CORRIERECONOMIALUNEDí26MARZO2012 ... › pdf › press › FCL_16_12.pdf · Favaretto Rubelli,...

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L’analisi del sociologo Francesco Morace: «Conta sempre di più la qualità. Basta pensare al cibo» «Futuro difficile per le catene a basso prezzo» de stazza, e lanciammo nuo- vi sistemi di dragaggio dei fondali — racconta l’impren- ditore — non avevamo con- correnza». Mantovani creb- be fino a raggiungere 500 mi- lioni di ricavi, e lo standing di azienda piglia tutto compli- banca. «Non è il momento di investire risorse fuori dal gruppo — spiega il presiden- te — l’azienda ha bisogno di tutto il suo polmone finanzia- rio». twitter@rscaglia1 © RIPRODUZIONE RISERVATA a cura di Giusi Ferré Fil di Ferré Idee Francesco Morace, sociologo nel 2005). A questi si è aggiunto nel 2009 «Armani/Casa exclusive textiles by Rubelli», frutto di un accordo di collaborazione, siglato da Rubelli con Armani-Casa, per la produzione e distribuzione in licenza della linea di tessuti per arredamento. IRENE CONSIGLIERE © RIPRODUZIONE RISERVATA Imago Economica F rancesco Morace è un sociologo che fa, dell’osservazione sen- za preconcetti e confini del presente, la traccia sulla quale elaborare le ipotesi del futuro. Ricercatore di megatrend, lavora su previ- sioni a lungo periodo, che possono identificare veri e propri cambiamenti sociali come quelli individuati nel libro appena uscito — «I pa- radigmi del futuro» (No- mos Edizioni) — nel quale descrive «Nuovi parametri destinati a durare — dice — per almeno 30 anni». A Morace, Sistema Moda Italia, l’associazione che rappresenta l’assetto con- findustriale di tessile e abbi- gliamento, ha affidato l’in- carico di analizzare il mer- cato con particolare riguar- do per la moda e la comuni- cazione, incontrando poi due volte l’anno il comitato allargato di Smi per discu- terne i risultati. All’ultimo appuntamento, diventato una riflessione sull’ipotesi di società e di donna trat- teggiata dalle sfilate, i pre- senti erano molto più nu- merosi del solito, perché il disorientamento ormai è grande e si esprime con do- mande che fino a ieri sem- bravano impensabili. Il concetto di esclusivo è un valore o è sorpassato? La moda carissima sopravviverà al low cost ? L’artigianato ha un senso nel periodo delle grandi ca- tene di abbigliamen- to? Perché la crisi dei consumi non cambia i contenuti della moda? Diven- tata anzi sempre più ricca, con esibi- zioni muscolari di potenza, a partire dal lusso esasperato di certe sfilate come Vuitton e Chanel. Secondo Francesco Mo- race, questo sfarzo segna- la una deriva che soltan- to i grandi del lusso, in particolare i supergrup- pi francesi, possono as- secondare «dimostrando però di essere in ritardo sui tempi. Sono troppo legati alla difesa del- le proprie posizio- ni, con una chiu- sura che è oppo- sta a quel concet- to di condivisio- ne che caratterizza la no- stra epoca. Oggi un piacere è tale se viene condiviso su Facebook, su Twitter… L’esatto contrario di quello che vive la moda, troppo le- gata all’idea di privato, di esclusivo e aspirazionale». Infatti il fashion è domi- nato da un gusto dell’arti- gianato di altri tempi. «Ma questo sarebbe un fatto po- sitivo. Significa che il vec- chio pensiero globale-azio- ne locale si è mutato in pen- siero locale-azione globale, dove il locale ha caratteristi- che talmente intense da po- tersi trasformare in pensie- ro universale». Ma questi sono gli anni del fast fashion , dei magaz- zini nice price che hanno of- ferto al consumatore la pos- sibilità di acquistare molto a piccoli prezzi, e soprattut- to di godere delle novità quasi in tempo reale. «Per anni siamo stati con- vinti che la velocità fosse l’elemento chiave del suc- cesso, il parametro attraver- so cui misurare il cambia- mento sociale. Ma oggi la rapidità si completa con la qualità e il piacere. L’esem- pio viene dal food , nel qua- le la rapidità del low cost è esaltata dalla gratificazione dell’alta qualità. Penso a Eataly. Lo sa che è il terzo luogo più visitato a New York? Ecco, bisognerebbe prendere esempio da que- sto». Quale futuro si profila al- lora per le catene low cost dell’abbigliamento? «Mol- to difficile». © RIPRODUZIONE RISERVATA Codice cliente: La grandi opere Imprese Gruppi familiari 15 CORRIER ECONOMIA LUNEDÌ 26 MARZO 2012 p g

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  • L’analisi del sociologo FrancescoMorace: «Conta sempre di più la qualità. Basta pensare al cibo»

    «Futuro difficile per le catene a basso prezzo»

    D al mare alle autostra-de. C’è un nuovogruppo che si sta af-facciando nel busi-ness delle strade a pagamen-to a fianco dei colossi qualiBenetton, Gavio, Astaldi. Sichiama Mantovani e nelNord Est è un’istituzione. Locontrolla la Serenissima Hol-ding della famiglia Chiarotto,dinastia storica dell’Antonve-neta di Silvano Pontello.

    A Venezia e dintorni nonesiste opera pubblica chenon porti al firma della Man-tovani, dicono gli addetti ailavori. Dal Mose, al teatro laFenice, dall’ospedale di Me-stre a quello di Schio e diTrento, dalla bonifica di Mar-ghera al ripascimento dellespiagge del Lido, fino a Vene-to city. I giornali locali hannosoprannominato il gruppoMantovani «piglia tutto» edentro e fuori dai confini del-la Regione suscita invidie ecritiche anche per qualchecoinvolgimento giudiziario.

    PianiMa i Chiarotto guardano al

    futuro. «Il sistema degli ap-palti pubblici così com’eraun tempo non esiste più —spiega Romeo Chiarotto, ot-tantaduenne presidente delgruppo —. Per questo abbia-mo scelto di cambiare strate-gia». Il primo cambiamentoChiarotto lo aveva fatto giàvent’anni fa quando, dopoaver rilevato la MantovaniCostruzioni da un amico bo-lognese che non poteva pas-sarla ai figli, la fuse insiemealla Laguna Dragaggi, altrastorica partecipata rilevatadall’amico Marco Vacchi pa-tron della Ima. Era la fine de-gli anni 80 e di lì a poco sareb-be scoppiata Tangentopoli ela prima grande crisi nel set-tore delle costruzioni.

    Chiarotto capì in tempoche si avvicinava una svoltaepocale e convertì il core busi-ness ai lavori lagunari. «Com-prammo navi russe di gran-de stazza, e lanciammo nuo-vi sistemi di dragaggio deifondali — racconta l’impren-ditore — non avevamo con-correnza». Mantovani creb-be fino a raggiungere 500 mi-lioni di ricavi, e lo standingdi azienda piglia tutto compli-

    ce anche la direzione di Pier-giorgio Baita, manager conuna lunga carriera nei lavoripubblici.

    VirataQuando però arriva il mo-

    mento di fare il balzo tra i bigdell’edilizia l’azienda si fer-ma, frena. Perché? «Non erapiù possibile lavorare a debi-to con lo Stato — spiega Bai-ta —. Le casse pubbliche era-no vuote, e aumentare lecommesse per accrescere ilfatturato avrebbe messo a ri-schio i margini. Così abbia-mo privilegiato l’utile, e ci sia-mo rivolti a lavori ad altaredditività. Il fatturato si asse-sta a 400 milioni ma l’utileraddoppia» .

    Con la consapevolezza chela manna degli appalti pub-blici era finita e che con le so-le costruzioni non era piùpossibile creare valore, laMantovani inizia a lavorarein project financing e comegeneral contractor . «Ci siamorivolti a quelle attività in gra-do di generare reddito —spiega Giampaolo Chiarotto,figlio di Romeo e ceo dellaMantovani — e cioè la gestio-ne delle infrastrutture e i ser-vizi». Così a Trento il gruppoveneto costruisce e gestisce ilprimo centro per la terapiaprotonica tumorale, in part-nership con un gruppo bel-ga, a Mestre e a Thiene gesti-sce gli ospedali che ha costru-ito.

    Dalle infrastrutture sanita-rie alle autostrade il passo èbreve. Nel Nord Est è in cor-so un sorta di privatizzaziones t r i s c i a n t e d e l l ’ a s s e

    Ovest-Est, la A4 Brescia-Pa-dova, detta anche Serenissi-ma. Gli enti pubblici hannoiniziato a cedere partecipa-zioni per fare quadrare i bi-lanci e vari competitor han-no già preso posto nella com-

    pagine: il gruppoAstaldi, il gruppoGavio e Banca Inte-s a . M a a n c h e iChiarotto voglio-no una fetta dellatorta. E la ottengo-no attraverso unaaltra società in cuisono riusciti a di-ventare soci, la Pa-dova-Venezia, exconcessionaria,che ha una quotadel 10% della A4.In ballo c’è la spar-tizione dei servizis u t u t t o l ’ a s s eEst-Ovest delle au-tostrade italiane.

    Strada«Più lungo è il

    tratto di autostra-da sui cui effettua-re i servizi — spie-ga Baita — dallamanutenzione delverde agli auto-grill, maggiori sa-ranno le sinergie erisparmi di costi».Il gruppo Chiarot-to nei giorni scorsiha convinto la con-cessionaria dellaBrescia-Padova acambiare nome.Da Serenissima èdiventata A4 Hol-ding. «Vent’annifa — ricorda il pre-

    sidente — ho chiamato cosìla finanziaria di famiglia, lo-ro sono arrivati dopo».

    L’azionariato della hol-ding di famiglia è già passatoalla seconda generazione: aifigli Giampaolo e Donatella,presidente dell’altro gioiellodel gruppo, la Fip Industria-le, leader mondiale nei siste-mi antisismici.

    Serenissima Holding hachiuso il 2010 con ricavi per576 milioni un utile di 25,6milioni che dovrebbe esserericalcato nel 2011. Ma i Chia-rotto hanno declinato l’invi-to della fondazione Mps a sa-lire ancora nel capitale dellabanca. «Non è il momento diinvestire risorse fuori dalgruppo — spiega il presiden-te — l’azienda ha bisogno ditutto il suo polmone finanzia-rio».

    twitter@rscaglia1© RIPRODUZIONE RISERVATA

    a cura di Giusi Ferré

    La grandi opere

    Dinastie Il gruppo «pigliatutto» del Nord Est, attivo nelle costruzioni, si affaccia al business autostradale

    Fil di Ferré

    IdeeFrancescoMorace,sociologo

    Rubelli punta a OrienteE per sbarcare in Cinastudia una partnership

    Mantovani Il signore della SerenissimaDI ROBERTA SCAGLIARINI C rescere in Russia e Medio Oriente, trovareun partner per una joint venture in Cina epuntare sulla raffinatezza e grande cultura

    del Giappone. Ecco alcuni obiettivi di Rubelli,azienda familiare di Venezia, fondata nel 1889,giunta oggi alla quinta generazione, che produce ecommercializza tessuti per arredamento di altagamma: broccati, damaschi, velluti, sete e lampassiusati nei più grandi teatri del mondo. A raccontarliè il suo amministratore delegato, Nicolò FavarettoRubelli che ci tiene comunque a sottolineare chel’Italia resta il primo mercato, seguito da Francia eInghilterra e che evidenzia come la recenteristrutturazione del Bolshoi a Mosca li abbia fatticonoscere meglio sul territorio russo.Anche il velluto rosso del Teatro alla Scala è operadella società veneziana. Che oltre che sullosviluppo negli arredamenti residenziali cherappresentano i 2/3 del fatturato, vuole puntare,rimettendosi in discussione in un momento di crisisoprattutto per la media borghesia che noninveste più come prima nei tessuti, sui grandipalazzi come appunto i teatri e su diun’espansione nel settore commerciale, neglialberghi, sulle navi da crociera. Proprio nei giorniscorsi la società ha presentato alla stampa lamonografia «Rubelli. Una storia di seta a Venezia»curato da Irene Favaretto ed edito da Marsilio cheracconta la storia della famiglia, a partire dal 1889quando Lorenzo Rubelli, ilbisnonno dell’attualepresidente AlessandroFavaretto Rubelli, rilevò unatessitura veneziana rinomatada due secoli.Il fatturato nel 2011 è invecesalito, del 7,5%. Neldettaglio, Rubelli Spa haavuto ricavi per 37,2 milioni,mentre Gruppo Rubelli 68milioni, con la consociataamericana Donghia, e chenel 2012 dovrebbe crescere del 12% (Rubelli Spa),con una revisione al rialzo del budget. Tra le altremete su cui scommettere, il Brasile, anche sepenalizzato da dazi molto elevati(35%), perchéestremamente attento al design. «I Paesiemergenti hanno comunque una crescita moltopiù lenta e quindi è fondamentale avere moltapazienza e proporre un prodotto valido e semprepiù innovativo», ammette Rubelli che nei suoiprogetti vorrebbe che il nome dell’azienda fossemaggiormente conosciuto per poter pensare a unamaggiore espansione e ricominciare a venderecome una volta anche negli Stati Uniti. Cauteinvece le previsioni di aumento dell’organico.Fanno parte del Gruppo Rubelli anche i seguentimarchi: Rubelli Venezia (che comprende lecollezioni Lisio Design e Bises Design), DominiqueKieffer (società francese acquisita nel 2001) eDonghia (azienda americana entrata nel grupponel 2005). A questi si è aggiunto nel 2009«Armani/Casa exclusive textiles by Rubelli», fruttodi un accordo di collaborazione, siglato da Rubellicon Armani-Casa, per la produzione e distribuzionein licenza della linea di tessuti per arredamento.

    IRENE CONSIGLIERE

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Tessuti d’autore

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    ica

    L’assetto

    ImpreseGruppi familiari

    F rancesco Morace èun sociologo che fa,dell’osservazione sen-za preconcetti e confini delpresente, la traccia sullaquale elaborare le ipotesidel futuro. Ricercatore dimegatrend, lavora su previ-sioni a lungo periodo, chepossono identificare veri epropri cambiamenti socialicome quelli individuati nellibro appena uscito — «I pa-radigmi del futuro» (No-mos Edizioni) — nel qualedescrive «Nuovi parametridestinati a durare — dice— per almeno 30 anni».

    A Morace, Sistema ModaItalia, l’associazione cherappresenta l’assetto con-findustriale di tessile e abbi-gliamento, ha affidato l’in-carico di analizzare il mer-cato con particolare riguar-do per la moda e la comuni-cazione, incontrando poidue volte l’anno il comitatoallargato di Smi per discu-terne i risultati. All’ultimoappuntamento, diventatouna riflessione sull’ipotesidi società e di donna trat-teggiata dalle sfilate, i pre-senti erano molto più nu-merosi del solito, perché il

    disorientamento ormai ègrande e si esprime con do-mande che fino a ieri sem-bravano impensabili.

    Il concetto di esclusivo èun valore o è sorpassato?L a m o d a c a r i s s i m asopravviverà al low cost ?L’artigianato ha un sensonel periodo delle grandi ca-tene di abbigliamen-to? Perché la crisidei consumi noncambia i contenutidella moda? Diven-tata anzi semprepiù ricca, con esibi-zioni muscolari di

    potenza, a partire dal lussoesasperato di certe sfilatecome Vuitton e Chanel.

    Secondo Francesco Mo-race, questo sfarzo segna-

    la una deriva che soltan-to i grandi del lusso, inparticolare i supergrup-pi francesi, possono as-

    secondare «dimostrandoperò di essere in ritardo

    sui tempi. Sono troppolegati alla difesa del-

    le proprie posizio-ni, con una chiu-sura che è oppo-sta a quel concet-

    to di condivisio-

    ne che caratterizza la no-stra epoca. Oggi un piacereè tale se viene condiviso suFacebook, su Twitter…L’esatto contrario di quelloche vive la moda, troppo le-gata all’idea di privato, diesclusivo e aspirazionale».

    Infatti il fashion è domi-nato da un gusto dell’arti-gianato di altri tempi. «Maquesto sarebbe un fatto po-sitivo. Significa che il vec-chio pensiero globale-azio-ne locale si è mutato in pen-siero locale-azione globale,dove il locale ha caratteristi-che talmente intense da po-tersi trasformare in pensie-ro universale».

    Ma questi sono gli annidel fast fashion , dei magaz-zini nice price che hanno of-ferto al consumatore la pos-sibilità di acquistare molto

    a piccoli prezzi, e soprattut-to di godere delle novitàquasi in tempo reale.

    «Per anni siamo stati con-vinti che la velocità fossel’elemento chiave del suc-cesso, il parametro attraver-so cui misurare il cambia-mento sociale. Ma oggi larapidità si completa con laqualità e il piacere. L’esem-pio viene dal food , nel qua-le la rapidità del low cost èesaltata dalla gratificazionedell’alta qualità. Penso aEataly. Lo sa che è il terzoluogo più visitato a NewYork? Ecco, bisognerebbeprendere esempio da que-sto».

    Quale futuro si profila al-lora per le catene low costdell’abbigliamento? «Mol-to difficile».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    La famiglia Chiarotto entra nell’A4 Holding e guarda ai servizi della Padova-Venezia

    GestioneRomeoChiarotto conil figlioGiampaolo.GuidanoMantovani

    Famiglia NicolòFavaretto Rubelli

    15CORRIER E C O N O M I A LUNEDÌ 26 MARZO 2012

    Codice cliente:

    L’analisi del sociologo FrancescoMorace: «Conta sempre di più la qualità. Basta pensare al cibo»

    «Futuro difficile per le catene a basso prezzo»

    D al mare alle autostra-de. C’è un nuovogruppo che si sta af-facciando nel busi-ness delle strade a pagamen-to a fianco dei colossi qualiBenetton, Gavio, Astaldi. Sichiama Mantovani e nelNord Est è un’istituzione. Locontrolla la Serenissima Hol-ding della famiglia Chiarotto,dinastia storica dell’Antonve-neta di Silvano Pontello.

    A Venezia e dintorni nonesiste opera pubblica chenon porti al firma della Man-tovani, dicono gli addetti ailavori. Dal Mose, al teatro laFenice, dall’ospedale di Me-stre a quello di Schio e diTrento, dalla bonifica di Mar-ghera al ripascimento dellespiagge del Lido, fino a Vene-to city. I giornali locali hannosoprannominato il gruppoMantovani «piglia tutto» edentro e fuori dai confini del-la Regione suscita invidie ecritiche anche per qualchecoinvolgimento giudiziario.

    PianiMa i Chiarotto guardano al

    futuro. «Il sistema degli ap-palti pubblici così com’eraun tempo non esiste più —spiega Romeo Chiarotto, ot-tantaduenne presidente delgruppo —. Per questo abbia-mo scelto di cambiare strate-gia». Il primo cambiamentoChiarotto lo aveva fatto giàvent’anni fa quando, dopoaver rilevato la MantovaniCostruzioni da un amico bo-lognese che non poteva pas-sarla ai figli, la fuse insiemealla Laguna Dragaggi, altrastorica partecipata rilevatadall’amico Marco Vacchi pa-tron della Ima. Era la fine de-gli anni 80 e di lì a poco sareb-be scoppiata Tangentopoli ela prima grande crisi nel set-tore delle costruzioni.

    Chiarotto capì in tempoche si avvicinava una svoltaepocale e convertì il core busi-ness ai lavori lagunari. «Com-prammo navi russe di gran-de stazza, e lanciammo nuo-vi sistemi di dragaggio deifondali — racconta l’impren-ditore — non avevamo con-correnza». Mantovani creb-be fino a raggiungere 500 mi-lioni di ricavi, e lo standingdi azienda piglia tutto compli-

    ce anche la direzione di Pier-giorgio Baita, manager conuna lunga carriera nei lavoripubblici.

    VirataQuando però arriva il mo-

    mento di fare il balzo tra i bigdell’edilizia l’azienda si fer-ma, frena. Perché? «Non erapiù possibile lavorare a debi-to con lo Stato — spiega Bai-ta —. Le casse pubbliche era-no vuote, e aumentare lecommesse per accrescere ilfatturato avrebbe messo a ri-schio i margini. Così abbia-mo privilegiato l’utile, e ci sia-mo rivolti a lavori ad altaredditività. Il fatturato si asse-sta a 400 milioni ma l’utileraddoppia» .

    Con la consapevolezza chela manna degli appalti pub-blici era finita e che con le so-le costruzioni non era piùpossibile creare valore, laMantovani inizia a lavorarein project financing e comegeneral contractor . «Ci siamorivolti a quelle attività in gra-do di generare reddito —spiega Giampaolo Chiarotto,figlio di Romeo e ceo dellaMantovani — e cioè la gestio-ne delle infrastrutture e i ser-vizi». Così a Trento il gruppoveneto costruisce e gestisce ilprimo centro per la terapiaprotonica tumorale, in part-nership con un gruppo bel-ga, a Mestre e a Thiene gesti-sce gli ospedali che ha costru-ito.

    Dalle infrastrutture sanita-rie alle autostrade il passo èbreve. Nel Nord Est è in cor-so un sorta di privatizzaziones t r i s c i a n t e d e l l ’ a s s e

    Ovest-Est, la A4 Brescia-Pa-dova, detta anche Serenissi-ma. Gli enti pubblici hannoiniziato a cedere partecipa-zioni per fare quadrare i bi-lanci e vari competitor han-no già preso posto nella com-

    pagine: il gruppoAstaldi, il gruppoGavio e Banca Inte-sa . Ma anche iChiarotto voglio-no una fetta dellatorta. E la ottengo-no attraverso unaaltra società in cuisono riusciti a di-ventare soci, la Pa-dova-Venezia, exconcessionaria,che ha una quotadel 10% della A4.In ballo c’è la spar-tizione dei servizisu tu t to l ’ a s seEst-Ovest delle au-tostrade italiane.

    Strada«Più lungo è il

    tratto di autostra-da sui cui effettua-re i servizi — spie-ga Baita — dallamanutenzione delverde agli auto-grill, maggiori sa-ranno le sinergie erisparmi di costi».Il gruppo Chiarot-to nei giorni scorsiha convinto la con-cessionaria dellaBrescia-Padova acambiare nome.Da Serenissima èdiventata A4 Hol-ding. «Vent’annifa — ricorda il pre-

    sidente — ho chiamato cosìla finanziaria di famiglia, lo-ro sono arrivati dopo».

    L’azionariato della hol-ding di famiglia è già passatoalla seconda generazione: aifigli Giampaolo e Donatella,presidente dell’altro gioiellodel gruppo, la Fip Industria-le, leader mondiale nei siste-mi antisismici.

    Serenissima Holding hachiuso il 2010 con ricavi per576 milioni un utile di 25,6milioni che dovrebbe esserericalcato nel 2011. Ma i Chia-rotto hanno declinato l’invi-to della fondazione Mps a sa-lire ancora nel capitale dellabanca. «Non è il momento diinvestire risorse fuori dalgruppo — spiega il presiden-te — l’azienda ha bisogno ditutto il suo polmone finanzia-rio».

    twitter@rscaglia1© RIPRODUZIONE RISERVATA

    a cura di Giusi Ferré

    La grandi opere

    Dinastie Il gruppo «pigliatutto» del Nord Est, attivo nelle costruzioni, si affaccia al business autostradale

    Fil di Ferré

    IdeeFrancescoMorace,sociologo

    Rubelli punta a OrienteE per sbarcare in Cinastudia una partnership

    Mantovani Il signore della SerenissimaDI ROBERTA SCAGLIARINI C rescere in Russia e Medio Oriente, trovareun partner per una joint venture in Cina epuntare sulla raffinatezza e grande cultura

    del Giappone. Ecco alcuni obiettivi di Rubelli,azienda familiare di Venezia, fondata nel 1889,giunta oggi alla quinta generazione, che produce ecommercializza tessuti per arredamento di altagamma: broccati, damaschi, velluti, sete e lampassiusati nei più grandi teatri del mondo. A raccontarliè il suo amministratore delegato, Nicolò FavarettoRubelli che ci tiene comunque a sottolineare chel’Italia resta il primo mercato, seguito da Francia eInghilterra e che evidenzia come la recenteristrutturazione del Bolshoi a Mosca li abbia fatticonoscere meglio sul territorio russo.Anche il velluto rosso del Teatro alla Scala è operadella società veneziana. Che oltre che sullosviluppo negli arredamenti residenziali cherappresentano i 2/3 del fatturato, vuole puntare,rimettendosi in discussione in un momento di crisisoprattutto per la media borghesia che noninveste più come prima nei tessuti, sui grandipalazzi come appunto i teatri e su diun’espansione nel settore commerciale, neglialberghi, sulle navi da crociera. Proprio nei giorniscorsi la società ha presentato alla stampa lamonografia «Rubelli. Una storia di seta a Venezia»curato da Irene Favaretto ed edito da Marsilio cheracconta la storia della famiglia, a partire dal 1889quando Lorenzo Rubelli, ilbisnonno dell’attualepresidente AlessandroFavaretto Rubelli, rilevò unatessitura veneziana rinomatada due secoli.Il fatturato nel 2011 è invecesalito, del 7,5%. Neldettaglio, Rubelli Spa haavuto ricavi per 37,2 milioni,mentre Gruppo Rubelli 68milioni, con la consociataamericana Donghia, e chenel 2012 dovrebbe crescere del 12% (Rubelli Spa),con una revisione al rialzo del budget. Tra le altremete su cui scommettere, il Brasile, anche sepenalizzato da dazi molto elevati(35%), perchéestremamente attento al design. «I Paesiemergenti hanno comunque una crescita moltopiù lenta e quindi è fondamentale avere moltapazienza e proporre un prodotto valido e semprepiù innovativo», ammette Rubelli che nei suoiprogetti vorrebbe che il nome dell’azienda fossemaggiormente conosciuto per poter pensare a unamaggiore espansione e ricominciare a venderecome una volta anche negli Stati Uniti. Cauteinvece le previsioni di aumento dell’organico.Fanno parte del Gruppo Rubelli anche i seguentimarchi: Rubelli Venezia (che comprende lecollezioni Lisio Design e Bises Design), DominiqueKieffer (società francese acquisita nel 2001) eDonghia (azienda americana entrata nel grupponel 2005). A questi si è aggiunto nel 2009«Armani/Casa exclusive textiles by Rubelli», fruttodi un accordo di collaborazione, siglato da Rubellicon Armani-Casa, per la produzione e distribuzionein licenza della linea di tessuti per arredamento.

    IRENE CONSIGLIERE

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Tessuti d’autore

    ImagoEc

    onomica

    L’assetto

    ImpreseGruppi familiari

    F rancesco Morace èun sociologo che fa,dell’osservazione sen-za preconcetti e confini delpresente, la traccia sullaquale elaborare le ipotesidel futuro. Ricercatore dimegatrend, lavora su previ-sioni a lungo periodo, chepossono identificare veri epropri cambiamenti socialicome quelli individuati nellibro appena uscito — «I pa-radigmi del futuro» (No-mos Edizioni) — nel qualedescrive «Nuovi parametridestinati a durare — dice— per almeno 30 anni».

    A Morace, Sistema ModaItalia, l’associazione cherappresenta l’assetto con-findustriale di tessile e abbi-gliamento, ha affidato l’in-carico di analizzare il mer-cato con particolare riguar-do per la moda e la comuni-cazione, incontrando poidue volte l’anno il comitatoallargato di Smi per discu-terne i risultati. All’ultimoappuntamento, diventatouna riflessione sull’ipotesidi società e di donna trat-teggiata dalle sfilate, i pre-senti erano molto più nu-merosi del solito, perché il

    disorientamento ormai ègrande e si esprime con do-mande che fino a ieri sem-bravano impensabili.

    Il concetto di esclusivo èun valore o è sorpassato?L a m o d a c a r i s s i m asopravviverà al low cost ?L’artigianato ha un sensonel periodo delle grandi ca-tene di abbigliamen-to? Perché la crisidei consumi noncambia i contenutidella moda? Diven-tata anzi semprepiù ricca, con esibi-zioni muscolari di

    potenza, a partire dal lussoesasperato di certe sfilatecome Vuitton e Chanel.

    Secondo Francesco Mo-race, questo sfarzo segna-la una deriva che soltan-to i grandi del lusso, inparticolare i supergrup-pi francesi, possono as-secondare «dimostrando

    però di essere in ritardosui tempi. Sono troppo

    legati alla difesa del-le proprie posizio-ni, con una chiu-sura che è oppo-sta a quel concet-to di condivisio-

    ne che caratterizza la no-stra epoca. Oggi un piacereè tale se viene condiviso suFacebook, su Twitter…L’esatto contrario di quelloche vive la moda, troppo le-gata all’idea di privato, diesclusivo e aspirazionale».

    Infatti il fashion è domi-nato da un gusto dell’arti-gianato di altri tempi. «Maquesto sarebbe un fatto po-sitivo. Significa che il vec-chio pensiero globale-azio-ne locale si è mutato in pen-siero locale-azione globale,dove il locale ha caratteristi-che talmente intense da po-tersi trasformare in pensie-ro universale».

    Ma questi sono gli annidel fast fashion , dei magaz-zini nice price che hanno of-ferto al consumatore la pos-sibilità di acquistare molto

    a piccoli prezzi, e soprattut-to di godere delle novitàquasi in tempo reale.

    «Per anni siamo stati con-vinti che la velocità fossel’elemento chiave del suc-cesso, il parametro attraver-so cui misurare il cambia-mento sociale. Ma oggi larapidità si completa con laqualità e il piacere. L’esem-pio viene dal food , nel qua-le la rapidità del low cost èesaltata dalla gratificazionedell’alta qualità. Penso aEataly. Lo sa che è il terzoluogo più visitato a NewYork? Ecco, bisognerebbeprendere esempio da que-sto».

    Quale futuro si profila al-lora per le catene low costdell’abbigliamento? «Mol-to difficile».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    La famiglia Chiarotto entra nell’A4 Holding e guarda ai servizi della Padova-Venezia

    GestioneRomeoChiarotto conil figlioGiampaolo.GuidanoMantovani

    Famiglia NicolòFavaretto Rubelli

    15CORRIERECONOMIA LUNEDÌ 26 MARZO 2012

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    L’analisi del sociologo FrancescoMorace: «Conta sempre di più la qualità. Basta pensare al cibo»

    «Futuro difficile per le catene a basso prezzo»

    D al mare alle autostra-de. C’è un nuovogruppo che si sta af-facciando nel busi-ness delle strade a pagamen-to a fianco dei colossi qualiBenetton, Gavio, Astaldi. Sichiama Mantovani e nelNord Est è un’istituzione. Locontrolla la Serenissima Hol-ding della famiglia Chiarotto,dinastia storica dell’Antonve-neta di Silvano Pontello.

    A Venezia e dintorni nonesiste opera pubblica chenon porti al firma della Man-tovani, dicono gli addetti ailavori. Dal Mose, al teatro laFenice, dall’ospedale di Me-stre a quello di Schio e diTrento, dalla bonifica di Mar-ghera al ripascimento dellespiagge del Lido, fino a Vene-to city. I giornali locali hannosoprannominato il gruppoMantovani «piglia tutto» edentro e fuori dai confini del-la Regione suscita invidie ecritiche anche per qualchecoinvolgimento giudiziario.

    PianiMa i Chiarotto guardano al

    futuro. «Il sistema degli ap-palti pubblici così com’eraun tempo non esiste più —spiega Romeo Chiarotto, ot-tantaduenne presidente delgruppo —. Per questo abbia-mo scelto di cambiare strate-gia». Il primo cambiamentoChiarotto lo aveva fatto giàvent’anni fa quando, dopoaver rilevato la MantovaniCostruzioni da un amico bo-lognese che non poteva pas-sarla ai figli, la fuse insiemealla Laguna Dragaggi, altrastorica partecipata rilevatadall’amico Marco Vacchi pa-tron della Ima. Era la fine de-gli anni 80 e di lì a poco sareb-be scoppiata Tangentopoli ela prima grande crisi nel set-tore delle costruzioni.

    Chiarotto capì in tempoche si avvicinava una svoltaepocale e convertì il core busi-ness ai lavori lagunari. «Com-prammo navi russe di gran-de stazza, e lanciammo nuo-vi sistemi di dragaggio deifondali — racconta l’impren-ditore — non avevamo con-correnza». Mantovani creb-be fino a raggiungere 500 mi-lioni di ricavi, e lo standingdi azienda piglia tutto compli-

    ce anche la direzione di Pier-giorgio Baita, manager conuna lunga carriera nei lavoripubblici.

    VirataQuando però arriva il mo-

    mento di fare il balzo tra i bigdell’edilizia l’azienda si fer-ma, frena. Perché? «Non erapiù possibile lavorare a debi-to con lo Stato — spiega Bai-ta —. Le casse pubbliche era-no vuote, e aumentare lecommesse per accrescere ilfatturato avrebbe messo a ri-schio i margini. Così abbia-mo privilegiato l’utile, e ci sia-mo rivolti a lavori ad altaredditività. Il fatturato si asse-sta a 400 milioni ma l’utileraddoppia» .

    Con la consapevolezza chela manna degli appalti pub-blici era finita e che con le so-le costruzioni non era piùpossibile creare valore, laMantovani inizia a lavorarein project financing e comegeneral contractor . «Ci siamorivolti a quelle attività in gra-do di generare reddito —spiega Giampaolo Chiarotto,figlio di Romeo e ceo dellaMantovani — e cioè la gestio-ne delle infrastrutture e i ser-vizi». Così a Trento il gruppoveneto costruisce e gestisce ilprimo centro per la terapiaprotonica tumorale, in part-nership con un gruppo bel-ga, a Mestre e a Thiene gesti-sce gli ospedali che ha costru-ito.

    Dalle infrastrutture sanita-rie alle autostrade il passo èbreve. Nel Nord Est è in cor-so un sorta di privatizzaziones t r i s c i a n t e d e l l ’ a s s e

    Ovest-Est, la A4 Brescia-Pa-dova, detta anche Serenissi-ma. Gli enti pubblici hannoiniziato a cedere partecipa-zioni per fare quadrare i bi-lanci e vari competitor han-no già preso posto nella com-

    pagine: il gruppoAstaldi, il gruppoGavio e Banca Inte-sa . Ma anche iChiarotto voglio-no una fetta dellatorta. E la ottengo-no attraverso unaaltra società in cuisono riusciti a di-ventare soci, la Pa-dova-Venezia, exconcessionaria,che ha una quotadel 10% della A4.In ballo c’è la spar-tizione dei servizisu tu t to l ’ a s seEst-Ovest delle au-tostrade italiane.

    Strada«Più lungo è il

    tratto di autostra-da sui cui effettua-re i servizi — spie-ga Baita — dallamanutenzione delverde agli auto-grill, maggiori sa-ranno le sinergie erisparmi di costi».Il gruppo Chiarot-to nei giorni scorsiha convinto la con-cessionaria dellaBrescia-Padova acambiare nome.Da Serenissima èdiventata A4 Hol-ding. «Vent’annifa — ricorda il pre-

    sidente — ho chiamato cosìla finanziaria di famiglia, lo-ro sono arrivati dopo».

    L’azionariato della hol-ding di famiglia è già passatoalla seconda generazione: aifigli Giampaolo e Donatella,presidente dell’altro gioiellodel gruppo, la Fip Industria-le, leader mondiale nei siste-mi antisismici.

    Serenissima Holding hachiuso il 2010 con ricavi per576 milioni un utile di 25,6milioni che dovrebbe esserericalcato nel 2011. Ma i Chia-rotto hanno declinato l’invi-to della fondazione Mps a sa-lire ancora nel capitale dellabanca. «Non è il momento diinvestire risorse fuori dalgruppo — spiega il presiden-te — l’azienda ha bisogno ditutto il suo polmone finanzia-rio».

    twitter@rscaglia1© RIPRODUZIONE RISERVATA

    a cura di Giusi Ferré

    La grandi opere

    Dinastie Il gruppo «pigliatutto» del Nord Est, attivo nelle costruzioni, si affaccia al business autostradale

    Fil di Ferré

    IdeeFrancescoMorace,sociologo

    Rubelli punta a OrienteE per sbarcare in Cinastudia una partnership

    Mantovani Il signore della SerenissimaDI ROBERTA SCAGLIARINI C rescere in Russia e Medio Oriente, trovareun partner per una joint venture in Cina epuntare sulla raffinatezza e grande cultura

    del Giappone. Ecco alcuni obiettivi di Rubelli,azienda familiare di Venezia, fondata nel 1889,giunta oggi alla quinta generazione, che produce ecommercializza tessuti per arredamento di altagamma: broccati, damaschi, velluti, sete e lampassiusati nei più grandi teatri del mondo. A raccontarliè il suo amministratore delegato, Nicolò FavarettoRubelli che ci tiene comunque a sottolineare chel’Italia resta il primo mercato, seguito da Francia eInghilterra e che evidenzia come la recenteristrutturazione del Bolshoi a Mosca li abbia fatticonoscere meglio sul territorio russo.Anche il velluto rosso del Teatro alla Scala è operadella società veneziana. Che oltre che sullosviluppo negli arredamenti residenziali cherappresentano i 2/3 del fatturato, vuole puntare,rimettendosi in discussione in un momento di crisisoprattutto per la media borghesia che noninveste più come prima nei tessuti, sui grandipalazzi come appunto i teatri e su diun’espansione nel settore commerciale, neglialberghi, sulle navi da crociera. Proprio nei giorniscorsi la società ha presentato alla stampa lamonografia «Rubelli. Una storia di seta a Venezia»curato da Irene Favaretto ed edito da Marsilio cheracconta la storia della famiglia, a partire dal 1889quando Lorenzo Rubelli, ilbisnonno dell’attualepresidente AlessandroFavaretto Rubelli, rilevò unatessitura veneziana rinomatada due secoli.Il fatturato nel 2011 è invecesalito, del 7,5%. Neldettaglio, Rubelli Spa haavuto ricavi per 37,2 milioni,mentre Gruppo Rubelli 68milioni, con la consociataamericana Donghia, e chenel 2012 dovrebbe crescere del 12% (Rubelli Spa),con una revisione al rialzo del budget. Tra le altremete su cui scommettere, il Brasile, anche sepenalizzato da dazi molto elevati(35%), perchéestremamente attento al design. «I Paesiemergenti hanno comunque una crescita moltopiù lenta e quindi è fondamentale avere moltapazienza e proporre un prodotto valido e semprepiù innovativo», ammette Rubelli che nei suoiprogetti vorrebbe che il nome dell’azienda fossemaggiormente conosciuto per poter pensare a unamaggiore espansione e ricominciare a venderecome una volta anche negli Stati Uniti. Cauteinvece le previsioni di aumento dell’organico.Fanno parte del Gruppo Rubelli anche i seguentimarchi: Rubelli Venezia (che comprende lecollezioni Lisio Design e Bises Design), DominiqueKieffer (società francese acquisita nel 2001) eDonghia (azienda americana entrata nel grupponel 2005). A questi si è aggiunto nel 2009«Armani/Casa exclusive textiles by Rubelli», fruttodi un accordo di collaborazione, siglato da Rubellicon Armani-Casa, per la produzione e distribuzionein licenza della linea di tessuti per arredamento.

    IRENE CONSIGLIERE

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Tessuti d’autore

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    L’assetto

    ImpreseGruppi familiari

    F rancesco Morace èun sociologo che fa,dell’osservazione sen-za preconcetti e confini delpresente, la traccia sullaquale elaborare le ipotesidel futuro. Ricercatore dimegatrend, lavora su previ-sioni a lungo periodo, chepossono identificare veri epropri cambiamenti socialicome quelli individuati nellibro appena uscito — «I pa-radigmi del futuro» (No-mos Edizioni) — nel qualedescrive «Nuovi parametridestinati a durare — dice— per almeno 30 anni».

    A Morace, Sistema ModaItalia, l’associazione cherappresenta l’assetto con-findustriale di tessile e abbi-gliamento, ha affidato l’in-carico di analizzare il mer-cato con particolare riguar-do per la moda e la comuni-cazione, incontrando poidue volte l’anno il comitatoallargato di Smi per discu-terne i risultati. All’ultimoappuntamento, diventatouna riflessione sull’ipotesidi società e di donna trat-teggiata dalle sfilate, i pre-senti erano molto più nu-merosi del solito, perché il

    disorientamento ormai ègrande e si esprime con do-mande che fino a ieri sem-bravano impensabili.

    Il concetto di esclusivo èun valore o è sorpassato?L a m o d a c a r i s s i m asopravviverà al low cost ?L’artigianato ha un sensonel periodo delle grandi ca-tene di abbigliamen-to? Perché la crisidei consumi noncambia i contenutidella moda? Diven-tata anzi semprepiù ricca, con esibi-zioni muscolari di

    potenza, a partire dal lussoesasperato di certe sfilatecome Vuitton e Chanel.

    Secondo Francesco Mo-race, questo sfarzo segna-la una deriva che soltan-to i grandi del lusso, inparticolare i supergrup-pi francesi, possono as-secondare «dimostrando

    però di essere in ritardosui tempi. Sono troppo

    legati alla difesa del-le proprie posizio-ni, con una chiu-sura che è oppo-sta a quel concet-to di condivisio-

    ne che caratterizza la no-stra epoca. Oggi un piacereè tale se viene condiviso suFacebook, su Twitter…L’esatto contrario di quelloche vive la moda, troppo le-gata all’idea di privato, diesclusivo e aspirazionale».

    Infatti il fashion è domi-nato da un gusto dell’arti-gianato di altri tempi. «Maquesto sarebbe un fatto po-sitivo. Significa che il vec-chio pensiero globale-azio-ne locale si è mutato in pen-siero locale-azione globale,dove il locale ha caratteristi-che talmente intense da po-tersi trasformare in pensie-ro universale».

    Ma questi sono gli annidel fast fashion , dei magaz-zini nice price che hanno of-ferto al consumatore la pos-sibilità di acquistare molto

    a piccoli prezzi, e soprattut-to di godere delle novitàquasi in tempo reale.

    «Per anni siamo stati con-vinti che la velocità fossel’elemento chiave del suc-cesso, il parametro attraver-so cui misurare il cambia-mento sociale. Ma oggi larapidità si completa con laqualità e il piacere. L’esem-pio viene dal food , nel qua-le la rapidità del low cost èesaltata dalla gratificazionedell’alta qualità. Penso aEataly. Lo sa che è il terzoluogo più visitato a NewYork? Ecco, bisognerebbeprendere esempio da que-sto».

    Quale futuro si profila al-lora per le catene low costdell’abbigliamento? «Mol-to difficile».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    La famiglia Chiarotto entra nell’A4 Holding e guarda ai servizi della Padova-Venezia

    GestioneRomeoChiarotto conil figlioGiampaolo.GuidanoMantovani

    Famiglia NicolòFavaretto Rubelli

    15CORRIERECONOMIA LUNEDÌ 26 MARZO 2012

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    L’analisi del sociologo FrancescoMorace: «Conta sempre di più la qualità. Basta pensare al cibo»

    «Futuro difficile per le catene a basso prezzo»

    D al mare alle autostra-de. C’è un nuovogruppo che si sta af-facciando nel busi-ness delle strade a pagamen-to a fianco dei colossi qualiBenetton, Gavio, Astaldi. Sichiama Mantovani e nelNord Est è un’istituzione. Locontrolla la Serenissima Hol-ding della famiglia Chiarotto,dinastia storica dell’Antonve-neta di Silvano Pontello.

    A Venezia e dintorni nonesiste opera pubblica chenon porti al firma della Man-tovani, dicono gli addetti ailavori. Dal Mose, al teatro laFenice, dall’ospedale di Me-stre a quello di Schio e diTrento, dalla bonifica di Mar-ghera al ripascimento dellespiagge del Lido, fino a Vene-to city. I giornali locali hannosoprannominato il gruppoMantovani «piglia tutto» edentro e fuori dai confini del-la Regione suscita invidie ecritiche anche per qualchecoinvolgimento giudiziario.

    PianiMa i Chiarotto guardano al

    futuro. «Il sistema degli ap-palti pubblici così com’eraun tempo non esiste più —spiega Romeo Chiarotto, ot-tantaduenne presidente delgruppo —. Per questo abbia-mo scelto di cambiare strate-gia». Il primo cambiamentoChiarotto lo aveva fatto giàvent’anni fa quando, dopoaver rilevato la MantovaniCostruzioni da un amico bo-lognese che non poteva pas-sarla ai figli, la fuse insiemealla Laguna Dragaggi, altrastorica partecipata rilevatadall’amico Marco Vacchi pa-tron della Ima. Era la fine de-gli anni 80 e di lì a poco sareb-be scoppiata Tangentopoli ela prima grande crisi nel set-tore delle costruzioni.

    Chiarotto capì in tempoche si avvicinava una svoltaepocale e convertì il core busi-ness ai lavori lagunari. «Com-prammo navi russe di gran-de stazza, e lanciammo nuo-vi sistemi di dragaggio deifondali — racconta l’impren-ditore — non avevamo con-correnza». Mantovani creb-be fino a raggiungere 500 mi-lioni di ricavi, e lo standingdi azienda piglia tutto compli-

    ce anche la direzione di Pier-giorgio Baita, manager conuna lunga carriera nei lavoripubblici.

    VirataQuando però arriva il mo-

    mento di fare il balzo tra i bigdell’edilizia l’azienda si fer-ma, frena. Perché? «Non erapiù possibile lavorare a debi-to con lo Stato — spiega Bai-ta —. Le casse pubbliche era-no vuote, e aumentare lecommesse per accrescere ilfatturato avrebbe messo a ri-schio i margini. Così abbia-mo privilegiato l’utile, e ci sia-mo rivolti a lavori ad altaredditività. Il fatturato si asse-sta a 400 milioni ma l’utileraddoppia» .

    Con la consapevolezza chela manna degli appalti pub-blici era finita e che con le so-le costruzioni non era piùpossibile creare valore, laMantovani inizia a lavorarein project financing e comegeneral contractor . «Ci siamorivolti a quelle attività in gra-do di generare reddito —spiega Giampaolo Chiarotto,figlio di Romeo e ceo dellaMantovani — e cioè la gestio-ne delle infrastrutture e i ser-vizi». Così a Trento il gruppoveneto costruisce e gestisce ilprimo centro per la terapiaprotonica tumorale, in part-nership con un gruppo bel-ga, a Mestre e a Thiene gesti-sce gli ospedali che ha costru-ito.

    Dalle infrastrutture sanita-rie alle autostrade il passo èbreve. Nel Nord Est è in cor-so un sorta di privatizzaziones t r i s c i a n t e d e l l ’ a s s e

    Ovest-Est, la A4 Brescia-Pa-dova, detta anche Serenissi-ma. Gli enti pubblici hannoiniziato a cedere partecipa-zioni per fare quadrare i bi-lanci e vari competitor han-no già preso posto nella com-

    pagine: il gruppoAstaldi, il gruppoGavio e Banca Inte-sa . Ma anche iChiarotto voglio-no una fetta dellatorta. E la ottengo-no attraverso unaaltra società in cuisono riusciti a di-ventare soci, la Pa-dova-Venezia, exconcessionaria,che ha una quotadel 10% della A4.In ballo c’è la spar-tizione dei servizisu tu t to l ’ a s seEst-Ovest delle au-tostrade italiane.

    Strada«Più lungo è il

    tratto di autostra-da sui cui effettua-re i servizi — spie-ga Baita — dallamanutenzione delverde agli auto-grill, maggiori sa-ranno le sinergie erisparmi di costi».Il gruppo Chiarot-to nei giorni scorsiha convinto la con-cessionaria dellaBrescia-Padova acambiare nome.Da Serenissima èdiventata A4 Hol-ding. «Vent’annifa — ricorda il pre-

    sidente — ho chiamato cosìla finanziaria di famiglia, lo-ro sono arrivati dopo».

    L’azionariato della hol-ding di famiglia è già passatoalla seconda generazione: aifigli Giampaolo e Donatella,presidente dell’altro gioiellodel gruppo, la Fip Industria-le, leader mondiale nei siste-mi antisismici.

    Serenissima Holding hachiuso il 2010 con ricavi per576 milioni un utile di 25,6milioni che dovrebbe esserericalcato nel 2011. Ma i Chia-rotto hanno declinato l’invi-to della fondazione Mps a sa-lire ancora nel capitale dellabanca. «Non è il momento diinvestire risorse fuori dalgruppo — spiega il presiden-te — l’azienda ha bisogno ditutto il suo polmone finanzia-rio».

    twitter@rscaglia1© RIPRODUZIONE RISERVATA

    a cura di Giusi Ferré

    La grandi opere

    Dinastie Il gruppo «pigliatutto» del Nord Est, attivo nelle costruzioni, si affaccia al business autostradale

    Fil di Ferré

    IdeeFrancescoMorace,sociologo

    Rubelli punta a OrienteE per sbarcare in Cinastudia una partnership

    Mantovani Il signore della SerenissimaDI ROBERTA SCAGLIARINI C rescere in Russia e Medio Oriente, trovareun partner per una joint venture in Cina epuntare sulla raffinatezza e grande cultura

    del Giappone. Ecco alcuni obiettivi di Rubelli,azienda familiare di Venezia, fondata nel 1889,giunta oggi alla quinta generazione, che produce ecommercializza tessuti per arredamento di altagamma: broccati, damaschi, velluti, sete e lampassiusati nei più grandi teatri del mondo. A raccontarliè il suo amministratore delegato, Nicolò FavarettoRubelli che ci tiene comunque a sottolineare chel’Italia resta il primo mercato, seguito da Francia eInghilterra e che evidenzia come la recenteristrutturazione del Bolshoi a Mosca li abbia fatticonoscere meglio sul territorio russo.Anche il velluto rosso del Teatro alla Scala è operadella società veneziana. Che oltre che sullosviluppo negli arredamenti residenziali cherappresentano i 2/3 del fatturato, vuole puntare,rimettendosi in discussione in un momento di crisisoprattutto per la media borghesia che noninveste più come prima nei tessuti, sui grandipalazzi come appunto i teatri e su diun’espansione nel settore commerciale, neglialberghi, sulle navi da crociera. Proprio nei giorniscorsi la società ha presentato alla stampa lamonografia «Rubelli. Una storia di seta a Venezia»curato da Irene Favaretto ed edito da Marsilio cheracconta la storia della famiglia, a partire dal 1889quando Lorenzo Rubelli, ilbisnonno dell’attualepresidente AlessandroFavaretto Rubelli, rilevò unatessitura veneziana rinomatada due secoli.Il fatturato nel 2011 è invecesalito, del 7,5%. Neldettaglio, Rubelli Spa haavuto ricavi per 37,2 milioni,mentre Gruppo Rubelli 68milioni, con la consociataamericana Donghia, e chenel 2012 dovrebbe crescere del 12% (Rubelli Spa),con una revisione al rialzo del budget. Tra le altremete su cui scommettere, il Brasile, anche sepenalizzato da dazi molto elevati(35%), perchéestremamente attento al design. «I Paesiemergenti hanno comunque una crescita moltopiù lenta e quindi è fondamentale avere moltapazienza e proporre un prodotto valido e semprepiù innovativo», ammette Rubelli che nei suoiprogetti vorrebbe che il nome dell’azienda fossemaggiormente conosciuto per poter pensare a unamaggiore espansione e ricominciare a venderecome una volta anche negli Stati Uniti. Cauteinvece le previsioni di aumento dell’organico.Fanno parte del Gruppo Rubelli anche i seguentimarchi: Rubelli Venezia (che comprende lecollezioni Lisio Design e Bises Design), DominiqueKieffer (società francese acquisita nel 2001) eDonghia (azienda americana entrata nel grupponel 2005). A questi si è aggiunto nel 2009«Armani/Casa exclusive textiles by Rubelli», fruttodi un accordo di collaborazione, siglato da Rubellicon Armani-Casa, per la produzione e distribuzionein licenza della linea di tessuti per arredamento.

    IRENE CONSIGLIERE

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Tessuti d’autore

    ImagoEc

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    L’assetto

    ImpreseGruppi familiari

    F rancesco Morace èun sociologo che fa,dell’osservazione sen-za preconcetti e confini delpresente, la traccia sullaquale elaborare le ipotesidel futuro. Ricercatore dimegatrend, lavora su previ-sioni a lungo periodo, chepossono identificare veri epropri cambiamenti socialicome quelli individuati nellibro appena uscito — «I pa-radigmi del futuro» (No-mos Edizioni) — nel qualedescrive «Nuovi parametridestinati a durare — dice— per almeno 30 anni».

    A Morace, Sistema ModaItalia, l’associazione cherappresenta l’assetto con-findustriale di tessile e abbi-gliamento, ha affidato l’in-carico di analizzare il mer-cato con particolare riguar-do per la moda e la comuni-cazione, incontrando poidue volte l’anno il comitatoallargato di Smi per discu-terne i risultati. All’ultimoappuntamento, diventatouna riflessione sull’ipotesidi società e di donna trat-teggiata dalle sfilate, i pre-senti erano molto più nu-merosi del solito, perché il

    disorientamento ormai ègrande e si esprime con do-mande che fino a ieri sem-bravano impensabili.

    Il concetto di esclusivo èun valore o è sorpassato?L a m o d a c a r i s s i m asopravviverà al low cost ?L’artigianato ha un sensonel periodo delle grandi ca-tene di abbigliamen-to? Perché la crisidei consumi noncambia i contenutidella moda? Diven-tata anzi semprepiù ricca, con esibi-zioni muscolari di

    potenza, a partire dal lussoesasperato di certe sfilatecome Vuitton e Chanel.

    Secondo Francesco Mo-race, questo sfarzo segna-la una deriva che soltan-to i grandi del lusso, inparticolare i supergrup-pi francesi, possono as-secondare «dimostrando

    però di essere in ritardosui tempi. Sono troppo

    legati alla difesa del-le proprie posizio-ni, con una chiu-sura che è oppo-sta a quel concet-to di condivisio-

    ne che caratterizza la no-stra epoca. Oggi un piacereè tale se viene condiviso suFacebook, su Twitter…L’esatto contrario di quelloche vive la moda, troppo le-gata all’idea di privato, diesclusivo e aspirazionale».

    Infatti il fashion è domi-nato da un gusto dell’arti-gianato di altri tempi. «Maquesto sarebbe un fatto po-sitivo. Significa che il vec-chio pensiero globale-azio-ne locale si è mutato in pen-siero locale-azione globale,dove il locale ha caratteristi-che talmente intense da po-tersi trasformare in pensie-ro universale».

    Ma questi sono gli annidel fast fashion , dei magaz-zini nice price che hanno of-ferto al consumatore la pos-sibilità di acquistare molto

    a piccoli prezzi, e soprattut-to di godere delle novitàquasi in tempo reale.

    «Per anni siamo stati con-vinti che la velocità fossel’elemento chiave del suc-cesso, il parametro attraver-so cui misurare il cambia-mento sociale. Ma oggi larapidità si completa con laqualità e il piacere. L’esem-pio viene dal food , nel qua-le la rapidità del low cost èesaltata dalla gratificazionedell’alta qualità. Penso aEataly. Lo sa che è il terzoluogo più visitato a NewYork? Ecco, bisognerebbeprendere esempio da que-sto».

    Quale futuro si profila al-lora per le catene low costdell’abbigliamento? «Mol-to difficile».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    La famiglia Chiarotto entra nell’A4 Holding e guarda ai servizi della Padova-Venezia

    GestioneRomeoChiarotto conil figlioGiampaolo.GuidanoMantovani

    Famiglia NicolòFavaretto Rubelli

    15CORRIERECONOMIA LUNEDÌ 26 MARZO 2012

    !"#$%&'%($&)*&+'''

    L’analisi del sociologo FrancescoMorace: «Conta sempre di più la qualità. Basta pensare al cibo»

    «Futuro difficile per le catene a basso prezzo»

    D al mare alle autostra-de. C’è un nuovogruppo che si sta af-facciando nel busi-ness delle strade a pagamen-to a fianco dei colossi qualiBenetton, Gavio, Astaldi. Sichiama Mantovani e nelNord Est è un’istituzione. Locontrolla la Serenissima Hol-ding della famiglia Chiarotto,dinastia storica dell’Antonve-neta di Silvano Pontello.

    A Venezia e dintorni nonesiste opera pubblica chenon porti al firma della Man-tovani, dicono gli addetti ailavori. Dal Mose, al teatro laFenice, dall’ospedale di Me-stre a quello di Schio e diTrento, dalla bonifica di Mar-ghera al ripascimento dellespiagge del Lido, fino a Vene-to city. I giornali locali hannosoprannominato il gruppoMantovani «piglia tutto» edentro e fuori dai confini del-la Regione suscita invidie ecritiche anche per qualchecoinvolgimento giudiziario.

    PianiMa i Chiarotto guardano al

    futuro. «Il sistema degli ap-palti pubblici così com’eraun tempo non esiste più —spiega Romeo Chiarotto, ot-tantaduenne presidente delgruppo —. Per questo abbia-mo scelto di cambiare strate-gia». Il primo cambiamentoChiarotto lo aveva fatto giàvent’anni fa quando, dopoaver rilevato la MantovaniCostruzioni da un amico bo-lognese che non poteva pas-sarla ai figli, la fuse insiemealla Laguna Dragaggi, altrastorica partecipata rilevatadall’amico Marco Vacchi pa-tron della Ima. Era la fine de-gli anni 80 e di lì a poco sareb-be scoppiata Tangentopoli ela prima grande crisi nel set-tore delle costruzioni.

    Chiarotto capì in tempoche si avvicinava una svoltaepocale e convertì il core busi-ness ai lavori lagunari. «Com-prammo navi russe di gran-de stazza, e lanciammo nuo-vi sistemi di dragaggio deifondali — racconta l’impren-ditore — non avevamo con-correnza». Mantovani creb-be fino a raggiungere 500 mi-lioni di ricavi, e lo standingdi azienda piglia tutto compli-

    ce anche la direzione di Pier-giorgio Baita, manager conuna lunga carriera nei lavoripubblici.

    VirataQuando però arriva il mo-

    mento di fare il balzo tra i bigdell’edilizia l’azienda si fer-ma, frena. Perché? «Non erapiù possibile lavorare a debi-to con lo Stato — spiega Bai-ta —. Le casse pubbliche era-no vuote, e aumentare lecommesse per accrescere ilfatturato avrebbe messo a ri-schio i margini. Così abbia-mo privilegiato l’utile, e ci sia-mo rivolti a lavori ad altaredditività. Il fatturato si asse-sta a 400 milioni ma l’utileraddoppia» .

    Con la consapevolezza chela manna degli appalti pub-blici era finita e che con le so-le costruzioni non era piùpossibile creare valore, laMantovani inizia a lavorarein project financing e comegeneral contractor . «Ci siamorivolti a quelle attività in gra-do di generare reddito —spiega Giampaolo Chiarotto,figlio di Romeo e ceo dellaMantovani — e cioè la gestio-ne delle infrastrutture e i ser-vizi». Così a Trento il gruppoveneto costruisce e gestisce ilprimo centro per la terapiaprotonica tumorale, in part-nership con un gruppo bel-ga, a Mestre e a Thiene gesti-sce gli ospedali che ha costru-ito.

    Dalle infrastrutture sanita-rie alle autostrade il passo èbreve. Nel Nord Est è in cor-so un sorta di privatizzaziones t r i s c i a n t e d e l l ’ a s s e

    Ovest-Est, la A4 Brescia-Pa-dova, detta anche Serenissi-ma. Gli enti pubblici hannoiniziato a cedere partecipa-zioni per fare quadrare i bi-lanci e vari competitor han-no già preso posto nella com-

    pagine: il gruppoAstaldi, il gruppoGavio e Banca Inte-sa . Ma anche iChiarotto voglio-no una fetta dellatorta. E la ottengo-no attraverso unaaltra società in cuisono riusciti a di-ventare soci, la Pa-dova-Venezia, exconcessionaria,che ha una quotadel 10% della A4.In ballo c’è la spar-tizione dei servizisu tu t to l ’ a s seEst-Ovest delle au-tostrade italiane.

    Strada«Più lungo è il

    tratto di autostra-da sui cui effettua-re i servizi — spie-ga Baita — dallamanutenzione delverde agli auto-grill, maggiori sa-ranno le sinergie erisparmi di costi».Il gruppo Chiarot-to nei giorni scorsiha convinto la con-cessionaria dellaBrescia-Padova acambiare nome.Da Serenissima èdiventata A4 Hol-ding. «Vent’annifa — ricorda il pre-

    sidente — ho chiamato cosìla finanziaria di famiglia, lo-ro sono arrivati dopo».

    L’azionariato della hol-ding di famiglia è già passatoalla seconda generazione: aifigli Giampaolo e Donatella,presidente dell’altro gioiellodel gruppo, la Fip Industria-le, leader mondiale nei siste-mi antisismici.

    Serenissima Holding hachiuso il 2010 con ricavi per576 milioni un utile di 25,6milioni che dovrebbe esserericalcato nel 2011. Ma i Chia-rotto hanno declinato l’invi-to della fondazione Mps a sa-lire ancora nel capitale dellabanca. «Non è il momento diinvestire risorse fuori dalgruppo — spiega il presiden-te — l’azienda ha bisogno ditutto il suo polmone finanzia-rio».

    twitter@rscaglia1© RIPRODUZIONE RISERVATA

    a cura di Giusi Ferré

    La grandi opere

    Dinastie Il gruppo «pigliatutto» del Nord Est, attivo nelle costruzioni, si affaccia al business autostradale

    Fil di Ferré

    IdeeFrancescoMorace,sociologo

    Rubelli punta a OrienteE per sbarcare in Cinastudia una partnership

    Mantovani Il signore della SerenissimaDI ROBERTA SCAGLIARINI C rescere in Russia e Medio Oriente, trovareun partner per una joint venture in Cina epuntare sulla raffinatezza e grande cultura

    del Giappone. Ecco alcuni obiettivi di Rubelli,azienda familiare di Venezia, fondata nel 1889,giunta oggi alla quinta generazione, che produce ecommercializza tessuti per arredamento di altagamma: broccati, damaschi, velluti, sete e lampassiusati nei più grandi teatri del mondo. A raccontarliè il suo amministratore delegato, Nicolò FavarettoRubelli che ci tiene comunque a sottolineare chel’Italia resta il primo mercato, seguito da Francia eInghilterra e che evidenzia come la recenteristrutturazione del Bolshoi a Mosca li abbia fatticonoscere meglio sul territorio russo.Anche il velluto rosso del Teatro alla Scala è operadella società veneziana. Che oltre che sullosviluppo negli arredamenti residenziali cherappresentano i 2/3 del fatturato, vuole puntare,rimettendosi in discussione in un momento di crisisoprattutto per la media borghesia che noninveste più come prima nei tessuti, sui grandipalazzi come appunto i teatri e su diun’espansione nel settore commerciale, neglialberghi, sulle navi da crociera. Proprio nei giorniscorsi la società ha presentato alla stampa lamonografia «Rubelli. Una storia di seta a Venezia»curato da Irene Favaretto ed edito da Marsilio cheracconta la storia della famiglia, a partire dal 1889quando Lorenzo Rubelli, ilbisnonno dell’attualepresidente AlessandroFavaretto Rubelli, rilevò unatessitura veneziana rinomatada due secoli.Il fatturato nel 2011 è invecesalito, del 7,5%. Neldettaglio, Rubelli Spa haavuto ricavi per 37,2 milioni,mentre Gruppo Rubelli 68milioni, con la consociataamericana Donghia, e chenel 2012 dovrebbe crescere del 12% (Rubelli Spa),con una revisione al rialzo del budget. Tra le altremete su cui scommettere, il Brasile, anche sepenalizzato da dazi molto elevati(35%), perchéestremamente attento al design. «I Paesiemergenti hanno comunque una crescita moltopiù lenta e quindi è fondamentale avere moltapazienza e proporre un prodotto valido e semprepiù innovativo», ammette Rubelli che nei suoiprogetti vorrebbe che il nome dell’azienda fossemaggiormente conosciuto per poter pensare a unamaggiore espansione e ricominciare a venderecome una volta anche negli Stati Uniti. Cauteinvece le previsioni di aumento dell’organico.Fanno parte del Gruppo Rubelli anche i seguentimarchi: Rubelli Venezia (che comprende lecollezioni Lisio Design e Bises Design), DominiqueKieffer (società francese acquisita nel 2001) eDonghia (azienda americana entrata nel grupponel 2005). A questi si è aggiunto nel 2009«Armani/Casa exclusive textiles by Rubelli», fruttodi un accordo di collaborazione, siglato da Rubellicon Armani-Casa, per la produzione e distribuzionein licenza della linea di tessuti per arredamento.

    IRENE CONSIGLIERE

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Tessuti d’autore

    ImagoEconom

    ica

    L’assetto

    ImpreseGruppi familiari

    F rancesco Morace èun sociologo che fa,dell’osservazione sen-za preconcetti e confini delpresente, la traccia sullaquale elaborare le ipotesidel futuro. Ricercatore dimegatrend, lavora su previ-sioni a lungo periodo, chepossono identificare veri epropri cambiamenti socialicome quelli individuati nellibro appena uscito — «I pa-radigmi del futuro» (No-mos Edizioni) — nel qualedescrive «Nuovi parametridestinati a durare — dice— per almeno 30 anni».

    A Morace, Sistema ModaItalia, l’associazione cherappresenta l’assetto con-findustriale di tessile e abbi-gliamento, ha affidato l’in-carico di analizzare il mer-cato con particolare riguar-do per la moda e la comuni-cazione, incontrando poidue volte l’anno il comitatoallargato di Smi per discu-terne i risultati. All’ultimoappuntamento, diventatouna riflessione sull’ipotesidi società e di donna trat-teggiata dalle sfilate, i pre-senti erano molto più nu-merosi del solito, perché il

    disorientamento ormai ègrande e si esprime con do-mande che fino a ieri sem-bravano impensabili.

    Il concetto di esclusivo èun valore o è sorpassato?L a m o d a c a r i s s i m asopravviverà al low cost ?L’artigianato ha un sensonel periodo delle grandi ca-tene di abbigliamen-to? Perché la crisidei consumi noncambia i contenutidella moda? Diven-tata anzi semprepiù ricca, con esibi-zioni muscolari di

    potenza, a partire dal lussoesasperato di certe sfilatecome Vuitton e Chanel.

    Secondo Francesco Mo-race, questo sfarzo segna-la una deriva che soltan-to i grandi del lusso, inparticolare i supergrup-pi francesi, possono as-secondare «dimostrando

    però di essere in ritardosui tempi. Sono troppo

    legati alla difesa del-le proprie posizio-ni, con una chiu-sura che è oppo-sta a quel concet-to di condivisio-

    ne che caratterizza la no-stra epoca. Oggi un piacereè tale se viene condiviso suFacebook, su Twitter…L’esatto contrario di quelloche vive la moda, troppo le-gata all’idea di privato, diesclusivo e aspirazionale».

    Infatti il fashion è domi-nato da un gusto dell’arti-gianato di altri tempi. «Maquesto sarebbe un fatto po-sitivo. Significa che il vec-chio pensiero globale-azio-ne locale si è mutato in pen-siero locale-azione globale,dove il locale ha caratteristi-che talmente intense da po-tersi trasformare in pensie-ro universale».

    Ma questi sono gli annidel fast fashion , dei magaz-zini nice price che hanno of-ferto al consumatore la pos-sibilità di acquistare molto

    a piccoli prezzi, e soprattut-to di godere delle novitàquasi in tempo reale.

    «Per anni siamo stati con-vinti che la velocità fossel’elemento chiave del suc-cesso, il parametro attraver-so cui misurare il cambia-mento sociale. Ma oggi larapidità si completa con laqualità e il piacere. L’esem-pio viene dal food , nel qua-le la rapidità del low cost èesaltata dalla gratificazionedell’alta qualità. Penso aEataly. Lo sa che è il terzoluogo più visitato a NewYork? Ecco, bisognerebbeprendere esempio da que-sto».

    Quale futuro si profila al-lora per le catene low costdell’abbigliamento? «Mol-to difficile».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    La famiglia Chiarotto entra nell’A4 Holding e guarda ai servizi della Padova-Venezia

    GestioneRomeoChiarotto conil figlioGiampaolo.GuidanoMantovani

    Famiglia NicolòFavaretto Rubelli

    15CORRIERECONOMIA LUNEDÌ 26 MARZO 2012

    !"#$%&'%($&)*&+'''

    L’analisi del sociologo FrancescoMorace: «Conta sempre di più la qualità. Basta pensare al cibo»

    «Futuro difficile per le catene a basso prezzo»

    D al mare alle autostra-de. C’è un nuovogruppo che si sta af-facciando nel busi-ness delle strade a pagamen-to a fianco dei colossi qualiBenetton, Gavio, Astaldi. Sichiama Mantovani e nelNord Est è un’istituzione. Locontrolla la Serenissima Hol-ding della famiglia Chiarotto,dinastia storica dell’Antonve-neta di Silvano Pontello.

    A Venezia e dintorni nonesiste opera pubblica chenon porti al firma della Man-tovani, dicono gli addetti ailavori. Dal Mose, al teatro laFenice, dall’ospedale di Me-stre a quello di Schio e diTrento, dalla bonifica di Mar-ghera al ripascimento dellespiagge del Lido, fino a Vene-to city. I giornali locali hannosoprannominato il gruppoMantovani «piglia tutto» edentro e fuori dai confini del-la Regione suscita invidie ecritiche anche per qualchecoinvolgimento giudiziario.

    PianiMa i Chiarotto guardano al

    futuro. «Il sistema degli ap-palti pubblici così com’eraun tempo non esiste più —spiega Romeo Chiarotto, ot-tantaduenne presidente delgruppo —. Per questo abbia-mo scelto di cambiare strate-gia». Il primo cambiamentoChiarotto lo aveva fatto giàvent’anni fa quando, dopoaver rilevato la MantovaniCostruzioni da un amico bo-lognese che non poteva pas-sarla ai figli, la fuse insiemealla Laguna Dragaggi, altrastorica partecipata rilevatadall’amico Marco Vacchi pa-tron della Ima. Era la fine de-gli anni 80 e di lì a poco sareb-be scoppiata Tangentopoli ela prima grande crisi nel set-tore delle costruzioni.

    Chiarotto capì in tempoche si avvicinava una svoltaepocale e convertì il core busi-ness ai lavori lagunari. «Com-prammo navi russe di gran-de stazza, e lanciammo nuo-vi sistemi di dragaggio deifondali — racconta l’impren-ditore — non avevamo con-correnza». Mantovani creb-be fino a raggiungere 500 mi-lioni di ricavi, e lo standingdi azienda piglia tutto compli-

    ce anche la direzione di Pier-giorgio Baita, manager conuna lunga carriera nei lavoripubblici.

    VirataQuando però arriva il mo-

    mento di fare il balzo tra i bigdell’edilizia l’azienda si fer-ma, frena. Perché? «Non erapiù possibile lavorare a debi-to con lo Stato — spiega Bai-ta —. Le casse pubbliche era-no vuote, e aumentare lecommesse per accrescere ilfatturato avrebbe messo a ri-schio i margini. Così abbia-mo privilegiato l’utile, e ci sia-mo rivolti a lavori ad altaredditività. Il fatturato si asse-sta a 400 milioni ma l’utileraddoppia» .

    Con la consapevolezza chela manna degli appalti pub-blici era finita e che con le so-le costruzioni non era piùpossibile creare valore, laMantovani inizia a lavorarein project financing e comegeneral contractor . «Ci siamorivolti a quelle attività in gra-do di generare reddito —spiega Giampaolo Chiarotto,figlio di Romeo e ceo dellaMantovani — e cioè la gestio-ne delle infrastrutture e i ser-vizi». Così a Trento il gruppoveneto costruisce e gestisce ilprimo centro per la terapiaprotonica tumorale, in part-nership con un gruppo bel-ga, a Mestre e a Thiene gesti-sce gli ospedali che ha costru-ito.

    Dalle infrastrutture sanita-rie alle autostrade il passo èbreve. Nel Nord Est è in cor-so un sorta di privatizzaziones t r i s c i a n t e d e l l ’ a s s e

    Ovest-Est, la A4 Brescia-Pa-dova, detta anche Serenissi-ma. Gli enti pubblici hannoiniziato a cedere partecipa-zioni per fare quadrare i bi-lanci e vari competitor han-no già preso posto nella com-

    pagine: il gruppoAstaldi, il gruppoGavio e Banca Inte-sa . Ma anche iChiarotto voglio-no una fetta dellatorta. E la ottengo-no attraverso unaaltra società in cuisono riusciti a di-ventare soci, la Pa-dova-Venezia, exconcessionaria,che ha una quotadel 10% della A4.In ballo c’è la spar-tizione dei servizisu tu t to l ’ a s seEst-Ovest delle au-tostrade italiane.

    Strada«Più lungo è il

    tratto di autostra-da sui cui effettua-re i servizi — spie-ga Baita — dallamanutenzione delverde agli auto-grill, maggiori sa-ranno le sinergie erisparmi di costi».Il gruppo Chiarot-to nei giorni scorsiha convinto la con-cessionaria dellaBrescia-Padova acambiare nome.Da Serenissima èdiventata A4 Hol-ding. «Vent’annifa — ricorda il pre-

    sidente — ho chiamato cosìla finanziaria di famiglia, lo-ro sono arrivati dopo».

    L’azionariato della hol-ding di famiglia è già passatoalla seconda generazione: aifigli Giampaolo e Donatella,presidente dell’altro gioiellodel gruppo, la Fip Industria-le, leader mondiale nei siste-mi antisismici.

    Serenissima Holding hachiuso il 2010 con ricavi per576 milioni un utile di 25,6milioni che dovrebbe esserericalcato nel 2011. Ma i Chia-rotto hanno declinato l’invi-to della fondazione Mps a sa-lire ancora nel capitale dellabanca. «Non è il momento diinvestire risorse fuori dalgruppo — spiega il presiden-te — l’azienda ha bisogno ditutto il suo polmone finanzia-rio».

    twitter@rscaglia1© RIPRODUZIONE RISERVATA

    a cura di Giusi Ferré

    La grandi opere

    Dinastie Il gruppo «pigliatutto» del Nord Est, attivo nelle costruzioni, si affaccia al business autostradale

    Fil di Ferré

    IdeeFrancescoMorace,sociologo

    Rubelli punta a OrienteE per sbarcare in Cinastudia una partnership

    Mantovani Il signore della SerenissimaDI ROBERTA SCAGLIARINI C rescere in Russia e Medio Oriente, trovareun partner per una joint venture in Cina epuntare sulla raffinatezza e grande cultura

    del Giappone. Ecco alcuni obiettivi di Rubelli,azienda familiare di Venezia, fondata nel 1889,giunta oggi alla quinta generazione, che produce ecommercializza tessuti per arredamento di altagamma: broccati, damaschi, velluti, sete e lampassiusati nei più grandi teatri del mondo. A raccontarliè il suo amministratore delegato, Nicolò FavarettoRubelli che ci tiene comunque a sottolineare chel’Italia resta il primo mercato, seguito da Francia eInghilterra e che evidenzia come la recenteristrutturazione del Bolshoi a Mosca li abbia fatticonoscere meglio sul territorio russo.Anche il velluto rosso del Teatro alla Scala è operadella società veneziana. Che oltre che sullosviluppo negli arredamenti residenziali cherappresentano i 2/3 del fatturato, vuole puntare,rimettendosi in discussione in un momento di crisisoprattutto per la media borghesia che noninveste più come prima nei tessuti, sui grandipalazzi come appunto i teatri e su diun’espansione nel settore commerciale, neglialberghi, sulle navi da crociera. Proprio nei giorniscorsi la società ha presentato alla stampa lamonografia «Rubelli. Una storia di seta a Venezia»curato da Irene Favaretto ed edito da Marsilio cheracconta la storia della famiglia, a partire dal 1889quando Lorenzo Rubelli, ilbisnonno dell’attualepresidente AlessandroFavaretto Rubelli, rilevò unatessitura veneziana rinomatada due secoli.Il fatturato nel 2011 è invecesalito, del 7,5%. Neldettaglio, Rubelli Spa haavuto ricavi per 37,2 milioni,mentre Gruppo Rubelli 68milioni, con la consociataamericana Donghia, e chenel 2012 dovrebbe crescere del 12% (Rubelli Spa),con una revisione al rialzo del budget. Tra le altremete su cui scommettere, il Brasile, anche sepenalizzato da dazi molto elevati(35%), perchéestremamente attento al design. «I Paesiemergenti hanno comunque una crescita moltopiù lenta e quindi è fondamentale avere moltapazienza e proporre un prodotto valido e semprepiù innovativo», ammette Rubelli che nei suoiprogetti vorrebbe che il nome dell’azienda fossemaggiormente conosciuto per poter pensare a unamaggiore espansione e ricominciare a venderecome una volta anche negli Stati Uniti. Cauteinvece le previsioni di aumento dell’organico.Fanno parte del Gruppo Rubelli anche i seguentimarchi: Rubelli Venezia (che comprende lecollezioni Lisio Design e Bises Design), DominiqueKieffer (società francese acquisita nel 2001) eDonghia (azienda americana entrata nel grupponel 2005). A questi si è aggiunto nel 2009«Armani/Casa exclusive textiles by Rubelli», fruttodi un accordo di collaborazione, siglato da Rubellicon Armani-Casa, per la produzione e distribuzionein licenza della linea di tessuti per arredamento.

    IRENE CONSIGLIERE

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Tessuti d’autore

    ImagoEc

    onomica

    L’assetto

    ImpreseGruppi familiari

    F rancesco Morace èun sociologo che fa,dell’osservazione sen-za preconcetti e confini delpresente, la traccia sullaquale elaborare le ipotesidel futuro. Ricercatore dimegatrend, lavora su previ-sioni a lungo periodo, chepossono identificare veri epropri cambiamenti socialicome quelli individuati nellibro appena uscito — «I pa-radigmi del futuro» (No-mos Edizioni) — nel qualedescrive «Nuovi parametridestinati a durare — dice— per almeno 30 anni».

    A Morace, Sistema ModaItalia, l’associazione cherappresenta l’assetto con-findustriale di tessile e abbi-gliamento, ha affidato l’in-carico di analizzare il mer-cato con particolare riguar-do per la moda e la comuni-cazione, incontrando poidue volte l’anno il comitatoallargato di Smi per discu-terne i risultati. All’ultimoappuntamento, diventatouna riflessione sull’ipotesidi società e di donna trat-teggiata dalle sfilate, i pre-senti erano molto più nu-merosi del solito, perché il

    disorientamento ormai ègrande e si esprime con do-mande che fino a ieri sem-bravano impensabili.

    Il concetto di esclusivo èun valore o è sorpassato?L a m o d a c a r i s s i m asopravviverà al low cost ?L’artigianato ha un sensonel periodo delle grandi ca-tene di abbigliamen-to? Perché la crisidei consumi noncambia i contenutidella moda? Diven-tata anzi semprepiù ricca, con esibi-zioni muscolari di

    potenza, a partire dal lussoesasperato di certe sfilatecome Vuitton e Chanel.

    Secondo Francesco Mo-race, questo sfarzo segna-la una deriva che soltan-to i grandi del lusso, inparticolare i supergrup-pi francesi, possono as-secondare «dimostrando

    però di essere in ritardosui tempi. Sono troppo

    legati alla difesa del-le proprie posizio-ni, con una chiu-sura che è oppo-sta a quel concet-to di condivisio-

    ne che caratterizza la no-stra epoca. Oggi un piacereè tale se viene condiviso suFacebook, su Twitter…L’esatto contrario di quelloche vive la moda, troppo le-gata all’idea di privato, diesclusivo e aspirazionale».

    Infatti il fashion è domi-nato da un gusto dell’arti-gianato di altri tempi. «Maquesto sarebbe un fatto po-sitivo. Significa che il vec-chio pensiero globale-azio-ne locale si è mutato in pen-siero locale-azione globale,dove il locale ha caratteristi-che talmente intense da po-tersi trasformare in pensie-ro universale».

    Ma questi sono gli annidel fast fashion , dei magaz-zini nice price che hanno of-ferto al consumatore la pos-sibilità di acquistare molto

    a piccoli prezzi, e soprattut-to di godere delle novitàquasi in tempo reale.

    «Per anni siamo stati con-vinti che la velocità fossel’elemento chiave del suc-cesso, il parametro attraver-so cui misurare il cambia-mento sociale. Ma oggi larapidità si completa con laqualità e il piacere. L’esem-pio viene dal food , nel qua-le la rapidità del low cost èesaltata dalla gratificazionedell’alta qualità. Penso aEataly. Lo sa che è il terzoluogo più visitato a NewYork? Ecco, bisognerebbeprendere esempio da que-sto».

    Quale futuro si profila al-lora per le catene low costdell’abbigliamento? «Mol-to difficile».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    La famiglia Chiarotto entra nell’A4 Holding e guarda ai servizi della Padova-Venezia

    GestioneRomeoChiarotto conil figlioGiampaolo.GuidanoMantovani

    Famiglia NicolòFavaretto Rubelli

    15CORRIERECONOMIA LUNEDÌ 26 MARZO 2012

    !"#$%&'%($&)*&+'''

    L’analisi del sociologo FrancescoMorace: «Conta sempre di più la qualità. Basta pensare al cibo»

    «Futuro difficile per le catene a basso prezzo»

    D al mare alle autostra-de. C’è un nuovogruppo che si sta af-facciando nel busi-ness delle strade a pagamen-to a fianco dei colossi qualiBenetton, Gavio, Astaldi. Sichiama Mantovani e nelNord Est è un’istituzione. Locontrolla la Serenissima Hol-ding della famiglia Chiarotto,dinastia storica dell’Antonve-neta di Silvano Pontello.

    A Venezia e dintorni nonesiste opera pubblica chenon porti al firma della Man-tovani, dicono gli addetti ailavori. Dal Mose, al teatro laFenice, dall’ospedale di Me-stre a quello di Schio e diTrento, dalla bonifica di Mar-ghera al ripascimento dellespiagge del Lido, fino a Vene-to city. I giornali locali hannosoprannominato il gruppoMantovani «piglia tutto» edentro e fuori dai confini del-la Regione suscita invidie ecritiche anche per qualchecoinvolgimento giudiziario.

    PianiMa i Chiarotto guardano al

    futuro. «Il sistema degli ap-palti pubblici così com’eraun tempo non esiste più —spiega Romeo Chiarotto, ot-tantaduenne presidente delgruppo —. Per questo abbia-mo scelto di cambiare strate-gia». Il primo cambiamentoChiarotto lo aveva fatto giàvent’anni fa quando, dopoaver rilevato la MantovaniCostruzioni da un amico bo-lognese che non poteva pas-sarla ai figli, la fuse insiemealla Laguna Dragaggi, altrastorica partecipata rilevatadall’amico Marco Vacchi pa-tron della Ima. Era la fine de-gli anni 80 e di lì a poco sareb-be scoppiata Tangentopoli ela prima grande crisi nel set-tore delle costruzioni.

    Chiarotto capì in tempoche si avvicinava una svoltaepocale e convertì il core busi-ness ai lavori lagunari. «Com-prammo navi russe di gran-de stazza, e lanciammo nuo-vi sistemi di dragaggio deifondali — racconta l’impren-ditore — non avevamo con-correnza». Mantovani creb-be fino a raggiungere 500 mi-lioni di ricavi, e lo standingdi azienda piglia tutto compli-

    ce anche la direzione di Pier-giorgio Baita, manager conuna lunga carriera nei lavoripubblici.

    VirataQuando però arriva il mo-

    mento di fare il balzo tra i bigdell’edilizia l’azienda si fer-ma, frena. Perché? «Non erapiù possibile lavorare a debi-to con lo Stato — spiega Bai-ta —. Le casse pubbliche era-no vuote, e aumentare lecommesse per accrescere ilfatturato avrebbe messo a ri-schio i margini. Così abbia-mo privilegiato l’utile, e ci sia-mo rivolti a lavori ad altaredditività. Il fatturato si asse-sta a 400 milioni ma l’utileraddoppia» .

    Con la consapevolezza chela manna degli appalti pub-blici era finita e che con le so-le costruzioni non era piùpossibile creare valore, laMantovani inizia a lavorarein project financing e comegeneral contractor . «Ci siamorivolti a quelle attività in gra-do di generare reddito —spiega Giampaolo Chiarotto,figlio di Romeo e ceo dellaMantovani — e cioè la gestio-ne delle infrastrutture e i ser-vizi». Così a Trento il gruppoveneto costruisce e gestisce ilprimo centro per la terapiaprotonica tumorale, in part-nership con un gruppo bel-ga, a Mestre e a Thiene gesti-sce gli ospedali che ha costru-ito.

    Dalle infrastrutture sanita-rie alle autostrade il passo èbreve. Nel Nord Est è in cor-so un sorta di privatizzaziones t r i s c i a n t e d e l l ’ a s s e

    Ovest-Est, la A4 Brescia-Pa-dova, detta anche Serenissi-ma. Gli enti pubblici hannoiniziato a cedere partecipa-zioni per fare quadrare i bi-lanci e vari competitor han-no già preso posto nella com-

    pagine: il gruppoAstaldi, il gruppoGavio e Banca Inte-sa . Ma anche iChiarotto voglio-no una fetta dellatorta. E la ottengo-no attraverso unaaltra società in cuisono riusciti a di-ventare soci, la Pa-dova-Venezia, exconcessionaria,che ha una quotadel 10% della A4.In ballo c’è la spar-tizione dei servizisu tu t to l ’ a s seEst-Ovest delle au-tostrade italiane.

    Strada«Più lungo è il

    tratto di autostra-da sui cui effettua-re i servizi — spie-ga Baita — dallamanutenzione delverde agli auto-grill, maggiori sa-ranno le sinergie erisparmi di costi».Il gruppo Chiarot-to nei giorni scorsiha convinto la con-cessionaria dellaBrescia-Padova acambiare nome.Da Serenissima èdiventata A4 Hol-ding. «Vent’annifa — ricorda il pre-

    sidente — ho chiamato cosìla finanziaria di famiglia, lo-ro sono arrivati dopo».

    L’azionariato della hol-ding di famiglia è già passatoalla seconda generazione: aifigli Giampaolo e Donatella,presidente dell’altro gioiellodel gruppo, la Fip Industria-le, leader mondiale nei siste-mi antisismici.

    Serenissima Holding hachiuso il 2010 con ricavi per576 milioni un utile di 25,6milioni che dovrebbe esserericalcato nel 2011. Ma i Chia-rotto hanno declinato l’invi-to della fondazione Mps a sa-lire ancora nel capitale dellabanca. «Non è il momento diinvestire risorse fuori dalgruppo — spiega il presiden-te — l’azienda ha bisogno ditutto il suo polmone finanzia-rio».

    twitter@rscaglia1© RIPRODUZIONE RISERVATA

    a cura di Giusi Ferré

    La grandi opere

    Dinastie Il gruppo «pigliatutto» del Nord Est, attivo nelle costruzioni, si affaccia al business autostradale

    Fil di Ferré

    IdeeFrancescoMorace,sociologo

    Rubelli punta a OrienteE per sbarcare in Cinastudia una partnership

    Mantovani Il signore della SerenissimaDI ROBERTA SCAGLIARINI C rescere in Russia e Medio Oriente, trovareun partner per una joint venture in Cina epuntare sulla raffinatezza e grande cultura

    del Giappone. Ecco alcuni obiettivi di Rubelli,azienda familiare di Venezia, fondata nel 1889,giunta oggi alla quinta generazione, che produce ecommercializza tessuti per arredamento di altagamma: broccati, damaschi, velluti, sete e lampassiusati nei più grandi teatri del mondo. A raccontarliè il suo amministratore delegato, Nicolò FavarettoRubelli che ci tiene comunque a sottolineare chel’Italia resta il primo mercato, seguito da Francia eInghilterra e che evidenzia come la recenteristrutturazione del Bolshoi a Mosca li abbia fatticonoscere meglio sul territorio russo.Anche il velluto rosso del Teatro alla Scala è operadella società veneziana. Che oltre che sullosviluppo negli arredamenti residenziali cherappresentano i 2/3 del fatturato, vuole puntare,rimettendosi in discussione in un momento di crisisoprattutto per la media borghesia che noninveste più come prima nei tessuti, sui grandipalazzi come appunto i teatri e su diun’espansione nel settore commerciale, neglialberghi, sulle navi da crociera. Proprio nei giorniscorsi la società ha presentato alla stampa lamonografia «Rubelli. Una storia di seta a Venezia»curato da Irene Favaretto ed edito da Marsilio cheracconta la storia della famiglia, a partire dal 1889quando Lorenzo Rubelli, ilbisnonno dell’attualepresidente AlessandroFavaretto Rubelli, rilevò unatessitura veneziana rinomatada due secoli.Il fatturato nel 2011 è invecesalito, del 7,5%. Neldettaglio, Rubelli Spa haavuto ricavi per 37,2 milioni,mentre Gruppo Rubelli 68milioni, con la consociataamericana Donghia, e chenel 2012 dovrebbe crescere del 12% (Rubelli Spa),con una revisione al rialzo del budget. Tra le altremete su cui scommettere, il Brasile, anche sepenalizzato da dazi molto elevati(35%), perchéestremamente attento al design. «I Paesiemergenti hanno comunque una crescita moltopiù lenta e quindi è fondamentale avere moltapazienza e proporre un prodotto valido e semprepiù innovativo», ammette Rubelli che nei suoiprogetti vorrebbe che il nome dell’azienda fossemaggiormente conosciuto per poter pensare a unamaggiore espansione e ricominciare a venderecome una volta anche negli Stati Uniti. Cauteinvece le previsioni di aumento dell’organico.Fanno parte del Gruppo Rubelli anche i seguentimarchi: Rubelli Venezia (che comprende lecollezioni Lisio Design e Bises Design), DominiqueKieffer (società francese acquisita nel 2001) eDonghia (azienda americana entrata nel grupponel 2005). A questi si è aggiunto nel 2009«Armani/Casa exclusive textiles by Rubelli», fruttodi un accordo di collaborazione, siglato da Rubellicon Armani-Casa, per la produzione e distribuzionein licenza della linea di tessuti per arredamento.

    IRENE CONSIGLIERE

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Tessuti d’autore

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    L’assetto

    ImpreseGruppi familiari

    F rancesco Morace èun sociologo che fa,dell’osservazione sen-za preconcetti e confini delpresente, la traccia sullaquale elaborare le ipotesidel futuro. Ricercatore dimegatrend, lavora su previ-sioni a lungo periodo, chepossono identificare veri epropri cambiamenti socialicome quelli individuati nellibro appena uscito — «I pa-radigmi del futuro» (No-mos Edizioni) — nel qualedescrive «Nuovi parametridestinati a durare — dice— per almeno 30 anni».

    A Morace, Sistema ModaItalia, l’associazione cherappresenta l’assetto con-findustriale di tessile e abbi-gliamento, ha affidato l’in-carico di analizzare il mer-cato con particolare riguar-do per la moda e la comuni-cazione, incontrando poidue volte l’anno il comitatoallargato di Smi per discu-terne i risultati. All’ultimoappuntamento, diventatouna riflessione sull’ipotesidi società e di donna trat-teggiata dalle sfilate, i pre-senti erano molto più nu-merosi del solito, perché il

    disorientamento ormai ègrande e si esprime con do-mande che fino a ieri sem-bravano impensabili.

    Il concetto di esclusivo èun valore o è sorpassato?L a m o d a c a r i s s i m asopravviverà al low cost ?L’artigianato ha un sensonel periodo delle grandi ca-tene di abbigliamen-to? Perché la crisidei consumi noncambia i contenutidella moda? Diven-tata anzi semprepiù ricca, con esibi-zioni muscolari di

    potenza, a partire dal lussoesasperato di certe sfilatecome Vuitton e Chanel.

    Secondo Francesco Mo-race, questo sfarzo segna-la una deriva che soltan-to i grandi del lusso, inparticolare i supergrup-pi francesi, possono as-secondare «dimostrando

    però di essere in ritardosui tempi. Sono troppo

    legati alla difesa del-le proprie posizio-ni, con una chiu-sura che è oppo-sta a quel concet-to di condivisio-

    ne che caratterizza la no-stra epoca. Oggi un piacereè tale se viene condiviso suFacebook, su Twitter…L’esatto contrario di quelloche vive la moda, troppo le-gata all’idea di privato, diesclusivo e aspirazionale».

    Infatti il fashion è domi-nato da un gusto dell’arti-gianato di altri tempi. «Maquesto sarebbe un fatto po-sitivo. Significa che il vec-chio pensiero globale-azio-ne locale si è mutato in pen-siero locale-azione globale,dove il locale ha caratteristi-che talmente intense da po-tersi trasformare in pensie-ro universale».

    Ma questi sono gli annidel fast fashion , dei magaz-zini nice price che hanno of-ferto al consumatore la pos-sibilità di acquistare molto

    a piccoli prezzi, e soprattut-to di godere delle novitàquasi in tempo reale.

    «Per anni siamo stati con-vinti che la velocità fossel’elemento chiave del suc-cesso, il parametro attraver-so cui misurare il cambia-mento sociale. Ma oggi larapidità si completa con laqualità e il piacere. L’esem-pio viene dal food , nel qua-le la rapidità del low cost èesaltata dalla gratificazionedell’alta qualità. Penso aEataly. Lo sa che è il terzoluogo più visitato a NewYork? Ecco, bisognerebbeprendere esempio da que-sto».

    Quale futuro si profila al-lora per le catene low costdell’abbigliamento? «Mol-to difficile».

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    La famiglia Chiarotto entra nell’A4 Holding e guarda ai servizi della Padova-Venezia

    GestioneRomeoChiarotto conil figlioGiampaolo.GuidanoMantovani

    Famiglia NicolòFavaretto Rubelli

    15CORRIERECONOMIA LUNEDÌ 26 MARZO 2012

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    L’analisi del sociologo FrancescoMorace: «Conta sempre di più la qualità. Basta pensare al cibo»

    «Futuro difficile per le catene a basso prezzo»

    D al mare alle autostra-de. C’è un nuovogruppo che si sta af-facciando nel busi-ness delle strade a pagamen-to a fianco dei colossi qualiBenetton, Gavio, Astaldi. Sichiama Mantovani e nelNord Est è un’istituzione. Locontrolla la Serenissima Hol-ding della famiglia Chiarotto,dinastia storica dell’Antonve-neta di Silvano Pontello.

    A Venezia e dintorni nonesiste opera pubblica chenon porti al firma della Man-tovani, dicono gli addetti ailavori. Dal Mose, al teatro laFenice, dall’ospedale di Me-stre a quello di Schio e diTrento, dalla bonifica di Mar-ghera al ripascimento dellespiagge del Lido, fino a Vene-to city. I giornali locali hannosoprannominato il gruppoMantovani «piglia tutto» edentro e fuori dai confini del-la Regione suscita invidie ecritiche anche per qualchecoinvolgimento giudiziario.

    PianiMa i Chiarotto guardano al

    futuro. «Il sistema degli ap-palti pubblici così com’eraun tempo non esiste più —spiega Romeo Chiarotto, ot-tantaduenne presidente delgruppo —. Per questo abbia-mo scelto di cambiare strate-gia». Il primo cambiamentoChiarotto lo aveva fatto giàvent’anni fa quando, dopoaver rilevato la MantovaniCostruzioni da un amico bo-lognese che non poteva pas-sarla ai figli, la fuse insiemealla Laguna Dragaggi, altrastorica partecipata rilevatadall’amico Marco Vacchi pa-tron della Ima. Era la fine de-gli anni 80 e di lì a poco sareb-be scoppiata Tangentopoli ela prima grande crisi nel set-tore delle costruzioni.

    Chiarotto capì in tempoche si avvicinava una svoltaepocale e convertì il core busi-ness ai lavori lagunari. «Com-prammo navi russe di gran-de stazza, e lanciammo nuo-vi sistemi di dragaggio deifondali — racconta l’impren-ditore — non avevamo con-correnza». Mantovani creb-be fino a raggiungere 500 mi-lioni di ricavi, e lo standingdi azienda piglia tutto compli-

    ce anche la direzione di Pier-giorgio Baita, manager conuna lunga carriera nei lavoripubblici.

    VirataQuando però arriva il mo-

    mento di fare il balzo tra i bigdell’edilizia l’azienda si fer-ma, frena. Perché? «Non erapiù possibile lavorare a debi-to con lo Stato — spiega Bai-ta —. Le casse pubbliche era-no vuote, e aumentare lecommesse per accrescere ilfatturato avrebbe messo a ri-schio i margini. Così abbia-mo privilegiato l’utile, e ci sia-mo rivolti a lavori ad altaredditività. Il fatturato si asse-sta a 400 milioni ma l’utileraddoppia» .

    Con la consapevolezza chela manna degli appalti pub-blici era finita e che con le so-le costruzioni non era piùpossibile creare valore, laMantovani inizia a lavorarein project financing e comegeneral contractor . «Ci siamorivolti a quelle attività in gra-do di generare reddito —spiega Giampaolo Chiarotto,figlio di Romeo e ceo dellaMantovani — e cioè la gestio-ne delle infrastrutture e i ser-vizi». Così a Trento il gruppoveneto costruisce e gestisce ilprimo centro per la terapiaprotonica tumorale, in part-nership con un gruppo bel-ga, a Mestre e a Thiene gesti-sce gli ospedali che ha costru-ito.

    Dalle infrastrutture sanita-rie alle autostrade il passo èbreve. Nel Nord Est è in cor-so un sorta di privatizzaziones t r i s c i a n t e d e l l ’ a s s e

    Ovest-Est, la A4 Brescia-Pa-dova, detta anche Serenissi-ma. Gli enti pubblici hannoiniziato a cedere partecipa-zioni per fare quadrare i bi-lanci e vari competitor han-no già preso posto nella com-

    pagine: il gruppoAstaldi, il gruppoGavio e Banca Inte-sa . Ma anche iChiarotto voglio-no una fetta dellatorta. E la ottengo-no attraverso unaaltra società in cuisono riusciti a di-ventare soci, la Pa-dova-Venezia, exconcessionaria,che ha una quotadel 10% della A4.In ballo c’è la spar-tizione dei servizisu tu t to l ’ a s seEst-Ovest delle au-tostrade italiane.

    Strada«Più lungo è il

    tratto di autostra-da sui cui effettua-re i servizi — spie-ga Baita — dallamanutenzione delverde agli auto-grill, maggiori sa-ranno le sinergie erisparmi di costi».Il gruppo Chiarot-to nei giorni scorsiha convinto la con-cessionaria dellaBrescia-Padova acambiare nome.Da Serenissima èdiventata A4 Hol-ding. «Vent’annifa — ricorda il pre-

    sidente — ho chiamato cosìla finanziaria di famiglia, lo-ro sono arrivati dopo».

    L’azionariato della hol-ding di famiglia è già passatoalla seconda generazione: aifigli Giampaolo e Donatella,presidente dell’altro gioiellodel gruppo, la Fip Industria-le, leader mondiale nei siste-mi antisismici.

    Serenissima Holding hachiuso il 2010 con ricavi per576 milioni un utile di 25,6milioni che dovrebbe esserericalcato nel 2011. Ma i Chia-rotto hanno declinato l’invi-to della fondazione Mps a sa-lire ancora nel capitale dellabanca. «Non è il momento diinvestire risorse fuori dalgruppo — spiega il presiden-te — l’azienda ha bisogno ditutto il suo polmone finanzia-rio».

    twitter@rscaglia1© RIPRODUZIONE RISERVATA

    a cura di Giusi Ferré

    La grandi opere

    Dinastie Il gruppo «pigliatutto» del Nord Est, attivo nelle costruzioni, si affaccia al business autostradale

    Fil di Ferré

    IdeeFrancescoMorace,sociologo

    Rubelli punta a OrienteE per sbarcare in Cinastudia una partnership

    Mantovani Il signore della SerenissimaDI ROBERTA SCAGLIARINI C rescere in Russia e Medio Oriente, trovareun partner per una joint venture in Cina epuntare sulla raffinatezza e grande cultura

    del Giappone. Ecco alcuni obiettivi di Rubelli,azienda familiare di Venezia, fondata nel 1889,giunta oggi alla quinta generazione, che produce ecommercializza tessuti per arredamento di altagamma: broccati, damaschi, velluti, sete e lampassiusati nei più grandi teatri del mondo. A raccontarliè il suo amministratore delegato, Nicolò FavarettoRubelli che ci tiene comu