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Copyright © Francesco Noè, 2010 Eccetto dove diversamente specificato, la presente opera è rilasciata nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione – Non Commerciale – Condividi allo stesso modo 2.5 Italia. Per leggere il testo integrale della suddetta licenza visita il sito web: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/legalcode o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA. Tutti i marchi citati e i loghi riprodotti apparten gono ai legittimi proprietari.

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CREATIVE COMMONS: CREATIVITÀ IN LIBERTÀ

Le più diffuse licenze di libera distribuzione come enzima del processo creativo 2.0

Facoltà di Scienze della Comunicazione Corso di laurea in Scienze e Tecnologie della Comunicazione

Francesco Noè

RELATORE Prof. Alberto Marinelli

CORRELATORE

Prof. Francesco D’Amato

A/A 2009-2010

Sessione Luglio 2010

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CAPITOLO PRIMO INTRODUZIONE

1. Dagli atomi ai bit 2. Tecniche di contaminazione 3. Re-generation: i ‘pirati’ all’arrembaggio

CAPITOLO SECONDO CREATIVE COMMONS

1. Origini e struttura 2. Principi e obiettivi 3. Le licenze 4. Porting delle licenze in Italia 5. CC e SIAE: la situazione italiana 6. Altre iniziative CC

CAPITOLO TERZO COME FUNZIONA?

1. Indicazioni e chiarimenti preliminari 2. Il wizard di scelta della licenza

CAPITOLO QUARTO GUIDA ALLA PUBBLICAZIONE

1. Le principali risorse operative 2. On-line e off-line 3. Pubblicare l’opera sul proprio sito web con una licenza CC 4. Pubblicare con Internet Archive e l’applicazione CC Publisher 5. Pubblicare le opere in CC sui circuiti di file-sharing 6. Ulteriori risorse e piattaforme di pubblicazione in CC 7. Come trovare opere in CC?

CAPITOLO QUINTO OLTRE LE CC

1. I principali problemi e critiche 2. Possibili campi di fioritura 3. I protagonisti: usi e pratiche degli utenti

CONCLUSIONI La difficile via dell’equilibrio e del buon senso al riparo dagli estremismi APPENDICE 1 COME FUNZIONA APPENDICE 2 I “COMMONS DEED” DELLE LICENZE VERSIONE 2.5 ITALIA APPENDICE 3 CREATIVE COMMONS FAQ ITALIANA (Frequently Asked Questions) APPENDICE 4 DIVENTA CREATIVO BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA

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CAPITOLO PRIMO INTRODUZIONE

Per cambiare, per diventare un’altra cosa, dobbiamo prima sapere cosa siamo

Bruce Jun Fan Lee

1. DAGLI ATOMI AI BIT Emerge sempre di più e si impone all’attenzione del senso comune la necessità di interrogarsi sulla regolamentazione giuridica della creatività e sui suoi metodi nello scenario odierno del Web 2.0 e del network onnipresente della Rete. La cultura generata dagli utenti, detta appunto user generated contents, si origina tramite una continua e quasi indistinguibile contaminazione tra forme, linguaggi e opere differenti. Un esempio lampante sono i collage di film con sottofondi musicali scelti dagli utenti o gli spettacolari video anime giapponesi o ancora i ri-doppiaggi di scene di film e serie TV che arrivano a snaturare l’opera originaria fino a creare qualcosa di completamente diverso. In questo diffuso ambiente di ReMix, ReCut up, MashUp e melting pot culturale, si pongono molte questioni sul rapporto tra la normativa in materia di diritto d’autore e la libera fruizione del sapere. C’è un bisogno impellente avvertito dai producers creativi, ma anche dal singolo utente che carica, personalizzandolo, il suo video musicale preferito sulla piattaforma Youtube, di rifuggire dagli estremismi, ovvero da una parte il regime assoluto delle major e degli intermediari che assoldano gli autori e dall’altra l’anarchia dovuta alla totale assenza di qualsiasi forma di copyright, e trovare la via mediana, l’equilibrio contro l’estremismo della proprietà intellettuale. Infatti “la cultura libera è il nostro passato, ma sarà il nostro futuro soltanto se riusciremo a cambiare la strada che stiamo percorrendo ora”1. “La creatività non sarebbe maggiormente favorita, se la componente legale del processo creativo diventasse più lineare?”2 Una possibile risposta a questa fondamentale questione sono le Creative Commons. Le Creative Commons Public Licenses (CCPL) sono delle licenze di diritto d'autore che si basano sul principio “alcuni diritti riservati”. Le CCPL rendono semplice per il titolare dei diritti d'autore segnalare in maniera chiara che la riproduzione, diffusione e circolazione della propria opera è esplicitamente permessa.

1 Lawrence Lessig, Free Culture. The Nature and the Future of Creativity, Penguin Press, New York, NY, 2004; trad. it. Cultura Libera. Un Equilibrio fra Anarchia e Controllo, contro l’Estremismo della Proprietà Intellettuale, Apogeo, Milano 2005, p. 11. 2 Ivi, p. 51.

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Il funzionamento delle CCPL è reso possibile dal fatto che la legge italiana sul diritto d'autore - così come, in generale, le corrispondenti normative nazionali e internazionali - riconosce al creatore di un’opera dell’ingegno una serie di diritti; allo stesso tempo, la legge permette al titolare di tali diritti di disporne. Uno dei modi in cui ciò si può fare è con il meccanismo contrattuale della licenza, tramite cui il titolare dei diritti (il cosiddetto “licenziante”) concede o meno alcuni diritti alla controparte (il cosiddetto “licenziatario”) ovvero qualsiasi fruitore dell’opera. È importante sottolineare come le CCPL, e in generale tutte le licenze di diritto d'autore, non siano la fonte dei diritti in oggetto: è grazie alla legge che tali diritti sorgono. Le CCPL sono solo uno strumento tramite cui il titolare dei diritti concede determinati permessi ai licenziatari. Tali permessi sono flessibili e possono essere vincolati ad alcune condizioni: il titolare dei diritti d'autore può, per esempio, subordinare la riproduzione dell'opera - e in generale gli atti permessi dalla particolare licenza Creative Commons scelta - al vincolo che l'opera medesima non sia modificata (opzione "Non opere derivate") o che non vi sia una finalità prevalentemente commerciale (opzione "Non commerciale"); oppure, in linea con i principi del "copyleft" tipici del Software Libero, che qualora si modifichi un'opera e la si ridistribuisca, la cosiddetta "opera derivata" debba essere ridistribuita sotto le medesime condizioni alle quali si è ricevuta l'opera originaria (opzione "Condividi allo stesso modo")3. Le Creative Commons (CC) si pongono perciò come facilitatori del processo creativo in senso lato. Sono uno strumento semplice, legale e innovativo per facilitare, eliminando gli intermediari, il nascere e il crescere del percorso della creatività, intesa qui come produzione autentica e attiva di cultura in senso lato. Con il diffondersi della Rete e, soprattutto, dello sviluppo di wizard, tecnologie sempre più user friendly e il dilagare di funzioni web 2.0 l’utente ha più possibilità di accedere a contenuti, fare l’upload di proprie creazioni ed editare e personalizzare quelli già esistenti e reperibili. Con grandi sforzi dagli ingenti costi, si sta cercando di adattare Internet e il suo magma relazionale alla normativa sul diritto d’autore senza alcuna modifica o revisione, necessaria per una visione più distesa, coerente e confacente agli usi abilitati dalle nuove tecnologie. Le enormi possibilità date dai nuovi strumenti digitali in cui si possono esprimere la creatività, i collegamenti globali di contenuti e le informazioni, nonché l’acceso alla condivisione immediata che rompe le barriere dello spazio e del tempo, si scontrano ripetutamente con gli eccessi dovuti alla dispendiosa, quanto vana, guerra del copyright alla Rete e dal tentativo cieco, quanto retrogrado, di colpire usi diffusi su vasta scala degli utenti, messi in luce, e controllati, dalla Rete, che prima rimanevano tranquillamente fuori da ogni centro di attenzione e provvedimento.

3 Cfr. www.creativecommons.it/cosa-fa-cc

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Tutta una serie di comportamenti che rimanevano sopiti e che non sembravano dare fastidio o interessare nessuno, dopo l’affermazione, in continua crescita, di Internet di massa sembrano venire alla ribalta e porsi come fondamentali da regolare e controllare. In casi come questi, in cui la tecnologia abilita e spinge a cambiamenti sociali e culturali, dovuti al reiterarsi di pratiche innovative e utili nel tempo, bisognerebbe sempre ricordare che al centro ci sono gli utenti e le loro esigenze che plasmano ineluttabilmente il mondo circostante. Nell’evoluzione della legislazione sul copyright, che dovrebbe tutelare la proprietà intellettuale, gli utenti e le loro pratiche sono stati relegati invece ad un ruolo di secondo piano, se non inferiore. Per renderci conto di ciò, si riporta qui di seguito un sintetico prospetto in cui Lessig, uno dei fondatori delle CC, illustra l’evoluzione legislativa statunitense del copyright fino a quella odierna, sotto cui si viene a trovare un’opera lanciata sul mercato oggi, facendo delle semplici distinzioni tra cultura commerciale e non commerciale e l’azione di copia e trasformazione di un’opera.

Nel 1790, la legge appariva così: Pubblicazione Trasformazione Commerciale © Libera Non commerciale Libera Libera La pubblicazione di mappe, grafici e libri era regolata dalla legge sul copyright. Nient’altro lo era. Le trasformazioni erano libere. E il copyright esisteva unicamente dietro registrazione, e soltanto coloro che intendevano beneficiarne commercialmente registravano un’opera; la copia, tramite la pubblicazione di opere non commerciali, era ugualmente libera. Al termine del XIX secolo, la legge era cambiata nel modo seguente: Pubblicazione Trasformazione Commerciale © © Non commerciale Libera Libera Le opere derivate venivano regolate dalle norme sul diritto d’autore – se pubblicate, il che, come ho già spiegato, considerate le condizioni economiche dell'editoria dell’epoca, significa che lo erano se erano rese disponibili sul mercato. Ma la pubblicazione a fini non commerciali e la trasformazione rimanevano sostanzialmente libere. Nel 1909 la legge mutò per regolare le copie, non la pubblicazione, e in seguito a questa modifica la portata della normativa fu collegata alla tecnologia. Con la diffusione della tecnologia della copia, si estese la portata della legge. Così, nel 1975, con la diffusione sempre maggiore delle macchine fotocopiatrici, possiamo dire che la legge iniziò a trasformarsi come segue: Pubblicazione Trasformazione Commerciale © ©

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Non commerciale © / Libera Libera La legge venne interpretata in modo da raggiungere la copia non commerciale tramite, diciamo, le fotocopiatrici, ma buona parte delle copie al di fuori del mercato commerciale rimaneva comunque libera. Tuttavia, l'emergere delle tecnologie digitali, soprattutto nel contesto delle reti digitali, comporta il seguente cambiamento legislativo: Pubblicazione Trasformazione Commerciale © © Non commerciale © © Ogni settore è governato dalla legge sul copyright, laddove prima, per la creatività, non era così. Ora la legge regola l'intero ambito creativo – commerciale o meno, di trasformazione o meno – con le stesse regole previste per regolamentare l'editoria commerciale. Ovviamente il nemico non è la legge sul copyright. Il nemico è una regolamentazione che non produce effetti positivi. Quindi la domanda che dovremmo porci ora è se l'estensione delle regolamentazioni della legge in ciascuno di questi domini produca effettivamente qualche beneficio. (Lawrence Lessig, Cultura Libera. Un Equilibrio fra Anarchia e Controllo, contro l’Estremismo della Proprietà Intellettuale, Apogeo, Milano 2005, pp. 81-82)

Contro l’estremizzazione di una regolamentazione che dovrebbe essere al servizio e tutelare i creatori, è auspicabile perciò un ritorno all’equilibrio che supporti la creatività in un contesto di rapidi progressi tecnologici. Dagli anni ottanta e sul finire degli anni novanta, il mondo della produzione artistico e culturale, dall’editoria al cinema, è stato coinvolto in grandi cambiamenti dovuti all’uso di massa di nuove tecnologie digitali e l’affermazione di un business di e nella Rete. Le opere dell’ingegno oggi non possono più essere identificate e definite univocamente mediante l’equivalenza con un supporto fisico che le ospita. L’informazione è divenuta più pura, nel senso che si è slegata da uno specifico strumento materiale per diventare una catena di segnali elettrici interpretati e ricostruiti da apposite macchine. Quando si parla di un libro, non si fa più riferimento solo all’idea tipo di un volume cartaceo: il file di testo che contiene la storia che si vuole leggere, può essere inciso su un CD, un DVD, trasportato con una memoria flash da un computer a un altro, inviato a un dispositivo portatile, trasmigrato in diversi contesti e ambienti fluttuando da un formato ad un altro. Lo possiamo trovare perfino su un sito web e se vogliamo anche stamparlo. È un po’ come se una creazione esistesse più in sé che in un’oggettivizzazione esterna e palpabile. L’estensione di questa nuova percezione e modalità di fruizione dei contenuti è in gran parte debitrice della maturità raggiunta dal movimento del software libero e dell’open source (FLOSS4), movimenti che partendo da una profonda riflessione sul software, i

4 Free/Libre/Open Source Software (FLOSS). Per saperne di più, si visiti: http://it.wikipedia.org/wiki/Software_Free/Libero/Open-Source. Si consiglia anche la visione di Revolution OS, documentario statunitense del 2001, diretto da J.T.S. Moore, 85 minuti, visibile su Google Video al seguente URL: http://video.google.com/videoplay?docid=7707585592627775409#. Il film traccia la storia del movimento del codice libero

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programmi per elaboratore, inteso come linguaggio di innovazione e comunicazione, giungono ad elaborare nuovi modelli di sviluppo e di business per una trasmissione e una circolazione più libera e accessibile della conoscenza e dei valori dell’intelligenza e del lavoro. Come spiega il manifesto dell’organizzazione O.S.I (Open Source Initiative): “L’idea di base che sta dietro l’Open Source è semplice: quando i programmatori possono leggere, ridistribuire e modificare il codice sorgente di un software, il software stesso evolve. La gente lo migliora, lo adatta e risolve i bug. E tutto ciò con una velocità impensabile nei sistemi tradizionali di sviluppo del software. Nella Comunità Open Source abbiamo imparato che questo sistema produce il software migliore rispetto al modello chiuso tradizionale, nel quale solo un ristretto numero di programmatori può accedere al codice sorgente e tutti gli altri devono utilizzare alla cieca un oscuro blocco di bit”. Per quanto riguarda il Free Software, la traduzione corretta in italiano è software libero, “libero come nell’espressione libertà di parola e non come birra gratis”, ricorda Richard Stallman, fondatore della Free Software Foundation. Ma quali sono i suoi principi? Il software libero garantisce a ogni utente una serie di diritti: eseguire un programma per ogni scopo; studiare funzioni, principi e modalità di sviluppo attraverso l’accesso al codice sorgente; modificarlo in base alle proprie esigenze; ridistribuirne copie, gratuitamente o a pagamento, in versione originale o modificata. In questo modo, la comunità intera beneficia dei miglioramenti. Questi principi supportati da un’adeguata licenza ad hoc (GNU General Public License) hanno generato grande sviluppo e innovazione: si pensi al sistema operativo GNU/Linux, a GIMP, a OpenOffice, a Mozilla Firefox, per il software, e a Wikipedia, come autorevole baluardo di partecipazione e conoscenza condivisa. Dietro queste definizioni che tratteggiano un mondo che si impone all’attenzione e all’attualità molte volte in maniera più prorompente della materialità in senso stretto, resta la figura, a tratti mitica, dell’hacker. Di favole e film se ne sono fatti a migliaia; di luoghi comuni è pieno il mondo, ma pochi sanno chi è un vero hacker. In principio,anni sessanta, i primi hacker erano individui legati da una passione comune per il cibo cinese, la fantascienza, la libertà d’informazione e i computer. L’appellativo “hacker” indica l’appartenenza alla prima generazione di programmatori, appassionati di matematica, logica ed elettronica, dotati di una curiosità inarrestabile e con tanta voglia di capire e trovare soluzioni nuove ed originali. In gergo “a good hack” è una soluzione brillante ad un problema informatico o di natura pratica; il verbo “to hack” significa letteralmente “fare a pezzi”, “smontare” e il lavoro dei primi hacker è simile a quello di quei bambini che smontano le cose per vedere come sono fatte dentro e capire come funzionano. Un “buon hack” per essere tale deve essere libero. Si capisce perciò come l’hacker si collega idealmente al Free Software. Bisogna porre molta attenzione per non cadere in stereotipi diffusi: l’hacker non è il “pirata informatico” tanto sbandierato, spesso per comodità o semplice ignoranza, dai mass-media. Il criminale che danneggia sistemi e reti, sottrae e specula sui dati personali, crea virus è un cracker (to crack in inglese significa “rompere”). Un cracker non ha niente

partendo dalle interviste dei suoi protagonisti e offre una panoramica delle tendenze del mercato del software e dei conflitti nell’età dei chip della Silicon Valley.

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a che fare con l’etica hacker ed è un individuo infantile e immaturo che arreca sempre danni e persegue fini illegali. Ci si chiederà come teorie ed elaborazioni del mondo dei computer possano riguardare la trasmissione delle opere coperte dal diritto d’autore; una storia a fumetti del 1991 di Zzywwuruth e Cicarè, edita da Il Grifo di Napoli, cerca di tracciare un possibile parallelo tra i due mondi che sono più vicini di quanto si creda. Arturo Di Corinto ne riporta un breve riassunto:

Il cattivo della storia, un certo Brevetto Protoplasto, chiede a un tribunale di riconoscergli tutti i diritti sulla cucina e sul vocabolario, suscitando l’ilarità della Corte e del pubblico. Il giudice sottolinea che per istruire una tale richiesta dovrebbe perlomeno dimostrare di avere inventato il fuoco e la parola. Il cattivo le rivendica in quanto discendente di Adamo. Secondo il giudice però tutti siamo discendenti di Adamo e tutti abbiamo pari diritto di parlarci e cucinare. Ma Brevetto sostiene che lui è un discendente diretto di Adamo per via di Caino e che, contrariamente agli altri umani, lui può dimostrarlo: le prove a suo favore sono un preciso albero genealogico redatto e controfirmato da preti, bonzi e muezzin, finanche da Darwin e, soprattutto, è in possesso della mela del peccato originale di Adamo trasmessagli intatta dopo settemila generazioni. Esaminate le prove la corte è costretta a riconoscergli la “paternità” di ogni lingua e ricetta di cucina e da quel momento gli umani sono obbligati a pagare a Brevetto Protoplasto un balzello ogni volta che si proferisce parola o ci si mette ai fornelli, di fatto rendendo l’umanità schiava in quanto insolvente debitrice nei confronti di Brevetto Protoplasto. Se venisse brevettato il linguaggio quindi saremmo di colpo tutti schiavi, obbligati a pagare una tassa ogni volta che lo “eseguiamo”, e il copyright sulle ricette di cucina impedirebbe finanche alla nonna di passarcele se non pagassimo le royalties al suo inventore. (Mari Alberto, Romagnolo Salvatore (a cura di), Revolution OS. Voci dal codice libero, Apogeo, Milano, 2003, prefazione di Arturo Di Corinto, pp. X-XI)

Le riflessioni sulla proprietà intellettuale elaborate in ambito informatico, sono divenute centrali anche in un contesto più vasto e si è cercato di estendere questo nuovo modello di scambio, innovazione e condivisione, usando il concetto di “permesso d’autore” il cui fine principale, ritornando alle origini del copyright, è quello di tutelare gli autori dall’appropriazione delle opere da parte degli editori e di fornire utili a creatori ed editori per continuare a diffondere conoscenza, bilanciandone i diritti. La mia tesi si propone di prendere in esame uno dei progetti più interessanti e innovativi degli ultimi anni, le Creative Commons. I suoi fondatori hanno avuto il coraggio di analizzare la situazione attuale e in continua evoluzione di un mondo sempre più digitale e appoggiato a Internet ed elaborare una risposta compiuta ed elaborata ad alcune delle questioni più delicate del fenomeno di produzione di cultura nei giorni del bit. Oltre ad un lavoro descrittivo delle CC nel complesso, dalla fondazione alle ultime iniziative, mi sono concentrato sulla situazione dell’Italia in merito; prendendo in esame alcune specificità italiane, ho cercato di raccogliere in maniera quanto più possibile completa i contributi nostrani in merito alle CC, che non sempre risultano facilmente scovabili tra le maglie della Rete, procedendo poi a un’analisi complessiva degli apporti sull’argomento con un’ottica integrata e globale, traducendo principalmente dall’inglese informazioni assenti dalla bibliografia italiana sull’argomento, esigua se confrontata con quella anglo-americana.

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Il taglio pratico e orientato all’utilizzo che ho voluto conferire a questo lavoro, è arricchito da alcune riflessioni che non trascurano di tracciare l’ambiente che fa da contorno alle CC, sottolineando il mondo di origine del progetto, le motivazioni principali e lasciando aperta la strada che va già oltre le Creative Commons, come sua critica costruttiva e work in progress. 2. TECNICHE DI CONTAMINAZIONE

“You control the Information Age. Welcome to your world” Time, 2006

“Sono gli spettatori che fanno il quadro”

Marcel Duchamp (1887-1968)

Molto spesso si sente parlare dell’incredibile azione del prosumer, crasi di produttore e consumatore, che rielabora, riusa e ricompone materiali e contenuti online per creare nuove opere, non di rado di grande valore artistico e culturale, riunite sotto la generica etichetta di UGC (User-generated content). L’ambiente della Rete e del web presuppone di per sé uno scambio e un collegamento relazionale tra diversi generi e prodotti, facilitato dalla copia digitale che per definizione è facile, veloce, fedele, teoricamente non deperibile e dai costi irrisori. Le tecniche di contaminazione tra forme e generi online e offline derivano da una concezione, mutuata dall’informatica, che continua e reitera la sua forte influenza con i software di manipolazione dei contenuti, secondo cui qualsiasi creazione mediale possa essere destrutturata logicamente secondo una griglia ordinata, scomposta e letteralmente fatta a pezzi. Questi pezzi creativi estratti dall’opera originaria, per esempio uno sfondo, un tema di un sito web, un volto, una colonna sonora, un paragrafo di un testo, possono essere successivamente ricomposti in un ordine diverso, usati come tessere per costruire un collage con parti di opere estratte altrove o diventare opere a sé stanti. Si capisce intuitivamente che non ci sono limiti alla creatività e all’abbondanza di materiali creativi che possono essere manipolati e decostruiti a piacimento, se non quelli imposti dalle protezioni tecnologiche applicate o, dal punto di vista legale, dalla normativa che tutela le opere dell’ingegno. La logica della completa manipolazione di materiale offerto, recepita come naturale e appresa di per sé dai nativi digitali, si scontra quindi contro un diverso punto di vista che risente di una mentalità legata alla scarsità delle risorse e all’inscindibilità dell’opera dal suo supporto fisico. In cosa consistono in sostanza le tecniche dei prosumer? Si descriveranno sinteticamente qui di seguito le principali, per sottolineare come siano attività altamente favorite e invogliate dalla struttura e dal funzionamento del digitale e come non siano pratiche magiche o impercorribili, ma frutto di un avanzamento

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tecnologico e di mezzi per il supporto del processo creativo, che si aggiungono alle strategie di citazione e montaggio preesistenti. a. Il ReCut Il ReCut si riferisce al procedimento secondo cui si rimontano in maniera creativa e spesso dissonante più video originali, spesso film noti al grande pubblico, in modo tale da stravolgerne la trama o il senso attraverso una inedita ricombinazione di immagini e musica. La destrutturazione del video originale permette di crearne uno nuovo attraverso la ricombinazione o l’accostamento di contenuti anche originali o autoprodotti. All’interno di uno stesso videoclip, possono esserci più spezzoni di un film o di film diversi, che vengono uniti fino a formare un testo che ha una sua autonomia di significato e una sua coerenza interna. Non è raro che si creino effetti di straniamento dovuti dall’accostamento di film assolutamente antitetici o discordanti tra loro, ma a volte è proprio questo l’obiettivo dell’autore che si serve di materiale non suo, del tutto o in parte, per trasmettere al pubblico il suo messaggio, indipendente dalle finalità dei video originali utilizzati. Naturalmente l’intervento creativo degli utenti è riscontrabile in una scala di variazione che va dalla semplice unione di scene o musiche originariamente distinte, fino a livelli più complessi e raffinati di montaggio incrociato. In tal senso, le pratiche di ReCut possono essere interpretate nei termini di un

(…) gioco dissacrante che è un piacere verso la parodia e il rovesciamento, piacere carnevalesco che riprende gli elementi più riconoscibili del testo di partenza e li deforma o trasforma in un nuovo genere musicale o audiovisivo. (Nicola Dusi, Lucio Spaziante, Remix-Remake, Roma, Meltemi, 2006, p. 16)

Per offrire un esempio immediato che esula dal solo contesto del cyberspace e che è nato in un contesto televisivo, si pensi a una puntata tipo di Blob, che consiste in uno studiato montaggio di spezzoni audio e video tratti dalle programmazioni delle emittenti televisive italiane e anche estere. In sovrimpressione viene mostrato il titolo della puntata, spesso caratterizzato da ironia e umorismo. Sul web, si trovano molti esempi di videoclip assemblati secondo questa tecnica, su piattaforme di pubblicazione video come YouTube e Google Video. b. Il ReMix In ambito musicale il remix è una versione modificata di una canzone. Le variazioni possono essere attuate a livello di testo, arrangiamento, effetti o composizione delle singole parti. Vi sono molte tipologie di remix, tra cui:

• Extended Remix: è un remix di una canzone specifica, nella sua interezza, senza tagli.

• Edit Remix: prevede tagli di alcune parti della canzone. • Vocal Mix: si aggiunge la parte vocale sull’originale arrangiamento che non la

prevedeva.

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• Club Mix: la canzone è mixata da dj con effetti sonori Molti altri tipi sono creati e diffusi grazie anche alla condivisione permessa da Internet, da quando la tecnologia ha permesso un processo di manipolazione del suono veloce e poco dispendioso. Un esempio noto di remix che è anche l'album di remix più venduto al mondo è Blood on the Dance Floor di Michael Jackson, con oltre 7 milioni di copie vendute. Il concetto di remix può essere esteso anche a qualsiasi re-interpretazione non lineare di un lavoro dato, anche non audio e comprendere processi di ibridazione che combinano frammenti di diverse opere5. Ci sono stati esempi di tentativi di remix del linguaggio, con il taglio con le forbici di testi scritti che poi vengono riassemblati creando nuove storie e idee, o nell’arte visuale, si pensi a Andy Warhol o Pablo Ricasso, fino ad arrivare ai prodotti di consumo e al marketing, con il lancio della Sprite Remix da parte della Coca-Cola Corporation. A riguardo sono state sollevate molte questioni per dibattere se il remix di un lavoro costituisce un’opera a sé e come tale il suo autore ne detiene i diritti o se è un’opera derivata, perché non è dissimile in larga misura all’originale, e quindi i diritti ricadono sotto l’esclusiva del creatore originario. Una delle facilitazioni che apportano le Creative Commons, si riferisce proprio a questa controversa categoria di opere, dirimendo la questione tramite una preventiva decisione dell’autore su quali usi sono consentiti e quali no. c. Il Mash-up In informatica un mash-up è un sito o un'applicazione web di tipo ibrido, cioè che include elementi da più fonti separate riunendole assieme e integrandole fra loro. Il Mash-up (in inglese: “poltiglia”) crea un servizio completamente nuovo unendo più sorgenti. Un esempio molto utilizzato per le sue potenzialità è il servizio Google Maps: la mappa visualizzata riporta informazioni sulle strade, i punti vendita, i maggiori luoghi di interesse, prevede una versione satellitare, la versione 3-D, indicazioni stradali, link sponsorizzati, foto… Tutte queste informazioni sono unite nello stesso servizio e integrate come se fossero erogate da una stessa fonte. Nel gergo musicale, per mash-up si intende il procedimento secondo cui una canzone viene composta unendo più tracce musicali, o parti di esse, come, ad esempio, effetti da una, bassi da un’altra, voce da un’altra ancora. Il fenomeno del mash-up è stato portato alla ribalta da iniziative di programmi di genere su MTV o dalle opere di dj famosi internazionalmente che hanno attirato l’interesse delle maggiori case discografiche. Frequente è anche la pratica di miscelare, oltre alle tracce audio, anche diversi videoclip. Questa tecnica è stata spesso associata alla produzione di opere illegali, prodotte senza il permesso del detentore dei diritti, che vengono immesse nel mercato.

5 Per ulteriori spunti si veda: http://en.wikipedia.org/wiki/Remix

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La linea di demarcazione che separa la semplice imitazione di un’opera e la creazione di un’opera che prende spunto da un’altra, è molto sottile. Queste tecniche sono favorite dall’equiparazione dei bit che sono uguali per una musica, per un libro, per una mappa e per un fumetto. Siti come YouTube sono una vetrina eccellente per creazioni che si ispirano a opere magari molto famose e le reinterpretano. Non si può escludere che ci sia una modalità di re-interpretazione semiotica dei testi e che il diverso modo di rapportarsi al materiale creativo condizioni la modalità di comporre, eseguire e ideare un’opera. Creative Commons va incontro, supporta e fornisce uno strumento legale alla logica del sampling, pratica resa molto più semplice e poco dispendiosa dalle tecnologie digitali. L’emergere di una nuova sensibilità artistica, porta a interrogarsi sulle nuove forme d’arte nel mondo del digitale e sulle forme che esse assumono; sono sempre più frequenti i casi di giovani sconosciuti che, grazie a uno o più video caricati su YouTube con una qualche valenza artistica, vengono notati da major, produzioni internazionali e acquistano una notorietà che spesso è delimitata dall’ambiente di origine, il web. Questi nuovi progetti artistici verrebbero soffocati totalmente se l’attuale normativa sul copyright venisse applicata rigorosamente e pedissequamente, senza concedere eventuali eccezioni e limitazioni alla stessa. Non tutti i prosumer sono artisti o le loro opere raggiungono livelli accettabili o considerabili come vere e proprie opere d’arte, ma una loro stigmatizzazione porterebbe alla scomparsa di nuovi talenti artistici.

Uno di questi è Lasse Gjertsen, giovanissimo talento norvegese che opera al confine di musica elettronica, video arte, montaggio digitale, web, ecc. Un nativo digitale che innova nel senso classico: scoprendo un meccanismo nuovo per manipolare la realtà. Una nuova sensibilità (ci sarebbero altri esempi, ma per ora partiamo da lui). E se ogni cosa è frammentata (miscellanea, direbbe Weinberger) allora vuol dire che può essere anche ricomposta. L'intuizione di Lasse Gjertsen, 23enne che ha studiato animazione al Kent Institute of Art & Design (nella più pura tradizione aneddotica «with his teachers failing to appreciate his work») è che proprio nella ricomposizione del miscellaneo si riconosca il vero talento del digitale. Laddove lo specifico analogico è la performance olistica (scala 1:1 con lo scorrere del tempo), lo specifico digitale risiede nella capacità della realtà di essere fermata e scomposta fino ai suoi minimi termini - per poi essere remixata. È un passaggio dal remixable Web (uno dei mille nomi del Web 2.0, lato programmazione) alla Remixable Reality. La realtà è remixabile se digerita dal digitale. In cui il risultato finale è spesso una miscellanea stridente, un monstrum audiovideo; e diventa invece, come in alcuni video di Gjertsen, repurposing mimetico della realtà - finalmente più ironico che provocatorio, senza più niente da dimostrare e molto da sorridere. Ed ecco che la realtà viene digitalmente scomposta fino ai suoi minimi termini e quindi "usata" in modo tale da simulare perfettamente, come scimmietta strafottente, una performance analogica. Senza trucco e senza inganno. (Antonio Sofi, L'arte ai tempi del Web, dal sampling digitale alla Remixable Reality, Apogeonline, 19 dicembre 2007, www.apogeonline.com/webzine/2007/12/19/19/200712191901)

Una nuova realtà quindi, che non può essere soffocata in nome di un passato che non è più.

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3. RE-GENERATION: I ‘PIRATI’ ALL’ARREMBAGGIO Si potrebbe pensare a una nuova forma di rapporto con la realtà. I nativi digitali usano e creano i materiali culturali a loro disposizione in maniera inedita e che fuoriesce dai canoni in maniera vistosa. O si dovrebbe meglio intendere: riusano e ricreano cultura che viene ri-editata. Il remix, inteso come riciclo di qualsiasi lavoro, costituisce la spina dorsale del modo di agire di una parte della popolazione che è nato in un contesto cross-mediale e in cui l’infinità dello spazio virtuale, la connessione perpetua alla Rete veloce e la possibilità di accedere a un deposito sterminato che contiene quasi tutti i desideri immaginabili di consumo e fruizione sono delle costanti che costituiscono i principi su cui si fondano le quotidiane pratiche sociali e di rappresentazione del sé. L’interoperabilità di musica, film, manuali, software nella dieta di fruizione di un giovane abitante della rete, si scontra non con il senso comune, ma con un sistema di normative e leggi che rischiano di essere catalogate e ignorate proprio per la loro attuale inefficacia e distanza dagli usi diffusi. Una delle anime di questa “bit generation”6 è sicuramente il p2p, tecnologia decentrata per la distribuzione dei contenuti digitali su vasta scale. Un autorevole white paper7, uno studio tecnico, della multinazionale americana CISCO, uno dei più importanti produttori di apparecchiature per la gestione del traffico di rete, rileva come i due terzi del traffico su Internet siano generati da servizi di scambio di file, da p2p. Inoltre per capire come la pirateria, che già con il solo termine evoca tutto un immaginario fuori luogo e con implicite inclinazioni negative, non si può considerare come fenomeno a sé stante. Studi rigorosi portati avanti da università e centri di ricerca indipendenti come quello del 2006 della Fondazione Einaudi e quello della Harvard Business School8, dimostrano che essa è legata in larga parte a numerose variabili sociali e culturali. Risulta fallace l’equivalenza brano scaricato = CD non venduto in generale, in riferimento al mercato della musica, perché i maggiori introiti per gli autori sono oggi rappresentati da tour, merchandising, eventi, apparizioni pubbliche, pubblicità, ecc… Il modello di consumo e di business si è adattato in maniera rapida alle nuove pratiche sociali. Si è notata anche la tendenza degli appassionati di download illegale, di usare la musica scaricata, per esempio, solo come banco di prova, saggio e bussola per gli acquisti, che non diminuiscono, ma cambiano di tipologia. Un DVD special edition o un cofanetto che contiene i maggiori successi del cantante preferito sono acquistati come oggetti di qualità e simboli di vero fandom e non vengono sostituiti dallo scaricamento degli stessi, semplicemente perché non hanno lo stesso valore simbolico. Inoltre, dietro a molte realtà p2p, sopravvivono modi per continuare a erogare o far conoscere centinaia di migliaia di opere che non hanno più mercato e verrebbero celate nell’oblio o strategie di diffusione di opere che proprio perché conosciute online finiscono per incrementare il loro mercato a pagamento sia sulla Rete che nei circuiti tradizionali di commercio.

6 Efficace espressione di Benedetta Cosmi, Non siamo figli controfigure. Docenti Beat, studenti Bit generation, Sovera, Roma, 2010. 7 Cisco Systems Inc., The Exabyte Era, Cisco Public Information, San Jose (CA), 2007 e Cisco Systems Inc., Global IP Traffic Forecast and Methodology, 2006-2011, Cisco Public Information, San Jose (CA), 2007. 8 Scaricabili rispettivamente qui www.tecnoetica.it/fs07/FondazioneEinaudi_PresentazioneConvegno_SintesiRisultati.pdf e qui www.hbs.edu/research/pdf/09-132.pdf

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Ma cosa scaricano milioni di utenti in continuazione dalla Rete?

Lo scambio di video genera fino al settanta per cento del traffico p2p, con i film a fare la parte del leone, seguiti dal porno, dalle registrazioni di programmi televisivi, e dai cartoni giapponesi (anime). Il software e i videogame occupano il secondo posto, con il quindici/venti per cento del volume totale, seguiti dalla musica, mentre e-book e foto chiudono la classifica con percentuali di traffico minime. (Luca Neri, La Baia dei Pirati. Assalto al Copyright, Cooper, Roma, 2009, p. 39)

Questo studio è abbastanza sicuro perché la CISCO si occupa di hardware di rete, cioè i dispositivi materiali su cui passa ogni singolo bit. Da un punto di vista di mercato si nota una tendenza in crescita esponenziali diretta alla fruizione dei contenuti video, che richiedono ed esigeranno ampiezza di banda di linea Internet sempre più grande. Internet, per la sua struttura capace di resistere a danneggiamenti, blocchi delle telecomunicazioni e attacchi militari, non si può misurare con precisione né si può contare sulle statistiche ufficiali di un ente centralizzato, perché non esiste. È però interessante notare come una pratica diffusa e capillare in tutto il mondo, con le dovute eccezioni e peculiarità geografiche, sia confermata ed esplicitata da questo studio e pochi altri, mentre sia in indagini di mercato, sia in questionari e interviste sembra emergere che nessuno scarichi o perlomeno nessuno scarichi materiale coperto da diritto d’autore, infrangendo così la legge. Il timore della sanzione non giustifica questa pratica. La velocità con cui si sono avvicendate, evolute e imposte le innovazioni tecnologiche degli ultimi decenni e lo strumento Internet rivoluzionario, non hanno permesso alla generazione coinvolta ‘nel mezzo del cammino’ di apprendere in maniera profonda e formarsi su di esse. Oggi ci si ritrova con bambini, i nativi digitali, che usano Internet benissimo da un punto di vista tecnico e sono quindi di solito in possesso di conoscenze superiori rispetto ai loro genitori, i cosiddetti immigrati digitali. La difficoltà nel rapporto generazionale e nell’educazione all’uso di Internet, si scontra con questo gap tecnologico che si riflette su quasi tutti i campi dell’esistenza. Non ammettere di scaricare illegalmente da Internet, quando in realtà non è così, è segno di un’intrinseca immaturità nel rapporto con le proprie azioni di cittadino digitale. Per i giovanissimi invece il downloading pirata sembra più un comportamento usuale, una pratica interiorizzata; perché dovrebbe essere illegale se lo fanno tutti? Non si provocano danni, è solo un nuovo modo di giocare con la cultura, perché si dovrebbe impedire? In Svezia, grazie a un circolo di ragazzi all’inizio abbastanza ristretto, e che si è legato al famoso sito di torrent ThePirateBay, questa conversazione sul copyright e sui nuovi modi di intenderlo ha cercato spazi e modi nella politica. L’idea base era questa: se la maggior parte dei giovani scaricano perché non si rivendica il diritto allo scaricamento libero per tutti?

«Piratbyràn, il Bureau della Pirateria, è nato come uno scherzo, un gioco, una provocazione», mi racconta Rasmus Fleischer, che sulla questione è sicuramente ben informato, visto che lui stesso ha fatto parte fin dall'inizio di quel circolo di cospiratori. «Il nome c'era già, perché in Svezia la lobby

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del copyright aveva lanciato un Bureau dell'Anti-pirateria, un centro che coordinava campagne di pubbliche relazioni contro il file sharing. Noi ci siamo detti: perché solo "anti"? Perché non c'è anche un servizio di pubbliche relazioni "a favore"? Insomma, in mancanza di un Bureau della Pirateria, ne abbiamo fondato uno noi». (Luca Neri, La Baia dei Pirati. Assalto al Copyright, Cooper, Roma, 2009, p. 69)

Rasmus viene subito etichettato con l’appellativo ‘pirata’ perché ci sembra si ponga a favore di un comportamento illecito e per di più vuole difenderlo. Pirata perché va contro il copyright? Ma chi scarica è contro il diritto d’autore?

«Noi non siamo contro il copyright, perché di fatto non crediamo che il copyright sia oggi così rilevante», sostiene Rasmus: «Siamo più interessati invece ad esplorare tutte quelle zone dove il copyright fallisce, quelle che chiamiamo le "zone grigie", dove le norme in bianco e nero della legislazione vigente stentano a trovare applicazione». Un esempio? «La legge sul diritto d'autore impone una separazione chiaramente artificiale fra la sfera pubblica e quella privata. Tu puoi guardar e un dvd a casa con chi ti pare, ma non lo puoi proiettare in piazza a mille persone senza una licenza, senza pagare dei diritti. E se allestisci un piccolo cinema pirata con i tuoi amici? Sei già entrato nella zona grigia, sei già oltre il copyright...». (Luca Neri, La Baia dei Pirati. Assalto al Copyright, Cooper, Roma, 2009, p. 72)

Il vero problema della generazione del remix non sembra essere quindi il copyright o comunque esso non costituisce il nocciolo della questione. L’attenzione di questa generazione rimediata sembra essere altrove. La re-generation è più interessata a capire dove finiscono le copie digitali, chi le usa e quali ulteriori creazioni potrebbero ispirare. Il copyright sembra essere un accessorio trascurabile nella sua forma attuale. Nel tentativo di tutelare gli usi più positivi di questa cultura, assicurandole una copertura legale e inserendola in un contesto che accetta la normativa vigente sul diritto d’autore, ma la migliora attualizzandola, si inserisce Creative Commons.

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CAPITOLO SECONDO CREATIVE COMMONS

Ogni giorno qualcosa di meno, non qualcosa di più: sbarazzati di ciò che non è essenziale!

Bruce Jun Fan Lee

1. ORIGINI E STRUTTURA 9 Il progetto Creative Commons è nato nel 2001 per volere di numerosi giuristi, esperti di diritto della rete e della proprietà intellettuale, tra cui il massimo portavoce del progetto Lawrence Lessig10, James Boyle, Michael Carroll, Hal Abeson, informatico del MIT11, Eric Saltzman, avvocato, documentarista, regista ed esperto di diritto della rete e Eric Eldred, editore web per il pubblico dominio. Il 16 dicembre 2002 fu pubblicato il primo set di licenze Creatice Commons e nel 2004 fu assegnato al progetto il Golden Nica Award durante il Prix Ars Electronica, categoria Net Vision. Creative Commons è stata fondata grazie a un cospicuo donativo del “Center for the Public Domain”; attualmente le maggiori donazioni provengono dalla fondazione John D. e Catherine T. MacArthur, la fondazione Hewlett e l’Omidyar Netowk. a. Antefatti12 Nel 1998 il Congresso Americano approvò un’estensione del copyright, la Sonny Bono Copyright Term Extension Act (CTEA), di ulteriori venti anni, l'undicesima estensione in circa cinquanta anni, su qualsiasi opera dell’ingegno. In questo modo migliaia di libri e centinaia di film e opere musicali degli anni trenta che sarebbero finiti nel pubblico dominio e quindi sarebbe stato possibile stamparli, riprodurli, digitalizzarli e renderli

9 Cfr. http://creativecommons.org/about/history 10 “Lawrence Lessig è un giurista statunitense, docente di legge alla Stanford Law School e fondatore dello Stanford Center for Internet and Society (Centro per Internet e la società). È inoltre fondatore di Creative Commons, nonché membro del consiglio direttivo della Electronic Frontier Foundation e di quello del Software Freedom Law Center, costituito nel febbraio 2005. È noto soprattutto come sostenitore della riduzione delle restrizioni legali sul diritto d'autore, sui marchi commerciali (trademark) e sullo spettro delle frequenze radio, in particolare nelle applicazioni tecnologiche. Lessig ha annunciato all'iCommons Summit 07 che non si concentrerà più sul copyright e sulle tematiche ad esso legate, ma sulla corruzione nel sistema politico americano. Questo suo nuovo impegno sarà in parte facilitato dalla presenza della sua wiki — “Lessig Wiki” — dal momento che egli stesso ha incoraggiato i visitatori a farne uso per documentare casi di corruzione” (Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Lawrence_Lessig). Sul sito ufficiale www.lessig.org sono reperibili maggiori informazioni di tipo biografico, bibliografico e un fitto resoconto delle attività di Lessig. 11 Il Massachusetts Institute of Technology (MIT) è una delle più importanti università di ricerca del mondo, con sede a Cambridge, nel Massachusetts. Sito ufficiale: http://web.mit.edu 12 Per un’analisi dettagliata sul caso Eldred versus Ashcroft, si veda: http://en.wikipedia.org/wiki/Eldred_v._Ashcroft

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disponibili in rete, rimangono protetti dal diritto d’autore e i conseguenti diritti di sfruttamento commerciale degli stessi rimangono ai rispettivi detentori. Nel 1999 Lessig impugnò l’atto dinanzi alla Corte Suprema degli Stati Uniti, ma nel 2003 con una maggioranza di sette contro due, i massimi giudici statunitensi decretarono la costituzionalità del Sonny Bono Act: i diritti d'autore valgono per 70 anni dalla morte dell'autore e i diritti in possesso delle corporation per 95 anni. Gli interessi economici e culturali, nonché sociali, in gioco erano altissimi e lo dimostra la presenza, non limitata a questo elenco, come amici curiae del governo degli Stati Uniti, della Motion Picture Association of America, la Recording Industry Association of America, l’ASCAP e la Broadcast Music Incorporated13. I risultati finali sconfinano nel campo dello squallore culturale e trasmettono inevitabilmente un senso apocalittico di rassegnazione: i diritti sull’ormai mitico Topolino degli anni trenta rimangono nelle mani della Walt Disney e fino al 2030 la Aol Time Warner disporrà dei diritti sulla canzone “Happy Birthday to you”, che frutta circa due milioni di dollari l’anno14. Così commenta la vicenda Lessig , evidenziandone i nodi centrali:

Eppure, come Eldred scoprì, abbiamo costruito un sistema che permette di estendere all’infinito la durata del copyright. Abbiamo creato una trappola perfetta per il pubblico dominio. I diritti d’autore non sono scaduti né lo saranno mai finché il Congresso sarà nel mirino di compratori di ulteriori estensioni. La causa di simili prolungamenti dei termini sono i copyright più importanti: Mickey Mouse e “Rhapsody in Blue” di Gorge Gershwin. Queste opere sono troppo preziose per chi ne detiene i diritti e non possono essere ignorate.

E di seguito, il professore sottolinea come

… il vero danno arrecato alla società dall’estensione del copyright non è che Mickey Mouse rimanga proprietà della Disney. Lasciamo stare Mickey. Dimentichiamo Roberty Frost. Dimentichiamoci le opere degli anni ’20 e ’30, che continuano ad avere un valore commerciale. Il vero danno non proviene da queste opere famose. Il danno lo subiscono i lavori sconosciuti, che non sono sfruttati commercialmente e che di conseguenza non risultano più disponibili. (Lawrence Lessig, Cultura Libera. Un Equilibrio fra Anarchia e Controllo, contro l’Estremismo della Proprietà Intellettuale, Apogeo, Milano 2005, p. 100)

La vicenda ha avuto comunque il merito di aver avviato un acceso e vivace dibattito sulle frontiere del copyright nel cyberspazio delle nuove tecnologie e di aver aperto molti interrogativi sul ruolo delle grandi industrie e la diffusione della conoscenza. La nascita di associazioni dedicate a questi temi ha subito una crescita esponenziale dopo la sentenza. Lessig perse quindi la causa, ma iniziò a lavorare sia su una proposta per modificare la legge sul copyright, sia sulle licenze Creative Commons.

13 Per un articolo scritto in media res (14/10/2002) che quasi profetizza la sentenza finale, deducendola logicamente: http://punto-informatico.it/222393/PI/Commenti/contrappunti-lessig-un-eroe-moderno.aspx 14 Per un articolo riassuntivo sulla vicenda: http://punto-informatico.it/255029/PI/Commenti/contrappunti-happy-birthday-to-you.aspx

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b. Organizzazione Creative Commons dal punto di vista giuridico è una 501(c)(3) tax-exempt charitable corporation15, un ente associativo no profit simile allo status della ONLUS16 italiana. Gli uffici centrali sono stabiliti a San Francisco, in California (USA) e a Berlino, in Germania17. L’organizzazione detiene i diritti del logo e dei marchi ufficiali, del dominio Internet www.creativecommons.org e dei testi delle licenze. A livello globale, l’adattamento, la traduzione e la divulgazione delle licenze (il cosiddetto porting) sono affidati alle Affiliate Institutions, ovvero dei gruppi di lavoro dedicati e locali, coordinati da un Project Lead (supervisore e referente del progetto) e riuniti in una rete, l’iCommons che sta per International Commons. Molto spesso le Affiliate Institutions si innestano e si sviluppano all’interno di entità preesistenti come centri di ricerca, università, fondazioni e istituzioni pubbliche. iCommons si occupa della diffusione e dell’estensione delle CC in tutto il mondo e questo processo parte dalla semplice traduzione all’adattamento delle licenze alla giurisdizione particolare; attualmente il progetto di adattamento delle licenze CC è stato completato, inaugurato e funziona a pieno regime in cinquantadue paesi, mentre in altri nove la procedura è in fase di completamento18. Questa impostazione ordinata e, se vogliamo, gerarchica pone la sua ragion d’essere nella grande volontà e nella ferma credenza che solo una tale organizzazione consente di

… verificare il corretto porting delle licenze e di realizzare iniziative d’informazione e sensibilizzazione in modo efficace e coordinato.

Sulla stessa lunghezza d’onda si pone l’articolazione dei progetti iCommons in due sezioni:

… una rivolta agli aspetti giuridici relativi alla traduzione, all’adattamento e alla esplicazione delle licenze; una rivolta agli aspetti tecnico-informatici relativi ad implementare soluzioni tecnologiche che sfruttino le risorse rilasciate sotto licenze CC. Si può intravedere anche una sezione (trasversale alle altre due) mirata alla sensibilizzazione e alla promozione della filosofia di CC, che si preoccupa quindi di organizzare eventi, gestire liste di discussione e forum on line, realizzare materiale divulgativo. (Simone Aliprandi, Teoria e pratica del copyleft. Guida all’uso delle licenze opencontent, NDA press, Rimini, 2006, p. 44)

2. PRINCIPI E OBIETTIVI

15 Per la definizione giuridica e una panoramica dei requisiti: www.attorneygeneral.jus.gov.on.ca/english/family/pgt/nfpinc/charities.asp#charitable_corp 16 Organizzazione non lucrativa di utilità sociale 17 Per mettersi in contatto con CC e leggere gli indirizzi completi delle sedi, si veda: http://creativecommons.org/contact 18 Informazioni aggiornate su CC International e le scadenze di lancio delle licenze in svariati paesi, sono reperibili qui: http://creativecommons.org/international

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Lessig, creando le licenze CC, ha cambiato approccio rispetto al ricorso di costituzionalità del caso Eldred versus Ashcroft e ha proceduto con l’intento di cambiare e migliorare il sistema del diritto d’autore operando dal suo interno e

… utilizzando gli strumenti messi a disposizione dalla legislazione vigente, agendo dunque non sul fronte normativo, ma su quello culturale. Se gli autori prendessero consapevolezza del fatto che un sistema di tutele troppo forte finisce inevitabilmente per produrre un senso di ribellione nei destinatari delle opere che le percepirebbero come inutili vessazioni, se si rendessero conto che ciò determina l'affermarsi di una cultura sempre meno libera, allora sarebbe possibile convincerli a rinunciare ad una parte di quelle tutele loro accordate dall'ordinamento (quello che si potrebbe chiamare “pieno diritto d'autore”). Occorre in sostanza passare dalla formula “Tutti i diritti riservati” a quella “ Alcuni diritti riservati”. (Marco Scialdone, Creative Commons: un approccio creativo al copyright, RDEGNT - Rivista di Diritto, Economia e Gestione delle Nuove Tecnologie, Nyberg Edizioni, n. 3/05, pp. 447-450)

Il processo creativo è facilitato, potenziato e reso molto più semplice grazie alla parziale automatizzazione delle procedure di conferma e decisione dei diritti che si vuole esercitare sulla propria opera che è inserita in un circuito digitale pienamente leggibile dai computer, è riconoscibile e maggiormente identificabile come tassello di ulteriori evoluzioni della creazione d’ingegno, senza dover impiegare tempo nelle richieste agli autori e risorse economiche per ottenere i permessi e il rischio di incorrere in sanzioni per una, magari non voluta, infrazione del diritto d’autore. Il principio base delle CC è “dunque favorire l'uso di simili strumenti di gestione dei diritti d'autore, strumenti che hanno quale finalità quella di incentivare un'etica della condivisione”19. La mission delle Creative Commons è esemplificata dal seguente schema grafico che pone le CC, al centro, secondo la credenza di “alcuni diritti riservati” fondata sulla libera decisione del singolo autore, baricentro di due estremi, da un parte il pubblico dominio, in cui vige la clausola “nessun diritto è riservato” e tutti possono fare tutto di tutto, e sull’altro versante limite il copyright, “tutti i diritti riservati”, facilmente estremizzabile e non più al passo con i tempi e con lo sviluppo tecnologico.

19 Marco Scialdone, Creative Commons: un approccio creativo al copyright, RDEGNT - Rivista di Diritto, Economia e Gestione delle Nuove Tecnologie, Nyberg Edizioni, n. 3, 2005, pp. 447-450.

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Lo spirito del progetto è sintetizzato efficacemente dal seguente testo di presentazione. “Troppo spesso il dibattito sul controllo della creatività tende verso due estremi. Da un lato c’è una visione di totale controllo: un mondo in cui ogni singolo utilizzo di un’opera è regolamentato e in cui la formula “tutti i diritti riservati” è la norma. Dall’altro lato c’è una visione di anarchia: un mondo in cui i creatori di opere scelgono un ampio spettro di libertà ma sono lasciati in balia degli abusi. Equilibrio, compromesso e moderazione – un tempo i principi cardine di un sistema di copyright che incentivasse contemporaneamente innovazione e protezione – sono diventate specie in pericolo. Creative Commons intende lavorare per riportarli in auge. Usiamo diritti privati per creare beni pubblici: opere creative rilasciate liberamente per specifici usi. Lavoriamo per offrire agli autori gli aspetti migliori delle due visuali: protezione (grazie alle tutele offerte dal diritto d’autore) e nello stesso tempo maggiore diffusione delle opere. In poche parole, “alcuni diritti riservati”20. Il terreno dell’ingegno in pieno fermento alimentato dalla rivoluzione digitale che ha reso la copia, la duplicazione di un’opera, sia essa un libro, un film o un’immagine, facile, veloce e fedele, e potenziato da Internet e dalla sua abilitazione a collaborare tra contesti spazio-temporali anche diversi e lontani, ha reso possibile la fruizione di contenuti e la creazione di nuove opere, derivate o collettive ad un livello globale, in modo decentralizzato e ad un costo relativamente basso. Realtà che difficilmente avrebbero avuto prima dei contatti, si trovano interconnesse, stimolando in maniera enorme la creatività e la produzione del sapere e della conoscenza: questo è reso possibile grazie alla convergenza dei media e delle tecnologie e dalle sterminate possibilità di ri-uso e riciclo di materiali creativi sparsi e facilmente reperibili e riutilizzabili. Tutto ciò porta inevitabilmente a possibili infrazione del codice in materia di diritto d’autore, molto spesso perché non si è a conoscenza delle relative clausole, non si ha preso realmente coscienza delle conseguenze derivate dal proprio comportamento abilitato dai new media o semplicemente perché non si ha la possibilità diretta di chiedere certi permessi all’autore dell’opera in persona. Qui entrano in gioco le Creative Commons che si pongono come facilitatori del processo creativo e se da una parte tutelano autori e titolari dei diritto oggetto della licenza, chiarendo usi e permessi concessi o vietati, dall’altra, rompendo le barriere tecnologiche e sorvolando leggi complicate, eliminano l’ostacolo e la presenza degli intermediari e favoriscono una fruizione legale delle opere e un possibile sviluppo di fenomeni socio-economici basati su modelli di cooperazione fruttuosa21. L’obiettivo basilare delle CC è quindi quello di

20 Simone Aliprandi, Creative Commons: manuale operativo. Guida all’uso delle licenze e degli altri strumenti CC, Stampa Alternativa, Viterbo, 2008, p. 20. 21 Cfr. http://creativecommons.it/faq#50

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… fornire ad autori e titolari di diritti oggetto della licenza un semplice modo per comunicare quali libertà vogliono associare alla propria opera. Ciò rende semplice la condivisione o la creazione di opere derivate. Rende possibile agli autori e ai licenzianti conservare alcuni diritti. Questa è fondamentalmente la nostra missione. Il diritto d’autore dà agli autori certi diritti. Vogliamo rendere semplice agli autori esercitare quei diritti in modo che gli altri possano capire i loro intenti. (Fonte: http://creativecommons.it/faq#50)

a. Da dove deriva il nome “Creative Commons”?22 Una curiosità sul nome delle CC apre nuovi orizzonti e possibilità di relazioni con altri ambiti della cultura: non ci si limita al solo campo dell’informatica o del diritto, che in sé sarebbe alquanto sterile e ottuso, ma ci si riferisce alla conoscenza e alla riflessione sul sapere in senso lato, aperto e libero di spaziare nei più svariati ambiti e generi. La tragedia dei beni comuni (in inglese the tragedy of the commons) è uno dei dilemmi socio-economici più importanti al centro dei dibattiti degli ultimi anni ed è stato sintetizzato in parte su un articolo uscito sulla rivista Science nel 1968, scritto dall’economista Garret Hardin. Brevemente, in economia per tragedia dei beni comuni o collettivi si intende una situazione in cui diversi individui utilizzano una stessa risorsa per interessi privati e nella quale i diritti di proprietà non sono chiaramente definiti ed assicurati in modo da garantire che chi sostiene i costi dell'uso della risorsa ne tragga pienamente i corrispondenti benefici. In questo modo si viene a creare una situazione di inefficienza produttiva fino ad un inevitabile intaccamento o distruzione della risorsa stessa. Un esempio di tragedia dei beni comuni possono essere i pascoli comuni, i commons inglesi del 1700, prima delle leggi sulle recinzioni degli stessi campi o la pesca in acque internazionali, dove il bene comune (il pescato) è messo a disposizione di tutti i pescatori, i quali però seguendo i propri interessi personali senza incorrere nella possibilità di essere monitorati o senza un chiaro diritto di proprietà che venga fatto rispettare (azzardo morale, una forma di opportunismo post-contrattuale), sfruttano eccessivamente la risorsa in modo da causarne il deperimento23. Il fulcro della riflessione di Gardin è sintetizzato così nel suo articolo:

Mettendo a confronto gli utili e le perdite, il pastore razionale conclude che l’unica mossa sensata è aggiungere quell’animale in più alla propria mandria. Quindi un altro, e un altro, e un altro… Ma questa è la conclusione alla quale giunge ognuno dei pastori razionali che condividono un determinato terreno comune. E lì sta la tragedia. Ogni uomo è prigioniero di un sistema che lo obbliga ad accrescere illimitatamente la propria mandria — in un mondo che è limitato. La rovina è la destinazione verso la quale tutti gli uomini si affrettano, ciascuno perseguendo il proprio massimo interesse in una società che crede nella libertà di accesso ai beni comuni. Questa libertà porta la rovina a tutti quanti24.

22 Per questa curiosità sull’origine del termine in questione sono debitore dello spunto offertomi da Simone Aliprandi nel suo interessante libro Creative Commons: manuale operativo. Guida all’uso delle licenze e degli altri strumenti CC, Stampa Alternativa, Viterbo, 2008, pp. 21-22. 23 Si veda la voce inglese di Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Tragedy_of_the_commons 24 Fonte (The tragedy of the commons in italiano, versione integrale) : www.oilcrash.com/italia/tragedy.htm

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La teoria alla base dei Creative Commons (i beni comuni creativi) capovolge la questione: per i prodotti della creatività e dell’ingegno umano, la scarsità e il deperimento delle risorse non sussiste e la condivisione e lo sfruttamento cooperativo incentivano, al contrario, l’evoluzione del processo creativo, in una simbiosi e in un’interazione inedita tra opere derivate e collettive. La tragedia dei beni comuni, potremmo dire aderenti al paradigma di quelli analogici e materiali, si trasforma in una forma particolare di commedia dei beni creativi, digitali e illimitati, in cui ogni ulteriore creazione amplifica il valore sociale intrinseco, aumenta le possibilità di accesso e fruizione e incrementa un avanzamento condiviso generale. 3. LE LICENZE Le licenze Creative Commons si basano sul diritto d’autore e si applicano perciò a qualsiasi opera tutelata da quest’ultimo, come siti web, libri, immagini, audio, video, ecc… Il software è protetto dal diritto d’autore, ma è consigliabile servirsi di licenze più adatte e usate in tal senso come quelle messe a disposizione dalla Free Software Foundation25 o dalla Open Source Initiative26. Oltre a menzionare esplicitamente il codice sorgente o l’eseguibile, alcune di queste licenze studiate per il software richiedono che i lavori vengano distribuiti in forma ‘trasparente’, ad esempio non usando formati proprietari e/o segreti, a differenza delle CC27. Le licenze CC vanno benissimo per tutti i tipi di opere letterarie e quindi anche per la documentazione del software. a. Tre formati, una licenza Una licenza CC si caratterizza e distingue positivamente rispetto ad altre licenze opencontent per il fatto di essere unica, ma espressa sotto tre formati diversi: il Legal Code (lett. “codice legale”), il Commons Deed (lett. “atto per persone comuni”) e il Digital Code (i metadati). Utilizzando un’efficace espressione, si può dire che “ogni licenza CC è una e trina”28. Il Legal Code è il testo completo della licenza con valenza legale, composto da alcune premesse e da otto articoli, suddivisi in molteplici clausole29, che ne disciplinano l’applicazione e la distribuzione. Solitamente l’utente medio non si sofferma a leggere l’intero documento sia per motivi di tempo, sia per scelta personale e sia per la necessaria e richiesta padronanza di una cultura giuridica di base non posseduta da tutti.

25 Sito ufficiale: www.fsf.org 26 Sito ufficiale: www.opensource.org 27 Vale la pena di citare in proposito la più diffusa licenza per il software libero, la GNU General Public License (GPL), che ha ottenuto un grande successo sin dal suo esordio nel 1989 ed è arrivata attualmente alla versione tre (www.gnu.org/licenses/gpl.html). 28 Simone Aliprandi, Creative Commons: manuale operativo. Guida all’uso delle licenze e degli altri strumenti CC, Stampa Alternativa, Viterbo, 2008, p. 31. 29 Per un commento approfondito ed esteso sul Legal code e le relative clausole nelle licenze italiane, si legga: Simone Aliprandi, Teoria e pratica del copyleft. Guida all’uso delle licenze opencontent, NDA press, Rimini, 2006, pp. 53-76.

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Per ovviare a questo, che potrebbe a prima vista sembrare un problema di lieve entità, ma che a lungo andare potrebbe indurre false credenze sulle licenze, erronee applicazioni delle stesse o un discredito e un abbandono di questi utili strumenti, si è realizzato il Commons Deed, un riassunto scritto in un linguaggio comune, chiaro e sintetico, accessibile a tutti e corredato da loghi identificativi e icone intuitive che facilitano la comprensione del contenuto precipuo delle singole licenze. Questo sintetico sommario della licenza è offerto in moltissime lingue diverse e presenta alcuni spunti anche visuali e sotto forma di link collegati ad illustrazioni per eventuali approfondimenti. Inoltre sono sempre presenti il collegamento al Codice legale, l’unico che permette di identificare univocamente e senza dubbi la licenza e le sue norme e la nota di “Limitazione di responsabilità”, che recita: “Il Commons Deed non è una licenza. È semplicemente un utile riferimento per capire il Codice Legale (ovvero, la licenza completa), di cui rappresenta un riassunto leggibile da chiunque, di alcuni dei suoi concetti chiave. Lo si consideri come un'interfaccia amichevole verso il Codice Legale sottostante. Questo Deed in sè non ha valore legale e il suo testo non compare nella licenza vera e propria. L'associazione Creative Commons non è uno studio legale e non fornisce servizi di consulenza legale. La distribuzione, la pubblicazione o il collegamento tramite link a questo Commons Deed non instaura un rapporto avvocato-cliente”. La terza forma in cui si esprime una licenza CC è il Digital Code, i metadati, ovvero la licenza convertita in un formato elettronico, leggibile dai computer e che si può inserire all’interno dell’opera che si vuole licenziare in CC tramite un semplice procedimento di embedding, cioè di incorporazione, di poche righe di codice, come quelle riportate, ad esempio, qui di seguito.

A seconda delle scelte operate durante il procedimento di licenza della propria opera e delle informazioni inserite nel form dedicato, questo codice, una fusione di codice HTML 30 e RDF31, conterrà informazioni, leggibili, catalogabili e indicizzabili dai dispositivi di ricerca appositi di contenuti digitali, sul tipo di licenza CC scelta e ulteriori dati opzionali come il formato dell’opera, il titolo, l’autore, l’URL32 di riferimento, ecc…

30 HyperText Markup Language (HTML) 31 Resource Description Framework (RDF) 32 Un Uniform Resource Locator o URL è una sequenza di caratteri che identifica in maniera univoca l'indirizzo di una risorsa su Internet, come un documento o un’immagine.

<a rel="license" href="http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/"><img alt="Creative Commons License" style="border-width:0" src="http://i.creativecommons.org/l/by-nc-sa/2.5/it/88x31.png" /></a><br />Questo/a <span xmlns:dc="http://purl.org/dc/elements/1.1/" href="http://purl.org/dc/dcmitype/Text" rel="dc:type">opera</span> &#232; pubblicato sotto una <a rel="license" href="http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/">Licenza Creative Commons</a>.

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Una spiegazione grafica di quanto si è detto sulla fenomenologia della licenza CC è riportata qui di seguito, tratta dalla pagina web http://creativecommons.org/international.

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b. Il set di licenze Le sei licenze Creative Commons si ottengono tramite la combinazione di quattro clausole fondamentali, che rispondono alle esigenze e agli usi che il licenziante vuole concedere alla sua opera e ai suoi fruitori. È opportuno avere ben chiaro che il licenziante, detentore dei diritti, ha sempre la possibilità di esercitare anche usi non consentiti dalla licenza. Il prospetto delle licenze è il seguente:

Per comprendere le condizioni di queste sei differenti licenze, bisogna capire il significato attribuito a ognuno dei quattro visual, le piccole icone che caratterizzano le diverse licenze e quello delle abbreviazioni in lingua inglese presenti al di sotto delle stesse.

Attribuzione (Attribution, by): «Devi riconoscere la paternità dell’opera all’autore originario» Tramite questa clausola, presente di default in tutte le licenze, viene richiesto di citare e segnalare in modo chiaro e inequivocabile l’autore dell’opera. Anche in caso di opere derivate33 l’obbligo di citare autore e fonte di partenza persiste.

33 “Un'opera derivata si basa su un'opera alla quale vengono apportate modifiche e integrazioni che la trasformano in un’opera diversa, da cui sia comunque riconoscibile l’opera originaria. L’opera derivata è basata su un'altra opera ma non è un copia esatta di quest'ultima. Una traduzione da una lingua ad un'altra o una versione su pellicola di un libro sono esempi di opere derivate. Ai sensi delle principali licenze Creative Commons, la sincronizzazione di musica e immagini è considerata un'opera derivata. E' importante notare, in ogni caso, che le licenze Creative Commons - anche le licenze contenenti le opzioni "Non opere derivate" - permettono all'utente di esercitare i diritti concessi dalla licenza in ogni formato e con ogni mezzo. Questo significa che, secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate, per esempio, puoi trasformare l'opera da un formato digitale ad una stampa”. Fonte: www.creativecommons.it/faq#33

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Condividi allo stesso modo (Share Alike, sa): «Se alteri, trasformi o sviluppi quest’opera, puoi distribuire l’opera risultante solo per mezzo di una licenza identica a questa» Le opere derivate che hanno come base di partenza un lavoro registrato con una licenza CC in cui è presente questa clausola, possono essere distribuite solo con la stessa identica licenza dell’opera originaria. L’effetto di persistenza della licenza CC si ripercuote sull’opera immediatamente derivata e, di conseguenza, sulla derivata della derivata e così via, garantendo una continuità di intenti e spirito di condivisione concesso in principio dall’autore.

Non commerciale (Non-commercial, nc): «Non puoi utilizzare quest’opera per scopi commerciali» L’autore tramite questa clausola pone la condizione per cui chi distribuirà, copierà, mostrerà in pubblico ed eventualmente modificherà l’opera dovrà farlo solo per scopi non commerciali, non diretti al perseguimento di un vantaggio commerciale o di un compenso monetario privato. Questa condizione ricade sull’azione di chi volesse copiare o usare l’opera, ma non intacca in alcun modo la libertà sulla gestione dei diritti, anche di sfruttamento economico, sull’opera da parte del creatore/titolare dei diritti dell’opera stessa. In altre parole, l’autore concede alcuni usi al proprio pubblico per scopi non commerciali, riservandosi la possibilità di trattare direttamente con chi voglia fare un uso commerciale della propria opera. Se un musicista utilizza questa clausola per licenziare con una licenza CC un proprio album, avrà già concesso alcuni usi sulla sua opera per i suoi fan, che saranno liberi di farne utilizzi per scopi non commerciali, mentre un produttore intenzionato a impiegare l’album come colonna sonora di un film che uscirà su circuiti commerciali, si dovrà necessariamente attenere alla licenza e mettersi d’accordo, contattando l’autore, sui compensi derivanti dall’utilizzo delle musiche. Si può a ragione sottolineare che

Distribuire un’opera con una licenza “Non Commerciale” non significa affatto condannarla ad un suo perenne uso in un contesto non commerciale (…) Il senso della clausola è piuttosto questo: l’autore concede alcuni diritti, ma si riserva quello di sfruttamento commerciale dell’opera. Dunque solo lui può decidere in quali modi commercializzare l’opera, eventualmente cedendo l’esercizio di questo diritto esclusivo ad un soggetto imprenditoriale (l’editore, il produttore discografico) con il quale l’autore potrà pattuire un determinato compenso economico. (Simone Aliprandi, Teoria e pratica del copyleft. Guida all’uso delle licenze opencontent, NDA press, Rimini, 2006, p. 71)

In conclusione, l’autore è libero di guadagnare con la propria opera e nello stesso tempo può incentivare, espandere e incrementare l’universo del proprio pubblico, con l’opportunità di acquisire un’inedita visibilità in contesti che difficilmente avrebbe raggiunto.

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Non opere derivate (No derivative Works, nd): «Non puoi alterare, trasformare o sviluppare quest’opera» L’opera non può essere alterata e non ne sono concesse modifiche. In caso di copia o distribuzione, l’opera deve essere riprodotta integralmente e in maniera pedissequa. Se si volesse modificare, correggere, alterare, tradurre o remixare l’opera, si deve chiedere un permesso specifico all’autore. Riepiloghiamo le sei licenze CC, ora che sono state esplicate le quattro clausole di base:

Attribuzione (Attribution; cc by) Questa licenza permette di distribuire, modificare e costruire opere derivate, anche per scopi commerciali con la condizione di citare sempre l’autore della creazione originaria. È la più permissiva delle licenze.

Attribuzione Condividi allo stesso modo (Attribution Share Alike; cc by-sa) Questa licenza permette di distribuire, modificare e costruire opere derivate, anche per scopi commerciali, purché si citi l’autore e le opere derivate siano licenziate con gli stessi termini. Tutte le opere derivate avranno quindi la stessa licenza e concederanno anche usi commerciali.

Attribuzione Non opere derivate (Attribution No Derivatives; cc by-nd) È concessa la ridistribuzione e l’uso commerciale e non commerciale nella misura in cui sia citato l’autore e l’opera sia completa e invariata.

Attribuzione Non commerciale (Attribution Non-Commercial; cc by-nc) L’uso non commerciale è l’unico consentito: le opere derivate dovranno riconoscere l’autore originario ed essere non commerciali, ma non per forza licenziate negli stessi termini.

Attribuzione Non Commerciale Condividi allo stesso modo (Attribution Non-Commercial Share Alike; cc by-nc-sa)

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Questa licenza permette di distribuire, modificare e costruire opere derivate per scopi non commerciali purchè si riconosca sempre l’autore originario e si mantenga la stessa identica licenza. Tutti i nuovi lavori basati sul lavoro originale, avranno la licenza cc by-nc-sa, quindi saranno di natura non commerciale, ma saranno sempre possibili modifiche, traduzioni, adattamenti e remix.

Attribuzione Non commerciale Non opere derivate (Attribution Non-Commercial No Derivatives; cc by-nc-nd) La più restrittiva delle sei licenze ammette la ridistribuzione dell’opera a patto che venga citato l’autore e la fonte e si rispetti lo scopo non commerciale; in ogni caso è proibita ogni modifica. Tutte le licenze CC consentono ai licenziatari (coloro a cui è rivolta l’opera, i fruitori) di:

« (…) riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare quest’opera» (Commons Deed)

Mentre soltanto quattro licenze su sei, escluse quindi la CC Attribuzione Non opere derivate e la CC Attribuzione Non commerciale Non opere derivate, permettono di: « (…) modificare quest’opera» (Commons Deed)

c. Le versioni delle licenze I testi che costituiscono le sei licenze sono sottoposti periodicamente a utili aggiornamenti, come succede per le versioni del software che di tanto in tanto, a seconda dello stadio dello sviluppo, si succedono una dopo l’altra. Ogni versione successiva in genere non solo corregge alcuni punti deboli o si preoccupa di intervenire su punti criticati, ma, raccogliendo e rielaborando molteplici suggerimenti provenienti da utenti di tutto il mondo e importanti enti, cerca di stare al passo con i tempi e anticipare in parte l’evoluzione del mercato tecnologico ed economico, restando più o meno in linea con la rapida e tempestosa innovazione tecnologica e sociale.

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Il primo set di licenze Creative Commons è stato pubblicato nel Dicembre del 2002 e oggi l’ultima versione inglese ufficiale disponibile è la 3.0, rilasciata nel 200734. Per l’Italia si è ancora alla versione 2.5, ma è in atto la discussione e la preparazione del porting, cioè della traduzione e dell’adattamento al particolare ordinamento giuridico, della versione 3.0. Nulla vieta di usare la versione 3.0 inglese delle licenze, ma ci si serve così di una licenza non ancora adattata allo specifico contesto italiano. Sarebbe buona norma servirsi o aggiornare la licenza delle proprie opere con l’ultima versione disponibile, ma se si ritiene che una versione precedente è altrettanto valida e i rischi di un cambio di licenza non superano i vantaggi della stabilità e della consuetudine della versione precedente, la si può mantenere finché la si ritiene opportuna e confacente ai propri bisogni. d. Licenze Sampling Creative Commons ha creato anche altre due licenze specifiche: la CC Commons Sampling Plus (Sampling +) e la CC Commons Sampling Plus Non Commercial. La procedura per licenziare le proprie opere scegliendo tra queste due licenze, si trova all’indirizzo www.creativecommons.org/choose/sampling. Queste licenze nascono specificamente per andare incontro e supportare il cosiddetto sampling, il campionamento, cioè l’atto di estrarre un saggio, un campione, una piccola porzione da un’opera e riutilizzarla all’interno di un’altra in quantità e modi variabili. In musica si può utilizzare un suono di una canzone come strumento o intermezzo in un altro brano; esempi noti si possono trovare nell’industrial music, nell’hip hop, nella musica elettronica o nel rhythm and blues contemporaneo35. Altri casi diffusi di sampling si rinvengono nella grafica: sfondi, texture, modelli grafici, icone, loghi e template grafiche che vengono usate, modificate, adattate e riutilizzate per creare nuove opere, molto spesso originali combinazioni di elementi grafici preesistenti.

34 Ecco alcune delle novità portate dalla versione 3.0 unported delle licenze CC: “Separazione delle licenze "generiche" da quelle per gli USA Diversamente dal passato, ora le licenze "generiche" (ora note come "unported") sono veramente generiche - non più le licenze adattate al sistema giuridico degli Stati Uniti d'America, per i quali è invece disponibile un set di licenze specifiche. (…) Armonizzazione delle questioni relative ai diritti morali e alle società di gestione collettiva Nella versione 3.0 si è cercato di far sì che nelle licenze in ogni giurisdizione, così come in quelle "unported", vi sia un trattamento il più possibile uniforme dei diritti morali e dei rapporti con le società di gestione collettiva. (…) Clausola di non approvazione La versione 3.0 delle licenze rende esplicito - sia nel Codice Legale che nel Commons Deed - che una licenza CC non può essere usata per millantare un legame o una relazione con il licenziante o con l'autore. Questo punto diventa particolarmente importante man mano che le licenze continuano ad espandersi e ad essere usate da soggetti molto noti. (…) Struttura base della compatibilità con le licenze BY-SA Le licenze CC Attribuzione-Condividi allo stesso modo (BY-SA) 3.0 danno la possibilità di rilasciare le opere derivate sotto una "Licenza Compatibile con Creative Commons" (…) Ciò rappresenta un passo ulteriore per raggiungere l'obbiettivo di CC: far sì che non vi siano barriere legali a che le persone possano usare la creatività altrui. (…) Discussioni con Debian e MIT Infine, la versione 3.0 delle licenze ha apportato alcune piccole modifiche linguistiche, che tengono in considerazione le osservazioni del progetto Debian e quelle del MIT. Il progetto Debian aveva anche proposto di introdurre la possibilità per i licenziatari di distribuire opere usando sistemi DRM; tale distribuzione sarebbe dovuta avvenire a certe condizioni, riassumibili nella clausola di "distribuzione parallela". Tuttavia, questa proposta di modifica non è stata accolta”. Fonte: comunicato di Andrea Glorioso (www.creativecommons.it/node/480). 35 Per approfondire l’universo del sampling in ambito musicale: http://en.wikipedia.org/wiki/Sampling_%28music%29

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CC Sampling Plus: si concede la possibilità di copiare e trasformare parti dell’opera per qualsiasi scopo, commerciale o non commerciale, eccetto quello pubblicitario (advertising) che è proibito. Anche la copia e la distribuzione dell'opera nella sua interezza, ad esempio per mezzo di applicazioni per il file-sharing e webcasting sono permesse.

CC Sampling Plus NonCommerciale: sono permesse la copia e la trasformazione di parti dell’opera esclusivamente per scopi non commerciali. Anche la copia e la distribuzione per scopi non commerciali dell'opera nella sua interezza, ad esempio per mezzo di applicazioni per il file-sharing e webcasting sono permesse. 4. PORTING DELLE LICENZE IN ITALIA 36 Nel 2003 Lawrence Lessig annunciò a Torino l'inizio ufficiale del lavoro di traduzione e adattamento delle licenze Creative Commons. Le due Affiliate Institutions di riferimento sono il Dipartimento di Studi giuridici dell’Università di Torino37, che si occupa degli aspetti legali, e l'Istituto di Elettronica e di Ingegneria dell'Informazione e delle Telecomunicazioni – Consiglio Nazionale delle Ricerche di Torino (IEIIT-CNR)38, specializzato nel comparto tecnico-informatico. Il gruppo di lavoro giuridico di Creative Commons Italia è composto dal prof. Marco Ricolfi, l’avv. Marco Ciurcina, l’avv. Massimo Travostino, l’avv. Nicola Bottero, il dott. Alessandro Cogo, l’avv. Deborah De Angelis, il dott. Thomas Margoni, il dott. Federico Morando. Durante la fase di traduzione e porting delle licenze 2.0 hanno collaborato all'attività del gruppo anche l'Avv. Samantha Zanni, il dott. Lorenzo Benussi, l'avv. Alberto Gilardi e il dott. Andrea Glorioso, attivo anche fino al rilascio della versione 2.5 e nella fase di stesura delle licenze 3.0, ad oggi non ancora rilasciate ufficialmente per l’Italia39. Il Project Lead (il supervisore e referente a capo del progetto) è stato fino al gennaio 2005 il prof. Marco Ricolfi, divenuto coordinatore scientifico del gruppo di lavoro giuridico, quando è stato nominato al suo posto Juan Carlos De Martin, ricercatore dell'IEIIT-CNR di Torino e docente presso il Politecnico di Torino. Il 2004 vede la nascita delle bozze 1.0 e 2.0 della traduzione in italiano delle licenze e della loro pubblicazione su wiki per permettere una libera discussione.

36 Cfr. http://creativecommons.it/About 37 Sito ufficiale: www.dsg.unito.it 38 Sito ufficiale: www.ieiit.cnr.it 39 Lanciate in versione unported (generiche, non localizzate) il 26 febbraio 2007, in Italia dopo un periodo di lavoro interno, una consultazione pubblica e una revisione pubblica finale, che si è avvalsa anche delle mailing list dedicate, terminata l’8 novembre 2009, si attende ad oggi la ratifica da parte di Creative Commons International e la presentazione pubblica delle licenze.

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La presentazione delle licenze Creative Commons italiane avviene il 16 dicembre 2004 a Torino presso la Fondazione Giovanni Agnelli. Il 29 aprile 2006 viene presentata la versione 2.5 delle licenze Creative Commons italiane. Il contributo dei membri delle liste di discussione Creative Commons Italia è stato una parte essenziale e insostituibile per il lavoro di traduzione, di porting, di riflessione e di confronto sulle licenze Creative Commons. Nell’elaborazione delle licenze si è tenuto conto, oltre che degli spunti della community CC, anche delle indicazioni presenti sul sito ufficiale www.creativecommons.org e del lavoro di porting portato a termine prima dal gruppo di lavoro di Brasile e Germania. Durante il lavoro di adattamento delle licenze si è cercato di mantenere intatto il senso delle licenze originali, senza stravolgerle, specificando ed elaborando ipotesi di soluzione per ogni caso specifico che si poneva nella redazione di un documento indipendente e confacente all’ordinamento giuridico italiano, secondo questo spirito di lavoro:

Nell’adattare la licenza si è scelto di operare secondo un criterio di “minimo impatto”: si sono introdotte modifiche al testo originale della licenza solo laddove queste siano necessarie per produrre un effetto giuridicamente rilevante. (Report on Substantive Lagal Changes (in italiano), punto 4, p. 2, documento a cura del gruppo di lavoro Creative Commons Italia, URL: www.creativecommons.it/ccitfiles/SubstantiveLegalChanges_italiano.pdf)

Molto utili risultano gli appunti di lavoro40, redatti nel corso della preparazione delle versioni CC italiane, per soffermarsi anche sulle specificità del caso italiano; per esempio, “Autore originario” nell’ordinamento italiano41 può essere solo l’autore materiale dell’opera dell’ingegno, una persona fisica, poiché i diritti morali, tra cui la paternità dell’opera, in Italia sono imprescrittibili, irrinunciabili, inalienabili e autonomi, diversamente da altri ordinamenti in cui l’autore può eventualmente cedere i diritti morali, oltre che di sfruttamento economico, a terzi e quindi anche ad enti. Oltre al caso SIAE, trattato nel prossimo paragrafo, è importante sottolineare come è consigliabile utilizzare il testo delle licenze italiane qualora l’opera si collochi in maniera prevalente nel contesto geografico italiano, dove si applica il diritto d’autore italiano, ma ciò non inficia la possibilità di una divulgazione dell’opera in altri mercati al di fuori dell’Italia42.

40 A questo indirizzo www.creativecommons.it/AspettiGiuridici sono disponibili diversi materiali di basilare importanza per comprendere meglio il lavoro di CC Italia, rilasciati sotto una licenza CC Attribuzione 2.0 e scaricabili liberamente, tra cui:

• Esclusiva riservata dall’art. 180 l. a. alla S.I.A.E. nell’esercizio dell’attività di intermediazione di taluni diritti d’autore: Inquadramento giuridico e potenziali impatti sull’iniziativa “Creative Commons”;

• Report on Substantive Legal Changes (versione in italiano); • Il progetto iCommons: prospettive di lavoro; • Il bollino SIAE e le licenze creative commons.

41 Per una panoramica del diritto d’autore italiano, si legga: http://it.wikipedia.org/wiki/Diritto_d%27autore_italiano 42 Si veda a proposito il Report on Substantive Lagal Changes (versione italiana), punto 12, p. 6, documento a cura del gruppo di lavoro Creative Commons Italia, disponibile su www.creativecommons.it/ccitfiles/SubstantiveLegalChanges_italiano.pdf

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5. CC E SIAE: LA SITUAZIONE ITALIANA Sarebbe necessario uno studio a parte approfondito ed esteso sulla questione enunciata nel titolo, ma si cercherà di illustrarne in maniera sintetica lo stato dell’arte e offrire alcuni spunti per ulteriori approfondimenti. Gran parte degli autori in tutto il mondo si affidano a società di gestione collettiva per la gestione dei diritti sulle proprie opere. Molte delle società di gestione collettiva in Australia, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Spagna e Taiwan attualmente richiedono il trasferimento dei diritti (in Francia è chiamato “mandato”) per le opere presenti e future. In questo modo diventano loro stesse titolari di questi diritti e li gestiscono per conto dell’autore che vi si è iscritto. Creative Commons è impegnata con le società di gestione collettiva di numerosi paesi per risolvere il problema di compatibilità tra le libertà proprie dell’autore, che le licenze CC permettono di gestire in maniera semplice e immediata, e l’amministrazione delle stesse delegate a queste società. In Italia esiste una sola società di gestione collettiva che detiene di fatto un monopolio: la SIAE. La Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE)43 è un ente pubblico economico a base associativa, fondato nel 1882, che si occupa della protezione e dell'esercizio dei diritti d'autore (copyright) e nello specifico di:

• concedere licenze e autorizzazioni per lo sfruttamento economico di opere, per conto e nell'interesse degli aventi diritto

• percepire i proventi derivanti dalle licenze/autorizzazioni • ripartire i proventi tra gli aventi diritto • come prescritto dagli articoli 180-183 della legge sul diritto d'autore, agire come

ente intermediario tra il pubblico e i detentori dei diritti • esercitare inoltre altri compiti connessi con la protezione delle opere dell'ingegno e

assumere, per conto dello stato, di enti pubblici o privati, servizio di accertamento e di percezione di tasse, contributi, diritti.

Una delle peculiarità della SIAE, forse la più vistosa, è di essere l’unica società in Italia per la tutela sia degli autori che degli editori, avendo per legge un mandato esclusivo per esercizio delle sue attività; è uno dei pochi esempi in negativo ancora in vigore dal 1945 ad oggi e, come è stato fatto più volte notare, è inevitabile che questa situazione porti di fatto ad accrescere in maniera spropositata, interessi corporativi e comunque non generi vantaggio e incentivo all’attività creativa degli autori, determinati come oggetto di controllo e fonte di introiti, più che come soggetti produttori di cultura e avanzamento sociale. In Italia, gli artisti sono tutelati dalla legge sul diritto d'autore; per l'articolo 2576 del Codice Civile e l'articolo 6 della Legge n. 633 sul diritto d'autore del 22 aprile 1941,

43 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Siae

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l’acquisizione del diritto d’autore è data dalla creazione stessa dell’opera44. I diritti non sono creati né dalla SIAE né dalle licenze CC o derivanti da un’iscrizione alle stesse. Nel momento in cui uno scrittore mette per iscritto il soggetto che aveva in mente o un musicista compone una canzone che fino a quel momento era solo un’idea, in quel preciso istante in cui un’idea viene esplicitata materialmente su di un supporto fisico, l’opera è automaticamente protetta dal diritto d’autore. Per il contesto italiano

va ricordato che (…) esiste una esclusiva a favore della SIAE per l’intermediazione nell’esercizio dei diritti di rappresentazione, esecuzione, recitazione, radiodiffusione (compresa la riproduzione via satellite), riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate. In base a tale esclusiva, l’autore che sia iscritto alla SIAE deve sottostare a stringenti limitazione nella gestione delle proprie opere. Il rilascio delle opere sotto le licenze CC appare ad oggi incompatibile con lo status di socio SIAE. (sottolineato mio) (Report on Substantive Lagal Changes (in italiano), punto 15, p. 8, documento a cura del gruppo di lavoro Creative Commons Italia, URL: www.creativecommons.it/ccitfiles/SubstantiveLegalChanges_italiano.pdf)

L’autore italiano iscrivendosi alla SIAE accetta di non accordare libertà a terzi e si affida all’ente sia per la concessione di licenze e utilizzazioni delle proprie opere sia per la riscossione e la distribuzione dei compensi. È chiaro che egli non potrà licenziare le proprie opere con una licenza CC. La gestione fatta in autonomia dall'autore che sceglie di applicare una licenza CC ha delle ripercussioni pratiche immediate: come fa un autore a dotarsi di una dimostrazione che dia atto della creazione dell’opera ad una certa data, utile a fini probatori, in mancanza dell’apposito registro per le opere inedite tenuto dalla SIAE? In questa delicata materia45 in cui possono entrare in gioco interessi economici rilevanti, vanno seguiti i consigli di un legale esperto del settore. In alternativa si può inviare tramite raccomandata con ricevuta di ritorno una busta sigillata che contiene un esemplare dell’opera, la cosiddetta “spedizione in corso particolare”, o depositare l’opera presso un Notaio oppure applicare una firma digitale ed una marca temporale su una versione digitale dell’opera46. Un’ulteriore raccomandazione da seguire è di far apporre un timbro postale su ogni pagina di un’opera cartacea costituita da fogli sparsi. Si ricorda, per chiarezza, che qualsiasi dimostrazione della data di un’opera, attestata dal deposito SIAE, dalla firma del notaio o da qualunque altro metodo, certifica che una data

44 Cfr. paragrafo su Licenze Creative Commons e SIAE all’indirizzo: http://it.wikipedia.org/wiki/Licenza_Creative_Commons 45 Cfr. http://creativecommons.it/faq#12 46 Per esempio con il servizio Copyzero (www.costozero.org/wai/copyzero.html) di cui si riporta la mission: “Copyzero: All Rights Digitalized: il diritto d'autore comprende il diritto morale d'autore (in primis, il diritto alla paternità intellettuale) e il diritto allo sfruttamento economico dell'opera. In molti casi, quest'ultimo diritto non si concretizza in alcun guadagno patrimoniale (se non per l'ente che ne garantisce la tutela a pagamento, la SIAE): la condizione di chi paga la SIAE e riceve compensi è ben diversa da quella di chi paga la SIAE e non riceve compensi. Molte persone, infatti, non sono inserite in un contesto di mercato e al tempo stesso non possono permettersi di versare o di versare frequentemente certe somme per la tutela del copyright (per il deposito di un'opera SIAE chiede al non iscritto 110 euro). Copyzero è un modo per tutelare il diritto d'autore ad un costo prossimo allo zero (0,36 euro), un modo per garantire a tutti, innanzitutto, un diritto della persona”.

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persona ha registrato una data opera in un preciso momento, ma non garantisce né l’originalità della stessa né esclude a priori un possibile plagio. a. Il caso olandese47 In attesa di un accordo tra le parti che faccia convivere la gestione fatta in autonomia dall'autore che sceglie di applicare una licenza CC e la SIAE, si può trovare una fonte di ispirazione nella prima forma di Creative Commons integrata ad una organizzazione di tutela dei diritti d'autore. Il progetto pilota è nato in Olanda, aprendosi ad un panorama di licenze flessibili, che concedano agli artisti una maggiore libertà di scelta nel promuovere e sfruttare le proprie opere48. I musicisti hanno oggi a disposizione canali di distribuzione moltiplicati grazie all’avanzamento dell’informatica, ma questo nuovo modello rischia di passare come un furto secondo una regolamentazione ormai veneranda. L'unica soluzione possibile, per coloro che intendono distribuire gratuitamente la propria musica in Rete, è rappresentata dalle licenze Creative Commons, in grado, con la clausola "non commercial", di tutelarli da ri-distribuzioni per scopi commerciali. Così facendo l'artista può sfruttare la velocità, la capillarità e l’abbattimento dei costi del web per promuovere le sue opere, traendo profitto da merchandising o esibizioni dal vivo. Grazie al progetto olandese, per gli artisti sarà quindi possibile rilasciare un'opera sotto licenza Creative Commons "non commercial" al fine di tutelarla e di distribuirla e sarà loro concesso, al tempo stesso, di ammettere per essa alcuni usi commerciali i cui ricavati saranno raccolti e redistribuiti da Buma/Stemra, la corrispondente olandese della SIAE. Un progetto analogo è sorto tra le Creative Common danesi e la Koda, società che tutela i diritti d’autore in Danimarca. In Italia è nato il 23 dicembre 2008 il Gruppo di Lavoro Giuridico misto, composto sia da esponenti della SIAE, che da rappresentanti del gruppo Creative Commons Italia. Lo scopo di tale gruppo è quello di dare la possibilità agli autori di scegliere di rilasciare le proprie opere con licenze libere, mantenendo gli usi commerciali, affidando alla SIAE la distribuzione e la raccolta dei relativi ricavi. La questione sarebbe urgente per tutelare e incentivare la creatività, la produzione di cambiamento nella società ed eliminare contraddizioni e controversie che sembrano insormontabili e si appoggia inevitabilmente su tempo, confronto e volontà politica, con il risultato di una sconcertante immobilità di fatto attuale. b. Un caso di successo: la gelateria Fiordiluna49 Per la prima volta in Italia la SIAE, con liberatoria a tempo indeterminato a partire dal 25 luglio 2006, (documento protocollato presso l’Ufficio Multimedialità al nr. 1/290/06/FDP) riconosce che la diffusione pubblica di musica d’ambiente all’interno di un locale

47 Cfr. paragrafo su Licenze Creative Commons e SIAE all’indirizzo: http://it.wikipedia.org/wiki/Licenza_Creative_Commons 48 Un bell’articolo riepilogativo su Il progetto pilota di Buma/Stemra e Creative Commons Olanda di Lorenzo De Tomasi è consultabile alla pagina web http://isotype.org/activities/liberius/bumastemra_creativecommons_nl_pilot 49 Cfr. http://liberius.org/?p=16

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commerciale, senza compenso, in virtù dell’utilizzo delle licenze copyleft (Creative Commons, Art Libre, Clausola Copyleft) o di pubblico dominio, non rientra nel mandato esclusivo alla stessa riconosciuto. All’interno della gelateria Fiordiluna, nel cuore di Trastevere a Roma, è presente uno spazio multimediale gestito da un pc con sistema operativo GNU/Linux e software libero attraverso il quale vengono diffuse opere audio-visive e letterarie rilasciate con licenze copyleft o di pubblico dominio. Questo piccolo, ma significativo, accordo rappresenta un primo passo verso un dialogo con la SIAE, con la quale è stato raggiunto un accordo di massima per l’elaborazione di un progetto condiviso per la nascita di una sezione SIAE riservata agli autori che utilizzano licenze di libera distribuzione. Fautore dell’intermediazione, tra gli altri, è stato lo sportello Liberius50, un servizio gratuito di consulenza e di suggerimento di modelli operativi per l’implementazione pratica di progetti che contribuiscono all’incremento del patrimonio di conoscenza liberamente condivisa. Il 26 ottobre 2007 è stato anche avviato un progetto pilota con la Siae per studiare a fondo tutte le implicazioni delle licenze generali pubbliche di diritto d’autore con alcuni diritti riservati in uso nel settore musicale51. 50 Pagina informativa su Frontiere Digitali: http://frontieredigitali.net/index.php/Liberius e sito ufficiale http://liberius.org 51 Si riportano in maniera succinta due questioni sul rapporto CC e SIAE, per dirimere dubbi molti comuni a riguardo:

• Il bollino SIAE (per una puntuale descrizione si veda: http://it.wikipedia.org/wiki/Societ%C3%A0_Italiana_degli_Autori_ed_Editori#Bollino_SIAE) è un contrassegno teso a garantire la corrispondenza tra il numero di esemplari riprodotti e il numero degli esemplari autorizzati dal titolare dei diritti sull’opera. L’apposizione dello stesso è attualmente obbligatoria su tutti i supporti contenenti opere protette dal diritto d'autore diffusi a fine di lucro, sia per iscritti che non iscritti alla SIAE. Una lettura utile per dirimere alcuni dei numerosi punti controversi è il documento Il bollino SIAE e le licenze Creative Commons, disponibile su www.creativecommons.it/ccitfiles/bollinoSIAE_e_licenzeCC.pdf

• L’autore che non si iscrive alla SIAE e usa licenze CC per le sue opere deve gestire in autonomia i proventi legati ai diritti economici, senza l’intermediazione di terzi. Solo in caso di performance dal vivo si è tenuti a corrispondere la tassa sul pubblico spettacolo. A riguardo, si legga il pragmatico articolo Creative Commons, uso commerciale e SIAE, http://selili.com/node/100, e Alcune riflessioni sulle licenze Creative Commons e i diritti connessi degli artisti interpreti ed esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di diffusione radiotelevisiva di Andrea Glorioso e Giuseppe Mazziotti, disponibile qui: http://nexa.polito.it/nexafiles/creativecommons-diritti-connessi-final.pdf

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Fonte: Gelateria Fiordiluna www.fiordiluna.com

c. Un approfondimento: il plagio musicale52 Si presenterà ora una causa di plagio che riassume in maniera breve la complessità delle controversie che possono sorgere in merito all’accertamento univoco e definitivo dell’originalità e unicità di un’opera dell’ingegno. Il caso esposto portò a interrogarsi nello specifico sul plagio in ambito musicale. Nel 1992 Albano Carrisi, noto come Al Bano, fece causa a Michael Jackson, ritenendo di essere stato plagiato della sua canzone I cigni di Balaka (1987). Il brano di Jackson accusato era Will you be there (1991, incluso nell'album “Dangerous”). Dopo la prima decisione in seguito all’analisi dei periti che stabilirono che il plagio sussisteva (le due canzoni avevano trentasette note di seguito identiche nel ritornello), Jackson dovette pagare una multa di quattro milioni di lire. La Corte di Appello di Milano decise in seguito, con una sentenza del 24 novembre 1999, che entrambi i cantanti si erano ispirati ad un brano popolare indiano, non protetto da copyright, ed erano inoltre rintracciabili forti somiglianze con diversi brani blues e jazz degli anni venti. Le motivazioni della sentenza, utili per chiarire la vicenda, offrire un metro generale e un modello per futuri casi analoghi, sono le seguenti:

1) nel campo della musica leggera è la melodia l’elemento individuante dell’opera, sia perché assorbe in sé, più che in altri campi della musica, il nucleo creativo, sia perché costituisce il

52 Si consulti http://it.wikipedia.org/wiki/Albano_Carrisi#Le_accuse_a_Michael_Jackson_di_plagio per una rassegna stampa che ricostruisce in maniera lineare l’intera vicenda.

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principale dato di individuazione e di riconoscibilità di una canzone, ossia ciò che con immediatezza viene percepito dall’ascoltatore medio; 2) non è tutelabile dal diritto d’autore il brano di musica leggera che, per semplicità della melodia, simile a numerosi precedenti, sia carente del requisito dell’originalità; è pertanto da ritenersi esclusa la configurabilità del plagio in relazione a tale brano; 3) in un giudizio di plagio che verta esclusivamente sulla melodia di un brano musicale, è sufficiente la non originalità di questa per la non tutelabilità dell’opera, a prescindere dal distinto carattere di originalità dell’armonia e/o del ritmo, elementi che, tuttavia, possono implicare un apporto creativo in termini di elaborazione di una melodia originaria e sono, pertanto, ex se meritevoli di tutela solo se specificamente dedotti quali elementi plagiati. (sottolineato mio) (Roberto Dini, Rinaldo Plebani, Marilena Garis, Giovanni Casacci, Marco Venturello, Gianfranco Crespi, Proprietà intellettuale. Uno strumento per la crescita economica nel terzo millennio, LES Italia (Licensing Executives Society), Torino, 2010)

6. ALTRE INIZIATIVE CC Oltre alle consuete licenze standard, Creative Commons è impegnata in molteplici iniziative tese a incentivare la creatività e che spaziano in diversi campi della conoscenza. Una di queste è il “Founders’ copyright”53 tramite cui l’autore potrà utilizzare l’opera per quattordici anni con la possibilità di rinnovarne il copyright una sola volta per altri quattordici, quindi in tutto ventotto anni, dopodiché il lavoro finirà nel pubblico dominio. Per attuare il tutto, il licenziante vende per un dollaro a CC il copyright sulla propria opera, in cambio di una licenza esclusiva e limitata. Tutte le opere sono registrate poi in un elenco online con accanto la decorrenza da cui faranno parte del pubblico dominio. L’intento del progetto, come la sua procedura attuativa, sono altamente simbolici, ma spingono a riflettere sui limiti e la durata del copyright che nei primi testi legislativi americani dei padri fondatori del 1700, aveva un’estensione di ventotto anni al massimo, contro gli attuali settanta anni dalla morte dell’autore. a. CC Zero In linea con il “Founders’ copyright”, nel 2007 è stato annunciato un altro interessante progetto: CC Zero (CC0). Tramite questo tool, che ha valore legale, si cerca di permettere al richiedente di rinunciare a quanti più diritti possibili sulla sua opera, che entra fin da subito nel pubblico dominio, evitando l’attesa dei settanta anni dopo la morte dell’ultimo autore, e diventa immediatamente parte del patrimonio libero dell’umanità54. L’autore sottoscrive la rinuncia a

… tutti i diritti d'autore, copyright, diritti connessi ed affini, nonché a tutte le pretese e cause di azione, rispetto a quest'opera e nei limiti possibili nel rispetto della legge. (Clausola di accettazione presente nel wizard di sottoscrizione di CC Zero)

53 La pagina di presentazione del progetto (in inglese), è reperibile qui: http://creativecommons.org/projects/founderscopyright 54 Cfr. Simone Aliprandi, Creative Commons: manuale operativo. Guida all’uso delle licenze e degli altri strumenti CC, Stampa Alternativa, Viterbo, 2008, p. 42.

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Completato a dicembre 2008, CC Zero si pone come evoluzione del precedente CC Public Domain Dedication55, migliorandolo ed estendendone le possibilità di utilizzo anche al di fuori degli Stati Uniti. Il wizard56 di applicazione è inoltre potenziato con un sintetico disclaimer e un efficace visual a corredo.

55 Il cui testo è visibile qui: http://creativecommons.org/licenses/publicdomain 56 La procedura guidata, in italiano, chiamata CC0 Waiver, è attiva al seguente URL: http://creativecommons.org/choose/zero/waiver

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b. CC Plus57 CC Plus, o CC+, è un espediente tecnologico, lanciato nel 2007, che permette di aggiungere a una licenza CC standard un ulteriore accordo di licenza. Per esempio un autore può voler aggiungere a una licenza CC non commerciale, un accordo che concede il diritto commerciale non esclusivo, per permettere a una data compagnia di utilizzare l’opera dietro compenso. Un altro ancora licenzia un’opera con la clausola “Non opere derivate”, ma può voler concedere la modifica del proprio lavoro a particolari condizioni. Questa facilitazione incentiva senza dubbio la diffusione di nuovi modelli compositi di business, permettendo alle licenze CC di adattarsi a differenti contesti e situazioni di utilizzo. Per capire l’effettiva utilità di CC+, basta citare alcuni dei servizi più noti che implementano una licenza composita: Jamendo, Magnatune e BeatPick.

c. CC-GNU GPL, CC-GNU LGPL e BSD License Creative Commons ha creato una procedura guidata con commons deed, metadati e link alla licenza completa per tre famose licenze per software: la GNU General Public License, la GNU Lesser General Public58, entrambe della Free Software Foundation59, e la BSD License60. Il testo legale di riferimento rimane quello indicato nei siti web di riferimento, ma grazie al lavoro di CC si è cercato di rendere più immediati e fruibili i concetti chiave e le implicazioni delle singole licenze.

57 Cfr. http://wiki.creativecommons.org/CCPlus 58 Presentazione della CC-GNU GPL: http://creativecommons.org/choose/cc-gpl, della CC-GNU LGPL: http://creativecommons.org/choose/cc-lgpl e della BSD License: http://creativecommons.org/licenses/BSD 59 Sito ufficiale: www.fsf.org 60 Per informazioni sulle licenze BSD (Berkeley Software Distribution) si veda: http://it.wikipedia.org/wiki/Licenze_BSD

+

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d. Licenze CC ritirate61 Nel corso degli anni, Creative Commons ha fortemente sconsigliato l’uso di alcune licenze prima attive, sia per una domanda inadeguata delle stesse sia per questioni critiche sollevate. Oltre al ritiro di tutte e cinque le licenze in cui non era presente la clausola “Attribuzione”, sono state ritirate anche la licenza “Developing Nations”, che limitava gli effetti delle licenze CC al solo ambito dei paesi in via di sviluppo, e la licenza Sampling, secondo la quale era possibile prendere e trasformare parti dell’opera originaria per qualsiasi scopo eccetto quello pubblicitario, ma era proibita la copia e la distribuzione del lavoro nella sua interezza. Di seguito si offre un prospetto riassuntivo che sintetizza anche le motivazioni della cessazione del supporto da parte di Creative Commons.

61 Cfr. http://creativecommons.org/retiredlicenses

Licenza ritirata

Data di fine supporto

Motivazioni

Developing Nations 04-06-2007 La libertà di condivisione è limitata geograficamente; domanda inadeguata.

Sampling 04-06-2007 La libertà di condivisione non commerciale di un’opera deve essere garantita di base; domanda inadeguata.

Non opere derivate 25-05-2004 Domanda inadeguata

Non opere derivate - Non commerciale

25-05-2004 Domanda inadeguata

Non commerciale 25-05-2004 Domanda inadeguata

Non commerciale -Condividi allo stesso modo

25-05-2004 Domanda inadeguata

Condividi allo stesso modo

25-05-2004 Domanda inadeguata

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CAPITOLO TERZO COME FUNZIONA?

L’intelligenza è stata definita capacità di adattare se stessi all’ambiente o di adattare l’ambiente alle proprie necessità

Bruce Jun Fan Lee

1. INDICAZIONI E CHIARIMENTI PRELIMINARI 62 Le licenze Creative Commons sono uno strumento per definire quali usi delle opere gli autori concedono e quali no, chiarendo in maniera trasparente ciò che i fruitori o licenziatari possono fare con le proprie opere e incentivando, d’altro canto, tutta una serie di pratiche tipiche e naturali dell’ecosistema Internet, poiché i permessi sono stati eventualmente già concessi e si saltano gli intermediari, risparmiando tempo e risorse economiche. Inutile sottolineare che la cultura può essere solo incentivata e sostenuta da iniziative come questa, che danno più controllo e consapevolezza ai creatori e più libertà e tranquillità di azione al pubblico. Tanto più che spesso queste due entità sono sfuggenti e nel web si mescolano e si relazionano in maniera inedita, creando la necessità di trovare efficaci composti aplologici, prosumer, ad esempio, crasi di produttore e consumatore, plasmatore di materiali creativi, fusi e versati in stampi dalle forme così dissimili da stravolgerne la natura originaria. Creative Commons aiuta il processo creativo 2.0, con un ironico riferimento al mondo Internet, con la messa a disposizione degli utenti di varie licenze, secondo il lungimirante modello “alcuni diritti riservati”. Bisogna avere ben chiaro che CC non è un ente istituzionale né ha compiti o incarichi politici. Né è una società di gestione di diritti d’autore collettiva alternativa alla SIAE, non si pone nemmeno come garante dell’originalità di un lavoro, né fornisce una marca temporale che attesta la data di registrazione di un’opera. Le licenze CC si appoggiano al diritto d’autore vigente, trovano il loro fondamento e base di partenza proprio nella regolamentazione ufficiale, ma, legalmente, apportano delle migliorie e suggeriscono, cosa più importante, delle strade e delle direzioni possibili di ulteriore sviluppo culturale e sociale. Attualmente, come già trattato, la gestione esclusiva dei diritti sulle opere della SIAE è incompatibile con l’espediente delle licenze CC, ma nulla vieta, anzi è incoraggiabile, un possibile modello che unisca e integri le parti migliori offerte da entrambe le parti,

62 Paragrafo in parte tratto dal testo presente su http://wiki.creativecommons.org/Before_Licensing (in inglese).

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rafforzandole ed eliminando finalmente inutili contraddizioni che ostacolano l’attività degli artisti. Come precisa CC prima di ogni licenza63:

L’ASSOCIAZIONE CREATIVE COMMONS (DI SEGUITO “CREATIVE COMMONS”) NON È UNO STUDIO LEGALE E NON FORNISCE SERVIZI DI CONSULENZA LEGALE. LA DISTRIBUZIONE DI QUESTO MODELLO DI CONTRATTO DI LICENZA NON INSTAURA UN RAPPORTO AVVOCATO-CLIENTE. CREATIVE COMMONS FORNISCE INFORMAZIONI DA CONSIDERARSI “COSI’ COME SONO”. CREATIVE COMMONS NON PRESTA ALCUNA GARANZIA PER LE INFORMAZIONI FORNITE E SI ESIME DA OGNI RESPONSABILITÀ PER I DANNI DERIVANTI DALL’USO DELLE STESSE.

Come si evince da questa puntualizzazione, Creative Commons, come in generale tutto il movimento della cultura libera, spinge l’individuo creativo a portare su di sé la responsabilità di ciò che licenzia, facendogli prendere coscienza di alcune pratiche, un tempo misconosciute alla persona comune. Il copyright e tutta l’attività di licensing sono stati “non argomenti” per molto tempo e si impongono oggi all’attenzione dell’opinione pubblica, proprio perché le tecnologie digitali portano, in una certa misura e con le opportune prudenze che il caso in esame richiede, a una ri-appropriazione di certe pratiche e usi che in passato erano gestiti esclusivamente da specialisti del settore. L’aspetto più ostico, ma anche enormemente stimolante, si ritrova nello sforzo necessario che ogni individuo medio deve compiere per impadronirsi di termini, sistemi e meccanismi di base imprescindibili quando si licenziano le proprie opere. L’aspetto più gratificante e fecondo rimane, senza dubbio, la crescita formativa personale e la gestione autonoma del processo creativo. Per avere un quadro chiaro e riassuntivo dei diritti e delle restrizioni comuni a tutte le licenze CC, si analizzerà brevemente il loro approccio standard64. Ogni licenza CC contribuisce a:

• preservare il tuo diritto d'autore; • annunciare che la licenza non limita gli usi consentiti (fair use), l'esaurimento del

diritto (first sale doctrine) e la libertà di espressione altrui. Ogni licenza richiede che chi utilizza un’opera, creata da altri:

• ottenga il permesso per fare una qualsiasi delle cose che l’autore ha scelto di limitare: per esempio usi commerciali (con la clausola “non commerciale”) o la creazione di opere derivate (con la clausola “non opere derivate”);

• mantenga l'indicazione di diritto d'autore intatta su tutte le copie del lavoro usato e citi sempre l’autore originario;

63 Preambolo presente in ogni Legal Code delle sei licenze. 64 Cfr. La spiegazione delle licenze sul sito ufficiale: www.creativecommons.it/Licenze/Spiegazione

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• predisponga un link alla licenza originaria anche sulle copie dell'opera e chiarisca come arrivare al Legal Code anche su opere pubblicate su un supporto materiale;

• non alteri i termini della licenza; • non usi mezzi tecnologici per impedire ad altri licenziatari di esercitare uno

qualsiasi degli usi consentiti dalla legge. Se per esempio, è permessa la copia e la distribuzione di un libro in formato .pdf con un’apposita licenza CC, è una violazione di copyright, impedire, tramite appositi procedimenti informatici, la stampa o la duplicazione dello stesso.

I licenziatari, rispettando le condizioni imposte dalle licenze CC, possono:

• copiare l’opera in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo; • distribuire l’opera; • comunicare, rappresentare, eseguire, recitare o esporre l’opera in pubblico, inclusa

la trasmissione audio digitale dell’opera; • cambiare il formato dell'opera.

Ogni licenza inoltre:

• è valida in tutto il mondo; • dura per la durata del diritto d’autore connesso all’opera; • non è revocabile.

È opportuno ribadire inoltre altre questioni molto importanti quando ci si appresta a licenziare in CC. Un’opera licenziata con una licenza CC e resa pubblica con l’apposito disclaimer che segnala in maniera chiara gli obblighi e i divieti ai licenziatari può essere usata senza particolari permessi dal pubblico; l’autore dell’opera, detentore dei diritti, ha un controllo completo sulla sua creazione e può quindi decidere di revocare la licenza CC sulla propria opera: da quel momento in poi, il lavoro non godrà più delle facilitazioni della licenza CC, ma nulla vieta a un’altra persona in possesso di una copia di quella stessa opera registrata in CC, di utilizzarla secondo le clausole stabilite. L’ irrevocabilità delle licenze CC consiste proprio in questo. Poi, prima di licenziare una qualsiasi opera, ci si deve interrogare sulla natura della stessa (quante e quali parti compongono l’opera? Sono tutte dello stesso autore?), su chi è il legittimo detentore dei diritti (compositore, interprete, curatore…), o se sono più di uno, se è opportuno chiedere almeno un parere di forma agli autori originari, ecc… Un altro punto delicato che si presta all’elaborazione di falsi miti quando ci si addentra nel mondo delle CC, è la convinzione che non sia possibilità di guadagno una volta registrata la propria opera in CC. Niente di più mendace. In primo luogo le licenze CC sono non

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esclusive, cioè l’autore può adottare in contemporanea più tipi di licenze, anche non CC, e quindi percepire compensi dall’utilizzo dell’opera. Oltre a ciò, l’accesso ad un opera sotto una qualsiasi licenza CC, può essere a pagamento (biglietto ad un concerto dove sono eseguite musiche in CC, sezione a pagamento di un sito internet, libro, cd/dvd a pagamento venduto su Amazon.com…). Un’altra interpretazione controversa riguarda la clausola “Non commerciale”: il divieto di copiare, distribuire e modificare un’opera “in una maniera tale che sia prevalentemente intesa o diretta al perseguimento di un vantaggio commerciale o di un compenso monetario privato”, vale ed è cogente per chi la utilizza, non per chi è il titolare dei diritti o per l’autore che licenzia la propria opera. Colui che licenzia la propria opera con la clausola “Non commerciale”, ha sempre il diritto di commercializzarla e anzi riserva in questa maniera la gestione commerciale solo e unicamente a se stesso o ad un editore o un’agenzia con cui istituisce, eventualmente, un contratto. Lo stesso discorso vale simmetricamente per la clausola “Non opere derivate”: l’autore, e solo lui, ha la possibilità di modificare e distribuire opere derivate, mentre i licenziatari non possono, se non ottenendo un esplicito permesso a parte. 2. IL WIZARD DI SCELTA DELLA LICENZA Creative Commons guida nella scelta della licenza più adatta alle esigenze dell’autore tramite una semplice e breve procedura guidata che consiste nel rispondere a poche domande chiave. Una volta che ci si è fatti un’idea sulla licenza CC che si vorrebbe adottare per la propria opera si clicca sul grande bottone “Pubblica le tue creazioni, legalmente”, presente nella parte superiore del sito ufficiale CC Italia65 o ci si reca direttamente all’indirizzo www.creativecommons.org/choose/?lang=it. Apparirà il seguente modulo:

65 www.creativecommons.it da cui si accede anche a una selezione sempre aggiornata e mirata di news riguardanti l’ambito delle CC in Italia come Festival, campagne, premi, concorsi, articoli, filmati, libri, manifestazioni e segnalazioni.

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Analizzeremo ora nella sequenza in cui compaiono nel form tutti i campi, uno per uno, fornendo anche una breve delucidazione. La prima domanda è “Permetti che la tua opera venga utilizzata a scopi commerciali?”, a cui si può replicare “Sì” o “No”: in caso di risposta affermativa l’autore permette che la propria opera possa essere utilizzata, senza il suo permesso, sia per scopi commerciali che non commerciali, mentre se risponde in modo negativo l’opera può essere utilizzata esclusivamente per fini non commerciali, a meno di un esplicito e ulteriore permesso dell’autore stesso. La seconda questione “Permetti che la tua opera venga modificata?” prevede tre possibili risposte: “Sì” (qualsiasi tipo di opera derivata è possibile), “Sì, fintanto che gli altri condividono allo stesso modo” (è la clausola Share Alike, secondo la quale le opere derivate possono essere licenziate solo con la stessa identica licenza dell’opera originaria, cioè l’azione delle CC persiste e l’intento originario dell’autore si conserva), “No” (non sono permesse modifiche dell’opera di partenza, sono concesse solo copie inalterate e integrali).

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La terza domanda consente la scelta appropriata della “Giurisdizione della tua licenza”: a seconda del paese in cui l’opera verrà distribuita prevalentemente o dell’ordinamento giuridico del diritto d’autore da cui si vuole ricevere protezione, si ha a disposizione attualmente un elenco di cinquantadue paesi o l’opzione “Nessuna delle precedenti”, che genererà una licenza CC unported, generica, non legata cioè a un determinato stato e la cui individuazione di ordinamento giuridico di riferimento sarà a carico di avvocati, giudici e consulenti che si troveranno ad analizzare il caso concreto di volta in volta66. La seconda parte del procedimento, intitolato “Ulteriori informazioni ”, è opzionale: sono dati facoltativi che saranno inclusi nel digital code e che forniscono un prospetto informativo dell’opera più completo ed esaustivo; se ne consiglia, perciò, la compilazione, anche parziale. I field compilabili sono:

• “Seleziona il formato della tua opera”: tramite questo campo si può scegliere il tipo o formato dell’opera (Altro, audio, video, immagine, testo, interattivo)

• “Titolo dell’opera” • “Attribute work to name”: ovvero il nome dell’autore o del detentore dei diritti che

va sempre citato, secondo la clausola “Attribuzione” presente in tutte le licenze CC. • “Attibuisci l'opera ad un URL”: l’indirizzo web che si dovrà indicare come fonte

dell’opera. • “URL dell'opera originaria”: da compilare in caso di opera derivata, per indicare in

maniera precisa la pagina web che ospita l’opera originaria. • “URL per ottenere ulteriori permessi”: il licenziante può digitare qui il sito web in

cui indica gli eventuali ulteriori diritti autorizzati ai licenziatari, oltre a quelli della licenza CC scelta (come nel caso di utilizzo di una licenza CC Plus).

Al termine della compilazione, cliccando sul bottone “Scegli una licenza”, si arriva alla pagina di riepilogo della licenza scelta.

66 Cfr. Simone Aliprandi, Creative Commons: manuale operativo. Guida all’uso delle licenze e degli altri strumenti CC, Stampa Alternativa, Viterbo, 2008, p. 55.

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Il licenziante, dopo aver selezionato il visual, il bottone che riassume la licenza, tra tre icone diverse, otterrà al di sotto il digital code che riassume tutti i dati inseriti e il tipo di licenza scelta. Inserendo questi metadati nel proprio sito web, compariranno automaticamente l’icona della licenza e la dicitura “Questa opera è pubblicata sotto una licenza Creative Commons” con il link ipertestuale al Commons Deed della licenza corrispondente.

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Per vederlo subito si può anche cliccare sul link “Guarda come apparirà la licenza”. Questo discorso vale per le opere digitali online. Nella colonna a destra della pagina si può accedere a diversi servizi specifici rispondenti a svariate esigenze; inoltre se si dispone di un’opera offline, cioè non caricata in formato digitale su un qualsiasi spazio/servizio Internet, e che verrà distribuita su un supporto fisico (un libro in formato cartaceo, una brochure, un cd/dvd) si può cliccare sull’apposito link “testo” che suggerisce di inserire all’interno della propria opera (per esempio nella pagina del copyright in un libro, sul retro della copertina in un cd/dvd) il seguente disclaimer personalizzabile:

Quest'opera è stata rilasciata sotto la licenza Creative Commons (nome licenza scelta) 2.5 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/xxx/2.5/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA.

Rimane fondamentale la riconoscibilità della licenza CC scelta, la chiarezza e la semplicità con cui la si comunica al pubblico fruitore che sono caratteristiche necessarie per l’effettivo buon funzionamento delle CC.

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CAPITOLO QUARTO GUIDA ALLA PUBBLICAZIONE

Quest’arte non ha misteri. Prendi le cose per quello che sono.

Quando devi tirare un pugno, tira un pugno; quando devi tirare un calcio, tira un calcio

Bruce Jun Fan Lee

1. LE PRINCIPALI RISORSE OPERATIVE L’approccio fondamentale quando ci si accinge a pubblicare un’opera servendosi di una licenza Creative Commons si appoggia necessariamente all’idea di fondo che la pubblicazione dei propri lavori è strettamente connessa con la ricerca e il reperimento degli stessi. Questo aspetto è sottolineato dallo stesso sito italiano di Creative Commons (www.creativecommons.it), la cui pagina principale è suddivisa in due sezioni complementari, simboleggiate da due intuitive icone esplicative, “Cerca” e “Pubblica”. Si desume che meglio si seguono le procedure e gli strumenti più adatti per licenziare l’opera, più facilmente sarà comprensibile il tipo di licenza applicata e le sue norme, il reperimento e la fruizione, la chiarezza delle fonti e degli autori e in generale lo spirito di condivisione e perpetuo sharing incentivato dalle CC potrà evolversi speditamente e senza ostacoli tecnici, favorendo così il processo creativo. È quindi interesse precipuo dell’autore stesso e di conseguenza dell’intera comunità di licenziare la sua opera immaginando di offrire la sua opera a un pubblico vasto ed eterogeneo, non senza tralasciarne le specificità proprie del contesto e dell’iter generativo in senso lato che ne costituiscono l’unicità di fondo. Le risorse che gli autori dispongono sono molteplici e non è possibile anche solo elencarle in questo contesto; di seguito si indicheranno le strategie di base più comuni e gli strumenti specifici a seconda della tipologia dell’opera tramite cui orientarsi e si rimanderà a fonti ulteriori per gli eventuali approfondimenti in merito. 2. ON-LINE E OFF-LINE La prima questione in cui normalmente ci si imbatte è se si vuole o si è costretti a pubblicare l’opera rendendola disponibile su Internet o su un supporto non presente in Rete, come può essere un libro cartaceo senza versione digitale resa pubblica. Nulla vieta di applicare una licenza CC ad un’opera off-line, l’importante è che, dopo aver scelto quale licenza usare, si aggiunga un’apposita dichiarazione, un disclaimer, cioè un’avvertenza, un avviso, che specifica il tipo e la versione della licenza utilizzata e l’indirizzo della pagina web (URL) in cui la si può leggere.

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Un esempio di disclaimer possibile è quello applicato nella cosiddetta ‘pagina del copyright’ a questa tesi:

Vi è specificato l’autore, l’anno di pubblicazione e una formula, personalizzabile a piacimento nei limiti della comprensibilità, che specifica il tipo di licenza applicata con l’indissolubile URL del sito web in cui si può leggere una copia della licenza completa o in alternativa l’indirizzo postale a cui rivolgersi per prenderne visione. La chiarezza e la completezza di tutte queste informazioni, oltre che tutelare e supportare il detentore dei diritti sull’opera, permette di conferire trasparenza e utilità nel comunicare informazioni che hanno valore legale e sono efficaci in giudizio.67 Il discrimine che permane tra l’applicazione di una licenza CC a un’opera off-line (per esempio qualsiasi documento stampato non disponibile su Internet) e una on-line è che nel primo caso i metadati in formato elettronico, il digital code, non sono presenti e viene quindi preclusa la possibilità di individuazione, indicizzazione e rintracciabilità nei motori di ricerca on-line dell’opera stessa68. Questa è però una questione a priori sulla gestione dei canali di distribuzione delle opere di ingegno che sottolinea come Internet sia uno strumento di pubblicazione e condivisione estremamente potente e in gran parte ancora da scoprire ed estendere. 3. PUBBLICARE L’OPERA SUL PROPRIO SITO WEB CON UNA LICENZA CC Premesso che vogliamo pubblicare un’opera e renderla fruibile su Internet, indipendentemente dal formato della copia digitale di cui si è in possesso (sia esso .jpg per un’immagine, .mp3 per un file audio, .txt per un file di testo e così via), si presentano due principali possibilità di pubblicazione a seconda della disponibilità o meno di un proprio spazio web e di alcune competenze di web editing per fare l’upload del proprio lavoro. Nel caso in cui si dispone di un proprio sito internet, si può creare una pagina web in cui inserire l’opera e includere anche i metadati, sotto forma di righe di codice HTML (HyperText Markup Language) generati al termine della procedura guidata di scelta della

67 Cfr. S. Aliprandi, Creative Commons: manuale operativo. Guida all’uso delle licenze e degli altri strumenti CC, Stampa Alternativa, Viterbo, 2008, pp. 49-51 68 Per una panoramica sulla marcatura delle opere on-line usando una licenza CC, si veda: http://creativecommons.it/Tecnologia

Copyright © Francesco Noè, 2010 Eccetto dove diversamente specificato, la presente opera è rilasciata nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione – Non Commerciale – Condividi allo stesso modo 2.5 Italia. Per leggere il testo integrale della suddetta licenza visita il sito web: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/legalcode o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA.

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licenza CC, iniziata ciccando sull’icona ‘Pubblica’ del sito italiano delle CC, seguendo questo wizard illustrato69:

Primo passo: scelta della licenza Se si dispone di un proprio spazio web su cui si ospita una qualsiasi tipologia di opere (immagini, video, testi, musica…) e si vuole licenziarle con una determinata licenza CC, si segua la procedura guidata di scelta della licenza che si ritiene appropriata.

Secondo passo: copiare il codice HTML Nella pagina conclusiva del procedimento, vengono visualizzate alcune righe di codice HTML: sottolinearle e copiarle premendo sulla tastiera ctrl + c (command + c su Mac).

Terzo passo: incollare il codice nel proprio sito web A seconda di come si è creato e si gestisce il proprio sito web, cambiano le procedure e le singole funzioni per questo step. I software più comuni di web editing, come Dreamweaver, Frontpage, Microsoft Expression, GoLive, Kompozer e Incomedia Website X5, dispongono di una funzione chiamata di solito ‘visualizza codice sorgente’ o ‘visualizza HTML’, che permette di visualizzare il codice sorgente della pagina web. Nella parte finale di questo codice, prima delle stringhe </body></html>, incollare i metadati della licenza CC copiati nel precedente step, premendo sulla tastiera ctrl + v (command + v su Mac)

Al termine di questa procedura si otterrà una pagina web con il contenuto desiderato, corredata in calce dal disclaimer, l’icona e il link al Commons Deed della licenza scelta ad esso attribuita, come nell’esempio che segue.

69 Tratto dalla pagina web http://wiki.creativecommons.org/HOWTO_Publish

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Istantanea tratta da www.copyleft-italia.it/audiovideo/copydoc/index.htm

È importante sottolineare che con questo sistema possiamo licenziare qualsiasi tipo di opera, indistintamente dal contenuto della stessa, dal formato e dalla dimensione, perché si agisce sul codice della struttura della pagina web in cui è caricato, usando una particolare combinazione di sorgente HTML e il sistema di descrizione delle risorse Resource Description Framework (RDF)70 che permette una interoperabilità e una condivisione dei dati tra applicazioni alla base dello scambio di informazioni sul web. 4. PUBBLICARE CON INTERNET ARCHIVE E L’APPLICAZIONE CC PUBLISHER Se non si vuole o si è impossibilitati a creare ed inserire un pagina web con le opere da pubblicare, si può usufruire dell’eccellente servizio di archivio offerto gratuitamente, previa registrazione al sito web, da Internet Archive (www.archive.org). Il motto del progetto è ‘accesso universale a tutta la conoscenza’ e si pone come meta la costruzione di una biblioteca digitale di siti Internet e di altri prodotti culturali in formato elettronico, resi accessibili a ricercatori, storici, studiosi e a chiunque sia interessato, proprio come una biblioteca con i libri cartacei.

70 Per maggiori informazioni sul framework RDF: http://it.wikipedia.org/wiki/Resource_Description_Framework

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Una delle ultime iniziative lanciate da Internet Archive è la ‘macchina del tempo’, un archivio, arrivato attualmente a circa 150 miliardi di pagine web, che cataloga, indicizza e fotografa i cambiamenti e l’evoluzione dei diversi siti web. Per quanto riguarda l’hosting di opere, Internet Archive permette l’upload di contenuti di ogni tipo e genere, dando la possibilità di applicare svariate licenze di libera distribuzione oltre, naturalmente, alle CC e fornisce inoltre, a caricamento completato, un URL nell’arco di 24 ore per accedere e risalire all’opera. Se invece si ha necessità di caricare on-line opere che hanno una dimensione maggiore di 500 MB, caso frequente per i file audio e video, ci si può avvalere del software CC Publisher, scaricabile liberamente dal sito http://wiki.creativecommons.org/CC_Publisher71 e disponibile per Windows, Mac e GNU/Linux. Questa applicazione permette all’autore di associare all’opera le informazioni basilari sulla stessa (autore, anno, titolo, tipo di file, descrizione, parole chiave), poi guida nella scelta della licenza CC preferita, incorpora tutti questi metadati all’interno del file e infine chiede all’utente se vuole fare l’upload su Internet Archive, autenticandosi con l’apposito nome utente e password forniti dopo la registrazione al sito, oppure genera del codice HTML da incollare nella pagina su cui si vuole eventualmente ospitare l’opera. Il processo è riassunto nei passi seguenti72:

Primo passo: trascinare il file nella finestra di CC Publisher Avviare l’applicazione e premere Next nella schermata introduttiva. Aggiungere i file che si vuole taggare e uplodare, sfogliando le cartelle o trascinandoli nella finestra del programma.

Secondo passo: aggiungere le informazioni sull’opera Questo step guida nella compilazione delle informazioni che serviranno per i metadati e per rendere l’opera individuabile dal pubblico.

71 CC Publisher è un applicazione rilasciata con una licenza GNU General Public License, la più diffusa licenza per il software libero che assicura all'utente libertà di utilizzo, copia, modifica e distribuzione. Per ulteriori informazioni: http://www.gnu.org/licenses/gpl.html 72 Tratto dalla pagina web http://wiki.creativecommons.org/HOWTO_Publish

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Terzo passo: scelta della licenza CC Publisher offre una vasta gamma di scelta di licenze.

Quarto passo: eseguire il login a Internet Archive È necessario avere un account (username e password) su Internet Archive per poter associare in maniera univoca i files all’autore e fare l’upload di opere. Se non si ha un account, si può lanciare la procedura di registrazione cliccando sull’apposito bottone nel programma.

Quinto passo: upload Iniziare l’upload. A seconda della velocità di connessione, si impiegherà un lasso di tempo variabile.

Sesto passo: upload completato Una volta che l’upload è terminato, CC Publisher fornirà un URL a cui è visibile l’opera pubblicata, solitamente attivo nell’arco di 24 ore, su Archive.org

5. PUBBLICARE LE OPERE IN CC SUI CIRCUITI DI FILE-S HARING Si può considerare la pubblicazione della propria opera anche sui frequentati circuiti peer-to-peer (P2P) di file sharing, come i noti Emule, BitTorrent, Morpheus e Bearshare, aumentando così le potenzialità di diffusione e downloading dell’opera stessa.

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È consigliabile inserire già nel titolo del file che si vuole pubblicare l’indicazione, anche abbreviata, della licenza applicata; un esempio potrebbe essere una canzone “nomefile.mp3” rilasciata sotto una licenza CC Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia che viene preparata per essere condivisa in un circuito p2p, rinominandola “nomefile.mp3 CC by-nc-nd”. In questo modo la visibilità della licenza aumenta in maniera considerevole per gli utenti che ne fruiscono. Un secondo accorgimento è sfruttare la possibilità di includere all’interno dei file audio e video i metadati secondo la procedura di pubblicazione con l’applicazione CC Publisher; alcuni programmi di file sharing, come Morpheus, dispongono di una o più opzioni di ricerca per trovare file contenenti informazioni o descrizioni delle licenze CC. Eseguite queste semplici operazioni, non resta che mettere in condivisione l’opera scelta, inserendola nella cartella di condivisione del programma usato; chi sarà interessato e troverà l’opera nel motore di ricerca interno al programma, scaricherà il file sul proprio pc, a seconda, naturalmente, della disponibilità delle fonti che ospitano il file completo e della loro banda effettiva di upload. 6. ULTERIORI RISORSE E PIATTAFORME DI PUBBLICAZIONE IN CC Per coloro che non si vogliono appoggiare a un sito web gestito in autonomia, c’è la possibilità di usare lo spazio gratuito, la procedura guidata di scelta della licenza CC appropriata e le offerte annesse gestite da una miriade di siti specializzati a seconda della tipologia dell’opera che si vuole licenziare. Molto spesso insieme allo spazio gratuito, è compresa l’indicizzazione del file e delle tag associate, la conseguente inclusione nei motori di ricerca sia interni al sito web che esterni, come Google e non di rado anche vere e proprie vetrine virtuali allestite ad hoc per gli utenti, aperte ai commenti, al passaparola virale e alla contaminazione di forme e contenuti tipica del Web 2.0. Alla pagina web http://wiki.creativecommons.org/HOWTO_Publish (in inglese) è offerta una densa panoramica illustrata sulle procedure da seguire passo passo a seconda del tipo di contenuto e del sito web preso in analisi. Per il contesto italiano è consigliabile consultare le sezioni in cui le categorie di contenuti pubblicabili sono suddivise e tramite cui si accede a una ricerca personalizzata, a una selezione di procedure specifiche e a news, commenti dei commoners e una selezione di opere in primo piano. Di seguito si offre un prospetto sintetico e i link di riferimento specifici per ogni parte73. a. Testi e didattica La sezione ‘testi’ (www.creativecommons.it/Testi) comprende libri, blog, saggi mentre quella ‘didattica’ (www.creativecommons.it/Education) lezioni, corsi, libri di testo. La procedura base per entrambe le categorie è l’applicazione della licenza, sotto forma di metadati, alla pagina web personale che contiene i testi che si vuole licenziare. All’interno dei file di testo in formato digitale si può aggiungere il disclaimer in modo da rendere

73 Per approfondimenti si rimanda al sito ufficiale di CC http://creativecommons.org. Un vasto elenco di progetti che adottano licenze CC in continuo aggiornamento è consultabile su http://wiki.creativecommons.org/Content_Directories

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chiara ed esplicita la volontà dell’autore e gli usi che vuole consentire ai suoi lettori, in riferimento anche a stampa e fotocopie, uno degli argomenti chiave nell’editoria. Come ulteriori possibilità di pubblicazione sono indicati i collegamenti alle procedure guidate per applicare una licenza CC al proprio blog creato con Movable Type, un software per la gestione di blog, o tramite una piattaforma di blogging come Blogger/Blogspot, Typepad, LiveJournal e WordPress. Lulu.com propone invece un sistema editoriale altamente innovativo, in cui l’autore ha il completo controllo dell’intero processo dalla copertina, alla sponsorizzazione e al prezzo della propria opera; le opere sono disponibili in formato multimediale, stampate su richiesta e rese pubbliche in una libreria virtuale che, in alcuni casi, è anche una biblioteca digitale. L’autore è inoltre completamente libero di decidere sotto quale licenza di distribuzione vuole rilasciare i suoi lavori e si ha anche la possibilità di avere assegnato un codice ISBN (International Standard Book Number)74 senza alcun costo. b. Audio Per la musica, i suoni e i discorsi CreativeCommons.it ha allestito una pagina (www.creativecommons.it/Audio) ricca di contenuti e suggerimenti pratici, che illustra le due licenze specifiche per lavori musicali, la Sampling e la Share Music e rimanda all’angolo dei musicisti (www.creativecommons.it/autori-musicisti) dove sono spiegate le migliori risorse per la musica e le piattaforme più adatte, citate di seguito. Sono consigliati il sito web musicale SoundClick che offre spazio illimitato di archivio per band, il database The Freesound Project, per pubblicare e condividere suoni, campionamenti e samples audio e Opsound, in cui suoni e canzoni possono essere ascoltati, remixati e condivisi. Una particolare iniziativa è Oyez, un archivio con centinaia di registrazioni audio della Suprema Corte, una risorsa didattica ed istruttiva, così come una fonte di registrazioni audio famose in CC. Magnatune è invece un'etichetta discografica che offre tutti i lavori dei propri artisti come mp3 liberamente scaricabili, coperti da licenze CC. Si possono eventualmente acquistare versioni digitali di qualità migliore e il 50% dei proventi va direttamente all’artista. Molti gruppi musicali e singoli musicisti hanno aderito alla filosofia CC e diverse community on-line, dedite alla distribuzione legale e sponsorizzazione della musica in CC, come BeatPick e BuskerLabel, sono sorte per garantire un equo compenso per il loro lavoro. Molto successo in ambito italiano ha riscosso inoltre il sito web di condivisione di musica, esclusivamente in CC, Jamendo.com che retribuisce gli artisti attraverso la distribuzione di introiti pubblicitari e partnership commerciali. c. Immagini Nella sezione ‘immagini’ (www.creativecommons.it/Immagini), cioè fotografie, immagini, illustrazioni, è suggerita la licenza CC Sampling (Plus e Plus Non

74 «L'ISBN - International Standard Book Number - è un numero che identifica a livello internazionale in modo univoco e duraturo un titolo o una edizione di un titolo di un determinato editore. Oltre a identificare il libro, si attribuisce a tutti quei prodotti creati per essere utilizzati come libro» (Fonte: http://www.isbn.it).

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Commerciale) con cui è possibile prelevare e trasformare parti della propria opera per qualunque scopo eccetto che per la pubblicità. Questa licenza è particolarmente indicata per i collage. Celebri siti web come Flickr e Buzznet permettono di fare l’upload delle proprie immagini e di rilasciarle automaticamente con una licenza CC. d. Video Nella categoria ‘video’ si possono trovare film, animazioni e clip in CC (www.creativecommons.it/Video). Da questa pagina web www.creativecommons.it/loghi_video si possono scaricare i loghi di tutti i diversi tipi di licenze CC da inserire all’interno dell’opera audiovisiva e marcare così gli utilizzi concessi della stessa. Per pubblicare un video, oltre al già citato Internet Archive e l’inclusione in una pagina web personale, ci si può servire del noto Youtube o Google Video, l’importante è che i termini della licenza CC con cui è rilasciata l’opera sia sempre ben visibile e chiara. Oltre che all’interno dell’opera stessa è buona norma indicare il tipo di licenza nel titolo del video, nelle parole chiave e nella sua descrizione, con il consueto rimando alla pagina web del testo completo della licenza (preferibilmente il legal code). 7. COME TROVARE OPERE IN CC? Dalla stessa homepage del sito italiano di Creative Commons, www.creativecommons.it, possiamo arrivare alla ricerca di qualsiasi materiale sotto CC, alla pagina web dedicata http://search.creativecommons.org75. Creative Commons ci tiene a ribadire che questo servizio non è un motore di ricerca, ma piuttosto un tentativo di facilitare la circolazione delle opere rilasciate sotto CC e la conseguente collaborazione tra utenti di Internet. Il suo funzionamento si basa sulla lettura degli appositi metadati associati alle opere, ma è sempre meglio verificare manualmente se l’opera è stata effettivamente licenziata in CC, controllando l’eventuale disclaimer. Dopo aver inserito una stringa di ricerca o una descrizione del contenuto che si vuole trovare, si possono selezionare due opzioni per personalizzare ulteriormente la ricerca a seconda del tipo di uso desiderato:

1) usare per scopi commerciali 2) modificare, adattare o usare come base di partenza

La ricerca è operativa al momento su: Google (web); Google (immagini); Yahoo! (web); Flickr (immagini); Blip.tv (video); Jamendo (musica); SpinXpress (contenuti multimediali); Wikimedia Commons (contenuti multimediali).

75 «Nota bene: search.creativecommons.org non è un motore di ricerca, ma piuttosto offre un accesso agevole a servizi di ricerca forniti da altre organizzazioni indipendenti. CC non ha alcun controllo sui risultati che vengono forniti. Non dare per scontato che i risultati visualizzati in questo portale siano licenziati con Creative Commons. Verifica sempre che l'opera sia realmente licenziata con una licenza CC seguendo il collegamento. Poiché non vi è alcuna registrazione per l'utilizzo delle licenze CC, Creative Commons non ha modo di sapere quando un'opera sia o non sia licenziata con CC. Se hai dubbi in merito contatta direttamente il detentore dei diritti o cerca di contattare il sito in cui hai trovato il contenuto». Tratto da http://search.creativecommons.org

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Per chi utilizza il browser Mozilla Firefox è disponibile, nelle ultime versioni, un plug-in immediatamente operativo nella finestra principale, in alto a destra, accanto alla barra degli indirizzi, per ricercare materiale coperto da licenze CC.76

76 Cfr. http://wiki.creativecommons.org/Firefox_and_CC_Search

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CAPITOLO QUINTO OLTRE LE CC

La verità esiste là dove non esistono né centro né circonferenza. Tu sei padrone dello stile totale quando sei libero di

esprimere te stesso. Bruce Jun Fan Lee

1. I PRINCIPALI PROBLEMI E CRITICHE 77 Come ogni fenomeno che raggiunge una certa visibilità, anche le Creative Commons sono state criticate in diversi punti. Attualmente, sono diversi milioni le opere che fanno uso di una licenza CC e, anche se le stime effettive in questi casi sono ardue da decretare, il trend di crescita del sistema di licensing offerto dalle CC è positivo ed è confermato in parte, secondo me, proprio dal proliferare dei numerosi paper, articoli e studi che muovono da punti di vista contrari alla prospettiva dei ‘beni comuni creativi’ o che individuano, a volte argutamente, altre volte un po’ meno, punti deboli del progetto. È chiaro che la dimensione e l’importanza attribuita allo stesso, muta in proporzione variabile ai diversi stati, alle mentalità tipiche e alle peculiarità dei singoli paesi, tenendo sempre presente che le disuguaglianze digitali78 sono segni in aumento, ma che molti stati fingono di non dover affrontare e che porteranno a serie esclusioni sociali e culturali nell’immediato futuro. Molto spesso quindi le questioni sollevate sulle CC, sono collocate alla foce del fiume di problemi e nodi concettuali che andrebbero affrontati in maniera sistematica e con soluzioni studiate caso per caso. C’è inoltre un simpatico fatto che, nella sua ironia, conferma quanto detto sopra: la quasi totalità degli articoli di critica presenti sul web sono licenziati in Creative Commons; evidentemente gli autori degli stessi hanno trovato qualcosa di positivo nel servirsene. Peter Benjamin Tòth afferma79 che i fini perseguiti da Creative Commons sono già ben serviti dall’attuale normativa sul diritto d’autore e che lo slogan ‘alcuni diritti riservati’,

77 Cfr. Il capitolo dedicato alla critica delle CC alla pagina http://en.wikipedia.org/wiki/Creative_Commons#Criticism. Inoltre mi sono avvalso degli spunti personali e del confronto con i ragazzi di http://thepiratebay.org, con cui ho avuto modo di incontrarmi e discutere in due splendide occasioni: durante la “Festa dei Pirati”, tenutasi a Roma nel pittoresco Teatro delle Arti, zona Garbatella, il 28 marzo 2009, in cui ero responsabile di un mini corso p2p (www.no-copyright.net/programma.html) e durante la seconda edizione della stessa, nel centralissimo Teatro Capranica, il 20 marzo 2010, sempre nella Capitale (http://festadeipirati.net). Per approfondire la conoscenza del Partito Pirata svedese e del vulcanico ed esteso movimento di ThePirateBay, nonché degli antefatti delle feste-evento a Roma attraverso parole, riflessioni e interviste, si veda lo scorrevole libro di Luca Neri, La Baia dei Pirati. Assalto al Copyright, Cooper, Roma, 2009. 78 Per una compiuta lettura e un’analisi della situazione italiana con un occhio diverso e attento all’innovazione, quella vera, si legga il libro di Sara Bentivegna, Disuguaglianze digitali. Le nuove forme di esclusione nella società dell'informazione, Laterza, Bari, 2009. 79 In Creative Humbug, INDICARE Monitor Vol. 2, n. 4, 24 giugno 2005.

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contrapposto a quello del copyright tradizionale ‘tutti i diritti riservati’ crea una falsa dicotomia che non trova la sua ragion d’essere. Il copyright fornisce all’autore tutta una serie di diritti, continua Toth, di cui può disporre liberamente, vendendoli, concedendoli o lasciandoli riservati a sé stesso; ‘alcuni diritti riservati’ è quindi un concetto già insito nella natura del copyright classico. Altre critici80 pensano che l’intero progetto Creative Commons è un nonsense, una complicazione della legge sul copyright e un intralcio ulteriore agli usi già concessi dal fair use, in vigore già da molto tempo prima delle CC. Questo secondo alcuni porterebbe a lungo andare ad un’erosione del diritto d’autore. Queste osservazioni risultano però immotivate perché il sistema delle CC è fondato e poggia le sue basi proprio sul sistema del copyright a cui non toglie nulla, anzi aggiunge e migliora e rende più visibile e adatto ad un contesto digitale alcuni diritti già in possesso dell’autore. L’efficace e comunicativo slogan ‘alcuni diritti riservati’, tipico tra l’altro dell’intero mondo copyleft e quindi non solo delle CC, non si prefigge di creare nessuna sterile dicotomia, ma è un espediente comunicativo e un’utile metafora visiva per comprendere meglio che cosa significa copyright e che cosa sono i diritti dell’autore. Anche alcuni fermi sostenitori di una revisione della normativa sul copyright, sostengono che le Creative Commons sono una scappatoia, un trucco veloce contrattuale che dissuade il pubblico a mobilitarsi per la vera questione centrale: una revisione della normativa e dei suoi termini di estensione81. Specialmente, c’è chi crede che il sistema delle CC sia un palliativo troppo permissivo che, abilitando l’accesso comune e condiviso a una delle risorse più preziose, la creatività degli individui, la espone a pubblico scempio e la porta al depauperamento di “chiunque abbia un po’ di tempo libero e un evidenziatore magico”82. Altri critici 83 sono convinti che, sebbene le licenze CC sono in teoria utili agli artisti, incoraggiando a una cultura del remix, spesso non tengono conto delle necessità reali, come il compenso e il riconoscimento per artisti molto dotati, specialmente nel campo delle arti visuali. Una mancanza di retribuzione spingerebbe diversi artisti ad evitare di condividere i propri lavori, secondo alcuni84. CC non si è mai posta, del resto, come soluzione definitiva ai grandi cambiamenti che sconvolgono l’attuale “stato dell’arte” della normativa sul copyright, ma al contrario si

80 Si veda John C. Dvorak, Creative Commons Humbug, www.pcmag.com/article2/0,2817,1838244,00.asp , PC Magazine, luglio 2005. 81 Benjamin Tóth Péter, Creative Humbug, INDICARE Monitor Vol. 2, n. 4, 24 giugno 2005 e John C. Dvorak, Creative Commons Humbug, www.pcmag.com/article2/0,2817,1838244,00.asp , PC Magazine, luglio 2005. 82 Marita Schaeffer, Note and Comment: Contemporary Issues in the Visual Art World: How Useful are Creative Commons Licenses?, Journal of Law and Policy, 2009. 83 Ibidem 84 Niva Elkin-Koren, Creative Commons: A Skeptical View of a Worthy Pursuit. THE FUTURE OF THE PUBLIC DOMAIN, P. Bernt Hugenholtz e Lucie Guibault, Kluwer Law International, 2006. Disponibile su SSRN: http://ssrn.com/abstract=885466.

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pone, per sua stessa natura, come punto di partenza per pensare nuove ipotesi e direzioni di cambiamento e sviluppo sostenibile. La critica che considera i “beni comuni creativi” digitali deboli e soggetti a un decadimento naturale dovuto all’uso e alla condivisione, è fondato su un punto di vista nettamente fuori luogo: per la sua stessa natura libera e vulcanica, la creatività si genera e rigenera nello scambio e la sovrabbondanza e teorica infinità della copia digitale, facile, veloce ed economica scardina ogni possibile minimo confronto e confrontabilità con i “campi comuni” della produzione dei beni materiali. Inoltre le CC tutelano la retribuzione e i diritti economici connessi alla propria opera proprio con la creazione di apposite clausola ad hoc (non commerciale; non opere derivate), che danno il controllo completo all’autore, che si garantisce una tutela economica normale, se non superiore, rispetto a quella garantita dal semplice copyright senza CC. Per quanto riguarda le polemiche sulla normativa, Lawrence Lessig ribadisce che le leggi sul copyright non hanno sempre offerto la forte e quasi indefinita, nel suo continuo prolungarsi, protezione attuale85. Il periodo di protezione ed esclusiva era limitato ad una quantità molto inferiore di anni e alcune opere non arrivavano perfino ad essere tutelate86. Una critica leggermente più sottile porta a chiedersi se effettivamente CC possa essere uno dei “beni comuni” che propugna, dato che impone alcune restrizioni sull’uso di risorse comuni ed è limitata al campo del diritto privato87. Creative Commons non ha mai definito poi cosa sia la ‘creatività’ o quali requisiti dovrebbe avere un’opera per entrare a far parte dei commons. È inutile e fuorviante questa prospettiva di lettura del fenomeno CC: le licenze sono degli strumenti, tipici del diritto privato, che aiutano l’autore e il suo pubblico e che non hanno alcuna pretesa o intenzione di definire o imporre, lasciando aperte molto questioni intenzionalmente e incentrando sulla libera volontà del singolo come parte di un tutto, la gestione collettiva dei commons. David Berry e Giles Moss affermano che la fondazione di Creative Commons non è un meccanismo corretto per creare un “bene comune” dal contenuto originale che, piuttosto, dovrebbe essere creato e pensato attraverso un iter legislativo e l’attivismo politico, non attraverso nuove regole scritte da avvocati. Anche qui si parte da un approccio che travia da ciò che CC vuole diffondere: CC no è il protagonista o l’iniziatore, il mecenate del processo creativo, ma un umile strumento nelle mani dell’autore che se ne può servire a suo piacimento. Ciò non esclude, anzi prevede un dibattito politico e culturale, che esula però dai compiti primari di CC. 85 Lawrence Lessig, The Creative Commons, 65 Mont. L. Rev. 1, 2004. 86 Ibidem 87 Niva Elkin-Koren, op. cit. e Giles Moss, David Berry, On the Creative Commons: A Critique of the Commons Without Commonality, Free Software Magazine, http://fsmsh.com/1155 , 2005.

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a. Uso distorto delle licenze Alcuni critici sono preoccupati per la proliferazione di lavori su cui sono applicati licenze CC multiple a volte incompatibili le une con le altre. CC afferma che “dal momento che ognuna delle sei licenze opera differentemente, le opere poste sotto diverse licenze potrebbero non essere necessariamente combinate con altre senza violare i termini della licenza”. In caso di lavori licenziati sotto più licenze tra loro incompatibili, il licenziatario dovrebbe ottenere il permesso dal licenziante originario prima di rielaborare un’opera servita, in modo da essere certo della liceità del suo operato e di tutelare nel migliore dei modi ciò che crea. Ci si preoccupa che “senza una struttura legale comune, i lavori con licenze multiple mischiate incautamente possano divenire non condivisibili” ( traduzione mia)88. In più, in alcuni paesi le licenze CC sono incompatibili con l’operato di specifiche entità presenti nel contesto locale. La questione di incompatibilità tra società di gestione collettiva e CC, come il caso italiano di CC e SIAE, è rimandato in primo luogo ad una volontà congiunta e collaborativa degli interessati e deve essere sempre analizzata e presa in esame prima di ogni attività di licensing. Per quanto riguarda l’applicazione di più licenze ad una stessa opera che rischiano di essere incompatibili tra loro e rendere la stessa inservibile, si può fare riferimento agli appositi materiali ufficiali89. Risulta fondamentale una formazione preventiva e un’informazione precisa e puntuale sul progetto CC sempre e comunque. Si pensa che alcune opere possano essere licenziate erroneamente sotto licenza CC, da chi non ne detiene effettivamente I diritti e si appropria, illecitamente, di opere re-uplodandole sotto licenza CC. Al momento non ci sono controlli per prevenire questi comportamenti scorretti di licensing90, né, tuttavia, statistiche e analisi verificate del problema. Nonostante la varietà delle licenze CC, alcuni lamentano una non attenzione delle stesse ai differenti bisogni dei supporti o alle specifiche necessità degli autori91. Per esempio, è stato sottolineato come un film maker abbia diverse necessità, in gran parte differenti da quelle avanzate da uno scrittore o da un professore di legge92. Inoltre, la gente vorrebbe aver chiaro quali usi sono concessi nell’utilizzo di un’opera sotto CC e in quali casi particolari si debba chiedere un ulteriore permesso93. Lessig sostiene su questo punto che la finalità principale delle Creative Commons sia quella di fornire un ambiente intermedio fra due visioni estreme della proprietà intellettuale, una che vorrebbe tutto sotto controllo e l’altra che lo rifiuta in toto94. CC contempla una terza opzione che consente agli autori di scegliere quali diritti vogliono controllare e quali usi vogliono concedere95. La varietà delle licenza riflette proprio questo 88 Michael Fitzgerald, Copyleft Hits a Snag, www.technologyreview.com/InfoTech-Software/wtr_16073,300,p1.html?a=f&a=f&a=f&a=f , Technology Review (MIT), dicembre 2005. 89 Si veda www.creativecommons.it/faq#35 e successiva. 90 Andrew Orlowski, The Tragedy of the Creative Commons, http://andreworlowski.com/tag/creative-commons , luglio 2009. 91 Niva Elkin-Koren, op. cit. 92 Ibidem 93 Ibidem 94 Lawrence Lessig, The Creative Commons, cit.

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intento, essendo molteplici i diritti che possono essere gestiti, concessi e trasmessi dai creatori96. b. La clausola “non commerciale” Oltre a numerose false critiche che riguardano questa clausola, amche sono dovute principalmente a una cattiva interpretazione della stessa, sonos tate sollevate alcune questioni da Erik Moller. I lavori distribuiti sotto una licenza CC “non commerciale” non sono compatibili con molto siti web “open-content”, tra cui Wikipedia che consente e incoraggia esplicitamente alcuni usi commerciali. Moller afferma che “le persone veramente danneggiate da una licenza NC non sono le grandi corporation, ma piccole realtà editoriali come weblog, emittenti radio finanziate dalla pubblicità o giornali locali (traduzione mia)97. Lessig controbatte che l’attuale normativa sul copyright danneggia anch’essa questa compatibilità e al contrario gli autori la possono ovviare e risolvere usando la meno restrittiva delle licenze CC98. In aggiunta, la clausola “non commerciale” è molto utile per prevenire che qualcuno lucri sul lavoro di un’autore quando egli stesso ha in programma di farlo in autonomia nel futuro99. c. La Free Software Foundation Alcune licenze CC non rispettano tutti gli standard della Free Software Foundation e di alter organizzazioni free content. Nello specifico, il fondatore della FSF Richard Stallman ritiene che la licenza CC Non commerciale nega agli utenti la “libertà di base” di disporre delle risorse come ritengono più opportuno100. Mako Hill asserisce che Creative Commons ha fallito nel creare “un livello base di libertà” a cui dovrebbero conformarsi licenzianti e licenziatari. “CC è un’opportunità fallita perché non ha assunto alcuna posizione etica fissa e non ha posto alcun limite… CC ha sostituito quello che avrebbe potuto essere un appello per un mondo dove ‘i diritti di base non sono riservabili’ con uno slogan relativamente vuoto ‘alcuni diritti riservati’ (traduzione mia)101. Alcuni critici osservano come la popolarità di CC potrebbe distogliere dai fini rigorosi di altre organizzazioni free content102. Queste osservazioni e denunce si muovono certamente da una visione delle cose giusta di per sé, ma ristretta e circoscritta.

95 Ibidem 96 Ibidem 97 Erik Möller, The Case for Free Use: Reasons Not to Use a Creative Commons -NC License, in Open Source Jahrbuch, 2006. 98 Lawrence Lessig, CC in Review: Lawrence Lessig on Important Freedoms, http://creativecommons.org/weblog/entry/5719, 2005. 99 Ibidem 100 Richard Stallman, Fireworks in Montreal, Free Software Foundation Blogs, www.fsf.org/blogs/rms/entry-20050920.html , ultima modifica 12 marzo 2010. 101 Benjamin Mako Hill, Towards a Standard of Freedom: Creative Commons and the Free Software Movement, http://mako.cc/writing/toward_a_standard_of_freedom.html , 2005. 102 Ibidem

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La critica alla mancanza di libertà della NC sarebbe centrale, se quella licenza CC fosse l’unica, ma non è così. L’utente ha a disposizione una grande varietà di licenze che possono rispondere alle sue esigenze e può scegliere a piacimento quella che ritiene più consona e libera per i suoi fini e i suoi proponimenti. Torno a ribadire che il simbolico slogan “alcuni diritti riservati” serve come rappresentazione metaforica per capire l’equilibrio che CC si propone di raggiungere, essendo il baricentro tra gli estremi. Il progetto CC non ostacola, in generale, il movimento free content anzi lo supporta ed è sempre stato aperto a qualsiasi collaborazione. Per comprendere meglio come certi ostacoli puramenti teorici e fini a se stessi si superino da soli con il tempo, basta leggere la licenza con cui sono stati pubblicati questi, e molti altri, articoli sul sito ufficiale della FSF: una licenza CC Attribuzione-Non opere derivate. d. Debian Gli sviluppatori Debian103, una distribuzione GNU/Linux conosciuta per la sua stretta aderenza alla definizione ufficiale di software libero, non ritenevano conforme alle linee guida del software libero Debian (DFSG)104 nemmeno la meno restrittiva delle licenze, la CC Attribuzione. I punti di contrasto erano due: le clausole anti-DRM, che potevano restringere la libera ridistribuzione privata, e il requisito nella sezione 4° che obbligava gli utenti a rimuovere a valle il nome dell’autore su sua esplicita richiesta105. Per questi motivi, non essendo ritenuta free la CC Attribution, di conseguenza erano screditate per le stesse ragioni tutte le altre licenze. Cc ha accolto queste osservazioni e ci sono stati grandi sforzi per rendere la nuova versione delle licenze CC, la 3.0, compatibile con le linee guida Debian106. A dispetto della versione 2.0, la 3.0 è oggi considerata pienamente compatibile con le DFSG107. e. Casi legali Un primo test giuridico per una licenza CC, avvenne nel 2006, quando il podcaster Adam Curry citò in giudizio un tabloid olandese che aveva pubblicato senza permesso una sua foto caricata da lui su Flickr, con una licenza CC non commerciale. Il verdetto vide Curry vincitore, ma il tabloid fu dispensato dal risarcirlo nella misura in cui non avrebbe ripetuto più l’atto illecito. “La decisione della Corte olandese è degna di nota perché conferma che le condizioni di una licenza CC si applicano automaticamente al contenuto licenziato e vincolano gli utilizzatori delle opere, anche senza un loro esplicito consenso o senza cognizione, alle condizioni della licenza”108. 103 Sito ufficiale: www.debian.org 104 Debian Free Software Guidelines, in sigla DFSG. Per un prospetto si veda: http://it.wikipedia.org/wiki/Debian_Free_Software_Guidelines 105 Evan Prodromou, Summary of Creative Commons 2.0 Licenses, debian-legal (mailing list), http://evan.prodromou.name/ccsummary/ccsummary.html , 3 aprile 2005. 106 Mia Garlick, Version 3.0 Launched, Creative Commons, http://creativecommons.org/weblog/entry/7249, 23 febbraio 2007. 107 The DFSG and Software Licenses - Creative Commons Share-Alike (CC-SA) v3.0, Debian Wiki, https://wiki.debian.org/DFSGLicenses#CreativeCommonsShare-Alike.28CC-SA.29v3.0 108 Groklaw, www.groklaw.net/article.php?story=20060316052623594

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Nel 2007, la Virgin Mobile lanciò una campagna collocata nelle fermate dell’autobus che promuoveva il suo servizio si SMS usando i lavori di fotografi amatoriali che avevano caricato le immagini su Flickr sotto una licenza CC Attribuzione. La suddetta licenza prevede come unico obbligo per gli utilizzatori di citare l’autore, senza richiedere alcun compenso. La Virgin Mobile rispettò questi termini stampando su ogni manifesto pubblicitario l’indirizzo web che conduceva alla pagina di Flickr dell’autore. Ci furono dei problemi però quando la quindicenne Alison Chang citò Virgin Mobile per una fotografia, utilizzata nei manifesti, che la ritraeva in un autolavaggio per una raccolta di fondi della sua parrocchia109. La foto fu scattata da Justin Ho-Wee Wong, che lavorava nella chiesa con i ragazzi e che aveva caricato l’immagine su Flickr sotto licenza CC BY110. Nel 2008, il caso fu chiuso per mancanza di giurisdizione, poiché la Virgin Mobile non era perseguibile per alcuna responsabilità o danni susseguenti111. Questo caso porta a riflettere non tanto sulle licenza CC, che comunque ancora una volta confermano la loro efficacia e validità legale, quanto sui diritti all’immagine della persona, una branca molto complessa e non sempre facile da decifrare. Si consiglia infatti di valutare bene caso per caso prima di pubblicare una foto su Internet che ritrae una persona in maniera riconoscibile112. Un ultimo caso legale fu la questione discussa in Spagna riguardo alle legittimità della raccolta delle royalties da parte di una società di gestione collettiva da un bar in cui veniva riprodotta musica registrata con una licenza CC113. Un caso analogo di successo è stato quello della gelateria Fiordiluna, in Italia114. 2. POSSIBILI CAMPI DI FIORITURA Le licenze Creative Commons, come si è già detto, sono applicabili a qualsiasi opera tutelabile dal diritto d’autore. Risulta evidente come il processo di inserimento della licenza e la sua visibilità e tracciabilità sono molto rapidi ed efficaci in caso di lavori digitali, che hanno cioè un corrispettivo in file o che sono ospitati su uno spazio web. Le CC infatti sfruttano proprio le innovazioni e i meccanismi tipici di un ambiente mediale e pervasivo, ma anche le opere offline, un libro cartaceo, un CD di musica, un manifesto pubblicitario, una rivista, possono essere licenziate sotto CC con l’apposizione di un disclaimer chiaro ed intuitivo che segnala la licenza adottata. A prescindere dai casi, è fondamentale che la scelta di usare una licenza CC sia ben dichiarata e non si dia luogo ad ambiguità su cosa sia lecito o non lecito fare. La catena di

109 Noam Cohen, Use My Photo? Not Without Permission, New York Times, http://www.nytimes.com/2007/10/01/technology/01link.html. 110 Ibidem 111 Fonte: http://blog.internetcases.com/2009/01/22/no-personal-jurisdiction-over-australian-defendant-in-flickr-right-of-publicity-case/ 112 Per leggere e farsi un’idea della questione, si vedano i numerosi post sull’argomento del blog dell’avv. Marco Scialdone: http://scialdone.blogspot.com/search?q=foto 113 Fonte: http://creativecommons.org/weblog/entry/5830 114 Si veda in questa tesi il paragrafo Un caso di successo: la gelateria Fiordiluna, cap. II, 5-b.

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incentivo alla creazione perpetua e remigata è supportata dalla riconoscibilità del marchio CC. Dopo aver riflettuto su una visione complessiva del progetto delle più famose licenze di libera distribuzione, può sorgere spontaneo chiedersi come mai un semplice ed innovativo sistema legale che permette di ri-appropriarsi e gestire a piacimento i propri diritti sulle opere, quale è Creative Commons, non sia divenuto immediatamente universale, diffuso e condiviso. Si potrebbe tentare di rispondere prendendo in considerazione alcuni variabili di contesto geo-temporali: sono passati effettivamente pochi anni dalla fondazione e ancora meno da una relativa stabilizzazione di struttura e forma del progetto CC. Senza contare che il lavoro di traduzione e adattamento giuridico delle singole licenze ai vari ordinamenti è un lavoro lungo e impegnativo, perché oltre ad essere scrupoloso è anche un processo democratico, e inoltre si deve passare da un punto di vista statunitense e in generale del diritto d’autore di stampo anglosassone a una visione più specifica e localizzata caso per caso. In Italia il confronto tra CC e SIAE ha richiesto più tempo del previsto ed è ancora oggi aperto e focolaio di nuove proposte e spunti. La situazione in incompatibilità tra i due enti non ha di sicuro favorito nessuna delle soluzioni e risulta spesso una fonte di dubbi, incomprensioni e perplessità. Sono tutti segni che fanno appello a un impellente bisogno di informazione corretta, multipla, libera e di formazione a vari livelli su cosa sia il copyright e come si può usare un servizio che è a disposizione di ogni singolo cittadino. Il diritto d’autore è stato, del resto, un non-argomento per molto tempo e solo con l’interconnessione e l’interscambiabilità di voci ed esperienze, con la Rete, si è cominciato ad interrogarsi sul sistema di gestione delle opere d’ingegno. Si può quindi affermare che da pochissimo tempo il singolo autore si è riscoperto responsabile e autonomo nella gestione dei suoi diritti e negli usi delle sue opere. È chiaro che dove il dibattito sul copyright era solo latente, l’adozione di una prospettiva in linea con le CC è stata molto più rapida ed congenita, pur con opposizioni e polemiche di chi detiene il monopolio dei diritti economici in un’ottica di fiero egoismo competitivo, inutile e controproducente. Il completamento del dibattito con le società di gestione collettiva e la stesura di un accordo generale con le Creative Commons, porterebbe senz’altro a un incremento di diffusione su vasta scala, ma per ora è solo fortemente auspicabile, almeno in Italia. L’uso delle licenze CC sembra invece spontaneo e si potrebbe attuare con relativa facilità soprattutto nell’editoria scientifica e in quella di supporto alla didattica. In questi campi la libera circolazione di saperi e scoperte porta ad un’evoluzione culturale senza paragoni e all’instaurarsi di un circolo virtuoso. Si pensi solamente a una biblioteca online e in archivio informatico di tutti i libri di testo adottati in una grande università, con la possibilità di ricercare e scaricare senza difficoltà, materiali difficilmente reperibili altrove, classificati per Facoltà o ordinati secondo il criterio preferito. La produzione di cultura ne verrebbe solamente incentivata e molti autori avrebbero una eventuale visibilità maggiore; si aggiunge il fatto che i compensi economici, in senso stretto, garantititi da queste due particolari campi dell’editoria sono generalmente irrisori per gli autori in un mercato odierno, mentre con l’uso delle licenze CC si potrebbero elaborare nuove prospettive di business o riconoscibilità.

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Per un autore che opera nella didattica e mira alla circolazione libera delle idee nonché ad un sistema incrociato di citazioni e spunti creativi, le licenze Creative Commons assolvono in maniera perfetta i suoi bisogni garantendo un conseguente avanzamento sociale e culturale. Creative Commons è cosciente di questa grande sfida e si sta orientando ultimamente nel settore ‘Education’ e ‘Science’ in maniera preponderante. Nella prima (http://creativecommons.org/education) si leggono nomi di istituzione e comunità su scala globale di grande rilievo e influenza. Si va dal MIT OpenCourseWare, i cui materiali universitari sono distribuiti sotto licenze CC dal 2004, alla Bloomsbury Academic, del gruppo editoriale che ha pubblicato la serie di Harry Potter, all’innovativa Peer 2 Peer University (P2PU), che mette a disposizione gratis materiali didattici universitari. Flat World Knowledge è un editore commerciale che ha adottato il modello di business con licenze CC per i testi didattici per l’istruzione superiore. Degna di nota è Curriki, conosciuta come la ‘next generation wiki’ per la didattica; consiste in una community online e una piattaforma wiki115 per insegnanti, studenti ed esperti di didattica che vogliono trovare e sviluppare nuove risorse, condividere piani di studio, collaborare con altre scuole del mondo e ri-usare e remixare contenuti, tutti disponibili sotto CC BY. Nel campo della libera condivisione e riuso di materiali didattici si pone come punto di riferimento la Public Library of Science (PLoS), la BioMed Central, e Hindawi. PLoS, per esempio, pubblica sette riviste scientifiche, inclusa la nota PLoS Biology e PLoS Medicine. Sono centinaia, e in continua crescita, inoltre le riviste scientifiche che adottano licenze CC, tra cui recentemente anche Nature con alcune iniziative dedicate come il servizio di podcasting, un servizio di stampa e due riviste. Per la sezione ‘Scienza’ CC ha creato il sito web http://sciencecommons.org, punto di partenza e scoperta per una miriade di iniziative riguardanti il mondo scientifico. L’obiettivo primario è di rompere le barriere per la ricerca scientifica e rendere disponibili materiali di scoperte e studi in tutto il mondo; al momento sono attivi numerosi progetti di ampio respiro come lo Scholar’s Copyright, il Biological Materials Transfer, The Neurocommons, The Health Commons e il Patent Strategies for Promoting Open Innovation. Le licenze CC potrebbero trovare largo impiego anche nel campo della musica diffusa sul web o per diverse tipologie di book print on demand116.

115 “Un wiki è un sito Web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che viene aggiornato dai suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che vi hanno accesso. La modifica dei contenuti è aperta, nel senso che il testo può essere modificato da tutti gli utenti (a volte soltanto se registrati, altre volte anche anonimi) procedendo non solo per aggiunte, ma anche cambiando e cancellando ciò che hanno scritto gli autori precedenti. Ogni modifica è registrata in una cronologia che permette in caso di necessità di riportare il testo alla versione precedente; lo scopo è quello di condividere, scambiare, immagazzinare e ottimizzare la conoscenza in modo collaborativo. Il termine wiki indica anche il software collaborativo utilizzato per creare il sito web e il server. Wiki, in base alla sua etimologia, è anche un modo di essere”. Definizione tratta da: http://it.wikipedia.org/wiki/Wiki 116 Per un elenco ragionato di istituzioni, gruppi o servizi celebri che usano licenze CC, si legga http://creativecommons.org/about/who-uses-cc

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Il fenomeno dello scaricamento illegale di intere discografie da reti p2p è ormai un dato di fatto e a nulla serve la punizione sporadica dei singoli, come intimazione o deterrente. Specie nella generazione dei nativi digitali, risulta strano o inconsueto non scaricare la musica che si ascolta. Questi dati sono stati interpretati astutamente da alcune band o da singoli musicisti che hanno pensato di diffondere volontariamente la propria musica online, usando una licenza CC, e trasformare quindi un comportamento illegale e diffuso in un’opportunità di maggiori ascolti, download, remix e visibilità. I Nine Inch Nails per esempio hanno incrementato i loro introiti e fatto il tutto esaurito nell’ultimo tour, grazie anche all’adozione di un nuovo modello di business, rilasciando gratuitamente sul web due loro album sotto licenza CC Attribution-NonCommercial-ShareAlike. Agli inizi del 2009, Al Jazeera ha inaugurato una ricca sezione sul sito web ufficiale in cui si possono caricare video sotto una licenza CC, incentivando un libero scambio di informazione e notizie. Colossi del web come Google, Flickr e Wikipedia adottano e rilasciano contenuti sotto licenze CC in misura sempre crescente. Wikipedia nel giungo 2009 ha cambiato la licenza dei suoi contenuti, a seguito di un voto pubblico, da una licenza GNU GNU Free Documentation License a una licenza Attribution-ShareAlike, permettendo ai suoi contenuti culturali, simbolo della rivoluzione digitale, di essere scambiati e riutilizzati da un numero infinito di istituzioni analoghe. Youtube, acquistato da Google, ha messo in funzione un utile servizio che permette di scegliere tra più di cento tracce musicali per i propri video rilasciati sotto licenza CC. Il sito della Casa Bianca (www.whitehouse.gov), sotto l’amministrazione del Presidente Obama, ha rilasciato tutti i contenuti, eccetto dove diversamente specificato, sotto una licenza CC Attribuzione 3.0. Sono disponibili in CC foto della campagna presidenziale, notizie e video. 3. I PROTAGONISTI: USI E PRATICHE DEGLI UTENTI

Opere e autori vanno considerati a partire da quanto e come essi abbiano contribuito alla “produzione di altri produttori” e al mutare degli apparati. Questi ultimi sono tanto migliori quanto più sono in grado di operare la “trasformazione di lettori o spettatori in collaboratori” (Walter Benjamin, L'autore come produttore, in Avanguardia e rivoluzione. Saggi sulla letteratura, Einaudi, Torino, 1953, p. 201) “Benvenuti nella cultura della convergenza, dove vecchi e nuovi media si scontrano, dove forme mediali generate dal basso e dall’alto si incrociano, dove il potere della produzione mediale e quello del consumo interagiscono in modi imprevedibili” (Henry Jenkins, Cultura Convergente, Apogeo, Milano, 2006, p. 285) “Anche questa grande città mi ripugna e non solo questo pagliaccio. Qui e lì non c’è nulla da migliorare né da peggiorare.

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Guai a questa grande città! – E io vorrei già vedere la colonna di fuoco, in cui sarà incendiata! Perché tali colonne di fuoco debbono precedere il grande meriggio. Ma tutto ciò ha il suo tempo e il suo destino. Ma a te, pazzo, do questo insegnamento per congedo: dove non è più possibile amare, bisogna – passare oltre! Così parlò Zarathustra e passò oltre il pazzo e la grande città” (Friedrich Nietzsche, Also sprach Zarathustra, 1883-1885, trad. it. Così parlò Zarathustra, Adelphi, Milano, 1976, p. 217)

Il titolo di questo ultimo capitolo è “Oltre le CC”. L’oltre è inteso sia come passaggio ragionato nel e sull’argomento, sia come ideale superamento e avanzamento. Il progetto Creative Commons si pone come base per ulteriori sviluppi all’interno di una riflessione che coinvolge tutti gli utenti di Internet, consapevoli e inconsapevoli. Arenarsi sulla credenza che CC possa risolvere tutti i problemi della pirateria, della giusta retribuzione agli autori, dello strapotere delle major e della cultura della proprietà intellettuale è perdere un’opportunità. Non è fattibile che un solo progetto assuma su di sé tutte le questioni e le dirima. Le CC sono un tentativo, una piattaforma di relazioni, progetti e studi per comprendere le esigenze reali delle persone che usano Internet, i veri protagonisti del processo di cambiamento. Come osserva Simmel, uno dei massimi interpreti della modernità, “i contenuti e le forme più ampi e universali della vita sono intimamente connessi con quelli più individuali”117. Sarebbe inopportuno per esempio concentrarsi unicamente sulle procedure guidate per rendere facilissima l’applicazione di una licenza CC. Non servirebbe granché organizzare convegni, conferenze e tavole rotonde sui problemi del copyright senza coinvolgere se non tutti, almeno una buona parte dei diretti interessati. Non si otterrebbe maggiore successo, insignendosi dell’effige Creative Commons e propagandando a gran voce di avere la panacea digitale per il XXI secolo o l’ultimo baluardo per la libertà nel mondo del web 2.0. L’approccio di analisi e azione deve essere sinergico e guardare innanzitutto ai veri utenti, gli utilizzatori dei servizi. All’interno di un continuo mutamento di tecnologie e strutture mediali, l’utente, come ci ricorda ricorrentemente Jenkins, è un artefice imprevedibile e quasi inafferrabile nella sua capacità di appropriarsi di materiale cognitivo ed esperienziale e rielaboralo in modi inconsueti. Tra le prospettive estreme del no-copyright e all-copyright, ci può essere una via mediana. Questa strada non può esimersi, se non vuole essere irreale, infondata e scomparire, dagli usi e pratiche degli utenti. Non si può, certamente, quantificare o elaborare statistiche su chi sono, cosa fanno e perché, in maniera sicura, ma si possono studiare i trend di comportamento, le pratiche più comuni e le esigenze più in voga che emergono grazie alla struttura partecipativa racchiusa nella metafora del web 2.0. Le preferenze e le scelte dei consumatori-clienti sono sempre più al centro di settori come il marketing e la pubblicità: su queste si costruiscono campagne, indagini, questionari ad hoc e si realizzano prodotti il più possibile aderenti a quello che era l’idea dei consumatori. 117 Georg Simmel, La metropoli e la vita dello spirito, a cura di Paolo Jedlowski, Armando, Roma, 1995, p. 48)

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“You” è il pronome personale al centro dell’universo dei consumi, ma anche della produzione di cultura. Le media companies di oggi sono obbligate, per essere competitive, a tenere conto della partecipazione degli utenti, incentivare e supportare l’impegno che profondono nel recensire, ricostruire e manipolare contenuti e forme e migliorare le piattaforme di libero scambio di informazioni e opinioni, solo così si possono intercettare le rotte volubili di un mercato sociale in continua espansione, fondato in misura crescente sui presupposti dell’economia affettiva e della cultura del dono. Le Creative Commons sono quasi emanate da questa rivalutazione della figura del fan, dell’utente che esprime la sua opinione, la condivide, produce discorsi e testi e ritiene legittimo

(…) fare filesharing, cut e remix dei contenuti, produrre video e fan art, far circolare beta version, sottolineare e far circolare contenuti mediali in anteprima. (Alberto Marinelli, Romana Andò, Fare ricerca sul fandom online. Fan italiani e serie televisive, in Sara Monaci, Barbara Scifo (a cura di), Sociologia 2.0 Pratiche sociali e metodologie di ricerca sui media partecipativi, ScriptaWeb, Napoli, 2009, p. 190)

Comportamenti considerati naturali, legittimi, appropriati e che l’utilizzo della Rete ha reso visibili e al centro di accese discussioni sul pericolo in cui versa la proprietà intellettuale. Una direzione intelligente potrebbe essere quella di tenere conto dell’uso diffuso, delle pratiche comuni e tentare di renderle compatibili e organiche con la normativa, che deve essere necessariamente aggiornata e rivista. Con il web gli utenti navigano in uno spazio in cui

(…) la disponibilità (e la scambiabilità) pressoché totale dei contenuti audiovisivi sta ridisegnando le possibilità di accesso, rielaborazione e condivisione (share), tracciando confini assolutamente più permeabili tra le generazioni e il loro rapporto con specifici prodotti mediali. (Alberto Marinelli, Romana Andò, Fare ricerca sul fandom online. Fan italiani e serie televisive, in Sara Monaci, Barbara Scifo (a cura di), Sociologia 2.0 Pratiche sociali e metodologie di ricerca sui media partecipativi, ScriptaWeb, Napoli, 2009, p. 218)

L’abbondanza di materiale digitale non ha ricadute solo tecnologiche, ma conseguenze sociali e culturali, infatti

(…) la diffusione delle piattaforme si social networking (FB, MySpace, Twitter) sta contribuendo a ridisegnare i criteri di aggregazione sociale online: non è solo il fandom il principio motore della costruzione di legame online ma il network centrato sul singolo individuo, con una commistione sempre più intensa tra vita off e vita online e la possibilità di migrare nomadicamente da un’aggregazione a un’altra seguendo la momentanea delineazione di “spazi di affinità”. (Alberto Marinelli, Romana Andò, Fare ricerca sul fandom online. Fan italiani e serie televisive, in Sara Monaci, Barbara Scifo (a cura di), Sociologia 2.0 Pratiche sociali e metodologie di ricerca sui media partecipativi, ScriptaWeb, Napoli, 2009, pp. 218-219)

Al centro di questi grandi sconvolgimenti e mutamenti, rimane sempre il consumatore-attore, protagonista della sua esistenza e del suo cibarsi di contenuti: sembra si sia

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scatenata una corsa a inseguire o addirittura anticipare ciò che in fondo desidera o vorrà, interpretando e offrendo uno sfondo di coltura per le sue idee in germe. Un progetto come Creative Commons, quindi, attivo nel presente, cerca di rispondere ad alcune tendenze diffuse degli utenti e potrà trovare nuovi campi di sviluppo e dinamicità solo incontrando da vicino le reali esigenze di chi produce cultura. Non si tratta perciò solo di normative, leggi e linguaggi di programmazione, ma di trovare un compromesso civile per malleare una legge che è difforme dalla maggioranza dei comportamenti. La vera sfida sarà andare oltre alle consuetudini e ai pregiudizi odierni, oltre alle spiacevoli strategie operate dai maggiori detentori di diritti d’autore e non soffocare le grandi opportunità che le tecnologie digitali offrono per incoraggiare la creatività, la collaborazione e la risoluzione dei problemi. La differenza che determinerà il futuro, sarà incentrata su come i detentori dei diritti comunicheranno i loro intenti agli altri, eliminando l’ostacolo di leggi complicate e barriere tecnologiche che fino ad oggi hanno portato molti ad ignorare le regole o a non esercitare la propria creatività.

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CONCLUSIONI LA DIFFICILE VIA DELL’EQUILIBRIO E DEL BUON SENSO AL RIPARO DAGLI ESTREMISMI

Quando non-sostanzialità e sostanzialità non sono rigidamente fissate e definite, l’uomo è padrone della forma senza forma.

Quando è legato a una forma, quando la sua mente non è completamente libera, egli è sulla strada sbagliata. La sua strada giusta è quella nella quale la tecnica

trae origine da se stessa, nasce spontaneamente. Bruce Jun Fan Lee

Alla fine di questo percorso di analisi, si dovrebbe avere tutto più o meno chiaro. Invece ora partiremo mettendo di nuovo tutto in crisi. Una crisi sconvolge, svuota e rende inutili molti dei cardini concettuali su cui si erano elucubrati sistemi anche molto complessi e ben costruiti. Ma proprio per questo è un ri-mettersi in gioco, continuare una sfida che forse non avrà mai una fine. Nelle mie intenzioni queste conclusioni più che tirare le fila del discorso, vorrebbero invogliare a dare altre idee, continuare nella formazione, spingere a mettere in pratica i propri propositi. Forse più semplicemente a liberarsi di tanti impianti teorici e confrontarsi, cosa alquanto rara, con la realtà di tutti i giorni. Durante questo mio lavoro di tesi ho cercato di capire meglio dal vivo le Creative Commons e ho discusso con numerosi esperti e osservatori del progetto. A volte le interviste o le riflessioni via email o su blog chiariscono molti nodi concettuali che sembrano sfuggire ad una prima analisi. Per questo ora ne riporto alcuni interessanti stralci, in parte riadattati e rielaborati.

Se prendi in mano una copia di La baia dei pirati, Assalto al copyright (e qui intendo ovviamente una copia cartacea, uno di quegli oggetti che si comprano in libreria), la apri e sfogli la prima pagina, puoi leggere sul retro questa scritta: © Banda Larga srl I edizione: febbraio 2009 Via Atanasio Kircher, 7 00197 Roma (…) Quando ho deciso che volevo pubblicare un libro (…) ho dovuto ovviamente cercare un editore. Visto che non sono una penna famosa, non sono un raccomandato, non avevo mai pubblicato un

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libro prima, e visto che proporre un progetto sulla pirateria a un editore e’ un po’ come andare a parlare di corda in casa dell’impiccato, mi reputo fortunato di aver trovato in Cooper/Banda Larga un interlocutore con il coraggio di calarsi dentro un dibattito scomodo. In quel contesto, quindi, ti posso assicurare che non mi e’ passato neanche per l’anticamera del cervello di avanzare pretese sul tipo di licenza che avrebbe accompagnato il mio libro. Rispetto agli obiettivi che volevo raggiungere, quello per me era un dettaglio simbolico irrilevante, visto che i pirati lo avrebbero comunque ignorato. Sì, mi sono detto, a ognuno il suo mestiere. Gli autori scrivono, gli editori pubblicano, i pirati piratano… E se in questo modo le idee si diffondono, al diavolo le ortodossie, io sono contento così. In Italia, la tiratura media di un libro è di circa 4000 copie, e l’84 per cento di tutti i volumi che vengono pubblicati ne vende meno di 500 (i dati vengono da ISTAT e Corriere della Sera)118. Considerato che un autore si mette in tasca un euro o poco più per copia venduta, considerato che dietro La baia dei pirati ci sono settimane di viaggio, dozzine d’interviste, mesi di lavoro, qualche nozione di aritmetica elementare dovrebbe bastare a capire che, per chi scrive, il ritorno economico di un progetto del genere è negativo. (Luca Neri, Perché è coperto da copyright…, 20 agosto 2009, www.no-copyright.net/it/la-baia-dei-pirati-libro/perche-e-coperto-da-copyright)

In Italia per quanto riguarda l’editoria dal 2001 sono stati avviati diversi progetti editoriali che adottano licenze copyleft, in particolare licenze Creative Commons. L’editoria e il simbolo ‘libro’ sono considerati un po’ lo zoccolo duro del mercato culturale e quindi le pubblicazioni in CC edite da Feltrinelli, dalla Stampa Alternativa, con la collana dedicata “Libera la cultura”119, e da La Stampa di Torino per vari inserti culturali, rappresentano un tentativo consistente di cambiare mentalità e di aggiornare il modello economico di vendita e distribuzione. Senza contare il fascino e l’autorevolezza che l’oggetto ‘libro’ in formato cartaceo conserva ancora oggi e il discrimine che attribuisce il suo possesso tra una cultura alta e ufficiale, nonché riconosciuta, e una cultura bassa, fittizia e discutibile. C’è addirittura chi si spinge a fare propri i principi alla base del copyleft e li esibisce pubblicamente, come in questa curiosa quanto unica intervista di Panorama:

Mentre si celebra la giornata internazionale del diritto d’autore, si moltiplicano i libri che lo mettono in discussione, lo adeguano ai tempi, ne rompono gli argini. Come Kai Zen, in libreria con La strategia dell’Ariete, il primo libro Mondadori in copyleft. (…) Non c’è conflitto tra il copyleft e gli interessi commerciali di una grande casa editrice? Non c’è nessuna contraddizione. Noi pubblichiamo tutto in copyleft. Questo significa che chiunque può riprodurre, esporre in pubblico, recitare e anche modificare le nostre opere. Le uniche condizioni che chiediamo sono di citare l’autore e non specularci sopra. Insomma, le regole del Creative Commons. Mondadori ha accettato subito l’idea, in modo molto naturale. Eppure c’è ancora chi ha paura del copyleft…

118 Disponibili rispettivamente su www.istat.it/societa/cultura e su www.corriere.it/cultura/09_marzo_24/focus_tutti_scrittori_0646c782-182b-11de-911f-00144f486ba6.shtml 119 La pagina del progetto Libera Cultura, Libera Conoscenza è la seguente: www.stampalternativa.it/liberacultura

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Per noi il copyleft è questione di rispetto per il lettore e di onestà intellettuale. È un contatto diretto con il nostro pubblico. Ed è una possibilità creativa senza limiti. (Antonio Carnevale, Kai Zen: il copyleft contagia i libri Mondadori, 20 aprile 2007, http://blog.panorama.it/libri/2007/04/20/kai-zen-il-copyleft-contagia-i-libri-mondadori)

A parte alcune gloriose, ma limitate, eccezioni l’Italia sembra scontrarsi con alcune formae mentis radicate e quasi inespugnabili, che portano a concludere molti autori:

(…) visto che il copyright e’ inattaccabile, visto che sta diventando sempre piu’ oppressivo, visto che i singoli cittadini sono impotenti di fronte ai rigori della legge, solo gli autori e gli editori possono bloccare questa deriva, ribellandosi contro un sistema che si giustifica con la pretesa di tutelare il loro benessere. Il bollino cc dei Creative Commons e’ una cartina di tornasole morale. Diventa il sigillo che divide i santi dai peccatori. (Luca Neri, Perché è coperto da copyright…, 20 agosto 2009, www.no-copyright.net/it/la-baia-dei-pirati-libro/perche-e-coperto-da-copyright)

Secondo Neri, la prima ondata di reazione al regime del copyright oppressivo, come le CC, l’open source, il Free Software, è superata dalla seconda ondata: il No copyright. Però quel ‘no’, secondo me, avversa sempre e soprattutto presuppone il copyright. Mentre invece oggi il problema più grande è che non lo si considera più. Non c’è niente contro cui ribellarsi, se non si considera l’esistenza stessa dell’ostacolo contro cui lottare, l’esistenza del diritto d’autore. Proprio per questo è una sorta di ribellione involontaria interna di massa. Un’intera generazione è stata criminalizzata e i suoi comportamenti quotidiani digitali condannati da una legislazione che non sembra tenere conto della nuova economia e della stessa società.

A scuola la nostra cultura è misurata sulla conoscenza dei classici che ci insegnano. La nostra originalità viene misurata sulla capacità che abbiamo di commentare quei brani (il tema sui Promessi Sposi lo abbiamo fatto tutti). Non a caso, negli Stati Uniti come in Italia per citare o commentare un brano non si deve chiedere il permesso a nessuno, perché citare, commentare, parodiare è qualcosa che si suppone arricchisca la nostra società. Oggi, la scrittura è solo una delle forme che la tecnologia ci mette a disposizione per comunicare e produrre cultura. Nuove forme di produzione culturale sono i video, la musica, la grafica ecc… ma per queste forme il diritto è capovolto: per citare, parodiare o modificare è sempre necessario un permesso. Quindi i nuovi linguaggi, quelli che sono propri degli adolescenti di oggi hanno le regole capovolte, si possono solo leggere. (Leonardo Maccari, Lawrence Lessig – Remix, http://leonardo.lilik.it/wordpress/copyrightcultura/letture-interessanti/lawrence-lessig-remix)

Se il vero obiettivo della conoscenza è quello di sviluppare uno spirito critico e permettere sia la fruizione, la lettura (Read-Only culture, RO culture), sia la rielaborazione, il commento, la modifica dei contenuti creativi (Read-Write culture, RW culture), la legge deve essere riscritta e garantire le nuove forme di linguaggio, espressione e manipolazione abilitate dalle tecnologie informatiche.

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Internet ha permesso sia alla cultura RO sia a quella RW di espandersi; ogni attività di remix costituisce un grande strumento didattico e di sperimentazione che non è un danno per artisti e produttori, ma produce valore all’interno di comunità come YouTube in cui essa è uno dei principi costituenti. Tralasciando paradossalmente il tema dei diritti, il sistema di leggi sul copyright attuale frena e danneggia l’evoluzione dell’industria culturale e degli artisti digitali, da un punto di vista del profitto e della possibile apertura e sviluppo di nuovi mercati. La creatività amatoriale deve essere liberata dalle limitazioni imposte dal copyright, si deve procedere a una semplificazione complessiva della tutela della proprietà intellettuale, eliminare l’etichetta del pirata dalle giovani generazioni e concentrarsi sul dibattito del futuro della cultura e dell’economia in Rete.

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APPENDICE 1 COME FUNZIONA

Un semplice e intuitivo fumetto in italiano spiega i principi base e le procedure delle licenze Creative Commons illustrando una tipica collaborazione tra autori nella nuova dimensione spazio-temporale di Internet. Contenuti tratti dalla versione del fumetto presente all’indirizzo http://www.dvara.net/hk/comefunzionacc.pdf Copyright 2003 by Lorenzo De Tomasi Questo fumetto è un’opera derivata ottenuta modificando la storia How it works realizzata dal team di CreativeCommons.org disponibile su http://wiki.creativecommons.org/Howitworks_Comic1 Anche voi potete fare altrettanto. Quest’opera è rilasciata nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione, disponibile alla pagina web http://creativecommons.org/licenses/by/1.0

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APPENDICE 2 I “COMMONS DEED” DELLE LICENZE VERSIONE 2.5 ITALIA

I Commons Deed delle sei diverse licenze 2.5 italiane, tratte dal sito italiano di Creative Commons http://creativecommons.it/Licenze

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ATTRIBUZIONE 2.5 ITALIA

Istantanea tratta da http://creativecommons.org/licenses/by/2.5/it/deed

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ATTRIBUZIONE-CONDIVIDI ALLO STESSO MODO 2.5 ITALIA

Istantanea tratta da http://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5/it/deed

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ATTRIBUZIONE-NON OPERE DERIVATE 2.5 ITALIA

Istantanea tratta da http://creativecommons.org/licenses/by-nd/2.5/it/deed

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ATTRIBUZIONE-NON COMMERCIALE 2.5 ITALIA

Istantanea tratta da http://creativecommons.org/licenses/by-nc/2.5/it/deed

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ATTRIBUZIONE-NON COMMERCIALE-CONDIVIDI ALLO STESSO MODO 2.5 ITALIA

Istantanea tratta da http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/deed

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ATTRIBUZIONE-NON COMMERCIALE-NON OPERE DERIVATE 2.5 ITALIA

Istantanea tratta da http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/deed

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APPENDICE 3 CREATIVE COMMONS FAQ ITALIANA (Frequently Asked Questions) Questa sezione contiene la versione italiana ufficiale delle risposte alle domande più frequenti ("Frequently Asked Questions" o FAQ) che si pongono ricorrentemente sia gli utenti e gli utilizzatori delle licenze Creative Commons sia coloro che si avvicinano a questo argomento per la prima volta. Queste FAQ sono il prodotto della traduzione delle FAQ tratte dal wiki di CreativeCommons.org, integrata dalle modifiche del gruppo di lavoro e della community di CC-Italia. Contenuti tratti da www.creativecommons.it/FAQ, rielaborati e adattati per il supporto cartaceo.

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DOMANDE PER PERSONE CHE STANNO PENSANDO DI APPLICARE UNA LICENZA CREATIVE COMMONS AL PROPRIO LAVORO 1) Come faccio ad applicare le licenze Creative Commons alle mie opere? Per ciò che riguarda le opere pubblicate online, puoi applicare una delle licenze Creative Commons selezionando quella che meglio si adatta alle tue esigenze. Una volta che hai selezionato la tua licenza, se intendi applicarla a un'opera distribuita online, segui le istruzioni per includere il codice HTML. Questo codice genera automaticamente il pulsante "Some rights reserved" e una dichiarazione che l'opera è soggetta a una licenza Creative Commons. Il pulsante segnala ai fruitori dell’opera che l’opera è soggetta ad una licenza Creative Commons. Il codice HTML include anche dei metadati grazie ai quali il tuo lavoro può essere trovato dai motori di ricerca abilitati. Per applicare una licenza Creative Commons alla tua opera vai alla pagina http://creativecommons.org/license/?lang=it Per ciò che riguarda le opere offline, vedi la risposta alla domanda successiva. 2) Posso applicare Creative Commons ad un'opera offline? Sì. Per le opere offline, dopo aver scelto quale licenza Creative Commons applicare alla tua opera, puoi usare una dichiarazione tipo "Quest'opera è soggetta alla licenza Creative Commons [inserisci la descrizione, es. "Attribuzione-CondividiAlloStessoModo"] con il rinvio alla URL della licenza, specificando la versione di licenza utilizzata. L'unica differenza tra l'applicazione di una licenza ad un'opera offline e ad un'opera online è che nel caso di un'opera offline i metadati non sono presenti e, di conseguenza, essa non sarà trovata dai motori di ricerca abilitati. 3) Come operano le licenze Creative Commons? Le licenze Creative Commons sono basate sul diritto d'autore. Quindi, si applicano a qualsiasi opera tutelata da quest'ultimo. Esempi di opere protette dal diritto d'autore sono libri, siti Internet, programmi, blog, fotografie, film, video, canzoni, e altre opere audio e video. Anche il software è protetto dal diritto d'autore, ma, come verrà spiegato in seguito (v. domanda specifica), non è opportuno utilizzare le licenze Creative Commons per il software. Il presupposto fondamentale per potere concedere un’ opera tramite licenza Creative Commons è di essere certi di avere la legittimazione giuridica per farlo. Questo può accadere in due casi:

1) essere titolari di tutti i diritti concessi con la licenza; 2) avere ottenuto una esplicita autorizzazione scritta dal titolare dei diritti. Tale

presupposto va attentamente verificato, specie con riferimento ai casi in cui sull’opera concessa in licenza sussistono sia diritti d’autore, sia diritti connessi al diritto d’autore (artisti, interpreti, esecutori, produttore, enti radiotelevisivi, ecc...).

Le licenze Creative Commons danno la possibilità di definire i modi in cui gli altri possono effettuare attività relative all'opera - come ad esempio copiare la tua opera, realizzare opere derivate, distribuire l'opera e/o farne un uso commerciale. Non ti danno la

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possibilità di regolare gli usi permessi da eccezioni o limitazioni al diritto d'autore né danno la possibilità di regolare l'uso di ciò che non è protetto dal diritto d'autore, come ad esempio fatti e idee. Le licenze Creative Commons sono allegate all'opera e autorizzano chiunque venga in contatto con l'opera ad usarla secondo le disposizioni della licenza. Questo significa che se Tizio ha una copia di una tua opera soggetta ad una licenza Creative Commons, Tizio può darne una copia a Caia, e Caia sarà autorizzata a usare l'opera secondo le disposizioni della particolare licenza Creative Commons. Come risultato, avrai quindi due diversi accordi di licenza con Tizio e Caia. Le licenze Creative Commons sono espresse in tre diversi formati: i Commons Deed (una sintesi del contratto comprensibile a chiunque); il Legal Code (l’intero contratto espresso in linguaggio tecnico-giuridico); e i metadati (leggibili solo dai computer). E' molto importante capire che le licenze Creative Commons sono “non esclusive”. Ciò significa che puoi permettere a chiunque di usare le tue opere con una licenza Creative Commons e stipulare un altro accordo di licenza non esclusivo con qualcun altro. Puoi anche concedere una licenza esclusiva avente ad oggetto i diritti che non avevi concesso tramite la licenza Creative Commons da te utilizzata (per esempio, se rilasci le tue opere con clausola non-commercial, puoi in un secondo momento negoziare un accordo esclusivo ad-hoc con una discografica per lo sfruttamento commerciale). 4) Cosa devo considerare prima di applicare una licenza Creative Commons alla mia opera? Abbiamo preparato un documento (http://wiki.creativecommons.org/Before_Licensing) che contiene alcuni punti su cui è opportuno riflettere prima di adottare una licenza Creative Commons. 5) Quale licenza Creative Commons devo scegliere? Devi scegliere la licenza Creative Commons che preferisci. La licenza indica i diritti e le facoltà che concedi agli altri sulla tua opera; quindi, è importante che tu scelga la licenza che ritieni più adatta. Puoi trovare un riassunto delle licenze qui: http://creativecommons.org/about/licenses Inoltre, sul nostro sito puoi trovare informazioni su come le nostre licenze sono state applicate a testi, musica, immagini, video e a prodotti didattici. Puoi anche partecipare alle nostre discussioni via e-mail e/o leggere gli archivi delle discussioni per vedere se la nostra comunità è in grado di rispondere - o ha già risposto - alle tue domande e ai tuoi dubbi. Trovi l'elenco delle liste e le informazioni necessarie ad iscriverti alla pagina http://www.creativecommons.it/Liste. Infine, puoi anche chiedere il parere di un avvocato sulla miglior licenza per la tua opera. Per informazioni su come trovare un avvocato qualificato, ti preghiamo di fare riferimento alla relativa domanda più avanti. 6) E se cambio idea?

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Le licenze Creative Commons non sono in linea di principio revocabili nei confronti dei licenziatari, in quanto i diritti sono concessi per tutta la durata del diritto d’autore applicabile. Ciò significa che non puoi impedire a chi ha ottenuto un'opera soggetta ad una licenza Creative Commons di usarla secondo i termini della licenza. Puoi smettere di distribuire l'opera con licenza Creative Commons quando vuoi. Tutti i licenziatari, però, che fino a quel momento hanno ricevuto l’opera in licenza, continueranno a godere dei diritti da questa concessi, incluso quello di distribuire l’opera a terzi sulla base della medesima licenza. Quando scegli una licenza Creative Commons, devi quindi riflettere attentamente ed assicurarti che per te sia accettabile il fatto che tutti possano usare la tua opera secondo i termini della licenza scelta, anche se dovessi cessare in un momento successivo di distribuire l'opera con una licenza Creative Commons. 7) Devo firmare qualcosa o registrarmi per utilizzare le licenze Creative Commons? Non devi registrarti a nessun sito né a circoli o associazioni per utilizzare le licenze Creative Commons. Le licenze Creative Commons sono state progettate per essere utilizzate attraverso l’uso del logo Creative Commons, della dicitura "Some rights reserved" e della dichiarazione del fatto che l'opera è distribuita con licenza Creative Commons. Con riferimento al diritto italiano, la trasmissione dei diritti di utilizzazione dell’opera deve essere provata per iscritto. La valutazione di cosa si intenda per “prova scritta” compete di volta in volta all’eventuale giudice che fosse chiamato a pronunciarsi al riguardo: allo stato, vi sono pareri discordi sul valore di “prova scritta” del documento elettronico non firmato digitalmente. L’eventuale difficoltà probatoria si porrebbe per il licenziatario che dovesse dimostrare di avere acquisito i diritti concessi con la licenza Creative Commons a fronte di una dichiarazione in senso contrario del licenziante, e non per il licenziante. (Si noti, comunque, che questo tipo di difficoltà non è specifico delle licenze Creative Commons e può presentarsi con qualsiasi tipo di licenza priva di firma.) Creative Commons non tiene traccia né registra le opere licenziate con le sue licenze. Creative Commons si limita a fornire le licenze, i codici e gli strumenti perché tu possa utilizzarle. 8) Cosa sono i Commons Deed? Cos'è il Legal Code? Cosa fa il codice html/metadati? Le licenze Creative Commons sono espresse in tre diversi formati: i Commons Deed (una sintesi del contratto comprensibile a chiunque); il Legal Code (l’intero contratto espresso in linguaggio tecnico-giuridico); e i metadati (leggibili solo dai computer). I Commons Deed sono un riassunto dei termini chiave della licenza (che è costituita dal Legal Code) - in pratica cosa gli altri possono e non possono fare con l'opera. Pensa ai Commons Deed come ad una versione "user-friendly" del Legal Code. I Commons Deed da soli non hanno valore legale e il loro contenuto non appare nel testo della licenza vera e propria. Il Legal Code è la licenza vera e propria; il documento giuridicamente vincolante tra le parti.

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I metadati descrivono gli elementi chiave della licenza, applicando all'opera un codice che la rende ricercabile dai motori di ricerca abilitati (http://creativecommons.org/find). 9) Suono in un gruppo; posso usare le licenze Creative Commons e insieme percepire le royalty per il diritto di pubblica esecuzione? Dipende: nel caso in cui tu abbia scelto una licenza che preveda l'opzione "NonCommerciale", e l’esecuzione pubblica ha invece finalità commerciali, tale esecuzione non è autorizzata dalla licenza Creative Commons prescelta e potrà avvenire soltanto previa tua autorizzazione, che potrà essere a titolo oneroso o gratuito, a tua scelta. Grazie alle licenze “Non Commerciali” puoi riservarti il diritto di percepire le royalty per l'uso commerciale della tua opera. Dal punto di vista pratico, però, l'effettiva possibilità di questi usi dipende dalle specifiche norme applicabili (vedi la domanda successiva). 10) Sono socio di una società di gestione collettiva, posso usare le licenze Creative Commons? Devi verificarlo con la tua società di gestione collettiva. Attualmente, molte delle società di gestione collettiva in Australia, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Spagna, Taiwan e Olanda richiedono il trasferimento dei diritti (o quello che in Francia è chiamato "mandato" che di fatto ha lo stesso effetto del trasferimento) per le opere presenti e future (così che sono loro stesse a diventare i titolari di questi diritti) e li gestiscono per tuo conto. Perciò, se sei un membro delle società di gestione collettiva di tali paesi, è possibile che tu non possa utilizzare le licenze Creative Commons per distribuire le tue opere. Creative Commons sta cercando di discutere con le società di gestione collettiva degli stati dove questo problema sussiste per cercare di trovare una soluzione che permetta agli autori di usare entrambi i sistemi. Se la tua appartenenza ad una società di gestione collettiva ti crea problemi per usare le licenze Creative Commons, e tale società non è presente nell'elenco di cui sopra, ti preghiamo di informare il gruppo Creative Commons del tuo paese (http://creativecommons.org/international) o scrivere una e-mail a [email protected]. Inoltre, se vuoi saperne di più sul modo migliore per gestire la tua situazione nel tuo stato, contatta il gruppo Creative Commons locale (http://creativecommons.org/international). Se sei già un membro di una di queste società di gestione collettiva, incoraggiala a darti la possibilità di utilizzare le licenze Creative Commons. 11) Posso comunque guadagnare da un'opera rilasciata con licenza Creative Commons? Senza dubbio. In primo luogo, le nostre licenze sono non esclusive, il che significa che non sei costretto a rilasciare la tua opera unicamente con una licenza Creative Commons; puoi adottare anche altri tipi di licenze che ti permettano di ottenere dei compensi dall'utilizzo dell'opera. Uno dei nostri scopi principali è quello di incoraggiare le persone a sperimentare nuovi modi di promuovere e diffondere le proprie opere. (Ad esempio, puoi rilasciare un'opera sotto

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licenze CC solo per usi di tipo non commerciale, mantenendo la possibilità di trattare direttamente con chi voglia fare un uso commerciale della stessa opera: vedi sotto) Inoltre, si consideri che la licenza sull’opera è gratuita, ma l’accesso all’opera medesima potrebbe essere a pagamento. L’opera che viene concessa con licenza Creative Commons a titolo gratuito può essere contenuta su un supporto che può essere messo in vendita (e non ceduto gratuitamente); l’opera può essere resa disponibile in una sezione riservata di un sito internet, cui si accede dietro il pagamento di un corrispettivo; l’accesso ad un concerto dove vengono eseguite musiche in licenza CC può avvenire dietro il pagamento di un corrispettivo. (E’ bene ricordare, tuttavia, che ogni soggetto capace di accedere legalmente all’opera è anche legittimato a metterla a disposizione di altri, diventando così una possibile fonte alternativa di copie rispetto a quelle messe in commercio dal titolare dei diritti). In terzo luogo, l'opzione "Non commerciale" è uno strumento creato per permettere alle persone di massimizzare la distribuzione del proprio lavoro mantenendo il controllo sui relativi aspetti commerciali. Occorre chiarire un punto spesso frainteso: "uso non commerciale" è una condizione che vincola coloro che usano la tua opera, non te (il titolare dei diritti oggetto della licenza). Quindi se scegli di rilasciare il tuo lavoro con una licenza Creative Commons che prevede l'opzione "Non commerciale", imponi la condizione "Non commerciale" agli utilizzatori della tua opera (licenziatari). In ogni caso, tu, il creatore e/o titolare dei diritti sull'opera licenziata, puoi in ogni momento decidere di usarla commercialmente. Chi volesse copiare o adattare la tua opera "in una maniera tale che sia prevalentemente intesa o diretta al perseguimento di un vantaggio commerciale o di un compenso monetario privato", deve prima ottenere la tua esplicita autorizzazione. (Per quanto la maggior parte delle società di gestione collettiva non siano ancora tanto flessibili da gestire per conto dei loro associati questi usi commerciali di opere liberamente disponibili a fini non-commerciali, a questo fino sono già nati nuovi intermediari, specie nel settore musicale). 12) Devo registrare la mia opera? Nella maggior parte delle giurisdizioni, la registrazione non è richiesta. Negli Stati Uniti, però, è possibile ottenere una registrazione, ed è consigliabile per far valere il proprio diritto d'autore in giudizio. Consigliamo quindi a chi opera negli Stati Uniti di leggere la pagina "Copyright basics" (http://www.copyright.gov/circs) del U.S. Copyright Office, che dà ulteriori informazioni riguardo la registrazione. Simili osservazioni possono essere fatte per l’Italia: non è necessario adempiere ad alcuna formalità costitutiva perché sorgano i diritti in capo all’autore dell’opera. Ciononostante, può essere utile a fini probatori registrare o comunque precostituire in qualche modo una dimostrazione che dia atto della creazione dell’opera ad una certa data. In questa delicata materia, vanno seguiti i consigli di un legale esperto del settore. Tra le prassi diffuse si segnalano le seguenti: apporre un timbro postale sulla busta sigillata che contiene un esemplare dell’opera (cosiddetta “spedizione in corso particolare”), apporre una firma digitale ed una marca temporale su una versione digitale dell’opera (vi sono anche inziative di soggetti privati come Copyzero che forniscono questo servizio a coloro che

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non sono dotati di firma digitale), depositare l’opera presso un Notaio, oppure utilizzare l’apposito registro per le opere inedite tenuto dalla SIAE. Tale registro, così come tutte le altre modalità di registrazione o deposito, ha finalità probatorie e non costitutive del diritto d’autore. Il deposito delle opere può avvenire anche da parte di soggetti non iscritti alla SIAE e, comunque, non è richiesto dalla legge ai fini della protezione dell’opera, che viene garantita anche in assenza di qualsiasi deposito. Maggiori informazioni per l’Italia possono essere reperite presso il seguente Sito Internet: http://www.siae.it/Olaf_doi.asp?click_level=1300.0200&link_page=Olaf_DOI_PercheDepositare.htm 13) Come posso registrare mio diritto d'autore? Se operi negli Stati Uniti, per avere più informazioni riguardo alle modalità di registrazione del tuo diritto d'autore, fai riferimento alla pagina "Copyright basics" (http://www.copyright.gov/circs) del U.S. Copyright Office. Per l’Italia, si veda la risposta alla domanda precedente. In ogni caso, siccome la registrazione di un’opera (intesa come l’esistenza di una qualche procedura che certifichi che un soggetto ne possedeva una copia ad una certa data) può essere utile a fini probatori, rimandiamo a questa pagina http://www.creativecommons.it/registri, in cui sono elencati alcuni registri, non legati in alcun modo a Creative Commons, ma la cui esistenza può essere interessante per alcuni autori. 14) Applicare una licenza Creative Commons è la stessa cosa o costituisce un'alternativa alla registrazione del diritto d'autore sulla mia opera? No. Applicare una licenza Creative Commons alla tua opera non ti fornisce la stessa protezione, né una protezione simile, né costituisce un'alternativa alla registrazione o comunque alla tutela del diritto d'autore. Le licenze Creative Commons agiscono in aggiunta e sulla base del diritto d'autore già esistente e non servono a tutelare l’opera o a dimostrarne la paternità, ma a farla circolare e renderla disponibile e utilizzabile dai terzi. 15) Le licenze Creative Commons hanno effetti sulle eccezioni e limitazioni al diritto d'autore? No. Tutte le giurisdizioni permettono alcuni tipi di usi - che variano da stato a stato - di materiale coperto da diritto d'autore senza il permesso del titolare dei diritti, come ad esempio il diritto di citazione, il diritto di cronaca, di parodia. Questi usi non dipendono dalla licenza e per questo non sono in alcun modo influenzati dalla licenza stessa. Per chiarire meglio questo aspetto, tutte le nostre licenze contengono una clausola di questo tipo: "La presente Licenza non intende in alcun modo ridurre, limitare o restringere alcun diritto di libera utilizzazione o l'operare della regola dell'esaurimento del diritto o altre limitazioni dei diritti esclusivi sull'Opera derivanti dalla legge sul diritto d'autore o da altre leggi applicabili". Quindi, a prescindere dalla giurisdizione in cui ci si trova, le nostre licenze non hanno effetti sul diritto ad usare o a permettere utilizzi dell'opera ai sensi delle eccezioni previste dal diritto d'autore. 16) Posso usare le licenze Creative Commons per il software?

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Le licenze Creative Commons non sono state studiate per il software e non dovrebbero essere usate in tal senso. Vi incoraggiamo ad usare le ottime licenze apposite per il software oggi disponibili. Se l'opera da licenziare è software o documentazione per il software è bene valutare le licenze messe a disposizione dalla Free Software Foundation o elencate dalla Open Source Initiative. A differenza delle nostre licenze - che non menzionano codice sorgente o eseguibili - queste licenze sono state studiate appositamente per il software. Creative Commons ha "confezionato" alcune delle licenze Free Software/Open Source Software aggiungendovi i Commons Deed e dei metadati, nel caso tu voglia comunque usare la versione leggibile della licenza e sfruttare i motori di ricerca specifici per le opere licenziate con Creative Commons. Puoi trovare ulteriori dettagli qui: http://creativecommons.org/license/cc-gpl. 17) E' opportuno usare le licenze Creative Commons per la documentazione software? Sicuramente sì. Le licenze Creative Commons vanno benissimo per tutti i tipi di opere letterarie. 18) Cosa succede quando il proprietario di un'opera rilascia la sua opera con due diverse licenze Creative Commons? Come utilizzatore, puoi scegliere se utilizzare una o l'altra licenza. Le licenze sono state concepite per presentare già le diverse combinazioni possibili tra le varie clausole: si sconsiglia l’uso di due licenze contemporaneamente, in quanto ciò non sembra rispondere a nessuna specifica esigenza. In generale, un titolare dei diritti che rilascia la stessa opera con due licenze diverse lascia agli utilizzatori la scelta tra di esse. Se, ad esempio, una fotografia è rilasciata con una licenza che contiene una clausola "Non commerciale", più una licenza separata con una clausola "Non opere derivate", non significa che entrambe le clausole vengano applicate congiuntamente. Se il proprietario di un'opera vuole applicare entrambe le licenze insieme, dovrebbe scegliere una singola licenza che contenga entrambe le clausole. 19) Le licenze Creative Commons sono efficaci in giudizio? Si veda quanto già osservato nella domanda 7) “Devo firmare qualcosa o registrarmi per utilizzare le licenze Creative Commons?” Il Legal Code delle licenze Creative Commons è stato progettato con l'intenzione di essere efficace in giudizio. Ciò detto, non siamo in grado di considerare tutte le sfumature delle varie normative sul diritto d'autore in tutti i paesi del mondo, o delle circostanze in cui le opere rilasciate con licenze Creative Commons sono usate, né tantomeno di garantire la validità e l’efficacia delle licenze in qualsiasi Paese del mondo. Ti preghiamo di notare, comunque, che le nostre licenze contengono una previsione in base alla quale, se una clausola risulta nulla o inefficace alla luce della legge applicabile in un certo Paese, la restante parte della licenza continua spiegare i propri effetti (a meno che si dimostri che le parti non avrebbero concluso il contratto, se avessero saputo della nullità di tale clausola).

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20) Creative Commons mi aiuterà a far valere i miei diritti? Creative Commons non fornisce pareri legali o servizi legali allo scopo di assisterti nel far valere i tuoi diritti. La nostra missione non include la fornitura di questi servizi. Non siamo uno studio legale. Siamo più simili ad un servizio grazie al quale si può autonomamente ottenere - gratuitamente - della modulistica, da usare nel modo che ritieni più opportuno. Comunque, se risiedi negli Stati Uniti, puoi trovare un avvocato adatto tra i tanti volontari elencati su questa pagina: http://www.starvingartistslaw.com/help/volunteer%20lawyers.htm. Se risiedi in Australia, l'Arts Law Centre of Australia (http://www.artslaw.com.au) può aiutarti a metterti in contatto con un avvocato volontario. In Italia puoi rivolgerti al Servizio Licenze Libere offerto dal Politecnico di Torino col supporto della Regione Piemonte (http://selili.polito.it). Se hai i requisiti previsti, potrai usufruire di un servizio gratuito d'informazione e, eventualmente, di consulenza. 21) Cosa succede se qualcuno abusa della mia opera rilasciata con una licenza Creative Commons? Le licenze Creative Commons cessano immediatamente di essere efficaci nei confronti di colui che utilizza l'opera in violazione dei termini delle licenze medesime. Questo significa che se una persona utilizza la tua opera rilasciata usando una licenza Creative Commons e - per esempio - non attribuisce la paternità dell'opera nel modo che tu hai scelto, non ha più il diritto di utilizzare la tua opera. Questo si applica unicamente in relazione alla persona che viola la licenza; non si applica a tutte le persone che utilizzano la tua opera in modo corretto. Hai a disposizione diverse opzioni per assicurarti che la licenza venga rispettata; puoi per esempio contattare la persona e chiedere di rettificare la situzione e/o puoi decidere di consultare un avvocato che agisca per tuo conto. Per informazioni su come puoi trovare un avvocato adatto, fai riferimento alla domanda "Creative Commons mi aiuterà a far valere i miei diritti?". 22) Non mi piace il modo in cui una persona ha usato la mia opera come base di un'opera derivata o all'interno di un'opera collettiva; cosa posso fare? Se non ti piace il modo in cui una persona ha usato la tua opera per fare un'opera derivata o l'ha inclusa in un'opera collettiva, ai sensi della licenza Creative Commons, puoi contattare l'autore dell'opera e chiedere che il tuo nome venga rimosso dall'opera derivata o collettiva. Inoltre, le leggi di diritto d'autore in molte giurisdizioni nel mondo (con la notevole eccezione degli Stati Uniti) riconoscono agli autori i "diritti morali", che possono costituire un rimedio in caso siano compiuti atti a danno dell’opera (quali deformazione, mutilazione o ogni altra modificazione), che siano di pregiudizio all’onore e alla reputazione dell’autore. Tutte le licenze Creative Comons (con l'eccezione del Canada) lasciano i diritti morali intatti. Questo significa che l'autore originale può essere in grado di agire nei confronti dell'autore di un'opera derivata che viola i diritti morali spettanti all’autore.

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Ovviamente, non tutte le opere derivate che non piacciono ad un autore possono essere considerate lesive dei diritti morali a questo spettanti.

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DOMANDE PER PERSONE CHE STANNO PENSANDO DI UTILIZZA RE UN’OPERA RILASCIATA CON UNA LICENZA CREATIVE COMMON S 23) E' Creative Commons a darmi il permesso di usare un'opera? Noi non diamo alcun permesso. Creative Commons rende semplicemente disponibili le licenze e gli strumenti per permettere ad autori e licenzianti di rilasciare le loro opere a condizioni più flessibili. Applicando una licenza Creative Commons all'opera, l'autore o il licenziante decidono di segnalare in modo chiaro a tutti i possibili utilizzatori, come te, che puoi utilizzare l'opera senza dover chiedere il permesso - a condizione che l'opera venga usata nei termini nella licenza. 24) E' Creative Commons a decidere quali contenuti sono rilasciati con le sue licenze? Creative Commons, come organizzazione, non controlla il modo in cui le licenze sono utilizzate e non controlla né verifica se una licenza Creative Commons è stata correttamente applicata ad una certa opera. Creative Commons non avalla né certifica nessun uso delle sue licenze, né tantomeno garantisce la loro validità o efficacia. Creative Commons fornisce le licenze come strumento che può essere adottato o meno. Creative Commons non stabilisce se l'uso delle licenze è appropriato per la tua situazione o per una particolare opera. 25) Quali sono le clausole di una licenza Creative Commons? I termini chiave delle principali licenze Creative Commons sono: Attribuzione, Non commerciale, Non opere derivate, e Condividi allo stesso modo. Gli elementi di queste licenze possono essere brevemente definiti come segue:

• Attribuzione: devi specificare l'autore o il titolare dei diritti oggetto della licenza nel modo da loro specificato

• Non commerciale: non puoi utilizzare l'opera con lo scopo primario di ottenere un compenso o vantaggi commerciali

• Non opere derivate: puoi solo fare copie esatte dell'opera, non puoi adattarla né cambiarla

• Condividi allo stesso modo: puoi creare opere derivate solo se le rilasci agli stessi termini di licenza

Per una panoramica delle nostre licenze e per i link ai Commons Deed e al Legal Code, guarda questa pagina: http://creativecommons.org/about/licenses. Per le caratteristiche principali della nostra Sampling License, guarda questa pagina: http://creativecommons.org/about/sampling. 26) Quindi "Non commerciale" significa che l'opera non può essere usata commercialmente?

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La clausola "Non commerciale" sta a significare che in base alla licenza Creative Commons non viene concesso il diritto di sfruttare commercialmente l'opera. Puoi sempre contattare direttamente il titolare dei diritti dati in licenza per verificare se è possibile ottenere il permesso di usare l'opera commercialmente. 27) Cosa significa il pulsante "Some rights reserved" di Creative Commons? Cosa fa una licenza Creative Commons? Una licenza Creative Commons serve a segnalare che puoi usare l'opera senza dover cercare l'autore o il titolare dei diritti oggetto della licenza, e chiedere il permesso - a condizione che usi l'opera nei modi previsti dalla particolare licenza Creative Commons. I Commons Deed indicano i termini principali che governano l'uso dell'opera. 28) Cosa succede se voglio fare un uso diverso dell'opera? Se vuoi usare un'opera rilasciata con una licenza Creative Commons in un modo non permesso dalla licenza, devi contattare l'autore e/o il licenziante e chiedere il loro permesso. Se utilizzi un'opera rilasciata con licenza Creative Commons in modo contrario ai termini della licenza, il tuo diritto all'utilizzo cessa e potresti essere citato in giudizio per violazione del diritto d'autore. 29) Quindi non devo pagare per usare un'opera rilasciata con Creative Commons, a patto di rispettarne i termini? Con riferimento ai diritti espressamente concessi dalla licenza, come regola generale la risposta è sì - le opere rilasciate con le licenze Creative Commons sono rilasciate a titolo gratuito. Esistono però dei casi in cui le legislazioni nazionali riservano a favore dei titolari dei diritti d’autore o dei titolari di diritti connessi dei compensi non rinunciabili: in questi casi, anche se tali facoltà sono concesse e menzionate espressamente con la licenza, sarà necessario provvedere al pagamento di tali compensi. 30) Cosa devo fare per utilizzare un'opera rilasciata con Creative Commons? Se ti imbatti in un'opera rilasciata secondo i termini di una licenza Creative Commons, sei autorizzato ad utilizzarla secondo i termini della licenza in oggetto. Per quanto riguarda la legislazione italiana, richiamiamo quanto sopra indicato a proposito dell’idoneità del documento informatico a costituire “prova scritta” nella trasmissione di diritti di utilizzazione economica (cfr. domanda 7). Devi prima accertarti che la licenza ti permetta gli usi che hai in mente. Poiché esistono varie licenze Creative Commons, devi leggere attentamente la specifica licenza, per assicurarti che essa corrisponda alle tue necessità. Tutte le licenze Creative Commons richiedono che si specifichi l'autore, il titolare dei diritti oggetto della licenza e/o tutte le altre parti indicate dall'autore/titolare dei diritti oggetto della licenza. Per usare correttamente un'opera soggetta ad una licenza Creative Commons, è necessario che tu adempia correttamente a tali obblighi, come spiegato nella risposta che segue.

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Per capire quali sono i termini chiave della licenza, controlla i Commons Deed per la licenza e/o leggi questa pagina: http://creativecommons.org/about/licenses, che contiene i link ai Commons Deed e una spiegazione introduttiva di tutte le nostre licenze. 31) Utilizzare un'opera rilasciata con licenza Creative Commons mi fornisce tutti diritti di cui ho bisogno? La licenza fornisce tutti i diritti che sono espressamente indicati nel testo della licenza, il “Legal Code”: sulla base delle regole che disciplinano i contratti di trasferimento dei diritti d’autore nell’ordinamento italiano, le facoltà e i diritti che non sono esplicitamente menzionati e, comunque, che non sono inclusi nell’oggetto e tra le finalità della licenza, rimangono in capo al legittimo titolare e non vengono trasferiti al licenziatario. Di conseguenza, è importante agire in modo prudente e informato, e, in caso di dubbi, considerare la possibilità di rivolgersi ad un legale di fiducia per chiarimenti. 32) Qual è il modo giusto di attribuire un'opera rilasciata con Creative Commons? Se stai usando un'opera rilasciata con una delle licenze Creative Commons (Attribuzione, Attribuzione-Condividi allo stesso modo, Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo, Attribuzione-Non commerciale, Attribuzione-No opere derivate, Attribuzione-Non commerciale-No opere derivate (quest'ultima è nota anche come licenza Music Sharing), allora il modo giusto per attribuire l'opera quando la usi senza modifiche è: (1) mantenere integro ogni riferimento al diritto d'autore sull'opera; (2) indicare l'autore, il titolare dei diritti oggetto della licenza e/o le altre parti (come ad esempio un wiki o un blog) nel modo in cui essi stessi specificano (3) il titolo dell'opera; e (4) l'URI (Uniform Resource Identifier, es. http://it.wikipedia.org/wiki/Uniform_Resource_Identifier) per l'opera se specificato dall'autore e/o dal titolare dei diritti oggetto della licenza. E' anche necessario che tu fornisca, insieme ad ogni copia dell'opera, l'URI per la licenza Creative Commons che si applica all'opera stessa. Se stai realizzando un'opera derivata da un'opera rilasciata con una delle nostre licenze principali, oltre a quanto già detto sopra, devi indicare che la tua è un'opera derivata, ad esempio "Questa è la traduzione in Finlandese dell'opera X di Y", oppure "Copione basato su X di Y". Se stai realizzado un'opera derivata campionando un'opera rilasciata con una delle nostre licenze per il sampling, devi indicarlo sull'opera derivata che realizzi utilizzando quei "sample", con una dicitura simile a "Remix dell'opera X di Y" o "Una parte dell'opera X di Y è stata inserita". 33) Cos'è un'opera derivata? Un'opera derivata si basa su un'opera alla quale vengono apportate modifiche e integrazioni che la trasformano in un’opera diversa, da cui sia comunque riconoscibile l’opera originaria. L’opera derivata è basata su un'altra opera ma non è un copia esatta di quest'ultima. Una traduzione da una lingua ad un'altra o una versione su pellicola di un

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libro sono esempi di opere derivate. Ai sensi delle principali licenze Creative Commons, la sincronizzazione di musica e immagini è considerata un'opera derivata. E' importante notare, in ogni caso, che le licenze Creative Commons - anche le licenze contenenti l'opzioni "Non opere derivate" - permettono all'utente di esercitare i diritti concessi dalla licenza in ogni formato e con ogni mezzo. Questo significa che, secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate, per esempio, puoi trasformare l'opera da un formato digitale ad una stampa. 34) Se uso un'opera rilasciata con una licenza Creative Commons con altre opere, devo licenziare tutto con una licenza Creative Commons? Ad eccezione di quelle licenze che contengono la clausola "Condividi allo stesso modo", le licenze Creative Commons non richiedono che l'intera opera derivata sia rilasciata con una licenza Creative Commons: nell’ambito dell’intera opera dovrà comunque essere rilasciata tramite licenza Creative Commons o altra di effetto equivalente quell’opera il cui utilizzo è avvenuto in forma di licenza Creative Commons. Abbiamo progettato le licenze Creative Comons in modo che la combinazione di opere soggette a tali licenze con altre opere non renda anche queste ultime soggette alle licenze Creative Commons. Tuttavia, se combini un'opera soggetta ad una licenza Creative Commons che contiene la clausola "Condividi allo stesso modo" con un'altra opera, realizzando ad esempio un’opera derivata, per la natura stessa della clausola, anche l’intera opera che ne risulta dovrà essere rilasciata secondo gli stessi termini della licenza dell'opera rilasciata con la licenza Creative Commons che contiene la clausola "Condividi allo stesso modo". Tale clausola non opera per le Collezioni di opere, cioè quelle opere costituite dalla riunione di opere, che hanno carattere di creazione autonoma, come risultato della scelta e del coordinamento a un determinato fine letterario, scientifico, didattico, religioso, politico o artistico (es. enciclopedie, dizionari, giornali, antologie….) Se includi un'opera soggetta ad una licenza Creative Commons in una Collezione di opere (ad esempio, un'antologia di opere nella loro forma originaria), allora è necessario applicare la specifica licenza Creative Commons unicamente a quella particolare opera (anche se l'opera è rilasciata con una licenza che contiene la clausola "Condividi allo stesso modo"). Non è necessario che tu applichi la licenza all'intera raccolta. 35) Posso combinare due opere licenziate con diverse licenze Creative Commons? Posso combinare un'opera rilasciata con Creative Commons con altre non Creative Commons? In generale, sì; puoi combinare più opere licenziate con diverse licenze Creative Commons. Ciò a cui devi prestare attenzione sono le licenze Creative Commons che contengono la clausola "Condividi allo stesso modo" (ad esempio, la Attribuzione-Condividi allo stesso modo, o la Attribuzione-Condividi allo stesso modo-Non commerciale). Queste licenze richiedono che l'opera derivata (ad esempio, il risultato di due opere combinate) venga rilasciata sotto gli stessi termini di licenza. Quindi non puoi combinare un'opera rilasciata

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con una licenza Attribuzione-Condividi allo stesso modo con un'opera licenziata con una licenza Attribuzione-Condividi allo stesso modo-Non commerciale. Se combini un'opera rilasciata con una licenza che contiene la clausola "Condividi allo stesso modo", è necessario assicurarsi di poter licenziare l'opera derivata alle stesse condizioni di quella originaria. 36) Ho usato parte di un'opera rilasciata con Creative Commons, con quale licenza Creative Commons posso licenziare la mia opera? La tabella che segue ti aiuta a capire quali licenze puoi usare per licenziare la tua opera derivata. Alcune delle nostre licenze non sono compatibili l'una con l'altra. Nella tabella che segue le celle scure indicano le licenze che possono essere usate senza problemi per rilicenziare un'opera rilasciata con la licenza indicata all'inizio di ogni riga. Per vedere quale licenza può essere utilizzata per rilicenziare opere rilasciate con licenze multiple, individua le colonne scure di ogni licenza. Quindi, per esempio, se usi un'opera rilasciata con una licenza Attribuzione-Non commerciale, potresti rilicenziarla con un'altra licenza Attribuzione-Non commerciale o una licenza a scelta tra Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo, Attribuzione-Non commerciale-No opere derivate e NonCommercial-SamplingPlus.

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Licenze che possono essere usate per opere derivate o adattamenti

Opera Originale by by-nc by-nc-nd by-nc-sa by-nd by-sa pd

pd

by

by-nc

by-nc-nd

by-nc-sa

by-nd

by-sa

Tavola delle Abbreviazioni:

• by = Attribuzione • by-nd = Attribuzione-NonOpereDerivate • by-nc-nd = Attribuzione-NonCommerciale-NonOpereDerivate • by-nc = Attribuzione-NonCommerciale • by-nc-sa = Attribuzione-NonCommerciale-CondividiAlloStessoModo • by-sa = Attribuzione-CondividiAlloStessoModo • pd = public domain dedication o altra opera in pubblico dominio

Nota su eccezioni e libere utilizzazioni: le Licenza CC non cambiano, alterano o modificano in alcun modo le libere utilizzazioni cui ha diritto ogni utente. Se un'opera o una sua parte possono essere incorporate in un'altra opera o modificate in virtù di una libera utilizzazione, tale utilizzazione rimane libera, a prescindere dalla Licenza CC applicata all'opera stessa. Questa tabella non supplisce alla necessità di chiedere un parere professionale al tuo legale di fiducia; inoltre, non si deve fare affidamento sulla stessa e/o considerarla o proporla a terzi come se fosse un parere legale. Il grafico di cui sopra mostra solo quali licenze sono, dal punto di vista pratico, incompatibili. Non sostituisce una consulenza legale specifica e non deve essere

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considerata né valutata come tale. Devi verificare in modo autonomo quale licenza è adatta alle tue necessità e considerare i tuoi obblighi verso gli autori delle opere originarie.

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DOMANDE TECNICHE 37) Voglio dare agli utenti del mio sito l'opzione di scegliere le licenze Creative Commons; come faccio? Puoi integrare il motore di selezione delle licenze Creative Commons all'interno del tuo sito. Questo può essere utile se hai un'applicazione o un sito che permette di inserire contenuti e vuoi dare la possibilità di applicare le licenze Creative Commons alle opere. Per una guida passo-passo all'integrazione del motore di selezione delle licenze all'interno di un sito vedi: http://creativecommons.org/technology/web-integration. Abbiamo anche delle API per i "web services" (http://api.creativecommons.org) che possono essere integrate all'interno della tua applicazione. 38) Perché Creative Commons ha scelto di usare il formato RDF per i propri metadati? Creative Commons ha cercato il modo migliore per esprimere gli obbiettivi sottostanti alle licenze in un formato leggibile dai computer. Riteniamo che il nostro sistema sia la migliore alternativa possibile: strumenti in grado di elaborare RDF, XML o anche il semplice testo possono facilmente processare i nostri file di metadati, che sono espressi in un formato strutturato. Ma così come gli strumenti XML rendono più facile processare le informazioni rispetto ai sistemi testuali, il formato RDF rende questa operazione ancor più semplice - per questo incoraggiamo i nostri sviluppatori ad usare RDF quando possibile. Stiamo anche lavorando con la comunità per fornire codice esemplificativo, in molti linguaggi di programmazione differenti, per mostrare quanto sia facile utilizzare le informazioni in formato RDF. Siamo anche disponibili a fornire strumenti in grado di convertire da RDF ad altri formati. Se hai uno di questi strumenti a disposizione o ne vorresti uno, ti preghiamo di inviarci informazioni in tal senso nella nostra mailing list dedicata ai metadati. 39) Come posso usare i metadati di Creative Commons nel mio programma? Puoi farlo in diversi modi. Un programma per disegnare, scrivere o dipingere può informare i suoi utenti del tipo di licenza scelto dall'autore del file. I programmi di file sharing possono evidenziare i file con licenze Creative Commons e incoraggiare gli utenti a scaricarli. In effetti, siamo convinti che il "file sharing" p2p sia uno strumento eccellente per diffondere le opere soggette ad una licenza Creative Commons, in special modo grossi file di musica, foto o video i cui autori potrebbero avere difficoltà - per carenza di banda o di strumenti specifici - a distribuire. I motori di ricerca potrebbero permettere agli utenti la scelta di cercare solo file con licenze che permettono determinati usi (come per esempio la ricerca di foto gatti da includere in un'opera non commerciale). Ci sono molti modi per avvantaggiarsi di queste informazioni e speriamo che la comunità dei nostri sviluppatori ci sorprenderà con nuovi utilizzi! 40) Preferisco usare un file PNG piuttosto che un file GIF, o viceversa. Come faccio? Forniamo i pulsanti di Creative Commons in entrambi i formati.

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40bis) Vorrei fare una ricerca negli archivi delle mailing list di Creative Commons. Come faccio? Fare ricerca mirate sugli archivi delle liste di discussione di Creative Commons Italia è un ottimo modo per integrare le informazioni fornite da queste FAQ; inoltre, la netiquette suggerisce di procedere sempre in questo modo, prima di fare una domanda in una lista di discussione (al fine di non ripetere più volte domande già trattate in passato). Ad esempio, cc-it è la lista moderata dedicata alla discussione delle licenze Creative Commons. L'archivio di tale lista è disponibile su http://lists.ibiblio.org/pipermail/cc-it. Usando un motore di ricerca, si può cercare all'interno di tale archivio. Più nello specifico, usando Google si possono fare ricerche mirate inserendo il seguente testo (senza virgolette): "site:http://lists.ibiblio.org/pipermail/cc-it paro lachiave1 parolachiave2" Naturalmente "parolachiave1" e "parolachiave2" vanno sostituite dai termini effettivamente ricercati. Potete fare una simile ricerca anche all'interno degli archivi delle altre liste (o di qualunque sito), sostituendo "http://lists.ibiblio.org/pipermail/cc-it" con "http://www.creativecommons.it/pipermail/community" (per la lista "Community") o "http://www.creativecommons.it/pipermail/announce" (per la lista "Announce").

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DOMANDE RIGUARDO ALL'UTILIZZO DEL LOGO CREATIVE COM MONS 41) Dove posso procurarmi una versione ad alta risoluzione del logo Creative Commons? Puoi prendere la versione ad alta risoluzione dei loghi e dei pulsanti delle licenze Creative Commons qui: http://creativecommons.org/presskit. Creative Commons autorizza l'uso dei nostri loghi, del nome e dei pulsanti delle licenze solo a condizione di rispettare la relativa "policy": http://creativecommons.org/policies (è disponibile una traduzione in italiano, a solo scopo informativo su http://creativecommons.it/policies). 42) Voglio stampare magliette e adesivi con il logo Creative Commons: come funziona il tutto? Siamo felici del tuo entusiasmo per Creative Commons e della tua voglia di diffondere il nostro messaggio. Creative Commons autorizza l'uso dei nostri loghi, del nome e dei pulsanti delle licenze solo a condizione di rispettare la relativa "policy": http://creativecommons.org/policies (è disponibile una traduzione in italiano, a solo scopo informativo su http://creativecommons.it/policies), ad esempio per linkare al sito di Creative Commons, ad una licenza Creative Commons e/o per descrivere in qualsiasi modo una licenza Creative Commons che si applica ad un'opera. Puoi sostenere Creative Commons e comprare magliette e adesivi attraverso il nostro negozio: http://creativecommons.org/support/store. Inoltre, sono disponibili filmati riguardo a Creative Commons, da scaricare qui: http://mirrors.creativecommons.org. 43) Voglio inserire i loghi di Creative Commons all'interno del mio sito, posso? Puoi certamente inserire i nostri loghi nel tuo sito, a patto che tu lo faccia rispettando la relativa "policy": http://creativecommons.org/policies (è disponibile una traduzione in italiano, a solo scopo informativo su http://creativecommons.it/policies). In pratica, autorizziamo l'uso del logo (che è poi il nome Creative Commons e la dicitura "CC" in un cerchio) per linkare al nostro sito; e i nostri pulsanti "Some rights reserved" e "No rights reserved" insieme ai nostri pulsanti per gli elementi delle licenze (il pulsante "Attribuzione", il pulsante "Non commerciale", ecc.) per linkare alle relative licenze. 44) Posso modificare i loghi di Creative Commons in modo da adattarli al mio sito o alla mia opera? Ti preghiamo di non cambiare i nostri loghi in modo da adattarli al tuo sito o alla tua opera. I nostri pulsanti "Some rights reserved" e "No rights reserved" devono essere usati così come sono perché costituiscono il nostro marchio ed una parte fondamentale del nostro sistema di "licensing". Puoi eventualmente usare i pulsanti per gli elementi delle licenze in bianco e nero, per segnalare che la tua opera o il tuo sito sono licenziati con la relativa licenza Creative Commons; tutto ciò è spiegato anche nella pagina relativa alle nostre "policy": http://creativecommons.org/policies (è disponibile una traduzione in italiano, a solo scopo informativo su http://creativecommons.it/policies).

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CHI È CREATIVE COMMONS 45) Creative Commons è contro il diritto d'autore? Per nulla. Le nostre licenze ti aiutano a mantenere i diritti d'autore e gestirli in modo più flessibile e aperto. Di fatto, le nostre licenze si basano interamente sul diritto d'autore. La giustificazione per la protezione della proprietà intellettuale (secondo la legge americana, almeno) è la "promozione del progresso della scienza e delle arti utili". Anche noi vogliamo promuovere la scienza e le arti utili, e crediamo che aiutare autori e titolari del diritto d'autore a gestire in modo specifico l'esercizio del loro diritti secondo i loro bisogni aiuti ad ottenere precisamente questo scopo. 46) State costruendo un database di contenuti licenziati con le licenze Creative Commons? No, assolutamente. Crediamo nella Rete, non in una banca d'informazioni controllata da una singola organizzazione. Stiamo costruendo strumenti che permettano al web semantico di identificare e organizzare le opere licenziate in modo distribuito e decentralizzato. Non siamo nel business della raccolta dei contenuti, o in quello della costruzione di database di contenuti. A mero scopo esemplificativo e per dare un'idea di ciò che si può fare con le nostre licenze e con i metadati, sul nostro sito abbiamo fornito alcuni esempi per

• opere testuali (http://creativecommons.org/text) • audio (http://creativecommons.org/audio) • immagini (http://creativecommons.org/image) • video (http://creativecommons.org/video) • opere didattiche (http://creativecommons.org/education).

Di certo non si tratta di un catalogo completo di tutto ciò che può essere fatto con le licenze Creative Commons oggi, né è l'inizio di un database. Si tratta semplicemente di esempi di opere, in varie forme, che sono state licenziate con delle licenze Creative Commons. 47) Le opere rilasciate con Creative Commons sono immesse nel pubblico dominio? No, perché il titolare dei diritti oggetto della licenza non rinuncia a tutti i diritti sulla sua opera. Le licenze Creative Commons sono unicamente licenze di diritto d'autore che ti permettono di controllare il modo in cui le altre persone possono utilizzare la tua opera. 48) Cos'è Creative Commons? Creative Commons è una "charitable corporation" stabilita nello stato del Massachussets, USA. I "project lead" delle giurisdizioni in cui è stata effettuata la traduzione delle licenze Creative Commons collaborano alla loro diffusione. Creative Commons International (http://creativecommons.org/international) e i "project lead" sono entità indipendenti e separate, benché entrambe collaborino per promuovere la diffusione delle licenze e degli strumenti Creative Commons.

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L'idea alla base di Creative Commons è che alcune persone potrebbero non voler esercitare tutti i diritti di proprietà intellettuale che la legge conferisce loro. Crediamo che esista una richiesta inascoltata di uno strumento facile ma affidabile per comunicare al mondo "Alcuni diritti riservati" o addirittura "Nessun diritto riservato". Molte persone pensano da tempo che il diritto d'autore in stile "Tutti i diritti riservati" non li aiuti ad ottenere la notorietà e l'ampia distribuzione che vogliono. Molti imprenditori e artisti, per assicurarsi un ritorno dal loro investimento creativo, preferiscono affidarsi a modelli di business innovativi piuttosto che a un diritto d'autore forte. Altri ancora vogliono contribuire e partecipare al patrimonio intellettuale comune. Qualsiasi siano le ragioni, è chiaro che molti cittadini della Rete vogliono poter condividere le proprie opere - e il potere di riutilizzarle, modificarle o distribuirle - a condizioni meno restrittrive. Creative Commons intende aiutare le persone ad esprimere il loro desiderio di condivisione offrendo al mondo, gratuitamente, degli strumenti in tal senso. 49) Chi ha fondato Creative Commons? Creative Commons è stata fondata nel 2001 dagli esperti di diritto della rete e proprietà intellettuale James Boyle, Michael Carroll, e Lawrence Lessig, dall'informatico del MIT Hal Abelson, dall'avvocato-documentarista regista-esperto di diritto della rete Eric Saltzman, e dall'editore web per il pubblico dominio Eric Eldred. Ricercatori e studenti al Berkman Center for Internet and Society della Harvard Law School hanno aiutato il progetto a decollare, per il primo anno di vita, durante il quale Creative Commons è stato ospitato e ha ricevuto il generoso supporto dalla Stanford Law School e dal Center for Internet & Society. 50) Quali sono i problemi che Creative Commons intende risolvere? Con l'avvento della rivoluzione digitale e di Internet, è improvvisamente divenuto possibile distribuire opere in una varietà di formati di qualità molto alta, spesso professionale; è possibile collaborare anche tra contesti diversi; ed è possibile creare nuove opere, opere derivate o collettive ad un livello globale, in modo decentralizzato e ad un costo relativamente basso. Ciò offre un'enorme ed inedita opportunità per stimolare la creatività e la produzione di sapere. Più le persone sono interconnesse e comunicano, più diventa facile ottenere esattamente i contenuti di cui si ha bisogno, così come risolvere problemi grazie alla cooperazione resa possibile dall'interconnessione. La convergenza delle tecnologie e dei media crea anche molteplici possibilità per creare opere derivate - ad esempio, remix e mashup. Un altro aspetto importante è che la globalizzazione non sta avendo luogo solo a livello aziendale: i suoi effetti possono essere osservati anche in diverse aree scientifiche e didattiche e in altri settori della società, dove sono comparsi nuovi modelli di cooperazione fruttuosa. L'enciclopedia gratuita Wikipedia e la comunità del software libero ed open source sono esempi di questi fenomeni socio-economici. Molte delle persone che contribuiscono a questi progetti non sono motivate dall'immediato desiderio di guadagno, ma dal desiderio di imparare, diventare conosciuti, ed anche di aiutare altre persone.

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Lo svantaggio di questi eccitanti sviluppi e possibilità è che le nuove tecnologie possono essere usate per violare su scala massiccia il diritto d'autore e che molti consumatori, specialmente i più giovani, sembrano considerare normale il non tenere in considerazione le richieste, legali e legittime, dei creatori e dei produttori di contenuti di essere pagati per l'utilizzo delle proprie opere. I maggiori detentori di diritti d'autore hanno reagito con una strategia in quattro punti: (a) cercando di impedire il rilascio di nuove tecnologie che possano essere usate per scopi illeciti; (b) sviluppando strumenti che permettano di gestire i loro diritti con una precisione fino ad oggi sconosciuta e impensabile: il DRM e le protezioni tecnologiche contro la copia non autorizzata; (c) riuscendo a rinforzare queste misure tecnologiche rendendone illegale l'aggiramento; e (d) lanciando grandi campagne pubblicitarie con lo scopo di insegnare ai giovani che devono evitare di appropriarsi di opere coperte dal diritto d'autore. Queste reazioni sono comprensibili, benché spiacevoli. La nostra preoccupazione è che il loro effetto combinato sarà quello di soffocare le opportunità di utilizzare in modo diffuso le tecnologie digitali per incoraggiare la creatività, la collaborazione e la risoluzione dei problemi di cui sopra. Se autori e titolari dei diritti oggetto della licenza devono confrontarsi non solo con leggi complicate, ma anche con barriere tecnologiche, molti ignoreranno le regole o non eserciteranno la propria creatività. La nostra alternativa è quella di fornire ad autori e titolari di diritti oggetto della licenza un semplice modo per comunicare quali libertà vogliono associare alla propria opera. Ciò rende semplice la condivisione o la creazione di opere derivate. Rende possibile agli autori e ai licenzianti conservare alcuni diritti. Questa è fondamentalmente la nostra missione. Il diritto d'autore dà agli autori certi diritti. Vogliamo rendere semplice agli autori esercitare quei diritti in modo che gli altri possano capire i loro intenti. 51) Costa qualcosa utilizzare le licenze e gli strumenti Creative Commons? No, l'utilizzo è gratuito. 52) Chi sovvenziona Creative Commons? Creative Commons è stata fondata grazie ad una cospicua donazione del "Center for the Public Domain" e riceve continue donazioni da parte della fondazione John D. e Catherine T. MacArthur, la fondazione Hewlett e l'Omidyar Network. Stiamo continuando il nostro impegno nel cercare donazioni da parte di qualsiasi altra fonte, tra cui fondazioni, privati e sovvenzioni statali. Nel caso in cui anche tu voglia supportare Creative Commons, ti preghiamo di consultare la pagina dedicata: http://creativecommons.org/support. 53) A chi sono indirizzati i servizi offerti da Creative Commons? Creative Commons aiuta non solo i creativi e gli utenti di contenuti creativi, ma anche l'interesse della collettività, che trae vantaggio da una più grande ed estesa collaborazione basata sull'uso di opere creative. Aiutiamo chiunque voglia tutelare il proprio lavoro in

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modo elastico, utilizzarlo in maniera creativa e trarre beneficio da tale simbiosi. Speriamo che in professori, studenti, scienziati, scrittori, fotografi, registi, musicisti, grafici, web designer, ma anche ascoltatori, scrittori e lettori, beneficino dell’utilizzo e della diffusione dei nostri strumenti. 54) Dove ha sede Creative Commons? Creative Commons Corporation ha sede in Massachussetts, da cui dirige il lavoro di dipendenti e volontari distribuiti in tutto il globo. I principali uffici si trovano a San Francisco, Stati Uniti, nonché a Berlino, in Germania. Un modulo di contatto, gli indirizzi postali ed ulteriori informazioni possono essere trovati qui: http://creativecommons.org/contact 55) Creative Commons ospita o possiede contenuti? Il nostro compito principale è quello di aiutarti a tutelare il tuo lavoro, offrirti i mezzi per pubblicarlo nella maniera più semplice possibile ed indirizzarti verso esempi di contenuti soggetti a licenze Creative Commons a cui ispirarsi. Ti offriamo inoltre la possibilità di consultare lavori già licenziati, in modo da capire facilmente il sistema di "licensing". In ogni caso, ospitiamo anche contenuti presso il sito ccMixter: http://ccmixter.org. 56) Creative Commons è coinvolta nel Digital Rights Management (DRM)? No. Il nostro business è quello dell'espressione dei diritti digitali, non della loro gestione. I nostri strumenti rendono semplice la comunicazione di quali diritti si riserva l'autore. Ma non forniamo strumenti per far rispettare tali diritti. Il DRM sì. In aggiunta al fatto di esprimere i propri diritti in forma digitale, i sistemi di DRM forniscono la tecnologia necessaria a farli rispettare. Perché non usiamo la tecnologia per far rispettare i diritti? Ci sono troppe ragioni per essere descritte qui. Probabilmente la più comune è quella che la tecnologia non può gestire le eccezioni e limitazioni al diritto d'autore. Per dirla in un altro modo, le eccezioni a limitazioni non possono essere codificate. Ma - ancora più importante - crediamo che far rispettare i diritti con la tecnologia crei degli ostacoli agli utilizzi creativi delle opere non previsti. Vogliamo incoraggiare questo tipo di usi. E , insieme a molti altri, siamo preoccupati che l'ecologia della creatività verrebbe soffocata dall'uso pervasivo della tecnologia per "gestire" i diritti. Il diritto d'autore deve essere rispettato, senza dubbio. Ma preferiamo che siano rispettati nel vecchio modo - da persone che agiscono in modo responsabile per rispettare le libertà e i limiti che l'autore sceglie e che si concretizzano nella legge. 57) Cosa succede se qualcuno prova a proteggere un'opera rilasciata con Creative Commons con un sistema di DRM? Se qualcuno utilizza strumenti di DRM per restringere i diritti garantiti con la licenza, questa persona viola la licenza. Tutte le nostre licenze proibiscono ai licenziatari di "distribuire l'opera usando misure tecnologiche miranti a controllare l'accesso all'Opera ovvero l'uso dell'Opera, in maniera incompatibile con i termini della licenza".

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58) Mi piace quello che fa Creative commons. In che modo posso rendermi utile? Creative Commons è lieta di accettare il tuo aiuto sotto forma di donazioni. In cambio, potrai anche ricevere una serie di oggetti, a seconda della donazione effettuata. Le donazioni e il sistema di invio di tali oggetti sono gestiti tramite il circuito Paypal. Più in generale, Creative Commons ha bisogno del tuo sostegno per contribuire a costruire una cultura partecipativa, in cui ognuno può impegnarsi attivamente nella creatività che ci circonda. Come? Trovi maggiori informazioni su https://support.creativecommons.org (in inglese), ma questi sono alcuni dei link diretti alle modalità suggerite da CC (link alle pagine in inglese):

• Store: acquistando (https://support.creativecommons.org/store); • Call for Video: inviandoci un video in cui racconti perché hai scelto le licenze

Creative Commons e perché supportarle https://support.creativecommons.org/stories);

• Commoner Letter: scrivendoci una lettera sui tuoi progetti passati e futuri che coinvolgono CC (https://support.creativecommons.org/letters);

• Spread the World: inserendo nel tuo sito bottoni e widget (https://support.creativecommons.org/spread).

Ti preghiamo inoltre di darci la tua opinione direttamente a [email protected], oppure partecipando alla nostre liste di discussione: http://creativecommons.org/discuss. Ti ricordiamo anche le liste di discussione dedicate al progetto italiano: http://www.creativecommons.it/Liste.

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APPENDICE 4 DIVENTA CREATIVO

Trascrizione italiana dello script del filmato divulgativo “Diventa Creativo” disponibile su http://www.creativecommons.it/DiventaCreativo. Dalla stessa pagina, oltre a visualizzarlo, si può scaricare e remissare il file flash sorgente ed effettuare il download dell’animazione in diversi formati video (Flash, Quicktime, DivX, Ogg, Mpeg) con la dimensione/qualità preferita (Grande, Piccolo). Sono disponibili anche i file audio della voce e della colonna sonora. Quest’animazione è rilasciata con una licenza Creative Commons Attribution-Non-Commercial-ShareAlike 1.0, il cui testo è disponibile alla pagina web http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/1.0/legalcode.

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Questi sono Jack e Meg White, anche noti come i “White Stripes”, un gruppo di Detroit che fa Rock & Roll senza un bassista.

Questo è Steve Mc Donald, componente della banda “Redd Kross”.

Steve ha pensa che ai “White Stripes” avrebbe fatto bene avere un bassista e così si è messo all'opera.

Ha preso l’album “White Blood Cells” dei “White Stripes” e lo ha ri-registrato aggiungendo una linea di basso ad ogni canzone. Poi ha pubblicato il risultato come file mp3 sul sito web dei Redd Kross e ha realizzato una copertina per il nuovo album con il titolo “Redd Boods Cells”. Mc Donald ha pubblicato on-line queste canzoni protette dal diritto d’autore senza il permesso dei White Stripes o della loro casa discografica.

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Durante il progetto, però, Steve ha incontrato casualmente Jack White che a voce gli ha dato l’ok per continuare. È davvero semplice quando si saltano gli intermediari. Collaborazioni che superano le barriere dello spazio e del tempo.... Creare insieme a persone che non hai mai incontrato.... In piedi sulle spalle dei tuoi pari.... Questa è la forza di Internet. È davvero semplice quando si saltano gli intermediari. Ma non potrebbe essere ancora più semplice? A non molti di noi capita di incontrare Jack White e di avere il suo ok, e comunque Jack non è che lasci aggiungere il basso alle sue canzoni proprio a chiunque. Ma che dire di quegli artisti disponibili a lasciar modificare le proprie opere da chiunque? Perché non si dovrebbe poterlo fare se non hanno nulla in contrario? Ecco qui uno dei più famosi cittadini di internet, un volto noto in tutto il mondo, famoso come solo i marchi più celebri o le più grandi star: la Grande C di copyright.

Tutti conoscono il significato della grande C; la Grande C significa: “tutti i diritti riservati”; la Grande C significa: “chiedi il permesso”. La Grande C protegge i detentori dei diritti d'autore notificando a tutti noi che loro sono i proprietari. Si può mettere la Grande C per comunicare che l’opera è protetta dal diritto d’autore. Vale a dire che l'opera non fa ancora parte del pubblico dominio, ovvero quel grande patrimonio di opere - come i grandi classici della letteratura - che possiamo usare liberamente senza chiedere il permesso a nessuno.

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Il lavoro della Grande C è, quindi, quello di avvertire il mondo che una certa opera è protetta - un lavoro senza dubbio molto utile.

Ma da quale momento scatta la protezione del diritto d’autore? Qualsiasi opera è automaticamente tutelata dal diritto d’autore nel momento stesso in cui la creazione si estrinseca e diventa percepibile. Nel momento in cui hai finito un articolo, nel secondo in cui scatti una foto, nell’istante in cui metti il sigillo alla tua opera, la tua creazione viene - con o senza la Grande C - automaticamente protetta. Dal momento che la protezione è automatica e la Grande C non è obbligatoria, non c’è modo di sapere in maniera semplice se un’opera è tutelata o meno. La legge è chiara su cosa si debba fare per avere la tutela – non bisogna fare nulla – ma non dice assolutamente niente su come si possa comunicare al pubblico che si concedono certi usi dell’opera. E allora?

Se sei un regista di un film digitale e devi avere il permesso di un esercito di avvocati per ogni fotogramma, o se fai parte di un gruppo musicale la cui casa discografica non ti permette di mettere una canzone sui circuiti peer-to-peer, o se sei un professore che sta cercando di mettere on-line del materiale didattico, o se sei un DJ che deve continuamente

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capire a chi chiedere permesso per utilizzare parti di canzoni per creare i propri collage musicali- se sei una di queste persone, allora lo sai quanto sia difficile. Interrompi questo brainstorming per chiamare gli avvocati!

Ti fermi, e chiami tutti gli avvocati per chiedere il permesso. Anche se all’autore dell'opera non importa se tu la usi, tu chiedi comunque il permesso perché non hai idea delle sue intenzioni. Chiedi il permesso persino per condividere alcuni dei tuoi diritti. O ti butti nell'impresa incerto di quali siano effettivamente rischi e opportunità. O ancora, immerso in una nebbia legale, decidi di non fare nulla.

In conclusione: il dubbio rimane, ma gli intermediari restano. Ed ecco che qui entra in gioco Creative Commons.

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Creative Commons voleva trovare un modo semplice per dare la possibilità agli autori di comunicare in maniera chiara che vogliono permettere alcuni usi delle loro opere. Noi di Creative Commons abbiamo interpellato gli esperti dell’Ufficio Copyright degli Stati Uniti per avere un loro aiuto. Ci hanno risposto “non c’è nulla: inventatevi qualcosa”. E allora noi siamo diventati creativi. Come? Il nostro marchio Creative Commons identifica un insieme di licenze di diritto d’autore standardizzate disponibili gratis sul nostro sito.

Abbiamo stilato queste licenze in modo tale che avvocati e giudici possano leggerle; le abbiamo tradotte in un linguaggio che anche tu possa comprendere; ed infine le abbiamo tradotte in un linguaggio che anche i computer possano interpretare. Creative Commons non è in competizione col copyright, ma lo integra: permette di mantenere il copyright, ma nel contempo di accordare al mondo il permesso di utilizzare la tua opera a certe condizioni.

Se la grande C è come un semaforo rosso, allora Creative Commons è il semaforo verde. Se la grande C dice : “vietato entrare”, la Doppia C dice: “avanti, entrate”.

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Se la grande C dice: “tutti i diritti riservati”, Creative Commons dice: “alcuni diritti riservati”.

Così puoi usare la forza di Internet per trovare dei lavori liberamente condivisibili e utilizzabili, e per invitare altre persone a trasformare o diffondere le tue creazioni.

Così puoi diventare creativo sia creando le tue opere, sia rendendole disponibili in maniera innovativa. Così puoi collaborare superando le barriere dello spazio e del tempo... così puoi diventare co-autore di qualcuno che non hai mai incontrato... così puoi arrivare piu' in alto salendo sulle spalle dei tuoi pari...

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Il tutto senza chiedere permesso, perché il permesso è già stato concesso. Creative Commons: diventa creativo. È semplice quando salti gli intermediari.

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