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Indice

Presentazione

Prefazione

Copertine di studio

Nota bibliografica

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Presentazione

Nel mondo della ricerca sono frequenti le contaminazioni con l’arte, grazie anche al progresso della tecnologia e dello sviluppo dell’informazione digitale che ha permesso di diffondere la conoscenza.

Possiamo vedere i laboratori dove si svelano le vibrazioni nanomeccaniche che le cellule staminali producono durante la loro strada verso differenti destini. Possiamo fotografare l’infinitamente piccolo della doppia elica del DNA e l’infinitamente grande dell’astronomia dove le galassie sembrano campi di papaveri.

Certamente la tecnologia ha dato un forte contributo a rendere sempre più debole la differenza tra arte e scienza nel patrimonio della cultura contemporanea.

Scriveva Lucio Fontana: Ci rifiutiamo di pensare che scienza e arte siano due fatti distinti, che cioè i gesti compiuti da una delle due attività possano non appartenere anche all’altra.

Nelle pagine seguenti sono illustrati alcuni esercizi che abbiamo chiamato copertine di studio, in cui si sono indagati alcuni aspetti della contaminazione tra arte e scienza:

- la copertina come risultato di un processo, di un percorso, di un momento formativo…..

- come interpretazione di un evento, di una lezione, di un testo……….

- come ano malia per provocare, per comunicare, per discutere………

- come ………solo..……. esercizio di fantasia.

Consapevoli che nel mondo scientifico è solo con la fantasia che si riesce a vedere ancora più lontano.

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Prefazione

Le imprese del nord-est sono state, a partire dal secondo dopoguerra, il vero motore economico di un territorio che non aveva una ricchezza di materie prime e non percepiva ancora le potenzialità del turismo nelle sue forme ambientali, paesaggistiche e culturali.

Era un tessuto di case-bottega, un termine per ricordarci che si partiva da situazioni economiche svantaggiate rispetto ad altri territori europei e mondiali, dove le intuizioni e le capacità di piccoli imprenditori sono riuscite a dare corpo a molteplici industrie e alle imprese a loro collegate.

Oggi stiamo attraversando un periodo oramai non più breve di globalizzazione dell’economia, in cui il nostro territorio si trova sempre più in competizione anche su fronti nuovi come quello finanziario.

Le imprese si stanno ristrutturando per queste competizioni, ma resta innegabile che la vera sfida rimane quella del le idee, delle innovazioni e del saper guardare “più avanti”.

Per questo mi sento favorevolmente attento al progetto culturale Copertine di Studio in cui attraverso un’espressione artistica si riesca a immaginare la scienza da un altro punto di vista.

L’appassionato di scienza che si cimenti con queste nuove forme espressive riesce così a rendere visibile la sua fantasia e in un mondo in cui anche i saperi devono confrontarsi con gli effetti della globalizzazione, poter aggiungere al proprio curriculum scientifico la “copertina” della propria fantasia potrebbe rappresentare un valore aggiunto, un valore “trasversale” alle competenze comunemente note.

È per me un grande piacere poter vedere l’avvio di questa iniziativa e fare i complimenti a tutti quelli che vorranno cimentarsi e seguirla. Perché anche questo, forse, potrebbe essere uno dei percorsi per imparare a guardare “più avanti”.

Rodolfo Cetera Presidente Gruppo Giovani Confindustria Padova

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Ho chiesto ad alcuni amici di leggere la bozza di questo lavoro per confrontarmi con i loro punti di

vista, per avere dei suggerimenti e, non lo nego, per avere un conforto sulla strada seguita.

Mi hanno detto che sì, gli episodi raccontati possono funzionare come esempio, anche se mi sono limitato

solo ad alcuni dei temi dell’universo scientifico dell’Università.

Solo alcuni temi, spesso ripetuti.

E per le immagini, si poteva fare decisamente meglio.

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1 Con il lavoro di ricerca svolto dal 2009 al 2011 sul paesaggio del Veneto, tra l’Università degli Studi di Padova, l’Università di Architettura IUAV di Venezia e la Regione del Veneto, si è affrontato anche il tema della rappresentazione. Il lavoro ha analizzato quali aspetti del paesaggio sono riconducibili alle tradizionali cartografie e quali invece necessitino di nuovi disegni, intesi come nuove forme espressive. Una di queste ha riguardato la rappresentazione del paesaggio come risultato dell’equilibrio ambientale di un’area in un determinato periodo, introducendo il concetto di tempo.

La sperimentazione, che potremmo chiamare con il termine di disegno del paesaggio tendenziale, risulta molto legata ai sistemi informativi, alle immagini da satellite e alla comunicazione via web.

Per questo tipo di lavori oggi si usano dei processi cognitivi, in cui appositi software elaborano le immagini concentrandosi sui “bordi” delle informazioni grafiche. Software usati non solo per l’analisi di mappe satellitari ma anche in altri campi scientifici. Per esempio il riconoscimento di molte cellule tumorali oggi può avvenire non più con la sola percezione del medico specialista che analizza la lastra di contrasto con i raggi-x guardandola controluce (maggiore è la sua esperienza nell’averne già viste e più facile sarà la sua percezione di anomalie simili). Ma attraverso un software a cui è stato insegnato il processo cognitivo di riconoscimento delle anomalie attraverso la lettura dei bordi. Anche in questo caso, paradossalmente, più il software ne avrà viste (e memorizzate) più riuscirà a scoprirne di nuove (intelligenza artificiale).

Partendo da una fotografia di nastri di cellophane colorati e immersi in resine poliuretaniche (usata per simulare dune di sabbia), abbiamo applicato un modello di calcolo, in cui ad ogni elaborazione corrispondeva un “filtro” sulle informazioni iniziali. Si è lavorato sui “bordi” delle tonalità di colore e sui “bordi” della terza dimensione.

Una particolare combinazione di questi due filtri ha portato all’immagine finale qui a lato che ricorda alcune opere dell’espressionismo astratto degli anni ’50, dove il colore veniva fatto gocciolare spontaneamente sulla tela.

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A.B., Risultato di calcolo n. 7, 2012

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I testi sono tratti da una lezione di matematica finanziaria tenuta nel 2007 agli studenti della facoltà di ingegneria dell’Università degli Studi di Padova.

Sono de-contestualizzati dalla lavagna nera e dal gesso bianco e riproposti su uno sfondo rosso acceso che lascia intravedere il giallo a tratti irregolari. Sembrano evocare delle fiamme e del calore che avvolgono una città con i suoi edifici.

Il quadro scenico diventa così una metafora dei nostri giorni, dove i temi della finanza sono posti nel gradino più alto delle nostre attenzioni, in primo piano sulla nostra capacità di vedere e osservare e ci distolgono l’attenzione dal tutto il resto che sta bruciando. Brucia tutto ciò che rappresenta la nostra casa, i luoghi del vivere e delle relazioni, i ricordi e gli affetti. Il nostro essere parte essenziale di una comunità che si identifica con i luoghi in cui vive.

Ma la nostra attenzione rimane catturata dai testi, dai numeri e dalle formule.

Sembra quasi che le fiamme, per quanto grandi e potenti, non riescano ad intaccarli. Quasi fossero soprannaturali.

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A.B., E se rcizi di finanza, 2014

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3 Il 28 maggio 2011 si è tenuto a Vittorio Veneto un convegno per lanciare la proposta delle montagne del Cansiglio quale patrimonio dell’umanità.

La montagna quale patrimonio storico, culturale, ambientale e umano sta vivendo in maniera silenziosa l’adattamento ai cambiamenti climatici in corso e l’adattamento ai cambiamenti economico e sociali della globalizzazione. Silenziosa non solo perché se ne parla poco ma perché oramai sono rimasti in pochi, sulle montagne, a poterne parlare.

Negli ultimi cinquant’anni nel Veneto la temperatura media annuale è aumentata di circa 2 gradi. Per la montagna questo ha significato portare a circa 1.500 metri la LAN, la linea di affidabilità della neve. Con le conseguenze che molti degli impianti di risalita, con la stazione di partenza posta a quota inferiore, non sono più economici nell’utilizzo. Anche l’uso di sistemi artificiali per la produzione della neve, con costi sempre più elevati e spesso non recuperabili, si è dimostrato non sufficiente.

A queste difficoltà economiche di tipo naturale sono poi da aggiungersi quelle derivanti dalla globalizzazione, con difficoltà per le aziende a rimanere competitive sul mercato, a cominciare dalle aziende agricole.

Il risultato più evidente è una montagna che si sta spopolando, dove i giovani se ne vanno e non vi sono più speranze per il presidio del territorio.

Nell’immagine a fianco è rappresentata la Modernità (la luce elettrica), arrivata ormai quando tutti se ne sono andati. Non è arrivata in silenzio, magari posizionandosi prima o dopo, ma alzando la voce, andando a collocarsi a fianco della casa.

Senza accorgersi che così, di fatto, ha eliminato anche l’ultima cosa rimasta: il ricordo.

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A.B., La Modernità, 2011

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Inserisco in una delle macchine per il calcolo un insieme di forme colorate.

Imposto le variabili, come si fa con la temperatura e il tempo in un forno a micro onde, e premo il tasto di avvio.

Con pazienza aspetto e di tanto in tanto osservo il procedere del calcolo.

Se non mi piace fermo la macchina, provo a cambiare con piccole regolazioni i valori delle variabili e riavvio il calcolo.

Solo quando mi soddisfa il risultato lo tolgo dalla macchina, la spengo e me ne torno da dove sono venuto.

Da quell’insieme iniziale di forme colorate adesso possiedo delle figure nuove, che non avevo ancora visto.

Nell’immagine a fianco e in quelle seguenti sono rappresentate fotografie comuni (colonia di formiche, stami e pistilli, pietre ordinate in un muro a secco, muffe, etc.) elaborate con alcuni filtri digitali dei più conosciuti software di trattamento fotografico.

I risultati sono immagini che richiamano le astrazioni novecentesche dei lavori di Kandinskij e sembrano disegnare una grammatica digitale che dialoga con il dripping di Pollock o le forme irregolari di Sol Lewitt.

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5 Il 22 marzo 2007 si è tenuto il convegno Il paesaggio per riconoscersi e per integrarsi, organizzato in Villa Valmarana a Noventa Padovana.

Il convegno aveva lo scopo di illustrare, far conoscere e discutere i problemi delle singole periferie che andavano a confluire nella Città Metropolitana di Padova, per la quale si stava redigendo il piano territoriale che comprendeva Padova capoluogo e le 17 municipalità attorno.

Negli interventi sono emersi anche quei fattori che, in maniera del tutto inconsapevole, identificano la parte visibile del mondo che ci circonda con forme, luci e colori ai quali associamo le nostre sensazioni di sicurezza, di riconoscibilità, di appartenenza. Da qui il pensiero che se in un luogo tutti gli elementi sono posti con un certo ordine di forme, luci e colori, in equilibrio tra loro, il luogo sia riconosciuto come quello che “ci appartiene” e con il quale ci sentiamo in sintonia. Probabilmente perché il processo di decodificazione delle informazioni quali forma, luce e colore ci è familiare.

Con il passare degli anni poi, il processo di lettura dei paesaggi che ci circondano viene ulteriormente arricchito dall’appartenenza al contesto sociale nel quale ci muoviamo, dalle regole collettive seguite, e dai valori che attribuiamo alle singole forme del paesaggio. Questo processo di identificazione, nelle gran parte delle persone, non è legato a specifiche qualità nell’apprendimento, ma è insito nel percorso visivo-cognitivo esercitato fin dalla nascita.

In questo modo il segnale visivo che il nostro occhio coglie viene così decodificato nel nostro cervello secondo regole che in ognuno di noi hanno variabili e costanti differenti.

L’immagine a lato sembra cogliere 16 persone che guardano lo stesso luogo. Probabilmente potranno raccontare di essere state in 16 luoghi simili.

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A.B., Input: Paesaggio – Output: Paesaggi, 2014

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6 Il 3 ottobre 2013 si è tenuto a Padova un seminario di studio promosso dal Settore Pianificazione Urbanistica del Comune, a cui hanno partecipato relatori di diverse università italiane.

Il tema riguardava le opportunità dei finanziamenti europei nel periodo 2014-2020, in riferimento al patrimonio culturale, ecologico, sociale ed economico del territorio, comprese le relazioni che con esso sono state stabilite dalla comunità che lo abita. Per cogliere questa opportunità è necessario prima costruire e condividere un’idea di paesaggio, guardando alle sue diverse declinazioni quali il paesaggio storico, quello urbano e della città diffusa, quello agropolitano fino al paesaggio sociale, non meno importante se riconosciamo in capo al paesaggio uno dei compiti di identificazione della comunità con il proprio territorio.

Oltre a questa visione “dall’alto” del paesaggio si è ritenuto di affiancarne una “dal basso”, facendo coincidere la data del seminario con l’inaugurazione di una mostra di arte contemporanea dal titolo Landscape Scrapbook, al centro culturale San Gaetano, aperta fino al 27 ottobre.

La mostra ha presentato quarantotto opere di un percorso di ricerca riguardante la rappresentazione del paesaggio, portando all’attenzione dell’osservatore ventiquattro quadri scenici, ognuno dei quali composto da un’immagine del paesaggio reale e da un’immagine del paesaggio immaginario.

All’inizio del percorso di visitazione, alle prime coppie di immagini è associato il testo con la descrizione delle sensazioni che il fotografo ha provato nel momento dello scatto, quando l’occhio curioso si è soffermato in quel luogo e in quel momento.

Da un certo punto del percorso in poi non è più riportato il testo sotto le coppie di immagini e si chiede al visitatore di scrivere le sensazioni che lui percepisce da quelle associazioni tra reale e immaginario, riportandole su un foglio adesivo. In questo modo il visitatore diventa parte integrante della mostra e più passano i giorni, più i visitatori hanno modo di confrontarsi con le sensazioni di chi li ha preceduti.

Fino all’ultimo giorno la mostra è stata un lavoro “in progress”, dove le sensazioni dei visitatori sono diventate parte integrante del paesaggio.

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A.B., Paesaggio 20.20, 2013

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Nella mostra Landscape Scrapbook , organizzata dal Comune di Padova nel Centro culturale San Gaetano, alla fine del percorso di ricerca una delle immagini è stata inserita in un cassonetto portarifiuti.

L’immagine riprende un giocattolo di legno, molto usato, inquadrato frontalmente e da vicino.

E’ stato inserito nel cassonetto aperto, dando l’impressione, a chi lo guarda, che lui sia “dentro” con il corpo, e la sola testa è quello che di lui si vede.

Il titolo è “Mi rifiuti?”.

Lo scopo dell’installazione è stato quello di far riflettere il visitatore sul tema del paesaggio rifiutato, dove per paesaggio dobbiamo comprendere gli animali e anche noi persone.

Guardando l’installazione, si comprende come il cassonetto sia anche il guscio, la casa in cui vive l’animale immaginario della foto.

E non può non venire in mente lo stato attuale della nostra società dove sempre più persone sono “rifiutate” e vivono assieme ai rifiuti, diventandone parte.

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Landscape Scrapbook, Padova, 2014 - Installazione di Antonio Buggin, fotografia di Loretta Scarabello

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A volte le parole non servono.

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A.B., senza titolo, 2009

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9 Una delle pubblicazioni che stiamo preparando ha come tema la divulgazione delle tecniche e delle nuove tecnologie oggi disponibili per il recupero del patrimonio storico artistico.

Si comincia con l’illustrazione delle tecniche tradizionali di tipo archeometrico sui materiali usati nell’antichità classica, soprattutto per quelli che hanno avuto ampia diffusione mediterranea e compaiono largamente re-impiegati nei monumenti italiani e veneziani in particolare.

Per arrivare alle moderne tecniche con l’uso di microscopi elettronici e polarizzati per gli studi delle microstrutture e delle componenti chimiche, nonché per le analisi stratigrafiche dei dipinti. Con l’utilizzo dei laser-scanner che permettono il rilievo tridimensionale molto accurato delle opere e con le sperimentazioni delle stampanti 3D per la riproduzioni di opere antiche, da impiegare nei musei in sostituzione delle opere originali quando sono soggette a lunghi interventi di manutenzione e recupero.

Intervenire oggi sui beni architettonici e ambientali risulta possibile solo se le cave da cui sono stati tratti i materiali originali sono ancora attive. Molte di esse sono collocate nel nord dell’Africa, dall’Algeria fino all’Egitto, passando per la Libia.

Sono cave di Alabastro, Nero Antico, Lumachella Orientale, Astracane Dorato, Granito Rosso, Basanite, Granito Bianco e Nero, Granito Verde e molte altre.

Alcune delle cave sono esaurite, altre abbandonate ma le più importanti sono ancora in funzione e mettono a diposizione il loro materiale quando subentra il deterioramento di singoli materiali lapidei, di pietre e di marmi nei nostri monumenti di grande rilievo storico e architettonico. Queste cave sono spesso nei pressi di importanti siti archeologici, alcuni dei quali dichiarati patrimonio dell’umanità, costruiti a loro volta proprio con il materiale della cava.

Le cave ed i siti sono riusciti a superare le vicende storiche più difficili, compresi i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Purtroppo gli attuali livelli di tensione politico-sociale di questi giorni, proprio su queste aree, è per noi un’ulteriore fonte di preoccupazione per il rischio di perdere parte della nostra storia.

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A.B., senza titolo, 2012

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10 Il 20 gennaio 2012 si è tenuta una lezione alla scuola di dottorato dal titolo da ambiente a paesaggio, in cui il paesaggio viene spiegato come il risultato visibile del funzionamento dell’ambiente, analogamente al funzionamento di una qualsiasi autovettura attraverso la lettura del suo cruscotto. Velocità, giri del motore, chilometri percorsi, benzina disponibile. E con gli occhi sempre attenti a leggere le spie che ci segnalano errori, malfunzionamenti, pericoli.

Il paesaggio ci parla di una macchina ambientale formata da due parti. Sulla prima vi sono i processi legati alle attività e agli insediamenti umani che generano delle pressioni sui sistemi naturali attraverso il consumo di risorse e si manifestano con effetti quali l’emissione di sostanze solide, liquide, gassose e radioattive, la modificazione della forma e della struttura degli ecosistemi o l’interferenza, diretta o indiretta, con lo sviluppo degli organismi vegetali e animali. Sull’altra vi sono quei processi, tipici dei sistemi naturali, che contrastano tali pressioni o che ne riducono gli effetti poiché svolgono sia funzioni di tipo protettivo, quali la regolazione dei cicli della materia dei bilanci energetici e dei fattori climatici, sia funzioni di tipo dispersivo, quali la biodegradazione dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi.

Il funzionamento dell’ambiente dipende quindi dalle aree naturali e dagli usi del suolo, dalle loro dimensioni spaziali, dalle loro relazioni e dalle intensità dei processi che in essi svolgono. E il paesaggio altro non è che il “cruscotto” di questa macchina complessa. Ma come avviene per le macchine, soprattutto quando ci dimentichiamo di fare i tagliandi di manutenzione, quello che dovrebbe essere un funzionamento regolare viene improvvisamente a cambiare, spesso creando danni alle cose e alle persone. Probabilmente la causa è da ricondurre a noi, che non siamo ancora riusciti a leggere le spie del cruscotto che ci avvisavano delle anomalie e dei cambiamenti in atto. E come per la tecnologia delle automobili, più indicatori del funzionamento dell’ambiente riusciremo a leggere dal paesaggio, maggiore sarà la sicurezza e la qualità del nostro viaggio.

Nella pagina a fianco avrei voluto disegnare una linea orizzontale rossa, posta al centro dello spazio vuoto. Sarebbe stata la rappresentazione di una funzione che tiene uniti due punti, il paesaggio e l’ambiente. Ho pensato invece di scrivere i comandi che si impartiscono alla macchina per disegnare quella linea. Ho cambiato quindi il punto di vista: non il gesto grafico finale ma la sua riproducibilità, non il risultato ma il processo per ottenerlo.

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A.B., senza titolo, 2012

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Il 30 marzo 2006 si è tenuto a Isola della Scala, nel veronese, un convegno sulle attività agroalimentari, con un dibattito sui temi dello sviluppo e della competitività delle aziende e dei territori. In uno scenario in cui il settore industriale sta vivendo un periodo di profonda trasformazione, con processi più o meno spinti di delocalizzazione e internazionalizzazione delle imprese, si vuole fare il punto sull’effettiva “tenuta” del tessuto delle aziende agroalimentari e del loro modello di “specializzazione” rispetto alla globalizzazione dei mercati. Ci si interroga inoltre sulle risposte possibili, sia sul piano delle istituzioni, dell’economia e dei rapporti sociali, a far sì che le imprese possano rispondere in maniera tempestiva e adeguata alle sollecitazioni del mercato.

Il dibattito è ruotato attorno a due temi centrali: uno sull’intermodalità e sul mercato del trasporto, per passare da area locale ad area globale, e uno sull’agricoltura sociale, con un nuovo approccio strategico tra agricoltura e comunità locale.

Mentre il primo punto è tutto tecnico, con interventi che hanno riguardato il sistema viabilistico territoriale, con particolare attenzione al trasporto ferroviario sul Brennero e allo scalo merci sui vettori aerei, il secondo ha guardato alle nuove forme del welfare che valorizzino le specificità e le risorse delle aree rurali tramite l’integrazione tra l’attività produttiva agricola e l’offerta di servizi culturali, sociali, educativi, assistenziali, sanitari, formativi e occupazionali.

Vengono così a delinearsi le azioni per interpretare il processo produttivo agricolo come rivitalizzazione dei valori della ruralità, abbinando alla conduzione economica dell’attività agricola la riproposizione dei valori di solidarietà, reciprocità e mutuo aiuto, facendo leva sul patrimonio storico, architettonico e culturale che rendono tipica la ruralità.

L’immagine a fianco mi sembra evocare il tema del cibo e dell’energia da un punto di vista rimasto immutato per moltissimi anni, quello della solidarietà sociale e del mutuo aiuto. Che forse abbiamo perso di vista.

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A.B., cibo ed energia, 2015

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Vorrei dedicare questa ultima copertina ad Alan Turing per i suoi studi sull’intelligenza artificiale.

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A.B., Scheda perforata dai colori, 2013

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Nota bibliografica

Antonio Buggin (Padova, 1959) si occupa di modelli matematici applicati all’ambiente, al paesaggio e alla pianificazione del territorio.

Ha insegnato all’Università degli Studi di Padova e all’Università IUAV di Venezia. Attualmente svolge attività di ricerca sui modelli di calcolo per il consumo energetico delle città.

Con l’Università di Padova ha prodotto, in qualità di co-autore, le seguenti pubblicazioni:

E conomia e Gestione dell’Ambiente Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Padova C. Bonanno, L. Briseghella, A. Buggin, Cleup, Padova, 2005, ISBN 88-7178-089-2 E st imo ed esercizio professionale Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Padova C. Bonanno, L. Briseghella, A. Buggin, T. Cavestro, Cleup, Padova, 2005, ISBN 88-7178-556-8 La r i qualificazione ambientale nei nuovi strumenti di governo del territorio Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Padova C. Bonanno, A. Buggin, Zielo Editore, Este, 2006 C omplementi di estimo: la valutazione dei progetti energetici in edilizia e la pe requazione urbanistica Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Padova C. Bonanno, A. Buggin, Cleup, Padova, 2009, ISBN 978-88-6129-352-6