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1 CORSO RESIDENZIALE DI AGGIORNAMENTO ALIMENTAZIONE ED ATTIVITÀ FISICA 13-14 maggio 2005 IMOLA Sono di seguito riportate le relazioni tenute al Corso Residenziale fornite dai Relatori. Al termine sono inoltre presenti le risposte corrette del questionario ECM.

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CORSO RESIDENZIALE DI AGGIORNAMENTO

ALIMENTAZIONE ED ATTIVITÀ

FISICA

13-14 maggio 2005 IMOLA

Sono di seguito riportate le relazioni tenute al Corso Residenziale fornite dai Relatori. Al termine sono inoltre presenti le risposte corrette del questionario ECM.

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IMPORTANZA DELL’ALIMENTAZIONE NELLE SQUADRE NAZIONALI: IL PARERE DELL’ALLENATORE

Dott. Roberto Lobietti

Facoltà di Scienze Motorie, Università di Bologna

Alcune note preliminari sulla struttura di uno staff tecnico.

Lo Staff Tecnico

Preparatore AtleticoMedicoFisioterapista

Assistenti Allenatori

La squadraLA SQUADRA

ALLENATORE

Compiti dell’ALLENATORE Possiede delle competenze specifiche e delle abilità di coordinamento degli altri specialisti che

sono: Preparatore atletico, fisioterapista e Medico per la parte fisica dell’attività, Assistenti allenatori per le parti tecnica e tattica, il Team Manager per la parte organizzativa e l’Addetto stampa per le relazioni con l’esterno.

Le competenze specifiche riguardano: la tecnica e la tattica, la gestione delle dinamiche relazionali tra i componenti della squadra e il sapere o “sentire” di psicologia

Qualsiasi specialista deve comunque partire dall’analisi del modello di prestazione dello sport per il quale deve fornire il proprio contributo. Segue un esempio per la Pallavolo:

a) Alternanza di fasi di gioco attivo (di 3, 6 sec principalmente, ma anche, a volte scambi più lunghi) e di pausa (circa 20 sec).

b) Le qualità fisiche richieste a un giocatore sono: - forza – forza esplosiva- forza veloce - elevazione - resistenza alla forza veloce -velocità dei movimenti-rapidità – destrezza – resistenza specifica al gioco.

c) Notevole il dispendio energetico di tipo nervoso, attentivo ed emotivo. d) A livello di meccanismi energetici, durante la partita vengono coinvolti sia i

meccanismi aerobici che anaerobici (PCr e glicogeno muscolare), anche se la percentuale è sicuramente a favore dell’anaerobico che rappresenta circa l’80% di un intero match, con serie di salti continui, cambi veloci di posizione, posizioni basse in squat, cadute a terra.

L’ALIMENTAZIONE

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Il MEDICO ha il compito di indagare le abitudini alimentari e di programmare la nutrizione degli atleti sia nell’attività di allenamento quotidiana che in occasione delle gare. Può farsi coadiuvare in questo dall’esperto nutrizionista o dietista e deve rapportarsi col preparatore atletico e con l’allenatore per coordinare al meglio gli apporti nutritivi alle tipologie d’allenamento. Anche l'allenatore deve conoscere i requisiti di minima su cui poggia l'alimentazione dello sportivo: quindi DEVE sapere ciò che è permesso ma anche cosa può risultare deleterio. Il rapporto con il medico deve essere di una fiducia enorme: se manca questa e quindi il confronto, si rischia di minare l'equilibrio sia per quanto riguarda la gestione dell'infortunio e/o malattia, sia la gestione dell'alimentazione. Nel Club Gli atleti e le atlete mangiano a casa propria o in ristoranti convenzionati e conseguentemente risulta impossibile il controllo; diventa perciò fondamentale l’informazione preventiva e l’educazione alimentare degli atleti allargata alle loro famiglie e ai gestori del ristorante.Le attività di controllo si limitano alla bilancia e all’analisi della massa grassa col metodo plicometrico. Solo in trasferta in occasione delle gare il menù viene scelto direttamente dal Medico mentre può essere direttamente programmata, controllata e variata dal medico nei ritiri della Nazionale che può tenere conto dei diversi momenti della preparazione e anche del ruolo e dell’attività svolta. Attenzione però a differenziare soprattutto tra titolari e riserve nelle manifestazioni lunghe dove una riserva (per scelta o infortunio) può diventare determinante nella seconda settimana (cioè per le finali) senza aver mai giocato all’inizio e quindi senza aver “consumato” quanto ingerito con l’alimentazione. ASPETTI MOTIVAZIONALI: l’allenatore ha il compito quale responsabile della squadra di motivare gli atleti verso tutti gli aspetti della loro preparazione supportando i vari specialisti (Preparatore atletico, Medico, Fisioterapista) nel loro compito. A qualsiasi livello si tratta inoltre di “educazione alimentare dell’atleta”: infatti obiettivo dell’attività deve essere non solo il risultato agonistico dell’annata o del biennio, ma soprattutto la crescita degli atleti in tutti gli aspetti della loro preparazione (fisico, tecnico, tattico e professionale). Nel caso di settori giovanili è opportuno coinvolgere le famiglie per quel che riguarda l’alimentazione organizzando almeno una riunione iniziale col Medico della squadra nella quale illustrate le Linee guida per una corretta alimentazione In nazionale la responsabilità di indicare il menu agli alberghi che ospitano le squadre è del medico ma tutto lo staff deve vigilare sul rispetto delle regole; a proposito di questo ritengo che “disciplina alimentare = disciplina tattica”. Particolare attenzione è doverosa nel far “pressione” agli atleti per il controllo del peso e dell’alimentazione: non sono così rari specie a livello femminile i casi di disagi alimentari (bulimia e anoressia). A questo proposito ecco alcune attenzioni da prestare:

• Dare agli atleti (e ai loro genitori) informazioni corrette riguardo l’alimentazione partendo dal messaggio base che “fare sport = gioire ed essere fisicamente e mentalmente in salute!”

• La capacità tecnica, la forza e la forma psico- fisica sono molto più determinanti per il risultato rispetto al peso e alla percentuale di grasso.

• Assicurarsi che la scelta di fare sport sia dei ragazzi e non dei loro genitori.

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• Insegnare all’atleta ad essere padrone di se stesso pretendendo di sapere il perché e il per come degli allenamenti, del cibo e delle cure cui viene sottoposto.

• Prestare attenzione al rapporto con il cibo dei propri atleti e atlete, a commenti sulla “silouette” propria e altrui, a frequenti visite al bagno (specie dopo i pasti), a inspiegabili fluttuazioni del peso.

ASPETTI CULTURALI: Se nel Club in particolare nelle squadre femminili di pallavolo sono presenti molte straniere e si deve tenere perciò conto anche delle diverse abitudini alimentari dei loro paesi d’origine, con le squadre nazionali in occasione delle manifestazioni internazionali si deve convivere con la cucina del paese ospitante. A questo proposito il motto della squadra nazionale maschile italiana che ha dominato in Europa e nel Mondo per oltre un decennio è stato “NO SPAGHETTI IN TRASFERTA”. Con questa frase si è voluta creare una mentalità risultata vincente per la quale ogni alibi (infortuni, viaggi disagevoli, alimentazione) era escluso.

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LA DISCIPLINA LEGISLATIVA DEGLI INTEGRATORI ALIMENTARI

Carlo Bottari Facoltà di Scienze Motorie, Università di Bologna

1. PREMESSA L’argomento oggetto del presente intervento ha conosciuto una singolare evoluzione normativa, il cui punto di partenza deve essere ricercato in un provvedimento legislativo risalente a più di cinquanta anni fa (legge n. 327 del 1951); tale normativa , invero, non regolava direttamente gli integratori alimentari, bensì poneva nel nostro ordinamento la cosiddetta “Disciplina nazionale dei prodotti alimentari”. Il provvedimento da ultimo citato ha fornito la base concettuale per i successivi sviluppi normativi, che hanno, infine, portato al D. Lgs. 21 maggio 2004 n. 169, in attuazione della Direttiva comunitaria 2002/46/CE, esplicitamente dedicata agli integratori alimentari. Si ritiene utile ripercorrere qui la summenzionata evoluzione normativa in modo da fornire un quadro il più esaustivo possibile sull’argomento e così da illustrare in modo soddisfacente i vari passaggi che si sono succeduti nel tempo; e l’analisi non può che partire dal suo inquadramento a livello costituzionale. 2. L’INQUADRAMENTO COSTITUZIONALE DELLA MATERIA Il settore degli alimenti e delle bevande è disciplinato da una normativa ormai vastissima 1 che, tuttavia, fin dagli inizi, si è sviluppata con riguardo a tre profili o “direttrici” principali, in ragione della prevalenza, o della confluenza, dei numerosi interessi pubblici che rilevano in materia: l’igiene pubblica; l’agricoltura, l’industria ed il commercio; l’interesse finanziario dello Stato. La normativa è, dunque, classificabile a seconda che prevalgano la necessità di tutela della salute collettiva, o interessi produttivi o fiscali. Vi è, poi, un’altra categoria di provvedimenti che disciplinano singolarmente le più importanti sostanze alimentari, avendo però riguardo a tutti i prima rilevati profili. A ciò si aggiunga, al riguardo, la sempre più crescente influenza del diritto comunitario. Per tali motivi, quindi, si è a lungo discusso in ordine alla reale collocazione della materia “tutela degli alimenti” rispetto alla distribuzione delle competenze normative tanto a livello centrale quanto a livello locale. L’alimentazione è, cioè, la tutela degli alimenti e delle bevande, tradizionalmente ha afferito al comparto agricolo e le relative funzioni si sono ritenute concentrate in capo al Ministero dell’Agricoltura. Negli anni, agli aspetti preminentemente alimentari sono andati affiancandosi gli aspetti più strettamente sanitari portando, così, la materia a scivolare gradatamente nell’attenzione del Ministero della Sanità. E’ la legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, che formalizza il trasferimento della materia al comparto sanitario in ragione dei preminenti aspetti legati alla tutela della salute dell’individuo; l’articolo 2, comma 1, n. 6, testualmente prevede che il conseguimento delle finalità del Servizio Sanitario Nazionale è assicurato mediante “l’igiene degli alimenti, delle bevande, dei prodotti e avanzi di origine animale per le implicazioni che attengono alla salute dell’uomo”.

1 Si veda in proposito FONDERICO F. “L’igiene pubblica”, in Trattato di Diritto Amministrativo a cura di S. Cassese, Diritto Amministrativo Speciale, tomo I, Le funzioni del benessere, p. 479.

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Non dobbiamo, peraltro, dimenticare che tale risultato viene conseguito all’indomani del completamento del trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni avvenuto con il DPR n. 616 del 1977 che, all’articolo 27, comma 1, lett. e), aveva già provveduto a trasferire le funzioni amministrative in tema di tutela igienico-sanitaria della produzione, commercio e lavorazione delle sostanze alimentari e bevande e dei relativi additivi, coloranti, surrogati e succedanei e che, per conseguenza, ha portato alla soppressione, o meglio al ridimensionamento del Ministero dell’Agricoltura, dal momento che ancora oggi non si è realizzato il definitivo superamento di tale assetto organizzativo ma anzi, addirittura, si parla di un suo potenziamento con una eventuale passaggio nel medesimo comparto del settore della medicina veterinaria, tradizionalmente annessa al comparto sanitario. Con la riforma del titolo V, parte II della Costituzione, avvenuta nel 2001, il ridisegnato sistema di ripartizione delle competenze normative assegna alla competenza concorrente delle Regioni la materia “tutela della salute” scorporando “l’alimentazione” che diventa materia, sempre regionale, bensì a sé stante. Questo sintetico riepilogo delle vicende normative degli ultimi anni conduce quindi a ritenere che d’ora in avanti la disciplina della materia, ed in particolare per il settore che interessa gli integratori alimentari, troverà il suo punto di riferimento, da un lato, nella normativa comunitaria e, dall’altro, nella normativa regionale dedicata all’alimentazione che, sviluppandosi in via concorrente con quella dello Stato, dovrà comunque rientrare nei limiti posti dalla legislazione statale di principio. 3. LA LEGGE N. 327 DEL 1951: LA DISCIPLINA NAZIONALE DEI PRODOTTI ALIMENTARI Come preannunciato, in precedenza, il punto di partenza della ricerca deve essere individuato nella legge n. 327 del 1951, la quale ha posto la disciplina nazionale dei prodotti alimentari, introducendo, in prima istanza, la distinzione tra «alimenti per la prima infanzia» ed «alimenti dietetici». Rileva ai nostri fini anche il Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1953 n. 578, regolamento di esecuzione della predetta legge, come integrato dalla Direttiva 1977/94/CE, in quanto classifica i prodotti di entrambe le categorie appena menzionate come «destinati ad una alimentazione particolare». Tale Direttiva è stata solo parzialmente recepita dal legislatore nazionale, rilevando in tal senso il Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 18 maggio 1982, relativo alla etichettatura dei prodotti alimentari in genere ed a quelli destinati ad una alimentazione particolare. Questa ricezione del tutto incompleta dei principi comunitari ed il notevole divario cronologico che si è frapposto tra la legge del 1951 e il definitivo provvedimento di adattamento dell’ordinamento nazionale, ha creato uno stato di confusione applicativa della disciplina in argomento, manifestandosi una ragguardevole incertezza in merito alla seguente questione: considerare vigente nell’ordinamento nazionale solo quanto esplicitamente recepito ovvero, con una fiducia nella lungimiranza del legislatore italiano forse eccessiva, ritenere la remota disciplina legislativa nazionale già comprensiva di quelle prescrizioni stabilite dalla successiva Direttiva Comunitaria, per cui sarebbe stata quest’ultima a recepire, venticinque anni più tardi, i «principi» già presenti nel nostro ordinamento. Al di là di tale complicata vicenda esegetica, è necessario rammentare come l’articolo 1 della legge n. 327 del 1951 offra la definizione dei prodotti per la prima infanzia, i quali sono «quelli che sostituiscono in tutto o in parte l’allattamento materno e quelli che servono per lo svezzamento, per l’integrazione dell’alimentazione dell’organismo nel suo primo periodo di vita». Tale concetto

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corrisponde, in via di massima, a quanto viene espresso dalle lettere a) e iii) dell’articolo 2 della Direttiva comunitaria 1977/94/CE: «Prodotti che per la loro particolare composizione o per il loro particolare processo di fabbricazione rispondano alle esigenze alimentari particolari dei lattanti o bambini nella prima infanzia in buona salute». Di particolare interesse risulta anche la definizione dei prodotti dietetici, contenuta anche questa nell’articolo 1 della legge n. 327 del 1951, per cui sono tali quei prodotti che «per processo di lavorazione o per addizione di particolari sostanze», protidi, lipidi, glicidi, vitamine, sali minerali, «abbiano acquisito particolari e definitive proprietà dietetiche». La nozione appena riportata non è però in grado di apportare definitiva chiarezza al concetto di prodotti dietetici, trattandosi infatti, al di là della raggiunta individuazione di alcune delle sostanze da utilizzare, di una definizione largamente tautologica. Diventa allora importante individuare uno strumento ermeneutica nella già menzionata Direttiva 1977/94/CE, il cui primo articolo, II comma, ha il merito di specificare che i prodotti dietetici si distinguono «nettamente» dai prodotti alimentari di consumo corrente, risultando adatti a determinate esigenze alimentari. Esigenze, queste, che successivamente, al punto iii) della lett. b) si precisano riferirsi a quelle «categorie di persone il cui processo di assimilazione o il cui metabolismo sia “perturbato” o che si trovino in condizioni fisiologiche particolari, tali da poter trarre benefici particolari dalla ingestione controllata di talune sostanze»2. Si è operato effettuando una suddivisione dei consumatori, in categorie basate sulle proprie condizioni fisiche generali, sottolineando come ad una maggioranza più o meno estesa di soggetti che godono di una buona funzionalità fisica si contrapponga un insieme minoritario ma comunque cospicuo di soggetti con necessità diverse, in ragione di alcune particolarità fisiologiche che caratterizzano questi ultimi. Sarà proprio dalla necessità di addivenire a sempre più sofisticati partizioni, spinti in ciò anche dalle crescenti esigenze del mercato economico dei prodotti corrispondenti, che nascerà la nozione di integratore alimentare. 4. IL D. LGS. N. 111 DEL 1992 E L’ENUCLEAZIONE DEL CONCETTO DI INTEGRATORE ALIMENTARE. Per giungere all’oggetto principale della presente indagine, vale a dire l’enucleazione di un concetto di integratore alimentare, è necessario effettuare un ulteriore passaggio preliminare, costituito dall’analisi del D. Lgs. n. 111 del 1992, concernente specificamente la disciplina dei prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare, attuativa della Direttiva 1989/398/CE. L’art. 1 del Decreto da ultimo citato presenta una delimitazione piuttosto articolata della categoria dei prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare, intendendo per tali i prodotti alimentari che, per la loro particolare composizione o per il particolare processo di fabbricazione, presentino le seguenti caratteristiche: a) si distinguano nettamente dagli alimenti di consumo corrente; b) siano adatti all’obiettivo nutrizionale indicato; c) vengano commercializzati in modo da attestare la propria conformità a tale obiettivo. Viene poi ribadita, dal comma 2 della

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disposizione in esame, la scelta di dividere i soggetti utenti di tali prodotti in determinate categorie, affermando che i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare devono rispondere alle esigenze nutrizionali delle seguenti categorie di persone: a) le persone il cui processo di assimilazione o il cui metabolismo è perturbato; b) le persone che si trovano in condizioni fisiologiche particolari per cui possono trarre benefici particolari dall’assunzione controllata di talune sostanze negli alimenti; c) i lattanti o i bambini nella prima infanzia, in buona salute. Si tratta dunque di una vasta categoria di prodotti, all’interno dei quali è possibile ricomprendere sia gli alimenti dietetici che gli alimenti per lattanti. Ciò posto, si deve a questo punto rilevare come già nei primi anni novanta, sotto la duplice spinta di tali innovazioni normative e della crescente, già ricordata, diversificazione settoriale del mercato economico di questi prodotti, apparve evidente come le disposizioni in oggetto non avevano un’ estensione tale da comprendere una serie di prodotti caratterizzati dalla compresenza dei tre elementi richiesti dal comma 1 del D.Lgs. n.111 del 1992, e cioè distinzione dagli alimenti di uso corrente, conformità all’obiettivo nutrizionale indicato e forme di commercializzazione coerenti con tale obiettivo, ma, al contempo, destinati a soggetti adolescenti o adulti senza particolari necessità fisiologiche derivanti da uno stato patologico dell’organismo, ma in buona salute. Queste due ultime caratteristiche, dunque, costituivano un ostacolo insormontabile all’inserimento di tali prodotti entro il novero di quelli regolati dal D. Lgs. 111 del 1992. Si trattava, per l’appunto, del settore degli integratori alimentari, di alimenti, dunque, da utilizzare in tutti i casi in cui non si prospettavano esigenze nutrizionali particolari a causa di uno specifico stato fisiologico o patologico, ma in quei casi nei quali, per motivi di opportunità o di libera scelta, si intendeva far uso di alimenti con un supporto aggiuntivo di sostanze nutrienti3; gli integratori alimentari affermarono fin dall’inizio la loro particolarità, poiché erano rivolti a tutti coloro che, in un buono stato di salute fisica, e, anzi, nella maggior parte dei casi all’interno di un contesto sportivo, necessitavano, per il particolare sforzo fisico a cui intendevano sottoporsi e per il relativo risultato al quale aspiravano, di un particolare alimento in grado di fornire le necessarie sostanze nutrienti adatte al raggiungimento dello scopo prefissato, non agevolmente ottenibili altrimenti. In altri termini, gli integratori alimentari erano, e sono tuttora, configurati come sostanze che si discostavano nettamente dai prodotti dietetici in quanto: 1) non si trattava di alimenti diretti verso un cerchio ben definito di persone con particolari problemi metabolici e 2) non si trattava di alimenti commercializzati con l’indicazione di un fine nutrizionale rivolto alla risoluzione di tali problemi metabolici. Si trattava, del resto, di elaborazioni ormai già ampiamente introdotte nel dibattito internazionale: basterà qui riportare alcuni esempi, a partire dalla disciplina contenuta nella Direttiva europea 1989/398/CE, nella quale vi era menzione della definizione degli integratori alimentari, prodotti che si indirizzavano a tutte le categorie di soggetti, pur se accompagnati dal preciso avvertimento 2 Si veda PICCININI R., “Rapporti tra normativa nazionale e comunitaria in tema di prodotti dietetici” in Rassegna di diritto e tecnica dell’alimentazione, Milano, 1983, fasc. 6, I, p. 540-541.

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che, comunque, non potevano sostituire la normale dieta giornaliera e non potevano avere efficacia farmacologia. Interessante è anche la definizione di integratore alimentare (conosciuto nel Regno Unito come “food complement”) proposta dall’EHPM, la Federazione Europea delle Associazioni dei Produttori di Prodotti Salutistici una decina d’anni fa: «Preparazioni come tavolette, capsule, polveri e liquidi composte da o contenenti nutrienti, micronutrienti e/o altre sostanze commestibili assunti in dose unitarie, destinate ad integrare la normale alimentazione». Un terzo esempio a proposito dello sviluppo delle elaborazioni in materia di integratori alimentari (definiti negli U.S.A. “dietary supplements”) proviene da una legge statunitense della metà degli anni novanta: in base a questa normativa, l’integratore alimentare è «un prodotto (diverso dal tabacco) destinato ad integrare l’alimentazione, contenente o composto da a) vitamine, b) minerali, c) erbe o altri prodotti vegetali, d) aminoacidi, e) sostanze alimentari per uso umano atte ad aumentarne il consumo totale, oppure f) un concentrato, un prodotto metabolico, un costituente, un estratto o una combinazione degli ingredienti sopra descritti (lettere a, b, c, d, e,) . . . »4. L’integratore alimentare è dunque un alimento pensato allo scopo precipuo di fornire un adeguato complemento alla normale alimentazione, laddove quest’ultima non sia in grado di fornire tali sostanze in sufficiente quantità, e potenzialmente diretto a qualsiasi soggetto adulto in buona salute fisica. Il concetto di «sufficiente quantità» è una variabile molto ampia, che dipende da due fattori: a) il fabbisogno individuale (che può variare naturalmente da un individuo all’altro); b) la determinazione della quantità da considerare sufficiente. Su quest’ultimo punto esistono due diversi orientamenti: da una parte vi sono coloro che ritengono sufficiente la quantità di una sostanza che assicura, nella maggior parte della popolazione, l’assenza di sintomi di carenza, cioè l’assenza delle più tipiche malattie da carenza vitaminica. C’è, però, chi propone un concetto di quantità sufficiente più sofisticato, legato com’è alla quantità ottimale per ogni individuo, una quantità che non solo assicura l’assenza di sintomi evidenti ma che contribuisce ad un fisico sano e resistente dando alla persona uno stato di salute ottimale5.

3 Si veda SILANO V., “Prodotti destinati ad una alimentazione particolare ed integratori alimentari: dal recepimento delle direttive comunitarie ai problemi operativi connessi ad etichettature e commercializzazione” in Rassegna di diritto e tecnica dell’alimentazione, Milano, 1993, fasc. 6, I, pp.564-565. 4 Si veda, per le ultime due definizioni, HASSEBERGER J., “La situazione legislativa degli integratori alimentari in Italia: integratore dietetico o complemento alimentare?” In Rassegna di diritto e tecnica dell’alimentazione, Milano, 1995, fasc. 4, I, p. 291. 5 Si veda, ancora, HASSEBERGER J., op. ult. cit., p.292.

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5. IL D. LGS 21 MAGGIO 2004, N. 169 “ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2002/46/CEE RELATIVA AGLI INTEGRATORI ALIMENTARI” Il D. Lgs. 21 maggio 2004, n. 169 costituisce dunque, anche per ciò che concerne il nostro ordinamento, un importante riconoscimento circa l’autonomia concettuale e normativa dell’integratore alimentare, considerazione che ha evidentemente portato il legislatore nazionale, sulla scorta di quello comunitario, all’approntamento di una disciplina ad hoc. È interessante notare come il provvedimento legislativo in oggetto abbia fornito all’art. 2, dopo aver affermato al primo comma della disposizione precedente che «Il presente decreto si applica agli integratori alimentari commercializzati come prodotti alimentari e presentati come tali», una nuova precisazione del concetto in parola, affermando come «Ai fini del presente decreto si intendono per “integratori alimentari” i prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare ma non in via esclusiva aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate». Viene definitivamente ribadita la caratteristica essenziale degli integratori, che è per l’appunto quella di costituire un valido complemento all’alimentazione, un contributo alimentare del tutto accessorio e non fondamentale per la normale funzionalità dell’organismo, giustificabile solo in quanto assunto da chi ha esigenze nutritive del tutto particolari ed al di fuori di qualsiasi compromissione più o meno significativa della normale funzionalità del proprio organismo. È poi di estremo interesse notare come la medesima norma offra una significativa espressione tesa a configurare in modo più preciso l’integratore alimentare, parlando apertamente di “fonte concentrata di sostanze nutritive”. Tale indicazione riprende un concetto poc’anzi analizzato, quello di quantità sufficiente, e soprattutto fornisce, se letto in modo sistematico rispetto a tutta la norma, un parziale orientamento tra le due diverse opzioni interpretative fornite in proposito, facendo pendere l’ago della bilancia in favore della tesi della quantità ottimale per ogni individuo preso in considerazione, così da contribuire al raggiungimento di un fisico sano. Sostanze quali le vitamine, i minerali ma, soprattutto, gli aminoacidi, sono infatti più largamente impiegati nell’alimentazione sportiva semi-agonistica e agonistica tout court, che, come noto, costituisce una delle attività essenziali per lo sviluppo ed il mantenimento di un fisico sano. Pur tuttavia, è anche vero che non sussistono al momento particolari elementi che consentono di ritenere tale acquisizione come definitiva, dovendosi ritenere plausibile anche l’ipotesi che consideri riferibile alla “fonte concentrata di sostanze nutritive” anche la quantità sufficiente ad eliminare le carenze vitaminiche, così da far rientrare il concetto in esame nella prima delle opzioni proposte. Si noti poi che, ai sensi del III comma della medesima disposizione, sono da intendersi come predosate «le forme di commercializzazione quali capsule, pastiglie, compresse, pillole, gomme da masticare e simili, polveri in bustina, liquidi contenuti in fiale, flaconi a contagocce e altre forme simili di liquidi e di polveri destinati ad essere assunti in piccoli quantitativi unitari». Si tratta di un ulteriore elemento di specificazione delle sostanze in questione. L’art. 3 pone, poi, l’obbligo di

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utilizzare per la preparazione di tali composti solo le vitamine e i minerali inclusi nel successivo allegato I, con le modalità previste nell’allegato II, ponendo solo alcune eccezioni alle lettere a) e b) del comma seguente. Importanti appaiono, infine, gli artt. 4, I comma, 5 e 6 del D. Lgs. n. 169 del 2001: il primo, poiché prevede che “Le sostanze elencate nell'allegato II devono essere conformi ai requisiti di purezza fissati dal decreto del Ministro della sanità 27 febbraio 1996, n. 209, e successive disposizioni, laddove previsti, o comunque dai provvedimenti nazionali adottati in attuazione di disposizioni comunitarie in materia”; la seconda disposizione da ultimo citata, perché stabilisce che “In attesa dell’adozione di specifiche disposizioni comunitarie, i livelli ammessi di vitamine, minerali ed altre sostanze sono definiti nelle linee guida sugli integratori alimentari pubblicate dal Ministero della Salute”. Infine, merita specifica menzione l’art. 6, poiché pone diverse clausole di salvaguardia a favore dei consumatori in materia di etichettatura, presentazione o pubblicità, imponendo agli imprenditori del settore di veicolare ogni informazione rispetto al prodotto in modo veritiero e corretto, così da evitare messaggi contenenti informazioni circa presunte proprietà terapeutiche o curative delle malattie, ovvero diciture che affermino che una dieta equilibrata e variata non è in grado di apportare generalmente le sostanze nutritive in quantità sufficienti.

6. LA VIGILANZA

Da ultimo, dal complesso normativo dianzi ricordato emerge con evidenza la necessità di introdurre serie modalità di vigilanza. A tal fine è stato autorevolmente proposto 6 di istituire quanto prima anche all’interno del nostro ordinamento una autorità nazionale per la sicurezza alimentare che sia in grado di dare effettiva risposta a quanto già previsto nello schema di piano sanitario nazionale 2002/2004 presentato dal Governo. Vi si legge, infatti, la necessità di “un piano nazionale per la sicurezza alimentare redatto e governato da un apposito ufficio di coordinamento che, prendendo le mosse dalla riorganizzazione a livello nazionale resa necessaria dall'avvio dell'autorità europea per la sicurezza alimentare, definisca in modo fortemente integrato la natura e le responsabilità dei diversi livelli di intervento, dei flussi di coordinamento nell’acquisizione dei dati, nonché delle relative analisi e consenta di assumere e di attuare a livello più idoneo e con rapidità le decisione indispensabili per il conseguimento degli obiettivi summenzionati”. Non vi è dubbio che in considerazione della specificità e della delicatezza della materia concernente gli integratori alimentari, soprattutto alla luce delle più recenti esperienze, serva un efficace sistema di controllo e di vigilanza che armonizzi il nostro ordinamento con quello degli altri Paesi europei dando così vita ad un’autorità nazionale caratterizzata da requisiti di indipendenza, trasparenza, riservatezza, in grado di comunicare i risultati della propria attività direttamente al pubblico ed agli utenti interessati.

6 In tal senso CASSESE S. “Proposte per una autorità nazionale per la sicurezza alimentare”, in Sanità Pubblica e Privata, 2003, p. 1063.

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7. RASSEGNA LEGISLATIVA

Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n. 169 "ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2002/46/CE RELATIVA AGLI INTEGRATORI ALIMENTARI"

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 164 del 15 luglio 2004

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87 e 117, terzo e quinto comma della Costituzione;

Visto l'articolo 28 della legge 3 febbraio 2003, n. 14, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. (Legge comunitaria 2002);

Visto il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111, recante attuazione della direttiva 89/398/CEE concernente i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare;

Vista la direttiva 2002/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari;

Visto il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, recante attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari, e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 16 febbraio 1993, n. 77, recante attuazione della direttiva 90/496/CEE del Consiglio, del 24 settembre 1990, relativa all'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari;

Visto il decreto del Ministro della salute in data 25 luglio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 13 settembre 2002, concernente la citazione della procedura di notifica di etichetta, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111, e successive modificazioni;

Vista la Circolare n. 7 del 30 ottobre 2002, recante prodotti disciplinati dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111, concernente criteri per la valutazione della conformità delle informazioni nutrizionali dichiarate in etichetta, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 264 dell'11 novembre 2002;

Vista la Circolare n. 4 del 25 luglio 2002, concernente le problematiche connesse con il settore degli integratori alimentari: indicazioni e precisazioni, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 13 settembre 2002;

Vista la Circolare n. 3 del 18 luglio 2002, recante applicazione della procedura di notifica di etichetta di cui all'articolo 7 del decreto legislativo n. 111 del 1992, ai prodotti a base di piante e derivati aventi finalità salutistiche, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 188 del 12 agosto 2002;

Vista la Circolare n. 11 del 17 luglio 2000, sui prodotti soggetti a notifica di etichette al sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111, concernente i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30 agosto 2000;

Vista la Circolare n. 8 del 16 aprile 1996, concernente gli alimenti addizionati di vitamine e/o minerali e integratori, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 1996;

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Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 maggio 2004;

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro della salute, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e per gli affari regionali;

E m a n a il seguente decreto legislativo:

Art. 1. Campo di applicazione

1. Il presente decreto si applica agli integratori alimentari commercializzati come prodotti alimentari e presentati come tali.

2. I prodotti di cui al comma 1 sono commercializzati in forma preconfezionata.

Art. 2. Definizione

1. Ai fini del presente decreto si intendono per «integratori alimentari» i prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare ma non in via esclusiva aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate.

2. I termini: «complemento alimentare» o: «supplemento alimentare» sono da intendersi come sinonimi di: «integratore alimentare».

3. Si intendono per predosate le forme di commercializzazione quali capsule, pastiglie, compresse, pillole, gomme da masticare e simili, polveri in bustina, liquidi contenuti in fiale, flaconi a contagocce e altre forme simili di liquidi e di polveri destinati ad essere assunti in piccoli quantitativi unitari.

Art. 3. Vitamine e minerali

1. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, nella fabbricazione di integratori alimentari sono usati solo vitamine e minerali elencati nell'allegato I, nelle forme elencate nell'allegato II.

2. Fino al 31 dicembre 2009, l'uso di vitamine e minerali non elencati nell'allegato I, o in forme non previste nell'allegato II e' consentito purche': a) la sostanza in questione sia già stata impiegata in integratori alimentari presenti sul mercato nazionale prima del 31 luglio 2003; b) l'Autorità europea per la sicurezza alimentare non esprima parere negativo per quanto riguarda l'uso di tale sostanza o il suo uso in quella forma.

3. Il Ministro della salute entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con proprio decreto, rende noto l'elenco delle sostanze di cui al comma 2.

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Art. 4. Criteri di purezza delle fonti di vitamine e minerali

1. Le sostanze elencate nell'allegato II devono essere conformi ai requisiti di purezza fissati dal decreto del Ministro della sanità 27 febbraio 1996, n. 209, e successive disposizioni, laddove previsti, o comunque dai provvedimenti nazionali adottati in attuazione di disposizioni comunitarie in materia.

2. Alle sostanze elencate nell'allegato II per le quali non sono stati ancora determinati a livello comunitario i requisiti di purezza, si applicano, fino all'adozione di tali disposizioni, le norme nazionali o, in mancanza, i requisiti di purezza generalmente accettabili raccomandati da organismi internazionali.

Art. 5. Apporto di vitamine, minerali e altre sostanze

1. In attesa dell'adozione di specifiche disposizioni comunitarie, i livelli ammessi di vitamine, minerali ed altre sostanze sono definiti nelle linee guida sugli integratori alimentari pubblicate dal Ministero della salute.

Art. 6. Etichettatura

1. I prodotti di cui al presente decreto sono commercializzati con la denominazione di: «integratore alimentare» o con i sinonimi di cui all'articolo 2, comma 2.

2. L'etichettatura, la presentazione e la pubblicità non attribuiscono agli integratori alimentari proprietà terapeutiche ne' capacità di prevenzione o cura delle malattie umane ne' fanno altrimenti riferimento a simili proprietà.

3. Nell'etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità degli integratori alimentari non figurano diciture che affermino o sottintendano che una dieta equilibrata e variata non e' generalmente in grado di apportare le sostanze nutritive in quantità sufficienti.

4. Ferme restando le disposizioni del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, e successive modificazioni, l'etichettatura reca i seguenti elementi obbligatori: a) il nome delle categorie di sostanze nutritive o delle altre sostanze che caratterizzano il prodotto o una indicazione relativa alla natura di tali sostanze; b) la dose raccomandata per l'assunzione giornaliera; c) un'avvertenza a non eccedere le dosi raccomandate per l'assunzione giornaliera; d) in presenza di sostanze nutritive o di altre sostanze ad effetto nutritivo di cui all'articolo 2, comma 1, l'indicazione che gli integratori non vanno intesi come sostituti di una dieta variata; e) l'indicazione che i prodotti devono essere tenuti fuori dalla portata dei bambini al di sotto dei tre anni di età; f) l'effetto nutritivo o fisiologico attribuito al prodotto sulla base dei suoi costituenti in modo idoneo ad orientare correttamente le scelte dei consumatori.

5. La quantità delle sostanze nutritive o delle altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, contenuta nel prodotto, e' espressa numericamente sull'etichetta. Le unità di misura da utilizzare per le vitamine e i minerali sono specificate nell'allegato I.

6. Le quantità delle sostanze nutritive o delle altre sostanze dichiarate si riferiscono alla dose giornaliera di prodotto raccomandata dal fabbricante quale figura nell'etichetta.

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7. I dati sulle vitamine e i minerali sono espressi anche, se del caso, in percentuale dei valori di riferimento che figurano nell'allegato al decreto legislativo 16 febbraio 1993, n. 77.

8. La percentuale rispetto ai valori di riferimento per le vitamine e i minerali di cui al comma 6 può essere fornita sotto forma di grafico.

Art. 7. Pubblicità

1. Nel caso di integratori propagandati in qualunque modo come coadiuvanti di regimi dietetici ipocalorici volti alla riduzione del peso, non e' consentito alcun riferimento ai tempi o alla quantità di perdita di peso conseguenti al loro impiego.

2. Per gli integratori di cui al comma 1 i messaggi pubblicitari devono richiamare la necessità di seguire comunque una dieta ipocalorica adeguata e di rimuovere stili di vita troppo sedentari.

3. Ove si tratti di prodotti per i quali sono previste delle avvertenze, il messaggio pubblicitario deve contenere un invito esplicito a leggerle con attenzione.

4. La pubblicità dei prodotti contenenti come ingredienti piante o altre sostanze comunque naturali non deve indurre a far credere che solo per effetto di tale derivazione non vi sia il rischio di incorrere in effetti collaterali indesiderati.

5. Nell'etichettatura e nella pubblicità non e' consentita la citazione della procedura di notifica di cui all'articolo 10.

Art. 8. Determinazione dei valori dichiarati

1. I valori da riportare ai sensi dell'articolo 6, commi 5 e 6, sono i valori riscontrati dal fabbricante come valori analitici medi.

2. In attesa di disposizioni comunitarie per quanto riguarda gli eventuali scarti tra i valori dichiarati e quelli riscontrati nel corso di verifiche ufficiali si applicano gli intervalli di tolleranza analitica ammessi a livello nazionale, di cui alla circolare 30 n. 7 del 30 ottobre 2002.

Art. 9. Produzione e confezionamento

1. La produzione e il confezionamento degli integratori alimentari deve essere effettuata in stabilimenti autorizzati dal Ministero della salute secondo le disposizioni di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111.

2. L'elenco di cui all'articolo 10, comma 6, del decreto legislativo n. 111 del 1992 include anche gli stabilimenti autorizzati alla produzione e al confezionamento di integratori alimentari con la relativa tipologia di produzione.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Ministro della salute aggiorna l'elenco di cui al comma 2 con le opportune precisazioni sulle tipologie produttive autorizzate, specificando gli stabilimenti risultati idonei alla produzione e al confezionamento di integratori alimentari.

4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Ministro della salute, con proprio decreto, individua i requisiti tecnici e i criteri generali necessari per l'abilitazione alla produzione e al confezionamento di integratori alimentari.

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5. Per gli stabilimenti operanti in regime di autorizzazione provvisoria, ai sensi della circolare n. 3 del 18 luglio 2002, il Ministro della salute definisce, con apposito decreto, procedure semplificate per il rilascio dell'autorizzazione definitiva alla produzione e confezionamento di integratori di cui alla medesima circolare e l'inserimento nell'elenco di cui al comma 3.

Art. 10. Immissione in commercio

1. Al momento della prima commercializzazione di uno dei prodotti di cui al presente decreto l'impresa interessata ne informa il Ministero della salute mediante la trasmissione di un modello dell'etichetta utilizzata per tale prodotto.

2. Per la procedura di notifica si applicano le modalità di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111.

3. Per i prodotti provenienti da Paesi terzi l'immissione in commercio e' consentita solo alla scadenza dei novanta giorni dal ricevimento dell'etichetta, in assenza di osservazioni da parte del Ministero della salute.

4. Il Ministero della salute, ove ne ravvisi l'esigenza, può chiedere documentazione a supporto della sicurezza d'uso del prodotto o degli effetti ad esso attribuiti, considerato l'insieme dei suoi costituenti, nonche' qualunque altra informazione o dato ritenuto necessario per una adeguata valutazione.

5. Il Ministero della salute, per favorire una corretta informazione e salvaguardare un adeguato livello di tutela sanitaria, ha la facoltà di prescrivere delle modifiche per quanto concerne l'etichettatura, nonché l'inserimento nella stessa di apposite avvertenze.

6. Qualora il Ministero della salute ritenga che i prodotti di cui al presente decreto presentino un pericolo per la salute, ne dispone il divieto della commercializzazione.

7. Il Ministero della salute informa immediatamente la Commissione europea delle misure adottate ai sensi del comma 6, con i relativi motivi.

8. Gli integratori alimentari per i quali si conclude favorevolmente la procedura di cui al comma 2, vengono inclusi in un registro che il Ministero della salute pubblica ed aggiorna periodicamente.

9. E' facoltà dell'impresa interessata citare in etichetta gli estremi dell'inclusione nel registro di cui al comma 8.

Art. 11. Commissione consultiva

1. Nella materia di cui al presente decreto, le funzioni tecnico-consultive continuano ad essere svolte dalla commissione competente in materia di prodotti destinati ad un'alimentazione particolare, di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111.

2. Il Ministro della salute, tenuto conto dell'evoluzione tecnologica del settore alimentare, della varietà dei possibili ingredienti e della rilevanza che gli aspetti dietetici e nutrizionali esercitano nei confronti dello stato di salute, definisce, con proprio decreto, i criteri per la composizione della Commissione di cui al comma 1 e i termini del mandato, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato e, comunque, ad invarianza di spesa.

Art. 12. Rinvii normativi per gli aspetti concernenti la qualità e la sicurezza d'uso

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1. Per quanto non espressamente previsto dal presente decreto, si applicano agli integratori alimentari le disposizioni della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, nonché le disposizioni normative vigenti applicabili in relazione agli specifici ingredienti utilizzati.

Art. 13. Vigilanza

1. Il Ministero della salute definisce annualmente di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano un piano di vigilanza sui prodotti di cui al presente decreto, considerate le problematiche emergenti nel settore e sentita la Commissione di cui all'articolo 11.

2. Il piano di vigilanza di cui al comma 1 e' svolto, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, con il coordinamento dell'Istituto superiore di sanità.

Art. 14. Tariiffe

1. Le spese relative alle prestazioni rese dal Ministero della salute per il rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 9 e per l'esame delle etichette trasmesse ai sensi dell'articolo 10 sono a carico del richiedente, sulla base del costo effettivo del servizio, secondo tariffe e relative modalità di versamento da stabilirsi con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Detto decreto viene aggiornato ogni due anni.

Art. 15. Sanzioni

1. Salvo che il fatto costituisca reato più grave, la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1 e 3 e' punita con l'ammenda da euro duemila a euro ventimila.

2. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 e' punita con la sanzione amministrativa da euro quattromila a euro diciottomila.

3. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 6 e 7 e' punita con la sanzione amministrativa da euro duemila a euro diecimila.

4. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 8, 9, comma 1, e 10 e' punita con la sanzione amministrativa da euro tremilacinquecento a euro ventimila.

5. La competenza in materia di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie spetta alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, competenti per territorio.

Art. 16. Abrogazioni

1. E' abrogato il decreto del Ministro della salute in data 25 luglio 2002, concernente la citazione della procedura di notifica di etichetta, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111, e successive modificazioni.

Art. 17. Norme tecniche

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1. Con decreto del Ministro della salute e del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono adottate, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le norme tecniche per l'esecuzione del presente decreto.

Art. 18. Clausola di cedevolezza

1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione le norme del presente decreto afferenti a materia di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano che non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva, si applicano fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma, adottata nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali desumibili dal presente decreto.

Art. 19. Norme transitorie

1. I prodotti immessi sul mercato o etichettati prima del 1° agosto 2005, non conformi al presente decreto ma conformi alle disposizioni preesistenti, possono continuare ad essere commercializzati fino allo smaltimento delle scorte.

Allegato I (previsto dall'art. 3, comma 1)

VITAMINE E MINERALI CONSENTITI NELLA FABBRICAZIONE DI INTEGRATORI ALIMENTARI. 1. Vitamine. Vitamina A (mug RE). Vitamina D (mug). Vitamina E (mg\alpha - TE). Vitamina K (mug). Vitamina B1 (mg). Vitamina B2 (mg). Niacina (mg NE). Acido pantotenico (mg). Vitamina B6 (mg). Acido folico (mug). Vitamina B12 (mug). Biotina (mug). Vitamina C (mg). 2. Minerali. Calcio (mg). Magnesio (mg). Ferro (mg). Rame (mug). Iodio (mug). Zinco (mg). Manganese (mg). Sodio (mg). Potassio (mg). Selenio (mug). Cromo (mug).

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Molibdeno (mug). Fluoro (mg). Cloro (mg). Fosforo (mg).

Allegato II (previsto dall'art. 3, comma 1).

SOSTANZE VITAMINICHE E MINERALI CONSENTITE PER LA FABBRICAZIONE DI INTEGRATORI ALIMENTARI. A. Vitamine. 1. Vitamina A: a) retinolo; b) acetato di retinile; c) palmitato di retinile; d) beta-carotene. 2. Vitamina D: a) colecalciferolo; b) ergocalciferolo. 3. Vitamina E: a) D-alfa-tocoferolo; b) DL-alfa-tocoferolo; c) acetato di D-alfa-tocoferile; d) acetato di DL-alfa-tocoferile; e) succinato acido di D-alfa-tocoferile. 4. Vitamina K: a) fillochinone (fitomenadione). 5. Vitamina B1: a) cloridrato di tiamina; b) mononitrato di tiamina. 6. Vitamina B2: a) riboflavina; b) riboflavina-5'-fosfato, sodio. 7. Niacina: a) acido nicotino b) nicotinamide. 8. Acido pantotenico: a) D-pantotenato, calcio; b) D-pantotenato, sodio; c) dexpantenolo. 9. Vitamina B6: a) cloridrato di piridossina; b) piridossina-5'-fosfato. 10. Acido folico: a) acido pteroil-monoglutammico. 11. Vitamina B12: a) cianocobalamina; b) idrossocobalamina. 12. Biotina: a) D-biotina. 13. Vitamina C: a) acido L-ascorbico;

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b) L-ascorbato di sodio; c) L-scorbato di calcio; d) L-ascorbato di potassio; e) 6-palmitato di L-ascorbile. B. Minerali. Carbonato di calcio; cloruro di calcio; sali di calcio dell'acido citrico; gluconato di calcio; glicerofosfato di calcio; lattato di calcio; sali di calcio dell'acido ortofosforico; idrossido di calcio; ossido di calcio; acetato di magnesio; carbonato di magnesio; cloruro di magnesio; sali di magnesio dell'acido citrico; gluconato di magnesio; glicerofosfato di magnesio; sali di magnesio dell'acido ortofosforico; lattato di magnesio; idrossido di magnesio; ossido di magnesio; solfato di magnesio; carbonato ferroso; citrato ferroso; citrato ferrico di ammonio; gluconato ferroso; fumarato ferroso; difosfato ferrico di sodio; lattato ferroso; solfato ferroso; difosfato ferrico (pirofosfato ferrico); saccarato ferrico; ferro elementare (carbonile+elettrolitico+riduzione con idrogeno); carbonato rameico; citrato rameico; gluconato rameico; solfato rameico; complesso rame-lisina; ioduro di potassio; iodato di potassio; ioduro di sodio; iodato di sodio; acetato di zinco; cloruro di zinco; citrato di zinco; gluconato di zinco; lattato di zinco; ossido di zinco;

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carbonato di zinco; solfato di zinco; carbonato di manganese; cloruro di manganese; citrato di manganese; gluconato di manganese; glicerofosfato di manganese; solfato di manganese; bicarbonato di sodio; carbonato di sodio; cloruro di sodio; citrato di sodio; gluconato di sodio; lattato di sodio; idrossido di sodio; sali di sodio dell'acido ortofosforico; bicarbonato di potassio; carbonato di potassio; cloruro di potassio; citrato di potassio; gluconato di potassio; glicerofosfato di potassio; lattato di potassio; idrossido di potassio; sali di potassio dell'acido ortofosforico; seleniato di sodio; selenito acido di sodio; selenito di sodio; cloruro di cromo (III); solfato di cromo (III); molibdato di ammonio (molibdeno (VI)); fluoruro di potassio; fluoruro di sodio. APPORTI GIORNALIERI AMMESSI Con le quantità d'uso indicate in etichetta, l'apporto giornaliero. Di vitamine e o minerali deve essere compreso tra il 30% e il 150% del valore di riferimento. I predetti limiti valgono anche per il beta-carotene (max 7,5 pari al 150% della RDA come equivalente della vitamina A). Per la vitamina E e la vitamina C l'apporto giornaliero e' ammesso fino al 300% del valore di riferimento, in considerazione della fisiologica azione protettiva in senso antiossidante. Quando l'apporto di riferimento e' espresso da un range, l'apporto giornaliero non può superare il valore massimo dello stesso. I tenori vitaminico-minerali sulle quantità d'uso giornaliere vanno espressi anche come percentuale della RDA per gli apporti di riferimento ripresi dalla norma sull'etichettatura nutrizionale degli alimenti. Gli integratori contenenti acido folico possono riportare in etichetta l'indicazione per la gestante solo quando ne forniscono un apporto giornaliero di 400 mcg. In tutti gli integratori alimentari:l'impiego delle fonti di vitamine e minerali indicate in allegato 2, fatte salve le deroghe di cui all'art. 3, comma 2, e'ammesso solo se l'apporto di tali nutrienti con le dosi consigliate rientra nei limiti sopra indicati; il tenore naturale di vitamine e minerali derivante dagli ingredienti

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impiegati può essere dichiarato sulle quantità di assunzione giornaliera consigliate solo se corrisponde ad almeno il 15% della RDA o del valore di riferimento. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Si riporta in questa sezione un elenco, ordinato cronologicamente dalla più recente, delle principali disposizioni normative di riferimento nel settore della dietetica.

Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n.169 (G.U. n.164 del 17 luglio 2004) Attuazione della direttiva 2002/46/CE relativa agli integratori alimentari

Decreto Ministeriale 7 maggio 2004 (G.U. n.100 del 28.5.04) Decreto concernente l’elenco dei prodotti notificati ai sensi dell’art. 7 del D. L.vo 27 gennaio 1992, n.111 (G.U. n.100 del 28.5.04)

Decreto Ministeriale 9 aprile 2004 (G.U. n.100 del 20.4.2004). Elenco degli stabilimenti autorizzati alla data del 20 febbraio 2004, alla produzione ed al confezionamento degli alimenti destinati ad una alimentazione particolare.

Decreto Legislativo 14 febbraio 2003, n.31 (G.U. n.47 del 26 febbraio 2003) Attuazione della direttiva 2001/15/CE sulle sostanze che possono essere aggiunte a scopi nutrizionali specifici ai prodotti destinati ad un'alimentazione particolare.

Decreto Ministeriale 30 dicembre 2002 (S.O. n.13 alla G.U. n.23 del 29 gennaio 2003) Elenco dei prodotti notificati ai sensi dell'art.7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.111.

Decreto Ministeriale 19 novembre 2002 (S.O. n.234 alla G.U. n.297 del 19 dicembre 2002). Elenco dei prodotti autorizzati ai sensi dell'art.8 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.111, come alimenti adattati ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi.

Circolare 30 ottobre 2002 n.7 (G.U.n.264 del 11 novembre 2002) Prodotti disciplinati dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.111 Criteri per la valutazione della conformità delle informazioni nutrizionali dichiarate in etichetta.

Decreto 9 ottobre 2002 (G.U. n.282 del 2 dicembre 2002) Modifica al decreto ministeriale 25 luglio 2002, relativo alla citazione della procedura di etichetta, ai sensi dell'art.7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.111.

Decreto 25 luglio 2002 (G.U.n.215 del 13 settembre 2002) Citazione della procedura di etichetta, ai sensi dell'art.7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.111.

Circolare 25 luglio 2002 n.4 (G.U.n.215 del 13 settembre 2002) Problematiche connesse con il settore degli integratori alimentari: indicazioni e precisazioni.

Circolare 18 luglio 2002 n.3 (G.U.n.188 del 12 agosto 2002) Applicazione della procedura di notifica di etichetta di cui all'art.7 del decreto legislativo 111/92 ai prodotti a base di piante e derivati aventi finalità salutistiche.

Comunicazione riguardante gli integratori contenenti bioflavonoidi (G.U. n.167 del 18 luglio.2002).

D.P.R. 20 marzo 2002 n.57 (G.U. n.85 dell' 11 aprile 2002) Regolamento di attuazione della direttiva 1999/21/CE sugli alimenti dietetici destinati a fini medici speciali.

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D.M. 16 gennaio 2002 (G.U. n.24 del 29 gennaio 2002) Modalità della diffusione di materiale informativo e didattico e del controllo delle informazioni corrette ed adeguate sull’alimentazione dei lattanti e dei bambini.

D.M. 31 maggio 2001, n.371 (G.U. n.241 del 16 ottobre 2001) Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 99/50/CE della Commissione del 25 maggio 1999 che modifica la direttiva 91/321/CEE sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento.

D.M. 26 luglio 2001 ( S.O. n.218 alla G.U. n.196 del 24 agosto 2001) Elenco dei prodotti notificati ai sensi dell’art.7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.111.

D.M. 8 giugno 2001 (G.U. n.154 del 5 luglio 2001) Assistenza sanitaria integrativa relativa ai prodotti destinati ad un’alimentazione particolare

D.M. 23 aprile 2001 (G.U. n.115 del 19 maggio 2001) Norme per l’attuazione della direttiva 99/41/CE del 7 giugno 1999 che modifica la direttiva 89/398/CEE del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, concernenti i prodotti destinati ad un’alimentazione particolare.

Circolare n.1 del 13 febbraio 2001 (G.U. n.45 del 23 febbraio 2001) Ulteriori precisazioni in merito alle misure sanitarie contro le encefalopatie spongiformi.

Circolare n.16 del 24 ottobre 2000 (G.U.n.263 del 10 novembre 2000) Promozione e tutela dell’allattamento al seno.

D.M.10 luglio 2000 (G.U. n. 203 del 31 agosto 2000) Modifiche al decreto ministeriale 14.2.1991 concernente diritto spettante al Ministero della sanità per l’esame delle etichette dei prodotti notificati ai sensi dell’art.7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.111.

Circolare n.11 del 17 luglio 2000 (G.U. n.202 del 30 agosto 2000) Prodotti soggetti a notifica di etichette ai sensi dell’art.7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n.111 concernente i prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare.

D.P.R. 11 aprile 2000, n.132 (G.U. n.120 del 25 maggio 2000) Regolamento recante norme di attuazione della direttiva n. 99/39/CE che modifica la direttiva n.96/5/CE sugli alimenti a base di cereali e gli altri alimenti destinati ai lattanti ed ai bambini.

Circolare n. 8 del 7 giugno 1999 (G.U. n.135 dell’11 giugno 1999) Linee guida sugli alimenti adattati ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi.

D.P.R. 7 aprile 1999, n.128 (G.U. n.109 del 12 maggio 1999 ) Regolamento recante norme per l’attuazione delle Direttive 96/5/CE e 98 /36/CE sugli alimenti a base di cereali e altri alimenti destinati a lattanti e bambini.

D.M. 7 ottobre 1998, n. 519 (G.U. n. 94 del 23 aprile 1999) Regolamento recante norme concernenti l’attuazione della direttiva 96/8 /CE della Commissione del 26 febbraio 1996 sugli alimenti destinati a diete ipocaloriche volte alla riduzione del peso.

D.M. 1 giugno 1998, n. 518 (G.U. n.93 del 22 aprile 1999) Regolamento recante norme di attuazione della Direttiva 96/4/CEE sugli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento.

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Circolare n. 5 del 3 aprile 1998 (G.U. n.101 del 4 maggio 1998 ) Bevande di provenienza comunitaria caratterizzate da elevati tenori di caffeina e di taurina.

D.P.R. 19 gennaio 1998, n. 131 (G.U. n.104 del 7 maggio 1998) Regolamento recante norme di attuazione del D.L.vo 27 gennaio 1992, n.111.

D.M. 29 gennaio 1997 (G.U. n.34 dell'11 febbraio 1997) Misure di protezione nei confronti dell’encefalopatia spongiforme bovina per quanto riguarda gli alimenti per la prima infanzia.

D.M. 8 luglio 1996 (G.U. n.229 del 30 settembre 1996) Modificazioni al D.M.14.2.1991 relativo alle tariffe e diritti spettanti al Ministero della sanità…..per prestazioni rese a richiesta ed utilità dei soggetti interessati.

Circolare n. 8 del 16 aprile 1996 (G.U. n.102 del 3 maggio 1996) Alimenti addizionati di vitamine e/o minerali e integratori.

D.M. 10 agosto 1995, n. 562 (G.U. n.302 del 29 dicembre 1995) Regolamento concernente la produzione e il commercio del sale iodurato, di sale iodato e di sale iodurato e iodato.

D.M. 6 aprile 1994, n. 500 (G.U. n. 189 del 13 agosto 1994) Regolamento concernente l’attuazione delle direttive 91/321/CEE della Commissione del 14 maggio 1991 sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento e 92/52/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento destinati all’esportazione verso Pesi terzi.

D.M. 19 luglio 1993 (G.U. n.172 del 24 luglio 1993 ) Modificazioni al D.M. 14.2.1991 concernente determinazione delle tariffe e dei diritti spettanti al Ministero della sanità, per prestazioni rese a richiesta ed utilità dei soggetti interessati.

D.L.vo 16 febbraio 1993, n. 77 (G.U. n. 69 del 24 marzo 1993) Attuazione della Direttiva 90/496/CEE del Consiglio del 24.19.1990 relativa all’etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari.

D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 111 (G.U. n. 39 del 17 febbraio 1992) Attuazione della Direttiva 89/398/CEE concernente i prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare.

D.L.vo 27 gennaio 1992, n.109 (G.U. n.39 del 17 febbraio 1992) Attuazione della Direttiva 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari

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Uso e abuso degli integratori nello sport

M. Giampietro Coordinatore del gruppo tematico “Nutrizione, attività fisica e sport” della Società Italiana di

Nutrizione Umana Abitudini alimentari corrette, ispirate ai semplici, ma scientificamente validati, principi del modello alimentare mediterraneoe possono coprire per intero i fabbisogni nutrizionali della quasi totalità degli sportivi, quando impegnati in attività continuative, anche di buon impegno fisico. Pertanto, salvo rarissimi e ben selezionati casi, il ricorso all'uso di integratori è del tutto ingiustificato e non scevro da potenziali rischi per la salute. Gli integratori dietetici comprendono una vasta e differenziata gamma di prodotti (minerali, vitamine, nutrienti energetici, estratti vegetali, aminoacidi, ecc.) commercializzati, in genere, al fine di sopperire alle eventuali carenze di uno o più nutrienti, causate da un loro insufficiente apporto con la normale alimentazione, e in tal senso potrebbero essere di aiuto, in ben selezionati casi, per migliorare le condizioni di salute e/o di prevenire l’insorgenza di specifiche condizioni patologiche. Qualsiasi altro uso di questi prodotti dovrebbe essere scoraggiato, tanto più se la loro prescrizione viene suggerita da personale non medico e quindi non in grado di determinarne la reale necessità, la giusta dose, il corretto periodo di utilizzazione, e le eventuali controindicazioni connesse alla possibile concomitanza di patologie e/o condizioni cliniche che ne sconsiglino l'uso, anche per brevi periodi di tempo e a bassi dosaggi. Secondo la direttiva 2002/45/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per integratori alimentari si intendono “i prodotti alimentari destinati ad integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposti che pluricomposti, in forme di dosaggio, vale a dire in forme di commercializzazione quali capsule, pastiglie, compresse, pillole e simili, polveri in bustina, liquidi contenuti in fiale, flaconi a contagocce e altre forme simili, di liquidi e polveri destinati ad essere assunti in piccoli quantitativi unitari”. Inoltre la direttiva specifica che: • “L’etichettatura, la presentazione e la pubblicità del prodotto non attribuiscono agli integratori alimentari proprietà terapeutiche né capacità di prevenzione o cura delle malattie umane né fanno altrimenti riferimento a simili proprietà” (articolo 6, comma 2). • “Nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità degli integratori alimentari non figurano diciture che affermino o sottintendano che una dieta equilibrata e variata non è in grado di apportare sostanze nutritive in quantità sufficienti in generale” (articolo 7). La legge del 3 febbraio 2003, n.4, consentendo la commercializzazione dei prodotti dietetici per lo sport sulla base della semplice «notifica preventiva di etichetta » al Ministero della Salute (l’assunzione di responsabilità sul prodotto e su quanto riportato nell’etichetta è completamente a carico dell’azienda produttrice) ha accolto la direttiva europea, ma ha sostanzialmente modificato quanto in precedenza stabilito dal Decreto Legge del 27 gennaio 1992, n. 111 che, viceversa, ne regolava la vendita, come per altri prodotti simili, secondo l’iter legislativo, analogo a quello dei «farmaci da banco», dell’«autorizzazione-registrazione ministeriale», ben più lungo e costoso, che prevede l’analisi del prodotto e la verifica da parte del Ministero della Salute della corrispondenza tra etichetta e contenuto (l’assunzione di responsabilità sul prodotto e su quanto riportato nell’etichetta è a carico del Ministero stesso che sovrintende e decide su quello che riguarda il prodotto). I cosiddetti «integratori alimentari per lo sport» rientrano nell’elenco dei prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare con la denominazione di «Alimenti adattati ad un intenso

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sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi» per i quali il Ministero della Sanità, ora della Salute, ha emanato specifiche linee-guida (circolare 7 giugno 1999, n. 8) che stabiliscono che tutti questi prodotti “devono essere formulati in modo confacente alle esigenze nutrizionali per il tipo di attività svolta, ed assicurare un’ottimale biodisponibilità dei nutrienti apportati” e sono collocabili nelle seguenti categorie.

1. Prodotti finalizzati ad una integrazione energetica 2. Prodotti con minerali destinati a reintegrare le perdite idro-saline causate dalla sudorazione

conseguente all'attività muscolare svolta. 3. Prodotti finalizzati all'integrazione di proteine. 4. Prodotti finalizzati all'integrazione di aminoacidi e derivati. 5. Prodotti contenenti derivati di aminoacidi: Creatina 6. Altri prodotti con valenza nutrizionale, adattati ad un intenso sforzo muscolare. 7. Combinazione dei suddetti prodotti.

Sebbene molte sostanze contenute negli alimenti vengano assunte dagli atleti a fini ergogenici, sono poche le ricerche in grado di comprovare scientificamente un reale beneficio sulla prestazione sportiva derivante dall'uso di alcuni nutrienti anche quando consumati a dosi elevate. A volte i produttori estrapolano in maniera arbitraria, a favore dei prodotti commercializzati, le conclusioni di lavori scientifici anche ben condotti, altre volte i risultati presentati si riferiscono a studi effettuati solo su cavie animali, senza un effettivo e sicuro riscontro negli uomini, oppure gli effetti dichiarati sono stati osservati solo in condizioni patologiche, ma non nel soggetto sano. A volte poi, gli studi citati a sostegno dei prodotti sono pubblicate su riviste scientificamente non accreditate o le indicazioni bibliografiche, quando presenti, non sono appropriate (ricerche non pubblicate, fonti non verificabili, obsolete, risultati estrapolati dal contesto, risultati non attendibili). Inoltre, in alcuni casi, per fortuna sempre meno frequenti, le ricerche sono del tutto inventate, le dichiarazione risultano false, viene trascurata l'importanza dell'effetto placebo, il permesso alla vendita implicherebbe efficacia, ma questo non sempre risulta essere vero. Spesso, i prodotti sono venduti adottando la "tecnica del valore aggiunto", ossia con la promessa di altri servizi connessi al prodotto, come ad esempio diete e programmi di allenamento e/o di ricondizionamento fisico. A conclusione di queste brevi note sugli integratori per lo sport ci sembra opportuno ricordare quanto stabilisce il "Codice di Deontologia Medica" (Capo II, Art. 76, dell'ottobre 1998): "Il Medico non deve consigliare, prescrivere o somministrare trattamenti farmacologici o di altra natura, diretti ad alterare le prestazioni di un atleta, in particolare qualora tali interventi agiscano direttamente o indirettamente, modificando il naturale equilibrio psico-fisico del soggetto" e più recentemente la legge n. 376, del 14-12-2000 “Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping” (articolo 1, comma 2) che definisce come doping “ ... la somministrazione o assunzione di farmaci o sostanze biologicamente e farmacologicamente attive o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti” E’ opportuno notare che tanto il Codice Deontologico che il testo di legge non facciano nessun riferimento ad un qualsivoglia elenco di sostanze dopanti o non, farmacologiche o di altra natura, ma siano espliciti nel vietarne la prescrizione o la somministrazione per il solo fatto di essere finalizzati ad alterare le prestazione di un atleta e non giustificati da un motivo terapeutico o preventivo. Se quanto detto costituisce un obbligo morale per tutti i medici, si immagini quale debba essere la posizione di coloro che medici non sono e che, invece, si spingono a consigliare farmaci, integratori e diete. Se correttamente utilizzati, i prodotti dietetici sono utili e, a volte, insostituibili presidi terapeutici e, in quanto tali, necessitano di un uso ragionato, oculato, dettato esclusivamente da reali esigenze, sostenute da opportune conoscenze e verifiche scientifiche, senza nulla concedere ai richiami della pubblicità e alle lusinghe di improbabili effetti miracolistici, o di più o meno reali effetti dopanti. Il confine tra "integrazione lecita" e "integrazione non lecita" è assai sottile, tanto da risultare a volte estremamente difficile definire l’una o l’altra.

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Un buon programma di allenamento, nel rispetto dei tempi naturali di recupero dell'organismo degli atleti, e l'adozione di corrette abitudini alimentari sono gli unici insostituibili fattori in grado di migliorare lealmente le capacità atletiche. Pertanto, sarebbe auspicabile che medici, nutrizionisti e operatori sanitari in genere, impegnati nella gestione degli atleti, valutassero attentamente l’opportunità e la necessità reale di prescrivere una integrazione della razione alimentare dei loro assistiti, convinti che la lealtà sportiva e la salute degli atleti valgano molto di più di qualunque vittoria, record o medaglia.

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USO E ABUSO DEGLI INTEGRATORI ALIMENTARI

Alberto Mario Bargossi

Az.Osp.Sant’Orsola Malpighi, Bologna; Laboratorio Centralizzato, S.C. Chimica Clinica IN PASSATO LA FAME CONSEGNAVA CORPI ESAUSTI ALLA MORTE, OGGI L’ECCESSO DI CIBO LUCREZIO Le contemporanee “società del benessere”, già dalla seconda metà del secolo scorso, si sono trovate di fronte al problema di definire modelli di malattie in qualche modo “nuove” legate ad eccessiva disponibilità di cibo a fronte di spese caloriche da lavoro fisico molto diminuite. Eppure caratteristica principale degli animali è l’agire: modificare, cioè con l’azione loro la realtà. D’altra parte sono proprio i sistemi ormonali primitivi: quelli monoamminergici e specificamente catecolamminergici, quelli capaci del meccanismo di “attacco-fuga”in risposta ad uno stimolo di “pericolo”. L’attività fisica viene dunque oggi riscoperta come centrale nel mantenimento dello stato di salute. Definiamo questi fenomeni col termine di “allenamento”. L’allenamento è da intendersi come il luogo comune di aree diverse: quella specifica dei carichi di lavoro, quella dei recuperi e del riposo e quella dell’adeguatezza calorica e plastica della dieta. [fig 1]

eminus et comminus

Allenamento

Le Le ComponentiComponenti dell’Allenamentodell’Allenamento SportivoSportivo

Ripetizione dei Carichi di Lavoro

Recupero attivo & Riposo

Alimentazione & Integrazione

Il modello accettato prevede che carichi di lavoro adeguati e specifici interrotti nell’esecuzione da idonei periodi di recupero tra l’uno e l’altro, quando siano somministrati con periodicità mirata, siano intervallati da tempi di riposo e siano sostenuti da una struttura mirata della dieta, articolata in diverse razioni alimentari, funzionino come un agente “stressor” capace di produrre una risposta dell’organismo che inizialmente aspecifica, del tipo “tutto -o -niente”, e a sensibilità pressoché nulla, progredirà in una risposta adeguata: specifica e sensibile. Questa trasformazione della risposta è sostenuta dalla variazione della struttura anatomica e fisiologica dell’organismo che costituisce la “supercompensazione adattativa a tipo morfofunzionale” di cui è modello sintetico il c.d. “diagramma di Yakovlev”. [fig 2]

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DiagrammaDiagramma c.d. c.d. didi YakovlevYakovlev““Supercompensazione Adattativa MorfofunzionaleSupercompensazione Adattativa Morfofunzionale””

A’’AA A’A’

Affaticamento

esercizio

supercompensazione

TT

w

L’area A rappresenta il “minus” da affaticamento,l’area A’ il recupero , l’area A’’ il “plus” della supercompensazione

microciclo allenante

Oggi è comunemente accettato che la variazione della tensione parziale d’O2 distrettuale durante un esercizio fisico (1), insieme con l’attivazione di fenomeni di tropismo cellulare (2), e all’attivazione di cicli metabolici (3) specifici, è alla radice di una superproduzione di Specie Reattive (o radicaliche) dell’Ossigeno (RROOSS) caratterizzate da una violenta reattività. Per consuetudine, alle specie radicaliche, che conseguono alla riduzione discreta dell’Ossigeno molecolare (O2) e sono caratterizzate dallo spiazzamento di un elettrone, si associano, in ragione della loro grande reattività, anche specie non propriamente radicaliche come il Perossido di Idrogeno e l’Ossigeno “singoletto” o “tripletto”. Specie Reattive dell’Ossigeno [fig 3]

Nome Specie Bersaglio

Anione Superossido

O2 *- Enzimi

O singoletto 1O2

H2O

Perossido di Idrogeno

H2O2 NEFA

Idrossile HO* Tutte le biomolecole

R-ile R* O2

30

R-alcossile R-perossile Idroperossido

RO* ROO* ROOH

NEFA

radicale fenossilico e semichinonico

ArO* HO-Ar-O*

formazione di specie radicaliche & di O2*-

Nitro-ossile NO* EDRF

Le ROS hanno la capacità di attivare una serie di reazioni a catena che direttamente o indirettamente (By- & end -products) creano, se non “terminate”, uno specifico danno tissutale a carico delle specie molecolari costituenti le strutture cellulari. La difesa dell’organismo si articola su varie linee di difesa che si compendiano e consistono nel : rimuovere le ROS e i prodotti intermedi e terminali ancora dotati di capacità di iniziazione, riparare il danno prodotto, dotarsi di strutture difensive, soprattutto enzimatiche, adeguate a fronteggiare il ripetersi dell’insulto. [fig 3]

9

Azione delle specie enzimatiche (1a barriera )Superossidodismutasi: 2H+ + 1 O2 *- → H 2 O 2 ⇓

Catalasi: H2O2 → H2O + 1 O2 *- ⇓

(Se)-Glutationeperossidasi: 2SGH + H2 O 2 → GSSH + H2O

2SGH + ROOH → GSSH + ROH* + H2O

Le Specie chimiche concorrenti alla Capacità Antiossidante Plasmatica Totale , che spesso sono antiossidanti aspecifici, sono di origine endogena : Albumina, Proteine vettrici e leganti i metalli transizionali ( Fe, Cu, Cr ) come: Ferritina, Transferrina, Aptoglobina, Ceruloplasmina e i pigmenti respiratori; Ac Urico, Enzimi, e hanno origine sia endogena che esogena: Amino Acidi, Tioli e AAcidi solforati, Vitamine idrosolubili (Ascorbato), liposolubili (Carotenoidi, Tocoferoli, Chinoni) L’importanza relativa dei diversi antiossidanti è dipendente dalle caratteristiche della ROS coinvolta (come e dove viene generata e quale ne è il bersaglio privilegiato) ; ne consegue che un antiossidante può avere capacità di protezione antiossidante nell’uno ma non nell’altro sistema e addirittura può aggravare la situazione (L.Greci 2004) in sostanza esiste un bilancio critico tra produzione di specie radicaliche e difese antiossidanti. Poiché gli “spazzini” antiossidanti in determinate situazioni possono iniziare nuove reazioni radicaliche, dovrebbero esser utilizzati con cautela e in sinergia l’uno con l’altro (Halliwell et al.‘95) .

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Nel contempo quando si indaga un indicatore del sistema “stress ossidativo – difese antiossidanti” per valutarne le caratteristiche chimico-cliniche di specificità , sensibilità, precisione, accuratezza, predittività, bisogna anche considerare attentamente quanto differiscano le reazioni in vivo da quelle controllate in vitro. Bisognerà anche valutare la soglia antiossidante: cioè determinare il livello di stress cui conseguono le alterazioni dei parametri fisiologici e le alterazioni dei parametri chimico-clinici con misure dirette e indirette. Si considereranno indicatori di : ossidazione: MDA-TBARS, ROMs, Dieni coniugati, Isoprostani ; capacità antiossidante: Trolox Equivalent Antioxidant Capacity (TEAC), Total Radical Parameters (TRAP),variazione di concentrazione delle specie antiossidanti specifiche e aspecifiche, alterazione e/o lesione della struttura cellulare con l’aumento in circolo di specie normalmente intracellulari (i. e.: Serotonina, CK, LDH, Mioglobina, ecc.). E del pari dovrebbe esser determinato a priori quale sia il parametro capace di descrivere il fenomeno in analisi con la maggior approssimazione, probabilità e predittività clinica. La dieta complessivamente, e le razioni alimentari che la strutturano, vanno considerate un pilastro del complesso dell’allenamento: in quanto capaci sia della risposta alla richiesta energetica sia della fase anabolica e plastica , sono centrali nel consentire il fenomeno della supercompensazione . Nello specifico delle variazioni intercorrenti negli indicatori relativi al sistema “stress ossidativo–difese antiossidanti” come effetto combinato dell’esercizio e della dieta va considerato che gli enzimi sono soggetti alla supercompensazione adattativa e che però questo fenomeno non è un sistema a “trigger” ed è modulato nel tempo. Solo in presenza di una dieta “corretta” si può considerare se vi sia l’opportunità di una integrazione, di che tipo e in che misura. Se, e in qual misura, all’integrazione dietetica con antiossidanti esogeni conseguano variazioni di parametri chimico-clinici non puramente cosmetiche della matrice biologica (sangue o urina) in cui l’indagine è condotta, ma rappresentino un reale aumento della difesa organica senza diminuire la risposta di supercompensazione è un punto del dibattito scientifico estremamente controverso. Alla domanda se sia eventualmente da preferire un’integrazione con singoli antiossidanti o piuttosto con un mix di antiossidanti, la risposta interlocutoria sembra esser che per problemi di biodisponibilità un mix antiossidante sembra preferibile. Inoltre questo mix dovrebbe essere personalizzato e, nel caso di sportivi, dovrebbe considerare lo specifico anche temporale della preparazione.

32

1

A M A M Bargossi Bargossi m .c. ; dirigente medico I livellodirigente medico I livello

Presidente Associazione Italiana Fitness e Medicina S.C. Chimica -clinica – U.O. Lab.centralizzato

Az.Ospedaliero - UniversitariaSant’Orsola--Malpighi, Bologna;

[email protected]

Società Italiana di Nutrizione UmanaSezione Regionale dell’Emilia-Romagna/Marche

2

Obiettivo

valutareCosa s’intenda come soglia antiossidanteCosa s’intenda come danno ossidativo Analizzare, quale possa essere il “rationale” d’uso di un mix (o di singoli ) antiossidanti di origine esogena come strumento di prevenzione riparazione del danno ossidativo

L’esercizio fisico è una fonte di Specie Reattive dell’O2 (ROS)

Nell’l’esercizio fisico il flusso di sangue , dunque di Ossigeno, ai distretti muscolari aumenta in modo rilevante mentre si ha una riduzione altrettanto importante del flusso splancnico , a tale variazione di flusso consegue l’attivazione di una via alternativa al metabolismo dell’O2 con aumento della produzione di ROS

33

4

Oggi è comunemente accettato che: durante un esercizio fisico

La variazione della tensione parziale d’O2distrettuale (1), insieme con l’attivazione di

fenomeni di tropismo cellulare (2), e all’attivazione di cicli metabolici (3), sia alla radice di una

superproduzione di Specie Reattive (o radicaliche) dell’Ossigeno (ROSROS) caratterizzate da una violenta

reattività

Le ROS hanno la capacità di attivare una serie di reazioni a catena che direttamente o indirettamente (By- & end -products) creano, se non “terminate”, uno specifico danno tissutale a carico delle specie

molecolari costituenti le strutture cellulari.

Qualunque specie: proteica, glucidica e lipidica può subire l’insulto radicalico;

tuttavia per la maggior facilità di indagine chimico clinica (Perossidi: Dieni coniugati, Malonildialdeide) l’osservazione

si è appuntata sul danno perossidativo delle specie lipidiche e delle strutture in cui tali specie sono caratteristiche

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Specie Reattive dell’Ossigeno

Nome Specie Bersaglio

Anione Superossido O2 *- Enzimi

O singoletto 1O2

H2O

Perossido di Idrogeno H2O2 NEFA

Idrossile HO* Tutte le biomolecole

R-ile R* O2

R-alcossile R-perossile

Idroperossido

RO* ROO* ROOH

NEFA

radicale fenossilico e semichinonico ArO* HO-Ar-O*

formazione di specie radicaliche & di O2*-

Nitro-ossile NO* EDRF

34

7

Azioni difensive attivate dai sistemi antiossidanti

endogeni ed esogeni

Sulle ROS e sui prodotti intermedi e terminali della serie di reazioni da esse attivate loro vengono operate:

Reazioni di quenching

scavenging trapping *

l’effetto congiunto è quello di terminazione delle reazioni e di blocco dell’azione radicalica

La difesa dell’organismo si articolasu varie linee di difesa

che si compendiano e consistono nel :1. rimuovere le ROS e i prodotti intermedi, 2. riparare il danno prodotto, 3. dotarsi di strutture difensive adeguate a

fronteggiare il ripetersi dell’insulto.

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Azione delle specie enzimatiche (1a barriera )Superossidodismutasi: 2H+ + 1 O2 *- → H 2 O 2 ⇓

Catalasi: H2O2 → H2O + 1 O2 *- ⇓

(Se)-Glutationeperossidasi: 2SGH + H2 O 2 → GSSH + H2O

2SGH + ROOH → GSSH + ROH* + H2O

La barriera difensiva dell’organismo è costituita da antiossidanti circolanti aspecifici (metallo proteine , pigmenti respiratori , end-products) e specifici : tra questi ultimi le specie enzimatiche

Sono enzimi inducibili in supercompensazione adattativa

35

10

Specie concorrenti allaCapacità antiossidante plasmatica totale

1. di origine endogena : Albumina, Proteine vettricie leganti i metalli transizionali (Fe, Cu, Cr) come: Ferritina, Transferrina, Aptoglobina, Ceruloplasmina e i pigmenti respiratori; Ac Urico, Enzimi,

2. di origine sia endogena che esogena: Amino Acidi, Tioli e AAcidi solforati, Vitamine idrosolubili (Ascorbato), liposolubili (Carotenoidi, Tocoferoli, Chinoni)

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Antiossidanti

L’importanza relativa dei diversi antiossidanti è dipendente dalle caratteristiche della ROS coinvolta (come e dove viene generata e quale ne è il bersaglio privilegiato) ne consegue che un antiossidante può avere capacità di protezione antiossidante nell’uno ma non nell’altro sistema e addirittura può aggravare la situazione (L.Greci2004)

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“carotenoids’ singlet Oxygen quenching rate“

1O2* + 1 Car 3O2+ 3 Car* 1 Car + heat (!!!)heat (!!!)

Di Mascio & al. 1989-1990-1991

avg quenching ability = 10^10 L mol^-1 x sec^-1

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13

Antiossidanti

esiste un bilancio critico tra produzione dispecie radicaliche e difese antiossidanti.

Poiché gli “spazzini” antiossidanti in determinate situazioni possono iniziare nuove reazioni radicaliche, dovrebbero esser utilizzati con cautela e in sinergia l’uno con l’altro (Halliwell et al.‘95)

Specie antiossidante Fase Lipofila

funzione

Tocoferoli (composto fenolico)

- membrane - lipidi - micelle lipoproteiche

1O2 quenchers chain breakers perossidazione lipidica (difesa delle membrane)

Carotenoidi ß-Carotene; Luteina, Zeaxantina, Lycopene , astaxantina

- lipidi micelle specificità retinica

1O2 quenchers O2*- quenchers inibitori perossidazione lipidica

Chinoni & Ubichinolo (Vit Q)

- membrane (memb.int. mitoc.) - lipidi

1O2 quenchers chain breakers risparmiano & reintegrano Vit E in fase lipofila

Carnosina (ß-Alanina-Istidina dipeptide)

- fibre muscolari tipo II - citosol - lipidi

O2*- quencher (scarso) chain breaker trapper dei by-products di Perossidazione

Specie antiossidante Fase Idrofila funzione

Ascorbato (Vit C) essenziale nelladieta della specie uomo

- citosol- plasma

ricostituisce Vit E in fase idrofila1O2 & FR quencheridrosolubilepericoloso proossidante in presenza di metalloioni Fe++ - Fe+++, Cu+- Cu++

Tioli(Glutatione,N-AcetilCisteina)Ac Lipoico

citosoleritrociti- plasma

H2O2 trapper; “perossidasi Se-dipendente”;1O2 scavengerOH*- scavenger rigeneratore diVit E (& Vit C)

Flavonoidicomposti fenolici propri delleverdure & frutta e dei vini rossi

plasma inibitori della perossidazione lipidicatrappers dei by-products di Perossidazione

Selenio (Se)nei prodotti naturali come "Se-Met"(da solo non deve esser consideratoun antiossidante)

plasma cofattore della glutatione perossidasi(azione antiossidante dovutainteramente all'enzima)

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LARN per Retinolo:µg di Retinolo equivalenti (µg R.E.)Valori di riferimento:Bambini 1-10 anni 600 Maschi 11-50 anni 1000 Femmine 11-50 anni 800

CH2OHH3C

CH3

CH3 CH3

Vitamina A

CH3

Interpretazione della concentrazione nel plasma di Vit A & Carotenoidi) (HPLC)

[Valori espressi in mg/dL]

normale > 20 mg > 40 mg

normale vegetariano > 20 mg > 40 mg

Razione carente e scarse riserve:

10-19 mg 20-39 mg

riserve insufficienti < 10 mg variabileMalattie epatiche < 20 mg >40 mgAssunzione eccessiva :

di Vit A > 65 mg > 40 mgdi ββ−−Carotene > 20 mg > 300 mg

Carotenoidiprodotti naturali (non di sintesi)

CH3

H3C CH3CH3 CH3

CH3 CH3CH3H3C

H3C

β-carotene

CH3

H3C CH3CH3 CH3

CH3 CH3CH3H3C

H3C

HO

OH

Luteina

CH3

H3C CH3CH3 CH3

CH3 CH3CH3H3C

H3C

Lycopene

CH3 CH3

CH3 CH3OH

OOH

O

Crocetina

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Retinolo & Carotenoidi

CH2OHH3C

CH3

CH3 CH3

Vitamina A

CH3Non vi sono valori di assunzione Non vi sono valori di assunzione consigliati per i consigliati per i CarotenoidiCarotenoidi..La concentrazione di La concentrazione di ββ--

Carotene non è predittiva di Carotene non è predittiva di quella della quella della VitVit A e risente della A e risente della dieta.dieta.

Valori di riferimento per ββ -Carotene (HPLC) 100-850 mg/L (0.19-1.58 mMol/L) Valori di riferimento per la somma di tutti i Carotenoidi:600-200 mg/L

CH3

H3C CH3CH3 CH3

CH3 CH3CH3H3C

H3C

β-carotene

CH3

H3C CH3CH3 CH3

CH3 CH3CH3H3C

H3C

Lycopene

CH3

H3C CH3CH3 CH3

CH3 CH3CH3H3C

H3C

HO

OH

Luteina

Coenzima Q10 (Vitamina Q - Ubichinone)

Valori di riferimento > 80 mg/LRecipe: sino a 100 mg/die suddivisi in diverse (3-4)

assunzioni.

Dati epidemiologici (f= classi NYHA) suggeriscono che è utile raggiungere una concentrazione plasmatica >

1.10 mg/litro

H3COH3CO

CH3

(CH2-CH=C-CH2)10-HCH3

O

O Coenzima Q10

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Analisi simultanea in HPLC – ED (ESA)relativa a FSA nel plasma per :

carotenoidi, retinoidi, tocoferoli, Vit.K, CoQ10

• retinolo (all trans )• luteina• γ-tocoferolo• α-tocoferolo• Vit.K1• retinil-acetato (all

trans )

• retinil palmitato (all trans )

• lycopene• α-carotene• β-carotene• coenzima Q10

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Tocoferolo (Vitamina E)

I valori di assunzione consigliati si esprimono in mg di Tocoferolo Equivalenti (mg TE)LARN giovani adulti maschi 10 mg TE,

LARN giovani adulti femmine 8 mg Te. Non sembra che un'assunzione superiore ai 10 mg TE dia luogo a patologie da sovradosaggio.secondo l'OMS (Acceptable Daily Intake: (ADI) l'assunzione raccomandata e' compresa tra 0.15 e 2.00 mg a-tocoferolo/Kg di peso corporeo

O

CH3

RO

H3C

CH3CH3

CH3

CH3 CH3 CH3

Vitamina E

Nutrienti come antiossidantila vitamina E come difesa primaria

VitVit E (aE (a--TocoferoloTocoferolo) ) viene considerata il viene considerata il maggiormaggior ““terminatoreterminatore” ” di reazioni di reazioni

radicalicheradicaliche in in ambiente lipofiloambiente lipofiloe e cosìcosì pare pare proteggereproteggere le membrane le membrane

((l’azionel’azione è è sinergicasinergica a a quellaquella del del

GlutationeGlutatione-- SeSe--dipendentedipendente))

AC.ASCORBICO (VITAMINA C)L’Ac.Ascorbico è presente in quantità millimolare(mmoli) ed è in % il maggior antiossidante del cristallino.[[AscorbatoAscorbato] ] CristllCristll. . = 60 x [= 60 x [AscorbatoAscorbato] ] pl

O

HO OH

C O

H

OHHOH 2 C

v ita m in a CN:B.:a-Tocoferolo è presente in concentrazione di µMoli

40

25

CHEMICAL STRUCTURE of a-LIPOIC ACID

S

CH2CH2 COOHCH2CH2

SThioctic acid1,2-Dithiolane-3-pentanoic acid1,2-Dithiolane-3-valeric acid6,8-Thioctic acid

At physiological pH, lipoic acid is in anionic formand it is commonly called lipoate

Sen & Packer, 2000, Am J Clin Nutr 72(suppl): 653S-69S

BIOLOGICAL ROLE OF a-LIPOIC ACID

Thiol Cofactor of Dehydrogenase Complexes Involved in Oxidative Metabolism

Acetyl-CoA formation

Biochemistry 2nd ed, Wileyflavin adenine dinucleotideNADH nicotinamide adenine dinucleotideThiamine pyrophosphate

branched-chain keto-acid DH c.;α-ketoglutarate DH c.; pyruvate DH c.;

27

Ac α-lipoico

L’Ac.Lipoico entra nel ciclo di decarbossilazione ossidativa dei chetoacidi come costituente di diversi complessi enzimatici

L’Ac.Lipoico esercita un effetto protettivo sulla Vit E e sinergico al CoQ10 ; può infatti ridurre l’acido didroascorbico ad ascorbato. Una combinazione diAc.Lipoico - Tocoferolo risulta in un’aumentata efficacia (attività) della Vit E

SS O-

O

HSO-

O

HS

Ac Lipoico

Ac diidrolipoico

Dosaggio raccomandato < 800 mg /die

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THIOL REDOX CYCLES AND ANTIOXIDANT DEFENSE NETWORK

Sen and Packer, 2000, Am J Clin Nutr 72(suppl)

DHLA = DIHYDROLIPOIC ACID

29

Ac. Tioctico :Ac.Lipoico & Ac. Diidro-Lipoico

SS O-

O

HSO-

O

HS

Ac Lipoico

Ac diidrolipoico

I Tioli tra cui di massima importanza l’Ac Lipoico sono capaci di un’azione antiossidante centrale soprattutto per l’interazione con le altre molecole antiossidanti esogene

30

Contenuto di Ac α-lipoico in alimenti

Fegato Rene Cuore Bovino 0.6-1.1 0.9-1.3 0.7-1.0 Vitello 0.3-0.5 0.5-0.7 1.1-1.6 Maiale 0.6-0.8 0.4-0.7 1.1-1.6 Agnello 0.7-0.8 0.5-0.7 0.5-0.7 Cavallo 0.7-1.0 /// 1.2-1.6 Tacchino 0.7-1.7 /// 1.0-1.3 Pollo 0.8-2.0 /// 1.0-1.3

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Carnosina ( β-Alanina-metil-Istidina)

La Carnosina è un dipeptide, formato da ß-Alaninae Istidina, che nel muscolo della specie umana concentra la maggior quantità di ß-Alanina .Per la sintesi di questo dipeptide è necessaria la disponibilità di Tocoferolo; un deficit di Vit Eprovoca perdita del dipeptide dal muscolo.

N N NH2

COOH O

H H

N-β-alanil-L-istidina

Carnosina /1

La concentrazione di Carnosina è correlata sempre alla:

capacità tampone (mantenimento del pH)

performance anaerobica percentuale di fibre veloci

33

Carnosina /2

La concentrazione di La concentrazione di dipeptididipeptidi della ßdella ß--alaninaalanina appare essere uno dei determinanti la appare essere uno dei determinanti la capacità tampone soprattutto nelle fibre capacità tampone soprattutto nelle fibre muscolari veloci e con selettiva produzione di muscolari veloci e con selettiva produzione di LattatoLattato;;

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Carnosina II

La concentrazione di Carnosina è correlata sempre alla:

capacità di quenching e trappingdelle ROS **

** l’azione di “l’azione di “terminazioneterminazione” delle ” delle reazioni innescate dalle ROS è maggiore reazioni innescate dalle ROS è maggiore verso i verso i byby--productsproducts che non verso che non verso l’O l’O singolettosingoletto ( ( 11OO22 ) o l’anione ) o l’anione superossido ( Osuperossido ( O22--* * ) )

Anche per la eventuale supplementazione di Carnosina occorrono scelte articolate, ma crediamo si possa procedere eventualmente somministrando er 50-100 mg /die guidati da controlli urinari periodici (30-45 gg) i cui valori dovrebbero essere compresi all’interno dei c.d. valori di reiferimento

N N NH2

COOH O

H H

N-β-alanil-L-istidina

36

Significative fonti alimentari di Vitamine liposolubili

prodotto Vit A (U.I.) a-tocoferolo Carotene b-carotene (mg/100g) (mg) (mg/100g)

olio di fegato 210000olio di palma 500fegato bovino 10000 - 165000cavolo verde 10000 - 13000 6 06 - 0.8rosa canina 6000 - 10000 5carote 3000 - 12000 0,5 1.8 - 7.2carote vecchie 8115carote nuove 5330uovo 700 1,1 0,6albicocca 425 - 3000 1,2 560peperone rosso 3840arachidi 8,3

44

37

Obiettivo Cosa s’intenda come misura del danno

ossidativo

Valutare la concentrazione dei prodotti ( sia intermedi che terminali) dell’insulto agito dalle ROS sulle specie bersaglio

38

Obiettivo Cosa s’intenda come difesa dall’insulto

ossidativo

valutare la soglia antiossidante cioè determinare il livello di oxistress cui conseguono: alterazioni dei parametri fisiologici alterazioni dei parametri chimico-clinici con misure dirette e indirette

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misura delle alterazioni dei parametri chimico-cliniciintesi alla:

a) misura (predittiva) dello stress ossidativo su specie bersaglio (glucidiche, lipidiche protido-amminoacidiche)

b) misura di indicatori (enzimatici e non enzimatici) di forme di danno cellulare

45

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indicatori di :a) ossidazione: MDA-TBARS, ROMs, Dieniconiugati, Isoprostani;b) capacità antiossidante: TroloxEquival.Antiox.Capacity (TEAC), Tot.Rad.TRAParameters (TRAP),variazione di concentrazione delle specie antiossidanti a/specifiche;c) alterazione/lesione della struttura cellulare: aumento in circolo di specie intracellulari (CK, LDH, Mgb);

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Antiossidanti singoli o mix antiossidante?

Problemi di biodisponibilità fanno usualmentepreferire l’uso di mix di antiossidantipersonalizzati in funzione di:caratteristiche antropometriche dell’ individuo (e/o dell’atleta) , intensità, volume, periodicità degli allenamenti , periodo della stagione agonistica dispendio energetico in attività fisiche del “tempo libero”, situazioni ambientali

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GraziePier Luigi Fiorella m.c. FMSIConsigliere AIMeF Consigliere Com. San. FCI,medico FIDAL per le

specialità di endurancecon cui da molti anni

condivido entusiasmi, analisi e riflessioni sul gesto atletico e stress ossidativo

Carlotta Bargossidott.chimicache ha disegnato le formule e

soprattutto mi ha pazientemente ascoltato mentre discutevo le proprietà degli antiossidanti anche comprendendo esser cosa ben diversa un modello in vitro da un modello in vivo , ma non in corporevili.

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Alimentazione, Integratori alimentari e sport: come orientarsi nel labirinto della comunicazione?

Gianna Ferretti

Istituto di Biochimica, Facoltà di Medicina e Chirurgia - Università Politecnica delle Marche

Gli integratori alimentari sono una famiglia eterogenea di prodotti (minerali, vitamine, nutrienti, aminoacidi, fibre ecc). L’innovazione dei processi e delle tecnologie produttive ha portato ad un notevole aumento del numero di integratori in vendita e a un incremento del fatturato annuo delle aziende produttrici. I canali di vendita sono principalmente farmacie, erboristerie, supermercati (Antona G.2004). Negli ultimi anni si è affermata anche la possibilità di acquistare on line diverse tipologie di integratori. Pertanto Internet, oltre a tv e stampa, rappresentano le principali fonti di informazioni su questi prodotti e i loro effetti nutrizionali. Non tutti i consumatori hanno le opportune conoscenze in materia e dispongono degli strumenti necessari per capire se una notizia meriti attenzione oppure no e non è facile riuscire a districarsi tra i numerosi messaggi, anche perché le informazioni risultano spesso contrastanti tra loro. Numerosi sono i messaggi contradditori su alimenti e su regimi dietetici. L’enorme quantità di notizie reperibili in rete e sui media sul tema dell’alimentazione, rende spesso difficile riuscire ad orientarsi tra le numerose informazioni commerciali che risultano frequentemente prive di fondamenta scientifiche. Nella relazione verranno trattati alcuni esempi di etichettatura e di messaggi pubblicitari riferiti ad alcuni comuni integratori rivolti a chi pratica attività fisica. Inoltre verranno trattate le linee guida per la comunicazione scientifica nel campo della alimentazione e nutrizione (allegato 1). Partendo dal principio che è possibile comunicare in modo efficace le informazioni in materia di alimentazione e salute, le linee guida si rivolgono a diverse categorie dei professionisti della comunicazione (scienziati, responsabili delle pubblicazioni scientifiche giornalisti, consumatori e gli altri gruppi di interesse). Presentate in forma di domande piuttosto che come affermazioni perentorie, le linee guida sono formulate in modo tale da incoraggiare l'autoanalisi e suggerire le modalità per una comunicazione più efficace e responsabile.

Legislazione, Etichettatura e pubblicità degli integratori La legge italiana identifica come integratori alimentari solo alcuni dei numerosi prodotti in commercio, cioè “i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare che per la loro particolare composizione o per il particolare processo di fabbricazione, presentano ben determinate caratteristiche” (D.L. 27 Gennaio 1992, n. 111 e D.P.R. 30 Maggio 1953,n. 578). Con l’entrata in vigore, nel luglio scorso, del decreto legislativo 169/2004, l’Italia ha recepito la direttiva 2002/46/Ce relativa agli integratori alimentari con particolare attenzione in materia di etichettatura e commercializzazione degli integratori venduti come prodotti alimentari. Secondo la legislazione vigente, gli integratori rivolti agli sportivi e a chi pratica attività fisica "devono essere formulati in modo confacente alle esigenze nutrizionali per il tipo di attività svolta, ed assicurare un'ottimale biodisponibilità dei nutrienti apportati" e sono collocabili nelle seguenti categorie: Prodotti finalizzati ad una integrazione energetica; Prodotti e bevande con minerali destinati a reintegrare le perdite idro-saline causate dalla sudorazione conseguente all'attività muscolare svolta; Prodotti finalizzati all'integrazione di proteine, aminoacidi (aminoacidi ramificati, aminoacidi essenziali, e derivati (Creatina); Altri prodotti risultano da una combinazione dei precedenti (www.ministerosalute.it).Sulla base degli effetti proposti, gli integratori che si rivolgono agli sportivi, sono finalizzati al raggiungimento di un aumento della massa muscolare; a favorire la produzione di energia e a favorire il recupero dopo l'attività fisica e/o sportiva.

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Molti degli integratori contengono sostanze presenti normalmente negli alimenti o composti che l’organismo umano è in grado di sintetizzare (creatina, aminoacidi, carnitina, ecc.) (Giampietro M,2001). La differenza principale rispetto agli apporti alimentari sta soprattutto nei dosaggi elevati proposti nelle prescrizioni di queste sostanze. Tra gli integratori rivolti a coloro che praticano attività fisica è incluso l’acido linoleico coniugato (CLA) (Kelley et al 2003). Viene proposto nella pubblicità come una sostanza che contribuirebbe a ridurre la massa grassa. Gli effetti esercitati dal CLA sul metabolismo energetico e sulla composizione corporea, si basano su studi condotti su modelli animali (Kritchevsky D 2004; Azain MJ et al 2000), non confermati sull’uomo in studi successivi. Da sottolineare è inoltre che con il termine CLA ci si riferisce ad una miscela eterogenea di isomeri strutturali dell’acido linoleico (C18:2), tra cui alcuni che presentano il doppio legame in configurazione trans, una configurazione non fisiologica degli acidi grassi insaturi. Utilizzando modelli animali, Wang Y et al (2004) hanno evidenziato che l’isomero t10,c12 del CLA, potrebbe esercitare un effetto negativo sul metabolismo e favorirebbe l’insorgenza dell’insulino-resistenza (Wang Y et al 2004). Da un esame recente della letteratura scientifica emerge inoltre che la supplementazione con CLA potrebbe provocare un aumento dei livelli di insulina e dei lipidi pasmatici anche in soggetti umani, ponendo plausibili interrogativi sul suo uso come supplemento nell’alimentazione umana e/o come prodotto per una riduzione del peso corporeo. Nella relazione verranno trattati anche aspetti riguardanti le filiere produttive e la qualità degli ingredienti degli integratori alimentari.Sebbene la legislazione preveda che l’etichetta debba riportare obbligatoriamente l’elenco degli ingredienti, tuttavia sulle confezioni degli integratori, non è riportata la provenienza dei singoli composti. Per quanto riguarda le filiere produttive, alcuni studi hanno evidenziato che durante la produzione industriale di creatina, uno dei piu’diffusi integratori tra gli sportivi, si formano diverse molecole contaminanti (Benzi G et al 2001) Nella produzione di barrette proteiche proposte come integratori per aumentare l’apporto in proteine, sono impiegati come ingredienti delle proteine isolate di scarsa qualità nutrizionale come il collagene idrolizzato, e Isolati proteici di soia. Queste proteine sono ottenute da sottoprodotti della lavorazione di alcuni settori dell’industria agroalimentare e il loro impiego non giustifica il prezzo elevato dei prodotti. Tra gli ingredienti di natura lipidica di molti integratori sono inclusi inoltre grassi di scarsa qualità come grassi raffinati e/o idrogenati. Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che un consumo eccessivo di questi grassi nell’alimentazione umana esercita un effetto aterogenico ( Mittmesser SH. 2005, Lopes Garcia E et al,2005). Abitudini alimentari corrette sono certamente sufficienti a coprire i fabbisogni della quasi totalità degli sportivi impegnati in attività continuative, anche di buon impegno fisico e non appare giustificato il ricorso all’uso degli integratori (Giampietro M,2001). Ne deriva quindi l’importanza di una comunicazione sempre piu’ attenta e corretta nel presentare i messaggi e informazioni sull’alimentazione e aspetti nutrizionali degli alimenti e degli integratori alimentari. D’altro canto emerge anche l’importanza di un consumatore sempre piu’ preparato e in grado di riconoscere quelle informazioni che lo possono aiutare a fare scelte piu’ consapevoli.

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Riferimenti Bibliografici -D.L. 27 Gennaio 1992, n. 111 e D.P.R. 30 Maggio 1953, n. 578 Decreto Legislativo 169/2004, direttiva 2002/46/Ce - Antona G. Quando il prezzo non conta. Food 2005,84-90 - Azain MJ,Dietary conjugated linoleic acid reduces rat adipose tissue cell size rather than cell number. Journal of Nutrition . 2000 130(6):1548-54. -Benzi G, Creatine as nutritional supplementation and medicinal product. J Sports Med Phys Fitness 2001, 41(1):1-10 - Giampietro M. “Integratori: alimenti adattati ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi” 2001 - “www.sinu.it” -Lopes Garcia E et al. Consumption of trans fatty acids is related to plasma biomarkers of inflammation and endothelial dysfunction. J Nutr. 2005 Mar;135(3):562-6. -Mittmesser SH. Trans fatty acids alter the lipid composition and size of apoB-100-containing lipoproteins secreted by HepG2 cells. J Nutr Biochem. 2005 Mar;16(3):178-83. - Kelley DS, Erickson KL Modulation of body composition and immune cell functions by conjugated linoleic acid in humans and animal models: benefits vs. risks. Lipids, 2003,38: 377-86 - Kritchevsky D et al Conjugated linoleic acid isomer effects in atherosclerosis: growth and regression of lesions. Lipids 2004, 39(7):611-6. - Wang Y, Jones PJ Conjugated linoleic acid and obesity control: efficacy and mechanisms. Int J Obes Relat Metab Disord. 2004 Aug;28(8):941-55. Allegato1- Linee guida per la diffusione delle informazioni scientifiche sull'alimentazione (Improving Public Understanding: Guidelines for Communicating Emerging Science on Nutrition, Food Safety and Health J. National Cancer Institute, Vol. 90, Num. 3; 194-99) Raccomandazioni generali per i professionisti della comunicazione

• Le informazioni da lei comunicate migliorano la comprensione del pubblico in materia di salute e regime alimentare?

• I risultati della ricerca da lei riportati sono stati inseriti nel relativo contesto? • La ricerca o i suoi risultati sono stati sottoposti a verifica? • Ha evidenziato i punti più importanti della ricerca? • Ha fornito tutte le informazioni importanti sui finanziamenti della ricerca? • Ha rivelato pubblicamente tutte le fonti di finanziamento della ricerca?

Scienziati

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• Ha fornito, in forma scritta, sufficienti informazioni sulla ricerca? Se si è rivolto a giornalisti, o ad altri interlocutori, ha utilizzato una lingua per loro del tutto comprensibile?

• Ha illustrato, oltre ai benefici, anche i rischi? • Ha soddisfatto le esigenze dei mezzi di informazione?

Responsabili delle pubblicazioni scientifiche • La sua politica di filtro rappresenta un vantaggio per il pubblico? • Lei è favorevole all'approfondimento dei risultati delle ricerche da parte di mezzi di

informazione responsabili? • Ha considerato gli effetti che i risultati delle ricerche possono produrre sui consumatori? • I suoi metodi di presentazione della pubblicazione consentono agli scienziati di illustrare i

risultati degli abstract ai mezzi di informazione? Giornalisti

• Il suo articolo è, per quanto possibile, accurato e obiettivo? • È sicuro di non aver influenzato in alcun modo l'opinione pubblica? • Il suo articolo fornisce consigli utili ai consumatori? • Il suo articolo ha fondamenti scientifici?

Industriali, consumatori e altri gruppi di interesse • Le informazioni da lei fornite ai mezzi di informazione sono precise e verificate? • Si attiene a standard etici nel fornire informazioni in materia di salute e alimentazione?

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METABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI NELL’ATTIVITA’ FISICA: SOLO SINTESI PROTEICA?

Claudio Stefanelli

Dipartimento di Biochimica. Università di Bologna. [email protected] 1. GENERALITA’ SUL METABOLISMO DELLE PROTEINE E DEGLI AMMINOACIDI Le proteine sono molecole fondamentali con compiti strutturali e regolatori. Tutte le proteine sono continuamente costruite e degradate. Questo turnover permette di regolare i livelli delle diverse proteine in funzione delle esigenze dell’organismo e di sostituire quelle danneggiate. Il metabolismo delle proteine è un fenomeno complesso, soggetto ad uno stretto controllo ormonale. Nel muscolo scheletrico il turnover proteico rappresenta la base della plasticità muscolare nella risposta all’esercizio fisico. Il catabolismo delle proteine muscolari porta alla liberazione nel citoplasma di amminoacidi (aa) che, assieme a quelli ottenuti attraverso la dieta o sintetizzati endogenamente, vanno a costituire il pool amminoacidico cellulare. Gli aa liberati nel muscolo in seguito alla proteolisi sono largamente riutilizzati per la sintesi di nuove proteine. Una parte di questi aa però, sfugge al riciclaggio e viene utilizzata per altri scopi. Gli aa non impiegati per la sintesi proteica possono seguire diversi destini in diversi tessuti e sono principalmente metabolizzati con tre scopi: 1) alcuni aa, in limitata quantità, servono come precursori di vari composti come ammine biogene, ormoni, neurotrasmettitori ed anche molecole fondamentali per il muscolo come creatina e carnitina; 2) gli aa chetogenici possono essere ossidati per produrre energia; 3) gli aa glucogenici sono utilizzati come precursori del glucosio nella gluconeogenesi epatica. In effetti, la diminuzione del glucosio e di altri substrati energetici rappresenta il principale meccanismo che stimola la proteolisi muscolare, in questo caso mediata dagli ormoni corticosteroidi. La principale reazione del catabolismo degli aa è rappresentata dalla transamminazione. Le transaminasi sono abbondanti in diversi tessuti, specialmente fegato, rene e muscolo striato, dove convertono gli aa in chetoacidi che poi saranno usati in modo diverso: i chetoacidi derivanti da aa chetogenici vengono convertiti in acetil-CoA, che potrà essere ossidato nel ciclo di Krebs per ottenere ATP oppure trasformato in corpi chetonici (nel fegato), o, se non occorre energia, essere convertito in acidi grassi. Gli aa glucogenici invece, in seguito alla transamminazione producono chetoacidi che sono, o possono diventare, intermedi della glicolisi o del ciclo di Krebs. Questo è un meccanismo anaplerotico che permette di avere sempre disponibili intermedi del ciclo di Krebs, che è indispensabile per un corretto metabolismo aerobico, ma il destino principale dei chetoacidi prodotti è quello di essere utilizzati nel fegato per formare glucosio. L’azoto amminico degli aa rimosso dalla transamminazione può essere conservato, specialmente nelle molecole di glutammina, glutammato e alanina, ma in larga parte viene trasformato in urea nel fegato ed escreto con le urine. 2. METABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI NEL MUSCOLO SCHELETRICO 2.1. Caratteristiche della composizione del muscolo scheletrico Nel muscolo, come in tutti i tessuti, sono presenti sia proteine strutturali, come la distrofina del citoscheletro, che proteine con funzioni metaboliche, come i vari enzimi e trasportatori. Nel muscholo striato sono però estremamente abbondanti le proteine miofibrillari, che rappresentano oltre il 70% delle proteine totali e tra queste, actina a miosina da sole sono circa il 65% del contenuto proteico della fibra muscolare. Pertanto, la composizione in amminoacidi di queste

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proteine influisce notevolmente sia sul fabbisogno di aa per la loro sintesi, che sul tipo di aa rilasciati nel citoplasma durante la fase di degradazione. Gli aa a catena laterale ramificata (leucina, isoleucina e valina) rappresentano circa il 35% degli aa essenziali presenti nelle proteine muscolari. Non è quindi sorprendente che questi aa siano i più abbondanti ad essere liberati nella cellula in seguito alla proteolisi e da soli rappresentino il 20-25% di tutti gli aa muscolari. Proprio per l’abbondanza di questi aa ramificati, nell’evoluzione si sono sviluppati dei sistemi responsabili di un loro uso preferenziale da parte del muscolo. 2.2. Metabolismo intermedio degli amminoacidi nel muscolo Le fibrocellule dl muscolo striato possiedono sulla loro superficie un set completo di trasportatori di aa. In linea di massima, a parte il glutammato, gli aa attraversano la membrana seguendo il loro gradiente di concentrazione. Il metabolismo amminoacidico nel muscolo è decisamente limitato rispetto a quanto avviene in altri tessuti. Il muscolo può sintetizzare, partendo da intermedi del catabolismo glucidico, alanina, aspartato e glutammato, da cui si origina glutammina. La metionina può donare il proprio gruppo solfuro od il gruppo metilico. Le uniche altre reazioni possibili sono le transamminazioni. Un altro possibile destino per alcuni aa è l’ossidazione, che ha luogo nei mitocondri. Nell’uomo, il muscolo può ossidare almeno otto aa (alanina, asparagina, aspartato, glutammato, isoleucina, leucina, lisina e valina), ma durante l’esercizio fisico vengono ossidati preferenzialmente gli aa ramificati, la leucina in particolare, mentre gli altri aa sono catabolizzati principalmente nel fegato. 2.3. Catabolismo degli amminoacidi ramificati Gli aa ramificati sono catabolizzati nei mitocondri. I primi due passaggi sono comuni a tutti i 3 aa ramificati leucina, isoleucina e valina, che successivamente seguiranno destini diversi. La prima reazione consiste nella transamminazione reversibile operata da una transaminasi specifica per gli aa ramificati (BCAT), molto abbondante nei mitocondri muscolari. In questa reazione, il gruppo amminico degli aa ramificati è trasferito sul chetoglutarato che diventa glutammato, mentre gli aa ramificati sono convertiti nei corrispondenti chetoacidi ramificati che sono chetoisocaproato, chetometilvalerato e chetoisovalerato derivanti rispettivamente da leucina, isoleucina e valina. La seconda reazione consiste nella decarbossilazione ossidativa irreversibile dei chetoacidi ramificati ad opera della chetoacido ramificato deidrogenasi (BCKDH), che è un complesso polienzimatico molto simile alla piruvato deidrogenasi del catabolismo del glucosio. Analogamente alla piruvato deidrogenasi, che converte il piruvato in acetato e lo lega al coenzima A (CoA) sotto forma di acetil-CoA, la BCKDH decarbossila i tre chetoacidi ramificati e lega gli idrossiacidi ottenuti al CoA. Nella reazione viene prodotto un coenzima NADH, che portando i propri equivalenti riducenti alla catena respiratoria, potrà favorire la sintesi di ATP. A questo punto il catabolismo dei tre diversi aa ramificati si differenzia. Riassumendo i vari passaggi, possiamo dire che dalla valina si forma una molecola di succinil-CoA, un intermedio del ciclo di Krebs; dall’isoleucina si generano una molecola di succinil-CoA ed una di acetil-CoA; infine dal catabolismo completo della leucina si possono produrre tre molecole di acetil-CoA. Siccome l’acetato dell’acetil-CoA viene successivamente ossidato a CO2 nel ciclo di Krebs, la leucina è l’unico aa ramificato che può essere ossidato completamente ed ha quindi il maggior potenziale energetico: da una molecola di leucina si possono ottenere teoricamente fino a 39 ATP. Il principale punto di regolazione del catabolismo degli aa ramificati è a livello della BCKDH. Questo complesso enzimatico è inattivato per fosforilazione da parte di una specifica chinasi, mentre viene attivato ad opera di una fosfatasi, che rimuove il gruppo fosfato. La regolazione della BCKDH è molto complessa. Innanzitutto l’enzima è fortemente attivato dai chetoacidi suoi substrati, particolarmente dal chetoisocaproato derivante dalla leucina, che bloccano la chinasi inibitrice. Questo meccanismo di regolazione è particolarmente importante in quanto permette agli

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aa ramificati di attivare il proprio catabolismo e ne impedisce un accumulo. La BCKDH è anche attivata da bassi livelli di ATP, dall’abbassamento del pH (causato dall’accumulo di lattato e CO2) e dalla deplezione del glicogeno: questi segnali legano l’ossidazione degli aa ramificati alle richieste energetiche della cellula. Il complesso della BCKDH è anche attivato dall’esercizio fisico, che ne promuove la defosforilazione. In particolare le attività aerobiche di lunga durata (sport di endurance) caratterizzate da un alto dispendio energetico, promuovono il catabolismo proteico e l’ossidazione degli aa ramificati. E’ interessante notare che l’allenamento provoca un aumento della densità e della dimensione dei mitocondri nelle fibrocellule muscolari. Questo adattamento naturalmente comporta già di per se un aumento della capacità di base di ossidare gli aa ramificati. La BCKDH viene inibita quando la dieta è povera di aa, consentendo così di risparmiare gli aa ramificati in modo da indirizzarli verso la sintesi proteica. Particolarità del catabolismo della valina. Il catabolismo della valina è particolare, in quanto, per azione della BCKDH si forma il metacrilil-CoA, un composto molto tossico e mutageno, con capacità di inibire svariati enzimi e di causare un danno irreversibile al mitocondrio. La stimolazione del catabolismo degli aa ramificati durante l’esercizio porta un notevole aumento della formazione di metacrilil-CoA, che deve essere rapidamente eliminato ad opera dei due enzimi che lo catabolizzano in modo sequenziale, cioè crotonasi prima ed idrossibutirril-CoA idratasi poi. In effetti questi due enzimi sono presenti in quantità molto alte nei mitocondri muscolari ed aumentano ulteriormente con l’allenamento. 2.4. Modulazione del metabolismo degli amminoacidi nel muscolo La composizione del pool amminoacidico muscolare dipende dallo stato nutrizionale, dall’entità del turnover proteico e dallo stato ormonale. A riposo, subito dopo un pasto, la disponibilità di aa supera la capacità del muscolo di incorporarli nelle proteine e quindi il pool amminoacidico è leggermente aumentato. Allontanandosi dal pasto, la sintesi proteica rallenta, mentre inizia ad aumentare la degradazione delle proteine, che aumenta meno a mano che il digiuno si protrae. In questa situazione, gli aa ramificati sono rapidamente transaminati ed ossidati, mentre il loro azoto amminico è trasferito, mediante transaminazione del piruvato, sull’alanina e quindi anche sulla glutammina. Tra gli aa ramificati, solo la leucina è completamente ossidata, mentre isoleucina e valina, attraverso il succinil-CoA, possono venire trasformati in qualsiasi intermedio del ciclo di Krebs, come il chetoglutarato che, assieme all’alanina ed alla glutammina, viene inviato al fegato per la gluconeogenesi. Durante il digiuno, a riposo, gli aa muscolari sono responsabili di circa il 30% della gluconeogenesi. Questa percentuale però aumenta drasticamente se il soggetto intraprende un esercizio fisico. Durante un esercizio dinamico, come corsa o bicicletta, svolto ad una potenza inferiore al 70% di VO2max, la concentrazione muscolare di aa inizialmente è scarsamente modificata. Se però l’esercizio viene prolungato o se aumenta l’intensità dello sforzo, aumentano anche la liberazione endogena di aa in seguito alla proteolisi e l’import di aa ramificati dal sangue. In questa situazione la disponibilità nella cellula muscolare di aa ramificati, unita alla diminuzione delle scorte di glicogeno, provocano una notevole attivazione della BCKDH, che porta ad un aumento dell’ossidazione degli aa ramificati. Contemporaneamente si osserva un aumento, lineare con lo sforzo, della produzione di alanina e glutammina, che sono riversate nel sangue. Con il procedere dell’esercizio, sono rilasciati nel sangue anche gli aa scarsamente utilizzati nel muscolo (come gli aa aromatici e la treonina). Tutti questi aa sono trasportati al fegato, dove vengono convertiti in glucosio o corpi chetonici, che potranno tornare al muscolo per rifornirlo di sostanze utilizzabili come combustibili. 2.5. Influenza del sesso sul metabolismo degli amminoacidi nell’esercizio fisico

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Diversi studi hanno evidenziato un differenza tra maschi e femmine nella preferenza dei substrati energetici utilizzati durante l’attività fisica. In genere, la donna rispetto all’uomo ossida maggiormente i lipidi e meno i carboidrati durante l’attività aerobica. Anche gli aa sono utilizzati in grado molto minore dalla donna. Il minor grado di ossidazione di leucina nella donna rispetto all’uomo non è un evento correlato alla funzione o alla regolazione degli enzimi del catabolismo degli aa ramificati (particolarmente la BCKDH). I meccanismi del minor uso di aa a scopo energetico da parte della donna non sono chiari, ma potrebbero essere legati al minor uso di carboidrati (ricordiamo che il calo del glucosio ematico è un potente stimolo per la proteolisi muscolare, mediata dagli ormoni glucocorticoidi) e/o alla liberazione preferenziale di acidi grassi in seguito agli stimoli ormonali scatenati dall’esercizio. 3. IL METABOLISMO DELLE PROTEINE MUSCOLARI NELL’ESERCIZIO 3.1. Il turnover proteico nel muscolo Le proteine muscolari sono in uno stato di equilibrio dinamico caratterizzato dalla loro continua sintesi e degradazione. Per la sintesi proteica è necessario un complesso “macchinario” cellulare comprendente i ribosomi, gli specifici tRNA, diversi enzimi e numerosi fattori di regolazione che guidano le varie tappe mediante cui il messaggio portato dal mRNA viene tradotto in una proteina funzionante. Per quanto riguarda invece la degradazione delle proteine cellulari, nel muscolo sono presenti un sistema lisosomiale (catepsina) e due sistemi extralisosomiali, rappresentati dalla calpaina e dal proteasoma. Sono proprio questi due ultimi i sistemi responsabili della proteolisi conseguente all’esercizio fisico. L’entità e la tempistica della degradazione delle proteine muscolari e quindi del turnover proteico dipende dal tipo di attività. Negli esercizi statici, finalizzati allo sviluppo delle forza e della massa muscolare, non si osserva un aumento significativo del turnover proteico e dell’ossidazione degli aa durante l’esercizio acuto. Inoltre, alcuni studi suggeriscono che le poche proteine eventualmente utilizzate in questo tipo di attività non siano proteine miofibrillari. Conseguentemente, le modificazione del metabolismo proteico sono concentrate nel periodo che segue l’esercizio. Negli esercizi dinamici di lunga durata invece, il catabolismo proteico viene attivato già durante l’esercizio, in relazione all’intensità ed alla durata dello sforzo. Il tipo di allenamento effettuato ha notoriamente un notevole impatto sulla morfologia del muscolo e sulla sua composizione. Infatti vengono modificati i contenuti percentuali dei diversi tipi di fibra muscolare, con effetti evidenti sul diametro delle fibre, sul contenuto di mitocondri e sul metabolismo. L’ipertrofia conseguente all’allenamento comunque, è sempre dovuta ad un aumento della sintesi proteica nel periodo di recupero che segue l’esercizio. La regolazione del turnover proteico è un fenomeno molto complesso e modulato finemente per l’azione di un importante network ormonale che risponde alle continue variazioni delle esigenze dell’organismo. In maniera semplicistica, il turnover proteico è influenzato da svariati ormoni che possono favorire: a) un risultato netto di tipo anabolico con aumento della massa muscolare, favorito da effettori ormonali con effetto anabolico (androgeni, ormone della crescita e soprattutto IGF-I) o prevalentemente anticatabolico (insulina), oppure b) un risultato netto di tipo catabolico, con diminuzione della massa muscolare mediato da effettori con azione catabolica (glucocorticoidi) o antianabolica (miostatina). 3.2. Apporto di amminoacidi e turnover delle proteine Quando si valutano gli effetti dell’attività fisica sul metabolismo delle proteine è importante considerare le interazioni tra attività contrattile ed alimentazione. Normalmente, una seduta di esercizi statici per lo sviluppo della forza aumenta la sintesi delle proteine in grado maggiore

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rispetto alla loro degradazione, risultando in un effetto netto di tipo anabolico. Però, se non viene assunto cibo nelle 24 ore successive all’esercizio, la risposta netta del muscolo è di tipo catabolico, cioè la degradazione supera la sintesi e non potrà esserci ipertrofia. L’ingestione di un pasto misto causa l’aumento di substrati ed ormoni. In condizioni di riposo, la modulazione del turnover delle proteine muscolari è dovuta principalmente alla disponibilità di aa (che stimolano la sintesi proteica) ed ai livelli di insulina (che inibisce la proteolisi e stimola leggermente la sintesi ). La disponibilità di aa ha quindi un ruolo fondamentale nella regolazione del metabolismo proteico nel muscolo. Alti livelli ematici di aa hanno un potente effetto anabolico che viene ulteriormente potenziato se l’ingestione di aa viene preceduta dall’esercizio fisico. In questo caso gli aa stimolano la sintesi proteica e inibiscono la proteolisi, promuovendo un risultato netto di tipo anabolico. In generale, un pasto contenente le opportune quantità di proteine consumato entro le 24 ore che seguono l’esercizio di forza, avrà come conseguenza un aumento delle proteine muscolari. L’effetto anabolico degli aa risulta maggiore se disponibili nelle primissime ore dalla fine dell’esercizio. E’ interessante che il potere anabolico di un pasto iperproteico che segue un esercizio è notevolmente ridotto nell’anziano. L’ingestione di carboidrati assieme agli aa ha un effetto positivo sull’anabolismo proteico a causa della liberazione di insulina. Diverse ricerche hanno mostrato che la combinazione di proteine e carboidrati somministrata dopo l’esercizio, modifica nettamente lo stato metabolico del muscolo, trasformandolo da catabolico ad anabolico. L’insulina infatti, ha un ruolo permissivo per quanto riguarda la sintesi proteica favorendo quindi l’effetto anabolico degli aa. L’effetto principale dell’insulina però, è quello di agire come inibitore della proteolisi che segue l’esercizio. Secondo molti autori, l’assunzione di un pasto composto da proteine e carboidrati è ideale per favorire l’ipertrofia muscolare causata dall’esercizio. Per quanto riguarda il meccanismo dell’azione anabolica degli aa, si ritiene che siano gli aa extracellulari che segnalano, mediante un meccanismo ancora sconosciuto, la loro disponibilità alla cellula muscolare stimolando l’anabolismo proteico. A parte questo effetto generalizzato extracellulare, alcuni amminoacidi hanno anche la capacità di attivare la sintesi proteica una volta all’interno della cellula, mediante il meccanismo descritto di seguito. 3.3. Meccanismi molecolari responsabili dell’effetto anabolico della leucina Le modificazioni muscolari indotte dall’attività fisica sono sostenute dall’espresione differenziale di diversi geni. La regolazione dell’espresione genica viene effettuata a vari livelli che vanno dalla trascrizione del DNA alla maturazione e stabilità degli mRNA, alla regolazione della traduzione. Recentemente è divenuto evidente che, negli organismi eucarioti, il processo di traduzione, mediante il quale gli mRNA vengono tradotti nelle proteine, rappresenta un punto di controllo dell’espressione genica di fondamentale importanza. La regolazione a livello della sintesi proteica infatti, permette di rispondere rapidamente alle richieste della cellula ed alla disponibilità di nutrienti. Il processo della sintesi proteica, che altro non è che la traduzione della sequenza di nucleotidi del mRNA nella sequenza di aa che costituiscono la proteina codificata, viene schematicamente diviso in tre fasi: inizio, allungamento e termine. Ciascuna di queste fasi è mediata e guidata da numerosi fattori proteici definiti appunto fattori di inizio, di allungamento o di rilascio. La stimolazione della sintesi proteica in seguito alla disponibilità di nutrienti è dovuta ad un aumento dell’efficenza della traduzione. Infatti, si osserva un aumento della formazione di polisomi, formati da numerosi ribosomi, che possono quindi sintetizzare contemporaneamente un maggior numero di copie della proteina utilizzando il medesimo stampo di mRNA. Il principale punto di regolazione della traduzione è rappresentato dall’innesco della fase di inizio. Questa fase è un processo molto complesso, in cui sono coinvolte una ventina di proteine definite fattori di inizio eIF (dove e indica che si tratta dei fattori delle cellule eucariote), che favoriscono l’assemblaggio dei ribosomi e l’inizio delle lettura del mRNA. Tra questi fattori vi è

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eIF4E il quale forma un complesso con eIF4G promuovendo l’inizio della sintesi proteica. Il fattore eIF4E è normalmente legato ad una proteina inibitrice, eIF4E-BP1, che lo sequestra, impedendo la sintesi proteica e lo rilascia solo in seguito alla sua fosforilazione. La disponibilità di aa extracellulari attiva in modo generale la sintesi proteica, inoltre però, alcuni aa hanno un potente effetto anabolico quando sono abbondanti all’interno della fibrocellula muscolare, favorendo la fase di inizio della traduzione. In particolare sono gli aa ramificati e specialmente la leucina ad esercitare questo effetto. La leucina è molto più potente dell’isoleucina che a sua volta è più efficace della valina. E’ da notare che gli aa ramificati sono aa essenziali, che devono essere continuamente disponibili nella dieta. La mancanza di aa essenziali è di per se un fattore limitante che rallenta la sintesi proteica. In questo senso gli aa ramificati sono indispensabili come qualsiasi aa essenziale. La leucina però, ha la capacità di stimolare direttamente la sintesi proteica e questo in grado molto maggiore rispetto a qualsiasi altro aa. Il meccanismo mediante cui la leucina stimola la sintesi proteica passa attraverso l’attivazione di una via di trasduzione del segnale utilizzata anche da altri stimoli di crescita. La leucina provoca, mediante un meccanismo non ancora definito, l’attivazione della proteina chinasi mTOR (mammalian Target Of Rapamycin). Questa chinasi, una volta attivata, agisce a due livelli: a) da un lato fosforila la proteina eIF4E-BP1, liberando così il fattore di inizio eIF4E; b) contemporaneamente fosforila, attivandola, un’altra proteina chinasi chiamata p70-S6 chinasi (S6K) che a sua volta fosforila la proteina ribosomiale S6. La fosforilazione di S6 provoca la rapida traduzione di una serie di mRNA con particolari strutture che codificano proteine necessarie per la sintesi proteica (fattori di inizio ed allungamento e vari enzimi). Quindi, il segnale scatenato dalla leucina provoca sia l’aumento generale della capacità di sintetizzare proteine (attraverso l’attivazione della S6K) che la disponibilità del fattore eIF4E, indispensabile per l’inizio della tarduzione. La leucina ed in grado minore gli altri aa ramificati, inoltre, sono anche in grado di inibire la proteolisi cellulare. Il meccanismo mediante cui viene esplicata questa azione non è ancora definito, ma pare sia dovuto agli aa ramificati extracellulari, tanto che alcuni autori hanno postulato la presenza di un recettore di membrana per la leucina. E’ evidente che l’inibizione del catabolismo proteico potenzia ulteriormente l’effetto anabolico degli aa ramificati. 4. APPORTO DI AMMINOACIDI E ATTIVITA’ FISICA 4.1. Fabbisogno proteico nei soggetti fisicamente attivi Un quesito logico è se un’attività fisica regolare implichi un accresciuto fabbisogno di aa. Il presupposto di questa domanda è che nelle attività dinamiche, come corsa e ciclismo, gli aa sono attivamente ossidati, mentre le attività in cui viene sviluppata la forza portano all’ipertrofia. In entrambi i casi quindi, l’organismo potrebbe richiedere un surplus di aa. In realtà però nessuno studio ha mai risposto con certezza a questa domanda e spesso in letteratura si trovano risultati contrastanti. E’ interessante notare che l’attività fisica svolta regolarmente migliora sensibilmente l’efficenza con cui l’organismo utilizza gli aa, per cui, secondo alcuni autori, in realtà il fabbisogno alimentare di proteine nello sportivo è addirittura diminuito e non certo aumentato. Occorre anche considerare che, in soggetti abituati ad una dieta contenente alte quantità di proteine, la diminuzione improvvisa del contenuto proteico porta rapidamente ad uno stato catabolico delle proteine muscolari, con perdita di massa magra. Mediamente, la maggioranza di autori ritiene che il fabbisogno giornaliero per soggetti che praticano sport di endurance sia compreso tra 1,2 e 1,7 g/kg di peso in relazione all’intensità dello sforzo, con i livelli più alti riservati agli atleti di elite. Per quanto riguarda invece le attività di forza, viene ritenuto congruo un fabbisogno giornaliero di circa 1,3 g/kg. In linea di massima, se l’alimentazione copre il fabbisogno energetico dell’organismo e contiene una quantità “normale” di

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proteine, che forniscano circa il 12-15% dell’energia totale, non dovrebbe essere richiesta alcuna integrazione con proteine, anche in atleti durante i periodi di allenamento. 4.2. Integrazione con amminoacidi ramificati L’assunzione di aa ramificati è una pratica molto diffusa tra gli sportivi, per cui gli effetti sul metabolismo proteico sono stati studiati da diversi ricercatori. E’ stato riportato che l’assunzione per via orale di aa ramificati (77 mg/kg) prima dell’esercizio aumenta significativamente i loro livelli sia ematici che tissutali e questo aumento è correlato all’inibizione della degradazione delle proteine muscolari, favorendo quindi l’anabolismo. Risultati analoghi sono stati ottenuti mediante diversi dosaggi e/o tempi di somministrazione. Il meccanismo mediante cui gli aa ramificati forniti esogenamente esplicano il loro effetto positivo sull’anabolismo delle proteine muscolari è verosimilmente correlato ai meccanismi, descritti nei capitoli precedenti, che influiscono sulla stimolazione della sintesi e sull’inibizione del catabolismo delle proteine. Benchè durante l’esercizio fisico aumenti l’ossidazione degli aa ramificati, non si è mai potuto dimostrare che l’integrazione con aa ramificati provochi un effetto positivo sulla performance conseguente al loro impiego come fonti energetiche. In effetti, diversi studi sono concordi nell’evidenziare che l’integrazione con aa ramificati non modifica significativamente la performance fisica. Quindi, gli effetti positivi degli aa ramificati a livello muscolare sono dovuti sostanzialmente alla loro capacità di favorire l’anabolismo delle proteine. Bibliografia - Protein and amino acid metabolism during and after exercise and the effects of nutrition. M.J. Rennie, K.D. Tipton. Annual Review of Nutrition 20 :457-483 (2000) - Gender differences in the regulation of amino acid metabolism. L.S. Lamont, A.J. McCullough, S.C. Kalhan. Journal of Applied Physiology 95:1259-1265 (2003) - Amino acid signalling and the integration of metabolism. A.J. Meijer, P.F. Dubbelhius. Biochemical and Biophysical Research Communications 313:397-403 (2004) - Regulation of protein synthesis by branched-chain amino acids in vivo. F. Yoshizawa. Biochemical and Biophysical Research Communications 313:417-422 (2004) - Regulation of protein synthesis associated with skeletal muscle hypertrophy by insulin-, amino acid- and exercise-induced signalling. D.R. Bolster, L.S. S.R. Kimball. Proceedings of the Nutrition Society 63:351-356 (2004) - Exercise promotes BCAA catabolism: effects of BCAA supplementation on skeletal muscle during exercise. Y. Shimomura, T. Murakami, N. Nakai, M. Nagasaki, R.A. Harris. Journal of Nutrition 134:1583S-1587S (2004) - Protein requirements and supplementation in strength sports. S.M. Phillips. Nutrition 20:689-695 (2004) - Protein requirements for endurance athletes. M. Tarnopolsky. Nutrition 20:662-668 (2004) Abbreviazioni usate: aa: amminoacidi; BCKDH: chetoacido ramificato deidrogenasi; CoA: coenzima A; eIF: fattori di inizio; mRNA: RNA messaggero; tRNA: RNA transfer

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S.I.N.U. UNIVERSITA’ APERTA

QUESTIONARIO CORSO RESIDENZIALE “ALIMENTAZIONE ED ATTIVITA’ FISICA” Imola 13 – 14 MAGGIO 2005

LE RISPOSTE ESATTE SONO CONTRASSEGNATE CON L’ASTERISCO

Segnare con una crocetta il numero con l’interpretazione corretta: 1. Perché il nome di “dieta a zona”?

1. chi la segue è un’area di benessere 2. è l’acronimo di “zone natural” 3. fa produrre al pancreas uguali quantità di insulina e glucagone * 4. produce un dimagrimento solo in alcune zone del corpo 5. nessuna delle definizioni sopra riportate è corretta

2. Quale è il fabbisogno proteico per un individuo adulto?

1. 10-15% delle calorie totali della dieta 2. 25-30% delle calorie totali della dieta 3. 0,8-1 g di proteine per kg di peso desiderabile * 4. dipende dal livello di attività fisica 5. nessuna delle risposte è corretta

3. Quali sono gli acidi grassi essenziali?:

1. tutti gli acidi grassi con più di 18 C 2. le forme “trans” dell’acido linoleico 3. gli eicosanoidi derivati dall’acido arachidonico 4. l’acido linoleico e l’acido alfa-linolenico * 5. nessuna delle risposte è corretta

4. Il turnover giornaliero di creatina è

1. circa 2 grammi * 2. circa 20 grammi 3. circa 0,5 grammi

5. Quali dei seguenti alimenti è la migliore fonte di aminoacidi ramificati?

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1. Pasta 2. Bresaola * 3. Legumi

6. In quali rapporti sono contenuti gli aminoacidi ramificati (leucina, isoleucina e valina) negli alimenti?

1. sono contenuti nel rapporto 2:1:1 * 2. sono contenuti nel rapporto 1:1:1 3. sono contenuti nel rapporto 2:2:1

7. Qual è l’amminoacido maggiormente ossidato a scopo energetico durante un’attività fisica aerobica?

1. Triptofano 2. Metionina 3. Lisina *

8. La sintesi proteica muscolare è stimolata da:

1. Aumento intracellulare di AMP 2. Ossidazione di amminoacidi ramificati 3. Alto livello di amminoacidi extracellulari *

9. Quale amminoacido può produrre metaboliti tossici durante il suo metabolismo?

1. Valina * 2. Alanina 3. Glicina

10. Organizzazione dello staff delle squadre nazionali: la responsabilità della programmazione viene normalmente assunta da:

1. Preparatore Atletico. 2. Fisioterapista. 3. Medico.*

11. Avere una buona educazione e disciplina alimentare è importante perché essendo in “peso forma”: 1. Si prevengono gli infortuni e si esalta la performance * 2. Si rispettano anche gli schemi di gioco. 3. Si è più “lucidi” e “determinati”: grintosi. 12. Che cosa si vuole esprimere col motto ”NO SPAGHETTI IN TRASFERTA”:

1. I carboidrati non fanno bene all’atleta 2. Una mentalità di squadra * 3. Medico

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13. Il deficit di magnesio è:

1. Facile da individuare 2. Difficile da individuare * 3. Impossibile da individuare

14. La carnitina è un supporto del metabolismo:

1. Proteico 2. Lipidico * 3. Glucidico

15. La supplementazione di creatinina è giustificabile e utile negli sport:

1. Di breve durata (forza e velocità esplosiva) * 2. Di media durata 3. Di lunga durata

Domande a risposta multipla (Segnare con una crocetta una o più risposte corrette) 16. Quali tra le seguenti sono le basi dell’allenamento:

1. ripetizione dei carichi di lavoro 2. incremento mirato dei carichi di lavoro * 3. adozione di una dieta ipercalorica e iperproteica 4. adozione di una dieta isocalorica e bilanciata nelle componenti * 5. adozione di una dieta ipercalorica e iperglucidica 6. adozione di una dieta “a zona” 7. rispetto dei tempi di recupero e riposo *

17. Al gesto sportivo, in funzione del volume e della intensità, si accompagna un aumentato livello di perossidazione. La soglia antiossidante è determinata da:

1. antiossidanti enzimatici endogeni 2. antiossidanti enzimatici , substrati e prodotti metabolici intermedi e terminali specifici e aspecifici 3. antiossidanti specifici e aspecifici endogeni 4. antiossidanti specifici e aspecifici endogeni ed esogeni *

18. La valutazione del danno da ossidazione consiste :

1. della misura dei perossidi circolanti e/o della misura della malonidialdeide e/o dei dieni coniugati * 2. nell’aumento dei livelli circolanti di ac.lattico e ammonio 3. nell’aumento dei livelli circolanti dei corpi chetonici con inversione della ratio acetato-butirrato 4. nell’ inversione della ratio piruvato lattato 5. nell’aumento dei livelli circolanti di enzimi e proteine muscolari *

19. I vantaggi derivanti dalla supplementazione con antiossidanti riguardano:

1. i tempi di recupero 2. il livello circolante dei marcatori cellulari di danno da perossidazione * 3. il livello circolante dei marcatori specifici di perossidazione

4. la performance