Costanzo Preve Fuori Dal Debito

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  • 8/3/2019 Costanzo Preve Fuori Dal Debito

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    Fuori dal debito! Fuori dallEuro!di Costanzo Preve

    1. Unorganizzazione denominata Rivoluzione Democratica (cfr. sollevazione.blogspot.com) ha

    convocato a Chianciano per il 22 e 23 ottobre 2011 un incontro nazionale con parola dordine:Fuori dal debito! Fuori dallEuro! Voglio qui riportare il mio contributo (sia pure non richiesto),

    data limportanza del tema in questione.

    2. Le possibilit concrete di ottenere a breve ed a media scadenza questi due obbiettivi (che

    condivido nellessenzialit) sono pressoch nulle. E dicendo nulle intendo proprio dire nulle. In una

    simile situazione, non potendoci aspettare risultati anche solo parziali a scadenza ragionevole, il

    come si devono impostare le rivendicazioni che diventa decisivo. Se esse infatti si impostano male o

    in modo inappropriato, presto o tardi se ne avranno le conseguenze. Far fra poco il grottesco

    esempio del Movimento detto No Global, partito un decennio fa con grandi speranze e finito nel

    nulla e nel ridicolo. Le cause di questo esito poco glorioso devono essere approfondite.

    3. Il settembre 2011 lUnione Sindacale di Base (USB) sfilata a Roma con rivendicazioni

    qualitativamente diverse da quelle della CGIL, Di Pietro, di Vendola, di Bersani e della stessaFIOM. E stato posto il problema della cancellazione del debito e della uscita dalleurozona. Si

    tratta pur sempre di unorganizzazione che rivendica di avere circa 250.000 membri, e quindi di una

    forza piccola, ma reale. Si tratta di una relativa novit nella scena politica italiana, in cui lUnione

    Europea fino ad oggi rimasta un feticcio intoccabile, dallestrema destra allestrema sinistra

    visibili.

    4. Nel numero di settembre 2011 di Le Monde Diplomatique (edizione italiana) uscito un

    fondamentale articolo delleconomista francese Frdric Lordon intitolato La deglobalizzazione ed

    i suoi nemici. Questo testo importante, perch pone con chiarezza i problemi fondamentali.

    Rimandando ad esso il lettore, ne svolger con autonomia un mio commento personale.

    5. Cos come la imposta Lordon (e la intendo io) la de globalizzazione non ha nulla a che vedere,

    e non quindi una ripresa, di ci che per un decennio stato chiamato Movimento No Global. Ladebolezza strategica del Movimento No Global era di non essere affatto no global (al di l dei riti

    pittoreschi di piazza, dai lamenti pecoreschi ritmati alle simulazioni del black bloc), ma di essere un

    movimento no global di estrema sinistra, e cio una caricatura ultra-global. La stragrande

    maggioranza delle sue rivendicazioni (per non cadere nellautarchia, nel protezionismo, nello stato

    nazionale, eccetera, tutte cose viste a priori come di ultradestra) erano ricavate da una

    radicalizzazione di ultra-sinistra del paradigma neoliberale in politica e neoliberista in economia.

    Estensione in tutto il mondo dei veri diritti umani, abolizione delle frontiere, libera immigrazione,

    superamento del meschino orizzonte della sovranit dello stato nazionale, retorica contro i

    dittatori (distinti in semplicemente corrotti, ed in corrotti ed anche sanguinari), giovanilizzazione e

    femminilizzazione dei valori sociali, mitologia del progresso, eccetera. Un programma che

    sembrava stilato dalle stesse oligarchie liberali. In campo marxista, Negri e Hardt scrissero unatrilogia che propagandava questa concezione liberista rovesciata (ma un dado rovesciato sempre

    un dado), e non a caso questa trilogia divenne popolare presso i due estremi sociali apparentemente

    antitetici ed in realt complementari del capitalismo, i centri sociali in basso e laristocrazia

    accademico-universitaria di sinistra in alto.

    6. In Italia abbiamo vissuto una variante particolarmente pittoresca e provinciale del movimento

    no global, con il picconatore Bertinotti che sosteneva che con la globalizzazione spariva

    limperialismo. Il fatto che questa colossale sciocchezza potesse essere presa sul serio segnala la

    desertificazione del pensiero critico per opera degli apparati ideologici post-moderni mediatici ed

    universitari. Ed il fatto che il successore pi astuto e rigoroso di Bertinotti, il poeta barese Vendola,

    abbia elettoralmente svuotato sia i merli di Ferrero sia i passeri di Diliberto, mostra come il non

    avere preso sul serio in tempo le sciocchezze porta poi a conclusioni distruttive. Quali lezioni trarre

    dagli esiti grotteschi del movimento no global dieci anni dopo?

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    7. La prima e pressoch unica lezione consiste nel capire che la sacrosanta lotta alla

    globalizzazione non pu e non deve essere ripetuta e riproposta sulla base ideologica del

    movimento no global. Lordon chiarisce che i cantori del vecchio movimento no global (ad esempio

    lorganizzazione Attac, che ha definito la deglobalizzazione un concetto semplificato e superficiale)

    comincino gi ad alzare le barricate, paventando poi contaminazioni con il protezionismo

    delleterna destra. Fa eccezione leconomista francese Jacques Sapir, che a mio avviso haimpostato le cose nel modo pi radicale e anche meno estremistico ed avventuristico possibile: si

    tentino pure tutte le soluzioni possibili dentro leuro e lunit europea, ma se per caso fallissero,

    allora deve diventare pensabile anche luscita dalleuro.

    8. Inutile dire che una simile prospettiva possibile, anche se posta solo come eventualit

    praticabile nel caso che tutte le altre opzioni riformatrici fallissero, viene virtuosamente rifiutata

    dal centro e dalla destra liberale. Il fatto che ormai il liberalismo classico non esiste nemmeno pi,

    divorato dal passaggio dalla sovranit politica alla governance economica. Ma anche la sinistra (con

    quella appendice patetica ed inutile chiamata estrema sinistra) la rifiuta, temendo virtuosamente

    che un conflitto di classe venga trasformato in un conflitto di nazioni (Jean Marie Harribey).

    Ecco, questo lo scoglio. Il voler negare il dato nazionale, rimuovendolo virtuosamente, aveva gi

    portato Attac a passare dalla anti-globalizzazione al cosiddetto altermondialismo. Malaltermondialismo per ora non esiste, ed una utopia futuribile come il comunismo o il

    comunitarismo universale. Ma il dato nazionale non significa automaticamente razzismo,

    protezionismo assoluto, autarchia totale o decrescita virtuosa agro-pastorale, anche se viene

    ovviamente cos diffamato dai cantori (interessati) della cosiddetta irreversibilit della

    globalizzazione.

    La globalizzazione emendabile? Il futuro ignoto, ma si pu gi rispondere: per ora, nelle attuali

    condizioni geopolitiche ed economiche, no. I quattro elementi intrecciati insieme (le sfide della

    globalizzazione, il giudizio dei mercati, il vincolo dei debiti, la sovranit delle agenzie di rating) ci

    fanno rispondere di no. E quindi bisognerebbe trarne le conseguenze.

    9. Per ragioni che sarebbe lungo e noioso spiegare, mentre mi sono estraniato (e sono stato

    estraniato) dal dibattito italiano, sono invece attivo e presente nel dibattito greco (articoli, interviste,

    interventi, eccetera). Ora, tutti conoscono la situazione della Grecia, e di come il problema del

    debito e delleventuale uscita dalleuro sia in Grecia particolarmente acuto ed attuale, molto pi che

    in Italia, dove ancora per ora largamente teorico e virtuale. In Grecia possibile studiare come

    in un laboratorio le conseguenze immediate del dibattito sul debito.

    Il commissariamento della Grecia, che ha comportato la sua totale perdita di sovranit, ha

    comportato anche la completa distruzione di tutte le conquiste socialdemocratiche conseguite

    dopo la caduta della giunta dei colonnelli del 1974 (metapolitefsi), svuotando quasi quaranta anni di

    storia della Grecia moderna. Cos come lItalia dellagosto 2011 stata commissionata dal

    duopolio Draghi-Napolitano (un banchiere ed un ex-comunista riciclato), cos la Grecia stata

    commissionata da una giunta economica costituita da tutti partiti (destra, sinistra e centro)favorevoli alla sottomissione ai diktat della banca Centrale Europea e della Germania in primo

    luogo. A questo punto, come reagire?

    Da quanto ho potuto capire partecipando al dibattito, ci sono stati fondamentalmente due modi. In

    primo luogo la rivendicazione di una autonomia nazionale stato subito incorporata nel ribellismo

    ultra-comunista di estrema sinistra, che invita allabbattimento del capitalismo. In secondo luogo,

    un modo pi patriottico e nazionale, incarnato dal grande musicista Mikis Theodorakis e dal suo

    movimento, che non porta in piazza bandiere rosse ma soltanto bandiere azzurre greche, e lo fa per

    non dividere ideologicamente il popolo, che al di fuori di una ristretta oligarchia soffre

    indipendentemente dalle sue opinioni politiche, filosofiche o religiose.

    Nonostante abbia amici soprattutto fra i sinistri greci, devo dire che a mio avviso la linea giusta

    quella di Theodorakis. Il popolo non deve essere diviso ideologicamente, ma unito in nome dellasovranit nazionale e di quella che Lordon e Sapir chiamerebbero deglobalizzazione. Cerchiamo di

    tirarne la conseguenze italiane. Anche in Grecia Theodorakis stato accusato di essere rosso-

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    bruno, di lasciare spazio alla destra, di essere ambiguo, eccetera. Accuse completamente false.

    Theodorakis ha le carte in regola, sia per la Resistenza (1941-1944), sia per la guerra civile (1946-

    1949), sia per il lungo inverno dellautoritarismo successivo (1949-1967), sia per lopposizione

    alla dittatura dei colonnelli (1967-1974). E solo la stupidit settaria che non ha le carte in regola, n

    in Grecia n in Italia.

    10. Passiamo ora allItalia. Se le considerazione fatte fino ad ora sul fallimento dei no global edegli altermondialisti, sulla deglobalizzazione (Lordon, Sapir), sulla corretta impostazione

    nazionale (non nazionalistica) di Theodorakis in Grecia, eccetera, sono corrette, che cosa fare in

    Italia?

    In primo luogo, non lasciare spazio ai deliranti che dicono che bisogna fare come in Tunisia. Gli

    italiano se ne guarderebbero bene. Dalla Tunisia si scappa e si scapper ancora a lungo, perch non

    c pane e non c lavoro (il che non significa che non fosse ovviamente sacrosanta la rivolta contro

    Ben Al!). In questo momento una (non auspicabile) rivolta di tipo tunisino porterebbe soltanto alla

    fuga del puttaniere Berlusconi ed ad un governo degli onesti, e cio dei funzionari del FMI e della

    BCE, che porterebbero a termine i programmi di liberalizzazione totale.

    In secondo luogo, non bisogna in nessun modo attaccare al programma della deglobalizzazione

    (perch ovvio che lo sarebbe sia luscita dalleuro che dal debito) i tradizionali (e deliranti)programmi di estrema sinistra, attraverso massimalistiche adunate di refrattari. Mi spiace scendere

    sui nominativi e sul personale, perch non sarebbe stata questa la mia intenzione. Ma che cosa ci

    fanno Rizzo, Ferrando e Babini dei CARC? I CARC vogliono la dittatura del proletariato. Ferrando

    vuole fare come in Tunisia, e lasciamo stare per carit di patria le sua posizioni sulla Libia e sulla

    Siria, in cui uno scontro tra masse divise da una guerra civile stato magicamente trasformato in

    scontro tra le masse unite ed i dittatori burocratico-capitalisti. E Badiale? A mia conoscenza Badiale

    vuole la decrescita, programma del tutto legittimo, ma che una fuga in avanti attaccare alla

    deglobalizzazione. Trattandosi di una sorta di intergruppi di estrema sinistra, il solo modo in cui

    molti vedono lanticapitalismo, a mio avviso il fallimento inevitabile. A breve scadenza, fallirebbe

    anche se ci fossero Ges, Maometto, Marx e Lenin. Ma almeno porrebbe le basi per una lotta di

    lunga durata. Cos avremo il solito intergruppi estremistico urlante.

    A dire queste cose, si passa necessariamente per rompiscatole e guastafeste, ma in definitiva

    meglio parlare che tacere.

    Torino, settembre 2011