Coordinamento Nazionale Immigrati UIL: “per l’Africa serve ...agosto 2015, n. 142 che ha attuato...

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Newsletter periodica d’informazione Newsletter ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL Anno XV n. 15 del 12 giugno 2017 Consultate www.uil.it/immigrazione Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri Coordinamento Nazionale Immigrati UIL: “per l’Africa serve New Deal, ed una chiara politica UE” La UIL, la CES, il governo italiano e la Commissione Europea Senza un News Deal per l’Africa ed una politica europea efficace in materia di immigrazione e sviluppo, il governo dei flussi migratori rimarrà una chimera: per l’Italia, come per l’Europa. E’ questo è il messaggio che viene dalla UIL che lo scorso 6 giugno ha riunito il proprio Coordinamento Nazionale Immigrati. Il messaggio che viene dalla UIL è chiaro: non guardare entro i limiti del proprio naso, non ragionare con la pancia. <E’ urgente una nuova politica europea, in termini di sviluppo economico e sociale, prima ancora che di gestione migratoria, se vogliamo incidere sui grandi spostamenti umani in atto>. Bisogna cambiare il Regolamento di Dublino, bisogna riaprire canali legali d’ingresso per lavoro in Italia e Europa: serve una normativa quadro UE in materia di immigrazione ed asilo. Da qui la richiesta della UIL, attraverso il suo Coordinamento Nazionale Immigrati, alla CES che si adoperi in sede di Commissione Europea per una svolta nella politica in materia. SOMMARIO Appuntamenti pag. 2 Coord. Nazionale Immigrati UIL pag. 2 Mediterraneo fuori controllo pag. 7 Naufragio 2011: la risposta della Marina pag. 8 Lettera alla Prefettura di Genova pag. 10 A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil Dipartimento Politiche Migratorie Tel. 064753292 - 4744753 - Fax: 064744751 EMail [email protected]

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  • Newsletter periodica d’informazione

    Newsletter ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

    Anno XV n. 15 del 12 giugno 2017

    Consultate www.uil.it/immigrazione

    Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

    Coordinamento Nazionale Immigrati UIL: “per l’Africa serve New Deal, ed una chiara politica UE”

    La UIL, la CES, il governo italiano e la Commissione Europea Senza un News Deal per l’Africa ed una politica europea efficace in materia di immigrazione e sviluppo, il governo dei flussi migratori rimarrà una chimera: per l’Italia, come per l’Europa. E’ questo è il messaggio che viene dalla UIL che lo scorso 6 giugno ha riunito il proprio Coordinamento Nazionale Immigrati. Il messaggio che viene dalla UIL è chiaro: non guardare entro i limiti del proprio naso, non ragionare con la pancia. . Bisogna cambiare il Regolamento di Dublino, bisogna riaprire canali legali d’ingresso per lavoro in Italia e Europa: serve una normativa quadro UE in materia di immigrazione ed asilo. Da qui la richiesta della UIL, attraverso il suo Coordinamento Nazionale Immigrati, alla CES che si adoperi in sede di Commissione Europea per una svolta nella politica in materia.

    SOMMARIO

    Appuntamenti pag. 2

    Coord. Nazionale Immigrati UIL pag. 2

    Mediterraneo fuori controllo pag. 7 Naufragio 2011: la risposta della Marina pag. 8 Lettera alla Prefettura di Genova pag. 10

    A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil Dipartimento Politiche Migratorie

    Tel. 064753292 - 4744753 - Fax: 064744751 EMail [email protected]

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    Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti

    Roma, 13 giugno 2017, CESE Bruxelles Presentazione del draft Information Report: state of implementation of legal migrationlegislation (Cinzia Del Rio, Giuseppe Casucci) Roma, 6 luglio 2017, Montepulciano, Fortezza Medicea ETUC/CES – Labour Market integration of Migrants – A multi stakeholder approach – 2nd Steering Committee (Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)

    Coordinamento Nazionale

    Immigrati UIL

    Coordinamento Nazionale Immigrati UIL Dare un’opportunità all’Africa (e a noi) di sviluppo nell’equità Senza un economico e sociale di quel continente, continueranno i conflitti, le crisi umanitarie e l’esodo di intere popolazioni verso il Nord Africa e l’Europa. Italia ed UE sono davanti all’alternativa di aiutare se stesse aiutando i popoli al sud del Mediterraneo o di dover subire una pressione demografica progressivamente insostenibile. Nel dibattito UIL su immigrazione ed asilo, contributi ed idee da presentare alle istituzioni.

    Lo leggo do

    Roma, 8 giugno 2017 “In materia di

    immigrazione ed asilo l’unica scelta logica ed

    inevitabile è quella di aiutare l’Africa ed il Sud del mondo ad uscire dalla trappola del sottosviluppo, della miseria e dei conflitti etnici. L’alternativa è una pressione demografica e migratoria che in futuro potrebbe essere del tutto ingovernabile e insostenibile”. C’è dunque bisogno di un New Deal per i paesi da cui provengono i migranti: un cambio di

    rotta nella politica economica e commerciale internazionale che l’Italia non può fare da sola: serve una politica chiara dell’Unione Europea. E’ questo il messaggio che viene dalla UIL, a partire dal suo Segretario Generale e dal Coordinamento Nazionale Immigrati. Un appello che richiama il Governo italiano e la Commissione Europea alla necessità di un profondo cambio di rotta in materia di immigrazione ed asilo. L’occasione è stata la riunione del Coordinamento Immigrati che la UIL ha riunito lo scorso 6 giugno a Roma, presso la sede nazionale di via Lucullo. Titolo dell’evento: “Migrazioni, trafficking e sfruttamento lavorativo: quale ruolo per le Istituzioni e per la società civile?”. Presenti Carmelo Barbagallo, Segretario Generale e Guglielmo Loy, Segretario Confederale UIL. Il dibattito è stato moderato da Antonio Passaro, giornalista e capo ufficio stampa della UIL nazionale. Intervenuti anche importanti ospiti: Tatiana Esposito, Direttore Generale per l’Immigrazione del Ministero del Lavoro; Corrado Bonifazi Direttore di IRPSS-CNR, Antonello Ciervo giurista ASGI, Chiara Peri, responsabile progettazione dell'Associazione Centro Astalli. Tra gli oratori della UIL: oltre all’introduzione di Giuseppe Casucci ed Angela Scalzo del Dipartimento Politiche Migratorie, sono intervenuti Stefano Mantegazza, Segr. Gen. UILA, Alberto Civica, Segr. Gen. UIL Roma e Lazio, Imed Dass e Luca Maggio del progetto SPRAR Ischitella di Foggia. La riunione del Coordinamento è iniziata con la proiezione di un video – recentemente diffuso dal settimanale l’Espresso – sul naufragio del barcone di profughi siriani avvenuto l’11 ottobre del 2013, tragedia in cui morirono 268 persone, tra cui 60 bambini. Nel video c’è la registrazione delle telefonate tra un medico siriano a bordo del barcone e le autorità italiane. Un documento dai contenuti drammatici che testimonia delle tragedie vissute dai profughi che ogni giorno si affidano agli scafisti (specialmente in Libia) e si imbarcano in mare su gommoni fatiscenti e pericolosi. Ad inizio riunione abbiamo avuto il privilegio di una telefonata da parte del sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini che, augurando una proficua giornata di lavoro alla UIL ha

    chiesto di non dimenticare

    Lampedusa e la prova coraggiosa di

    solidarietà che gli

    abitanti dell’isola esercitano tutti i giorni nel salvare vite umane ed accogliere migranti e profughi.

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    Angela Scalzo de Dipartimento Politiche Migratorie ha fornito alcuni dati importanti, elaborati assieme ad Antonella Pirastu del Dipartimento Politiche del Lavoro UIL: tra il 2016 ed oggi sono sbarcati sulle nostre coste quasi 500 mila persone; quindicimila sono annegate nel triennio, 5022 nel 2016, oltre 1500 nel 2017. L’anno scorso sono sbarcate 182 mila persone, quest’anno gli arrivi sono a quota 62 mila. Nel biennio sono arrivati 32 mila minori. Gente che proviene dalla Nigeria, Bangladesh, Guinea, Costa d’Avorio, Gambia, Senegal, Marocco, Mali ed Eritrea. . Il messaggio che viene dalla UIL Nazionale attraverso il proprio Coordinamento Nazionale Immigrati è chiaro: “non guardare entro i limiti del proprio naso, non ragionare con la pancia. . “E le cause dell’esodo sono chiare – ha detto Casucci nella sua relazione: sottosviluppo, conflitti locali, disastri ambientali fomentati dall’umanità stessa”. Non si può pensare, secondo la UIL, che basti alzare qualche muro, minacciare qualche espulsione, accordarsi con governi di dubbia democraticità, per governare questa immigrazione. “Questa è una chimera – ha commentato l’oratore: c’è stata una metamorfosi nell’immigrazione; quella che oggi arriva, lo fa a prescindere dal mercato del lavoro (a differenza del passato), è prodotta da un forte dislivello demografico e sociale, tra Europa, Africa e Medio Oriente, e non può essere fermata da qualche decreto legge”. Sono migranti, richiedenti asilo e apolidi diretti in altri paesi europei, che vengono bloccati in Italia dal collo di bottiglia prodotto dal Regolamento di Dublino, una normativa fortemente negativa per l’Italia. “La burocrazia ci danneggia grandemente – ha osservato l’oratore citando un commento di Carmelo Barbagallo: prova ne sono le 153 mila leggi e leggine italiane che scoraggiano gli investimenti stranieri e ci complicano la vita”. “C’è bisogno di una normativa quadro europea in materia di immigrazione ed asilo, efficace ed equa”, ha concluso Casucci. Nel Convegno si è fatto anche riferimento all’attuale legislazione su immigrazione ed asilo in Italia (ed Europa) che peggiora la situazione: chiudere i canali di ingresso legale per

    motivi di lavoro, moltiplica i barconi (ed i morti nel Mediterraneo).

    Tatiana Esposito, direttore per l’Immigrazione del Ministero del Lavoro, ha osservato che in materia di immigrazione si deve operare con estrema lucidità, trattandosi di una tematica complessa e difficile. Tra le competenze del suo Dipartimento quello del lavoro e dell’integrazione, due aspetti strettamente intrecciati. “In questi anni gli ingressi per lavoro sono fortemente diminuiti – ha detto l’oratrice – e non superano

    il 10% del totale; sono più alti quelli relativi ai profughi e agli ingressi per motivi familiari”. All’osservazione UIL che il decreto flussi d’ingresso per motivi di lavoro è fermo dal 2010, Esposito ha spiegato che in assenza di un documento di programmazione del Governo, si possono solo programmare i flussi dell’anno precedente (attualmente circa 30 mila tra stagionali e conversioni). “Sarebbe certo possibile un cambio di rotta in materia di ingressi legali, ha commentato l’oratrice, ma questo necessita di modifiche legislative che riguardano governo e Parlamento”. La direttrice del Welfare ha riconosciuto l’esistenza in Italia di un grande bacino di immigrazione irregolare e gli effetti che questo ha in termini di dumping lavorativo: “ma le sanatorie non si possono più fare, ha commentato Esposito, anche perché l’Europa non le permetterebbe”. In materia di buone pratiche la Direttrice del Welfare ha ricordato l’esistenza di un protocollo con le parti sociali ed un tavolo di coordinamento in materia di lotta alla tratta.

    Il Prof. Corrado Bonifazi ha illustrato le previsioni demografiche della prima metà di questo secolo, relative in particolare all’Africa ed all’Europa. Secondo il demografo di IRPPS- CNR, l’Africa aumenterà la sua popolazione di 1,1 miliardi entro il 2050, mentre l’Europa potrebbe perdere 85 milioni di abitanti (in presenza di migrazioni) e ben 112 milioni in assenza di flussi migratori. Per quanto riguarda il

    Belpaese le stime sono di – 8,5 milioni con migranti e meno 11,7 milioni a migrazioni azzerate. Il problema naturalmente è la discesa del tasso di fecondità per coppia che si mantiene a quota 5 figli

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    nell’Africa Subsahariana ed è sceso a 1,34 per l’Italia. A questo va aggiunto l’invecchiamento della popolazione che ha portato in Italia ad in Europa ad un crollo dell’età tra 20 e 24 anni ad un aumento

    esponenziale di quella con più di 64 anni. La somma algebrica (– nascite + morti) di queste statistiche porta ad un’unica conclusione, secondo il demografo:

    “non solo avremo ancora bisogno dei migranti; il

    problema è che senza di loro saremo condannati ad un inesorabile declino come nazione e come continente”. Solo in Italia, ha concluso il prof. Bonifazi una media di ingressi di 300 mila migranti l’anno servirebbe a mala pena a compensare la debacle demografica (ed economica e sociale) del nostro Paese. Da qui un’unica conclusione: nel pensare al governo dei flussi dobbiamo guardare ai

    bisogni del medio e lungo periodo e fare un po’ come la Germania che ha promosso l’immigrazione con forte attenzione ai bisogni di manodopera qualificata. E’ poi intervenuto Antonello Ciervo, avvocato di ASGI, che ha denunciato la cattiva abitudine dei

    politici a proporre politiche emergenziali di fronte a processi di carattere strutturale. “I ministri Minniti ed Orlando – ha commentato Ciervo - hanno voluto adottare gli strumenti dei decreti legge per far approvare norme che comunque sarebbero entrate in vigore sei mesi dopo: e questo unicamente per azzerare il dibattito parlamentare”. Il giudizio di ASGI sulla legge 13/04/2017 n. 46 (

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    Peri – il trattamento lavorativo riservato a chi chiede asilo è ben lungi dell’essere alla pari con quello degli italiani”. In teoria, ha continuato l’oratrice, a due mesi dalla richiesta di asilo un rifugiato può cercare lavoro, ma secondo un recente rapporto della Commissione europea ci vogliono dai 15 ai 19 anni perché un rifugiato abbia la stessa probabilità di impiego rispetto a un autoctono. “Senza contare che il processo di riconoscimento della richiesta impiega in media due anni a completarsi, periodo in cui queste persone restano in un limbo di incertezze e fragilità: hanno bisogno di ricongiungersi con la famiglie e debbono superare un percorso migratorio quasi sempre traumatizzante; aspetti su cui il Centro Astalli lavora, ma non sempre facili da superare positivamente”. Secondo Chiara Peri: “si investe troppo poco in integrazione di migranti e rifugiati: pur con tutte le sue criticità, resta la scuola pubblica il principale terreno di integrazione per i minori rifugiati e per le loro famiglie”. L’oratrice ha concluso segnalando che in questo difficile percorso la fiducia tra profughi ed autorità italiane è fondamentale: “quando vengono salvati sui barconi, la fiducia dei migranti è al massimo; ma le lunghe attese inoperose, la difficoltà di recuperare documenti e di riunirsi alle famiglie, trovare casa e lavoro e rendersi autonomi: tutto questo debilita il rapporto di fiducia e rende i migranti forzati più fragili di fronte al lavoro nero ed allo sfruttamento”.

    Subito dopo Carmelo Barbagallo ha fatto il bilancio della prima parte della giornata. Per il Segretario Generale della UIL un tema complesso come quello migratorio “va affrontato senza tifoserie, che sono pericolose in quanto distolgono da una ponderata analisi della realtà”. “Il sindacato e la sua azione contrattuale – ha detto il n. 1 della UIL – è quanto di più inclusivo ci possa essere. Un iscritto alla UIL lo è a

    prescindere dalla sua nazione di provenienza, colore della pelle o religione professata”. Non è un caso, ha ricordato l’oratore, che le prime due RSU in cui sono presenti lavoratori cinesi, hanno visto vincere la UIL. Ed ancora: “I contratti si applicano a tutti e le norme salariali debbono valere allo stesso modo per tutti”. La UIL, ha continuato Barbagallo, è fortemente impegnata per combattere lo sfruttamento ed il grave fenomeno del caporalato”. Venendo alla politica dell’Esecutivo in materia di immigrazione, Barbagallo ha commentato: “La crescita economica è strettamente legata alla demografia. Intervenire sulla crescita dei Paesi in via di Sviluppo non è un

    atto di pura curiosità, ma è anche nel nostro interesse”. Ecco perché la politica dei muri anche dentro l’Europa è senza senso: “è ridicolo che gli Stati Membri UE litighino per ricollocare oggi 160 mila rifugiati, quando l’Europa è destinata a perdere in pochi anni un decimo della propria popolazione”. Il Segretario Generale UIL ha fatto riferimento all’importante iniziativa promossa dalla nostra confederazione lo scorso 2 febbraio a Lampedusa (), dove la UIL ha riunito ed ha sottoscritto un patto di collaborazione con i sindacati dell’intera costa nordafricana, Israele compreso: “l’obiettivo è riunire le forze e lavorare per lo sviluppo del Mediterraneo, per un mare di pace e lavoro – ha sottolineato Barbagallo – ma anche per tutelare i profughi, orientarli alla migrazione legale, e combattere il traffico di esseri umani”. Questa iniziativa si ripeterà ogni anno a turno in ognuno dei Paesi che hanno sottoscritto il patto. Il Segretario Generale UIL ha anche ricordato che accordi con i Paesi di origine e di transito con i migranti si facevano anche in passato (ad esempio Egitto, Tunisi, Marocco) e questo serviva a controllare i flussi migratori: “ma erano accordi fatti in cambio di quote d’ingresso di migranti legali. Oggi invece con il blocco dei flussi si è di fatto cancellata la collaborazione con i nostri partner nel mediterraneo”. Tutto questo, ha concluso Barbagallo, va cambiato. Bisogna riprendere a collaborare tra i paesi interessati. Per questo abbiamo chiesto alla CES di farsi portatrice di queste proposte presso la Commissione Europea”. La seconda parte della mattinata è iniziata con il contributo di Stefano Mantegazza, Segr. Generale

    della UILA. L’oratore ha ricordato che la migrazione è nel DNA dell’umanità e che si tratta di un fenomeno che esiste fin dall’antichità. “Oggi i governi europei cercano di governare

    flussi migratori di grandi dimensioni, anche se il loro sforzo si è rivelato per ora insufficiente”. Dopo aver ricordato l’impegno della nostra Marina e Guardia Costiera a salvaguardia delle vite umane nel Mediterraneo, Mantegazza ha sottolineato l’importanza del lavoro dei migranti e del loro apporto alla nostra economia e società: 2,4 milioni di lavoratori stranieri che producono l’8,8% del PIL italiano; circa il 10% dei lavoratori attivi, con punte del 20/30% in settori come l’agricoltura, le costruzioni, il commercio ed i servizi alla persona. 500 mila imprese straniere che danno lavoro anche agli italiani. 11 miliardi di euro in contributi

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    previdenziali e 7 miliardi di Irpef. E quasi 5 miliardi di euro in rimesse mandati ogni anno nei Paesi d’origine. Mantegazza ha descritto i cambiamenti avvenuti nel settore agroalimentare citando il titolo di un libro prodotto dal sindacato: “dal cappello al turbante”, a significare delle grandi trasformazioni in corso nel suo comparto. L’oratore ha ricordato che la UILA, nel settore agro alimentare, “è in trincea contro lo sfruttamento prodotto dal caporalato, a cominciare dalle Leghe comunali”. Ma attenzione, ha ribadito: la repressione non è sufficiente: . Sono poi seguite le testimonianze di Luca Maggio , resp.le del progetto SPRAR di Ischitella (FG) ed Imed Dass (mediatore culturale). Il progetto, finanziato con risorse pubbliche, è gestito dalla nostra UIL locale e da’ accoglienza a 25 richiedenti asilo, con la formula della “accoglienza diffusa”, in piccoli appartamenti, invece che in un unico centro di accoglienza. “Il progetto – ha detto Luca Maggio - comprende anche moduli di apprendimento della lingua italiana, formazione professionale ed inserimento lavorativo”. “Gli aspetti culturali – ha aggiunto Dass – sono anche importanti: “imparare il dialetto locale, infatti, ha aiutato moltissimo i profughi a farsi aiutare dalla popolazione che richiede il loro aiuto e ha dato loro fiducia”. L’ultimo degli interventi della mattinata è stato di

    Alberto Civica, Segr. Generale della UIL di Roma e Lazio. “Non esistono soluzioni semplici a problemi difficili”, ha esordito il sindacalista. “E tantomeno aiuta il

    populismo elettorale”, ha aggiunto. Civica ha ricordato la necessità di una conoscenza profonda dei problemi, così come sono emersi nel corso del dibattito nel Coordinamento stesso: i condizionamenti preponderanti del gap demografico tra Africa ed Europa; il contributo sostanzioso dei migranti alla nostra economia e società; il bisogno che abbiamo di loro oggi e che continuerà nel futuro, malgrado la crisi economica. si è chiesto l’oratore. “Chi vive accanto ai migranti nei luoghi di lavoro – ha commentato il sindacalista – chi opera con loro nel sindacato capisce che è gente come noi, con gli stessi problemi ed aspirazioni: gente che va valorizzata e rispettata: ed è quello che fa la UIL”. Non basta quello che possono fare le forze sociali, ha

    avvertito però il Segretario UIL di Roma e Lazio: ci vuole una strategia chiara del Governo e ancor più un’azione decisa dell’Europa. Dopo aver parlato di alcune esperienze della UIL in regione (ufficio mobile del patronato per dare sostegno a chi sta in strada; ambulatorio medico a Rieti; sostegno alle comunità indiane a Latina), Civica ha osservato che a volte gli stranieri sono più corretti di noi: “dalla mia esperienza risulta che nelle imprese gestite da stranieri ci sono in proporzione più contratti regolari di quelle gestite da italiani”, ha concluso. Anche Guglielmo Loy nelle sue conclusioni ha sottolineato l’importanza di partire dalla conoscenza di un fenomeno così complesso, come condizione sine qua non per andare alle cause che generano le migrazioni. “La complessità ci dice che non sono solo

    le aree povere quelle che sono coinvolte dalle migrazioni – ha detto Loy – ma anche società più evolute, condizionate dai fattori demografici o di cambio ambientale”. La

    relazione introduttiva ha descritto la differenza tra due processi migratori paralleli e in qualche modo opposti: migranti storici e giovani italiani che se ne vanno dall’Italia in cerca di lavoro altrove; migranti e profughi che rischiano la vita nel Mediterraneo e che arrivano malgrado la crisi occupazionale. . E’ questo pericolo intanto che dobbiamo scongiurare, lottando contro la tratta delle persone e lo sfruttamento dei caporali. “La UIL è capace di grandi passioni, ha aggiunto Loy riferendosi all’intervento di Carmelo Barbagallo, ma anche di capire le ragioni e le paure degli altri: mi riferisco a quella parte della società civile più debole ed esposta alla crisi economica, che può reagire male anche nei confronti di chi sta peggio, in una sorta di guerra tra vittime”. Da qui la necessità del sindacato di alzare il grado di sensibilizzazione nella società su questo problema, cambiando in qualche modo la cattiva narrativa che alcuni media fanno sull’immigrazione. “Questo significa non negare le contraddizioni, ma capire prima e tentare di risolvere i problemi. Questo è il messaggio che la UIL consegna oggi alle nostre istituzioni: non fermarsi alla logica del giorno per giorno e delle prossime elezioni; guardare al medio e lungo periodo; analizzare e proporre rimedi

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    efficaci alle cause che generano le diaspore; rispettare i diritti fondamentali delle persone. “Quando guardiamo a quanto accade nel Mediterraneo – ha detto Loy- e ci vengono proposti numeri e statistiche, dobbiamo ricordare che si tratta di persone: bambini, donne, anziani e uomini. E’ questa emozione che abbiamo avvertito guardando il video della tragedia del 2013, e vorremmo che non si dovesse più ripetere; ma non è così purtroppo”. Concludendo Loy ha ricordato che il dumping non riguarda solo gli stranieri irregolari, ma anche quelli con permesso, i rifugiati e gli stessi italiani. “Dobbiamo partire dalla necessità di ridare legalità al lavoro, ha ribadito il sindacalista, lottando contro lo sfruttamento, ed impedendo che le vittime nell’opinione pubblica vengano trattate come colpevoli”

    Mediterraneo

    Migranti, Guardia costiera libica divisa tra milizie e governo: e il Mediterraneo è fuori controllo Pescherecci sequestrati da gruppi armati in acque internazionali, spari contro i natanti italiani e accuse alle ong. Non è la prima volta che il nostro Paese cerca di costruire una partnership insieme al Paese nordafricano. Ieri Berlusconi, oggi Minniti: ma sarà difficile portare avanti il progetto di Lorenzo Bagnoli | 11 giugno 2017 http://www.ilfattoquotidiano.it/

    Lo leggo do

    Libia e Italia divise da un tratto di mare fuori controllo, tra

    polemiche contro le navi delle organizzazioni non governative e spari in mare delle motovedette libiche contro i natanti italiani, nonostante la formazione offerta dal nostro Paese. L’ultima accusa contro di loro arriva dalla Guardia costiera del paese nordafricano, dopo il naufragio di un gommone con a bordo 130 persone. 80 sono state salvate, le altre tutte inghiottite dal mare. La guardia costiera libica spiega che sono state intercettate “chiamate dalle navi delle organizzazioni non governative, sembrava aspettassero barconi. Le abbiamo fatte uscire dalle nostre acque”. Un episodio che segue quello del 24 maggio, quando una motovedetta italiana della Guardia Costiera, la CP 288, è bersaglio

    di alcune raffiche di arma da fuoco da parte di una motovedetta della Guardia costiera libica a 13 miglia dalla costa libica. E oggi il pericolo è per autorità, migranti, pescatori. L’ultima raffica di mitra contro i pescatori si è registrata in gennaio, ma la paura ha spinto tantissimi pescatori a spostarsi dalle coste siciliane fino alla Grecia, al Mediterraneo Orientale. Gli attori in gioco sono moltissimi. Solo sotto il governo di Serraj ci sono due Guardie costiere: una più vicina al ministero della Difesa e un’altra più vicina al ministero dell’Interno, con la quale l’Italia – ricostruiscono diversi analisti – avrebbe rapporti più stretti. C’è poi il governo di Tobruk, sotto il controllo del generale Haftar, che tiene in scacco lo spicchio di mare a est di Bengasi. Il 14 maggio a 25 miglia dalla costa libica, di fronte a Derna, quindi in piene acque internazionali, il peschereccio Primo Ghibli, appartenente al distretto di Mazara del Vallo, è stato sequestrato dalle milizie. Tenuto in ostaggio per due giorni al porto di Ras al Hilal è stato successivamente rilasciato, su pagamento di una “multa”. “Almeno in questo caso sapevamo che chi ha sequestrato l’imbarcazione era vicino al generale Haftar che è un interlocutore – spiega Giovanni Tumbiolo, presidente del Distretto della Pesca e Crescita Blu – In altri casi si è trattato di cani sciolti”. È andata peggio, infatti, al peschereccio Daniela L., imbarcazione del Distretto di Mazara definitivamente confiscata nel 2012. All’epoca anche fu fermata la Giulia PG, altro peschereccio mazarese. Ancora non è chiaro quale gruppo abbia inizialmente abbordato il peschereccio. Un altro incidente, nel gennaio di quest’anno, ha interessato tre pescherecci sempre del Distretto siciliano; tra essi il motopesca Principessa Prima ha subito un attacco armato a colpi di mitraglia. “Subito dopo il fatto sia il governo di Tripoli che quello di Tobruk – ricorda Tumbiolo – hanno dichiarato in modo identico il tentativo di attacco, la nave era accusata di pescare in una zona interdetta”. Dal 2005, infatti, Gheddafi ha rivendicato una zona di pesca esclusiva: 62 miglia oltre le 12 canoniche che delimitano le acque territoriali di un Paese. Secondo tutte le autorità libiche, ufficiali e non, quello specchio di mare sarebbe di loro appannaggio esclusivo. E questo accade nonostante nessuna autorità frontaliera o internazionale abbia mai riconosciuto la zona protetta. Con la caduta di Gheddafi, andare per mare è diventato più pericoloso. La frammentazione che c’è ora ha peggiorato ulteriormente la situazione: “L’unica strada percorribile – spiega Tumbiolo – è la collaborazione attraverso l’istituto delle joint venture con il coinvolgimento degli attori storici, cioè i pescatori di Mazara del Vallo, gli unici che esercitano, nelle acque internazionali antistanti la Libia, da sempre, la pesca al gambero rosso. Il fine

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    è quello di evitare i sequestri e, soprattutto, i colpi di mitra ai nostri pescatori”. Non è la prima volta che l’Italia cerca di costruire una partnership insieme alla Libia. Il tentativo più ambizioso è stato il Trattato di amicizia Italia-Libia, siglato nel 2008 dal rais Muhammar Gheddafi insieme a Silvio Berlusconi. Poi, tra il 2012 e il 2014, c’è stato un accordo bilaterale per fornire nuovi mezzi e formazione ai libici, sempre con l’intento di costruire forze dell’ordine affidabili “Il governo di unità nazionale all’epoca aveva cercato di costituire un nuovo esercito – spiega il ricercatore dell’Ispi Arturo Varvellli -. Le milizie però sono state assimilate al ministero della Difesa e dell’Interno non come individui singoli ma come brigate. Non si forma così un esercito”. Infatti le milizie avevano una “doppia affiliazione”: da un lato alla nascente forza nazionale, dall’altro al signore delle guerra a capo di una milizia. Questa seconda affiliazione ha avuto la meglio sulla prima. In particolare a Tripoli, sono diversi i gruppi che hanno fatto cartello intorno a Serraj. Ognuno controlla un pezzo di territorio oppure svolgono compiti da polizia speciale, qualcuno anche con l’obiettivo di fermare i migranti. Ci sono le milizie di Abdul Ghani Al-Kikli, protagoniste di diversi conflitti a fuoco a febbraio. Le Brigate Nawasi, salafite ma di una corrente rivale ai Fratelli Musulmani, sono invece particolarmente attive nel combattere chi traffica droga e chi beve alcol. La polizia Rada, sotto il comando di Abdel Rauf Kara, controlla invece la zona dell’aeroporto di Mitiga. Fuori dalla capitale il caos è a volte persino peggiore, come a Misurata, dove nessuna milizia locale ha preso il sopravvento. A Sabratha, invece, Varvelli cita altri gruppi che si starebbero arricchendo grazie al traffico di esseri umani. Ad al Zawiya, ormai da tempo, è emerso un trafficante su tutti. In Libia lo conoscono come al Bija e oggi è il referente della Guardia Libica in città. Lo accusano di aver sequestrato navi ai pescatori tunisini e di essere parte del traffico di esseri umani. “L’importante per l’Italia in questo momento è dialogare non solo con una milizia se si vuole formare un’autorità nazionale forte – aggiunge Varvelli -. Il processo sarà certamente molto lungo”. “La vera domanda a questo punto è se le Guardie costiera rispondono agli ordini dell’autorità nazionale”, si chiede Claudia Gazzini senior analyst sulla Libia per l’International crisis group. Gli indizi che ha raccolto sul campo circa un mese fa non sono beneauguranti: “A Zuwara ho chiesto a un ufficiale della Guardia costiera se rispondeva agli ordini del governo centrale a Tripoli. Per tutta risposta si è messo a ridere”. Il progetto italiano lanciato da Minniti in Libia non si ferma nemmeno alla costa. Vuole mettere ordine anche al caos che regna nel Sud, con l’obiettivo di

    impedire che nuovi migranti subsahariani possano entrare nel Paese. Si iscrive dentro questa strategia anche l’accordo che il ministro dell’Interno Marco Minniti ha stretto con alcune tribù del Sud della Libia: tebu, touareg e gli Awlad Suleiman. “Ho i miei dubbi che questa strategia possa funzionare. L’autorità del governo centrale si ferma a Sebha. Oltre si passa di volta in volta sotto l’autorità di milizie autonome”, commenta Gazzini. Per di più, al Sud come sulla costa, i traffici illeciti sono diventati l’ossatura fondamentale dell’economia libica. Difficile che possa essere riconosciuta l’autorità che vuole eliminare la principale fonte di sostentamento della regione. Ovunque nel Paese.

    PROFUGHI

    Naufragio dei bambini, la risposta della Marina: «Provvedimenti contro i responsabili della strage» DI FABRIZIO GATTI

    Lo lego

    do 08 giugno 2017 - Un fermo

    immagine della video

    inchiesta 'La legge

    del mare' La Marina militare risponde all'inchiesta de "L'Espresso" e al videoracconto "La legge del mare" sul naufragio dell'11 ottobre 2013: «Qualora dovessero emergere, in sede giudiziaria, responsabilità definitive dei singoli, saranno adottati con tempestività, fermezza e decisione i provvedimenti del caso», è scritto in un comunicato dello Stato maggiore. Il video racconto, pubblicato martedì 6 giugno, dimostra che nave Libra, il famoso pattugliatore militare, è ad appena 15 miglia da un peschereccio con 480 profughi siriani, tra i quali cento bambini. Ma invece di farla avvicinare immediatamente, come dispone la richiesta di soccorso diramata dalla Guardia costiera italiana, il Comando in capo della squadra navale ordina a nave Libra di allontanarsi e non farsi vedere da una motovedetta che dovrebbe arrivare da Malta, lontana 120 miglia. Il rovesciamento del barcone, dopo cinque ore di inutile attesa, provoca 268 morti tra i

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    quali sessanta bambini. La motovedetta maltese arriverà sul punto a recuperare i sopravvissuti soltanto alle 17.51, quarantaquattro minuti dopo il rovesciamento. Nave Libra apparirà addirittura verso le 18, cinquantatré minuti dopo il naufragio e quasi sei ore dopo la prima chiamata di soccorso. La prima telefonata dal peschereccio alla sala operativa della Guardia costiera viene infatti registrata alle 12.26. La richiesta a tutte le navi in transito di dare assistenza alle persone in difficoltà è delle 13.34. Il pattugliatore militare italiano è l'unità più vicina e potrebbe raggiungere i profughi in appena un'ora di navigazione. Ma nemmeno l'elicottero a bordo, che permetterebbe di valutare la situazione in pochi minuti, viene mandato in volo. «La vicenda umana, quella giuridica, le iniziative mediatiche, legittime e comprensibili, nonché le ricostruzioni giornalistiche quando ancora le attività giudiziarie sono in corso», aggiunge il comunicato della Marina, «non possono scalfire, delegittimare o sminuire l'evidenza del servizio reso dagli uomini e le donne della Marina militare che si sono prodigati nel salvataggio negli ultimi anni di centinaia di migliaia di persone in mare e in difficoltà». Il 12 maggio scorso il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, Francesco Provenzano, ha ordinato l'iscrizione coatta sul registro degli indagati per il reato di omicidio con dolo eventuale dell'allora comandante di nave Libra, Catia Pellegrino, 41 anni, dei due tenenti di vascello in servizio alla sala operativa della Guardia costiera, Clarissa Torturo, 40 anni, e Antonio Miniero, 42, e del comandante in capo del Cincnav, il comando di squadra navale della Marina in servizio quel pomeriggio, un ufficiale superiore non ancora identificato. Il Tribunale di Agrigento ha anche disposto il trasferimento dell'inchiesta alla Procura di Roma, città che ospita sia le centrali operative, sia i comandi militari. In un procedimento penale parallelo, la Procura di Roma in aprile ha invece chiesto l'archiviazione per la comandante della Libra Pellegrino, gli ufficiali del Cincnav Luca Licciardi, 47 anni, e Nicola Giannotta, 43, e il responsabile della centrale operativa di Roma della Guardia Costiera, Leopoldo Manna, 56 anni, accusati di omissione di soccorso. I genitori sopravvissuti al naufragio, assistiti dagli avvocati Gaetano Pasqualino, Arturo Salerni e Alessandra Ballerini, hanno presentato opposizione. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Giovanni Giorgianni, ha convocato l'udienza in camera di consiglio per il 13 settembre. Dopo la pubblicazione sul sito de "L'Espresso" del primo documentario "Il naufragio dei bambini", il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, il 17 maggio ha risposto a un question-time di Giulio Marcon, di Sinistra italiana. E davanti alla Camera ha dichiarato che «la Marina riferisce che, appena informata delle attività

    di ricerca e soccorso in atto, ha disposto di propria iniziativa che nave Libra, distante circa quindici miglia nautiche dal natante in difficoltà, si dirigesse verso il punto segnalato. È stato impiegato anche un elicottero di nave Libra, che è giunto sul luogo e ha avviato le operazioni di soccorso con lancio di salvagenti e zattere». Anche l'11 ottobre 2013, poche ore dopo il naufragio, la Marina aveva dato la stessa versione all'allora ministro della Difesa, Mario Mauro: «Le navi della nostra Marina militare sono intervenute in acque di competenza maltese non appena arrivata la segnalazione del barcone in difficoltà», dichiara in tv quella sera il ministro Mauro: «Questa è la legge del mare che dice che bisogna muoversi quando qualcuno è in pericolo». Il videoracconto "La legge del mare" dimostra invece che non solo il comando della Marina, non appena informata, non invia nave Libra, ma addirittura tenta di nascondere il pattugliatore allontanandolo dal barcone che sta affondando. E, anche dopo le ripetute richieste di assistenza dell'autorità di soccorso maltese, nega il suo impiego. Non è vero nemmeno il lancio immediato dell'elicottero imbarcato: all'equipaggio viene dato l'ordine di decollare soltanto quando il Cincnav comunica alla Libra con il sistema di messaggistica di bordo "J-chat" che il peschereccio carico di profughi si è rovesciato. Sono le 17.14: sono trascorse quasi cinque ore dalla prima telefonata di emergenza ricevuta dalla Guardia costiera alle 12.26 e quasi quattro ore dalla prima informazione sul barcone in difficoltà inviata alla Libra alle 13.22. La forza armata però non accetta l'accusa di aver fornito una versione non vera al ministro Pinotti e al Parlamento: «La Marina militare», continua il comunicato, ribadendo anche il cordoglio per le vittime, «respinge fermamente le accuse di aver mentito o di aver fatto asserire cose inesatte o di aver fornito informazioni incomplete. Preso atto di quanto riportato dal settimanale, sarà valutata ogni iniziativa utile a salvaguardare la forza armata e l'onore, la professionalità, l'attaccamento al servizio e alle istituzioni delle donne e degli uomini della Marina militare, che conferma la propria grande fiducia nell'operato della magistratura a cui è stato fornito, sin da subito, tutto il materiale disponibile presso il Comando in capo della squadra navale e presso il Comando generale delle capitanerie di porto». È proprio la Procura di Roma, pur chiedendone l'archiviazione, a sottolineare le frasi dei due ufficiali del Cincnav quel pomeriggio, che i magistrati hanno identificato nei capitani di fregata Nicola Giannotta, comandante della centrale operativa aeronavale, e Luca Licciardi, capo sezione attività correnti del comando della Marina. «Al Libra che cosa gli diciamo?», chiede Giannotta. «Che non deve stare tra i coglioni quando arrivano le

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    motovedette», risponde Licciardi. «E quindi che gli diciamo, di mantenersi... a una distanza dal contatto tale da?», insiste Giannotta. «Tale da poter vedere se sta pisciando in un cestino di frutta o sta lanciando missili balistici», gli dice Licciardi. Sono le 15.37. Subito dopo il comandante Giannotta telefona alla Libra e ordina a Catia Pellegrino di allontanarsi: «Scendete un po' verso Sud». E non c'è solo la Libra. Lampedusa, la costa più vicina, è a 61 miglia. E in porto a quell'ora sono ormeggiati due potenti pattugliatori di classe Zara della Guardia di finanza che con la loro velocità di 40 nodi, 74 chilometri orari, potrebbero raggiungere i profughi in un'ora e mezzo. Ma anche ai loro equipaggi arriverà l'ordine di partire soltanto dopo il rovesciamento del barcone.

    Società

    Lettera alla Prefettura di Genova Oggetto: richiesta incontro riguardo a ricongiungimenti familiari e Consiglio territoriale per l’Immigrazione

    Lo leggo do

    Gentile Sig. Prefetto Negli ultimi mesi, abbiamo riscontrato una sempre maggiore

    dilatazione dei tempi di rilascio e consegna dei Nulla Osta, nonostante le domande di ricongiungimento familiare ormai da anni si inoltrino per via telematica e non vi sia un incremento delle richieste negli ultimi tempi. Ciò causa forti disagi ai richiedenti e alle loro famiglie. Infatti, nonostante secondo le ultime disposizioni il tempo di rilascio del Nulla Osta sia di 90 giorni, ci troviamo invece in una situazione in cui si arriva a 180 giorni, se non oltre. Nel corso della trattazione dell’istanza persiste una condizione di indeterminatezza rispetto alla situazione specifica del richiedente, ad esempio quando si chiedono informazioni raramente è possibile ottenere una risposta nel merito del documento da integrare o già prodotto a integrazione, ricevendo solo una generica indicazione del fatto che la valutazione sia in corso. Le difficoltà di comunicazione tra Prefettura e utenza, oltre che con gli stessi operatori, sono cresciute nel tempo, sia dal momento che non sono più presenti mediatori presso lo Sportello Unico, sia a causa del ridotto orario di apertura al pubblico.

    L’impressione generale è che i tempi di attesa si allunghino mentre i tempi in cui è possibile avere confronto e informazioni rispetto allo stato dell’istanza si riducano. Anche quando ci si trova di fronte ai casi particolari è difficile poter dare assistenza ai richiedenti, mentre sarebbe necessaria più collaborazione per dare delle risposte concrete. Si è dilatata inoltre la procedura della richiesta del permesso di soggiorno una volta che il familiare ricongiunto ha fatto ingresso nel territorio italiano. Non viene rispettata la previsione di legge che indica di presentarsi entro 8 giorni dall’ingresso nel territorio, ma viene richiesto dallo Sportello Unico di chiedere un appuntamento tramite e-mail, appuntamento che si concretizza ben oltre gli otto giorni, arrivando al mese di attesa. Non bisogna dimenticare che questi ritardi si sommano spesso a lunghi tempi di attesa e problemi di diversa natura legati alle Ambasciate italiane nei paesi d’origine, rispetto alle criticità che riscontriamo in questo senso intendiamo riportarle ai livelli nazionali dei nostri enti per interloquire con i competenti uffici ministeriali. Tra le principali conseguenze che gravano sui richiedenti e le loro famiglie ci preme segnalare due ordini di problemi, afferenti alle aree socio-sanitaria e scolastica. Alcune famiglie non sono riuscite a fare arrivare in tempo i figli minori per frequentare la scuola nell’anno scolastico in cui avevano previsto rispetto alla data della richiesta del nulla osta. Il ritardo nella presentazione della richiesta del permesso di soggiorno all’arrivo sul territorio si ripercuote per tutti i congiunti sull’accesso alla richiesta della residenza e soprattutto sulla possibilità di iscrizione al servizio sanitario. La distribuzione del lavoro relativo all’accoglienza dei richiedenti asilo, spesso individuata quale causa dell’aggravio di lavoro e dunque di attesa, contribuisce di certo ad accrescere la mole dei compiti da svolgere all’interno della Prefettura, ma questo non può e non deve costituire un alibi per i sopracitati disagi. Non è accettabile che l’occuparsi di una categoria di persone vada a discapito di un’altra. Per un confronto su questi temi chiediamo pertanto un incontro con il nuovo dirigente De Stefano. Riteniamo inoltre opportuno che ci si preoccupi di ovviare all’attuale scarsa convocazione e utilità del Consiglio territoriale per l’Immigrazione, il quale dovrebbe costituire preziosa sede di incontro e dialogo dei soggetti coinvolti e attivi sull’immigrazione sul territorio genovese. ANOLF CISL Genova – ARCI Genova – ARCI Solidarietà Genova – CGIL – FRSL – UIL