Copertina CARPENETO definitiva - Archivio Storico · Collana diretta da Alessandro Laguzzi ISSN...

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Guide dell’Accademia Urbense CARPENETO www.accademiaurbense.it

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  • Guide dell’Accademia Urbense

    CARPENETO

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  • Memorie dell’Accademia Urbense (nuova serie) n° 73Collana diretta da Alessandro Laguzzi

    ISSN 1723-4824

    La presente guida che viene a complemento delle due pubblica-

    zioni titolate “PER UNA STORIA DI CARPENETO”, vuole rivol-

    gere  un  cortese  invito  al  turista  interessato  a  cogliere  gli  aspetti

    naturalistici  e  storici  emergenti  dal  territorio  di  questo  grazioso  e

    antico borgo dell’ALTO MONFERRATO.

    Mi auguro altresì che serva ad incoraggiare i Carpenetesi a difen-

    dere  il patrimonio artistico e naturalistico che hanno ereditato dai

    loro avi.

    Colgo nel contempo l’occasione per ringraziare tutti coloro che a

    vario titolo e grado si sono adoperati per  la realizzazione dell’ini-

    ziativa.

    Il Sindaco

    Carlo Massimo Olivieri

    Segreteria: Giacomo Gastaldo

    Foto di Andrea Repetto

    Impaginazione di Simona Vaga e Alessandro Laguzzi

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  • Guide dell’Accademia Urbense

    GUidA di

    cARpeneto

    Accademia Urbense - ovada2006

    AntonellA RAthschüleR

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  • PRESENTAZIONE

    Quando ho iniziato a scriverequesta guida mi è stato detto da uncarpenetese: “e cosa c’è da scrive-re?” Io sapevo che c’era parecchio!

    e’ vero, non ci sono musei, non cisono sublimi capolavori e in più lamaggior parte delle cappelle di cuiparlo sono chiuse, sguarnite e piutto-sto trasandate eppure c’è tanta tantastoria dietro ogni piccola cosa. Fattiche si vanno perdendo come queimuri che si sgretolano, quei dipinticancellati, quei quadri rubati. a voltemi è sembrato di scrivere di fanta-smi: un monastero fantasma, unafornace fantasma, una chiesa fanta-sma eppure labili tracce, vaghi ricor-di fanno parte della ricchezza di Car-peneto e sono lo spunto per giovanistudiosi a continuare la ricerca.

    non c’è nulla di nuovo in questotesto ma quello che mi sembra utile èche in esso sia stata unita in modosintetico, alla portata del “forestiero”co me dell’abitante delluogo, una serie di infor-mazioni sparse su diver-se pubblicazioni scono-sciute per lo più ai nonspecializzati.

    Una base bibliografi-ca fondamentale sonostati gli scritti degli Sta-tuti carpenetesi, testi inlatino del XV secolo,

    pub blicati in due versioni, una del1873 e una dell’anno successivo,dal l’etnografo carpenetese GiuseppeFerraro (1845-1907), ricercatore in -stancabile della tradizione popolare edella storia del proprio paese.

    Sono stati anche molto utili i duevolumi del “Libro dei trasporti” stu-diati da Lucia Barba, insieme agliStatuti, per il suo interessantissimoarticolo sui toponimi carpenetesi(Urbs, a. XI, 1998). Sempre su untesto di Barba mi sono basata per ilparagrafo sulla storia di Carpeneto(Urbs, a. X, 1997).

    Le due guide storiche della zona,la “Guida dell’alto Monferrato” del1896 e “ovada e dintorni” di G.B.rossi del 1908 sono state ancorauna volta indispensabili punti di par-tenza per questo libro.

    Gran parte delle notizie artisti-che, archeologiche, storiche, topono-mastiche le ho attinte infine dai testipiù attuali sulla realtà carpenetese, idue volumi scritti da vari autori inti-

    tolati “per una storia diCarpeneto”, pubblicatidal Comune negli anni1995 e 1998.

    *(Bibliografia com-pleta a fondo libro)

    Antonella Rathschüler

    3Carpeneto

    cARpeneto

    Fig. 1, panorama di Carpeneto con

    la Parrocchiale e il Castello

    Fig. 2, stemma della Faniglia Pal-

    lavicino che compare sulla facciata

    del castello

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  • Carpeneto fa parte del Monferra-to ovadese ed è posto su una dorsaleche fa da spartiacque tra le valledella Bormida e quella dell’orba,situato a 329 metri sul livello delmare.

    L'estensione del Comune è di13.6028 Kmq. e contiene una popo-lazione di circa 950 abitanti.

    La pianta del paese, sviluppatasiattorno al nucleo fortificato, è fusi-forme e si dilata alla sommità di unacollina incorniciata da quattro valla-te principali solcate dal percorso dipiccoli rii: il Rumorio, il Mardarolo,lo Stanavazzo e il Riomaggiore.

    Le due vallate a sud del paese,Val rumorio a sud-est e Val Marda-rò a sud-ovest, incassate tra ripidecolline, sono poste specularmente ailati della strada di crinale detta "LaCosta ".

    Le valli a nord, la Valle delloSta navazzo, detta “Ciappagranda”, anord-ovest e la Valle di riomaggio-re a nord-est, si sviluppano tra colli-ne più addolcite che si spiananoverso i confini settentrionali del

    paese. Sono le valli più estese delComune con presenza umana piùdiffusa, in quanto comprendono,oltre alle numerose case sparse, ledue frazioni di Madonna della Villa edi Cascina Vecchia.

    La produzione agricola predomi-nante è quella viticola, seguita dallaboschiva, orticola e campiva.

    La trasformazione a vigneto diquesto territorio è stata però piutto-sto tardiva, in quanto la morfologia ela costituzione del terreno più pia-neggiante favoriva l'affioramento e ilristagno d'acqua che dava origine azone acquitrinose, ricche di prati,destinati a pascolo, mentre gran partedel territorio collinare, nelle zone piùaccidentate, era (come sta ritornandoad essere) rivestito da una vasta zonaboschiva.

    Si trattava quindi di una delletante zone umide scomparse col tem - po, perché riconosciute poco produt-tive.

    Un’interessante produzione, or -mai del tutto dimenticata, fu quelladella canapa che doveva servire per

    4 Carpeneto

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  • il fabbisogno locale; già negli Statu-ti si parla della lavorazione e dellavendita. Il ricordo della produzioneè rimasto nei toponimi Canavelle eValle dei Cannepa, oltre che neisoprannome Schiene Bianche, ci tatoda rossi in Ovada e d’intorni (1908)con cui sarebbero stati chiamati iCarpenetesi per l'uso di camicie dicanapa.

    lA stoRiA(da: L. BarBa, Appunti per una storia di

    Carpeneto, in “Urbs”, a. X, n. 3, ovada,

    1997)

    Carpeneto, come centro demico,non ha una storia che prenda lemosse dal mondo antico o, meglio,una storia che si possa fare risalirea precedenti dell'età classica. Leprime notizie certe su Carpeneto sihanno nel X secolo quando le cam-pagne del Monferrato si stavanolentamente risollevando dall’im-barbarimento in cui erano cadute altempo dell’invasione longobarda.La Gallia Cisalpina, infatti, di cuiil piemonte era parte, aveva subito,dopo il periodo di progresso agri-colo operatosi nell’ultimo secolodella repubblica romana, un tota-le regresso con l’avvento dei Lon-gobardi nel 568 d.C.

    L’esistenza di un insediamentoistituito o formatosi in un alberetodi carpini, come denuncia il nomestesso, è ipotizzabile in epoca altome dievale, con collegamento delluogo ad una primitiva rete viaria ealla presenza in esso di un recep-tus.

    Carpeneto, all’inizio del primo

    mil lennio, si presentava più che co -me un vero e proprio castrum, comericetto per la popolazione agricolaindifesa contro le incursioni nemi-che.

    La sua posizione privilegiata, suuna collina non lontana dalle primependici dell’appennino, tra le vallidella Bormida e dell’orba, all’im-boccatura della pianura di alessan-dria, aveva consentito al paese diessere una delle stationes sul percor-so di collegamento tra la via Juliaaugusta e la via postumia, «una verae propria bretella -secondo ciò chescrive Mauro Molinari- attestata daavanzi pavimentali, che da Libarnaporta ad Aquae Statiellae, pressappo-

    5Carpeneto

    Fig. 3, veduta panoramica

    di Carpeneto dalla chiesa campe-

    stre di San Giorgio

    Fig. 4,, il fianco del castello su cui

    era posizionato il ponte levatoio

    Fig. 5, finestra in terracotta (inizisec.XV) presente in un edificiorustico nel parco del castello

    Fig. 6, le mura del castello nella

    zona del "ricetto"

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  • co lungo la linea delle attualiterre di Gavi, Castelletto, Silva-no e Carpeneto». anche M.antico Gallina, in uno studiodel 1956, prospettava la possibi-lità di una via romana che daCarpeneto proseguisse per Sil-vano d’orba e Gavi.

    La stessa bretella nei primisecoli del secondo Millennio fu,probabilmente, direttrice di unramo minore della via Francigena, lastrada di territorio che portava i pel-legrini ai santuari d’oltralpe e vice-versa.

    Sembra infatti che esitesse unavia che partendo da Genova, attra-verso il passo della Bocchetta, giun-

    gesse a Gavi e superato l’orba, attra-verso San Giacomo e rio Secco, toc-casse Carpeneto presso la cascinapedaggio (Cascina Vecchia), perscendere poi verso acqui e raggiun-gere da lì la Francia e la Spagna, equindi l’ambitissmo santuario diSant’Jago di Compostela. Quest’i-potesi può essere sup portata, anchese non confermata in modo docu-mentato, dal culto di San Giacomonell’omonima frazione di roccaGrimalda, e da una serie di cascinein zona con nomi riferibili alla Spa-gna o a luogo di sosta: una CascinaSpagna e due cascine Spagnolorispettivamente a rocca e Carpene-to, la cascina aberg a Carpeneto e aMontaldo, l’ostarietto a rocca.

    Le più antiche notizie documen-tate in cui viene citato Carpeneto,nei suoi vari toponimi, si hanno nelX secolo. Una prima citazione colnome di Carponio è del 909, quandola località risulta presente in undiploma di Berengario I per il mona-stero di San Giovanni delle Mona-che di pavia. Il secondo documentoè del 6 febbraio del 935 quando i reUgo e Lotario donarono al contealeramo una corte situata sul fiume

    6 Carpeneto

    Fig. 7, Cascina "Era", l'antica

    aia del castello

    ,

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  • tanaro, adiacente al comitato ac -quense, con ogni pertinenza dal fiu -me tanaro al fiume Bormida e a locoqui vocatur Barcile usque Carpanumperiuratum. Il toponimo in questionesi trova pure in un rogito del 18 apri-le 973 con cui il Marchese Lambertovendeva a un certo prete riprandoparecchie corti con chiese e castelli,tra cui Carpeneto ci tato come corteCarpini cum castello suo.

    Un altro documento, dello stessosecolo, che cita Carpeneto comelocus et fundus e non come castrum(rimasto,probabilmente, agli alera-mici), situato nel Comitato di acqui,è la Charta di fondazione dell’abba-zia di S. Quintino. Il quattro Maggiodel 991 anselmo, figlio di aleramo,marchese del Monferrato e la moglieGisla, principessa longobarda, insie-me ai nipoti Guglielmo e riprandofondarono questa abbazia nel territo-rio di Spigno e la dotarono di ampibeni diffusi tra Liguria e piemonte,

    alcuni dei quali ubicati in territoriodi Carpeneto. La creazione di S.Quintino avrebbe dovuto compensa-re la perdita dell’abbazia di Gius -val la distrutta durante una delle tanteincursioni saracene.

    negli ultimi secoli del primo mil-lennio, infatti, le incursioni dei Sara-ceni, provenienti dalla provenza (aFrassineto avevano una solida base)attraverso il Colle di tenda, o arri -van do dal mare ligure, devastaronoacqui, Savona, Gavi e tutte le terretra il tanaro e il Bormida.

    tra le tante vittime delle incur-sioni saracene possiamo annoverareil carpenetese convento dei monacibenedettini, situato nella località diSan Donnino, distrutto nel 999 (v.avanti).

    Diversi sono i documenti stilatitra l’XI e il XIII secolo ri guardantiCarpeneto associato al la diocesi diacqui, come per esempio i due scrit-ti delle Carte medievali (1040-1041)

    7Carpeneto

    Fig.. 8, Mappa cinquecentesca di

    Rocca dei Trotti (Stato di Milano) e

    Carpeneto del Monferrato

    Fig. 9, in basso, decorazione con

    angeli reggicartiglio (sec.XV) e

    cherubino (sec.XVII) presente sul

    campanile della parrocchiale

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  • dove Gui do, vescovo di acqui, con-ferma la donazione di sei chiese fracui quella sita, «... in Carpeneto, pos-sidens nomen Sancti Salvatoris ...».oppure quello del 30 aprile 1137 incui il nome del paese compare inuna permuta di terreni tra i monaci diSanta Giustina in Sezzadio e i mona-ci di San Siro in Genova; tra i benidella abbazia di Sezzadio vieneancora nominato Car peneto nellabolla pontificia di Celestino III del1192; nel 1203 Carpeneto faceva

    sempre parte del complesso feudaledella Sezadia.

    Lo stretto rapporto con la diocesiacquese consente l’ipotesi (confer-mata da altre situazioni nel territorio)che la costituzione del relativo nu -cleo abitato attorno ad un fortiliziopossa essere stata opera dell’iniziati-va propria dell’episcopato.

    attraverso una serie di documen-ti del XIII-XIV secolo emerge inoltrela difficile “odissea” che Carpenetovisse in quei secoli, conteso tra ilMarchesato del Monferrato e ales-sandria. nel marzo del 1224 a Cata-nia è stilato l’atto riguardante il pre-stito di 9.000 marchi d’argento cheGuglielmo di Monferrato dichiara diaver ricevuto da Federico II, in cam-bio del vincolo di tutti i suoi beniimmobili. nel documento si fa riferi-mento alla medietas duorum castro-rum Carpeneti, alludendo anche aMontaldo, che non appare comeCastrum autonomo. Carpeneto, in -fatti, forse fino dalle origini, fecepar te di un complesso feudale bipo-lare suddiviso in Carpeneto Superio-re e Carpeneto Inferiore, l’attualeMon taldo.

    8 Carpeneto

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  • nel 1224 ancora, alessandria siimpossessava della metà della Seza-dia spettante al Monferrato, durantela guerra scoppiata tra alessandria eGenova per il possesso di Capriata,come si desume dal fatto che il Mar-chese del Monferrato rivendicò ilpossesso del territorio in questionealla fine della guerra.

    nel 1272 Carpeneto passava dinuovo sotto gli alessandrini che, nel1278, lo cedevano al Marchesato delMonferrato per riconquistarlo e per-derlo de finitivamente nel 1291.

    nel 1305 la dinastia degli alera-mici si estin gue e il Marchesatopassa a teodoro pa leologo, figlio diViolante, sorella dell’ultimo Mar -che se e sposa dell’Imperatore d’o-riente. Il giovanissimo teodoro, arri-vato a Genova, sposa argentina Spi-nola e, con l’aiuto dello suocero opi-cino, riconquista il Monferrato con-teso da Manfredi IV di Saluzzo.

    Carpeneto, da ciò che comparein appendice agli Statuti, in data 28gennaio 1305 giura fedeltà a teodo-ro passando, per volere di questo,sotto il vicariato della famiglia Spi-

    nola che rimarrà in possesso delfeudo fino alla fine del 1400.

    Come risulta nella Cronica delMonferrato di B. Sangiorgio, nel1355 l’Imperatore Carlo IV nominaGiovanni II paleologo suo vicarioimperiale riconfermandogli il poteresu tutte le terre «luoghi, castelli, cittàe ville pervenutegli dai suoi avi» tracui continuano a comparire «tutti idue Carpeneti».

    tra il 1431 e il 1446 il paeserisulta sotto la Signoria di amedeoVIII di Savoia, il quale, in cambiodel suo aiuto contro gli attacchi sfer-rati da Francesco Sforza, al soldo delDuca di Milano Filippo Maria Vi -

    sconti, per impadronir-si del Monferrato,impone a suo cognatoGian Gia como paleo-logo, Marchese delMonferrato, di ricono-scersi suo vassallo.

    Intanto nel più ri -stretto ambito di Car-peneto si succedevanodiverse infeudazioni.Benché gli Spinolarimanessero feudatari

    9Carpeneto

    Fig. 10, pozzo nella zona di San-

    t'Alberto

    Fig. 11, La chiesa campestre di San

    Giorgio, originaria parrocchiale

    del paese

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  • per quasi un secolo, questo nonimpedì che ci fossero altre sub-infeu-dazioni e, in se guito, tra il XIV e ilXVII secolo, il feudo fu un esempioquasi estremo di spartizione di bene-fici, privilegi, terreni, case, sedimi,corti, cascine.

    Il 31 dicembre 1423 il feudo ècon segnato ai fratelli Germano eantonio ripa di Livorno. a Germa-no spetta una parte, ad antonio lerestanti due. nel 1430 viene investi-to dell’intero feudo antonio ripa.nel 1441 vengono investiti del feu -do, suddiviso in più parti, teodoro,Gabriele, Battista e Giovanni pietroripa, tutti figli di antonio. In undocumento del 1439 compare unacessione in pegno e remissione didiritti sul castello in cambio di 600ducati d’oro a favore di Luca eDomenico Spinola, da parte dei fra-telli antonio e ambrogio Spinola.

    nel 1473 vengono investiti delfeudo di Carpeneto i fratelli Filippoed antonio della nobile famigliapomaurato, del pomo d’oro, dettitortonesi, i quali diedero vita a una

    schiatta numerosa che suddivise laproprietà in quel modo, tanto tipicodei feudi monferrini, che vedeva varisignori proprietari di differenti quotedel castello e dei terreni circostantiper un certo periodo dell'anno.

    all'inizio del 1600 erano tre le fa -miglie proprietarie: i tortonesi, i ro -ber ti e i Soavi.

    nel 1603 il castello fu acquistatoda Vincenzo I Gonzaga, successoredei paleologhi, e subito venduto, permotivi politici ed economici, al ge -novese Giovan Giorgio Marini. nel1618 venne acquistato dalla marche-sa Maria Salvago, moglie di antonioGrillo, Duca di Mondragone.

    nel 1693 era investito del feudodi Carpeneto don Marc’antonioGrillo, marchese di Carafuente. nel1783 il feudo passava ad agapitoVII. Ma ormai non si parlava più difeudo quanto di castello che, nel1825, veniva ceduto al conte Gio-vanni Gerolamo rolla, il quale, a suavolta, nel 1841, lo rivendeva a nico-la Ignazio pallavicini i cui discen-denti lo detengono tuttora.

    10 Carpeneto

    Fig. 12, mappa settecentesca del

    territorio di Carpeneto, che è al

    centro, con Predosa, Capriata, Sil-

    vano e Rocca Grimalda

    Fig. 13, la via di circonvallazione

    ovest del paese (via Martiri di Nas-

    siria), veduta della parte posteriore

    dell'Oratorio della SS.Trinità e di

    Palazzo Canepa

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  • passando nuovamente dalla “mi -cro-storia” alla “macro-storia” è ne -cessario tornare al XVI secolo quan-do, in seguito alla morte di GiovanGiorgio paleologo, nel 1533, con ilquale si estingueva la dinastia lungol’asse maschile, il Marchesato delMonferrato passò alla sorella, Mar -ghe rita paleologa, per decisione diCarlo V, che permise al di lei maritoFederigo Gonzaga, duca di Mantova,di fregiarsi del titolo di Marchese delMonferrato e di trasmetterlo ai figli.

    Il passaggio dal dominio dei pa -leologo a quello dei Gonzaga per ilMarchesato non fu nè facile nè indo-lore a causa della non contiguità deiterritori e delle mire espansionistichedei Savoia.

    nel 1627 quando si estinse il ra -mo diretto della dinastia Gonzaga, ilMonferrato fu al centro di asprelotte, soprattutto perché i Savoia

    con sideravano il territorio monferri-no naturale completamento dei loropossedimenti.

    nel 1630 Carlo emanuele I diSavoia ebbe parte del Monferrato,mentre il restante territorio rimasealla dinastia Gonzaga nevers re thel,ramo francese di casa Gonzaga, manel corso della Guerra di successionespagnola l’imperatore Leopoldo e ilduca amedeo II di Savoia sancironoun accordo (torino 8 novembre1703) in base al quale se la guerrache si stava combattendo si fosseconclusa con una vittoria, il Monfer-rato sarebbe passato sotto i Savoia.Così avvenne e, a guerra conclusa, il29 agosto 1708 i sudditi monferrinigiuravano fedeltà al nuovo sovrano.

    La politica accentratrice deiSavoia soppresse le istituzioni con-cesse dai Gonzaga

    In questo periodo di cambiamenti isti-tuzionali, in appendice agli Statuti di Car-peneto, di fatto non più operanti, si trova

    11Carpeneto

    Fig. 14, l’arco d'accesso a Palazzo

    Canepa

    Fig. 15, una vendemmia in Casa

    Fallabrino negli anni ‘20 del seco-

    lo appena trascorso

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  • un atto di salvaguardia del paese (in italia-no e in tedesco) dato da eugenio di Savoia,«comandante in capo dell’esercito imperia-le, dal campo im periale di Ciriè, li 19 otto-bre 1706». In questo documento, si sostie-ne che, poiché il paese si è posto sotto lasua protezione egli lo salvaguarderà ecastigherà severamente chi oserà contrav-venire alle sue disposizioni. In fondo nonag giunge nulla a ciò che il normale dirittoavrebbe già dovuto sancire.

    In realtà, anche se i Bandi Cam-pestri del 1733 rappresentano perCarpe neto l’ultimo documento dilibertà amministrativa, più nullaresta della autonomia riconosciutadagli Statuti.

    Dagli inizi del ‘700 in poi il nomedi Carpeneto, come quello dei paesilimitrofi, comparirà nei documentisoprattutto come luogo di acquartie-ramento di truppe straniere, come nel1745 al tempo della “Guerra di suc-

    cessione austriaca”,quando accolse letruppe francesi coman-date dal ge nerale Mal-lebois, alleate di Geno-va.

    nel 1798, dopo laIa campagna na -

    poleonica, il Monferrato fu inseritonel dipartimento del ta naro.

    nel 1805, smembrato da napo-leone il dipartimento del tanaro,Carpeneto entrò a far parte del dipar-timento di Montenotte che si esten-deva da Bergamasco a Ventimiglia.Con il Congresso di Vienna ritornòsotto i Savoia.

    nel 1845 nasce a Carpeneto GiuseppeFerraro, si dedicherà all’insegnamentoper cor rendo la carriera scolastica sino algrado di provveditore, rendendosi famosoper i suoi studi nel campo della poesia edelle tradizioni popolari; morirà a MassaMarittima nel 1907.

    nelle opere da lui dedicate al luo -go natale dà una viva rappresentazio-ne del borgo nel XIX secolo: un pae -se estremamente fiorente, ricchissi-mo di attività d’ogni genere, tanti

    12 Carpeneto

    Fig. 16, Carpeneto in

    una mappa di catasta-

    le di Matteo Fallabri-

    no (sec. XVIII)

    Fig. 17, veduta aerea

    di Carpeneto

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  • notai, avvocati, geometri, ingenieri;varie locande, attività commerciali eindustriali.

    ad inizio novecento lo scoppiodella “Grande Guerra” portò anche iCarpenettesi a morire nelle trinceedel Carso o sulle pendici del MonteGrappa.

    nella zona poi il periodo fascistacoincise con la crisi del settore viti-vinicolo attaccato dalla peronospora,mentre le feste vendemmiali segna-rono il momento di maggior consen-so al regime. In questi anni assumevia via maggiore importanza la figu-ra di paolo Zerbino che divenneMinistro degli interni della r.S.I. nelmarzo del ‘45, pagando poi la fedeltàai propri ideali morendo a Dongo conil Duce. Frattanto, sui non lontanimonti, si sviluppava un forte movi-mento partigiano che fu più volte col-pito dalla rappresaglia nazi-fascistatanto che la Benedicta è assurta a sim-bolo nazionale di quel sacrificio.

    lA visitA del pAeseLa visita parte dalla piazza della

    parrocchiale, sulla quale si erge lamassa imponente del castello. Da lìsi diparte a raggiera, seguendo in uncerto senso lo sviluppo che ebbe ilcentro abitato, percorrendo le vieprincipali, passando per l’anticotracciato delle mura per poi arrivarealle cappelle dei vari borghi untempo situati all’esterno delle murastesse, attualmente compatti alpaese. (San Bovo, Sant’Alberto, SanGiorgio, Santa Barbara)

    il BoRGo

    per riuscire a entrare in modoarmonico e consapevole nel paese bi - sogna cercare di partire dalle sue radi-ci, dal suo nucleo e seguirne l’evol-versi, pian piano, così come la suastruttura si è pian piano dilatata,modellata, modificata nel tempo, aseconda dei fatti storici, della posizio-ne, della conformazione geologica.

    Il borgo, d’impianto medievale,si è formato nel X secolo e, secondo

    13Carpeneto

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  • schemi diffusi nel Medio evo, si èsviluppato arroccandosi attorno alnucleo difensivo del castello ed assu-mendo, nel suo ampliarsi secondo lageomorfologia del luogo di tiposommitale, una struttura fusiforme.

    Il centro abitato di Carpeneto siconfigura oggi come una pluralità dipotenziali siti archeologici (castello,fossato, parrocchiale, abitazioni)ognuno dei quali può presupporsipluristratificato nel senso che è costi-tuito dalla sovrapposizione di operee attività di epoche diverse.

    il cAstello

    Il Castello domina, con la suamo le compatta e imponente, il centroabitato nel quale si dispongono edifi-ci in cui è purtroppo raro riconosce-re elementi pre-ottocenteschi. ancheil castello, evidentemente, presentauna veste molto differente da quellache poteva essere l’originaria d’im-pianto medievale. probabilmente inun primo momento non era che unatorre isolata, il così detto “mastio”,posto all’interno di un recinto protet-to da un fossato, (situazione comunea molti altri castelli di poco successi-vi al Mille).

    L’esistenza di uno o più fossati edi mura di recinzione è confermatada Giuseppe Ferraro, storico-filolo-go-demologo carpenetese del XIXsecolo, il quale basandosi sugli Sta-tuti trecenteschi di Carpeneto (1873),segnala la presenza di porte e pontilevatoi, e l’obbligo da parte di ognicapofamiglia di provvedere alla ma -nutenzione delle mura e di fare paliz-zate, difese di spine e porzioni di

    fosso per l'acqua da lavare e abbeve-rare gli animali. Di queste fosse ri -mane probabile traccia nei così detti“grottini”, cavità e pozzi scavati nel -la roccia, veri e propri vani sotterra-nei, ancora presenti al di sotto didiverse abitazioni carpenetesi.

    Il castello seguì poi lo svilupponaturale di quasi tutti i castra me -dievali, confacendosi a quelle logi-che trasformazioni necessarie a ren-derlo meglio difendibile e, intorno alXVI-XVII secolo, ad accrescere lecomodità dei castellani.

    Il fossato, in origine, doveva oc -cupare quasi interamente lo spaziodell’attuale piazza antistante la par-rocchiale di San Giorgio. probabil-mente fu colmato intorno alla finedel XVI secolo quando, con il castel-lo ormai divenuto palazzo, si proce-dette ad una riorganizzazione dellazona urbana.

    Le modifiche, le ristrutturazioni,gli ampliamenti dell’edificio effet-

    15Carpeneto

    Fig. 19, apertura con tracce degli

    incassi del ponte levatoio

    19

    Fig. 18, la torre del castello: anti-

    co mastio con apparato a sporgere

    degli inizi del sec.XX

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  • tuati in epoche diverse, dovendoadattare le nuove strutture a un terre-no accidentato, hanno portato a unrisultato di masse di fabbricati com-positi e eterogenei e a una piantaassolutamente irregolare. ogni puntodi vista è di versissimo rispetto ad unaltro.

    arrivando da nord, dal la provin-ciale d’alessandria, imboccando laripida salita, probabilmente origina-rio fossato addossato alla prima cer-chia di mu ra, si scor ge in primo pia -no la tor -re: è l’ele-mento piùantico del-l’edificio,è costitui-ta di pietree mattoni,ha sezionequadra taed è rin-f o r z a t aalla som-mità da unimponenteapparato aspo rge re

    appoggiato su beccatelli a triplamensola di arenaria, struttura fattaco struire dal marchese Giacomo pal-lavicino agli inizi del ‘900. Su unaparete della torre spiccano ben evi-denti i segni di un ponte levatoio,delle carrucole per sollevarlo e del-l’entrata carraia. Il viale alberato,che oggi gira attorno al perimetro delcastello, probabilmente era il fossatoche il ponte doveva superare pergiungere poi alle mura.

    L’entrata principale del ca stel lo,

    16 Carpeneto

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  • situata su lato sud, si apre su un gran-de piazzale do mi nato da un im -ponente albero piegato dalle in -temperie; è l’unico spazio castellanoaperto al pubblico nelle sere d’estate,quando i marchesi permettono diusufruirne per svolgere le annualisagre gastronomiche.

    Il ca stello di Carpeneto infatti èproprietà privata, abitato dai marche-si Chiavari-pallavicini, e non è visi-bile al pubblico. e’ interessante, co -munque, farsi un’ idea del la suastruttura interna e di ciò che rimanedel suo antico fascino di ma niero,attraverso la de scrizione dei proprie-tari i quali, nel tempo, hanno esegui-to diversi restauri e cambiamenti col-l’intenzione di far rivivere una dimo-ra storico-artistica, adattandola alritmo della vita moderna.

    all’interno del Castello si accedesalendo un settecentesco scalone concaratteristiche architettoniche discuola napoletana che conduce alpiano nobile dove si aprono i saloniristrutturati nel XVII sec. quandoven nero meno le necessità difensivedi ordine militare: un grandioso salo-ne adibito a biblioteca, ornato dadecorazioni pompeiane del tardoSettecento, e una severa e vasta salada pranzo, con antico soffitto a cas-settoni, ornata da un grande camino,la quale rimpiazzò l’originale salad’armi.

    Una struttura molto interessante eben conservata attraverso i se coli è lacucina ancora attrezzata con gli anti-chi fornelli e le stie per i polli, ricor-do della vita quotidiana del castello

    in tempi di pace, mentre strette feri-toie, cunicoli, trabocchetti e le buieprigioni attestano, nei fondi delCastello, il ruolo che il Castrum Car-pani ebbe nelle continue lotte dell’o-scuro e affascinante Medio evo.

    Entro la cinta muraria, sul piaz-zale antistante l’entrata del Castel-lo, c'è una piccola Chiesa dedicataa Sant'Antonino una tra le più anti-che del Monferrato.

    cAppellA di sAnt’Antonino

    nessun documento è stato ancoratrovato per dare una datazione esattaa quest’edificio religioso, ma la suapresenza all’interno delle mura delcastello è testimoniata fino dal Xsecolo (attualmente si parla anche diVIII secolo): probabilmente crebbeinsieme al castello come cappella pa -latina.

    L’origine romanica è comunquesuggerita dal tipo di struttura massic-cia, dal materiale composito di co -struzione misto di pietre e mattoni, e

    17Carpenetoo

    Fig. 20, veduta del Castello dal lato

    ovest

    Fig. 21, il piazzale del castello

    Fig. 22, la chiesa di Sant'Antonino

    (VIII-IX) secolo, situata nel piazzale

    antistante il castello

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  • dal tipo di decorazione a "dente disega" messa in luce durante irestauri del 1966-67.

    L'edificio ha pianta rettangolarecon facciata a capanna e absidequadrangolare. Le murature, cherecano i segni di successive ripla-smazioni (soprattutto dei secoliXVII-XVIII), mostrano un appa-recchio prevalentemente lapideo,formato da blocchi sbozzati legatida scarsa malta e intercalati da ele-menti di laterizio. L'interno, total-

    mente sguarnito d'arredi, è a navataunica con soffitto a capriate.

    L’aspetto in cui oggi si presenta èdovuto al restauro degli anni sessan-ta deciso dalle figlie del MarcheseGiacomo pallavicino, la MarchesaLaura Chiavari e la Marchesa paolaafan de rivera Costaguti, con l'in-tervento della Soprintendenza ai Mo -numenti del piemonte, che ha ri -portato la Chiesa al la sua forma pri-mitiva e messo in luce i mutamentisubiti durante i secoli.

    L’interno era stato modificato:era stata costruita una volta a botteper abbassare la Chiesa che risultavatroppo alta, essendo stato divelto ilpavimento e recuperato lo spaziosottostante, probabilmente in origineadibito a cripta ossaria. anche laporta, spostata dall’originaria posi-zione, nel corso del recente restaurofu ripristinata. altrettanto si fece perle finestre, chiuse e aperte nel tempoe mutate per posizione e dimensioni;intatta rimase invece la trifora absi-dale.

    anticamente la chiesa fu dedicata aSan Siro, quindi a San Martino, santo vene-rato dai Carolingi, e alla fine del '600 a

    18 Carpeneto

    Fig. 23, facciata della parrocchiale

    Fig. 24, un' immagine della chiesada una carta del XVI sec.

    Fig. 25, interno della parrocchiale

    23

    24

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  • Sant'antonino. e' stato ipotizzato che que-sta chiesa sia una delle più antiche delMonferrato, probabilmente appartenuta aimonaci di S. Siro di Genova, i quali nel XIIsecolo, possedevano diversi beni nel terri-torio di Carpeneto.

    adibita nel tempo a funzioni diverse, lapiccola chiesa ospitò, nel corso del '600, imalati di peste, fu quindi utilizzata comeacquartieramento per i militari; intorno allametà del XVII secolo subì un incendio, lecui tracce furono messe in luce durante irestauri. Secondo il testo che si legge nellalapide posta in facciata, all'interno dell'ar-chetto sovraporta, la cappella venne com-pletamente ristrutturata nel 1696 dal Mar-chese Marcantonio Grillo; è probabile chei lavori siano stati effettuati in seguitoall'incendio.

    Dismessa dal culto intorno alla metàdel XIX secolo, la chiesa, cui si addossa inquegli anni una costruzione adibita a scu-deria e a fienile, viene utilizzata in queltempo come legnaia. nel 1960 risultandola costruzione terribilmente compromessa,si stabiliscono i preventivi per i diversi la -vo ri di restauro.

    L’itinerario prosegue sul latosud-est del castello, dove, con la fac-ciata prospiciente ad esso, affaccia-ta su una lunga e larga piazza ret-tangolare ricavata dal riempimento

    del fossato a valle, si staglia la Par-rocchiale di San Giorgio.

    lA chiesA pARRocchiAledi sAn GioRGio

    La scenografica facciata, ornatada due bei portali a pannelli intaglia-ti e coronata da una trabeazione ac -centuata e aggettante, è costituita damattoni nudi ed è plasticamente mo -dellata con paraste tuscaniche.

    L’aspetto frontale della chiesa ètipicamente barocco, risultato unita-rio di una vera e propria trasforma-zione avvenuta negli anni ‘20 del‘700. Se si osserva però l’interocorpo dell’edificio nel suo insieme siscopre una massa dilatata e composi-ta, complessa nella somma di volumidiversi che confermano la crescitaeterogenea che la chiesa ebbe neisecoli.

    lA stoRiA

    L'origine della chiesa è ancora incerta.esistono studi che ne datano le fondamen-ta al XII-XIII secolo ma, anche se è plausi-bile un’ origine medioevale, di quell’epocanon esiste nessuna documentazione.

    La storia dell'edificio riesce a concre-

    19Carpeneto

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  • tizzarsi in modo piuttosto nitido a partiredalla seconda metà del XVI secolo, quan-do, secondo le notizie riportate dalle rela-zioni delle Visite pastorali e dagli inventa-ri, la chiesa risulta trovarsi in pessime con-dizioni. Questa situazione di degrado, non-ostante i continui e ripetuti ordini dei Messipastorali, andrà peggiorando nel tempo,fino a quando, nel 1610, verrà stilato ilprimo decreto per la costruzione di unanuova parrocchiale. La questione saràlunga e tormentata e solamente nel 1719verranno iniziati quei massicci lavori diampliamento e ristrutturazione che porte-ranno la parrocchiale di San Giorgio alleforme attuali.

    La conclusione dei lavori è del 1727,anno in cui si finisce l’ampliamento delcoro e il rifacimento del campanile, inizia-

    to l’anno precedente. a memo-ria del termine dell’ampliamen-to rimangono due epigrafi, unainfissa nella parte esterna del-l’abside, l’altra, alla base delcampanile, riporta incisa la data"16 maggio 1727".

    La nuova chiesa, secondo leindicazioni che si possono trar-re attraverso un esiguo numerodi documenti e piante, sembraessere ubicata pressappoconello stesso luogo della parroc-chiale antica e cioè in una posi-zione prospiciente al lato sud-est del castello. In occasione deirifacimenti settecenteschi, ineffetti, non si parla di sposta-mento dell’edificio, ma solo diampliamento "per unire la chie-sa vecchia a quella nuova", poi-ché la chiesa vecchia risultavaormai troppo piccola per lapopolazione del paese.

    nel 1719 iniziano i grandilavori con l’abbattimento delSancta Sanctorum (parte piùprossima all’altare maggiore),delle "muraglie" e dei due altarilaterali. abbattuta la zona pre-sbiteriale viene costruito un alto

    muro che consente l’ampliamento dellachiesa.

    La ristrutturazione fu studiata in mododa rendere omogenea in tutti i particolariarchitettonici e decorativi la nuova parroc-chiale, che venne allora ad assumere uncarattere propriamente barocco.

    e’ il momento in cui vengono ripla-smate e quindi cancellate quasi totalmentele strutture più antiche.

    nel 1764, viene poi edificata, sul latosud della parrocchiale, la nuova casa cano-nica.

    lA visitA

    prima di iniziare la visita all’in-terno della chiesa, può essere interes-sante os servare alla base del campa-

    20 Carpeneto

    Fig. 26, Parrocchiale:

    Crocifisso ligneo di Anton

    M.aria Maragliano (1712-

    1714)

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  • nile, costituito da un basamento inpietra (probabilmente materiali anti-chi recuperati da edifici demoliti) eun’alzata ad intonaco, una piccola eraffinata de corazione. e’ una lunettascolpita in marmo di Carrara intornoalla prima metà XV se colo, che rap-presenta due angeli sorreggenti unamandorla con iscrizione de vozionaleSoli Deo Ho nor et Gloria, sopra adessa vi è un seicentesco cherubino inmarmo bianco e altri due ai lati delcampanile: questi elementi provengo-no probabilmente dagli apparati deco-rativi della vecchia parrocchiale.

    La pianta della chiesa è longitudi-nale rettangolare suddivisa in trenavate separate da una serie di pila-stri. La navata centrale, molto più ele-vata delle laterali, è illuminata daampie finestre rettangolari con vetratedel 1959 su cui sono rappresentati isanti più tipici del luogo: S. alberto,S. Bovo, S. Domenico Savio, S. Bar-

    bara,S. Maria Goretti, e nella zona absida-le S. Giorgio.

    La copertura è formata da volte abotte sulla navata centrale e da velesulle campate laterali.

    Le pareti interne della chiesasono completamente coperte da unadecorazione pittorica in stile neo-barocco eseguita dal torinese Gio-vanni Stura tra il 1908 e il 1912.nella volta della navata centrale èrappresentata la Decollazione delBattista, nella cupola sopra il presbi-terio l'Ascensione della Vergine, con-tornata, nei pennacchi, dai quattroEvangelisti; nel catino absidale sonorappresentati lo Spirito Santo e ange-li con cartigli. per il resto la decora-zione si modula in una semplice qua-dratura arricchita da volute, elementifitomorfi e medaglioni con cherubini.

    Il corpo principale della chiesa èinterrotto da una serie di gradini sucui si affaccia il presbiterio lieve-mente rialzato rispetto al piano, sucui poggia l’altare maggiore, direcente fattura, eseguito in marmo.

    nella parte centrale della parete

    21Carpeneto

    Fig. 27, Parrocchiale: Altare del

    Rosario, Luigi Fasce, Madonna

    lignea (sec.XVIII)

    Fig. 28, Parrocchiale: affreschi

    della volta, "Decollazione del Batti-

    sta, (Giovanni Stura, 1908-1912)

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    28

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  • dell’abside poligonale è collocato undipinto interessante, rappresenta la“nascita della Vergine”, cronologi-camente ascrivibile alla secondametà del XVII secolo. Il primo docu-mento che lo cita con certezza è del1699. Il dipinto, opera di autoreignoto, si rifà a un originale di CarloMaratta di cui rimane un’ incisioneautografa del pittore romano, conser-vata a Francoforte. La stessa icono-grafia è riproposta da diversi altriartisti per tutto l’arco del Settecento,ed è chiaro manifesto della fortunadel marattismo in area ligure-pie-montese tra XVII e XVIII secolo.

    Le navate laterali della chiesa ter-minano in due altari, anch’essi rial-zati, di carattere tipicamente baroc-co: quello dedicato a San Giorgio asinistra e quello della Ma donna delrosario a destra, entrambi apparte-nenti alla fase di ampliamento sette-centesco dell'edificio. I due altarisono in stucco modellato e dipinto aimitazione del marmo.

    nelle nicchie soprastanti la men -

    sa bombata, contornate dacolonne tortili e concluse da unricco fastigio, sono inseritedue sculture: a sinistra la statuadi San Giorgio, patrono di Car-peneto, statua moderna andataa sostituire quella originariacomperata a Genova nel 1707,e a destra la sta tua lignea del-l'Immacolata (sec. XVIII) con-tornata dai quattordici ovalidei Misteri dipinti nel 1700 daignoto autore (in parte trafuga-ti e ridipinti).

    altra opera di grande inte-resse presente nella parrocchiale è losplendido crocifisso ligneo collocatoa metà della navata sinistra dovevenne portato, per motivi di sicurez-za, nel 1964. originariamente si tro-vava nell’ oratorio della SS.trinità.opera documentata, esso fu commis-

    22 Carpeneto

    Fig. 29, Parrocchiale, sagre-

    stia: dipinto dell'Annunciazio-

    ne (sec.XVII, seconda metà)

    Fig. 30, Parrocchiale: il pul-

    pito (metà del sec. XVIII)

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  • sionato nel 1712 dalla Confraternitaallo scultore anton Maria Maraglia-no. nel 1714 fu benedetto con lalicenza della Diocesi di acqui. Ben-ché appaia oggi particolarmenteannerito nella cromia del corpo emolto tarlato, il crocifisso rimaneugualmente manifesto evidente del-l’eccezionale talento dello scultoregenovese (l664-1739) e si inserisce,per affinità stilistiche e tipologicheevidentissime, in quel gruppo di cro-cifissi da lui scolpiti nel primodecennio del Settecento (Crocifissodell’oratorio di S.an tonio dellaMarina, Genova; Crocifisso dell’o-ratorio di S. Giovanni Battista, pievedi teco; Crocifisso dell’oratorio diS. Giacomo, albisola Marina).

    Degni di un’occhiata sono anchei quattordici dipinti della Via Crucis,posti lungo le pareti della chiesa,databili alla seconda metà del ‘700,vicini allo stile del pittore casalesetomaso Saletta, attivo in zona tra il1764 e il 1775.

    In seguito alla grande ristruttura-zione del 1720 la chiesa si arricchìdi arredi lignei che ancora oggi, inpar te, possiamo osservare, come losplen dido pulpito, i confessionali e ilcoro.

    Il pulpito troneggia in mezzo allachiesa, innalzato sul secondo pila-stro della navata centrale. e’in legnodi noce intagliato e intarsiato, haforma sfaccettata a cinque lati congrande basamento bombato ed è sor-montato dal baldacchino. La decora-zione, eseguita a intaglio profondonei pannelli sagomati, e a intarsio,con disegni fìtomorfi stilizzati, nei

    contorni degli stessi pannelli, è unpurissimo esempio di barocchettopiemontese. Fu eseguito nel 1750per sostituire un pulpito in pioppomolto più antico, citato in un docu-mento del 1713.

    nello stesso stile del pulpito,anche se un poco più tardo, è il con-fessionale della navata destra, sem-pre in legno di noce intagliato, cita-to per la prima volta in un documen-to del 1785, mentre il confessionaledella navata sinistra, citato per laprima volta nel 1634, ha strutturamolto più semplice e lineare, è inlegno di pioppo intagliato con sobrimotivi di tipo classico, tipici delprimo ‘600.

    Il coro che segue la forma semi-poligonale dell’abside con sedileunico fisso allo schienale, scandito dabraccioli e affrontato da inginocchia-toi, è decorato con pannelli intagliatia semplice sagomatura e ornato nellaparte alta da una cornice intagliata agiorno. Le caratteristiche stilistiche lofanno datare intorno alla prima metà

    23Carpeneto

    Fig. 31, la Piazza della Chiesa con

    le bancarelle nel giorno della festa

    di San Giorgio

    31

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  • 32

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  • del XVIII secolo, subito dopo la co -struzione dei muri del coro avvenutatra il 1720 e il 1727.

    Sul lato destro del coro una portaconduce alla sacrestia ricostruita nel1846 e arredata con i mobili dell’an-tico locale: una grande credenza conalzata a cappello sagomato, un ar -ma dio e un pannello con cassapancaed orologio incluso. Lo stile e i mo -tivi decorativi rimandano l'esecuzio-ne allo stesso autore (ignoto) e allostesso anno (1750) del pulpito. pur-troppo gran parte degli sportelli, conpannelli in legno di noce intagliato eintarsiato, sono stati rubati nel 1974.

    nella sacrestia ci sono anche duedipinti secenteschi rappresentantiSant’Apollonia, Sant’Agata e San taLucia e L’Annunciazione.

    nello spazio della vecchia sacre-stia venne creata una cappella dedi-cata al Sacro Cuore di Gesù, l’attua-le cappella della Madonna di Lour-des situata all’inizio della navata de -stra, in faccia alla cappella del fontebattesimale, quest’ultima fu costruitanel 1879, in essa è custodita una pre-gevole scultura li gneasettecentesca con ilBattesimo di Gesù

    Ritornando nellapiazza, su cui si affac-cia la sede della Socie-tà di Mutuo Soccorso,fondata nel 1936 e an -cora attiva, è possibi-le, imboccando ViaPal lavicini, sulla des -tra dell’edificio, per-correre un tratto dellemura che costeggiano

    il parco del castello e giungere allaFilarmonica Margherita, creataintorno al 1880 da musici che aveva-no prestato servizio nelle fanfaremilitari dell’epoca e attualmentecomposta da una ventina di giovanimusicisti.

    Proseguendo invece per via Tori-no, la via centrale, si arriva allaPiazza del Municipio. Sulla piazza,ultimamente ripristinata sia nellapavimentazione sia nella pittura delparamento del palazzo comunale(decorazione dedotta dalle antichefoto), oltre al Co mune e all’Oratoriooggi si affacciano la Ban ca, l’ufficiodella Posta, la Farmacia e il nuovoRistorante Portogallo. Un tempo(prima metà del ‘900) la piazza, verofulcro del paese, era ricca di attività,oltre a varie botteghe vi era la sededella Regia Pretura, i Pompieri, l’E-sattoria, e anche la pompa della ben-zina. Nella piazza esisteva, inoltre, unpozzo (oggi chiuso) sul quale nel1864 il signor Paolo Fallabrini, allo-ra Sindaco, aveva fat to costruire unabella fontana in granito “proprio aere

    25Carpeneto

    Fig. 32, la piazza della parrocchia-

    le con in primo piano la facciata

    dipinta di Palazzo Torielli

    33

    Fig. 33, la Piazza del Municipio,

    cartolina d'inizi '900

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  • aerexit”, la quale, tolta nel 1964 èstata ricollocata nel 1996 (spostatarispetto al luogo originario). Il pozzo,insieme alla fontana dei Santi Mariti,forniva acqua alla popolazione.

    L’attuale Municipio sembra esse-re situato dove anticamente era statoedificato l’antico Palazzo Comuna-le, a ridosso di una porzione di muradetta receptum, in dialetto ar sett.

    il Ricetto

    Carpeneto e Lerma sono gli unicipaesi dell’ovadese ad essere sede diricetto (però molti se ne sono conser-vati in tutto il piemonte), un’insiemedi abitazioni circondate da muradove, in epoca medievale, si racco-glievano gli abitanti delle campagnein caso di pericolo. Il ricetto di Car-peneto aveva aspetto fusiforme. pic-cole strade in discesa, tra cui le piùfacilmente localizzabili sono “la sali-ta dei Bugiardi”, lo “scalotto” e lavia a lato della parrocchiale, condu-cevano alle porte del paese, cheerano munite di ponti levatoi e veni-vano chiuse con il calare del sole. Ilricetto aveva funzione fondamentale

    di controllo, di difesa e anche dioffesa, per ciò negli Statuti vieneripetutamente ingiunto di mantenervidelle guardie che ne proteggano lestrutture per la buona funzionalità.

    il pAlAZZo del comUne

    nella storia di Carpeneto scrittadal rossi nel 1908, si dice che il pa -lazzo del Comune fosse “lì dove èoggi, coi suoi uffici e le sue prigioni”.negli Statuti (probabilmente XII-XVsecolo) già si parlava del palazzocomunale e si diceva fosse situatoentro la parte del paese detta Castelloo ricetto. In esso vi era la Sala diGiustizia. ai i consigli co mu nali, in -detti solitamente “quando fosse ne -cessaria una decisione ri guardo aidonativi da farsi ai principi novelli ocirca le tasse poste dal principe inoccasione di guerre e carestie”, dove-vano obbligatoriamente parteciparetutti i capi famiglia. In quell’occasio-ne nessuno do veva stare sulla piazzao sotto il grande olmo antistante alpalazzo, emblema d’indipendenzadella Co munità.

    L’attuale costruzione, rimoderna-

    26 Carpeneto

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  • ta nel tempo, ha origini probabil-mente dall’edificio fatto costruire nel1687 inglobando alcune botteghe alpiano terreno e l’appartamento delmaestro situato al primo piano.anche in questa occasione furonoinvitati i capi famiglia per decideresul da farsi.

    Di fronte al Palazzo del Comunes’innalza l’Oratorio della SS. Trini-tà, con la sua facciata mo vimentata,oggi semplicemente intona-cata, ma originariamentearricchita da decorazionipittoriche, .

    l’oRAtoRio dellA ss.tRinità

    La Confraternita che glidiede il nome cominciò adoperare a Carpeneto nel1665, anno in cui l’origina-ria antichissima Compagniadei Disciplinati (anche dettadell'annunziata) si fuse conessa allo scopo di raccoglie-re elemosine e di lavorareper il riscatto degli “schiavinelle mani degli infedeli”,in pratica cristiani prigio-nieri dei turchi.

    I confratelli, durante lesolenni processioni, indos-savano una cappa rossa etrasportavano, oltre ai cro-cifissi lignei e alle mazzedorate, i cosìddetti "miste-ri": lam pioni lignei intaglia-ti, laccati e ornati da profu-sione di oro.

    Dal XVII secolo la Con-fraternita continuò ad ope-

    rare fino al XX quando, nel 1980,venne eletto l'ultimo priore nelsignor rodolfo rizzo. attualmentel’oratorio, è usato so prattutto conscopo ricreativo-culturale, comeambiente per ospitare mostre e mani-festazioni varie.

    lA stoRiAL'oratorio fu costruito negli anni intor-

    no al 1610 in un "sito attiguo al fossato delcastello", il quale era stato concesso in fittoperpetuo alla Confraternita dei Disciplinati

    27Carpeneto

    Fig. 34, la Piazza del Municipio

    oggi dopo il restauro del Palazzo

    Comunale

    35

    Fig. 35, L'Oratorio della SS.Trinità

    (1610 ca.)

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  • dall'abbazia di Santa Giustina di Sezzadio,proprietaria di numerosi terreni nel territo-rio di Carpeneto. prima di quell’epoca esi-steva un antico oratorio contiguo alla chie-sa parrocchiale, il quale alla fine del '500versava in pessime condizioni, tali da por-tare i confratelli a dichiarare, nel 1603, didovere "necessariamente mutare la fabbri-ca" a causa dei muri pericolanti. abbando-nata la vecchia sede, il nuovo edificio fucostruito in una zona centrale del tessutourbano, affacciato sullo spazio libero del-l'ampia piazza comunale, posizione di pre-stigio che mette in evidenza il valoreassunto dalle Confraternite alla fine delXVI secolo, in piena Controriforma.

    La struttura frontale dell’orato-rio, che oggi si presenta a noi nellasua ridipintura in monocromo bian-co, è assolutamente sobria. In realtàin origine tutta l’importanza dell'edi-ficio stava proprio nell'eleganzaarchitettonica della facciata, sullaqua le si apriva un portico a tre arca-te, studiato come scenario qualifi-cante dello spazio antistante. nel1829, per la necessità di aumentarela capienza della chiesa, il portico fu

    chiu so e fu aggiunta una campataall’aula dell’edificio, inoltre vennedecorato pittoricamente il paramentodella facciata. nel 1840 fu elevato eingrandito il campanile.

    Le ristrutturazioni di quegli anniportarono l’oratorio all’attuale con-formazione. Lo stile prescelto, in cuicompaiono timpano e paraste, ca -pitelli tuscanici e corinzi, è quelloclassicheggiante, tipico del primoperiodo del XIX secolo.

    tranne la facciata, la strutturacom plessiva dell’oratorio è sempli-ce, eseguita con materiali poveri, ingran parte laterizio, lasciati a nudo.

    L’interno, di non grandi dimen-sioni, è a una sola navata terminantein un coro rettangolare. Le pareti,intonacate a colori chiari, sono scan-dite da paraste in lieve aggetto; nellaseconda campata si aprono due nic-chie, una a destra l’altra a sinistra,che ospitano i grandi gruppi in gessodell’annunciazione e della SS.trini-tà. Gli arredi sopravissuti sono po -chi, in realtà la posizione privilegia-ta dell’edificio non corrispose mai aduna adeguata ricchezza decorativa,di mobilio e di suppellettili.

    Sulla parete sinistra dell’aula ri -mane un confessionale, citato per laprima volta in un documento del1634, di semplice fattura, in legno dipioppo sobriamente intagliato, ma -no messo da numerosi episodi di re -stauro. Insieme al sobrio coro sette-centesco sopravvivono due cattedreda Confraternita, contenenti, all’in-terno dello sportello dello schienale,l’elenco degli ultimi confratelli.

    troneggia nell’aula l’altare mag-

    28 Carpeneto

    Fig. 36, Oratorio della Trinità:

    altare maggiore e teca con Cristo in

    croce ( XVIII sec.)

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  • giore, in stucco modellato e dipinto. Leprime notizie che abbiamo di un altaredefinito "alla romana" sono del 1713.e’ imponente nella forma e ricco nel-l’ornamentazione, vicino perciò albarocco romano, cui si può accostareanche nella scelta d'imitare in stuccomodellato e dipinto la preziosa tecnicadel commesso marmoreo.

    Sull’altare si eleva una grande te -ca per crocifisso in legno, chiusa dauna vetrata quadrettata e dipinta sulfondale con un paesaggio. La teca haforma movimentata con cimasa cen-tinata, è arricchita nella cornice dauna ricca decorazione scultorea aputti, pendoni ed elementi fitomorfiintagliati e dorati. Stilisticamente sicolloca all’interno di un gusto baroc-co, lievemente contenuto dai principiclassicheggianti francesi, tipico delbarocco piemontese. Fu costruitaappositamente per contenere ungrande crocifisso, infatti si può nota-re che la zona superiore della vetratadi chiusura è sporgente rispetto alresto, in modo da lasciare un certo

    spazio al busto e alla testa del Cristo.nel 1712 era stato infatti ordinatoallo scultore genovese antonioMaria Maragliano, un crocifissoscolpito in legno (attualmente nellaparrocchiale, sostituito ora da uno diminor valore) che avrebbe dovutoes sere, appunto, inserito in una gran-de teca dorata.

    all’interno della sacrestia, co -strui ta nella prima metà del XVIIIsecolo, situata di lato all’altare, incornu Epistulae, rimane il bel mo -bile in legno di abete intagliato, com-posto da un cassettone centrale conalzata, affiancato da due armadi. Ladatazione corrisponde stilisticamen-te al periodo di costruzione dell’am-biente. La decorazione, sobria, con-tenuta, a pannelli sagomati eseguiticon un intaglio poco aggettante,rispecchia pienamente i caratteri delmobilio piemontese del primo '700.

    Un oggetto interessante che rima-ne custodito nell’oratorio è lo sten-dardo della Confraternita, acquistatonel 1860, sulle cui due facce sono-rappresentati: da un lato La SantaTrinità e dall’altro il Riscatto degli

    29Carpeneto

    Fig. 37, Oratorio: scanno ligneo

    (XVIII sec.) con i nomi del confra-

    telli scritti all'interno dello sportel-

    lo dello schienale

    Fig. 38, Oratorio della Trinità:

    stendardo (1860)

    37

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  • schiavi. Contorna i riquadri dipintiun’ampia bordura in seta ricamatacon motivi classicheggianti in gallo-ne dorato.

    Costeggiando la piazza, percor-rendo via Cavour su cui si affaccia unbel palazzo con paramento ancora inparte dipinto a festoni floreali di stileLiberty, arriviamo di fronte alla sce-nografica facciata della casa Lanza-vecchia-Fallabrino, caratterizzata damuri a righe bianche e rosa, che con-traddistinguevano tutte le proprietàdella famiglia Fallabrino.

    pAlAZZolAnZAvecchiA FAllABRino

    (da C. ManDIroLa, Trasformazioni urbaneed edilizia residenziale a Carpeneto: unepisodio della seconda metà del XIX seco-lo, in “per una storia di Carpeneto” vol.I,1995, pp.59/62)

    Il palazzo, collocato sul versante

    sud-ovest della collina di Carpeneto,

    fa parte della seconda cerchia di edi-

    fici posti a corona del castello in via

    terragni. tale cerchia esisteva con

    ogni probabilità già in epoca me -

    dioevale ed è ipotizzabile che le

    fondamenta dell’attuale edificio

    costituissero le mura poste a difesa

    del paese, alle quali si sovrappose

    successivamente un tessuto di case

    a schiera con doppio affaccio, a

    monte verso il castello, ed a valle

    verso la campagna. L’attuale pa -

    lazzo deriva dalla "somma" della

    settecentesca dimora della famiglia

    Lanzavecchia a diversi edifici

    preesistenti confinanti che furono

    acquistati, nella seconda metà del-

    l’ottocento, dalla Famiglia Falla-

    brini la quale riplasmò l’edificio

    secondo le nuove esigenze amplian-

    do anche la parte del giardino con

    30 Carpeneto

    Fig. 39, Casa Lanzavecchia-Fal-

    labrino: l'entrata

    Fig. 40, Casa Lanzavecchia-Fal-

    labrino: l'entrata al giardino e al

    cortile inferiore

    39

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  • l’acquisizione di

    tutti gli orti e del-

    l’antico fossato in

    disuso.

    accanto all’en-

    trata del palazzo,

    con cancello cen-

    trale, è visibile la

    cappella fatta eri-

    gere dai Lanzavec-

    chia nell'ottobre del 1741 in onore

    della Im macolata Concezione, S.

    Giovanni nepomuceno e S. Filippo

    neri, consacrata nell'agosto del

    1744. nel l’‘800 un piccolo edificio

    già esistente, prospettante come la

    cappella sul la via, destinato in origi-

    ne a stalla e fienile, fu trasformato in

    vano d’accesso al palazzo, e fu arric-

    chito delle stesse partiture decorative

    dell’edificio religioso.

    Il prospetto a valle dell’ edificio,

    ben visibile da via G. Gualco, mette

    in ri lievo l’imponenza del palazzo

    che si sviluppa su quattro piani,

    impostato su di un asse di simmetria

    centrale sottolineato al primo piano

    da due grandi finestroni ad arco, al

    piano superiore da una veranda aper-

    ta ed all'ultimo piano da un corpo

    arretrato con copertura a due falde.

    Questa parte centrale dell’edificio è

    affiancata da due "ali" simmetriche.

    L’intero prospetto è interessato da

    una decorazione pittorica a partiture

    geometriche giocata sui colori del

    rosso genovese e tinta avorio. Il ter-

    reno disposto lungo il prospetto sud-

    ovest aperto verso la campagna, che

    originariamente aveva mantenuto

    una destinazione ortiva, fu trasfor-

    mato nell’800 in giardino, attraverso

    la creazione di percorsi in ammatto-

    nato e ciottoli, di aiuole, di muretti a

    grottesco e l'inserimento di sculture

    per completarne l'arredo. Il palazzo,

    pur non essendo visitabile, perché di

    proprietà privata, risulta assai inte-

    ressante all’interno del tessuto urba-

    no e sociale del pae se, offrendo un

    contraltare di spic co al volume

    imponente del castello.

    Lasciando alla nostra destraPalazzo Lanzavecchia-Fallabrino ciavviamo lungo la stretta via Terragnidove si incontra il palazzo del cinemaVerdi, attivo dal 1938 al 1973, e del-l’ancor più antica Società di MutuoSoccorso, fondata il 29 gennaio del1886 con rogito del notaio VincenzoScovazzo, la prima a essere costituitain paese. E’ un ampio edificio con lacaratteristica, ancora tutta ottocente-sca, di un paramento dipinto a fintolegno, ormai appena percettibile.

    Procedendo lungo via Roma, laprincipale via che, congiungendosi avia Torino, dalla piazza del comunetaglia longitudinalmente il paese, cisi avvia verso sud al borgo di SanBovo, dove, sommersa dall’ombra di

    31Carpeneto

    Fig. 41, Piazza

    antistante Casa

    Lanzavecchia-Fal-

    labrino in una foto

    di fine ‘800

    41

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  • un moderno “palazzaccio”, si troval’antica chiesetta dedicata al santovenerato dal mondo contadino comeprotettore del bestiame. Questo pic-colo edificio religioso fa parte, insie-me alla chiesa di Sant’Alberto, dellecosiddette cappelle “campe stri”,attu almente inglobate nel tessuto ur -ba no, ma originariamente poste all’e-sterno delle mura, edificate per lo piùdai proprietari terrieri in modo dadare assistenza religiosa alle comuni-tà contadine dislocate nei cascinalisparsi per le campagne.

    cAppellA di sAn Bovo

    La cappella, situata alle portemeridionali del paese, ha un corposemplice, a pianta rettangolare, postosu un piano rialzato rispetto al livel-lo della strada, preceduto da una sca-linata a sei gradini che conducono alportale.

    La facciata a capanna è caratte-rizzata dalla disposizione simmetricadelle aperture: due finestre rettango-lari a lato del portone e una "serlia-na" sopra ad esso. Fino a pochi annifa il paramento era ornato da unadelicata decorazione pittorica neo-classica, attualmente la decorazioneè stata rimossa per permettere re -stau ri alla muratura. Un piccolo cam-panile in mattoni si erge sul latodestro dello spiovente.

    L'origine della cappella è ignota. negliStatuti del 1458 viene citato un borgodedicato a san Bovo, ma non si fa nessunriferimento diretto alla chiesa. Solamentedall’ inizio del XVII secolo si ha una lungaserie di documenti che accompagnano levicende della chiesa campestre di S. Bovo.nel 1610 la cappella versa in pessime con-dizioni, ciò ci permette di supporre la sua

    edificazione parecchi anni prima. Il degra-do raggiunto, fa si che nel 1634 rischi diessere abbattuta. Solo alla fine del secolo lacomunità carpenetese si accingerà a ripri-stinarla (o riedificarla) ingrandendola edonandole un aspetto decoroso.

    tra 1700 e 1705 vengono effettuatimoltissimi lavori di muratura e anchedecorativi: vengono acquistate delle vetra-te ad orsara (oggi inesistenti), vienecostruito un altare in gesso e viene decora-to pittoricamente sia l’interno dell’edificioche la facciata. pittore è l’ovadese Gerola-mo Buffa, il quale è anche autore del qua-dro del Santo posto nell'abside e della cor-nice dipinta (data sul muro retrostante latela:1704).

    Quadro e cornice sono le unicheopere che rimangono di quell’epoca,in quanto, dopo vicende tormentateche vedono l’edificio, prima occupa-to dalle truppe austro-sarde e poi uti-

    32 Carpeneto

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  • lizzato come fienile, la cappella saràridipinta nel corso di un restauroottocentesco, periodo in cui verràanche aperta una nicchia per inserir-vi un altare dedicato a San rocco. Ladecorazione pittorica, ancora oggipresente, è di gusto eclettico forte-mente dominato dal tipico classici-smo della prima metà del XIX secolo.

    Il dipinto, che sovrasta l’altare,rappresenta una grande figura di SanBovo a cavallo che occupa quasitotalmente la tela.

    In evidenza è posto il vessillorosso con dipinto il bue, attributospecifico del santo guerriero, mortodi febbre a Voghera nel 986 dopo unavita di lotta contro i saraceni.

    In secondo piano compaiono

    alcuni capi di il bestiame, di cui ilSanto è protettore.

    e’ un soggetto piuttosto raro, dif-fuso più che altro in una zona di con-fine tra la Lombardia e il piemonte.nel giorno della festa del Santo che,cade il 22 di maggio, in passato siportavano davanti alla chiesa gli ani-mali perché fossero benedetti, e inquell'occasione venivano offerti cerie "stringoni" ai fedeli.

    Ritornando verso il centro delpaese, oltrepassando la viuzza cheintroduce nel magico silenzio diBorgo Garrone, raggiunto l’incro-cio su cui si affaccia l’Asilo e doveun tempo, al posto dell’attuale par-cheggio, si trovava una delle trelocande del paese “Il Bue Rosso”, siscende sulla destra per la strada checosteggia Carpeneto sul lato est.Superato il giardino del “GattoBianco”, l’antica balera delle nottiestive, e PAlAZZO CANEPA, ecletticopalazzo con torretta co struito nelprimo ‘900, s’incontra la cappellacampestre di Sant’Alberto, situatasulla strada che porta a Rocca Gri-malda, in quell'omonimo borgo cita-to negli antichi statuti del 1458.

    cAppellA di sAnt’AlBeRto

    La piccola chiesa, costruita conblocchi di arenaria e laterizi, oggitotalmente celati sotto l’intonaco, inseguito al recente restauro (1996), hapianta rettangolare con abside semi-circolare e facciata a capanna, domi-nata da un esiguo campanile. Sopra ilportale, decorato da un protiro lieve-mente aggettante, si apre un piccolorosone a stella lobata, ravvivato inseguito al restauro da spicchi di vetro

    33Carpeneto

    Fig. 42, Cappella di San Bovo

    43

    Fig. 43, Parrocchiale: vetrata con

    rappresentato San Bovo ( sec.XX )

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  • policromo. Le pareti laterali presen-tano doppie finestre ad oblò.

    Le origini della chiesa risultano sino adoggi sconosciute e, come per San Bovo, leprime notizie sono quelle della Visitapastorale di Monsignor Beccio del 1610,anno in cui anche il cosiddetto "oratorio diSant’alberto e San rocco" versa in evi-denti condizioni di degrado.

    priva di redditi, proprietà della comu-nità, la piccola chiesa risulta nei secolipoverissima, quasi totalmente sguarnitad’arredi e suppellettili, ornata solamentedalla grande tela sopra l’altare.

    Solamente dal 1733, in seguito al lasci-to di un terreno che viene subito posto inaffitto, la cappella di Sant’alberto può dis-porre di un proprio reddito. Da questomomento, per tutto il corso del Settecento,fino agli anni ‘30 dell’ottocento, la vitadella piccola chiesa si fa più vivace per lesolerti cure offerte al ripristino, al manteni-mento e all’abbellimento e, addirittura, nel1883, alla ricostruzio-ne dell’edificio (quel-lo attuale) con mate-riali di recupero del-l’originaria costruzio-ne.

    In questi anniven ne posta particola-re attenzione ai prepa-rativi della festa diSant’alberto, giornoin cui si trasportavanella cappella unorgano ed il sacresta-no della parrocchiale

    si premurava di fornirla di candelieri earredi sacri.

    L’interno della cappella, visibilesolamente in particolari occasioni, èad aula unica e si mostra quasi total-mente sguarnito di arredi; superstitidella sua "movimentata" storia ri -mangono l’otto cen tesco altare inmuratura con ta bernacolo in legnodipinto e il grande quadro soprastan-te, in cui è rappresentata La SacraFamiglia e i Santi Alberto e Defen-dente. Il dipinto ad olio su tela pre-senta una composizione piramidalecon fulcro nella figura della Madon-na con il Bambino affiancata da S.Giuseppe, e con i Santi alberto eDefendente inginocchiati ai suoipiedi. Benché le condizioni di con-servazione dell’opera siano pessimeè possibile comunque individuare ilforte plasticismo con cui vengonomodellate le imponenti figure avvol-te in pesanti panneggi, e la tavoloz-za vivace dai colori corposi. II qua-dro dipinto da un ignoto autore, pro-babilmente intorno alla metà delXVII secolo, viene citato solamentein un documento d’inizio ‘700 e in

    34 Carpeneto

    Fig. 44, Cappella di Sant'Alberto

    Fig. 45, Il Gatto Bianco, la vecchia

    balera del paese

    44

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  • uno del 1728.

    Proseguendo lungo la circonval-lazione del paese, passando sotto lealte mura di rinforzo su cui si elevail corpo imponente della parrocchia-le, e oltrepassando l’antica cascina“Era”, l’aia del castello, dalla qua -le, si dice, passassero le mura medie-vali, si giunge all’incrocio da cuiparte la strada che va ad Alessan-dria. Da questo punto è possibileeffettuare alternativamente 2 itinera-ri: finire la circonvallazione in pia-nura giungendo all’antico peso pub-blico e alle scuole del paese, nelcosiddetto Borgo di Santa Barbara,per poi scendere verso Mon taldo, rag-giungendo la Fornace e la CantinaSociale Tre Castelli o scendere versoAlessandria, raggiungendo le due fra-zioni di Carpeneto, quella di Madon-na della Villa e quella per CascinaVecchia. (vedi Itinerari 1-2-3)

    Strettamente legata alla realtàdel paese, posta alla sommità di uncolle a nord-est, a due chilometri dalcentro sulla strada per Alessandria,spicca, nella sua magica solitudine,la Cappella di San Giorgio

    cAppellA di sAn GioRGio

    La cappella di S. Giorgio dominasull’attuale cimitero di Carpeneto. Inepoca medievale, dal 1350 circa, erail terreno immediatamente circostan-te ad essa a essere usato come cam-posanto.

    La piccola chiesa, fresca di re -cen tissimo restauro, è costruita in la -terizio e mostra in alcuni punti, so -prattutto in facciata, delle zone into-nacate. Strutturalmente presenta ca -

    rat teristiche prevalentemente cinque-centesche, con pronao a tre arcate efacciata a capanna sormontata da unpiccolo campanile, ma l’origine èmol to più remota.

    non c’e certezza sull’epoca di edifica-zione della cappella e, non essendo ancorastate ritrovate fonti d’archivio illuminanti, igiudizi degli storici risultano vaghi e con-trastanti: alcuni la considerano opera tre-centesca, costruita durante il vicariato degliSpinola, e per questo dedicata al santovenerato dall'antica famiglia genovese;altri la giudicano molto più antica, addirit-tura precedente all’ XI secolo.

    Dal “Decreto” della Visita apostolicadel 1577 si evince che la cappella in epocamedievale fu "antica parrocchiale" di Car-peneto; questa notizia è confermata dal fat -to che la chiesa si trovasse all’interno deiterritori della Curia, e fosse luogo di sepol-tura (prerogativa delle chiese parrocchialimedievali). Dallo stesso documento si de -duce che durante tutta la seconda metà del‘500 San Giorgio risultasse poverissima diarredi ma ben tenuta, in modo da potere

    35Carpeneto

    Fig. 46, il pronao della chiesa di

    San Giorgio, dopo il restauro

    (2005/2006)

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  • svolgere in essa le funzioni per i defunti.Un secolo più tardi la cappella risulta inve-ce trascurata e versa in pessime condizioni"a causa dei buchi nella ferrata molto lar-ghi, attraverso cui passano i figliuoli cheguastano tutto, e le rondini sopra l’altareformano il nido". La situazione non miglio-rò nel tempo. Il nostro secolo la vede de -fraudata (per furto) degli unici beni checonservava: un statua lignea di San Giorgioa cavallo, del XVIII secolo, provenientedalla parrocchiale, e un bel quadro delsanto patrono, posto sopra l'altare. II dipin-to rappresentava, in una iconografia piutto-sto comune, il Santo cavaliere nell'atto diuccidere il drago al cospetto della princi-pessa orante. particolare risultava lo sfon-do in cui era dipinta una veduta del paesedi Carpeneto. I caratteri stilistici del dipin-to, di grande finezza ese cu tiva, portavano adatare l’opera tra il ‘500 e il ‘600

    Un’altra immagine di S. Giorgio,probabilmente dipinta alla fine del1600, si scorge, terribilmente sbiadi-ta, sopra il portale.

    L’interno della chiesa, a navataunica, ha forma rettangolare copertada volta a botte. Le pareti oggi into-nacate con colori chiari, senza orna-menti, un tempo probabilmenteerano decorate con affreschi, alcuni

    documenti del XVII secolo parlanoinfatti di gruppi di angeli, ormaiscomparsi, mentre rimangono anco-ra, semicoperte dalla tinta unita,figure di santi situate ai lati del pre-sbiterio, attraverso le cui grandi lacu-ne emergono tracce di affreschi piùantichi. L’abside quadrangolare con-tiene un semplice altare, di ca ratteresecentesco, in muratura sormontatoda un’ancona a due colonne e timpa-no ad arco spezzato, in cui era inseri-to il di pinto trafugato.

    36 Carpeneto

    Fig. 47, l'antica scultura lignea di

    San Giorgio con il drago

    Fig. 48, Cimitero: Tomba Garrone,

    sculture bronzee di F. Messina

    (1940 ca.), "La Pietà"

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  • La chiesa vie neaperta so la mente ilgiorno di San Giorgio(23 aprile) quandocon la processione siarriva a onorare ilsanto patrono.

    il cimiteRo

    Di fronte al la cap-pella di San Giorgio èsituato (ester na menteal pae se secondo l’e-ditto napoleonico) ilnuo vo cimitero, co - struito tra il 1816 e il1835, anno in cui vie -ne be ne det to se condoil decreto della Cu ria Ve sco vile.

    In epoca medievale, come è stato detto,il cimitero di Carpeneto era situato nel ter-reno circostante alla cappella di S. Giorgio,ancora nel XVII secolo si faceva uso diquesto cimitero sia interno che esterno allacappella stessa, ma contemporaneamente siincominciava ad usufruire, come luogo disepoltura, della nuova parrocchiale e deiterreni ad essa limitrofi. alla fine del XVIIsecolo all’interno della parrocchiale esiste-vano due sepolcri: uno per bambini e reli-giosi, l’altro per donne e uomini. nel 1713all’interno dell’edificio i sepolcri aumenta-no: uno per gli ecclesiastici, posizionatovicino alla balaustra dell’altare maggiore,uno, di ampie dimensioni, posto nellanavata dalla parte del Vangelo, un al tro, dinon chiara ubicazione, dedicato ai con -fratelli dell’oratorio della SS. trinità, unaltro ancora, situato nel mezzo del la nava-ta centrale, intitolato alla famiglia Bertolot-ti, ed infine uno po sto di fronte alla cappel-la del S. rosario, appartenente alla fami-glia Lanzavecchia.

    Il nuovo cimitero, delimitato damura e suddiviso all’interno da trevie principali, custodisce un’opera di

    alto valore artistico, la tomba dellaFamiglia Garrone, voluta da edo -ardo (1906-1963), il fondatore dellanota dinastia di petrolieri genovesi,che è originaria di Carpeneto, pro-gettata dall’arch. Sibilla ed impre-ziosita dal grup po monumentaledella Pietà e da cinque altorilievi raf-figuranti le ultime stazioni della ViaCrucis.

    tomBA GARRonedi FRAncesco messinA

    (da: e. princi, Le sculture di FrancescoMessina per la Tomba Garrone del Cimite-ro di Carpeneto, in “per una storia di Car-peneto” vol.II, 1998, pp.25-28)

    Le opere realizzate da FrancescoMessina (Linguaglossa, Catania 1900-Milano 1995), sono in bronzo, rive-stite dalla patina verde che lui usavafrequentemente. Furono mo dellate nel1964 per essere accorpate alla struttu-ra esagonale in porfido della Cappelladella famiglia Garrone.

    Il tema della pietà, fin dalla metà

    37Carpeneto

    Fig. 49, Cimitero:Tomba Garrone, scul-ture bronzee di F.Messina (1940 ca.),"Gesù Cristo inchio-dato alla croce"

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  • degli anni Venti, fu per lo scultoremotivo di riflessione che si concre-tizzò nel bronzo e nel marmo indiverse opere pubbliche e di commit-tenza privata. La pietà di Carpenetomostra nel gruppo principale a tuttotondo, in cui la Madonna regge ilcorpo abbandonato di Cristo, unchia ro riferimento alle opere tarde diMichelangelo, ricreando quell’os -mo si dei due corpi che quasi si an -nullano in uno. Lo stesso dolore in -tensissimo ma contenuto si sprigionaanche dai cinque altorilievi incasto-nati nelle pareti esterne della cappel-la. Le scene raffigurate si riferisconoagli episodi culminanti della passio-ne e morte di Cristo, collocati, se -condo l'iconografia tradizionale, nel -le ultime stazioni della Via Crucis(quelle comprese tra la decima e laquattordicesima).

    Gli episodi, da leggersi a partiredal lato destro, uscendo dalla cappel-la, raffigurano:

    1) Gesù Cristo che, giunto al Cal-

    vario, ri fiuta la tazzacontenente vino e fiele;2) Gesù Cristo inchio-dato alla croce; 3) laCrocifissione tra le fi -gure di Maria e di SanGiovanni; 4) la Deposi-zione; 5) la traslazionedel corpo di Cristo nelsepolcro, effettuata daGiuseppe di arimatea eda nicodemo.

    Come la pietà, an -che la Via Crucis fu untema caro a FrancescoMessina che toccò il

    culmine nel ciclo mo nu mentale,creato tra il 1968 e il 1971, per il san-tuario di San Giovanni rotondo, inprovincia di Foggia, commissionatoallo scultore da padre pio di pietral-cina della comunità dei Cappuccini:quattordici stazioni mo dellate inbronzo dorato, con figure a dimen-sioni reali.

    I criteri compositivi ed esecutividi quest’opera monumentale sonoquasi identici a quelli della tomba diCarpeneto in cui i caratteri stilistici,di gusto “rinascimentale”, giocanosu una composizione ar mo nica eequilibrata e una plasticità tormenta-ta e esasperata in modo da rendereun’ardente drammaticità.

    veRso montAldo

    La discesa delle “Scajole” ciporta direttamente all’incrocio perTrisobbio e Montaldo. Prima di risa-lire la china che giunge al paese cheper secoli fu legato a Carpeneto(utrique Carpeneti) due luoghi inte-

    38 Carpeneto

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  • ressanti, per motivi assai differenti,ci consigliano una tappa: La Canti-na Sociale Tre Castelli, una delle piùconsolidate cantine sociali dellaprovincia di Alessandria, e l’anticaFornace.

    la cantina sociale "tre ca -stelli", cooperativa agricola di viti-coltori della zona, creata nel 1955,conta oggi 200 soci circa dai quali siraccolgono in media 40.000 quintalidi uva all’anno in massima parteBarbera e Dolcetto.

    La sua produzione di vini pie-montesi a Denominazione di origineControllata consta di una grande va -rietà, che va dal Dolcetto d'ovada, alDolcetto d'acqui, al Barbera Mon-ferrato, al Cortese dell’alto Monfer-rato, al piemonte Brachetto, Char-donnay e Moscato. Di fronte allamole circolare della Cantina esisteancora la vecchia distilleria (chiusa),vero e proprio monumento di ar -cheo logia industriale ancora in po -tenziale perfetta efficienza.

    altro monumento di archeologiaindustriale è l’attigua Fornace, co -struita, con i mattoni dell’argilla lìestratta nella prima metà dell’800,chiamata allora “Fornace Hoffmann”di proprietà dei fratelli tosi. nel 1918risulta inattiva ma intorno al 1920-22viene rimessa in funzione dal dott.Silvio a. Sessarego. In questi anniaveva attività stagionale e vi lavora-vano quattro o cinque famiglie pro-venienti dalla toscana. L’attività fusospesa dopo qualche anno. Le fossescavate nei campi attigui per recupe-rare il materiale per i laterizi, riem-piendosi d’acqua, avevano formatouna laguna nella quale vivevanoanguille e tinche.

    Dalla Fornace parte la stradasterrata di “Ciappagranda” (Chiap-pagrande, toponimo collegato allapresenza di campi). La vallata che siestende dai confini con Montaldo eci conduce fin sotto a Cascina Vec-chia, è attraversata dal rio Stanavas-so che scorre fino a Sezzadio per poi

    39Carpeneto

    Fig. 50, Cimitero: Tomba Garrone,

    sculture bronzee di F. Messina

    (1940 ca.), "Gesù Cristo rifuta la

    tazza contenente vino e fiele"

    Fig. 51, la Cantina Tre Castelli

    51

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  • confluire nella Bormida. Il rio, untempo ricco di acque straripanti, in -corniciato da canne e salici e affol-lato da cavedani, aveva un anda-mento lento e un po’ stagnante. Pro-prio da “stagnum” cui si aggiunge ilsuffisso peggiorativo “as” sembrapossa derivare la voce dialettale“Stanavas”.

    veRso mAdonnA dellA villA

    La strada che ci conduce alla fra-zione di Madonna della Villa, chedista da Carpeneto circa due chilo-metri, è indicata partendo dal paese,poco prima di arrivare al cimitero,nel così detto punto “della croce”.

    percorrendo la via, prima di giun-gere al “pontem de Villa” sul rio Sta-navazzo, incontriamo la Fontana delcomune, citata negli Statuti (Ferraro1873) come fontem Sancti Meriti,composta di una sola vasca in cui “eraproibito lavare i panni o buttarvi cosesudice”. era anche vietato “scavarviallo intorno perché la fonte si compo-neva di varie polle allacciate”.

    La fontana, ammodernata recentemen-te, è tutt’ora in funzione, attiva come fontepotabile ma anche come lavatoio. I cosid-detti Lovou, due tro goli per lavare, annessialla fonte, ma posti sotto strada, un tempoerano sco perti, nel 1890 fu costruita una

    struttura in mattoni con tetto a capan-na e arcate per proteggerli.

    Fino alla costruzione dell’acque-dotto comunale, negli anni ’60, lafontana era indispensabile in quantoassicurava in ogni stagione acquacorrente per lavare i panni.

    La valle tra Carpeneto eMadonna della Villa, percorsadal Rio Stanavasso, attualmentepiuttosto spopolata, un tempo

    doveva essere maggiormente antro-pizzata in quanto risulta dai docu-menti dell’Abbazia di Santa Giustina(presente con proprietà immobiliariin loco dal XII al XIX) e dal Librodei Trasporti (1669 -1840) che vifossero: una chiesa (Chiosa), unmulino (Murinet) e una fornace(Furnos). Della chiesa non rimaneassolutamente più traccia, anche se,nella memoria popola re, resta il ri -cordo di una cappella situata difronte alla cascina “del Fuoco”, ilcui impiantito era ancora visibile inun tempo precedente alla PrimaGuerra Mondiale. Non si sa chechiesa fosse: alcuni ipotizzano fosseSan Rocco, costruita, secondo leparole del Rossi, insieme a SanSebastiano dopo la peste del ‘600fuori dalle mura del paese. Si puòanche ipotizzare fosse la sconosciutaChiesa di San Lemino citata nellabolla di Celestino III (1137), tra ibeni di Sezzadio nel territorio diCarpeneto.

    Del mulino ancora oggi riman-gono dei resti, ruderi di una costru-zione rimaneggiata nel tempo, lungola strada campestre detta appuntodel murinet, la quale si diparte dalla

    40 Carpeneto

    Fig. 52, la Fontana dei Santi

    Meriti

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  • strada asfaltata sulla destra oltre-passato il ponte. Accanto ai muridecrepiti si nota ancora oggi chia-ramente il sol co del canale d’ac-qua deviato appositamente dal RioStanavazzo. Della struttura dellafornace non rimane in vece tracciama se ne può intuire la posizioneda sporadici frammenti di mattonivisibili al momento dell’aratura inprossimità della Cascina Spagnolo(ora Cascina Gomminello).

    La strada, superato il rio, s’in-nalza conducendoci al piccoloborgo in cui, al centro dell’abitato,si trova la chiesa dell’Assunta.

    lA chiesA dell’AssUntA

    La struttura esterna della chiesarisulta complessa e difficilmente de -

    cifrabile, in quanto è il risultato,avvenuto nel tempo, dell'accorpa-mento di edifici diversi.

    La facciata, appena ridipinta,mette chiaramente in evidenza ladisorganicità della costruzioneessendo composta da un corpocentrale, culminante nel timpano, eda un’ ala che corrisponde allanavata sinistra, coperta a spioven-te, non equilibrata sul lato oppostoda una navata di destra.

    Sulla facciata, scandita da ele-menti classicheggianti, emerge ilbel portale settecentesco in noceintagliato, e il novecentesco dipin-to dell'assunzione della Vergine, acui è dedicata la chiesa.

    lA stoRiABenché negli Statuti del 1458 sia

    citato il borgo di Madonna della Villa manon si parli specificamente di una chiesain loco, l’immagine quattrocentescadella Madonna con il Bambino situatadietro l’altare maggiore fa supporre l’e-

    41Carpeneto

    Fig. 53, Madonna della Villa: La

    chiesa dell'Assunta, facciata

    Fig. 54, Madonna della Villa,

    Chiesa dell'Assunta: interno

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  • sistenza di un luogo religioso dove si radu-nassero i fedeli in epoca tardo medievale.La struttura odierna non aiuta a districarsinella storia complessa di questo edificio ilcui archivio è andato completamente dis-perso durante l’ultima guerra. Le primenotizie documentate emergono dalle Visitepastorali del XVII secolo e ci presentanonel 1610 una chiesa in condizioni terribili,tali che Monsignor Beccio vieta la celebra-zione della messa. In se guito, nel 1648, lachiesa viene ampliata ed in parte ristruttu-rata, assumendo quel carattere tipicamentebarocco che rimane ancora evidente so -prattutto all’interno dell’edificio. Da quelmomento la "nuova" chiesa viene aperta aifedeli e vi si celebra la messa alla domeni-ca e il giorno della festa dell'assunta, il 15agosto (ancora oggi).

    all’inizio del XX secolo, precisamentenel 1922 , la comunità in via di espansionedecide di am pliare il locale costruendo unanuova navata sul fianco sinistro dell'origi-naria struttura, con l'aggiunta della qualel'edificio assume quella forma atipica chevediamo oggi. Lo stesso anno la chiesa diMadonna della Villa diventa parrocchialeindipendente, distaccandosi dalla parroc-chia di Carpeneto.

    lA visitA

    L'interno è a doppia navata, unaprincipale, originaria ed una nuova, asinistra, più bassa, coperte con voltea botte. La decorazione pittorica cheriveste il soffitto e in parte le pareti èdel 1962, fu eseguita da Clemente

    Salsa, pittore di Serravalle Scrivia, instile baroccheggiante. In fondo allanavata sinistra vi è l’altare del SacroCuore.

    Di forte impatto è l’altare mag-giore, nell’insieme ricco e imponen-te, eseguito in stucco modellato edipinto con grande varietà di fintimarmi.

    Le caratteristiche stilistiche del-l’altare: la morbidezza della formabombata, la forte plasticità e il dina-mismo degli elementi decorativi,fanno rientrare l’opera in pieno gustobarocco, portandoci a datarlo, conuna certa sicurezza, alla metà delXVII secolo, considerando ancheche la chiesa fu ampliata nel 1648.

    Dietro l’altare vi è un piccolocoro quadrato occupato da pochiscanni e dominato da un'esuberantedecorazione barocca a stucchi poli-cromi e dorati, databile tra la fine delXVII e l'inizio del XVIII secolo. alcentro della parete, in una nicchiapro fonda, si trova l’antico affrescodel la Madonna col Bambino, dipintosu una porzione di parete concava,contornato dalle grandi statue sette-centesche dell’assunta, di San Giu-seppe e di San Fermo.

    Il dipinto si pone come fonda-

    42 Carpeneto

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  • mentale conferma dell’esistenza diun primitivo edificio religioso in lo -co. Con le opere di ingrandimento erestauro della chiesa, effettuate nelXVII secolo il dipinto venne mante-nuto forse anche nell’originaria posi-zione.

    L’opera, sviluppata in una visionefrontale piuttosto rigida sembra nu -trirsi ancora di una base di culturaarcaica unita però ad alcuni elementitardogotici, come la volumetria mas-siccia dei cor pi e il movimento sciol-to del Bambino. La prevalenza di ungusto naturalistico fa inoltre suppor-re che il dipinto sia opera di mae-stranze lombarde, attivissime sul ter-ritorio tra tre e Quattrocento, databi-

    le alla seconda metà del ‘400.

    Sopra l’altare all'inizio del '700(secondo ciò che scrive Monsignortalice durante la Visita pastorale1699-1700) era sospeso un grandecrocifìsso "assai bello", sormontatoda un baldacchino che contornavatutto l'altare. Il crocifisso, seicente-sco, per lungo tempo abbandonato insacrestia è stato oggi restaurato eriprenderà ben presto il suo posto.

    Un’altra opera interessante è ildipinto, collocato al fondo della na -vata sinistra, raffigurante San Dome-nico in un’insolita iconografia caricadi drammaticità che propone sinteti-camente quella che fu la lotta instan-cabile del santo spagnolo, contro il

    male e contro l'eresia nelmondo, cercandone la salvezzanella dottrina e nella carità.

    Fulcro del dipinto è il Cristocrocifisso, che il Santo, nell'at-to di supplica e di preghiera,stringe con una mano. Quest’immagine sembra inoltre pro-porre, ancora in modo atipico,l'iconografia dell'apparizione aDo menico di Gesù irato controla natura dell'uomo, verso cuiscaglia tre frecce per punire trevizi fondamentali: l'orgoglio,l'avarizia e la lussuria che, neldipinto, sembrano incarnatinella diabolica figura, riversa aterra, incatenata, battuta conuna verga dall'angelo del Bene.Il dipinto, d’autore ignoto, èfortemente manomesso da varieridipinture. non è mai statocitato nei documenti riguardan-ti la chiesa. Dal punto di vista

    43Carpeneto

    Fig. 55, Madonna della Villa, Chie-sa dell'Assunta: affresco dellaMadonna col Bambino (sec. XV,seconda metà)

    Fig. 56, Madonna della Villa,Chiesa dell'Assunta: tela rappre-sentante San Domenico (sec. XVII,prima metà)

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  • stilistico si mostra evidentementelegato allo spirito di forte coinvolgi-mento emotivo tipico della pitturadella Controriforma, è ascrivibile,quindi, alla pri ma metà del ‘600mentre il carattere di spiccato reali-smo suggerisce un'attribuzione ascuola lombarda o d'influenza lom-barda.

    Superato il centro abitato diMadonna della Villa, percorrendo lastrada che va verso Cascina Vecchiasi raggiunge la Cas