persecuzione, i messicani organizzano inizialmente una resistenzapacifica: vengono raccolte due milioni di firme per abolire la riforma Calles, il quale peròdichiara che quelle firme “inesistenti” in quanto non provengono da cittadini, poiché “chi si ponecontro la legge dello Stato non è degno di essere considerato cittadino”. Comincia allora l’eroicaresistenza armata dei Cristeros, che diventerà presto una guerra civile tra l’esercito del governo eil popolo messicano.

È questo il contesto storico al centro del film Cristiada, for Greater Glory.Dopo il debutto nelle sale messicane avvenuto lo scorso aprile, il film, a giugno, è stato

accolto tiepidamente negli Stati Uniti . […] nonostante un cast d’eccezione e l’interessante regiadi Dean Wright, all’esordio dietro la macchina da cinepresa dopo essersi imposto per oltrevent’anni come maestro degli effetti speciali di diversi colossal (vedi Titanic, la trilogia delSignore degli anelli e Le cronache di Narnia).

Tra gli attori (bravissimi), spiccano un Peter O’Toole in grande spolvero e un AndyGarcia autore di un’interpretazione memorabile, nella parte del carismatico generale Gorostieta,veterano che allo scoppio della guerra civile decise di accettare l’incarico di leader militare estrategico dei Cristeros.

Un film che narra la semisconosciuta vicenda di un popolo di eroi, di santi; di uomini chenon combatterono per il denaro, per la terra o per il potere, ma lottarono per la libertà di accedereai sacramenti, di educare i propri figli e per l’integrità della loro fede; contro un governomassonico, imposto dagli Stati Uniti, che li disprezzava e li umiliava nel nome del piùdisumanizzante dei progetti politici.

Una battaglia, la Cristiada, taciuta inspiegabilmente dalla storiografia prevalente eassente dai libri di scuola (così come è ancora assente il film dalle sale italiane,purtroppo), presentata coraggiosamente da questa notevole pellicola messicana che porta il suonome.

Un film da vedere, che servendosi semplicemente dei fatti e dei veri protagonisti dellastoria, è in grado di far riflettere su temi scottanti e attualissimi: la libertà religiosa in primis, esul vero significato di quella laicità dello Stato sulla quale si fa ancora tanta confusione (comeriaffermato recentemente dall’arcivescovo di Milano, Angelo Scola). Infine, i Cristeros ciricordano come il pacifismo non possa scadere in un’acritica resa ai prepotenti, e che questi,quando necessario, vanno combattuti come fecero questi martiri messicani al grido di VivaCristo Re!

Luca Costa per Cultura Cattolica

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Cristiada - i protagonisti del film

Il generale Enrique Gorostieta Velarde (interpretato da Andy Garcia)Nacque a Monterrey da una famiglia di origini basche, era figlio di Enrique Gorostieta González, un

avvocato e politico, e di María Velarde Valdéz-Llano […] Nel 1906 si arruolò, frequentando l’"HeroicoColegio Militar" di Chapultepec da cui uscì nel 1911 come ufficiale d’artiglieria. Prestò servizio dalla fine del

governo di Porfirio Díaz fino alla salita al potere di Victoriano Huerta, e prese partealla difesa di Veracruz del 1914, occupata dall’esercito degli Stati Uniti, e alle battagliedella rivoluzione americana, durante le quali fu promosso generale di brigata, nellostesso 1914, divenendo il più giovane generale dell’esercito di Huerta.

Con la caduta del regime di Huerta, fuggì dal Messico, andandosi a rifugiare aCuba e poi negli Stati Uniti d’America. Fece ritorno in Messico nel 1921,probabilmente a causa della morte del padre, e non continuò la carriera militare madivenne un produttore di sapone, lavoro che tuttavia trovava noioso e cercò così di

tornare alla vita militare. Nel 1922 sposò Gertrudis Lasaga Sepúlveda da cui ebbe quattro figli […].Nel 1927, la Lega Nazionale per la Difesa della Libertà Religiosa (Liga Nacional Defensora de la

Libertad Religiosa – LNDLR), un’organizzazione nata nel 1925 in risposta alle politiche anticlericali delpresidente Plutarco Elías Calles, propose al generale Gorostieta di porsi al comando dell’Esercito Cristero, unesercito di ribelli cattolici che fu creato per combattere i militari del presidente Calles. La Lega assoldòGorostieta esclusivamente per le sue doti militari, dato che il generale era ateo e non poteva condividere gliideali della rivolta. Venne così assoldato con un contratto che prevedeva uno stipendio mensile di 3.000 pesos(più di quanto percepiva un generale dell’Esercito Federale) e l’assicurazione che la Lega avrebbe provvedutoal sostentamento della famiglia del generale nel caso questi fosse morto.

L’importanza di Gorostieta risiede nel fatto che riuscì a portare organizzazione e disciplina militare inun’insurrezione fino a quel momento disorganizzata. Da quando prese il comando dell’Esercito Cristero, gliinsorti riuscirono a sconfiggere l’Esercito Federale in tutte le regioni in cui era presente: Jalisco, Michoacan,Colima e Zacatecas.

Gorostieta morì il 2 giugno 1929, a seguito di un’operazione di intelligence del governo messicano chefece infiltrare un agente nella cerchia di Gorostieta. Il governo venne a conoscere la posizione del generale edordinò una rapida azione militare a Atotonilco el Alto nella quale Gorostieta fu ucciso, appena 19 giorni primadella fine delle ostilità, che fecero seguito agli accordi che la Chiesa stipulò con il nuovo presidente EmilioPortes Gil grazie alla mediazione dell’ambasciatore americano Dwight Morrow.

Victoriano Ramírez López detto "El Catorce" (interpretato da Oscar Isaac)Nato alla fine del 1880 a San Miguel el Alto, noto anche come El Catorce (Il Quattordici), era un

generale messicano della guerra cristera. La leggenda narra che, fuggito dal carcere (dove era in attesa di unprocesso per omicidio in lite), un distaccamento di quattordici uomini armati sia andato a cercarlo su unacollina. Costretto a combattere contro i suoi inseguitori, Victoriano si nascose tra le rocce di un canyon e, dopoun lungo scontro a fuoco, uccise tutti i suoi avversari. Quando fu sicuro della sua vittoria, raccolse lequattordici sue vittime e le inviò al capo del carcere con un messaggio, raccomandando di non inviare cosìpoche persone. Si guadagnò così il nome di "El Catorce".

Victoriano Ramirez "El Catorce" è stato tra i primi ad aderire alla ribellione cristera. Ha comandato losquadrone dei "Draghi del Catorce", che faceva parte del reggimento al comando del generale MiguelHernandez. Era noto anche per la mira eccellente e si dice anche che fosse molto “appassionato” di donne.

Le difficoltà sorte tra El Catorce e i suoi compagni cominciarono, a quanto pare, con le riformeorganizzative che il generale Enrique Gorostieta Velarde riteneva necessarie per ordinare l’esercito cristero. ElCatorce (forse sentendo minata la propria autorità), pose una serie di ostacoli. A causa del suo atteggiamentovenne sollevato dall’incarico e gli venne vietato di avere uomini armati, a parte una piccola scorta. El Catorcenon obbedì agli ordini. Padre Pedroza lo invitò a riorientarsi nella lotta cristera, ma Victoriano rifiutò e con300 uomini si asserragliò nella parte superiore di El Carretero. Infine, venne accusato di appropriazioneindebita, insubordinazione e resistenza agli ordini superiori. Per queste accuse Padre Aristeo Pedroza ordinò lasua esecuzione. Per evitare disordini tra i Cristeros, poiché El Catorce era molto stimato, venneimmediatamente giustiziato. Al momento della sua esecuzione, si barricò nella sua cella, tanto che dovetterosfondare la porta con un ariete per condurlo al luogo di esecuzione. Le sue spoglie riposano nella grotteguadalupane, sotto il Tempio di Nostra Signora di Guadalupe, nella città di San Miguel el Alto.

Beato Josè Luis Sanchez Del Rio (interpretato da Mauricio Kuri)Nacque a Sahuayo, in Messico, il 28 marzo 1913 da Macario Sánchez e María del Río. Visitando la

tomba del beato martire Anacleto González Flores chiese a Dio di poter morire in difesa della fede. Appenaquattordicenne, José fu assassinato il 10 febbraio 1928.

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Cristiada - i protagonisti del film

All’età di soli 13 anni era riuscito a farsi arruolare come aiutante da campo e, poco dopo, comeportabandiera e clarinettista delle truppe del generale cristero Luis Guizar Morfin. Quando, nel corso dellabattaglia del 6 febbraio 1928, il cavallo di Morfin venne ucciso, Josè gli cedette il proprio per consentirgli dimettersi in salvo, perché, come disse al suo generale, "la vostra vita è più utile della mia". Poco dopo ilragazzino, ormai appiedato, venne sopraffatto dai soldati federali, che lo rinchiusero nella sua chiesa

parrocchiale, ridotta a stalla e a carcere per i Cristeros.Sotto la minaccia della pena di morte gli chiesero di rinnegare la fede in cambio

della libertà, ma egli rispose: "Viva Cristo Re, viva la Madonna di Guadalupe". Sua madreera straziata dalla pena e dall’angoscia, ma sosteneva suo figlio. Gli spellarono allora lepiante dei piedi e l’obbligarono a camminare per il paese senza scarpe sulla strada selciataverso il cimitero. Il piccolo piangeva e gemeva di dolore, ma non cedeva. Di tanto in tanto

si fermavano e gli dicevano: «Se gridi, "Muoia Cristo Re" ti salviamo la vita. Dì "muoia Cristo Re"». Ma luirispondeva: «Viva Cristo Re». Giunti al cimitero, prima di sparargli, gli chiesero un’ultima volta se volevarinnegare la sua fede. Al suo ennesimo rifiuto, lo uccisero. Morì gridando, come molti altri martiri messicani:«Viva Cristo Re!». Al tragico evento assistettero due bambini, rispettivamente di sette e nove anni, che infuturo avrebbero fondato delle congregazioni religiose. I resti mortali del beato José Sanchez Del Rio riposanoancora oggi nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù nel suo paese natale, divenuta meta di pellegrinaggi.

Il martirio di questa giovane vittima della persecuzione religiosa innescata dalla costituzionemessicana del 1917 fu riconosciuto il 22 giugno 2004 dal beato Giovanni Paolo II e beatificato il 20 novembre2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI, con una solenne cerimonia presieduta dal cardinal José SaraivaMartins, presso Guadalajara in Messico.

San Cristóbal Magallanes Jara (interpretato da Peter O’Toole)Nacque a Totaltiche, Jalisco (Arcidiocesi di Guadalajara) il 30 luglio 1869. Parroco nella sua terra

natale, sacerdote dalla fede ardente, prudente direttore dei suoi fratelli sacerdoti e pastore pieno di zelo, fudedito al miglioramento umano e cristiano dei suoi fedeli. Missionario tra gli indigeni "huichole" e ferventedivulgatore del Rosario. Le vocazioni sacerdotali erano ciò a cui maggiormente si dedicava. Quando ipersecutori della Chiesa chiusero il Seminario di Guadalajara, si offrì di fondare nella sua parrocchia unSeminario per proteggere i futuri sacerdoti ed ottenne un abbondante raccolto.

Il 25 maggio 1927 venne fucilato a Colotlàn, Jalisco (Diocesi de Zacatecas). Di fronte al carneficeebbe la forza di confortare il suo ministro e compagno di martirio, san Agustín Caloca, dicendogli: «Staitranquillo, figliolo, solo un momento e poi il cielo». Poi, rivolgendosi alla truppa, esclamò: «Io muoioinnocente e chiedo a Dio che il mio sangue serva per l’unione dei miei fratelli messicani».

Beato Anacleto Gonzalez Flores (interpretato da Eduardo Verástegui)Fondatore dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana (ACJM) di Guadalajara, questo

martire della persecuzione religiosa messicana fondò anche l’Unione Popolare, conosciuta come "U",movimento operaio, femminile, contadino e popolare, dedito alla promozione della catechesi ed oppositoreattivo del governo locale e di quello federale a causa delle misure repressive in materia di libertà religiosa.

Il beato Anacleto González Flores, meglio noto come "il maestro Cleto", fu un leader laico assaifamoso tra il 1915 e il 1927, anno in cui fu ucciso dall’esercito federale. La predicazione in favore delpacifismo e della non violenza nel periodo della "Guerra Cristera" gli guadagnò l’appellativo di "Gandhimessicano". Sposato e padre di due figli, era nato a Tepatitlán, Jalisco, il 13 luglio 1888, in condizioni assaiumili, figlio di un tessitore che combatteva contro la dipendenza dall’alcool. Fu seminarista e postulante pressoi seminari di San Juan de los Lagos e Guadalajara. Svolse poi i lavori più disparati, prima di laurearsifinalmente in Giurisprudenza nel 1921, a 33 anni.

Nel 1925 "il maestro Cleto" ricevette dal pontefice Pio XI la Croce "pro Ecclesia et Pontifice" inriconoscimento alla sua opera di evangelizzazione a favore dei più bisognosi ed in difesa della religiosità deifedeli messicani. Anacleto González Flores tentò di evitare fino all’ultimo di legare l’Unione Popolare allaLega Nazionale per la Difesa della Libertà Religiosa, che aveva dichiarato guerra al Governo di Calles già dal1926. Trascinato dagli eventi, dovette tuttavia accettare che la sua organizzazione passasse alla lotta armata,ma ciò gli costò l’arresto il 31 marzo 1927 e la morte il giorno successivo, venerdì 1° aprile, all’età di 38 anni.

I suoi aguzzini lo appesero per i pollici, dopodiché gli provocarono ferite con la punta della baionettaaffinché rivelasse il nascondiglio dell’arcivescovo di Guadalajara e degli altri leader della rivoluzione cristera.Infine la baionetta gli penetrò il cuore e spirò. I resti mortali del beato Anacleto riposano nel Santuario diGuadalupe di Guadalajara, ove accorrono moltissimi fedeli spinti dalla venerazione nei confronti di questomartire della fede cattolica in Messico.

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Cristiada, con un cast eccezionale, ricorda la persecuzione dei cattolici messicani (1926-1929)I cristeros hanno testimoniato nel martirio la loro fede gridando ‘‘Viva Cristo Re!’’

Pochi, purtroppo, ricordano che nel cuore nero del Novecento il Messico martire offrì unatestimonianza di fede e di fedeltà al Soglio di Pietro pressoché unica al mondo. Dall’inizio del secolo, ilPaese nordamericano era stato squassato da una serie di colpi di Stato inframmezzati a faide politiche chealtro non erano se non “guerre civili” intestine all’unico apparato massonico-laicista costantemente alpotere, che, attraversato pure da inquietanti atmosfere giacobino-nazionalistiche e da forti pulsionisocialistiche, era rigorosamente definito dall’anticattolicesimo “scientifico”. Nel 1917, del resto - un annusfatalis - il Messico retto dal despota Venustiano Carranza (1859-1920) giunse persino a darsi unaCostituzione che quell’anticattolicesimo formalizzava positivamente e coscientemente in leggefondamentale del Paese.

Raccogliendo dunque la tempesta che tale vento aveva da tempo seminato, fu in specie il governodel generale Plutarco Elías Calles (1877-1945), ennesimo despota, che mirò alla rivoluzione socio-culturalepiù compiuta e “globalizzante” da ottenersi attraverso la lotta frontale all’unico, vero grande ostacolo che,nella pratica e nella quotidianità, ancora aveva il potere di arrestarne la marcia: la Chiesa Cattolica, cioè lasua gerarchia e il suo popolo di fedeli, generatori di istituti, di società, di storia. In questo quadro, leinsopportabili angherie e le persecuzioni scatenate dal governo contro i cattolici risvegliarono una vera e

propria “Vandea messicana”, disposta anche al sacrificio in armi di sé pur didifendere il diritto di cittadinanza che spetta alla verità delle cose e aquell’unico umanesimo autentico che solo la prospettiva cattolica anchesulla società e sulla politica garantisce per tutti, non cioè solo per i cattolici.

L’insurrezione messicana prese un nome divenuto - in un circolo dicultori che non hanno rinunciato alla memoria viva - famoso. Si chiamò“Cristiada”, praticamente una crociata, e i suoi cavalieri dell’ideale,nobilmente straccioni, furono i “cristeros”. Era infatti così che conarroganza e saccenza li apostrofavano i nemici, storpiando la dizione“Cristos Reyes”, cioè i “Cristi-Re”, insomma quella gente che si ostinava abattersi e a soccombere al grido di «Viva Cristo Re!». Del resto, i cristeroscombatterono indossando l’uniforme del rosario o di un grande crocifisso

appesi al collo, proprio come i loro “avi” in Vandea. E quegli insorti, pur nulla offesi, se ne fecero un vantoadottando volentieri l’epiteto [...]: come san Paolo insegna che “cristiano” è un “aggettivo di possesso” cheindica “colui che appartiene a Cristo” così cristero indicò chi apparteneva in toto all’unico re, Gesù. Fu unabandiera, insomma, quel nomignolo; anzi la bandiera, emblema di una concezione diversa dell’agire politicoe dell’organizzare la società, antitetica a quella che li perseguitava.

Nel 1926 i cristeros insorsero e tennero per tre anni, fino al 1929, testa a un nemicoincommensurabile. Irrorarono il suolo del Messico di sangue martire, quello che genera conversioni, santi el’unico bene autentico: la memoria corre qui doverosamente almeno al giovane presbitero gesuita MiguelAgustín Pro (1891-1927), beatificato dal beato Giovanni Paolo II (1920-2005) il 25 settembre 1988, ma imartiri messicani, laici e consacrati, furono legione. Alla fine sui campi di battaglia ne rimasero un numerocalcolato tra i 70 e gli 85mila.

Dopo quel triennio di sangue, la guerra si fermò pur senza davvero (mai) finire. Né si esaurirono lecause profonde che l’avevano generata. Il governo era solamente riuscito di fatto a dividere gli avversari e,complice anche la pavidità di certi vertici cattolici, le armi furono deposte (almeno da una delle parti incausa, visto che le rappresaglie della vendetta governativa continuarono a mietere vittime).

A quasi un secolo di distanza resta la memoria di un sacrifico immenso: che non è una sempliceconsolazione, ma la testimonianza, dura, di una storia gloriosa verso la quale un certo mondo non ha ancorafatto bene tutti i conti. A partire dagli anni 1960 ne ha raccontato le vicende in modo ancora insuperato lostorico e sociologo alsaziano Jean Meyer Barth (da non confondere con lo storico francese Jean Meyer, che,assieme al collega Pierre Chaunu [1923-2009], ha dato impulso alle ricerche sul genocidio vandeanocondotte dallo studioso bretone Reynald Secher). Tra 1973 e 1974 Meyer Barth ha quindi dato alle stampeuna monografia in tre tomi, La Cristiada, continuamente - per fortuna - in edizione (la più recente è uscita aBuenos Aires nel 2003 per l’editore Siglo XXI), un’opera monumentale di cui in italiano esiste solo unasintesi - il saggio Quando la storia è scritta dai vincitori. Insurrezione vandeana e rivolta dei cristerosmessicani: due sollevazioni popolari escluse dalla storia ufficiale e dalla memoria nazionale, accolto nelvolume a più mani La Vandea (trad. it., Corbaccio, Milano 1995) - e qualche “reperto” in forma di intervistagiornalistica.

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Utilissimi sono dunque due volumi di recenti produzione italiana. Anzitutto “Dio, Patria e libertà!L’epopea dei Cristeros”, firmato dallo storico militare Alberto Leoni e uscito nella collana “I quaderni delTimone” (Edizioni Art, Milano 2010, pp. 64, € 6,00), poi il freschissimo di stampa “Cristiada. Messicomartire. Storia della persecuzione” di Luigi Ziliani (Amicizia Cristiana, Chieti 2012, pp. 216, €15,00). Illibro di Zuliani è un felice reprint di un’opera pubblicata in presa diretta, una cronaca frutto di un viaggio-

pellegrinaggio effettuato dall’autore, un sacerdote cattolico italiano,sul posto nel 1928. Don Ziliani (che tra il 1928 e il 1938 tenne inItalia e in tutta Europa circa 300 conferenze per denunciare il“dispotismo giacobino-bolscevico” del governo Calles) pubblicò ilproprio reportage esplosivo dapprima con il titolo “Tre mesi nelMessico Martire” e poi lo trasformò in “Messico martire. Storiadella persecuzione, eroi e martiri di Cristo Re” (Società Editrice S.Alessandro, Bergamo, 1929). Il testo venne ripubblicato ben 15volte in 10 anni, dall’edizione del 1933 recò l’approvazionedell’arcivescovo messicano di Guadalajara, mons. Francisco Orozcoy Jiménez (1864-1936), e diverse altre edizioni postume uscironosino all’ultima del 1951. In esso il sacerdote spiegò benissimo comefu la natura autenticamente popolare del cattolicesimo messicano afar sì che a quelle latitudini la fede costituisse anche unairrinunciabile quanto cristallina scelta sociale e politica, che dunque

non poteva per forza di cose essere tollerata dalle forze laiciste in quel frangente al potere nel Paese. Loscontro fra le due civiltà antagoniste - quella edificata prendendo sul serio in ogni piega anche della storiatemporale la Rivelazione del Dio che si fa uomo e quella che vorrebbe costruire prescindendocoscientemente da Dio - fu dunque “naturale”, inevitabile; meraviglierebbe, cioè, se in Messico, date lepremesse, fosse accaduto qualcosa di diverso da una guerra aperta... Perché, una volta fallito il tentativo dirispondere alla persecuzione sul piano legislativo e dunque legale, non rimase che l’extrema ratiodell’insurrezione. Non a caso il Messico cristero godette “dell’imprimatur” - caso più unico che raro - dellastessa Santa Sede. Papa Pio XI (1857-1939) dedicò infatti alla persecuzione anticattolica di quello sfortunatoPaese nordamericano non uno ma ben quattro documenti magisteriali, tre dei quali furono nientemeno cheencicliche, oggi opportunamente raccolti nel volume Encicliche sulle persecuzioni in Messico, 1926-1937(Amicizia Cristiana, 2012, pp. 78, € 7,00).

Il primo fu la lettera apostolica Paterna sane, del 2 febbraio 1926, con cui il pontefice suggerivaall’episcopato messicano modi concreti per contrastare le leggi anticristiane promosse dal governo di Cittàdel Messico. La seconda fu la lettera enciclica Iniquis afflitisque, del 18 novembre del medesimo anno, che,rivolgendosi significativamente alla Chiesa universale, additava la sofferenza del popolo cattolico messicanoa modello di virtù per tutti. Dunque, a guerra finita, il Papa promulgò la lettera enciclica Acerba animi, del29 settembre 1932, esortando i cattolici messicani a una nuova (forma di) resistenza. Infine venne la letteraenciclica Firmissimam constantiam, del 28 marzo 1937, la quale persino legittimò (a normadell’antichissimo diritto di resistenza all’oppressione tirannica, che il diritto naturale e la dottrina cattolicacontemplano positivamente) l’insurrezione dei cristeros. Solo pochi giorni, anzi ore prima di quest’ultimodocumento “messicano”, rispettivamente il 14 e il 28 marzo, Pio XI aveva promulgato le due storicheencicliche di scomunica delle ideologie violente più note del secolo XX e in quel momento massimamentedistruttive, ovvero il nazionalsocialismo ateo (e l’eresia del “cristianesimo tedesco”) attraverso l’enciclicaMit brennender sorge, nonché il socialcomunismo materialistico e altrettanto ateo con l’enciclica Diviniredemptoris. Alla Cattedra sempiterna di Pietro era cioè chiaro il volto che l’anticristianesimo militante, noncerto una novità, assumeva in quel momento: la somma tra i due totalitarismi di massa che avvelenavanol’Europa e la persecuzione “liberale” americana che divorava il Messico.

Un vero peccato che oggi solo pochi ricordino il fatto dei cristeros. Eppure è un argomento di cuidovrebbe impossessarsi l’immaginario collettivo. Pensare che nel 2011 vi è stato dedicato persino un film,Cristiada, con un cast (Andy Garcia, Peter O’Toole, Eduardo Verástegui, Eva Longoria; musiche deltalentuoso James Horner; effetti speciali di chi ha lavorato per i Tolkien cinematografici di Peter Jackson...)e un budget da vero kolossal, ma che forse nessuno riuscirà a vedere, dato che da mesi e mesi cerca invanoun distributore [...]. Che i poveri cristeros scamiciati e con le pezze alle ginocchia facciano ancora tremare ipotenti del mondo?...

Marco Respinti

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I MARTIRI CRISTEROSI santi e beati proclamati da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI

Nel corso del Novecento, dolorosamente percorso da immani tragedie conseguenza soprattutto delclima ideologico segnato dall’odio anticristiano, si è verificato anche un episodio ancor oggi pococonosciuto di martirio. Si trattò di una tremenda persecuzione, che si trascinò poi ancora permoltissimo tempo dopo il triennio cruento (1926-1929), lasciando effetti duraturi sulla struttura

politica e sociale del Messico, determinando in maniera irreversibile ildestino forse anche dell’intero sub-continente latino-americano. Fu unconflitto scatenato contro una società contadina, tradizionale, cattolica,un’aggressione perpetrata da uno Stato autoritario uscito da un processorivoluzionario. Sarà papa Giovanni Paolo II (1978-2005) ad elevare aglionori degli altari alcuni martiri della persecuzione messicana: sacerdoti elaici, militanti delle organizzazioni cattoliche, tra cui san ManuelMorales, presidente della Lega Nazionale per la difesa della libertàreligiosa. Uomini e donne che testimoniarono con coraggio la loro fedecontro un governo che nella propria Costituzione affermava, tra l’altro,che «L’esistenza di qualsiasi ordine e congregazione religiosa restaproibito» (art. 5); «ogni culto è proibito fuori delle chiese, e nelle chiese ilculto sarà sempre sottomesso all’ispezione dell’autorità civile» (art. 24);«le chiese sono proprietà dello Stato. Tutte le associazioni religiose sono

incapaci di acquistare, possedere o amministrare beni immobili».L’epopea della Cristiada annovera come suoi protomartiri Joaquim Silva e Manuel

Melgarejo, il primo di 27 anni, il secondo di soli 17, entrambi militanti della Gioventù cattolica.Dopo il provvedimento della sospensione del culto pubblico voluto dai vescovi messicani perprotestare contro le misure del governo, Silva aveva cominciato, insieme all’amico, a percorrere ilpaese e a tenere conferenze nelle quali, grazie ad una solida cultura, una fede appassionata e unaconcezione della vita come milizia, sapeva accendere gli animi dell’uditorio e spronarlo alla lotta.Domenica 12 settembre 1925, mentre si dirigevano in treno a Zamora per tenervi uno di questiincontri, vennero arrestati e condannati a morte senza nemmeno un processo. Inutilmente Silvachiese che almeno l’amico minorenne fosse risparmiato. Entrambi furono condotti al muro, dove isoldati non riuscirono a strappare dalle loro mani le corone del Rosario. Di fronte al plotoned’esecuzione Joaquim Silva tenne un discorso talmente toccante per sentimenti religiosi e patriottici,che gli stessi soldati ne furono commossi. Uno di essi si rifiutò di prender parte all’esecuzione, cosìche venne a sua volta arrestato e passato per le armi il giorno seguente. Joaquim disse con fermezzaal comandante: «Non siamo dei criminali, né abbiamo paura della morte. lo stesso vi darò il segnaledi sparare, quando griderò viva Cristo Re, viva la Vergine di Guadalupe». Così avvenne: al grido dibattaglia e di vittoria lanciato dai due giovani partì la scarica di fucileria che li abbatté. I corpi deidue eroi furono esposti più tardi nel cimitero: stringevano ancora tra le mani i rosari, e furonorivestiti di bianche vesti, dopo che i loro abiti insanguinati erano stati divisi in frammenti, comereliquie, tra i fedeli del paese.

Tra i martiri si poterono annoverare anche amministratori pubblici, come Luis NavarroOrigel, il sindaco terziario francescano della città di Peniamo, fondatore nella sua regionedell’Ordine dei Cavalieri di Colombo, di società di mutuo soccorso, casse rurali, sezioni dellaGioventù Cattolica, circoli culturali, scuole di catechismo, propagatore instancabile dell’adorazioneeucaristica notturna. Dopo quattro anni di amministrazione corretta e vantaggiosa per la popolazione,venne destituito di forza dal governo, prima di essere assassinato.

Un’altra figura commovente della persecuzione fu Tomàs de la Mora, di Colima, un ragazzodi soli sedici anni, uno dei più attivi membri del locale Circolo Cattolico, che svolgeva l’attività dicatechista tra i bambini più poveri. Il 15 agosto 1927 fu arrestato per il semplice motivo che portavauno scapolare, ossia un pezzo di stoffa con una immagine sacra, simbolo di una confraternitareligiosa. Il comandante della caserma gli domandò se avesse rapporti con "i fanatici", ovvero preti,frati, cattolici e briganti. «Non fanatici – rispose il ragazzo – ma liberatori della Chiesa e della Patria

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dai tiranni». Tomàs fu allora frustato, affinché fornisse informazioni sui ribelli, ma fu tutto inutile. Ilcomandante ordinò allora che venisse impiccato all’Albero della libertà che era stato eretto, cuporetaggio della Rivoluzione Francese, nella piazza principale della città.

Un esempio di eroismo femminile è quello di Eleonora Garduno, arrestata per complicità coiribelli. Interrogata dal generale Ortiz, uno dei principali collaboratori di Calles, che aveva per motto"Il mio dio è il diavolo", la cui figura portava tatuata sul petto, ricevette dal militare l’offerta dellascarcerazione, in cambio di una docile collaborazione. La ragazza rispose: «Lei mi chiede una cosaimpossibile: io continuerò a lavorare finché questo governo cadrà». Anche lei finì davanti al plotoned’esecuzione.

Quando portarono alla moglie dell’avvocato Gonzales, una delle guide dell’insurrezione, ilcadavere straziato del marito, la donna chiamò vicino i figli e disse: «Guardatelo, è vostro padre. Èun martire della Fede. Promettetegli che anche voi sarete degni figli e continuerete un giorno la suaopera».

Accanto a questi uomini, donne e ragazzi, occorre ricordare il tanto sangue sacerdotaleversato. Furono centinaia i sacerdoti uccisi: poveri parroci di villaggio, giovani strappati dalseminario (con l’intenzione di "liberarli"!) monaci uccisi nei loro conventi. Fra di essi il più celebre èsenz’altro il beato padre Miguel Augustin Pro, gesuita, di Guadalupe, assassinato a soli trentasetteanni nel 1927, riconosciuto come martire dalla Chiesa il 25 settembre 1988. Ma non solo lui.

Il beato padre Elia Nieves, agostiniano: nonostante il divieto, continuò a esercitare il suoministero, recandosi ovunque era necessario confortare, aiutare, amministrare i sacramenti. Lapolizia, venuta a conoscenza dei fatti, lo fece pedinare e arrestare mentre, in una soffitta, celebrava laMessa. Condannato a morte, venne condotto sul luogo dell’esecuzione. Dopo essersi inginocchiato apregare, si rivolse ai soldati del plotone di esecuzione: «In ginocchio, figli miei. Prima di morire

voglio darvi la mia benedizione». I soldati obbedirono e siinchinarono riverenti al gesto del sacerdote. Mentre padre Nievestracciava il segno di croce, l’ufficiale che comandava il picchetto,infuriato, gli sparò al petto, uccidendolo mentre ancora benediva.

A volte gli aguzzini si divertivano a infierire sui sacerdotisenza ucciderli; venivano loro tagliate le braccia per impedire chein futuro potessero celebrare la Messa. Don Pablo Garcia subì una

sorte atroce: parroco zelante, anch’egli sfidava le leggi e ogni pericolo. Volle celebrare con grandesolennità la festa nazionale di Nostra Signora di Guadalupe e il 12 dicembre raccolse il suo popolo inun luogo solitario sulla montagna di S. Juan de los Lagos. Scoperto, arrestato, venne orribilmentetorturato per giorni. «La morte, ma mai tradire» ripeteva il sacerdote, finché fu finito a colpi dipistola.

San David Uribe, annoverato nel gruppo di martiri canonizzati da papa Giovanni Paolo II, fustrappato al suo gregge, dopo essere stato rinchiuso in un campo di concentramento. Riuscì tuttaviaad evadere e tornò alla sua parrocchia di Iguala, continuando ad esercitare, in forma clandestina, ilsuo ministero. Finì per essere nuovamente arrestato. Il generale governativo Castrejon propose aiparrocchiani di riscattare il sacerdote consegnando tremila pesos. Furono raccolti immediatamente, acosto anche di enormi sacrifici, ma il parroco non fu rilasciato: si pretendeva da lui un pubblico attodi apostasia e di adesione alla scismatica chiesa patriottica. Pabre Uribe rifiutò decisamente e fuallora sottoposto a lunghe torture, tra le quali il supplizio della graticola. La Domenica delle Palmedel 1927 spirò dopo i terribili tormenti subiti. Le sue ultime parole furono: «la morte piuttosto cherinnegare il Vicario di Cristo, lo amo il Papa! Viva il Papa!». Il suo corpo, gettato per strada, venneraccolto e gli fu data sepoltura con grandi onori.

Paolo Gulisano

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BEATIFICAZIONE DEL 25 SETTEMBRE 1988Beato Miguel Agustin Pro, Sacerdote, 23 novembre

BEATIFICAZIONE DEL 12 OTTOBRE 1997Beato Elia del Soccorso (Matteo Nieves), Sacerdote, 10 marzo

CANONIZZAZIONE DEL 21 MAGGIO 2000San Cristobal Magallanes Jara, Sacerdote, 25 maggioSan Roman Adame Rosales, Sacerdote, 21 aprileSan Rodrigo Aguilar Aleman, Sacerdote, 28 ottobreSan Julio Alvarez Mendoza, Sacerdote, 30 marzoSan Luis Batis Sainz, Sacerdote, 15 agostoSant’Agustin Caloca Cortes, Sacerdote, 25 maggioSan Mateo Correa Magallanes, Sacerdote, 6 febbraioSant’Atilano Cruz Alvarado, Sacerdote, 1 luglioSan Miguel De La Mora De La Mora, Sacerdote, 7 agostoSan Pedro Esqueda Ramirez, Sacerdote, 22 novembreSan Margarito Flores Garcia, Sacerdote, 12 novembreSan Jose Isabel Flores Varela, Sacerdote, 21 giugnoSan David Galvan Bermudez, Sacerdote, 30 gennaioSan Salvador Lara Puente, Laico, 15 agostoSan Pedro de Jesus Maldonado Lucero, Sacerdote, 11 febbraioSan Jesus Mendez Montoya, Sacerdote, 5 febbraioSan Manuel Morales, Laico, 15 agostoSan Justino Orona Madrigal, Sacerdote, 1 luglioSan Sabas Reyes Salazar, Sacerdote, 13 aprileSan Jose Maria Robles Hurtado, Sacerdote, 26 giugnoSan David Roldan Lara, Laico, 15 agostoSan Toribio Romo Gonzalez, Sacerdote, 25 febbraioSan Jenaro Sanchez Delgadillo, Sacerdote, 17 gennaioSan David Uribe Velasco, Sacerdote, 12 aprileSan Tranquilino Ubiarco Robles, Sacerdote, 5 ottobre

BEATIFICAZIONE DEL 20 NOVEMBRE 2005Beato Anacleto Gonzalez Flores, Laico, 1 aprileBeato José Dionisio Luis Padilla Gómez, Laico, 1 aprileBeato Jorge Ramon Vargas González, Laico, 1 aprileBeato Ramón Vicente Vargas González, Laico, 1 aprileBeato José Luciano Ezequiel Huerta Gutiérrez, Laico, 3 aprileBeato José Salvador Huerta Gutiérrez, Laico, 3 aprileBeato Miguel Gómez Loza, Laico, 21 marzoBeato Luis Magaña Servin, Laico, 9 febbraioBeato José Sanchez Del Rio, Laico, 10 febbraioBeato Andrés Sola Molist, Sacerdote, 25 aprileBeato José Trinitad Rangel Montano, Laico, 25 aprileBeato Leonardo Pérez Larios, Laico, 25 aprileBeato Dario Acosta Zurita, Sacerdote, 25 luglio

SERVI DI DIO- Aurelio de la Vega Velazquez (Junipero) Sacerdote dei Frati Minori Francescani- Adrian Martinez Gil (Humilde) Sacerdote dei Frati Minori Francescani- David Perez Rojas (José) Sacerdote dei Frati Minori Francescani- Andrés Galindo Chierico dell’arcidiocesi di Guadalajara- Miguel Flores de la Cruz Diacono dell’arcidiocesi di Guadalajara- Rafael Encarnacion Acevedo Saavedra Laico sposato dell’arcidiocesi di Antequera- Jesus Vicente Acevedo Vega Seminarista della diocesi di Veracruz

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MARTIRI MESSICANI – GLORIA DELLA CHIESA UNIVERSALE

I martiri messicani non sono solo gloria della Chiesa messicana, ma soprattutto della Chiesa universale,perché hanno seguito le orme di Gesù morto in croce. Questi santi e beati, sono prima di tutto sacerdoti, esono stati uccisi a causa dell’esercizio del loro ministero, coscienti delle circostanze persecutorie contro laChiesa del Messico. Ci sono anche tre giovani entusiasti e profondamente impegnati nel lavoro pastoraledel loro parroco, che hanno accompagnato nell’esercizio del ministero della Parola durante la loro vita, enel sacrificio supremo della morte.Non sono stati alcuni soltanto i difensori della Chiesa e della libertà, ma tutta la Nazione Messicana hareso la testimonianza eloquente e silenziosa del suo sangue sparso per Cristo Re. Presentiamo inparticolare la vita del Parroco san Pedro Maldonado assieme al gruppo di 25 martiri, dei quali 22 furonopresbiteri diocesani e 3 generosi giovani della Gioventù dell’Azione Cattolica Messicana.Il motivo della pubblicazione di queste vite esemplari è quello di sentire che ci sono ancora delle personeche con grande spirito di carità offrono la vita per gli uomini e per Dio. La Chiesa e il mondo ha bisognodi santità, santità in tutti gli stati di vita e cioè i giovani, gli sposati, i religiosi ed i sacerdoti.Chiediamo al Signore per l’intercessione e l’esempio di questi martiri che ci aiuti ad affrontare con piùgioia e fortezza le difficoltà della nostra vita, essendo ogni giorno più convinti che possiamo essere santi,che oggi ci sono dei santi.

San Róman Adame RosalesNacque a Teocaltiche, Jalisco (Diocesi di Aguascalientes) il 27 febbraio 1859. Parroco di Nochistlàn,Zacatecas (Arcidiocesi di Guadalajara). Sacerdote profondamente umile. Non si lamentò mai di fronte aldolore diceva con serenità: «Sia fatta la volontà di Dio». Si occupò di catechesi, missioni popolari,costruzione di cappelle affinché i fedeli avessero vicino il Santissimo Sacramento. Aiutò gli ammalati ecercò di educare i bambini. Queste furono le principali attività del suo ministero parrocchiale. Durante lapersecuzione, in segreto continuò ad amministrare i sacramenti. Fu individuato il suo nascondiglio e dinotte venne fatto prigioniero. Giunto il momento dell’esecuzione, il giorno 21 aprile 1927, con un gesto dibontà cercò di salvare il soldato che, renitente, sarebbe stato anche lui fucilato. Poi deciso e irremovibilema umilmente, consegnò la sua vita

San Rodrigo Aguilar AlemanNacque a Sayula, Jalisco (Diocesi di Ciudad Guzmán) il 13 marzo 1875. Parroco di Unión de Tula,Jalisco (Diocesi di Autlán). Sacerdote e poeta molto sensibile sia di cuore che di fede. Consacrò il suosacerdozio alla Santissima Vergine di Guadalupe. Con tutto il suo cuore implorò: «O Signore, da’ a noi lagrazia di patire in nome tuo, di confermare la nostra fede con il nostro sangue e coronare il nostrosacerdozio con il martirio "Fiat voluntas tuas!"». Per questo, quando dovette abbandonare la suaparrocchia e nascondersi nel paese di Ejutla, Jalisco e giunsero le truppe federali ad arrestarlo, il suo voltoera splendente di pace e di gioia, e si accomiatò dicendo:«Ci vediamo in cielo». All’alba del 28 ottobre 1927 lo condussero sulla piazza di Ejutla. Agganciarono uncappio ad un grosso ramo di albero di mango e lo posero al collo del sacerdote. Poi vollero provare la suaforza e con arroganza gli chiesero: «Chi acclami?». La valorosa risposta fu: «Cristo Re e Santa Maria diGuadalupe!». Allora la corda venne tirata con forza ed il signor parroco Aguilar restò appeso. Si fecenuovamente scendere e di nuovo gli chiesero: «Chi acclami?». E per la seconda volta, con voce sicurarispose: «Cristo Re e Santa Maria di Guadalupe!». Un nuovo identico supplizio e quindi, per la terza voltala stessa domanda: «Chi acclami?». Il martire agonizzante, sussurrando rispose: «Cristo Re e Santa Mariadi Guadalupe!».

San Julio Álvarez MendozaNato a Guadalajara, Jalísco, il 20 dicembre 1866. Parroco di Mechoacanejo, Jalisco (Diocesi diAguascalientes). In questo luogo trascorse tutta la vita sacerdotale. Parroco affettuoso, padre ed amico deibambini, povero che visse tra i poveri, sacerdote semplice. Insegnò alcuni piccoli lavori affinché la gentepotesse sopravvivere. Aveva imparato il mestiere di sarto e ciò gli servì per cucire vestiti a quanti erano innecessità. Amò come un figlio la Santissima Vergine di Guadalupe. Dedito al suo ministero di parroco dicampagna, mentre percorreva una strada di campagna, fu riconosciuto come sacerdote e arrestato daimembri dell’esercito. A questo punto iniziò il suo cammino verso il martirio. Venne condotto tra mille

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difficoltà a Villa Hidalgo, Jalisco, a Aguascalientes, a León, Guanajuato ed infine a San Julián, Jalisco. Il30 marzo 1927 fu posto su un cumulo di spazzatura per essere fucilato e disse dolcemente: «Sto permorire innocente. Non ho fatto nessun male. Il mio delitto è quello di essere ministro di Dio. Io viperdono». Incrociò le braccia ed attese la scarica.

San Luis Batis SáinzNacque a San Miguel Mezquital, Zacatecas (Arcidiocesi di Durango) il 13 settembre 1870. Parroco di SanPedro Chalchihuites, Zacatecas (Arcidiocesi di Durango). Sacerdote zelante in tutte le sue attività ebbeuna particolare attenzione verso i giovani. Per loro fu una guida ed un padre affettuoso che, in modidiversi, li faceva crescere sia spiritualmente che culturalmente e li aiutava a superare se stessi perfino incampo materiale. In modo speciale seppe infondere nella gioventù lo spirito dell’eroismo cristiano perprofessare la fede. Erano appena trascorsi quindici giorni dalla soppressione del culto pubblico, ordinatadai Vescovi, quando venne preso prigioniero. Quando gli venne comunicato che lo cercavano, disse:«Che si faccia la volontà di Dio, se Lui lo desidera io sarò uno dei martiri della Chiesa!». Il giornoseguente, il 15 agosto 1926, fu condotto, insieme ai suoi più vicini collaboratori nell’apostolato, sanManuel Morales, san Salvador Lara e san David Roldán, nella zona conosciuta come "Porto di SantaTeresa". Il Signor Parroco san Luis Batis e san Manuel Morales furono portati in strada per essere fucilati.Allora il sacerdote intercedette per il suo compagno san Manuel ricordando ai carnefici che aveva mogliee figli. Fu tutto inutile e il parroco, con il suo caratteristico sorriso buono, assolse il suo compagno e glidisse: «Arrivederci in cielo». Pochi secondi dopo si consumava il suo martirio nel giorno della festa dellaAssunzione della Vergine Santissima.

Sant’Augustín Caloca CortésNaque a San Juan Bautista de Teúl, Zacatecas (Arcidiocesi di Guadalajara), il 5 maggio 1898.Cooperatore nella parrocchia dì Totatiche e prefetto del Seminario Ausiliare sito nello stesso paese, fu unesempio di purezza sacerdotale. Dopo aver aiutato i seminaristi a fuggire, fu fatto prigioniero e condottonella stessa prigione nella quale si trovava il suo parroco, san Mateo Correa Magallanes. Un militare,commosso per la sua giovane età, gli offrì la libertà. Lui l’avrebbe accettata solo se veniva concessa ancheal parroco. Di fronte al plotone di esecuzione, l’atteggiamento e le parole del suo parroco lo colmarono diforza, tanto che esclamò: «Grazie a Dio viviamo e per Lui moriamo». Il 25 maggio 1927 venne fucilato aColotlán, Jalisco (Diocesi de Zacatecas). Di fronte al carnefice ebbe la forza di confortare il suo ministroe compagno di martirio, che lo consolò, dicendogli: «Stai tranquillo, figliolo, solo un momento e poi ilcielo». Dopo, rivolgendosi alla truppa, esclamò: «Io muoio innocente e chiedo a Dio che il mio sangueserva per l’unione dei miei fratelli messicani».

San Mateo Correa MagallanesNacque a Tepechitlán (Diocesi di Zacatecas) il 23 luglio 1866. Parroco di Valparaiso (Diocesi diZacatecas). Il Padre Mateo svolse fedelmente tutti gli incarichi sacerdotali: evangelizzare e servire ipoveri, ubbidire al suo Vescovo, unirsi a Cristo Sacerdote e Vittima, specialmente diventando martire amotivo del sigillo sacramentale. Continuamente perseguitato e imprigionato varie volte, fu catturatonuovamente mentre andava ad aiutare una persona ammalata. Lo tennero in carcere alcuni giorni aFresnillo, Zacatecas, quindi venne condotto a Durango. Il generale gli chiese di confessare alcuniprigionieri e di riferire poi ciò che aveva appreso in confessione, altrimenti lo avrebbe ucciso. II signorParroco Correa rispose con dignità: «Lei può farlo, ma sappia che un Sacerdote deve saper conservare ilsegreto della confessione. Sono disposto a morire». Fu fucilato in un campo, nei dintorni della città diDurango, il 16 febbraio 1927 e così quel parroco mite e pronto al sacrificio iniziò la sua vera vita.

Sant’Atilano Cruz AlvaradoNacque ad Ahuetita de Abajo, appartenente alla parrocchia di Teocaltiche, Jalisco (Diocesi deAguascalientes) il 5 ottobre 1901. Sacerdote al servizio della parrocchia di Cuquío, Jalisco. Venneordinato sacerdote, quando questo era considerato il maggior delitto che poteva commettere unmessicano. Ma lui, con una gioia che sprizzava da tutti i pori, stese le sue mani affinché fosseroconsacrate sotto il cielo azzurro dello Stato di Jalisco in un dirupo vicino al quale si nascondevano sial’Arcivescovo che il Seminario. Undici mesi dopo il tranquillo ed allegro sacerdote, mentre esercitava,come poteva, il suo ministero, venne chiamato dal suo parroco il signor Curato Justino Orona. Obbedientesi avviò verso il "Rancho de las Cruces", luogo che sarebbe stato il suo calvario. Poco prima aveva

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scritto: «Nostro Signore Gesù Cristo ci invita ad accompagnarlo nella passione». Mentre dormivagiunsero le forze militari e le autorità civili. Il Padre Atilano udendo la scarica che troncò la vita alproprio superiore, si inginocchiò sul letto ed attese il momento del suo sacrificio. Lui venne fucilato,dando prova della sua fedeltà a Cristo Sacerdote, all’alba del 1° luglio 1928.

San Miguel De La Mora De La MoraNacque a Tecalitlán, Jalisco (Diocesi di Colima) il 19 giugno 1878. Cappellano della Cattedrale diColima. Sacerdote semplice, modesto, ordinato, puntuale, fu particolarmente caritatevole con i poveri epronto a servire tutti. Colima fu il primo Stato della Repubblica Messicana che richiese l’iscrizione deisacerdoti per poter svolgere il sacerdozio. Sia il Vescovo che i suoi sacerdoti protestarono ribadendo cheavrebbero patito qualsiasi cosa prima di tradire la loro fede e la fedeltà alla Chiesa. La risposta delgoverno fu quella di processare ed allontanare tutti i sacerdoti. Padre Miguel, come altri, cercò dinascondersi per poter prestare aiuto ai fedeli. Fu scoperto e minacciato di essere imprigionato a vita senon apriva al culto la Cattedrale, contro le disposizioni del Vescovo. Di fronte alle pressioni del governomilitare preferì andare via dalla città. Per la strada fu arrestato e condotto di fronte al generale, che locondannò alla fucilazione. Camminò in silenzio fino al luogo indicatogli e, come proclama della sua fedee del suo amore a Maria Santissima, tirò fuori il suo rosario, iniziò a pregare e con questo in mano, caddeucciso dai proiettili. Era mezzogiorno del 7 agosto 1927.

San Pedro Esqueda RamírezNacque a San Juan de los Lagos, Jalisco (Diocesi de San Juan de los Lagos) il 29 aprile 1887. Vicario diSan Juan de los Lagos, si dedicò con particolare cura e con vera passione alla catechesi dei bambini.Fondò vari centri di studio ed una scuola per la formazione catechistica. Nutrì grande devozione alSantissimo Sacramento. Nel mezzo della persecuzione organizzò una veglia perenne a Gesù Sacramentatocon le varie famiglie. Nel momento in cui fu incarcerato fu malmenato così duramente che gli si aprì unaferita sul volto. Un militare, dopo averlo colpito, gli disse: «Ora sarai pentito di esser stato sacerdote», eda ciò rispose dolcemente Padre Pedro: «No, neppure un attimo, e mi manca poco per vedere il cielo». Il22 novembre 1927 lo portarono fuori dal carcere per giustiziarlo; i bambini lo circondarono e il PadreEsqueda ripeté con insistenza ad un piccolo che camminava al suo fianco: «Non tralasciare di studiare ilcatechismo, né per alcun motivo tralascia la dottrina cristiana». Su un foglio di carta annotò le sue ultimeraccomandazioni per le catechiste. Quando giunsero nella periferia del paese di Teocaltitlán, Jalisco, glispararono tre colpi che cambiarono la sua vita terrena in eterna.

San Margarito Flores GarcíaNacque a Taxco, Guerrero (Diocesi di Chilapa) il 22 febbraio 1899. Parroco di Atenango del Río,Guerrero (Diocesi di Chilapa). I tre anni trascorsi nel ministero furono sufficienti per conoscere la suaindole sacerdotale. Si trovava fuori della Diocesi, a causa della persecuzione, quando venne a conoscenzadella morte eroica del signor Parroco David Uribe, e professò queste parole: «Mi ribolle l’anima, anch’iofinirò con il dar la vita per Cristo; chiederò il permesso al Superiore ed inizierò il volo verso il martirio».Il Vicario generale della Diocesi lo nominò vicario con funzioni di parroco di Atenango del Río,Guerrero. Il Padre Margarito si mise all’opera. Fu scoperto e identificato come sacerdote, quando stavaper giungere alla meta; fu imprigionato e condotto a Tulimán, Guerrero, luogo in cui venne dato l’ordinedi fucilarlo. Il Padre Margarito chiese il permesso di pregare, si inginocchiò per qualche secondo, baciò ilsuolo e quindi, in piedi, attese gli spari che gli distrussero la testa e lo unirono per sempre a CristoSacerdote, il giorno 12 novembre 1927.

San José Isabel Flores VarelaNacque a Santa Maria de la Paz, della parrocchia di San Juan Bautista del Teúl, Zacatecas (Arcidiocesi diGuadalajara) il 28 novembre 1866. Cappellano di Matatlán, della parrocchia di Zapotlanejo, Jalisco(Arcidiocesi di Guadalajara). Per 26 anni diffuse la carità del suo ministero in quella cappellania,mostrandosi a tutti come un padre affettuoso che li edificò con la sua abnegazione e con la sua povertà, ilsuo spirito di sacrificio, la sua pietà e la sua sapienza. Un vecchio compagno che era stato protetto daPadre Flores, lo denunciò al capo di Zapotlanejo e venne incarcerato il 18 giugno 1927, quando stavadirigendosi verso una fattoria per celebrare l’Eucaristia. Fu nascosto in un luogo sporco, tenutoprigioniero e maltrattato; il capo gli faceva ascoltare musica e gli diceva: «Ascolta questa bella musica; sefirmi accettando le leggi, ti lascio libero». Senza scomporsi, il martire disse: «Io ascolterò una musica

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migliore in cielo». Padre José Isabel ripeté più volte: «Preferisco morire piuttosto che deludere Dio». Il 21giugno 1927 venne condotto, di notte, nel camposanto di Zapotlanejo per l’esecuzione. Cercarono diucciderlo impiccandolo ma non vi riuscirono. Il capo ordinò di sparare, ma un soldato riconobbe in lui ilsacerdote che lo aveva battezzato e non volle farlo; infuriato l’aguzzino assassinò il soldato.Misteriosamente le armi non spararono contro Padre Flores, e quindi, uno di quegli assassini tirò fuori ungrosso coltello e recise la gola del valoroso martire.

San David Galván BermudesNacque a Guadalajara, Jalisco il 29 gennaio 1881. Professore nel Seminario di Guadalajara. La suagrande carità verso i poveri e gli operai lo spinsero ad organizzare ed aiutare il gruppo dei calzolai, lavoroche effettuò a fianco di suo padre. Strenuo difensore della santità del matrimonio aiutò una ragazzaperseguitata da un militare, che, già coniugato, desiderava contrarre matrimonio con lei. Questo fattoprocurò al Padre Galván l’inimicizia del tenente che, alla fine, divenne il suo giustiziere. Il 30 gennaio1915 mentre cercava di aiutare spiritualmente i soldati feriti in un combattimento avvenuto a Guadalajara,fu fatto prigioniero. Mentre era in attesa dell’esecuzione il suo compagno di prigionia gli comunicò chenon avevano fatto colazione ed il Padre Galván gli disse tranquillamente: «Oggi andremo a pranzare conDio». E, di fronte a coloro che erano incaricati di giustiziarlo, mostrò il petto per ricevere le pallottole.

San Salvador Lara PuenteNacque nel paese di Berlín, Durango, appartenente alla parrocchia di Súchil (Arcidiocesi di Durango) il13 agosto 1905. Salvatore era giovane, nel pieno degli anni, alto e robusto, dedito allo sport dellacharrería; educato e dai modi distinti con tutti; rispettoso ed affettuoso con sua madre che era vedova;onesto e responsabile come impiegato in una ditta mineraria. Viveva la sua fede con purezza e si dedicavaall’apostolato come militante nell’Azione Cattolica della Gioventù Messicana. Quando giunsero i soldatiper arrestarlo, insieme a san Manuel e san David, rispose quando venne chiamato: «Sono qui». Camminòsorridente, come sempre, insieme al suo compagno e cugino Davide fino al luogo indicatogli per esserefucilato. Si erano appena resi conto che il parroco, il san Luis Batis e il suo amico san Manuel Moraleserano stati fucilati. Pregando a voce bassa san Salvador ricevette una scarica che gli causò delle feritedalle quali uscì il suo sangue di martire e si scoprì la sua grandezza di cristiano.

San Jesús Méndez MontoyaNacque a Tarímbaro, Michoacán (Arcidiocesi di Morelia) il 10 giugno 1880. Vicario di Valtierrilla,Guanajuato (Arcidiacesi di Morelia). Fu un sacerdote che dedicò completamente se stesso agli altri, e nonlesinò mezzi per intensificare la vita cristiana tra i suoi fedeli. Si sottopose a confessare per lunghe ore eda queste confessioni uscivano cristiani convertiti o anelanti a maggiore perfezione grazie ai suoi giusticonsigli. Viveva con le famiglie povere, era un catechista ed una guida per gli operai e per i contadini; unsolerte maestro di musica che riuscì ad organizzare un nutrito coro per le celebrazioni. Il 5 febbraio 1928le forze federali cercarono di reprimere un gruppetto di praticanti e si diressero verso l’abitazione in cui sinascondeva il Padre Jesús, che cercò di salvare una pisside contenente Ostie consacrate. Notato dai soldatichiese loro che gli venisse concesso un attimo per poter consumare il Santissimo Sacramento; gli venneconcesso. Successivamente con dolcezza si avvicinò ad una sorella e le disse: «È la volontà di Dio. Che sicompia la sua volontà». I soldati lo condussero a pochi metri dal tempio, fuori dell’atrio, e losacrificarono con tre colpi d’arma da fuoco. Il sacerdote che seppe valorizzare le sue doti umane e la suaconoscenza di Dio per far amare Gesù Cristo, con il suo sangue proclamò il suo grande amore a CristoRe.

San Manuel MoralesNacque a Mesillas, Zacatecas, appartenente alla parrocchia Sombrerete, Zacatecas (Arcidiocesi diDurango) il giorno 8 febbraio 1898. Cristiano di un solo pezzo: sposo fedele, padre affettuoso con i suoitre figli piccoli, buon lavoratore, laico dedito all’apostolato della sua parrocchia e all’intensa vitaspirituale alimentata dall’Eucaristia. Membro dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana epresidente della Lega Nazionale in Difesa della Libertà Religiosa, associazione che, con mezzi pacifici,cercava di ottenere l’abolizione delle empie leggi. Il giorno 15 agosto 1926 quando venne a conoscenzache il signor Parroco san Luis Batis era stato incarcerato si mosse per andare ad intercedere per la sualibertà. Aveva appena riunito un gruppo di giovani per decidere sul da farsi, quando si presentò unatruppa ed il capo gridò: «Manuel Morales!». Manuel fece un passo avanti e con molto garbo si presentò:

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«Sono io, a sua disposizione!». Lo insultarono ed iniziarono a colpirlo con ferocia. Fu portato fuori dallacittà insieme al signor Parroco, e quando udì che questi chiedeva grazia per la sua vita, considerando cheaveva famiglia, con audacia disse:«Signor Parroco, io muoio, ma Dio non muore. Lui si occuperà di mia moglie e dei miei figli». Poi sisollevò ed esclamò: «Viva Cristo Re e la Vergine di Guadalupe!». La testimonianza della sua vita restòfirmata con il suo sangue di martire.

San Justino Orona MadrigalNacque a Atoyac, Jalisco (Diocesi di Ciudad Guzmán) il 14 aprile 1877. Parroco di Cuquío, Jalisco(Arcidiocesi di Guadalajara). Fondatore della Congregazione religiosa delle Sorelle Clarisse del SacroCuore. La sua vita fu segnata da dolori ma sempre si mantenne cortese e generoso. Una volta scrisse:«Coloro che perseguono il cammino del dolore con fedeltà, con certezza possono salire al cielo». Quandola persecuzione divenne più pesante rimase tra i suoi fedeli dicendo: «Io resterò tra i miei, vivo o morto».Una notte, dopo aver deciso con il suo vicario e compagno di martirio, il Padre san Atilano Cruz, unaspeciale azione pastorale, da tenersi in mezzo ad innumerevoli pericoli, entrambi si ritirarono in una casadel "Rancho de Las Cruces", vicino a Cuquío per riposare. All’alba del 1° luglio 1928 le forze federali edil presidente municipale de Cuquío irruppero violentemente nel rancho e colpirono la porta della stanza incui dormivano. San Justino Orona aprì e con voce forte salutò il giustiziere: «Viva Cristo Re!». Larisposta fu una pioggia di pallottole.

San Sabas Reyes SalazarNacque a Cocula, Jalisco (Arcidiocesi di Guadalajara) il 5 dicembre 1883. Vicario a Tototlán, Jalisco(Diocesi di San Juan de los Lagos). Semplice e fervente aveva una speciale devozione per la SantissimaTrinità. Invocava frequentemente anche le anime del purgatorio. Si interessò molto della formazione deibambini e dei giovani, tanto nella catechesi come nell’insegnamento delle scienze, arti e mestieri,soprattutto nella musica. Affabile e dedito al suo ministero. Esigeva molto rispetto per tutto ciò che siriferiva al culto e desiderava che si eseguissero prontamente tutti gli incarichi. Durante il periodo piùpericoloso per i sacerdoti, quando gli si consigliava di lasciare Tototlán, lui replicava: «Mi hanno lasciatoqui e qui attendo. Vediamo che cosa dispone Iddio». Nella Settimana Santa del 1927 giunsero le truppefederali e i proprietari di terre cercando il signor Parroco Francisco Vizcarra ed i suoi ministri. Trovaronosolo Padre Reyes e su lui riversarono tutto il loro odio. Lo presero, lo legarono con forza ad una colonnadel tempio parrocchiale, lo torturarono per tre giorni con la fame e la sete e, con inqualificabile sadismo,gli bruciarono le mani. Il 13 aprile 1927, Mercoledì Santo, venne condotto al cimitero. Finirono diucciderlo, ma, prima di morire, più con l’anima che con la voce, il sacerdote martire riuscì a gridare:«Viva Cristo Re!».

San José María Robles HurtadoNacque a Mascota, Jalisco (Diocesi di Tepic) il 3 maggio 1888. Parroco di Tecolotlán, Jalisco, efondatore della Congregazione religiosa delle Sorelle del Cuore di Gesù Sacramentato. Fervido apostolodella devozione al Sacro Cuore di Gesù, scrisse piccole opere divulgative. Poco prima di essere ucciso,scrisse in una poesia i suoi ultimi desideri: «Desidero amare il tuo Cuore, / Gesù mio, con partecipazionetotale, / desidero amarlo con passione, / desidero amarlo fino al martirio. / Con l’anima ti benedico, / mioSacro Cuore; / dimmi: Si arriva all’attimo / della felice ed eterna unione?».Nella sierra di Quila, Jalisco (Diocesi di Autlán), venne appeso ad un albero il 26 giugno 1927.

San David Roldán LaraNacque a Chalchihuites, Zacatecas (Arcidiocesi di Durango) il 2 marzo 1902. Orfano di padre, quandoera molto piccolo, fu per la madre un figlio buono ed affettuoso. Per i suoi fratelli fu come un padre. Isuoi amici lo stimavano per la sua allegria e per la generosità; i suoi compagni di lavoro per la bontà ecomprensione. Per il proprietario dell’impresa mineraria, in cui lavorava, fu impiegato attento, onesto elavoratore. Per la sua fidanzata, fu giovane tutto di un pezzo e sincero. Condivideva con il suo Parroco, ilsignor Curato san Luis Batis, i problemi dell’apostolato, come membro dell’Azione Cattolica dellaGioventù Messicana, le angustie della situazione in cui si trovava la Chiesa e le aspirazioni di esserefedele a Cristo fino al martirio. Dato che era unito dagli stessi ideali del suo amico san Manuel Morales edi suo cugino san Salvador Lara, fu con essi imprigionato e quindi giustiziato. A pochi metri dal luogodove furono martirizzati il signor Curato san Luis Batis e san Manuel. Senza impaurirsi percorse

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serenamente gli ultimi passi sulla terra che lo separavano dal cielo e venne ucciso insieme al cugino sanSalvador. Quel 15 agosto 1926, il sole allo zenit, la vita in fiore e il supremo amore di Cristo si unirononel martirio di san David.

San Toribio Romo GonzálezNacque a Santa Ana de Guadalupe, appartenente alla parrocchia di Jalostotitlán, Jalisco, (Diocesi di SanJuan de los Lagos) il 16 aprile del 1900. Vicario con funzioni di parroco a Tequila, Jalisco (Arcidiocesi diGuadalajara). Sacerdote dal cuore sensibile e di assidua orazione. Profondamente preso dal misterodell’Eucaristia chiese molte volte: «Signore non mi lasciare nemmeno per un giorno senza dire la Messa,senza abbracciarti nella Comunione». In occasione di una Prima Comunione, tenendo l’Ostia Sacra nellesue mani disse: «Signore, accetteresti il mio sangue che ti offro per la pace della Chiesa?». Mentre sitrovava ad Aguascalientes, luogo vicino a Tequila, che serviva come rifugio e centro del suo apostolato,volle aggiornare i registri parrocchiali. Lavorò tutto il giorno del venerdì ed anche la notte. Alle cinquedel mattino di sabato 25 febbraio 1928, volle celebrare l’Eucaristia ma, sentendosi molto stanco e consonno, preferì dormire un poco per celebrare meglio. Si era appena addormentato quando un gruppo dicontadini e soldati entrarono nella stanza e uno di questi lo indicò dicendo: «Quello è il sacerdote,uccidetelo». Il Padre Toribio si svegliò impaurito, si sollevò e lo colpirono. Ferito e vacillante camminòun po’, ma una nuova scarica alle spalle gli tolse la vita ed il suo sangue generoso tinse di rosso la terra diquesta zona di Jalisco.

San Jenaro Sánchez DelgadilloNacque a Zapopan, Jalisco (Arcidiocesí di Guadalajara) il 19 settembre 1886. Vicario di Tamazulita, dellaparrocchia di Tecolotlán, Jalisco (Diocesi di Autlán). Il suo parroco elogiava la sua obbedienza. I fedeliammiravano la sua rettitudine, il suo fervore, la sua eloquenza nella predicazione ed accettavanofacilmente la fermezza del Padre Jenaro quando chiedeva una buona preparazione per poter ricevere isacramenti. I soldati ed alcuni coloni lo individuarono mentre insieme ad alcuni fedeli suoi amici andavaper i campi. Vennero tutti lasciati liberi, mentre il Padre Jenaro venne condotto su un colle vicino aTecolotlán e su un albero prepararono la forca. Padre Jenaro posto di fronte al plotone, con eroica serenitàproferì le seguenti parole: «Paesani, mi impiccheranno; io ti perdono; che anche Iddio, mio Padre, tiperdoni e che sempre viva Cristo Re!». I carnefici tirarono la corda così forte che la testa del martire battéviolentemente su un ramo dell’albero. Dopo poco morì in quella stessa notte del 17 gennaio 1927. L’astiodei soldati continuò e, tornati all’alba, fecero scendere il cadavere, gli spararono sulla spalla e unapugnalata quasi attraversò il corpo ormai inerte del testimone di Cristo.

San Tranquilino Ubiarco RoblesNacque a Zapotlán el Grande, Jalisco (Diocesi di Ciudad Guzmán) l’8 luglio 1899. Vicario con funzionidi parroco a Tepatitlán, Jalisco (Diocesi di San Juan de los Lagos). Fu uno degli instancabili ministri neitempi difficili della persecuzione. Non veniva fermato da nulla. Pieno di carità, andava ad amministrare isacramenti ed a sostenere la vita cristiana tra i fedeli portando l’Eucaristia nelle case. All’inizio del mesedi ottobre del 1928 andò a Guadalajara a comprare quanto era necessario per il Sacrificio Eucaristico.Qualcuno gli fece notare che la sua zona pastorale era posta in uno dei luoghi di maggior pericolo: LosAltos de Jalisco. Allora il Padre Ubiarco con molta semplicità replicò: «Per ora ritorno alla miaparrocchia; vediamo che posso fare e se mi toccherà morire per Dio, sia benedetto». Una notte si stavapreparando a celebrare l’Eucaristia ed a benedire un matrimonio, quando lo fecero prigioniero e locondannarono a morire impiccato su un albero del viale, fuori città. Con fermezza cristiana benedisse lagrossa fune, strumento del suo martirio, e ad un soldato che non volle partecipare al crimine, disse,ripetendo le parole del Maestro: «Oggi verrai con me in paradiso». Era la mattina del 5 ottobre 1928.

San David Uribe VelascoNacque a Buenavista de Cuéllar, Guerrero (Diocesi di Chilapa) il 29 dicembre 1889. Parroco di Iguala,Guerrero (Diocesi di Chilapa). Esercitò in modo esemplare il suo ministero in una regione attaccata dallamassoneria, dal protestantesimo e dallo scisma. Il militare che lo catturò gli propose ampia libertà nelcaso che avesse accettato le leggi e fosse diventato vescovo della chiesa scismatica creata dal governodella repubblica. Il Padre David, ribadì ciò che già aveva scritto, appena un mese prima, e che denota tuttala forza della sua fede e della sua fedeltà: «Se sono stato unto con l’olio santo che mi fa ministrodell’Altissimo, perché non essere unto con il mio sangue in difesa delle anime redente con il sangue di

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Cristo? Quale felicità morire in difesa dei diritti di Dio! Morire prima di rinnegare il Vicario di Cristo!».Ormai in carcere, scrisse le sue ultime parole: «Dichiaro di non aver commesso i delitti che mi vengonoimputati. Sto nelle mani di Dio e della Vergine di Guadalupe. Domando a Dio perdono e perdono i mieinemici; chiedo perdono a tutti quelli che ho offeso». Condotto in un luogo vicino alla stazione di San JoséVistahermosa, Morelos (Diocesi di Cuernavaca) fu sacrificato con un colpo alla nuca il 12 aprile 1927.

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Il piccolo José e i martiri di oggiPigi Colognesilunedì 22 aprile 2013 – il sussidiario.net

Questo editoriale avrei dovuto scriverlo il 28 marzo, centesimo anniversario dellanascita di José Sanchez Del Rio. Ma allora non sapevo neppure che fosse esistito e non potevoimmaginare quanto grande fosse stata la sua vita.

José nasce nel 1913 a Sauhay o una cittadina non lontano da Guadalajara, in Messico.

Il paese viveva allora i sussulti della rivoluzione Emilano Zapata, che si sarebbe conclusa conla nuova costituzione del 1917. Costituzione spiccatamente avversa alla Chiesa:espropriazione di beni, soppressione di ordini, chiusura di scuole e chiese fino alla vera epropria persecuzione cruenta.

A partire dal 1926 – José ha 13 anni – prende il via una rivolta armata contro ilgoverno. Sono i «cristeros», gruppi di combattenti unificati dal motto «Viva Cristo Rey ». I duefratelli maggiori di José si arruolano in questo esercito popolare, ma lui è troppo giovane.Però non privo di coraggio e determinazione, tanto che alla fine riesce a farsi arruolare;dapprima svolge piccoli lavoretti al campo militare, come la pulizia delle armi e la cura deicavalli, poi ottiene il rango di portabandiera del battaglione guidato da un generale. Cometale José partecipa alle battaglie dei cristeros contro le truppe federali.

In quella del 6 febbraio 1928 – non ha ancora quindici anni – si accorge che il cavallodel suo generale è stato abbattuto; smonta in fretta dal proprio e lo porta all’ufficiale. «Lavostra vita è più importante della mia» gli dice per convincerlo ad accettare. Solo e appiedatoJosé viene facilmente catturato dai federali, che lo rinchiudono in una chiesa da loroprofanata e poi trasformata in stalla e prigione.

I carcerieri lo sentono recitare ad alta voce le preghiere cui era fedele fin da bambino(riuscirà persino a farsi portar la comunione di nascosto) e cercano di persuaderlo arinnegare la sua fede, ma José risponde invariabilmente «Viva Cristo Rey ». Allora decidono ditorturalo, ottenendo soltanto che il giovane invochi sempre più intensamente che il Signoregli conceda la forza di resistere. La mattina del 10 febbraio gli scorticano lentamente lepiante dei piedi, gli legano le mani dietro la schiena e lo costringono a camminare su unselciato cosparso di sale fino al cimitero; è la sua via Crucis.

Davanti alla fossa preparata per lui, gli aguzzini rinnovano le promesse di onori ericchezze se solo avesse pronunciato poche parole di rinnegamento della fede cattolica. Dalfondo della sofferenza, con lo sguardo che solo la limpidezza di un adolescente può avere, Josérisponde come sempre. «Viva Cristo Rey ». Lo ammazzano.

La Chiesa ha sempre avuto i suoi martiri e li ha devotamente onorati: José è statobeatificato il 20 novembre del 2005.

Recentemente papa Francesco ha detto:«La Chiesa ha più martiri oggi che nel tempodei primi secoli». E il martirio, per noi che magari ci lamentiamo di sciocchi contrattempi osiamo presi dal dubbio per qualche inezia, è sempre un esempio sconvolgente. Ma quando ilmartire è un ragazzo come José ci si trova di fronte ad una purezza disarmante: si capisce chela forza per resistere è un dono e che noi dobbiamo semplicemente accoglierlo.

Ah, dimenticavo. Come ho conosciuto la storia di José? Perché un amico mi ha fattovedere il film Cristiada (nell’originale For a Greater Glory). È una pellicola americana del2012 che nelle nostre sale non è ancora arrivata (e magari non arriverà mai), ma che si puòpescare nel gran mare di internet.