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Luglio - Agosto 2003
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Bimestrale di informazione a cura del Consiglio dell’Ordine
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Luglio - Agosto 2003ORDINE DEGLI INGEGNERI DI NAPOLI
Bimestrale di informazione a cura del Consiglio dell’Ordine
EditoreConsiglio dell’Ordine degli Ingegneri
della Provincia di Napoli
Direttore EditorialeLuigi Vinci
Direttore ResponsabileArmando Albi Marini
Redattore CapoPietro Ernesto De Felice
Direzione, Redazione e Amministrazione80134 Napoli, Via del Chiostro, 9
Tel. 081.5525604 - Fax 081.5522126www.ordineingegnerinapoli.it
[email protected]/c postale n. 25296807
Comitato di direzioneEdoardo Benassai
Annibale de Cesbron de la GrennelaisSalvatore Landolfi Francesco Mondini
Marco Senese
RedattoriMarcello AgrustiEdoardo Benassai
Annnibale de Cesbron de la GrennelaisCamillo Alfonso Guerra
Salvatore LandolfiCesare Papa Malatesta
Aniello NappiMario Pasquino
Ambrogio PreziosoMarco Senese
Federico SerafinoFranco Sisto
Luciano Varchetta
Coordinamento di redazionePietro Nigro
Ha collaborato in redazioneClaudio Croce
Progetto grafico e impaginazioneDenaro Progetti
StampaGrafica Nappa snc - Aversa (Ce)
Reg. Trib. di Napoli n. 2166 del 18/7/1970Spediz. in a.p. 45% - art. 2 comma 20/b
L. 662/96 Fil. di Napoli
Finito di stampare nel mese di luglio 2003
◗ SICUREZZA2° Convegno Internazionale sull’affidabilità delle strutture 3di Nicola Augenti
La sicurezza statica nelle scuole della Campania 16di Pietro Ernesto De Felice
◗ ECONOMIAI pro ed i contro della globalizzazione dei mercati 7di Francesco Mondini
◗ INDUSTRIA E QUALITÀLa produzione di alimenti in atmosfera controllata 19di Roberto Rizzo
◗ EDILIZIACambia l’attività edilizia con il nuovo Testo Unico 23di Arturo De Paola
◗ AMBIENTEIn vigore le nuove disposizioni per lo smaltimento dell’amianto 29di Sergio Clarelli
◗ TECNOLOGIAOrdine Professionale e Innovazione Tecnologica 32Ordine degli Ingegneri di Napoli
Cittam 2003 per riqualificare le coste del Mediterraneo 48
◗ TRASPORTI E SICUREZZAInnalzamento del livello di sicurezza stradale in galleria 37di Gianpiero Marrone
◗ ENERGIAIl ruolo fondamentale delle fonti rinnovabili in Italia 45da “Ilsoleatrecentosessantagradi”
◗ ATTIVITÀ DELL’ORDINEProtocollo d'intesa tra Ordine Ingegneri Napoli e Napoletanagas 51
◗ LEGGI E CIRCOLARI 54
◗ SENTENZE 55
◗ VALORI AGRICOLI 2003 DELLA REGIONE CAMPANIA 57
Associato U.S.P.I.Unione Stampa Periodica Italiana
In copertina: Piazza Garibaldi - La stazionecentrale di Napoli. Cambierà, nei prossimi an-ni, con il piano di ristrutturazione delle Gran-di Stazioni.
Notiziariodel Consiglio dell’Ordine
degli Ingegneridella Provincia di Napoli
Nei giorni 15 e 16 maggio 2003si è tenuto a Napoli, presso l’AulaMagna della Facoltà di Ingegneria,il 2° Convegno Internazionale sultema “Crolli e affidabilità dellestrutture”.
La manifestazione organizzatadal prof. ing. Nicola Augenti, do-cente di “Progetto di Strutture” edal prof. ing. Gaetano Manfredi,docente di “Tecnica delle Costru-zioni”, entrambi del Dipartimentodi Analisi e Progettazione Struttu-rale dell’Università Federico II diNapoli, con la collaborazione deiproff. ingg. Antonio Occhiuzzi eGiovanni Fabbrocino, ha riscossogrande successo sia presso il mon-do scientifico che presso quelloprofessionale, con ampia parteci-pazione di studiosi e tecnici italia-ni e stranieri.
Il crollo dell’edificio in Napoli al rione Arenella
Il Convegno, che ha fatto seguitoad una precedente iniziativa svol-tasi nel dicembre 2001 presso l’I-stituto Universitario di Architetturadi Venezia, si è articolato in quat-tro distinte sessioni.
I lavori sono stati aperti dal Ma-gnifico Rettore dell’Università de-gli Studi Federico II di Napoli,prof. Guido Trombetti, che ha sot-tolineato l’attualità e l’importanzadei temi in discussione, con parti-colare riferimento al problema del-la vetustà degli edifici e della loromanutenzione strutturale, con l’o-biettivo di evitare vittime ma an-che di limitare i danni al patrimo-nio edilizio monumentale e resi-denziale.
E’ intervenuto, quindi, il prof. Lui-gi Nicolais che, nella qualità di As-sessore alla Ricerca Scientifica dellaRegione Campania, ha condotto unbreve excursus sulle iniziative scien-
tifiche in atto con il patrocinio dellaRegione e sui programmi scientificiin via di attuazione.
La prima sessione sul tema“Crolli e grandi dissesti” è stataaperta dalla relazione generale delprof. ing. Nicola Augenti il quale,sulla scorta della trentennale espe-rienza maturata in tale ambito, hacondotto una disamina dei crollipiù significativi verificatisi negliultimi quindici anni, corredandolacon numerose immagini inedite.Con riferimento ai collassi di interiedifici in conglomerato cementizioarmato, si è soffermato poi sulproblema della vulnerabilità degliedifici in cemento armato costruitinegli anni cinquanta e sessantaesaminando, in particolare, i quat-tro crolli più importanti avvenutinel volgere di soli trenta mesi: gliedifici di via Vigna Jacobini a Ro-ma, di via Pagano a Palermo, diviale Giotto a Foggia e di via Tra-versa Sanseverino a Napoli. La re-lazione è stata conclusa con losguardo rivolto alla prevenzionedei grandi dissesti che deve essereperseguita, principalmente, attra-verso l’analisi e lo studio dei crolliverificatisi.
I lavori della sessione sono pro-seguiti sotto la presidenza del prof.ing. Edoardo Cosenza, direttore delDipartimento di Analisi e Progetta-zione Strutturale della nostra Uni-versità, con l’ esposizione di undicimemorie presentate da docentiuniversitari, dirigenti di uffici tec-nici del Comune di Napoli (Servi-zio Sicurezza Abitativa e ServizioDifesa del Suolo) e ingegneri deiVigili del Fuoco.
I lavori sono stati conclusi dallarelazione a invito del prof. Rene B.Testa della Columbia University diNew York, che ha illustrato le pro-blematiche connesse al crollo delle
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INGEGNERInotiziario
2° Convegno Internazionalesull’affidabilità delle struttureDI NICOLA AUGENTI
Ingegnere
Twin Towers con dovizia di partico-lari e studi originali.
La seconda sessione sul tema“Tecniche di demolizione e di recu-pero” è stata aperta dalla relazione ainvito del dott. David A. Summersdella University of Missouri-Rolla,che si è soffermato in particolaresulle tecniche di demolizione me-diante getti di acqua ad altissimapressione.
Sotto la presidenza del prof. ing.Enzo Siviero, direttore del Diparti-mento di Costruzione dell’Architet-tura di Venezia, si è svolta la pre-sentazione delle memorie.
I lavori della seconda giornata so-no stati aperti dalla sessione “Geo-tecnica, Idraulica, Infrastrutture”: larelazione a invito tenuta dal prof.ing. Carlo Viggiani, docente di Tec-nica delle Fondazioni presso la no-stra Università, ha riguardato il te-ma dei “Dissesti a seguito di cedi-menti differenziali in fondazione”attraverso un’esposizione, comesempre, dotta e coinvolgente.
La presentazione delle memorie,avvenuta sotto la presidenza delprof. ing. Enzo Siviero, ha visto inparticolare la partecipazione di spe-cialisti nel campo dell’idraulica edella geotecnica.
La quarta e ultima sessione, ri-guardante “Affidabilità strutturale eindagini”, è stata aperta dalla rela-zione generale del prof. ing. GaetanoManfredi che si è soffermato parti-colarmente sul problema delle inda-gini da condurre sugli edifici esi-stenti, anche alla luce delle nuovenormative. Sono stati quindi ricor-dati i Progetti di Ricerca in fase diattuazione, sia in ambito nazionaleche internazionale, ai quali partecipain maniera determinante il Diparti-mento di Analisi e ProgettazioneStrutturale della nostra Università.
E’ stata quindi la volta del prof.ing. Pietro Pedeferri, docente di Cor-rosione e Protezione dei Materialipresso il Politecnico di Milano, ilquale ha tenuto una relazione a in-vito sul problema dei dissesti provo-cati dalla corrosione delle armaturemetalliche.
E’ seguita la presentazione dellememorie.
I lavori del Convegno si sono con-clusi con una Tavola Rotonda coor-dinata dal prof. ing. Edoardo Cosen-za, alla quale hanno partecipatol’arch. Enrico Guglielmo, Sovrinten-dente ai Beni Ambientali e Architet-tonici della Campania, l’ing. Salva-tore Perrone, Ispettore Regionale deiVigili del Fuoco della Campania,l’ing. Salvatore Capuozzo in rappre-
sentanza dell’Amministrazione Co-munale di Napoli e l’ing. MarioMautone, Provveditore alle OperePubbliche della Campania. Dal di-battito è emersa, tra l’altro, l’oppor-tunità di costituire un osservatoriopermanente sui crolli e sui grandidissesti, procedendo alla costituzionedi una banca dati relativa ai disastripiù significativi e alle loro cause.
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SICUREZZA4ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
Il crollo al Rione Arenella
L’ingegnere e la progettazione architettonica
Vincenzo Fasolo
nato a Spalato nel 1885e si è laureato iningegneria a Roma nel1909. E’ stato professore
universitario di Disegno presso laFacoltà di Ingegneria e di Storia eStili dell’architettura presso laFacoltà di Architettura di Roma,di cui è stato anche preside. E’stato progettista della fabbrica diS. Pietro e preside dell’Accademiadi San Luca. E’ stato autore disaggi storici sull’architettura. Trale opere realizzate in ambitoromano si ricordano le Case delleCivette a villa Torlonia (1916-20), il Liceo-ginnasio Mamiani(1921-24) , la scuola elementareCadlolo (1921-25), ex Palazzo deiGovernatorato a Ostia (1924-26),la Caserma dei Vigili del Fuoco avia Mormorada (1926-28), laColonia marina VittorioEmanuele III a Ostia (1930+32),la ristrutturazione del Conventodi S. Martino ai Monti (1936-38), il Ponte Duca D’Aosta alFaro Italico (1936-39) e ilPalazzo del’Anagrafe in via deiMare (1398-39). Di certointeresse è la villa Grottammare(Marche), opera giovanile conoriginali valenze compositive.(def. Nel 1969)
E’
1. Villa GrottammareMarche
2. Liceo-ginnasio Mamiani(1921/24), Roma
Laureato in ingegneria nel 1909
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Il concetto di Globalizzazioneestremizza quello di “interdipen-denza” e cioè espansione ed accele-razione degli scambi senza alcunconfine di capitali, servizi, beni, la-voro, informazioni, tecnologie, ecc.
La Globalizzazione quindi pre-senta un pianeta dove la mobilitàdi quanto su indicato è altissimaed avviene in tempo reale, un uni-co gigantesco mercato che realizzala piena competizione. La sua am-piezza cresce nel tempo coinvol-gendo aspetti economici, culturalie politici.
E’ quindi un processo di integra-zione crescente delle economie intutte le parti del mondo
Nel passato si affermava che imercati promuovevano l’efficienzadel sistema con la concorrenza e ladivisione del lavoro; oggi il merca-to globale offre l’opportunità dicercare e trovare quanto di meglioesiste in ogni angolo del mondo.Parliamo di materie prime, le piùadatte e meno costose, il lavoropiù qualificato, i capitali nei valorinecessari a realizzare i fabbisognidi crescita, i prodotti di più alto li-vello qualitativo.
In termini economici lo sviluppocomplessivo dei paesi è stato enor-me. Durante lo scorso secolo ilprodotto lordo mondiale è passatoda 2,5 a 40 mila miliardi di dollariin conseguenza del processo di li-beralizzazione, prima degli scambicommerciali e poi di quelli finan-ziari.
Questa globalizzazione dei mer-cati non ha però distribuito equa-mente i benefici che apportava. Trai vari motivi vanno citati:• l’incontrollato sviluppo demo-
grafico di molti paesi. Si valuta
che tra il 1998 ed il 2050 i 20paesi più popolati avranno unincremento della popolazione del50% (da 4,3 a 6.5 miliardi);
• lo sviluppo non risulta ugualeper tutti: è sensibile per i paesiche si integrano con i mercatiglobali, basso o anche negativoper i non integrati; infatti se nel1950 il reddito medio del paesepiù ricco era 35 volte quello delpiù povero, nel 1992 era salito a72 volte.
A conferma di quanto su affer-mato possiamo prendere il sud-estasiatico che in trenta anni ha in-crementato il suo reddito lordo,portandolo da un valore pari ad unquinto di quello dei paesi indu-strializzati a due terzi!
Altro recente esempio è la Cina,paese che si è aperto ai rapporticommerciali con l’Occidente nel1978 e che in poco più di 20 anniha portato il suo tasso di crescitavicino al 10% annuo!
Sono invece rimaste emarginategrandi aree quali l’Africa1 ed il me-dio Oriente e per la prima il reddi-to pro-capite continua inesorabil-mente a scendere.
Ma la Globalizzazione ha influitomolto, qualche volta negativamen-te, sui modelli economici di paesiche si sono lasciati maggiormentecoinvolgere.
Infatti la Globalizzazione richie-de a ciascun paese di fare soloquello che sa fare meglio e di met-tere a disposizione quanto possiedein materie prime, energie, e manod’opera a basso costo. Ora, consi-derato che le quantità di questi be-ni che possono essere complessiva-mente utilizzati a livello mondiale
I pro ed i contro dellaglobalizzazione dei mercatiDI FRANCESCO MONDINI
Ingegnere
1Vedi paragrafo L’Africa un continente da salvare
sono enormi, può accadere chequelli che risultano i più convenien-ti vengano sfruttati in modo massic-cio per certi periodi e poi abbando-nati, con pesanti ricadute sulle loroeconomie che quindi risultano go-vernate da chi utilizza i beni e nondai governi locali.
Si potrebbe quindi dedurre che acausa della globalizzazione le im-prese minacciano i sistemi politicied economici dei vari paesi, ma ineffetti le stesse imprese possono aloro volta risultare vittime dellastessa globalizzazione se non si in-tegrano bene.
La net-economy infatti permettedi alleggerire le strutture delleaziende abbassandone sensibilmentei costi fissi. Ne è scaturito che le im-prese che in passato perseguivano lapolitica di abbassare i costi realiz-zando forti economie di scala con lacostruzione di maximpianti, ora inpratica li debbono abbandonare per-ché risulta più conveniente l’econo-mia di scala di rete. Questo significadisporre in vari paesi di unità pro-duttive convenzionate, collegate te-lematicamente, che possono realiz-zare in concorrenza gli stock deiprodotti richiesti.
Richieste, trattative ed ordini ven-gono tutti effettuati in tempo realetramite un computer, permettendonotevoli economie.
E’ chiaro che queste produzionipossono essere realizzate nei paesiin via di sviluppo (PVS) nei quali leimprese hanno effettuato investi-menti, attirate dai bassi costi dellam.d.o., delle energie, delle tasse su-gli utili,ecc.
Accuse vengono fatte anche allatelevisione via satellite, in quantotende a cancellare le culture locali,ma è pur vero che è un mezzo chepermette di allargare le conoscenze,apprendere e valutare il tipo di vitae cultura di altri paesi.
Un pò di storiaMolti studiosi, specie americani,
fanno nascere il fenomeno globaliz-zazione verso la metà dell’800, conil notevole sviluppo dei trasportimondiali, un assestamento dei prez-zi delle materie prime e l’apertura
dei mercati dell’Asia orientale. Suc-cessive, ma molto importanti, legrandi emigrazioni dall’Europa ver-so i nuovi continenti ed una note-vole circolazione dei capitali.
Le più evidenti conseguenze fu-rono:A) le emigrazioni e gli scambi com-
merciali portarono notevoli van-taggi agli europei. Ad esempio, inItalia le grandi emigrazioni veri-ficatesi tra il 1870 ed il 1910 pro-dussero aumenti del 28% dei sa-lari reali, del 14% della ricchezzae del 28% del Prodotto internolordo per lavoratore.
Si determinarono però notevolidifferenze di reddito sia negli im-mensi e ricchi paesi dei nuovi conti-nenti che in quelli poveri del terzomondo, semplici esportatori di pro-dotti primari..
Rimasero esclusi per la loro di-stanza dai mercati aree interne inAfrica, Asia ed America Latina.
B) dopo la stasi verificatasi neglianni della prima guerra mondia-le, diffidenze, paure ed incom-prensioni determinarono politi-che autarchiche e quindi barrierealla emigrazione, al commercioed al trasferimento di capitali,con notevoli ricadute negative sumolti paesi.
C) dagli anni 50 riprende, su spintadegli USA che riavviano i trasfe-rimenti di capitali, un nuovo pro-cesso. Anche se non si raggiungo-no i valori di inizio secolo l’emi-grazione verso gli Usa riprende.
La liberalizzazione commercialeviene sposata in molti paesi, speciedell’Asia e nascono così le “Tigri”:Taiwan, Hong Konk, Singapore eCorea del Sud, che vedono salirevertiginosamente il loro reddito sot-to la spinta di crescenti esportazionie con l’aiuto indiretto dei grandipaesi, Cina, India, Pakistan, che per-seguono ancora per diversi anni po-litiche protezionistiche.
Gli economisti della Columbia University
In questa prestigiosa Universitàamericana, si sono concentrati inquesti ultimi anni tre fra i più famo-
si economisti che di fronte alla“Globalizzazione” hanno assunto trediverse posizioni.
Jagdish Bhagwati, “guru” del libe-ro mercato, la difende apertamenteattaccando il protezionismo tantopraticato dagli U.S.A., in particolareultimamente sull’acciaio e sull’agri-coltura, facendogli scrivere: “GliStati Uniti stanno dando un esem-pio terribile”.
Bhagwati lo considera contrarioagli impegni assunti nell’UruguayRound e nel Doha Round, dichia-randosi anche “favorevole alla libe-ralizzazione unilaterale”.
Rifiuta le sanzioni commerciali te-se a ridurre il lavoro minorile, qualiquelle di bloccare le multinazionali,affermando che la globalizzazione,dove ha liberalizzato il prezzo delriso, ne ha ridotto il costo del 33%,consentendo ai genitori di mandarei figli a scuola, mentre in alcunipaesi l’alternativa al lavoro delleminorenni nell’industria tessile èstata la prostituzione.
Non va usata quindi per Bhagwatil’arma del commercio, ma interventidiretti a contrastare in altro modo illavoro minorile. Inoltre, a suo pare-re, questa campagna di protezionedei minori può essere stata fomen-tata da chi, come i sindacati, l’uti-lizzano per scopi protezionistici afavore dei propri associati.
Confuta quindi anche le tesi delmovimento anti-global tra cui pensaci siano persone che vogliono di-struggere il sistema capitalistico (so-no quelli che si fanno più sentirenelle piazze) e poi quelli che voglio-no esercitare i propri diritti ed in-fluenzare platealmente la politica. Iprimi li considera “i nuovi guerrieri”in quanto, a differenza della vecchiaguerriglia che colpiva dove meno telo aspetti, essi compaiono invecedove te li aspetti e dove ci sono imedia pronti ad amplificare i loromessaggi.
Per Bhagwati però il fatto è chequesti messaggi non contengonoidee su come realmente sostituirel’attuale sistema.
E’ invece molto cauto sulla libera-lizzazione finanziaria, realizzata inEuropa solo da qualche decennio e
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che è da applicare con salvaguardiein quanto in Asia ha dato una catti-va fama alla globalizzazione.
Un altro “guru” della economianella Columbia University è JosephStiglitz (pure lui premio Nobel) chedopo una brillante carriera nella fi-nanza internazionale e come Consi-gliere economico di Bill Clinton, èdiventato famoso per la denuncia dipossibili disastri generati dalla glo-balizzazione da lui definita: “unapiù stretta integrazione dei paesi edei popoli nel mondo, risultantedalla enorme riduzione dei costi deitrasporti e delle comunicazioni edalla caduta delle barriere artificialialla circolazione dei beni, servizi,capitali, conoscenze e delle personeattraverso le frontiere”.
Stiglitz afferma che la critica di“meccanicismo e di banalità” fattoalle istituzioni finanziarie interna-zionali non è priva di fondamento,ma anche che il FMI e la BancaMondiale non sono i simboli del ca-pitalismo globale; sono degli Entipara-statali che raccolgono e distri-buiscono risorse finanziarie a paesiin cui poi i governanti corrotti leimpiegano per scopi ben diversi (ar-mi, loro arricchimento, ecc).
Ultimo arrivato alla Columbia èJeffrey Sachs, proveniente da Har-vard e portatore di una terza via al-la valutazione della globalizzazionein merito al pesante debito dei paesipoveri.
Un nuovo pensiero lo ha fornitol’economista francese Pascal Salinche afferma che l’idea secondo cuila liberalizzazione degli scambi pos-sa compromettere la posizione dioligopolio nella competitività dete-nuta dal mondo occidentale è errata.
L’idea che lo scambio creerebbeineguaglianze a svantaggio dei pae-si poveri non è sempre vero. Per luiè un giudizio di una cultura econo-mica materialistica superata inquanto considera che nel pianetaesista una determinata quantità dirisorse naturali da ripartire, mentrelui afferma che ogni risorsa naturalenon ha un valore economico sino aquando qualcuno non ne trovi unutilizzo e non l’associ ad un proget-to umano.
L’Africa un continente da salvareDurante tutti i G8 e le Assemblee
generali della FAO viene ripropostoil grande dramma dell’Africa, l’uni-co grande emarginato sino ad oradai benefici della globalizzazione.Dramma riproposto, ma mai affron-tato con la volontà di risolverlo.
Gli aiuti che gli vengono dati con-tinuano a ridursi. Nel 1990 ogni suopaese sottosviluppato riceveva 32dollari l’anno per ciascun abitante,ora riceve 14 miliardi di dollari perquasi 750 milioni di esseri umani ecioè circa 19 dollari per ciascunodei suoi abitanti che sono certamen-te molto meno considerati dei bovi-ni della Comunità europea, per cia-scuno dei quali viene versato dallaU.E. un dollaro al giorno!
Per contro gli abitanti dell’Africasub-sahariana, i più poveri, devonovivere con 65 centesimi di dollaro algiorno.
Ma non è tutta colpa dei ricchi oc-cidentali; lo stesso Presidente del SudAfrica Thabo Mbeki (succeduto al di-missionario Nelson Mandela), insie-me ai presidenti della Nigeria e del-l’Algeria hanno ammesso le respon-sabilità dei paesi africani “che si de-vono muovere più rapidamente” enon aspettare l’elemosina dei paesiricchi; l’Africa deve trovare la via peruno sviluppo economico sostenibile.
Anche il Presidente del Ghana(paese che ha subito 27 golpe nei 55anni di indipendenza) si è espressoper una entrata nella corrente dellaglobalizzazione purché vengano fis-sate regole più eque.
In effetti in Africa esistono giàpaesi non più sottosviluppati, qualiil Sud Africa, ben avviato dagli in-glesi, il Mozambico con una buonacrescita economica, le Seycheles conun reddito pro-capite elevato, masono eccezioni!
Problema fondamentale per que-sto continente è la instabilità politi-ca, mentre la mancanza di leadercapaci e di strutture lo fa crescertroppo lentamente.
E’ stato difatti portato l’esempiodello Zambia che nel 1964 aveva unPIL pro-capite doppio di quello dellaCorea del Sud, ma che dopo quasi40 anni è passato a solo 1/27.
Un altro problema dell’Africa èl’Aids che miete un numero incredi-bile di vite umane (quasi 24 milioniad ora) che ha creato 13 milioni diorfani e quasi 40 milioni di malati.Gli aiuti specifici sono certamenteinadeguati ed il Segretario generaledell’ONU, Kofi Annan, ha già piùvolte sollecitato tutti a contribuirein modo più sostanzioso per cercaredi debellare la malattia.
Parte dei problemi africani dipen-dono poi anche dalle barriere doga-nali che i “fautori della globalizza-zione” mantengono nei confrontidei prodotti agricoli ed artigianalilocali.
Significativo è stato il titolo ap-parso sul quotidiano economico IlSole 24 Ore del 24.06.01: “Un conti-nente alla deriva nel silenzio”.
ConclusioniL’economia e la società sono nel
centro di una Rivoluzione parago-nabile a quella industriale dell’800,costituita da 4 fattori:• Globalizzazione dei mercati;• diffusione della tecnologia infor-
matica;• smantellamento della tradizionale
gerarchia manageriale;• creazione di una nuova informa-
tion economy.
Fattori che si diffondono rapida-mente e sono interdipendenti tra loro.
Un tempo la globalizzazione con-sisteva nella esportazione di beni eservizi verso altri paesi, nel trasferi-mento di impianti produttivi in pae-si dove il costo della produzione ri-sultava inferiore.
Oggi la globalizzazione richiedeche le decisioni del manager nonguardino al proprio paese, ma almondo intero che è il suo nuovomercato.
Il grande sviluppo delle comuni-cazioni e dei trasporti tende ad uni-formare il “gusto” dei clienti, sia peri prodotti alimentari che per i benidi lunga durata.
Molti prodotti vengono importati,altri hanno componenti costruiti al-l’estero per cui i produttori naziona-li devono affrontare un mercatocompetitivo ed aggressivo.
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Analogamente è divenuto “globa-le” anche il mercato del lavoro percui i lavoratori dei paesi ricchi tro-vano sempre più concorrenza daquelli dei paesi in via di sviluppo.
Negli ultimi decenni molti paesi sisono aperti al mercato mondiale concrescita sensibile delle proprie eco-nomie. Oltre alle 4 Tigri già citate,l’esempio più evidente resta la Cina.
Va pure considerato che la stessaglobalizzazione ha comportato unincremento delle disuguaglianze tra ipaesi ricchi e quelli poveri; esempiolo sono quelli dell’Africa sub-saha-riana che hanno subito una ulteriorediminuzione del loro tenore di vita,anche se, come ammesso dagli stessiloro rappresentanti, una parte note-vole di questa situazione dipende dafattori e responsabilità interne.
Sul divario esistente tra Nord eSud si può dire che vi sono allo sta-to due scuole di pensiero diverse econtrastanti tra loro.
Una prima, diciamo degli “ottimi-sti”, afferma che il gap va riducen-dosi, l’altra quella dei “pessimisti”che è invece in crescita inesorabile.
Se fissiamo come spartiacque trapaesi poveri e paesi non poveri unreddito di 1 dollaro al giorno, se-condo un recente studio della BancaMondiale nel 1980 il 30% della po-polazione mondiale (allora 1,4 mi-liardi di persone) viveva al di sottodi quel limite, ma che nel 2000 ilnumero sarebbe sceso ad 1,2 miliar-di, pari al 20% del numero degliabitanti del pianeta.
Questa inversione di tendenza sa-rebbe quindi dovuta alla possibilitàche molti paesi in via di sviluppohanno avuto di partecipare alla cre-scente globalizzazione della econo-mia con il trasferimento di alcunefasi delle produzioni industrialeverso le periferie del mondo alla ri-cerca di costi di produzione semprepiù bassi.
Di conseguenza i paesi con sensi-bile flusso di esportazione industria-le sono passati dal 25% del 1980all’80% nel 2000 e la crescita mediaannua del reddito pro-capite nettasarebbe migliorata, passandodall’1% degli anni 60 al 4% deglianni 80 ed al 5% degli anni 90.
Ma a questi miglioramenti nonhanno però partecipato tutti i paesipoveri.
Alcuni di essi sono rimasti emargi-nati da questo processo (circa un mi-liardo di persone); sono gli abitantidei paesi che vivono esclusivamentecon l’esportazione di materie prime(agricole e minerarie) in un mondoin cui la ricchezza è determinata daun valore aggiunto tecnologico edimmateriale incorporato in beni eprodotti. Inoltre anche i paesi chehanno migliorato le loro condizionisocio-economiche sono tutt’ora con-dizionati da alcuni fattori negativiquali la corruzione dei loro gover-nanti, il peso del debito estero, spes-so quasi insostenibile perché va pa-gato in valuta pregiata (es. dollari), lespese militari, condizioni sanitarieche provocano epidemie ed il “dre-naggio dei cervelli” (i loro migliorielementi) che vengono attirati dallemigliori condizioni di vita che essiottengono nei paesi sviluppati.
Cause del perdurare di un insuffi-ciente sviluppo di alcune aree sonoanche:• l’insufficiente assistenza finanzia-
ria che i paesi sviluppati si sonoimpegnati da tempo a fornire (pariallo 0,7% del loro PIL), ma che èstato erogato totalmente dai paesiscandinavi, mentre per gli altri siva da uno 0,35% del Giappone adun modesto 0,10% degli U.S.A.
• l’insufficiente flusso di investi-menti da parte dei paesi ricchi percui nell’ultimo decennio (anni 90)dei 1.100 miliardi di dollari di in-vestimenti è andato in Europa il55%, il 23% in USA, il 20% neipaesi in via di sviluppo e solo l’1%verso i paesi a reddito più basso.
Sembrerebbe quindi di poter con-cludere che chi non riesce ad ag-ganciarsi al treno della globalizza-zione sia destinato ad un sottosvi-luppo.
Giudizi sulla globalizzazioneAmartya K. Sen Economista – Filosofo premio Nobelnel 1998
E’ stata chiesta una valutazionedel processo di globalizzazione e
della azioni poste in essere dai con-testatori all’economista-filosofo in-diano Amartya K. Sen. Il suo giudi-zio è stato espresso in una relazionetenuta recentemente a Palermo, ri-portata nel giornale “Il Sole 24 Ore”e parzialmente riportata nel seguen-te paragrafo.
“La gravità e le conseguenze deicontrasti tra ricchezza e povertàsembrano non toccare la sensibilitàdi una grande massa delle persone.Ci domandiamo quindi se è dovutoa cecità morale, a supremo egocen-trismo o se invece la spiegazionedella nostra indifferenza non è in-vece solo difetto di conoscenza,frutto tanto di un irragionevole otti-mismo, quanto di un pessimismosenza fondamento.
L’ottimista testardo spera che pre-sto le cose cambieranno e che l’eco-nomia di mercato, che ha portato atanti paesi prosperità, estenda a tuttii suoi benefici.
Il pessimista ad oltranza insistesulla persistenza della miseria ed èpessimista sulla capacità delle at-tuali persone di cambiare il trend.Alla fine il primo conclude che nonè il caso di fare resistenza ed il se-condo che sarebbe inutile farla.
Di per se la globalizzazione non èuna novità nè una follia. In unaprospettiva storica contribuisce damillenni al progresso nel mondo, at-traverso viaggi, commercio, migra-zioni, disseminazione delle influen-ze culturali, del sapere delle cono-scenze, scienza e tecnologia com-prese. Fermarla avrebbe recato alprogresso umano danni irreparabili.
Mi sembra che per un verso o perl’altro l’oggetto del contendere sia-no le disuguaglianza inter e intra-nazionali di ricchezza, le notevoliasimmetrie del potere politico, so-ciale ed economico e quindi la con-divisione dei potenziali benefici del-la globalizzazione tra paesi ricchi epoveri e tra diversi gruppi all’inter-no di uno stesso paese. Non bastaconvenire sul fatto che i poveri delmondo hanno bisogno della globa-lizzazione almeno quanto i ricchi,bisogna anche assicurarsi che otten-gano ciò di cui hanno bisogno equesto potrebbe richiedere una pro-
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ECONOMIA10ORDINE DI NAPOLI
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fonda riforma istituzionale da af-frontare nel momento stesso in cuisi prendono le difese della globaliz-zazione.
Forse occorre concentrarsi innan-zitutto sull’immenso ruolo delle isti-tuzioni non di mercato nel determi-nare la natura e la portata delle dis-uguaglianze.
Le istituzioni politiche, sociali, le-gali ed altre ancora, possono influi-re fortemente sul buon funziona-mento dei meccanismi di mercato,allargandoli e facilitandone un usoequo e così facendo intervenire sulledisparità tra le nazioni e sulle dis-uguaglianze interne ad esse.
C’è bisogno oggi di interrogarsinon soltanto sulla economia e sullapolitica della globalizzazione, maanche sui valori che contribuisconoalla nostra concezione del mondoglobale senza lasciarsi sopraffare daun misto di ottimismo testardo e dipessimismo dissennato. C’è bisognodi riflettere non solo sugli impegnidettati da un’etica globale, ma sullanecessità concreta di mettere le isti-tuzioni internazionali al servizio delmondo e di estendere il ruolo delleistituzioni sociali in ogni paese.
E’ importante tener conto dellacomplementarietà tra istituzioni di-verse, tra cui: il mercato e i sistemidemocratici, le opportunità sociali,le libertà politiche e altri elementiistituzionali, vecchi e nuovi.
Serviranno istituzioni innovativeper affrontare le questioni di so-stanza sollevate dai dubbi globali eper spezzare il cerchio di incomuni-cabilità nel quale i movimenti diprotesta tendono sempre più a rin-chiudersi. La protesta globale degliattivisti in tutto il mondo può dav-vero essere costruttiva, ma perché losia, questi movimenti vanno giudi-cati per le domande che pongono,più che per le risposte apparente-mente contrarie alla globalizzazionecontenute nei loro slogan”.
Romano ProdiPresidente della Commissione europea
“Oggi ci troviamo in una situazio-ne che io definisco” delle tre ingiu-stizie”: il forte aumento della diffe-renza sociale e di prosperità tra le
categorie più ricche e quelle più po-vere nelle società sviluppate; lastessa crescente diversificazionenelle società dei paesi poveri e infi-ne i diversi livelli di crescita e di be-nessere medio nei paesi ricchi e inquelli poveri.
Non è un quadro cui possiamorassegnarci senza avere fatto tutto ilpossibile per cercare di ridurre lasperequazione, promuovendo rifor-me che consentano alle nostre socie-tà di divenire più aperte, più giuste epiù inclusive. E’ per questo che, fer-ma restando l’assoluta condanna perle violenze, non sottovaluto affattouna protesta che è spia di un males-sere reale e diffuso, che in quantotali, non possono e non devono es-sere ignorati. Il profondo dissensoche sta alla radice della protesta siarticola, a volta confusamente, inmille modi diversi, tanto da impedireun approccio globale che dalla lottacontro la povertà arrivi alla tuteladell’ambiente, passando per la difesadelle tipicità e per l’opposizione aldumping sociale.
Quest’estrema diversità di obiettivinon impedisce però di ricondurretutto al nocciolo originario, che è laprofonda insoddisfazione per i livel-li di giustizia e di partecipazione so-ciale esistenti. Ma occorre fare at-tenzione: il problema della povertànel mondo non si risolve con menoglobalizzazione, ma con più globa-lizzazione. Non è un caso se le so-cietà più marginali e povere delmondo non sono quelle coinvolte,ma quelle ignorate dalla globalizza-zione.
L’alternativa alla globalizzazione èinfatti il bilaterismo, in cui spessotutto è demandata alla buona vo-lontà del più forte. E qui entriamoin un altro degli aspetti chiave dellaquestione.
Non si governa la globalizzazionesenza le organizzazioni multilatera-li. Non si aprono i mercati senzapassare per l’Organizzazione Mon-diale del Commercio; non si cancel-la il debito e non si migliorano leinfrastrutture dei paesi più poverisenza la Banca Mondiale o il FondoMonetario; non si promuovonostandard sociali più elevati senza
l’Organizzazione Internazionale delLavoro.”
Antonio FazioGovernatore della Banca d’Italia
“La globalizzazione finanziarianon è un gioco a somma nulla; daessa derivano vantaggi rilevanti perlo sviluppo della economia mondia-le, ma ne possono anche discendereinstabilità e perdite notevoli per ipaesi più piccoli e più deboli.
Occorre proseguire con decisionenelle azioni avviate dal Fondo Mo-netario Internazionale e dalla BancaMondiale per sollevare i paesi piùpoveri altamente indebitati da unonere contratto anni addietro incondizioni di estremo bisogno. Esi-stono le condizioni per completarequesto risanamento, come auspicatodalla chiesa, da organizzazioni in-ternazionali, da eminenti personali-tà politiche”.
Paolo Giarretta Associazione Interparlamentare per il Giubileo
Le origini del debito estero deipaesi più poveri.
Sostanzialmente il meccanismoscatenante della crescita esponen-ziale del debito estero dei paesi piùpoveri va individuata nella politicaperseguita dal sistema bancario in-ternazionale in conseguenza delloshock petrolifero del 1973 e del1979. L’aumento deciso unilateral-mente dai paesi produttori di petro-lio del prezzo del greggio fa affluirenelle casse dei paesi produttori rile-vantissime disponibilità finanziarie(i così detti petrodollari) che nonpossono trovare occasione di impie-go all’interno dei paesi e che vengo-no quindi immessi nel sistema ban-cario occidentale.
Le banche commerciali gestistonoquesta eccezionale disponibilità (chenel 1980 raggiunge la cifra record di113 miliardi di dollari) ricercandouna collocazione sul mercato, indi-rizzandola prevalentemente, data lastagnazione delle economie occiden-tali, verso i paesi del terzo mondo.L’accanita concorrenza tra le bancheporta ad interventi spesso poco at-tenti alla qualità degli investimenti,
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al rischio paese, alla effettiva capa-cità economica dei paesi debitori asostenere processi di sviluppo capacidi generare risorse aggiuntive per ilpagamento del debito.
La seconda crisi petrolifera portaall’adozione di politiche da parte deipaesi più ricchi (USA e Gran Breta-gna in particolare) che hanno comeconseguenza un forte rafforzamentodel dollaro ed una lievitazione deitassi di interesse, che crescono intermini reali tra il 1978 ed il 1981 dioltre il 20%.
In sostanza i paesi poveri si trova-no a pagare interessi crescenti conmoneta sempre più debole e si inne-sca una spirale perversa.
Nel 1982 il Messico si trova nel-l’impossibilità di onorare i propridebiti decidendo la sospensione deipagamenti.
La comunità internazionale reagi-sce predisponendo i primi program-mi di ridefinizione delle scadenzedel debito, allungandone i termini ericontrattando le condizioni; le nuo-ve risorse finanziarie che affluisco-no ai paesi poveri sostanzialmenteservono a liberare le banche com-merciali private dalle proprie espo-sizioni; i crediti passano in granparte agli organismi finanziari mul-tilaterali
(Fondo Monetario Internazionale eBanca Mondiale) che subordinano ipropri interventi all’adozione daparte dei paesi debitori di “program-mi di aggiustamento strutturale” cherichiedono aumento dell’imposizio-ne fiscale ed ingenti tagli alla spesapubblica aumentando le condizionidi povertà delle popolazioni e con-dizionando negativamente le oppor-tunità di sviluppo futuro.
E’ iniziato cosi’ un circolo perver-so: i paesi indebitati devono rifon-dere i debiti con valuta pregiata, lacui unica fonte significativa di ap-provigionamento consiste nellaesportazione di materie prime. Ma ilprezzo delle materie prime è costan-temente in calo sui mercati interna-zionali (nell’ultimo anno il prezzomedio delle materie prime, esclusi iprodotti petroliferi, è diminuito del16%), cosicchè i paesi più indebitatisi trovano due volte sfruttati perché
interessi elevati li obbligano a resti-tuire più volte il capitale prestato,perché la valuta pregiata che devo-no acquisire costa sempre di più inrapporto alla loro moneta.
Basti pensare che i paesi dell’Afri-ca sub-sahariana, la parte più pove-ra dell’Africa, devono in media im-piegare il 20% del loro prodotto lor-do per pagare gli interessi dei debiticontratti: spendono quattro volte dipiù per pagare debiti a nazioni ric-che di quanto possano spendere pergli interventi sanitari a favore delleproprie popolazioni.
Soffermiamoci su questo dato: il20% del prodotto interno lordo èuna enormità, che impedisce di im-postare ogni processo di sviluppo epromozione umana.
Se l’Italia dovesse sostenere unonere di questa dimensione dovreb-be disporre ogni anno di una quotaaggiuntiva di 200.000 miliardi di li-re. La finanziaria più pesante delgoverno Prodi necessaria per rien-trare nei parametri di Maastricth harichiesto un sacrificio di 60.000 mi-liardi; pensiamo cosa sarebbe del si-stema economico, del sistema diprotezione sociale, del sistema edu-cativo del nostro paese, che pure èun paese ricco, se dovessimo affron-tare ogni anno una manovra econo-mica di queste dimensioni, con au-menti della pressione fiscale, licen-ziamenti massicci nel settore pub-blico e tagli drammatici della spesasanitaria, educativa ed assistenziale.
Nel 1980 il debito estero dei paesiin via di sviluppo assommava a 658miliardi di dollari, nel 1990 era sali-to a 1.539 miliardi di dollari ed oggisi calcola che il debito abbia rag-giunto la somma di 2.200 miliardidi dollari, vale a dire circa il doppiodel prodotto interno lordo dell’Ita-lia: una cifra che ci appare enorme(e lo è per le economie dei paesi po-veri) ma se commisuriamo al cumu-lo delle transazioni finanziarie cheavvengono nel mondo, a ciò che sispende per i sistemi di armamento ecosì via, ci possiamo rendere contoche è una grandezza che può essereaffrontata dalla comunita interna-zionale senza richiedere alcun signi-ficativo sacrificio.
Le cifre del debito sono natural-mente la spia del permanere, ed anzidell’allargarsi di profonde disparitàtra i singoli paesi: l’estendersi diprocessi di globalizzazione commer-ciale e finanziaria non sta affattoportando ad una crescita più equili-brata e continua.
E’ vero che i processi di sviluppoinvestono anche nuovi paesi, capacidi attivare investimenti esteri, ma ipaesi marginali vedono accresceresempre più la distanza dai paesi ric-chi: oltre 80 paesi hanno redditipro-capite più bassi di quelli cheavevano 10 anni fa, una famigliamedia africana consuma oggi il20% in meno rispetto a 25 anni fa.
Il divario di reddito tra il quintopiù ricco della popolazione mondia-le ed il quinto più povero si sta ac-crescendo spaventosamente: era di30 ad 1 nel 1960 rispetto al 74 a 1del 1997. Cresce anche la concen-trazione della ricchezza: i 200 indi-vidui più ricchi al mondo hanno piùche raddoppiato il proprio patrimo-nio negli ultimi 4 anni: con oltre1.000 miliardi di dollari USA pos-seggono un patrimonio pari al red-dito del 41% della popolazionemondiale. E’ stato osservato che ba-sterebbe un contributo dell’1% an-nuo sul patrimonio di questi 200 in-dividui per offrire l’accesso univer-sale alla istruzione privata.
Nel 1998 le prime 10 industrie dipesticidi controllavano l’85% dellaproduzione globale, mentre nel set-tore delle telecomunicazioni le pri-me 10 imprese controllano l’86% delmercato. I paesi OCSE con il 19%della popolazione globale controlla-no il 71% del commercio globale deibeni e servizi, il 58% degli investi-menti diretti esteri.
Le prospettive per i prossimi annirestano negative. Un recente rap-porto della Banca Mondiale mette inluce la grave crisi che caratterizzal’economia dei paesi sottosviluppatiin conseguenza della crisi finanzia-ria internazionale iniziata in Asia .Il tasso medio di sviluppo è destina-to a calare all’1,5% rispetto al 4,8%del 1997, raggiungendo il livello piùbasso dal 1982 e non è prevista unaripresa prima della fine del 2003.
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ECONOMIA12ORDINE DI NAPOLI
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Il rallentamento del commerciomondiale, il calo dei prezzi dellematerie prime e l’abbandono degliinvestimenti esteri (il flusso dai mer-cati dei capitali internazionali versoi paesi in via di sviluppo è sceso a72 miliardi di dollari dai 136 miliar-di del 1997) obbligherà i paesi in viadi sviluppo ad adottare ulteriori po-litiche restrittive con drammaticheconseguenze sulle condizioni di vitadella popolazione”
Carlo Maria Martini Arcivescovo di Milano
“Sempre più spesso ciò che avvie-ne in un Paese ha ripercussioni inaltri: è il concetto di interdipendnza.Questo lo si nota ancora più neigrandi processi economici e finan-ziari.
E’ un fenomeno che può essere la-sciato andare alla deriva senza go-verno, lasciando vincere chi è piùforte economicamente, oppure lo sipuò assoggettare a norme preciseche aiutino a far sì che l’interdipen-denza diventi benefica. In questosenso è una occasione benefica.
Ognuno è responsabile di ciò chesi fa altrove: le responsabilità sonocondivise e vanno affrontate concriteri logici e per il bene comune.Occorre che i processi economicisiano sottoposti al giudizio morale,a categorie etiche. L’etica non ri-guarda solo il cammino di una so-cietà. Applicata alla finanza renderàpossibile la comprensione delle re-gole che tengano conto di uno svi-luppo globale che tenda al raggiun-gimento di una maggiore giustiziafra i popoli”.
Gianfranco Pasquino su Il Sole 24 Ore del 10 luglio 2001
In un articolo intitolato “Ma chiha dato la delega ai contestatori?“l’autore tra l’altro scrive:
“Una discussione su che cosa sia-no rappresentanza e democrazia vafatta con riferimento sia ai G8, siaalla tute bianche, al Genova SocialForum e al popolo di Seattle”. Ilpunto di partenza è che, strettamen-te parlando, nessuno dei governantidel G8 ha ricevuto un mandatoesplicito per negoziare sull’agenda
di Genova, né questo mandato esi-steva nelle altre occasioni. Però cia-scuno dei governanti ha in qualchemodo vinto le elezioni e, di conse-guenza, gode di una rappresentati-vità democratica del suo Paese. Cia-scuno di loro potrebbe fare meglio,ad esempio impegnandosi a recepireinteressi, preferenze, domande delproprio elettorato come gli vengonotrasmessi dal suo Parlamento (èquanto hanno fatto, almeno in par-te, le due mozioni approvate dalParlamento Italiano). Questo previomandato specifico, che non sarebbeperaltro sufficiente per negoziare,come essi dicono, sulla testa delTerzo Mondo e risulterebbe un pas-so avanti se diffondesse informazio-ne nei Paesi ricchi. Dall’altra partesta un variegato mondo di contesta-tori, ciascuno probabilmente con unsuo pezzetto di verità. Purtropponon è facile verificare quanta veritàvi sia effettivamente, da un lato,poiché la maggior parte dei conte-statori non intendono affatto espor-si ad un confronto non ideologizza-to, dall’altro, poiché nessun con-fronto avviene in pratica. L’ala vio-lenta del movimento prende il so-pravvento ed intimidisce rendendoimpraticabile qualsiasi scambio didati, di informazioni, di suggeri-menti.
Le molte riserve che i governantieletti di Paesi ricchi manifestano neiconfronti dei contestatori vanno aldi là delle capacità tecniche dellamaggior parte delle tute di qualsiasicolore di impostare problemi e diformulare soluzioni. Quelle riservetoccano alla radice i problemi dellarappresentanza e della democrazia.In estrema sintesi chi rappresentanodavvero i contestatori? Difficile chepossano essere considerati rappre-sentativi delle “masse” del TerzoMondo”. Ed è persino preferibile chenon siano rappresentativi delle trop-po élite corrotte di quello stesso Ter-zo Mondo. Rappresentano, dunque,un’opinione pubblica, diffusa forsepiù nel Primo e nel Secondo Mon-do? Se fosse davvero così, perchéallora non cercano di ottenere unmandato elettorale nei rispettiviPaesi, perché non si rafforzano con
il voto utilizzando le campagneelettorali per diffondere informazio-ni e sensibilizzare le opinioni pub-bliche? Sono soltanto avanguardieben nutrite, ben vestite, moltoistruite, ma non beneducate? Quan-d’anche fosse così, e spesso lo è,questo non squalificherebbe auto-maticamente le loro richieste. Anchele avanguardie sono in grado di co-gliere tendeneze e di suggerire solu-zioni. Tuttavia, nessuna avanguar-dia può pretendere né di avere l’uni-ca soluzione corretta, né di imporlasic et simpliciter a governanti chehanno la legittimità espressa da mi-lioni di voti.
Sicuramente, dovremmo ripensareanche alla democrazia a livellomondiale e alla rappresentanza at-traverso l’espansione di una opinio-ne pubblica informata e influente.Sarà possibile cominciare a fare tut-to questo quando le avanguardiepasseranno in maggioranza dallaprotesta alla proposta e deciderannodi confrontarsi con le proprie retro-guardie. Nessuna democrazia mon-diale verrà creata se il primo passoconsiste non nella riforma, ancheprofonda, delle istituzioni esistenti,ma nella loro distruzione. E il se-condo passo non deve consistere nelnegare legittimità a chi, invece, rap-presenta concretamente i propriPaesi. Se questa è la rappresentanzada sfidare, allora i contestatori diSeattle, di Nizza e di Goteborg do-vrebbero cominciare dalle radici na-zionali del problema. Se i governan-ti nazionali cambiano e diventanopiù ricettivi, anche gli esiti dei con-sessi internazionali potranno diven-tare più favorevoli a prospettive di-verse, e riusciranno anche ad esserepiù genuinamente democratici”.
Luciano Gallino Ordinario di Sociologia all’Università di Torino
“Tra coloro che affermano che laglobalizzazione è un processo irre-sistibile, destinato a recare solo be-nefici, e d’altra parte i globalofobiche enfatizzano solo gli aspetti ne-gativi, faccio mia la posizione in-termedia di chi vede nella globaliz-zazione un processo di grande por-
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tata, che genera effetti sia positiviche negativi. Le frange del popolodi Seattle più loquaci e visibili sonoquelle che mi piacciono di meno,perché scivolano facilmente nellaviolenza o nell’essere antitutto. Pe-rò sono ben 6.000 le organizzazioninon governative che non hannonessun interesse a spaccare le vetri-ne o a bruciare le automobili e checontestano, non la globalizzazionetout court, ma come questa sia ve-nuta attenuandosi a partire daglianni Settanta.
Pensiamo agli indios del Venezue-la o a i nigeriani che vedono glioleodotti attraversare le loro capan-ne senza che nulla di quella ricchez-za si fermi sui loro territori.
Ciò che è drammatico nei processidi globalizzazione è la mancanza didiscussione e di partecipazione de-mocratica. Se oggi ci sono delle po-polazioni che riescono a farsi ascol-tare ed anche a sedersi a tavoli im-portanti come quello del WTO, è an-che merito della parte migliore delpopolo di Seattle.
Non è accettabile che duemilapersone possano decidere i destinidel mondo senza dover rendere con-to a nessuno”.
Raimondo Cubeddu su Italia Oggi: “Le aspettative deicontestatori del G8 sono infondate”
“Si è creata una duplice ma infon-data aspettativa secondo la quale lasconfitta politica dei G8 sarebbe ilprimo passo verso la creazione diun sistema di rapporti internazionalipiù giusti e secondo la quale i G8 ,messi finalmente sulla retta via, po-
tranno effettivamente governare ilprocesso di globalizzazione e diri-gerlo verso gli obiettivi auspicati edesiderabili.
“Si tratta di aspettative in largamisura infondate nelle quali riappa-re quel mito di un governo mondia-le che, se fondato su di una eticauniversale, farebbe nascere e pro-sperare la pace, l’armonia e la pro-sperità tra i popoli della Terra.
L’aspetto contradittorio della que-stione è rappresentato dal fatto chequest’applicazione di un unico codi-ce etico ai comportamenti di tuttigli uomini e a tutti i tipi di possibiliscambi sarebbe una modalità dellaglobalizzazione molto più accentua-ta ed oppressiva di quella che sivuol combattere.
Purtroppo quale sia un sistemaeconomico e di relazioni internazio-nali che possa favorire la libertà de-gli scambi e salvaguardare parimen-ti le autonomie culturali, quasi nes-suno parla.
Le pagine di giornali sono oc-cupate dalle ricette di prelati e dirappresentanti di gruppi che avan-zano le loro critiche e le loro tesidalle quali viene puntualmente fuoriun sistema di relazioni tra popolie nazioni che potrebbe realizzarsisolo se tutti praticassero in misuraindeterminata la virtù di una solida-rietà obbligatoria, magari perchéfondata sui valori di una ipoteticademocrazia mondiale, dei quali isuddetti, scalzando cinesi, indiani etanti altri (e chissà cosa ne verrebbefuori se fossero “democraticamente”consultati e se altrettanto “democra-ticamente”, se ne accettassero e ap-
plicassero le decisioni), si fanno in-terpreti e alfieri.
Ora se è evidente chi gli 8 grandirappresentano, non è per nulla chia-ro chi siano i rappresentati dei varigruppi che vogliono portare ragionie proteste a Genova.
Ma è anche evidente che un dialo-go che costruttivamente possa por-tare a limitare i danni a persone, co-se ed all’immagine internazionaledel paese organizzatore, non puòspingersi fino al punto di dare unacredibilità alle motivazioni dellecontestazioni.
Che per i miliardi di poveri delglobo si possa fare di più e di me-glio di quanto hanno finora fatto letante inefficienti, inefficaci e costo-se organizzazioni internazionali èfuori di ogni dubbio. Come purenon esistono vincoli a dare ciò chesi vuole del nostro tempo e dellenostre risorse a coloro che riteniamone abbiano bisogno.
Il punto in questione è se ognunopuò provvedere individualmente (li-beralità, magari interamente detrai-bile), oppure se debba essere co-stretto (solidarietà, aggiuntiva allanormale fiscalità).
Il fatto è che una solidarietà comequella auspicata e invocata dai con-testatori del G8 è anch’essa una for-ma di globalizzazione e che quantida secoli predicano la virtù privatae pubblica, l’amore universale, lasolidarietà e i loro effetti beneficinon sono ancora riusciti a realizzar-le senza far uso della violenza. Unfallimento, se ben si considera, su-periore a quelli tanto reclamizzatidel mercato”.
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ECONOMIA14ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
La sicurezza nelle Scuole dellaCampania registra un momento diparticolare rilevanza, per l’atten-zione che ad essa riserva l’UfficioScolastico Regionale della Campa-nia.
Invero tanta vivacità nasce daspecifiche segnalazione dei sinda-cati della Scuola che, all’indomanidel tragico crollo di un edificioscolastico a Campobasso, hannosollecitato il direttore regionaledott. Alberto Bottino ad attivareuna commissione paritetica perprocedere ad una veritiera indagi-ne sulle effettive condizioni degliedifici scolastici nella nostra regio-ne, a partire dalle condizioni stati-che, atteso che in molti casi sem-bra non esserci nemmeno il certifi-cato di collaudo statico.
Con la collaborazione efficacedell’ufficio per la sicurezza, ex art.20 del D.Lgs 626/94, operante nel-l’edificio di ponte della Maddalena,si è redatto un questionario assaiaccurato, per conoscere le condi-zioni reali degli edifici, sotto unamolteplicità di aspetti, con l’obiet-tivo di avere un quadro certo dellasituazione e poter programmarerazionalmente interventi di ade-guamento. Nella redazione delquestionario ha partecipato, insie-me a sindacati e rappresentanti deipresidi, l’Ordine degli Ingegneri diNapoli, nella persona del suo presi-dente, ing. Luigi Vinci, e del vicepresidente, ing. Pietro Ernesto DeFelice. Non a caso nella riunionedel comitato paritetico, tenutasipresso l’ufficio del dott. Bottino loscorso 25 giugno, erano presentirappresentanti di molte ASL dellaCampania, che hanno espresso laloro disponibilità all’apertura di untavola stabile in sede regionale persuperare il ruolo puramente repres-sivo delle ASL verso le scuole.
Fino ad oggi i capi di Istituto, ingenere su denunzia, vengono chia-mati in causa per le maggiori irre-golarità, se non addirittura additaticome responsabili per non averetempestivamente interessato dellecarenze (spesso inconsapevolmentesubite) gli enti pubblici proprietaridegli immobili. Il futuro potrebbeindirizzare le ASL verso un ruolodi consulenza competente, aiutan-do le scuole ad individuare le ca-renze e successivamente indirizza-re gli enti pubblici ai fondamenta-li, se pur graduali, interventi mi-gliorativi.
All’incontro è stato invitato an-che l’Ordine degli Ingegneri, nellapersona del suo vice presidenteing. Pietro Ernesto De Felice, an-che allo scopo di avviare una trat-tativa per un protocollo d’intesache coinvolga gli ingegneri, e se-gnatamente quelli che già operanonella scuola come docenti, in que-sta azione di verifica a tappetodello stato dei luoghi a partire daquelle situazioni che il questiona-rio proponga come prioritarie.
Se l’iniziativa del comitato pari-tetico è di assoluta soddisfazione,
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SICUREZZA16ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
La sicurezza staticanelle scuole della CampaniaDI PIETRO ERNESTO DE FELICE
Ingegnere
Alberto Bottino direttore regionale MIUR
non lo stesso può dirsi dell’impegnoda parte degli enti pubblici a colla-borare concretamente nella messa afuoco del problema.
Infatti di 552 Comuni sollecitati acompilare il questionario, solo 157hanno risposto, mentre 395 per ilmomento non si sono fatti sentire.Sarà cura dell’Ufficio Scolastico Re-gionale sollecitare ancora una pun-tuale risposta, anche attraversol’ANCI (Associazione dei Comunid’Italia), che invece si è mostrata as-sai interessata all’iniziativa.
I grafici allegati sottolineano lepercentuale dei Comuni che hannorisposto per ciascuna provincia.
Si sottolinea che l’ufficio scolasti-co avrebbe potuto seguire una stra-da che avrebbe registrato risposte alquestionario con percentuali più al-te, ad esempio attraverso i presidi,ma in tal caso le risposte, sotto ilprofilo tecnico, sarebbero state me-no attendibili e, comunque, avreb-bero registrato molti “non so” checertamente non gioverebbero all’ac-certamento complessivo.
In questa sede, ci pare inopportu-no trarre le conclusioni sulla scortadi percentuali non significative dirisposte raccolte, soprattutto se siconsidera che i maggiori comunidella Provincia, ed in particolare icapoluoghi, non hanno ancora ri-sposto, pur se hanno assicurato chelo faranno.
Tuttavia, sulla scorta della decen-nale esperienza che ha visto finora iComuni preoccupati della quantitàdi edifici utilizzati, piuttosto chedella loro qualità, riteniamo che l’a-ver raccolto un primo corposo pac-chetto di indicazioni, che in qualchecaso sono quasi delle autodenunzie,induce a ben sperare che l’operazio-ne possa procedere con risultati as-sai significativi.
Il futuro non può che essere cen-trato sulla determinazione di condi-zioni di assoluta sicurezza nei luo-ghi ove i nostri figli stazionano permolte ore della loro giornata. Sicu-rezza subito, ma in tempi lunghinon solo sicurezza. Gli edifici scola-stici dovranno rispondere anche aqualità, in termini di comfort, vivi-bilità, attrezzature complementari.
L’indagine in corso apre uno sce-nario che, guardando al presente,consente di costruire il futuro.
D’altra parte i tempi, sul pianonazionale, vanno proprio in questadirezione.
Il 24 maggio scorso Il Sole-24Ore pubblicava una nota dal titolo“Sarà on line tutta l’edilizia scola-stica”, segnalando l’accordo tra ilMinistero dell’Istruzione ed Engi-neering, la società che si è aggiudi-cato un appalto per ben 750milaEuro per la realizzazione di unaanagrafe nazionale dell’ediliziascolastica (oltre 10.000 edifici dellascuola statale, oltre quelli della
scuola non statale). Il sistema saràgestito attraverso il centro infor-matico di Monteporzio Catone, edovrà individuare la dislocazioneterritoriale, la disponibilità di ser-vizi pubblici adeguati, le barrierearchitettoniche, gli spazi attrezzatia verde e giochi, le palestre, lemense, le dimensioni ecc. Dovrebbeinteressarsi anche alle condizionistatiche, ma in tal senso riteniamoche gli accertamenti promossi dal-l’ufficio paritetico presso l’UfficioScolastico Regionale della Campa-nia, sotto il profilo qualitativo,possa essere più mirato, nel sensoche saranno i professionisti, preva-
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17SICUREZZAORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
AV BN CE NA SAComuni totali per Provincia 120 79 103 92 158Comuni che hanno risposto 41 26 26 24 40
MIUR - UFFICIO SCOLASTICO REGIONE CAMPANIA - COMMISSIONE PARITETICA EX ART. 20 D.LGS. 626/94 - RILEVAZIONE DATI TECNICI EDIFICI SCOLASTICI CAMPANIA
COMUNI
552
HANNO RISPOSTO
157
NON HANNO RISPOSTO
395
MIUR - UFFICIO SCOLASTICO REGIONE CAMPANIA - COMMISSIONE PARITETICA EX ART. 20 D.LGS. 626/94 RILEVAZIONE DATI TECNICI EDIFICI SCOLASTICI CAMPANIA
lentemente ingegneri, sia operantipresso gli uffici tecnici che nellaqualità di liberi professionisti, atrasformare quella che inizialmentepotrebbe essere una informazionedi massima in accertamento pun-tuale.
In tal senso, ci sia consentita unapiccola nota polemica rispetto all’i-niziativa del Ministero della Pub-blica Istruzione: la sicurezza staticaè una cosa seria, e quando di essasi parla in termini di gestioni tipo“anagrafe”, escludendo un coinvol-
gimento dei liberi professionisti delsettore edilizio, i risultati potrebbe-ro tradursi in mera informazione,mentre la sicurezza concreta nellescuole ha bisogno di molto di più,soprattutto di competenze specifi-che e territorialmente collocate.
Luglio-Agosto 2003
SICUREZZA18ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
Per 18 mesi (a partire dall’8 maggio 2003, data di pubblicazione in G.U. dell’Ordinanza 3274) potrà essere ancorautilizzata la precedente classificazione sismica.
Trascorso tale periodo, in cui è prevista la coesistenza tra la precedente normativa e quella introdotta conl’Ordinanza 3274 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dovrà obbligatoriamente utilizzarsi la classificazionevarata con la suddetta Ordinanza.
Il chiarimento è contenuto in una nota del Dipartimento della Protezione Civile.
L'intervento del Dipartimento si è reso necessario a causa di una discordanza tra il testo firmato dal Presidente delConsiglio ed il testo pubblicato in G.U.; la frase dell’art. 2 comma 2, che nella formulazione originale recitava “laprogettazione dovrà essere conforme a quanto prescritto dalla nuova classificazione sismica” è poi divenuta neltesto pubblicato “la progettazione potrà essere conforme a quanto prescritto dalla nuova classificazione sismica”,originando forti dubbi circa la legittimità dell’utilizzazione della classificazione sismica preesistente.
Nella nota, inoltre, si sottolinea che le Regioni hanno facoltà di modificare gli elenchi delle zone sismiche, con untolleranza di attribuzione di una zona; pertanto, ad esempio, un comune classificato di 3a categoria nell’allegatoA dell’Ordinanza 3274, può divenire di 2a o 4a nell’elenco redatto dalla Regione di appartenenza.
E’ lasciata alle Regioni la facoltà di introdurre o meno l’obbligo della progettazione “antisismica” in zona 4.
CLASSIFICAZIONE SISMICA
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19INDUSTRIA E QUALITÀORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
IntroduzioneE’ opportuno precisare che nelle
tecniche alimentari, allorché si par-la di atmosfera controllata, normal-mente si abbina anche il terminemodificata. I due termini tuttavianon sono necessariamente né com-plementari né completivi: normal-mente in atmosfera modificata sirealizzano alcuni processi di tra-sformazione/lavorazione di prodot-ti, mentre in atmosfera controllata(microclimaticamente e/o biologica-mente) avvengono operazioni diconfezionamento. Le operazioni distoccaggio invece avvengono in at-mosfera modificata e controllata.
Ci soffermeremo sulle operazionidi confezionamento in atmosferacontrollata, con la notazione che
con il termine “confezionamento”viene indicato il riempimento di uncontenitore con l’apposizione di undispositivo di chiusura. E’ benechiarire una volta per tutte che ilconfezionamento è cosa ben diversadall’imballaggio, le cui operazioniagevolano la logistica dei prodottialimentari confezionati. Con talechiarimento speriamo di uscire defi-nitivamente dall’equivoco, per altroalimentato dalla stessa terminologiausata nella più recente legislazione,che il confezionamento sia il primostadio dell’imballaggio, laddove siparla di imballaggio primario perindicare bottiglie, vasetti, lattine,barattoli, brick e altri contenitori,secondario per indicare fardelli,casse, cartoni e così continuando.
La produzione di alimentiin atmosfera controllataDI ROBERTO RIZZO
Ingegnere
CONFEZIONAMENTO E IMBALLAGGIO
2. Perché è nata l’esigenza di con-fezionamento in atmosfera control-lata?
Inizialmente c’era il desiderio daparte di alcuni produttori di puntadel food a livello internazionale diconferire un “plus” ai loro prodotti,conservando ad essi un “elevatogrado di naturalità”.
Il prodotto, una volta fabbricato,indipendentemente dal tipo di pro-cesso di sterilizzazione impiegato(termico, fisico o chimico) cui eranostati sottoposti i singoli componenti,non doveva più subire alcun ulte-riore trattamento (di sterilizzazionea caldo o aggiunta di conservantichimici): doveva essere cioè confe-zionato asetticamente a freddo.
Tentativi industriali coronati dasuccesso, seppure con grandissimedifficoltà, si riscontrano già neglianni ’70, nel settore delle bevande abase di succhi di frutta. Si trattavadi prodotti d’élite, con degli indubbi“plus organolettici” rispetto ad ana-loghi prodotti tradizionali, trattatiper via termica o chimica, che peròin quegli anni non riuscirono a “farmercato”.
Talché molte di queste aziende,anche di livello multinazionale, pre-ferirono lasciar declinare tale ten-denza, e l’iniziale esigenza non fupiù del tutto giustificata anche sottol’aspetto qualitativo, e non più rav-visata come tale.
A questo punto, si potrebbe aprireuna lunga serie di riflessioni di or-
dine etico e comportamentale postidallo stesso significato da dare altermine “naturalità”, perché la que-stione non è solo un problema con-cettuale, ma sostanziale: definire la“naturalità”, infatti, è come definireil “vuoto” o la “sterilità”. Un ali-mento preparato industrialmente innessun caso può definirsi naturale;può viceversa avere un certo gradodi naturalità e alla naturalità puòtendere come ad un limite non rag-giungibile.
Al concetto di naturalità concor-rono positivamente i non stressmeccanici, i non shock fisico-termi-ci, l’assenza di sostanze conservantio preservanti: vale a dire le tecnicheorganolettiche asettiche a freddo.
E’ il caso di osservare che “la na-turalità degli alimenti” si riferiscead un determinato stadio della vitaevolutiva dell’alimento, e “mante-nere naturale” un alimento signifi-ca preservarne fino al consumo iprincipi nutrizionali e le caratteri-stiche organolettiche che aveva aquel momento della sua vita evo-lutiva.
La naturalità è dunque un valore,forse il più elevato che può avere unalimento, e richiederla è un diritto-dovere del consumatore (agire com-portamentale corretto) ed un precisodovere del produttore (agire etico).
Infine la naturalità non necessa-riamente rientra nelle caratteristicheche definiscono la qualità percepitadi un alimento, e questo spiega le
ragioni per le quali nel recente pas-sato la ricerca volta ad affinare letecniche industriali di preparazionee confezionamento asettico a freddodegli alimenti ha subito rallenta-menti, soste e fermi.
3. La necessità di confezionare inatmosfera controllata
La preparazione asettica degli ali-menti è tuttora in uno stadio di se-mi-quiescenza, anche se nelle varieoperazioni di preparazione e stoc-caggio si fa sempre meno ricorso al-l’uso di conservanti a favore delletecniche termofisiche; viceversa unimpulso insperato hanno ricevutonegli ultimi anni le tecniche di con-fezionamento asettico a freddo deglialimenti.
Ma non è stato un “ravvedimentospirituale” dei produttori di alimentiindustriali: essi sono stati costretti afarlo per l’avvento sul mercato deinuovi contenitori polimerici che so-stanzialmente, al di là di casi e si-tuazioni marginali, non consentononé il “confezionamento a caldo” néla pastorizzazione/appertizzazionein volume.
Per conseguire un’adeguata shelf-life dei prodotti alimentari confezio-nati in plastica, le alternative resta-no due:
La prima alternativa che inizial-mente, per le difficoltà tecnologichee tecniche che la seconda incontravanel piano della realizzazione indu-striale, era stata preferita e general-
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INDUSTRIA E QUALITÀ20ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
IL CONCETTO DI NATURALITÀ
mente adottata a livello mondiale, èattualmente in fase di deciso declinoper i negativi influssi mediatici deipossibili danni (veri o presunti) deri-vanti alla salute dalle sostanze con-servanti sintetiche.
L’aggiunta di sostanze conservan-ti/preservanti sta progressivamentediventando sinonimo di “bassa qua-lità del prodotto” e di “basso profilodel produttore”.
E’ stato quindi gioco forza svilup-pare la seconda alternativa.
Questo è stato fatto, con risultatieccezionalmente positivi, dai pro-duttori di impianti e macchine perl’industria alimentare e dai produt-tori di alimenti, senza alcuna signi-ficativa assistenza da parte degli or-gani di ricerca appositi.
In particolare si segnalano leaziende italiane per il confeziona-mento asettico in contenitori di pla-stica e quelle tedesche, svedesi e
francesi per il confezionamento incontenitori in poliaccoppiati.
4. Ma il percorso per una profitte-vole industrializzazione dei prodottiasettici è ancora lungo
Si è detto che i risultati industrialifin qui raggiunti debbono essereconsiderati eccellenti, ma bisognaanche aggiungere che siamo solo al-l’inizio del percorso, in quanto i ri-sultati acquisiti dalla industrializza-zione dei processi asettici a freddohanno sostanzialmente mancato delnecessario supporto di una adeguataricerca applicata condotta con siste-maticità e rigore.
Le tecnologie asettiche industrialifin qui sviluppate, allo stato dell’ar-te, risultano troppo grezze, in quan-to costose, abbisognanti di risorsespecialistiche troppo spinte, necessi-tanti di know-how troppo complessi.
Una parte importante di tale
know-how riguarda proprio l’am-biente nel quale il confezionamentoasettico deve avvenire.
La via dell’immersione in camerabianca dell’intera linea di confezio-namento (contenitore sanificato, ri-empitrice, chiuditrice) pone una no-tevole quantità di problemi di ordi-ne tecnico e ambientale, e si faquindi strada in maniera decisa ilconfezionamento isotermico, ossiail confinamento in ambiente asetti-co ridotto delle sole parti di mac-chine in contatto con il prodotto,con il contenitore e con il tappo dichiusura.
Ma qui nascono ancora una quan-tità enorme di problemi di ordinemeccanico, elettronico, igienico egestionale, che necessitano urgente-mente del supporto più vasto dellerecenti ricerche applicate in questisettori e degli opportuni trasferi-menti di tecnologie.
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21INDUSTRIA E QUALITÀORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
PERCEZIONI PREVALENTI DEI CONSUMATORI RELATIVAMENTE
AI PRODOTTI ALIMENTARI CON AGGIUNTA DI CONSERVANTI SINTETICI
R. Rizzo, A. Rizzi, L. Monica, E. Bottani. Tecnologie, prodotti e processi in atmosfera controllata. Relazione presentata al Seminario per il siste-ma della Ricerca e dell’Innovazione in Emilia Romagna: le analisi, i servizi e le proposte di ASTER. Sessione n. 5: Qualità e Sicurezza alimentare.
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23EDILIZIAORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
Le note che mi accingo a scri-vere vanno lette come la trascri-zione di riflessioni maturate leg-gendo il testo unico1 delle dispo-sizioni legislative e regolamentariin materia edilizia, qualche gior-no prima della sua entrata in vi-gore2.
Questo scritto non ha la pretesadi volersi proporre come un’espo-sizione del testo unico, ma sem-plicemente vuole essere conside-rato come lo spunto per una dis-cussione ordinata tra colleghi alfine di addivenire all’interpreta-zione autentica del disposto le-gislativo, soprattutto per alcunitemi specifici delle pratiche ap-plicazioni, che vedono impegnatimolti liberi professionisti nelcampo dell’ingegneria e dell’ar-chitettura.
In questi ultimi giorni, alcunicolleghi con viso preoccupato mihanno posto tutti la medesimadomanda:
«Come cambierà l’attività edili-zia con l’entrata in vigore del te-sto unico?».
Le prime volte ho lasciato ca-dere la cosa perché temevo chequalunque risposta avessi datoavrei consolidato quel loro statodi inquietudine.
Oggi sento di poter esprimereun primo lieve ottimismo. In mo-do particolare per l’esperienzanapoletana.
Parte I – Attività Edilizia
Titolo I – Disposizioni GeneraliCapo I – Attività edilizia«Art.1. c. 1. Il presente testo unico
contiene i principi fondamentalie generali e le disposizioni per ladisciplina dell’attività edilizia ...
Art. 2. c. 3. Le disposizioni, anchedi dettaglio, del presente testounico, attuative dei principi diriordino in esso contenuti, opera-no direttamente nei riguardi delleregioni a statuto ordinario, finoa quando esse non si adeguanoai principi medesimi.
Art. 2. c. 4. I comuni, nell’ambitodella propria autonomia statuta-ria e normativa di cui all’articolo3 del decreto legislativo 18 ago-sto 2000, n. 267, disciplinanol’attività edilizia.
Art. 2. c. 5. In nessun caso lenorme del presente testo unicopossono essere interpretate nelsenso della attribuzione alloStato di funzioni e compiti tra-sferiti, delegati o comunqueconferiti alle regioni e agli entilocali dalle disposizioni vigentialla data della sua entrata invigore ... ».
La Regione Campania con la leg-ge 28 novembre 2001, n. 19, anti-cipando la legge obiettivo dell’ulti-mo Governo della Repubblica, hagià provveduto ad adeguarsi ai
Cambia l’attività ediliziacon il nuovo Testo UnicoDI ARTURO DE PAOLA
Ingegnere
Commissione Edilizia del Comune di Napoli
1 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Suppl. Ord. alla G.U. 20.10.2001, n. 245) modifi-cato e integrato dal decreto legislativo 27.12.2002, n. 301, dall’Errata Corrige inG.U. del 10 e del 13.11.2001, n. 262 e n. 264, dall’Avviso di rettifica in G.U.25.2.2002, n. 47.
2 Il Testo unico dell’edilizia è entrato in vigore il 30 giugno 2003; il decreto leggen. 147/2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 145 del 25.06.2003, ha proroga-to al 1° gennaio 2004 l’entrata in vigore del solo Capo V della seconda parte, con-cernente norme per la sicurezza degli impianti (articoli da 107 a 121).
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EDILIZIA24ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
principi di riordino contenuti nel te-sto unico.
Il Comune di Napoli con il regola-mento edilizio, entrato in vigore il27 settembre 1999, ha già discipli-nato l’attività edilizia in conformitàdelle disposizioni del testo unico.
Poche sono le novità che la Regio-ne e il Comune dovranno recepire.
Il più delle volte si tratterà sem-plicemente di includere nuove ter-minologie.
I principi e le disposizioni presen-tati negli articoli del testo unico perla disciplina del procedimento per ilrilascio del permesso di costruire,dell’intervento sostitutivo regionalee degli interventi subordinati a de-nuncia di inizio attività sono tuttigià contenuti nella legge regionale.
Le definizioni degli interventi edi-lizi contenute nel testo unico sonoidentiche a quelle contenute nel re-golamento edilizio napoletano.
Infatti, sia il testo unico che il re-golamento edilizio ripetono al pri-mo periodo dei rispettivi articoli ledefinizioni dell’articolo 31 della leg-ge n. 457/1978.
Sono cioè coincidenti.Si differenziano nelle esemplifica-
zioni. Mentre il testo unico ne è pratica-
mente privo, fanno eccezione la de-finizione di ristrutturazione edilizia,che ne contiene una, e la definizionedi nuova costruzione, che ne contie-ne sette, il regolamento edilizio na-poletano riporta per ciascuna defini-zione molte esemplificazioni. Le
esemplificazioni sono molto utili aiprofessionisti impegnati sul campoperché consentono facilmente, an-che attraverso analogie, di classifi-care gli interventi edilizi reali nellecategorie generali definite dal legis-latore e, di conseguenza, di poter as-severare più facilmente la conformi-tà dei lavori che si vanno ad esegui-re alle disposizioni normative deglistrumenti urbanistici. Nel testo uni-co, a differenza delle esemplificazio-ni dell’intervento di nuova costru-zione dove il legislatore ha esplicita-mente detto che «Sono comunque daconsiderarsi tali: ...» i sette casi iviriportati3, nella definizione di ri-strutturazione edilizia il legislatoreha semplicemente detto che è ricom-preso in questa classe anche il casodell’intervento di demolizione e ri-costruzione di un fabbricato con lastessa volumetria e sagoma preesi-stente (fatte salve le sole innovazio-ni per l’adeguamento alla normativaantisismica).
Nella definizione dell’intervento diristrutturazione edilizia il legislatorenon ha indicato casi tassativi.
Il Comune di Napoli nell’ambitodella propria autonomia statuaria enormativa ha semplicemente disci-plinato l’attività edilizia indicandoanche un altro caso di ristruttura-zione edilizia, quello di demolizionee conseguente ricostruzione di unfabbricato, nel rispetto dei parametried indici fissati dallo strumento ur-banistico, sempre che la ricostruzio-ne avvenga nell’ambito dello stesso
lotto edilizio. A voler essere severi èpiù restrittivo questo secondo caso,che impone la ricostruzione nel-l’ambito dello stesso lotto edilizio,più che la conservazione della stessasagoma, che comunque può esseremodificata per l’adeguamento allanormativa antisismica. Nella sostan-za, quindi, l’entrata in vigore del te-sto unico non comporta, per il rego-lamento edilizio napoletano, unanuova definizione degli interventiedilizi.
Titolo II – Titoli abilitativiCapo I – Disposizioni Generali«Art. 9. c. 2. Nelle aree nelle quali
non siano stati approvati gli stru-menti urbanistici attuativi previstidagli strumenti urbanistici generalicome presupposto per l’edificazio-ne, oltre agli interventi indicati alcomma 1, lettera a), sono consentitigli interventi di cui alla lettera d)del primo comma dell’articolo 3 delpresente testo unico che riguardinosingole unità immobiliari o parti diesse. Tali ultimi interventi sonoconsentiti anche se riguardino glo-balmente uno o più edifici e modifi-chino fino al 25 per cento delle de-stinazioni preesistenti, purché il ti-tolare del permesso si impegni, conatto trascritto a favore del comune ea cura e spese dell’interessato, apraticare, limitatamente alla per-centuale mantenuta ad uso residen-ziale, prezzi di vendita e canoni dilocazione concordati con il comuneed a concorrere negli oneri di urba-
3 Interventi di nuova costruzione secondo il testo unico:e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esisten-
te, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di
suolo inedificato;e.4) l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;e.5) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, im-
barcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano di-retti a soddisfare esigenze meramente temporanee;
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientalee paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volu-me superiore al 20% del volume dell’edificio principale;
e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all’aperto ove comportinol’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato.
nizzazione di cui alla sezione II delcapo II del presente titolo ...».
«Nelle more dell’approvazione del-lo strumento urbanistico esecutivosono consentiti interventi di manu-tenzione ordinaria e straordinaria».
Chissà quante persone hanno ma-ledetto la lettura di questa frase al-l’interno delle norme tecniche di at-tuazione dei piani regolatori.
Ad una prima stima credo sia unnumero incommensurabile, soprat-tutto a Napoli. Ebbene, il testo uni-co dell’edilizia equipara i Comuniche rinviano ai piani particolareg-giati di esecuzione, come presuppo-sto per l’edificazione, ai Comuniprivi di pianificazione urbanistica,consentendo sempre l’intervento diristrutturazione edilizia nelle singoleunità immobiliari. L’intervento di ri-strutturazione edilizia è consentitoanche in uno o più edifici ricadentinelle aree nelle quali non siano statiapprovati gli strumenti urbanisticiattuativi, a condizione però che ilcambio di destinazione d’uso nonsuperi globalmente il 25 % delle de-stinazioni preesistenti.
Chiunque si rende conto dellagrande valenza di questo articolo.
È necessario, comunque, leggerloancora una volta, più approfondita-mente, e applicarlo a casi praticiprima di poterne apprezzare concre-tamente la portata.
Titolo IV – Vigilanza sull’attività ur-banistico-edilizia, responsabilità esanzioniCapo II – Sanzioni
… omissisArt. 32 - Determinazione delle va-
riazioni essenziali1. Fermo restando quanto disposto
dal comma 1 dell’articolo 314, leregioni stabiliscono quali siano levariazioni essenziali al progettoapprovato, tenuto conto che l’es-senzialità ricorre esclusivamente
quando si verifica una o più delleseguenti condizioni:
a) mutamento della destinazioned’uso che implichi variazionedegli standard previsti dal de-creto ministeriale 2 aprile1968, pubblicato nella GazzettaUfficiale n. 97 del 16 aprile1968;
b) aumento consistente della cuba-tura o della superficie di solaioda valutare in relazione al pro-getto approvato;
c) modifiche sostanziali di para-metri urbanistico-edilizi delprogetto approvato ovvero dellalocalizzazione dell’edificio sul-l’area di pertinenza;
d) mutamento delle caratteristichedell’intervento edilizio assentito;
e) violazione delle norme vigentiin materia di edilizia antisismi-ca, quando non attenga a fattiprocedurali.
2. Non possono ritenersi comunquevariazioni essenziali quelle cheincidono sulla entità delle cuba-ture accessorie, sui volumi tecnicie sulla distribuzione interna dellesingole unità abitative.
3. Gli interventi di cui al comma 1,effettuati su immobili sottoposti avincolo storico, artistico, archi-tettonico, archeologico, paesisticoed ambientale, nonché su immo-bili ricadenti sui parchi o in areeprotette nazionali e regionali, so-no considerati in totale difformitàdal permesso, ai sensi e per glieffetti degli articoli 31 e 44. Tuttigli altri interventi sui medesimiimmobili sono considerati varia-zioni essenziali.
Art. 33 - Interventi di ristruttura-zione edilizia in assenza di per-messo di costruire o in totale dif-formità… omissis
4. Qualora le opere siano state ese-guite su immobili, anche se nonvincolati, compresi nelle zoneomogenee A, di cui al decreto mi-nisteriale 2 aprile 1968, n. 1444,il dirigente o il responsabile del-l’ufficio richiede all’amministra-zione competente alla tutela deibeni culturali ed ambientali ap-posito parere vincolante circa larestituzione in pristino o la irro-gazione della sanzione pecuniariadi cui al precedente comma. Qua-lora il parere non venga reso en-tro novanta giorni dalla richiestail dirigente o il responsabile prov-vede autonomamente.
Art. 36 - Accertamento di conformità1. In caso di interventi realizzati in
assenza di permesso di costruire,o in difformità da esso, ovvero inassenza di denuncia di inizio at-tività nelle ipotesi di cui all’arti-colo 22, comma 3, o in difformitàda essa, fino alla scadenza deitermini di cui agli articoli 31,comma 3, 33, comma 1, 34,comma 1, e comunque fino all’ir-rogazione delle sanzioni ammini-strative, il responsabile dell’abu-so, o l’attuale proprietario del-l’immobile, possono ottenere ilpermesso in sanatoria se l’inter-vento risulti conforme alla disci-plina urbanistica ed edilizia vi-gente sia al momento della realiz-zazione dello stesso, sia al mo-mento della presentazione delladomanda.
Art. 37 - Interventi eseguiti in as-senza o in difformità dalla denun-cia di inizio attività e accertamen-to di conformità… omissis
2. Quando le opere realizzate in as-senza di denuncia di inizio attivi-tà consistono in interventi di re-stauro e di risanamento conser-vativo, di cui alla lettera c) del-
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25EDILIZIAORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
4 Articolo 31 comma 1. Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazio-ne di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello og-getto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edi-lizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile
l’articolo 3, eseguiti su immobilicomunque vincolati in base a leg-gi statali e regionali, nonché dallealtre norme urbanistiche vigenti,l’autorità competente a vigilaresull’osservanza del vincolo, salval’applicazione di altre misure esanzioni previste da norme vigen-ti, può ordinare la restituzione inpristino a cura e spese del re-sponsabile ed irroga una sanzionepecuniaria da 516 a 10329 euro.
3. Qualora gli interventi di cui alcomma 2 sono eseguiti su immo-bili, anche non vincolati, compre-si nelle zone indicate nella letteraA dell’articolo 2 del decreto mini-steriale 2 aprile 1968, il dirigen-te o il responsabile dell’ufficio ri-chiede al Ministero per i beni e leattività culturali apposito parerevincolante circa la restituzione inpristino o la irrogazione dellasanzione pecuniaria di cui alcomma 1. Se il parere non vienereso entro sessanta giorni dallarichiesta, il dirigente o il respon-sabile dell’ufficio provvede auto-nomamente. In tali casi non trovaapplicazione la sanzione pecu-niaria da 516 a 10329 euro dicui al comma 2.
4. Ove l’intervento realizzato risulticonforme alla disciplina urbani-stica ed edilizia vigente sia almomento della realizzazione del-l’intervento, sia al momento dellapresentazione della domanda, ilresponsabile dell’abuso o il pro-prietario dell’immobile possonoottenere la sanatoria dell’inter-
vento versando la somma, nonsuperiore a 5164 euro e non infe-riore a 516 euro stabilita dal re-sponsabile del procedimento inrelazione all’aumento di valoredell’immobile valutato dall’agen-zia del territorio.
Se da un lato il testo unico sempli-fica molti procedimenti amministra-tivi, vedi la costituzione dello spor-tello unico5 e l’ampliamento del cam-po di applicazione della denuncia diinizio attività6, dall’altro complicanotevolmente il procedimento del-l’accertamento di conformità degliinterventi edilizi realizzati in assenzao difformità del permesso di costruireo della denuncia di inizio attività.
Statisticamente inattaccabile èl’osservazione che non esiste attivitàedilizia che in corso d’opera nonsubisca varianti e modifiche rispettoall’originario progetto, soprattuttonel campo degli appalti privati.
Basti pensare anche ai soli inter-venti edilizi per la ristrutturazionedegli appartamenti dove la posizio-ne dei tramezzi interni subisce tal-volta continue modifiche.
Per capire la complessità del pro-cedimento previsto dal testo unico,si faccia riferimento al seguenteesempio.
In un immobile sottoposto a solovincolo paesistico, compreso in zo-na omogenea A, si sta eseguendo,giusta denuncia di inizio attività,un intervento di restauro e risana-mento conservativo, che prevede larealizzazione di sole opere interne,che non alterano l’aspetto esterioredell’edificio. Per tale intervento, ai
sensi dell’articolo 152 del decretolegislativo n. 490/19997, non è ri-chiesta l’autorizzazione sindacalepreventiva8.
Durante il corso dei lavori si ese-guono alcune varianti tra cui la mo-difica della distribuzione internadell’unità immobiliare, senza pre-sentare preventivamente una nuovaD.I.A.9.
I lavori sono portati a termine.Ai sensi dell’articolo 32 comma 3
secondo periodo, la variante in cor-so d’opera eseguita costituisce va-riazione essenziale alla D.I.A.
È necessario, dunque, sanare leopere eseguite in difformità dellaD.I.A. attraverso il procedimento pre-visto dall’articolo 37 del testo unico.
Anche se l’immobile non è sotto-posto a vincolo storico, artistico earchitettonico, per il fatto che ècompreso in zona omogenea A eche si è eseguito un intervento edili-zio nel suo complesso classificatocome restauro e risanamento con-servativo, la D.I.A., in attuazionedell’articolo 37 comma 3 del testounico, dovrà essere inviata al Mini-stero per i beni e le attività cultura-li, che esprimerà apposito parerevincolante circa la restituzione inpristino o l’irrorazione della sanzio-ne pecuniaria.
La sanzione pecuniaria sarà stabi-lita dal responsabile del procedi-mento in relazione all’aumento divalore dell’immobile valutato dal-l’Agenzia del Territorio.
Nel procedimento di sanatoria,quindi, entrano in gioco altri dueuffici pubblici: la Soprintendenza eil Catasto.
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EDILIZIA26ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
5 Art. 5 comma 1. Le amministrazioni comunali, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, provvedono, anche medianteesercizio in forma associata delle strutture ai sensi del Capo V, Titolo II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ovvero accor-pamento, disarticolazione, soppressione di uffici o organi già esistenti, a costituire un ufficio denominato sportello unico per l’edilizia,che cura tutti i rapporti fra il privato, l’amministrazione e, ove occorra, le altre amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine all’in-tervento edilizio oggetto della richiesta di permesso o di denuncia di inizio attività.
6 Cfr. art. 22 del testo unico.7 Decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Suppl. Ord. alla G.U. 27.12.1999, n. 302) - Testo unico delle disposizioni legislative in
materia di beni culturali e ambientali.8 La Regione Campania con le leggi nn. 54/1980, 65/1981 e 10/1982 ha sub-delegato ai Comuni le funzioni amministrative preven-
tive per le zone sottoposte a vincolo paesistico e ambientale.9 D.I.A. = denuncia di inizio attività
Analoga situazione si ritrova negliinterventi di ristrutturazione ediliziaeseguiti su immobili compresi nellazona omogenea A in assenza delpermesso di costruire o in totale dif-formità (cfr. articolo 33 del testounico).
In questi procedimenti la semplifi-cazione amministrativa non è certodi casa.
Atteso l’elevato numero di ricorsi alprocedimento dell’accertamento diconformità, che caratterizzano le cittàcome Napoli, l’articolazione ammini-strativa introdotta dal testo unico perle sanatorie sarà certamente un ottimodeterrente contro l’esecuzione di opereabusive soprattutto nel centro storicodella città.
Ieri un giovane professionista miha chiesto quale strumento, tra la ri-chiesta del permesso di costruire e lapresentazione di una D.I.A., fosse dapreferire negli interventi di recuperodel patrimonio edilizio esistente.
Gli ho risposto che, almeno per iprimi tempi, mi comporterò in duemodi differenti:• per interventi di manutenzione
straordinaria, anche in aree sotto-poste a vincolo paesistico-am-
bientale senza modificazione del-l’aspetto esteriore dei luoghi, ap-plicherò senza dubbio il procedi-mento di presentazione dellaD.I.A.;
• per interventi di restauro e di ri-strutturazione edilizia, sfruttandoappieno il comma 7 dell’articolo22 del testo unico10, presenteròistanza di permesso di costruire.
Al momento in Campania e so-prattutto a Napoli non esiste conve-nienza nell’avvalersi della possibili-tà di presentare la D.I.A. anche inaree sottoposte a vincolo paesistico-ambientale:
l’articolo 1 della legge regionale19/2001 impone a tutti i Comuni,con più o meno di 100.000 abitanti,gli stessi termini per il rilascio delpermesso di costruire (già conces-sione edilizia); termini che nel cam-po dell’edilizia si differenziano pocodai trenta giorni necessari per poteriniziare i lavori con la D.I.A.;
la pratica edilizia deve seguire ilprocedimento previsto dall’articolo151 del testo unico in materia di be-ni culturali11 e quindi, in Campania,deve essere sottoposta all’esame del-
l’organo centrale della CommissioneEdilizia Integrata per l’espressionedel relativo parere.
Non si hanno quindi grossi van-taggi temporali nella presentazionedella D.I.A.
Richiedere il rilascio del permessodi costruire indubbiamente ha note-voli vantaggi:• ai fini dell’attività di vigilanza ur-
banistica ed edilizia e ai fini delrilascio del certificato di agibilità,ai sensi dell’articolo 22 comma 2del testo unico, è sempre possibilepresentare, prima della dichiara-zione di ultimazione dei lavori,una D.I.A. per denunciare le va-rianti eseguite al permesso di co-struire dell’intervento principale;
• ai fini di un eventuale accerta-mento di conformità, il procedi-mento previsto dall’articolo 36 deltesto unico è molto più semplicedi quello previsto per chi ha pre-sentato una denuncia di inizio at-tività.
In tal modo il tecnico libero pro-fessionista è più garantito.
Continua...
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27EDILIZIAORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
10 Articolo 22 comma 7. È comunque salva la facoltà dell’interessato di chiedere il rilascio di permesso di costruire per la realizza-zione degli interventi di cui ai commi 1 e 2, senza obbligo del pagamento del contributo di costruzione di cui all’articolo 16, salvoquanto previsto dal secondo periodo del comma 5. In questo caso la violazione della disciplina urbanistico-edilizia non comportal’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 44 ed è soggetta all’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 37.
11 D. lgs. 490/99 - Articolo 151 comma 2. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1, hannol’obbligo di sottoporre alla Regione i progetti delle opere di qualunque genere che intendano eseguire, al fine di ottenere la preventivaautorizzazione.
comma 4. Le regioni danno immediata comunicazione delle autorizzazioni rilasciate alla competente soprintendenza, trasmettendocontestualmente la relativa documentazione. Il Ministero può in ogni caso annullare, con provvedimento motivato, l’autorizzazioneregionale entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa comunicazione.
L’Italia ha finalmente recepito ladirettiva europea sulle discariche1999/31/CE con il Decreto Legislati-vo n. 36 del 13 gennaio 2003, At-tuazione della direttiva 1999/31/CErelativa alle discariche di rifiuti(pubblicato nel Supplemento Ordi-nario alla Gazzetta Ufficiale n. 59del 12 marzo 2003).
Successivamente è stato emanatoil Decreto del Ministero dell'am-biente e della tutela del territorio13 marzo 2003, Criteri di ammissi-bilità dei rifiuti in discarica (pub-blicato nella Gazzetta Ufficiale n.67 del 21 marzo 2003).
Entrambi i Decreti hanno intro-dotto nuove norme sullo smalti-mento dell’amianto.
Il Decreto Legislativo n. 36 del13 gennaio 2003, entrato in vigoreil 27 marzo 2003, classifica le dis-cariche nelle seguenti tre catego-rie: per rifiuti inerti, per rifiuti nonpericolosi e per rifiuti pericolosi.
Inoltre, il Decreto Ministeriale 13marzo 2003 stabilisce che i rifiutidi amianto o contenenti amiantopossono essere conferiti nelle se-guenti tipologie di discarica: disca-rica per rifiuti pericolosi, dedicatao dotata di cella dedicata, discaricaper rifiuti non pericolosi, dedicatao dotata di cella monodedicata,nella quale possono essere conferi-ti sia i rifiuti individuati dal codiceCER, Catalogo Europeo Rifiuti,170605 (materiali da costruzionecontenenti amianto, come adesempio il cemento amianto e ilvinyl amianto) sia le altre tipologiedi rifiuti contenenti amianto, pur-ché sottoposti a processi di trat-tamento finalizzati al contenimen-to del potenziale inquinante.
Come stabilito dal Decreto Mini-steriale 13 marzo 2003, nelle dis-cariche per rifiuti non pericolosipossono essere smaltiti i materiali
edili contenenti amianto legati inmatrici cementizie o resinoidi (co-dice CER 170605), senza esseresottoposti a prove.
Inoltre, i rifiuti contenentiamianto diversi dai su indicati ma-teriali da costruzione, vale a direcon codice CER diverso da 170605,possono essere conferiti nelle dis-cariche per rifiuti non pericolosisoltanto se sono stati sottoposti aprocessi di trattamento finalizzatial contenimento del potenziale in-quinante.
Il Decreto Legislativo n. 36/2003stabilisce altresì che le discarichegià autorizzate alla data del 27marzo 2003 possono continuare aricevere i rifiuti per cui sono stateautorizzate fino al 16 luglio 2005.
Come disposto dal Decreto Le-gislativo n. 36/2003, fino al 16luglio 2005 è consentito smaltire:nelle nuove discariche per rifiutiinerti, i rifiuti precedentementeconferiti nelle discariche di secon-da categoria di tipo A; nelle nuo-ve discariche per rifiuti non peri-colosi, i rifiuti precedentementeconferiti nelle discariche di primacategoria e di seconda categoriadi tipo B; nelle nuove discaricheper rifiuti pericolosi, i rifiuti pre-cedentemente conferiti nelle dis-cariche di seconda categoria tipoC e terza categoria.
Ai fini dell’adeguamento delladiscarica alle previsioni del Decre-to Legislativo n. 36/2003, entro il27 settembre 2003, occorre presen-tare all’Autorità competente unPiano specifico di adeguamentodella discarica, incluse le garanziefinanziarie, che l’Autorità compe-tente può approvare o respingere.
E’ stato poi stabilito che la di-stanza della discarica dai centriabitati deve essere oggetto di spe-cifico studio, al fine di evitare
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29AMBIENTEORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
In vigore le nuove disposizioni per lo smaltimento dell’amiantoDI SERGIO CLARELLI
Ingegnere
qualsiasi possibile trasporto aereodelle fibre.
Inoltre, il Decreto Ministeriale 13marzo 2003 stabilisce che il produt-tore dei rifiuti è tenuto ad effettuarela caratterizzazione di base di cia-scuna categoria di rifiuti regolar-mente prodotti. Lo stesso DecretoMinisteriale prevede che, per i rifiuticontenenti amianto, si devono pren-dere in considerazione i seguentiparametri: contenuto di amianto inpeso, densità apparente, densità re-lativa e l’indice di rilascio e inoltreper essi prefissa i valori limite.
Sono state introdotte inoltre altrenovità quali, solo per citarne alcune,l’obbligo del monitoraggio ambien-tale in discarica per il controllo del-la concentrazione di fibre nell’aria,la stesura del Piano di sorveglianzae controllo, nel quale devono essereindicate tutte le misure necessarieper prevenire rischi d'incidenti e perlimitarne le conseguenze, il depositodei rifiuti contenenti amianto diret-tamente all’interno della discarica incelle appositamente ed esclusiva-mente dedicate, realizzando settori otrincee, separate da spazi per con-sentire il passaggio degli automezzisenza causare la frantumazione deirifiuti contenenti amianto.
Ricerca dell’amianto negli edificiprima di eseguire lavori di demoli-zione o di manutenzione
Il 15 aprile 2003 è entrata in vigo-re la Direttiva europea 2003/18/CEdel Parlamento europeo e del Consi-glio del 27 marzo 2003.
Essa reca norme sulla protezionedei lavoratori contro i rischi connessicon un'esposizione all'amianto du-rante il lavoro.
Tra queste norme, una normamolto importante riguarda l’accerta-mento dell’amianto prima di lavoridi demolizione o di manutenzionedi edifici
La Direttiva 2003/18/CE dovrà es-sere recepita dallo Stato italiano en-tro il 15 aprile 2006.
Con riferimento al nostro Paese,sono poche le norme nuove intro-dotte da questa Direttiva, perché l’I-talia, in tema di normative per laprotezione dei lavoratori esposti al-
l’amianto, come pure di quelle perla bonifica e lo smaltimento dell’a-mianto è avanti rispetto ad altriStati europei.
Infatti, molte delle norme dellaDirettiva 2003/18/CE, in Italia, sonogià in vigore da diversi anni perchésono state introdotte principalmentecon il citato Decreto Legislativo, conla Legge 27 marzo 1992 n. 257, re-cante le norme relative alla cessa-zione dell'impiego dell'amianto, conil Decreto del Presidente della Re-pubblica 8 agosto 1994, con il De-creto del Ministero della Sanità 6settembre 1994 e con il Decreto Le-gislativo 25 febbraio 2000, n. 66.
Occorre premettere all’argomentospecifico, le seguenti considerazioni.
Come noto, i materiali contenentiamianto si distinguono in due cate-gorie: in matrice compatta (come lecoperture in cemento amianto, i pa-vimenti in vinyl amianto e così via)nei quali le fibre di amianto sonofortemente legate in una matricestabile e solida e in matrice friabile(come l’amianto spruzzato, gli into-naci, le coibentazioni di tubazioni ecosì via) nei quali le fibre possonoessere libere o debolmente legate.
La pericolosità consiste, come ènoto, nella capacità dei materiali diamianto di rilasciare fibre potenzial-mente inalabili e inoltre nella estre-ma suddivisione cui tali fibre posso-no giungere.
Non sempre l'amianto, però, è pe-ricoloso. Lo è certamente quando sitrova nelle condizioni di disperderele sue fibre nell'ambiente circo-stante per effetto di qualsiasi tipodi sollecitazione meccanica, eolica,da stress termico, dilavamento diacqua piovana e così via.
Per questa ragione l'amianto inmatrice friabile, il quale può essereridotto in polvere con la sempliceazione manuale, è considerato piùpericoloso dell'amianto in matricecompatta che per sua natura ha unascarsa o scarsissima tendenza a li-berare fibre.
Ciò premesso, per quanto riguardale imprese edili, la Direttiva stabili-sce che, prima di intraprendere la-vori di demolizione o di manuten-zione, i datori di lavoro devono
adottare, eventualmente chiedendoinformazioni ai proprietari dei loca-li, ogni misura necessaria volta aindividuare la presenza di materialia potenziale contenuto di amianto.
Se vi è il minimo dubbio sullapresenza di amianto in un materialeo in una costruzione, occorre appli-care le disposizioni previste dallaDirettiva.
In effetti, questa norma va nellastessa direzione del censimento del-l’amianto, che è previsto dalla no-stra normativa. Infatti, ai sensi del-l'art. 12. del D.P.R. 8/08/1994, ilcensimento degli edifici nei qualisono presenti materiali o prodotticontenenti amianto libero o in ma-trice friabile ha carattere obbligato-rio e vincolante per gli edifici pub-blici, per i locali aperti al pubblico edi utilizzazione collettiva e per iblocchi di appartamenti.
La norma europea però è piùestensiva perché riguarda l’accerta-mento della presenza di amianto inqualsiasi edificio e per qualsiasi ti-pologia di manufatto contenenteamianto.
Tra le altre novità introdotte dallaDirettiva 2003/18/CE, le quali, comevisto riguardano principalmente laprotezione dei lavoratori esposti al-l’amianto, c’è anche l’obbligo per leimprese di bonifica, prima di effet-tuare lavori di demolizione o rimo-zione dell'amianto, di dare provadella loro competenza nel settore.Questa norma è certamente moltoimportante, visto che questi sonolavori proceduralizzati, normati neldettaglio, con alto rischio di conta-minazione ambientale e con alto pe-ricolo d’esposizione per i lavoratori.
La mappatura dell’amianto e gli in-terventi di bonifica urgenti
Il 24 maggio 2003, è entrato invigore il Decreto 18 marzo 2003, n.101 del Ministero dell’ambiente edella tutela del territorio, pubblicatosulla Gazzetta Ufficiale n. 106 del 9maggio 2003, che attua l’articolo 20della Legge 23 marzo 2001, n. 93.
Esso detta le regole per la realiz-zazione di una mappatura completadelle zone del territorio nazionaleinteressate dalla presenza di
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AMBIENTE30ORDINE DI NAPOLI
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amianto e per la realizzazione degliinterventi di bonifica di particolareurgenza.
Il Decreto individua i criteri perl’attribuzione del carattere di urgen-za agli interventi di bonifica, i sog-getti e gli strumenti che realizzeran-no la mappatura, le fasi e la pro-gressione della realizzazione dellastessa nonché le modalità per l’ac-cesso ai finanziamenti.
Innanzi tutto, le Regioni e le Pro-vince autonome devono procedereall’effettuazione della mappatura,anche sulla base dei dati raccoltinelle attività di monitoraggio aisensi della Legge 27 marzo 1992, n.257.
La mappatura ha la finalità di evi-denziare i siti nei quali é riscontratala presenza di amianto, ovvero l’uti-lizzo di materiali contenenti amian-to, includendo nell’analisi i siti neiquali la presenza di amianto é do-vuta a cause naturali.
Essa consiste delle seguenti duefasi:• individuazione e delimitazione dei
siti caratterizzati dalla presenza diamianto nell’ambiente naturale ocostruito;
• selezione dei siti nei quali è accer-tata la presenza di amianto, nel-l’ambiente naturale o costruito,per i quali sono necessari inter-venti di bonifica urgenti.
I dati per la mappatura potrannoessere ricavati anche dai censimentiamianto effettuati ai sensi dell’arti-colo 10 della Legge fondamentalesulla cessazione dell’amianto, 27marzo 1992, n. 257.
Il Decreto prevede che si dovrà te-ner conto delle seguenti categorie diricerca:• Categoria 1 - Impianti industriali
attivi o dismessi (impianti neiquali l’amianto era utilizzato co-me materia prima nell’ambito delprocesso produttivo; impianti neiquali l’amianto é o era presente inmanufatti vari);
• Categoria 2 - Edifici pubblici eprivati (scuole di ogni ordine e
grado; ospedali e case di cura; uf-fici della pubblica amministrazio-ne; impianti sportivi; grande dis-tribuzione commerciale; istitutipenitenziari; cinema, teatri, saleconvegni; biblioteche; luoghi diculto; edifici residenziali; edificiagricoli e loro pertinenze; edificiindustriali e loro pertinenze);
• Categoria 3 - Presenza naturale(ammassi rocciosi caratterizzatidalla presenza di amianto; attivitàestrattive con presenza di amian-to; attività estrattive senza pre-senza di amianto in aree indiziateper l’amianto);
• Categoria 4 - Altra presenza diamianto da attività antropica(aree territoriali omogenee ad ele-vata diffusione dell’utilizzo di ma-teriali contenenti amianto, conparticolare riferimento al dato in-dicativo sulla quantità di materialicontenenti amianto derivante dalCensimento Amianto. Il datoquantitativo dovrà essere riferitoalla popolazione presente nell’areaed a rischio di esposizione.
Nei siti da individuare devono es-sere inclusi anche quelli per i qualisono già disponibili dati derivati dacensimenti, notifiche, sopralluoghi,nei quali sia effettivamente accerta-ta una presenza di amianto, nonchéle ulteriori localizzazioni che po-tranno essere individuate dalle Re-gioni e dalle Province autonome.
Il Decreto prescrive che la mappa-tura delle zone interessate dallapresenza di amianto deve essererealizzata avvalendosi di Sistemi in-formatici impostati su base territo-riale.
E’ prescritto altresì che, ai fini del-la mappatura, i siti devono esseregeoreferenziati, vale a dire che essidevono avere una precisa ubicazio-ne nello spazio, rispetto ad un siste-ma di riferimento.
Le Regioni e le Province autono-me sono tenute a trasmettere, al Mi-nistero dell’ambiente e della tuteladel territorio, annualmente, entro il30 giugno, i risultati della mappa-
tura, i dati analitici relativi agli in-terventi da effettuare e le relativepriorità, nonché i dati relativi agliinterventi effettuati.
Il Ministero dell'ambiente e dellatutela del territorio procederà conproprio Decreto all'attribuzione del-le risorse sia per la mappatura, a fa-vore delle Regioni e delle Provin-ce autonome, sia per gli interventidi particolare urgenza a favore del-l’ente territoriale competente.
Le Regioni e le Province autono-me devono definire, entro novantagiorni dalla data di entrata in vi-gore del Regolamento, la proceduraper la determinazione degli inter-venti di bonifica urgenti, secondo icriteri di priorità di intervento indi-cati nell’Allegato B del Decreto.
Inoltre, le Regioni e le Provinceautonome sono tenute ad individua-re gli ulteriori interventi urgenti daeffettuare e a definire le relativepriorità di attuazione.
Il Decreto precisa, tra l’altro, che,al fine di agevolare gli interventi dibonifica e lo smaltimento dei rifiutiderivanti dagli stessi, presso le se-zioni regionali dell’Albo nazionaledelle imprese che effettuano la ge-stione dei rifiuti (istituite presso laCamera di Commercio del Comunecapoluogo di regione), deve esseretenuto un repertorio che identificale aziende iscritte all’Albo stesso e,su base volontaria, il listino non im-pegnativo per l’Albo dei prezzi daciascuna praticati per le diverse ti-pologie di servizio.
Agli adempimenti previsti dal Re-golamento, concernenti sia la map-patura dei siti con presenza diamianto sia gli interventi di bonifi-ca di particolare urgenza, si faràfronte con le risorse previste dal-l'articolo 20 della legge 23 marzo2001, n. 93.
Le Regioni e le Province autono-me sono tenute a trasmettere an-nualmente al Ministero dell’ambien-te e della tutela del territorio unarelazione sullo stato di avanzamen-to degli interventi finanziati e sullesomme effettivamente erogate.
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31AMBIENTEORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
AbstractLa monografia che segue intende
analizzare le possibilità di un mo-dello di coinvolgimento direttodell’Ordine Professionale nel pro-cesso di modernizzazione dellestrutture tecnologico-produttivesul territorio.
Il disegno europeo individuachiaramente una nuova geografiadi poteri e responsabilità di gover-no del territorio, attraverso il forteruolo riconosciuto alle ammini-strazione regionali. La permanenzain zona Obiettivo 1 richiede allaRegione Campania il potenziamen-to delle proprie capacità di gestio-ne dei flussi finanziari destinati al-lo stimolo ed incentivazione delleimprese operanti sul territorio.
Il passaggio dal V al VI Pro-gramma Quadro è segnato daun’ulteriore crescita di attenzionenei confronti del ruolo della PMIin Europa, e della necessità di mo-dernizzazione dei processi produt-tivi e dei prodotti europei.
Attraverso l’analisi dello stato at-tuale del tessuto produttivo campa-no, e delle reali necessità di coordi-namento della Pubblica Ammini-strazione, viene offerto uno spuntodi riflessione sul ruolo di supportoche l’Ordine Professionale può si-curamente fornire attraverso il co-involgimento ordinato dei propriassociati. In Appendice è presenta-to un approfondimento descrittivodelle linee guida del VI ProgrammaQuadro, utile ad inquadrare le evo-luzioni giudicate opportune nellestrutture operative e decisionali deiprossimi anni in Europa.
L’Europa e il Decentramento Amministrativo
Il processo di affermazione del-l’identità paneuropea nel nostrocontinente ha già da tempo indivi-
duato nel rapporto diretto tra isti-tuzioni centrali ed amministrazionilocali l’elemento chiave per la suarapida affermazione.
Scavalcando talvolta gli stessiprocessi federalistici nazionali,l’Europa prende infatti sempre dipiù la configurazione di unagrande federazione di Ammini-strazioni Regionali, fortemente ra-dicate nel territorio e direttamenteresponsabilizzate dal proprio ruo-lo operativo.
Le Amministrazioni Regionalicomprendono bene, inoltre, l’im-portanza della partecipazione di-retta presso le strutture decisionalidel governo europeo, istituendopropri punti di presenza in prossi-mità dei centri nevralgici di Bru-xelles e Strasburgo.
L’accresciuta importanza conferi-ta alle Amministrazioni Regionalile mette così in condizione di ade-guare più velocemente la propriaorganizzazione interna ai pro-grammi ed alle decisioni del go-verno europeo.
I processi di diffusione delle nor-mative comunitarie, infatti, tendo-no al recepimento “de-facto” nelquadro normativo regionale, primaancora del necessario passaggionormativo nazionale.
Le Amministrazioni Regionali,percepiscono la convenienza di taliadeguamenti in quanto necessariper l’accesso ai programmi di in-centivazione ed agevolazione con-tributiva.
I meccanismi di distribuzionedelle agevolazioni finanziarie sonobasati sulla tempestività cronologi-ca e sulla premialità, e richiedonoalle amministrazioni pubblicheparticolare efficienza e spiccata at-titudine al coordinamento dei flus-si di trasferimento tecnologico e dicompetenze scientifiche.
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TECNOLOGIA32ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
Ordine Professionale e Innovazione TecnologicaOrdine degli Ingegneri di NapoliCommissione Telecomunicazioni e Nuove Tecnologie
Modernizzazione dei sistemi produttiviParticolare sensibilità va rivolta
alla necessità di svecchiare i sistemiproduttivi sul territorio, al punto ta-le che gran parte dei finanziamentieuropei sono destinati all’incentiva-zione dell’Innovazione Tecnologicanei processi industriali e nella pub-blica amministrazione.
In questa ottica l’azione dell’Am-ministratore Locale è fortementeconcentrata sulla necessità di molti-plicare i canali di relazione esistentitra le imprese produttive operantisul territorio e l’accesso alle compe-tenze tecnologiche necessarie per lamodernizzazione dei processi.
Devono pertanto moltiplicarsi leoccasioni di divulgazione tecnico-scientifica attraverso l’attivazione diincontri ed eventi tra associazioni dicategoria, distretti industriali, im-prese singole o consorziate, centri dicompetenza.
La molteplicità delle mini e microimprese è tale da richiedere unosforzo di sempre maggiore capillari-tà della divulgazione e delle conse-guenti attività consulenziali di sup-porto alle realizzazioni.
Il ruolo delle PMI nel VI Programma Quadro
Il VI Programma Quadro è imper-niato su alcuni concetti di base, ri-cavati direttamente dal prolunga-mento dell’azione già intrapresa conil precedente V Programma Quadro,e che vengono qui di seguito rias-sunti.
La ricerca e sviluppo tecnologico(RST) è un elemento essenziale nel-l'organizzazione e nello sviluppo deipaesi industrializzati, come gli Statimembri dell'UE e i paesi candidatiall'adesione all'UE.
La competitività delle imprese el'occupazione che esse possonocreare dipende in grande misuradalla RST, che è anche essenzialeper sostenere altre politiche come laprotezione del consumatore o del-l'ambiente. In breve, il benessere in-dividuale e collettivo dei cittadinidipende dalla qualità e pertinenzadella RST.
Inoltre, sviluppare una politica diricerca europea e attuare i program-
mi europei di ricerca è un obbligogiuridico e politico che deriva daltrattato; il trattato include infatti unintero capitolo sulla RST.
L'Europa è tenuta a svolgere unruolo attivo nella RST per le caratte-ristiche stesse del settore in quanto:- la ricerca di alto livello è sempre
più complessa e interdisciplinare;- la ricerca di alto livello è sempre
più costosa;- la ricerca di alto livello richiede
una "massa critica" in costanteaumento.
Esistono pochissimi gruppi di ri-cerca o laboratori o imprese chepossono ragionevolmente sosteneredi essere in grado di far fronte aqueste sfide. Anche per interi paesidiventa sempre più difficile restareattivi e svolgere un ruolo di primopiano nei numerosi e importantisettori di progresso scientifico e tec-nologico.
Con lo sviluppo della ricerca mo-derna in un contesto mondiale, l'or-ganizzazione della cooperazione adiversi livelli sia in Europa che incampo internazionale, il coordina-mento delle politiche nazionali oeuropee, il collegamento in rete digruppi e l'aumento della mobilità dipersone e idee diventano quindi unanecessità. Senza un deciso interven-to a livello europeo, non è possibilesuperare l'attuale frammentazionedegli sforzi europei.
Per rispondere a questa sfida laCommissione europea, gli Statimembri e il Parlamento europeo, lacomunità scientifica e l'industria sisono impegnati in uno sforzo comu-ne per creare uno "Spazio europeodella ricerca" (SER) e dargli una di-mensione internazionale.
Il VI Programma Quadro di ricercae sviluppo tecnologico sarà il prin-cipale strumento finanziario e giuri-dico della Commissione europea perrealizzare lo Spazio europeo dellaricerca, parallelamente alle attivitànazionali e ad altre attività europeedi ricerca cooperativa.
Il VI Programma Quadro sosterràla collaborazione nella ricerca, pro-muoverà la mobilità e il coordina-mento e investirà nella mobilitazio-
ne della ricerca a sostegno delle al-tre politiche UE.
Compiti e Responsabilità dell’Amministrazione Regionale
Quanto detto a proposito del VIProgramma Quadro definisce in ma-niera chiarissima lo schema di fun-zionamento cui si devono attenerele Amministrazioni Regionali nel lo-ro ruolo di catalizzatori naturali delprocesso di modernizzazione pan-europeo.
L’Amministrazione Regionale, in-fatti, si propone quale braccio ese-cutivo dell’operazione, valutando lanecessità dei mutamenti sociali spe-cifici nel territorio governato, e pre-disponendo l’attuazione delle misuredecise dal governo centrale. Partico-larmente importante è la cronologiadegli interventi, per mantenere la si-tuazione locale al passo con la pro-gressione dei programmi centrali,pena lo scollamento dell’azione lo-cale rispetto a quella centrale conconseguente progressiva perdita dicompetitività dell’intero sistema.
In questa ottica l’AmministrazioneRegionale sta attentamente attrez-zando la rete delle competenze sulterritorio, coinvolgendo le Universi-tà, stimolando gli Enti di Formazio-ne, invogliando le Associazioni diCategoria a scendere in campo in si-nergia con i mutamenti del quadronormativo.
Esempi reali di quanto sopra sonoi continui riferimenti attuativi dellemisure previste nei Programmi Ope-rativi Regionali, l’azione di stimoloal tessuto delle PMI, l’adozione distrumenti agevolativi finalizzati allacrescita quantitativa e qualitativadella produzione di beni e servizi.
Uno degli obiettivi auspicati è lacreazione di una infrastruttura dicollaborazioni eccellenti sul territo-rio, costituita coinvolgendo diretta-mente ed in maniera trasversalequegli stessi operatori culturali giàpresenti in regione, seppur finoraorganizzati in direzione verticale,ciascuno all’interno della propria di-mensione nazionale.
Ecco quindi l’affioramento dell’i-dentità dei Dipartimenti e dei PoliUniversitari locali, ecco il censimen-
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33TECNOLOGIAORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
to continuo dei Laboratori di RicercaPubblici e Privati operativi nell’am-bito locale, con la creazione dell’Al-bo Regionale della Ricerca Scientifi-ca, da affiancare a quello tradiziona-le costituito dall’analoga organizza-zione nazionale in seno al MIUR.
Potenzialità del coinvolgimento di-retto dell’Ordine Professionale
Negli ultimi dieci anni anche leAssociazioni Professionali hanno inlarga misura risentito dei cambia-menti indotti dal processo di unifi-cazione pan-europeo.
Nell’Ordine degli Ingegneri, peresempio, è in atto un percorso di ar-ticolazione delle specialità profes-sionali tradizionalmente individuatenella figura novecentesca dell’Inge-gnere Italiano, da un lato, da rimet-tere al passo con l’articolazione del-la formazione universitaria, e con ledifferenze createsi nel tempo tra levarie sfumature professionali dellediverse realtà nazionali, dall’altro,nello sforzo comune di creazionedell’Ingegnere Europeo che la cre-scente esigenza di mobilità rendeoramai improcrastinabile.
Nel nostro piccolo ne sono prova,ad esempio, le Commissioni e Sub-commissioni che l’Ordine Provincia-le di Napoli ha sentito il bisogno diistituire, con buona tempestività ri-spetto al cambiamento in atto, tantoda poterne ricavare utili suggeri-menti già in corso d’opera.
E’ avviso dello scrivente, infatti,che anche il processo di deindustria-lizzazione avvenuto in Campanianello scorso decennio può costituire,se ben utilizzato, addirittura un ulte-riore opportunità di sviluppo.
La dismissione delle grandi Impre-se pubbliche e private ha sicuramen-te creato grossi problemi di mercatoad un indotto ricchissimo di compe-tenza, ma assopito su posizioni dinicchia, incosciente delle sue stessereali capacità, e soprattutto lontanoculturalmente dalle logiche di pro-mozione su promettenti mercati sologeograficamente lontani. Inoltre, lacompleta dipendenza dal propriorapporto cliente-fornitore lascia in-completa la PMI , perché spesso pri-va di quella cultura logistica, com-
merciale, tecnica fino a quel mo-mento totalmente delegata all’orga-nizzazione produttiva del Cliente.
Molte PMI sono risultate purtrop-po incapaci di reagire dall’interno,ed hanno contribuito ad aggravareil deficit cronico di posti-lavoro.
L’Amministrazione Regionale haspesso saputo ascoltare per tempo,con programmi di supporto e com-pletamento delle lacune organizzati-ve, promuovendo Certificazioni deiSistemi Qualità, programmi di inter-nazionalizzazione delle imprese, sug-gerendo percorsi di pubblicizzazionedelle subforniture, e sempre comun-que sforzandosi di proporre l’Innova-zione Tecnologica come veicolo dinuova affermazione sul mercato.
La medesima deindustrializzazio-ne ha reso altresì disponibili in re-gione anche numerose figure pro-fessionali altamente specializzate, lacui permanenza sul territorio, av-vertita dall’Ordine da un certo in-cremento della partecipazione al-l’associazione professionale, può edeve costituire una risorsa nuova.
Attraverso una maggiore articola-zione interna, infatti, la distribuzio-ne delle competenze disponibili puòvenire innanzitutto censita, valuta-ta, può venire quindi organizzata, infunzione dei settori specifici di ap-partenenza, favorendone e raziona-lizzandone l’impiego sinergico edintegrato.
Si verrebbe così in breve tempo acostituire una sorta di rete interna dicompetenze da mettere a disposizio-ne per colmare lacune formative, su-perare carenze di tipo dirigistico eculturale, nel delicato compito ditrasferimento tecnologico che la pro-mozione dell’Innovazione Tecnologi-ca e della Ricerca Scientifica portasempre con sé, e che molto spessorappresenta grande elemento di in-successo dell’investimento pubbliconel tessuto industriale delle PMI.
L’accreditamento dell’Ordine Pro-vinciale quale ulteriore erogatore dicompetenze eccellenti verso l’Am-ministrazione Regionale e verso leassociazioni di categoria può contri-buire a creare un ruolo nuovo del-l’Associazione Professionale, mag-giormente pro-attivo sia nei con-
fronti del tessuto sociale che neiconfronti dei propri associati, ingrado di svolgere un compito diraccordo e di cerniera, potenzial-mente in grado di sedersi anche aitavoli della programmazione ammi-nistrativa con compiti consultivi, senon anche operativi.
E’ avviso della Commissione cheun altro importante elemento daprendere in considerazione è costi-tuito senz’altro dal modello di dis-tribuzione geografica sul territorio:anche l’Ordine Professionale, infatti,si potrebbe giovare, per omogeneitàcon il decentramento amministrati-vo in corso nell’UE, della costituzio-ne per sedi “REGIONALI” piuttostoche provinciali, riconoscendo a pro-prio organo di rappresentanza na-zionale solo ed esclusivamente com-piti di coordinamento con il Parla-mento nazionale, mentre sarebbe si-curamente opportuno svilupparenella propria organizzazione unarappresentanza intra-europea, sce-gliendo una sede centrale vicina siageograficamente che funzionalmen-te ai centri di decisione dell’UE.
Utilità e Sinergie Nella maniera sopra descritta, l’Or-
dine Provinciale di Napoli potrebbecosì proporsi nel ruolo di cernieratra le esigenze dell’AmministrazioneRegionale, nel suo impegno di brac-cio operativo del Governo Europeo,ed il mondo delle competenze pro-fessionali dei suoi Iscritti.
L’Ordine si verrebbe così a definirequale Ente di Accreditamento nelterritorio nei confronti della PMI,depositario e coordinatore delle ri-sorse tecniche e scientifiche di pri-missimo ordine dei ProfessionistiCampani, e contemporaneamenteGarante nei confronti dell’Organiz-zazione Europea della Programma-zione degli Interventi di Ammoder-namento dei territori dell’UE.
Principali elementi del VI Programma Quadro
Il VI Programma Quadro è il qua-dro per le attività di ricerca UE nelcampo della scienza, della ricerca edell'innovazione. Con uno stanzia-mento di bilancio pari a 17,5 mi-
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TECNOLOGIA34ORDINE DI NAPOLI
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liardi di euro per gli anni 2002-2006 rappresenta circa il 4-5% del-la spesa complessiva degli Statimembri dell'UE nel campo dellaRST. L'obiettivo principale del VIProgramma Quadro è contribuirealla realizzazione dello Spazio eu-ropeo della ricerca migliorandol'integrazione e il coordinamentodella ricerca in Europa, che attual-mente è fortemente frammentata.Allo stesso tempo la ricerca saràindirizzata a rafforzare la competi-tività dell'economia europea, a ri-solvere importanti questioni ri-guardanti la società e sostenere laformulazione e attuazione di altrepolitiche dell'UE. Le attività del VIProgramma Quadro devono svolger-si conformemente ai principi etici, apartire da quanto compreso nellaCarta dei diritti fondamentali dell'U-nione europea, e devono altresì in-centivare il ruolo delle donne nellaricerca e migliorare il rapporto el'informazione della società.
Il VI Programma Quadro è costi-tuito da tre blocchi principali di at-tività, raggruppati in due program-mi specifici più un terzo programmaspecifico per la ricerca nucleare:
La ricerca nel primo e nel terzoprogramma specifico si concentreràsu alcune aree prioritarie seleziona-te. I progetti saranno selezionati inmaniera competitiva sulla base diinviti a presentare proposte (in alcu-ni casi bandi di gara) e di un esameinter pares (peer review), ossia unavalutazione con l'aiuto di espertiesterni indipendenti.
Per realizzare le varie attività, sa-ranno applicati strumenti, tipologiedi progetto e meccanismi di finan-ziamento diversi. Oltre alle attivitàsopra menzionate, esiste un pro-gramma specifico per le attività delCentro comune di ricerca della Co-munità europea (le cosiddette azionidirette). Tali azioni non sono tratta-te nel presente documento.
Il nucleo delle azioni di ricerca - ilprogramma specifico "Integrare erafforzare lo Spazio europeo dellaricerca"
Questo programma specifico attuail primo e il terzo blocco principale
di attività del VI Programma Quadro(cfr. Tabella 1).
Mira ad una maggiore integrazio-ne attraverso la promozione dellaricerca:- in 7 aree prioritarie chiave di inte-
resse eccezionale e valore aggiun-to per l'Europa;
- rispondendo alle esigenze specialidelle PMI;
- nella cooperazione internazionalecon partner di determinati gruppidi paesi terzi;
- per sostenere altre politiche comu-nitarie;
- per esplorare aree scientifiche etecnologiche nuove ed emergenti eanticipare le esigenze future dellascienza e della tecnologia.
Inoltre, questo programma specifi-co promuove la costituzione di retie azioni congiunte di iniziative na-zionali ed europee nella ricerca enell'innovazione.
Il primo blocco di attività Le sette priorità tematiche
Il primo blocco di attività “con-centrare e integrare” la ricerca eu-ropea definisce sette aree temati-che prioritarie di ricerca.
Queste coprono le aree in cuil'UE nel medio termine intende di-ventare l'economia basata sullaconoscenza più competitiva e di-namica del mondo, in grado di of-frire una crescita economica soste-nibile insieme a nuovi e miglioriposti di lavoro e ad una maggiorecoesione sociale.
Poiché costituisce una della mi-sure intese a realizzare la dimen-sione internazionale del VI Pro-gramma Quadro, questo blocco èaperto alla partecipazione di orga-nizzazioni di paesi terzi con unoconsistente stanziamento inclusonel bilancio.
Attività di ricerca specifiche per le PMI
Il programma incoraggia le PMIa partecipare alle attività nell'am-bito delle aree tematiche priorita-rie attraverso reti di eccellenza,progetti integrati e progetti speci-fici mirati. Almeno il 15% del
budget relativo alle sette prioritàtematiche sarà assegnato alle PMI.
Inoltre, sono previsti due stru-menti specifici per le PMI che vo-gliono innovare ma non abbianole capacità di ricerca adeguate. Al-l'interno di questi schemi - Ricercacollettiva e Ricerca cooperativa(“CRAFT”) - le PMI o i raggruppa-menti industriali in cui le PMIhanno una posizione di rilievopossono affidare il lavoro di ricer-ca a terzi (istituti di ricerca, uni-versità, ecc.).
In quanto una delle misure pergarantire la dimensione interna-zionale al VI Programma Quadro,le azioni orizzontali per le PMI so-no aperte a organizzazioni di paesiterzi e sono dotate di uno stanzia-mento proprio di bilancio.
Il secondo blocco di attività e l’In-novazione Tecnologica: affrontarele debolezze strutturali - Il pro-gramma specifico "Strutturare loSpazio europeo della ricerca"
Questo programma specifico at-tua il secondo blocco principale diattività del VI Programma Quadroe affronta le debolezze strutturalidella ricerca europea. Gli obiettivie le attività principali sono sinte-tizzati nello specchietto che segue.In funzione della loro natura e deimezzi per metterle in atto, le atti-vità da svolgere all'interno di que-sto programma sono applicabili atutti i campi della ricerca e dellatecnologia.
Obiettivi:• Migliorare le capacità innovati-
ve europee, incoraggiando unamigliore integrazione tra ricercae innovazione e lavorando peruna politica e un quadro norma-tivo più favorevoli all'innova-zione.
• Aumentare la propensione a tra-sformare la ricerca in innova-zioni utili e con valore commer-ciale.
Azioni:• Mettere in rete gli operatori e
favorire l'interazione- Incoraggiare e convalidare le
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35TECNOLOGIAORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
iniziative tese a promuoverela creazione di imprese inno-vative
- Scambio di buone pratiche ri-guardo a comunicazione, for-mazione, trasferimento di co-noscenze
• Incoraggiare la cooperazionetransregionale- Promuovere lo scambio di in-
formazioni, agevolare il trasfe-rimento di buone pratiche emettere in atto strategie di in-novazione regionali
• Sperimentare nuovi strumenti eapprocci
• Realizzare servizi e consolidarli- CORDIS- Centri relais di innovazione- Servizi di informazione e di
sostegno nel campo dei dirittidi proprietà intellettuale e in-dustriale e accesso ai finanzia-menti per l'innovazione
• Rafforzare il settore economico etecnologico- Partecipazione di PMI o gruppi
di PMI al VI Programma Qua-
dro, particolarmente a progettiintegrati e reti di eccellenza;
- Facilitare la creazione di rag-gruppamenti o PMI che hannoesigenze di innovazione simili;
- Promozione della cooperazionetransregionale tra PMI;
- Stimolare le reti di incubatoriindustriali;
- Identificazione e diffusione dimigliori pratiche
• Analizzare e valutare l'innova-zione nei progetti di ricerca co-munitari
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TECNOLOGIA36ORDINE DI NAPOLI
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TABELLA 1: SCHEMA DELLA STRUTTURA DEL VI PROGRAMMA QUADRO
(— . — PROGRAMMA SPECIFICO "INTEGRARE E RAFFORZARE LO SPAZIO EUROPEO DELLA RICERCA", ….… PROGRAMMA SPECIFICO “STRUTTURARE LO SPAZIO EUROPEO DELLA RICERCA”)
VI Programma Quadro (parte CE): 3 blocchi principali di attività
BLOCCO 1: CONCENTRARE E INTEGRARE LA RICERCA EUROPEA
7 AREE TEMATICHE PRIORITARIE ATTIVITÀ SPECIFICHE CONCERNENTI UN SETTORE DI RICERCA PIÙ AMPIO
Scienze biologiche, genomica e biotecnologie per la salute Ricerca a sostegno delle politiche Scienza e tecnologie nuove Tecnologie per la società dell'informazione ed emergenti (NEST)Nanotecnologie e nanoscienze, materiali funzionali basati
Attività di ricerca specifiche per le PMIsulla conoscenza, nuovi processi e dispositivi di produzioneAeronautica e spazioSicurezza e qualità dei prodotti alimentariSviluppo sostenibile, cambiamento globale ed ecosistemi Attività specifiche a favore della cooperazione internazionaleCittadini e governance nella società della conoscenza
BLOCCO 2: STRUTTURARE LO SPAZIO EUROPEO DELLA RICERCA BLOCCO 3: RAFFORZARE LE BASI DELLO SPAZIO EUROPEO DELLA RICERCA
Ricerca e innovazione Coordinazione delle attività di ricerca Sviluppo di politiche Risorse umane e mobilità di ricerca/innovazioneInfrastrutture di ricercaScienza e società
In Italia le gallerie lunghe più di1000 m rappresentano la maggiorparte dello sviluppo della rete stra-dale in sotterraneo. Esse influisco-no in modo rilevante sulla sicurez-za della circolazione e sulla dota-zione degli impianti, per questo lacomunità scientifica internazionalee le norme, vi rivolgono particola-re attenzione. L’elevata magnitudoche caratterizza mediamente gli in-cidenti in galleria, in particolarequelli che hanno come conseguen-za l’incendio del veicolo, imponela necessità di soluzioni progettuali(geometria, impianti, sistemi di si-curezza) in grado di elevare gli at-tuali standards di sicurezza.
1. La dimensione del problema in-cidentalità in galleria
La volontà del legislatore di rea-lizzare un indagine conoscitivadelle gallerie stradali, espressa dal-la Circolare 6 dicembre 1999 n°7938 “Sicurezza della circolazionenelle gallerie stradali con partico-lare riferimento ai veicoli che tra-sportano materiali pericolosi” e dalD.M. 5 giugno 2001 “Sicurezzanelle gallerie stradali”, avrebbe do-vuto portare alla realizzazione diun catasto ufficiale delle gallerie.
A tuttoggi tale strumento manca,esiste però un database non uffi-
ciale creato da un gruppo di tecni-ci (con fine no-profit), di fonda-mentale importanza per avviaredegli studi sull’incidentalità in gal-leria. Esso è consultabile al sito:http//www.home.no.net/lotsberg/index_it.htlm.
Elaborando i dati contenuti nelsuddetto database si è giunti alladeterminazione di:• numero gallerie (fornici), • sviluppo chilometrico, • numero gallerie a doppio foro
con traffico monodirezionale e aunico foro con traffico bidirezio-nale,
• gallerie suddivise per tipo distrada. Sul territorio nazionale sono pre-
senti 1561 fornici aventi uno svi-luppo complessivo di 1319 km euna lunghezza media di 845 m.Questi dati, non comprensivi dellegallerie di lunghezza inferiore ai200 m, perché non significativa-mente influenti sulle dinamiche disicurezza, fanno si che l’Italia sia ilPaese europeo con il maggior nu-mero di chilometri di gallerie (cfr.Tab.1.1).
I fornici aventi lunghezza mag-giore o uguale di 1000 m sono 410per uno sviluppo di 800 km, cioè il60.68% dello sviluppo totale delle
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37TRASPORTI E SICUREZZAORDINE DI NAPOLI
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Innalzamento del livello di sicurezza stradale in galleriaDI GIANPIERO MARRONE
Ingegnere
TAB.1.1 - GALLERIE IN ALCUNI PAESI EUROPEI
(FONTE: OECD, “INTERNATIONAL ROAD TRAFFIC AND ACCIDENT DATADASE”)Nazione Ferrovie Strade Metropolitane Totali
(km) (km) (km) (km)Italia 1200 1319 60 2579Norvegia 260 370 20 650Austria 105 210 15 330Francia 650 180 270 1100Svizzera 360 140 n.r. 500Spagna 750 100 200 1050Germania 380 70 550 1000Gran Bretagna 220 30 200 450
gallerie sul territorio nazionale(cfr.Tab.1.2). Tale dato è di estremaimportanza perché le gallerie aventiuna lunghezza superiore ai 1000 mincidono fortemente sulla sicurezzastradale e sul tipo e la dimensionedegli impianti, attraverso la combi-nazione di vari fattori quali:• il tipo (doppio o monofornice), • la tipologia di traffico, • la dotazione di impianti per l’eser-
cizio ordinario e l’esercizio incondizioni di emergenza.
La normativa attualmente vigenteprevede che per tutte le gallerieaventi lunghezza maggiore di 1000m, tra l’altro, siano attuati i seguen-ti provvedimenti:• installazione di colonnine SOS fo-
niche, • installazione di estintori,• valutazione del rischio in galleria
per l’eventuale inserimento nel pia-no provinciale di protezione civile.
Anche la comunità scientifica in-ternazionale rivolge ad esse unaparticolare attenzione. L’U.N.E.C.E.(UNITED NATIONS, Economic andSocial Council, ECONOMIC COM-MISSION FOR EUROPE) auspica chela ricerca sia in particolare orientataverso la realizzazione di sistemi dispegnimento automatici dell’incen-dio tecnologicamente avanzati.
Dal censimento scaturisce che legallerie autostradali sono il 56% dellosviluppo totale della rete in galleria, ilrestante 44% è ubicato sulle altrestrade ed è quasi esclusivamente a fo-ro unico con traffico bidirezionale (cfrFig. 1.1). Questo dato abbinato a quel-li sui rapporti di mortalità (cfr. L’inci-dentalità stradale in galleria, Notizia-rio Ordine Ingegneri Provincia di Na-poli 3/2003), permette l’individuazio-ne della dimensione del problema in-cidentalità in galleria e testimonia laeccessiva pericolosità delle gallerie bi-
direzionali. Esse presentano valori dimortalità di poco più elevati rispettoai medesimi tratti all’aperto ma neces-sitano di interventi atti a ridurre talivalori, visto gli indirizzi di politica disicurezza impartiti dalla ComunitàEuropea, secondo i quali, entro il 2010si dovrebbe ridurre vertiginosamenteil numero di decessi per incidenti stra-dali. La gran parte delle gallerie esi-stenti presenta delle caratteristichegeometriche e impiantistiche di vec-chia concezione e non più adatte alle
nuove esigenze di sicurezza.Su questo tipo di gallerie non
sempre si può intervenire sulla geo-metria dell’asse, né sulla sezionetrasversale. Nella maggior parte deicasi non è possibile realizzare duefornici con traffico monodireziona-le, bisogna quindi intervenire su:
• dispositivi di sicurezza, • sistemi di gestione, • impianti.
In tal modo è possibile porre ri-medio ad alcune insufficienze di ba-se ed ottenere un livello di sicurezzastradale accettabile. Il pericolo mag-giore è però rappresentato dagli in-cidenti con conseguente incendiodel veicolo, quindi, l’impianto an-tincendio riveste un ruolo fonda-mentale anche perché limita le con-seguenze negative.
I fattori che intervengono sulla si-curezza stradale in galleria sono:• geometria,• impianti,• dispositivi di sicurezza,• utenti.
Nel seguito si propongono deiprovvedimenti che riguardano alcunidei fattori rappresentati in Fig.1.2,utili all’innalzamento degli standardsdi sicurezza in galleria. Gli interventisulla geometria sono possibili nellegallerie in progetto, mentre gli altriinterventi sono applicabili anche allegallerie in esercizio.
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TRASPORTI E SICUREZZA38ORDINE DI NAPOLI
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TAB.1.2 - SVILUPPO COMPLESSIVO DELLE GALLERIECON LUNGHEZZA SUPERIORE E INFERIORE AI 1000 M
classe (m) L (m) % numero forniciL > 1000 800.343 60.68 410
200 < L < 1000 518.434 39.31 1151L totale 1.318.777 1561
(Elaborazione dati su fonte: http//www.home.no.net/lotsberg/index_it.htlm)
TIG.1.1 - GALLERIE PER TIPO DI STRADA
2. Misure proposte per il migliora-mento della sicurezza stradale ingalleria
2.1 Tipologia geometricaLa galleria è una opera di inge-
gneria civile difficile da realizzare enello stesso tempo costosa. Sia infase di studio di prefattibilità, che diprogetto, l’elemento costo imponedelle scelte che spesso vanno a dis-capito della sicurezza stradale.
Sarebbe auspicabile che si valuti-no attentamente tali scelte.
Nel caso dei trafori, realizzare unsolo fornice comporta un risparmionel breve periodo, ma un aggraviodi spesa nel lungo periodo a causadi:• maggior numero di morti, di feriti,
di incidenti,• costo superiore degli impianti, • maggiori spese per il ripristino
delle strutture e degli impiantidanneggiati dagli eventi inciden-tali.
Tranne i casi estremi in cui le con-dizioni geomorfologiche del sito nonpermettono la realizzazione di due
fori, la presenza di due fornici contraffico monodirezionale, diminuiscela probabilità e le conseguenze ne-gative degli incidenti (ciò è suffra-gato dai dati di incidentalità).
2.2 Andamento planimetrico del-l’asse
Nel caso di gallerie lunghe si con-siglia di realizzare un asse stradaleil cui andamento planimetrico siacostituito da tratti di curva a granderaggio, in funzione della velocità,raccordati da elementi a raggio va-riabile (clotoidi) rispettando le di-stanze minime di visibilità. In talicasi l’utilizzo di rettilinei è da limi-tare a valori molto più bassi delmassimo consentito in relazione allavelocità di progetto. Lunghi rettili-nei comportano una monotonia del-la guida che, in un ambiente op-pressivo come quello di una galle-ria, può indurre l’utente a commet-tere degli errori nella condotta diguida con probabilità di incidentiche potrebbero avere conseguenzepiù gravi che all’esterno.
Nel caso di gallerie corte è auspi-cabile comporre l’asse trovando un
giusto equilibrio tra curve a raggiocostante, a raggio variabile e rettili-nei. L’utilizzo di questi ultimi, con-sente di avere una buona visibilità egarantisce anche un risparmio eco-nomico in fase di scavo e costruzio-ne della galleria. Anche l’impiantodi ventilazione ha un costo più bas-so a parità di tutte le altre condizio-ni. Esso può avere dimensioni mi-nori rispetto ad uno realizzato inuna galleria in curva, essendo elimi-nate le perdite di carico localizzatedel flusso d’aria.
2.3 Andamento altimetrico dell’asseL’andamento altimetrico dell’asse
deve essere tale da avere livellette dipendenza non superiore al 4% perqualsiasi strada, ciò per:
• evitare surriscaldamenti eccessividei motori dei mezzi pesanti in sa-lita che così potrebbero incendiar-si,
• evitare l’uso prolungato dell’im-pianto frenante in discesa conconseguente incidente e/o incen-dio,
• evitare l’eccessiva emissione disostanze inquinanti da parte deiveicoli sottosforzo in salita,
• evitare eccessive velocità nei trattiin discesa.
Oltretutto, elevate pendenze ral-lentano il flusso di traffico aumen-tando la densità di veicoli e la pro-babilità di tamponamenti.
2.4 Sezione trasversaleLa sezione trasversale deve essere
progettata tenendo conto anche del-l’ingombro degli impianti in mododa lasciare un adeguato franco trala sommità dei mezzi pesanti e glielementi dell’impianto. Tale misura,se non realizzata, è causa di inci-dente per urto contro gli elementidell’impianto, e per gli errori nellacondotta di guida dovuti alla sensa-zione di urtarvi.
Si consiglia di mantenere in galle-ria la stessa larghezza della piatta-forma che vi è all’esterno perché unsuo eventuale restringimento, anchese realizzato a distanza opportunadall’imbocco, è causa dell’effetto
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39TRASPORTI E SICUREZZAORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
FIG.1.2 - I FATTORI CHE INFLUENZANO LA SICUREZZA IN GALLERIA
parete. In questo caso il conducenteha l’impressione di urtare contro ilportale della galleria e si sposta ver-so il centro della carreggiata, ciò ècausa di incidenti.
In galleria le barriere di sicurezzaevitando le collisioni con la pareteeliminano una causa di incendio.
2.5 Corsia di emergenzaÈ necessario realizzare una corsia
di emergenza per poter permetterel’intervento tempestivo ai mezzi disoccorso e di servizio, in modo dalimitare le conseguenze negative diun incidente. Essa è eventualmenteutilizzabile anche per la sosta di unveicolo in panne in attesa dei soc-corsi. Viceversa il veicolo rimarreb-be fermo nella corsia di marcia, pro-vocando probabilmente un inciden-te e sicuramente rallentando il flus-so veicolare.
La presenza della corsia di emer-genza, aumentando la larghezza del-la piattaforma, eleva il confort diguida, il conducente ha una maggio-re sicurezza nella guida. A ciò si ag-giunge il fatto che l’utente che per-corre la corsia di marcia è più di-stante dalla parete, quindi, sia al-l’imbocco che nel tunnel non deviala propria traiettoria verso il centro.In curva la più elevata distanza dallaparete laterale aumenta la visibilità.
Tali evenienze potrebbero peròavere un effetto negativo sulla sicu-rezza. Il conducente che trova ingalleria un ambiente di guida con-fortevole, tende ad aumentare la ve-locità al di là di ciò che consente iltracciato o i limiti di velocità impo-sti dal gestore. Ciò potrebbe portaread un aumento della probabilità diincidente e della sua magnitudo.
È necessario approfondire in chemodo la presenza della corsia diemergenza influisce sull’incidentali-tà, tenendo anche conto che realiz-zare una corsia di emergenza com-porta un notevole aumento dei costidi scavo e di costruzione della gal-leria. Sarebbe opportuno riflettereanche sulla eventualità di realizzar-
la nel caso di gallerie lunghe a dop-pio fornice con traffico monodire-zionale, qui i soccorsi potrebberoarrivare attraverso dei collegamentitrasversali carrabili (by-pass).
Nelle gallerie bidirezionali, se nonc’è la presenza di gallerie paralleledi servizio e/o soccorso, è opportu-na la presenza della corsia di emer-genza.
La nuova normativa nazionale pre-vede che le piazzole di sosta di emer-genza in gallerie bidirezionali debba-no, con interasse massimo di 600 m,essere realizzate sui due lati dellacarreggiata e sfalsate tra di loro.
La presenza di tali piazzole ha ef-fetti positivi sulla sicurezza, si ritie-ne tuttavia che il loro sfalsamentopotrebbe costituire un pericolo incaso di incidente. Infatti gli utentiche si trovano tra due piazzole disosta consecutive sul proprio lato,spaventati e a volte offuscati dai fu-mi di un eventuale incendio, tendo-no a raggiungere la piazzola alla lo-ro altezza, posta sull’altro lato, conil pericolo di essere investiti daimezzi transitanti nella corsia.
2.6 Sistema integrato di segnaletica Alla segnaletica tradizionale va
aggiunto un sistema integrato chedeve informare l’utente con anticipoe nel modo più chiaro e semplicepossibile su:• la situazione che troverà in galle-
ria, • le dotazioni di sicurezza, • l’ubicazione di vie di fuga e luo-
ghi sicuri.
Alcuni incendi verificatisi in pas-sato (San Gottardo), hanno causatodei morti anche per il fatto che gliutenti non erano a conoscenza ditali sistemi.
È fondamentale la presenza di se-mafori all’interno e all’esterno deltunnel, capaci di regolare il flussodei veicoli in caso di incidente. Siraccomanda però di non posizionarei semafori in prossimità del portale,ma ad una certa distanza da esso, in
modo che i primi veicoli che ricevo-no il rosso, arrestandosi non faccia-no da tappo per i veicoli che dall’in-terno escono per mettersi in salvo.A tale misura sarebbe opportuno as-sociare la presenza di piazzole diaccumulo di veicoli in corrispon-denza dell’imbocco, in tal modo cisarebbe più spazio di manovra per imezzi di soccorso.
2.7 Sistemi di regolamentazione del-la circolazione
Nelle gallerie con traffico bidire-zionale, lunghe meno di 2000 m, vaapposto il divieto di sorpasso a tuttii veicoli. Nelle bidirezionali aventilunghezza superiore, tenendo contodel tipo di traffico, è consigliabileimporre un limite di velocità e undistanziamento tra i veicoli1.
Tali misure attenuano la gravitàdegli incidenti, inoltre la maggiordistanza tra i veicoli impedisce chel’incendio si estenda ai veicoli piùdistanti dal focolare.
Il rispetto da parte dell’utente deidivieti suddetti, implica una certapesantezza nella condotta di guidache può essere causa di incidente.Sarebbe auspicabile sperimentarenuove soluzioni:• un limitatore di velocità installato
sul veicolo che entri in funzionein galleria,
• un sistema che al superamentodella velocità di sicurezza o deldistanziamento minimo prescritto,ci comunichi la velocità da man-tenere.
2.8 Sistema di monitoraggio deltraffico
Tale sistema è costituito da un in-sieme di telecamere disposte lungoil tunnel ed opportunamente protet-te dalle alte temperature.
Esse monitorano la galleria e unsistema automatico in caso di ano-malia nel flusso veicolare, per inci-dente o rallentamenti atipici, fapervenire l’allarme alla sala dicontrollo che dispone gli interventidel caso.
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TRASPORTI E SICUREZZA40ORDINE DI NAPOLI
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1 In effetti, secondo quanto afferma uno studio del Ministero dei Lavori Pubblici, il controllo dei distanziamenti veicolari potrebbecostituire, anche nelle tratte a cielo aperto, un efficace provvedimento per la riduzione dell’incidentalità.
Tutto ciò permette, in particolare,di limitare le conseguenze dell’in-cendio perché si dispongono tempe-stivamente e in modo appropriatogli interventi; si azionano in auto-matico i sistemi di segnalamentoposti in prossimità del tunnel bloc-cando l’ingresso ad altri utenti.
2.9 Sistema di comunicazione radioNei tunnel particolarmente lunghi,
si raccomanda la realizzazione di si-stemi in grado di ripetere i segnaliradio in galleria. Gli utenti sintoniz-zando le autoradio sulla frequenzacomunicata prima dell’imbocco deltunnel, saranno informati sulla si-tuazione presente in galleria, e incaso di emergenza per incendio oincidente riceveranno indicazionisul comportamento da tenere permettersi in salvo e nel più brevetempo possibile. Tali segnali permet-tono inoltre la comunicazione tra:• la sala di controllo, il personale di
servizio e quello di soccorso esterno, • gli utenti e la sala di controllo.
2.10 Sala di controlloLe gallerie bidirezionali aventi
lunghezza superiore ai 2000 m, te-nendo nel giusto conto il trafficogiornaliero medio di veicoli pesanti,potrebbero essere dotate di una saladi controllo esterna al tunnel.
Attraverso dei sistemi di monito-raggio del traffico e dell’ambiente,la sala ha sempre il controllo dellagalleria e:• dispone gli interventi dei mezzi di
servizio in condizioni ordinarie, • dispone gli interventi di emergenza
e soccorso nel caso di necessità, • disciplina il funzionamento degli
impianti di ventilazione e illumi-nazione a seconda della situazione.
Nel caso di gallerie monodirezio-nali la sala di controllo è opportu-na a partire da una lunghezzamaggiore.
2.11 Analisi del rischio Sarebbe auspicabile che venisse
sempre effettuata la valutazione delrischio in galleria in modo da stabi-lire la tipologia e la dotazione effi-cace dei sistemi di sicurezza.
L’analisi va condotta con partico-lare riferimento ai veicoli che tra-sportano materie pericolose, perchéessi generano gli scenari di rischiopiù pericolosi.
I risultati relativi al trasporto dimerci pericolose, possono portareall’adozione di misure precauziona-li, efficaci ai fini della riduzionedella probabilità di incidente e dellesue conseguenze, anche nel caso piùgenerale di transito di veicoli ordi-nari.
L’attuazione di una procedura dianalisi del rischio, evidenzia l’esi-stenza di possibili scenari di inci-dente ad elevata pericolosità, e ridu-ce la probabilità che non siano at-tuate le opportune preventive misu-re di sicurezza.
2.12 Scorta di mezzi trasportantimerci pericolose
Nel caso di merce particolarmentepericolosa, il cui transito in galleriasia stato autorizzato dopo la valuta-zione del rischio, si raccomanda lascorta durante l’attraversamento deltunnel.
La scorta consiste nel fermare ilmezzo in prossimità dell’imbocco,possibilmente in piazzole di sosta,effettuarne una ispezione e poi farloentrare. Se i mezzi sono più di uno,vanno fatti entrare a piccoli gruppi.Il mezzo che viene scortato è segui-to e preceduto dai veicoli di scorta,che sono mezzi adatti allo spegni-mento degli incendi, e mezzi dotatidi altri dispositivi di sicurezza.
Durante l’operazione di scorta, èopportuno non consentire il transitonel tunnel agli altri veicoli. Questamisura è molto costosa ma riduce lafrequenza di incidenti e ne attenua leconseguenze; infatti si interverrà ra-pidamente su un eventuale incendioed esso coinvolgerà meno persone.
2.13 Sistema riconoscimento auto-matico dei veicoli
Per i veicoli che trasportano mercipericolose appartenenti ai gruppistabiliti dalla OECD (Organizationfor Economic Cooperation and De-velopment) e che non necessitano discorte, andrebbe realizzato un siste-ma di riconoscimento automatico
della merce trasportata, in modo dacontrollare eventuali trasgressioni aidivieti imposti. Tale misura è so-prattutto valida perché, conoscendola merce trasportata in caso di in-cendio, si interviene con l’agenteestinguente specifico.
2.14 Drenaggio dei liquidi infiam-mabili
Bisogna realizzare un sistema diraccolta delle acque che possa rac-cogliere anche i liquidi pericolosisversati accidentalmente. Affinchéquesto sistema sia sicuro e l’incen-dio non si propaghi sin dove vienescaricato il liquido, si devono realiz-zare dei sifoni che interrompono ilpassaggio delle fiamme e fanno pas-sare solo il liquido.
2.15 Squadre di soccorsoNei tunnel di elevata lunghezza,
dopo aver valutato il rischio e accer-tatone un livello particolarmenteelevato, si potrebbero posizionaredelle squadre di soccorso agli imboc-chi. Sarebbe così garantito l’arrivodei mezzi di soccorso sul luogo del-l’incidente, in tempo ragionevole acontenere la magnitudo dell’evento.
2.16 Piano di emergenzaIl piano d’emergenza ha la funzio-
ne di descrivere e di coordinare tut-te le azioni degli attori che inter-vengono in caso di grave evento in-cidentale.
Esso deve prendere in considera-zione una serie di eventi incidentalidi base ed essere continuamente ag-giornato, per tener conto delle pos-sibili variazioni avvenute nel tunnele nella circolazione.
2.17 Impianto di illuminazioneL’impianto d’illuminazione, in
condizioni di esercizio normale, de-ve garantire la luminanza sufficien-te ad evitare all’imbocco la sensa-zione di salto nel buio. Essa si hapassando dagli alti livelli di lumi-nanza esterna a quelli bassi all’in-terno.
All’uscita l’impianto deve fornirela luminanza tale che l’occhio siaabituato al più alto livello di lumi-nanza esterna.
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41TRASPORTI E SICUREZZAORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
È assolutamente necessario realiz-zare un impianto capace di fornireluce il più a lungo possibile anchein caso di incendio, e quindi in pre-senza di temperature proibitive per imateriali che costituiscono il mate-riale illuminante e per quello dell’a-limentazione elettrica. Ciò è fonda-mentale per facilitare il lavoro dellepersone addette ai soccorsi e perpermettere agli utenti di avere quelminimo di visibilità che gli consentadi mettersi in salvo.
2.18 Impianto di ventilazioneSi raccomanda di proporzionare
l’impianto di ventilazione tenendoconto del suo esercizio in condizionidi incendio e non in quello di eser-cizio ordinario. L’impianto di venti-lazione deve essere in grado di con-centrare la propria capacità diestrarre il fumo nel luogo dell’in-cendio e scaricare i fumi e i gas no-civi senza compromettere la vita de-gli utenti del tunnel. Deve funziona-re in modo da non creare vorticid’aria che ostacolerebbero la natu-rale stratificazione orizzontale versol’alto del fumo, impedendo il for-marsi di una zona libera da fumi egas appena sopra la pavimentazio-ne. Infatti qui si trovano gli utenticoinvolti e il personale di soccorso,che solo così possono sopravvivere.
L’impianto di ventilazione può ga-rantire un funzionamento sicuro incaso di incendio, solo se la galleriaè dotata di un impianto di spegni-mento dell’incendio in grado diestinguerlo in poco tempo. In questomodo si evitano eccessive concen-trazioni di gas di combustione nel-l’ambiente e il raggiungimento dielevate temperature a cui i materialiche costituiscono l’impianto non re-sisterebbero, incendiandosi o com-promettendo il loro funzionamento.
2.19 Impianto antincendioLa condizione di emergenza a cui
facciamo riferimento è l’incidente conconseguente sviluppo di incendio.
L’incendio in galleria assume unaproporzione e una gravità particola-re, la causa è l’ambiente confinatoin cui non vi è la possibilità delladiluizione degli effetti della combu-
stione, le fiamme urtano contro lavolta e si spostano longitudinal-mente con violenza per molti metri,coinvolgendo i veicoli presenti. I fu-mi e i prodotti tossici della combu-stione si diffondono rapidamenteoffuscando l’ambiente e causando lamorte per asfissia.
Gli impianti antincendio di cuioggi sono dotate le gallerie, costi-tuiti da estintori e idranti, non ga-rantiscono lo spegnimento di un in-cendio conseguente ad incidente,perché:• gli estintori hanno una capacità
estinguente efficace solo nella pri-ma fase dell’ignizione, quando latemperatura e la potenza termicadell’incendio sono basse. Moltimateriali combustibili prima chel’utente o l’operatore di sicurezzaprenda l’estintore, raggiunga illuogo dell’incendio, indirizzi ilgetto di estinguente, hanno giàraggiunto una tale temperatura darendere vana l’azione estinguente,
• gli idranti hanno un efficacia su-periore agli estintori, ma anch’essivanno usati dall’uomo, il quale, searriva sul luogo d’incendio quandosi è superato il flash-over dell’in-cendio (cioè tutto ciò che è presen-te brucia a causa della alta tempe-ratura raggiunta), non riesce più aspegnerlo. Nella gran parte dei casiil personale addetto allo spegni-mento non riesce ad arrivare tem-pestivamente sul posto, al suo ar-rivo la temperatura elevata e lapresenza di fumo rende impossibi-le l’intervento umano. Inoltre l’ac-qua è un agente estinguente nonadatto a spegnere incendi di qual-siasi materiale (per esempio non èutilizzabile in caso di benzina).
L’inefficacia degli idranti è talvol-ta ingenerata dalla cattiva disposi-zione. Infatti dato che la norma vi-gente prevede che siano disposticon un interasse di 200 m, ade-guandosi a tale misura, visto che l’i-drante è costituito da un tubo flo-scio di 20 m con all’estremità unalancia erogatrice che spinge il gettod’acqua al massimo fino a 5 m, ri-mangono scoperti 150 m tra unidrante e un altro.
Allo stato attuale nessun sistemadi spegnimento proposto come al-ternativa ai sistemi sopra citati hadato risultati migliori.
È evidente l’inderogabile esigenzadi sperimentare nuove tecnologie ingrado di spegnere un incendio ingalleria.
La realizzazione di un robot capa-ce di intervenire in caso di incendiosarebbe una soluzione.
3. ConclusioniPer le gallerie bidirezionali di nuo-
va costruzione devono essere previstidei tunnel paralleli da adibire a viadi fuga pedonali e carrabili.
Nel caso di doppio fornice la viadi fuga è la galleria non interessatadall’evento incidentale.
Le nuove filosofie progettuali e lenuove norme riguardanti la geome-tria delle gallerie, fanno presupporreelevati standards di sicurezza.
Realizzando in questo modo lageometria del tunnel si migliorano lecondizioni di sicurezza, ma la solu-zione delle problematiche legate agliincendi richiede ulteriori misure.
Va effettuata la valutazione del ri-schio in galleria, così si è in gradodi determinare la opportuna dota-zione di impianti, dispositivi di si-curezza, e le misure di gestione insicurezza.
In futuro sarà necessario verifica-re queste aspettative di aumentodella sicurezza stradale, analizzandoi dati di incidentalità riguardanti lesole gallerie realizzate con i nuovicriteri progettuali.
Nonostante il livello di sicurezzadi base attendibile dalla geometria,completato ed elevato attraverso glialtri componenti, impianti, sistemidi sicurezza, sin d’adesso si può af-fermare che per le gallerie di nuovacostruzione uno dei punti deboli èl’impianto antincendio.
Il robot antincendio è una possibi-le soluzione.
Le misure qui auspicate, dopo unadeguato periodo di tempo darannodei risultati, in base a questi si deci-deranno gli interventi da porre inatto per raggiungere un sempre piùelevato livello di sicurezza stradalein galleria.
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TRASPORTI E SICUREZZA42ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
BIBLIOGRAFIA
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perts on safety in road tunnels final report” TRANS/AC.7/9, 2001.[4] Legge 13 luglio 1999, n° 226 “Misure di sicurezza per le gallerie stradali ed autostradali”.[5] Circolare ANAS 8 settembre 1999, n° 7735 “Direttive per la sicurezza della circolazione nelle gallerie stradali”.[6] Ministero dei Lavori Pubblici, Circolare 6 dicembre 1999, n° 7938 “Sicurezza della circolazione nelle gallerie stradali con particolare rife-
rimento ai veicoli che trasportano materiali pericolosi”.[7] Ministero dei Lavori Pubblici, Decreto 5 giugno 2001 “Sicurezza nelle gallerie stradali”.[8] D.M. 5 Novembre 2001, “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”.[9] Ferrari P., Giannini F., “1. Ingegneria stradale, Geometria e Progetto di Strade”, ISEDI, Torino,1998.[10] D.M. 5 Novembre 2001, “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”.[11] AIPCR, “Istruzioni per il progetto e la gestione della strada intrinsecamente sicura”, XXI Convegno Nazionale Stradale, 1990.[12] M.H. Martens & N.A. Kaptein, “Guidelines and standards for tunnels on motorways”, VTT Communities and Infrastructure. Finland, 2000.[13] XVIII World Road Congress, Bruxelles 1987. [14] Progetto Eureka 499, Hammerfest, Norvegia 1992.[15] AIPCR, “Fire and smoke control in road tunnels”, XXI World Road Congress, Kual Lumpur, 1999.[16] AIPCR, Comitato Tecnico Italiano C5 Gestione delle Gallerie Stradali, “Sicurezza e ventilazione delle gallerie stradali”, 2002.[17] BENDELIUS A., “Ventilation design and operation strategies when considering time-dependent carbon monoxide criteria“. 1a Conference
Safety in Road and Rail Tunnels. Basilea 1992.[18] NAKAMICHI F., INAMI E., ”Recent Trends in Ventilation System of Long Vehicle Tunnels in Japan”, 1998.[19] CIE (Commission International de l’Enclairage), “Guide for lighting of road tunnels and underpasses”, Pubblicazione 88/1990.[20] OECD/AIPCR Safety in Tunnels “Transport of Dangerous Goods Through Road Tunnels”, 2001.[21] AIPCR, “The transport of hazardous materials through road tunnels”, XXth World Road Congress, Montrèal 1995.
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43TRASPORTI E SICUREZZAORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
Modulistica per le dichiarazioni annuali dei redditi e dei volumi di affari in riferimento all'anno 2002
Si informano gli iscritti che Inarcassa sta inviando agli iscritti agli Albi professionali degli Ingegneri ed Architettii moduli per la comunicazione obbligatoria di cui all'art. 36 dello Statuto Inarcassa.
Detta comunicazione, da presentarsi entro il 31 agosto 2003, dovrà essere effettuata:
• da tutti i professionisti iscritti a Inarcassa • dai professionisti iscritti agli Albi, anche se non iscritti a Inarcassa, che nel 2002 siano stati titolari di partita IVA • dalle società di professionisti • dalle società di ingegneria
INARCASSA
La difficile posizione in cui sivengono a trovare le fonti rinno-vabili nel nostro paese e il ruolomarginale ad esse attribuito anchenel progetto di riassetto del settoreenergetico (disegno di legge Mar-zano), attualmente in discussionein Parlamento, dovrebbero indurciad una maggiore attenzione versoil quadro europeo, riferimento es-senziale, anche quando parliamo dienergie rinnovabili.
La politica energetica europea haalla base due capisaldi: la prote-zione dell'ambiente e la sicurezzadegli approvvigionamenti. In en-trambi i casi un ruolo fondamenta-le è riservato alle fonti rinnovabili.In questo l'Unione Europea si com-porta come un'area povera di ri-sorse energetiche e l'Italia, che èsenz'altro tra i paesi membri chedispongono di minori risorse ener-getiche convenzionali, mentre èricca di energia solare, dovrebbeseguire le politiche comunitariecon la massima fermezza. Sonopolitiche che hanno già solide fon-damenta in industrie tecnologica-mente avanzate ed hanno origina-to giri di affari ormai importanti,ma, soprattutto, si basano sull'e-sperienza di successo di quei paesiche hanno puntato con determina-zione sullo sviluppo di questocomparto tecnologico.
Il ritardo dell'Italia nel settorenon potrà quindi che essere colma-to se cercherà di mantenersi co-erente con quanto fanno l'Europaed i paesi più avanzati, a comin-ciare dalla definizione stessa difonti energetiche rinnovabili. In-fatti, sebbene l'Italia abbia recepitole indicazioni europee di dare unruolo fondamentale alle fonti rin-novabili e all'efficienza energetica,prevedendo di raddoppiare la per-centuale di energia da rinnovabili
entro il 2010 (in autunno recepiràla Direttiva europea sulle energiaelettrica da fonti rinnovabili -2001/77/CE - e, successivamente,la Direttiva sull'efficienza energeti-ca degli edifici), in realtà nonmancano le contraddizioni che po-trebbero complicare il recepimentodelle disposizioni europee. Peresempio, ci sono alcune incon-gruenze tra la definizione di rinno-vabili della Direttiva 2001/77/CErispetto al Decreto Bersani (n.79/99) ed al disegno di legge Mar-zano. Nell'art. 2 del Decreto Bersa-ni anche la parte non biodegrada-bile dei rifiuti viene consideratafonte rinnovabile; e l'art. 22 deldisegno di legge Marzano, oltre airifiuti, assimila alle rinnovabili lemiscele acqua e carbone e, nellasua più recente versione, includeanche il teleriscaldamento (in pra-tica già incentivato nei decreti sul-l'efficienza energetica 24/4/2001),facendo così rientrare dalla fine-stra le fonti "assimilate”, inclusenella vecchia normativa di incenti-vazione CIP 6/92, ed escluse dal"Bersani".
L'incremento alla quota obbliga-toria (2%) di energia elettrica pro-dotta da fonti rinnovabili - fissatodal decreto Marzano allo 0,35%annuo - già troppo contenuto, aquesto punto rischia di essere "ag-girato", a tutto detrimento dellerinnovabili pure. Al momento,dunque, sembra si stia riproponen-do la situazione verificatasi con ilCIP 6 che, a conti fatti, ha riserva-to alle cosiddette "assimilate" circal'80% dei fondi a disposizione,mentre alle vere rinnovabili è an-dato solo il 20%.
Inoltre, va considerato che l'art.22 del decreto Marzano, in meritoalla quota obbligatoria dopo l'anno2005, parla non più di incremento,
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45ENERGIAORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
Il ruolo fondamentale delle fonti rinnovabili in ItaliaDA “Ilsoleatrecentosessantagradi”anno X – n° 5
ma di "variazione”: potrebbe signi-ficare anche riduzione?
Ad ostacolare ulteriormente le op-portunità per la produzione di ener-gia elettrica da rinnovabili ci pensa-no le barriere di carattere autorizza-tivo che ostacolano la realizzazione,in tempi certi, di impianti da rinno-vabili, come è il recente caso dellecentrali eoliche. In questo caso laproposta del settore eolico italiano èsemplice: stabilire a livello regionalequali siano le aree in cui è vietatoinstallare turbine eoliche e lasciareche i progetti relativi ad insedia-menti esterni a queste aree venganopresentati e realizzati dopo un nor-male iter della procedura di valuta-zione di impatto ambientale.
In Italia le difficoltà del settorepotrebbero essere superate ispiran-dosi a quanto fanno gli altri euro-pei, capaci di inserire le rinnovabiliin un quadro di programmazione dilungo periodo, che dia al settoreuna maggiore dignità economica efaccia emergere il vero costo am-bientale evitato nel prezzo dell'ener-gia da fonti rinnovabili, oltre a ri-
muovere i problemi di allacciamen-to alla rete e di autorizzazione.
ISES ITALIA ritiene che non sipossa derogare da quanto indicatoin sede europea riguardo alla quotadi energia elettrica da fonti rinno-vabili e che le fonti da promuoveredevono essere quelle indicate dallaDirettiva europea 2001/77/CE: sola-re, eolico, geotermico, energia dalmare, gas di discarica, gas residuatidai processi di depurazione, biogase biomasse, inclusa la quota biode-gradibile dei rifiuti (anche se suquest'ultimo punto molte critiche, inlarga parte condivisibili, sono stateavanzate da associazioni di settore,come ITABIA). ISES ITALIA propo-ne, altresì, che la quota di certificativerdi sia incrementata annualmenteaffinché si possano raggiungere ef-fettivamente almeno gli obiettiviprefissati al 2010 dalla Direttiva eu-ropea. Per il fotovoltaico, menoadatto a trovare una sua immediataed efficace incentivazione attraversoil meccanismo dei certificati verdi,va fatta una scelta industriale preci-sa, incentivando il kWh prodotto
dal sistema con prezzi tra i 40 e 50c_ (proposte GIFI - Ilsolea360gradi,gennaio 2003).
Un settore nel quale la nostra As-sociazione è impegnata da tempo equello del calore prodotto dall'ener-gia solare. Anche in questo settoresono importanti le indicazioni chevengono dal settore industriale eu-ropeo, presentate nella proposta del-l'ESTIF, di promuovere l'adozione dinorme che rendono obbligatorio l'u-so del solare termico per la produ-zione di acqua calda nelle residenzeabitative.
Un'ulteriore importante spintaalle politiche europee per la diffu-sione delle rinnovabili e dell'effi-cienza energetica in Italia, dovreb-be presto provenire, con l'immi-nente ratifica da parte della Russia,dall'entrata in vigore del Protocol-lo di Kyoto, probabilmente ancheprima della prossima Conferenzadelle Parti (COP 9) che si svolgeràa novembre per la prima volta nelnostro paese (a Milano) e per giun-ta nel corso del semestre italianodi presidenza europea.
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ENERGIA46ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
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47ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
Vibo Valentia - Tropea 9-12 settembre 2003L'ingegnere cambia con il futuro
Il XLVIII Congresso Nazionale degli Ordini degli Ingegneri d'Italia, che l'Ordine di Vibo Valentia ha assunto il com-pito di organizzare, si propone come una tappa significativa e di rilievo per la Categoria, avuto riguardo quanto-meno alle prospettive a breve termine che si profilano sia per il futuro dell'Ingegneria, sia per i nuovi assetti degliOrdini.
Per quanto riguarda il futuro degli Ingegneri, è indubbio che l'integrazione Europea e l'allargamento a nuovi Paesiporrà sul tappeto significative prospettive di interscambio professionale, quantomeno nell'ambito della U.E., e diconfronto con realtà spesso diverse da quelle consolidate nel nostro Paese.
Basti pensare alle diversità già esistenti nella precedente ristretta area Europea, ove l'esercizio individuale dellalibera professione in buona parte cede il campo a strutture organizzate anche in forma di vere e proprie società,dotate di strutture e potenzialità concorrenziali nei confronti degli studi individuali, dovendosi inoltre prendereatto che, al di fuori dei nostri confini, l'Ingegneria è presente in forma massiccia in regime di lavoro subordinato,peraltro ben diversamente valorizzato in termini di ruolo e di dignità sia nell'ambito dell'Industria Privata, sia nel-l'ambito dell'Amministrazione Pubblica.
Per quanto riguarda le nostre strutture ordinistiche appaiono consolidarsi linee di ammodernamento e di riformache, senz'altro, incideranno sulle tradizionali configurazioni degli Ordini: nuovi compiti, ruolo accentuato in arearegionale, modifiche della composizione interna con l'ingresso dei Colleghi di laurea triennale, dinamica funzionedegli Ordini come Organismi con riconosciute funzioni di vera e propria Rappresentanza istituzionale degli iscrit-ti, autonomia patrimoniale e finanziaria, solo per fare alcuni esempi.
Il futuro dell'Ingegneria è, quindi attualmente, in fase di significativa evoluzione e tutto fa ritenere che, a brevetermine, essa si troverà a fronte di un processo di progressivo ma importante rilancio, che potrà aprire agliIngegneri italiani spazi di iniziativa e presenza non più condizionati dalle tradizioni di sempre e dall'area territo-riale di appartenenza: e questo è già un passaggio o un salto di qualità di estrema importanza.
A Capo Vaticano questi argomenti saranno sul tavolo dell'analisi e della discussione e impegneranno il Congressoa riprendere il filo di quel principio o teorema di "forza sociale degli Ingegneri", che è già stato lanciato e propo-sto da tempo e cioè dal Congresso di Grado nel 1996, ma che non si è potuto nel frattempo realizzare, poiché nonesistevano le condizioni che invece oggi esistono, tali da renderlo di nuova attualità.
Il Consiglio dell'Ordine di Vibo Valentia sta attivando ed accentuerà il massimo sforzo affinché questo XLVIIICongresso Nazionale degli Ordini crei tutte le condizioni necessarie per un compiuto svolgimento dei lavori che,attraverso l'analisi, la riflessione e le proposte, concorrano ad individuare una piattaforma per l'affermazionedell'Ingegneria italiana e delle sue strutture istituzionali che la rappresentano.
Per informazioni contattare:IL COMITATO ORGANIZZATORE PRESSO LA SEGRETERIA
Tel. 0963.45875 - Fax 0963.45875 [email protected]
48° CONGRESSO NAZIONALE DEGLI ORDINI DEGLI INGEGNERI D'ITALIA
Si è brillantemente concluso ilgiorno 28 giugno 2003 il conve-gno internazionale “La riqualifica-zione delle coste del Mediterraneofra tradizione, sviluppo e interventisostenibili”, organizzato dal CIT-TAM.
Il Cittam “Centro interdiparti-mentale di ricerca per lo studiodelle tecniche tradizionali dell’areamediterranea” è un organismo del-l’Università degli Studi di NapoliFederico II, afferente al Polo delleScienze e delle Tecnologie, delquale fanno parte i Dipartimenti diConfigurazione e Attuazione del-l’Architettura, Ingegneria Edile, In-gegneria Idraulica Ambientale “Gi-rolamo Ippolito”, Pianificazione eScienza del Territorio, Storia del-l’Architettura e Restauro.
Il Centro, istituito con DecretoRettoriale nel dicembre del 1990, sioccupa di ricerche indirizzate alrecupero e alla valorizzazione direaltà significative del patrimoniotradizionale del Mediterraneo, che,come scrive Fernand Braudel, è uncrocevia antichissimo verso il qua-le sono confluite molte culture ete-rogenee che si sono amalgamate inuna unità originale ad opera del-l’uomo e della natura.
Il Convegno, si è svolto in quat-tro sessioni con la presenza dicentoventi partecipanti, tra i qualidodici stranieri provenienti dallaGrecia, dalla Croazia, dalla Roma-nia e dal Giappone, e la presenta-zione di sessantasette relazioniraccolte in un volume a stampa diseicento pagine, ricco di illustra-zioni grafiche e fotografiche.
Le quattro sessioni del Convegnosono state coordinate dai proff.Benito de Sivo, che ha sostituito ilprof. Franco Nuti impossibilitato apartecipare per malattia, VirginiaGangemi, Elvira Petroncelli e Fer-
ruccio Ferrigni nelle tre giornatedel 26, 27 e 28 giugno ed hannoavuto come epilogo una tavola ro-tonda presieduta dalla prof. MarinaFumo.
***La prima sessione sul tema Coste
e paesaggio si è aperta con la re-lazione generale del prof. VincenzoLa Valva del Dipartimento diScienze Ambientali della SecondaUniversità degli Studi di Napoli,alla quale hanno fatto seguito lerelazioni su invito dei professoriTeodor Octavian Gheorghiu e Sa-maranda Maria Bica dell’Universitàdi Timisoara, di Megumi Nakahas-hi dell’Hosei University di Tokyo,del gruppo Sanesi, Colangelo, La-fortezza, Losito dell’Università edel Politecnico di Bari e di Vincen-zo Maione dell’Università di NapoliFederico II.
Gli esiti più significativi dellaprima sessione possono indivi-duarsi nel rifiuto di un quadronormativo specificamente vincoli-stico e nella individuazione delprogetto come strumento in gradodi far corrispondere alle analisiuno stadio propositivo realistico.
***La seconda sessione, Architettura
costiera, diretta dalla professoressaVirginia Gangemi della Federico IIdi Napoli che ha esposto anche lasua relazione introduttiva, è prose-guita con la relazione generaledella professoressa Luciana Di Ler-nia del Dipartimento di Storia del-l’Architettura e Restauro dell’Uni-versità di Napoli e con le relazionisu invito della professoressa Iphi-geneia Georgopoulou del Ministerodella Cultura Ellenico, nonché diLuca Sanna e Carlo Aymerich del-l’Università di Cagliari e di Paolo
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AMBIENTE48ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
Cittam 2003 per riqualificarele coste del Mediterraneo
Fiamma dell’Università di Pisa. L’architettura costiera, che com-
prende tipologie edilizie e costrutti-ve tipiche della tradizione ma ancheepisodi di architettura contempora-nea di notevole interesse, deve esse-re salvaguardata attraverso propostedi tutela e valorizzazione, in unocon la riqualificazione delle aree in-terne, che puntino alla definizionedi metodologie per un interventosostenibile.
***La terza sessione, I costi delle co-
ste, è stata coordinata dalla profes-soressa Elvira Petroncelli dell’Uni-versità degli Studi di Napoli Federi-co II che, oltre a svolgere il ruolo dimoderatore, ha tenuto la relazioneintroduttiva.
La relazione generale del prof.Marcello Orefice è stata seguita dal-le relazioni di Ivica Trumbic delCentre d’Activités Regionales duProgramme d’Actions Prioritaires deSplit (Croazia), di Pier Luigi Maffeidell’Università di Pisa, di GiuseppeTrombino e Pietro Galioto dell’Uni-versità di Palermo, di Gustavo Cec-chini e Maria Pagano ancora dell’U-niversità di Palermo.
Traendo spunto dalle relazionipresentate, la Petroncelli auspicache possano attivarsi strategie di in-tervento che esaltino le potenzialitàdei luoghi tenendo conto della rin-novata centralità dell’uomo in unprocesso di maturazione fatto dipiccoli passi.
***La quarta sessione sul tema Infra-
strutture e territorio costiero è statadiretta dal prof. Ferruccio Ferrignidella Federico II che, dopo aversvolto la sua relazione introduttiva,ha invitato il prof. Domenico Pia-nese della nostra Università adesporre la propria relazione genera-le e di seguito i relatori su invitonelle persone di Yannis Krestenitis eTheophanis Karambas dell’Universi-tà di Tessalonica, il gruppo Aminti,Pranzini, Tecchi dell’università diFirenze, il gruppo Cipriani, Conte,Dodaro, Legnetti, Schipani di Am-biente Italia, Giuseppe D’Occhio
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49AMBIENTEORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
dell’Autorità di Bacino del Liri, Vol-turno e Garigliano ed infine EnricoDassori e Renata Morbiducci dell’U-niversità di Genova.
Non vi è dubbio, come afferma ilFerrigni nella sua relazione intro-duttiva, che il livello di efficienzadelle infrastrutture è determinantenella competitività di un territorio.Ed è su questa efficienza che biso-gna puntare per riqualificare le areecostiere evitando preventivamentetutti quei fenomeni di degrado chespesso accompagnano uno svilupponon sempre sostenibile.
***A conclusione del Convegno si è
tenuta una tavola rotonda, nellaquale sono state discusse le proposi-zioni finali tendenti alla riqualifica-zione delle coste del Mediterraneo.
Si è inteso proporre azioni peruna valorizzazione del paesaggiocostiero che ne sostenga la fruibi-lità nei limiti della conservazionedei luoghi con nuovi criteri e ag-giornati metodi di intervento. Cosìsi intende anche salvaguardare ilpatrimonio di tipologie edilizie edi soluzioni costruttive tradiziona-li con programmi coordinati mi-ranti alla valorizzazione dei carat-teri originari dell’architettura co-stiera, ma anche tenendo contodell’esigenza di dover mettere a
punto strategie e linee guida chepuntino a coniugare lo sviluppocon le attività tradizionali me-diante un approccio transdiscipli-nare particolarmente attento aiprocessi in corso.
***Alla tavola rotonda hanno parte-
cipato: il prof. Cesar Diaz Gomezdell’Università di Catalugna, il prof.Ferruccio Ferrigni dell’Università diNapoli Federico II, l’arch. IphigeneiaGeorgopoulou del Ministero Ellenicodella Cultura, l’arch. Nicoletta Ric-ciarelli della Soprintendenza per iBeni Architettonici ed il Paesaggio eper il Patrimonio Storico Artistico eDemoetnoantropologico di Napoli eProvincia, i proff. Edoardo Benassaie Domenico Calcaterra della Federi-co II di Napoli, l’ing. GiuseppeD’Occhio dell’Autorità di Bacino delLiri, Volturno e Garigliano.
Nella tavola rotonda è stato evi-denziato il problema del pericoloche ancor oggi corrono le coste delMediterraneo, individuato nei sin-goli interventi come perdita di iden-tità e rischio di globalizzazione delmercato e delle produzioni tipicheoltre all’esigenza di proteggere i Be-ni Culturali e di uniformare nei variStati che si affacciano sul Mediter-raneo il livello di tutela. E’ anchestata definita la possibilità di costi-
tuire un gruppo interdisciplinare dilavoro che metta a punto una Cartadel Mediterraneo nella quale fissarei punti per sanare il contrasto fratutela e sviluppo compatibile.
La proposta conclusiva è stataquella di organizzare un ConvegnoInternazionale da tenersi nell’otto-bre del 2004 che coinvolga il mag-gior numero possibile di Paesi e diAmministrazioni, tenendo il CIT-TAM come punto di riferimento perla raccolta dei dati e la
documentazione.
***Ai lavori di questo primo Conve-
gno Internazionale del CITTAM, chesi sono svolti nell’Aula Congressidel Polo delle Scienze e delle Tecno-logie della Federico II nei giorni 26e 27 giugno 2003 e si sono conclusiil giorno 28 nella splendida cornicedell’Orto botanico di Napoli, tra ipiù belli d’Europa, si sono affiancatequattro mostre: Il litorale di Napolia cura di Vincenzo Maione, L’archi-tettura rurale del Monte di Procida acura di Marina Fumo, Monica Le-metre, Marina Rasulo e VincenzoCalvanese, I terrazzamenti nelle areecostiere a cura di Liliana Paolino eFlavia Atorino e La macchia medi-terranea mostra “dal vivo” presenta-ta dal prof. Paolo de Luca, Direttoredell’Orto Botanico Di Napoli.
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AMBIENTE50ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
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51ATTIVITÀ DELL’ORDINEORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
TraLa Compagnia Napoletana d'illuminazione e Scaldamento col Gas S.p.A. (di seguito Napoletanagas), con sede inNapoli, via G. Ferraris n° 66/F, rappresentata dall'Ing. Passerelli Massimo, nella qualità di Direttore AttivitàOperative della Napoletanagas
eL'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli (di seguito Ordine), con sede in Napoli, via del Chiostro n° 9, rap-presentata dall'Ing. Vinci Luigi, nella qualità di Presidente dell'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli
Premesso che• Il DM 24/4/2001, emesso dal Ministero dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato di concerto con il
Ministero dell'Ambiente, pone in capo a Napoletanagas obiettivi annui di risparmio di energia di entità tale dapoter essere raggiunti con interventi numerosi, diversificati e diffusi sul territorio e su svariate tipologie di clien-ti e di utilizzi dell'energia;
• Napoletanagas intende promuovere, in attuazione del citato decreto, iniziative e progetti volti ad incrementarel'efficienza di utilizzo dell'energia;
• Napoletanagas, rivestendo ai sensi della normativa di liberalizzazione del mercato gas, il ruolo di "Distributore",intende operare per il raggiungimento degli obiettivi attraverso intese ed accordi con operatori già normalmen-te in contatto con i clienti finali;
• l'Ordine intende avviare azioni tese alla promozione dell'uso razionale dell'energia ed è disponibile per ulterioriconcrete iniziative anche con controparti private;
• la diffusione di informazioni sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili di energia e l'aggiornamento profes-sionale degli operatori sono ritenuti strumenti prioritari per la diffusione di tipologie di impianto e tecniche digestione finalizzate alla conservazione dell'energia
Tutto ciò premessoLe parti con la sottoscrizione del presente protocollo intendono collaborare per la finalità e come di seguito indicato:
1. FINALITA'Sensibilizzare e promuovere verso gli iscritti all'Ordine l'adozione di progetti, per edifici nuovi o da ristrutturare enuovi impianti, con soluzioni tese a massimizzare l'efficienza energetica (oltre i valori minimi previsti dalla vigen-te legislazione) in conformità a quanto richiesto dal sopra citato DM 24/4/2001 e dall'Autorità per l'EnergiaElettrica e il Gas (A.E.E.G.); l'adozione di tali soluzioni dovrà permettere alla Napoletanagas di acquisire i relativititoli di efficienza energetica (TEE) sulla base del risparmio energetico conseguito.
2. MODALITA'Le parti convengono di avviare una prima azione di informazione utilizzando uno spazio sul notiziario INGEGNE-RI ORDINE DI NAPOLI, la rivista bimestrale di informazione a cura del Consiglio dell'Ordine, con evidenza della sot-toscrizione del protocollo e della finalità che si propone. Tale occasione anticiperà la campagna di sensibilizzazio-ne che si intende attuare, come di seguito indicato.Su tale rivista, successivamente, potranno essere ospitati articoli specialistici sull'argomento.Per promuovere la sensibilizzazione degli iscritti all'Ordine, sui temi che costituiscono la finalità del presente pro-tocollo, si attiveranno seminari informativi che, se ritenuto utile per dare la massima possibilità di partecipazione,potranno avere una distribuzione sul territorio per area geografica.Di comune accordo tra le parti, saranno concordati i tempi ed il contenuto di tali seminari.Se del caso, successivamente, sarà esaminata la possibilità di attuare seminari formativi su temi di particolare inte-resse che i partecipanti potranno porre all'attenzione.
PROTOCOLLO D'INTESA
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ATTIVITÀ DELL’ORDINE52ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
3. INCENTIVI ALLA PROGETTAZIONENapoletanagas offre ai professionisti iscritti che aderiranno alla predisposizione dei progetti, un contributo allaprogettazione da valutarsi in funzione del risparmio che si conseguirà dalla scelta adottata.I progetti, finalizzati a quanto richiesto dal richiamato D.M, dovranno essere correlati di tutta la documentazioneutile, non esclusa quella necessaria per la preventiva approvazione, sulla specifica richiesta della Napoletanagasche li proporrà all'A.E.E.G., e della quantificazione, con i criteri stabiliti da quest'ultima, dei risparmi di energia pri-maria prevedibili e conseguiti.Il contributo concordato sarà erogato al rilascio dei TEE da parte della suddetta Autorità.
4. ONERINapoletanagas sosterrà i costi relativi alle iniziative di informazione e sensibilizzazione, che saranno attuate sullabase del programma, predisposto ed approvato dalle parti, prima della sua applicazione, anche sotto il profilo deglioneri relativi. Eventuale modifica, anche parziale, che dovesse interessare detto documento dovrà essere soggettaa preliminare approvazione tra le parti;
L'Ordine darà la disponibilità della propria struttura per ospitare i seminari e sosterrà i costi relativi alla pubblica-zione degli articoli specialistici sulla rivista sopra menzionata, sul quotidiano il Denaro e sul proprio sito Internet;
Napoletanagas si impegna a favorire accesso, ai Clienti committenti le opere in progetto, al credito ordinario oagevolato e/o a eventuali finanziamenti pubblici a parziale copertura dei costi sostenuti per la realizzazione delprogetto;
Napoletanagas si accollerà la somma destinata a quanto descritto al successivo punto 5.
5. CONCORSOLe parti sopra indicate, congiuntamente all'Ordine degli Architetti di Napoli, con il quale, per le rispettive attività,intrattengono rapporti di collaborazione sulla finalità del presente protocollo e per specifiche azioni comuni per ipropri iscritti, concordano sulla opportunità di istituire un Concorso per premiare i due progetti che, presentatidalla Napoletanagas all 'A.E.E.G., abbiano preventivamente ottenuto dalla stessa il riconoscimento dei corrispon-denti Titoli di Efficienza Energetica (TEE) e abbiano avuto effettiva realizzazione.Con questa iniziativa si intende consolidare la cooperazione tra le parti e coinvolgere le Facoltà di Ingegneria e diArchitettura dell'Università Federico II di Napoli, quali massime espressioni dell'ingegneria e dell'architettura, nellavalutazione degli elaborati e per il giudizio finale.Con regolamento a parte si definiranno i criteri e la modalità di assegnazione del premio.
6. VALIDITA' E DURATAIl presente protocollo avrà validità e durata di due anni dalla data di stipula.Le parti, consensualmente o per singola volontà, potranno sentirsi non più vincolate dopo due mesi dalla data diricevimento di lettera di disdetta che l'altra parte invierà a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno.
Napoli, 23 giugno 2003
Il Presidente dell’Ordine degli Ingegneri Napoletanagas S.p.A.della Provincia di Napoli Il Direttore Attività Operative
(dott. Ing. Luigi Vinci) (Ing. Massimo Passerelli)
Luglio-Agosto 2003
LEGGI E CIRCOLARI54ORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
Leggi e circolari
Ministero delle Attività produttiveDecreto 9 maggio 2003, n. 156Criteri e modalità per il rilascio dell'abilitazione degli orga-nismi di certificazione, ispezione e prova nel settore deiprodotti da costruzione, ai sensi dell'articolo 9, comma 2,del decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1993,n. 246.
Gazzetta Ufficiale n. 152 del 3 luglio 2003
***
Ministero delle Infrastrutture e dei TrasportiDecreto 20 febbraio 2003Recepimento della direttiva 2002/51/CE del Parlamentoeuropeo e del Consiglio del 19 luglio 2002 sulla riduzio-ne del livello delle emissioni inquinanti dei veicoli a mo-tore a due o a tre ruote e che modifica la direttiva97/24/CE.
Gazzetta Ufficiale n. 152 del 3 luglio 2003
***
Autorità per la Vigilanza sui Lavori PubbliciDeliberazione 11 giugno 2003, n. 165Lavori analoghi nel caso di appalti di importo inferiore a150.000 euro (Deliberazione n. 165).
Gazzetta Ufficiale n. 151 del 2 luglio 2003
***
Autorità per la Vigilanza sui Lavori PubbliciDeliberazione 14 maggio 2003, n. 101Pagamenti in acconto e maturazione dell'ultima rata. (Deli-berazione n. 101).
Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13 Giugno 2003
***
Cassa Depositi e PrestitiDeterminazione ai sensi del decreto del Ministro dell'eco-nomia e delle finanze del 28 febbraio 2003 del saggio diinteresse sui finanziamenti della Cassa depositi e prestiti
Gazzetta Ufficiale n. 131 del 9 Giugno 2003
Ministero dell'Economia e delle FinanzeDecreto 10 giugno 2003Individuazione degli immobili di proprietari degli enti sop-pressi da sottoporre alla procedura della cartolarizzazione.
Gazzetta Ufficiale n. 150 del 1° luglio 2003
***
Decreto legge 27 giugno 2003, n. 151Modifiche ed integrazioni al codice della strada.
Gazzetta Ufficiale n. 149 del 30 Giugno 2003
***
Decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo2003, n. 136Regolamento concernente l'organizzazione, i compiti ed ilfunzionamento del Registro italiano dighe - RID, a normadell'articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Gazzetta Ufficiale n. 137 del 16 Giugno 2003
***
Ministero delle ComunicazioniDecreto 15 aprile 2003, n. 130Regolamento riguardante la regola tecnica per la costitu-zione e sistemazione degli impianti radioelettrici da instal-lare a bordo delle navi soggette ai requisiti previsti dalGMDSS.
Gazzetta Ufficiale n. 130 del 7 Giugno 2003
***
Ministero delle Infrastrutture e dei TrasportiCircolare 10 marzo 2003, n. 2107Procedure di aggiudicazione di appalti pubblici di lavori,forniture e servizi, Direttiva 89/665/CEE del 21 dicembre1989 - Art. 14, comma 3, del decreto legislativo 20 agosto2002, n. 190.
Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 Giugno 2003
***
Ministero delle ComunicazioniDecreto 28 maggio 2003Condizioni per il rilascio delle autorizzazioni generali per lafornitura al pubblico dell'accesso Radio-LAN alle reti ed aiservizi di telecomunicazioni.
Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 Giugno 2003
Luglio-Agosto 2003
55SENTENZEORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
Sentenze
TAR SardegnaSentenza 11 giugno 2003, n. 738Per assegnare un appalto di servizi a trattativa privata ènecessario che esistano documentate situazioni di uni-vocità di fornitore per ragioni tecniche o artistiche, chel'Amministrazione è tenuta ad esplicitare. Perché siaconsentito derogare alla regola generale della concor-renzialità occorre che la prestazione, oggetto del con-tratto, possa essere eseguita - per ragioni tecniche,artistiche o di tutela di diritti esclusivi - soltanto da unparticolare soggetto. In questo caso l'Ente appaltante ètenuto a fornire puntuale motivazione.
***
TAR Campania - Sezione ISentenza 20 maggio 2003, n. 5868Anche per gli appalti sotto soglia non è possibile affi-dare l'appalto senza gara a società di capitale, anche seil capitale è a maggioranza di proprietà di enti pubblici.La sentenza ribadisce che il ricorso alla trattativa priva-ta, in quanto deroga ai principi di trasparenza e con-correnza, deve essere giustificata come caso ecceziona-le, quando sussistono particolari condizioni tecniche edeconomiche, che comunque devono essere ben specifi-
cate. Ne deriva pertanto che anche per gli appalti sot-tosoglia, e più in generale per i contratti stipulati dasoggetti pubblici in settori non regolamentati sul ver-sante europeo, il diritto comunitario considera il ricorsoalla scelta diretta, in deroga ai principi di trasparenza econcorrenza, quale evenienza eccezionale, giustificabilesolo in presenza di specifiche ragioni tecniche ed eco-nomiche, necessitanti di adeguata motivazione, cherendano impossibile in termini di razionalità l'individua-zione di un soggetto diverso da quello prescelto, ovveroche evidenzino la non rilevanza di un'operazione sulpiano della concorrenza del mercato unico europeo.
***
Consiglio di Stato - Sezione VSentenza 14 maggio 2003, n. 2586Se si cambia la destinazione d'uso di un immobile,senza opere edilizie, non occorre concessione né la tra-sformazione costituisce reato di abuso edilizio.
***
TAR Campania - Sezione IVSentenza 7 maggio 2003, n. 5195Pur avendo l'Amministrazione comunale la massima dis-crezionalità nella predisposizione di un PRG, non è legitti-ma la prescrizione che prevede il divieto di installare paleeoliche per la produzione di energia alternativa.
Luglio-Agosto 2003
57VALORI AGRICOLIORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
REGIONE AGRARIA N° 1Colline di Roccarainola e Visciano
Casamarciano - Roccarainola - Tufino - Visciano
REGIONE AGRARIA N° 2Colline litoranee di Napoli
Bacoli - Boscotrecase - Casoria - Cercola - Ercolano - Massa di Somma - Monte di Procida - Napoli - Ottaviano - Pollena Trocchia - Portici - Pozzuoli - San Giorgio a Creamano - San Giuseppe Vesuviano - San Sebastiano al Vesuvio - Sant'Anastasia - Somma Vesuviana - Terzigno - Torre del Greco - Trecase - Volla
REGIONE AGRARIA N° 3Colline litoranee della penisola sorrentina
Agerola - Casola di Napoli - Castellamare di Stabia - Gragnano - Lettere - Massa Lubrense - Meta di Sorrento - Piano di Sorrento - Pimonte - Sant'Agnello - Santa Maria alla Carità - Sant'Antonio Abbate - Sorrento - Vico Equense
REGIONE AGRARIA N° 4Isole di Capri - Ischia e Procida
Anacapri - Barano d'Ischia - Capri - Casamicciola Terme - Forio - Ischia - Lacco Ameno - Procida - Serrara Fontana
REGIONE AGRARIA N° 5Piano campano sud-occidentale
Arzano - Calvizzano - Cardito - Casandrino - Casavatore - Crispano - Frattamaggiore - Frattaminore - Giugliano in Campania - Grumo Nevano - Marano di Napoli - Melito di Napoli - Mugnano di Napoli - Qualiano - Sant'Antimo - Villaricca - Quarto
REGIONE AGRARIA N° 6Piano campano sud-orientale
Acerra - Afragola - Brusciano - Caivano - Casalnuovo di Napoli - Castello di Cisterna - Mariglianella - Marigliano - Pomigliano d'Arco - San Vitaliano - Saviano - Scisciano
REGIONE AGRARIA N° 7Pianura di Nola e Pompei
Boscoreale - Camposano - Carbonara di Nola - Cicciano - Cimitile - Comiziano - Liveri - Nola - Palma Campania - Poggiomarino - Pompei - San Gennaro Vesuviano - San Paolo Belsito - Striano - Torre Annunziata
COMMISSIONE PROVINCIALE ESPROPRI DELLA PROVINCIA DI NAPOLI
ELENCO DELLE REGIONI AGRARIE
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VALORI AGRICOLI58ORDINE DI NAPOLI
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59VALORI AGRICOLIORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
REGIONE AGRARIA N° 1Alto Cervaro
Ariano Irpino - Casalbore - Greci - Montaguto - Montecalvo - Savignano Irpino - Zungoli
REGIONE AGRARIA N° 2Monte Partenio e Pizzo d'Alvano
Forino - Mercogliano - Monteforte Irpino - Moschiano - Mugnano del Cardinale - Ospedaletto d'Alpinolo - Pietrastornina - Quadrelle -Quindici - Roccabascerana - S. Martino Valle Caudina - Sant'Angelo a Scala - Summonte - Taurano
REGIONE AGRARIA N° 3Alto Calaggio e Alto Ofanto
Guardia dei Lombardi - Morra de Sanctis - Nusco - Rocca San Felice - San Nicola Baronia - San Sossio Baronia - Sant'Angelo dei Lombardi- Scampitella - Trevico - Vallata - Vallesaccarda
REGIONE AGRARIA N° 4Montagna tra Calaggio e Ofanto
Andretta - Aquilonia - Bisaccia - Cairano - Calitri - Conza della Campania - Lacedonia - Monteverde - Sant'Andrea di Conza
REGIONE AGRARIA N° 5Alto Sabato
Chiusano S. Domenico - Salza Irpinia - Serino - Solofra - Sorbo Serpico - Volturara Irpina
REGIONE AGRARIA N° 6Alto Sele e Alto Calore Irpino
Bagnoli Irpino - Calabritto - Caposele - Lioni - Montella - Senerchia - Teora
REGIONE AGRARIA N° 7Colline di Avella e del Vallo di Lauro
Avella - Baiano - Cervinara - Domicella - Lauro - Marzano di Nola - Pago del Vallo di Lauro - Rotondi - Sirignano - Sperone
REGIONE AGRARIA N° 8Colline di Avellino
Aiello del Sabato - Altavilla Irpina - Atripalda - Avellino - Candida - Capriglia Irpina - Cesinali - Chianche - Contrada - Grottolella - Mano-calzati - Montefalcione - Montefredane - Montoro Inferiore - Montoro Superiore - Parolise - Petruro Irpino - Prata P.U. - Pratola Serra -San Michele di Serino - San Potito Ultra - Santa Lucia di Serino - Santa Paolina - Santo Stefano del Sole - Torrioni - Tufo
REGIONE AGRARIA N° 9Colline dell'Irpinia Centrale
Cassano Irpino - Castelfranci - Castelvetere sul Calore - Fontanarosa - Gesualdo - Lapio - Luogosano - Mirabella Eclano - Montefusco -Montemarano - Montemiletto - Paternopoli - Pietradefusi - San Mango sul Calore - Sant'Angelo all'Esca - Taurasi - Torella dei Lombardi -Torre le Nocelle - Venticano - Villamaina
REGIONE AGRARIA N° 10Colline dell'Ufita
Bonito - Carife - Castelbaronia - Flumeri - Frigento - Grottaminarda - Melito Irpino - Sturno - Villanova del Battista
COMMISSIONE PROVINCIALE ESPROPRI PROVINCIA DI AVELLINO
ELENCO DELLE REGIONI AGRARIE
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VALORI AGRICOLI60ORDINE DI NAPOLI
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61VALORI AGRICOLIORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
REGIONE AGRARIA N° 1Matese sud-orientaleCerreto Sannita - Cusano Mutri - Morcone - Pietraroia - Santa Croce del Sannio - Sassinoro
REGIONE AGRARIA N° 2Alto Tammaro e Alto Fortore
Baselice - Castelfranco in Miscano - Castelpagano - Castelvetere in Val Fortore - Circello - Colle Sannita - Foiano di Val Fortore - Ginestradegli Schiavoni - Molinara - Montefalcone di Val Fortore - San Bartolomeo in Galdo - San Giorgio la Molara - San Martino dei Cavoti
REGIONE AGRARIA N° 3Monti del Taburno e del Camposauro
Airola - Arpaia - Bonea - Bucciano - Cautano - Durazzano - Forchia - Frasso Telesino - Moiano - Montesarchio - Panarano - Paolisi - San-t’Agata de’ Goti - Solopaca - Tocco Caudio - Vitulano
REGIONE AGRARIA N° 4Colline del Calore
Amorosi - Campolattaro - Casalduni - Castelvenere - Dugenta - Faicchio - Fragneto l’Abate - Fragneto Monforte - Guardia Sanframondi -Limatola - Melizzano - Pago Veiano - Paupisi - Pesco Sannita - Ponte - Pontelandolfo - Puglianello - Reino - San Lorenzello - San LorenzoMaggiore - San Lupo - San Salvatore Telesino - Torrecuso
REGIONE AGRARIA N° 5Colline di Benevento
Apice - Apollosa - Arpaise - Benevento - Buonalbergo - Calvi - Campoli del Monte Taburno - Castelpoto - Ceppaloni - Foglianise - Paduli -Pietralcina - San Giorgio del Sannio - San Martino Sannita - San Nazzaro - San Nicola Manfredi - Sant’Angelo a Cupolo - Sant’ArcangeloTrimonte
COMMISSIONE PROVINCIALE ESPROPRI PROVINCIA DI BENEVENTO
ELENCO DELLE REGIONI AGRARIE
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63VALORI AGRICOLIORDINE DI NAPOLI
INGEGNERInotiziario
REGIONE AGRARIA N° 1Matese sud-occidentale
Castello Matese - Gallo - Letino - Piedimonte Matese - San Gregorio Matese - San Potito Sannitico - Valle Agricola
REGIONE AGRARIA N° 2Collina di Roccamonfina
Caianello - Conca della Campania - Galluccio - Marzano Appio - Mignano Monte Lungo - Rocca d'Evandro - Roccamonfina - San PietroInfine - Teano - Tora e Piccilli
REGIONE AGRARIA N° 3Colline di Monte Maggiore
Ailano - Camigliano - Capriati a Volturno - Castel di Sasso - Ciorlano - Fontegreca - Formicola - Giano Vetusto - Liberi - Pietramelara -Pietravairano - Pontelatone - Prata Sannita - Pratella - Presenzano - Raviscanina - Riardo - Roccaromana - Rocchetta e Croce - VairanoPatenora
REGIONE AGRARIA N° 4Medio Volturno
Alife - Alvignano - Baia e Latina - Castel Campagnano - Dragoni - Gioia Sannitica - Ruviano - Sant'Angelo Matese
REGIONE AGRARIA N° 5Colline di Caserta
Arienzo - Caiazzo - Caserta - Castel Morrone - Cervino - Piana di Monte Verna - San Felice a Cancello - Santa Maria a Vico - Valle di Mad-daloni
REGIONE AGRARIA N° 6Colline litoranee di Sessa Aurunca
Sessa Aurunca - Cellole
REGIONE AGRARIA N° 7Pianura del Volturno Inferiore
Bellona - Calvi Risorta - Cancello ed Arnone - Carinola - Castel Volturno - Falciano del Massico - Francolise - Grazzanise - Mondragone -Pastorano - Pignataro Maggiore - Sparanise - Villa Literno - Vitulazio
REGIONE AGRARIA N° 8Piano campano settentrionale
Aversa - Capodrise - Capua - Carinaro - Casagiove - Casal di Principe - Casaluce - Casapesenna - Casapulla - Cesa - Curti - Frignano - Gri-cignano di Aversa - Lusciano - Macerata Campania - Maddaloni - Marcianise - Orta di Atella - Parete - Portico di Caserta - Recale - SanCipriano d'Aversa - San Marcellino - San Marco Evangelista - San Nicola la Strada - San Prisco - Santa Maria Capua Vetere - Santa Mariala Fossa - San Tammaro - Sant'Arpino - Succivo - Teverola - Trentola Ducenta - Villa di Briano
COMMISSIONE PROVINCIALE ESPROPRI PROVINCIA DI CASERTA
ELENCO DELLE REGIONI AGRARIE
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