Contro la Violenza sulle Donne · •il 17,6% delle donne statunitensi ha subito una violenza...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Contro la violenza sulle donne Lo stato attuale della comunicazione sociale negli Stati Uniti. Fabio Cappelletto – 608030-SGC Corso di Comunicazione Sociale Professori Carla Bertolo, Italo De Sandre Anno Accademico 2009/2010

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

Contro la violenzasulle donneLo stato attuale della comunicazionesociale negli Stati Uniti.

Fabio Cappelletto – 608030-SGCCorso di Comunicazione SocialeProfessori Carla Bertolo, Italo De SandreAnno Accademico 2009/2010

INDICE

1 Obiettivi pag. 12 La situazione negli Stati Uniti 22.1 Le politiche Statali 33 Le campagne negli Stati Uniti 43.1 Programmi istituzionali 53.2 Campagne degli scorsi anni 73.2 Now Foundation 93.3 La campagna “Million Voices” 103.4 Amnesty International USA 103.5 One in Three Women 113.6 Wavnet 123.7 No More Say More 134 Conclusioni 13

1 OBIETTIVI

Obiettivo della ricerca è l’analisi negli Stati Uniti d’America dello stato attuale del livello raggiunto dalle campagne contro la violenza delle donne.

In una prima parte osserveremo il rilievo di tale problema sul territorio americano. In particolare le statistiche e le politiche statali ci aiuteranno ad entrare meglio nell’argomento.

Nella seconda sezione vedremo dunque alcune campagne sociali, cercando di individuare il target e il tipo di azione che sostengono, per poter rispondere alle domande fondamentali della ricerca: quale declinazioni del tema “violenza sulle donne” sono d’attualità negli Stati Uniti? Quali individui si cerca di coinvolgere? Con che mezzi?

Verranno dunque analizzate le campagne sociali ritrovate a partire da Internet inerenti al tema, sia quelle istituzionali che quelle di altre associazioni. Le iniziative ritrovate sono molteplici, per cui verranno trattate solo le principali ritrovate, cercando comunque di elencare alcune altre.

Infine, trarremo le conclusioni fornendo una sintesi delle campagne e dei progetti trovati, per poter tracciare una linea base dello stato attuale della comunicazione sociale negli Stati Uniti riguardo la violenza sulle donne.

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2 LA SITUAZIONE NEGLI STATI UNITI

Per quanto riguarda gli Stati Uniti d’America, è utile avere anzitutto un panorama generale della situazione riguardo la violenza sulle donne.

Tra il 1992 e il 1993 sono stati ritrovati cinque milioni di vittime femminili dai 12 anni in su. Tali donne hanno dichiarato di aver subito in totale circa 500.000 stupri ed abusi sessuali, circa 500.000 rapine e circa 3,8 milioni di assalti.

Nel 29% dei casi di queste violenze, l’abusante era una persona vicina (marito, ex-marito, fidanzato o ex-fidanzato). Persone sconosciute sono invece le responsabili di tali gesti in circa il 20% dei casi. C’è di più: di 5.328 donne assassinate nel 1990, l’FBI ha indicato che per oltre il 50% dei casi l’assassino è stato il marito o il compagno.

Il 16% delle coppie americane ha avuto inoltre esperienza di aggressioni, di cui il 40% sfociate in atti violenti.

C’è di più: a cavallo tra gli ’80 e i ’90, le violenze domestiche sono state identificate come una delle maggiori cause di visite al pronto soccorso da parte delle donne. Una percentuale tra il 20% e il 30% di queste mostravano palesemente almeno un segno evidente di tali abusi; il 10% delle vittime era incinta; un altro 10% di esse sostiene che anche i loro bambini avevano subito abusi.

Inoltre, le donne tra i 19 e i 29 anni viventi in famiglie con guadagni inferiori a 10.000 dollari annuali erano più esposte a violenze da parte del compagno1.

Sono stati trovate ulteriori statistiche riguardo le donne e le violenze2 che scorriamo velocemente per avere un’idea generale di questo tema negli Stati Uniti negli ultimi venti anni:

• il 17,6% delle donne statunitensi ha subito una violenza fisica completa o tentata. Di queste, il 32,4% avevano tra i 12 e i 17 anni3;

• il 64% delle donne oltre i 18 anni riferiscono di aver subito violenza da parte del marito, fidanzato o compagno4;

• soltanto la metà circa delle violenze domestiche viene denunciata alle autorità5;• ogni due minuti negli Stati Uniti qualcuno è vittima di un abuso sessuale6;• tenendo conto delle violenze non denunciate, il 95% dei violentatori non passerà

nemmeno un giorno in carcere7;

1 Dal “1995 National Crime Victimization Survey” of the U.S. Department of Justice.2 http://www.feminist.com/antiviolence/facts.html, 21 Dicembre 20093 “Prevalence, Incidence, and Consequences of Violence Against Women”, dal “National Violence Against Women Survey”, Novembre 20004 “Prevalence, Incidence, and Consequences of Violence Against Women”, cit.5 “Violence by Intimates: Analysis of Data on Crimes by Current or Former Spouses, Boyfriends, and Girlfriends.” Bureau of Justice Statistics Factbook, 19986 “Rape, Abuse and Incest National Network (RAINN) calculation”, Bureau of Justice Statistics, U.S. Department of Justice, 20007 Statistiche probabilistiche basate su “US Department of Justice Statistics”

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• nel 2000 vi sono stati oltre 260.000 violenze fisiche o sessuali, di cui 246.180 verso donne e 14.770 sui maschi8;

• circa l’81% delle vittime di stupri sono bianche, il 18% nere, l’1% di altra carnagione9;• il 7,7% degli studenti americani sono stati costretti a rapporti sessuali. In particolare,

le studentesse rispondono al 10% dei casi, i maschi al 5%. Inoltre è molto più significativa la percentuale di studenti neri costretti a rapporti sessuali (10%) di quella dei bianchi (7%)10;

• le violenze tra le mura domestiche intercorrono tra coppie dello stesso sesso in approssimativamente il 25-33% dei casi11;

• i ragazzi testimoni delle violenze dei loro padri sono 10 volte più predisposti a commettere violenza a loro volta sulle coniugi rispetto ai ragazzi provenienti da famiglie “non-violente”12;

• dal punto di vista legislativo, solo due Stati americani (Illinois e California) hanno definito la violenza (intesa come stupri o violenze domestiche) basata sul genere come una discriminazione sessuale, e creato specifiche leggi per permettere alle vittime di poter denunciare i colpevoli in un tribunale civile13.

2.1 LE POLITICHE STATALI

Negli Stati Uniti la lotta alle violenze sessuali e agli abusi domestici inizia negli anni ’60, grazie al movimento femminista, che li fece emergere come problema sociale. Le statistiche raccolte da allora fino alla fine degli anni Settanta mostrano come pochi casi erano denunciati, mentre il problema nazionale era ben più grosso. Ma il costante aumento delle vittime constatate mise in luce l’inadeguatezza della risposta della società, e la politica, che fino ad allora spesso e addirittura peggiorava le cose (come nel caso sia di alcuni giudici che erano dalla parte dei violentatori che della polizia che dava a tali violenze bassa priorità), dovette presto passare all’azione.

Era inoltre necessario prevedere anche un programma di aiuto alle donne vittime di tali abusi. La battaglia sociale si fece pressante negli anni ’80 e finalmente, nel 1994, arrivò la svolta grazie al “Violence Against Women Act”. Tale legge federale prevedeva contributi per oltre 1 miliardo di dollari in favore dei centri di assistenza, per formare giudici e persone al rispetto di tale legge e per supportare le opere di prevenzione dei crimini sulle donne.

Il caso più eclatante di quel periodo fu quello di O. J. Simpson, la leggenda del football americano presunto assassino della sua ex moglie: grazie a questo accadimento i media

8 “National Crime Victimization Survey”, US Department of Justice, 20019 “Violence Against Women”, Bureau of Justice Statistics, U.S. Dept. of Justice, 199410 “Youth Risk Behavior Surveillance Survey (YRBSS)”, indagine nazionale Americana sugli studenti di scuole superiori11 “NYC Gay and Lesbian Anti-Violence Project”, Ottobre 199612 “Family Violence Interventions for the Justice System”, 199313 Kaethe Morris Hoffer, 2004

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portarono nell’agenda-setting la violenza domestica sulle donne come mai era stato fatto fino ad allora, ed il tema prese un’importanza nazionale e non solo.14

Per ciascuno Stato americano vi sono poi specifiche leggi interne riguardo la violenza sulle donne.

Con questo breve excursus si è voluto far capire come l’evoluzione del problema dal 1960 a oggi negli Stati Uniti sia stato prima di tutto sociale: molte persone ignoravano o non credevano che la violenza sulle donne fosse così diffusa.

Il metodo per combattere tale violenza era inoltre molto povero. Nel biennio 1981-1982 uno studio denominato “Minneapolis Domestic Violence Experiment”, condotto da Lawrence W. Sherman, ha valutato proprio le risposte della polizia a tali abusi nella città di Minneapolis. È stato riscontrato che i principali metodi usate dalle forze dell’ordine erano: allontanare il maltrattante per otto ore da casa; cercare di mediare la disputa tra le due parti; arrestare il colpevole. Proprio l’arresto è stato rilevato come il metodo più efficace, poiché la percentuale di reiterazione dell’abuso nei sei mesi successivi si riduceva della metà15.

Tale studio ha influito sulle politiche di 23 Stati americani (oltre ad altri Paesi come la Nuova Zelanda), che emanarono provvedimenti a favore di arresti obbligatori anche in casi di sospetto di violenza16.

Va però sottolineato come tale studio, replicato dal 1986 in poi in altre città, abbia dato esiti diversi e, dato ancora più importante, si è scoperto che l’arresto del violentatore è efficace nel breve periodo, ma può raddoppiare la percentuale di abuso nel corso degli anni17.

Infine, tornando al punto di vista statale, negli ultimi anni nelle preesistenti leggi sono stati inclusi lo stupro coniugale e il sesso con una persona con disabilità fisiche e/o mentali incapaci di intendere e volere18.

3 LE CAMPAGNE NEGLI STATI UNITI

Procediamo con l’analisi delle maggiori attività di comunicazione sociale sul tema della violenza sulle donne presenti negli Stati Uniti.

Il linguaggio delle campagne sociali deve tenere conto di molti aspetti, che lo rendono più complicato di quanto si possa inizialmente pensare. Basti pensare, ad esempio, che in una campagna titolata “Stop violence against women” del 1997, la Canadian Advertising Foundation ha stabilito che essa metteva in luce l’aggressore come unicamente maschio. Ciò non è un messaggio politicamente corretto e bilanciato, anzi contribuiva a formare uno stereotipo di

14 Marissa Ghez, Leni Marin, “Encyclopedia of Public Health: Domestic Violence”15 Christopher D. Maxwell, Joel H. Garner, Jefferey A. Fagan, “The effects of arrest on intimate partner violence: New evidence from the spouse assault replication program (Research in Brief)”, Luglio 200116 M. Hoctor, "Domestic Violence as a Crime against the State", 199717 Janell D. Schmidt, Lawrence W. Sherman, "Does Arrest Deter Domestic Violence?", 199318 http://en.wikipedia.org/wiki/History_of_women_in_the_United_States, 23 Dicembre 2009

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genere19. Da allora la situazione si è molto evoluta, molti studi hanno permesso di fornire una comunicazione sociale migliore, ma al tempo stesso più complicata poiché molti sono i soggetti di cui tener conto e diversi i modi con cui coinvolgerli.

Inizialmente vedremo i programmi previsti dalle Istituzioni americane, per comprendere quale strada a livello nazionale e statale è stata intrapresa su questo tema: in particolare, a chi ci si rivolge e con che mezzi/linguaggi. In un secondo tempo vedremo alcune tra le più importanti organizzazioni e campagne che in questi ultimi anni possiamo ritrovare sul territorio americano.

3.1 PROGRAMMI ISTITUZIONALI

Il Dipartimento americano per gli “Health and Human Services” prevede un’apposita sezione nel relativo sito web20, dove l’attenzione viene immediatamente focalizzata sulle possibili vittime.

Vi sono una serie di programmi ed eventi promossi e/o finanziati dal Dipartimento21. Li vediamo brevemente:

•“End Violence Against Women on

College/University Campuses”: lo Stato Americano ha istituito questo progetto pilota che, come dice il nome stesso, mira allo sviluppo e all’implemento di programmi indirizzati a tutte le studentesse riguardo il tema della violenza sulle donne;

• “2009 HIV/AIDS-Related Services for Survivors of Domestic Violence”: questo progetto supporta i vari programmi che studiano le relazioni tra violenza domestica e l’aumento del rischio di contrarre il virus HIV. Target del progetto sono prima di tutto le donne vittime di violenze domestiche;

19 Pamela Bron, “The Power of One”, dal “Chronicle-Journal” di Thunder Bay, Ontario (Canada), 18 Aprile 199720 http://www.womenshealth.gov/violence/, 28 Dicembre 200921 http://www.womenshealth.gov/violence/programs/index.cfm, 28 Dicembre 2009

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Figura 1 - Violence Against Women

Figura 2 - Choose Respect

• dal 2006 è attiva la campagna “Choose Respect”, proposta in inglese e in spagnolo e con diversi mezzi: si tratta in particolare 6 video, 12 manifesti, 2 pieghevoli, 2 segnalibri, 2 flyer, 1 brochure, 3 dèpliant e 3 spot radiofonici22. Dal punto di vista comunicativo, non sono mai presentate fotografie di persone, bensì disegni colorati e abbastanza stilizzati di uomini e donne, congiuntamente al messaggio che vogliono comunicare. Il target principale sono i più giovani, nonché i genitori nella misura in cui possono influenzare la crescita dei ragazzi, insegnando loro a dare rispetto per poter riceverlo. L’obiettivo dichiarato è di motivare gli adolescenti a un comportamento rispettoso, che è il primo passo per la prevenzione agli abusi in età adulta. In quest’ottica nel linguaggio si incentiva il passaggio dalla concezione “egoistica” a quella più “responsabile”: citando un esempio, da “Voleva uscire con i suoi amici, ma non l’ho lasciata” a “Voleva uscire con i suoi amici e le ho detto di divertirsi”;

• molti altri programmi sono previsti per ognuna delle dieci specifiche regioni in cui sono stati divisi gli Stati Uniti. Grazie ad essi è possibile osservare quanto i governi, quello federale e quello specifico di ogni stato, stanno facendo per affrontare questa tematica. Spesso tali progetti sostengono organizzazioni private che già sono attive nel territorio.

L’Ufficio per la Salute delle Donne, interno allo stesso Dipartimento per gli “Health and Human Services”, ha pubblicato il “One Department: Overview of Activities On Violence Against Women 2008-2009”, un resoconto in cui sono segnalate tutte le attività per fronteggiare il tema. Si tratta di un volume di 188 pagine che mette in mostra una realtà e una rete di iniziative molto vasta e capillare sul territorio americano23.

Si scopre così che esiste anzitutto un’Amministrazione per i Bambini e le Famiglie (ACF) che lavora su programmi di prevenzione dagli abusi in famiglia e sui servizi annessi e, secondo la relativa legge vigente, elargisce fondi: per i programmi locali contro la violenza domestica e ai luoghi di accoglimento per le vittime; agli Stati federali, territori e zone tribali che sostengono tale lotta (circa il 70% dei fondi viene investito così); ai servizi e ai programmi di prevenzione contro la violenza sulle Indiane d’America e sulle native dell’Alaska, donne esposte ad oltre il doppio delle violenze rispetto alle comuni donne americane e su cui il governo statunitense pone spesso l’accento, anche con appositi programmi come il progetto pilota in corso dell’Indian Health Services; alle coalizioni tra Stati che si alleano contro la violenza domestica; ai centri di ricerca nazionali o speciali e agli istituti culturali specifici.

Elencando i centri finanziati troviamo: il National Resource Center on Domestic Violence, il Sacred Circle che ha le indiane d’America come target, il Battered Women’s Justice Project: Criminal and Civil Justice Center, il National Health Resource Center on Domestic Violence, il Resource Center on Domestic Violence, Child Protection and Custody, il National Center on

22 http://www.chooserespect.org/scripts/index.asp, 20 Dicembre 200923 http://www.womenshealth.gov/owh/pub/violence-against-women.pdf, 29 Dicembre 2009

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Domestic Violence, Trauma, and Mental Health, l’Institute on Domestic Violence in the African American Community, l’Asian and Pacific Islander Institute on Domestic Violence e Alianza, the National Latino Alliance for the Elimination of Domestic Violence.

In particolare ci soffermiamo sul National Resource Center on Domestic Violence, che studia il fenomeno della violenza domestica per sensibilizzare la società e prevenire tale problema. Le campagne che il Centro propone sono dunque progetti per aumentare la conoscenza delle varie declinazioni della tematica alla società. Tra queste, citiamo solo il “Domestic Violence Awareness Project”, il “Women of Color Network” e il “VAWnet: The National Online Resource Center on Violence Against Women”24, su cui torneremo in un paragrafo dedicato.

Analogamente al National Resource Center on Domestic Violence, anche gli altri centri propongono campagne, programmi ed attività per diffondere la conoscenza del tema, spesso associandolo la violenza anche sui bambini, e, come spesso si riscontra, invitare la persone a informare a loro volta le altre persone della loro comunità.

Lo Stato fornisce inoltre sostegno particolare: a livello locale e statale alle associazioni in aiuto delle vittime di abusi domestici in età avanzata; a programmi di riduzione dell’uso di alcol e droghe, che aumentano la percentuale degli abusi e dei problemi ad essi collegati come il virus HIV (in collaborazione con il National Institute on Drug Abuse); programmi regionali di prevenzione sulla violenza in famiglia e dei partner promossi dall’Office of Population Affairs e dall’Office of Family Planning.

Un grosso lavoro viene infine svolto con le campagne di prevenzione25 dei Centers for Disease Control and Prevention, che, nello specifico, mirano a monitorare, approfondire e tenere aggiornato il problema della violenza domestica e nel contempo sviluppare e valutare strategie di prevenzione.

3.2 CAMPAGNE DEGLI SCORSI ANNI

Prima di entrare nel vivo delle campagne ritrovate a livello privato, è utile avere un piccolo riferimento sui target e sui temi trattati dalla comunicazione sociale nel passato prossimo:

• del 2006 è una campagna di prevenzione dagli abusi istituita dal Family Violence Prevention Found, che prevedeva alcuni manifesti con due titoli principali: “You are a role model to your children. Is there

24 http://www.nrcdv.org/about/special-projects.php, 3 Gennaio 201025 http://www.cdc.gov/violenceprevention/, 3 Gennaio 2010

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Figura 3 - Campagna del FVPF

anything you’d like to change?” e “Your kids make memories every day. It’s not too late to change how they remember you.” Nelle foto, è sempre presente un padre con il proprio figlio bambino nell’atto di abbracciarsi. La campagna spiega poi come sia importante il ruolo del genitore, rendendolo cosciente di come influisce nei ricordi e nei comportamenti del proprio figlio e di come può “allenarlo” per farlo diventare un uomo responsabile. Il target è indubbiamente il genitore (maschio), che vuol essere incentivato a eliminare l’eventuale atteggiamento “violento” facendo perno su quello che può significare per il figlio;

• vi sono molte altre campagne di prevenzione contro la violenza sulle donne. Citiamo soltanto: “Protecting children” della Fondazione Joe Torre; “Teach Early”, promossa dal Family Violence Prevention Found; “Emotional abuse is a form of violence”, promossa dalla comunità cinese negli USA e dall’alleanza asiatica contro le violenze domestiche; “Love is Respect”, promossa dalla National Teen Dating Abuse Helpline;

• più vecchia è “Love is not abuse”, del 1999, istituita anch’essa dal Family Violence Prevention Found. Un video, 4 brochures, 2 dépliant, 1 flyer e 1 segnalibrofanno parte della comunicazione prevista da questa campagna. Il messaggio è quello di denunciare gli episodi di violenza domestica, di rifiutarli, di prender parte nella propria comunità per far prendere a tutti coscienza che è possibile fare molto contro questo problema sociale. Tra il materiale previsto, una brochure fornisce domande interessanti da cui far partire una discussione sul tema, in special modo nella propria famiglia;

• in California, nel 2004, la Teen Action Campaign ha promosso la “See it and Stop it”. L’invito della campagna è di partecipare, di esporsi contro la violenza sulle donne. Erano previsti 4 video, manifesti, dépliant, 2 brochure e uno spot radiofonico, indirizzati in particolare alle persone, meglio ancora ai giovani, che osservano la violenza intorno a loro, ma non sanno come comportarsi. Esemplare, per avere chiarezza su destinatario e messaggio della campagna, è la domanda, associata a foto con ritratte giovani persone o coppie, proposta nell’homepage del sito Web26: “Vedi un amico trattare male il/la proprio/a ragazzo/a. Come ti comporti?” A seconda della risposta selezionata viene fornito un suggerimento su come cambiare il proprio comportamento e renderlo “socialmente attivo”.

• In Texas e Virginia nel 2007 sono state avviate due campagne per diffondere la conoscenza della “red flag”, simbolo della battaglia contro la violenza sulle donne. Nei manifesti della campagna fatta in Virginia, precisamente dalla Virginia Sexual and Domestic Violence Action Alliance, la bandiera rossa compare davanti alla bocca di ragazzi e ragazze vittime di una qualche forma di violenza subita dal compagno. Il target della campagna sono tutte le persone, in special modo giovani, che riescono a vedere queste bandiere rosse davanti alle bocche dei loro amici: in questi casi possono intervenire e dire qualcosa per aiutarli. La campagna texana, ideata dal

26 http://www.seeitandstopit.org/pages/, 30 Dicembre 20099

Texas Council on Family Violence è sulla stessa linea d’onda: dedicata anch’essa ai ragazzi, propone loro di capire cosa si intende con abuso e prender parte all’azione contro questo tipo di violenza;

• Nel 2008 in Virginia è nata inoltre la campagna “Break the Silence”, che invita a telefonare e non rimanere passivi in caso di violenza subita. L’idea di “rompere il silenzio” è ultimamente alla base delle ultime campagne americane sul tema, come vedremo nei prossimi paragrafi.

3.3 NOW FOUNDATION

La National Organization for Women dal 1966 è attiva negli Stati Uniti per l’uguaglianza delle donne. Anche questa fondazione prevede attualmente diverse iniziative contro la

violenza sulle donne:• “A National Disgrace: Stop Sexual Assault in the

Military”27: è d’attualità negli USA un nuovo problema legato alla violenza sulle donne. Si tratta dell’altissimo numero di donne e consorti appartenenti alle forze militari vittime di abusi e violenze domestiche. Le aggressioni tra i militari aumentano da 2 a 5 volte rispetto alle violenze domestiche “civili”, in particolare

durante il periodo di servizio. Questa campagna della NOW vuole coinvolgere direttamente i cittadini, per far sì che supportino il disegno di legge contro tali abusi firmando un’apposita petizione;

• “Take Action Against Sexual Assault On Campus”28: è un programma studiato per le studentesse che vivono nei campus universitari e dei college americani, con cui si fornisce del materiale, tra cui quiz, volantini e idee d’azione, per formare la propria “comunità” rispetto al tema, per prevenirlo e combatterlo. Ogni ragazza, a partire da questo progetto, può ideare una campagna sociale personalizzata da proporre nel proprio campus. L’idea di base è di rendere ogni donna partecipe fin dalla giovane età, per educarla, farle prendere coscienza della gravità del problema comunicando che anche lei, nel suo piccolo, può fare molto.

27 http://www.now.org/lists/now-action-list/msg00383.html, 30 Dicembre 200928 http://www.now.org/issues/violence/NOW_Sexual_Assault_Toolkit.pdf, 30 Dicembre 2009

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Figura 4 - NOW Foundation

3.4 LA CAMPAGNA “MILLION VOICES”

La National Domestic Violence Hotline è un’organizzazione non-profit, amministrata dallo Stato, che in casi di violenze domestiche fornisce interventi, informazioni e consulti alle vittime, ai violentatori, agli amici e alle famiglie. Chiunque abbia di questi problemi può

telefonare al numero apposito per ricevere assistenza.La loro principale campagna attuale prende il nome di “Million Voices”29. Il loro pensiero di partenza è che la soluzione al problema della

violenza sulle donne si può trovare solo iniziando a parlarne apertamente e discuterne in famiglia e nella comunità.

Ecco perché questa campagna non è una semplice pubblicità sociale, bensì mira al coinvolgimento di, appunto, un milione di persone che diano la propria voce e parlino alla gente di tale problematica. Si creeranno così dei gruppi di persone e di organizzazioni cui verranno forniti appositi materiali e che educheranno, informeranno e faranno aumentare la conoscenza sul problema e sui modi di risolverlo. Gli obiettivi della campagna sono dunque:

• fermare la violenza domestica negli USA;

• usare la propria voce per prendere parte all’iniziativa;• diffondere la conoscenza del numero telefonico nazionale dell’organizzazione;

• invitare altri membri a prender parte a questa autorevole campagna.

3.5 AMNESTY INTERNATIONAL USA

Vi sono organizzazioni internazionali che trattano, ovviamente a livello globale, il problema della violenza sulle donne. Tra questi spicca, e qui prendiamo come riferimento per tutte, Amnesty International. Così facendo vogliamo osservare come, sul territorio americano, lavorano organizzazioni che hanno sì una sezione operativa negli Stati Uniti, ma tenendo

sempre un occhio costantemente puntato anche sul resto del mondo. Amnesty International è un’organizzazione non governativa sovranazionale, di cui anche la sezione americana pone la violenza sulle donne come una delle maggiori priorità.L’attuale campagna di Amnesty International è chiamata

“Stop Violence Against Women”. Lanciata nel 2004 in tutto il mondo, la campagna si è prefissata tre obiettivi principali:

29 http://www.ndvh.org/wp-content/uploads/2008/09/mvc_campbriefcolor.pdf, 30 Dicembre 200911

Figura 5 - “Million Voices Campaign”

Figura 6 - Campagna di Amnesty Int. USA

• spingere i governi e i gruppi armati a punire la violenza sulle donne durante i periodi bellici e post-bellici;

• chiedere ai governi di abolire le leggi discriminatore, che commettono violenza sulle donne in famiglia e nella comunità;

• spingere verso l’approvazione di nuove leggi e politiche che forniscano alle donne protezione dalla violenza.

Un’altra iniziativa di tale campagna, alla quale è possibile individualmente partecipare attraverso il sito web, è la sottoscrizione di una petizione per spingere il Senato americano ad approvare il “Treaty for the Rights of Women”, in difesa dei diritti umani sulle donne, di cui gli Stati Uniti sono uno dei soli otto stati mondiali a non aver ancora firmato tale trattato.

In particolare negli Stati Uniti, la campagna lavora per spingere a migliorare sempre più le leggi anti-violenza sulle donne e partecipa ad altre iniziative nazionali inerenti. Per esempio, Amnesty International USA ha lavorato per aumentare la conoscenza pubblica su questo problema sociale e per cercare di cambiare le abitudini e i comportamenti che non sono contrari alla violenza sulle donne30.

3.6 ONE IN THREE WOMEN

La campagna “One in Three Women” ha inizio nel 2003, quando l’UNIFEM ha rilevato che «i governi non stavano facendo abbastanza per contrastare la pandemia della violenza sulle donne»31. Il gruppo di donne che ha dato il via a questa iniziativa hanno preso coscienza della gravità del problema e del fatto che dovessero finalmente agire come altre migliaia di persone hanno fatto negli ultimi trent’anni. Il loro obiettivo è molto audace, come loro stesse ammettono: giungere ad un mondo in cui donne e bambine siano sicure dalla violenza nelle loro case e comunità. Ecco gli obiettivi che si sono prefissate:

• far crescere la conoscenza del problema, in una prospettiva globale cercando di essere una voce globale;

• incentivare l’azione e la mobilitazione delle comunità;

• supportare programmi, organizzazioni e comunità che aiutino le vittime di tali violenze di genere.

Per quanto riguarda la specifica campagna “One in Three Women” le finalità seguono lo stesso filone:

30 http://www.amnestyusa.org/violence-against-women/stop-violence-against-women-svaw/page.do?id=1108417, 28 Dicembre 200931 http://www.oneinthreewomen.com/, 30 Dicembre 2009

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Figura 7 - One in Three Women

• promuovere il semplice ma potente messaggio;

• sviluppare e fornire strumenti di sensibilizzazione;

• attivare flussi di finanziamento per le organizzazioni non-profit;

• facilitare il dialogo tra gli stakeholder negli USA e all’estero;

• sviluppare la coscienza critica sulla violenza di genere.L’invito rivolto ai cittadini è quello di partecipare e di attivarsi, dare la loro voce per

sensibilizzare chi ancora non ne ha preso coscienza. Una di queste occasioni create è una giornata apposita, in cui annualmente dar voce e azione contro la violenza sulle donne.

3.7 VAWNET

Vawnet è il centro di ricerca nazionale online sulla violenza sulle donne finanziato dal governo statunitense. Oltre alle ricerche e ai progetti, vi sono alcune campagne che propone e che è utile riportare per analizzare cosa fanno e a che destinatari sono indirizzate:

• una campagna (“Engaging Men”) deriva dall’analisi dell’importanza di coinvolgere gli uomini nella prevenzione. Partita nel 2002, prende spunto da uno studio australiano e si divide in cinque punti chiave: eliminare i discorsi sulla differenza sessuale maschi/femmine; cercare di rendere i maschi più giovani consapevoli che, anche senza saperlo o volerlo, possono commettere violenza sulle donne; indirizzare messaggi specifici alla cultura maschile, in particolare ai gruppi maschili e alle culture patriarcali locali; parlare a tutti i tipi di diversità sociali, dal colore della pelle, al livello economico personale, all’età; proporre, e questo è il punto ritenuto più difficile, nuove idee contro l’idea di vittimizzazione che molti maschi sembrano recepire da queste campagne contro la violenza sulle donne32;

• “Incorporating Evaluation into Media Campaign Design” non è propriamente una campagna, ma una ricerca nata nell’Aprile 2008 per fornire informazioni e concetti rilevanti con lo scopo di suggerire strategie migliori ai mezzi di comunicazione per proporre campagne sociali di prevenzione del problema della violenza. In definitiva, si tratta di materiali utili per riuscire a valutare la positività e il successo delle campagne che si vogliono proporre33.

32 http://new.vawnet.org/Assoc_Files_VAWnet/EngagingMen.pdf, 5 Gennaio 201033 http://new.vawnet.org/category/Documents.php?docid=1317&category_id=132, 5 Gennaio 2010

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3.8 KNOW MORE SAY MORE

Ultima campagna proposta è la “kNOw MORE, Say More”, mirata a far conoscere tutti gli aspetti legati alla violenza sulle donne. Si parla per esempio di relazione con il virus HIV, con le gravidanze inattese… L’obiettivo della campagna è di invitare tutti a conoscere ed imparare di più, per poter di conseguenza dire e fare di più, ponendo l’accento sul fatto che da ogni singola persona può partire la soluzione per un definitivo cambiamento contro il problema della violenza sulle donne34.

I mezzi usati rispecchiano alcuni tipi di comunicazione già ritrovati in precedenti campagne: nell’homepage del sito Web vengono riportate alcune frasi ad effetto pronunciate da alcune ragazze e che si concludono focalizzando un aspetto del problema. Compaiono inoltre nel sito storie autentiche di alcune donne, per invitare a imparare e riflettere. Emblematico infine lo stesso titolo della campagna: il “NO” scritto in maiuscolo nella parola “kNOw” indica in modo netto la missione della campagna: conoscere di più per dire no per sempre alla violenza sulle donne.

4 CONCLUSIONI

Dalla famosa legge apposita del 1994 in poi, gli Stati Uniti d’America hanno fatto passi da gigante nelle campagne per la lotta alla violenza sulle donne.

Abbiamo visto un panorama delle campagne di questi ultimi anni e possiamo finalmente tracciare una linea guida sui destinatari principali e sui modi per coinvolgerli.

Le campagne degli scorsi anni puntano molto sulla prevenzione, in particolare coinvolgendo giovani e genitori.

Per quanto riguarda i giovani, viene detto loro di prendersi le proprie responsabilità sociali: il problema riguarda anche loro, per esempio nel caso in cui vedano violenza in qualche coppia di loro amici, possono denunciare, possono intervenire, sicuramente possono dire almeno una parola (come nel caso delle campagne della “red flag”).

Ai genitori viene fatta leva su un’altra declinazione di responsabilità, quella che hanno nei confronti dei loro figli. Il linguaggio è semplice: il bambino vede la violenza, ne rimane shockato, la sua vita è segnata per sempre sotto quest’aspetto; e nondimeno, aumentano le

34 http://www.knowmoresaymore.org/, 8 Gennaio 201014

Figura 8 - Know More, Say More

probabilità che il bambino, una volta adulto, commetta violenza. I genitori, in particolare i padri, vengono così sensibilizzati. Ciò viene esemplificato dalla campagna “Coaching Boys into Men”.

Nell’ultimo biennio, negli Stati Uniti le campagne sociali mirano spesso alla mobilitazione sociale del tema, a far sì che ogni cittadino prenda consapevole azione per affrontare la problematica. Lo Stato inoltre, pressoché assente fino alla prima metà degli anni Novanta, è ora finalmente attivo e finanzia molti progetti per vincere la violenza sulle donne.

Una costante ritrovata in ogni campagna è dunque il fatto che l’obiettivo principale rimane la conoscenza dell’argomento: molte persone, per i più svariati motivi, ancora non hanno coscienza di quanto difficile sia la situazione e di quanto ci sia ancora da fare per raggiungere risultati veramente grossi in questo campo.

Il passaggio principale di questi ultimi anni è quello dalla prevenzione dalla violenza al coinvolgimento più voci possibili per diffonderne la conoscenza. Ovviamente, non è stato abbandonato nulla di quanto fatto negli anni scorsi; semplicemente si stanno ampliando le modalità di azione. Con più voci coinvolte possibili si intendono: le vittime degli abusi, che riescano a parlarne e denunciare il problema; i comuni cittadini, che prendano parte attiva e coinvolgano la loro comunità; studenti e studentesse, che sottolineino all’interno del loro college, del loro campus o semplicemente nella loro cerchia di amici la gravità della situazione.

Per fare ciò bisogna comunicare in modo attento: si sa quanto sia difficile rendere socialmente attive le persone su queste tematiche. Bisogna trovare dunque linguaggi adatti per ogni destinatario: coinvolgere gli uomini senza vittimizzarli, i giovani facendo leva sulla loro creatività per trovare modi di porsi contro il problema, le vittime facendo loro capire che molti stanno lavorando per fermare tali violenze, i cittadini comuni informandoli e responsabilizzandoli.

Molte campagne spesso adottano ancora uno stile neutro che inglobi tutti i destinatari, come nel caso di “Million Voices” e di “Know More”. La difficoltà è che, in questi termini, molti possano dire “quando gli altri parleranno parlerò anch’io” e questa non è che una delle affermazioni che chi non è coinvolto potrebbe dire per non lasciarsi toccare dal problema.

Il vero dubbio che emerge dalla ricerca negli Stati Uniti è proprio questo: molte campagne degli ultimi anni puntano al massimo coinvolgimento quantitativo, eppure ogni individuo ha una propria personalità e porta diversi interessi anche riguardo la tematica “violenza sulle donne”. Forse la strada da prendere potrebbe essere quella di una maggiore soggettivazione delle campagne, strada molto complicata per i molti target di cui tener conto, ma forse proprio per questo probabilmente più coinvolgente per una maggior numero di persone.

Con che tipo di messaggio allora? I claim e i messaggi possono essere accattivanti, colpire emotivamente chi viene a contatto con la campagna, ma per attivare una risposta il soggetto va “colpito” nella propria sfera personale. Alcune campagne puntano sicuramente su questo aspetto, come quelle di coinvolgimento dei genitori, dichiarati responsabili di come saranno i loro figli da grandi. Non va però dimenticato che non basta “colpire”, bisogna riuscire

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a farlo senza ledere la stessa sfera personale. In molte campagne per esempio traspare la colpevolizzazione generale verso gli uomini, che porta di conseguenza al loro rifiuto del messaggio presentato, qualunque esso sia. “One in Three Women” sembra escluderli dal discorso, parimenti nei messaggi di “Know More Say More” il colpevole è sempre “he”, lui: sullo sfondo appare così un problema di riconoscimento, in cui c’è paradossalmente un “altro” (l’uomo) che si vuole coinvolgere pur mettendone in luce i suoi aspetti negativi.

Il parlare a un target generico può portare ad un altro rischio, quello di una solidarietà passiva. Come accennato, incentivare alla partecipazione proponendo messaggi a un target vastissimo può deludere come risultati, proprio perché un soggetto pensa che ci sono moltissime altre persone che possono agire anche senza che egli debba attivarsi in prima persona. Così, può infine capitare che venga sì dato un sostegno minimo alle iniziative, in quanto valide e positive, ma con una finalità del tipo “il mio l’ho fatto, ora arrangiatevi”, ovverosia con un’azione più mirata all’appagamento personale, ad avere la propria coscienza pulita, sostenendo per un breve periodo e in modo passivo l’iniziativa proposta dalla campagna.

In conclusione, ci si accorge così che negli Stati Uniti molta strada è stata fatta. Molti sbocchi si stanno aprendo per la comunicazione sociale sul tema della violenza sulle donne. Le declinazioni del problema si moltiplicano di anno in anno e di conseguenza aumentano le campagne sociali. Ciò è sicuramente positivo e sta portando ad un’evoluzione costante del linguaggio usato e dei soggetti da coinvolgere.

Tuttavia, ancora non si è giunti a un messaggio ottimale che riesca a sbloccare del tutto le persone, siano esse vittime con le loro paure, normali cittadini che non vogliono lasciarsi coinvolgere o quant’altro.

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