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Corrado Bologna - Paola Rocchi FRESCA ROSA NOVELLA Risorse per l’insegnante

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Corrado Bologna - Paola Rocchi

FRESCA RoSA NoVELLARisorse per l’insegnante

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Nel contratto di cessione è esclusa, per biblioteche, istituti di istruzione, musei ed archivi, la facoltà di cui all’art. 71 - ter legge diritto d’autore.

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Ristampe

6 5 4 3 2 1 N

2019 2018 2017 2016 2015 2014

ISBN 9788858313046

Nonostante la passione e la competenza delle persone coinvolte nella realizzazione di quest’opera, è possibile che in essa siano riscontrabili errori o imprecisioni. Ce ne scusiamo fin d’ora con i lettori e ringraziamo coloro che, contribuendo al miglioramento dell’opera stessa, vorranno segnalarceli al seguente indirizzo:

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Loescher Editore S.r.l. opera con sistema qualità certificato CERMET n. 1679-A secondo la norma UNI EN ISO 9001-2008

ContributiAlla stesura dei contributi hanno collaborato: Marco Bernardi, Fabio Donalisio, Cristina Gazzola, Benedetta Livi, Dorotea Medici, Paola Rocchi, Giuliano Rossi. I Suggerimenti all’uso di miaLIM sono opera di Cristina Gazzola; l’Introduzione all’uso di Eugenio è di Mario Gineprini.

Coordinamento editoriale: Paola Sanini, Aldo SimeoneRedazione: Cristina Billò, Aldo SimeoneRicerca iconografica: Aldo SimeoneCopertina: Leftloft – Milano/New YorkRealizzazione tecnica: Puntografica – Torino Stampa: Sograte Litografia s.r.l. - Zona Industriale Regnano – 06012 Città di Castello (PG)

Referenze iconografichep. 18: (1) Yale University Press, 1997; (2) Monaco, Bayerische Staatsgemaldesammlung Schack-Galerie; (3) Angers, Musée Turpin de Crissé; p. 19: (1) Milano, Civica Galleria d’arte moderna; (2) Clueb 1995; (3) Mazzotta, Milano, 1984; (4) Bergamo, Accademia Carrara; p. 23: (1) Bibliothek des Gymnasiums Christaneum, Amburgo/Yale University Press, 1997; (2) ©ICPonline; (3) © Bridgeman/Archivi Alinari; p. 24: Google Cultural Institute/commons.wikimedia.org/Berlino, Alte Nationalgalerie; p. 27: Laing Art Gallery, Newcastle; p. 32: (1) © 2011.White Images/Scala, Firenze; (2) Houston, Museum of Fine Arts; pp. 36-39, 41-42: http://maieuticallabs.it.

© Loescher Editore - Torino 2014http://www.loescher.it

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Indice

Parte 1 Percorsi per generi, temi e contesti 1 L’allegoria come modello interpretativo

e di scrittura 8

2 La lirica in volgare: nuovi modelli linguistici e culturali 8

3 Dalle corti ai Comuni: modelli intellettuali e testuali 9

4 Dal Comune alle corti rinascimentali 10

5 Il viaggio: dal cavaliere al mercante 10

6 Il viaggio: l’immaginazione e l’immaginario 11

7 Il tema della Fortuna fra Tre e Cinquecento 11

8 Codificazione della lingua volgare 12

9 Codificazione della lingua lirica 13

10 La nascita dell’individuo moderno 14

11 L’incontro con l’Altro 14

12 Il personaggio e l’intreccio tra poema epico-cavalleresco e romanzo 14

Parte 2 Suggerimenti all’uso di miaLim 1 Dalla lirica provenzale alla poesia siciliana 16

2 La Commedia: approfondimento sul I canto dell’Inferno 17

3 La Commedia: approfondimento sul V canto dell’Inferno 18

4 La Commedia: approfondimento sul XXVI canto dell’Inferno 21

5 Petrarca, Solo et pensoso i piú deserti campi (Rvf, 35) 24

6 Boccaccio, Andreuccio da Perugia (Decameron, II, 5) 25

7 Boccaccio, Lisabetta da Messina (Decameron, IV, 5) 26

8 Boccaccio, Simona e Pasquino (Decameron, IV, 7) 27

9 Ariosto, Orlando furioso 30

10 Tasso, Tancredi e Clorinda (Gerusalemme liberata, XII) 31

Parte 3 introduzione all’uso di Eugenio Il rapporto tra la scuola e le tecnologie della comunicazione 34

L’uso didattico delle tecnologie 34

Lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze 34

Eugenio, uno strumento per gli insegnanti e gli studenti 35

L’interfaccia di Eugenio 36

Il sistema di valutazione di Eugenio 37

Assegnare un compito con Eugenio 37

La tipologia delle domande 39

La logica dell’adattività, le tipologie di aiuti e il loro ordine 40

La registrazione dei risultati 41

Il sistema di reportistica di Eugenio 41

Parte 4 Esercizi, attività➤ Volume 1A

Sezione 2 – Il fiore delle lirica

Verso l’esame 44

Verifiche per la classe 47

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Indice

Sezione 3 – Dante e il libro dell’universo

Verso l’esame 49

Verifiche per la classe 58

Sezione 5 – Petrarca e il libro della vita

Verso l’esame 60

Verifiche per la classe 65

Sezione 6 – Boccaccio e il libro della “città degli uomini”

Verso l’esame 67

Verifiche per la classe 74

➤ Volume 1B

Sezione 7 – la civiltà dell’umanesimo e del Rinascimento

Verso l’esame 76

Verifiche per la classe 79

Sezione 8 – l’uomo nuovo tra realismo e utopia

Verso l’esame 82

Verifiche per la classe 89

Sezione 9 – Ariosto e il poema del movimento

Verso l’esame 91

Verifiche per la classe 97

Sezione 10 – Tasso e l’«autunno del Rinascimento»

Verso l’esame 99

Verifiche per la classe 104

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Presentazione

Presentazione

Le Risorse per l’insegnante di Fresca rosa novella sono suddivise in cinque sezioni:

• la prima contiene un ampio numero di percorsi tematici utili per la programmazione didattica;

• la seconda offre suggerimenti all’uso in classe dello sfogliabile digitale del corso;

• la terza contiene una guida per l’uso di Eugenio, il tutor di italiano;

• la quarta presenta una ricca scelta di esercizi, in parte concepiti per prepararsi all’Esame di Stato, in parte pen-sati per valutare periodicamente l’andamento della classe;

• la quinta contiene le soluzioni di tutte le verifiche delle Risorse per l’insegnante e delle attività presenti nel manuale.

La I parte: i percorsi per generi, temi e contesti Proponiamo in questa sezione 12 percorsi orientati a una ricostruzione sintetica di singoli aspetti essenziali della storia letteraria e della civiltà italiane. I percorsi proposti rispondono alle seguenti tipologie:

• percorso antropologico-letterario;

• percorso storico-culturale;

• percorso di genere;

• percorso di storia dell’immaginario.

Questi percorsi sono pensati per avere uno sviluppo sostanzialmente contenuto all’interno del programma di un singolo anno scolastico e si dispongono a una duplice modalità di fruizione: da un lato, seguendo lo svolgimento lineare del tema proposto; dall’altro, per una rapida contestualizzazione e spiegazione di alcuni nuclei fondamentali della storia letteraria e del programma scolastico.

La II parte: i suggerimenti all’uso di miaLIMPer ciascuna sezione dei primi due tomi di Fresca rosa novella, vengono proposti dei percorsi di studio basati sull’uso in classe dello sfogliabile digitale, fruibile sia su lavagna interattiva che sui principali dispositivi informa-tici: pc, Mac, tablet. Lo strumento digitale permette di arricchire la tradizionale lezione in senso multidisciplinare, rendendo didattiche le risorse della rete o le dotazioni multimediali fornite con il manuale:

• immagini, musiche, ascolti, approfondimenti, letture critiche, testi aggiuntivi allegati al volume e caricati nell’a-rea riservata a Fresca rosa novella in Imparo sul web. Tali materiali possono essere facilmente e rapidamente caricati sulla pagina di miaLIM attraverso un apposito collegamento diretto;

• link alla rete che l’insegnante può liberamente creare e collocare sulla pagina dove meglio crede;

• documenti personali creati dall’insegnante, facilmente caricabili su miaLIM. Tali documenti possono essere sal-vati nel file senza dover tornare a caricarli ogni volta che s’intende usare il programma, e persino sincronizzati online in modo da comparire su diversi dispositivi accedendo con il medesimo account.

La III parte: introduzione all’uso di EugenioEugenio non è un semplice sito internet in cui sono raccolti esercizi multimediali. Il nome – omaggio al grande Montale – suggerisce la sua natura “umana”: Eugenio accoglie lo studente, gli pone delle domande, lo informa se le risposte sono corrette o meno, ma soprattutto lo aiuta in caso di errore, offrendogli più suggerimenti progressivi. Eugenio è inoltre in grado di:

• ricordare in quale specifica competenza il ragazzo ha dimostrato qualche carenza, offrendogli subito un aiuto per recuperarla;

• variare la tipologia di domanda, spaziando tra: individuazione di parti di testo, risposta chiusa, risposta aperta;

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Presentazione

• far scorrere il brano in modo da mostrare la porzione di testo in cui si sofferma la domanda,

• registrare il risultato della prova e fornirlo in tempo reale all’insegnante;

• imparare il metro di valutazione del singolo insegnante, modificando i propri parametri in base all’uso.

La IV parte: gli esercizi e le attività per la verificaUna parte consistente delle Risorse per l’insegnante è dedicata a esercizi, prove e attività per la classe. Esse si suddividono in:

• attività “Verso l’esame”, che preparano lo studente alla prima prova dell’Esame di Stato. Esse presentano un’am-pia documentazione, perfettamente in linea con le richieste ministeriali, corredando ogni testo con: contestua-lizzazione, note, suggerimenti operativi;

• verifiche per la classe, cioè prove strutturate e semi-strutturate, che seguono le tipologie in uso nella terza prova dell’Esame di Stato.

Il Dvd Rom collegato alle Risorse per l’insegnanteAl volume cartaceo è allegato un Dvd Rom per l’insegnante, contenente:

• l’intero volume delle Risorse per l’insegnante in formato pdf, in modo che sia possibile stamparlo e distribuirlo in classe;

• tutti gli esercizi e le attività, oltre che in pdf, anche in formato di testo modificabile, in modo che ciascun inse-gnante possa salvarli sul proprio computer e adattarli alla proprie esigenze didattiche.

• tutti i “Testi da ascoltare” in .mp3;

• tutte le “Immagini da guardare”.

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Parte 1Percorsi per generi,

temi e contesti

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1 Parte

Percorsi per generi, temi e contesti

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TI 1 L’allegoria come modello interpretativo e di scrittura

Nell’Alto Medioevo la lettura dei testi e del mondo, esso stesso libro e insieme di segni, è orientata alla ricerca delle verità trascendenti nascoste dietro la lettera, o dietro le manifestazioni del reale. Il simbolo e l’allegoria, attraverso l’interpretazione, forniscono la chiave di accesso a queste verità nascoste: il simbolo come segno o immagine con-creta che evoca, per associazione o per convenzione, una verità astratta; l’allegoria come “narrazione” di un’azione o di un evento che rinvia a un significato “altro”.

Da consolidato modello di interpretazione e di lettura, l’allegoria diventa anche modello di scrittura e di crea-zione. Sono questi i precedenti necessari della Commedia di Dante, preparata dalla prova di interpretazione alle-gorica di testi lirici e dalla riflessione sui «sensi della scrittura» che Dante stesso conduce nel Convivio.

Struttura Contenuti

Il recupero della tradizione antica Volume 1AL’allegoria: un mondo di segni pp. 7-8ONLINE (sezione 1, capitolo 1) Simbolismo e allegoria (M.M. Davy)

Il mondo come allegoria e l’allegoria come modello di scrittura

Volume 1AL’allegoria: mondo di segni• L’enciclopedismo: una visione totalizzante del sapere, p. 8 Letteratura tra arte e musica• Simboli e allegorie, pp. 289-291b

Dante e l’allegoria Volume 1AIl Convivio• Le canzoni allegoriche, p. 140-41 • T8 Convivio, II, i, 2-12, p. 142 sgg. La Commedia, poema allegorico p. 165 sgg.ONLINE (sezione 3, capitolo 2) • Allegoria dei poeti e allegoria dei teologi: il Convivio e la Commedia (sezione 3, capitolo 3) • L’allegoria figurale

2 La lirica in volgare: nuovi modelli linguistici e culturaliTra xi e xii secolo la poesia dei trovatori attesta l’alto livello di dignità letteraria ormai raggiunto dalla lingua vol-gare. Questa prima, raffinatissima prova della poesia in volgare, legata indissolubilmente al mondo delle corti del sud della Francia, dimostra che il nuovo modello linguistico è prodotto e veicolo anche di nuovi modelli letterari e culturali. In ogni direzione la poesia dei trovatori svolge il suo ruolo fondante e indica alla lirica occidentale strade mai percorse. Dal punto di vista tematico, sono elementi decisivi la definizione della nuova “professionalità” del poeta, l’“invenzione” dell’interiorità, la scoperta dell’amore come pensiero ossessivo, il “paradosso amoroso” di un desiderio che alimenta se stesso. Ma è soprattutto rivelando le potenzialità inedite del volgare, capace di toccare gli argomenti più alti e di sondare come mai prima la profondità del soggetto, che l’esperienza trobadorica si colloca alle radici della lirica europea, al punto che fino nel cuore del Novecento affioreranno le tracce di quest’atto fondativo.

Struttura Contenuti

La lirica dei trovatori e l’invenzione dell’“interiorità” Volume 1ALa lirica d’amore provenzale pp. 14-15ONLINE (sezione 1, capitolo 1)• Jaufré Rudel, L’amore di lontano, Lanquan li jorn son lonc en mai• Bernart de Ventadorn, Il volo mistico della mente e dell’allodola, Can vei la lauzeta mover• Arnaut Daniel, La sestina: l’ordine del mondo, Lo ferm voler qu’el cor m’intra• I trovatori provenzali (A. Roncaglia)

La Scuola poetica siciliana e il modello provenzale Volume 1ALa scuola siciliana e la corte di Federico II• Il modello provenzale e le caratteristiche della poesia siciliana, p. 16ONLINE (sezione 1, capitolo 1)Giacomo da Lentini, Amor è uno disio che ven da core

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Alle origini dell’io lirico Volume 1A Guinizelli• Guinizelli “padre” della nuova poesia, pp. 34-35• T1 Al cor gentile rempaira sempre amore, p. 37 sgg.Cavalcanti• La concezione dell’amore, pp. 56-57• T4 Noi siàn le triste penne isbigotite, p. 69

Le culture “alternative”: giullari, goliardi, poeti comici

Volume 1A • Giullari, chierici vaganti e la poesia goliardica, p. 22• T Cielo d’Alcamo, Rosa fresca aulentissima, pp. 90-91• I poeti comico-realistici, p. 79 sgg.

3 Dalle corti al Comune: modelli intellettuali e testuali Tra la fine del ix e la metà dell’xi secolo giunge a compimento la definitiva maturazione del sistema feudale. Le sin-

gole corti, sempre più centri di un potere autonomo, diventano il luogo di elaborazione di un nuovo sistema di valori

sociali al quale corrispondono nuovi modelli antropologici: l’ideale della cortesia, la figura del cavaliere e il sistema

dei valori cavallereschi. La prima grande letteratura romanza, attraverso i romanzi e attraverso la lirica, concorre

a formare e promuovere questi modelli ideali. Dal xiii secolo la fioritura delle realtà comunali e di una vitale bor-

ghesia cittadina muta queste coordinate culturali. Ne scaturisce un nuovo rapporto con il pubblico: nascono nuove

istituzioni culturali, si elaborano nuovi modelli del sapere e nuove forme letterarie.

Struttura Contenuti

L’Europa delle corti: politica e cultura di corte Volume 1ALa nascita della società feudale• La fondazione dell’Impero carolingio e la “rinascita carolina”, p. 6 La cultura cortese e la nascita delle letterature in volgare• La corte feudale, p. 11• La cortesia, p. 11• L’amore cortese, pp. 15-16ONLINE (sezione 1, capitolo 1)• «Sull’amore che chiamiamo “cortese”» (G. Duby)

L’Europa delle corti: cultura cortese e modello cavalleresco

Un modello antropologico e letterario • Avventura e amore: il romanzo cavalleresco, pp. 12-13 sgg. ONLINE (sezione 1, capitolo 2) • Oliviero e Orlando: la saggezza e l’orgoglio, Chanson de Roland• Chrétien de Troyes, Lancillotto, «Il cavaliere smemorato» Letteratura tra arte e musica• Il cavaliere errante, p. 298a

Dalla corte al Comune: i luoghi della cultura comunale

Volume 1AL’universo cittadino • Il Comune: un nuovo modello politico e culturale, pp. 19-22 Nuovi modelli culturali • La nascita delle scuole urbane e delle università, p. 20

I “nuovi” generi della letteratura comunale Volume 1AIl Cantico di Frate Sole p. 21Iacopone da Todi, p. 21 La nuova prosa del mondo p. 24 sgg.ONLINE (sezione 1, capitolo 1) • San Francesco, La lode di Dio attraverso le creature, Cantico di Frate Sole• Iacopone da Todi, Donna de Paradiso• Iacopone da Todi, Amore “smisurato” e conoscenza, Senno me par e cortisia• La falsa confessione, Novellino• M. Polo, «Un paese delle meraviglie: il Giappone», Il Milione

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TI 4 Dal Comune alle corti rinascimentali

Fin dalla metà del xiv secolo si avvia un processo di riorganizzazione del sistema economico e sociale che in breve tempo porta all’affermazione del nuovo modello politico-sociale della Signoria, che soppianterà progressivamente quello del Comune, raggiungendo talvolta estensione regionale. Si assiste a fenomeni significativi di rifeudalizza-zione e sboccia, nel giro di pochi decenni, una nuova cultura di corte, che affascina anche la borghesia cittadina e ne influenza l’immaginario. L’Italia nordorientale è la culla di questa nuova cultura che, alimentata dal mecenati-smo delle famiglie signorili, troverà nella Ferrara degli Este il terreno più adatto a una splendida fioritura, anche letteraria; mentre a Urbino si tenta la realizzazione di un modello ideale di corte, sul piano politico e intellettuale.

Struttura Contenuti

L’autunno del Medioevo: il declino del modello comunale

Volume 1A Il declino del modello comunale in Italia • Dal Comune alla Signoria, p. 308• Cultura di corte e cultura dei mercanti, pp. 308-9 • Lettura critica «L’autunno del Medioevo» (J. Huizinga), p. 307

Il Signore, l’intellettuale, la corte Volume 1B Una nuova cultura cortese• L’Italia delle corti, p. 44 • Il ruolo dell’intellettuale, pp. 42-43Nuovi modelli cortigiani La corte e le sue trasformazioni, p. 88 • Baldassarre Castiglione e Il libro del Cortegiano, pp. 89-90 • Giovanni Della Casa e il Galateo, p. 90• T1 B. Castiglione, Il libro del Cortegiano, I, xxiv-xxvi, pp. 91-92• T2 G. Della Casa, Galateo, «Un viatico per la vita sociale», pp. 93-94• «La “civilizzazione” e la “civiltà”» (N. Elias) ONLINE • Mantova e i Gonzaga, p. 78• Ferrara e gli Este, p. 76• Urbino e i Montefeltro, pp. 78-79 • Approfondimento «Il più bel palazzo d’Italia», p. 79 Modelli intellettuali Il ruolo dell’intellettuale, p. 42• T5 G. Pontano, De principe, «La formazione del sovrano», pp. 67-68 • B. Castiglione, Il libro del Cortegiano, IV, V, IX, «Dire la verità al principe» ONLINE (sez. 7, cap. 4) • T6 N. Machiavelli, Il principe, xv, «Morale e politica in Machiavelli», pp. 195-96• T7 N. Machiavelli, Il principe, xviii, «I comportamenti adatti al principe», pp. 198-200 I letterati e la corte • Boiardo e la Ferrara estense, p. 295• T3 M.M. Boiardo, Orlando innamorato, I, i, ott. 1-3, «La meravigliosa storia di Orlando

innamorato», p. 297• Ariosto: il rapporto con la corte, pp. 318-19 • T3 L. Ariosto, Satire, I, «L’intellettuale e il potere», pp. 326-30 • T1 L. Ariosto, Orlando furioso, I, 1-37, «Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori», p. 360 sgg. • T8 L. Ariosto, Orlando furioso, XXXIV, 70-86; XXXV, 1-2 «Il viaggio di Astolfo alla luna», p. 424 sgg. • Approfondimento «Ariosto e i grandi del suo tempo», p. 443 Torquato Tasso e la Gerusalemme liberata • Un intellettuale poliedrico e inquieto, p. 478 • Il rapporto con la corte, p. 479 • T5 T. Tasso, Aminta, atto I, scena ii, «Il coro», p. 497 sgg. • T1 T. Tasso, Gerusalemme liberata, I, 1-11 «L’inizio del poema e i suoi protagonisti», p. 513 sgg.

5 Il viaggio: dal cavaliere al mercanteL’Europa medioevale è attraversata da viaggiatori d’ogni sorta, reali e immaginari: sono i pellegrini che lentamen-te percorrono il continente sulla via di Roma, o di Santiago di Compostela; sono gli esploratori e i mercanti che partono alla volta di terre lontane e sconosciute, delle quali al ritorno racconteranno le meraviglie e le ricchezze; sono i cavalieri erranti che cercano avventure in cui provare e trovare se stessi. Il viaggio è metafora di una ricerca: ricerca di conoscenza, che significa in primo luogo conoscenza di sé, e ricerca del senso del mondo. La vita stessa dell’uomo, del resto, è un viaggio: alla luce del cristianesimo, un pellegrinaggio dell’uomo su questa terra.

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TIStruttura Contenuti

Il romanzo cavalleresco: l’avventura come ricerca esistenziale

Volume 1AAvventura e amore: il romanzo cavalleresco • Le novità del romanzo, pp. 12-13 • I romanzi di Chrétien de Troyes e la leggenda del Graal, p. 14 ON LINE (sezione 1, capitolo 1) • «Il cavaliere e il senso del mondo» (E. Koehler) Letteratura tra arte e musica • Il cavaliere errante, p. 298a

L’avventura dei mercanti da Marco Polo a Boccaccio

Volume 1A • Le cronache di viaggio: il Milione di Marco Polo, pp. 26-27 Il Decameron di Giovanni Boccaccio • Geografia e storia nel Decameron, p. 466• T4 G. Boccaccio, Decameron, II, 5 «Andreuccio da Perugia», pp. 505 • Lettura critica «La “commedia umana”, epopea dei mercanti» (V. Branca), p. 603ONLINE (sezione 6, capitolo 2) • G. Boccaccio, Decameron, II, 4 «Landolfo Rufolo» Letteratura tra arte e musica• L’esplorazione e il viaggio d’affari, pp. 299a-299b

6 Il viaggio: l’immaginazione e l’immaginarioA partire dagli ultimi decenni del Quattrocento il viaggio assume una dimensione inedita. La scoperta del Nuovo

Mondo non solo colpisce l’immaginazione dei contemporanei, ma sconvolge la visione tradizionale del mondo, rive-

lando l’esistenza di nuovi spazi, di nuovi centri e di una nuova varietà del reale. I viaggi che dilatano i confini del

mondo conosciuto determinano così un’autentica rivoluzione antropologica.

Struttura Contenuti

Grandi scoperte e viaggi dell’immaginazione Volume 1B Le grandi scoperte e l’immaginario• Il nuovo asse del mondo occidentale, pp. 81-82 • Approfondimento «Il mondo contemporaneo nel poema epico: storia, geografia, scienza e

tecnologia», pp. 563-64 • Approfondimento «Rabelais e Montaigne: l’incontro con l’altro e l’altrove», pp. 84-85Viaggi immaginari nel sogno• Il sogno e la follia, p. 83• T6 L.B. Alberti, Intercoenales, «Un sogno», pp. 34-35L’Orlando furioso, poema del movimento • Il poema dell’errore, p. 345 • Muoversi nello spazio, p. 348 • La vita, movimento ininterrotto, p. 350 • T8 L. Ariosto, Orlando furioso, XXXIV, 70-86; XXXV, 1-2, «Il viaggio di Astolfo sulla Luna»,

p. 424 sgg. ONLINE (sezione 8, capitolo 2) • M. de Montaigne, Saggi I, XXXI, «Vedere se stessi con gli occhi dell’altro» (sezione 10, capitolo 3) • T. Tasso, Gerusalemme liberata XV, 1-3, «Carlo e Ubaldo nelle Isole Fortunate»

7 Il tema della Fortuna fra Tre e CinquecentoIl tema della Fortuna ha grande sviluppo in tutta la letteratura medioevale: la dea bendata, volubile e mutevole,

ha nelle sue mani i beni mondani e gli uomini. Una diversa visione proporrà Dante, che nel VII canto dell’Inferno

fa della Fortuna «un’intelligenza celeste, una ministra obbediente della volontà di Dio» (N. Sapegno). È però in

età umanistica e rinascimentale, passando prima attraverso la mediazione di Petrarca e soprattutto di Boccaccio,

che la Fortuna occupa il centro della scena, legandosi spesso al tema della “follia”. Le due forze incontrollabili

sono poste dagli umanisti in rapporto dialettico con la Virtù e con la ragione, ovvero quelle facoltà tutte umane

che concorrono a determinare la sorte degli individui e rappresentano il solo argine possibile all’imprevedibile e

irrazionale corso dell’esistenza e della storia.

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Il tema della Fortuna nei grandi autori del Trecento Volume 1 AGiovanni Boccaccio• La fortuna, pp. 461-62• L’ingegno, p. 462• Il “realismo” boccacciano, p. 466• T4 Decameron, II, 5, «Andreuccio da Perugia», p. 505 sgg. ONLINE (sezione 6, capitolo 2) • G. Boccaccio, Decameron, II, 4, «Landolfo Rufolo»

Il tema della Fortuna tra Umanesimo e Rinascimento

Volume 1BL’uomo al centro del mondo • La dignità dell’uomo: corpo, virtù e fortuna, pp. 15-16 Niccolò Machiavelli, Il principe• Temi e motivi: virtù e fortuna, p. 157• Parole chiave «Fortuna», p. 157 • T4 Il principe, vii, «Il principe nuovo: Cesare Borgia», pp. 178-83 • Lettura critica «Il giudizio sul Valentino» (G. Inglese), pp. 185-86 • T8 Il principe, xxv, «Il ruolo della fortuna», pp. 204-7 ONLINE (sezione 8, capitolo 1) • «La donna è sempre donna, cioè pazza» • E. da Rotterdam, Elogio della pazzia, «La vita è follia»Francesco Guicciardini, I Ricordi• Il contenuto, pp. 252-53 • T2 Ricordi, «La mutazione universale e la fortuna dell’uomo», pp. 260-61 • T3 Ricordi, «Le categorie dell’agire umano», pp. 263-64

8 Codificazione della lingua volgareIl De vulgari eloquentia di Dante costituisce il primo tentativo di dare all’Italia una lingua condivisa e unitaria. Occorre però che il volgare affermi definitivamente i propri diritti di fronte al latino, dopo aver scoperto tutte le proprie potenzialità, prima che la questione arrivi a soluzione. La ricerca di una norma linguistica anima le discus-sioni cinquecentesche, finché l’intervento di Bembo e la pubblicazione delle sue Prose della volgar lingua (1525) non interverranno a fornire alla lingua italiana un modello controllato e sicuro. Al tempo stesso, però, l’intervento di Bembo non esaurisce una pratica dello sperimentalismo linguistico che ancora sembra richiamare, in taluni casi, la dialettica dantesca tra lingua naturale e gramatica.

Struttura Contenuti

Dante Volume 1AIl De vulgari eloquentia, pp. 145-47 • T8 De vulgari eloquentia, I, xvii, 1-2; xviii, 2-5, «Il “volgare italiano illustre”», pp. 149-50 Il Convivio • Le ragioni dell’opera e la scelta del volgare, p. 140La Commedia • Il plurilinguismo, p. 174

Lingue di koiné e sperimentazioni linguistiche Volume 1BFirenze • L’Umanesimo civile e la tradizione volgare, pp. 47-48• Luigi Pulci: la lingua e lo stile, p. 287Napoli e il Sud • La produzione in volgare, pp. 66-67La koiné padana• T3 M.M. Boiardo, Orlando innamorato, I, i, 1-3, p. 297 sgg. • Ariosto, l’Orlando furioso: un progressivo adeguamento al toscano letterario, pp. 363-64 Folengo, il Baldus • Storiografia, viaggi e plurilinguismo, p. 74• Epica antica, tradizione medioevale e poema eroicomico, p. 307 • Approfondimento «Il latino maccheronico», p. 308 • T7 Baldus, «Le “pancifiche” Muse», pp. 309-10Ruzante • Il Ruzante e il teatro veneto, p. 118• T11 La Moscheta, Prologo, «El nostro snaturale», p. 120

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TIStruttura Contenuti

La codificazione della lingua letteraria Volume 1BLa questione della lingua • La questione della lingua, p. 96 sgg. • Approfondimento «La nascita della punteggiatura», p. 99 • Piero Bembo: Le Prose della volgar lingua, pp. 97-98• Le proposte alternative, p. 98• Approfondimento «Ariosto corregge il Furioso», p. 355 • T3 P. Bembo, Prose della volgar lingua, «Il primato della scrittura», pp. 100-1 • T4 B. Castiglione, Il libro del Cortegiano, Dedicatoria, II, «Il parlare e i vocabuli», pp. 103-4

9 Codificazione della lingua liricaL’operazione compiuta da Bembo con le Prose della volgar lingua (1525) e l’individuazione di Petrarca come model-

lo della lingua poetica prelude all’atto che segna simbolicamente la fondazione del petrarchismo letterario: la pubbli-

cazione, nel 1530, delle Rime dello stesso Bembo. Il lessico, le forme, le immagini di Petrarca diventano il modello di

intere generazioni; al punto che il linguaggio poetico non solo italiano, ma dell’intera Europa, ne sarà significativa-

mente influenzato per i secoli successivi. Allo stesso tempo si definiscono le posizioni alternative e distintive.

Struttura Contenuti

Petrarca Volume 1AIl primo “libro” della nostra tradizione lirica• Il Canzoniere come libro, p. 329 • L’io protagonista e il racconto dell’amore, pp. 333-34 • Le scelte lessicali, p. 339La fortuna • Il petrarchismo, p. 342 • Approfondimento «La fortuna della lingua di Petrarca: gli aggettivi chiaro, fresco e dolce», p. 372• Approfondimento «Imitare Petrarca», p. 391

La lirica del Quattrocento e il modello-Petrarca Volume 1B L’umanesimo volgare • Il mito delle “tre corone fiorentine”, p. 96 • Cristoforo Landino, p. 49Petrarca nella poesia del Quattrocento • Lorenzo de’ Medici: dall’influsso di Petrarca alla “teologia poetica”, p. 52 • Angelo Poliziano: le Rime, p. 59• Jacopo Sannazaro: modelli e innovazioni dell’Arcadia, p. 69• T6 J. Sannazaro, Arcadia, egloga III, «Il mito dell’età dell’oro», pp. 70-71 Il petrarchismo aulico • Boiardo e gli Amorum libri, p. 105• T5 M.M. Boiardo, Amorum libri tres, «Il sonetto proemiale», p. 106

Il petrarchismo cinquecentesco Volume 1BIl petrarchismo • La lirica e il petrarchismo, p. 105 • T6 P. Bembo, Rime, «Un ritratto di donna», p. 108 • T7 G. Stampa, Canzoniere, «Voi, ch’ascoltate…», p. 112Petrarchismo e originalità• Ariosto: Le Rime, pp. 320-21• T1 L. Ariosto, Rime, «O sicuro, secreto e fidel porto», p. 321 • La lirica di Giovanni Della Casa, pp. 111-12 • T8 G. Della Casa, Questa vita mortal, p. 114 Petrarchismo e manierismo lirico• Michelangelo, scultore, pittore e lirico, p. 112• T9 M. Buonarroti, Rime, «Non ha l’ottimo artista…», p. 116 • Torquato Tasso: la lirica giovanile e quella matura, p. 489• Sperimentalismo manieristico di Tasso, p. 490• T3 T. Tasso, Rime, «Su l’ampia fronte…», p. 491 • T4 T. Tasso, Rime, «Donna, il bel vetro tondo», p. 493

Approfondimento «Il rovesciamento e la parodia del petrarchismo», p. 110

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TI 10 La nascita dell’individuo moderno

Superata da poco la metà del Quattrocento, Antonello da Messina immette nel circuito della rappresentazione il ritratto dell’individuo, specchio figurativo delle riflessioni umanistiche intorno alla dignità dell’uomo. Un secolo più tardi la scoperta di un Mondo Nuovo al di là dell’Oceano e la perdita di centralità dell’essere umano nell’Uni-verso determinano un mutamento radicale di prospettive: non si parla più dell’uomo, ma dell’individuo come unico elemento unificante di una realtà frammentaria.

Struttura Contenuti

Il ritratto dell’individuo Volume 1BL’uomo al centro del mondo• Ottica antropocentrica e dignità dell’uomo, p. 15• T2 Pico della Mirandola, Discorso sulla dignità dell’uomo, «L’uomo al centro del mondo», p. 17 Letteratura tra arte e musica • Il ritratto dell’individuo, pp. 142a-143b

Dall’uomo all’individuo: Montaigne e la forma-saggio

Volume 1BUna rivoluzione antropologica • Una nuova immagine del cosmo, p. 83 • Policentrismo e individualità, p. 83Dall’uomo all’individuo• Guicciardini, I Ricordi: un libro frammentario ma non “in frantumi”, pp. 251-52 • Approfondimento «Dall’uomo all’individuo: Gli Essais di Michel de Montaigne», pp. 248-50

11 L’incontro con l’AltroA partire dalla fine del Quattrocento le grandi scoperte geografiche aprono le porte di un mondo autenticamente nuovo, uno spazio di novità assoluta che si spalanca sull’ignoto e produce il contatto con una umanità sconosciuta. È il preludio alle grandi discussioni cinque-seicentesche sulla natura degli indigeni americani, specchio di un de-stabilizzante confronto con l’“Altro” che oscillerà a lungo tra rifiuto e idealizzazione.

Struttura Contenuti

Il dibattito sul Nuovo Mondo: uomini e selvaggi Volume 1BLa scoperta dell’America• Il nuovo asse del mondo occidentale, pp. 81-82 • Approfondimento «Il mondo contemporaneo nel poema epico: storia, geografia, scienza e

tecnologia», pp. 563-64• Approfondimento «Rabelais e Montaigne: l’incontro con l’altro e l’altrove», pp. 84-85

12 Il personaggio e l’intreccio tra poema epico-cavalleresco e romanzoPer diversi aspetti il Furioso si discosta dalla tradizione del poema cavalleresco: decisiva, a scapito del titolo, appare in questo senso la sostituzione della figura del protagonista unico con una moltitudine di personaggi. Al tempo stesso, è un tratto tipico dell’Umanesimo l’attenzione all’uomo che trapela dalla complessità dei personaggi di Ariosto. Con Tasso questa complessità diventa lacerazione e lo spettacolo di un mondo attraversato dal conflitto si realizza anche nella dialettica interiore di personaggi contraddittori.

Struttura Contenuti

Ariosto: i personaggi e la tessitura della storia Volume 1BI personaggi in movimento• Una ricerca senza fine, pp. 349-50• I personaggi e l’autore, pp. 345-46• T1 Orlando furioso, I, 1-37, «Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori», p. 360 sgg. • T7 L. Ariosto, Orlando furioso, XIX, 33-36, XXIII, 102-110, 124-36, «La follia di Orlando», p. 410 sgg.

Tasso: la selva interiore del soggetto Volume 1BLa ricerca dell’equilibrio • Lettura critica «La selva interiore» (E. Raimondi), pp. 507-8 • La condizione umana: individui e destini, p. 510 • Interiorità e contraddizioni nei personaggi, p. 510 • Lettura critica «Il gioco delle apparenze: maschere e inganni nel poema» (S. Zatti), p. 527 • T2 Gerusalemme liberata, VI, «Erminia nella notte», p. 522 sgg. • T4 Gerusalemme liberata, XIII, «Amore e morte: il duello di Tancredi e Clorinda», p. 536 sgg.

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Parte 2Suggerimenti

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1 Dalla lirica provenzale alla poesia sicilianaObiettivi della lezione

• Acquisire consapevolezza dell’importanza di una lettura espressiva.

• Cogliere il legame esistente fra la lirica provenzale e quella siciliana.

• Collocare nello spazio gli eventi più rilevanti di questo passaggio.

• Stabilire nessi fra la letteratura e altre discipline espressive.

• Cogliere l’influsso che il contesto storico, sociale e culturale esercita sugli autori e sui loro testi.

• Collegare tematiche letterarie a fenomeni della contemporaneità.

Prerequisiti

• Conoscere il contesto storico di riferimento.

Tempo richiesto: 3 h

Svolgimento della lezione

• Introduzione alla lirica provenzale: «I trovatori: la nascita della lirica romanza», videolezione dei professori Paola

Rocchi e Corrado Bologna (12:50);

– Lingua e cultura provenzale (mappa, su Dvd);

– Il mantello di re Ruggero (immagine, su Dvd): esempio della complessità su cui si fonda la cultura siciliana

all’epoca di Federico II;

– Eventuale approfondimento sulla lirica provenzale:

dal sito di Rete Due (rete radio della RSI, Radiotelevisione svizzera di lingua italiana), la puntata dedicata a

I trovatori antenati cantautori del programma I poeti della canzone (www.retedue.rsi.ch/).

– La nascita della lirica siciliana:

«La scuola poetica siciliana», videolezione del prof. Corrado Bologna (8:48);

– Focalizzazione sull’aspetto ritmico-musicale della lirica provenzale e differenze con quella siciliana: videolezio-

ne del musicologo Marco Bernardi, «Il “divorzio” di parole e musica» (1:24, 3:18);

– Approfondimento su Castel del Monte:

Dall’archivio Rai, Il gioco di Federico: un video su Castel del Monte, l’edificio voluto e realizzato da Federico II

(www.rai.tv/dl.RaiTV/).

– Commento di immagini: miniature tratte da De arte venandi cum avibus; arazzo xv secolo, Offerta del cuore

a una dama (su Dvd).

• Esempio di lirica siciliana: Rosa fresca aulentissima di Cielo d’Alcamo, ascolto di versi (00:35);

– «Rosa fresca aulentissima», videolezione dei professori Paola Rocchi e Corrado Bologna (8:35);

– Parafrasi, spiegazione e commento da parte dell’insegnante, testo su Fresca rosa novella, vol. 1A, pp. 90-91

(30’);

• Approfondimento: la “pastorella” di De André, video della canzone Carlo Martello ritorna dalla battaglia di

Poitiers (5:25).

– Testo di Paolo Villaggio, musica di Fabrizio De André, in cui si rievoca lo stile musicale dei trovatori che canta-

vano l’amor cortese, cioè casto. Il risultato è però una canzone goliardica e ironica, in cui l’alternanza di registri

gioca un ruolo essenziale (www.youtube.com).

• Approfondimento: video da Mistero buffo: Dario Fo espone la sua visione del Contrasto di Cielo d’Alcamo (www.

francarame.it/).

• La conclusione del contrasto: lettura da parte di due attori della parte finale (00:59).

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2 La Commedia: approfondimento sul I canto dell’InfernoVisto il carattere di approfondimento delle lezioni proposte sulla Divina Commedia è richiesta una lettura e spie-

gazione preventiva dei canti da parte dell’insegnante, oltre che un’introduzione all’autore e all’opera.

Obiettivi della lezione

• Ascoltare il testo, tramite la lettura espressiva.

• Arricchire, tramite immagini e filmati, la comprensione del testo.

• Stabilire nessi fra la letteratura e altre discipline espressive.

• Riflettere sui rapporti forma-contenuto.

Tempo richiesto: 1 h

Svolgimento della lezione

• Introduzione al I canto: lettura di Roberto Benigni dei versi conclusivi (Par. XXXIII, 125-145) e dei versi ini-

ziali della Divina Commedia su Dvd di Fresca rosa novella; di seguito: «Il poema circolare», videolezione del

prof. Corrado Bologna (1:55).

• L’aspetto musicale del proemio:

– «Il valore della rima», videolezione del prof. Corrado Bologna (2:17);

– Approfondimento sulla rima: video di Giorgio Caproni che spiega l’uso della rima (1:28).

• L’aspetto visivo del proemio:

– «Il poema visivo: il I canto visto dai grandi pittori», videolezione del prof. Corrado Bologna (1:22), (1:04);

– Commento di Domenico di Michelino, La montagna del Purgatorio (Fresca rosa novella p. 169); Gustav

Doré, Una lonza leggera e presta molto; William Blake, Divina Commedia, le tre fiere; Salvador Dalì, Divi-

na Commedia, Inferno; Raffaello Sanzio, Parnaso (su Dvd).

– Approfondimento: in questa sezione dell’archivio dell’opera di William Blake (1757-1827) si possono visionare i

102 acquerelli sulla Commedia realizzati dal grande artista inglese (www.blakearchive.org).

– «Il poema visivo: dalla pittura allo schermo», videolezione del prof. Corrado Bologna (1:45);

– Sequenza dal film L’inferno (1911) su Dvd di Giuseppe de Liguoro (1:04);

– Approfondimento: L’inferno (1911) di Giuseppe de Liguoro in versione integrale (www.youtube.com), che narra

la prima cantica della Commedia con una serie di quadri animati ispirati alle celebri illustrazioni di Gustave

Doré (1832-83).

– Videoclip da A Tv Dante (1989) su Dvd di Peter Greenway (1:40).

Verifica percorso

• Racconta l’incontro fra Dante e Virgilio nel I canto della Commedia adottando il punto di vista di Virgilio.

• Attività di gruppo: dopo aver visionato una conferenza stampa in televisione o in rete e averne studia-

to le modalità e i tempi, uno studente rivestirà il ruolo di Dante che promuove l’uscita del suo libro, la Com-

media appunto. Gli altri studenti, nei panni di giornalisti di varie testate (politiche, mondane, cultura-

li…) intervisteranno l’autore su alcuni aspetti della sua esperienza letteraria e culturale in genere.

In particolare:

– i giornalisti di riviste letterarie si concentreranno sull’aspetto dell’evoluzione della poesia dantesca, nelle sue

diverse fasi, fino alla scrittura del poema;

– i giornalisti di testate politiche si concentreranno sull’analisi politico-culturale operata da Dante e sulla sua

proposta politica;

– i giornalisti di testate mondane chiederanno all’autore di ricostruire la sua vicenda d’amore con Beatrice nelle

sue varie fasi.

Definiti i temi e i ruoli ognuno preparerà la sua parte, dopo opportuna documentazione. Quindi si inscenerà la

conferenza stampa in classe.

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3 La Commedia: approfondimento sul V canto dell’InfernoObiettivi della lezione

• Ascoltare il testo, tramite la lettura espressiva.

• Arricchire, tramite immagini e filmati, la comprensione del testo.

• Stabilire nessi fra la letteratura e altre discipline espressive.

• Riflettere sui rapporti forma-contenuto.

• Collegare tematiche letterarie a fenomeni della contemporaneità.

Tempo richiesto: 2 h

Svolgimento della lezione

• Introduzione al V canto, recitazione di Roberto Benigni (www.youtube.com).

• Testi online da ascoltare (da Fresca rosa novella): Passione amorosa e letteratura: Paolo e Francesca, Inferno V.

• Iconografia dell’episodio di Paolo e Francesca: la storia degli sfortunati amanti ha avuto nel corso dei secoli gran-de risalto nella storia dell’arte. I momenti su cui si concentrano gli artisti sono essenzialmente il bacio, la morte e l’incontro con Dante fra la schiera dei lussuriosi.

Su Fresca rosa novella:– Vecchietta (Lorenzo di Pietro), Paolo e Francesca (Inferno V), 1445, p. 294a;– William Blake, Girone dei lussuriosi: Francesca da Rimini, 1824-27, p. 243;– Renato Guttuso, Paolo e Francesca, 1970, p. 239.

Su internet:

2 J.A.D. Ingres, Paolo e Francesca sorpresi da Lan-cillotto, 1819 (Angers, Musée Turpin de Crissé).

Ingres illustra l’episodio combinando contempora-neamente il momento dello svelarsi dell’amore fra Paolo e Francesca con quello dell’imminente tra-gedia. I due giovani, seduti in primo piano, sono bloccati nell’attimo dell’abbraccio: la lettura si è ap-pena conclusa, e Francesca lascia scivolare il libro dalla mano. Dalla destra sopraggiunge Gianciotto, nell’atto di impugnare la spada.

3 Anselm Feuerbach, Paolo e Francesca, 1864 (Monaco, Schack-Galerie).

1 Gustave Doré, Paolo e Francesca, Amor condusse noi ad una morte, 1861.

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4 Alessandro Puttinati, Pao-lo e Francesca, 1827, mar-mo (Milano, Civica Galle-ria d’Arte Moderna).

5 Eugène Delacroix, Paolo e Fran-cesca, 1820 ca, acquerello (Zurigo, collezione privata).

6 Dante Gabriel Rossetti, Paolo e Francesca da Rimini, 1855, acqua-rello (Londra, Tate Gallery).

7 Gaetano Previati, Paolo e Francesca, 1901, olio su tela (Ferrara, Galleria Civica d’Arte Moderna).

Previati affronta il dramma dei due amanti offrendone una suggestiva interpretazione realistica e trasudante erotismo, secondo il gusto della Scapigliatura, ben diversa dalla chiave idilliaca o dolente, che rimandava al racconto dantesco, offerta dai precedenti artisti come Ingres e Doré, Feuerbach. Nel suo dipinto abbandona ogni elemento che possa rimandare al canto dantesco per concentrare l’attenzione sul momento successivo al dramma: la scena è occupata dai due amanti ormai morti, riversi sul letto, che è il punto luce del quadro. I loro corpi sono trafitti da un’unica spada, simbolo indissolubile di amore e morte, che li unisce in un macabro amplesso, e sono immersi in un indistinto spazio buio.

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• Dalla pittura allo schermo

– R. Matarazzo, Paolo e Francesca-Francesca da Rimini, Italia 1949 (www.youtube.com).

Paolo Malatesta, fratello di Gianciotto, signore di Rimini, che sta assediando Ravenna, penetra nella città clan-destinamente e, ferito, viene salvato dalla bontà caritatevole di una bellissima e nobile fanciulla che poi, per ragioni di Stato, sarà data in sposa a Gianciotto. Un solo bacio li unisce, ma basta ad attirare sugli amanti la vendetta di Gianciotto. La sceneggiatura porta 6 firme tra cui quelle di Vittorio Calvino e del regista che per la 1a volta si cimenta con i canoni del melodramma, sia pur filtrati attraverso la ricostruzione storica. Nello stesso anno farà Catene e sarà il trionfo al botteghino.

(da L. Morandini, L. Morandini, M. Morandini, Il Morandini, Zanichelli, Bologna)

• Approfondimento sulla contemporaneità: il delitto d’onore.

Il 5 settembre 1981 il Parlamento italiano abroga il cosiddetto delitto d’onore, residuo del Codice Rocco, risalente agli anni Venti, e molto lontano dalla nuova paritaria concezione della morale sessuale, della parità tra coniugi, dalla mentalità e sensibilità della società italiana degli anni Ottanta.

Il Codice Rocco all’art. 587 recitava: «Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella».

Persino dopo il referendum sul divorzio (1974), e dopo la riforma del diritto di famiglia, l’art. 587 del codice penale consentiva ancora, fino all’abrogazione, che fosse ridotta la pena per chi uccidesse la moglie (o il marito, nel caso ad esser tradita fosse stata la donna), la figlia o la sorella al fine di difendere «l’onor suo o della famiglia». La circostanza prevista richiedeva che vi fosse uno stato d’ira, che veniva in pratica sempre presunto. La ragione della pena ridotta doveva reperirsi in una «illegittima relazione carnale» che coinvolgesse una delle donne della famiglia.

– P. Germi, Divorzio all’italiana, Italia, 1962; tratto dal romanzo di G. Arpino, Un delitto d’onore.

Stanco della moglie e invaghito di una cugina sedicenne, un barone siculo induce la consorte al tradimento e poi la uccide. È condannato a una pena minima per “delitto d’onore” e può sposare la cugina. Si può fare una comme-dia intelligente, lesta, graffiante anche illustrando un articolo (il 587) del Codice Penale. Se c’è un’arte che nasce dall’indignazione, questo film le appartiene. Moralista risentito, Germi carica qui i suoi livori di un umor nero, di una amara e invelenita buffoneria che trova negli interpreti, soprattutto in Mastroianni, il suo sfogo. Oscar per la sceneggiatura a Ennio De Concini, Alfredo Giannetti e Germi e il premio della migliore commedia a Cannes.

(da www.mymovies.it)

– G. Ferrara, Delitto d’onore, Italia, 1969.

In Italia avvengono 1500 delitti “d’onore” in un anno. Il film esamina attraverso i casi di cronaca più rappresen-tativi la complessa realtà che si nasconde dietro questo drammatico fatto di costume.

I titoli di testa alternano foto di processi, delitti, funerali. Di seguito, si sottolinea come il delitto d’onore derivi da una precisa tradizione culturale, ponendo l’accento sulle differenze che accompagnano uomini e donne in Sicilia sin dalla nascita: l’acqua con il quale viene fatto il primo bagnetto a un bimbo maschio viene, infatti, gettata fuori (simbolo di un destino di libertà), mentre l’acqua utilizzata per le bimbe femmine è gettata nella cenere (simbolo di legame al focolare domestico). Per le vie dei paesi gli uomini siedono con gli occhi rivolti alla strada, le donne girate verso il muro.

(da www.cinestore.cinetecadibologna.it)

Interpretazione

• Ai versi 100-107 si trova una sintesi della teoria dell’amore cortese, incarnato nella vicenda privata di Paolo e Francesca. Individua i concetti generali a cui si ispira.

• Spiega da che cosa nasce il sentimento di pietade che Dante prova nei confronti dei dannati in questo canto.

• Durante tutto il racconto di Francesca Paolo tace e piange. Racconta la vicenda utilizzando il suo punto di vista.

Paolo e Francesca nella musica contemporanea

• Ascolta, cercando su internet, Compagno di scuola di Antonello Venditti e Serenata rap di Jovanotti e scrivi un breve testo in cui illustri le cause del permanere dell’interesse sulla vicenda dei due amanti infelici anche nei fenomeni della cultura contemporanea, come la canzone d’autore.

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4 La Commedia: approfondimento sul XXVI canto dell’InfernoObiettivi della lezione

• Ascoltare il testo, tramite la lettura espressiva.

• Arricchire, tramite immagini e approfondimenti, la comprensione del testo.

• Stabilire nessi fra la letteratura e altre discipline espressive.

• Saper cogliere nessi fra il poema dantesco e la letteratura successiva.

Tempo richiesto: 1 h

Svolgimento della lezione

• Introduzione al canto di Ulisse: lettura e commento di Roberto Benigni dei versi 85-142 (13’): www.youtube.com.

• Testi online da ascoltare (da Fresca rosa novella): Ulisse, l’eroe della «conoscenza errante», Inferno XXVI.– Approfondimento: Il canto di Ulisse in Se questo è un uomo, di Primo Levi. Lettura in classe e commento da

parte dell’insegnante.

P. Levi, Se questo è un uomo, Il canto di Ulisse

Il canto di Ulisse. Chissà come e perché mi è venuto in mente: ma non abbiamo tempo di scegliere,

quest’ora già non è più un’ora. Se Jean è intelligente capirà. Capirà: oggi mi sento da tanto.

[…] Chi è Dante. Che cosa è la Commedia. Quale sensazione curiosa di novità si prova, se si cerca di

spiegare in breve che cosa è la Divina Commedia. Come è distribuito l’Inferno, cosa è il contrappasso.

Virgilio è la Ragione, Beatrice è la Teologia. Jean è attentissimo, ed io comincio, lento e accurato:

Lo maggior corno della fiamma antica

Cominciò a crollarsi mormorando,

Pur come quella cui vento affatica.

Indi, la cima in qua e in là menando

Come fosse la lingua che parlasse

Mise fuori la voce, e disse: Quando…

Qui mi fermo e cerco di tradurre. Disastroso: povero Dante e povero francese! Tuttavia l’esperienza

pare prometta bene: Jean ammira la bizzarra similitudine della lingua, e mi suggerisce il termine

appropriato per rendere «antica». E dopo «Quando»? Il nulla. Un buco nella memoria. «Prima che sí

Enea la nominasse». Altro buco. Viene a galla qualche frammento non utilizzabile: «… la piéta Del

vecchio padre, né ’l debito amore Che doveva Penelopè far lieta…» sarà poi esatto?

… Ma misi me per l’alto mare aperto.

Di questo sì, di questo sono sicuro, sono in grado di spiegare a Pikolo, di distinguere perché «misi

me» non è «je me mis», è molto più forte e più audace, è un vincolo infranto, è scagliare se stessi al di

là di una barriera, noi conosciamo bene questo impulso. L’alto mare aperto: Pikolo ha viaggiato per

mare e sa cosa vuol dire, è quando l’orizzonte si chiude su se stesso, libero diritto semplice, e non c’è

ormai che odore di mare: dolci cose ferocemente lontane.

Siamo arrivati al Kraftwerk, dove lavora il Kommando dei posacavi. Ci dev’essere l’ingegner Levi.

Eccolo, si vede solo la testa fuori della trincea. Mi fa un cenno colla mano, è un uomo in gamba, non

l’ho mai visto giù di morale, non parla mai di mangiare.

«Mare aperto». «Mare aperto». So che rima con «diserto»: «… quella compagna Picciola, dalla qual

non fui diserto», ma non rammento più se viene prima o dopo. E anche il viaggio, il temerario viaggio

al di là delle colonne d’Ercole, che tristezza, sono costretto a raccontarlo in prosa: un sacrilegio. Non

ho salvato che un verso, ma vale la pena di fermarcisi:

… Acciò che l’uom più oltre non si metta.

«Si metta»: dovevo venire in Lager per accorgermi che è la stessa espressione di prima, «e misi me».

Ma non ne faccio parte a Jean, non sono sicuro che sia una osservazione importante. Quante altre

cose ci sarebbero da dire, e il sole è già alto, mezzogiorno è vicino. Ho fretta, una fretta furibonda.

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Ecco, attento Pikolo, apri gli orecchi e la mente, ho bisogno che tu capisca:

Considerate la vostra semenza:

Fatti non foste a viver come bruti,

Ma per seguir virtute e conoscenza.

Come se anch’io lo sentissi per la prima volta: come uno squillo di tromba, come la voce di Dio.

Per un momento, ho dimenticato chi sono e dove sono.

Pikolo mi prega di ripetere. Come è buono Pikolo, si è accorto che mi sta facendo del bene. O forse

è qualcosa di più: forse, nonostante la traduzione scialba e il commento pedestre e frettoloso, ha

ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in travaglio, e noi in

specie; e che riguarda noi due, che osiamo ragionare di queste cose con le stanghe della zuppa sulle

spalle.

Li miei compagni fec’io sí acuti…

… mi sforzo, ma invano, di spiegare quante cose vuol dire questo «acuti». Qui ancora una lacuna,

questa volta irreparabile. «… Lo lume era di sotto della luna» o qualcosa di simile; ma prima?…

Nessuna idea, «keine Ahnung» come si dice qui. Che Pikolo mi scusi, ho dimenticato almeno quattro

terzine.

– Ça ne fait rien, vas-y tout de même.

… Quando mi apparve una montagna, bruna

Per la distanza, e parvemi alta tanto

Che mai veduta non ne avevo alcuna.

Sì, sì, «alta tanto», non «molto alta», proposizione consecutiva. E le montagne, quando si vedono di

lontano… le montagne… oh Pikolo, Pikolo, di’ qualcosa, parla, non lasciarmi pensare alle mie monta-

gne, che comparivano nel bruno della sera quando tornavo in treno da Milano a Torino!

Basta, bisogna proseguire, queste sono cose che si pensano ma non si dicono. Pikolo attende e mi

guarda. Darei la zuppa di oggi per saper saldare «non ne avevo alcuna» col finale. Mi sforzo di rico-

struire per mezzo delle rime, chiudo gli occhi, mi mordo le dita: ma non serve, il resto è silenzio. Mi

danzano per il capo altri versi: «… la terra lagrimosa diede vento…» no, è un’altra cosa. È tardi, è

tardi, siamo arrivati alla cucina, bisogna concludere:

Tre volte il fe’ girar con tutte l’acque,

Alla quarta levar la poppa in suso

E la prora ire in giù, come altrui piacque…

Trattengo Pikolo, è assolutamente necessario e urgente che ascolti, che comprenda che questo «come

altrui piacque», prima che sia troppo tardi, domani lui o io possiamo essere morti, o non vederci mai

più, devo dirgli, spiegargli del Medioevo, del così umano e necessario e pure inaspettato anacroni-

smo, e altro ancora, qualcosa di gigantesco che io stesso ho visto ora soltanto, nell’intuizione di un

attimo, forse il perché del nostro destino, del nostro essere oggi qui…

Siamo ormai nella fila per la zuppa, in mezzo alla folla sordida e sbrindellata dei porta-zuppa degli

altri Kommandos. I nuovi giunti ci si accalcano alle spalle. – Kraut und Rueben? – Kraut und Rueben

–. Si annunzia ufficialmente che oggi la zuppa è di cavoli e rape: – Choux et nevets. –

Kaposzta és répak.

Infin che ‘l mar fu sopra noi richiuso.

– Giovanni Succi legge Primo Levi a teatro il 27 gennaio 2012, giorno della memoria (www.youtube.com).

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• Iconografia dell’episodio di Ulisse e Diomede.1 Miniatura tratta dal Codex Altonensis del 1385 ca (Amburgo, Bibliothek des Gymnasiums Christaneum).

2 Gustave Doré, Virgilio mostra a Dante i dannati della bolgia dei consiglieri fraudolenti.

Interpretazione

• Nella definizione del personaggio di Ulisse Dante si basa sulle caratteristiche che erano state definite da Omero, ma le interpreta diversamente. Rifletti su questa considerazione.

• «Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza»: com-menta la terzina più famosa di questo canto, concentrandoti anche sulla tua personale ricerca della conoscenza, odierna e futura.

• Anche oggi la cieca fiducia nelle capacità dell’uomo e della scienza porta a nuovi esperimenti scientifici: spesso l’uomo non sa fermarsi di fronte ai propri limiti. Esponi le tue considerazioni in proposito.

3 William Blake, Ulisse e Diomede.

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5 Petrarca, Solo et pensoso i piú deserti campi (Rvf, 35)Obiettivi della lezione

• Ascoltare, tramite la lettura di un attore, il sonetto.

• Comprenderne il messaggio.

• Saper cogliere gli elementi di novità apportati da Petrarca alla lirica d’amore.

• Saper cogliere l’aspetto ritmico-musicale del sonetto.

• Riflettere sull’innovazione della poesia introspettiva, fondante per la lirica moderna.

• Approfondire le caratteristiche di Petrarca poeta e uomo.

Prerequisiti

• Conoscere l’autore e il contesto di riferimento.

• Conoscere l’opera nei suoi aspetti essenziali.

Tempo richiesto: 2 h

Svolgimento della lezione

• Ascolto della lettura del sonetto (www.youtube.com).

• Focalizzazione sul contenuto: – «Un autoritratto in forma di sonetto», videolezione della prof. Paola Rocchi (3:31);– parafrasi e spiegazione dei versi da parte dell’insegnante con la collaborazione degli studenti (utilizzo della

palette degli strumenti: parafrasi, sottolineatura di parole chiave, passaggi testuali, figure retoriche) (20’);– «Solitudine o vita solitaria?», videolezione della prof. Paola Rocchi (3’);

• Focalizzazione sull’aspetto ritmico-musicale della poesia:– «Passi e pensieri», videolezione della prof. Paola Rocchi (2:34); – «Il sonetto come spartito musicale», videolezione della prof. Paola Rocchi (7:46);

• Approfondimento sulla figura del malinconico:– «Il ritratto del poeta malinconico», videolezione della prof. Paola Rocchi; – commento di immagini: Jacob de Gheyn, La melanconia, incisione e Albrecht Dürer, Melanconia, incisione

(15’).

• Spunti di approfondimento:– la natura come specchio dell’interiorità fra Settecento e Ottocento, in arte e letteratura.

1 Caspar David Friedrich, Monaco in riva al mare, 1809, olio su tela (Berlino, Alte Nationalgalerie).

La figura umana appare piccola e insignificante di fronte all’immensità della natura: la percezione di impotenza provoca nell’individuo uno struggimento che trova corrispondenza nel paesaggio. Il mare in questo contesto non è più solo uno sfondo naturale, ma si fa manifestazione dello stato d’animo del monaco e diventa interlocu-tore della sua anima.

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Nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo (1802) il protagonista soffre per un amore impossibile e fatica a riconoscersi nel mondo e nella società che lo circonda. Trova sfogo in una natura impervia, che partecipa in qual-che modo alla sua disperazione e che riflette il suo stato d’animo tormentato.

Alfine eccomi in pace! – Che pace? stanchezza, sopore di sepoltura. Ho vagato per queste montagne.

Non v’è albero, non tugurio, non erba. Tutto è bronchi; aspri e lividi macigni; e qua e là molte croci

che segnano il sito de’ viandanti assassinati. – Là giù è il Roja, un torrente che quando si disfanno i

ghiacci precipita dalle viscere delle Alpi, e per gran tratto ha spaccato in due questa immensa mon-

tagna. V’è un ponte presso alla marina che ricongiunge il sentiero. Mi sono fermato su quel ponte,

e ho spinto gli occhi sin dove può giungere la vista; e percorrendo due argini di altissime rupi e di

burroni cavernosi, appena si vedono imposte su le cervici dell’Alpi altre Alpi di neve che s’immergono

nel Cielo e tutto biancheggia e si confonde – da quelle spalancate Alpi cala e passeggia ondeggiando

la tramontana, e per quelle fauci invade il Mediterraneo. La Natura siede qui solitaria e minacciosa,

e caccia da questo suo regno tutti i viventi.

(U. Foscolo, Le ultime lettere di Jacopo Ortis)

– «La solitudine nella folla», videolezione della prof. Paola Rocchi (3:45).

Verifica percorso

• «Ciò che è veramente importante è non fuggire da noi stessi, mantenere vivo un sincero atteggiamento di vici-nanza, senza riserve, a quell’interiorità personale, essenziale, che ci condiziona e ci definisce. […] Perciò l’onestà, il dialogo quotidiano con noi stessi, deve diventare un’abitudine quotidiana, alla quale dedicarsi con naturalezza, con nessuno sforzo» (J. Campos Herrero).Commenta la citazione con riflessioni derivanti dalla tua esperienza personale.

• Delle opere e della personalità di Petrarca sono state proposte due interpretazioni critiche diverse: alcuni studio-si come Edoardo Sanguineti (vol. 1A, sez. 5, cap. 1, p. 328) hanno legato l’esperienza petrarchesca ancora alla cul-tura medioevale; altri invece hanno sottolineato soprattutto il carattere innovativo del suo profilo intellettuale e delle sue scelte poetiche (vol. 1A, sez. 5, cap. 2, p. 331). Quale delle due ipotesi critiche ritieni più interessante e fondata? Argomenta la tua scelta con opportune motivazioni e con riferimenti ai testi letti.

• Il poeta vaga per la campagna in cerca di luoghi deserti perché chiunque, osservando la tristezza dei suoi gesti e del suo volto, si accorgerebbe che soffre per amore. Ovunque vada però Amore lo accompagna e “ragiona” con lui. Ti è mai capitato di vivere questa impossibilità di tenersi lontano da un pensiero, da una preoccupazione, da un dispiacere? Racconta la tua esperienza.

Per approfondire

M. Santagata, Il copista, Sellerio, Palermo 2000: il romanzo racconta la vita ritirata ad Arquà e i tormenti di Pe-trarca, ormai anziano.L. e G. Chieli, Franciscus. La vita del Petrarca a fumetti, Le Balze, Grosseto 2005.

6 Boccaccio, Andreuccio da Perugia (Decameron, II, 5)Obiettivi della lezione

• Ascoltare il testo, tramite la lettura espressiva di qualche passo.

• Arricchire, tramite immagini e approfondimenti, la comprensione del testo.

• Mettere in relazione il testo letterario e i dati biografici dell’autore.

• Stabilire nessi fra la letteratura e altre discipline espressive.

• Riconoscere aspetti innovativi dell’opera di Boccaccio rispetto alla produzione precedente.

• Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comunicativi.

Prerequisiti

Visto il carattere di approfondimento della lezione è richiesta una lettura e spiegazione preventiva delle novelle da parte dell’insegnante, oltre che un’introduzione all’autore e all’opera. Nelle videolezioni è comunque presente la lettura dei passi maggiormente rilevanti della novella.

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Svolgimento della lezione

• Introduzione all’opera e alla novella: – «La commedia umana del Decameron», videolezione del prof. Corrado Bologna (1:45);– Immagini: La peste a Firenze, Decameron, 1430 circa (su Dvd);– «Andreuccio da Perugia: l’argomento», videolezione del prof. Corrado Bologna (4:50).

• Focalizzazione su Napoli, luogo della novella:– «Boccaccio e Napoli», videolezione del prof. Corrado Bologna (3:06); – Immagini: Alessandro Magnasco, Mercato; miniatura tratta dal Roman de Renart (su Dvd);– videoclip di Dario Fo, «Dario Fo racconta il Decameron» (1:29).– Approfondimento: dall’archivio Rai, una puntata del programma Passepartout di Philippe Daverio, Napoli an-

gioina, utile per approfondire il contesto storico-culturale della formazione di Boccaccio a Napoli (www.rai.tv/dl/RaiTV/).

– Approfondimento sull’inganno: «Andreuccio da Perugia: l’inganno», videolezione del prof. Corrado Bologna (4:47);– «La città tra libertà e insidia», videolezione del prof. Corrado Bologna (2:19).

• Dalla novella al grande schermo, il Decameron di Pier Paolo Pasolini:– «Napoli “personaggio” protagonista del Decameron», videolezione del prof. Corrado Bologna (2:15);– P.P. Pasolini, Decameron (videoclip, 1:41);– Immagini: Ninetto Davoli, nei panni di Andreuccio (su Dvd);– «Le voci di Napoli», videolezione del prof. Corrado Bologna (5:06);– Immagini: la cappella Capece Minutolo in cui il 24 ottobre 1301 fu seppellito l’arcivescovo Filippo Minutolo;

Andreuccio da Perugia, incisione (su Dvd).

• Conclusione della novella: – «La novella di Andreuccio come romanzo di formazione», videolezione del prof. Corrado Bologna (3:41);– Immagini: Andreuccio nell’arca del vescovo, fotogramma dal Decameron di Pasolini; illustrazione di Tito Lessi

per la novella.

Verifica e interpretazione

• Scrivi, basandoti sui cinque sensi, una breve ma accurata descrizione sulla caduta di Andreuccio nel chiassetto, che funge da scarico della latrina e sul suo vano tentativo di rientrare nella casa di madama Fiordaliso.

• Il furto sacrilego nella tomba dell’arcivescovo Filippo Minutolo, avvenuto nello stesso giorno della sua sepoltura, viene scoperto a Napoli il giorno successivo, il 25 ottobre 1301. Scrivi un articolo di giornale in cui il punto cen-trale della notizia sarà il rinvenimento della tomba violata, gli indizi presenti nel duomo napoletano e le indagini appena partite che mirano a risalire agli autori del furto. Prima di scrivere completa lo schema delle 5W, inven-tando laddove occorre, in modo che non manchi nessun aspetto alla completezza della notizia.

• Le leggi che dominano in questa novella sono quelle dell’arricchimento, della truffa, del furto e le azioni sono compiute in nome del denaro. La bella siciliana non esita a fingere sentimenti di fratellanza pur di appropriarsi della borsa dei denari di Andreuccio, come nella stessa notte due bande diverse di ladri entrano nel Duomo di Na-poli per spogliare di ori e gioielli la salma appena inumata dell’arcivescovo. Trovi elementi di attualità in quest’as-senza di valori in nome del denaro? Esponi le tue considerazioni in proposito facendo riferimento a fatti concreti.

7 Boccaccio, Lisabetta da Messina (Decameron, IV, 5)Obiettivi della lezione

• Ascoltare il testo, tramite la lettura espressiva.

• Arricchire, tramite immagini e approfondimenti, la comprensione del testo.

• Stabilire nessi fra la letteratura e altre discipline espressive.

• Svolgere l’analisi linguistica e stilistica del testo e ricollegarlo al genere di riferimento.

• Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comunicativi.

Prerequisiti

• Conoscere l’autore e il contesto di riferimento.

• Conoscere l’opera.

Tempo richiesto: 1 h

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Svolgimento della lezione

• Focalizzazione sul contenuto (30’):– Ascolto della novella: dal sito www.liberliber.it lettura in mp3 della novella (12:10).– Parafrasi e spiegazione del testo da parte dell’insegnante con la collaborazione degli studenti (utilizzo della

palette degli strumenti: creazione note, sottolineatura di parole chiave, passaggi testuali…).

• Focalizzazione sulla struttura del testo (20’):– divisione in sequenze;– definizione dei personaggi;– luoghi della narrazione;– tempi della narrazione;– scelte narrative (la descrizione dei preparativi e dei dettagli dell’incontro fungono da elementi ritardanti che

accentuano la suspance).

• Approfondimento (10’):– Iconografia:

Immagine a p. 542 sul libro di testo. John Everett Millais, Isabella (Decameron, IV, 5), 1849 (Liverpool, Walker Art Gallery), p. 607b.

1 William Holman Hunt, Lisabetta e il vaso di basilico, 1867, olio su tela (Newcastle, Laing Art Gallery).

• Dalla novella al grande schermo, il Decameron di Pier Paolo Pasolini:– sequenza dal film, Dvd di Enrico Galimberti, in dotazione con il libro di testo.

Verifica e interpretazione

• Inizialmente Lisabetta non sa che il motivo della scomparsa di Lorenzo è l’omicidio perpetrato dai suoi fratelli. Scrivi una lettera d’amore in cui Lisabetta chiede al suo amato il perché della sua assenza, gli fa presen-te la disperazione nella quale è caduta da quando lui non è tornato e gli rinnova le sue promesse di amore eterno.

• L’amore appassionato di Lorenzo e Lisabetta si contrappone alla logica mercantile dei fratelli di lei. Scrivi un testo argomentativo in cui, in prima persona, riporti il pensiero di uno dei fratelli di Lisabetta e le sue motivazioni all’atroce delitto di Lorenzo.

• La novella offre interessanti spunti di documentazione su quella che era la condizione della donna in un’agiata famiglia di mercanti del Trecento. Scrive un breve testo in cui illustri questa condizione femminile così come emerge dai particolari presenti nella novella.

8 Boccaccio, Simona e Pasquino (Decameron, IV, 7)Durante la quarta giornata dedicata agli «amori che ebbero infelice fine» Boccaccio fa raccontare da Emilia una vicenda singolare, ambientata nella società fiorentina del suo tempo: la passione amorosa di due giovani popola-ni, due lavoratori salariati dell’arte della lana. La narratrice introducendo la novella sottolinea che «lo ’mperio di Amore» visita «volentieri le case de’ nobili» ma non rifiuta «quelle de’ poveri»: la vicenda tragica di amore e morte è tradizionalmente propria di personaggi di alto ceto sociale, ma sarà proprio la passione di Simona e Pasquino a elevarli al rango più elevato, esaldandone la vitalità e i sentimenti.

Obiettivi della lezione

• Ascoltare il testo, tramite la lettura espressiva.

• Arricchire, tramite immagini e approfondimenti, la comprensione del testo.

• Stabilire nessi fra la letteratura e altre discipline espressive.

• Svolgere l’analisi linguistica e stilistica del testo e ricollegarlo al genere di riferimento.

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Prerequisiti

• Conoscere l’autore e il contesto di riferimento.

• Conoscere l’opera.

Tempo richiesto: 1 h

Svolgimento della lezione

• Focalizzazione sul contenuto (30’).

• Ascolto della novella dal sito www.liberliber.it lettura in mp3 della novella (12:19).

• Parafrasi e spiegazione del testo da parte dell’insegnante con la collaborazione degli studenti (utilizzo della pa-lette degli strumenti: creazione note, sottolineatura di parole chiave come i verbi sollecitare e filare, passaggi testuali…):

[…] quantunque Amor volentieri le case de’ nobili uomini abiti, esso per ciò non rifiuta lo ‘mperio di

quelle de’ poveri, anzi in quelle sì alcuna volta le sue forze dimostra, che come potentissimo signore

da’ più ricchi si fa temere. Il che, ancora che non in tutto, in gran parte apparirà nella mia novella, con

la qual mi piace nella nostra città rientrare, della quale questo dí, diverse cose diversamente parlan-

do, per diverse parti del mondo avvolgendoci cotanto allontanati ci siamo. Fu adunque, non è ancora

gran tempo, in Firenze una giovane assai bella e leggiadra secondo la sua condizione, e di povero

padre figliuola, la quale ebbe nome Simona: e quantunque le convenisse con le proprie braccia il pan

che mangiar volea guadagnare e filando lana sua vita reggesse, non fu per ciò di sí povero animo che

ella non ardisse a ricevere amore nella sua mente, il quale con gli atti e con le parole piacevoli d’un

giovinetto di non maggior peso di lei, che dando andava per un suo maestro lanaiuolo lana a filare,

buona pezza mostrato aveva di volervi entrare. Ricevutolo adunque in sé col piacevole aspetto del

giovane che l’amava, il cui nome era Pasquino, forte disiderando e non attentando di far più avanti,

filando a ogni passo di lana filata che al fuso avvolgeva mille sospiri più cocenti che fuoco gittava,

di colui ricordandosi che a filar gliele aveva data. Quegli dall’altra parte molto sollecito divenuto che

ben si filasse la lana del suo maestro, quasi quella sola che la Simona filava, e non alcuna altra, tutta

la tela dovesse compiere, più spesso che l’altre era sollecitata. Per che, l’un sollecitando e all’altra

giovando d’esser sollecitata, avvenne che l’un più d’ardir prendendo che aver non solea, e l’altra molta

della paura e della vergogna cacciando che d’avere era usata, insieme a’ piacer comuni si congiunso-

no; li quali tanto all’una parte e all’altra aggradirono, che, non che l’uno dall’altro aspettasse d’essere

invitato a ciò, anzi a dovervi essere si faceva incontro l’uno all’altro invitando. E così questo lor piacer

continuando d’un giorno in un altro e sempre più nel continuare accendendosi, avvenne che Pasqui-

no disse alla Simona che del tutto egli voleva che ella trovasse modo di poter venire a un giardino,

là dove egli menar la voleva, acciò che quivi più a agio e con men sospetto potessero essere insieme.

La Simona disse che le piaceva; e, dato a vedere al padre, una domenica dopo mangiare, che andar

voleva alla perdonanza1 a San Gallo, con una sua compagna chiamata la Lagina al giardino statole da

Pasquino insegnato se n’andò, dove lui insieme con un suo compagno, che Puccino avea nome ma era

chiamato lo Stramba, trovò; e quivi fatto uno amorazzo tra lo Stramba e la Lagina, essi a far de’ lor

piaceri in una parte del giardin si raccolsero, e lo Stramba e la Lagina lasciarono in un’altra. Era in

quella parte del giardino, dove Pasquino e la Simona andati se n’erano, un grandissimo e bel cesto2

di salvia: a piè della quale postisi a sedere e gran pezza sollazzatisi insieme e molto avendo ragionato

d’una merenda che in quello orto a animo riposato intendevan di fare, Pasquino, al gran cesto della

salvia rivolto, di quella colse una foglia e con essa s’incominciò a stropicciare i denti e le gengie3, di-

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1 perdonanza: indulgenza, perdono; in questa sede si riferisce al rito penitenziale che si svolgeva la prima domenica del mese

nella chiesa fuori porta San Gallo.2 cesto: dal latino cisthus (greco: kís-thos), cespo, cespuglio.

3 gengie: gengive.

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cendo che la salvia molto ben gli nettava d’ogni cosa che sopr’essi rimasa fosse dopo l’aver mangiato.

E poi che così alquanto fregati gli ebbe, ritornò in sul ragionamento della merenda della qual prima

diceva: né guari di spazio perseguì ragionando, che egli s’incominciò tutto nel viso a cambiare, e ap-

presso il cambiamento non stette guari che egli perdé la vista e la parola e in brieve egli si morì. Le

quali cose la Simona veggendo, cominciò a piagnere e a gridare e a chiamar lo Stramba e la Lagina;

li quali prestamente là corsi e veggendo Pasquino non solamente morto ma già tutto enfiato e pieno

d’oscure macchie per lo viso e per lo corpo divenuto, subitamente gridò lo Stramba: «Ahi malvagia

femina, tu l’hai avvelenato!» E fatto il romor grande, fu da molti che vicini al giardino abitavan sen-

tito; li quali corsi al romore e trovando costui morto e enfiato e udendo lo Stramba dolersi e accusar

la Simona che con inganno avvelenato l’avesse, e ella, per lo dolore del subito accidente che il suo

amante tolto avesse quasi di sé uscita, non sappiendosi scusare, fu reputato da tutti che così fosse

come lo Stramba diceva. Per la qual cosa presola, piagnendo ella sempre forte, al palagio del podestà

ne fu menata. Quivi, prontando lo Stramba e l’Atticciato e ’l Malagevole, compagni di Pasquino che

sopravenuti erano, un giudice, senza dare indugio alla cosa, si mise a essaminarla del fatto; e non

potendo comprendere costei in questa cosa avere operata malizia né essere colpevole, volle, lei pre-

sente, vedere il morto corpo e il luogo e ’l modo da lei raccontatogli, per ciò che per le parole di lei

nol comprendeva assai bene. Fattola adunque senza alcun tumulto colà menare dove ancora il corpo

di Pasquino giaceva gonfiato come una botte, e egli appresso andatovi, maravigliatosi del morto, lei

domandò come stato era. Costei, al cesto della salvia accostatasi e ogni precedente istoria avendo

raccontata, per pienamente dargli a intendere il caso sopravenuto, così fece come Pasquino avea

fatto, una di quelle foglie di salvia fregatasi a’ denti. Le quali cose mentre che per lo Stramba e per

l’Atticciato e per gli altri amici e compagni di Pasquino sì come frivole e vane in presenzia del giudice

erano schernite, e con più istanzia la sua malvagità accusata, niuna altra cosa per lor domandandosi

se non che il fuoco fosse di così fatta malvagità punitore, la cattivella4, che dal dolore del perduto

amante e dalla paura della dimandata pena dallo Stramba ristretta stava e per l’aversi la salvia

fregata a’ denti, in quel medesimo accidente cadde che prima caduto era Pasquino, non senza gran

maraviglia di quanti eran presenti. O felici anime, alle quali in un medesimo dì adivenne il fervente

amore e la mortal vita terminare! e più felici, se insieme a un medesimo luogo n’andaste! e felicissime,

se nell’altra vita s’ama e voi v’amate come di qua faceste! Ma molto più felice l’anima della Simona

innanzi tratto, quanto è al nostro giudicio che vivi dietro a lei rimasi siamo, la cui innocenzia non patì

la fortuna, che sotto la testimonianza cadesse dello Stramba e dell’Atticciato e del Malagevole, forse

scardassieri5 o più vili uomini, più onesta via trovandole con pari sorte di morte al suo amante a svi-

lupparsi dalla loro infamia e a seguitar l’anima tanto da lei amata del suo Pasquino. Il giudice, quasi

tutto stupefatto dell’accidente insieme con quanti ve n’erano, non sappiendo che dirsi, lungamente

soprastette; poi, in miglior senno rivenuto, disse: «Mostra che questa salvia sia velenosa, il che della

salvia non suole avvenire. Ma acciò che ella alcuno altro offender non possa in simil modo, taglisi

infino alle radici e mettasi nel fuoco». La qual cosa colui che del giardino era guardiano in presenza

del giudice faccendo, non prima abbattuto ebbe il gran cesto in terra, che la cagione della morte de’

due miseri amanti apparve. Era sotto il cesto di quella salvia una botta6 di maravigliosa grandezza,

dal cui venenifero fiato avvisarono quella salvia esser velenosa divenuta. Alla qual botta non avendo

alcuno ardire d’appressarsi, fattale dintorno una stipa7 grandissima, quivi insieme con la salvia l’ar-

sero: e fu finito il processo di messer lo giudice sopra la morte di Pasquin cattivello. Il quale insieme

con la sua Simona, così enfiati com’erano, dallo Stramba e dall’Atticciato e da Guccio Imbratta e dal

Malagevole furono nella chiesa di San Paolo sepelliti, della quale per avventura erano popolani.

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4 cattivella: dal latino captivus (= pri-gioniero), di uso letterario, significa mi-sera, infelice.5 scardassiere: colui che era addetto

alla scardassatura, cioè alla pettinatu-ra, della lana con lo scardasso (= arnese a denti uncinati).6 botta: o bodda, parola di etimo incerto,

significa rospo.7 stipa: dal latino stipa (= “paglia”) indica l’insieme di sterpi, rami secchi e simili uti-lizzati per accendere il fuoco.

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• Focalizzazione sulla struttura del testo (20’):

– divisione in sequenze;

– definizione dei personaggi;

– luoghi della narrazione;

– tempi della narrazione;

– scelte narrative (la descrizione dei preparativi e dei dettagli dell’incontro fungono da elementi ritardanti che

accentuano la suspense).

• Approfondimento (10’):

– Iconografia:

1 Miniatura nel manoscritto 5070, Bibliothèque de l’Arsenal, Paris.

– Il rospo nei bestiari medioevali, animale prevalentemente notturno e mortifero (certosa.cineca.it/chiostro/simboli.php).

Verifica della comprensione

• Quale maleficio ha trasformato il cespuglio da protettiva fonte di riposo e di frescura (salvia è termine latino che significa salvezza) a elemento di morte?

• Qual è la posizione ideologica di Boccaccio nei confronti della classe sociale cui appartengono i due protagonisti della novella?

• Chi è il narratore della novella e quali registri linguistici adotta?

• Quale valore assumono i verbi sollicitare e filare più volte utilizzati?

• Per quale motivo il giudice effettua un sopralluogo nel giardino dove era morto Pasquino?

9 Ariosto, Orlando furiosoIn questa lezione sul poema ariostesco vengono proposti quattro percorsi: la figura di Angelica da Boiardo ad Ariosto, la pazzia di Orlando, il tema del labirinto e il castello di Atlante, Astolfo sulla Luna. Visto il carattere di approfondimento della lezione è richiesta una lettura e spiegazione preventiva dei canti o di parte di essi, oltre che un’introduzione all’autore e all’opera da parte dell’insegnante.

Obiettivi della lezione

• Ascoltare il testo, tramite la lettura espressiva.

• Arricchire, tramite immagini e approfondimenti, la comprensione del testo.

• Stabilire nessi fra la letteratura e altre discipline espressive.

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• Collegare tematiche letterarie a fenomeni della contemporaneità.

• Cogliere nei testi l’eco dei modelli ispiratori.

• Mettere in relazione l’opera con la letteratura successiva.

• Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comunicativi.

Tempo richiesto: 2 h

Svolgimento della lezione

• La fuga di Angelica– «In principio c’è solo una ragazza che fugge», videolezione del prof. Corrado Bologna (4:25);– «Corrò la fresca e matutina rosa», lettura di I, vv. 58-59 e «Un poema di inseguimenti», commento del prof.

Corrado Bologna (5:04);– Ermanno Cavazzoni, scrittore e sceneggiatore italiano: approfondimento sui luoghi del poema ariostesco (3:18).

• La pazzia di Orlando– G. Cuticchio, puparo, La pazzia di Orlando (2:16);– «Un paladino pazzo furioso», videolezione del prof. Corrado Bologna (3:15);– Immagini: Tiepolo, Angelica cura Medoro e Angelica incide il nome di Medoro; illustrazione di Filippo Pi-

strucci per il XXIII dell’Orlando furioso;– «La linea Boiardo-Ariosto-Cervantes», del prof. Edoardo Sanguineti (1:14).

• Approfondimento: Dal sito di Rai Scuola, un episodio dello sceneggiato televisivo tratto dal poema di Ariosto, con la regia di Luca Ron-coni e sceneggiatura di Edoardo Sanguineti (1975): Angelica e Medoro (canto XIX); si tratta di un adattamento dello spettacolo teatrale allestito nel 1969 (www.raiscuola.rai.it) (6:39)

• Il castello di Atlante– «Il labirinto della narrazione», videolezione del prof. Corrado Bologna (3:00); – Immagini: G. Doré, Il palazzo incantato del mago Atlante e Il mago Atlante torna al suo castello; M. Escher,

Relatività.

• Astolfo sulla Luna– estratto: L. Ronconi, E. Sanguineti, Orlando furioso, 1969 (1:18);– «Astolfo sulla Luna», videolezione del prof. Corrado Bologna (5:18);– Immagini: foto di scena dallo spettacolo di Ronconi-Sanguineti, Astolfo sull’ippogrifo, 1969; G. Doré, Astolfo

in viaggio verso la luna;– estratto dal film di George Méliès, Le voyage dans la lune, Francia 1902 (1:53).

• Approfondimento: Dall’archivio Rai, per “Radio3 suite”, Che fai tu luna in ciel?: una riflessione del prof. Corrado Bologna sul dialo-go a distanza tra Ariosto e Leopardi, che, in una delle sue Operette morali, Il dialogo della terra e della luna, ironizza con il canto XXXIV dell’Orlando Furioso (www.rai.tv/dl/RaiTV/).

Verifica e interpretazione

• «Ognuno in fondo perso dietro ai fatti suoi…»: questo verso di una famosa canzone di Vasco Rossi esprime il comportamento dei vari personaggi del I canto del poema. Spiegalo con riferimenti al testo.

• Immagina la lettera che Boiardo avrebbe potuto scrivere a Ludovico Ariosto dopo aver letto il Furioso, che si presenta come continuazione al suo Innamorato. Scrivi anche la risposta di Ariosto. I due, nelle loro discussioni, trattano anche della vita di corte e della funzione e del comportamento del cortigiano.

• Orlando si dirige al castello di Atlante perché da lì proviene l’illusorio richiamo di aiuto della donna che ama. Ma il castello è un labirinto, dove i protagonisti del poema restano intrappolati. Quanti palazzi si possono riconosce-re al giorno d’oggi nel palazzo di Atlante? Quanti spazi architettati per proiettare le più incredibili illusioni, per convincere a comprare questo o quel prodotto? Prova ad attualizzare, considerando quali illusioni potrebbero guidare l’uomo contemporaneo nel castello di Atlante.

Per approfondire

Italo Calvino, Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino.

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10 Tasso, Tancredi e Clorinda (Gerusalemme liberata, XII)Obiettivi della lezione

• Approfondire le conoscenze sul genere del poema epico.

• Comprendere il messaggio del testo.

• Approfondire e ampliare il messaggio tramite immagini.

• Saper cogliere i legami fra arte e letteratura e musica e letteratura.

• Attualizzare attraverso un confronto con la modernità.

Prerequisiti

• Conoscere l’autore e il contesto di riferimento.

• Conoscere l’opera.

Tempo richiesto: 2 h

Svolgimento della lezione

• Introduzione generale al poema: «L’ultimo poema epico», videolezione del prof. Corrado Bologna (4:34).

• Approfondimento sul ciclo pittorico di Tiepolo di Villa Valmarana ai Nani (Vicenza): www.villavalmarana.com/

• Focalizzazione sul contenuto:– Lettura, parafrasi e spiegazione delle ottave sul libro di testo (T4, p. 536 sgg.) da parte dell’insegnante (40’);– Commento di immagini che illustrano l’episodio:

1 Ambroise Dubois, Il battesimo di Clo-rinda, 1601-06, olio su tela (Fontaine-bleau, Musée National du Château).

2 Domenico Tintoretto, Tancredi bat-tezza Clorinda, 1586-1600, olio su tela (Houston, Museum of Fine Arts).

• Focalizzazione sulla forma:– «Il “visibile” parlare di Torquato Tas-

so», videolezione del prof. Corrado Bo-logna (4:14);

– «Il battesimo di Clorinda», Tintoretto nel commento di Giulio Carlo Argan (in internet).

• Focalizzazione sull’aspetto ritmico-musicale delle ottave:

– «La Gerusalemme liberata di Monteverdi», videolezione del prof. Corrado Bologna (3:58); – «La musica della Gerusalemme liberata», videolezione del musicologo Marco Bernardi (3:05).

• Spunti di approfondimento:– «Tasso, il musico della malinconia», videolezione del prof. Corrado Bologna (3:22).

• Spunti di attualizzazione:– «Il mito della donna guerriera: dalle Amazzoni a Lara Croft». Fai una ricerca su internet e scrivi un articolo sul giornalino scolastico su questo tema.

Verifica percorso

• Confronta questo passo con altri testi, antichi o moderni, in cui compare il tema amore/morte e scrive un breve saggio su questo tema.

• Clorinda in questo episodio lotta per la sua identità e si tratta di un percorso difficile e impegnativo: come valuti questo tentativo di raggiungere l’autenticità?

• La teoria del «parlar disgiunto» fu utilizzata da Tasso in poesia e in seguito venne adottata da pittori attivi negli anni Settanta e Ottanta del Cinquecento, che operarono una profonda rivoluzione sul concetto stesso della rap-presentazione, basata non più soltanto sulla composizione tradizionale di contorno e chiaroscuro, ma attraverso accostamenti derivanti da «unioni e dipendenza dei sensi». Cerca su internet informazioni in proposito.

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Il rapporto tra la scuola e le tecnologie della comunicazioneOrmai da più di vent’anni è iniziato il rapporto tra la scuola e gli strumenti di insegnamento/apprendimento offerti dai mezzi di comunicazione elettronica. All’inizio degli anni Novanta, al tempo dei floppy disk, i primi corsi di alfabetizzazione informatica rivolti ai docenti spaziavano dalla creazione e gestione delle cartelle all’uso dei siste-mi di video scrittura, dall’impiego di rudimentali ambienti di apprendimento alla progettazione e costruzione di ipertesti. Nel corso degli anni successivi, gli insegnanti hanno dovuto fronteggiare l’espansione del Web, ma anche imparare a sfruttarne in chiave didattica le potenzialità, fino ad arrivare alle espansioni online e alla LIM, corredo multimediale indispensabile di ogni pubblicazione scolastica.

Eppure, nonostante la diffusione delle tecnologie della comunicazione nella vita quotidiana e la virtualizza-zione degli scambi, pochissimi docenti hanno inserito le risorse digitali nella didattica quotidiana e solo alcuni vi ricorrono occasionalmente, in verità spesso senza un progetto. Per la schiacciante maggioranza degli insegnanti, e di conseguenza per i loro allievi, carta e penna continuano a essere gli unici strumenti di studio e di lavoro. La scuola si mostra non solo impermeabile ma spesso anche ostile agli inviti che provengono da più parti a prendere atto dei cambiamenti intervenuti negli ultimi vent’anni, arroccata nella difesa di un modello ormai inadeguato di trasmissione culturale.

L’uso didattico delle tecnologieDietro i banchi delle nostre aule siedono i cosiddetti “nativi digitali”, bambini diventati adolescenti digitando le tastiere dei nuovi strumenti di comunicazione e frequentando gli spazi immateriali di interazione sociale e perso-nale. Spesso però ciò è accaduto senza la necessaria consapevolezza critica. È indispensabile, perciò, che a scuola si introducano nuovi dispositivi didattici che non solo siano adeguati all’universo digitale ma ad esso preparino, in-segnando a riconoscerne e sfruttarne le opportunità. Non si tratta di piegarsi passivamente alle esigenze e ai gusti degli allievi né di trasformare opportunisticamente i programmi informatici e il Web in forme di intrattenimento, volte esclusivamente a conquistare l’interesse dei giovani.

Non si chiede ai docenti di sacrificare il proprio compito educativo e culturale sull’altare di un’acritica adesione alla contemporaneità, ma di considerare le tecnologie della comunicazione come alleate indispensabili della scuola delle competenze. Ormai è illusorio credere di fornire agli studenti conoscenze e competenze disciplinari e compe-tenze di cittadinanza senza ricorrere a nuove modalità di insegnamento e apprendimento. I sistemi di istruzione e di formazione non possono restare immobili dinanzi alla velocità con cui invece è cambiata e continua a cambiare la società in cui i giovani stanno crescendo e in cui vivono gli stessi insegnanti. La difesa oltranzista delle proprie caratteristiche e il bisogno di aggrapparsi alla rassicurante routine di libro-quaderno-penna rischiano di inficiare o quantomeno di condannare alla marginalità non solo l’acquisizione delle competenze trasversali ma ormai anche la trasmissione dei saperi disciplinari.

Per salvaguardare la specificità e la validità degli insegnamenti occorre rinnovare modelli e sistemi di riferimento prevedendo nella relazione di apprendimento anche l’impiego stabile delle tecnologie della co-municazione. Non si intende proporre un’alternativa radicale a pratiche didattiche consolidate. Adeguare la scuola alla cosiddetta società dell’informazione non prevede l’eliminazione del rapporto diretto tra insegnan-te e studenti, lo studio cartaceo, la verifica e la certificazione del lavoro svolto. Occorre, invece, compiere un’attenta analisi al fine di individuare i contenuti disciplinari e i contesti educativi che possono trovare nella tecnologia gli strumenti per integrare e migliorare quanto la scuola sta già dando e realizzare quanto di nuovo è possibile.

Lo sviluppo delle conoscenze e delle competenzeLa difesa dei saperi tradizionali passa anche attraverso la capacità degli insegnanti di tenere il passo con l’evo-luzione dei sistemi con cui è possibile trasmetterli e rinnovarli. Però, al contrario di chi sostiene la necessità di abbandonare o quantomeno porre in secondo piano i contenuti disciplinari in nome delle competenze, riteniamo che il ricorso alla tecnologia non debba cancellare le conoscenze, ma valorizzarle applicandole in contesti operativi.

Per quanto più specificamente riguarda l’insegnamento dell’italiano, la finalità deve essere quella di miglio-rare e rinforzare le conoscenze di grammatica e analisi del testo per le medie inferiori e il biennio e di storia letteraria e riflessione sui testi per il triennio così da giungere a una matura e consapevole competenza di lettura. Per ottenere questo obiettivo è fondamentale veicolare i contenuti anche attraverso linguaggi e modalità più vicini all’esperienza di chi popola la scuola (insegnanti compresi) per facilitare non solo l’apprendimento, ma soprattutto

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per contribuire alla costruzione di senso e di significato dell’esperienza scolastica attraverso un reale collegamento con il presente e il proprio vissuto.

L’esperienza quotidiana in classe ci insegna che l’autorevolezza e il fascino di un insegnante e, di conseguenza, parte dell’impegno degli studenti nello studio della sua materia non sono determinati tanto dalla ricchezza della conoscenza disciplinare quanto soprattutto dalla capacità di dare vita e concretezza ai contenuti, di agganciar-li alla realtà affinché non risuonino estranei o addirittura ostili. Perché gli apprendimenti abbiano speranze di apparire significativi e sensati agli occhi degli adolescenti dobbiamo fornire strumenti che trasmettano i saperi valorizzando le loro esperienze di vita. La scuola del futuro ha certamente ancora bisogno di libri e di lavagne non solo multimediali e di insegnanti che non consegnino la loro funzione culturale e umana a un evoluto software didattico, ma non può prescindere dal ricorso alla tecnologia nella misura in cui lo suggerisce il contesto, la materia e lo strumento a disposizione.

Eugenio, uno strumento per gli insegnanti e gli studentiRiteniamo che la via più semplice e immediata per attuare il cambiamento non possa che avvenire attraverso un processo di integrazione ed evoluzione e non una rottura traumatica, peraltro molto lontana non solo dai desideri degli insegnanti ma anche dalle risorse umane e tecniche attualmente a disposizione degli istituti italiani. Occor-re, perciò, prevedere attività che partano dai contenuti e dalle consuete forme di insegnamento/apprendimento previste dalle istituzioni scolastiche, ma che nel contempo sappiano rivitalizzarli e migliorarli con la flessibilità e l’approccio amichevole degli ambienti digitali.

Una risposta a questa esigenza è fornita da Eugenio, il primo tutor adattivo di italiano in rete: un sistema che in un ambito contestualizzato fonde la verifica delle conoscenze grammaticali, testuali e letterarie con la compren-sione, l’analisi e l’interpretazione del testo. Eugenio risponde alle esigenze della didattica delle competenze che è valutabile soltanto in situazione e che prevede un mix integrato fra conoscenze, abilità e qualità personali. La competenza non si riduce alle conoscenze possedute, ma non può prescindere da esse, non si esercita attraverso la riproposizione di un sapere ma con l’impiego delle nozioni in una situazione specifica. Secondo quanto affermato nel Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, una competenza è «la capacità com-provata di utilizzare conoscenze, abilità e disposizioni personali, sociali o metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e per lo sviluppo professionale e personale».

Eugenio offre agli insegnanti:– una classe virtuale semplice da usare e consultare, con cui organizzare esercitazioni e situazioni di apprendi-

mento, alternative agli strumenti consueti della lezione frontale e della verifica cartacea;– un sistema di reportistica che confronta i risultati del singolo rispetto alla classe e rispetto ai suoi risultati

precedenti e che consente di controllare la progressione degli apprendimenti individuali e collettivi e, di con-seguenza, di mettere in atto strategie di differenziazione;

– una costante verifica delle conoscenze e delle competenze acquisite dagli studenti attraverso un sistema di valutazione che sfrutta il quadro di riferimento INVALSI.

Nel contempo, attento alle esigenze degli studenti, il tutor prevede una partecipazione attiva e coinvolgente grazie a un sistema di feed-back che li accompagna gradualmente nella comprensione del testo e ne sollecita il senso di controllo rispetto al compito eseguito. In tal modo, Eugenio favorisce i processi metacognitivi e sviluppa le compe-tenze decisionali (saper valutare, saper compiere e modificare delle scelte, saper risolvere problemi) e diagnostiche (saper analizzare, saper controllare e gestire più variabili, saper individuare e interpretare informazioni).

Per quanto riguarda il rapporto con il regolamento sul nuovo obbligo di istruzione (G.U. n. 202, 31 agosto 2007), l’intervento di Eugenio stimola in modo particolare l’acquisizione di tre fondamentali competenze di base fra le sei previste dall’Asse dei linguaggi:

1) leggere, comprendere e interpretare testi scritti di vario tipo;

2) utilizzare gli strumenti fondamentali per una fruizione consapevole del patrimonio artistico e letterario;

3) utilizzare e produrre testi multimediali.

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L’interfaccia di Eugenio Con l’esclusione della parte superiore in cui sono riportati il nome dell’autore e il titolo del testo, la schermata delle prove di Eugenio è di-visa in due: a sinistra si trova il testo da analiz-zare, mentre a destra compaiono le domande.

Il testoLe dimensioni del carattere sono tali da con-sentirne una comoda lettura e nel caso in cui il brano superi la lunghezza della pagina è possibile visualizzarlo attraverso l’apposita barra di scorrimento. È opportuno precisare che anche i testi narrativi non superano mai 1500 battute, in considerazione delle difficoltà visive e cognitive poste dalla lettura su schermo rispetto a quella su supporto cartaceo. Per tale ragione le note non si trovano al fondo del testo ma sono visibili per mezzo di un campo che si apre al passaggio del mouse sopra il numero che le segnala.

A fianco della prima riga del testo, inoltre, si trova un’icona verde a forma di freccia che, se premuta, attiva una finestra informativa dove sono riportate una scheda biografica dell’autore, una presentazione della sua opera e un’introduzione al brano in esame.

Le domandeIl frame in cui si trova la domanda è articolato nel modo seguente:

• una prima parte di testo non evidenziata introduce il quesito: può forni-re alcune informazioni utili alla risposta e guidare l’analisi, sollecitando attenzione e riflessione sui principali nodi tematici o stilistici del testo. Questa parte della domanda può essere sostituita da un aiuto;

• una seconda parte evidenziata contiene in forma interrogativa la vera e propria consegna;

• uno spazio è riservato alla risposta dell’allievo, quando richiesto dalla ti-pologia di domanda utilizzata;

• un bottone verde permette di confermare la risposta, dopo aver compiuto le operazioni previste dalla domanda;

• un bottone arancione consente di saltare la domanda e di accedere a quel-la successiva;

• un bottone azzurro (Cronologia) permette di aprire una scheda che vi-sualizza le risposte fornite ed eventualmente di ritornare alle domande in precedenza saltate.

In caso di risposta esatta Eugenio, dopo aver inviato un feed-back positivo, passa alla domanda successiva.

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In caso di risposta sbagliata, Euge-nio invia un feed-back negativo e prevede la possibilità di fornire agli studenti uno o due aiuti che si posi-zionano nello spazio sottostante la consegna.

Inoltre, è possibile che una parte di testo sia posta in evidenza (in blu) alla proposizione della domanda e/o degli aiuti nell’interfaccia di esecuzione.

Il sistema di valutazione di Eugenio A ogni domanda è associata una conoscenza o una competenza. Il criterio che ne ha guidato la compilazione risponde a un duplice obiettivo:

1) coinvolgere gli elementi fondamentali di narratologia e di analisi del testo poetico e – soprattutto per il triennio– le nozioni più significative di contesto storico e culturale, che forniscono gli strumenti tecnici e le conoscenzeindispensabili, tra le quali quelle grammaticali, alla comprensione; la valutazione delle conoscenze è ancora un momento fondamentale della pratica didattica quotidiana e punto di riferimento irrinunciabile per gli insegnanti;

2) sviluppare le competenze previste dalle quattro diverse operazioni di analisi testuale del quadro INVALSI (In-dividuare informazioni, Interpretare e valutare, Ricostruire il significato, Riflettere sulla lingua).

Eugenio diventa così importante strumento di “allenamento” ai test INVALSI, per ogni grado scolastico: dalla pro-va inserita nell’esame per il conseguimento della licenza media alla verifica delle competenze acquisite nel percorso del biennio delle medie superiori fino ad arrivare a quella prevista per il quinto anno, a conclusione del triennio.

Assegnare un compito con EugenioGli insegnanti possono scegliere quale compito assegnare alla classe o al singolo allievo tra le numerose prove pre-senti. Nella schermata è possibile cogliere le diverse opzioni offerte ai docenti per personalizzare un compito che poi il sistema si occuperà di assegnare.

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• Nella parte alta della pagina compaiono i bottoni che consentono di visualizzare gli esercizi scelti e quelligià svolti.

• In due campi di testo sottostanti l’insegnante indica la scadenza della consegna da parte dello studente e il nomedel compito.

• Giunto al momento della scelta, si può selezionare il compito scegliendo tra: 1) i titoli delle prove; 2) le proposte diverifica associate a un’opera Loescher; 3) le analisi del testo guidate da Eugenio; 4) i test interattivi tradizionaliper il consolidamento e il recupero.

• L’insegnante trova alcune indicazioni utili alla scelta dell’esercizio (il focus tematico, la fonte del testo, il genereletterario, il periodo e la funzionalità) e viene messo a conoscenza delle competenze INVALSI su cui è valutatoil compito.

• Ogni esercizio può essere analizzato in anteprima ( ) e aggiunto al compito ( ).

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2) Scrivi: si pone una domanda che richiede allo studente di digitare in un apposito spazio la soluzione, valutata immediatamente dal software. Il tipo di quesito, che richiede una risposta univoca, è indicato soprattutto per la verifica di conoscenze letterarie e grammaticali.

La tipologia delle domande Eugenio prevede tre tipi di domanda.

1) Trova: si richiede di individuare parole, espressioni, frasi e porzioni di testo e di cliccarvi sopra (esempio). Si tratta di una modalità particolarmente indicata per l’esplorazione, la comprensione e la riflessione sulle informazioni esplicite.

3) Risposta multipla: lo studente deve selezionare una o due opzioni corrette tra più distrattori. Questo tipo di domanda consente una ricca varietà di operazioni sul testo. In particolare, la presenza dei distrattori permette di invitare l’allievo a considerare le possibili interpretazioni e ricostruzioni dei significati parziali e globali del testo. Il tal mondo Eugenio si collega con il lavoro in aula, integrando e arricchendo il confronto e la discussione con la comunità ermeneutica della classe.

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La logica dell’adattività, le tipologie di aiuti e il loro ordineNel caso di risposta sbagliata Eugenio permette allo studente di riprovare immediatamente a dare una soluzione

diversa alla stessa domanda. In questo caso, molto spesso vengono forniti uno o due aiuti. Il criterio di distribu-

zione degli aiuti segue una logica adattiva: 1) se una domanda contiene due aiuti tutte le altre associate alla stessa

conoscenza/competenza avranno a loro volta due aiuti; 2) dopo il primo errore a una delle domande legate da una

comune conoscenza/competenza le altre successive presenteranno il primo aiuto già al momento della consegna,

senza attendere un eventuale sbaglio dello studente.

Gli aiuti di Eugenio appartengono a una delle seguenti categorie.

1) Informazioni teoricheAllo studente vengono descritte le funzioni o gli aspetti strutturali dell’elemento da individuare/scrivere/selezio-nare (che in seguito indicheremo come X).

Dopo aver sottolineato l’importanza dei richiami fonici in una poesia, una domanda chiede di evidenziare le parole assonanti. Il primo aiuto per lo studente è il seguente: «Si dice assonanza quando due parole hanno vocali identiche a partire dall’ultima sillaba accentata».

2) RiformulazioneL’aiuto può essere fornito attraverso una parafrasi della consegna che indirizza in modo più diretto e immediato gli studenti verso la soluzione corretta o con una rifor-mulazione/esplicitazione del significato letterale di X.

La consegna iniziale di una domanda a risposta multipla sul significato dell’endecasillabo conclusivo di Voi ch’ ascoltate in rime sparse si limita a questa formulazione: «Soffermati sull’ultimo verso. Che cosa esprime la constatazione finale?». Nel primo aiuto, si arricchi-sce ed esplicita la richiesta attraverso questa riformulazione: «In questi versi l’esperienza personale è confessata dal poeta affinché possa essere d’esempio non solo a se stesso, ma a tutti coloro che ascoltano il suono di tali “rime sparse”».

3) Riferimento contestualeVengono forniti dei riferimenti ad aspetti specifici del testo, ma senza evidenziarne la collocazione, o si pre-sentano porzioni di testo parafrasate, utili a individuare la soluzione.

In una domanda in cui si chiede di individuare i flash-back in una lirica compare questo aiuto: «Il poeta parla sia di ciò che sta avvenendo ora sia degli avvenimenti della giovinezza; quindi, parte dal presente per rievocare il passato».

4) Contesto verbaleSi evidenzia la porzione di testo in cui si trovano gli elementi da cui ricavare la risposta corretta.

Il secondo aiuto della domanda dell’esempio precedente visualizza i versi in cui l’allievo deve cercare la soluzione: «Considera le parti evidenziate, e in particolare i tempi verbali».

5) ParatestoSi rimanda lo studente alle informazioni presenti nelle informazioni extra o ricavabili dal titolo del testo e dalle note.

Per agevolare la risposta intorno a un nodo problematico di una lirica d’amore, l’aiuto sottolinea l’importanza di due espressioni spiegate nelle note: «Considera la prima strofa e le note relative alle ragioni per cui il poeta chiama la sua donna “bene tanto atteso” e la paragona a una folata di vento».

6) IstruzioniViene esplicitata la procedura per la soluzione della consegna o di un caso analogo.

Una domanda invita a evidenziare una similitudine. L’aiuto indica il percorso che consente di arrivare alla soluzione: «Per individuare correttamente la similitudine, evidenzia i due elementi paragonati e la caratteristica in comune».

7) Eliminazioni di opzioniQuesto tipo di aiuto, previsto soltanto per le domande a risposta multipla, fornisce allo studente informazioni atte a scartare uno o più distrattori.

In una domanda a risposta multipla in cui ci si interroga sulla figura retorica presente in un verso evidenziato, la soluzione corretta (metafora) viene favorita da due aiuti che escludono prima il distrattore similitudine («La similitudine istituisce un paragone implicito tra due termini attraverso alcuni elementi linguistici di collegamento») e dopo i distrattori metonimia e sineddoche («Quella che cerchi non è una figura di sostituzione di un termine con un altro»).

Esiste un ordine tendenziale nella formulazione degli aiuti, regolato dal principio che un tipo di aiuto può essere

seguito solo da un tipo di peso inferiore o uguale (uno stesso tipo può essere ripetuto).

I pesi sono i seguenti:

Peso Tipologia

4 Informazioni teoriche

3 Riformulazione

3 Riferimento contestuale

3/2 Paratesto

2 Contesto verbale

1 Istruzioni

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Quest’ordine risponde a un criterio di economia didattica: la quantità di lavoro in genere richiesta allo studente da ciascuna tipologia. Le informazioni teoriche richiedono un’operazione concettuale complessa, che aggiunge concetti da gestire. I tipi di aiuto di peso 3, invece, lavorano tutti sull’esistente, rendendolo più sempli-ce da gestire. I tipi 2 forniscono informazioni che indirizzano alla risposta giusta senza chiedere al discente di riflettere sulla logica che soggiace al compito richiesto. Il tipo 1, infine, fornisce istruzioni dirette, da eseguire alla lettera. Quando si fornisce questo aiuto si suppone che l’ultima risorsa dello studente sia la ripetizione in funzione dell’acquisizione.

La registrazione dei risultatiUna volta che lo studente ha eseguito il compito e lo ha consegnato, l’insegnante può “inviare” allo studente il proprio giudizio.

La seguente schermata permette di:

– vedere il titolo del testo su cui verte la prova (Esercizio) ed eventuali note di consegna, rilasciate dallo studen-te dopo aver terminato il compito;

– inserire il voto e, se lo ritiene opportuno un giudizio, che saranno visibili soltanto allo studente interessato;

– “restituire” il compito, cliccando sul bottone Giudica.

Inoltre, l’insegnante può accedere alle istruzioni per la compilazione della pagina (Guida) e può andare al detta-glio dell’esercitazione dello studente (vedi).

Il sistema di reportistica di EugenioAttraverso un sistema di reportistica attento alle esigenze didattiche, Eugenio fornisce agli insegnanti importanti informazioni per valutare oggettivamente i risultati di ogni studente e quelli complessivi della classe, verificare l’efficacia e cogliere gli elementi di forza e di debolezza del processo di apprendimento/insegnamento e, quindi, orientare e predisporre interventi didattici collettivi e personalizzati, rivolti sia al recupero sia all’eccellenza.

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• Innanzitutto i docenti possono chiarire ogni dubbio grazie alla Guida, dove troveranno tutte le indicazioni rela-tive alla lettura dei valori.

• I bottoni Precedente e Successivo consentono di scorrere i compiti, visualizzando i risultati di ciascuno di essi.

• Nel primo grafico vengono riportati: 1) il voto assegnato al compito dall’insegnante, a cui resta la decisione finale sulla valutazione; 2) il punteggio complessivo (score) della prova riportato dallo studente; 3) il punteggio relativo a ciascuna competenza richiesta nel corso del prova.

Inoltre è anche possibile vedere il grafico di ciascuna competenza e i risultati relativi alle sottocompetenze.

• L’istogramma che riguarda l’andamento nel tempo della classe contemporaneamente permette, come nell’imma-gine, di vedere i risultati dello score di ciascuno studente ma ogni competenza o sottocompetenza può generare un diverso istogramma.

La riga in nero sullo sfondo dell’istogramma mostra la media di classe.

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Parte 4Esercizi, attività

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Sezione 2 Il fiore della liricaVERSO L’ESAME

ANALISI DI UN TESTO POETICO • SCRITTURA DOCUMENTATA

➤ TIPOLOGIA A ANALISI DI UN TESTO POETICO

G. Cavalcanti, Tu m’hai sì piena di dolor la mente. Il sonetto descrive gli effetti dolorosi dell’amore non corrisposto e la con-seguente trasformazione dell’individuo, ridotto a oggetto o automa: simile a una statua di legno, metallo o pietra. Il poeta si rivolge direttamente alla donna, iniziando il sonetto proprio con il pronome Tu: tuttavia la donna stessa rimane silente, ed è da questa assenza di risposta che deriva in primo luogo la disperazione e l’angoscia dell’io lirico. Nel sonetto sono presenti numerosi temi, termini e strategie stilistiche tipicamente cavalcantiani.

SCHEMA METRICO: sonetto con schema ABAB ABAB CDE DCE.

Tu m’hai sì piena di dolor la mente,

che l’anima si briga di partire,

e li sospir’ che manda ’l cor dolente

mostrano agli occhi che non può soffrire.

Amor, che lo tuo grande valor sente,

dice: «E’ mi duol che ti convien morire

per questa fiera donna, che nïente

par che pietate di te voglia udire».

I’ vo come colui ch’è fuor di vita,

che pare, a chi lo sguarda, ch’omo sia

fatto di rame o di pietra o di legno,

che si conduca sol per maestria

e porti ne lo core una ferita

che sia, com’egli è morto, aperto segno.

(G. Contini, Poeti del Duecento, Ricciardi, Milano-Napoli 1960)

Elabora in un testo unitario il commento di questi versi, utilizzando come guida per il tuo lavoro le domande di comprensione, analisi e interpretazione, approfondimento.

Comprensione

1 Individua, sottolineando innanzitutto alcune parole chiave, l’argomento centrale del sonetto.

Analisi e interpretazione

2 Nel sonetto sono presenti tre “personaggi”, due dei quali “prendono la parola”. Indviduali e stabilisci come si distribuisce la loro presenza nelle quartine e terzine del componimento. Quale significato ha il silenzio del “terzo personaggio”?

3 Come viene descritta la figura femminile? Individua gli attributi che contribuiscono a delineare un suo ritratto. Che genere di informazioni offre il poeta?

4 Analizza le parole in rima: quante e quali di esse appartengono al lessico caratteristico del poeta? Quali nuclei tematici vengono sottoli-neati attraverso questa scelta delle parole in rima?

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5 Individua e descrivi brevemente le strategie retoriche tipicamente cavalcantiane (personificazione, drammatizzazione ecc.) presenti nel sonetto, con riferimento anche ad altri componimenti dell’autore.

6 Come viene descritta la disgregazione dell’io per effetto del dolore? Quale effetto crea il polisindeto del verso 11?

Approfondimento

7 Nella seconda parte del sonetto l’Amore prende la parola in prima persona e si rivolge al poeta. Esponi, attraverso l’analisi e la descrizione della figura di Amore, la concezione cavalcantiana della passione amorosa. In quale rapporto si trova con la tradizione, cortese e stilnovi-stica, precedente o coeva allo stesso Cavalcanti?

➤ TIPOLOGIA B SCRITTURA DOCUMENTATA

Ambito artistico-letterario

Sviluppa l’argomento o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Dai un titolo al tuo testo e indicane la possibile destinazione editoriale. Non superare le 4-5 colonne di lunghezza.

ARGOMENTO: FIRENZE AI TEMPI DI DANTE

Testo 1 P. Antonetti, La vita quotidiana a Firenze ai tempi di Dante, Rizzoli, Milano 1983

Durante la sua giovinezza Dante assistette a un avvenimento che testimonia l’ottimismo e la vitalità

dei governanti: la costruzione della terza cinta di mura. Decisa nel 1284, tale costruzione si protrarrà

fino al 1333. Inglobando 630 ettari (più di 30 volte la superficie della città romana e più di 8 volte

quella della cinta del 1172-1174) questa, demolita in parte nell’Ottocento, ma di cui si vedono tratti

importanti sulla riva sinistra, fu eretta per contenere una popolazione dall’incremento spettacoloso

[…].

All’interno della sua inespugnabile cinta, in cui Dante invecchiato vedeva forse uno dei segni della

dismisura e dell’orgoglio che, secondo lui, erano le cause delle disgrazie della città, Firenze muta

volto. Le strade diventano più larghe e dritte, le piazze più ampie (soprattutto quelle di Santa Croce

e di santa Maria Novella più adatte così alla predicazione e alle cerimonie solenni). Si costruiscono il

palazzo dei Priori, la nuova cattedrale, e altri edifici. Alle case in legno e in mattone si sostituiscono

case e palazzi in pietra da taglio degni dei re, principi e papi, che passano per Firenze.

Testo 2 www.lavitadidante.it/2-la-firenze-di-dante

La Firenze in cui Dante ha vissuto fino all’età di trentasei anni non assomigliava alla città

che poi sarebbe diventata famosa nel mondo per i suoi monumenti architettonici.

Ovviamente, non c’erano né il campanile di Giotto né la cupola di Brunelleschi né i palazzi dell’età

medicea, ma non si ergevano ancora neppure Santa Maria Novella e Santa Maria del Fiore. La Firen-

ze di Dante è una città medievale: un intrico di vie strette, di case di pietra e di legno addossate le

une alle altre, un insieme disordinato di abitazioni, fondaci, botteghe e magazzini intervallato qua e

là da orti, vigneti e giardini. Le chiese sono numerose, ma di piccole dimensioni; le torri numerosis-

sime e a volte di dimensioni notevoli. I grandi clan familiari le costruiscono in parte per segnalare il

loro potere, ma soprattutto a difesa delle case e delle botteghe sottostanti e come postazioni elevate

dalle quali colpire in un vasto raggio intorno. Difendersi e minacciare erano operazioni entrambe

necessarie in una città nella quale le rivalità tra privati e gli odi di parte degeneravano in violenze e

scontri quasi quotidiani. Insomma, a disegnare il profilo della città erano le torri e i campanili, non

architetture monumentali, civili o religiose.

[…] Nell’ultimo periodo in cui ha abitato a Firenze, Dante ne ha visto i cantieri, ha passeggiato sotto

le impalcature. Quei maestosi edifici, però, non hanno fatto in tempo a imprimersi nel suo immagina-

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rio come nuovi simboli della città. Nemmeno il duomo di Santa Maria del Fiore, che pure, benché lon-

tano dall’essere completato, già veniva utilizzato (e celebrato come nuova gloria cittadina) quando

lui viveva ancora a Firenze. Dante non lo nomina mai. Al centro dell’immagine della città che egli si

porta dietro nell’esilio resta il Battistero di San Giovanni. Fino agli inizi del Trecento il suo «bel San

Giovanni» era stato non solo l’edificio più grande e più riccamente decorato di Firenze, ma il tempio

cittadino per antonomasia, quello in cui si svolgevano le più significative cerimonie liturgiche, in

cui il Comune custodiva il carroccio e depositava i trofei di guerra. Nessun’altra costruzione faceva

concorrenza a questo simbolo religioso e civile della città.

Insomma, la Firenze in cui Dante nasce e trascorre la prima parte della vita non è una città che si

imponga per la grandiosità dei monumenti o lo sfarzo dei palazzi.

Testo 3 www.firenzeturismo.it/firenze-territorio/itinerari-danteschi.html

Itinerari danteschi

Un quartiere dantesco a Firenze esiste. È racchiuso fra piazza della Signoria, Orsanmichele, la Torre

della Castagna, l’oratorio dei Buonomini di san Martino e la Badia Fiorentina: insomma il cuore medie-

vale di Firenze, stretto fra le case di pietra, con le torri che svettano.

Le case torri appartenevano alle varie famiglie rivali, i Cerchi, i Donati, famiglie che si dichiaravano

fedeli ai Bianchi o ai Neri, le fazioni che fecero sì che Dante, schierato dalla parte dei Guelfi Bianchi,

fosse esiliato dalla sua città e non potesse più tornarvi.

In questa piccola porzione di città c’è anche la Casa di Dante, un museo molto frequentato, che, è bene

chiarire subito, è un falso. La casa fu edificata nel 1906 nell’area che anticamente era occupata dalle

case degli Alighieri. Il Museo, aperto nel 1911, è stato più volte riorganizzato.

Sulla piazzetta di San Martino si affaccia l’Oratorio assegnato nel Quattrocento alla Compagnia dei

Buonomini che assistevano i bisognosi. L’Oratorio ha le lunette affrescate.

Autentica e antica è invece la chiesa di Dante, ovvero la chiesa di Santa Margherita de’ Cerchi. Qui

si celebrò il matrimonio fra Dante Alighieri e Gemma Donati, fra queste antiche mura riposano nelle

loro tombe sia i Donati che i Portinari, i familiari della donna “angelicata” Beatrice, che Dante forse

incontrò proprio qui.

Un dipinto ottocentesco inglese, opera di H.G. Holiday all’interno della chiesa rappresenta un incontro

sul Lungarno fra il poeta e la giovane.

Beatrice era nata in via del Corso, dove ora sorge il Palazzo Salviati Da Cepparello sulla cui facciata si

trova una lapide con i versi di Dante. La giovane Beatrice, che andò in sposa a Simone dei Bardi, morì

a soli 24 anni.

Le piccole strade che costeggiano il Duomo, via della Canonica, via delle Oche e via Sant’Elisabetta

(dove si può ammirare l’unica, antica torre circolare di Firenze, detta della Pagliazza) hanno ancora

un respiro medievale.

Un itinerario dantesco non può prescindere dal “mio bel San Giovanni” come nell’Inferno viene ricor-

dato il Battistero di Firenze, dove Dante fu battezzato.

Testo 4 Henry Holiday, Dante e Beatrice, 1883 (Liverpool, Walker Art Gallery)

La fama dell’inglese Henry Holiday (Londra, 1839-1927) è legata soprattutto allo straordinario dipinto che rappre-senta l’incontro fra Dante e Beatrice accompagnata dall’amica Vanna sul ponte fiorentino di Santa Trinita (facil-mente reperibile su internet): da notare, nello sfondo, il Ponte Vecchio, ancora raffigurato con le impalcature del restauro conseguente all’alluvione del 1223.

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VERIFICHE PER LA CLASSEQuesiti a risposta chiusa • Esercizi di completamento • Quesiti a risposta breve • Trattazione sintetica

QUESITI A RISPOSTA CHIUSA

1 Che cosa si intende per Magna Curia, nel progetto politico di Federico II:

a. un particolare modello di organizzazione feudale.b. un modo di gestire la vita di corte modellato su quello ecclesiatico.c. una corte svincolata da ogni logica feudale ed ecclesiastica, con al centro la figura dell’imperatore.

2 Si può ragionevolmente intendere che Giacomo da Lentini sia stato l’iniziatore di una delle forme più longeve della tradizione poetica ita-liana. Quale?

a. La canzone.b. Il sonetto.c. Il madrigale.

3 Quale tra questi autori può essere definito il maggior esponente dei cosiddetti poeti “siculo-toscani”?

a. Guittone d’Arezzo.b. Guido Cavalcanti.c. Giacomo da Lentini.

4 Individua, tra quelle proposte, la definizione esatta dello Stil novo.

a. Con il nome di Stil novo si indica una tendenza poetica innovativa. Gli stilnovisti mettono Amore al centro dell’esperienza esistenziale e poetica, pongono l’accento sull’ispirazione interiore della poesia. Accanto a quella amorosa, si impongono le tematiche moraleggianti, l’attualità, la cronaca, rese centrali dalla vivace realtà comunale. Il lessico, in accordo con questi temi di carattere municipale, inclina talvolta alle inflessioni dialettali.

b. Con il nome di Stil novo si indica una vera e propria scuola poetica. Al centro di questa poesia si colloca l’argomento amoroso, dispiegato attraverso un repertorio di temi, forme e immagini derivati principalmente dalla lirica cortese in lingua d’oc. Lo stile è orientato a una ricerca di “dolcezza” e leggiadria.

c. Con il nome di Stil novo si indica una tendenza poetica innovativa. Gli stilnovisti mettono Amore al centro dell’esperienza esistenziale e poetica, pongono l’accento sull’ispirazione interiore della poesia. Le scelte lessicali sono di carattere “alto” e raffinato, mentre lo stile è orientato a una ricerca di “dolcezza” e leggiadria.

5 Come può essere intesa la “nobiltà d’animo”, qualità indispensabile del poeta stilnovista?

a. È un tratto della personalità che deriva in parti uguali dalla nobiltà di nascita e da quella di sentimento.b. È una qualità che deriva dalla nobiltà di sangue, capace in sé di nobilitare l’uomo.c. È una “nobiltà di cuore” provocata nel poeta dal sentimento amoroso.

6 Perché stilisticamente lo Stil novo viene definito “dolce”?

a. Perché mette da parte ogni forma di intellettualismo e di ragionamento filosofico.b. Perché le scelte lessicali e sintattiche sono mirate a produrre effetti di dolcezza e leggiadria.c. Perché tratta esclusivamente temi amorosi.

7 Quale tra questi componimenti viene tradizionalmente considerato il “manifesto” dello Stil novo?

a. La dolce vista e ’l bel guardo soave di Cino da Pistoia.b. Perch’i’ no spero di tornar giammai di Guido Cavalcanti.c. Al cor gentil rempaira sempre amore di Guido Guinizelli.

8 Guinizelli riprende dalla tradizione il tópos della “donna angelo” e lo trasforma. In che senso?

a. Conferendo alla donna una maggiore concretezza e al desiderio del poeta una nuova carnalità.b. Rendendo la passione amorosa per la donna, creatura superiore all’umano, conciliabile con l’amore verso Dio.c. Facendo della donna un’allegoria della Sapienza e quindi identificando nell’amore per lei quello per la Sapienza.

9 Cavalcanti è noto come poeta-filosofo e studioso di talento. Di quale corrente filosofica era seguace?

a. Del Platonismo.b. Del cosiddetto Aristotelismo radicale o Averroismo.c. Della Scolastica di Tommaso d’Aquino.

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10 Quale immagine della donna prevale nella poesia comico-realistica?

a. I poeti comico-realistici sostituiscono una donna diabolica, sensuale e provocante alla donna salvifica dello Stil novo.

b. I poeti comico-realistici aderiscono sostanzialmente all’immagine della donna che nobilita l’innamorato.

c. I poeti comico-realistici sostituiscono all’immagine stilnovistica della donna quella più concreta e carnale della popolana, facilmente sottomessa

al volere dell’uomo.

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false; quindi correggi quelle errate.

1 La Magna Curia federiciana praticò una sorta di bilinguismo tra latino e volgare. V F

2 Nella Scuola siciliana l’immaginario poetico trobadorico si svuota di ogni significato politico e sociale. V F

3 Il modello linguistico dei poeti federiciani era il siciliano del parlato quotidiano. V F

4 I poeti siciliani erano professionisti che si dedicavano unicamente alla scrittura. V F

5 La diffusione della lirica siciliana in area toscana passa anche attraverso un processo di “toscanizzazione”,

che comporta un’operazione di selezione e riordino dei materiali. V F

6 La poesia di Guittone si caratterizza, sul piano della forma, per lo sperimentalismo e per l’innovazione metrica. V F

7 Tra i temi di Guittone è del tutto escluso quello politico. V F

8 La poesia dei poeti “comico-realistici” è ispirata da una visione del mondo borghese e pratica. V F

ESERCIZI DI COMPLETAMENTO

1 Completa la tabella che segue indicando, per ognuna delle liriche di cui è riportato l’incipit, l’autore e la scuola o il movimento poetico di

riferimento.

Testo Autore Movimento o scuola

Al cor gentil rempaira sempre amore

La mia malinconia è tanta e tale

Amor m’ha priso ed incarnato tutto siculo-toscani

Rosa fresca aulentissima

Perch’i’ no spero di tornar giammai

2 Completa la tabella con la corretta definizione dei termini proposti, secondo l’elaborazione di pensiero dei poeti stilnovisti.

cor gentilesoprattutto in Guinizelli è declinato il tema centrale dell’indissolubile legame tra amore e cor gentile. Solo nel cor gentile prende luogo amore, che nobilita a sua volta l’animo: non esiste dunque amore senza cor gentile, e viceversa.

saluto

dolce

visione

madonna

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QUESITI A RISPOSTA BREVE

Rispondi alle seguenti domande, dedicando a ciascuna 5-8 righe al massimo.

1 Quali diverse componenti culturali concorrono a definire la Magna Curia di Federico II? Elenca gli apporti di ognuna.2 Quali aspetti differenziano il poeta operante nella corte siciliana di Federico II da quello attivo nelle realtà comunali della Toscana?3 Esplicita il ruolo della donna-angelo nel processo di elevazione spirituale come inteso da Guinizelli.4 Come applica Guinizelli, nella canzone Al cor gentil, la dialettica aristotelica tra potenza e atto?5 La concezione dell’amore in Cavalcanti si discosta radicalmente da quella degli altri stilnovisti. Come?6 Definisci brevemente la visione della donna promossa dai poeti comico-realistici. A quale tradizione poetica ti sembra che essa possa rimandare?7 Da dove attingono i poeti comico-realistici il loro raffinato repertorio sia tematico sia retorico-stilistico?

TRATTAZIONE SINTETICA

Svolgi i seguenti spunti di scrittura, dedicando a ciascuno 15-20 righe.

1 Illustra e discuti le modalità di passaggio dell’eredità della lirica cortese provenzale alla Scuola siciliana. Fu assimilazione passiva?2 Descrivi le modalità della diffusione dei testi della Scuola siciliana. Perché si parla di poesia “siculo-toscana”? Come veniva conservata e tramandata

la letteratura nel xiii secolo?3 Esplicita il rapporto esistente tra “amore” e “nobiltà” secondo i poeti stilnovisti, ragionando sulle scelte formali che da tale rapporto discendono.4 Situa le vicende dei poeti stilnovisti fiorentini (compreso Dante), sullo sfondo del conflitto tra guelfi e ghibellini mettendone in luce coordinate storiche

e conseguenze artistiche.5 Quali sono gli elementi di novità introdotti da Guido Cavalcanti nel genere ballata con la sua Perch’io no spero di tornar giammai?6 Esponi nelle sue varie fasi il processo di innamoramento secondo Cavalcanti, sottolineandone le fonti filosofiche e i repertori stilistici.

Sezione 3 Dante e il libro dell’universoVERSO L’ESAME

ANALISI DI UN TESTO POETICO • SCRITTURA DOCUMENTATA

➤ TIPOLOGIA A ANALISI DI UN TESTO POETICO

PROPOSTA 1Io sono stato con Amore insieme. Con questo sonetto Dante risponde a un quesito che Cino da Pistoia gli aveva posto attra-verso il suo sonetto Dante, quando per caso s’abbandona. Il tema è il seguente: può Amore mutare il proprio oggetto quando attraverso la “finestra” degli occhi una nuova immagine di donna colpisce la mente? La risposta dantesca costituisce, come è stato osservato, «un bel frammento di poesia dell’ineluttabile» in cui si dichiara «la fatalità d’Amore, contro cui non vale arbitrio, e che appunto potrà solo mutare oggetto, irresistibile anche nella variazione» (G. Contini).

SCHEMA METRICO: sonetto con schema ABBA ABBA CDC DCD

Io sono stato con Amore insieme

dalla circulazion del sol mia nona,

e so com’egli affrena e come sprona

e come sotto lui si ride e geme.

Chi ragione o virtù contra gli sprieme

fa come que’ che [’n] la tempesta suona

credendo far colà dove si tuona

esser le guerre de’ vapori sceme.

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Però nel cerchio della sua palestra

libero albitrio già mai non fu franco,

sì che consiglio invan vi si balestra.

Ben può co’ nuovi spron punger lo fianco;

e qual che sia ’l piacer ch’ora n’adestra,

seguitar si convien, se l’altro è stanco.

(D. Alighieri, Rime, a cura di D. De Robertis, Le Lettere, Firenze 2002)

2 dalla circulazion … nona: fin dal mio nono anno d’età, con esplicito riferimento a quanto scritto, molti anni prima, nella Vita nova: «sì che quasi dal principio del suo anno nono [Beatrice] apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono» (II, i).3 affrena … sprona: tiene a freno e in-calza; l’immagine complessiva rappresenta l’innamorato sottoposto al giogo che Amo-re gli impone.4 geme: ci si lamenta, si soffre.5 contra … sprieme: contro di lui mette

in campo, gli oppone.6 que’: colui. • ’n la tempesta suona: nel-la tempesta fa rumore.7-8 credendo … sceme: credendo di poter fare in modo che cessino (esser sceme) gli scontri dei vapori [le guerre de’ vapori] las-sù in cielo (colà dove tuona). • guerre de’ vapori: è la tempesta stessa, provocata da questo scontro di vapori.9 Però: Perciò. • nel cerchio della sua palestra: ovvero nell’ambito in cui si eser-cita Amore.10 franco: autonomo, libero realmente.

11 sì … balestra: di modo che invano vi si esercita (vi si balestra) il ragionamento razionale (consiglio).12 Ben … fianco: il soggetto è sempre Amore, che certamente può sollecitare (punger lo fianco) con nuovi stimoli.13 qual … n’adestra: quale che sia la bellezza (il piacer) che ora ci guida (n’a-destra); ovvero, quale che sia ora l’oggetto dell’amore che ci affrena e sprona.14 seguitar si convien: lo si deve seguire. • stanco: esaurito, finito.

Elabora in un testo unitario il commento di questi versi, utilizzando come guida per il tuo lavoro le domande di comprensione, analisi e interpretazione, testi a confronto.

Comprensione

1 Da dove trae Dante l’autorevolezza per rispondere all’amico?

2 Riassumi brevemente il senso complessivo della risposta di Dante a Cino.

Analisi e interpretazione

3 Osserva lo schema metrico e le rime di questo sonetto, quindi opera un confronto con lo schema e le rime utilizzate da Cino nel sonetto cui Dante risponde (ABBA ABBA CDC DCD, con rime in -ona ai vv. 1, 4, 5 e 8; in -eme ai vv. 2, 3, 6 e 7; in -estra ai vv. 9, 11 e 13; in -anco ai vv. 10, 12 e 14). Quali conclusioni puoi trarne?

4 Sciogli la metafora della tempesta e prova a darne una spiegazione articolata.

5 Chiarisci la concezione di Amore esposta da Dante in questo sonetto.

6 Rileggi con attenzione i versi 9-11 concentrandoti in particolare sul significato del sostantivo consiglio (facendo attenzione anche al pre-cedente utilizzo di ragione e virtù, v. 5); prova quindi a spiegare quale rapporto stabilisce Dante tra libero arbitrio e ragione.

Testi a confronto

7 In un altro luogo, famosissimo, Dante utilizza l’immagine della tempesta: si tratta del V canto dell’Inferno, dove il pellegrino-poeta incontra i dannati per peccato di lussuria (vv. 28-33 e 37-39):

Io venni in un loco d’ogne luce muto [senza luce, buio] / che mugghia [muggisce, ruomoreggia] come

fa mar per tempesta, / se da contrari venti è combattuto. / La bufera infernal, che mai non resta, [che

non si ferma mai e non ha fine] / mena li spirti [trascina le anime] con la sua rapina [violenza]; / vol-

tando e percotendo li molesta [li tormenta]. / […] Intesi ch’a così fatto tormento / enno [erano] dannati

i peccator carnali, / che la ragione sommettono al talento [sottomettono all’istinto].

Rileva i punti di contatto, nel lessico, nelle immagini e nelle idee, tra questo luogo della Commedia e il sonetto che hai appena letto:

• svolgi in un breve testo (20 righe) un raffronto tra i versi del poema e quelli di Io sono stato con Amore insieme;• alla luce di quanto è emerso da questo confronto spiega in che senso è possibile affermare che Dante, giunto all’altezza del poema, attraverso l’in-

contro oltramondano con le anime si confronta anche con un momento passato della sua personale esperienza poetica e umana.

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PROPOSTA 2

Dante Alighieri, Inferno, XXI, vv. 22-54. I dannati della quinta bolgia dell’ottavo cerchio (Inferno, XXI e XXII) sono i barattieri, coloro che si sono lasciati corrompere per denaro nell’esercizio della loro carica pubblica. A guardia di questi dannati stanno i diavoli neri, detti Malebranche, che straziano con i loro uncini le carni dei barattieri quando tentano di emergere dal fiume di pece bollente in cui sono immersi. Un diavolo attira subito l’attenzione dei due poeti irrompendo con un nuovo dannato sulle spalle: è uno dei governatori di Lucca, città in cui i barattieri abbondano.

Mentr’io là giù fisamente mirava,

lo duca mio, dicendo «Guarda, guarda!»,

mi trasse a sé del loco dov’io stava.

Allor mi volsi come l’uom cui tarda

di veder quel che li convien fuggire

e cui paura sùbita sgagliarda,

che, per veder, non indugia ’l partire:

e vidi dietro a noi un diavol nero

correndo su per lo scoglio venire.

Ahi quant’elli era ne l’aspetto fero!

e quanto mi parea ne l’atto acerbo,

con l’ali aperte e sovra i piè leggero!

L’omero suo, ch’era aguto e superbo,

carcava un peccator con ambo l’anche,

e quei tenea de’ piè ghermito ’l nerbo.

Del nostro ponte disse: «O Malebranche,

ecco un de li anzian di Santa Zita!

Mettetel sotto, ch’i’ torno per anche

a quella terra che n’è ben fornita:

ogn’uom v’è barattier, fuor che Bonturo;

del no, per li denar vi si fa ita».

Là giù ’l buttò, e per lo scoglio duro

si volse; e mai non fu mastino sciolto

con tanta fretta a seguitar lo furo.

Quel s’attuffò, e tornò sù convolto;

ma i demon che del ponte avean coperchio,

gridar: «Qui non ha loco il Santo Volto:

qui si nuota altrimenti che nel Serchio!

Però, se tu non vuo’ di nostri graffi,

non far sopra la pegola soverchio».

Poi l’addentar con più di cento raffi,

disser: «Coverto convien che qui balli,

sì che, se puoi, nascosamente accaffi».

(D. Alighieri, Edizione secondo l’Antica Vulgata, a cura di G. Petrocchi, Mondadori, Milano 1966-67)

38 ecco … Zita: la città di Lucca è indicata con il nome della Santa qui venerata.40 Mettetel … fornita: l’atteggiamento dei diavoli è di feroce scherno contro la corruzione dei magistrati lucchesi. La bat-tuta polemica contro Lucca si spiega ricor-dando che la città era dominata dai Neri, la fazione responsabile dell’esilio di Dante.41 Bonturo: continua il sarcastico scher-no del diavolo con un’affermazione ironica e antifrastica: costui era, infatti, il barattie-re lucchese più noto.42 ita: sì, dal latino ita est (“è così”). Per de-naro i “no” diventano “sì” in una città come

Lucca, dominata da politici corrotti…45 furo: ladro, latinismo.46 convolto: si intende: ricoperto di pece; altri lo interpretano con riferimento a un determinato atteggiarsi del corpo del dan-nato che sta raggomitolato, con la schiena piegata ad arco.48 Qui … Volto: riprende anche da parte degli altri diavoli il sarcasmo feroce, quasi blasfemo, contro il peccatore. Il Sacro Vol-to è un antico crocifisso bizantino di legno nero, che si venera anche oggi nella Basili-ca di San Martino a Lucca.51 pegola: è forma popolare di pece. • so-

verchio: letteralmente significa eccessivo. Qui assume il senso di non uscire fuori dal-la pece.52 raffi: lunghi ferri muniti di uncini. È voce popolare.53 balli: balli ha un doppio senso: alla let-tera vuol dire ti dibatta per il dolore delle bruciature, metaforicamente invece ti dia da fare, con allusione ai maneggi del barat-tiere. 54 nascosamente accaffi: rimanda alle attività dei barattieri, abituati a manovrare nel torbido a causa delle loro ruberie. Ac-caffi è un vocabolo dialettale fiorentino.

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Elabora in un testo unitario il commento di questi versi, utilizzando come guida per il tuo lavoro le domande di comprensione, analisi e interpretazione, approfondimento.

Comprensione

1 Riassumi il contenuto dei versi.

Analisi e interpretazione

2 Spiega con parole tue chi sono i barattieri e come sono puniti.

3 Spiega come la pena alla quale sono sottoposti i peccatori di questa bolgia riproduce i caratteri essenziali della loro colpa. Come si chiama la legge che nell’opera di Dante regola il legame fra pena e peccato?

4 In che modo vengono rotti l’immobilità e il silenzio iniziali?

5 Come viene descritto il diavolo?

6 Per quale motivo l’apparizione del diavolo nero (vv. 25-36) arreca particolare paura a Dante?

7 Ricerca nei versi citati i termini e le espressioni legati all’immagine dell’uncino e delle ferite da esso provocate.

8 Individua e spiega le similitudini presenti in questi versi.

Approfondimento

9 Ripensando alla sua vicenda biografica spiega quale motivazione lega Dante a questa pena e quale messaggio vuole lanciare ai fiorentini.

PROPOSTA 3Purgatorio, XXVIII, 37-51, 70-84, 91-96, 139-48. Ormai giunto nella divina foresta dell’Eden, il paradiso terrestre, – rove-sciamento della selva oscura da cui è partito – Dante accede al luogo in cui l’uomo venne creato felice e innocente, prima di perdere questa felicità e il diritto a questo luogo, in seguito al peccato originale di Adamo ed Eva. Questo paradiso terrestre, nella cui tradizione Dante introduce l’elemento nuovo della precisa collocazione geografica (in vetta al monte purgatoriale) e della concreta rappresentazione paesaggistica, è un luogo di passaggio da una dimensione a un’altra, e da una cantica all’al-tra, fra la poesia ancora «terrena» del Purgatorio e quella «celeste» del Paradiso.

Come accade in Dante, tutti i complessi significati di questo canto e della scena in esso descritta trovano un punto fulmi-nante di sintesi nell’apparizione di una «donna soletta», perché tale è rimasta in questo luogo deserto in cui gli uomini hanno perduto il diritto di dimorare. Matelda rappresenterebbe dunque la beatitudine della vita terrena, che si identifica con il para-diso terrestre perduto e che prepara l’accesso alla beatitudine celeste.

[…]

e là m’apparve, sì com’ elli appare

subitamente cosa che disvia

per maraviglia tutto altro pensare,

una donna soletta che si gia

e cantando e scegliendo fior da fiore

ond’ era pinta tutta la sua via.

«Deh, bella donna, che a’ raggi d’amore

ti scaldi, s’i’ vo’ credere a’ sembianti

che soglion esser testimon del core,

vegnati in voglia di trarreti avanti»,

diss’ io a lei, «verso questa rivera,

tanto ch’io possa intender che tu canti.

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37-39 sì com’elli … pensare: così come appare all’improvviso una cosa che, per la meraviglia che suscita, allontana (disvia) ogni altro pensiero.

40 si gia: andava.42 pinta: dipinta.43-44 raggi d’amore / ti scaldi: questa «donna soletta» rivela qui il carattere prin-

cipale della sua figura in questo essere innamorata di un amore assoluto e senza determinazioni.44-45 a’ sembianti … core: come da tópos della lirica amorosa già dello Stil novo, l’a-spetto del volto (i sembianti) rivela il sen-timento del cuore (è testimon del core).46 vegnati… avanti: non ti dispiaccia di venire avanti.47 rivera: fiume.48 tanto … canti: abbastanza perché io possa sentire cosa canti, ovvero riconosce-re le parole del tuo canto.

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Tu mi fai rimembrar dove e qual era

Proserpina nel tempo che perdette

la madre lei, ed ella primavera».

[…]

Tre passi ci facea il fiume lontani;

ma Elesponto, là ’ve passò Serse,

ancora freno a tutti orgogli umani,

più odio da Leandro non sofferse

per mareggiare intra Sesto e Abido,

che quel da me perch’ allor non s’aperse.

«Voi siete nuovi, e forse perch’ io rido»,

cominciò ella, «in questo luogo eletto

a l’umana natura per suo nido,

maravigliando tienvi alcun sospetto;

ma luce rende il salmo Delectasti,

che puote disnebbiar vostro intelletto.

E tu che se’ dinanzi e mi pregasti,

dì s’altro vuoli udir; ch’i’ venni presta

ad ogne tua question tanto che basti.

[…]

Lo sommo Ben, che solo esso a sé piace,

fé l’uom buono e a bene, e questo loco

diede per arr’ a lui d’etterna pace.

Per sua difalta qui dimorò poco;

per sua difalta in pianto e in affanno

cambiò onesto riso e dolce gioco.

[…]

Quelli ch’anticamente poetaro

l’età de l’oro e suo stato felice,

forse in Parnaso esto loco sognaro.

Qui fu innocente l’umana radice;

qui primavera sempre e ogne frutto;

nettare è questo di che ciascun dice».

Io mi rivolsi ’n dietro allora tutto

a’ miei poeti, e vidi che con riso

udito avëan l’ultimo costrutto;

poi a la bella donna torna’ il viso.

(D. Alighieri, Edizione secondo l’Antica Vulgata cit.)

49-51 Tu mi fai … primavera: Tu mi ri-cordi il luogo in cui si trovava e l’aspetto che aveva (dove e qual era) Proserpina nel momento in cui sua madre [Cerere] la perdette, ed ella perdette i fiori che aveva raccolto (primavera). Il riferimento è alle Metamorfosi di Ovidio (V, 385 sgg.) e al mito di Proserpina, figlia di Cerere, rapita dal re degli inferi mentre raccoglieva i fio-ri. Il mito è evocato in questo luogo perché in esso si rappresentava la perdita dell’in-nocenza e della felicità della giovinezza, cosicché poteva facilmente trovare corri-spondenza, per i cristiani, nella perdita del paradiso terrestre (e quindi dell’innocenza e della felicità) da parte dell’umanità.70 Tre … lontani: Il fiume ci divideva di una misura di tre passi; quindi Matelda e

Dante sono separati una distanza minima, ma che si rivela insuperabile.71-75 ma Elesponto … s’aperse: ma l’El-lesponto, che Serse attraversò, [ed è] anco-ra ammonimento contro tutte le superbie umane, non fu odiato da Leandro per il [suo] mareggiare fra Sesto e Abido più di quanto io odiai quel fiume perché in quel momento non si aprì. • Serse: l’Ellesponto è lo stretto, fra la Grecia e l’Asia, che il re persiano Serse attraversò con un esercito enorme, passando su un ponte di navi, con l’intento di conquistare la Grecia; sconfit-to, però, egli fu costretto a ritirarsi, e sotto il peso dell’esercito in fuga il ponte di navi cedette, facendo annegare gli uomini che lo attraversavano. • Leandro: racconta Ovidio nelle Heroides (18-19), che Leandro

attraversava tutte le notti in barca l’Elle-sponto per recarsi dalla sua amata Ero, sal-vo, naturalmente, quando il mare in tempe-sta impediva la traversata, suscitando l’ira dell’innamorato.76-79 «Voi siete … sospetto: Ella comin-ciò [a dire]: «Voi siete appena arrivati, e forse per il fatto che io sorrido in questo luogo eletto [da Dio] a dimora naturale (suo nido) del genere umano, vi meravigliate e rimanete in dubbio. Il dubbio che può su-scitare la meraviglia dei due nuovi venuti è legato, secondo l’interpretazione più con-vincente di questi versi, al fatto di vedere questa donna che sorride nel luogo in cui si consumò la colpa di Adamo e la rovina dell’umanità.80 ma luce … Delectasti: ma può illumi-narvi il salmo Delectasti; qui Matelda cita il salmo 91 non attraverso il primo verso, com’era uso, ma con i versi 5-6, nei quali l’uomo dichiara lo stupore e la gioia per lo splendore della creazione e con i quali si può spiegare il sorriso di Matelda.81 disnebbiar vostro intelletto: schia-rirvi la mente, [liberandola da ogni nebbia e da ogni dubbio].82 dinanzi: Dante è avanzato e si trova ora davanti a Stazio e Virgilio.83-84 ch’i’ … basti: giacché io venni pronta [a dare risposta] a ogni tua domanda quanto serve a soddisfarti (tanto che basti).91 Lo sommo Ben … piace: Dio, che solo piace a se stesso [in quanto solo in se stes-so Egli trova il bene perfetto].92 fé: fece.93 per arr’ … pace: come caparra dell’e-terna beatitudine. La bellezza e la pace del paradiso terrestre ne fanno un anticipo di quello celeste.94 sua difalta: soggetto è l’uomo, che a causa della sua colpa e della sua mancanza di obbedienza (disfalta) perse il paradiso terrestre.139-40 Quelli … de l’oro: I poeti antichi, che cantarono l’età dell’oro; ad esempio, Ovidio nelle Metamorfosi (I, 89 sgg.), te-sto più volte individuato come punto di ri-ferimento in questo canto, e Virgilio, nelle Egloghe (IV, 6 sgg.). «La coincidenza del felice luogo cantato dai poeti latini con il giardino della Scrittura appare» a Dante «come un segno del dono divino conces-so ai poeti di presentire, quasi in sogno, la verità rivelata da Dio agli autori biblici» (Chiavacci Leonardi).141 Parnaso: è il monte abitato dalle Muse.142-44 Qui … dice: In questo luogo [l’E-den] i progenitori della specie umana furo-no innocenti; qui [era] sempre primavera e [c’era] ogni frutto; l’acqua di questo fiume (questo) è il nettare di cui cantano tutti [i poeti].146 a’ miei poeti: Virgilio e Stazio. • riso: sorriso.147 l’ultimo costrutto: l’ultimo ragiona-mento [di Matelda].148 torna’ il viso: rivolsi nuovamente lo sguardo.

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Comprensione

1 Spiega a che punto è giunto il viaggio di Dante all’altezza del canto XXVIII del Purgatorio e quali sono gli stati d’animo in lui dominanti nell’incontro con Matelda.

2 Fai un breve ritratto del personaggio di Matelda soffermandoti sulle sue caratteristiche fisiche e sui suoi atteggiamenti.

Analisi e interpretazione

3 Tenendo in considerazione la struttura del mondo così come immaginata da Dante, spiega qual è la posizione «geografica» del paradiso terrestre e in che senso essa corrisponde a una posizione simbolica.

4 In questo canto viene rappresentato un giardino primaverile secondo le modalità tipiche del locus amoenus. Fanne una sintetica descri-zione e spiega quale particolare significato acquista qui questo tópos.

5 Perché il luogo in cui si trova Dante è definito «nido» dell’umanità (v. 78)?

6 Rileva gli aspetti lessicali e le immagini che conferiscono a questo canto il tono della «dolcezza».

7 Tutto il verso 40, «una donna soletta che si gia», è richiamo puntuale al Cavalcanti di In un boschetto («che sola sola per lo bosco gia», v. 12); ma è l’insieme della scena ad avere tratti cavalcantiani, questa volta con riferimento alla ballata Fresca rosa novella, versi 3-4: «per prata e per rivera / gaiamente cantando». Poco più avanti, i versi 44-45 recuperano il tópos stilnovistico del viso come specchio del cuore innamorato richiamando altri luoghi, esterni alla Commedia, della scrittura dantesca: così, ad esempio, «Lo viso mostra lo color del core» (in Vita nova, XV, Ciò che m’incontra, v. 5) e «voi le vedete Amor pinto nel viso» (Vita nova, XIX, Donne ch’avete, v. 55). Come spieghi una così fitta presenza di elementi stilnovistici in questo canto? In quale rapporto si situa Dante all’altezza della Commedia rispetto alla sua precedente esperienza letteraria?

Approfondimento

8 Alla fine del canto Dante paragona espressamente l’età dell’innocenza e della felicità dell’uomo con quella che per i poeti antichi pre-cristiani era l’età dell’oro. Collega il canto di Dante che hai appena letto con il luogo indicato delle Metamorfosi di Ovidio (I, 89 sgg.: «Per prima fu la generazione dell’oro, che spontaneamente / senza leggi e punizioni, coltivava la lealtà e la giustizia…») e chiarisci in base a quale modalità interpretativa le rappresentazioni dei poeti classici possono essere per Dante prefigurazioni della sua. Spiega, inoltre, come la nuova prospettiva cristiana legata alla vita eterna e al Giudizio universale modifica in modo significativo la prospettiva antica dell’età dell’oro come tempo passato e perduto.

➤ TIPOLOGIA B SCRITTURA DOCUMENTATA

Ambito artistico-letterarioSviluppa l’argomento o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Dai un titolo al tuo testo e indicane la possibile destinazione editoriale. Non superare le 4-5 colonne di lunghezza.

ARGOMENTO: LA COMMEDIA POEMA DELLA LIBERTÀ

Testo 1 Dante, Purgatorio, I, 64-72Usciti «a riveder le stelle» e ormai giunti ai piedi della montagna del purgatorio Virgilio e Dante s’imbattono in Catone Uticense, severo custode del regno di mezzo. Questi li crede due anime fuggite dall’inferno e perciò sbarra loro la strada, ma Virgilio spiega a Catone che Dante, ancora vivo, affronta quel viaggio nell’oltretomba per volontà divina ed espone sinteticamente il senso profondo dell’intero percorso dantesco e quindi dell’intero poema:

Mostrata ho lui tutta la gente ria;

e ora intendo mostrar quelli spiriti

che purgan sé sotto la tua balìa.

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64 gente ria: le anime dannate.66 la … balia: la tua autorità.

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Com’io l’ho tratto saria lungo a dirti;

de l’alto scende virtù che m’aiuta

conducerlo a vederti e a udirti.

Or ti piaccia gradir la sua venuta:

libertà va cercando, ch’è sì cara,

come sa chi per lei vita rifiuta.

67 com’io … a dirti: sarebbe troppo lungo raccontarti come l’ho condotto [dagli abis-si infernali a qui].

68 da l’alto … virtù: Virgilio sottolinea che il viaggio di Dante avviene per volontà celeste.

72 chi … rifiuta: chi rinuncia alla vita in suo nome. Il riferimento è a Catone stesso, morto in nome della libertà dal tiranno Cesare.

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Verso determinante per il significato di queste terzine è quello che si apre con la parola-chiave libertà, come spiega nel suo commento Anna Maria Chiavacci Leonardi:

A.M. Chiavacci Leonardi, nota al v. 71, in Dante Alighieri, Commedia – Purgatorio, Mondadori, Milano 1994.

Risuona qui la parola decisiva di tutta questa scena, non per niente posta in prima sede del verso.

Questo, e il successivo, sono rimasti tra i più noti e memorabili versi danteschi. La loro forte scan-

sione ritmica, l’intensità emotiva che racchiudono, derivano infatti dal profondo valore che fu per

Dante, per tutta la sua vita morale, ciò che quella parola significa. […] Dante intende qui, per sé, la

libertà dello spirito […]. Quella per cui morì Catone fu la libertà dal tiranno, la libertà politica. Ma

Dante non esita a identificarle […]. Perché la seconda non è altro per lui che la figura storica della

prima; e Catone, morto per la libertà, ne è come la personificazione.

Testo 2 Dante, Purgatorio, XVI, 67-78Dante interroga Marco Lombardo sul punto critico posto dalla teoria, al tempo assai diffusa, secondo cui l’influsso degli astri avrebbe una decisiva influenza sulle azioni degli uomini (determinismo astrale). Se così fosse, sarebbe negato il libero arbitrio degli individui. Riportiamo la risposta di Marco Lombardo.

Voi che vivete ogne cagion recate

pur suso al cielo, pur come se tutto

movesse seco di necessitate.

Se così fosse, in voi fora distrutto

libero arbitrio, e non fora giustizia

per ben letizia, e per male aver lutto.

Lo cielo i vostri movimenti inizia;

non dico tutti, ma, posto ch’i’ ’l dica,

lume v’è dato a bene e a malizia,

e libero voler; che, se fatica

ne le prime battaglie col ciel dura,

poi vince tutto, se ben si notrica.

67-68 ogne cagion … al cielo: ogni causa dei vostri comportamenti fate risalire al cielo, [agli influssi celesti].

68-69 pur come … necessitate: come se esso determinasse (movesse … di necessi-tate) ogni cosa.

70 fora: sarebbe.72 per ben … lutto: ricevere la letizia [del paradiso] per il bene compiuto, e per il male le pene (lutto) dell’inferno.73 Lo cielo … inizia: [l’influsso] del cielo orienta inizialmente i vostri moti istintivi.74 posto … dica: se anche lo dicessi.75 lume … malizia: la capacità vi è data di distinguere il bene dal male.76-77 se fatica … dura: se nei primi con-trasti con le inclinazioni innate (col ciel) fatica.78 se ben … nitrica: se è ben alimentato [dalla virtù].

Il tema del rapporto tra libero arbitrio e destino eterno, legato al merito dell’individuo, è indicato da Dante stesso come costi-tutivo del poema nell’Epistola a Cangrande:

Dante, Epistola a Cangrande della Scala (XIII)

Preso solo nel suo senso letterale, dunque, il soggetto dell’intera Commedia riguarda semplicemen-

te la condizione delle anime dopo la morte; infatti, l’opera tutta procede muovendosi attorno a questo

tema. Se, in verità, si scava nel senso allegorico, il soggetto diventa l’uomo che, meritando o non me-

ritando, alla luce del libero arbitrio, è gratificato dal premio o dannato al giusto castigo.

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Testo 3 Dante, Purgatorio, XVIII, 67-74Dante interroga Virgilio sulla natura di amore. La risposta della guida, però, suscita nel pellegrino un nuovo dubbio: se l’amore è una forza irrazionale e irresistibile, si chiede Dante, allora l’innamorato che agisce in balia di amore non è responsabile delle proprie azioni, cosicché esse non possono, a loro volta, costituire ragione di merito o di colpa. A questo punto Virgilio precisa ulteriormente che l’amore stesso, come ogni passione umana, è sottoposto al libero arbitrio.

Color che ragionando andaro al fondo,

s’accorser d’esta innata libertate;

però moralità lasciaro al mondo.

Onde, poniam che di necessitate

surga ogne amor che dentro a voi s’accende,

di ritenerlo è in voi la podestate.

La nobile virtù Beatrice intende

per lo libero arbitrio […]

67 Color … al fondo: gli antichi filosofi che con la sola ragione sondarono il fondo delle cose.68 d’esta: di questa.69 però … mondo: per questo trasmisero

al mondo la dottrina morale.70-71 Onde … s’accende: Poniamo pure che ogni amore, [buono o cattivo], che na-sce (s’accende) in voi lo faccia senza il vo-stro controllo (di necessitate).

72 di ritenerlo … podestate: voi avete il potere di rifiutarlo.73-74 La nobile … arbitrio: a questa nobi-le virtù la sapienza rivelata (Beatrice) dà il nome di libero arbitrio.

Posta al centro del poema, e legato al tema amoroso (come si vede in Purg. XVIII), la questione del libero arbitrio implica una fitta rete di relazioni:

A. Punzi, Centro e centri nella Commedia, in «Anticomoderno», Roma 1999, p. 79.

Emerge […] con chiarezza quanto i due canti al centro [XVII e XVIII del Purgatorio] rappresentino

una chiave fondamentale per interpretare correttamente l’intero poema, e ad un tempo un modo

per sancire la distanza che ormai separa quest’idea d’amore da quella espressa nella sua [di Dante]

produzione giovanile. Emblematico il sonetto a Cino Io sono stato con Amore insieme (CXI), dove

Dante ribadisce il suo essere sottomesso alla forza d’Amore sin da quando aveva nove anni e l’asso-

luta impotenza della libera volontà con cui l’uomo cerca di opporsi alla tempesta d’amore […]. Siamo

dunque di fronte al definitivo superamento di un amore inteso come tempesta turbinosa che trascina

nel suo vortice coloro che la ragione sommettono al talento […].

Testo 4 Dante, Purgatorio, XXVII, 139-142Virgilio ha condotto Dante fino alla sommità del monte del purgatorio e, giunti ormai i poeti alla soglia del paradiso terrestre, le ultime parole pronunciate dal maestro sanciscono la libertà riconquistata del discepolo, che potrà ormai procedere secondo la sua volontà.

Non aspettar mio dir più né mio cenno;

libero, dritto e sano è tuo arbitrio,

e fallo fora non fare a suo senno:

per ch’io te sovra te corono e mitrio.

139 mio dir … cenno: una mia parola o un mio cenno.140 libero … sano: ovvero libero dalle passioni, dritto perché rivolto al bene,

sano perché guarito dall’inclinazione al male che deriva nell’essere umano dal pec-cato originale.141 fallo … senno: sbagliato sarebbe ( fal-

lo fora) non fare ciò che il tuo arbitrio di-spone (a suo senno).142 per ch’io … mitrio: «ti incorono re di stesso» (Chiavacci Leonardi).

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Se le ultime parole pronunciate da Virgilio sanciscono la libertà riconquistata, la separazione da Beatrice comporta un ritorno al tema della libertà:

Dante, Paradiso, XXXI, 79-87Dante è ormai giunto all’Empireo, guidato da Beatrice. Ora, però, improvvisamente il pellegrino non vede più al suo fianco la donna: a Beatrice si è sostituita una nuova guida, San Bernardo, che lo guiderà alla fine del suo viaggio. Alla donna, che con la sua intercessione ha reso possibile il lungo percorso di ascesa (lo stesso Bernardo si dice “mosso” da Beatrice), il pellegrino-poeta rivolge una preghiera di ringraziamento.

O donna in cui la mia speranza vige,

e che soffristi per la mia salute

in inferno lasciar le tue vestige,

di tante cose quant’i’ ho vedute,

dal tuo podere e da la tua bontate

riconosco la grazia e la virtute.

Tu m’hai di servo tratto a libertate

per tutte quelle vie, per tutt’i modi

che di ciò fare avei la potestate.

79 la … vige: la mia speranza si fonda.80 salute: salvezza.81 in inferno … vestige: intendi scendere nelle profondità infernali (il riferimento è alla discesa agli inferi di Beatrice per invi-

tare Virgilio a muovere in soccorso di Dan-te smarrito nella «selva oscura»).82 di tante … virtute: riconosco che il privilegio (grazia) e la forza (virtute) per vedere tutto ciò che ho visto [mi vengono] dalla tua bontà e dal tuo potere.

85 Tu … libertate: da schiavo [che ero] tu mi hai condotto alla libertà.87 per tutte … protestate: per tutte quel-le strade e in tutti quei modi ch’erano in tuo potere.

Il congedo dall’una e dall’altra guida presenta dunque tratti significativi di analogia:

R. Mercuri, Comedìa, in Letteratura italiana. Le Opere – I. Dalle Origini al Cinquecento, diretta da A. Asor Rosa, Einaudi, Torino 1992.

Il duplice cambio di guida indica i punti nodali del racconto: il momento in cui Dante raggiunge la

meta della prima parte del viaggio, costituita dal Paradiso terrestre, e il momento in cui conclude il

viaggio in Paradiso, oltre il quale c’è l’Empireo, la visione di Dio. Per questo il congedo da Virgilio e

da Beatrice avviene con le stesse parole, che indicano lo svincolamento da una condizione di prigio-

nia: Virgilio ha reso l’arbitrio di Dante libero (Purg. XXVII, 127-42) Beatrice ha reso sanata l’anima

di Dante, traendolo «di servo in libertate» (Par. XXXI, 84).

Testo 5 Dante, Monarchia I, xii

Inoltre, il genere umano è in ottimo stato quand’è del tutto libero. Questo parrà evidente, se si renda

chiaro qual è il principio della libertà. All’uopo è da sapere che principio primo della nostra libertà

si è la libertà dell’arbitrio […]. Dal che può altresì concludersi come questa nostra libertà, o meglio

questo principio di ogni nostra libertà, è il più gran dono conferito da Dio alla natura umana – come

ho già detto nel Paradiso della Commedia – perché per esso raggiungiamo qui la nostra felicità come

uomini, per esso la raggiungiamo di là a mo’ d’iddii1.

1 a mo’ d’iddii: come [se fossimo] divinità.

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VERIFICHE PER LA CLASSEQuesiti a risposta chiusa • Esercizi di completamento • Quesiti a risposta breve • Trattazione sintetica

QUESITI A RISPOSTA CHIUSA

1 La Tenzone con Forese Donati si compone di:

a. sei testi, tre per ciascun autore, che formano una vera e propria gara di “loda” della donna, in stile aulico.b. sei testi di Dante, di taglio comico-realistico, mentre quelli di Forese non sono stati tramandati.c. sei testi, tre per ciascun autore, dal contenuto ingiurioso e parodico.

2 La prima adesione di Dante allo Stil novo:

a. avviene sotto il segno di Cavalcanti ed è caratterizzata dai tema dell’amore, dell’amicizia e dell’appartenenza a una ristretta e aristocratica cerchia unita dalla raffinatezza dei sentimenti e della scrittura.

b. avviene sotto il patrocinio di Guido Guinizelli e si caratterizza per il massiccio trasferimento, nella tematica amorosa, di immagini e linguaggio delle Sacre Scritture.

c. si compie da una posizione di sostanziale isolamento e presenta caratteristiche irriducibili alla precedente esperienza di Guinizelli e Cavalcanti.

3 Per donna-schermo si intende:

a. un personaggio di donna fittizio dietro cui Dante nasconde dai “malparlieri” il suo vero amore per Beatrice.b. il concetto dello specchiarsi interamente del poeta nelle virtù della donna.c. un personaggio scelto da Dante come senhal del suo amore per Beatrice.

4 Quale innovazione spirituale ispira l’affermarsi dello “stile della loda”?

a. La consapevolezza dello status meramente terreno delle virtù della donna, incapaci di portare benefici spirituali al poeta.b. Lo svincolarsi dell’esaltazione delle virtù della donna da ogni ricompensa, rendendo la poesia un atto totalmente gratuito.c. L’esaurirsi del precetto stilnovista che condannava l’amore a esiti necessariamente negativi, di impossibilità sostanziale.

5 Dietro la scelta del volgare per la composizione del Convivio:

a. c’è la volontà di rendere comprensibili le proprie liriche a tutto il popolo parlante in volgare toscano.b. c’è la consapevolezza della superiorità del latino che non può adattarsi a un testo sentito da Dante come “minore”.c. c’è la volontà di allargare i confini del proprio pubblico di intellettuali e di non limitarsi ai litterati.

6 Tra i vari aggettivi utilizzati da Dante nel De vulgari eloquentia per descrivere il volgare illustre c’è aulico; che deriva:

a. dal latino aula, ovvero il palazzo, il luogo fisico del potere dove è necessaria la presenza di una lingua illustre.b. dal latino aula, ovvero l’aula scolastica dove la lingua illustre deve essere insegnata ai futuri intellettuali.c. dal greco aulé, ovvero la corte, e indica l’idioletto con cui ci si esprime nelle corti per non farsi capire dai plebei.

7 La teoria politica espressa da Dante nel Monarchia:

a. afferma la superiorità della Chiesa in quanto investita del potere divino.b. è all’insegna dell’equilibrio dei poteri tra le due istituzioni universali, l’Impero e la Chiesa.c. afferma la superiorità del potere imperiale anche nelle questioni spirituali.

8 La Commedia, «poema sacro / al quale ha posto mano e cielo e terra» (Par. XXV 1-2):

a. si apre a fonti esclusivamente riconducibili al pensiero cristiano, dalle Sacre Scritture ai Padri della Chiesa, fino ai più rappresentativi esponenti del pensiero cristiano del xii-xiii secolo (i Vittorini, Bonaventura da Bagnoregio, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino…).

b. si apre a fonti anche letterarie (oltreché ai modelli del pensiero cristiano) tutte comunque contenute nell’arco temporale che va dai primi trovatori ai grandi esponenti dello Stil novo.

c. è un’opera totalizzante, che recupera, reinterpretandolo attraverso i mezzi dell’allegoria figurale, il grande patrimonio della cultura classica e che si apre probabilmente anche all’influsso della letteratura mistica musulmana.

9 Alla base della costruzione strutturale e stilistica della Commedia sta la simbolgia numerica del:

a. 10 e del 100.b. 7 e del 9.c. 3 e del 10.

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false; quindi correggi quelle errate.

1 La definizione di «dolce Stil Novo» si deve a Guinizelli, considerato l’iniziatore della scuola stilnovistica. V F

2 Sul giovane Dante è decisiva l’influenza del suo maestro Brunetto Latini. V F

3 Una costante delle Rime dantesche è l’alternanza tra una linea dolce e una aspra. V F

4 Le Rime di Dante formano un canzoniere unitario. V F

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5 La canzone Così nel mio parlar può essere considerata una sorta di manifesto di poetica. V F

6 Le liriche della Vita nova sono contemporanee al loro commento in prosa. V F

7 Il Convivio, essendo un trattato filosofico rivolto ai dotti, è scritto in latino. V F

8 Secondo Dante solo la Chiesa, in quanto discendente diretta del volere divino, ha le capacità di riportare ordine nel caos politico a lui contemporaneo. V F

9 Nel De vulgari eloquentia Dante fornisce un vero e proprio canone dei suoi auctores. V F

10 L’Epistola dedicatoria a Cangrande della Scala è di dubbia attribuzione a Dante. V F

ESERCIZI DI COMPLETAMENTO

1 Completa il testo che segue.

Il canto .......................... dell’Inferno costituisce il vero e proprio esordio della .......................... cantica, e questo fatto viene sottolineato dall’invocazione alle .........................., una caratteristica comune ai .......................... dei po-emi classici. Nel passaggio dal canto precedente il .......................... di Dan..........................te subisce un mutamento d’.......................... : passa dal dubbio alla speranza, rinfrancato dal racconto di.......................... . Il viaggio agli inferi di Dante ha infatti almeno due progenitori illustri: il VI libro dell’.......................... e la seconda Epistola ai Corinzi di .......................... . Comincia a profilarsi dunque il carattere .......................... del viaggio di Dante, destinato a precisarsi sempre di più con lo scorrere dei canti.

QUESITI A RISPOSTA BREVE

Rispondi alle seguenti domande, dedicando a ciascuna 5-7 righe al massimo.

1 Inserisci la vicenda biografica di Dante prima nel contesto delle lotte interne al comune di Firenze, poi in quello delle corti del nord Italia. 2 In che modo Dante promosse di sé l’immagine di exul immeritus e di cantor rectitudinis? 3 Ripercorri brevemente le fasi dello sperimentalismo dantesco nelle Rime dagli inizi guittoniani alle “petrose”. Si può parlare di un vero e proprio

“canzoniere” dantesco? 4 Spiega cos’è il prosimetro, ovvero il particolare modello formale che caratterizza la Vita nova. 5 Il tema del “saluto” della donna amata è uno dei tópoi stilnovisti ripresi da Dante nella Vita nova. Quali sono gli elementi di continuità tra il Dante lirico

e la produzione precedente? Quali le novità? 6 Quali sono le ragioni filosofiche alla base della amicizia che lega Dante e Cavalcanti? Quali le ragioni della rottura? 7 Descrivi brevemente la struttura del Convivio e spiegane la metafora contenuta nel titolo. 8 Elenca e spiega quali sono i quattro sensi della scrittura secondo le teorie esposte da Dante nel Convivio. 9 In che senso Dante utilizza la parola comedìa, destinata a diventare il titolo del poema? 10 Com’è strutturata la terzina che oggi viene detta “dantesca”, dal nome del suo inventore? 11 Esponi brevemente e commenta la “selva” di simboli contenuti nel canto I della Commedia.

Trattazione sintetica

Svolgi i seguenti spunti di scrittura, dedicando a ciascuno 15-20 righe.

1 Con il nome di rime “petrose” (categoria oggi rimessa in discussione, ma per certi aspetti ancora utile) viene tradizionalmente indicato un nucleo di quattro poesie, accomunate almeno dalla volontà di sperimentazione linguistica che le caratterizza:

• quali sono le liriche più importanti di questo nucleo? Perché? • quali sono i tratti che connotano la lingua delle “petrose”? Si tratta solo di aspetti legati al lessico? • in che cosa consiste la “convenienza” tra stile e lingua caratteristica almeno della canzone Così nel mio parlar vogl’esser aspro?2 La Vita nova è la prima opera unitaria di Dante, che vi descrive un itinerario autobiografico: • spiega che cosa intende Dante quando, nella Vita nova, parla di «libro de la mia memoria», e in che modo questo riferimento al libro della memoria

è funzionale all’unitarietà del libello; • mostra in che modo il rapporto stabilito tra testi poetici e prosa permette al poeta di inserire in questo libro unitario una parte della sua precedente

produzione lirica; • spiega in che cosa consiste la svolta segnata dal passaggio alla poesia della “loda”; • definisci l’importanza capitale che assume l’evento della morte di Beatrice, in una prospettiva interna alla Vita nova, ma ancora di più nell’ottica

del superamento dello Stil novo e in vista del futuro progetto della Commedia.3 Con il De vulgari eloquentia Dante interviene in modo perentorio nel dibattito sulla questione della lingua, ponendo per primo le basi di una vera e

propria teoria del linguaggio. Descrivi e motiva le caratteristiche del volgare ideale teorizzate da Dante e spiega perché il libro, oltrepassando i confini del trattato, si pone come bussola di un vero e proprio progetto culturale.

4 Nel trattato Monarchia Dante riflette sull’ontologia e la giustificazione del potere temporale, e della sua incarnazione nell’Impero e nel suo sovrano. Esponi in breve le questioni poste e la soluzione dantesca. Perché il libro fu fin da subito osteggiato dalle autorità ecclesiastiche?

5 Secondo lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, grande studioso di Dante, la Commedia è una «miniatura universale», ovvero un libro che racchiude tutto l’universo. Esponi brevemente la struttura dell’oltremondo dantesco, rintraccia i richiami alla concezione tolemaica del cosmo e spiegane i significati allegorici più immediati.

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6 Lo svolgersi del poema dantesco si configura come un viaggio. Analizza i valori metaforici e allegorici connessi al tema del “cammino” e della “na-vigazione”, rifacendoti anche ai modelli che Dante aveva presenti nella stesura della Commedia. Come ogni viaggiatore, anche Dante ebbe bisogno di guide: descrivile e spiegane l’avvicendamento.

7 La Commedia è innervata da una profonda riflessione politica e morale, da un’urgenza di rinnovamento e palingenesi a più livelli. Tratteggia il pen-siero politico di Dante, rifacendoti anche alla sua esperienza biografica. Perché l’umanità sembra essere intrappolata in una «selva oscura»?

8 La lingua della Commedia è un capolavoro tutt’oggi inimitato. Prova a descriverne i tratti fondamentali, con particolare attenzione ai concetti di plurilinguismo e pluristilismo. In che modo Dante sembra qui superare le sue stesse teorizzazioni precedenti?

9 Eugenio Montale, tra i maggiori poeti del Novecento italiano, disse che «di fronte a Dante non esistono poeti». Un’affermazione forte che rende conto dello stupore con cui ancora oggi ci si avvicina all’autore della Commedia. Prova a descrivere, secondo la tua sensibilità, le ragioni dell’eccezionalità di Dante, della sua perenne attualità. Accenna in breve alla sua fortuna presso i contemporanei, e nei secoli a venire.

Sezione 5 Petrarca e il libro della vitaVERSO L’ESAME

ANALISI DI UN TESTO POETICO • SCRITTURA DOCUMENTATA

➤ TIPOLOGIA A ANALISI DI UN TESTO POETICO

Petrarca, Io amai sempre, et amo forte anchora (Canzoniere, 85)

Io amai sempre, et amo forte anchora,

et son per amar piú di giorno in giorno

quel dolce loco, ove piangendo torno

spesse fïate, quando Amor m’accora.

Et son fermo d’amare il tempo et l’ora

ch’ogni vil cura mi levâr d’intorno;

et piú colei, lo cui bel viso adorno

di ben far co’ suoi exempli m’innamora.

Ma chi pensò veder mai tutti insieme

per assalirmi il core, or quindi or quinci,

questi dolci nemici, ch’i’ tant’amo?

Amor, con quanto sforzo oggi mi vinci!

Et se non ch’al desio cresce la speme,

i’ cadrei morto, ove piú viver bramo.

(F. Petrarca, Canzoniere, a cura di G. Contini, Einaudi, Torino 1964)

4

8

11

14

3 quel dolce loco: il luogo e il tempo del suo innamoramento.4 accora: mi stringe il cuore.8 m’innamora: mi invoglia al bene.9 pensò: credeva.10 or quinci or quindi: da ogni parte.12 sforzo: schiera di soldati.13 al desio cresce la speme: la passione acquista una maggiore speranza.14 ove: quando.

Elabora in un testo unitario il commento di questi versi, utilizzando come guida per il tuo lavoro le domande di comprensione, analisi e interpretazione, approfondimento.

Comprensione

1 Riassumi il contenuto del sonetto in massimo 8 righe.

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Analisi e interpretazione

2 Di quale componimento si tratta dal punto di vista metrico? Qual è lo schema delle rime?

3 Ampliando con elementi tratti dalla vicenda biografica dell’innamoramento di Petrarca spiega che cosa si intende concretamente con l’espressione «quel dolce loco».

4 Con l’espressione «quel dolce loco» si può intendere anche un significato maggiormente astratto: quale?

5 A che cosa fa riferimento il poeta con l’espressione «questi dolci nemici» al verso 11?

6 Il nome di Laura non è presente nel sonetto: indica con quali parole viene citata e spiegale alla luce delle tue conoscenze sulla figura della donna in Petrarca.

7 Nel testo poetico sono presenti alcune antitesi: riconoscile e spiegale.

Approfondimento

8 Petrarca introduce come novità assoluta nella sua produzione lirica la dimensione introspettiva, che lo porta a indagare su se stesso e sulle sue contraddizioni. Commenta questo giudizio, stabilendo confronti fra questa e altre liriche del Canzoniere che conosci.

➤ TIPOLOGIA B SCRITTURA DOCUMENTATA

Ambito artistico-letterario

Sviluppa l’argomento o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Dai un titolo al tuo testo e indicane la possibile destinazione editoriale. Non superare le 4-5 colonne di lunghezza.

PROPOSTA 1

ARGOMENTO: IL VIAGGIO E IL LIBRO IN DANTE E IN PETRARCA

Il viaggio di Dante

Testo 1 D. Alighieri, Inferno, I, 1-9

Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura, / che la diritta via era smar-

rita. / Ahi quanto a dir qual era è cosa dura / esta selva selvaggia e aspra e forte / che nel pensier

rinnova la paura! / Tant’ è amara che poco è più morte; / ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, / dirò

de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.

Testo 2 D. Alighieri, Inferno, II, 31-36

[Dante] “Ma io, perché venirvi? o chi ’l concede? / Io non Enëa, io non Paulo sono; / me degno a ciò

né io né altri ’l crede. / Per che, se del venire io m’abbandono, / temo che la venuta non sia folle. / Se’

savio; intendi me’ ch’i’ non ragiono”.

[…]

[Virgilio] Dunque: che è? perché, perché restai, / perché tanta viltà nel core allette, / perché ardire e

franchezza non hai, / poscia che tai tre donne benedette / curan di te ne la corte del cielo, / e ’l mio

parlar tanto ben ti promette?»

Testo 3 D. Alighieri, Inferno, XXVI, 112-142

[Ulisse] “O frati”, dissi, “che per cento milia / perigli siete giunti a l’occidente, / a questa tanto picciola

vigilia / d’i nostri sensi ch’è del rimanente, / non vogliate negar l’esperienza, / di retro al sol, del mon-

do sanza gente. / Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir

virtute e canoscenza. / Li miei compagni fec’io sì aguti, / con questa orazion picciola, al cammino, /

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che a pena poscia li avrei ritenuti; / e volta nostra poppa nel mattino, / de’ remi facemmo ali al folle

volo / […] / Cinque volte racceso e tante casso / lo lume era di sotto da la luna, / poi che ’ntrati era-

vam ne l’alto passo, / quando n’apparve una montagna, bruna / per la distanza, e parvemi alta tanto /

quanto veduta non avea alcuna. / Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto, / ché de la nova terra

un turbo nacque, / e percosse del legno il primo canto. / Tre volte il fé girar con tutte l’acque; / a la

quarta levar la poppa in suso / e la prora ire in giù, com’altrui piacque, / infin che ’l mar fu sovra noi

richiuso».

Testo 4 M. Corti, Scritti su Cavalcanti e Dante. La felicità mentale. Percorsi dell’invenzione e altri saggi, Einaudi, Torino 2003

Maria Corti, grande studiosa di Dante, mette in luce, in queste poche righe, il significato del diverso esito di due viaggi di conoscenza: quello di Ulisse, affidato ai soli mezzi della ragione umana, e quello di Dante, propiziato da un progetto divino.

Ne possiamo dedurre da un lato che Ulisse è in un certo senso «l’originale doppio di Dante» e come

Dante eroe di un viaggio della conoscenza entro spazi inaccessibili; dall’altro che Ulisse impersona

l’esito opposto a quello dantesco dell’avventura della conoscenza: Dante va in su dall’Inferno al Pa-

radiso, Ulisse va in giù nel naufragio in vista della montagna del Purgatorio.

Testo 5 J. Lotman, Testo e contesto. Semiotica dell’arte e della cultura, Laterza, Roma-Bari 1980

Il semiologo russo Jurij Lotman mette in luce la relazione, nel viaggio dantesco, tra ascesa e perfezionamento morale.

La via per giungere alla conoscenza per Dante è diversa da quella di Ulisse. La conoscenza dantesca,

che si accompagna ad un’ininterrotta ascesa lungo l’asse dei valori morali, è una conoscenza che si

sviluppa man mano che cresce il perfezionamento morale di chi aspira a realizzarla. L’elevarsi della

propria moralità dà luce all’intelligenza.

L’iter di Petrarca tra il Secretum e il Canzoniere

Testo 1 F. Petrarca, Secretum, l, III

Agostino Ma spesso te l’ho detto! E fin dall’inizio, quando ho visto che prendevi la penna in mano, ti

ho preannunziato che la vita è breve e incerta, e lunga e certa la fatica; che l’opera era impegnativa,

e minimo il frutto. Ma ti avevano chiuso le orecchie le chiacchiere della gente, che mi meraviglio tu

possa insieme odiare e seguire. Ma poiché abbiamo discusso abbastanza, ti prego, se da me hai avuto

qualcosa di gradito, non farlo marcire nella muffa e nell’inerzia. E se invece è stato un po’ aspro, non

sopportarlo con fastidio.

[…]

FrAncesco Sarò presente a me stesso quanto più potrò, e raccoglierò gli sparsi frammenti dell’ani-

ma mia e dimorerò in me, con attenzione. Ma ora, mentre parliamo, mi aspettano molte e importanti

faccende, benché ancora mortali.

Testo 2 F. Petrarca, Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, RVF 1 [ T1, p. 344 sgg.]

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono / di quei sospiri ond’io nudriva ’l core / in sul mio primo giove-

nile errore / quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono, // del vario stile in ch’io piango et ragiono

/ fra le vane speranze e ’l van dolore, / ove sia chi per prova intenda amore, / spero trovar pietà, non-

ché perdono. // Ma ben veggio or sì come al popol tutto / favola fui gran tempo, onde sovente / di me

medesmo meco mi vergogno; // et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto, / e ’l pentersi, e ’l conoscer

chiaramente / che quanto piace al mondo è breve sogno.

Testo 3 F. Petrarca, Di pensier in pensier, di monte in monte, RVF 129, vv. 1-13 [ T10, p. 378 sgg.]

Di pensier in pensier, di monte in monte / mi guida Amor, ch’ogni segnato calle / provo contrario a

la tranquilla vita. / Se ’n solitaria piaggia, rivo o fonte, / se ’nfra duo poggi siede ombrosa valle, / ivi

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s’acqueta l’alma sbigottita; / et come Amor l’envita, / or ride, or piange, or teme, or s’assecura; / e ’l

volto che lei segue ov’ella il mena / si turba et rasserena, / et in un esser picciol tempo dura; / onde a

la vista huom di tal vita experto / diria: Questo arde, et di suo stato è incerto.

Testo 4 F. Petrarca, Vergine bella, che di sol vestita, RVF 366, vv. 63-74 [ T16, p. 401 sgg.]

Con le ginocchia de la mente inchine, / prego che sia mia scorta, / et la mia torta via drizzi a buon

fine. // Vergine chiara et stabile in eterno, / di questo tempestoso mare stella, / d’ogni fedel nocchier

fidata guida, / pon’ mente in che terribile procella / i’ mi ritrovo sol, senza governo, / et ò già da vicin

l’ultime strida. / Ma pur in te l’anima mia si fida, / peccatrice, i’ no ‘l nego, / Vergine…

Testo 5 F. Rico, «Secretum meum» di Francesco Petrarca, in Letteratura italiana, diretta da A. Asor Rosa, Le Opere, I, Dalle Origini al Cinquecento, Einaudi, Torino 1992

Oggi […] non sembrano esservi dubbi sul fatto che il dialogo [ndr: il Secretum] è piuttosto una rifles-

sione teorica e artistica sull’iter petrarchesco tra i quaranta e i cinquanta anni: non dunque il rifles-

so immediato, spontaneo, di una “crisi”, bensì la reinterpretazione stilizzata di una fase di condotta e

di pensiero possibili – non forzosamente reali – nella biografia ideale dello scrittore. Una reinterpre-

tazione inevitabilmente a posteriori, perché le cause si lasciano contemplare solo nella prospettiva

degli effetti, a mano a mano che la strada percorsa rimane indietro e si profila una traiettoria.

Testo 6 R. Antonelli, Introduzione a F. Petrarca, Canzoniere, Einaudi, Torino 1992 [1964]

[Petrarca], a differenza di tutti i suoi predecessori (tranne Dante), non rifiuta violentemente, esclu-

dendoli (o addirittura bruciandoli), tutti i suoi prodotti giovanili e amorosi: li inserisce invece in un

percorso unitario tipico ed esemplare per ogni uomo «intendente», che può cioè capire l’amore per

esperienza diretta.

[…]

Anche la canzone finale alla Vergine (366) allude ben esplicitamente alla preghiera alla Vergine del

Paradiso, ma l’una conclude un viaggio ascensionale e «trionfale», l’altra rimanda, per esplicite ri-

prese intertestuali, al sonetto proemiale dei RVF [ndr: Rerum vulgarium fragmenta], allo scopo di

chiarire il carattere circolare, quindi ripetibile ed esemplare, per ogni uomo «intendente», compiuto

dall’autore-protagonista, nella vita e nella letteratura […].

PROPOSTA 2

ARGOMENTO: L’ACCIDIA, L’ANGOSCIA DI VIVERE IN PETRARCA E NELLA SENSIBILITÀ CONTEMPORANEA

Testo 1 F. Petrarca, Secretum, II

Agostino Ti domina una funesta malattia dell’animo, che i moderni hanno chiamato accidia e gli

antichi aegritudo.

FrAncesco Il nome solo di essa mi fa inorridire.

Agostino Non me ne meraviglio, poiché ne sei tormentato a lungo e gravemente.

FrAncesco È vero; e a ciò s’aggiunge che mentre in tutte quante le passioni da cui sono oppresso è

commisto1 un che di dolcezza, sia pur falsa, in questa tristezza invece tutto è aspro, doloroso e orren-

1 commisto: unito.

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do; e c’è aperta sempre la via alla disperazione e a tutto ciò che sospinge le anime infelici alla rovina.

Aggiungi che delle altre passioni soffro tanto frequenti quanto brevi e momentanei gli assalti; questo

male invece mi prende talvolta così tenacemente, da tormentarmi nelle sue strette giorno e notte; e

allora la mia giornata non ha più per me luce né vita, ma è come notte d’inferno e acerbissima morte.

E tanto di lagrime e di dolori mi pasco con non so quale atra voluttà2, che a malincuore (e questo si

può ben dire il supremo colmo delle miserie!) me ne stacco.

Agostino Conosci benissimo il tuo male; tosto ne conoscerai la cagione. Di’ dunque; che è che ti con-

trista tanto? il trascorrere dei beni temporali3, o i dolori fisici o qualche offesa della troppo avversa

fortuna?

FrAncesco Un solo qualsiasi di questi motivi non sarebbe per sé abbastanza valido. Se fossi messo

alla prova in un cimento singolo, resisterei certamente; ma ora sono travolto da tutto un loro esercito.

2 non so … voluttà: in latino atra qua-dam cum voluptate, “con un certo oscuro piacere, gusto”. L’aggettivo latino ater ha in sé anche i valori semantici di morte. Si noti inoltre che nel definire lo speciale

gusto che si accompagna al soffrire, Pe-trarca senta il bisogno di usare l’aggettivo indefinito. È una spia significativa di una sensibilità nuova che si muove al di fuori della casistica e delle definizioni, nella

ricerca di esprimere anche quello che per sua natura è difficilmente riassumibile in un nome.3 il trascorrere … temporale: lo svanire dei beni temporali.

Testo 2 Vocabolario Treccani

accìdia s. f. [dal gr. ajkhdiva «negligenza», comp. di aj- priv. e kh` do~ «cura», assunto nel lat. tardo

come acedia e acidia]. – Inerzia, indifferenza e disinteresse verso ogni forma di azione e iniziativa:

la condizione che caratterizza molti giovani del nostro tempo, afflitti da assenza di interessi,

monotonia delle impressioni, sensazioni di immobilità, vuoto interiore, rallentamento del

corso del tempo e quindi a. (Umberto Galimberti). Più in partic., nella morale cattolica, negligenza

nell’operare il bene e nell’esercitare le virtù (nell’antica tradizione teologica, uno dei sette peccati

capitali).

Testo 3 E. Bianchi, «Avvenire», 6 maggio 2007

Oggi l’accidia – dopo essere stata vittima di una prolungata amnesia per cui non si sapeva neppure

più che tipo di malattia spirituale fosse – gode di un rinnovato e vasto interesse: ne parlano i filo-

sofi, i sociologi e anche quanti si interessano alla spiritualità. In realtà non credo che siano molti a

esercitarsi contro di essa con la lotta spirituale, non molti a conoscerla fino a farne una diagnostica

personale, non molti, di conseguenza, ad avere esperienza della possibile vittoria su di essa. Inoltre,

anche se molti sostengono di parlare e scrivere sull’accidia, sovente parlano e scrivono d’altro, finen-

do per confonderla con disagi e patologie differenti. Sì, l’accidia gode oggi di grande attenzione, ep-

pure pochissimi ne parlano per conoscenza autentica, vissuta con la mente, il cuore, il corpo. Cos’è,

dunque, l’accidia o “acedia”? “Akedia” nel greco classico indica la mancanza, il venir meno di un

interesse, un’attenzione, una sollecitudine: è quindi uno stato di scoraggiamento, di sconforto, un

sentimento che rasenta la disperazione perché non si scorge più la possibilità di un senso e, dunque,

di “salvezza”. […]

Chi fa una vita obbediente solo a uno sfrenato attivismo – magari anche assunto «a fin di bene», in

favore degli altri – e non sa “habitare secum” per attingere alla sorgente, chi si sfibra in molteplici

rapporti superficiali, chi non si esercita quotidianamente a discernere il proprio desiderio, la propria

volontà, il proprio operare, assumendo fallimenti e riuscite, questi finirà per incontrare presto o

tardi l’acedia nel suo devastante incedere. Per questo i rimedi che i padri del deserto indicano per

controllare e vincere questo demone hanno essenzialmente tutti a che fare con la vigilanza e il di-

scernimento sulla volontà propria.

Testo 4 G. Cucci, II male del nostro tempo, in «La civiltà cattolica», 2 gennaio 2010

L’accidia e la depressione sembrano essere le conseguenze più evidenti di una cultura e mentalità

narcisista, che fa di se stessi il centro di ogni realtà. La presenza diffusa di questo vizio può essere

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letta come un potente segno di avvertimento: essa ricorda che è falso il sogno di una civiltà felice,

realizzato grazie alla tecnologia e all’abbondanza dei beni. La crescita tecnologica non può compen-

sare la povertà della vita interiore, la perdita del senso di gratuità delle cose, di quello stupore che,

secondo gli antichi, caratterizzava l’origine della sapienza e dell’esperienza spirituale. […]

Gli studi condotti in sede psicologica confermano quanto depressione e tristezza si presentino come

fenomeni preoccupatamente in crescita nelle società occidentali, colpendo in particolare la fascia di

età che dovrebbe essere la più aperta alla vita. […]

Forse questo vizio appare così diffuso perché riflette l’odierna mancanza di speranza. Di fronte alle

difficoltà sorge, inevitabile, l’interrogativo sul senso di un impegno che si rivela incapace di oltrepas-

sare risultati immediati e possibili frustrazioni: «Nel nostro mondo l’accidia non prende più il volto

della pigrizia, ma quello del lasciare fare, dell’abbozzare. Tanto, si dice: “Sono tutti uguali e miglio-

rare è impossibile”. Questo modo di ragionare evita costantemente di mettere in questione la propria

condotta […]. Viviamo nel mondo del fare, ma l’agire è spesso accompagnato dalla disaffezione: la

smania di distrazione prevale sulla capacità di attenzione […]. L’accidioso non sa faticare. Soprattut-

to non si sa dedicare. Nel nostro tempo vi sono uomini che non sanno coltivare a lungo neppure un

amore. Dicono: che noia!»

VERIFICHE PER LA CLASSEQuesiti a risposta chiusa • Esercizi di completamento • Quesiti a risposta breve • Trattazione sintetica

QUESITI A RISPOSTA CHIUSA

1 Petrarca incarna con chiarezza un preciso modello di intellettuale. Egli, infatti:

a. rappresenta la figura dell’intellettuale essenzialmente stanziale, legato all’orizzonte del Comune.b. intende l’attività intellettuale come una vera e propria professione, nel segno della mobilità e della maggiore libertà possibile.c. lega la propria attività intellettuale a una corte e a un Signore, da cui riceve la protezione necessaria per dedicarsi esclusivamente al suo lavoro.

2 Con Petrarca prende forma un’attenzione esplicita e costante al mondo dell’interiorità. Questo implica:

a. l’esclusione di ogni tema che non sia strettamente privato, a cominciare da quello politico.b. l’esposizione di un conflitto interiore destinato a una finale pacificazione grazie agli sforzi del pensiero e della volontà.c. il tentativo di ordinare e di dare valore simbolico ai frammenti necessariamente sparsi e complessi della propria vita.

3 Individua, tra quelle che seguono, la definizione che meglio si adatta a descrivere i termini del classicismo petrarchesco.

a. Petrarca stabilisce un rapporto privilegiato con la cultura classica e al tempo stesso mostra un atteggiamento nuovo verso gli auctores (i “classi-ci”), non più recepiti solo per la loro funzione esemplare, ma assunti a fonte di una lezione di “umanità” che è possibile conciliare con il pensiero cristiano.

b. Petrarca stabilisce un rapporto privilegiato con la cultura classica e al tempo stesso mostra un atteggiamento nuovo verso gli auctores, assunti a fonte di una laica lezione di “umanità” e di un pensiero alternativo a quello cristiano dominante.

c. Petrarca stabilisce un intenso rapporto con la cultura e gli autori classici: essi vengono utilizzati, in conformità con l’uso che ne è stato fatto lungo tutto il Medioevo, come fonte di saggezza e di verità reinterpretabili in chiave allegorica.

4 Perché possiamo considerare Petrarca il primo filologo moderno?

a. Perché possedeva un’ampia biblioteca.b. Perché applicava in nuce quelli che poi sarebbero diventati i metodi cardine della disciplina filologica, soprattutto la collazione.c. Perché era solito intervenire di suo pugno per colmare le lacune dei testi tramandati.

5 Il Canzoniere viene considerato il primo “libro” della tradizione lirica italiana. Perché?

a. Per la sua mole, superiore a quella di tutte le raccolte dei lirici precedenti.b. Perché i copisti lo tramandarono fin da subito con quel medesimo titolo.c. Perché denota una palese volontà di sistema che lo innerva, un progetto organico alla cui realizzazione Petrarca dedica buona parte della

sua vita.

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6 La lingua del Canzoniere è caratterizzata:

a. da una notevole apertura al lessico del parlato.b. da una notevole disponibilità al plurilinguismo, che corrisponde all’utilizzo di tutti i livello stilistici: alto, medio, basso.c. da un’accurata selezione dei vocaboli, cui corrisponde un processo di rarefazione e trasformazione metaforica del lessico.

7 Il personaggio di Laura, carico di una pluralità di simbologie, è dirompente e innovativo soprattutto:

a. perché incarna al massimo grado il modello della donna-angelo della tradizione stilnovista. b. perché è un personaggio in costante metamorfosi, che mostra i segni di una costante evoluzione, fisica e spirituale.c. perché stravolge i canoni di bellezza in vigore fino a quei tempi.

8 La fortuna del Canzoniere, destinata a fondare una vera e propria corrente di imitatori, i “petrarchisti” e a innervare la lirica italiana almeno fino all’Ottocento, si deve soprattutto:

a. al suo linguaggio poetico, fissato in forme e strutture straordinariamente stabili.b. al tema dell’amore, fondamentale per la poesia lirica.c. alla creazione di un personaggio come Laura, dai tratti facilmente esportabili e replicabili.

9 Qual è il senso profondo del Secretum?

a. Avvicinare i contemporanei alla lettura delle Confessioni di Agostino.b. Mettere in scena, tramite l’interlocutore immaginario di Agostino, il conflitto interiore del poeta, lasciandolo alla fine sostanzialmente irrisolto.c. Mettere a confronto due sistemi di valori umani e culturali, quello ascetico-cristiano e quello dell’etica classica.

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false; quindi correggi quelle errate.

1 Il modello di intellettuale petrarchesco ricalca quello dell’intellettuale comunale a cavallo tra Duecento e Trecento V F

2 Si deve a Petrarca e alla sua passione filologica la scoperta di alcuni importanti testi perduti dell’antichità classica. V F

3 La vocazione all’autoanalisi di Petrarca fa di lui uno degli “inventori” della poesia lirica moderna. V F

4 Il Canzoniere come lo leggiamo oggi è il frutto di continue riscritture e riorganizzazioni durate oltre trent’anni. V F

5 La morte di Laura è simbolo della mutatio animi che spinge il poeta a rimettere in discussione il proprio assetto etico ed esistenziale. V F

6 La canzone Alla vergine che chiude il Canzoniere è il primo testo lirico composto dopo la morte di Laura. V F

7 I Triumphi sono un poema scritto in latino su imitazione dei componimenti celebrativi della classicità. V F

8 Il Secretum racconta un “viaggio” nella coscienza che conduce alla scoperta delle contraddizioni dell’animo umano e alla loro conciliazione. V F

9 Dietro la sistemazione dell’epistolario petrarchesco si intravede un preciso disegno ideologico-morale volto a ridefinire la propria immagine. V F

10 Petrarca riponeva le sue aspettative di gloria e riconoscimento soprattutto nella sua produzione in latino. V F

ESERCIZI DI COMPLETAMENTO

1 Completa il testo che segue.

Nel sonetto 35, ........................, Petrarca presenta il proprio autoritratto ........................, un modello che avrà grande successo nella tradizione successiva. I tratti salienti di questo ritratto sono: la vocazione alla ........................ per proteggersi dal dolore e dalle maldicenze del popolo, ma anche come occasione per ........................ su se stessi; il rapporto strettissimo tra soggetto e ........................, preso a testimone della propria sofferenza; infine la comple-ta ........................ di Amore, che diventa presenza ossessiva all’interno dell’io lirico, impedendogli di trovare nella ........................ l’equilibrio che cerca.

2 Completa il testo che segue.

Il Secretum è un ........................ molto particolare. Agostino utilizza le armi della ........................ e della retorica, al posto di quelle della ........................, che la tradizione ci ha insegnato essere tipiche del ........................ filosofico. D’altronde Francesco sa che non può non aderire, sul piano ........................, alle verità proposte da Agostino, essen-do queste indiscutibili. Il rapporto tra i due interlocutori è dunque frutto di uno ........................: i due personaggi esprimono, in realtà, il ........................ tra le due parti dell’........................ dell’autore. Il dilemma viene rimandato al ........................e potrà essere risolto solo grazie alla ........................ divina.

QUESITI A RISPOSTA BREVE

Rispondi alle seguenti domande, dedicando a ciascuna 5-8 righe al massimo.

1 Spiega in che senso e per quale ragione Petrarca scrive di essere nato «sotto il segno dell’esilio» (Familiares, I, i, 22) e di «sentirsi straniero ovunque» (Epystulae, III 19, 16).

2 Petrarca è uno scrittore compiutamente bilingue. In che senso? C’è un progetto dietro la scelta della lingua di ciascuna opera?

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3 La canzone Italia mia lascia trasparire le linee guida del progetto politico petrarchesco. Quali sono? Sono raffrontabili con quelle, ad esempio, di Dante?

4 Qual è l’atteggiamento di Petrarca nei confronti dei classici latini? Quali autori predilige? 5 Esponi brevemente la struttura del Canzoniere. In che senso si può affermare che tale struttura sia bipartita? Qual è la simbologia numerica che lo

innerva? 6 Come si evolve il personaggio di Laura dalla sua prima apparizione alla morte? Evidenzia le tappe del percorso. 7 In che modo i Trionfi possono essere ricondotti al modello dantesco? 8 Spiega in che senso la frase «raccoglierò gli sparsi frammenti della mia anima», pronunciata da Francesco nel Secretum (III), annuncia il Canzoniere. 9 Perché Petrarca sceglie Agostino come interlocutore nel Secretum? Quali sono i modelli cui si ispira? 10 Ricostruisci le partizioni dell’epistolario petrarchesco, spiegando in che modo ognuna delle sezioni contribuisca al progetto ideologico dell’autore.

TRATTAZIONE SINTETICA

Svolgi i seguenti spunti di scrittura, dedicando a ciascuno 15-20 righe.

1 Il Canzoniere ci immerge nella singolare e intrigante vicenda di un “io”. Ripercorri (aiutandoti anche con le altre opere) le tappe dell’io lirico di Petrar-ca, prestando attenzione alle sfumature e ai giudizi che l’autore fornisce di sé. A che conclusioni giunge l’autore? Concordi?

2 Nella concezione petrarchesca del ruolo dell’intellettuale, e nel suo metterla in pratica, non mancano difficoltà e contraddizioni. Analizza la carriera dell’autore, mettendo in evidenza come i successi (e gli insuccessi) “mondani” trovino eco nell’evoluzione del suo pensiero e della sua scrittura.

3 Spiega la funzione centrale svolta dal tempo e dalla memoria nella composizione e nella struttura del libro-Canzoniere. Soffermati, soprattutto: • sulla memoria come strumento di autoanalisi e di recupero e riorganizzazione di un passato frammentario; • sul sentimento petrarchesco di una vanità legata al trascorrere del tempo; • sull’importanza della lezione di Agostino per la concezione petrarchesca del tempo; • sul concorso della memoria e della scrittura quali argini all’inesorabile trascorrere del tempo e delle cose.4 Il modello intellettuale e letterario di Dante era ben presente a Petrarca, che però se ne discosta in gran parte. L’opera dantesca che presenta più

affinità con il progetto del Canzoniere è sicuramente la Vita nova. Metti a confronto i due testi e mettine in luce i punti di contatto e di divergenza.5 Laura e Beatrice. Analizzane i tratti e i ruoli all’interno del sistema di pensiero dei due poeti.6 Petrarca si staglia fin da subito come una figura assolutamente originale nel panorama intellettuale del tempo. Dopo averne affrontato l’opera, scri-

vine un breve ritratto, che ne metta in evidenza i tratti di maggior novità rispetto al contesto e quelli che si sono rivelati fondativi per i tempi a venire.

Sezione 6 Boccaccio e il libro della “città degli uomini”

VERSO L’ESAME

ANALISI DI UN TESTO IN PROSA • SCRITTURA DOCUMENTATA

➤ TIPOLOGIA A ANALISI DI UN TESTO IN PROSA

Giovanni Boccaccio, Decameron, VI, 7

Madonna Filippa dal marito con un suo amante trovata, chiamata in giudicio, con una

pronta e piacevol risposta sé libera e fa lo statuto modificare.

Già si tacea la Fiammetta, e ciascun rideva ancora del nuovo argomento dallo Scalza usato a nobi-

litare sopra ogn’altro i Baronci1, quando la reina ingiunse a Filostrato che novellasse; ed egli a dir

cominciò.5

1 nuovo … i Baronci: il riferimento è alla novella precedente, la 6, narrata da Fiammetta, in cui un giovane, Michele

Scalza, si cimenta nel dimostrare, per scommessa, che i Baronci sono la fami-glia più antica del mondo e grazie alle

sue capacità oratorie vince una cena.

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– Valorose donne, bella cosa è in ogni parte saper ben parlare, ma io la reputo bellissima quivi sa-

perlo fare dove la necessità il richiede; il che sì ben seppe fare una gentil donna della quale intendo

di ragionarvi, che non solamente festa e riso porse agli uditori, ma sé de’ lacci di vituperosa morte

disviluppò2, come voi udirete.

Nella terra di Prato fu già uno statuto3, nel vero non men biasimevole che aspro, il quale, senza niu-

na distinzion fare, comandava che così fosse arsa quella donna che dal marito fosse con alcuno suo

amante trovata in adulterio, come quella che per denari con qualunque altro uomo stata trovata fos-

se. E durante questo statuto, avvenne che una gentil donna e bella e oltre ad ogn’altra innamorata, il

cui nome fu madonna Filippa, fu trovata nella sua propria camera una notte da Rinaldo de’ Pugliesi

suo marito nelle braccia di Lazzarino de’ Guazzagliotri, nobile giovane e bello di quella terra, il quale

ella quanto se medesima amava ed era da lui amata. La qual cosa Rinaldo vedendo, turbato forte,

appena del correr loro addosso e di uccidergli si ritenne, e se non fosse che di sé medesimo dubitava,

seguitando l’impeto della sua ira, l’avrebbe fatto.

Rattemperatosi4 adunque da questo, non si poté temperar da voler quello dello statuto pratese, che a

lui non era licito di fare, cioè la morte della sua donna. E per ciò avendo al fallo della donna provare

assai convenevole testimonianza, come il dì fu venuto, senza altro consiglio prendere, accusata la

donna, la fece richiedere5.

La donna, che di gran cuore era, sì come generalmente esser soglion quelle che innamorate son da

dovero6, ancora che sconsigliata da molti suoi amici e parenti ne fosse, del tutto dispose di compa-

rire e di voler più tosto, la verità confessando, con forte animo morire, che, vilmente fuggendo, per

contumacia in essilio vivere e negarsi degna di così fatto amante come colui era nelle cui braccia era

stata la notte passata7. E assai bene accompagnata di donne e d’uomini, da tutti confortata al negare,

davanti al podestà venuta, domandò con fermo viso e con salda voce quello che egli a lei domandasse.

Il podestà, riguardando costei e veggendola bellissima e di maniere laudevoli molto, e, secondo che

le sue parole testimoniavano, di grande animo, cominciò di lei ad aver compassione, dubitando non8

ella confessasse cosa per la quale a lui convenisse, volendo il suo onor servare, farla morire.

Ma pur, non potendo cessare di domandarla di quello che apposto l’era, le disse: «Madonna, come voi

vedete, qui è Rinaldo vostro marito, e duolsi di voi, la quale egli dice che ha con altro uomo trovata

in adulterio; e per ciò domanda che io, secondo che uno statuto che ci è vuole9, faccendovi morire

di ciò vi punisca, ma ciò far non posso, se voi nol confessate; e per ciò guardate bene quello che voi

rispondete, e ditemi se vero è quello di che vostro marito v’accusa».

La donna, senza sbigottire punto, con voce assai piacevole rispose: «Messere, egli è vero che Rinaldo

è mio marito e che egli questa notte passata mi trovò nelle braccia di Lazzarino, nelle quali io sono,

per buono e per perfetto amore che io gli porto, molte volte stata; né questo negherei mai; ma come io

son certa che voi sapete, le leggi deono esser comuni e fatte con consentimento di coloro a cui tocca-

no. Le quali cose di questa non avvengono, ché essa solamente le donne tapinelle costrigne, le quali

molto meglio che gli uomini potrebbero a molti sodisfare; e oltre a questo, non che alcuna donna,

quando fatta fu, ci prestasse consentimento, ma niuna ce ne fu mai chiamata; per le quali cose meri-

tamente malvagia si può chiamare. E se voi volete, in pregiudicio del mio corpo e della vostra anima,

esser di quella esecutore, a voi sta; ma, avanti che ad alcuna cosa giudicar procediate, vi prego che

una piccola grazia mi facciate, cioè che voi il mio marito domandiate se io ogni volta e quante volte

a lui piaceva, senza dir mai di no, io di me stessa gli concedeva intera copia10 o no». A che Rinaldo,

senza aspettare che il podestà il domandasse, prestamente rispose che senza alcun dubbio la donna

ad ogni sua richiesta gli aveva di sé ogni suo piacer conceduto.

2 ma sé … disviluppò: evitò la condanna a morte.3 uno statuto: una legge.4 Rattemperandosi: Trattenendosi.5 la fece richiedere: la fece citare in tri-bunale.

6 da dovero: veramente.7 negarsi degna … notte passata: Ma-donna Filippa preferisce confessare l’adul-terio e rischiare la pena di morte piuttosto che fuggire in esilio e rinunciare definitiva-mente agli incontri con il suo amante.

8 dubitando non: temendo che.9 secondo … è vuole: secondo quanto di-spone la legge vigente.10 io di me stessa gli concedeva intera copia: io mi concedevo interamente a lui.

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«Adunque,» seguì prestamente la donna «domando io voi, messer podestà, se egli ha sempre di me

preso quello che gli è bisognato e piaciuto, io che doveva fare o debbo di quel che gli avanza? deb-

bolo io gittare ai cani? non è egli molto meglio servirne un gentile uomo che più che sé m’ama, che

lasciarlo perdere o guastare?»

Eran quivi a così fatta essaminazione e di tanta e sì famosa donna quasi tutti i pratesi concorsi, li

quali, udendo così piacevol risposta, subitamente, dopo molte risa, quasi ad una voce tutti gridarono

la donna aver ragione e dir bene: e prima che di quivi si partissono, a ciò confortandogli il podestà,

modificarono il crudele statuto e lasciarono che egli s’intendesse11 solamente per quelle donne le

quali per denari a’ lor mariti facesser fallo. Per la qual cosa Rinaldo, rimaso di così matta impresa

confuso, si partì dal giudicio; e la donna lieta e libera, quasi dal fuoco risuscitata, alla sua casa se ne

tornò gloriosa.

(G. Boccaccio, Decameron, a cura di A.E. Quaglio, Garzanti, Milano 1974)

11 che egli s’intendesse: che fosse applicato.

Elabora in un testo unitario il commento di questo brano, utilizzando come guida per il tuo lavoro le domande di comprensione, analisi e interpretazione, approfondimento.

Comprensione

1 Riassumi il contenuto della novella.

Analisi e interpretazione

2 Analizza l’aspetto stilistico della novella: nel periodare prevale la paratassi o l’ipotassi? Che tipo di lessico è utilizzato? Argomenta la tua affermazione con esempi tratti dal testo.

3 Descrivi il personaggio di Madonna Filippa, soffermandoti sull’aspetto fisico e caratteriale.

4 Grazie a quale abilità, molto apprezzata da Boccaccio, Madonna Filippa riesce a difendere se stessa e i diritti delle donne? Sottolinea sul testo la frase che evidenzia quest’abilità.

5 Sintetizza gli argomenti attraverso cui Madonna Filippa sostiene le sue ragioni di fronte al giudice.

6 Madonna Filippa, come molti altri personaggi del Decameron, incarna un modello femminile diverso da quello che Dante e i poeti dello Stil novo avevano ritratto. Evidenzia le differenze fra le due tipologie femminili.

Approfondimento

7 Madonna Filippa di fronte al giudice si fa sostenitrice dei diritti delle donne in un’epoca in cui la discriminazione era prassi comune. Rifletti su quest’affermazione e tratta l’argomento, facendo riferimenti all’epoca attuale.

➤ TIPOLOGIA B SCRITTURA DOCUMENTATA

Ambito artistico-letterario

Sviluppa l’argomento o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Dai un titolo al tuo testo e indicane la possibile destinazione editoriale. Non superare le 4-5 colonne di lunghezza.

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PROPOSTA 1

ARGOMENTO: LA NOVELLA E LE SUE FONTI

Testo 1 G. Boccaccio, Decameron, III, 1

Masetto da Lamporecchio si fa mutolo1 e diviene ortolano d’un monistero di donne, le quali

tutte concorrono a giacersi con lui.

[…]

Queste [due giovani monache], guardato ben per tutto e veggendo che da niuna parte potevano esser

vedute, appressandosi quella, che mosse avea le parole2, a Masetto, lui destò, ed egli incontanente3

si levò in piè. Per che costei con atti lusinghevoli presolo per la mano, ed egli faccendo cotali risa

sciocche, il menò nel capannetto, dove Masetto senza farsi troppo invitare quel fece che ella volle. La

quale, sì come leale compagna, avuto quel che volea, diede all’altra luogo, e Masetto, pur mostrandosi

semplice, faceva il lor volere. […]

Avvenne un giorno che una lor compagna, da una finestretta della sua cella di questo fatto avvedu-

tasi, a due altre il mostrò. E prima tennero ragionamento insieme di doverle accusare4 alla badessa;

poi, mutato consiglio e con loro accordatesi, partefici5 divennero del podere di Masetto. Alle quali

l’altre tre per diversi accidenti divenner compagne in vari tempi. […]

[…] non potendo Masetto sodisfare a tante, s’avvisò che il suo esser mutolo gli potrebbe, se più stesse,

in troppo gran danno resultare […]; e per ciò una notte, con la badessa essendo, rotto lo scilingua-

gnolo6 cominciò a dire…

1 si fa mutolo: si finge muto.2 che mosse … parole: che per prima ave-va parlato, con la sua compagna.3 incontanente: immediatamente.

4 accusare: denunciare.5 partefici: partecipi; è chiara l’allusività sessuale in questo approfittare delle mona-che del «podere di Masetto».

6 rotto … scilinguagnolo: cominciò a parlare; anche la badessa ha ampiamente approfittato, per parte sua, del «podere di Masetto».

La satira a sfondo sessuale della vita monastica ha dei precedenti nella novellistica:

Novellino, LXII

[…] Arendêrsi1 monache, e fecero un munisterio che si chiamava il monisterio delle nonane2 di Ri-

mino monte.

La casa crebbe assai, e divenne molto ricca. E questo si conta in novella, che v’era [e] che v’è questo

costume3, che quando elli vi passasse alcuno gentile uomo con molti arnesi4, ed elle il faceano invita-

re e facealli grandissimo onore. E la badessa e le suore li veniano incontro, e, in sul donneare, quella

che più il piacesse, quella il servia, e acompagnava a tavola e a letto.

1 Arendêrsi: si fecero.2 monisterio … nonane: monastero delle monache; nonane è un francesismo (da nonnes).3 costume: usanza.4 con molti arnesi: con un bell’equipaggiamento, non senza allusività sessuale.

Guglielmo IX, Farai un vers pos mi sonelh, IV-XIII

Una mi disse nella sua parlata: «Dio vi salvi, signor pellegrino; a parer mio sembrate di gran buona

condizione; ma troppi stolti vediamo andare per il mondo» // Sentite dunque quel che io ho risposto:

non le dissi né ai né bai, né di ferro né di legno ho parlato, ma solo così: «Babariol, babariol, baba-

rian». // Disse Agnese a Esmeralda: «Abbiamo trovato quello che andiamo cercando. Sorella, per

amor di Dio, diamogli albergo, perché è muto, e mai da lui si saprà del nostro proposito» […] // «Sorel-

la, nel caso che quest’uomo faccia il furbo e non parli per noi, portiamo immantinente il nostro gatto

rosso, che lo farà parlare subito, se di niente c’inganna». // Agnese andò a prendere il noioso; ed era

grosso e aveva lunghi baffi: e io, quando lo vidi tra noi, ne ebbi paura, e per poco non perdetti la forza

dell’amore e l’ardimento. // Dopo aver mangiato e bevuto, mi spogliai per compiacerle. Da dietro mi

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portarono il gatto cattivo e traditore: una lo stende lungo il costato fino ai talloni. // All’istante tira

il gatto per la coda, e quello graffia: mi fecero più di cento piaghe, allora; ma io non mi sarei mosso,

quand’anche m’avessero ucciso. // Poi disse Agnese a Esmeralda: «È muto, lo si vede bene: sorella,

prepariamoci al diletto e al piacere»…

Testo 2 G. Boccaccio, Decameron, VII, 9

Lidia moglie di Nicostrato ama Pirro: il quale, acciò che credere il possa1, le chiede tre cose le

quale ella gli fa tutte; e oltre a questo in presenza di Nicostrato si sollazza con lui e a Nicostrato

fa credere che non sia vero quello che ha veduto.

Pirro […] per partito avea preso2 […] del tutto recarsi a compiacere alla donna, dove certificar si po-

tesse che tentato3 non fosse […]; e per ciò rispose: «[…] dove tre cose che io domanderò voglia fare a

chiarezza di me4, per certo niuna cosa mi comanderà poi che io prestamente non faccia. E quelle tre

cose che io voglio son queste: primieramente che in presenza di Nicostrato ella uccida il suo buono

sparviero, appresso che ella mi mandi una ciochetta della barba di Nicostrato, e ultimamente un

dente di quegli di lui medesimo, de’ migliori5.

1 acciò … possa: per poterle credere, per poter credere che davvero lei lo ama.2 per partito … preso: aveva deciso.

3 tentato: messo alla prova ovvero indot-to in tentazione per provare la sua fedeltà a Nicastro.

4 a chiarezza di me: per rassicurarmi.5 de’ migliori: dei più sani.

La novella di Boccaccio ricalca i contenuti di una commedia elegiaca latina del xii secolo:

Arnolfo di Orléans, Lidia, a cura di I. Gualandri e G. Orlandi, in Commedie Latine del xii-xiii secolo, vol. VI, Genova 1998.

«Ma dimmi, Lusca1: se Lidia è ben convinta dentro di sé di ciò che vuole, con quale inganno potrà

raggirare il marito?» «Ma che strana domanda! Quella controlla i pensieri del marito e sa bene come

guidarlo […]». «Metterò alla prova la verità di ciò che affermi, Lusca» replicò Pirro: «[…] farò ricorso

a queste tre prove»; e gliele elenca tutt’e tre: «Il duca è affezionato a uno sparviero […]. Io voglio che

Lidia lo uccida. […] Se poi gli strapperà cinque peli della barba, l’uomo che Lidia cerca di attirare

con queste suppliche2 si sentirà più vicino a lei. Ancora, deve estirpargli un dente a sua scelta3 […]».

Lidia compie con successo i tre inganni a danno del marito.

Pirro esclama: «Lidia, sono stupefatto: sei capace di imprese eccezionali […]» «Cose da nulla! […]!

Io so che il duca si può trarre in inganno ancora meglio: si può fargli credere che ciò ch’è stato visto,

ancorché da lui stesso, sia nulla. Se dunque ci sorprenderà nell’atto di fare l’amore, non crederà ai

suoi occhi».

1 Lusca: è la serva di Lidia, presente come intermediaria tra Lidia e Pirro anche nella novella di Boccaccio.

2 l’uomo … suppliche: Pirro fa quindi ri-ferimento a se stesso.3 un dente … scelta: in questo caso sarà

Lidia a decidere di strappare al marito un dente sano.

Testo 3 A. Graf, Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, Mondadori, Milano 1996.

Quando si dice fonti del Decamerone, s’intende parlare dei luoghi d’onde provengono, per via più o

meno lunga, i temi delle novelle raccontate nel libro; ma nel libro non ci sono le novelle soltanto; ci

è anche un complesso d’idee, di sentimenti e di giudizii, un modo di considerar la vita, un indirizzo

generale di mente, che pajono essere in tutto il fatto dell’autore, e che fatto suo non sono se non in

parte. Anche di queste cose ci sono le fonti; ma non è così agevole dire quali e dove sieno, come non

è agevole indicare la fonte di un fiume che nasca d’infiniti rivoli, di scaturigini sparse e recondite.

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Testo 4 F. Bruni, L’invenzione della letteratura mezzana, il Mulino, Bologna 1990.

Se Boccaccio è l’inventore di quel genere particolare della letteratura mezzana che è la novella, allora

sarà necessario che concetti, sequenze e soluzioni espressive già presenti nella tradizione latina e

romanza siano adattati ai ritmi intellettuali e narrativi del Decameron, in modo da non incrinarne la

coerenza, variata sì, ma senza smagliature. Il genere triviale dei fabliaux o i generi della letteratura

elevata vanno ancora sollevati e, rispettivamente, abbassati al registro mezzano praticato dall’au-

tore. […] Inoltre si deve riconoscere che Boccaccio non sa toccare neppure i materiali più prossimi

al registro mezzano e narrativo senza trasformarli […]; contemporaneamente è pronto a captare gli

stimoli più remoti, a farli suoi, a renderli funzionali alla novella, a una battuta, a un tocco descrittivo.

Il legame tra i due testi è sottolineato dallo studioso Vittore Branca:

V. Branca, in Boccaccio, Decameron, Einaudi, Torino 1992 [1980], vol. II.

È una delle poche novelle [quella di Lidia] di cui sia chiara e sicura la fonte: cioè la Comoedia

Lydiae, mediocre poemetto […] trascritto di proprio pugno dal Boccaccio nel cod. Laurenziano

XXXIII 31 […]. Nel testo medievale – seguito puntualmente dal Boccaccio – già si trovano fusi due

diversi racconti che avevano avuto grande fortuna: quello delle varie mistificazioni fatte subire al

marito per dare prove all’amante (o per altro fine), e quello del pero incantato.

PROPOSTA 2

ARGOMENTO: LE RAPPRESENTAZIONI DEI RELIGIOSI NEL DECAMERON DI BOCCACCIO

Testo 1 G. Boccaccio, Decameron, I, 1

Ser Cepparello con una falsa confessione inganna un santo frate e muorsi; e, essendo stato un

pessimo uomo in vita, è morto reputato per santo e chiamato san Ciappelletto.

[…]

Così adunque visse e morì ser Cepperello da Prato e santo divenne come avete udito. Il quale negar

non voglio essere possibile lui essere beato nella presenza di Dio, per ciò che, come che la sua vita

fosse scelerata e malvagia, egli poté in su l’estremo aver sì fatta contrizione, che per avventura Id-

dio ebbe misericordia di lui e nel suo regno il ricevette; ma, per ciò che questo n’è occulto, secondo

quello che ne può apparire ragiono, e dico costui più tosto dovere essere nelle mani del diavolo in

perdizione che in paradiso.

In Borgogna Cepparello, chiamato dai francesi Ciappelletto, si ammala gravemente e fa chiamare

come confessore un frate ingenuo e inesperto al quale si presenta, capovolgendo la verità, come un

sant’uomo, che in vita è stato modello di virtù cristiana. Morto Ciappelletto e celebrato un funerale

solenne, si sparge fra il popolo la fama della sua santità.

Testo 2 C. Muscetta, Boccaccio, Laterza, Roma-Bari 1992

Se il narratore si diverte e ci diverte è perché tutto si risolve in un lieto fine “convenevole” per tutti:

ser Musciatto recupera i suoi crediti, i due usurai non ci rimettono neppure le spese del funerale, il

santo frate beneficia il suo “luogo” che da convento diviene santuario, i fedeli ci rimediano reliquie e

miracoli, e ser Ciappelletto se non s’è conquistato il paradiso per grazia di Dio, non si è certo perduto

l’inferno per cui tanto aveva operato. Il novellatore ne può ricavare un lieto exemplum alla rovescia,

e senza nulla presumere sulla salvezza o sulla dannazione, è intanto grato a Dio se “in questa com-

pagnia così lieta” tutti saranno “sani e salvi servati” dalla peste e dalla morte. Questa religiosità non

vuole essere né cinica né bigotta. È una morale borghese, spregiudicata, serena.

Testo 3 G. Boccaccio, Decameron, III, 1

Masetto da Lamporecchio si fa mutolo1 e diviene ortolano d’un monistero di donne, le quali

tutte concorrono a giacersi con lui.

[…]

Queste [due giovani monache], guardato ben per tutto e veggendo che da niuna parte potevano esser

vedute, appressandosi quella, che mosse avea le parole2, a Masetto, lui destò, ed egli incontanente3

si levò in piè. Per che costei con atti lusinghevoli presolo per la mano, ed egli faccendo cotali risa

sciocche, il menò nel capannetto, dove Masetto senza farsi troppo invitare quel fece che ella volle. La

quale, sì come leale compagna, avuto quel che volea, diede all’altra luogo, e Masetto, pur mostrandosi

semplice, faceva il lor volere. […]

Avvenne un giorno che una lor compagna, da una finestretta della sua cella di questo fatto avvedu-

tasi, a due altre il mostrò. E prima tennero ragionamento insieme di doverle accusare4 alla badessa;

poi, mutato consiglio e con loro accordatesi, partefici5 divennero del podere di Masetto. Alle quali

l’altre tre per diversi accidenti divenner compagne in vari tempi. […]

[…] non potendo Masetto sodisfare a tante, s’avvisò che il suo esser mutolo gli potrebbe, se più stesse,

in troppo gran danno resultare […]; e per ciò una notte, con la badessa essendo, rotto lo scilingua-

gnolo6 cominciò a dire…

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Testo 3 G. Boccaccio, Decameron, III, 1

Masetto da Lamporecchio si fa mutolo1 e diviene ortolano d’un monistero di donne, le quali

tutte concorrono a giacersi con lui.

[…]

Queste [due giovani monache], guardato ben per tutto e veggendo che da niuna parte potevano esser

vedute, appressandosi quella, che mosse avea le parole2, a Masetto, lui destò, ed egli incontanente3

si levò in piè. Per che costei con atti lusinghevoli presolo per la mano, ed egli faccendo cotali risa

sciocche, il menò nel capannetto, dove Masetto senza farsi troppo invitare quel fece che ella volle. La

quale, sì come leale compagna, avuto quel che volea, diede all’altra luogo, e Masetto, pur mostrandosi

semplice, faceva il lor volere. […]

Avvenne un giorno che una lor compagna, da una finestretta della sua cella di questo fatto avvedu-

tasi, a due altre il mostrò. E prima tennero ragionamento insieme di doverle accusare4 alla badessa;

poi, mutato consiglio e con loro accordatesi, partefici5 divennero del podere di Masetto. Alle quali

l’altre tre per diversi accidenti divenner compagne in vari tempi. […]

[…] non potendo Masetto sodisfare a tante, s’avvisò che il suo esser mutolo gli potrebbe, se più stesse,

in troppo gran danno resultare […]; e per ciò una notte, con la badessa essendo, rotto lo scilingua-

gnolo6 cominciò a dire…

1 si fa mutolo: si finge muto.2 che mosse … parole: che per prima ave-va parlato, con la sua compagna.3 incontanente: immediatamente.

4 accusare: denunciare5 partefici: partecipi; è chiara l’allusività sessuale in questo approfittare delle mona-che del «podere di Masetto».

6 rotto … scilinguagnolo: cominciò a parlare; anche la badessa ha ampiamente approfittato, per parte sua, del «podere di Masetto».

Testo 4 G. Boccaccio, Decameron, VI, 10

Frate Cipolla promette a certi contadini di mostrar loro la penna dell’agnolo Gabriello; in

luogo della quale trovando carboni, quegli dice esser di quegli che arrostirono San Lorenzo.

[…]

Dove, poi che tutto il popolo fu ragunato, frate Cipolla, senza essersi avveduto che niuna sua cosa

fosse stata mossa, cominciò la sua predica, e in acconcio de’ fatti suoi1 disse molte parole; e dovendo

venire al mostrar della penna dell’agnolo Gabriello, fatta prima con grande solennità la confessione2,

fece accender due torchi3, e soavemente sviluppando il zendado4, avendosi prima tratto il cappuc-

cio, fuori la cassetta ne trasse. E dette primieramente alcune parolette a laude e a commendazione

dell’agnolo Gabriello e della sua reliquia, la cassetta aperse. La quale come piena di carboni vide, non

sospicò5 che ciò che Guccio Balena gli avesse fatto, per ciò che nol conosceva da tanto6, né il maladis-

se del male aver guardato che altri ciò non facesse, ma bestemmiò tacitamente sé, che a lui la guardia

delle sue cose aveva commessa7, conoscendol, come faceva, negligente, disubbidente, trascutato e

smemorato. Ma non per tanto, senza mutar colore, alzato il viso e le mani al cielo, disse sì che da tutti

fu udito: – O Iddio, lodata sia sempre la tua potenzia! –

1 in acconcio de’ fatti suoi: in accordo a ciò che gli conveniva per trarne vantaggio.2 fatta… confessione: recitato in modo solenne il Confiteor, preghiera rituale di

confessione dei peccati.3 torchi: grossi ceri.4 soavemente … zendado: delicatamente aprendo l’involto di seta.

5 non sospicò: non sospettò.6 nol … tanto: non lo considerava capace di arrivare a tanto.7 commessa: affidata.

Frate Cipolla è un frate antoniano che gira di paese in paese esibendo oggetti e spacciandoli per sante reliquie. Giunto a Cer-taldo dichiara agli ingenui fedeli che questa volta mostrerà addirittura una reliquia unica: una piuma delle ali dell’arcangelo Ga-briele, caduta al momento dell’Annunciazione alla Vergine Maria. Udita la solenne dichiarazione, due certaldesi amici del frate decidono di beffarlo sostituendo con dei carboni la piuma, che non è che «una penna di quelle della coda d’un pappagallo».

La polemica è rivolta all’ipocrisia e al carattere truffaldino delle gerarchie ecclesiastiche, ma anche all’eccessiva credulità del popolo, troppo incline per la sua ignoranza a credere a qualunque fandonia gli venga propinata e la cui religiosità è ridotta alla fruizione di spettacoli buffoneschi e da circo.

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VERIFICHE PER LA CLASSEQuesiti a risposta chiusa • Esercizi di completamento • Quesiti a risposta breve • Trattazione sintetica

QUESITI A RISPOSTA CHIUSA

1 Boccaccio, rappresentante esemplare della sua epoca:

a. incarna l’intellettuale legato ai modelli culturali della società borghese-comunale, soggetto unico della sua opera.b. incarna istanze culturali diverse: definitivamente superato il modello aristocratico-cortese, Boccaccio oscilla tra l’adesione a un modello attuale,

d’impronta borghese-comunale, e uno pionieristico, che guarda già all’Umanesimo nascente.c. incarna istanze culturali complesse e talvolta in contraddizione: alle soglie del passaggio dalla società comunale a quella signorile Boccaccio

accoglie, contemporaneamente, i modelli aristocratico-cortesi, quello borghese-comunale e a quello umanistico nascente.

2 Il Filostrato, opera prima di Boccaccio, è una narrazione in versi che riprende un tema classico. Quale forma metrica adotta lo scrittore?

a. La terzina dantesca, in omaggio a uno dei suoi maestri.b. L’ottava rima, di cui è probabilmente l’inventore, che diventerà per alcuni secoli la forma tipica della narrazione romanzesca.c. L’endecasillabo sciolto, per assecondare le esigenze di libertà della narrazione.

3 Il Filocolo, primo tentativo boccacciano di narrazione in prosa:

a. è una sorta di traduzione di precedenti modelli cortesi per un pubblico che legge solo il volgare.b. è il tentativo di combinare spunti autobiografici idealizzati e accumulazioni enciclopediche tipicamente medioevali sullo sfondo della corte

angioina.c. è una sorta di “prova generale” del Decameron.

4 Il Teseida, come dichiara Boccaccio stesso all’interno dell’opera, è un esperimento che risponde a uno stimolo ben preciso. Quale?

a. Vuole essere un poema encomiastico per dare lustro alla monarchia angioina.b. Vuole essere una risposta alle richieste d’amore di una donna, nota come Fiammetta.c. Vuole essere il primo esempio di poema epico in volgare, per colmare la lacuna segnalata da Dante nel De vulgari eloquentia.

5 In che senso si può dire che il Decameron è un sistema-libro?

a. È un insieme organico di novelle, unitario ma poliedrico, i cui elementi sono tra loro interrelati.b. È un insieme di testi strutturato in modo che all’interno sia possibile un unico percorso.c. È un insieme di testi irrelati cui si è sovrapposta una cornice per facilitarne la lettura.

6 Perché possiamo dire che con Boccaccio nasca la novella moderna?

a. Perché l’autore abbandona ogni fonte precedente per concentrarsi solo sul suo contemporaneo.b. Perché introduce nella prospettiva del racconto la fortuna, intesa come casualità pura.c. Perché privilegia le intenzioni pedagogiche rispetto al piacere della narrazione in sé.

7 Quale ti sembra, tra queste, la definizione più appropriata a descrivere geografia e storia del Decameron?

a. Il Decameron contiene il proprio orizzonte geografico essenzialmente all’interno del mondo cittadino: quello di Firenze in primo luogo, e quello di altre città d’Italia occasionalmente. L’orizzonte temporale è invece quello della contemporaneità.

b. Il Decameron si apre a una grande varietà nello spazio e nel tempo: dal punto di vista geografico si distende dal Mediterraneo all’oriente e dall’orizzonte cittadino alla campagna; dal punto di vista temporale si dilata ad accogliere il presente e il mondo antico.

c. La geografia del Decameron si dilata straordinariamente per seguire le peripezie dei mercanti e dei viaggiatori protagonisti di molte delle sue novelle, spaziando dal Mediterraneo all’oriente, dal mare alla foresta, dalla città alla campagna; l’orizzonte temporale, parallelamente, è legato alla contemporaneità e alla cronaca.

8 La terza giornata del Decameron è dedicata all’industria, ovvero alla capacità di iniziativa, in rapporto dialettico con la fortuna. Di che tenore è il pensiero boccacciano in proposito?

a. Tutto sommato ottimista, perché riconosce all’iniziativa dell’uomo spazio sufficiente per contrastare gli imprevisti del caso.b. Boccaccio non ritiene prevalente nessuna delle due forze, limitandosi di volta in volta a esporre gli effetti dell’una e dell’altra.c. Sostanzialmente pessimista e scettico, perché lo spazio di intervento umano, pur esistente, non è sufficiente a metterlo al riparo dai rivolgimenti

della fortuna.

9 Quale tratto della decima giornata non compare in nessun’altra sezione del Decameron?

a. Il fatto che i narratori entrino in competizione.b. La presenza del filtro della tradizione letteraria.c. La presenza di elementi non realistici.

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10 In che senso si può dire che l’ottica del Decameron è laica?

a. Perché trasporta nella scrittura una polemica privata contro le autorità ecclesiastiche.

b. Perché l’esistenza del divino non è negata, ma giudicata insondabile e quindi fuori dalla portata dell’indagine dello scrittore.

c. Perché nega l’esistenza del divino e riporta ogni fenomeno all’uomo.

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false; quindi correggi quelle errate.

1 Boccaccio, nato a Certaldo nel 1313, si trasferì a Firenze fin dall’infanzia e vi trascorse tutta la vita. V F

2 Boccaccio può essere considerato il primo grande dantista. V F

3 Petrarca, nonostante l’amicizia e la stima, non ebbe mai un’influenza diretta sul pensiero e sull’opera di Boccaccio. V F

4 Il Teseida addensa riferimenti a fonti diverse, dal mondo mitologico classico alla tradizione cortese e alla poesia italiana precedente. V F

5 All’elegia, nella tripartizione dantesca dei generi, era assegnato lo stile umile. A questa indicazione Boccaccio si attiene

nella scrittura dell’Elegia di madonna Fiammetta, di cui è dunque dichiarato fin dal titolo il livello stilistico. V F

6 Il Decameron è stato composto interamente dopo la peste del 1348. V F

7 La comunità dei giovani novellatori simbolizza una società utopica, regolata e ragionevole. V F

8 Boccaccio nel Decameron tenta di rappresentare la lingua viva del parlato, eliminando ogni riferimento ai registri “alti”. V F

9 Si può dire che il mercante, in scena o in controluce, sia uno dei veri protagonisti dell’opera boccacciana. V F

10 La novella di Ser Ciappelletto può essere letta, non esclusivamente, come una critica all’utilitarismo mercantile. V F

ESERCIZI DI COMPLETAMENTO

1 Completa la griglia che segue inserendo, per ogni giornata, il tema cui essa è dedicata e il nome del re o della regina

I giornata

II giornata

III giornata

IV giornata

V giornata

VI giornata

VII giornata

VIII giornata

IX giornata

X giornata

QUESITI A RISPOSTA BREVE

Rispondi alle seguenti domande, dedicando a ciascuna 5-7 righe al massimo.

1 Prova a evidenziare quali dati della biografia boccacciana ti sembrano maggiormente coinvolti nella formazione del pensiero che darà vita al Deca-meron.

2 Nell’Elegia di madonna Fiammetta fa la sua comparsa uno dei primi tentativi di introspezione psicologica all’interno di una narrazione. Come valuti la

portata di questa novità?

3 In che senso Boccaccio può essere considerato un intellettuale sulla soglia fra due epoche?

4 Spiega in che senso la narrazione e la scrittura assolvono, nel Decameron, una funzione di argine alle catastrofiche conseguenze della peste, fattore

di dissoluzione dei rapporti civili e delle norme sociali. Approfondisci anche l’aspetto della società dei giovani novellatori come simbolo di un’utopica

“nuova società”.

5 Si è detto che con Boccaccio la realtà irrompe all’interno della letteratura. È lecito, secondo te, utilizzare la categoria del “realismo” a proposito di

Boccaccio? Se sì, entro quali limiti?

6 In che senso si può parlare di “polifonia” a proposito della lingua e dello stile del Decameron?

7 Nella prima novella d’argomento amoroso del Decameron, quella di Tancredi e Ghismonda (IV, 1), si deposita la memoria della cultura cortese,

ma filtrata attraverso un canto della Commedia: il V dell’Inferno. Illustra quest’aspetto attraverso qualche puntuale riferimento ai personaggi e alla

vicenda narrata nella novella.

8 Ricostrusci in breve il ruolo della beffa nel pensiero di Boccaccio e nella costruzione del Decameron.

9 Tutto il Decameron si configura, tra le altre cose, come una lunga e lucida riflessione sul narrare e sul potere della parola. Rifletti sulla componente

metanarrativa nell’opera di Boccaccio, portando alcuni esempi.

10 Quale fu il testo che consacrò definitivamente la fortuna di Boccaccio come fondamento della prosa italiana? Fino a quando durò questo egemonia?

Puoi fare dei parallelismi con la ricezione e la fortuna di Petrarca?

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TRATTAZIONE SINTETICA

Svolgi i seguenti spunti di scrittura, dedicando a ciascuno 15-20 righe.

1 Mettendo ancora a confronto Petrarca e Boccaccio, traccia un profilo del loro rapporto con il medium letterario, il primo rivolto verso l’interno, il sé, il secondo verso l’esterno, il mondo.

2 Illustra la struttura del Decameron prestando particolare attenzione: • al numero dei narratori; • al numero delle novelle; • alla varietà di temi e fonti; • alla funzione della cornice.3 L’opera di Boccaccio è dedicata, spesso esplicitamente, alle donne. Analizza il rapporto dell’autore con l’universo femminile, dalle opere giovanili fino

al Corbaccio, facendo riferimento agli universi culturali precedenti, come l’immaginario cortese, e ai grandi autori a lui contemporanei. Come si pone Fiammetta rispetto a Beatrice, o a Laura?

4 All’interno del Decameron sembrano convivere due anime, quella a suo agio negli ambienti di corte napoletani, e quella della borghesia mercantile comunale tra rigoglio e timori di decadenza. Aiutandoti con i testi letti, prova a impostare una mappa dell’immaginario boccacciano.

5 Il Decameron è un universo complesso, a volte contraddittorio. Esiste un’etica sottesa al sistema di narrazioni boccacciano? Prova a tracciarne un profilo.

6 Riassumi brevemente il contenuto della novella di Federigo degli Alberighi (V, 9); spiega quindi qual è il tema di fondo della novella stessa, e illustrane il significato e la funzione all’interno del libro.

7 Il Decameron tutto può essere letto come un inno alle potenzialità, al potere e ai pericoli della parola. Metti a confronto i discorsi di due personaggi straordinari e problematici, Ser Ciappelletto e Frate Cipolla, e prova a trarne qualche conclusione.

Sezioni 7 La civiltà dell’Umanesimo e del Rinascimento

VERSO L’ESAME

ANALISI DI UN TESTO IN PROSA

➤ TIPOLOGIA A ANALISI DI UN TESTO IN PROSA

Poggio Bracciolini, Epistole, I, 5. Poggio Bracciolini, umanista e segretario pontificio, nel 1414 seguì la Curia al concilio di Costanza. Disinteressato alle dispute teologiche del concilio, si diede a esplorare i monasteri svizzeri alla ricerca di antichi codici. Scoprì così nella biblioteca della celebre abbazia benedettina di San Gallo un esemplare integro dell’Institutio oratoria di Quintiliano, del cui ritrovamento narra all’amico umanista Guarino Guarini in questa lettera.

Poggio fiorentino segretario apostolico saluta il suo Guarino veronese1

So che nonostante le tue molte occupazioni quotidiane, per la tua gentilezza e benevolenza verso tut-

ti, ricevi sempre con piacere le mie lettere; e tuttavia ti prego nel modo più vivo di prestare a questa

una particolare attenzione, non perché la mia persona possa destar l’interesse anche di chi ha molto

tempo da perdere, ma per l’importanza di quanto sto per scriverti. So infatti con assoluta certezza

che tu, colto come sei, e gli altri uomini di studio, avrete una grandissima gioia.

Infatti, o Dio immortale, che cosa può esservi di più piacevole, caro, gradito a te e agli altri uomini

dotti che la conoscenza di quelle cose per la cui familiarità diventiamo più colti e, ciò che più conta,

1 Guarino veronese: è Guarino Guarini, l’umanista vissuto tra il 1370 e il 1460, che, dopo aver insegnato in diverse città, tra cui Firenze, fissò la sua dimora a Ferrara, aprendo un’importante scuola.

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più raffinati? La natura, madre di tutte le cose, ha dato al genere umano intelletto e ragione, quali

ottime guide a vivere bene e felicemente, e tali che nulla possa pensarsi di più egregio. Ma non so

se non siano veramente eccellentissimi, fra tutti i beni che a noi ha concesso, la capacità e l’ordine

del dire2, senza cui la ragione stessa e l’intelletto nulla potrebbero valere. Infatti è solo il discorso

quello per cui perveniamo ad esprimere la virtù dell’animo, distinguendoci dagli altri animali. Bi-

sogna quindi essere sommamente grati sia agli inventori delle altre arti liberali, sia soprattutto a

coloro che, con le loro ricerche e con la loro cura, ci tramandarono i precetti del dire e una norma

per esprimerci con perfezione. Fecero infatti in modo che, proprio in ciò in cui gli uomini sovrastano

specialmente gli altri esseri animati, noi fossimo capaci di oltrepassare gli stessi limiti umani. E,

molti essendo stati gli autori latini, come sai, egregi nell’arte di perfezionare e adornare il discorso,

fra tutti illustre ed eccellente fu M. Fabio Quintiliano3, il quale così chiaramente e compiutamente,

con diligenza somma, espone le doti necessarie a formare un oratore perfetto, che non mi sembra gli

manchi cosa alcuna, a mio giudizio, per raggiungere una somma dottrina o una singolare eloquenza.

Se egli solo rimanesse, anche se mancasse il padre dell’eloquenza Cicerone, raggiungeremmo una

scienza perfetta nell’arte del dire. Ma egli presso di noi italiani era così lacerato, così mutilato, per

colpa, io credo, dei tempi, che in lui non si riconosceva più aspetto alcuno, abito alcuno d’uomo. Fi-

nora avevamo dinanzi un uomo “con la bocca crudelmente dilacerata, il volto e le mani devastati, le

orecchie strappate, le nari sfregiate da orrende ferite”4.

Era penoso, e a mala pena sopportabile, che noi avessimo, nella mutilazione di un uomo sì grande,

tanta rovina dell’arte oratoria; ma quanto più grave era il dolore e la pena di saperlo mutilato, tanto

più grande è ora la gioia, poiché la nostra diligenza gli ha restituito l’antico abito e l’antica dignità,

l’antica bellezza e la perfetta salute. Ché se Marco Tullio si rallegrava tanto per il ritorno di Marcello

dall’esilio5, e in un tempo in cui a Roma di Marcelli ce n’erano tanti, ugualmente egregi ed eccellenti

in pace e in guerra, che devono fare i dotti, e soprattutto gli studiosi di eloquenza, ora che noi abbia-

mo richiamato, non dall’esilio, ma quasi dalla morte stessa, tanto era lacero e irriconoscibile, questo

singolare ed unico splendore del nome romano, estinto il quale restava solo Cicerone? E infatti, per

Ercole, se non gli avessi recato aiuto, era ormai necessariamente vicino al giorno della morte. Poiché

non c’è dubbio che quell’uomo splendido, accurato, elegante, pieno di qualità, pieno di arguzia, non

avrebbe più potuto sopportare quel turpe carcere, lo squallore del luogo, la crudeltà dei custodi. Era

infatti triste e sordido come solevano essere i condannati a morte, “con la barba squallida e i capelli

pieni di polvere”6, sicché con l’aspetto medesimo e con l’abito mostrava di essere destinato a un’in-

giusta condanna. Sembrava tendere le mani, implorare la fede dei Quiriti7, che lo proteggessero da

un ingiusto giudizio; e indegnamente colui che una volta col suo soccorso, con la sua eloquenza, ave-

va salvato tanti, soffriva ora, senza trovare neppur un difensore che avesse pietà della sua sventura,

che si adoperasse per la sua salvezza, che gli impedisse di venire trascinato a un ingiusto supplizio.

Ma, come dice il nostro Terenzio, quanto inopinatamente avvengono spesso le cose che non oseresti

sperare8!

Un caso fortunato per lui, e soprattutto per noi, volle che, mentre ero ozioso a Costanza, mi venisse

il desiderio di andare a visitare il luogo dove egli era tenuto recluso. V’è infatti, vicino a quella città,

il monastero di S. Gallo, a circa venti miglia. Perciò mi recai là per distrarmi, ed insieme per vedere

i libri di cui si diceva vi fosse un gran numero. Ivi, in mezzo a una gran massa di codici che sarebbe

lungo enumerare, ho trovato Quintiliano ancor salvo ed incolume, ancorché tutto pieno di muffa e

di polvere. Quei libri infatti non stavano nella biblioteca, come richiedeva la loro dignità, ma quasi

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2 l’ordine del dire: la disposizione ordi-nata del discorso, secondo quanto insegna l’arte dell’eloquenza.3 M. Fabio Quintiliano: nato in Spa-gna, divenne un rappresentante dell’illu-stre scuola locale di eloquenza; chiamato a Roma dall’imperatore Galba, fu il pri-mo maestro di oratoria stipendiato dallo Stato.4 con la … ferite: sono i vv. 494-496 del

VI libro dell’Eneide, nei quali è descritta, come appare a Enea nell’Ade, l’ombra di Deifobo. 5 Marco … esilio: si riferisce all’orazio-ne Pro Marcello, del 45 a.C., con la quale Cicerone ringraziò pubblicamente Giulio Cesare di aver perdonato Marco Marcello, un partigiano di Pompeo, e di averlo fatto rientrare a Roma dall’esilio.6 con la … polvere: altra citazione da Vir-

gilio (Eneide, VI, 277).7 implorare … Quiriti: l’appello ai Qui-riti, cioè ai cittadini di Roma, era l’ultima risorsa dei condannati a morte.8 quanto … sperare: è una citazione a memoria di uno dei tanti passi, di questo significato, che si trovano nelle commedie di Terenzio.

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in un tristissimo ed oscuro carcere, nel fondo di una torre, in cui non si caccerebbero neppure dei

condannati a morte. Ed io son certo che chi per amore dei padri andasse esplorando con cura gli

ergastoli9 in cui questi grandi son chiusi, troverebbe che una sorte uguale è capitata a molti dei quali

ormai si dispera.

Trovai inoltre i tre primi libri e metà del quarto delle Argonautiche di Caio Valerio Flacco10 ed i com-

menti a otto orazioni di Cicerone, di Quinto Asconio Pediano11, uomo eloquentissimo, opera ricordata

dallo stesso Quintiliano. Questi libri ho copiato io stesso, ed anche in fretta, per mandarli a Leonardo

Bruni e a Niccolò Niccoli, che avendo saputo da me la scoperta di questo tesoro, insistentemente mi

sollecitarono che lettera a mandar loro al più presto Quintiliano. Accogli, dolcissimo Guarino, ciò che

può darti un uomo a te tanto devoto. Vorrei poterti mandare anche il libro, ma dovevo contentare il

nostro Leonardo. Comunque sai dov’è, e se desideri averlo, e credo che lo vorrai molto presto, facil-

mente potrai ottenerlo. Addio e voglimi bene, ché l’affetto è ricambiato.

Costanza, 15 dicembre 1416

(P. Bracciolini, Epistole, in Prosatori latini del Quattrocento, a cura di E. Garin, Ricciardi, Milano-Napoli 1952)

9 ergastoli: l’ergastulum è, a Roma, il luogo dove sono tenuti in ceppi gli schiavi addetti alla manifattura. 10 i tre … Flacco: della vita di Gaio Vale-rio Flacco, morto verso il 93 d.C., si cono-

sce poco; scrisse il poema, cui si riferisce Bracciolini, Argonautiche, interrotto al-l’VIII libro, traendo la materia, le imprese degli Argonauti, dall’omonimo poema gre-co ellenistico di Apollonio Rodio.

11 Quinto Asconio Pediano: erudito, vissuto tra il 9 a.C. e il 76 d.C., scrisse un commento alle orazioni di Cicerone e un encomio di Virgilio.

Elabora in un testo unitario il commento di questo brano, utilizzando come guida per il tuo lavoro le domande di comprensione, analisi e interpretazione, approfondimento.

Comprensione

1 Riassumi il contenuto della lettera in massimo 15 righe.

Analisi e interpretazione

2 Trattandosi di un’epistola rileva nel testo gli aspetti propri del genere e illustrali brevemente.

3 «Poiché non c’è dubbio che quell’uomo splendido, accurato, elegante, pieno di qualità, pieno di arguzia, non avrebbe più potuto soppor-tare quel turpe carcere, lo squallore del luogo, la crudeltà dei custodi»: a chi fa riferimento Poggio Bracciolini in questa frase? A che cosa equivale quindi la scoperta del codice?

4 Per quale motivo la scoperta di un’opera di Quintiliano sulla formazione dell’oratore è salutata con particolare entusiasmo in ambito umanista?

5 Rintraccia e illustra le principali figure retoriche presenti nell’epistola.

6 Individua e spiega il giudizio che Bracciolini fornisce sul Medioevo.

7 In seguito alla scoperta Poggio Bracciolini copia il testo e provvede a inviarlo ai suoi amici. Spiega quale concezione della cultura è pre-sente in quest’atteggiamento, illustrato nell’ultimo paragrafo della lettera.

Approfondimento

8 Illustra le caratteriste tipiche dell’Umanesimo e quale importanza la scoperta dei classici ha rivestito nella cultura della civiltà occidentale.

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VERIFICHE PER LA CLASSEQuesiti a risposta chiusa • Esercizi di completamento • Quesiti a risposta breve • Trattazione sintetica

QUESITI A RISPOSTA CHIUSA

1 Una delle discipline cardine dell’Umanesimo fu la filologia, che proprio in quegli anni acquistò lo status di disciplina. Il suo compito è:

a. organizzare il sapere dell’antichità in categorie più consone allo spirito contemporaneo.b. studiare e catalogare le forme lessicali dei testi antichi.c. restituire i testi classici alla loro versione originale libera da interpolazioni.

2 Tra i classici antichi riscoperti dall’Umanesimo ebbe particolare risalto lo studio del pensiero:

a. dei filosofi presocratici.b. di Platone.c. di Aristotele.

3 Per petrarchismo si intende:

a. la fioritura, a partire dal Cinquecento e oltre, di una serie di studi critici sulla figura e sull’opera di Petrarca.b. la codificazione di un repertorio lessicale e di immagini poetiche desunto dal Canzoniere petrarchesco, che verrà utilizzata per tutto il Cinque-

cento e oltre dai poeti italiani.c. la fioritura delle opere a stampa, protrattasi per tutto il Cinquecento e oltre, del Canzoniere di Petrarca.

4 Nella prima metà del Quattrocento la lingua letteraria per eccellenza era:

a. il latino.b. il fiorentino aulico.c. non esisteva una lingua comune, ogni intellettuale scriveva nella lingua in uso nel proprio stato di appartenenza.

5 La visione antropocentrica, dominante durante l’Umanesimo, si basa:

a. sulla consapevolezza che l’uomo è l’unica creatura a cui Dio ha concesso una vita ultraterrena.b. sull’interesse dominante per le scienze umane come fondamento del sapere e della dignità dell’uomo.c. sulla rivisitazione del pensiero aristotelico mediato dalla scolastica.

6 Angelo Poliziano prese parte al dibattito sull’imitazione dei classici sostenendo la tesi per cui:

a. l’imitazione degli antichi deve essere totale, il più possibile fedele ai modelli originari.b. l’imitazione deve essere libera e il più possibile variata tra modelli diversi.c. ci si deve riferire a un solo modello, e seguirlo integralmente.

7 Quale tra queste innovazioni e scoperte non ha che fare con la rivoluzione antropologica del primo Cinquecento?

a. Il ritorno al Platonismo.b. La rivoluzione copernicana.c. Le grandi scoperte geografiche.

8 In quale ambito la Repubblica di Venezia raggiunse l’eccellenza durante l’Umanesimo?

a. Nella progettazione architettonica.b. Nel mecenatismo dei dogi verso i letterati.c. Nella tipografia e nella cura editoriale dei classici, con Aldo Manuzio e Pietro Bembo.

9 In che cosa si differenziano dal Decameron le Novelle di Matteo Bandello?

a. Lasciano cadere la cornice unitaria e sono premesse ognuna da un’epistola dedicatoria.b. Mantengono la cornice tipicamente boccacciana, ma sono inserite nel contesto della conversazione cortigiana.c. Accantonano la polifonia di Boccaccio per attestarsi su un registro pienamente aulico.

10 Poliziano compose le Stanze per la giostra in occasione:

a. della pace di Lodi del 1454.b. della congiura fiorentina de’ Pazzi.c. del torneo fiorentino del 1475, vinto da Giuliano de’ Medici.

11 Che cosa si intende per Raccolta Aragonese?

a. Un’antologia di poeti siciliani compilata nel Regno di Napoli per celebrare la nuova dinastia Aragonese.b. Un’antologia di poesia castigliana che circolava in Italia durante il Quattrocento.c. Un’antologia della poesia toscana dalle origini al tardo Quattrocento, voluta da Lorenzo de’ Medici.

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12 Si deve a Luigi Pulci, prima del distacco dalla “brigata laurenziana”:

a. il poema cavalleresco Morgante.b. la commedia La Cortigiana.c. il romanzo Hypnerotomachia Polyphili.

13 Un aspetto prevalente dell’Umanesimo curiale romano fu:

a. la diffusione di un petrarchismo di stampo cortigiano. b. l’impulso dato alla creazione e alla fondazione di una cultura universitaria.c. la nascita di un gusto archeologico, legato alla riscoperta, anche filologica, dell’antichità.

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false; quindi correggi quelle errate.

1 Paolo Cortesi sosteneva l’imitazione libera ed eclettica dei classici. V F

2 Nessun altro centro come Firenze rappresentò le linee maggiori della cultura umanistica. V F

3 Pietro Bembo nelle Prose della volgar lingua sostenne la necessità di modellare la lingua poetica a lui contemporanea sul modello della poesia dantesca. V F

4 Il Momo o del principe di Leon Battista Alberti è un’opera singolare, che costituisce un esempio dell’anticlassicismo dell’Umanesimo. V F

5 Il Neoplatonismo di Marsilio Ficino prescindeva dalla mediazione di Plotino. V F

6 Lo spazio policentrico risultato delle scoperte geografiche non intaccò l’ottimismo antropocentrico dell’Umanesimo. V F

7 Gli Amorum libri tres di Boiardo sono uno dei vertici del petrarchismo aulico quattrocentesco. V F

8 Gli asolani di Pietro Bembo è un trattato filosofico in versi. V F

9 Aldo Manunzio, celebre tipografo ed editore veneziano, creò tra le altre cose anche il “libro a mano”, testo di formato ridotto creato appositamente per la lettura, più che per lo studio. V F

10 Il “Certame coronario” organizzato da Leon Battista Alberti riscosse grande successo presso i Medici. V F

11 Nelle Stanze Poliziano trasporta l’occasione storica in una dimensione epico-mitica. V F

12 “Rimare alla burchia” è una tecnica basata sull’accumulazione di nonsense, spesso con lessico oscuro. V F

13 Nella seconda fase della sua produzione Lorenzo de’ Medici risentì soprattutto dell’influenza petrarchesca. V F

14 Tra i massimi esponenti dell’Umanesimo romano vi furono Biondo Flavio e Lorenzo Valla. V F

15 Il Novellino di Masuccio Salernitano risente dell’evidente influenza di Boccaccio. V F

16 Le Pasquinate erano poesie anonime e popolareggianti, in cui si celebravano i pontefici e la curia romana. V F

17 Il Cortegiano di Baldassarre Castiglione si pone sulla linea linguistica indicata da Bembo. V F

18 L’Arcadia del Sannazaro è un prosimetro. V F

ESERCIZI DI COMPLETAMENTO

1 Completa la seguente tabella, relativa alle tesi principali che animarono il dibattito intorno alla questione della lingua.

Autore Tesi sostenuta

volgare scritto letterario, modellato su Petrarca per la poesia, su Boccaccio per la prosa

Baldassarre Castiglione

Gian Giorgio Trissino

2 Completa la tabella seguente, relativa ai principali centri di diffusione dell’Umanesimo in Italia.

Autore Opere significative Area geografica

Matteo Bandello

Amorum libri tres

Domenico di Giovanni, detto il Burchiello

Firenze

Stanze per la giostra

Jacopo Sannazaro

QUESITI A RISPOSTA BREVE

Rispondi alle seguenti domande, dedicando a ciascuna 5-7 righe al massimo.

1 Definisci i termini “Umanesimo” e humanista. 2 Quali sono le caratteristiche e i metodi della filologia? Porta almeno un esempio illustre. 3 Quali cambiamenti provocò la scoperta delle armi da fuoco nell’immaginario letterario dell’epoca? 4 Quali erano i termini del confronto dialettico sull’imitazione dei classici nel pensiero umanista del Quattrocento? 5 Che cosa si intende per mito delle “tre corone”? 6 Che cosa si intende esattamente per “Rinascimento”? Chi coniò questa definizione? È ancora storicamente valida?

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7 Quando venne inventata, dove e da chi la stampa, e quali cambiamenti culturali introdusse? 8 Esponi i capisaldi del pensiero neoplatonico nell’interpretazione di Marsilio Ficino. 9 Che cosa si intende per “crisi della visione antropocentrica” del Cinquecento? Quali ne furono le motivazioni? 10 Descrivi i caratteri distintivi dell’Umanesimo a Napoli. 11 Quali sono le ragioni del mancato rigoglio umanista nella città di Bologna? 12 Esponi le peculiarità del percorso artistico e filosofico di Leon Battista Alberti. 13 Quali furono le caratterisiche e l’evoluzione della “brigata laurenziana” egemone nella vita culturale fiorentina sotto la guida di Lorenzo de’ Medici? 14 Quali furono gli spazi di critica alla gerarchia ecclesiastica durante l’Umanesimo curiale? 15 Tratteggia un profilo dell’artista-genio come incarnato da Leonardo Da Vinci. 16 Spiega l’importanza di Urbino come centro politico-culturale. 17 Che cosa si intende per “clericalizzazione” degli intellettuali? 18 Come si concilia nell’Arcadia del Sannazaro la presenza di fonti eterogenee?

TRATTAZIONE SINTETICA

Svolgi i seguenti spunti di scrittura, dedicando a ciascuno 15-20 righe.

1 Elabora un testo argomentativo in cui spieghi l’importanza della nuova visione dell’uomo e del mondo elaborata a partire dal xv secolo in Italia, in modo particolare a Firenze sottolineando:

• in che cosa si differenzia dal Medioevo; • qual è il rapporto con la classicità e con gli antichi; • qual è il ruolo delle arti figurative nella nascita dell’Umanesimo; • qual è il ruolo delle corti signorili nella diffusione dell’Umanesimo. 2 Ricostruisci l’esperienza del Neoplatonismo fiorentino, fiorito intorno all’Accademia platonica di Careggi, indicando le tesi principali e gli interpreti

di spicco. Spiega poi come si conciliarono con il Neoplatonismo le dottrine sapienziali che provenivano da culture straniere, come l’ermetismo e la Cabala.

3 Nel Cinquecento comincia a emergere in maniera radicale la “questione della lingua”, un problema che sarà dibattuto per secoli. Esponi i punti cruciali della questione, argomentando le varie posizioni e discutendone gli esiti.

4 Il Cortegiano di Castiglione e il Galateo di Della Casa sembrano vertere sullo stesso tema, ovvero il perfetto inserimento nei meccanismi della corte signorile. In realtà l’ottica dei due testi si differenzia in molti tratti. Analizzali e traine qualche conclusione.

5 L’uomo e l’universo. Il rapporto fra questi due poli di senso muta radicalmente nel passaggio tra Quattrocento e Cinquecento. Perché? Ricostruisci il passaggio antropologico epocale che segna l’inizio della modernità.

6 Costruisci una mappa del teatro quattro-cinquecentesco, illustrandone il contesto e la variabilità delle forme. Soffermati in particolare su due figure in qualche modo “eccentriche” all’ortodossia umanista: Pietro Aretino e Ruzante.

7 Spiega le ragioni dell’affermarsi della lingua petrarchesca come fondante della tradizione lirica volgare e poi italiana. Analizza poi gli esiti più imme-diati di tale affermazione: la lirica petrarchista del Cinquecento.

8 L’invenzione della stampa a caratteri mobili fu una vera rivoluzione. Prova a ragionare sul concetto di libro, e sulla sua trasmissione, prima e dopo la riproducibilità a stampa, provando a ricostruire il lavoro di un tipografo-editore come Aldo Manuzio. Secondo te l’editoria oggi è molto diversa da allora?

9 A margine dell’Umanesimo “ufficiale” fiorirono molti autori irregolari e generi “extravaganti”. Prova a costruirne una mappa, riflettendo sul rapporto, sempre conflittuale e sempre attuale, tra autonomia e canone.

10 Ricostruisci l’attività poetica di Poliziano, indicando i tratti espressivi e contenutistici principali tanto delle Rime che delle Stanze per la giostra. 11 Illustra il senso, le ragioni e le implicazioni politico-culturali del mecenatismo promosso da principi e signori delle corti italiane, individuando le

esperienze in tal senso più significative. 12 Prova a costruire un ritratto di Lorenzo de’ Medici, evidenziando, se ci sono, i punti di contatto e reciproca influenza tra attività politica e attività

letteraria. Prova un confronto con l’altro sovrano-letterato che l’ha preceduto di non moltissimi anni: Federico II. 13 Fai il punto sull’Arcadia del Sannazaro, analizzando in modo particolare: • la struttura e il genere; • i temi; • i modelli. Qual è la fortuna che questo testo ha avuto nella letteratura italiana dei secoli successivi?

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Sezioni 8 L’uomo nuovo tra realismo e utopiaVERSO L’ESAME

ANALISI DI UN TESTO IN PROSA • SCRITTURA DOCUMENTATA

➤ TIPOLOGIA A ANALISI DI UN TESTO IN PROSA

Niccolò Machiavelli, Mandragola, Atto II, scena iii. Il giovane e ricco Callimaco, rientrato a Firenze da Parigi, viene immedia-tamente attratto dalla bellezza di Lucrezia, donna sposata e morigerata, per sedurre la quale chiede aiuto al servo Ligurio. I due decidono di sfruttare la buona fede del marito Nicia, ricco e credulone, e il suo desiderio, ancora irrealizzato, di avere figli. Fingendosi esperto di medicina, Ligurio suggerisce l’assunzione di una bevanda a base di mandragola, un’erba medicinale, facendo presente però che il primo che farà l’amore con la moglie ne assorbirà il veleno e morirà dopo otto giorni.

Per evitare la morte certa Nicia si lascia convincere a consentire che la moglie abbia rapporti sessuali, per una sera, con uno sconosciuto rapito per strada, che sarà Callimaco travestito.

cAllimAco Voi avete a intendere questo, che non è cosa più certa a ingravidare una donna che darli

bere una pozione fatta di mandragola. Questa è una cosa esperimentata da me dua paia di volte, e

trovata sempre vera; e se non era questo, la reina1 di Francia sarebbe sterile, e infinite altre princi-

pesse di quello Stato.

niciA È egli possibile?

cAllimAco Egli è come io vi dico. E la Fortuna vi ha in tanto voluto bene, che io ho condotto qui meco

tutte quelle cose che in quella pozione si mettono, e potete averla a vostra posta2.

niciA Quando l’arebb’ella a pigliare?

cAllimAco Questa sera dopo cena, perché la luna è ben disposta, ed el tempo non può essere più a

proposito.

niciA Cotesta non fia molto gran cosa3. Ordinatela in ogni modo; io gliene farò pigliare.

cAllimAco È bisogna ora pensare a questo: che quello uomo che ha prima a fare seco4 presa che l’ha

cotesta pozione, muore infra otto giorni, e non lo camperebbe el mondo5.

niciA Cacasangue6 io non voglio cotesta suzzacchera7; a me non l’appiccherai tu! Voi mi avete concio bene!

cAllimAco State saldo, e’ ci è remedio.

niciA Quale?

cAllimAco Fare dormire sùbito con lei un altro che tiri, standosi seco una notte, a sé tutta quella

infezione della mandragola. Dipoi vi iacerete voi senza periculo.

niciA Io non vo’ far cotesto.

cAllimAco Perché?

niciA Perché io non vo’ far la mia donna femmina, e me becco8.

cAllimAco Che dite voi, dottore? Oh, io non v’ho per savio come io credetti. Sì che voi dubitate di fare

quello che ha fatto el re di Francia e tanti signori quanti sono là?

niciA Chi volete voi che io truovi che facci cotesta pazzia? Se io gliene dico, e’ non vorrà; se io non

gliene dico, io lo tradisco, ed è caso da Otto9: io non ci voglio capitare sotto male.

cAllimAco Se non vi dà briga altro che cotesto10, lasciatene la cura a me.

niciA Come si farà?

cAllimAco Dirovelo: io vi darò la pozione questa sera dopo cena; voi gliene darete bere, e subito la

metterete nel letto, che fieno circa a quattro ore di notte. Dipoi ci travestiremo, voi, Ligurio, Siro ed

1 reina: regina.2 a vostra posta: a vostro piacimento.3 Cotesta non fia molto gran cosa: Que-sta non è una difficoltà.4 quello uomo che ha prima a fare seco: il primo uomo a giacere con lei.

5 non lo camperebbe el mondo: non riu-scirebbe a sopravvivere.6 Cacasangue: Accidenti.7 suzzacchera: porcheria.8 Perché … becco: Non voglio fare la mia donna puttana e io cornuto.

9 caso da Otto: un caso da portare in tri-bunale dinanzi agli Otto magistrati di giu-stizia.10 Se non … codesto: Se vi preoccupa solo questo.

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io, e andrencene cercando in Mercato Nuovo, in Mercato Vecchio, per questi canti: e il primo garzo-

naccio che noi troviamo scioperato, lo imbavaglieremo, e a suon di mazzate lo condurreno in casa ed

in camera vostra al buio. Quivi lo mettereno nel letto, direngli quel che abbia a fare, né ci fia difficultà

veruna. Dipoi, la mattina, ne manderete colui innanzi dì, farete lavare la vostra donna, starete con lei

a vostro piacere e sanza periculo.

niciA Io son contento, poiché tu di’ che e re e principi e signori hanno tenuto questo modo; ma, sopra

a tutto, che non si sappia, per amore degli Otto!

cAllimAco Chi volete voi che’l dica?

niciA Una fatica ci resta, e d’importanza.

cAllimAco Quale?

niciA Farne contenta mogliama11, a che io non credo che la si disponga mai.

cAllimAco Voi dite el vero. Ma io non vorrei innanzi essere marito, se io non la disponessi a fare a mio modo.

ligurio Io ho pensato el rimedio.

niciA Come?

ligurio Per via del confessoro.

cAllimAco Chi disporrà el confessoro?

ligurio Tu, io, e danari, la cattività12 nostra, loro.

niciA Io dubito, non che altro, che per mie detto13 la non voglia ire a parlare al confessoro.

ligurio E anche a cotesto è rimedio.

cAllimAco Dimmi!

ligurio Farvela condurre alla madre.

niciA La le presta fede.

ligurio E io so che la madre è della opinione nostra. Orsù, avanziamo tempo, ché si fa sera. Vatti,

Callimaco, a spasso, e fa’ che alle dua ore noi ti troviamo in casa con la pozione ad ordine. Noi n’an-

dreno a casa la madre, el dottore ed io, a disporla, perché è mia nota14. Poi n’andremo al frate, e vi

raguagliereno di quello che noi areno fatto.

(N. Macchiavelli, Mandragola, in P. Stoppelli, La Mandragola: storia e filologia: con l'edizione critica del testo secondo il Laurenziano Redi 129, Bulzoni, Roma 2005)

11 Fare contenta mogliema: Convincere mia moglie.

12 cattività: astuzia.13 per mie detto: a seguito delle mie pa-

role.14 Perché è mia nota: perché la conosco.

Elabora in un testo unitario il commento di questo brano, utilizzando come guida per il tuo lavoro le domande di comprensione, analisi e interpretazione, approfondimento.

Comprensione

1 Contestualizza la scena nell’ambito della commedia e riassumine il contenuto.

Analisi e interpretazione

2 Descrivi i caratteri dei personaggi così come emergono dal brano citato.

3 In questa scena Ligurio pronuncia poche battute, apparentemente poco significative, in realtà in linea con il suo ruolo di regista della “vicenda”. Spiega quest’affermazione.

4 Che funzione ha la mandragola nella commedia?

5 Chi è il garzonaccio citato alle righe 30-31?

6 Chi predisporrà Lucrezia ad accettare di giacere con uno sconosciuto?

7 Analizza l’aspetto formale della commedia: la lingua utilizzata è aulica o quotidiana? Fai degli esempi. Si trattava di una lingua compren-sibile a un pubblico mediamente colto dell’epoca?

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Approfondimento

8 La Mandragola, unica fra le commedie del Cinquecento, è rappresentata ancora oggi con successo. Quali motivi spingono il pubblico contemporaneo ad apprezzare il capolavoro di Machiavelli? Rifletti sulla vivacità della lingua, sulla sincronia dei meccanismi comici e sull’attualità dei temi e dei personaggi.

➤ TIPOLOGIA B SCRITTURA DOCUMENTATA

Ambito artistico-letterario

Sviluppa l’argomento o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Dai un titolo al tuo testo e indicane la possibile destinazione editoriale. Non superare le 4-5 colonne di lunghezza.

PROPOSTA 1

ARGOMENTO: L’ATTUALITÀ DI MACHIAVELLI• Nella pagina centrale di un quotidiano a tiratura nazionale, in occasione di una mostra dedicata a Firenze alla figura di Niccolò Machiavelli scrittore del Principe, ti vengono affidate quattro o cinque colonne per scrivere un articolo che faccia risaltare per quali delle sue ricorrenti tematiche l’autore possa essere considerato particolarmente attuale o inattuale oggi.

• Potrai utilizzare i materiali che trovi di seguito, oltre a letture dirette di parti del trattato o di altri testi.

• Cerca di utilizzare una forma espressiva adatta: il tuo pubblico di lettori è in grado di collocare l’autore nel periodo che gli compete ma, non occupandosi di letteratura italiana in qualità di specialista, si aspetta dal tuo articolo una lettura accattivan-te, che lo induca a confrontarsi «in diretta» con la scrittura di Machiavelli.

• Dai al tuo pezzo un titolo adatto alla collocazione e al contenuto.

Testo 1 Il politico-Centauro secondo MachiavelliIn questo passo dal capitolo xviii del Principe Machiavelli delinea un modello di comportamento politico in cui capacità razionali e istintuali si compenetrano e non si annullano le une con le altre.

Dovete adunque sapere come e sono dua generazioni di combattere: l’uno, con le leggi; l’altro, con la

forza. Quel primo è proprio dello uomo; quel secondo, delle bestie. Ma perché el primo molte volte

non basta, conviene ricorrere al secondo: pertanto a uno principe è necessario sapere bene usare la

bestia e lo uomo. Questa parte è suta insegnata alli principi copertamente da li antichi scrittori, e

quali scrivono come Achille e molti altri di quelli principi antichi furno dati a nutrire a Chirone cen-

tauro, che sotto la sua disciplina li custodissi. Il che non vuole dire altro, avere per precettore uno

mezzo bestia e mezzo uomo, se non che bisogna a uno principe sapere usare l’una e l’altra natura: e

l’una sanza l’altra non è durabile.

(Il principe, xviii)

Testo 2 La Fortuna è donnaNella celebre conclusione del capitolo xxv, Machiavelli ricorre all’immagine della Fortuna-donna che, per sua stessa natura, ri-chiede agli uomini la capacità d’agire d’impulso ed energicamente, mostrando – come soprattutto i giovani sanno fare – meno cautela e circospezione possibile.

Concludo adunque che, variando la fortuna e tempi e stando li uomini ne’ loro modi ostinati, sono

felici mentre concordano insieme e, come e’ discordano, infelici. Io iudico bene questo, che sia meglio

essere impetuoso che respettivo: perché la fortuna è donna ed è necessario, volendola tenere sotto,

batterla e urtarla. E si vede che la si lascia più vincere da questi, che da quegli che freddamente

procedono: e però sempre, come donna, è amica de’ giovani, perché sono meno respettivi, più feroci

e con più audacia la comandano.

(Il principe, xxv)

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Testo 3 Il valore dell’esperienzaIl critico Luigi Russo sottolinea la centralità dell’esperienza che però è indissociabile dal momento della riflessione e dall’ela-borazione di modelli teorici.

Si osservi che in Machiavelli la parola esperienza si avvia ad assumere il significato speculativo

moderno: cioè, di conoscenza che è riflessione universalizzatrice sulle cose. Mentre per gli antichi

esperienza significa notizia di fatto, apprendimento di cose particolari, ciò che non implica il lavorìo

del processo universalizzante. Ma col Machiavelli già si precorre al secolo di Cartesio e di Galileo. Si

badi però che ancora oggi la parola esperienza serba il significato primitivo di notizia di fatto, ciò

che avviene di tutti i vocaboli che acquistano sensi più larghi e profondi, ma non per questo perdono

via via i più ristretti e originarii.

(L. Russo, Introduzione a Il Principe e pagine dei Discorsi e delle Istorie, Sansoni, Firenze 1956)

Testo 4 Il realismo di MachiavelliLo storico Piero Melograni nella sua Introduzione al Principe proietta la propria lettura dell’opera machiavelliana sugli scenari della modernità e ne valuta le implicazioni.

I realisti come Machiavelli tengono sempre spietatamente presenti i limiti della condizione umana.

Gli utopisti, al contrario, si abbandonano al sogno di una umanità rinnovata in cui tutti possano

presto diventare buoni, altruisti, ricchi di qualità e sostanzialmente privi di vizi. Il loro primo pro-

getto è stato sempre quello di affidare a un «principe buono», a un gruppo di «persone sagge», a un

«partito onesto», poteri quanto mai estesi per affrettare il rinnovamento del mondo. Ma il risultato

pratico di questi progetti è stato sempre deludente e assai spesso catastrofico. Come ha spiegato

infatti un grande filosofo contemporaneo, Karl Popper, la domanda giusta da porsi non è mai: Chi

deve governare?, bensì: Come possiamo organizzare le istituzioni politiche per impedire che i

governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno? Le democrazie parlamentari, finora,

sono state le uniche capaci di offrire, almeno in parte, tali istituzioni. Proprio per questo, dai tempi

di Machiavelli, il mondo è, in certa misura, cambiato.

(P. Melograni, Introduzione a N. Machiavelli, Il Principe, Rizzoli, Milano 2006)

PROPOSTA 2

ARGOMENTO: VIRTÙ E FORTUNA

Testo 1 In due capitoli fondamentali del Principe Machiavelli affronta la questione del rispettivo potere della fortuna e della virtù nelle vicende umane.

N. Machiavelli, Il principe, cap. vii [ vol. 1B, p. 178 sgg.] a cura di G. Inglese, Einaudi, Torino 1995

Coloro e’ quali solamente per fortuna diventano di privati principi, con poca fatica diventono, ma con

assai si mantengono: e non hanno alcuna difficultà fra via, perché vi volano; ma tutte le difficultà na-

scono quando e’ sono posti1. E questi tali

2 sono quando è concesso ad alcuno uno stato o per danari

o per grazia di chi lo concede […]. Questi stanno semplicemente in su la3 voluntà e fortuna di chi lo

ha concesso loro, che sono dua cose volubilissime e instabili, e non sanno e non possano tenere quel

grado4: non sanno, perché, se non e’ uomo di grande ingegno e virtù, non è ragionevole che, sendo

sempre vissuto in privata fortuna, sappia comandare; non possono, perché non hanno forze che li

possino essere amiche e fedeli. […]

1 sono posti: sono fatti principi.2 questi tali: questi principi.

3 stanno… in su la: dipendono semplicemente dalla.4 grado: ruolo.

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Io voglio all’uno e all’altro di questi modi detti, circa il diventare principe per virtù o per fortuna,

addurre dua esempli stati ne’ dì della memoria nostra5: e questi sono Francesco Sforza e Cesare

Borgia. Francesco, per li debiti mezzi e con una grande sua virtù, di privato diventò duca di Milano;

e quello che con mille affanni aveva acquistato, con poca fatica mantenne. Dall’altra parte Cesare

Borgia, chiamato dal vulgo duca Valentino, acquistò lo stato con la fortuna del padre, e con quella lo

perdé; nonostante che per lui6 si usassi ogni opera e facessi tutte quelle cose che per uno prudente

e virtuoso uomo si dovea fare, per mettere le barbe sua7 in quelli stati che l’arme e fortuna d’altri gli

aveva concessi. […]

5 memoria nostra: ovvero recenti. 6 per lui: da parte sua. 7 barbe sua: sue radici.

N. Machiavelli, Il principe, cap. xxv [ vol. 1B, p. 204 sgg.], a cura di G. Inglese cit.

È non mi è incognito1 come molti hanno avuto e hanno opinione che le cose del mondo sieno in modo

governate, da la fortuna e da Dio, che li uomini con la prudenzia loro non possino correggerle, anzi

non vi abbino remedio alcuno; e per questo potrebbono iudicare che non fussi da insudare2 molto

nelle cose, ma lasciarsi governare alla sorte. Questa opinione è suta3 più creduta ne’ nostri tempi per

la variazione grande delle cose che si sono viste e veggonsi ogni dí, fuora di ogni umana coniettura4.

A che pensando, io qualche volta mi sono in qualche parte inclinato5 nella opinione loro. Nondiman-

co perché il nostro libero arbitrio non sia spento, iudico potere essere vero che la fortuna sia arbitra

della metà delle azioni nostre, ma che etiam lei ne lasci governare l’altra metà, o presso, a noi6. […]

Concludo adunque che, variando la fortuna e’ tempi e stando li uomini ne’ loro modi ostinati, sono fe-

lici mentre concordano insieme, e, come e’ discordano, infelici. Io iudico bene questo, che sia meglio

essere impetuoso che respettivo perché la fortuna è donna ed è necessario, volendola tenere sotto,

batterla e urtarla7. E si vede che la si lascia più vincere da questi, che da quegli che freddamente

procedono: e però sempre, come donna, è amica de’ giovani, perché sono meno respettivi, più feroci

e con più audacia la comandano8.

1 È … incognito: Non mi è sconosciuto.2 insudare: affaticarsi.3 è suta: è stata.4 fuora… coniettura: oltre ogni umana considerazione.

5 inclinato: adattato.6 Nondimanco… a noi: Nondimeno, af-finché la nostra possibilità di scegliere non sia neutralizzata, giudico essere vero che la fortuna determini la metà di ogni azione

umana ma anche che lasci governare all’uo-mo l’altra metà o quasi. • etiam: anche.7 urtarla: percuoterla.8 feroci: aggressivi.

Testo 2 Guicciardini, come la critica ha rilevato, si colloca, riguardo il potere rispetto della fortuna e della virtù-ragione, su posizioni diverse da quelle di Machiavelli.

M. Fubini, Introduzione, in F. Guicciardini, Ricordi a cura di M. Fubini, E. Barelli, Rizzoli, Milano 20005.

[A Machiavelli Guicciardini] si contrappone pure (ed egli ne era consapevole) per il problema delle

relazioni tra «virtù» e «fortuna», non tanto per il concetto che era sostanzialmente il medesimo,

quanto per l’atteggiamento dei due pensatori, tutto teso il Machiavelli a superare quel contrasto, a

intenderlo nel suo dinamismo, mentre il Guicciardini parte da una preliminare opposizione dei due

termini, riconoscendo al di là dell’azione umana una zona d’ombra insuperabile.

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F. Guicciardini, Storia d’Italia, cap. i, a cura di S. Seidel Menchi e F. Gilbert, Einaudi, Torino 1971

Io ho deliberato di scrivere le cose accadute alla memoria nostra in Italia, dappoi che l’armi de’ fran-

zesi, chiamate da’ nostri príncipi medesimi1, cominciorono con grandissimo movimento a perturbar-

la […]. Dalla cognizione de’ quali casi […] per innumerabili esempli2 evidentemente apparirà a quanta

instabilità, né altrimenti che uno mare concitato da’ venti3, siano sottoposte le cose umane; quanto

siano perniciosi, quasi sempre a se stessi ma sempre a’ popoli, i consigli male misurati4 di coloro che

dominano, quando, avendo solamente innanzi agli occhi o errori vani o le cupidità presenti, non si

ricordando delle spesse variazioni della fortuna. […]

Perché manifesto è che, dappoi che lo imperio romano, indebolito principalmente per la mutazione

degli antichi costumi, cominciò, già sono piú di mille anni, di quella grandezza a declinare alla quale

con maravigliosa virtú e fortuna era salito, non aveva giammai sentito Italia tanta prosperità, né pro-

vato stato tanto desiderabile quanto era quello nel quale sicuramente si riposava l’anno della salute

cristiana mille quattrocento novanta, e gli anni che a quello e prima e poi furono congiunti.

1 da’ … medesimi: dai nostri stessi prin-cipi.2 per … esempi: attraverso esempi innu-

merevoli.3 né … venti: proprio come accade a un mare battuto dai venti.

4 i consigli … misurati: le decisioni mal ponderate.

F. Guicciardini, Ricordi, 30 [ vol. 1B, p. 260]

Chi considera bene, non può negare che nelle cose umane la fortuna ha grandissima potestà1, per-

ché si vede che a ognora ricevono grandissimi moti da accidenti fortuiti, e che non è in potestà degli

uomini né a prevedergli né a schifargli2: e benché lo accorgimento e sollecitudine degli uomini possa

moderare molte cose, nondimeno sola non basta, ma gli bisogna ancora la buona fortuna.

1 podestà: potere.2 schifargli: evitarli.

F. Guicciardini, Ricordi, 31 [ vol. 1B, pp. 260-61]

Coloro ancora che, attribuendo el tutto alla prudenza e virtù, escludono quanto possono la potestà

della fortuna, bisogna almanco1 confessino che importa assai abattersi o nascere in tempo che le

virtù o qualità per le quali tu ti stimi siano in prezzo: come si può porre lo esemplo di Fabio Massimo,

al quale lo essere di natura cunctabundo2 dette tanta riputazione, perché si riscontrò in una spezie

di guerra, nella quale la caldezza era perniziosa, la tardità utile3; in uno altro tempo sarebbe potuto

essere el contrario. Però la fortuna sua consisté in questo, che e’ tempi suoi avessino bisogno di quel-

la qualità che era in lui; ma chi potessi variare la natura sua secondo le condizioni de’ tempi, il che è

difficillimo4 e forse impossibile, sarebbe tanto manco

5 dominato dalla fortuna.

1 almanco: almeno.2 cunctabundo: prudente, temporeggiatore.

3 la saldezza … utile: l’impulsività era dannosa, la cautela utile.

4 difficillimo: difficilissimo.5 tanto manco: tanto meno.

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F. Guicciardini, Ricordi, 136

Accade che qualche volta e’ pazzi fanno maggiore cose1 che e’ savi. Procede

2 perché el savio, dove

non è necessitato3, si rimette assai alla ragione e poco alla fortuna, el pazzo assai alla fortuna e poco

alla ragione: e le cose portate dalla fortuna hanno talvolta fini incredibili. È savi di Firenze arebbo-

no4 ceduto alla tempesta presente

5, e’ pazzi avendo contro a ogni ragione voluto opporsi, hanno fatto

insino a ora quello non si sarebbe creduto che la città nostra potessi in alcun modo fare: e questo è

che dice el proverbio Audaces fortuna iuvat6.

1 maggiori cose: cose più grandi.2 Procede: Accade [questo].3 dove … necessitato: nelle situazioni in cui non è costretto [a fare altrimenti].

4 arebbono: avrebbero.5 tempesta presente: si riferisce al con-flitto con Carlo V e Clemente VII, che cal-deggiavano la restaurazione dei Medici in

Firenze (1529).6 Audaces … iuvat: la fortuna aiuta gli audaci.

Testo 3 La grande cultura del Rinascimento, anche fuori d’Italia, si è spesso misurata con questo stesso tema del rapporto tra Virtù e Fortuna.

Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia a cura di T. Fiore, Einaudi, Torino 1983

LXI. La Fortuna aiuta i pazzi – […] Torniamo a bomba, dunque! La fortuna predilige gli uomini

di poco senno, ovvero gli audaci, quelli cui piace dire: «Il dado è tratto!» La saggezza invece rende

riservati e da ciò si vede comunemente che questi sapienti han che fare sempre con la povertà e con

la fame, che vivono di fumo, abbandonati da tutti, oscuri, in odio a tutti; mentre invece a chi non ha

cervello il denaro par che venga coi propri piedi, è promosso al governo di stati, prospera in mille

modi. […]

Testo 4 Y. Bellenger, La Fortune dans les «Essais» de Montaigne, in AA. VV., Il tema della Fortuna nella Letteratura francese e italiana del Rinascimento. Studi in memoria di Enzo Giudici, Olschki, Firenze 1990Montaigne, che […] non fa in alcun modo della fortuna una dea, esprime con questa parola un’idea-

chiave del suo pensiero: l’impossibilità, per l’uomo, di accedere alla verità. […] Il caso, la fortuna

(con o senza la maiuscola, poco importa), è l’espressione dell’ignoranza, dell’impotenza umana a

comprendere il corso degli eventi. […] Dire «la fortuna» significa porsi dal punto di vista dell’uomo

e riconoscere la sua insufficienza. […] La parola «fortuna», le allusioni al caso […] e alla sorte ac-

compagnano nei Saggi alcuni dei principali temi di riflessione, e più ancora: illustrano una visione

essenzialmente scettica del mondo, che è […] quella propria a Montaigne. Parlare di «fortuna» signi-

fica proclamare il proprio non-sapere, significa rifiutarsi d’interpretare l’incomprensibile, rifiutare

l’illusione della scienza. Tutto ciò in modo perfettamente cosciente e assai rigoroso.

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VERIFICHE PER LA CLASSEQuesiti a risposta chiusa • Esercizi di completamento • Quesiti a risposta breve • Trattazione sintetica

QUESITI A RISPOSTA CHIUSA

MACHIAVELLI1 Uno dei punti fondanti del pensiero politico di Machiavelli è:

a. la necessità per l’intellettuale di rimanere fuori dai centri del potere, per conservare maggiore lucidità.b. lo scarso interesse verso i testi classici.c. la critica alle armi mercenarie.

2 Per Machiavelli la forma di governo perfetta:

a. è quella repubblicana.b. non esiste.c. è il Principato.

3 Nel suo contributo al dibattito sulla “questione della lingua”, Machiavelli sostiene:

a. la superiorità intrinseca del fiorentino.b. la superiorità del volgare illustre teorizzata da Dante nel De vulgari eloquentia.

c. la superiorità della lingua comune rispetto a quella letteraria.

GUICCIARDINI4 Nella riflessione storico-politica di Guicciardini grande peso assume:

a. la preferenza assegnata alla teoria e al pensiero sistematico, l’unico in grado di consentire una conoscenza univoca della realtà.b. la concezione che esistono leggi fisse che si ripetono ciclicamente, e che devono essere conosciute dall’uomo per capire il presente.c. l’attenzione ai casi particolari, come unica forma possibile di conoscenza dei fatti storici.

5 Che cosa significa il termine discrezione in Guicciardini?

a. L’impossibilità di elaborare teorie generali sul reale.b. Un misto di intuito, prudenza e pragmatismo.c. Senso della misura e riservatezza.

6 I Ricordi vennero composti:

a. di getto, in un periodo di allontanamento dalla vita politica.b. in modo saltuario e non sistematico, e subirono continue revisioni per oltre quindici anni.c. sulla base di un preciso disegno stabilito dall’autore fin dall’inizio.

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false; quindi correggi quelle errate.

MACHIAVELLI1 Il Principe venne meditato e composto da Machiavelli in un periodo di forzato allontanamento dalla vita politica. V F

2 Machiavelli nel Principe nega il valore degli esempi tratti dalla storiografia classica. V F

3 I Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio sono una sorta di commento sui generis, ricco di riflessioni sulla contemporaneità politica, all’opera Ab urbe condita. V F

GUICCIARDINI4 Per Guicciardini lo studio del passato è finalizzato alla riflessione sulla situazione politica contemporanea. V F

5 Secondo Guicciardini il reale, pur se complesso e mutevole, può essere ricondotto a teorie generali e sistematiche. V F

6 Il pensiero di Guicciadini, soprattutto nella riflessione sui rapporti tra virtù e fortuna, è da ritenersi sostanzialmente pessimista. V F

7 La forma del “ghiribizzo” è sintomo di un’ispirazione riflessiva e di coesione strutturale. V F

8 Una delle novità della Storia d’Italia è il ricorso sistematico a fonti d’archivio. V F

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ESERCIZI DI COMPLETAMENTO

1 Completa la tabella seguente, relativa alle opere di Machiavelli.

Titolo Genere dell'opera Data di composizione

Principe

opera politica 1513-19

Istorie fiorentine

testi teatrali

Belfagor arcidiavolo 1520

QUESITI A RISPOSTA BREVE

Rispondi alle seguenti domande, dedicando a ciascuna 5-7 righe al massimo.

1 Che cosa si intende per “machiavellismo”? Che differenza c’è tra gli aggettivi “machiavelliano” e “machiavellico”?2 Che immagine intellettuale fornisce di sé Machiavelli nella lettera a Francesco Vettori del 10 dicembre 1513? Prova a ricostruirla.3 Machiavelli vide in Cesare Borgia, il Valentino, un esempio di principe di successo. Il suo giudizio sul personaggio non fu però sempre univoco.

Tratteggiane le sfumature.4 Facendo riferimento al cap. i oppure ad altro capitolo del Principe, spiega in che cosa consiste il metodo dilemmatico tipico della prosa di Machiavelli.5 Che cosa intende Guicciardini per ricordo? In che cosa si discosta dall’uso odierno di tale termine?6 Commenta la seguente affermazione di Guicciardini: «Se bene lo ozio solo non fa ghiribizzi, pure male si fanno e ghiribizzi sanza ozio».7 Esponi struttura, obiettivi e metodi della Storia d’Italia di Guicciadini. Come fu accolta al momento dell’uscita?8 Tratteggia in breve la complessa e controversa ricezione delle opere di Machiavelli, sia da parte dei contemporanei sia nei secoli successivi.

TRATTAZIONE SINTETICA

Svolgi i seguenti spunti di scrittura, dedicando a ciascuno 15-20 righe.

1 Machiavelli e Guicciardini incarnano, in modi simili ma con differenze di pensiero, il ruolo dell’intellettuale attivamente partecipe alla vita politica del proprio Stato. Mettine a confronto i percorsi biografici e traine alcune conclusioni sul ruolo dell’intellettuale dal Trecento al Cinquecento.

2 Quali sono le caratteristiche fondamentali del principe ideale, secondo Machiavelli? Quale rapporto si configura tra politica e morale? Sono spunti di riflessioni validi ancora oggi, secondo te?

3 Ricostruisci la complessa dialettica tra fortuna e virtù che innerva tutte le opere di Machiavelli. Come si evolve la visione di tale rapporto in Guicciardini?4 Che cosa si intende dicendo che la Mandragola è una commedia senza protagonisti? Analizza la struttura dell’opera e individuane le affinità temati-

che con il resto della produzione machiavelliana.5 I Ricordi sono senz’altro un libro di frammenti. Descrivine la struttura e i temi, evidenziando come entrambi rispecchino il pensiero del loro autore.6 Analizza la prosa rispettivamente di Machiavelli e di Guicciardini, evidenziando le caratteristiche principali di ciascuna. In che cosa la lingua e lo stile

dei due autori differisce maggiormente?7 Machiavelli e Guicciardini traghettano, ciascuno a suo modo, la storiografia nella modernità. Prova a enucleare le caratteristiche del loro metodo e

dell’approccio al passato, confrontandoli con gli esempi della classicità, e con la tua concezione contemporanea della storia.8 Quali sono le caratteristiche più originali degli Essais di Montaigne? Che ruolo ha l’Io in quest’opera?

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Sezione 9 Ariosto e il poema del movimentoVERSO L’ESAME

ANALISI DI UN TESTO POETICO • SCRITTURA DOCUMENTATA

➤ TIPOLOGIA A ANALISI DI UN TESTO POETICO

L. Ariosto, Orlando furioso, canto XXXIV, ott. 74-81: Astolfo e gli oggetti perduti sulla Luna. Dopo aver cacciato le arpie in groppa all’ippogrifo, Astolfo è condotto sulla Luna dall’Evangelista Giovanni: qui ricercherà il senno di Orlando, ma intanto il luogo appare tutto ingombro di «ciò che si perde o per nostro difetto, / o per colpa del tempo o di Fortuna».

[…]

Molta fama è la su, che, come tarlo,

il tempo al lungo andar qua giù divora:

là su infiniti prieghi e voti stanno,

che da noi peccatori a Dio si fanno.

Le lacrime e i sospiri degli amanti,

l’inutil tempo che si perde a giuoco,

e l’ozio lungo d’uomini ignoranti,

vani disegni che non han mai loco,

i vani desideri sono tanti,

che la più parte ingombran di quel loco:

ciò che in somma qua giù perdesti mai,

là su salendo ritrovar potrai.

Passando il paladin per quelle biche,

or di questo or di quel chiede alla guida.

Vide un monte di tumide vesiche,

che dentro parea aver tumulti e grida;

e seppe ch’eran le corone antiche

e degli Assirii e de la terra lida,

e de’ Persi e de’ Greci, che già furo

incliti, et or n’è quasi il nome oscuro.

Ami d’oro e d’argento appresso vede

in una massa, ch’erano quei doni

che si fan con speranza di mercede

ai re, agli avari principi, ai patroni.

Vede in ghirlande ascosi lacci; e chiede,

et ode che son tutte adulazioni.

Di cicale scoppiate imagine hanno

versi ch’in laude dei signor si fanno.

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[74] 5-6 molta fama … divora: si trova las-sù molta fama, che quaggiù il tempo, come un tarlo, consuma.7 prieghi: preghiere.

[75] 4 vani disegni … loco: progetti vani

che non si realizzano mai.6 che la … loco: che occupano la maggior parte di quel luogo.

[76] 1 biche: mucchi; il termine è già dan-tesco e già in rima con antiche: Inf., XXIX,

66 («… languir li spirti per diverse biche»).3 tumide vesciche: sacche rigonfie.5-8 e seppe … oscuro: e seppe che si trattava dei regni antichi degli assiri e del-la Lidia (il regno del mitico e ricchissimo Creso), dei persiani e dei greci che un tem-po furono illustri (incliti) e oggi persino il loro nome è quasi ignoto (oscuro).

[77] 1-4 Ami d’oro … patroni: Successi-vamente vede un ammasso di ami d’oro e d’argento che erano i doni che si fanno ai re, ai principi e ai signori con la speranza di riceverne una ricompensa (mercede).5 ascosi: nascosti.7-8 Di cicale … si fanno: I versi che si compongono a lode dei signori hanno la forma di cicale scoppiate (per l’eccessivo cantare).

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Di nodi d’oro e di gemmati ceppi

vede ch’àn forma i mal seguiti amori.

V’eran d’aquile artigli; e che fur, seppi,

l’autorità ch’ai suoi dànno i signori.

I mantici ch’intorno han pieni i greppi,

sono i fumi dei principi e i favori

che danno un tempo ai ganimedi suoi,

che se ne van col fior degli anni poi.

Ruine di cittadi e di castella

stavan con gran tesor quivi sozzopra.

Domanda, e sa che son trattati, e quella

congiura che sì mal par che si cuopra.

Vide serpi con faccia di donzella,

di monetieri e di ladroni l’opra:

poi vide boccie rotte di più sorti,

ch’era il servir de le misere corti.

Di versate minestre una gran massa

vede, e domanda al suo dottor ch’importe.

– L’elemosina è (dice) che si lassa

alcun, che fatta sia dopo la morte. –

Di varii fiori ad un gran monte passa,

ch’ebbe già buono odore, or putia forte.

Questo era il dono (se però dir lece)

che Costantino al buon Silvestro fece.

Vide gran copia di panie con visco,

ch’erano, o donne, le bellezze vostre.

Lungo sarà, se tutte in verso ordisco

le cose che gli fur quivi dimostre;

che dopo mille e mille io non finisco,

e vi son tutte l’occurrenzie nostre:

sol la pazzia non v’è poca né assai;

che sta qua giù, né se ne parte mai

(L. Ariosto, Orlando Furioso, a cura di C. Segre, Mondadori, Milano 19983)

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[78] 2 i mal seguiti amori: gli amori sfor-tunati, che hanno avuto un seguito nega-tivo o funesto (le immagini dei nodi e dei ceppi del primo verso sono di ascendenza petrarchesca).3-4 V’eran … signori: C’erano artigli d’a-quila che poi seppi essere stati l’autorità che i signori concedono ai loro sottoposti. L’autorità dei signori quando viene lasciata in mano di personaggi più crudeli di loro, va perduta a causa della crudeltà stessa (gli artigli).3 seppi: Ariosto parla qui in prima perso-na come alludendo alla consultazione di una fonte (l’immaginario manoscritto del vescovo Turpino – contemporaneo di Carlo Magno – cui nella finzione il poeta fa risali-re la materia della sua narrazione).

5-8 I mantici … anni poi: I mantici che sono disseminati lungo i pendii (greppi) delle valli sono i capricciosi e vani onori ( fumi) e i favori che i principi in un primo tempo conferiscono ai loro favoriti (gani-medi) e che con il passare della giovinezza di questi ultimi, vengono meno. Ganimede era il bellissimo giovinetto spartano che Giove, trasformato in aquila, rapì per farne il coppiere degli dèi.

[79] 2 sozzopra: sottosopra, in disordine, alla rinfusa.3-4 Domanda … cuopra: [Astolfo] doman-da e viene a sapere che quelli sono trattati di pace (violati) e congiure che vengono scoperte.5-8 Vide … corti: Vide serpenti con volto

di fanciulla (che erano) le opere di falsari (monetieri) e ladri; poi vide sfere di vetro di vario tipo infrante che era il servizio che si presta nelle corti meno fastose.

[80] 1-4 Di versate … dopo la morte: Vede una gran quantità di minestre rovesciate e domanda alla sua guida che cosa significhi-no. Questi spiega che si tratta delle elemo-sine che qualcuno lascia perché vengano fatte dopo la propria morte. Taluni com-mentatori intendono che in questo caso le elemosine vanno perdute perché gli eredi si rifiutano poi di farle; diversamente si potrà intendere che esse siano vane perché non comportano sacrificio – e dunque merito – per chi le lascia, dal momento, appunto, che esse andranno fatte solo dopo la morte di chi le ha elargite.6 putia: puzzava.7-8 Questo era … fece: Questo era il dono (se così lo si può chiamare [visti i danni che ha portato]) che l’imperatore Costantino fece al buon papa Silvestro. Qui Ariosto al-lude alla donazione che Costantino avreb-be fatto nel iv secolo d.C. a papa Silvestro I e che sarebbe alla base dell’eredità tempo-rale della Chiesa: già Dante aveva visto in questo dono l’origine del potere temporale dei papi e dei mali che ne conseguirono. Nel 1440, però, l’umanista Lorenzo Valla aveva dimostrato la falsità di questa dona-zione; Ariosto, tuttavia, mostra di crederla autentica (come già aveva fatto nel canto XVII, ott. 78, vv. 2-4: «[…] là le ricchezze sono, / che vi portò da Roma Costantino: / portonne il meglio, e fe’ del resto dono».

[81] 1 panie con visco: trappole con vi-schio; la pania è una sostanza viscosa uti-lizzata per l’uccellagione. Queste trappole rappresentano metaforicamente le bellez-ze delle donne che catturano gli amanti.3-4 se tutte … dimostre: se vorrò mette-re in versi tutte le cose che gli furono qui mostrate.6 l’occurrenzie nostre: le cose di cui ab-biamo bisogno e che abbiamo perduto.7-8 sol la pazzia … mai: solo di pazzia non ve n’è per nulla, perché quella se ne sta qui sulla Terra e non se ne allontana mai.

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Elabora in un testo unitario il commento di questi versi, utilizzando come guida per il tuo lavoro le domande di comprensione, analisi e interpretazione, testi a confronto e approfondimento.

Comprensione

1 Il bersaglio polemico di Ariosto in questo testo è la corte, con i suoi diversi componenti (i principi, i cortigiani e le donne). Ripartiscili in tre brevi brani in cui – facendo riferimento ai versi delle ottave ariostesche – fornirai una sintesi della visione dell’autore relativa a ciascuno dei tre componenti quale emerge dal brano.

Analisi e interpretazione

2 Rintraccia nel testo tutte le anafore: ve ne sono alcune ravvicinate e altre a distanza (con poliptoto del verbo vedere). Quale credi possa essere la funzione espressiva di questa figura della ripetizione?

3 Sono presenti enjambement nel testo? Che intonazione danno al dettato e alla musicalità dei versi? Individua quelli che mettono in eviden-za parole chiave o tematicamente rilevanti e commentali brevemente.

4 Ariosto è un poeta in cui morale e ironia si intrecciano con equilibrio. Rintraccia nel brano gli elementi che possono essere ricondotti all’uno e all’altro aspetto della sua poetica.

5 Quale immagine della corte ti pare emerga da questa pagina ariostesca? Da quali esperienze biografiche del poeta ritieni che possa essere dipendente?

Testi a confronto

6 Una delle fonti delle immagini allegoriche impiegate da Ariosto in questo brano è stata riconosciuta in uno dei dialoghi latini delle Interco-enales (1440) di Leon Battista Alberti [ vol. 1B, T6, p. 34]. Eccone un breve stralcio in cui Libripeta racconta all’amico Lepido di un suo viaggio nella terra dei sognatori dove «Fra le montagne ci sono valli dove si conservano le cose smarrite» (traduzione di B. Riposati):

«Nel paese dei sogni si ritrova tutto quello che si è perso. In mezzo ai campi ci sono gli antichi im-

peri ricordati dagli storici, le cariche, i benefici, gli amori, le ricchezze e molte altre cose di questo

genere che, una volta smarrite, non tornano mai alla luce […]. Certo! sono enormi vesciche, piene di

adulazione, di menzogne, di flauti e trombe risonanti. Lì vicino si trovano i benefici: sono ami d’oro e

d’argento. Ci sono poi ali di piombo: dicono che sono le cariche pubbliche. Là vicino ci sono manette

e ceppi ardenti: vengono chiamati amori. Nella polvere, poi, ci sono infiniti nomi di cittadini scritti

con lo stiletto. Insomma, a farla breve, nel paese dei sogni trovi di tutto, tranne la pazzia».

(Intercoenales, a cura di F. Bacchelli e L. D’Ascia, Pendragon, Bologna 2003)

Confronta il brano di Alberti con la trasposizione di Ariosto. Quali analogie e quali differenze – riguardo a stile, immagini, particolari e tono – puoi rilevare tra i due testi? A che cosa ritieni possano essere imputabili gli elementi discordanti?

Approfondimento

7 Il critico Giulio Ferroni rileva nelle Satire di Ariosto «il tema della non trasparenza dei comportamenti, del peso delle apparenze e dei modelli sociali, della sfuggente consistenza di ciò che è “dentro”, della indefinibile varietà delle ragioni valide e autentiche: che si intreccia stret-tamente a quello dell’illusione, dell’impulso che conduce gli uomini a voler essere quel che non sono, del dominio inquietante dei “volgar giudici oscuri et atri” (Satira IV, 75)». Ti sembra che tali temi e modi di affrontarli possano essere rintracciati anche nell’Orlando furioso e in particolare nel brano qui proposto? Sviluppa la questione in un breve commento.

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➤ TIPOLOGIA B SCRITTURA DOCUMENTATA

Ambito artistico-letterario

Sviluppa l’argomento o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Dai un titolo al tuo testo e indicane la possibile destinazione editoriale. Non superare le 4-5 colonne di lunghezza.

ARGOMENTO: ARIOSTO E LA RAPPRESENTAZIONE DELL’UMANO

Testo 1 C. Segre, Introduzione a L. Ariosto, L’Orlando furioso, a cura di C. Segre, Mondadori, Milano 19983

«La realtà […] non è mai tradita dal disegno, pur idealizzato, dei personaggi, ai quali l’Ariosto

mantiene la latitudine di tipizzazione esperita dalla precedente letteratura cavalleresca, ma arti-

colando e dialettizzando individualmente i dati del comportamento che in quella venivano trac-

ciati senza sfumature o giustapposti senza giustificazione. I personaggi dell’Ariosto sono coerenti

nella loro complessità: a Orlando e Ruggiero, […] si possono aggiungere la guerriera Bradamante,

che, già così donna nella pietà e nelle passioni d’innamorata, mostra la sua vocazione di madre di

famiglia nella docilità quasi borghese ai genitori; Rodomonte, tremendo e magnifico nell’assalto di

Parigi, ma incapace di penetrare nella psicologia femminile di Doralice e bestialmente ingenuo di

fronte ai casti inganni di Isabella […]. Pari alla varietà di atteggiamenti dei personaggi è la varietà

dei personaggi stessi e delle loro vicende: l’amicizia e la fedeltà dei giovani amici Cloridano e Me-

doro; l’amore forte e sicuro di Fiordiligi e Brandimarte; le traversie boccaccesche di Giocondo […].

Quasi un atlante della natura umana, il Furioso; o piuttosto il culmine della scoperta dell’uomo

(nella sua libertà e nelle sue determinazioni causali), portata a conclusione del pensiero filosofico

e politico del Rinascimento. Si può dire che, immersi in un mondo dalle dimensioni completamente

fantastiche, i personaggi dell’Ariosto, abbiano potuto trovare uno spazio più sgombro, più limpido,

nel quale muoversi, nel quale essere, senza limitazione, se stessi. Perché quasi tutti questi per-

sonaggi esprimono una forte spinta esistenziale […] ma il poema, che è colmo di azioni gloriose

dipinte con mirabile ricchezza, più indugia sull’amore, evocato in tutte le sue gradazioni e nella

gamma delle sue esplicazioni».

Testo 2 L. Ariosto, Orlando furioso, canto IV, ott. 47-49 e canto VII, ott. 16-18: Bradamante e Ruggiero

Bradamante, guerriera cristiana, insegue l’amato Ruggiero, guerriero saraceno (da loro avrà origine la nobile discendenza degli Estensi): questi le è sottratto da Atlante che lo invola sull’ippogrifo sotto gli occhi dolenti dell’amata che rimane sola con Frontino, il cavallo di Ruggiero. Nel secondo brano l’uomo è sedotto da Alcina il cui bell’aspetto è come una trappola fatta di mille lacci: egli già dimentica Bradamante (il mirto di cui si parla nel testo è Astolfo, tramutato in una pianta di mirto).

La bella donna, che sì in alto vede

e con tanto periglio il suo Ruggiero,

resta attonita in modo, che non riede

per lungo spazio al sentimento vero.

Ciò che già inteso avea di Ganimede

ch’al ciel fu assunto dal paterno impero,

dubita assai che non accada a quello,

non men gentil di Ganimede e bello.

Con gli occhi fissi al ciel lo segue quanto

basta il veder; ma poi che si dilegua

sì, che la vista non può correr tanto,

lascia che sempre l’animo lo segua.

Tuttavia con sospir, gemito e piantonon ha, né vuol aver pace né triegua.Poi che Ruggier di vista se le tolse,al buon destrier Frontin gli occhi rivolse:

e si deliberò di non lasciarlo,che fosse in preda a chi venisse prima;ma di condurlo seco, e di ppoi darloal suo signor, ch’anco veder pur stima.[…]

Avea in ogni sua parte un laccio teso,o parli o rida o canti o passo muova:né maraviglia è se Ruggier n’è preso,

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poi che tanto benigna se la truova.Quel che di lei già avea dal mirto inteso,com’è perfida e ria, poco gli giova;ch’inganno o tradimento non gli è avisoche possa star con sì soave riso.

Anzi pur creder vuol che da costeifosse converso Astolfo in su l’arenaper li suoi portamenti ingrati e rei,e sia degno di questa e di più pena:e tutto quel ch’udito avea di lei,stima esser falso; e che vendetta mena,

e mena astio et invidia quel dolente

a lei biasmare, e che del tutto mente.

La bella donna che cotanto amava,

novellamente gli è dal cor partita;

che per incanto Alcina gli lo lava

d’ogni antica amorosa sua ferita;

e di sé sola e del suo amor lo grava,

e in quello essa riman sola sculpita:

sì che scusar il buon Ruggier si deve,

se si mostrò quivi inconstante e lieve.

Testo 3 L. Ariosto, Orlando furioso, canto XIX, ott. 1-2, 11-12: La falsità degli uomini di corte e la devozione di Medoro

Il canto XIX si apre con un’amara considerazione sul fatto che nella buona sorte tutti si mostrano amici e ossequienti ma, quan-do la fortuna muta, gli amici e i cortigiani spariscono: la devozione del saraceno Medoro per il suo signore Dardinello (il «figliuol d’Almonte») e la preghiera che rivolge al cristiano Zerbino che lo sta per uccidere (il moro è stato sorpreso mentre recuperava il corpo del suo signore per dargli sepoltura) è invece un esempio di fedeltà. Così, se i signori potessero vedere il cuore dei loro cortigiani, forse i più onorati non sarebbero quelli che nella corte sono grandi e opprimono gli altri («e gli altri preme»: ottava 2).

Alcun non può saper da chi sia amato,

quando felice in su la ruota siede;

però ch’ha i veri e i finti amici a lato,

che mostran tutti una medesma fede.

Se poi si cangia in tristo il lieto stato,

volta la turba adulatrice il piede;

e quel che di cor ama riman forte,

et ama il suo signor dopo la morte.

Se, come il viso, si mostrasse il core,

tal ne la corte è grande e gli altri preme

e tal è in poca grazia al suo signore,

che la lor sorte muteriano insieme.

Questo umil diverria tosto il maggiore:

staria quel grande infra le turbe estreme.

Ma torniamo a Medor fedele e grato,

che ’n vita e in morte ha il suo signore

[amato.

[…]

Il giovinetto si rivolse a’ prieghi,

e disse: – Cavallier, per lo tuo Dio,

non esser sì crudel, che tu mi nieghi

ch’io sepelisca il corpo del re mio.

Non vo’ ch’altra pietà per me ti pieghi,

né pensi che di vita abbi disio:

ho tanta di mia vita, e non più, cura,

quanta ch’al mio signor dia sepultura.

E se pur pascer vòi fiere et augelli,

che ’n te il furor sia del teban Creonte,

fa lor convito di miei membri, e quelli

sepellir lascia del figliuol d’Almonte. –

Così dicea Medor con modi belli,

e con parole atte a voltare un monte;

e sì commosso già Zerbino avea,

che d’amor tutto e di pietade ardea.

Testo 4 L. Ariosto, Orlando Furioso, canto XXVIII, ott. 87, 89-90, 98-100; XXIX, ott. 10-11: Tormento e volubilità di Rodomonte; fedeltà di Isabella

Rodomonte è tradito dalla sua promessa sposa Doralice e il pensiero lo tormenta (87-90), finché non incontra Isabella che trasporta il cadavere dell’amato Zerbino per seppellirlo e quindi chiudersi in convento. Rodomonte tenta di distoglierla dal suo proposito e la corteggia (98-100). Nel canto XXIX Isabella, non trovando altro scampo preferirà la morte piuttosto che tradire l’amore per Zerbino.

[…]

Naviga il giorno e la notte seguente

Rodomonte col cor d’affanni grave;

e non si può l’ingiuria tor di mente,

che da la donna e dal suo re avuto have;

e la pena e il dolor medesmo sente,

che sentiva a cavallo, ancor in nave:

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né spegner può, per star ne l’acqua, il fuoco,

né può stato mutar, per mutar loco.

Come l’infermo, che dirotto e stanco

di febbre ardente, va cangiando lato;

o sia su l’uno o sia su l’altro fianco

spera aver, se si volge, miglior stato;

né sul destro riposa né sul manco,

e per tutto ugualmente è travagliato:

così il pagano al male ond’era infermo

mal trova in terra e male in acqua schermo.

[…]

E ben gli par dignissima Issabella,

in cui locar debba il suo amor secondo,

e spenger totalmente il primo, a modo

che da l’asse si trae chiodo con chiodo.

Incontra se le fece, e col più molle

parlar che seppe, e col miglior sembiante,

di sua condizione domandolle:

et ella ogni pensier gli spiegò inante;

come era per lasciare il mondo folle,

e farsi amica a Dio con opre sante.

Ride il pagano altier ch’in Dio non crede,

d’ogni legge nimico e d’ogni fede.

E chiama intenzïone erronea e lieve,

e dice che per certo ella troppo erra;

né men biasmar che l’avaro si deve,

che ’l suo ricco tesor metta sotterra:

alcuno util per sé non ne riceve,

e da l’uso degli altri uomini il serra.

Chiuder leon si denno, orsi e serpenti,

e non le cose belle et innocenti.

[…]

E così di disporre a poco a poco

a’ suoi piaceri Issabella credea.

Ella, che in sì solingo e strano loco

qual topo in piede al gatto si vedea,

vorria trovarsi inanzi in mezzo il fuoco;

e seco tuttavolta rivolgea

s’alcun partito, alcuna via fosse atta

a trarla quindi immaculata e intatta.

Fa nell’animo suo proponimento

di darsi con sua man prima la morte,

che ’l barbaro crudel n’abbia il suo intento,

e che le sia cagion d’errar sì forte

contra quel cavallier ch’in braccio spento

l’avea crudele e dispietata sorte;

a cui fatto have col pensier devoto

de la sua castità perpetuo voto.

Testo 5 L. Caretti, Ariosto e Tasso, Einaudi, Torino 19933

Il filologo e critico Lanfranco Caretti, in questo celebre saggio (edito per la prima volta nel 1961 e più volte ristampato e aggior-nato), mette a confronto le figure dei due massimi poeti del Cinquecento e rileva nell’uno e nell’altro i segni delle concezioni dell’uomo e del mondo che caratterizzarono le diverse, e pur prossime età in cui vissero.

«Ariosto non è affatto indifferente alla propria materia, ma partecipa ad essa con tutto il suo impe-

gno. Anzi, è egli stesso che la suscita, la foggia e la definisce, trasformando così il poema cavalleresco

in romanzo contemporaneo, nel romanzo cioè delle passioni e delle aspirazioni degli uomini del suo

tempo […]. Proprio questa apertura verso il mondo, che caratterizza l’atteggiamento fondamentale

dello spirito ariostesco, induceva il poeta a rivolgersi con interesse egualmente vivo a ogni manife-

stazione umana, a ogni sentimento, senza tuttavia, risolversi in nessuno di essi in particolare. […]

A un’arte siffatta sembra ozioso rimproverare l’assenza di personaggi di forte rilievo e di complessa

psicologia, così come di un sentimento dominante. Non è difficile infatti rispondere che l’Ariosto non

mirava a figure autonome, alla creazione di caratteri veri e propri, né in senso obiettivamente reali-

stico né come riflesso lirico e intimista della propria autobiografia. Egli intendeva piuttosto creare

figure che, di volta in volta, riflettessero soltanto un aspetto tipico della natura umana e non già che

ne esaurissero l’infinità varietà […]».

Testo 6 G. Ferroni, Ludovico Ariosto, in Storia della letteratura italiana, diretta da E. Malato, Il Cinquecento, Salerno Editrice, Roma 1998

«Si può leggere il Furioso come un vero e proprio poema “antropologico”, una libera e fantastica

indagine poetica sulla condizione dell’uomo nel suo essere sociale, una interrogazione immaginosa

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dei fondamenti e delle contraddizioni su cui si costruivano le forme della vita nelle corti. […] Come

in altri vicini autori ed esperienze della cultura primo-cinquecentesca – e nello stesso Castiglione –,

Ariosto vede gravare su ogni forma di comportamento, su ogni mossa del pensiero e del desiderio,

la minaccia dell’“errore” […]. Il rilievo dell’“errore” dà un immediato significato antropologico allo

stesso “errare” dei cavalieri, alle varie tappe dell’inchiesta e della ventura, a tutto il loro cercare».

VERIFICHE PER LA CLASSEQuesiti a risposta chiusa • Esercizi di completamento • Quesiti a risposta breve • Trattazione sintetica

QUESITI A RISPOSTA CHIUSA

1 Il più notevole elemento di novità introdotto dall’Orlando innamorato di Boiardo è:

a. la modernizzazione della materia cavalleresca, resa fruibile per il pubblico delle nuove corti.b. l’introduzione dell’elemento amoroso all’interno dell’immaginario epico-cavalleresco.c. la fusione del ciclo bretone con quello carolingio.

2 La lingua dell’Innamorato è:

a. il toscano modellato su Petrarca imposto da Bembo nelle Prose della volgar lingua.b. una commistione di fiorentino aulico e termini dialettali ferraresi.c. una koiné padana ripulita dagli elementi dialettali.

3 Il Baldus di Teofilo Folengo è:

a. un poema epico scritto in latino classico.b. un poema epico in esametri latini, scritto in latino cosiddetto “maccheronico”.c. un poema parodico scritto in dialetto padovano.

4 L’entrelacement, tipico dei romanzi cavallereschi e ampiamente usato da Ariosto, consiste:

a. nella tecnica di variazione continua del punto di vista narrativo.b. nell’interruzione del filo della narrazione dovuta all’introduzione di continue digressioni.c. nella focalizzazione zero, in cui il narratore è onnisciente.

5 Nelle Rime Ariosto:

a. guarda a Petrarca come modello autorevole, ma da subito cerca una sua originalità.b. aderisce ai dettami del petrarchismo sulla scia di Bembo.c. affronta il tema amoroso alternando il registro aulico con quello popolaresco.

6 L’originalità delle commedie ariostesche sta:

a. nel traghettare la commedia latina verso i canovacci della commedia dell’arte.b. nella rielaborazione sostanziale dei modelli latini.c. nel tentativo di scrivere teatro secondo i canoni antichi ma con la lingua dei contemporanei.

7 La trama del Furioso:

a. segue contemporaneamente tre filoni narrativi configurandosi come una struttura aperta.b. segue linearmente le avventure di Orlando dalla pazzia al rinsavimento.c. alterna il racconto delle peripezie di Orlando e di quelle di Astolfo.

8 I cosiddetti Cinque Canti:

a. rappresentano il primo canovaccio dell’Orlando furioso.b. vennero composti da Ariosto per essere inseriti nel Furioso, ma l’autore non li aggiunse mai al poema.c. sono opera del Boiardo e rappresentano il trait d’union tra l’Innamorato e il Furioso.

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9 La trama dell’Orlando innamorato di Boiardo:

a. comincia nel punto da cui termina la narrazione del Furioso.b. si conclude con l’innamoramento di Orlando.c. si chiude con Parigi nuovamente assediata dai mori.

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false; quindi correggi quelle errate.

1 Le fonti del romanzo cavalleresco sono da trovarsi soprattutto nell’epica omerica. V F

2 L’Orlando furioso è, tra le altre cose, una “giunta” all’Innamorato di Boiardo. V F

3 Il carattere più evidente del Morgante di Pulci è l’equilibrio. V F

4 Il tema rinascimentale della “fortuna” irrompe nella tradizione cavalleresca grazie al poema di Boiardo. V F

5 Il metro delle Satire di Ariosto è la terzina dantesca. V F

6 Ariosto sceglie l’endecasillabo sdrucciolo come metro delle sue commedie per rievocare il trimetro giambico della commedia classica. V F

7 L’Obizzeide può essere considerato il primo tentativo di Ariosto di dare vita a un poema cavalleresco. V F

8 I personaggi del Furioso hanno una personalità complessa e sfaccettata. V F

9 Il Furioso non ebbe successo immediato e la sua canonizzazione è relativamente recente. V F

10 La visione ariostesca del mondo è caratterizzata dall’ironia. V F

QUESITI A RISPOSTA BREVE

Rispondi alle seguenti domande, dedicando a ciascuna 5-7 righe al massimo.

1 Perché il pubblico delle corti, soprattutto quelle padane, è particolarmente adatto a recepire la fioritura del poema narrativo cavalleresco in volgare? 2 Che cosa si intende per Cantari? Quale rapporto c’è tra la tradizione dei Cantari e la grande stagione dell’ottava? 3 Quali sono le fonti del Morgante? Quali le caratteristiche portanti del poema? 4 Descrivi in breve la trama dell’Innamorato di Boiardo, spiegando come si instaura nella tradizione precedente e come si lega con il poema ariostesco. 5 Che cosa si intende per latino “maccheronico”? 6 In che modo l’Ariosto delle Satire si confronta con il modello oraziano? Quali altre fonti utilizza il poeta? In che senso sembra ricercare un’aurea

mediocritas? 7 Quali sono le caratteristiche principali della lingua e del lessico di Ariosto nel Furioso? 8 Perché il Furioso viene definito un’opera “aperta”? 9 Spiega, portando degli esempi, il valore fondamentale della digressione nella struttura del Furioso. 10 Il Furioso venne pubblicato in tre edizioni e sottoposto dall’autore a continui rimaneggiamenti. Ripercorrine le tappe.

TRATTAZIONE SINTETICA

Svolgi i seguenti spunti di scrittura, dedicando a ciascuno 15-20 righe.

1 Ariosto è il punto di arrivo di una tradizione epica e cavalleresca europea che risale all’Alto Medioevo, fondata sul recupero dell’epica classica e sull’esaltazione dei valori cortesi. Seguine il percorso, evidenziando le variazioni e le sfumature di ogni ricontestualizzazione, segnalando gli elementi di novità, tematici e stilistici, propriamente ariosteschi.

2 Ricostruisci il rapporto che Ariosto ebbe, in quanto intellettuale di corte, con il potere, la committenza, l’ambiente cortigiano, prestando particolare attenzione alle Satire.

3 Con Ariosto l’attualità irrompe in modo evidente all’interno del tessuto epico ereditato dalla tradizione. Come si poneva il poeta di fronte al presente? Di quali “rivoluzioni” dell’epoca si trova traccia nel poema?

4 Ariosto porta l’ottava a livelli di vero e proprio virtuosismo stilistico. Analizzane le qualità principali. In che senso viene definito poeta dell’“armonia”? 5 Italo Calvino definisce il Furioso un poema che «non inizia e non finisce». Commenta quest’affermazione facendo rifermento alla struttura e ai temi

del testo. Si può dire che il Furioso non è solo un poema? 6 Analizza la presenza dell’autore, la sua voce all’interno del suo poema. Come si pone Ariosto di fronte alla furia? 7 Il “poema-nave” di Ariosto viaggia nello spazio e nel tempo. Prova a ricostruire le complesse coordinate spazio-temporali della narrazione riflettendo

sul significato ariostesco del verbo errare. 8 Nel Furioso Ariosto tenta di abbracciare tutto il cosmo. Prova a spiegare, portando alcuni esempi, il carattere enciclopedico del poema. In che senso

Ariosto sembra sostituire i nessi logici con i meccanismi associativi propri del sogno? 9 Il tema della “ricerca” era canonico nell’epica cavalleresca medioevale. Prova a esplorare i limiti a cui Ariosto porta questo concetto. 10 Dante è sicuramente tra i modelli di Ariosto. Metti a confronto i due “viaggi”, della Commedia e del Furioso, in particolare l’ascesa di Astolfo verso

la luna e quella di Dante verso l’empireo.

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Sezione 10 Tasso e l’«autunno del Rinascimento»

VERSO L’ESAME

ANALISI DI UN TESTO IN POESIA • SCRITTURA DOCUMENTATA

➤ TIPOLOGIA A ANALISI DI UN TESTO POETICO

T. Tasso, La presentazione di Clorinda, Gerusalemme Liberata, canto II, 38-41. Clorinda, guerriera pagana, che era già ap-parsa fuggevolmente in precedenza a Tancredi, viene presentata con maggiori dettagli nel II canto della Gerusalemme, mentre accorre in aiuto dei cristiani Olindo e Sofronia e li salva dal rogo.

Mentre sono in tal rischio, ecco un guerriero

(ché tal parea) d’alta sembianza e degna;

e mostra, d’arme e d’abito straniero,

che di lontan peregrinando vegna.

La tigre, che su l’elmo ha per cimiero,

tutti gli occhi a sé trae, famosa insegna.

Insegna usata da Clorinda in guerra;

onde la credon lei, né ’l creder erra.

Costei gl’ingegni feminili e gli usi

tutti sprezzò sin da l’età piú acerba:

a i lavori d’Aracne, a l’ago, a i fusi

inchinar non degnò la man superba.

Fuggí gli abiti molli e i lochi chiusi,

ché ne’ campi onestate anco si serba;

armò d’orgoglio il volto, e si compiacque

rigido farlo, e pur rigido piacque.

Tenera ancor con pargoletta destra

strinse e lentò d’un corridore il morso;

trattò l’asta e la spada, ed in palestra

indurò i membri ed allenogli al corso.

Poscia o per via montana o per silvestra

l’orme seguí di fer leone e d’orso;

seguí le guerre, e ’n esse e fra le selve

fèra a gli uomini parve, uomo a le belve.

(T. Tasso, Gerusalemme Liberata, a cura di L. Caretti, Einaudi, Torino 1993)

[38] 1 rischio: Olindo e Sofronia rischiano di essere bruciati in un rogo.4 peregrinando: errando.

[39] 3 lavori d’Aracne: sono i lavori di tes-situra. Aracne era un’abilissima tessitrice

che, secondo la mitologia, sfidò Minerva e dopo esserne stata sconfitta venne trasfor-mata in ragno.6 ché … serba: poiché anche nei campi militari si può conservare l’onestà.

[40] 2 corridore: cavallo.6 di fer leone: di feroce leone.8 fèra … belve: Clorinda appare una bel-va feroce agli uomini e un uomo feroce alle belve.

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Elabora in un testo unitario il commento di questi versi, utilizzando come guida per il tuo lavoro le domande di comprensione, analisi e interpretazione, approfondimento.

Comprensione

1 Fai una parafrasi delle ottave.

Analisi e interpretazione

2 Illustra le caratteristiche del personaggio.

3 Fin dai primi versi Clorinda è rappresentata come un personaggio che si presta ad ambiguità ed è fuori dal comune. Rintraccia nel testo il punto dove queste caratteristiche sono presenti e spiegale.

4 A quale eroina dell’epica classica si fa riferimento nella descrizione di Clorinda? Quali altri personaggi della mitologia possono essere ricondotti a lei?

5 Quali attività Clorinda ha rifiutato di praticare nella sua infanzia e giovinezza? A vantaggio di quali altre?

6 Clorinda è una guerriera caratterizzata anche da fascino femminile? Ti sembra che l’autore nella descrizione subisca questo fascino?

Approfondimento

7 La donna guerriera, la lottatrice, la ragazza con la pistola hanno da sempre esercitato un grande fascino sul pubblico. Fai degli esempi di “amazzoni” contemporanee del mondo del cinema e dei fumetti e indaga sui motivi che spingono ad apprezzare la loro carica trasgressiva e la loro eccezionalità.

➤ TIPOLOGIA B SCRITTURA DOCUMENTATA

Ambito artistico-letterarioSviluppa l’argomento o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Dai un titolo al tuo testo e indicane la possibile destinazione editoriale. Non superare le 4-5 colonne di lunghezza.

ARGOMENTO: LA MERAVIGLIA E IL VEROSIMILE NELLA GERUSALEMME LIBERATA

Testo 1 T. Tasso, Discorsi sull’arte poetica, Discorso primo, in Discorsi dell’arte poetica e del poema eroico, a cura di L. Poma, Laterza, Bari 1964

Tasso spiega che la verità, o almeno il verisimile, è sostanza stessa della poesia (per questo il suo argomento deve essere trat-to dalla storia), ma che il poeta non può prescindere dal meraviglioso, che è ciò che conferisce diletto alla lettura: attraverso il ricorso al meraviglioso proprio della religione cristiana (miracoli, apparizioni, demoni e angeli…) si possono conciliare queste due esigenze della scrittura poetica.

Deve dunque l’argomento del poema epico esser tolto da l’istorie; ma l’istoria, o è di religione tenuta

falsa da noi, o di religione che vera crediamo, quale è oggi la cristiana, e vera fu già l’ebrea. Né giudi-

co che l’azioni de’ gentili1 ci porgono comodo soggetto, onde perfetto poema epico se ne formi; perché

in que’ tali poemi, o vogliamo ricorrer talora a le deità che da’ gentili erano adorate, o non vogliamo

ricorrervi: se non vi ricorriamo mai, viene a mancarvi il meraviglioso; se ci ricorriamo, resta privo

il poema in quella parte del verisimile. Poco dilettevole è veramente quel poema, che non ha seco

quelle maraviglie, che tanto muovono non l’animo de gl’ignoranti, ma de’ giudiziosi ancora: parlo di

quelli anelli, di quelli scudi incantati, di que’ costieri volanti, di quelle navi converse2 in ninfe, di

quelle larve che fra’ combattenti si tramettono3 e d’altre cose sì fatte; delle quali, quasi di sapori deve

giudizioso scrittore condire il suo poema […]. Ma non potendo questi miracoli esser operati da virtù

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naturale, è necessario ch’a la virtù sopranaturale ci rivolgiamo; e rivolgendoci a le deità de’ gentili,

subito cessa il verisimile […]. [Ma] il verisimile non è una di quelle condizioni richieste nella poesia

a maggior sua bellezza ed ornamento; ma è propria ed intrinseca dell’essenza sua […]. Ma bench’io

stringa il poeta epico ad un obligo perpetuo di servare il verisimile4, non però escludo da lui l’altra

parte, cioè il meraviglioso. […]

Attribuisca il poeta alcune operazioni, che di gran lunga eccedono il poter degli uomini, a Dio, a gli

Angioli suoi, a’ demoni, o a coloro a’ quali da Dio o da’ demoni è concessa questa podestà, quali sono

i santi, i maghi, e le fate. Queste opere, se per se stesse saranno considerate, meravigliose parranno;

anzi miracoli sono chiamati nel comune uso di parlare. Queste medesime, se si avrà riguardo a la virtù

ed a la potenza di chi l’ha operate, verisimili saranno giudicate, perché avendo gli uomini nostri bevuta

nelle fasce insieme co’l latte questa opinione, ed essendo poi in loro confermata da i maestri della no-

stra santa Fede; cioè che Dio, ed i suoi ministri, e i demoni, ed i maghi, permettendolo lui, possino far

cose sovra le forze della natura meravigliose […] non parrà loro fuori del verisimile quello, che credono

non solo esser possibile, ma stimano spesse fiate5 esser avvenuto, e poter di novo molte volte avvenire.

1 gentili: pagani.2 converse: trasformate.3 larve … tramettono: fantasmi o sem-bianze di divinità che intervengono diret-

tamente nelle vicende narrate.4 stringa … verisimile: costringa, o piut-tosto consigli che il poeta epico conservi sempre la verosimiglianza come un obbligo

nelle sue composizioni.5 spesse fiate: assai spesso.

Testo 2 L. Caretti, Ariosto e Tasso, Einaudi, Torino 19933

Il filologo e critico Caretti nel suo celebre saggio (edito per la prima volta nel 1961 e più volte ristampato e aggiornato) parla a proposito di Tasso di «bifrontismo spirituale», cioè di un atteggiamento oscillante tra l’ideale umanistico-rinascimentale, che esalta l’uomo, la sua fantasia e le sue possibilità (pienamente realizzato in Ariosto) e quello controriformista.

Il bifrontismo spirituale del Tasso trova solo nella Liberata la sua vera forma congeniale, la sua più

compiuta sanzione artistica. Gli ameni inganni e le altre disposizioni vivono infatti nel poema in una

luce comune di vibrante trepidazione. Tanto sui personaggi che sui luoghi, innestati di scorcio e con

funzione partecipante, si stende l’ombra d’una minaccia, di una segreta insidia. È la tipica suspense

tassiana. Non quella romanzesca, estrosa e inventiva dell’Ariosto, quel sublime espediente narrativo

calcolato come un congegno perfetto (con le sue argute e innocenti assunzioni del sortilegio, ma una

suspense che è inerente alla coscienza stessa del poeta, proiezione letteraria del suo sgomento di fronte

alla realtà. […] È insomma un continuo oscillare tra verità e apparenze, in un mondo non rappresentato

nitidamente con distacco e sicurezza, ma filtrato attraverso una sensibilità ansiosa e irrequieta. Anche

il “magismo”, realizzato con l’innesto del meraviglioso entro la storia, corrisponde del resto a questo

senso costante del mistero che grava sulla vita, e la fa penosa e dolente, penetrando nel cuore degli

uomini, agitandoli oscuramente, popolando la natura di strane voci e di malefici incanti.

Testo 3 T. Tasso, Gerusalemme liberata, canto I, ott. 11-14

Al principio del poema, Dio invia l’arcangelo Gabriele a esortare Goffredo di Buglione a riprendere la guerra per liberare il sepolcro di Cristo.

Ma poi ch’ebbe di questi e d’altri cori

scorti gl’intimi sensi il Re del mondo,

chiama a sé da gli angelici splendori

Gabriel, che ne’ primi era secondo.

È tra Dio questi e l’anime migliori

interprete fedel, nunzio giocondo:

giù i decreti del Ciel porta, ed al Cielo

riporta de’ mortali i preghi e ’l zelo.

Disse al suo nunzio Dio: – Goffredo trova,

e in mio nome di’ lui: perché si cessa?

perché la guerra omai non si rinova

a liberar Gierusalemme oppressa?

Chiami i duci a consiglio, e i tardi mova

a l’alta impresa: ei capitan fia d’essa.

Io qui l’eleggo; e ’l faran gli altri in terra,

già suoi compagni, or suoi ministri in guerra. –

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Così parlogli, e Gabriel s’accinse,

veloce ad eseguir l’imposte cose:

la sua forma invisibil d’aria cinse

ed al senso mortal la sottopose.

Umane membra, aspetto uman si finse,

ma di celeste maestà il compose;

tra giovene e fanciullo età confine

prese, ed ornò di raggi il biondo crine.

Ali bianche vestì, c’han d’or le cime,

infaticabilmente agili e preste.

Fende i venti e le nubi, e va sublime

sovra la terra e sovra il mar con queste. […]

Testo 4 T. Tasso, Gerusalemme liberata, canto II, ott. 7-9Gli infedeli su consiglio del mago Ismeno trafugano un’immagine della Madonna e la pongono in una moschea (meschita), ma l’icona miracolosamente scompare.

Sì disse, e ’l persuase; e impaziente

il re se ’n corse a la magion di Dio,

e sforzò i sacerdoti, e irreverente

il casto simulacro indi rapio;

e portollo a quel tempio ove sovente

s’irrita il Ciel co ’l folle culto e rio.

Nel profan loco e su la sacra imago

susurrò poi le sue bestemmie il mago.

Ma come apparse in ciel l’alba novella,

quel cui l’immondo tempio in guardia è dato

non rivide l’imagine dov’ella

fu posta, e invan cerconne in altro lato.

tosto n’avisa il re, ch’a la novella

di lui si mostra feramente irato,

ed imagina ben ch’alcun fedele

abbia fatto quel furto, e che se ’l cele.

O fu di man fedele opra furtiva,

o pur il Ciel qui sua potenza adopra,

che di Colei ch’è sua regina e diva

sdegna che loco vil l’imagin copra:

ch’incerta fama è ancora se ciò s’ascriva

ad arte umana od a mirabil opra;

ben è pietà che, la pietade e ’l zelo

uman cedendo, autor se ’n creda il Cielo.

Testo 5 T. Tasso, Gerusalemme liberata, canto IV, ott. 1, 4-5

Per creare scompiglio nel campo dei crociati Plutone (personificazione del demonio) manda sulla terra i suoi demoni.

Mentre son questi a le bell’opre intenti,

perché debbiano tosto in uso porse,

il gran nemico de l’umane genti

contra i cristiani i lividi occhi torse;

e scorgendogli omai lieti e contenti,

ambo le labra per furor si morse,

e qual tauro ferito il suo dolore

versò mugghiando e sospirando fuore.

[…]

Tosto gli dèi d’Abisso in varie torme

concorron d’ogn’intorno a l’alte porte.

Oh come strane, oh come orribil forme!

quant’è ne gli occhi lor terrore e morte!

Stampano alcuni il suol di ferine orme,

e ’n fronte umana han chiome d’angui attorte,

e lor s’aggira dietro immensa coda

che quasi sferza si ripiega e snoda.

Qui mille immonde Arpie vedresti e mille

Centauri e Sfingi e pallide Gorgoni,

molte e molte latrar voraci Scille,

e fischiar Idre e sibilar Pitoni,

e vomitar Chimere atre faville,

e Polifemi orrendi e Gerioni;

e in novi mostri, e non più intesi o visti,

diversi aspetti in un confusi e misti.

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Testo 6 T. Tasso, Gerusalemme liberata, canto VII, ott. 114-16Mentre Raimondo di Tolosa sta sconfiggendo in singolar tenzone Argante, una tempesta tremenda – causata da esseri infernali – costringe i cristiani a rientrare all’accampamento.

[…] Ma la schiera infernal, ch’in quel conflitto,

la tirannide sua cader vedea,

sendole ciò permesso, in un momento

l’aria in nube ristrinse e mosse il vento.

Da gli occhi de’ mortali un negro velo

rapisce il giorno e ’l sole, e par ch’avampi

negro via più ch’orror d’inferno il cielo,

così fiammeggia infra baleni e lampi.

Fremono i tuoni, e pioggia accolta in gelo

si versa, e i paschi abbatte e inonda i campi.

Schianta i rami il gran turbo, e par che crolli

non pure le quercie ma le rocche e i colli.

L’acqua in un tempo, il vento e la tempesta

ne gli occhi a i Franchi impetuosa fère,

e l’improvisa violenza arresta

con un terror quasi fatal le schiere. […]

Testo 7 T. Tasso, Gerusalemme liberata, canto XII, ott. 65-66, 68Clorinda, in punto di morte, chiede perdono e perdona a sua volta il suo uccisore Tancredi, e gli chiede il battesimo.

Segue egli la vittoria, e la trafitta

vergine minacciando incalza e preme.

Ella, mentre cadea, la voce afflitta

movendo, disse le parole estreme;

parole ch’a lei novo un spirto ditta,

spirto di fé, di carità, di speme:

virtù ch’or Dio le infonde, e se rubella

in vita fu, la vuole in morte ancella.

– Amico, hai vinto: io ti perdon… perdona

tu ancora, al corpo no, che nulla pave,

a l’alma sì; deh! per lei prega, e dona

battesmo a me ch’ogni mia colpa lave. –

In queste voci languide risuona

un no so che di flebile e soave

ch’al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,

e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza.

Tancredi scopre essere l’amata Clorinda il guerriero che ha trafitto: il dolore quasi l’uccide.

[…]

Non morì già, ché sue virtuti accolse

tutte in quel punto e in guardia al cor le mise,

e premendo il suo affanno a dar si volse

vita con l’acqua a chi co ’l ferro uccise.

Mentre egli il suon de’ sacri detti sciolse,

colei di gioia trasmutossi, e rise;

e in atto di morir lieto e vivace,

dir parea: «S’apre il cielo; io vado in pace.»

Testo 8 G.M. Anselmi, Gerusalemme Liberata, in Letteratura Italiana, diretta da A. Asor Rosa, Le opere, vol. II, Einaudi, Torino 1993

Com’è noto Tasso, all’altezza della Liberata […] ritiene ancora essenziale, per una migliore funziona-

lità del docere, che il delectare1 sia adeguatamente presente anche nel poema eroico: di qui la scelta

di un “meraviglioso” di ispirazione cristiana, […] che rivisita i luoghi dell’immaginario cristiano del

magismo, dei paesaggi edenici deputati all’Amore (il regno di Armida), delle metamorfosi della natu-

ra e del cuore degli uomini: vi è infatti, in Tasso, un meraviglioso inusitato, un meraviglioso del cuore

e dei sentimenti, psicologico potremmo dire. È “meravigliosa” la conversione di Armida ma non meno

“meravigliosi” sono l’insanabile, disperato, cupo dolore di Tancredi per l’uccisione dell’amata e la

stupefacente resa amorosa di Rinaldo, anche dopo la sua liberazione dall’incantesimo. Vi è insomma

una gradazione del “meraviglioso” e del “fantastico” che dagli incommensurabili scenari cosmici e

inferi si dispiega verticalmente fino alle agostiniane, insondabili profondità del cuore dell’uomo.

1 docere … delectare: sono termini già propri della retorica latina classica e indicano rispettivamente la funzione di insegnamento (docère = insegnare) che l’opera letteraria può avere, specialmente attraverso il diletto, e il piacere (delectare = divertire) che può procurare.

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Testo 9 T. Tasso, Lettera del Tasso a Silvio AntonianoLeggi la Lettera del Tasso a Silvio Antoniano, di cui riportiamo qui uno stralcio:

Sappia ancora, che ne gli incanti e ne le meraviglie io dico non molte cose le quali non mi siano

somministrate da l’istorie, o almeno non me ne sia porto alcun seme, che sparso poi ne’ campi de la

poesia produce quelli alberi che ad alcuni paiono mostruosi: perché sono cose intieramente traspor-

tate da l’istoria; […]. Ma s’egli sia lecito al poeta l’aggrandir questo fatto, e s’importi a la religione che

si variino per maggior vaghezza alcune circostanze, a Vostra Signoria ne rimetto il giudicio. Questo

solo a me pare di poter dire senza arroganza, ch’essendo l’istoria di questa guerra molto piena di

miracoli, non conveniva che men mirabile fosse il poema.

VERIFICHE PER LA CLASSEQuesiti a risposta chiusa • Esercizi di completamento • Quesiti a risposta breve • Trattazione sintetica

QUESITI A RISPOSTA CHIUSA

1 Nel dibattito sul poema eroico il principale difetto imputato ad Ariosto era:

a. l’eccessivo appiattimento sui modelli tradizionali.b. la scelta del tema amoroso come centrale della vicenda.c. l’incongruenza con il principio aristotelico dell’unità dell’azione.

2 Nella teoria estetica manierista l’arte:

a. deve tendere il più possibile all’oggettività.b. è “nipote della natura” perché ogni rappresentazione è mediata da un’altra rappresentazione precedente.c. è “figlia della natura” perché la rappresentazione discende direttamente dalla realtà.

3 Con il Manierismo si afferma il primato, destinato a durare molto tempo:

a. delle arti figurative.b. della letteratura.c. della trattatistica scientifica.

4 Dal punto di vista stilistico la lingua poetica di Tasso si contraddistingue per:

a. la predilezione per le forme spezzate, le asimmetrie, la brevità espressiva.b. il costante ricorso al labor limae, che rende particolarmente levigato il testo.c. l’andamento melodico e armonioso, caratterizzato dal gusto per le simmetrie formali.

5 La sinestesia, figura retorica frequentemente utilizzata da Tasso, consiste:

a. nell’esprimere il tutto tramite una sua parte.b. in una forma particolarmente complessa di allegoria.c. in associazioni di parole che fanno riferimento a sfere sensoriali diverse.

6 Nei Discorsi dell’arte poetica Tasso teorizza:

a. un equilibrio tra la varietà tipica dei poemi cavallereschi e l’unità propria dei poemi epici.b. la superiorità della tragedia sull’epica.c. l’irriducibilità della molteplicità del reale all’unità aristotelica.

7 La produzione lirica del Tasso:

a. fu sostanzialmente marginale all’interno del corpus dell’autore.b. è sostanzialmente tripartita tra argomento amoroso, encomiastico e sacro.c. fu organizzata dall’autore in un canzoniere sul modello petrarchesco.

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8 Nell’incipit della Liberata Tasso intende:

a. marcare la propria originalità rispetto alla tradizione.b. rendere omaggio, con l’utilizzo della protasi, al poema cavalleresco medioevale.c. riprendere l’incipit dell’Eneide e uniformarsi al poema epico classico.

9 Nell’episodio della morte di Clorinda prevalgono:

a. il registro ambiguo dell’ironia.b. i toni sensuali e patetici.c. il tono eroico.

10 Nella Liberata l’elemento “meraviglioso”:

a. non viene escluso ma in qualche modo “cristianizzato”.b. viene privilegiato secondo i dettami del delectare oraziano.c. viene del tutto rimosso, per non depotenziare la verisimiglianza storica del poema.

Indica quali delle seguenti affermazioni sono vere o false; quindi correggi quelle errate

1 Tra le conseguenze del Concilio di Trento vi fu l’istituzione dell’Indice dei libri proibiti. V F

2 Il primo abbozzo del poema la Gerusalemme liberata è l’opera giovanile di Tasso intitolata Amadigi. V F

3 Il dibattito letterario del secondo Cinquecento è fortemente influenzato dalla riscoperta della Poetica di Aristotele. V F

4 L’Italia liberata dai Goti di Trissino risente fortemente del modello virgiliano. V F

5 Il tema storico è stato scelto da Tasso per seguire i precetti aristotelici di verosimiglianza e per assecondare le esigenze pedagogiche della Chiesa post-tridentina. V F

6 La Gerusalemme conquistata è, di fatto, un libro autonomo e profondamente diverso dalla Liberata. V F

7 Sono tre le edizione della Gerusalemme liberata autorizzate da Tasso. V F

8 Nel poema di Tasso i personaggi non hanno una reale personalità psicologica e sono utilizzati prevalentemente come simbolo delle virtù cristiane. V F

QUESITI A RISPOSTA BREVE

Rispondi alle seguenti domande, dedicando a ciascuna 5-7 righe al massimo.

1 Perché Galilei, nella sua lettura della Liberata, la definisce un’opera “ellittica”? Cosa si intende con l’espressione “opera-edificio”, ricorrente nella trattatistica teorica del Cinquecento?

2 Che cosa rimane del modello petrarchesco nelle Rime del Tasso?3 Quali sono i modelli dell’Aminta? Perché si può dire che celebra la vita di corte, ma in modo ambiguo?4 Il poema tassiano è denso di figure femminili. Tratteggia brevemente le eroine protagoniste, facendo riferimento ai valori che incarnano.5 Che cosa significa la felice formula di Lanfranco Caretti «bifrontismo spirituale», con cui il critico definisce l’opera di Tasso?6 L’elemento “fantastico” di Ariosto in Tasso cede il posto al “magico”, in una prospettiva completamente cambiata. Spiega le differenze tra i due autori

nell’approccio al sovrannaturale.7 Come riesce Tasso, nella Liberata, a conciliare le forze opposte e irriducibili di Amore e Morte?8 Sia il Furioso sia la Liberata sono state definite opere “aperte”, certo in modo assai diverso. Come?9 Perché, secondo te, Tasso fu così centrale nella formazione poetica di Giacomo Leopardi?

TRATTAZIONE SINTETICA

Svolgi i seguenti spunti di scrittura, dedicando a ciascuno 15-20 righe.

1 Nella seconda metà del Cinquecento si verificò una decisa reazione al gusto estetico classicista dominante nell’Umanesimo maturo e nel Rinasci-mento. Prova a tratteggiare una mappa di questi cambiamenti, soffermandoti sulle condizioni storico-politiche che li hanno favoriti.

2 Fai il punto sulla Poetica di Aristotele soffermandoti ad analizzare: • le idee aristoteliche intorno alla tragedia; • il legame tra questo testo e l’esigenza di codificazione dei generi letterari tipica del secondo Cinquecento; • i principali commenti cinquecenteschi. 3 Il Concilio di Trento e i suoi esiti ebbero conseguenze incisive e durature sulla produzione letteraria del secondo Cinquecento. Quali tracce ne tro-

viamo nelle opere del periodo, e in Tasso in particolare? Come cambia l’approccio del poeta di fronte al nuovo modus operandi della Chiesa? 4 Il Furioso di Ariosto, che ebbe immediata diffusione e successo, innescò un dibattito profondo e partecipato sullo status e sul ruolo del poema epico.

Ripercorri le critiche e le adesioni al modello ariostesco e soffermati sulla posizione di Tasso. 5 Tasso sembra incarnare la figura di intellettuale in crisi, perennemente in fuga. Analizza, seguendone la biografia, il rapporto controverso di Tasso

con il contesto in cui si è trovato a operare, in particolare rispetto all’ambiente cortigiano e all’ideologia cristiana. Si può dire che con Tasso si afferma una nuova idea della letteratura?

6 Come si legge nei Discorsi del poema eroico, per Tasso il poeta è “parlante pittore”. Analizza il rapporto continuo di Tasso con le arti figurative, destinato a fare scuola, ed evidenzia i tratti fondanti della sua poetica come emergono dalle sue opere teoriche.

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7 Ricostruisci la trama e le coordinate spazio-temporali della Liberata, evidenziando la tensione tra la ricerca delle unità aristoteliche e il bifrontismo spirituale che anima l’autore.

8 Tasso, nei confronti del suo capolavoro, è ossessionato dall’equilibrio, come provano le numerose riscritture, eppure la Liberata può essere definita come il “poema delle contraddizioni”. Analizza queste dissonanze e traine qualche conclusione.

9 Metti a confronto il proemio dell’Orlando furioso [ T1, p. 360 sgg.] con quello della Gerusalemme liberata [ T1, p. 513, ottave 1-5], eviden-ziando le principali differenze in ambito:• tematico;• stilistico;• strutturale.

Nel Furioso prevale un generale tono ironico, evidente appunto già dal proemio. E nella Liberata? Qual è il tono prevalente, riscontrabile già nelle prime ottave?

10 Come nasce la figura, consegnata alla tradizione, di Tasso “melanconico”? Come venne recepita dai contemporanei l’opera tassiana? Prova a mo-tivare la riscperta del Tasso in epoca romantica.