Contro i fondi alla cultura e sopratutto contro l'arte contemporanea

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(o perché quando sento la parola 'cultura' associata a 'ministro' o 'assessore' metto mano alla pistola)

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CONTRO I FONDI ALLA CULTURA E SOPRATUTTO CONTRO L'ARTE CONTEMPORANEAo perch quando sento la parola 'cultura' associata a 'ministro' o 'assessore' metto mano alla pistola

Il finanziamento pubblico rivolto alla produzione di cultura non solo uno spreco veniale di risorse, ma un sistematico intralcio per l'evoluzione dei linguaggi estetici contemporanei.L'istituzionalizzazione dell'arte contemporanea, influenzando in modo democratico (e quindi mediocre) il foraggiamento, la storicizzazione e la valutazione delle opere, non pu che arrecare danni ad una libera ricerca di nuovi modelli espressivi e nuovi paradigmi estetici.L'utilit sociale di una produzione estetica, non essendo misurabile oggettivamente, destinata ad essere gestita arbitrariamente dal politico di turno seguendo (se va bene) le mode del momento o (se va male) interessi economici inconfessabili. A questo punto dobbiamo chiederci se utile finanziare pubblicamente una produzione artistica che rispecchia il trend del mese e il gusto della maggioranza, e dobbiamo chiederci se altres opportuno che politici e burocrati si occupino di questa sfera della vita sociale.Abbiamo proprio bisogno del concertone di Gigi D'Alesio in piazza a capodanno? Se ci fosse meno circenses avremmo di sicuro pi panem e pi soldi per comprare vinili dei Big Black.Si a lungo dibattuto se con la cultura si mangiasse, cio se la ricchezza prodotta dalla creazione di segni potesse tradursi in profitto economico; ed ovvio che la risposta si: l'industria culturale crea capitale e posti di lavoro, ma le fabbriche devono restare in mano agli industriali. Le catene di montaggio estetiche, ma anche le botteghe artigiane del senso, devono essere lasciate libere di lottare per la sopravvivenza e fare il loro corso economico, perch ogni tentativo governativo di indirizzare la cultura verso strade non commerciali destinata ad un fallimento sostanziale, e di commercio bene che se ne occupino gli imprenditori.

CONTRO L'ARTE CONTEMPORANEANel corso della storia moderna e contemporanea il concetto di arte si gradualmente evoluto da espressione di perizia tecnica nel realizzare un'opera formalmente codificata verso una concezione pi aperta ed onnicomprensiva di creativit. Ma proprio nel secolo in cui si riconosciuta l'indissolubilit della crasi arte/vita iniziata in parallelo la normalizzazione e l'assimilazione conformista proprio di questi elementi di novit introdotti nel sistema.Dando centralit critica ad una concezione progressiva dell'arte, nel '900 si avuta massima considerazione delle avanguardie. Ma se da un lato sono caduti i confini tra opera d'arte e forma, manufatto, narrazione, idea, corpo, evento, business, ed esperimento sociale; dall'altro si andato sempre pi codificando e burocratizzando il modo in cui doveva essere socialmente trattato il concetto di arte e la figura dell'artista secondo l'assioma dell'anticonformismo conformizzato, o la provocazione da catalogo.A differenza dal passato in cui ricordiamo importanti e riusciti esempi di mecenatismo, nell'epoca dell'arte concettuale si resa sempre pi difficile una valutazione oggettiva della qualit di artisti ed opere, creando un maelstrom di confusione semantica in cui marketing, moda, finanza e analfabetismo funzionale hanno preso il sopravvento. Con l'avvento della riproducibilit tecnica e dell'arte concettuale, morta l'aura (cfr. W. Benjamin) e il Dio della perizia tecnica, non si riuscito per ad evitare l'edificazione di nuove chiese.Da quando Duchamp ha dimostrato plasticamente che un orinatoio potesse aver sede in un museo, si sarebbe dovuto porre fine alla sacralizzazione dei manufatti mentre invece si fatto l'opposto, si sono costruiti sempre pi musei per dare spazio ad un numero crescente di cessi e di feticci riproducibili il cui unico valore nel significato che l'artista gli ha attribuito.L'arte contemporanea ufficiale (o meglio artigianato contemporaneo) un gioco di ruolo tra investitori, collezionisti, artisti, galleristi, critici, ed imprenditori. Un gioco totalmente caotico e molto divertente in cui si fabbricano reputazioni per creare soldi e si spendono soldi per fabbricare reputazioni, il tutto al di la di segni, opere, dell'utile, dell'originale e del bello.Non ha alcuna funzionalit far sedere a questo tavolo da gioco lo stato, ed usare come fiche i soldi dei contribuenti.

CONTRO GLI ARTISTILa semiotica ci ha spiegato che la bellezza attribuita ad un significante, come la comunicazione stessa, un relazione tra destinatore, canale, codice, contesto e destinatario, ed quindi una qualit estremamente soggettiva, complessa, sfuggente e mutevole.Ma a parte il risultato dell'attivit creativa, ci che definisce e denota l'artista oggi nel senso comune 1) l'utilizzo di determinati linguaggi ultracodificati e 2) l'essere inseriti in determinati circuiti. Chi sperimenta linguaggi nuovi e diversi, chi ha il genio di mettere in discussione il sistema a lui contemporaneo tenuto sistematicamente fuori dal circuito (fin quando non si trova il modo di normalizzarlo ed assimilarlo).La storia della storiografia critica ci ha descritto l'arte come un processo comunicativo che si distingue da altri linguaggi per originalit nella forma e/o nel contenuto, a differenza dell'artigianato, visto pi come una perpetuazione di modelli e tecniche gi consolidate.Gli artisti contemporanei non arrecherebbero alcun danno alla societ se solo usassero il termine giusto per definire se stessi: artigiani.L'artigianato ha tutto il diritto di esistere, come gli esseri viventi hanno tutto il diritto di esprimersi, ma occorre togliere dal senso comune quell'aura mistica e quella spocchia con cui questi esercenti si pongono e vengono accolti dalla societ. Tutti gli uomini e le donne hanno una sensibilit e un desiderio di comunicare, e tutti lo fanno in vari modi. Aboliamo per il termine artista che talmente inflazionato da aver perso ogni significato.Esistono poi forme molto originali, molto profonde e suggestive di comunicazione che soggettivamente definiamo arte, ma quanto di pi lontano possa trovarsi dalla retorica conformista dei musei e del sistema dell'arte contemporanea.

CONTRO I MUSEIOggi ci sono pi scrittori che lettori, e pi premi letterari che scrittori. Lo stesso paradosso vale per ogni disciplina e settore creativo. Osservare la mediocrit dei destinatari di riconoscimenti pubblici non fa altro che scoraggiare e deprimere l'autore eccellente.Ragionamento analogo da fare con i musei. (i loro nomi ridicoli e tutti uguali sono un manifesto programmatico di plagiarismo: Moma, Mumi, Macro, Mart, Mapp, Cam, Gam, Gnam, Gamec.E' logicamente paradossale e ciclicamente molto raro che un'opera d'arte significativa sia inserita ed accolta in un circuito espositivo ufficiale, in cui trovano invece puntualmente spazio inutili variazioni sul tema delle mode artistiche dominanti come le attuali declinazioni dell'arte concettuale.Se l'opera d'arte per definizione inedita ed originale, non pu non essere in qualche misura anche sovversiva. L'opera d'arte una chiave di lettura differente, una luce nuova gettata sull'esistenza, e questa invenzione di contenuti, ma sopratutto di linguaggi, una sovversione dell'ordine costituito dei paradigmi e delle interpretazioni correnti.Ora per sua natura un sistema istituzionalizzato della cultura e dell'arte che miri legittimamente all'autoconservazione non pu che rigettare la sua messa in discussione, salvo assimilarne in un secondo momento una versione resa inoffensiva.E' come accade periodicamente con le culture underground e le controculture. E' il paradosso del Capitale di Marx che, venduto a 4 Euro e 99 nei centri commerciali, finisce per alimentare proprio il sistema che voleva abbattere.I musei d'arte contemporanea sono negozi di arredamento o parchi tematici con biglietto all'ingresso ed "exit through the gift shop": hanno senso solo come attivit imprenditoriali. Dal punto di vista del valore culturale i musei d'arte contemporanea sono le prigioni del senso e la psicopolizia dell'ingegno.

Tristan Tzara (1918)