Corso di Preparazione agli Esami di Stato – Padova, 06 giugno 2012 Il principale strumento di...
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Corso di Preparazione agli Esami di Stato – Padova, 06 giugno 2012
Il principale strumento di Il principale strumento di
integrazione: integrazione:
il Piano di Zonail Piano di ZonaAssistente Sociale Dott.ssa Laura NicheleAssistente Sociale Dott.ssa Laura Nichele
Corso di Preparazione agli Esami di Stato – Padova, 06 giugno 2012
Che cosa si intende per integrazione?Che cosa si intende per integrazione?
Il Dizionario Zanichelli definisce il termine “integrare”, rendere completo,
aggiungere ciò che manca.
Ciò vale specialmente nel lavoro con le persone, le famiglie e i gruppi sociali,
tenuto conto della complessità dei bisogni, dei valori, degli interessi in gioco.
Sempre più è necessario intervenire in modo integrato, coinvolgendo più
discipline e saperi, più punti di vista, più professioni per rispondere ai bisogni
e ai problemi rispettando la globalità e l’unitarietà della persona e
perseguendo il benessere bio-psico-sociale.
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A livello nazionale A livello nazionale ::
DPR 23 Luglio 1998 “Approvazione del Piano Sanitario Nazionale per il
triennio 1998 – 2000”;
D.Lgs. 229 del 19 Giugno 1999 “Norme per la razionalizzazione del Servizio
Sanitario nazionale” (riforma sanitaria ter) dà una prima
definizione delle prestazioni socio-sanitarie (art. 3 quater, quinquies,
septies);
Riferimenti normativiRiferimenti normativi
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Nel D.Lgs. 229/99 vengono definite “prestazioni socio-sanitarie” “tutte le
attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di
salute della persona che richiedono unitamente prestazioni sanitarie e azioni
di protezione sociale in grado di garantire, anche bel lungo periodo, la
continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione”.
Tali prestazioni comprendono:
PRESTAZIONI SANITARIE A RILEVANZA SOCIALEPRESTAZIONI SANITARIE A RILEVANZA SOCIALE
PRESTAZIONI SOCIALI A RILEVANZA SANITARIAPRESTAZIONI SOCIALI A RILEVANZA SANITARIA
PRESTAZIONI SOCIOSANITARIE AD ELEVATA INTEGRAZIONE PRESTAZIONI SOCIOSANITARIE AD ELEVATA INTEGRAZIONE
SANITARIASANITARIA
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A livello nazionale :A livello nazionale :
L. 328/00 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di
interventi e servizi sociali” (art. 22 co.4);
DPCM 14 Febbraio 2001 “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di
prestazioni sociosanitarie” è il principale riferimento normativo in
termini di integrazione socio-sanitaria;
DPCM 29 Novembre 2001 “Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza”.
Riferimenti normativiRiferimenti normativi
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A livello regionale :A livello regionale :
Già negli anni ‘70 la Regione del Veneto introduce i Consorzi sociosanitari, al
fine di favorire l’integrazione sociosanitaria;
ma è nel 1982 che si consolida la volontà di integrare il sociale con il sanitario.
Il Consiglio Regionale del Veneto approva una legge di riordino della materia
socioassistenziale la L. R. 55/82 “Norme per l’esercizio delle funzioni in
materia di assistenza sociale”
grande capacità di anticipo dei tempi del legislatore veneto
rappresenta la pietra miliare del modello veneto di integrazione sociosanitaria
Riferimenti normativiRiferimenti normativi
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Una scelta strategica della Regione Veneto al fine di garantire la realizzazione
concreta dell’integrazione è stata la creazione della figura del DIRETTORE DIRETTORE
DEI SERVIZI SOCIALIDEI SERVIZI SOCIALI nell’ambito della direzione strategica dell’Azienda
ULSS.
La figura del Direttore dei Servizi SocialiDirettore dei Servizi Sociali è stata introdotta del legislatore
regionale nel 1995, in continuità con la precedente figura del “Coordinatore
Sociale”, presente in Veneto fin dal 1982, con la specifica funzione di
assicurare, nell’ambito dell’A.ULSS il coordinamento e l’integrazione tra
politiche e attività sociali, sanitarie e sociosanitarie.
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A livello regionale :A livello regionale :
In tre momenti legislativi successivi, la Regione del Veneto sostiene e
conferma la scelta di realizzare un sistema di interventi e servizi ad elevata
integrazione sociosanitaria
L.R. 55/94 “Norme e principi per il riordino del Servizio Sanitario Regionale
in attuazione del D.Lgs. 502/92 come modificato dal D.Lgs. 517/93” art.
8 co. 1;
L.R. 5/96 “Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1996-1998” art.
4 co. 1;
L.R. 11/01 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle
autonomie locali in attuazione del D.Lgs. 112/98 art. 130
Riferimenti normativiRiferimenti normativi
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Si auspica l’integrazioneintegrazione a più livelli:
istituzionale (tra istituzioni diverse con comuni obiettivi di salute);
pubblico – privato;;
socio-sanitaria (tra politiche diverse);
operativa/ gestionale (tra servizi diversi al fine di incrementare approcci
multidimensionali e metodologie di lavoro per progetti);
professionaleprofessionale (con l’adozione di linee guida che orientino il lavoro
multiprofessionale, la costituzione di unità valutative integrate, …)..
Quale integrazione?Quale integrazione?
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Nei provvedimenti nazionali e regionali richiamati viene posta grande enfasi
sulla PIANIFICAZIONE, caldeggiando una pianificazione congiunta sul piano
sanitario e sociale, che valorizzi e qualifichi l’integrazione.
A tal fine, a livello locale viene istituito il PIANO DI ZONA (L. 328/00 art.
19), per quel che riguarda gli interventi sociali e sociosanitari e il
PROGRAMMA DELLE ATTIVITA’ TERRITORIALI (D.Lgs. 229/99 art. 3
quater), per quel che concerne la pianificazione sanitaria.
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per governare la complessità;
perché si moltiplicano i livelli di governo (si enfatizza sempre più il livello
locale in quanto livello più vicino al cittadino e ai suoi bisogni);
Perché, a livello locale, gli attori sociali che operano all’interno del sistema
di welfare sono molteplici e c’è necessità di coordinarsi e definire delle
regole in base alle quali orientare la propria azione affinché sia integrata
con quella degli altri e tenda d un fine comune
Lo slogan diventa:
“PENSA GLOBALMENTE, AGISCI LOCALMENTEPENSA GLOBALMENTE, AGISCI LOCALMENTE”
BENESSERE SOCIALEBENESSERE SOCIALE
Perché si pianifica a livello locale?Perché si pianifica a livello locale?
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è il principale strumento di programmazione locale delle politiche, degli
interventi e dei servizi sociali e socio-sanitari da garantire alle persone e
alla comunità (viene definito anche ““Piano regolatore dei servizi alla
persona” ” );
è uno strumento concreto per la costruzione a livello locale del sistema
integrato di interventi e servizi sociali;
è luogo e strumento conoscitivo e di individuazione delle linee di
sviluppo sociale di un territorio;
è uno strumento di autoregolazione e un atto di responsabilità di un
territorio;
è un percorso, un processo continuo che genera cambiamento.
Cos’è il Piano di Zona?Cos’è il Piano di Zona?
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A livello nazionale :A livello nazionale :
L. 328/00 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di
interventi e servizi sociali” (art. 19);
Individua il Piano di Zona come il principale strumento di programmazione
locale per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali,
definito dai Comuni associati d’intesa con le Aziende ULSS e da adottarsi, di
norma, attraverso Accordo di Programma.
Riferimenti normativiRiferimenti normativi
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L’ACCORDO DI PROGRAMMA è una convenzione tra Enti territoriali e
altre Amministrazioni Pubbliche mediante la quale le parti coordinano la
loro attività per la realizzazione di interventi condivisi. E’ un atto che
formalizza la compartecipazione e la corresponsabilità di chi lo sottoscrive
e dà attuazione al Piano.
E’ disciplinato dall’art. 34 del D.Lgs. 267/00.
indica contenuti;
esprime volontà;
definisce modalità..
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A livello nazionale :A livello nazionale :
D.P.R. 3 Maggio 2001 “Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali
2001 – 2003”
definisce il PdZ lo “strumento fondamentale attraverso il quale i Comuni,
con il concorso di tutti i soggetti attivi nella progettazione, possono disegnare
il sistema integrato di interventi e servizi sociali con riferimento agli
obiettivi strategici, agli strumenti realizzativi e alle risorse da attivare”.
Riferimenti normativiRiferimenti normativi
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A livello regionale :A livello regionale :
L.R. n. 56 del 14 settembre 1994 (art. 8);
L.R. n. 5 del 3 febbraio 1996 (art. 5);
L.R. n. 11 del 13 aprile 2001 (art. 128);
Riferimenti normativiRiferimenti normativi
Deliberazioni della Giunta RegionaleDeliberazioni della Giunta Regionale
DGR n. 2865 del 5 agosto 1997
DGR n. 1764 del 18 giugno 2004
DGR n. 1560 del 23 maggio 2006
DGR n. 3702 del 28 novembre
2006
DGR n. 1809 del 16 Giugno
2009
DGR n. 157 del 26 Gennaio
2010
DGR n. 2082 del 3 Agosto 2010
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La L.R. 56/94 “Norme e principi per il riordino del Servizio sanitario regionale
in attuazione del D.lgs. n. 502/92”, all’articolo 8 comma 2 stabilisce che “il
principale strumento di integrazione è rappresentato dai Piani di Zona
dei servizi sociali, che vengono elaborati ed approvati dal Sindaco (qualora
l’ambito territoriale dell’ULSS coincida con quello del Comune) o dalla
Conferenza dei Sindaci, con le modalità previste dal Piano Socio-Sanitario
Regionale ”.
ancora una volta c’è grande capacità di anticipo dei tempi del
legislatore Veneto: la nostra Regione, per prima in Italia, ha introdotto il
concetto e la pratica della programmazione locale, finalizzata a
coordinare gli interventi e i servizi sociali e socio-sanitari, ottimizzando
le risorse a disposizione e garantendo livelli uniformi di assistenza per la
realizzazione nel territorio di un sistema integrato di servizi socio-
sanitari.
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La L.R. 5/96 “Piano Socio-Sanitario per il triennio 1996/1998” precisa che “l’integrazione viene attuata dal Direttore Generale attraverso il Direttore dei Servizi Sociali, che fornisce il supporto per l’elaborazione del Piano di Zona e ne segue l’attuazione avvalendosi dei referenti di programma di area specifica” e identifica il Piano di Zona come strumento per:
l’analisi dell’evoluzione qualitativa e quantitativa dei bisogni;
lo sviluppo di forme di gestione dei servizi adeguate, flessibili e
creative;
l’integrazione delle risorse pubbliche e private;
la creazione di nuove opportunità e la produzione di risorse
aggiuntive;
la definizione delle prestazioni da erogare, rapportate alle
responsabilità dei diversi soggetti e al quadro delle risorse rilevate.
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La L.R. 11/2001 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle
autonomie locali in attuazione del D.Lgs. 112/98” all’articolo 128, comma 5,
definisce il Piano di Zona “lo strumento primario di attuazione della rete
dei servizi sociali e dell’integrazione socio-sanitaria”.
Con la L.C. 3/2001 “Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione” e la conseguente autonomia gestionale
degli Enti Locali sia sul piano della autodeterminazione delle
scelte per la propria comunità che nell’utilizzo delle risorse
finanziarie, il Piano di Zona assume ancor più importanza.
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Al fine di recepire quanto introdotto dalla normativa statale e regionale citata, con le deliberazioni la Giunta regionale individua le linee-guida per l’attività di pianificazione in materia sociale, gli obiettivi del PdZ, i contenuti e le priorità Regionali cui dovranno ispirarsi i futuri piani.
Va sottolineata la DGR 3702/06 in quanto introduce specifiche indicazioni per la valutazione (locale e regionale) dei Piani di Zona e definisce una metodologia di programmazione continua.
accompagna costantemente i processi di sviluppo locale dei servizi e le linee di indirizzo prodotte a livello regionale
attenzione alla VALUTAZIONE nella convinzione che ogni fase progettuale richiede una riflessione attenta in merito alle azioni intraprese e ai processi avviati precedentemente
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Vengono stabiliti differenti livelli di partecipazionelivelli di partecipazione
CONSULTAZIONE CONCERTAZIONE
Il ciclo di vita del Piano di Zona viene prolungato da 3 a 5 anni
Viene introdotto il visto di congruitàvisto di congruità
Anche la DGR 157/2010 ha introdotto alcuni aspetti innovativi:
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coordinare gli interventi e i servizi
sociali e socio-sanitari;
ottimizzare le risorse a disposizione;
garantire i livelli uniformi di
assistenza.
per realizzare nel
territorio un sistema
integrato di servizi
socio-sanitari
per sostenere e
promuovere il benessere
della persona, della
famiglia, della comunità
Finalità del Piano di ZonaFinalità del Piano di Zona
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Il Piano di Zona, però, sollecita e attiva diversi soggetti, chiamati a pensare insieme, a condividere delle scelte e ad agire in modo integrato e responsabile per la costruzione e la realizzazione di politiche sociali e sociosanitarie per il territorio, sulla base dell’analisi dei bisogni delle persone e della comunità e delle risorse disponibili.
Ai Comuni e alle Aziende ULSS vengono affidate dalla Regione Veneto le
competenze istituzionali di GUIDA/REGIA della programmazione locale.
Gli AttoriGli Attori
Province
IPAB
Associazioni
Cooperative Sociali
Fondazioni
Istituzioni scolastiche
Istituzioni religiose
Organizzazioni sindacali
Associazioni delle categorie produttive
Rappresentanze del volontariato e della società
civile
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La programmazione partecipata e condivisa da una moltitudine di attori,
adotta un’ottica di governance e di rete.
si passa da una programmazione nella prospettiva di government (funzione di
governo esclusiva del soggetto pubblico) ad una prospettiva di governance
(funzione di governo svolta attraverso la mobilitazione di più soggetti),
coinvolgendo altri soggetti istituzionali e il terzo settore.
Il Piano, dunque, coordina le azioni di attori diversi che agiscono in un preciso
ambito territoriale (corrispondente con il territorio dell’Azienda ULSS)
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I diversi attori sociali sono invitati a portare competenze e risorse al processo di programmazione perchè, attraverso il dialogo, si raggiunga un con-senso che diventi senso condiviso e miglioramento per tutti.
Al fine di rendere trasparente ed efficace il processo partecipativo, è compito dei soggetti titolari del Piano di Zona definire chiaramente i diversi livelli di partecipazione promossi nei confronti degli attori della comunità locale.
si adotta il metodo della PROGRAMMAZIONE PARTECIPATA
Quale tipo di partecipazioneQuale tipo di partecipazione
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CONSULTAZIONECONSULTAZIONE
CONCERTAZIONECONCERTAZIONE
finalizzata ad informare i soggetti coinvolti sui contenuti della programmazione per raccogliere indicazioni, proposte e consigli utili a migliorare i contenuti programmatori rispetto alle politiche, alle priorità, alle azioni, alle risorse e/o alle strategie di intervento;
finalizzata a coinvolgere i soggetti selezionati in un processo di confronto e di partecipazione attiva alle decisioni che saranno formalmente individuate dai soggetti titolari del Piano di Zona nel processo programmatorio, in merito alle politiche, alle priorità, alle azioni, alle risorse e/o alle strategie di intervento. Tale coinvolgimento si configura come instaurazione di un rapporto di partenariato tra il soggetto pubblico e gli attori della comunità locale, che costituiscono la rete sociale nella quale si realizzano le azioni del piano di zona.
Quale tipo di partecipazioneQuale tipo di partecipazione
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Famiglia e minori, Adolescenti e Giovani
Disabili
Anziani
Dipendenze
Salute Mentale
Immigrazione
Marginalità sociale
L’AMBITO territoriale di riferimento:L’AMBITO territoriale di riferimento:
Il Piano di Zona è unico e coincide con il territorio dell’Azienda ULSS; può, eventualmente, essere articolata a livello di distretto.
Le AREE di intervento:Le AREE di intervento:
I contenuti del Piano di ZonaI contenuti del Piano di Zona
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La DURATA del Piano di Zona:La DURATA del Piano di Zona:
Il ciclo di vita del Piano di Zona è stato prolungato da 3 a 5 anni. Il Piano deve essere uno strumento dinamico, e va aggiornato annualmente sulla base del monitoraggio delle azioni intraprese e della valutazione dei bisogni della comunità.
La PROGRAMMAZIONE deve essere vista come processo continuo che accompagna lo sviluppo locale e si avvale della VALUTAZIONE per divenire “programmazione strategica”
I contenuti del Piano di ZonaI contenuti del Piano di Zona
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AVVIO del PROCEDIMENTO: spetta alla Conferenza dei Sindaci di concerto con il Direttore Generale dell’A.ULSS, che affida il coordinamento della costruzione del Piano al Direttore dei Servizi Sociali.
COSTITUZIONE del GRUPPO DI COORDINAMENTO TECNICO
DEFINIZIONE della STRUTTURA ORGANIZZATIVA e delle RESPONSABILITA’: individuazione dei Tavoli Tematici e nomina dei rispettivi referenti
AVVIO delle PROCEDURE di CONSULTAZIONE e CONCERTAZIONE
1.
2.
3.
4.
Le fasi del percorso di costruzione del PianoLe fasi del percorso di costruzione del Piano
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ANALISI dei BISOGNI e del SISTEMA di OFFERTA: è una ricostruzione fondamentale per conoscere il territorio e intravedere linee di sviluppo futuro.
STESURA del PIANO DI ZONA con l’individuazione delle PRIORITA’, delle POLITICHE e delle AZIONI per ciascuna area di intervento ed invio
in Regione per il VISTO DI CONGRUITA’ .
ADOZIONE DEL PIANO DI ZONA da parte della Conferenza dei Sindaci e del Direttore Generale dell’A.ULSS, attraverso l’ACCORDO DI PROGRAMMA che dà attuazione al Piano di Zona.
ATTIVAZIONE DELLE AZIONI DEL PIANO DI ZONA mediante la stipulazione di contratti di programma, protocolli di intesa, accordi di collaborazione e convenzioni con i soggetti che partecipano, con proprie risorse finanziarie, alla attuazione delle azioni previste nel Piano di Zona.
5.
6.
7.
8.
Le fasi del percorso di costruzione del PianoLe fasi del percorso di costruzione del Piano
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1. Promosso dal Presidente e dall’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci, di
concerto con il Direttore Generale dell’A.ULSS;
2. Coordinato dal Direttore dei Servizi Sociali dell’A.ULSS;
3. Elaborato dai referenti tecnici dei Comuni e dell’A.ULSS: tavoli tecnici di
area tematica (minori-famiglia, disabili, adulti-anziani,dipendenze, salute
mentale, immigrazione, ecc.) con il supporto dell’ Ufficio Piano di Zona e il
coinvolgimento attivo di vari soggetti (rappresentanze del volontariato,
dell’associazionismo, della cooperazione sociale, delle IPAB, …);
4. Approvato dalla Conferenza di Sindaci;
5. Recepito dall’A.ULSS;
6. Trasmesso alla Regione Veneto per il VISTO di CONGRUITA’
Il Piano di Zona è …Il Piano di Zona è …
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L'Analisi dei Bisogni è una fase fondamentale per la programmazione e consiste in una attività di raccolta e analisi di dati e informazioni utili ed attendibili, ma anche di osservazione e di interpretazione di:
““Capire richiede non un singolo momento di percezione, ma una continua Capire richiede non un singolo momento di percezione, ma una continua consapevolezza, un continuo stato di ricerca che non ha fine” consapevolezza, un continuo stato di ricerca che non ha fine”
ai fini di un'efficace programmazione e valutazione delle politiche sociali e degli interventi attuati o da attuare nel nostro territorio.
bisogni
risorse
mutamenti sociali
L’analisi dei bisogni e dell’esistenteL’analisi dei bisogni e dell’esistente
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Il Piano viene periodicamente monitorato ed è valutato annualmente.
Relazione Valutativo-PrevisionaleRelazione Valutativo-Previsionale
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L’ORGANO DI GOVERNO POLITICO
ha una visione complessiva del piano di zona, è costituito dall’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci del territorio e dalla Direzione Generale dell’Azienda ULSS che si avvale a questo fine del Direttore dei Servizi Sociali. Tale organismo nomina
Il GRUPPO DI COORDINAMENTO TECNICO
presieduto dal Direttore dei Servizi Sociali, costituito dai referenti dei tavoli tematici e dai componenti dell’Ufficio di Piano, che si occupa di seguire dal punto di vista tecnico e metodologico le attività necessarie alla costruzione e gestione del Piano di Zona.
La struttura organizzativa del Piano di ZonaLa struttura organizzativa del Piano di Zona
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I TAVOLI TEMATICI
rappresentano l’articolazione organizzativa attraverso la quale si realizza il coinvolgimento degli attori del territorio e si concretizza il processo di confronto territoriale; tali tavoli sono definiti (tipologie, numerosità, composizione, ecc.) a livello territoriale.
La struttura organizzativa del Piano di ZonaLa struttura organizzativa del Piano di Zona
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Si configura quale organismo tecnico di staff che facilita e
supporta operativamente il processo di programmazione, con
riferimento alle attività di costruzione, monitoraggio e
valutazione del Piano di Zona
Ha il compito di introdurre strumenti di valutazione,
monitoraggio e verifica delle politiche sociali, degli interventi e
servizi realizzati, per promuoverne il miglioramento continuo
L’Ufficio Piano di ZonaL’Ufficio Piano di Zona
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La figura dell’Assistente Sociale ben si inserisce nell’Ufficio di Piano in
quanto tale professionista è chiamato a mettere al centro del suo agire la
persona, la famiglia, i gruppi, la comunità per contribuire al loro pieno
sviluppo, promuovere il benessere e il pieno utilizzo delle risorse a
disposizione.
Si vedano in particolare i punti 33, 34, 35, 36, 38 del Titolo IV del
CODICE DEONTOLOGICO DELL’ASSISTENTE SOCIALE
L’Assistente Sociale nell’Ufficio Piano di L’Assistente Sociale nell’Ufficio Piano di ZonaZona
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Titolo IVTitolo IVResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della SocietàResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della Società
Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale
33. L’assistente sociale deve contribuire a promuovere una cultura della solidarietà e della sussidiarietà, favorendo o promuovendo iniziative di partecipazione volte a costruire un tessuto sociale accogliente e rispettoso dei diritti di tutti; in particolare riconosce la famiglia nelle sue diverse forme ed espressioni come luogo privilegiato di relazioni stabili e significative per la persona e la sostiene quale risorsa primaria.
34. L’assistente sociale deve contribuire a sviluppare negli utenti e nei clienti la conoscenza e l’esercizio dei propri diritti-doveri nell’ambito della collettività e favorire percorsi di crescita anche collettivi che sviluppino sinergie e aiutino singoli e gruppi, soprattutto in situazione di svantaggio.
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35. Nelle diverse forme dell’esercizio della professione l’assistente sociale non può prescindere da una precisa conoscenza della realtà socio-territoriale in cui opera e da una adeguata considerazione del contesto culturale e di valori, identificando le diversità e la molteplicità come una ricchezza da salvaguardare e da difendere, contrastando ogni tipo di discriminazione.
36. L’assistente sociale deve contribuire alla promozione, allo sviluppo e al sostegno di politiche sociali integrate favorevoli alla maturazione, emancipazione e responsabilizzazione sociale e civica di comunità e gruppi marginali e di programmi finalizzati al miglioramento della loro qualità di vita favorendo, ove necessario, pratiche di mediazione e di integrazione.
Titolo IVTitolo IVResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della SocietàResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della Società
Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale
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38. L’assistente sociale deve conoscere i soggetti attivi in campo sociale, sia privati che pubblici, e ricercarne la collaborazione per obiettivi e azioni comuni che rispondano in maniera articolata e differenziata a bisogni espressi, superando la logica della risposta assistenzialistica e contribuendo alla promozione di un sistema di rete integrato.
Titolo IVTitolo IVResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della SocietàResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della Società
Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale
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Grazie per l’attenzione, Grazie per l’attenzione,
buono studio e…buono studio e…
IN BOCCA AL LUPO!IN BOCCA AL LUPO!