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Il principale strumento di Il principale strumento di

integrazione: integrazione:

il Piano di Zonail Piano di ZonaAssistente Sociale Dott.ssa Laura NicheleAssistente Sociale Dott.ssa Laura Nichele

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Che cosa si intende per integrazione?Che cosa si intende per integrazione?

Il Dizionario Zanichelli definisce il termine “integrare”, rendere completo,

aggiungere ciò che manca.

Ciò vale specialmente nel lavoro con le persone, le famiglie e i gruppi sociali,

tenuto conto della complessità dei bisogni, dei valori, degli interessi in gioco.

Sempre più è necessario intervenire in modo integrato, coinvolgendo più

discipline e saperi, più punti di vista, più professioni per rispondere ai bisogni

e ai problemi rispettando la globalità e l’unitarietà della persona e

perseguendo il benessere bio-psico-sociale.

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A livello nazionale A livello nazionale ::

DPR 23 Luglio 1998 “Approvazione del Piano Sanitario Nazionale per il

triennio 1998 – 2000”;

D.Lgs. 229 del 19 Giugno 1999 “Norme per la razionalizzazione del Servizio

Sanitario nazionale” (riforma sanitaria ter) dà una prima

definizione delle prestazioni socio-sanitarie (art. 3 quater, quinquies,

septies);

Riferimenti normativiRiferimenti normativi

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Nel D.Lgs. 229/99 vengono definite “prestazioni socio-sanitarie” “tutte le

attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di

salute della persona che richiedono unitamente prestazioni sanitarie e azioni

di protezione sociale in grado di garantire, anche bel lungo periodo, la

continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione”.

Tali prestazioni comprendono:

PRESTAZIONI SANITARIE A RILEVANZA SOCIALEPRESTAZIONI SANITARIE A RILEVANZA SOCIALE

PRESTAZIONI SOCIALI A RILEVANZA SANITARIAPRESTAZIONI SOCIALI A RILEVANZA SANITARIA

PRESTAZIONI SOCIOSANITARIE AD ELEVATA INTEGRAZIONE PRESTAZIONI SOCIOSANITARIE AD ELEVATA INTEGRAZIONE

SANITARIASANITARIA

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A livello nazionale :A livello nazionale :

L. 328/00 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di

interventi e servizi sociali” (art. 22 co.4);

DPCM 14 Febbraio 2001 “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di

prestazioni sociosanitarie” è il principale riferimento normativo in

termini di integrazione socio-sanitaria;

DPCM 29 Novembre 2001 “Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza”.

Riferimenti normativiRiferimenti normativi

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A livello regionale :A livello regionale :

Già negli anni ‘70 la Regione del Veneto introduce i Consorzi sociosanitari, al

fine di favorire l’integrazione sociosanitaria;

ma è nel 1982 che si consolida la volontà di integrare il sociale con il sanitario.

Il Consiglio Regionale del Veneto approva una legge di riordino della materia

socioassistenziale la L. R. 55/82 “Norme per l’esercizio delle funzioni in

materia di assistenza sociale”

grande capacità di anticipo dei tempi del legislatore veneto

rappresenta la pietra miliare del modello veneto di integrazione sociosanitaria

Riferimenti normativiRiferimenti normativi

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Una scelta strategica della Regione Veneto al fine di garantire la realizzazione

concreta dell’integrazione è stata la creazione della figura del DIRETTORE DIRETTORE

DEI SERVIZI SOCIALIDEI SERVIZI SOCIALI nell’ambito della direzione strategica dell’Azienda

ULSS.

La figura del Direttore dei Servizi SocialiDirettore dei Servizi Sociali è stata introdotta del legislatore

regionale nel 1995, in continuità con la precedente figura del “Coordinatore

Sociale”, presente in Veneto fin dal 1982, con la specifica funzione di

assicurare, nell’ambito dell’A.ULSS il coordinamento e l’integrazione tra

politiche e attività sociali, sanitarie e sociosanitarie.

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A livello regionale :A livello regionale :

In tre momenti legislativi successivi, la Regione del Veneto sostiene e

conferma la scelta di realizzare un sistema di interventi e servizi ad elevata

integrazione sociosanitaria

L.R. 55/94 “Norme e principi per il riordino del Servizio Sanitario Regionale

in attuazione del D.Lgs. 502/92 come modificato dal D.Lgs. 517/93” art.

8 co. 1;

L.R. 5/96 “Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1996-1998” art.

4 co. 1;

L.R. 11/01 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle

autonomie locali in attuazione del D.Lgs. 112/98 art. 130

Riferimenti normativiRiferimenti normativi

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Si auspica l’integrazioneintegrazione a più livelli:

istituzionale (tra istituzioni diverse con comuni obiettivi di salute);

pubblico – privato;;

socio-sanitaria (tra politiche diverse);

operativa/ gestionale (tra servizi diversi al fine di incrementare approcci

multidimensionali e metodologie di lavoro per progetti);

professionaleprofessionale (con l’adozione di linee guida che orientino il lavoro

multiprofessionale, la costituzione di unità valutative integrate, …)..

Quale integrazione?Quale integrazione?

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Nei provvedimenti nazionali e regionali richiamati viene posta grande enfasi

sulla PIANIFICAZIONE, caldeggiando una pianificazione congiunta sul piano

sanitario e sociale, che valorizzi e qualifichi l’integrazione.

A tal fine, a livello locale viene istituito il PIANO DI ZONA (L. 328/00 art.

19), per quel che riguarda gli interventi sociali e sociosanitari e il

PROGRAMMA DELLE ATTIVITA’ TERRITORIALI (D.Lgs. 229/99 art. 3

quater), per quel che concerne la pianificazione sanitaria.

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per governare la complessità;

perché si moltiplicano i livelli di governo (si enfatizza sempre più il livello

locale in quanto livello più vicino al cittadino e ai suoi bisogni);

Perché, a livello locale, gli attori sociali che operano all’interno del sistema

di welfare sono molteplici e c’è necessità di coordinarsi e definire delle

regole in base alle quali orientare la propria azione affinché sia integrata

con quella degli altri e tenda d un fine comune

Lo slogan diventa:

“PENSA GLOBALMENTE, AGISCI LOCALMENTEPENSA GLOBALMENTE, AGISCI LOCALMENTE”

BENESSERE SOCIALEBENESSERE SOCIALE

Perché si pianifica a livello locale?Perché si pianifica a livello locale?

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è il principale strumento di programmazione locale delle politiche, degli

interventi e dei servizi sociali e socio-sanitari da garantire alle persone e

alla comunità (viene definito anche ““Piano regolatore dei servizi alla

persona” ” );

è uno strumento concreto per la costruzione a livello locale del sistema

integrato di interventi e servizi sociali;

è luogo e strumento conoscitivo e di individuazione delle linee di

sviluppo sociale di un territorio;

è uno strumento di autoregolazione e un atto di responsabilità di un

territorio;

è un percorso, un processo continuo che genera cambiamento.

Cos’è il Piano di Zona?Cos’è il Piano di Zona?

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A livello nazionale :A livello nazionale :

L. 328/00 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di

interventi e servizi sociali” (art. 19);

Individua il Piano di Zona come il principale strumento di programmazione

locale per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali,

definito dai Comuni associati d’intesa con le Aziende ULSS e da adottarsi, di

norma, attraverso Accordo di Programma.

Riferimenti normativiRiferimenti normativi

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L’ACCORDO DI PROGRAMMA è una convenzione tra Enti territoriali e

altre Amministrazioni Pubbliche mediante la quale le parti coordinano la

loro attività per la realizzazione di interventi condivisi. E’ un atto che

formalizza la compartecipazione e la corresponsabilità di chi lo sottoscrive

e dà attuazione al Piano.

E’ disciplinato dall’art. 34 del D.Lgs. 267/00.

indica contenuti;

esprime volontà;

definisce modalità..

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A livello nazionale :A livello nazionale :

D.P.R. 3 Maggio 2001 “Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali

2001 – 2003”

definisce il PdZ lo “strumento fondamentale attraverso il quale i Comuni,

con il concorso di tutti i soggetti attivi nella progettazione, possono disegnare

il sistema integrato di interventi e servizi sociali con riferimento agli

obiettivi strategici, agli strumenti realizzativi e alle risorse da attivare”.

Riferimenti normativiRiferimenti normativi

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A livello regionale :A livello regionale :

L.R. n. 56 del 14 settembre 1994 (art. 8);

L.R. n. 5 del 3 febbraio 1996 (art. 5);

L.R. n. 11 del 13 aprile 2001 (art. 128);

Riferimenti normativiRiferimenti normativi

Deliberazioni della Giunta RegionaleDeliberazioni della Giunta Regionale

DGR n. 2865 del 5 agosto 1997

DGR n. 1764 del 18 giugno 2004

DGR n. 1560 del 23 maggio 2006

DGR n. 3702 del 28 novembre

2006

DGR n. 1809 del 16 Giugno

2009

DGR n. 157 del 26 Gennaio

2010

DGR n. 2082 del 3 Agosto 2010

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La L.R. 56/94 “Norme e principi per il riordino del Servizio sanitario regionale

in attuazione del D.lgs. n. 502/92”, all’articolo 8 comma 2 stabilisce che “il

principale strumento di integrazione è rappresentato dai Piani di Zona

dei servizi sociali, che vengono elaborati ed approvati dal Sindaco (qualora

l’ambito territoriale dell’ULSS coincida con quello del Comune) o dalla

Conferenza dei Sindaci, con le modalità previste dal Piano Socio-Sanitario

Regionale ”.

ancora una volta c’è grande capacità di anticipo dei tempi del

legislatore Veneto: la nostra Regione, per prima in Italia, ha introdotto il

concetto e la pratica della programmazione locale, finalizzata a

coordinare gli interventi e i servizi sociali e socio-sanitari, ottimizzando

le risorse a disposizione e garantendo livelli uniformi di assistenza per la

realizzazione nel territorio di un sistema integrato di servizi socio-

sanitari.

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La L.R. 5/96 “Piano Socio-Sanitario per il triennio 1996/1998” precisa che “l’integrazione viene attuata dal Direttore Generale attraverso il Direttore dei Servizi Sociali, che fornisce il supporto per l’elaborazione del Piano di Zona e ne segue l’attuazione avvalendosi dei referenti di programma di area specifica” e identifica il Piano di Zona come strumento per:

l’analisi dell’evoluzione qualitativa e quantitativa dei bisogni;

lo sviluppo di forme di gestione dei servizi adeguate, flessibili e

creative;

l’integrazione delle risorse pubbliche e private;

la creazione di nuove opportunità e la produzione di risorse

aggiuntive;

la definizione delle prestazioni da erogare, rapportate alle

responsabilità dei diversi soggetti e al quadro delle risorse rilevate.

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La L.R. 11/2001 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle

autonomie locali in attuazione del D.Lgs. 112/98” all’articolo 128, comma 5,

definisce il Piano di Zona “lo strumento primario di attuazione della rete

dei servizi sociali e dell’integrazione socio-sanitaria”.

Con la L.C. 3/2001 “Modifiche al titolo V della parte seconda

della Costituzione” e la conseguente autonomia gestionale

degli Enti Locali sia sul piano della autodeterminazione delle

scelte per la propria comunità che nell’utilizzo delle risorse

finanziarie, il Piano di Zona assume ancor più importanza.

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Al fine di recepire quanto introdotto dalla normativa statale e regionale citata, con le deliberazioni la Giunta regionale individua le linee-guida per l’attività di pianificazione in materia sociale, gli obiettivi del PdZ, i contenuti e le priorità Regionali cui dovranno ispirarsi i futuri piani.

Va sottolineata la DGR 3702/06 in quanto introduce specifiche indicazioni per la valutazione (locale e regionale) dei Piani di Zona e definisce una metodologia di programmazione continua.

accompagna costantemente i processi di sviluppo locale dei servizi e le linee di indirizzo prodotte a livello regionale

attenzione alla VALUTAZIONE nella convinzione che ogni fase progettuale richiede una riflessione attenta in merito alle azioni intraprese e ai processi avviati precedentemente

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Vengono stabiliti differenti livelli di partecipazionelivelli di partecipazione

CONSULTAZIONE CONCERTAZIONE

Il ciclo di vita del Piano di Zona viene prolungato da 3 a 5 anni

Viene introdotto il visto di congruitàvisto di congruità

Anche la DGR 157/2010 ha introdotto alcuni aspetti innovativi:

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coordinare gli interventi e i servizi

sociali e socio-sanitari;

ottimizzare le risorse a disposizione;

garantire i livelli uniformi di

assistenza.

per realizzare nel

territorio un sistema

integrato di servizi

socio-sanitari

per sostenere e

promuovere il benessere

della persona, della

famiglia, della comunità

Finalità del Piano di ZonaFinalità del Piano di Zona

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Il Piano di Zona, però, sollecita e attiva diversi soggetti, chiamati a pensare insieme, a condividere delle scelte e ad agire in modo integrato e responsabile per la costruzione e la realizzazione di politiche sociali e sociosanitarie per il territorio, sulla base dell’analisi dei bisogni delle persone e della comunità e delle risorse disponibili.

Ai Comuni e alle Aziende ULSS vengono affidate dalla Regione Veneto le

competenze istituzionali di GUIDA/REGIA della programmazione locale.

Gli AttoriGli Attori

Province

IPAB

Associazioni

Cooperative Sociali

Fondazioni

Istituzioni scolastiche

Istituzioni religiose

Organizzazioni sindacali

Associazioni delle categorie produttive

Rappresentanze del volontariato e della società

civile

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La programmazione partecipata e condivisa da una moltitudine di attori,

adotta un’ottica di governance e di rete.

si passa da una programmazione nella prospettiva di government (funzione di

governo esclusiva del soggetto pubblico) ad una prospettiva di governance

(funzione di governo svolta attraverso la mobilitazione di più soggetti),

coinvolgendo altri soggetti istituzionali e il terzo settore.

Il Piano, dunque, coordina le azioni di attori diversi che agiscono in un preciso

ambito territoriale (corrispondente con il territorio dell’Azienda ULSS)

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I diversi attori sociali sono invitati a portare competenze e risorse al processo di programmazione perchè, attraverso il dialogo, si raggiunga un con-senso che diventi senso condiviso e miglioramento per tutti.

Al fine di rendere trasparente ed efficace il processo partecipativo, è compito dei soggetti titolari del Piano di Zona definire chiaramente i diversi livelli di partecipazione promossi nei confronti degli attori della comunità locale.

si adotta il metodo della PROGRAMMAZIONE PARTECIPATA

Quale tipo di partecipazioneQuale tipo di partecipazione

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CONSULTAZIONECONSULTAZIONE

CONCERTAZIONECONCERTAZIONE

finalizzata ad informare i soggetti coinvolti sui contenuti della programmazione per raccogliere indicazioni, proposte e consigli utili a migliorare i contenuti programmatori rispetto alle politiche, alle priorità, alle azioni, alle risorse e/o alle strategie di intervento;

finalizzata a coinvolgere i soggetti selezionati in un processo di confronto e di partecipazione attiva alle decisioni che saranno formalmente individuate dai soggetti titolari del Piano di Zona nel processo programmatorio, in merito alle politiche, alle priorità, alle azioni, alle risorse e/o alle strategie di intervento. Tale coinvolgimento si configura come instaurazione di un rapporto di partenariato tra il soggetto pubblico e gli attori della comunità locale, che costituiscono la rete sociale nella quale si realizzano le azioni del piano di zona.

Quale tipo di partecipazioneQuale tipo di partecipazione

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Famiglia e minori, Adolescenti e Giovani

Disabili

Anziani

Dipendenze

Salute Mentale

Immigrazione

Marginalità sociale

L’AMBITO territoriale di riferimento:L’AMBITO territoriale di riferimento:

Il Piano di Zona è unico e coincide con il territorio dell’Azienda ULSS; può, eventualmente, essere articolata a livello di distretto.

Le AREE di intervento:Le AREE di intervento:

I contenuti del Piano di ZonaI contenuti del Piano di Zona

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La DURATA del Piano di Zona:La DURATA del Piano di Zona:

Il ciclo di vita del Piano di Zona è stato prolungato da 3 a 5 anni. Il Piano deve essere uno strumento dinamico, e va aggiornato annualmente sulla base del monitoraggio delle azioni intraprese e della valutazione dei bisogni della comunità.

La PROGRAMMAZIONE deve essere vista come processo continuo che accompagna lo sviluppo locale e si avvale della VALUTAZIONE per divenire “programmazione strategica”

I contenuti del Piano di ZonaI contenuti del Piano di Zona

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AVVIO del PROCEDIMENTO: spetta alla Conferenza dei Sindaci di concerto con il Direttore Generale dell’A.ULSS, che affida il coordinamento della costruzione del Piano al Direttore dei Servizi Sociali.

COSTITUZIONE del GRUPPO DI COORDINAMENTO TECNICO

DEFINIZIONE della STRUTTURA ORGANIZZATIVA e delle RESPONSABILITA’: individuazione dei Tavoli Tematici e nomina dei rispettivi referenti

AVVIO delle PROCEDURE di CONSULTAZIONE e CONCERTAZIONE

1.

2.

3.

4.

Le fasi del percorso di costruzione del PianoLe fasi del percorso di costruzione del Piano

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ANALISI dei BISOGNI e del SISTEMA di OFFERTA: è una ricostruzione fondamentale per conoscere il territorio e intravedere linee di sviluppo futuro.

STESURA del PIANO DI ZONA con l’individuazione delle PRIORITA’, delle POLITICHE e delle AZIONI per ciascuna area di intervento ed invio

in Regione per il VISTO DI CONGRUITA’ .

ADOZIONE DEL PIANO DI ZONA da parte della Conferenza dei Sindaci e del Direttore Generale dell’A.ULSS, attraverso l’ACCORDO DI PROGRAMMA che dà attuazione al Piano di Zona.

ATTIVAZIONE DELLE AZIONI DEL PIANO DI ZONA mediante la stipulazione di contratti di programma, protocolli di intesa, accordi di collaborazione e convenzioni con i soggetti che partecipano, con proprie risorse finanziarie, alla attuazione delle azioni previste nel Piano di Zona.

5.

6.

7.

8.

Le fasi del percorso di costruzione del PianoLe fasi del percorso di costruzione del Piano

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1. Promosso dal Presidente e dall’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci, di

concerto con il Direttore Generale dell’A.ULSS;

2. Coordinato dal Direttore dei Servizi Sociali dell’A.ULSS;

3. Elaborato dai referenti tecnici dei Comuni e dell’A.ULSS: tavoli tecnici di

area tematica (minori-famiglia, disabili, adulti-anziani,dipendenze, salute

mentale, immigrazione, ecc.) con il supporto dell’ Ufficio Piano di Zona e il

coinvolgimento attivo di vari soggetti (rappresentanze del volontariato,

dell’associazionismo, della cooperazione sociale, delle IPAB, …);

4. Approvato dalla Conferenza di Sindaci;

5. Recepito dall’A.ULSS;

6. Trasmesso alla Regione Veneto per il VISTO di CONGRUITA’

Il Piano di Zona è …Il Piano di Zona è …

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L'Analisi dei Bisogni è una fase fondamentale per la programmazione e consiste in una attività di raccolta e analisi di dati e informazioni utili ed attendibili, ma anche di osservazione e di interpretazione di:

““Capire richiede non un singolo momento di percezione, ma una continua Capire richiede non un singolo momento di percezione, ma una continua consapevolezza, un continuo stato di ricerca che non ha fine” consapevolezza, un continuo stato di ricerca che non ha fine”

ai fini di un'efficace programmazione e valutazione delle politiche sociali e degli interventi attuati o da attuare nel nostro territorio.

bisogni

risorse

mutamenti sociali

L’analisi dei bisogni e dell’esistenteL’analisi dei bisogni e dell’esistente

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Il Piano viene periodicamente monitorato ed è valutato annualmente.

Relazione Valutativo-PrevisionaleRelazione Valutativo-Previsionale

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L’ORGANO DI GOVERNO POLITICO

ha una visione complessiva del piano di zona, è costituito dall’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci del territorio e dalla Direzione Generale dell’Azienda ULSS che si avvale a questo fine del Direttore dei Servizi Sociali. Tale organismo nomina

Il GRUPPO DI COORDINAMENTO TECNICO

presieduto dal Direttore dei Servizi Sociali, costituito dai referenti dei tavoli tematici e dai componenti dell’Ufficio di Piano, che si occupa di seguire dal punto di vista tecnico e metodologico le attività necessarie alla costruzione e gestione del Piano di Zona.

La struttura organizzativa del Piano di ZonaLa struttura organizzativa del Piano di Zona

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I TAVOLI TEMATICI

rappresentano l’articolazione organizzativa attraverso la quale si realizza il coinvolgimento degli attori del territorio e si concretizza il processo di confronto territoriale; tali tavoli sono definiti (tipologie, numerosità, composizione, ecc.) a livello territoriale.

La struttura organizzativa del Piano di ZonaLa struttura organizzativa del Piano di Zona

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Si configura quale organismo tecnico di staff che facilita e

supporta operativamente il processo di programmazione, con

riferimento alle attività di costruzione, monitoraggio e

valutazione del Piano di Zona

Ha il compito di introdurre strumenti di valutazione,

monitoraggio e verifica delle politiche sociali, degli interventi e

servizi realizzati, per promuoverne il miglioramento continuo

L’Ufficio Piano di ZonaL’Ufficio Piano di Zona

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La figura dell’Assistente Sociale ben si inserisce nell’Ufficio di Piano in

quanto tale professionista è chiamato a mettere al centro del suo agire la

persona, la famiglia, i gruppi, la comunità per contribuire al loro pieno

sviluppo, promuovere il benessere e il pieno utilizzo delle risorse a

disposizione.

Si vedano in particolare i punti 33, 34, 35, 36, 38 del Titolo IV del

CODICE DEONTOLOGICO DELL’ASSISTENTE SOCIALE

L’Assistente Sociale nell’Ufficio Piano di L’Assistente Sociale nell’Ufficio Piano di ZonaZona

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Titolo IVTitolo IVResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della SocietàResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della Società

Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale

33. L’assistente sociale deve contribuire a promuovere una cultura della solidarietà e della sussidiarietà, favorendo o promuovendo iniziative di partecipazione volte a costruire un tessuto sociale accogliente e rispettoso dei diritti di tutti; in particolare riconosce la famiglia nelle sue diverse forme ed espressioni come luogo privilegiato di relazioni stabili e significative per la persona e la sostiene quale risorsa primaria.

34. L’assistente sociale deve contribuire a sviluppare negli utenti e nei clienti la conoscenza e l’esercizio dei propri diritti-doveri nell’ambito della collettività e favorire percorsi di crescita anche collettivi che sviluppino sinergie e aiutino singoli e gruppi, soprattutto in situazione di svantaggio.

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35. Nelle diverse forme dell’esercizio della professione l’assistente sociale non può prescindere da una precisa conoscenza della realtà socio-territoriale in cui opera e da una adeguata considerazione del contesto culturale e di valori, identificando le diversità e la molteplicità come una ricchezza da salvaguardare e da difendere, contrastando ogni tipo di discriminazione.

36. L’assistente sociale deve contribuire alla promozione, allo sviluppo e al sostegno di politiche sociali integrate favorevoli alla maturazione, emancipazione e responsabilizzazione sociale e civica di comunità e gruppi marginali e di programmi finalizzati al miglioramento della loro qualità di vita favorendo, ove necessario, pratiche di mediazione e di integrazione.

Titolo IVTitolo IVResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della SocietàResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della Società

Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale

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38. L’assistente sociale deve conoscere i soggetti attivi in campo sociale, sia privati che pubblici, e ricercarne la collaborazione per obiettivi e azioni comuni che rispondano in maniera articolata e differenziata a bisogni espressi, superando la logica della risposta assistenzialistica e contribuendo alla promozione di un sistema di rete integrato.

Titolo IVTitolo IVResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della SocietàResponsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della Società

Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale

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Grazie per l’attenzione, Grazie per l’attenzione,

buono studio e…buono studio e…

IN BOCCA AL LUPO!IN BOCCA AL LUPO!