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za civica più matura, che la ma- fia non riuscì a scuotere, neppu- re con la dinamite. Lei è stato protagonista nel- l’ispirazione della “Prima- vera di Palermo”.Come ri- corda quella stagione e qua- li frutti ha portato? Fu la prova concreta che, uniti, si raggiungono traguardi appa- rentemente irraggiungibili. La le- zione di quella stagione l’ho vo- luta fissare nella similitudine del- la valanga, che poi ho continua- to a raccontare migliaia di volte, in tutti gli angoli del Paese. Ri- spondendo a un giovane che af- fermava di essere troppo debo- le per potersi opporre alla ma- fia, spiegai che un fiocco di neve è fragile in sé, e da solo non può nulla; ma unito a tanti altri fioc- chi di neve, fragili come lui, può diventare valanga, capace di mo- dificare perfino il profilo roccio- so della montagna. “Diamoci la mano, tutti gli onesti! - andavo gridando da una città all’altra -, facciamo valanga e vinceremo an- che la mafia!”. Questa fu la “Pri- mavera di Palermo”. La mafia, non solo Cosa Nostra, anche la ’ndran- gheta, sono tornate silen- ziose e sottotraccia.Quan- to è ancora pericoloso il fenomeno mafioso? Il silenzio della mafia è ambiguo. Può voler dire che essa è in dif- ficoltà, ma anche che può dedi- carsi ai traffici illeciti senza esse- re particolarmente disturbata.Se i mafiosi fossero riconoscibili nel loro agire,non sarebbero più ma- fiosi. Essi si presentano spesso come persone perbene, perfet- tamente integrate nelle istituzio- ni pubbliche e nei gangli del po- tere. Per “legittimarsi” arrivano perfino a nascondersi dietro la religiosità popolare. La mafia è come il cancro. Non lo avverti, non lo vedi, ma continua a deva- stare l’organismo. «La lotta alle mafie riguar- da tutti», ha confermato di recente il presidente Mattarella. Ma quale anti- mafia è necessaria oggi,an- che per onorare il sacrifi- cio di magistrati come Fal- cone e Borsellino e delle tante altre vittime? Rispet- to a 25 anni fa, la politica e le istituzioni sono all’al- tezza del contrasto alle in- filtrazioni mafiose e della promozione della legalità? Anche se lo fossero, non basta che le istituzioni siano all’altezza del loro compito.Se si vuole estir- pare la mafia alla radice, oltre al- l’intervento delle forze dell’ordi- ne, dei magistrati e delle istitu- zioni, è decisivo che la coscien- za collettiva maturi e si traduca in comportamenti onesti e ri- spettosi della legalità. Su questo punto c’è ancora molto da fare. È positivo, però, che la gente - soprattutto i giovani - oggi non sia più rassegnata,non taccia più, non tolleri più le estorsioni, gli eccidi e la vergogna morale del- la mafia. Le stragi di Falcone e Borsellino, al di là della reazione emotiva, hanno prodotto una profonda indignazione civile,che in questi 25 anni è andata cre- scendo. E ciò fa ben sperare. «Quei mesi segnarono l’ini- zio della mobilitazione morale e civile di Palermo. Dicevo: “Dia- moci la mano, facciamo valanga e vinceremo anche la mafia”». Padre Bartolomeo Sorge ricor- da così - con sgomento, ma an- che con la forza mite della spe- ranza - i 25 anni delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, con le quali Cosa Nostra colpì al cuo- re dello Stato. Obiettivi i magi- strati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino,che hanno rappresen- tato e rappresentano ancora og- gi il volto della lotta alla mafia di un Paese che non si rassegna e che vuole liberarsi dal cancro mafioso. Stragi nelle quali sono morti tanti agenti di scorta e la moglie di Falcone Francesca Morvillo, anche lei magistrato. Padre Sorge, gesuita, oggi diret- tore emerito di Aggiornamenti so- ciali , in quegli anni (dal 1986 al 1996) era a Palermo a dirigere l’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe. Padre Sorge, sono passati 25 anni dalle stragi di Ca- paci e di via d’Amelio. In quel periodo lei era a Pa- lermo.Come ricorda quei terribili mesi? Furono giorni di sgomento.Sem- brava la fine. Non potrò mai di- menticare quello che provai per la morte del mio caposcorta, Agostino Catalano,papà di tre fi- gli, saltato in aria con Borsellino. Nello stesso tempo, però, quei mesi terribili segnarono l’inizio della risurrezione di Palermo.Lo Stato, che per lunghi anni aveva contrastato la mafia con poca energia, sottovalutandola come una forma qualsiasi di crimina- lità, aprì finalmente gli occhi sul- la natura devastante del fenome- no. E intervenne con decisione. Contemporaneamente quei me- si segnarono l’inizio della mobi- litazione morale e civile di Paler- mo,che visse così una nuova “Pri- mavera”. Aveva avuto occasione di collaborare con Falcone e Borsellino? Non direttamente. Avevamo ruoli diversi.Loro si muovevano sul piano della legge e della giu- stizia, noi su quello culturale e morale.Tuttavia, si può dire che la nostra fu una collaborazione più profonda ed efficace,nel sen- so che il loro prezioso servizio di magistrati e il nostro impegno educativo erano convergenti. A Palermo soffiò un vento gagliar- do di legalità,che cominciò a spaz- zare le periferie e il centro del- la città. Questa aria nuova fece crescere nei cittadini una coscien- 18 Il Segno Maggio 2017 Copertina Venticinque anni dopo il gesuita che ispirò la “Primavera di Palermo” ricorda lo sgomento provato per gli attentati di cui furono vittime i giudici Falcone e Borsellino e le loro scorte, ma anche la mobilitazione civile che seguì e che fu alla base della reazione dello Stato. di Pino NARDI SORGE «Dopo le stragi del ’92 una valanga su Cosa Nostra» Padre Bartolomeo Sorge, gesuita, oggi direttore emerito di Aggiornamenti sociali. Dal 1986 al 1996 diresse l’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe di Palermo. A centro pagina, in senso orario: lo svincolo di Capaci devastato dall’esplosione che il 23 maggio 1992 uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta; il monumento sorto sul luogo dell’eccidio; Falcone con Paolo Borsellino e il capo del pool antimafia Antonino Caponnetto. 19 Il Segno Maggio 2017 «...allora soffiò un vento gagliardo di legalità, un’aria nuova che fece crescere una coscienza civica più matura. E oggi la gente non tollera più la vergogna morale della mafia...» Segno_18_25_copertina.qxd 22/05/2017 10:36 Pagina 18

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za civica più matura, che la ma-fia non riuscì a scuotere,neppu-re con la dinamite.

Lei è stato protagonista nel-l’ispirazione della “Prima-vera di Palermo”.Come ri-corda quella stagione e qua-li frutti ha portato?

Fu la prova concreta che, uniti,si raggiungono traguardi appa-rentemente irraggiungibili. La le-zione di quella stagione l’ho vo-luta fissare nella similitudine del-la valanga, che poi ho continua-to a raccontare migliaia di volte,in tutti gli angoli del Paese. Ri-spondendo a un giovane che af-fermava di essere troppo debo-le per potersi opporre alla ma-fia, spiegai che un fiocco di neveè fragile in sé,e da solo non puònulla; ma unito a tanti altri fioc-chi di neve, fragili come lui, puòdiventare valanga,capace di mo-dificare perfino il profilo roccio-so della montagna. “Diamoci lamano, tutti gli onesti! - andavogridando da una città all’altra -,facciamo valanga e vinceremo an-che la mafia!”. Questa fu la “Pri-mavera di Palermo”.

La mafia, non solo CosaNostra, anche la ’ndran-gheta, sono tornate silen-ziose e sottotraccia.Quan-to è ancora pericoloso ilfenomeno mafioso?

Il silenzio della mafia è ambiguo.Può voler dire che essa è in dif-ficoltà, ma anche che può dedi-carsi ai traffici illeciti senza esse-re particolarmente disturbata.Sei mafiosi fossero riconoscibili nelloro agire,non sarebbero più ma-fiosi. Essi si presentano spessocome persone perbene, perfet-tamente integrate nelle istituzio-ni pubbliche e nei gangli del po-tere. Per “legittimarsi” arrivano

perfino a nascondersi dietro lareligiosità popolare. La mafia ècome il cancro. Non lo avverti,non lo vedi,ma continua a deva-stare l’organismo.

«La lotta alle mafie riguar-da tutti», ha confermatodi recente il presidenteMattarella. Ma quale anti-mafia è necessaria oggi,an-che per onorare il sacrifi-cio di magistrati come Fal-cone e Borsellino e delletante altre vittime? Rispet-to a 25 anni fa, la politicae le istituzioni sono all’al-tezza del contrasto alle in-filtrazioni mafiose e dellapromozione della legalità?

Anche se lo fossero, non bastache le istituzioni siano all’altezzadel loro compito.Se si vuole estir-pare la mafia alla radice,oltre al-l’intervento delle forze dell’ordi-ne, dei magistrati e delle istitu-zioni, è decisivo che la coscien-za collettiva maturi e si traducain comportamenti onesti e ri-spettosi della legalità. Su questopunto c’è ancora molto da fare.È positivo, però, che la gente -soprattutto i giovani - oggi nonsia più rassegnata,non taccia più,non tolleri più le estorsioni, glieccidi e la vergogna morale del-la mafia. Le stragi di Falcone eBorsellino, al di là della reazioneemotiva, hanno prodotto unaprofonda indignazione civile,chein questi 25 anni è andata cre-scendo.E ciò fa ben sperare. ■

«Quei mesi segnarono l’ini-zio della mobilitazione morale ecivile di Palermo. Dicevo: “Dia-moci la mano, facciamo valangae vinceremo anche la mafia”».Padre Bartolomeo Sorge ricor-da così - con sgomento, ma an-che con la forza mite della spe-ranza - i 25 anni delle stragi diCapaci e di via D’Amelio,con lequali Cosa Nostra colpì al cuo-re dello Stato. Obiettivi i magi-strati Giovanni Falcone e PaoloBorsellino,che hanno rappresen-tato e rappresentano ancora og-gi il volto della lotta alla mafia diun Paese che non si rassegna eche vuole liberarsi dal cancromafioso. Stragi nelle quali sonomorti tanti agenti di scorta e lamoglie di Falcone FrancescaMorvillo, anche lei magistrato.Padre Sorge, gesuita, oggi diret-tore emerito di Aggiornamenti so-ciali, in quegli anni (dal 1986 al1996) era a Palermo a dirigerel’Istituto di formazione politicaPedro Arrupe.

Padre Sorge, sono passati25 anni dalle stragi di Ca-paci e di via d’Amelio. Inquel periodo lei era a Pa-lermo.Come ricorda queiterribili mesi?

Furono giorni di sgomento.Sem-brava la fine. Non potrò mai di-menticare quello che provai perla morte del mio caposcorta,Agostino Catalano,papà di tre fi-gli, saltato in aria con Borsellino.Nello stesso tempo, però, queimesi terribili segnarono l’iniziodella risurrezione di Palermo.LoStato, che per lunghi anni avevacontrastato la mafia con poca

energia, sottovalutandola comeuna forma qualsiasi di crimina-lità, aprì finalmente gli occhi sul-la natura devastante del fenome-no. E intervenne con decisione.Contemporaneamente quei me-si segnarono l’inizio della mobi-litazione morale e civile di Paler-mo,che visse così una nuova “Pri-mavera”.

Aveva avuto occasione dicollaborare con Falcone eBorsellino?

Non direttamente. Avevamo

ruoli diversi.Loro si muovevanosul piano della legge e della giu-stizia, noi su quello culturale emorale.Tuttavia, si può dire chela nostra fu una collaborazionepiù profonda ed efficace,nel sen-so che il loro prezioso serviziodi magistrati e il nostro impegnoeducativo erano convergenti.APalermo soffiò un vento gagliar-do di legalità,che cominciò a spaz-zare le periferie e il centro del-la città. Questa aria nuova fececrescere nei cittadini una coscien-

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Venticinqueanni dopo il gesuita

che ispirò la “Primavera

di Palermo”ricorda

lo sgomentoprovato

per gli attentati di cui furono

vittime i giudiciFalcone

e Borsellino ele loro scorte,ma anche lamobilitazione

civile che seguìe che fu alla base

della reazione dello Stato.

di Pino NARDI

SORGE «Dopo le stragi del ’92 una valanga su Cosa Nostra»

Padre BartolomeoSorge, gesuita, oggi direttore emerito di Aggiornamentisociali. Dal 1986 al 1996 diressel’Istituto di formazionepolitica Pedro Arrupedi Palermo.A centro pagina,in senso orario:lo svincolo di Capacidevastatodall’esplosione che il 23 maggio 1992uccise il giudiceGiovanni Falcone,la moglie FrancescaMorvillo e gli uominidella scorta;il monumento sorto sul luogo dell’eccidio;Falcone con PaoloBorsellino e il capo del pool antimafiaAntonino Caponnetto.

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«...allora soffiò un vento gagliardo di legalità, un’aria nuovache fece crescere una coscienza civica più matura. E oggi la gente non tollera più la vergogna morale della mafia...»

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«Se vogliamo, non so-lo a parole e proclami,combat-tere le mafie, dobbiamo impe-gnarci tutti, veramente tutti, inmodo continuativo,senza ripo-si e distrazioni.Dobbiamo sen-tirci corresponsabili nei confron-ti di questa “peste” tenace e sub-dola che si è insinuata dapper-tutto. È urgente prendere attoche le mafie non sono soltantoun male criminale da delegarealla magistratura e alle forze del-la polizia. Prima di tutto sonoun male sociale, culturale e po-litico.Che gode di complicità eprotezioni su tanti versanti eprospera nella scarsità di sensocivico e d’impegno per il benecomune. E che potremo solosconfiggere,annientando primaquella mafia dentro di noi chesi chiama corruzione.Nel 1984il cardinale Carlo Maria Marti-ni indicò tre grandi mali che af-fliggevano la società:la violenza,la solitudine, la corruzione.De-finì quest’ultima “peste bianca”.Purtroppo da allora questa ma-lattia non è stata sconfitta, si èsaldata fortemente con la ma-fia, ha continuato a contamina-re situazioni e persone,alimen-tata da quel virus che è il dena-ro».

Le parole di Rita AtriaQueste parole di don Luigi

Ciotti, dopo la “Giornata dellamemoria e dell’impegno per levittime innocenti di tutte le ma-fie”, svoltasi a Locri il 21 marzoscorso,ci richiamano a una con-sapevolezza che troppo spessoabbiamo dimenticato o trascu-rato.Ricordano le parole di Ri-ta Atria, la diciassettenne ripu-diata dalla stessa madre perchéaveva scelto di collaborare conla giustizia, che, quando morìPaolo Borsellino (rimasto il suo

solo riferimento e sostegno) sibuttò dal settimo piano dell’ap-partamento romano dove vive-va segregata.Dal suo esilio ave-va scritto: «Prima di combatte-re la mafia, devi farti un esamedi coscienza e poi, dopo averlasconfitta dentro di te,puoi com-battere la mafia che c’è nel gi-ro dei tuoi amici. La mafia sia-mo noi e il nostro modo sba-gliato di comportarci».

Le parole del Presidente di Li-bera,quelle di Rita Atria (al suofunerale non andò nessun abi-tante del suo paese) e il richia-mo del presidente Sergio Mat-tarella (sempre in occasione del-la manifestazione di Locri) «aprosciugare quella “zona grigia”abitata da chi non è mafioso,manon combatte le mafie»,non de-vono essere archiviati. Sposta-

no la visuale da un male che,peranni,è stato localizzato geogra-ficamente nel Sud, identificatocon cosche e “famiglie”, a unmale che è diventato “proble-ma di tutti”.E che tiene in ostag-gio l’intera società italiana.

Ancora don Ciotti,nel recen-te libro L’eresia della verità, scri-ve: «Non bastano le leggi, purnecessarie,a liberarci da questamalattia tenace e subdola, chenasce da un deficit di responsa-bilità e di senso civico. La lottacontro la mafia e la corruzionedeve iniziare da un’etica, incar-nata nelle piccole cose, nell’es-sere cittadini nel senso piùprofondo del termine,attenti albene comune e alle responsa-bilità che una democrazia richie-de. Immuni dalla corruzione epronte a denunciarla, saranno

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infatti le persone vigili e criti-che, capaci di conoscere il ma-le anche quando si cela dietroforme invitanti e all’apparenzainnocue.Tutto questo richiedeun grande impegno educativo».

L’educazione delle nuove generazioni

Presa coscienza del necessa-rio coinvolgimento della societàcivile,quali le strade da percor-rere? Una delle prime è l’edu-cazione delle nuove generazio-ni.A cominciare dalle famiglie,dove lo stile e la qualità di vita,nei fatti e nelle scelte di ognigiorno,devono avere trasparen-za e rispetto dell’altro,attenzio-ne costante all’altro.Famiglie do-ve s’impara a essere cittadini at-tivi e responsabili del propriocontesto umano e sociale, su-

perando quell’individualismo equell’indifferenza che chiudonole finestre di casa, invece di spa-lancarle sul mondo.In questa di-rezione, la scuola ha un ruolofondamentale,nella formazionedelle coscienze che metta i gio-vani in grado di conoscere lereali dimensioni di questa “pe-ste”,divenuta una pandemia na-zionale.

Le mafie trovano oggi un ter-reno fertile nei drammatici pro-blemi che lacerano il Paese,dal-la disoccupazione (in particola-re giovanile) alla povertà cre-scente,fino alle tante ingiustiziee discriminazioni. Come citta-dini della polis, ciascuno facen-do la propria parte, dobbiamocercare di risolvere questi pro-blemi, rispettando le regole echiedendo che vengano rispet-

tate perché aumenti il tasso diuguaglianza e di legalità.Tantopiù in una società civile e nellacollettività c’è un forte spesso-re di legalità, tanto è più diffici-le alle mafie insediarsi.

Non dimenticare le vittime

In questa prospettiva non dob-biamo lasciare solo chi,nel con-testo mafioso in cui vive,ha scel-to di opporsi a questa piovra.Ènecessario non dimenticare lemigliaia di vittime che hanno pa-gato con la vita la loro sfida estare accanto a chi la vive. Il re-cente suicidio, a Reggio Cala-bria, di Maria Rita Lo Giudice,nata in una famiglia legata alla’ndrangheta (il padre è statocondannato a sedici anni di car-cere) e che aveva cercato un ri-scatto negli studi, laureandosi escegliendo un futuro professio-nale lontano dall’ambiente dacui proveniva,è un drammaticomonito. «Siamo tutti responsa-bili di questa tragedia, perchénon abbiamo avuto la sensibi-lità di comprendere che ci so-no mutamenti cui tutti devonoconcorrere. Maria Rita è mor-ta d’isolamento. Se non siamocapaci di integrare chi cerca unfuturo alternativo alla ’ndran-gheta,abbiamo perso tutti quan-ti»,ha detto in quella circostan-za il procuratore capo Cafierode Raho. ■

CIOTTI La peste dentro di noi

di Mariapia BONANATE«...nonbastano le leggi

a liberarci da questa

malattiatenace

e subdola, che nasce da

un deficit diresponsabilità

e di sensocivico. La lotta

contro la mafiae la corruzione

deve iniziareda un’etica,

incarnata nellepiccole cose,

nell’esserecittadini

nel senso più profondo

del termine...»

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A sinistra, la scrittaapparsa sui muri di Locri in occasione della“Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime innocenti”di tutte le mafie, che hasollecitato la solidarietàgenerale nei confronti di don Luigi Ciotti (qui sopra, col presidentedel Senato Piero Grasso).L’ultimo libro di Ciotti è L’eresia della verità(Edizioni Gruppo Abele,128 pagine, 7 euro),una raccolta di articoli,interviste e prefazioni a libri, testi scritti tra il 2014 e il 2017.Come si leggenell’introduzione, la verità«non si accontenta del riscontro delle parole,dei testi, delle leggi,ma vuole anche quellodelle vite, delle scelte,dei comportamenti».

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Tra i compiti dei genito-ri c’è quello di spiegare ai figli ilsignificato delle parole.Da quel-le semplici della vita quotidiana,via via fino a quelle che fannotremare le vene e i polsi come“morte”,“guerra”,“olocausto”.

“Mafia” è una di quelle paro-le per cui non ci sono parole.Non è facile spiegarla a un bam-bino di 8 anni, più o meno l’etàin cui la domanda può nascere.Per fortuna spesso l’imbarazzodei genitori trova aiuto negli in-segnanti.Come quelli della scuo-la secondaria di primo grado“Falcone e Borsellino”, in vialeSarca a Milano.

Già l’intestazione dell’Istitutoparla di un’attenzione partico-lare alla lotta alla mafia.AngelaMormile insegna italiano, storiae geografia in questa scuola daquasi 25 anni e ricorda perfet-tamente quando fu dedicata aidue magistrati:«Nel 1993-1994,le scuole di via Giolli, via Astu-rie e viale Sarca furono unitesotto un’unica presidenza. Co-gliemmo così l’occasione per in-testare il nuovo Istituto com-prensivo alla loro memoria. Lasorella di Borsellino venne allacerimonia di intestazione e al-l’inaugurazione del bassorilievoraffigurante i due giudici,che an-cora oggi campeggia nell’atriodella scuola di viale Sarca».

Le scuole si trovavano in unquartiere periferico, ai confinicon il Parco Nord: «Una zonacon case popolari, nelle quali,come si può immaginare,eranopresenti situazioni di depriva-zione sociale e culturale. Inte-stare la scuola a Falcone e Bor-sellino è stato un segnale di lot-ta contro il degrado e l’illega-lità, a favore di una cultura del-la coscienza civile, del rispetto,della responsabilità».

Come reagiscono oggi i ra-gazzi quando si parla loro di ma-fia? «Anche se non sembra, so-no molto sensibili. Ma la sensi-bilità va nutrita di lezioni “vive”,documentari, letture, film,testi-monianze dirette.Senza questonutrimento la memoria sarà ine-vitabilmente soffocata dal tem-po trascorso e dalla distrazio-ne continua in cui siamo immer-si».«Devo dire che spesso i ra-gazzi si commuovono - fa nota-re Mormile - al racconto dellavicenda di due uomini che po-tevano vivere tranquilli e inve-ce,per combattere la mafia,han-no sopportato una vita da re-clusi e, in ultimo, la morte. Sirendono conto da soli che sia-mo di fronte a due figure eroi-che».

Per questo i ragazzi si butta-no a capofitto nelle attività cheli coinvolgono in occasione del-l’anniversario di Capaci. «Tuttigli anni proiettiamo il film Bor-sellino e qualche documentario- spiega Mormile -.Tra aprile emaggio prevediamo una serie dilezioni di educazione alla citta-dinanza incentrate sulla letturadei discorsi dei due giudici.Que-st’anno, in particolare, stiamopreparando un vocabolario ci-vico con le parole tratte dai di-scorsi di Borsellino che com-memorava Falcone. Inoltre ab-biamo in programma la realiz-zazione di un murales sul murodi cinta della scuola, che vor-remmo intitolare “Quelle paro-le profonde ti avvolgeranno co-

me onde”.L’idea è di disegnareuna grande mareggiata, allaHokusai, in cui le linee delle on-de sono le parole dei due ma-gistrati».

Infine, il 23 maggio - giornoesatto dell’anniversario dellamorte di Falcone - ci sarà unpiccolo flash-mob in cortile:«In-viteremo i ragazzi delle altreclassi - spiega Mormile - e sul-le note della canzone Pensa diFabrizio Moro i performers sta-ranno immobili con un cartel-lo al collo. I messaggi sarannotutti di tono anti-mafioso: “noomertà”, “noi abbiamo fatto icento passi”,e via dicendo. I ra-gazzi sono molto coinvolti daquesto lavoro e orgogliosi disentirsi fisicamente dei porta-tori di memoria».

La speranza è che, oltre l’in-ferriata,anche i passanti per stra-da assistano all’esibizione e col-gano davvero l’occasione per fa-re memoria della strage di Ca-paci. ■

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I mafiosi non conosconopietà né umanità.Non hanno al-cun senso dell’onore,non del co-raggio. I loro sicari colpiscono,con viltà,persone inermi e disar-mate.Tra le vittime delle mafienon ci sono soltanto coloro chele hanno contrastate,consapevo-li del pericolo cui si esponevano.La mafia, le mafie,non risparmia-no nessuno.Uccidono chi si op-pone ai loro interessi criminali.Ma non esitano a colpire chiun-que diventi un ostacolo al rag-giungimento dei loro obiettivi.Che sono denaro, potere, impu-nità. Per questo motivo, la lottaalle mafie riguarda tutti. Nessu-no può dire: non mi interessa.Nessuno può pensare di chia-marsene fuori. Lottare contro lamafia non è soltanto una strin-gente e, certo, doverosa esigen-za morale e civile. È anche,quin-di, una necessità per tutti: lo è,prima ancora che per la propriasicurezza,per la propria dignità eper la propria effettiva libertà.Una necessità per la società,chevuole essere libera,democratica,ordinata, solidale. Una necessitàper lo Stato, che deve tutelare idiritti dei suoi cittadini e deve ve-der rispettata ovunque,senza zo-ne franche, legalità e giustizia.

Le mafie sono la negazione deidiritti.Opprimono,spargono pau-ra,minano i legami familiari e so-ciali, esaltano l’abuso e il privile-gio, usano le armi del ricatto edella minaccia, avvelenano la vita

economica e le istituzioni civili.Vendono la droga,inquinano cam-pi e acqua, contaminano alimen-ti e medicinali,incendiano boschi,devastano risorse ambientali. Leloro azioni criminali avranno ef-fetti nocivi per generazioni.

Riciclano i proventi illeciti in at-tività legali, falsando la concor-renza e inquinando i mercati.Tra-sformano in un’occasione di ar-ricchimento ogni più turpe atti-vità: la prostituzione, il traffico diesseri umani e di rifiuti tossici, ilgioco d’azzardo, il commercio diarmi, della droga e di organi delcorpo umano.

L’Italia ha compiuto passi avan-ti nella lotta alle mafie. Negli an-ni sono state affinate le tecnicheinvestigative, sono state varate,seguendo anche l’intuizione diuomini illuminati e spesso vitti-me delle mafie, leggi efficaci, checolpiscono duramente i patrimo-ni mafiosi, premiano la dissocia-zione, aggravano le pene, intro-ducono nel codice nuove formedi reati. Sono state create strut-ture d’indagine e giudiziarie checonsentono una capillare cono-scenza sul territorio del fenome-no criminale. Occorre sostene-re il lavoro quotidiano, la rettitu-dine,la professionalità,l’intelligen-za di tante migliaia di donne e uo-mini dello Stato che ogni giorno- nella magistratura e nelle forzedell’ordine - difendono la nostravita sociale, e la nostra libertàpersonale e familiare,dall’aggres-sione delle mafie, attraverso l’a-zione di prevenzione e di repres-

sione. I risultati di questa azioneci sono;e sono sotto gli occhi ditutti. È bene ricordare che que-sta lotta, così dura, è stata e vie-ne condotta sul terreno della le-galità, del diritto, senza mai venirmeno a quei principi che con-traddistinguono uno Stato demo-cratico.Ma è necessario non fer-marsi. La mafia è ancora forte, èancora presente. Controlla atti-vità economiche, legali e illegali,tenta di dominare pezzi di terri-torio, cerca di arruolare in ogniambiente.Bisogna azzerare le zo-ne grigie, quelle della complicità,che sono il terreno di coltura ditante trame corruttive.

Accanto agli strumenti dellaprevenzione e della repressione,bisogna perfezionare quelli perprosciugare le paludi dell’ineffi-cienza, dell’arbitrio, del clienteli-smo,del favoritismo,della corru-zione, della mancanza di Stato,che sono l’ambiente naturale incui le mafie vivono e prospera-no. I vari livelli politico-ammini-strativi devono essere fedeli aipropri doveri e, quindi, imper-meabili alle infiltrazioni e alle pres-sioni mafiose.La repressione del-l’illegalità è inseparabile anche dal-la resistenza civile. La lotta al fe-nomeno mafioso non avrebbepotuto raggiungere livelli così al-ti senza una profonda consape-volezza dei nostri concittadini,senza un forte cambio di menta-lità, senza la promozione di unanuova cultura della legalità.

Come diceva Falcone, «la lot-ta alla mafia non può fermarsi auna sola stanza, la lotta alla ma-fia deve coinvolgere l’intero pa-lazzo. All’opera del muratore de-ve affiancarsi quella dell’ingegne-re». È l’orizzonte politico, giudi-ziario, di ordine pubblico, cultu-rale,educativo,sociale del nostroimpegno contro le mafie.

Dal discorso del presidente della Repubblica a Locri il 19 marzo 2017

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Falcone e Borsellino nel bassorilievo che campeggianell’atrio della scuolasecondaria di primogrado in viale Sarca a Milano, dedicata alla loro memoria.

di Stefania CECCHETTI«La lotta alle mafieriguarda tutti»

di Sergio MATTARELLA

«...nessunopuò pensare di

chiamarsenefuori.

Non è soltanto una stringente

e doverosaesigenza

morale e civile.

È anche unanecessità per

ciascuno...»

La memoria portata dai giovani

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Page 4: Copertina SORGE «Dopo le stragi del ’92 una …...alla magistratura e alle forze del-la polizia. Prima di tutto sono un male sociale,culturale e po-litico.Che gode di complicità

tura,appalti,ecc) o anchein altri settori?

Come ripeto da tempo,c’è la sa-nità, un settore relativamentenuovo. E poi i comparti della ri-storazione,del commercio e delturismo,che si espongono mol-to alla vendita, non richiedonograndi capacità tecnologiche edove si investe molto. C’è unacolpevole incapacità di risposta,perché il movimento dei capita-li nel settore dei negozi o dei ri-storanti non viene monitoratocome si potrebbe. La giustifica-zione è che mancano i fondi,masarebbero soldi ben spesi...

La recente condanna a 13anni e 6 mesi dell’ex asses-sore regionale Zambetti(per concorso esterno inassociazione mafiosa ecorruzione aggravata dal-l’aver agevolato la ’ndran-gheta) ha attestato anchea livello giudiziario comela mafia abbia raggiunto leleve del potere politico...

Su questa vicenda è caduto il go-verno della Regione Lombardia,ed è la prima volta che accadeun fatto simile. Rispetto a quel-la sensazione di impunità che evi-dentemente si provava nelle al-te sfere, da qualche tempo perfortuna c’è un’attenzione diver-sa. Rimane però il problema diuna certa “miopia”, di una len-tezza nel reagire... Ci si preoc-cupa di difendere la carriera per-sonale o piccole nicchie di po-tere, e non si pensa invece agliinteressi del Paese.

In effetti,in un passato nonmolto lontano, esponentigovernativi e funzionaridello Stato negavano conforza l’insidia mafiosa inLombardia.Oggi,dopo loscioglimento di alcuniConsigli comunali,questaconsapevolezza si è diffu-sa?

C’è ancora chi cerca di nascon-dere l’evidenza: sindaci e asses-sori che stanno con un piede di

qua e l’altro di là... Altri ammi-nistratori locali hanno assuntoorientamenti più chiari, si sonoiscritti ad Avviso Pubblico (la re-te degli enti locali per la formazio-ne civile contro le mafie, ndr), an-che se questo non è di per séuna garanzia.Occorrerebbe unagrande azione di bonifica dei Co-muni minori e un potenziamen-to sistematico dei Comandi lo-cali delle forze dell’ordine, per-ché non si può combattere lamafia solo dal centro.

Come valuta l’atteggia-mento della società civilelombarda di fronte al fe-nomeno mafioso?

Ci sono contemporaneamenteindifferenza, disponibilità a fareaffari, ma anche il movimentoantimafia più forte d’Italia.Que-sto bisogna dirlo con chiarez-za:nei campi di lavoro estivi van-no soprattutto ragazzi lombar-di, in Lombardia c’è una vitalitàche tutti possono testimoniaree che le altre regioni ci invidia-no. È un merito che la societàlombarda si è costruita con lesue mani.

Parlando di giovani, lei di-rige l’Osservatorio sullacriminalità organizzatadell’Università degli Studidi Milano, nato nel 2013con finalità di ricerca, im-pulso e promozione cul-turale...

È un presidio formativo con va-lenze scientifiche,ma anche fun-zioni civili,perché gli studenti so-no poi impegnati in associazio-ni, curano siti, lavorano con Li-bera. Più conoscono questi fe-nomeni, più si impegnano percombatterli. ■

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Il SegnoMaggio 2017

«Furono gli anni dell’ubria-catura dei Corleonesi,che rischiòdi portare Cosa Nostra ai ver-tici assoluti del potere e che perfortuna si concluse con il suo de-clino». Nando dalla Chiesa par-la del decennio culminato nellestragi di Capaci e via d’Amelio,aperto nel 1982 dall’attentato incui suo padre, il generale CarloAlberto dalla Chiesa,prefetto diPalermo,fu trucidato con la mo-glie e l’agente di scorta. Lì si ra-dica il suo impegno contro tut-te le mafie che, terminata l’azio-ne politica nelle sedi istituziona-li,continua nell’attività accademi-ca (è titolare di quattro corsi,tracui la cattedra di Sociologia del-la criminalità organizzata in Ita-lia, e dirige l’Osservatorio colle-gato),nella mobilitazione civile (èpresidente onorario di Libera) ein un’ampia pubblicistica (libri,editoriali e rubriche sulla cartastampata e alla radio, blog on li-ne): sui tragici eventi del 1992 èin uscita in questi giorni Una stra-ge semplice (si veda il box a fian-co). Riflettendo su quella stagio-ne, rileva: «La mafia fece una di-mostrazione di forza impensabi-

le. Così come impensabile fu lareazione dello Stato, che infattiCosa Nostra non si aspettava...».

A cosa si riferisce?Dopo l’assassinio di mio padreentrò in vigore la legge La Tor-re sull’associazione a delinque-re di stampo mafioso,che impli-cava il sequestro e la confisca deibeni e che fece molto male allamafia. Dopo Falcone e Borselli-no arrivò il 41-bis, che inasprivale misure di carcerazione deiboss. Poi c’è stata la legge pro-mossa da Libera sul riutilizzo so-ciale dei beni confiscati...Passag-gi che hanno segnato punti a fa-vore dello Stato e della società.

La confisca dei beni con-sente un recupero in ter-mini economici e sociali eha valenza culturale;peròla riforma che dovrebberafforzare l’agenzia inca-ricata giace da tempo alSenato...

È un settore che non si vuolepromuovere, e invece avrebbebisogno di fondi e di persone dieccellenza assoluta.Non può co-stituire un passaggio burocrati-co, di carriera...

Ma è più pericolosa la ma-fia delle stragi o quella re-

lativamente “silenziosa”di oggi?

Sicuramente quella era moltopiù agguerrita e aggressiva: unpotere pervasivo che puntava afare della Sicilia una sorta di nar-co-Stato dentro il Paese. Si puòdire quello che si vuole, ma og-gi questo rischio non c’è.

Lei fu tra i primi a denun-ciare in modo circostan-ziato (anche attraverso larivista Omicron) le infiltra-zioni delle cosche negliambienti politici, econo-mici e imprenditoriali delNord.Oggi com’è la situa-zione?

È molto controversa.Da una par-te c’è un’avanzata continua de-gli uomini, dei capitali e degli in-teressi mafiosi nella società e nel-le istituzioni del Nord, il porta-to di un’onda lunga cominciatanegli anni Ottanta e Novanta.Una marea che ha investito laLombardia e il Piemonte,poi l’E-milia e anche la Liguria. Dall’al-tra,finalmente,sta crescendo unacapacità di reazione, in partico-lare in Lombardia e Piemonte.

La mafia al Nord opera neisuoi ambiti “tradizionali”(racket, traffici di vari na-

Copertina

«...nellanostra regione

ci sono allostesso tempoindifferenza,disponibilità a fare affari,

ma anche il movimento

di reazionepiù forted’Italia:

nei campi di lavoro

estivi vannosoprattutto

i ragazzilombardi,

c’è una vitalitàche le altre

regioni ci invidiano.

Un merito che la società

civile si ècostruita con

le sue mani...»

di Mauro COLOMBO

Nando dalla Chiesa è professore ordinario di Sociologia della criminalitàorganizzata all’Universitàdegli Studi di Milano,di cui dirige anche l'Osservatorio sullacriminalità organizzata.Presidente onorariodell’associazione Libera e presidente della Scuola di formazione “Antonino Caponnetto”,è editorialista del Fatto Quotidiano.Ha scritto numerosi libridi analisi e denuncia del fenomeno mafioso.Per Melampo Editore sta per uscire Una strage semplice,sulla verità rimossa che portò a morteFalcone e Borsellino.Un libro-pamphlet che,snodandosi tra memoriapersonale e documenti,cerca di tirar fuori la doppia strage del 1992sia dalla retorica,sia dal mistero.

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Il SegnoMaggio 2017

DALLA CHIESA«In Lombardia

l’antimafia più vivace»

«...occorre monitorare il movimento dei capitali nei settori del commercio e della ristorazione, bonificare i Comuni minori

e potenziare i Comandi locali delle forze dell’ordine...»

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