Corso di Laurea triennale in Servizio Sociale Si può...
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Corso di Laurea triennale in
Servizio Sociale
"Si può guarire dalla tossicodipendenza essendo definita una malattia del cervello cronica
e recidivante?"
Relatore Laureanda
Dott. Davide Galesi Eleonora Bottegal
Anno accademico 2014/2015
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Ringraziamenti
Con questa tesi si conclude ufficialmente il mio percorso universitario triennale: mi sembra dunque
doveroso ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini in questi anni, e in particolar modo in
questi ultimi mesi.
Desidero ringraziare innanzitutto il Prof. Galesi, che mi ha seguita nella redazione di questo mio
lavoro fornendomi sempre idee interessanti, per avermi saputo guidare e indirizzare in questa
attività, evitandomi inutili e fuorvianti “sbandate” e soprattutto per la sua grande disponibilità,
attenzione e cortesia dimostratemi.
Ringrazio i docenti del corso di laurea in Servizio Sociale dell‟Università degli Studi di Trento per
gli insegnamenti, non solo accademici, ricavati dalle loro lezioni in questi impegnativi ma
formativi anni di vita universitaria.
Ringrazio inoltre l‟Assistente Sociale Maria Angela D‟Agostini che, in veste di supervisione del
mio secondo tirocinio, mi ha ispirata per questa tesi fornendomi idee e buona parte del materiale
utilizzato per la stesura di questo elaborato finale. Con lei ho condiviso una tappa fondamentale
del mio percorso formativo che mi ha consentito di ottenere degli importanti elementi per
la formazione di una identità professionale.
Vorrei ringraziare profondamente i miei genitori Clementina ed Elio, le mie colonne e il punto di
riferimento da cui parto e a cui torno in ogni circostanza. Grazie al loro incrollabile sostegno
morale ed economico sono riuscita a raggiungere questo traguardo. Ringrazio loro per essermi stati
vicini sempre, per avermi incoraggiata e sostenuta nelle mie scelte e per avermi dato gli stimoli
necessari, prima per iniziare questa “avventura” accademica, e poi per continuarla.
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Un enorme grazie a mia sorella Anna, che ha sempre creduto in me sostenendomi fin dal primo
giorno di Università; grazie per i suoi consigli preziosi che da sempre mi dà, grazie per essere la
migliore sorella, la migliore amica, il mio esempio e la mia guida.
Ringrazio il mio fidanzato che mi è stato vicino in questi ultimi mesi, ringrazio il suo supporto e la
sua positività da cui ho tratto la forza per superare i momenti più difficili, e ho ritrovato gli stimoli
per dedicarmi a questa tesi di laurea.
Grazie ai miei nonni ed angeli Antonio, Maddalena, Lino e Jolanda, che oggi sarebbero orgogliosi
di me. Grazie per le persone semplici e coraggiose che sono sempre state e ringrazio loro per
avermi insegnato il valore dell‟impegno e della costanza, l‟importanza dello studio e della cultura.
Fin dalle scuole elementari hanno gioito dei miei “successi” e sono sicura che continueranno a farlo
anche d‟ora in avanti.
Un ringraziamento a tutte le mie amiche e amici vecchi e nuovi, alle mie coinquiline e ai miei
compagni di studi per essermi stati vicini sia nei momenti difficili, sia nei momenti felici.
In particolare grazie ad Elisa che in questi ultimi due anni ha condiviso con me la quotidianità, ha
saputo sempre darmi la forza e la tranquillità per affrontare ogni giorno le lezioni e gli impegni
universitari e mi ha dato consigli e dritte fondamentali per la realizzazione di questo scritto.
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Indice
Introduzione e scelta dell’argomento
Capitolo 1: Le dipendenze
1.1 OMS: definizione e tratti salienti
1.2 Sindrome di dipendenza e addiction
1.3 Il rapporto sostanza-persona-ambiente
1.4 Tossicodipendenza: malattia come disease, illness e sickness
1.5 La speranza del tossicodipendente
Capitolo 2: Tossicodipendenza e prevenzione terziaria: il trattamento ambulatoriale
2.1 Il modello biomedico: droga come malattia
2.2 Il servizio per le dipendenze
2.3 Trattamento farmacologico
2.4 Ruolo dell'assistente sociale nel percorso terapeutico ambulatoriale del
tossicodipendente
Capitolo 3:Tossicodipendenza e prevenzione terziaria: il trattamento residenziale
3.1 La situazione in Italia
3.2 La comunità terapeutica per tossicodipendenti, punti di forza
3.3 Il reinserimento sociale
3.4 Ruolo dell'assistente sociale nel percorso terapeutico comunitario del tossicodipendente
Capitolo 4: Malattia cronico recidivante?
1
Introduzione e scelta dell'argomento
Il dramma dell'abuso di sostanze si è trasformato da questione lontana di interesse
minoritario, in una problematica centrale per la società, carica di conseguenze gravi sia a
livello economico e soprattutto sociale: nel 2014 in Europa sono state segnalate 101 nuove
droghe. Avendo svolto il mio secondo tirocinio presso un Ser. D ho potuto “toccare con mano”
una realtà che prima non conoscevo, una realtà soggetta a stigma ed etichettamento sociale.
E‟ infatti necessario non lasciarsi andare ad atteggiamenti giudicanti che potrebbero
insorgere di fronte a stili di vita "distruttivi", socialmente non accettati e che sembrano
derivare solo ed esclusivamente dalla scelta della persona, che in qualche modo "se l'è
cercata". In questo senso, e in particolare nel lavoro dell‟assistente sociale, è sicuramente
essenziale il superamento dei pregiudizi per poter impostare un processo di aiuto in cui
realmente credere, su cui investire le proprie risorse, valorizzando in primis quelle
dell'utente. E‟ stata questa mia esperienza da tirocinante a darmi lo spunto per questo mio
elaborato finale, che si tratta sostanzialmente dell‟esame critico di un approccio che vede la
dipendenza da sostanze come malattia recidivante, partendo per l‟appunto dall‟ enunciato
dell‟OMS “La tossicodipendenza è una malattia del cervello cronico e recidivante” e
arrivando alla mia tesi sostenuta inoltre da alcuni dagli autori dei testi che ho letto per la
realizzazione di questo scritto, ovvero che la tossicodipendenza è una “malattia” dalla
quale si può realmente guarire. Questa tematica ho voluto inserirla solamente nell‟ultimo
capitolo in quanto nei primi tre ho trattato il tema della dipendenza da sostanze dal punto di
vista più prettamente informativo e teorico, facendo riferimento ai programmi terapeutici-
riabilitativi seguiti da una persona tossicodipendente e agli operatori che se ne occupano. Il
tema del percorso per la guarigione, in particolare, lo ho articolato nelle due modalità che
vengono adottate attualmente per una persona tossicodipendente in cura e cioè il percorso
all‟ interno di un Ser. D o presso una Comunità Terapeutica.
2
Capitolo 1: le dipendenze
1.1 OMS: definizione e tratti salienti
L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce droga “qualsiasi sostanza che, introdotta in
un organismo vivente, può modificarne le capacità percettive, emotive, cognitive e motorie”.
L‟Organizzazione, nel 2012, esplicita che la tossicodipendenza è una malattia del cervello
cronico e recidivante. Andando a cercare tra le definizioni mediche il termine cronico, ci
viene spiegato che esso indica “Una patologia di lunghissima durata o permanente”. Per
recidivante invece viene intesa una “Riacutizzazione di una malattia che era già in via di
guarigione o ricomparsa di una malattia da cui si era già stati colpiti in precedenza,
ricaduta”.1 Per l‟ OMS la sindrome di dipendenza è quindi caratterizzata dai seguenti
elementi: consapevolezza della compulsione a usare droga, desiderio di non usarla,
evidenti sintomi di neuro-adattamento (tolleranza, astinenza), uso della droga per evitare o
attenuare i sintomi di astinenza, salienza del comportamento di ricerca della droga rispetto
ad altre importanti priorità, rapida reintegrazione della sindrome dopo un periodo di
astinenza. Le droghe riescono infatti a sostituirsi ad alcune sostanze chimiche prodotte
normalmente dal nostro organismo, le cosiddette sostanze endogene, indispensabili per
regolare meccanismi di sopravvivenza come l'alimentazione o la riproduzione.
Ma quindi come agisce sul cervello la droga?
Come la maggior parte delle droghe, quando entra in circolo, produce euforia e benessere
1 http://www.corriere.it/salute/dizionario/
3
perché stimola il rilascio di dopamina2. Passata la fase dell'euforia possono manifestarsi
ansia, paura, diffidenza nei confronti degli altri e panico.
Nello specifico, il principio attivo della Marijuana, il THC o delta-9-tetraidrocannabinolo,
si lega a neuroni specifici chiamati recettori dei Cannabinoidi, che regolano il movimento,
la coordinazione motoria, la memoria e altre funzioni cognitive complesse.
La cocaina agisce direttamente sul nucleo accumbens3, una delle aree del cervello associate
ai meccanismi del piacere. Sesso, cibo, acqua e tutto ciò che provoca una sensazione di
benessere aumentano l'attività di questa zona e innescano una super produzione di
dopamina. Normalmente questo neurotrasmettitore, dopo aver inviato il segnale del piacere
al neurone adiacente viene eliminato: la cocaina provoca invece un accumulo di dopamina
nelle sinapsi4, che si traduce in una stimolazione continua dei neuroni riceventi e nella
conseguente euforia manifestata dai consumatori di questa sostanza.
Gli oppiacei, e in particolare l'eroina, alterano molto rapidamente il funzionamento del
sistema limbico, che controlla le emozioni, accrescendo le sensazioni di piacere: subito
dopo l'assunzione arriva infatti il cosiddetto rush, l'ondata di sensazioni piacevoli, che è
seguito da ore di assopimento: la funzione mentale si offusca, battito cardiaco e
respirazione rallentano, a volte fino a causare la morte.
2 La Dopamina è un neurotrasmettitore rilasciato dal cervello che svolge una serie di ruoli in esseri umani ed
in altri animali. Alcune delle sue funzioni notevoli riguardano per esempio il movimento, la memoria, la
ricompensa piacevole, l‟ attenzione e il sonno. L'eccesso e la carenza di questo prodotto chimico vitale è la
causa di parecchi stati di malattia.
3 La “conchiglia” del nucleo accumbens è un'area minuscola ma fondamentale per l'azione delle droghe sia di
quelle "pesanti" (cocaina, anfetamina, eroina) che di quelle cosiddette "leggere" (cannabis e nicotina). Tutte
le droghe, infatti, stimolano la liberazione di dopamina in quest'area. 4 Le sinapsi sono siti di contatto funzionale tra due neuroni, cioè tra due cellule nervose; questi punti di
raccordo permettono la trasmissione di informazioni sotto forma di segnali elettrici.
4
1.2 Sindrome di dipendenza e addiction
Con sindrome di dipendenza si intende un forte desiderio di assumere la sostanza associato
alla difficoltà di controllarne l'uso e alla persistenza nell'uso della stessa nonostante le
conseguenze dannose; viene attribuita una priorità all'uso della sostanza rispetto alle altre
attività. La dipendenza va suddivisa in due tipologie: fisica e psichica.
La prima si manifesta nella crisi di astinenza (il DSM5 riporta i sintomi caratteristici per
ciascuna delle principali sostanze). È collegata con il fenomeno della tolleranza, cioè con il
fatto che l‟organismo ha bisogno di un quantitativo di sostanza progressivamente maggiore
per ottenere lo stesso effetto6. La dipendenza psichica consiste invece nell'irresistibile
bisogno che la persona prova di assumere nuovamente la sostanza, anche in assenza di
dipendenza fisica. Tutte le droghe che sono classificate come deprimenti del Sistema
Nervoso Centrale (SNC), ad esempio gli oppiacei (Morfina ed Eroina), causano sia
dipendenza fisica che psicologica; per la cocaina e anfetamina (stimolanti il SNC) si ha una
forte dipendenza psicologica con meno dipendenza fisica, mentre per i Cannabinoidi
(Hashish, Marijuana) abbiamo una forte componente psicologica in assenza di dipendenza
fisica. Con la dipendenza, intesa quindi come stato patologico, si parla di addiction7 come
vera e propria malattia organica del cervello, cronica e acquisita, ad andamento
recidivante.
"L' addiction è una sindrome comportamentale complessa che in individui vulnerabili si instaura
progressivamente attraverso fasi subentranti, sostenute da modificazioni neuroplastiche del
cervello." (Pedretti M., 2010)
5 Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. Si tratta di un testo che descrive e classifica in base
a specifici criteri i disturbi di tipo psichiatrico e psicologico. 6 La maggior parte delle sostanze dopo aver provocato il loro effetto nell‟organismo vengono eliminate, per
cui solitamente non vi è un effetto di intossicazione duratura. Per questo motivo alcuni autori (Pedretti &
Frascella, 2012) ritengono che il termine „tossicodipendenza‟ non debba essere usato. 7 O “comportamento additivo”; dal latino adducere: condurre, ridurre in schiavitù
5
Per comprendere l‟addiction è necessario valutare le fasi attraverso le quali si instaura:
sono tre infatti quelle che conducono ad esso, che sostanzialmente coincide con la terza di
esse.
I. Uso iniziale, occasionale, ricreativo e voluttuario (social use).
Questa fase è caratterizzata da fenomeni di neuroplasticità transitori dei circuiti
neuronali, reversibili con la cessazione dell‟uso di droghe.
II. Uso abituale, ma ancora controllato (regulated relapse).
Questa fase è caratterizzata da modificazioni stabili dei circuiti neuronali più
stabili che possono durare per giorni o per mesi.
III. Uso compulsivo, incontrollato (compulsive relapse).
In questa fase le modificazioni dei circuiti neuronali sono stabili e stanno alla
base biologica del craving.
Per un operatore è certamente utile inquadrare la persona che fa uso di sostanze nella fase
che sta attraversando; ciò permette di intervenire nella maniera più appropriata e mirata
possibile.
1.3 Il rapporto sostanza-persona-ambiente
Il rischio di dipendenza o abuso è il risultato dell'interazione di tre fattori: la persona, le
caratteristiche ambientali e le caratteristiche farmacologiche delle sostanze. L'individuo,
con le proprie caratteristiche può essere più o meno vulnerabile all'addiction; esse si
manifestano nel carattere (personalità evoluta nel tempo) e nel temperamento
(funzionamento fisiologico e psicologico).
Le caratteristiche ambientali riguardano invece: ambiente familiare, presenza di eventi
traumatici, amicizie e disponibilità della sostanza.
6
Le caratteristiche farmacologiche delle sostanze permettono l'instaurarsi di un legame con
il temperamento o con le possibili finalità dell'assunzione.
Nel momento in cui ha inizio il consumo di una sostanza, esso produce effetti a livello
delle modifiche indotte nel funzionamento dei ricettori cerebrali, in particolare nel sistema
dopaminergico.
1.4 Tossicodipendenza: malattia come disease, illness e sickness
Anche la tossicodipendenza, vista come malattia, può essere inserita nella triade disease,
illness e sickness, ossia le tre dimensioni “classiche” della malattia per la sociologia della
salute di stampo anglosassone.8
Con disease si intende la malattia come guasto organico del corpo, è quindi la malattia per
la medicina; nel caso della tossicodipendenza il guasto organico interessa in modo
particolare l'organo cervello.
La illness invece è la modalità con cui l'individuo vive ed interpreta la propria disease, è
quindi la malattia per il soggetto. La persona tossicodipendente vive in uno stato di
isolamento e di dolore causato dall‟allontanamento degli affetti e dalla visione distorta
della realtà.
Con sickness invece si intende il modo attraverso cui gli altri interpretano la malattia
dell'individuo, è quindi la malattia per la società; la figura del tossicodipendente è spesso
stereotipata ed è soggetta ad etichettamento sociale.
8 Antonio Maturo, Sociologia della malattia. Un'introduzione, Franco Angeli 2010
7
1.5 La speranza del tossicodipendente
Il “percorso” che una persona attraversa dal momento in cui inizia a fare uso di sostanze
psicoattive fino alla fase conclusiva di un percorso riabilitativo, può essere suddiviso in più
fasi:
a) Il periodo della “luna di miele”, cioè la prima fase della storia di
tossicodipendenza in cui l‟individuo instaura con la sostanza un rapporto di
tipo esclusivo e indissolubile. Questa fase è caratterizzata dalla prevalenza
della sperimentazione degli effetti piacevoli delle sostanze a livello
psicofisico.
b) Il periodo della esperienza del peso dello stile di vita connesso alla
tossicodipendenza e degli effetti devastanti dell‟uso delle sostanze a livello
fisico e psico-sociale. In molti comportamenti tipici del tossicodipendente è
presente una buona dose di incoscienza, cioè di “speranza” o di
“presunzione” di cavarsela a prescindere dall‟oggettiva valutazione delle
situazioni. Spesso il tossicodipendente non prende nemmeno in
considerazione la possibilità di conseguenze negative, se non limitatamente
al tempo preciso in cui sono sperimentate direttamente.
c) Il periodo della fase della decisione di affrontare davvero un percorso
riabilitativo. Di solito la richiesta di aiuto non consiste direttamente nella
domanda di cambiare vita, ma nella richiesta di uscire dall‟angoscia e dagli
effetti negativi dell‟uso delle sostanze. In questa fase l‟oggetto prioritario
della speranza è la cessazione delle esperienze negative (angoscia,
solitudine, danni alla salute, danni psicologici, relazionali, sociali, ecc…).
8
d) Le fasi del percorso terapeutico- riabilitativo caratterizzato dalla presenza
della speranza verso la possibilità di una nuova vita dalla riscoperta di se
stessi.
e) La fase della conclusione del percorso riabilitativo
Capitolo 2: Tossicodipendenza e prevenzione terziaria: il trattamento ambulatoriale
Con prevenzione terziaria si intende il trattamento di una problematica o di una patologia
finalizzato al suo superamento o guarigione; nel momento in cui il superamento non fosse
possibile, la prevenzione terziaria ha lo scopo di stabilizzare una determinata situazione e
limitare i danni provocati dal problema o dalla patologia stessi. (Comodo e Maciocco,
2002)
In particolare la finalità della prevenzione terziaria in ambito della tossicodipendenza è il
recupero, ossia il superamento della dipendenza e dello stile di vita ad esso connesso.
2.1 Il modello biomedico: droga come malattia
L'approccio biomedico si è sviluppato a partire dagli anni '60 ed esso introduce per la
prima volta il termine dependence, che include i concetti di craving9 e withdrawal
10.
Tali fenomeni sono indotti da una disfunzione nel meccanismo celebrale della
gratificazione per cui la dipendenza si configura come una malattia psichica, ovvero come
malattia del cervello. Per chiarire il concetto di tossicodipendenza come malattia sono due
le definizioni attualmente più utilizzate: la prima è elaborata dalla OMS ed è inserita nell'
9 Stato in cui una persona ha un desiderio irresistibile di assumere la sostanza
10 Sindrome di astinenza
9
ICD-1011
, mentre la seconda è contenuta nel DSM-IV dell'APA12
. Secondo l'ICD-10 con il
termine dipendenza si include: forte desiderio di assumere la droga, una difficoltà di
controllo nell'uso, priorità alla droga rispetto ad altre attività, persistenza nel consumo
nonostante gli effetti nocivi conseguenti, aumento della tolleranza e crisi di astinenza13.
Secondo il DSM-IV la tossicodipendenza è diagnosticabile come malattia cronica
recidivante in presenza almeno di tre delle seguenti condizioni riscontrabili negli ultimi 12
mesi: tolleranza, astinenza, assunzione frequente della sostanza e sempre in quantità
maggiori, desiderio persistente o tentativi falliti di ridurre o controllare l'uso, dispendio di
una grande quantità di tempo in attività necessarie a procurarsi/assumere la droga,
interruzione di importanti attività sociali e lavorative, uso continuativo.
La debolezza del modello medico risiede nell'aver focalizzato l'attenzione sugli effetti
farmacologici delle sostanze, trascurando le dimensioni sociali del fenomeno, come per
esempio il complesso di significati che ruotano attorno alle pratiche di consumo.
2.2 Il servizio per le dipendenze
I Ser. T, o Servizi per le Tossicodipendenze sono stati istituiti con la L. n 162/90 e sono
organizzati sul territorio dell‟Azienda Sanitaria Locale (ASL). Per il loro funzionamento la
normativa di riferimento è il DM 440/199014
.
11
International Classification of Disease. L‟ICD-10 è la decima revisione della classificazione ICD, ossia la
classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, proposta dall'OMS. 12
American Psychiatric Association.
13Linda Lombi, Le politiche della droga in Europa, prevenzione, gestione e recupero, Milano 2012, pag 28
14 Con questo Decreto Ministeriale le ASL istituiscono il Dipartimento funzionale delle dipendenze
patologiche
10
Oggigiorno i Ser. T vengono inglobati all‟interno dei Ser. D, o Servizi per le Dipendenze
Patologiche, ossia dei servizi pubblici del Sistema Sanitario Nazionale italiano che si
prendono cura dei soggetti che hanno problemi conseguenti all'abuso ed alla dipendenza di
sostanze psicoattive come droghe, alcool o comportamenti compulsivi come il gioco
d'azzardo patologico.
Il Ser. D si occupa di prevenzione, trattamento e riabilitazione dei soggetti dipendenti ed in
particolare le principali attività consistono in: informazioni e consulenze, accoglienza e
ascolto, visite mediche, analisi tossicologiche, cure farmacologiche, psicoterapie
individuali e familiari, interventi socio riabilitativi, interventi pedagogico educativi,
sostegno psicologico e interventi di promozione della salute, collaborazione inter-
istituzionale e assistenza agli utenti segnalati da Prefetture, Tribunali, Carceri, Comuni,
assistenza in carcere ai detenuti ed agli internati tossico-alcoldipendenti, attività preventive
mediante incontri in collaborazione con scuole, comuni ed associazioni.
L‟accesso al servizio è gratuito potendosi avvalere dell‟ anonimato; all‟interno è presente
un‟equipe di professionisti i quali sinergicamente lavorano sul caso: medico, assistente
sociale, psichiatra, educatore professionale, psicologo ecc.
Nel 2014 i Ser. D. italiani hanno assistito complessivamente 131.121 soggetti
tossicodipendenti di cui 39.600 sono nuovi utenti (30,2%) e 91.521 sono soggetti che
risultavano già in carico dagli anni precedenti (69,8%).15
2.3 Il trattamento farmacologico/ambulatoriale
La somministrazione di farmaci è un elemento che accomuna la stragrande maggioranza
dei casi per la cura della tossicodipendenza, dal momento che è molto difficile riuscire ad
15
http://www.politicheantidroga.it/media/752325/parte%20iii.pdf
11
abbandonare l'uso della sostanza psicoattiva con il solo approccio psicologico. È
esperienza degli operatori sociali del settore il fatto che molto spesso l‟utilizzo de farmaci
non si sostituisce ma bensì si somma al quello delle droghe. Tra le terapie farmacologiche
di sostituzione troviamo il Metadone16
e la Buprenorfina.
Il Metadone è un farmaco agonista oppioide da utilizzare in terapia ed è riservato solo ai
casi di dipendenza grave da eroina od oppioidi; la somministrazione di questo farmaco è
utile per ridurre i sintomi da astinenza da tale sostanza.
La Buprenorfina è un farmaco agonista oppioide parziale, il suo impiego è indicato per
trattare la tossicodipendenza nei soggetti con moderata dipendenza da oppioidi.
Il Metadone è il farmaco sostitutivo prescritto più comunemente, assunto da due terzi dei
pazienti in trattamento, mentre la Buprenorfina viene prescritta alla maggior parte dei
rimanenti consumatori (circa 20 %). Circa il 6 % di tutte le terapie sostitutive in Europa si
basa sulla prescrizione di altre sostanze, come morfina a rilascio lento o diacetilmorfina17
.
Tra le terapie antagoniste troviamo il Naltrexone, un antagonista degli oppiacei, che
esercita la propria azione terapeutica inibendo l'azione euforizzante e viene prescritto,
proprio per questo motivo, anche agli ex tossicodipendenti per evitare le ricadute.
Un aspetto molto importante che va sottolineato è certamente che il trattamento
ambulatoriale presuppone molta autodisciplina e una forte motivazione al cambiamento.
Nella realtà della tossicodipendenza è risaputo però che in caso di dipendenza fisica grave
un trattamento ambulatoriale è pressoché impossibile se non è affiancato da un trattamento
in comunità terapeutica.
16
Chiamato anche eroina sintetica 17
Eroina
12
2.4 Ruolo dell’assistente sociale nel programma terapeutico dell’utente
Le funzioni dell'assistente sociale del Ser. D riguardano principalmente il segretariato
sociale e la “riabilitazione sociale” che include tutte quelle attività connesse all'inserimento
dell'utente in ambito lavorativo o in una comunità terapeutica, oppure attività mirate ad
utenti a cui è stata comminata una pena in alternativa alla detenzione.
In generale il ruolo del servizio sociale include: la diagnosi, la presa in carico, il
trattamento (progetto terapeutico) e i rapporti con il territorio, il contesto sociale, le
istituzioni e le comunità. Il suo contributo specifico consiste nell‟individuare gli aspetti più
propriamente sociali o socio-assistenziale della persona, che di solito presenta problemi di
natura complessa con componenti che toccano sia il sociale, sia il sanitario che lo psicologico.
Per la formulazione del piano terapeutico è fondamentale il reperimento delle varie risorse
della persona (comunitarie, psico -sociali) che vengono ritenute, insieme ad essa, le più
idonee per dare un‟efficace risposta alle varie problematiche che il caso presenta.
All‟interno del Ser. D la persona tossicodipendente viene monitorata e in particolare viene
valutato se un soggetto ha fatto o sta facendo uso di sostanze psicoattive.
In particolare esistono dei test di controllo che posso verificare tali possibili situazioni: il
test delle urine è il più utilizzato ed attraverso un campione di urina è possibile individuare
un consumo recente di cannabis, oppioidi, cocaina o altre sostanze. Attraverso invece il test
del sangue, si rintraccia la presenza di sostanze in maniera simile al test delle urine; può
inoltre rilevare la presenza di eventuali patologie connesse allo stile di vita del
tossicodipendente (AIDS, epatite ecc.). Il test del capello invece è molto più preciso in
quanto verifica l‟uso di sostanze dopo un minimo di 48 ore dall‟ultima assunzione.
13
Capitolo 3:Tossicodipendenza e prevenzione terziaria: il trattamento residenziale
Un percorso psicologico di concreto cambiamento è favorito dall‟ inserimento in un
ambiente comunitario che rende possibile la separazione fisica dalle sostanze.
Tale separazione risulta infatti molto più difficoltosa all‟interno di un percorso
psicoterapico individuale, in cui, in assenza di un setting comunitario “protetto”, la
persona è molto più esposta al rischio di continuare a fare uso di sostanze, nonché alla
possibilità di ricadere con facilità nei meccanismi patologici della dipendenza.
3.1 La situazione in Italia
In Italia le prime comunità sorsero negli anni ‟70 in risposta al problema della
tossicodipendenza in quanto non esistevano interventi istituzionali, se non quelli legati alla
legislazione giudiziaria e alla regolamentazione farmacologica. Molte di esse nacquero su
iniziativa del mondo cattolico guidate da sacerdoti e religiosi come per esempio Don
Picchi e Don Mazzi. Altre comunità invece come San Patrignano sorsero indipendenti dal
contesto ecclesiale, ma comunque in linea con la mentalità spirituale.
L‟ assistenza residenziale e semiresidenziale garantisce un‟offerta totale su scala nazionale
di 13.700 Posti.18
3.2 La comunità terapeutica e i suoi punti di forza
“Il setting terapeutico tradizionale ha dato scarsi o comunque inferiori risultati con i
tossicodipendenti rispetto ad un approccio più globale come quello comunitario” (Cancrini, De
Gregorio, Cancrini,1993) 19
La comunità terapeutica punta ad offrire un trattamento intensivo e strutturato; è un luogo
dove viene perseguito l‟obbiettivo di mantenere la massima costanza e coerenza delle
18
http://www.politicheantidroga.it/media/752325/parte%20iii.pdf 19
Zanusso, G., Giannantonio, M. (1996) Tossicodipendenza e comunita` terapeutica: strumenti teorici e
riabilitativi e operativi per la riabilitazione e la psicoterapia. Milano, p. 81
14
relazioni interpersonali, vissute all‟interno di uno stato di coscienza non più alterato
dall‟assunzione di sostanze stupefacenti. Determinante è la strutturazione del tempo che
scandisce tutte le attività in maniera precisa come per esempio il tempo per lavorare, per
divertirsi e per pensare a sé stessi. La comunità terapeutica è da considerarsi una sorta di
“zona franca” dove non vengono espresse valutazioni di merito sul tossicodipendente e
dove alcuni dei problemi legati alla carriera tossicomanica sono temporaneamente sospesi.
Uno dei maggiori vantaggi che propone una comunità terapeutica è sicuramente quello di
poter osservare la persona all‟interno di numerosi contesti differenti, caratteristica che
raramente offre un setting clinico tradizionale. Ciò è di grande rilevanza in quanto ci si può
basare su una visione più ampia e dettagliata del repertorio comportamentale, affettivo e
cognitivo dell‟utenza, e inoltre si possono verificare con più facilità i progressi ottenuti nel
tempo. In generale la comunità terapeutica basa la propria osservazione non solo
sull‟utente ma anche sulla sua famiglia o sul partner dell‟utenza, ai quali sono riservati dei
momenti formali per il trattamento, in modo da avere un quadro della situazione dettagliato
nel momento in cui l‟utente farà ritorno presso la propria abitazione o contesto
comunitario. Tra gli obbiettivi finali quindi del trattamento comunitario rientrano: il
recupero della progettualità e del controllo sulla propria vita, la responsabilizzazione,
l‟individuazione, lo sviluppo delle abilità interpersonali e l‟incremento di una equilibrata
espressione del sé. La struttura propone quindi degli obiettivi generali per tutta l‟utenza e si
propone anche di personalizzare il trattamento di ogni singolo tossicodipendente.
Non è sufficiente tenere lontana la persona dalla sostanza per scoraggiarne l‟uso; è
necessario un ampio e reale lavoro volto a favorire l‟empowerment personale20
.
20
È un processo di crescita basato sull'incremento della stima di sé, sull'autoefficacia e
sull'autodeterminazione per far emergere risorse latenti
15
Le caratteristiche di una comunità terapeutica sono:
Residenzialità: obbligo di svolgere il programma terapeutico riabilitativo presso la
sede della Comunità, interrompendo legami ed abitudini con il precedente ambiente
di vita e mantenendo con lo stesso solo rapporti regolamentati dai programmi della
struttura;
Dinamica di gruppo: vita di gruppo guidata, dove si apprendono nuovi modi di vita
attraverso i rapporti interpersonali e la discussione sul proprio modo di agire;
Modificazione del proprio sistema di vita e di valori: necessità di affrontare i nodi
della personalità del soggetto e/o rapporto con la società.
Ogni comunità, nel suo iter riabilitativo, prevede tre fasi fondamentali: la pre-accoglienza,
l‟accoglienza e il reinserimento.
Pre-accoglienza
In tale fase si realizza una attenta selezione dei soggetti da inserire in struttura, basata su
procedure di attesa e su colloqui che servono per valutare la motivazione di chi intende
entrare in comunità: non si tratta di fare aspettare, quanto di verificare da un lato se la
persona ha ben chiaro cosa vuole ottenere dal percorso comunitario, dall‟altro di verificare
se la comunità a cui la persona verrà indirizzata può rispondere alle sue esigenze.
In tal modo è possibile filtrare le richieste di inserimento comunitario che spesso giungono
al servizio in maniera confusa e frettolosa, valutando dunque se questo tipo di risorsa
rappresenta la risposta alla richiesta di aiuto. Questo periodo ha la durata di qualche mese.
16
Accoglienza
L‟entrata in comunità rappresenta per l‟utente una specie di “rito di passaggio” attraverso il
quale si accede ad una nuova dimensione d‟esistenza; egli viene inserito in uno o più
gruppi ed affidato ad operatori di riferimento. Inizia a conoscere l‟ambiente comunitario
seguendone i ritmi di vita ed inserendosi nelle varie attività.
Le mansioni svolte all‟interno di una comunità terapeutica si evolvono in funzione del
progresso terapeutico, incrementando progressivamente l‟autonomia, la responsabilità e la
sofisticazione delle prestazioni richieste. È importante che il nuovo utente lavori, sia
impegnato e si trovi inserito all‟interno di una rete relazionale, completamente diversa da
quella di provenienza. È augurabile che agli utenti vengano proposte occupazioni
lavorative interessanti e che rappresentino un vero e proprio apprendistato utile per la
successiva fase del reinserimento.
Al momento dell‟ingresso è indispensabile che sia stato definito il progetto
individualizzato21
. È auspicabile che ogni utente possa disporre di incontri strutturati a
scadenza da valutare caso per caso, da effettuarsi con un operatore possibilmente
professionale che funga da punto di riferimento privilegiato.
Anche con la famiglia è opportuno mantenere un rapporto costante per tutta la durata
dell‟accoglienza e del trattamento in generale, relazione la cui frequenza e modalità di
strutturazione varia ampliamente in funzione della comunità, del tipo di famiglia e del
modello teorico d‟intervento attraverso il quale si è deciso di operare.
Reinserimento
Nella fase del reinserimento sociale, che dura circa 10 mesi, si è reso necessario
differenziare il momento del percorso comunitario, nel caso in cui la struttura rappresenti
21
Descrive gli obiettivi personali e riabilitativi integrati ed equilibrati tra loro, correlati alle difficoltà ed alle
potenzialità individuali
17
ancora un riferimento sia logistico sia emotivo, da quello specifico del reinserimento
sociale, dove la persona riprende e rafforza i contatti con la realtà locale che lo riaccoglierà
una volta uscito dalla comunità. In quest‟ultimo caso, l‟assistente sociale del Ser. T
struttura contatti frequenti con le persone e l‟equipe della comunità, finalizzati
all‟accompagnamento dello stesso nell‟uscita dalla struttura. Si perfezionerà pertanto il
progetto riabilitativo individualizzato, tenendo conto delle risorse personali della persona,
della sua acquisita capacità di affrontare la realtà esterna.
Al tempo stesso si concorderanno frequenti incontri con i suoi familiari che serviranno a
preparare il rientro dello stesso in famiglia. Il reinserimento di ciascuno nel proprio sé è la
condizione per costruire un progetto realistico e sostenibile di reinserimento nel territorio.
L‟ultima tappa del trattamento deve essere ponderata in base alle caratteristiche e
all‟evoluzione specifica del percorso riabilitativo di ogni utente, ma in linea di massima il
focus della fase di reinserimento deve essere costituito un‟ attenta attività di monitoraggio
e di sostegno, unitamente alla stimolazione ed alla collaborazione nelle attività di problem
solving22
che inevitabilmente saranno notevolmente sollecitate da questa fase della vita
dell‟utente.
3.3 Il reinserimento sociale
L‟abuso di alcol e droghe produce esclusione sociale e quest‟ultima alimenta situazioni di
marginalità. L‟esclusione sociale è da ritenersi uno dei principali fattori di rischio in quanto
gli outsiders23
tendono ad avere maggiori probabilità di abusare di sostanze psicoattive
come strategia di fronteggiamento dei propri problemi e hanno minori risorse che
22
Processo cognitivo messo in atto per analizzare la situazione problematica e per escogitare una soluzione 23
Letteralmente: chi sta fuori, ai margini, chi è profano
18
permettano loro una gestione del consumo. I progetti volti al reinserimento sociale
promuovono una serie di misure quali:
- l‟occupazione che contribuisce a determinare l‟identità di una persona e favorisce
la partecipazione sociale;
- condizioni abitative sicure e dignitose che permettano alla persona di condividere
una quotidianità con la propria rete
- formazione personale e istruzione come fattori di protezione che permettono il
senso di realizzazione personale e di rafforzare la propria autostima
3.4 Ruolo dell’assistente sociale nel percorso terapeutico comunitario del
tossicodipendente
All‟assistente sociale vengono richieste, per la cura dell‟inserimento comunitario, le
seguenti conoscenze ed attività:
aggiornamento costante sulle normative che regolano questo tipo di intervento
costanti contatti e conoscenza delle strutture comunitarie presenti sul territorio
locale e non
colloqui di valutazione e sostegno alla persona
interventi con i famigliari, considerati parte attiva ed integrante per la buona
realizzazione del progetto
verifiche periodiche, tramite visite presso la struttura comunitaria
incontri con gli operatori della comunità e colloqui individuali con l‟utente
La richiesta d‟inserimento presso la comunità terapeutica può essere di due tipi: da parte
dell‟equipe del servizio (Ser. T) e diretta della persona.
19
E‟ l‟assistente sociale che, al momento della valutazione dell‟esigenza di un intervento da
parte dell‟equipe, avvia un articolato e complesso processo di accompagnamento della
persona finalizzata al cambiamento. La complessità di questo intervento spesso viene
sottovalutata, non tenendo in considerazione il grado di sofferenza interiore che, sia la
persona richiedente sia la famiglia, provano. Spesso questo tipo di richiesta arriva al
servizio con un carattere di urgenza estrema: la tossicodipendenza spesso porta alla pretesa
de “tutto subito”; il ricorso ad un inserimento comunitario deve essere quindi
opportunamente valutato e condiviso con la persona interessata.
La richiesta fatta direttamente dall‟utenza invece si può verificare in qualsiasi momento del
trattamento territoriale: la persona chiede di essere inserita presso una struttura comunitaria
o lo chiedono i suoi familiari.
Capitolo 4: Malattia cronica recidivante?
Considerando dunque la tossicodipendenza come malattia cronica recidivante, ne si
sottolinea la sua dimensione medica e la si tratta quindi come una qualsiasi malattia come
può essere per esempio il diabete. Si fa riferimento perciò a una malattia che colpisce
l‟organo del cervello, caratterizzata da delle ricadute successivamente a delle fasi di
astinenza. Essendo la tossicodipendenza una problematica di tipo multifattoriale e che
coinvolge cioè l‟individuo nella sua totalità (corpo, psiche, spirito), non è indicato parlare
di malattia, a meno che non si chiarisca che si tratti di una sofferenza che coinvolge l‟intera
persona e che l‟alterazione del cervello è solo una delle dimensioni di questa sofferenza.
Inoltre, utilizzando il termine “cronica”, si può portare a non ritenere che di norma il
recupero sia la meta da perseguire: infatti una malattia cronica non può guarire ma può
solamente essere curata tenendola sotto controllo farmacologico, come si fa utilizzando il
20
metadone per le persone che fanno uso di eroina.
Ma tra le due situazioni persiste invece una profonda differenza. È un dato empirico e non
confutabile, che la guarigione è possibile. Sono tantissime le persone ex-tossicodipendenti
che si sono completamente affrancate dall‟uso di droghe e quindi classificare la
tossicodipendenza come malattia cronico e recidivante significa ignorare questo dato di
fatto e soprattutto condannare altre persone che potrebbero guarire.
È possibile in alcuni casi che il prolungato uso di droghe e i fattori di predisposizione di
natura organica portino alcune persone ad avere un cervello talmente “malato” da essere
difficilmente recuperabile; questo però non significa necessariamente e sempre che il
recupero sia impossibile. La tossicodipendenza produce le cosiddette cicatrici mnestiche,
ma questo fatto non equivale alla nozione di malattia cronica. Infatti per “cicatrice
mnestica” si intende la traccia del comportamento appreso e condizionato che rimane
all‟interno dei circuiti cerebrali di chi ha fatto uso intendo di sostanze psicoattive; nel
momento in cui questa traccia viene riattivata si ha la ricaduta e in questo senso perciò si
potrebbe parlare di “tendenza recidivante”.
Il percorso terapeutico di un tossicodipendente consente di disattivare il circuito cerebrale
del comportamento dipendente mediante la cessazione di quel determinato comportamento
e mediante l‟attivazione di comportamenti nuovi.
Posso provare a tradurre quanto detto utilizzando un‟immagine: le sinapsi cerebrali del
sistema della ricompensa-gratificazione24
, attivato dalle sostanze, possiamo immaginarle
come dei sentieri di un bosco: a furia di passarci questi sentieri si delineano sempre meglio
e invitano a passare di lì.
24
Chiamato anche reward, ha il suo centro nel cervello limbico (emotivo) in connessione con la corteccia
(processi cognitivi e controllo degli impulsi).
21
Per modificare il comportamento bisogna smettere di passarci (cioè di esporsi a quegli
stimoli che potrebbero riattivare la connessione sinaptica, soprattutto l‟esposizione diretta
alle sostanze o ai comportamenti di dipendenza). Ma non basta smettere di passarci, perché
i sentieri, anche se in parte ostruiti, rimangono facilmente riattivabili. È dunque necessario
aprire nuovi sentieri, che portano altrove, rendendo inutili quelli vecchi.
Un problema per il tossicodipendente è che la traccia di questi sentieri è custodita in un
tipo particolare di memoria, una memoria sensoriale-emotiva e procedurale25
cioè legata
sia al pensiero esplicito del comportamento dipendente26
, sia alle sensazioni associate
inconsciamente ai vari aspetti del comportamento dipendente.27
Questa memoria si riattiva
sia con l‟esposizione diretta alla sostanza attraverso il contatto con essa o attraverso il
pensiero esplicito di essa28
, sia con l‟esposizione indiretta attraverso il contatto con oggetti,
persone e situazioni associati nella memoria implicita ed emotiva con la sostanza.
Questa tipologia di memoria riguarda quindi l‟attivazione fisiologica dell‟organismo che
tende fortemente a “procedere” secondo le indicazioni della memoria attivata.
Riassumendo quindi si parla di approccio terapeutico in quanto la persona
tossicodipendente si “addestra” a prendere coscienza del comportamento disfunzionale e a
sostituire ad esso un comportamento funzionale. (Beck, 2008).
La cicatrice mnestica che rimane può essere più o meno profonda o intensa, ma non
costituisce una malattia, perché non è un‟alterazione del funzionamento cerebrale che deve
essere controllato farmacologicamente.
25
Memoria implicita, emotiva ed associativa, implicata nell‟apprendimento condizionato 26
Memoria dichiarativa esplicita 27
Desiderio della sostanza, ricerca della sostanza, rito dell‟assunzione 28
Per esempio fantasie e sogni
22
Costituisce un fattore di fragilità e di rischio se il soggetto ex-tossicodipendente non
persevera nel mantenimento dei comportamenti appresi durante il trattamento, soprattutto
in situazioni di stress.
Ma questa eventualità non dipende da una malattia, bensì da un complesso intreccio che
lega ad i condizionamenti e le scelte personali, come accade per ogni persona e non solo
per il tossicodipendente. Si può fare riferimento al concetto di malattia organica del
cervello in considerazione del fatto che l‟azione delle droghe produce alterazioni oggettive
strutturali e funzionali nel cervello. Questo è utile per superare un approccio moralistico e
come aiuto nella prevenzione.
Bisogna, però, considerare che il rapporto del cervello (organo) con la mente e con la
persona, è un rapporto più complesso di quanto lo sia il rapporto di un altro organo (ad
esempio il fegato29
). Dunque, la “malattia” del cervello non è separabile dal “malessere”
della persona. Esistono dunque cervelli più o meno “malati”, ma c‟è l‟evidenza che le loro
alterazioni spesso sono recuperabili e che sono alterazioni organiche in stretta correlazione
con altre alterazioni esistenziali, a diversi livelli.
Parlare della persona tossicodipendente come un individuo con il cervello malato è
rischioso, in quanto si tende paragonare la tossicodipendenza alla malattia mentale30
; è
opportuno fare attenzione nel distinguere la tossicodipendenza dalle patologie psichiatriche
correlate, concomitanti seguenti la condizione di tossicodipendenza. In psichiatria infatti si
29
Va detto, tuttavia che la medicina olistica spinge a non considerare gli organi solo come “pezzi” del corpo,
recuperando un approccio personalista alla malattia in generale. 30
Senza contare che anche sulla malattia mentale vi sarebbe molto da approfondire, perché anch‟essa non è
solo un‟alterazione del cervello.
23
parla di doppia diagnosi nel momento in cui affianco alla diagnosi di tossicodipendenza si
accosta anche una diagnosi di psicopatologia grave31
.
La complicazione psichiatrica, presente in alcuni soggetti, non può essere utilizzata per
confermare la tesi di una malattia cronica recidivante. Sta accadendo che la
cronicizzazione viene in alcuni casi indotta proprio a causa di un approccio psichiatrizzante
alla tossicodipendenza, che tende a rendere sempre più stretto il legame craving e
problematiche psichiatriche (depressione, ansia, panico, aggressività, ossessività, disturbi
del sonno, disturbi dell‟alimentazione, ecc.).
La tendenza recidivante correlata alla dipendenza viene peggiorata dal non impegno nel
recupero della persona, bensì dall‟enfatizzare il trattamento farmacologico delle
problematiche psichiatriche collegate. La tendenza recidivante che è correlata alla
dipendenza viene aggravata (oppure è proprio la conseguenza) dal non lavorare con
impegno al recupero, cioè al superamento della condizione di dipendenza, enfatizzando il
trattamento farmacologico delle problematiche psichiatriche correlate.
In generale difronte alle difficoltà e ritenendo che “tanto non vi è possibilità di recupero”,
l‟operatore rischia di accontentarsi di risultati minimi e di conseguenza il
tossicodipendente recita il ruolo di paziente che risulta impossibilitato a raggiungere
l‟obbiettivo alto e finale del recupero. Appare quasi inevitabile che la speranza del
recupero venga riservata a pochi casi particolari, mentre per la grande maggioranza
l‟obbiettivo reale è quello di imparare a convivere con la dipendenza, con il supporto del
sostegno psicologico e psicoterapico e del sostegno farmacologico combinati insieme.
31
L‟impostazione categoriale del DSM individua la diagnosi attraverso i criteri diagnostici con tendenza ad
escludere una diagnosi a favore di un‟altra. A volte, però, vi sono criteri che orientano verso più di una
diagnosi in Asse I: in questo caso si parla di doppia diagnosi.
24
Se non vi è quindi una convinzione verso il recupero c‟è il rischio che il professionista
svolga la sua opera in un orizzonte di “controllo” della patologia anziché di superamento
della dipendenza. Questo equivale a una perdita di speranza, ma se il terapeuta perde la
speranza, viene impedita anche quella del suo paziente.
La prospettiva psico-educativa, proprio perché ha di mira l‟autonomia della persona,
richiede nell‟operatore la consapevolezza che il superamento della dipendenza è la
prospettiva normale della progettualità degli interventi. Se il terapeuta non crede nella
possibilità di recupero, anziché agire come alleato nella lotta che il tossicodipendente
conduce con se stesso per superare la propria condizione, di fatto agisce come alleato della
dipendenza e ne induce la cronicizzazione. È di estrema necessità dunque credere nella
possibilità di recupero ed è dovere morale del terapeuta fare il possibile perché ciò possa
concretamente avvenire.
Concludo questo paragrafo con un‟affermazione contenuta in un documento dell‟Agenzia
nazionale di lotta alla droga32
, il quale pur rilevando la frequenza di un andamento cronico
e recidivante, afferma con chiarezza che: La tossicodipendenza è una malattia prevedibile,
curabile e guaribile33
.
32
È una agenzia che provvede a promuovere, indirizzare e coordinare le azioni di Governo di contrasto alle
tossicodipendenze e delle alcoldipendenze, nonché a promuovere e realizzare attività in collaborazione con le
pubbliche amministrazioni competenti e con le associazioni, le comunità terapeutiche, i centri di accoglienza
operanti nel campo della prevenzione, della cura, della riabilitazione e del reinserimento dei
tossicodipendenti. 33
http://www.politicheantidroga.it/legalizzazione-stupefacenti /posizioneitaliana.aspx
25
Conclusioni
Ogni età comporta il vissuto di situazioni critiche e difficili e un problema può indurre
coloro che non hanno ancora scoperto in sé le potenzialità per superarlo, a scegliere il
percorso in apparenza più "semplice" come quello rappresentato dall'uso di sostanze
psicoattive.
La relazione d'aiuto, e in particolare quella che si instaura con una persona
tossicodipendente, deve essere considerata come uno spazio relazionale in cui il
professionista in primo luogo guida la persona verso la ricerca e la ri- scoperta di una realtà
positiva, in primo luogo dentro sé stessa.
Si sa però che la relazione di aiuto nei confronti del tossicodipendente è impegnativa
soprattutto a causa delle dinamiche manipolatorie che quest‟ultimo frequentemente attua,
ad esempio con comportamenti di vittimismo e di minaccia.
Il vittimismo vorrebbe spingere ad una risposta consolatoria e piena di “comprensione”,
dunque accondiscendente verso la mancanza di determinazione al cambiamento; la
minaccia tende ad intimorire e quindi a far cedere alle richieste del tossicodipendente.
Oggi è diffusa nella teoria e nella pratica operativa una concezione della dipendenza di tipo
medico-psichiatrica e con questo elaborato ho provato a prendere in considerazione una
chiave di lettura di tipo psico-pedagogica e sociale.
Oggigiorno purtroppo, anziché rivedere l‟intera impostazione sociale si cercano i rimedi
per i sintomi e, per quanto riguarda la tossicodipendenza, non a caso, spesso lo si fa
utilizzando altre sostanze psicoattive (agoniste o antagoniste).
26
Mi sento di dire in conclusione che il vasto problema delle dipendenze va compreso a
fondo, superando la tendenza a semplificare e a ridurre, che ostacola un lavoro serio e
convinto per il reale recupero.
27
Bibliografia
“Alice e i giorni della droga” di Anonimo, Feltrinelli Editore Milano, 1997
“Droga e famiglia”, Antonio Rossin, Libreria Editrice Zielo, Este 1990
“I trattamenti “quasi” obbligatori per tossicodipendenti, risultati italiani di una
ricerca europea”, a cura di Daniele Berto
“La società bionica, saremo sempre più belli, felici e artificiali?” di Antonio
Maturo, Franco Angeli, Milano 2012
“Le politiche della droga in Europa. Prevenzione, gestione e recupero” di Linda
Lombi, Franco Angeli, Milano 2012
“Prevenzione e trattamento delle dipendenze. La speranza che non si arrende” di
Marco Baleani , Paolo Scopellato, Editori Riuniti, Univ. Press, 2014
“Progetto T.A.G -Teen Addiction Guidelines-, buone prassi dei Servizi nella cura
delle dipendenze giovanili”, azienda ULSS7 Regione Veneto
“Screening e diagnosi precoce delle principali patologie infettive correlate all'uso
di sostanze stupefacenti”, Dipartimento Politiche Antidroga in collaborazione con
il Ministero della Salute
“Sociologia della malattia. Un'introduzione” di Antonio Maturo, Franco Angeli
2010
“TESEO, quando Arianna lascia il filo...” Tossicodipendenza e carcere.
Dipartimento per le dipendenze, Regione Veneto.
“Tossicodipendenza e comunità terapeutica” di Gemano Zanusso, Michele
Giannantonio, Franco Angeli, Milano 1996
“Tossicodipendenza, un recupero possibile”, G. De Santi e B. Durano, Cappelli
Editore, 1987
“Vulnerabilità all'addiction”, Giovanni Serpelloni e Gilberto Gerra, 2002