Corso di Sociologia dei processi culturali - pallacordarai.it · Durkheim ha inaugurato...

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Corso di Sociologia dei processi culturali a.a. 2013-2014 - prof. Marco BRUNO Sapienza Università di Roma Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale Corso di laurea in Comunicazione, tecnologie e culture digitali

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Corso di Sociologia dei processi culturali a.a. 2013-2014 - prof. Marco BRUNO Sapienza Università di Roma Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale Corso di laurea in Comunicazione, tecnologie e culture digitali

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Cultura come creazione sociale. Alcuni temi

M. Bruno. Soc. dei processi culturali Pagina 2

- La produzione sociale della cultura. Durkheim e la rappresentazione collettiva. - La produzione collettiva della cultura - Innovazione culturale e mutamento sociale

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Cultura come creazione sociale

M. Bruno. Soc. dei processi culturali Pagina 3

Cultura come creazione individuale? Chi crea gli oggetti culturali? Se si fa riferimento alla cultura in senso stretto (letteratura, arte, filosofia, ecc.) è innegabile il ruolo del genio individuale, anche se la genialità stessa richiede un humus culturale per realizzarsi. Se, viceversa, ci si riconduce alla cultura nel senso più ampio di un modello di significati storicamente trasmesso, risulta evidente che essa costituisce una creazione più collettiva che individuale.

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Cultura come creazione sociale. Durkheim

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“Chi crea gli specifici oggetti culturali?”

Da un punto di vista sociologico, la cultura e le opere culturali sono creazioni collettive e non individuali

Cultura come prodotto dell’interazione sociale

Relazioni / legami Rituali Aspettative

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"Vieni a giocare con me", disse la volpe, "non sono addomesticata". "Ah! scusa", fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: “Che cosa vuol dire addomesticare?" "Non sei di queste parti, tu", disse la volpe "che cosa cerchi?“. “Cerco gli uomini", disse il piccolo principe. "Che cosa vuol dire addomesticare?" "Gli uomini" disse la volpe "hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi le galline?" "No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire addomesticare?" ”È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami …" "Creare dei legami?" "Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.” [...]

La cultura come creazione sociale Previsioni, aspettative, relazioni

Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943

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[...] "Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" "Che bisogna fare?" domandò il piccolo principe. "Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino …." Il piccolo principe ritornò l'indomani. "Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore … Ci vogliono i riti". “Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe. “Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. ”È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza".

Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943

La cultura come creazione sociale Previsioni, aspettative, relazioni

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Cultura come creazione sociale. Durkheim

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Questa concezione della cultura come prodotto sociale trae origine dal lavoro di Durkheim sulla religione Durkheim e il problema dell’ordine e della coesione sociale. Modernità e integrazione sociale. Società moderna e divisione del lavoro sociale. Insegnamento, agenzie di socializzazione. Coscienza collettiva / Rappresentazioni collettive

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Cultura come creazione sociale. Durkheim

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“Le forme elementari della vita religiosa” (1912) Dimensione totemica della religione. Cosa accomuna le religioni? Per quanto Durkheim abbia preso in considerazione solo la religione più primitiva - il totemismo - il suo intento è quello di cogliere gli elementi costitutivi della religione, trovare i fondamenti di tutte le religioni e scoprire il bisogno umano che causa la credenza e la pratica religiosa.

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Cultura come creazione sociale. Durkheim

M. Bruno. Soc. dei processi culturali Pagina 9

La società fa sorgere il senso del divino negli esseri umani attraverso: 1) il suo potere, il suo controllo su noi che si manifesta nella sua abilità di causare o di inibire le nostre azioni indipendentemente dall’utilità individuale; 2) la sua forza positiva, per l’azione rinforzante e vivificante della società.

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“Quando un membro della società è in armonia morale con i suoi compagni egli ha più fiducia, più coraggio e più forza nell’azione, proprio come il credente che pensa di sentire lo sguardo di dio diretto verso di lui. La società produce così, come se fosse tale, un sostegno perpetuo alla nostra natura morale. La gente pensa che questo sostegno debba essere dovuto a qualche causa esterna, a qualche forza sempre rappresentata con simboli religiosi, e risponde a questa forza con rispetto e timore” (Griswold, 2005, p. 74).

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Cultura come creazione sociale. Durkheim

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Analisi delle “forme elementari”, il totem

La forza religiosa non deriva da un totem o da un dio, ma dall’esperienza del sociale. La religione pertanto è il sistema di idee attraverso cui le persone rappresentano la loro società

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Cultura come creazione sociale. Durkheim

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Concezione funzionalista, “bisogno” di religione La religione come base di tutte le categorie del pensiero. La religione e tutte le categorie del pensiero sono “rappresentazioni collettive che esprimono realtà collettive”. “Una religione è un sistema solidale di credenze e pratiche relative a cose sacre, cioè separate e interdette, le quali uniscono in un’unica comunità morale, chiamata chiesa, tutti quelli che vi aderiscono” (Durkheim, 1912, tr. it. 1963, p. 50).

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Cultura come creazione sociale. Durkheim

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La rappresentazione collettiva come collante tra i membri interconnessi della società La distinzione tra sacro e profano Durkheim distingue due fasi dell’esperienza Mondo profano, nella vita quotidiana le cose sono uniformi e monotone Mondo sacro, nel tempo della festa le persone sperimentano l’effervescenza collettiva

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Cultura come creazione sociale. Durkheim

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La cultura, compresa la religione, è una rappresentazione collettiva 1. Gli oggetti culturali sono prodotti da persone in relazione con altre persone 2. Nei loro prodotti culturali, le persone rappresentano le loro esperienze di lavoro, di gioia, di paura e di amore Categorie collettive e rappresentazioni. Esempio: la settimana degli Igbo in Nigeria

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Cultura come creazione sociale. L’interazionismo simbolico

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Durkheim ha inaugurato l’approccio alla produzione collettiva della cultura secondo il quale sono le interazioni sociali, sia a livello di piccolo gruppo che al più ampio livello della società, a generare cultura. Erede dell’approccio durkheimiano può essere considerato l’interazionismo simbolico: “interessato a come la gente costruisce attivamente le sue norme e i suoi ruoli. La prospettiva di fondo degli interazionisti è che il sé dell’uomo non è una forma platonica preesistente, ma è creata dall’interazione sociale” (Griswold, 2005, p. 78).

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Cultura come creazione sociale. L’interazionismo simbolico

M. Bruno. Soc. dei processi culturali Pagina 16

Esempio: in Goffman l’interazione non riguarda solo l’evoluzione della personalità, ma tutta l’esperienza umana: il sé cerca di proiettare un certo insieme di significati su coloro con cui interagisce, e a sua volta cerca di interpretare i significati costruiti dai partner nell’interazione.

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Cultura come creazione sociale. L’interazionismo simbolico

M. Bruno. Soc. dei processi culturali Pagina 17

Goffman analizza questo processo impiegando le metafore delle performance teatrali. (“La vita quotidiana come rappresentazione”) Il sé è un attore che svolge un ruolo davanti a un pubblico. Se la perfomance ha successo, il sé vede confermata una certa identità sia nei confronti del partner dell’interazione sia verso se stesso.

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Produzione collettiva di cultura L’interazionismo simbolico e le relazioni tra le persone

M. Bruno. Soc. dei processi culturali Pagina 18

Attenzione alle interazioni tra le persone e al modo in cui queste stesse interazioni generano cultura. Una volta creati, gli oggetti culturali sono riprodotti e trasmessi attraverso la loro ripetuta espressione e attraverso la socializzazione dei nuovi membri del gruppo. Ruolo delle reciproche aspettative (la società come rete di aspettative). Produzione di cultura: il problema dell’innovazione e della stabilità culturale

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Cultura come creazione sociale. Le subculture

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Le persone non sono semplicemente membri di un singolo gruppo o di una comunità, ma di una pluralità di gruppi, o di una parte di tale comunità. Una subcultura esiste entro un più ampio sistema culturale e ha contatti con la cultura esterna. Nel dominio della subcultura funziona un potente insieme di simboli, significati e norme comportamentali che sono vincolanti per i membri della subcultura, spesso opposto di quelle in vigore nella cultura più ampia.

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Cultura come creazione sociale. Le subculture

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Cultura, subcultura, identità. Identità e “Altro generalizzato” Mead: gruppi sociali astratti e “classi sociali o i sottogruppi concreti”. Consumo e identità. (Volvo versus Apple) Sociologia e subculture: -  Scuola di Chicago: subculture non assimilate -  Subculture giovanili -  Subculture e organizzazioni

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Cultura come creazione sociale. Le subculture

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Subcultura e identità, il problema della durata. Subculture giovanili Subculture professionali

Fine (1987): membri delle squadre giovanili di baseball (Little League) e produzione di subculture temporanee. Autocultura e socializzazione ai ruoli della società americana (maschi adulti, impegno e successo, comportamento adeguato, controllo emotivo).

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Le subculture

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Le subculture

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Una subcultura fa riferimento non solo a preferenze di consumo (non tutte generano una subcultura), ma anche ad uno stile di vita. Stile e identità: Hebdige

Index Part One: Some case studies 1. From culture to hegemony 2. Holiday in the sun: Mister Rotten makes the grade; Boredom in Babylon. 3. Back to Africa; The Rastafarian solution; Reggae and Rastafarianism; Exodus: A double crossing. 4. Hipsters, beats and teddy boys; Home-grown cool: The style of the mods; White skins, black masks; Glam and glitter rock; Bleached roots: Punks and white ‘ethnicity’.

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Le subculture

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Dalla cultura all’egemonia, agli stili subculturali. Per Hebdige, due termini gramsciani sono particolarmente utili per analizzare le sottoculture: congiuntura e specificità. Le subculture si formano in rapporti simbolici con il più ampio sistema della cultura tardo industriale. Sono organizzate intorno a età e classe, ma non interamente determinate da esse, e si esprimono nella creazione dello stile.

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Le subculture

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Dalla cultura all’egemonia, agli stili subculturali. Questi stili sono prodotti all'interno di specifiche “congiunture” storiche e culturali, da non leggere semplicemente come resistenza all’egemonia. Piuttosto, le sottoculture mettono insieme stili, immagini e cultura materiale a loro disposizione nel tentativo di costruire un’identità che le conferisca una “relativa autonomia” all'interno di un ordine sociale “fratturato” per classe, differenze generazionali, lavoro.

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Intermezzo Funzione di riassorbimento del nuovo e della “devianza” Uso delle etichette, es. “ossessione” per la nazionalità nel racconto dell’Altro” (media e immigrazione) I media rappresentano il binomio normale/anormale, in particolare costruendo espliciti «etichettamenti» (labelling) delle devianze secondo una “rappresentazione consensuale del mondo, dove le violazioni vengono considerate atipiche (e formano il piano implicito delle notizie) e messe in contrasto con la maggioranza ipertipica della popolazione (che forma lo sfondo implicito o meno cospicuo delle notizie)”. [1] Lo stereotipo incapsula la devianza in una struttura stabile e riconoscibile: «l’atipico tipico». [1] J. Young, Oltre il paradigma consensuale: una critica del funzionalismo di sinistra nella teoria delle comunicazioni di massa, in R. Grandi, M. Pavarini, M. Simondi, pp. 144 e 141. Tra i principali esponenti delle teorie del «paradigma consensuale» sviluppate in Gran Bretagna negli anni Settanta, si vedano anche i lavori del Glasgow Media Group e di Graham Murdock e Stanley Cohen. Cfr. S. Cohen, Folk Devils and Moral Panics, MacGibbon and Kee, London 1972; S. Cohen, J. Young (a cura di), The manufacture of the news. Social problems, Deviance and the Mass Media, Constable, London 1973.

ottobre 27, 2014

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Immagini dell’immigrazione

“la formazione del pregiudizio in una società in continuo cambiamento come quella contemporanea, nasce innanzitutto da un fenomeno di “ritardo culturale”, ossia dallo scarto che viene continuamente a prodursi […] tra rappresentazione del vissuto e i modelli di valore dei quali ci serviamo per inquadrare i problemi e per valutarne le conseguenze”.!

Carlo Marletti, Extracomunitari. Dall’immaginario collettivo al vissuto quotidiano del razzismo, Eri – Rai, Torino, 1991. p. 8.

ottobre 27, 2014

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Lo stereotipo nei media e l’atipico tipico “Ossessione” per le etichette - Funzione di riassorbimento del nuovo e della devianza

La ricorrenza di questa continua associazione della nazionalità agli incidenti ed ai reati assume il carattere di un’autentica ossessione, un sottofondo evidenziato anche semplicemente elencando una serie di titoli pubblicati di volta in volta su tutte le testate esaminate: Forzava distributori, rumeno in manette (Repubblica, 22/12/2002); Rumeno truccava distributori di sigarette (Il Tempo, 22/12/2002); Marocchini quattordicenni scippano pensionato e rischiano il linciaggio (Il Giornale, 23/12/2002); Arrestati tre albanesi (Repubblica, 14/01/2003); Tunisino minaccia romano (Il Giornale, 17/01/2003); Senegalese arrestato (Il Messaggero, 19/01/2003); Rumeno dietro le sbarre per una rapina a Rimini. (Il Tempo, 19/01/2003); Preso ladro rumeno in un supermarket (Repubblica, 13/01/2003); Manette a un immigrato. Cameriere clonava nel ristorante le “card” dei clienti (Il Messaggero, 20/01/2003); Denunciato cinese alloggiava clandestini (Repubblica, 22/01/2003); Sgominata una banda di Rumeni che clonava carte di credito (Corriere della Sera, 23/01/2003); Arrestati quattro immigrati romeni (Il Messaggero, 23/01/2003); Rumeno tenta di rubare ai Musei Capitolini (Il Tempo, 23/01/2003); Un serbo a Milano uccide l'ex amante (La Stampa, 13/02/2003).

ottobre 27, 2014

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In un saggio dedicato al comportamento della stampa verso i movimenti sociali degli anni Settanta – saggio contenuto in una delle storiche raccolte di Castronovo e Tranfaglia, 1976 – ritroviamo una rappresentazione del “deviante” inequivocabilmente legata alla figura del «capellone»:

Lo stereotipo nei media e l’atipico tipico “Ossessione” per le etichette - Funzione di riassorbimento del nuovo e della devianza

ottobre 27, 2014

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In un saggio dedicato al comportamento della stampa verso i movimenti sociali degli anni Settanta – saggio contenuto in una delle storiche raccolte di Castronovo e Tranfaglia, 1976 – ritroviamo una rappresentazione del “deviante” inequivocabilmente legata alla figura del «capellone»: “«Il Tempo»: Indagini su due capelloni per l’omicidio di una settantenne (21 giugno [1971]); Scippata e malmenata da tre capelloni (7 luglio); ‘Capellone’ ferisce e rapina una signora (18 luglio) […]. Nel «Corriere della Sera», la presenza tematica del capellone è meno assillante e tenebrosa. Gli esempi tuttavia non difettano […]: Capellone in moto aggredisce i carabinieri (6 agosto); Sempre di scena capelloni e sbandati nella città spopolata (14 agosto); Bloccati dalla polizia tre capelloni ladri” Basta sostituire il termine “capellone” con “albanese” o “rumeno”… Cfr. M. Isnenghi, “Forme e ideologia della informazione quotidiana. 1960-1975”, in V. Castronovo, N. Tranfaglia (a cura di), La stampa italiana del neocapitalismo, Laterza, Roma-Bari 1976, p. 85

Lo stereotipo nei media e l’atipico tipico “Ossessione” per le etichette - Funzione di riassorbimento del nuovo e della devianza

ottobre 27, 2014

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Mutamento sociale e risposta culturale?

M. Bruno. Soc. dei processi culturali Pagina 31

Kefalas (2003), quartieri operai bianchi di Chicago e mantenimento del proprio backyard Subcultura operaia bianca americana Belway come “ultimo giardino”. Viene prima la minaccia o il giardino curato? Ogborn (1936) e la teoria del ritardo culturale Cultura materiale e cultura adattiva

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Mutamento sociale e risposta culturale?

M. Bruno. Soc. dei processi culturali Pagina 32

Cultura materiale e cultura adattiva Esempio 1. Le foreste americane. Condizioni materiali e culturali (natura e integrazione con le pratiche sociali). Poi risposta adattiva (riforestazione). Esempio 2 Tabacco e stili di vita salutisti Quali condizioni materiali sarebbero mutate?

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Mutamento sociale e risposta culturale? Il problema dell’innovazione culturale

M. Bruno. Soc. dei processi culturali Pagina 33

1) L’innovazione solo in determinati periodi 2) Le innovazioni si rapportano alle convenzioni 3) Solo alcune innovazioni si istituzionalizzano 1) Periodi di “sfilacciamento dell’ideologia dominante” (Williams, 1973); “perturbazione dell’ordine morale” (Wuthnow, 1987). Durkheim e l’anomia. Es. Gli anni Sessanta negli Usa 2) Becker (1982), creatori culturali e artisti

•  Professionisti integrati •  Artisti folk •  Individualisti ribelli •  Artisti naïf

3) Rapporto con le condizioni sociali (e politiche) di quel periodo. Es. La Riforma protestante in alcune monarchie europee