ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è...

118
Considerazioni personali sul mondo universitario e sul Politecnico in particolare Questa pagina contiene alcune considerazioni del sottoscritto sulla gestione del Politecnico, sulla sua struttura, generalizzando talvolta il discorso al mondo accademico in generale. Essa viene gestita per rendere accessibili tali considerazioni a chiunque ne sia interessato cercando al contempo di minimizzare lo spamming via posta elettronica. Sarò felice di ricevere eventuali reazioni e di stabilire discussioni e approfondimenti con chiunque lo desideri. Le considerazioni ivi contenute sono presentate in ordine cronologico (inverso) e non hanno alcuna pretesa di sistematicità e rigore espositivo. 11 Luglio 2017 Eventuale sciopero a settembre: lettera aperta a studenti e colleghi Quasi tutti noi siamo al corrente di una lunga storia di taglieggiamenti ai danni dell’università da parte di qualsiasi governo si sia avvicendato alla guida del nostro paese negli ultimi decenni, e, in particolare, dalla “grande crisi” che ancora ci attanaglia. Del resto in queste stesse note ho avuto spesso modo di esprimere il mio modo di vedere, sicché, chi lo desiderasse può trovarvi un riassunto delle puntate precedenti. Il giudizio -almeno a parole- negativo sull’operato del governo è unanime e include sindacati, autorità accademiche locali e nazionali, rappresentanti degli studenti, ecc. (forse un po’ meno certi media …). Ciò che non è e non è mai stata unanime è la reazione del nostro mondo a questo stato di cose. Per lo più essa è consistita in generiche proteste che non hanno minimamente scalfitto la controparte (ma la vera controparte è solo il governo o … è un po’ più vicina?). Recentemente “qualcuno” identificato e rappresentato principalmente nel sito ROARS e nel collega Carlo Ferraro 1

Transcript of ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è...

Page 1: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Considerazioni personali sul mondo universitario e sul Politecnico in particolare

Questa pagina contiene alcune considerazioni del sottoscritto sulla gestione del Politecnico, sulla sua struttura, generalizzando talvolta il discorso al mondo accademico in generale. Essa viene gestita per rendere accessibili tali considerazioni a chiunque ne sia interessato cercando al contempo di minimizzare lo spamming via posta elettronica. Sarò felice di ricevere eventuali reazioni e di stabilire discussioni e approfondimenti con chiunque lo desideri. Le considerazioni ivi contenute sono presentate in ordine cronologico (inverso) e non hanno alcuna pretesa di sistematicità e rigore espositivo.

11 Luglio 2017

Eventuale sciopero a settembre: lettera aperta a studenti e colleghiQuasi tutti noi siamo al corrente di una lunga storia di taglieggiamenti ai danni dell’università da parte di qualsiasi governo si sia avvicendato alla guida del nostro paese negli ultimi decenni, e, in particolare, dalla “grande crisi” che ancora ci attanaglia. Del resto in queste stesse note ho avuto spesso modo di esprimere il mio modo di vedere, sicché, chi lo desiderasse può trovarvi un riassunto delle puntate precedenti. Il giudizio -almeno a parole- negativo sull’operato del governo è unanime e include sindacati, autorità accademiche locali e nazionali, rappresentanti degli studenti, ecc. (forse un po’ meno certi media …).Ciò che non è e non è mai stata unanime è la reazione del nostro mondo a questo stato di cose. Per lo più essa è consistita in generiche proteste che non hanno minimamente scalfitto la controparte (ma la vera controparte è solo il governo o … è un po’ più vicina?). Recentemente “qualcuno” identificato e rappresentato principalmente nel sito ROARS e nel collega Carlo Ferraro del Polito, si è dato da fare per individuare azioni concrete di protesta e cercare almeno di farci ascoltare. La prima di tali azioni, sempre improntate a cercare di recare il minor danno possibile all’istituzione ma anche di “farsi sentire” è stata l’astensione dalla VQR, di cui si può leggere anche in queste note. Essa ha raccolto un notevole numero di adesioni ma è stata anche fortemente osteggiata da numerose autorità accademiche, inclusa la nostra. Evito di tornare sulla valutazione del passato, anche perché le opinioni al riguardo sono ormai sclerotizzate.Certamente la –parziale- astensione dalla VQR ha avuto qualche effetto (non dico se positivo o negativo) ma ha fallito il suo obiettivo principale: far cessare la discriminazione che vede la docenza universitaria unica componente del pubblico impiego che per tutto il resto della sua vita continuerà a finanziare la –sperata- uscita dalla crisi e anche il risanamento dei bilanci degli atenei (il cui dissesto non imputerei agli stipendi dei docenti che da sempre sono tra i più bassi del mondo sviluppato). Non avendo raggiunto l’obiettivo in questo modo, non se ne è trovato altro se non il più classico e istituzionalizzato in tutto il mondo libero: lo sciopero. Ricordo che ai tempi della VQR, diversi colleghi tuonavano “della VQR non interessa niente a nessuno (mica tanto vero, si è visto poi …), se vogliamo farci sentire dobbiamo bloccare la didattica in fattispecie gli esami”; mi piacerebbe che quegli stessi colleghi

1

Page 2: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

si facessero vivi adesso ma finora non li ho sentiti né mi risulta che abbiano firmato l’adesione al ventilato sciopero.Certo è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i suoi effetti nel breve ricadono, più che sulla controparte, sugli utenti del servizio in questione: in questo caso di sciopero di tipo didattico sugli studenti e le loro famiglie; situazione del tutto analoga ad altri scioperi nei servizi, dai trasporti, alla nettezza urbana, per non parlare della giustizia, con conseguenze magari anche un tantino più “forti” di un esame rinviato (perché di questo si sta parlando).Tuttavia, mentre negli altri casi l’utenza ormai rassegnata per lo più subisce passivamente i disagi o al più si limita a qualche moccolo e talvolta addirittura ne condivide e supporta le motivazioni, ad esempio quando chi sciopera lavora da tempo senza stipendio, nel caso dell’università subito si levano lamenti, preoccupazioni, dissociazioni, perfino da sindacati tradizionalmente molto abituati a lanciare scioperi di ogni tipo; per non parlare dell’atteggiamento già abbondantemente sperimentato di aperto osteggiamento, per non dire di peggio, da parte delle autorità accademiche che a questo punto si autoconfigurano come autentica controparte della protesta.Allora io vorrei sottoporre a tutti, colleghi riluttanti e soprattutto studenti preoccupati, le seguenti riflessioni:

1. Siamo tutti d’accordo, pare, che in Italia la ricerca e la cultura, soprattutto quelle accademiche sono trattate come la cenerentola della società (del resto i numeri sono inequivocabili).

2. Molte voci ammettono che nonostante lo sfascio di cui sopra l’università italiana continua a sfornare “prodotti” (odio questo termine nel nostro contesto) di alta qualità apprezzati in tutto il mondo. Restando nell’ambito didattico, come sarebbe possibile altrimenti la deprecata “fuga dei cervelli”?

a. Lasciatemi aggiungere che se ciò avviene è proprio per l’abnegazione di chi, nonostante tutto, rinuncia a fuggire a sua volta per lidi più gratificanti, e rimane a fare del suo meglio nonostante frustrazioni e peggio ancora: tra i 150 “cattivoni” che si apprestano a scioperare, con scrupoli e “crisi di coscienza” al limite del patetico, ci sono persone –sono sicuro siano la grande maggioranza- che passano i fine-settimana a correggere compiti, che offrono gratuitamente servizi didattici ben al di là dei propri doveri di legge. Mi spiace ma mi vedo costretto anche a un’autodifesa personale: alzi la mano un solo mio studente o ex-studente al quale abbia rifiutato un ricevimento per spiegazioni o colloqui di qualsiasi tipo in qualsiasi momento, incluso Agosto. Pur essendo ormai sulla soglia della pensione questo sarebbe (spero ancora nel condizionale) il primo sciopero della mia vita, proprio per i motivi di cui sopra.

3. Come era facilmente prevedibile, però, i lamenti civili, le petizioni, l’oggettività degli argomenti di cui sopra non sono serviti a niente ed è stato confermato che in questo paese per far valere i propri diritti (o presunti tali) occorre picchiare forte i pugni sul tavolo e con argomenti che con la logica poco hanno a che fare.

4. A questo punto qualcuno ha pensato che non ci fosse altro mezzo per provare a farsi dare ascolto che … quello usato da sempre da tutte le altre componenti sociali e sancito da ogni costituzione democratica. Certo, l’abbiamo detto, uno sciopero nei servizi danneggia in primo luogo l’utenza.

5. Bene, a questa utenza io chiedo di guardare un po’ più avanti rispetto alla sessione settembrina di esami. Quanto tempo pensate che potrà andare avanti

2

Page 3: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

l’università italiana mantenendo gli standard attuali, che, nonostante il trattamento riservatole, a quanto pare sono ancora di buon livello? Si potrà sempre fare affidamento sullo spirito di sacrificio volontario dei singoli? Guardate che la fuga dei cervelli investe già ora pesantemente anche i giovani accademici (leggere qualsiasi giornale). Allora quando lo svuotamento sarà completato metteremo al posto dei docenti giustamente scappati un bel pacchetto di MOOC (ovviamente di importazione)? E’ questo che volete? Questo è però un rischio reale.

6. Allora il nostro invito e auspicio è che dovreste essere voi studenti ad evitare spaccature interne all’università e, se riconoscete, come dite, la validità dei motivi della nostra protesta, la appoggiaste accettando anche voi un piccolo sacrificio (sull’entità del sacrificio, mi esprimo dopo): una vostra presa di posizione al nostro fianco avrebbe sicuramente molto maggior risonanza: pensate: “I professori non fanno gli esami ma gli studenti ne capiscono e approvano le ragioni”; forse non si leggerebbe in prima pagina ma in qualche pagina interna probabilmente sì. E magari, chissà, nel lungo termine, se ne avrebbe anche qualche effetto “strategico”. Ma probabilmente sto sognando.

Quanto sopra per gli aspetti “di principio”. Ovviamente occorre prendere in considerazione anche gli aspetti organizzativi. Da questo punto di vista non mi dichiaro del tutto competente e, ovviamente, questi problemi vanno gestiti in maniera consapevole e coordinata. Faccio comunque presente:

1. Chi gestisce l’iniziativa a livello nazionale non è/sono uno sprovveduto/i e ha/nno ben presente tutti i risvolti della vicenda inclusi quelli legali e il fatto che esiste un’opportuna istituzione di garanzia in questi casi (siamo in attesa che si pronunci).

2. In ogni caso l’intendimento è di creare il minor disagio possibile alla componente studentesca, fermo restando che uno sciopero “deve pur farsi sentire”.

3. In effetti nel caso Polimi, che prevede un solo appello a settembre, l’effetto netto sarebbe un ritardo non una soppressione di esami.

4. Le conseguenze logistiche (aule e orari) e burocratiche (scadenze e lauree) sono ben note e sono allo studio adeguate misure sia a livello nazionale che a livello locale (sperando che si instauri una efficace collaborazione tra aderenti allo sciopero e autorità accademiche).

5. Infine, se proprio vogliamo “quantificare i danni” bisognerebbe mettere su un piatto della bilancia l’effetto di qualche appello ritardato (molto probabilmente, in una maniera o nell’altra, di nessuna laurea significativamente ritardata) e sull’altro l’ammontare complessivo della perdita economica di ogni docente per tutto il resto della sua vita (i numeri si possono trovare in vari siti, ad esempio ROARS).

Prima di chiudere, scusandomi per la lunghezza, prevengo una domanda che probabilmente molti si staranno ponendo: “Come mai, se le vostre ragioni sono così forti, siete una (non trascurabile ma esigua) minoranza?” Risposta “storica”:Tutte le rivoluzioni sono partite da delle minoranze.Esiste anche una risposta più legata al caso specifico ma, per ora, la tengo per me.Cordiali saluti a tutti

3

Page 4: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

March 9th, 2017 (In the unlikely case that this page is read by a foreign colleague. Unfortunately, I do not have a similar page in the English version of my site)

Bibliometric numbers, quantity vs. quality, journals vs. conferencesIn these months hot debates are ongoing within academia on the ever increasing use of bibliometric numbers (citations, h-indexes, impact factors, rankings, …) to evaluate individual or institutional researches. Despite several authoritative warnings against the risks of abuse of such tools (e.g., [1,2,3]) they are pervading more and more the whole scientific community. Another controversy that instead is typical and almost exclusive of the computer science community, is whether conference publishing should overwhelm journal publishing as the main tool to evaluate research value. Here too a few voices are in vain trying to contrast the present tendency. In my opinion the two issues are only seemingly unrelated although they are addressed in different debates; on the contrary I believe that they are two sides of the same coin, i.e., the fact that quantity is replacing quality.In this paper I add a few further arguments to the many ones that have been already raised in previous literature and propose a few suggestions to recover from a situation which I consider pathological.

Journals vs. ConferencesTwo main arguments raised to support preferring conferences over journals as the main publication medium are:

1. Journal publishing takes too long2. Some conferences are even more selective than many journals

My main counterpoints to the above arguments are:1.a) It is true that reviewing (nowadays not publishing!) journal papers often takes long but for highly technical papers this is necessary.1.b) Some highly prestigious journals (e.g., JACM, TOPLAS, … ) have adopted effective policies to dramatically reduce the average response time: typically, a preliminary quick review states whether the paper is readable and interesting enough to deserve a thorough further reviewing effort; if a paper passes this phase, the author knows that acceptance will depend mostly on technical soundness and can be more patient. See also the symmetric point 2.b) about conference reviewing.1.c) From a more general, “social”, point of view, this claim is a symptom of the typical “time to market” syndrome which often causes serious damages even in the industrial world: research needs serious evaluation before “going to the market”.2.a) Top journals are highly selective too, sometimes even more than top conferences; furthermore, often people try to “submit anyway” to conferences even if the paper is not yet mature (e.g. due to the deadline); or they submit several papers maybe hoping in some “good luck” for some of them. Many authors are more conservative and careful when submitting to high level journals.2.b) Being highly selective does not imply guaranteeing top quality. The conference reviewing process is necessarily different than the journal’s one: having many papers to review with hard deadlines, even for serious committee members, leads to superficial reading where generic interest, “sympathy for the topic” (or even

4

Page 5: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

for the author), readability, (in some cases) distributing the load to several sub-reviewers, overwhelms thorough and comparative evaluation. Furthermore, in PC meetings, whether in presence or electronic, the prevailing opinion is often the one of the member who “speaks louder” (“over my dead body”).2.c) The tight page limits compel to submit so called -papers: small, maybe relevant, advances can be more easily published than well-developed, completed, long term research; deeply specialized contributions overwhelm those that offer a synthesis of well integrated results.

On bibliometric numbersCounting citations, and all numbers derived therefrom, is advocated as an objective evaluation method to avoid distortions deriving from (too) subjective ones –whether in good or even bad faith. Certainly, it should be hard to claim that a paper totally ignored by the literature of its field is more valuable than one that received hundreds or thousands of citations. This acknowledged, however, we should also seriously take into account the following counterpoints:The number of citations depends, besides many other factors,

on the size of the community active in the particular field, so that, not only within computer science but even within more specific subfields we run the risk of comparing apples and pears;

on how fashionable is the addressed topic; on how the author is already well-known.

Furthermore, citation number is not an adequate measure of the real impact of the paper: a citation may be just one mention in the generic “related work” section, often explicitly mandated by the “anonymous reviewer”, or can point to a fundamental source for new contributions (the “pioneering papers”), or can even address strong criticism and show fatal flaws.Other numbers are even more questionable than pure citations: e.g., should we give more value to 10 papers with 10 citations each or to three papers with more than100 citations each? Etc.But what I consider the most disastrous effect of bibliographic numbers in general, is the enormous proliferation of publication media –whether journals or conferences- and, even worse, the advent of tricks and societies aimed at, often unethically, inflating such numbers: even respected societies such as IEEE and ACM now publish and incredible number of hyper-specialized, redundant, transactions; others offer authors the possibility of making their papers open access, obviously not for free, but this policy generates an unfair economic discrimination (BTW, even conference registration’s high fees may be a source of discrimination); the most disturbing symptom is that our spam now is “enriched” with many advertisements such as “people who subscribed here have doubled their citations in xx years”.Another effect that I observed in recent years is the increased average number of authors per paper. This is not bad per se but makes the evaluation of the activity of the single researcher more difficult and generates more risks of unfairness. Most likely, four papers with four authors each, generate more citations than the same papers with single signatures, and each of the four authors benefits from the sum of citations; I never saw dividing citations by the number of authors (neither I would argue in favor of such a practice.)I believe that, if such a behavior is not seriously corrected, in the long term research will be treated in the same way as any other “market product” whose consequences

5

Page 6: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

can already be anticipated. So what? My recommendations, certainly not “original”, are quite simple and strongly connected among each other. They can be summarized in one sentence as

Do not allow that quantity overwhelms qualityThis principle should be applied consistently in the various contexts mentioned above.First, huge publication records of hundreds of papers should be discouraged or at least not praised. Various universities already ask any type of applicant to select few papers for thorough evaluation.Counting citations can be a reasonable first approximation for evaluating the impact of a result; but:

first of all, those numbers should be much more solid and comparable than in the present state: see, e.g., the differences among Google scholar, ISI, Scopus, etc.: not only they differ by orders of magnitude in absolute values but often object X is far greater than Y according to one source whereas the opposite occurs for another one;

comparisons should be made within homogeneous fields (do not compare citations of a database paper with those of an automata theory one);

only orders of magnitude should have a meaning: it is hard to claim that 10 citations mean more impact than 100, but do not claim that 300 is better than 200;

numbers other than pure citations (h, i, … indexes) should be ruled out at all as counterproductive;

mainly, do not confuse impact with value: the fact that the former is –perhaps- easier to measure should not lead to replace the latter which is a more important quality of scientific research (otherwise it would be assimilated to other commercial products.)

All forms of peer review should be given more relevance and appraisal. This applies to –usually anonymous- reviews at submission time, but also and mainly to public signed reviews, mainly if published themselves in respected magazines such as ACM-CR, Zentralblatt fur Mathematik, … .At a finer “granularity level” some citations are partially reviews themselves (“my paper strongly relies on the fundamental contribution by [xx]”, or, conversely “herewith I show a major flaw of [yy] and fix it”) unlike the typical flat list of related works.The reviewing activity should be better rewarded, with suitable publicity and appreciations in the typical times of career evaluation. In this case too however, quantity should not overwhelm quality: rigorous, deep and careful reviewers should be better appreciated than those who review tens of (conference) papers during the flight that leads them to the PC meeting.A fairly natural “corollary” of the above recommendations is to go back to the original goals and relationship between journals and conferences. Conferences are for circulation of ideas; contributions should be evaluated more for their potential than for the finished result; discarding interesting papers just to keep the acceptance rate low is simply meaningless; then, one year later, with fewer submissions, the PC changes the thresholds. (Fewer) journals should publish only thoroughly reviewed papers; not bad the present practice that some good conferences select their best papers and invite the authors of some of them to submit revised and enriched versions to high level

6

Page 7: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

journals, provided they go through additional reviewing. Conversely, why don’t journals too award “best papers” (after a while since publication, and a further, independent review) as it is now common for conferences?By this way researchers would be freed from the publish or perish pressure, and partially even from the “be cited or perish” one too. The fundamental milestones of the typical academic career (begin and end of a tenure track, advancement to full professorship) would be based on already mature data that could be evaluated on the basis of long enough periods. On the contrary it would be difficult that the value of a just graduated PhD can be assessed on the basis of a solid publication record but I do not consider this fact as an inconvenience: a few external reviews to complement the advisor’s evaluation, if necessary, would be more reliable than (too) many papers published in a rush, possibly on low level venues, at detriment of a well-organized, complete thesis.The advise I would like to give to young researchers who begin the academic career is “read more, think more, write less”, but in the present state, such an advise would probably be counterproductive.To conclude, I do not think that, in order to avoid the risk of biased, maybe unfair, subjective human evaluation, replacing it by a spreadsheet is a good recipe; rather, when it clearly appears with strong evidence, possibly confirmed by a superior board, that an evaluation has been seriously flawed and unethical (almost everybody can find some reason of complaint in any human judgment) the evaluation committee itself should be adequately punished.

References[1] D. L. Parnas, “Stop the numbers game” CACM, Vol. 50, No. 11, November 2007.[2] M. Vardi, “Academic rankings considered harmful!”, CACM, Vol. 59, No. 9, September 2016[3] M. Vardi, “Incentivizing Quality and Impact in Computing Research” CACM, Vol. 58, No. 5, May 2015

17 Febbraio 2016

Partenza della VQR e modalità per l’attribuzione degli scatti stipendialiIn questi giorni il SA ha lanciato le operazioni per la VQR 2016 e contestualmente ha approvato il “Regolamento disciplinante le modalità per l’attribuzione degli scatti stipendiali triennali dei professori e dei ricercatori di ruolo del Politecnico di Milano, ai sensi dell’art. 6 della Legge 30.12.2010, n. 240”.I due eventi non hanno coincidenza solo temporale, come ben sa chiunque abbia seguito le recenti vicende universitarie. In questa nuova nota intendo, in primis richiamare alcuni fatti recenti e poi ricavarne alcune conclusioni personali che sottopongo a chi vorrà leggermi.

I fatti1. E’ noto a (quasi?) tutti che è in atto un forma di protesta a livello

nazionale che viene rivolta contro la VQR ai fini di ottenere, principalmente e nell’immediato, il riconoscimento giuridico del periodo 2011/14. I motivi e le spiegazioni della protesta e della scelta del suo

7

Page 8: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

mezzo sono abbondantemente illustrati in decine di documenti di ogni tipo (tra i migliori quelli del collega Ferraro del Polito) e quindi spero di non ricevere nuovamente critiche del tipo “ecco che pensi soltanto al soldo” ecc.

2. Nel SA del 25 Gennaio 2016 si è discussa una bozza del regolamento di cui sopra. Nell’ambito della discussione, -cito testualmente dal verbale ufficiale- “Il Presidente ritiene che l'unico caso sia quello in cui vi è un diniego del docente; esprime inoltre parere favorevole alla prima formulazione dell'Art. 4.5 e, per quanto riguarda l'Art. 4.3, opterebbe per la seconda formulazione che dà un riconoscimento all'acquisizione di credenziali scientifiche aggiungendo, come proposta per la commissione, anche il fatto che il docente non sia risultato inattivo agli esercizi della VQR nel triennio di riferimento.”

3. La diffusione preliminare di questa proposta del rettore ha generato una prima ondata di reazioni anche molto forti sulla PD. In seguito (in conseguenza??) a ciò sono circolate voci tendenti a interpretare la discussione sull’uso o meno della VQR ai fini dell’attribuzione degli scatti in maniera più “sfumata”: ne cito alcune in forma anonima:

a. Proposta del Rettore di legare la valutazione della ricerca anche a quanto ritenuto valutabile secondo i criteri stabiliti per la VQR.

b. … ho ascoltato YY, e ZZ, e il discorso è stato: siccome vogliamo dare lo scatto a tutti ma proprio tutti, invece delle nostre credenziali usiamo i criteri VQR che sono più ampi.Se XX capisce quel che vuole …

c. anche il QQ mi aveva fatto un cenno sul fatto che non era proprio come aveva detto TT magari provo a sentire il WW

4. A seguito di queste “precisazioni” l’ondata di protesta si è rapidamente placata. Ora però il verbale ufficiale recita testualmente quanto riportato qui sopra.

5. Nel SA del 15 Febbraio è stato definitivamente approvato il regolamento in oggetto, il quale recita:

a. La valutazione dell’attività di ricerca è considerata positiva se nei tre anni solari precedenti a quello in cui matura il diritto allo scatto, il docente ha acquisito credenziali scientifiche valorizzate e certificate dal Senato accademico.

6. Preciso che a. questa formulazione è stata fatta circolare in bozza dal direttore

del DEIB, che ringrazio;b. in seguito a diverse richieste di chiarimento egli ha cortesemente

precisato:“Carissimi, ho avuto conferma che la la frase “La valutazione dell’attività di ricerca è considerata positiva se nei tre anni solari precedenti a quello in cui matura il diritto allo scatto, il docente ha acquisito credenziali scientifiche valorizzate e certificate dal Senato accademico” non è legata alla VQR, ma va interpretata nel senso che la valutazione sarà positiva se, per i 3 anni considerati, sia stato inserita in IRIS almeno una pubblicazione.”

8

Page 9: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

c. Personalmente ho chiesto che cosa ostasse a rendere la formulazione più esplicita nel senso di cui sopra senza lasciare spazio a dubbi interpretativi ma la formulazione finale è rimasta quella della bozza.

Questi i fatti. Ora:

Le mie personalissime conclusioni1. Considero molto grave che il rettore, che notoriamente non ha mai visto

di buon occhio la protesta contro il blocco degli scatti, proponga di usare l’adesione o meno alla VQR come elemento discriminante nella valutazione ai fini degli scatti stipendiali, ciò in un contesto in cui, almeno a parole, tutti, a cominciare dall’ANVUR, si affannano a ribadire che la VQR non può e non deve essere usata per valutare i singoli.

2. Considero perlomeno sospetto che, quando è circolata la voce sulla proposta del rettore siano contestualmente circolate voci (vedi il punto 3 di sopra) tendenti a ridimensionare la portata del suo intervento, ciò che ha ottenuto l’effetto di smorzare la protesta che stava generandosi, ma che sono state poi contraddette dal verbale ufficiale.Il sospetto è poi aggravato dalla formulazione a dir poco ambigua richiamata al punto 5: se è vero che essa va interpretata come spiegato al successivo punto 6.b perché non formularla esattamente in quei termini?Dato che verba volant … sarei molto grato se il SA si impegnasse a una “interpretazione autentica ed ufficiale” della regola.

3. Già che ci sono colgo l’occasione per precisare che, se da un lato sono profondamente convinto che gli scatti siano un diritto, giustamente condizionato, e non un premio, tanto meno selettivo, dall’altro non ne concludo che chiunque “timbri il cartellino” (in senso metaforico, per fortuna!) debba avere accesso a questo diritto. Ci sono diverse opportunità di usare questa leva per richiamare “qualche distratto” a una più rigorosa osservanza dei propri doveri. Solo un paio di esempi: chi sistematicamente rifugge dalle sedute di laurea o sistematicamente è assente ingiustificato ai vari consigli creando notevoli disagi ai colleghi e inefficienze al sistema, o tralascia di compilare il registro delle lezioni (nonostante qualche reminder, preferibilmente automatico: qualche dimenticanza la si può accettare da chiunque) secondo me merita lo scatto meno di chi sparacchia un articoletto su qualche rivista di serie B, tanto per “timbrare il cartellino”, appunto (il mio elenco di pubblicazioni è sempre aggiornato e on line …).

Tutto ciò detto non posso che ribadire che non parteciperò alla VQR, anzi colgo l’occasione per avvertire i non pochissimi colleghi che intendono agire come me, che al momento opportuno invierò una lettera ufficiale (senza farla protocollare, ma penso che un pdf firmato e scannerizzato basti) al direttore del mio dipartimento e al rettore, che ricaverò in larga misura dagli ottimi facsimile che ci ha fornito Ferraro. Credo non sia superflua.Le reciprocamente rispettabilissime ragioni di chi agirà come me e di chi invece agirà diversamente sono già state ampiamente dibattute e confrontate e quindi non credo di essere in grado di addurre nuovi e convincenti argomenti.

9

Page 10: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

A meno della seguente eccezione, ossia l’impatto che l’adesione o la non adesione potrà avere sul futuro dei colleghi più giovani. Su questo tema mi permetto un approfondimento.

1. I conti fatti da diversi colleghi dimostrano inequivocabilmente che il danno economico, propagandosi ed amplificandosi negli anni, colpisce molto più gravenente chi è all’inizio della carriera (qui però devo segnalare che un collega più preciso e attento di me ha rilevato qualche errore nei suddetti conti).

2. Mi è stato fatto osservare che questa popolazione è giovane solo in senso relativo a chi invece … ha più o meno la mia età. Ammetto che il mio concetto di gioventù è forse un po’ troppo relativo anche se stiamo parlando di una popolazione di diverse decine di migliaia di colleghi. Ma parliamo, giustamente, dei “giovani veri”, di coloro che bussano o stanno per bussare alle porte della nostra disastrata accademia.

3. Francamente trovo molto debole l’argomento che aderendo alla VQR procureremo maggiori finanziamenti all’università e quindi finiremo con il favorire questa categoria di persone.La VQR non serve al nostro governo per decidere se aumentare o meno l’FFO e tutto il resto. Questo è già palesemente dimostrato dall’esito della precedente VQR che non mi pare sia stata seguita da un robusto aumento del finanziamento universitario (non posso esimermi da un’amara ironia).

Al contrario la VQR serve per selezionare gli atenei (non le persone, ricordiamocelo sempre!) più meritevoli a danno degli altri. Intendiamoci: non ci vedo niente di male, anzi molto di bene, in questo scopo e sarei (e sono stato) ben lieto di appartenere a un’istituzione che, in senso relativo, si è giovata di questo meccanismo (applicando il principio di “separation of concerns” e per carità di patria tralascio qui di “valutare i meccanismi di valutazione”).Ma il punto è ben altro: conviene scannarsi come i capponi di Renzo per qualche briciola o combattere insieme per avere una torta più decente da dividere poi, quella sì, in maniera meritocratica?Ammesso e non concesso –ma è un’ipotesi assurda: si leggano i dati di Ferraro– che il Politecnico risulti danneggiato rispetto ad altre sedi da una larga astensione dalla VQR, io penso che potremmo quasi andarne fieri, soprattutto se magari si ottenesse un qualche effetto globalmente positivo per l’università italiana (ma su questo non scommetterei un cent ).

17 Novembre 2015

A valle del SA del 16/11 su finanziaria 2016, blocco degli stipendi e VQRIeri, per la prima volta, credo, si è tenuta una seduta del SA “aperta al pubblico”. La seduta è stata richiesta con una lettera firmata da 329 colleghi che chiedeva contestualmente che venisse appunto aperta al pubblico, ciò che è stato accolto dalla maggioranza dei senatori. Sono stato tra coloro che hanno assistito e non posso fare a meno di depositare in questa mia pagina le impressioni che ne ho ricavato.La discussione si è concentrata sulle 4 mozioni proposte: una ispirata da quella del senato di Padova come richiesto dai 329 firmatari della richiesta (e aggiornata sulla

10

Page 11: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

base di una più recente e molto simile deliberata dal senato dell’ateneo Federico II di Napoli), letta dal senatore Rosati; quella del DASTU presentata dal direttore dell’omonimo dipartimento; quella presentata dal senatore Rota, risultata poi vincente a stragrande maggioranza; e quella presentata dal PTA (non ricordo il nome della persona che l’ha presentata). Immagino che i testi completi delle varie mozioni siano accessibili nel verbale della seduta. Successivamente1 il direttore del DEIB, coerentemente con quanto aveva annunciato in consiglio, ha riferito che nel suo dipartimento di cui fanno parte 93 dei 329 firmatari era stata votata quasi unanimemente, con 4 astenuti contro più di 50 voti a favore, una mozione di adesione e sostegno a quella presentata da Rosati; ha poi sottolineato che invece egli, personalmente, non intendeva sostenere la stessa mozione.Devo dire che l’impressione generale che ne ho tratto è stata quella di un bel concertino perfettamente orchestrato e diretto (con solo un paio di stonature) in cui ogni intervento sviluppava il tema centrale con le opportune variazioni: Il Politecnico non può abbassarsi a questioni di vil denaro e rivendicazioni biecamente sindacalistiche; il Politecnico deve rivendicare il suo ruolo di primo della classe, ecc. ecc.Non posso che prendere atto che il senato nella sua sovranità ha esercitato il suo pieno diritto di ignorare una richiesta inoltrata da 329 colleghi e sostenuta da un intero dipartimento che è anche il più numeroso del Politecnico.Sono rimasto però molto disturbato e imbarazzato (uso parole usate a loro volta in numerosi interventi) dal tono sprezzante usato da molti colleghi-senatori. Tra i molti commenti che vorrei sollevare rispetto a quanto ho sentito ieri mi limito alle due seguenti osservazioni:

1. Come dicevo il tema centrale sviluppato dall’orchestra era quello di non voler fare la figura di coloro che chiedono più quattrini, compito un po’ vile e corporativo che spetta ai sindacati.Non uno degli intervenuti però si è degnato di rispondere all’obiezione da tempo e da molti, a cominciare dal sottoscritto (si veda ad esempio la mia nota del 4 Aprile 2013), sollevata contro questa critica e che mi vedo costretto a ribadire: la nostra protesta non è nei confronti del blocco degli stipendi in un momento di crisi, bensì contro la discriminazione che abbiamo subito rimanendo unici nel mancato sblocco e relativo riconoscimento ai soli fini giuridici. Eppure questa precisazione ha sempre accompagnato la “bieca rivendicazione economica”, non certo solo al Politecnico che ovviamente non può abbassarsi a sottoscrivere una mozione sostanzialmente e volutamente identica a quella di un altro grande ateneo, il cui rettore è anche presidente della CRUI.

2. Curioso il fatto che dopo aver rigettato con fastidio e disprezzo la richiesta invero minimalista di sblocco e riconoscimento giuridico, la mozione approvata invece si sia lanciata a chiedere "una politica retributiva adeguata, che allinei l’università italiana ad altri sistemi universitari europei"

1 Una precedente versione di queste note recitava diversamente: “Su mia esplicita richiesta …”. Il direttore Magnani mi ha fatto osservare che il suo intevento non è stato determinato dalla mia richiesta ma che aveva comunque intenzione di farlo esattamente nei termini in cui poi è stato fatto. Durante un successivo colloquio ci siamo reciprocamente chiariti che all’origine dell’episodio c’era un comune equivoco sulla conduzione della discussione; chiarito l’equivoco ben volentieri ho accettato di correggere la formulazione originaria e tengo a sottolineare che, al di là di inevitabili e naturali diversità di vedute in alcune occasioni, la nostra reciproca stima (sono sicuro di parlare anche a nome suo) rimane inalterata e forse ulteriormente rafforzata.

11

Page 12: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

che, se accettata, porterebbe quasi a raddoppiare i nostri stipendi. Lascio a chi legge l’esegesi psicologica di questa palese contraddizione logico-economica: credo che la mia sia già evidente.

Io credo che l’attuale senato non rappresenti bene il reale sentire dell’ateneo, almeno in termini di proporzioni numeriche; vorrei che la nostra dirigenza non sottovalutasse le parole “disaffezione” e “demotivazione” che sempre più spesso ricorrono in numerose prese di posizione, inclusi i testi di alcune mozioni che sono circolate in questi giorni e … spero in una diversa dirigenza che sarà espressa dalle prossime elezioni delle nostre cariche istituzionali.

16 Marzo 2015

Compiti dei ricercatori, ricorsi al TAR e trasparenzaRecentemente il TAR ha accolto il ricorso presentato da 87 ricercatori dell’Ateneo per l’annullamento del Regolamento per l’impegno didattico dei professori e dei ricercatori del Politecnico di Milano. In conseguenza di questo fatto vi sono state diverse reazioni sulla lista PD ma, a quanto pare anche sulla stampa. Giustamente alcune di queste reazioni hanno riguardato, oltre al merito del regolamento contestato, anche aspetti di metodo sulla gestione delle “cose politecniche” da parte della dirigenza ma anche relativamente allo strumento del ricorso al TAR. Il dibattito ha stimolato alcune mie riflessioni che al solito affido a queste mie note.

Considerazioni sui metodi in uso recente al PoliDevo nuovamente constatare con amarezza un deterioramento dell’atmosfera che si è instaurata in questi ultimi anni nel Politecnico.

1. Mi spiace molto che si usi l’arma del ricorso al TAR ogni volta che a livello centrale viene presa una decisione sgradita. Sottolineo che ciò vale indipendentemente dal fatto che condivida o meno il motivo del malcontento (non ho aderito al precedente ricorso contro l’obbligatorietà dell’inglese al secondo livello nonostante avessi anch’io serie riserve sulla decisione adottata dal SA). Tra l’altro, in occasione di entrambi i recenti ricorsi, nuovamente indipendentemente dall’esito del ricorso, ritengo che il TAR abbia dato prova di totale incompetenza, nel senso letterale del termine, ad emettere un verdetto ragionato e non scioccamente burocratico (mi spiegherò meglio quando entrerò nel merito).

2. Mi spiace molto che il nostro massimo dirigente, ancora una volta, abbia ignorato tutto ciò che sta avvenendo al nostro interno, e in particolare sulla PD (“ignorato” in questo caso non va inteso in senso letterale) e abbia preferito rispondere alla stampa piuttosto che a noi attraverso la PD che avrà sicuramente tanti difetti e subirà un’enormità di abusi da parte nostra, ma è pur sempre lo strumento principale per un’interazione e una comunicazione diretta tra i diversi membri (i pari, caro rettore, di cui tu sei il primus ma non il capo!). Credo che le reiterate lamentele sulla deriva dirigistica del nostro ateneo siano più che giustificate e non solo per questi episodi.

3. Mi spiace ancor più che si stia instaurando un clima di contrapposizione tra classi, cosa che a mia memoria è stata totalmente assente nel nostro ateneo fino a pochi anni fa.

12

Page 13: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Considerazioni sul merito del Regolamento per l’impegno didattico dei professori e dei ricercatori del Politecnico di Milano, del ricorso e del verdetto del TAR In questo caso devo dire di aver trovato il regolamento emanato dal SA sensato e rispettoso dei diritti ed ambizioni di tutte le parti in causa. Nella sostanza mi sembra che chieda ai ricercatori un contributo essenziale alla didattica nel pieno rispetto dalla ratio della legge (mi esprimo dopo sul cavillo del TAR nell’interpretazione del termine “didattica integrativa”), tra l’altro richiedendo un numero di ore di “didattica frontale” (altro termine da alchimia burocratica tipicamente italiano) giustamente limitato (per tutte le fasce di docenza) rispetto alle 350 ore complessive stabilite dalla legge. La possibilità di sostituire in toto o in parte tali ore con attività da “titolarità” è soltanto un grado di libertà in più che dovrebbe essere solo apprezzato (per motivi lapalissiani), vista anche la assoluta facoltatività della scelta.Allora la protesta assume solo i connotati della rivendicazione economica, come esplicitamente ammesso in alcune mail di questi giorni. Ora, che noi tutti siamo sottopagati rispetto a quanto facciamo e rispetto a quanto sono pagati i nostri colleghi nei paesi culturalmente e tecnologicamente avanzati (e non solo); che siamo l’unica categoria rimasta di “non contrattualizzati” i cui scatti stipendiali sono e rimangono bloccati, ecc. ecc. è storia vecchia e già queste mie note rigurgitano di mie proteste contro questa situazione vergognosa (molto più per la nostra dignità che per il nostro portafogli).Ma qui la faccenda si fa delicata perché appunto la rivendicazione assume i connotati di contrapposizione interna, visto che riguarda il bilancio del Politecnico e non gli scatti stipendiali. E qui, sono consapevole, in quanto ordinario, di prestare il fianco alla contestazione di chi indubbiamente ha uno stipendio inferiore al mio. Tuttavia credo di avere qualche buon argomento da contrapporre; e in primo luogo apprezzo e ringrazio Stefano Della Torre per il suo intervento che sottoscrivo in toto. Aggiungo che a mia volta, tanto tempo fa ho iniziato la carriera accademica come ricercatore CNR (non infrequente eccezione rispetto al posto di assistente di ruolo): in teoria il ricercatore CNR (il cui salario in termini di potere d’acquisto non era certo superiore a quello dell’attuale ricercatore TI) non era tenuto a fare attività didattica, anzi, sempre in teoria, per farla doveva ottenere esplicita autorizzazione e farla al di fuori dell’orario d’ufficio; orbene, io (come tutti i miei colleghi nella stessa situazione) ho sempre dato per scontato che nei miei doveri (e piaceri, e un po’ anche diritti) morali ci fosse anche quello di fare didattica, nella fattispecie esercitazioni ed esami (anche di materie non propriamente vicine alla mia ricerca); l’eventualità di un conguaglio economico extra per tale attività non è mai stata neanche presa in considerazione né da me né dalla dirigenza dell’ateneo; in compenso nessuno mi ha mai chiesto di timbrare il cartellino per dimostrare di fare didattica al di fuori dell’orario ufficiale.Mi spiace molto che l’atmosfera nel nostro ateneo sia così fortemente cambiata.

E veniamo agli aspetti tecnici della sentenza del TAR e alle sue conseguenze (a fatica mi astengo dall’esprimermi in generale sull’uso, sul funzionamento e sull’impatto di questa istituzione sulla nostra società).Francamente mi sfugge con quale criterio il TAR abbia ritenuto che le esercitazioni, l’assistenza al laboratorio e ai progetti, non siano didattica integrativa, bensì “curriculare”. In molte facoltà umanistiche le esercitazioni proprio non fanno parte dell’attività didattica (curriculare o altro che sia) e per assegnare compiti didattici ai ricercatori sono stati inventati non meglio precisati “seminari” con il risultato che spesso i malcapitati docenti si trovano a parlare ad aule vuote.

13

Page 14: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Incidentalmente gli esami, che invece la legge esplicitamente cita tra le attività che possono essere assegnate ai ricercatori, a me sembrano attività didattica molto più “curriculare” (se vogliamo intendere il termine come contrapposto a “integrativo”) delle esercitazioni e delle lezioni stesse, visto che sono l’unica veramente obbligatoria.Sia ben chiaro: con questo non sto proponendo di assegnare come compito didattico esclusivo gli esami, anche se ciò sarebbe perfettamente legale e probabilmente anche “farebbe quadrare il bilancio”. Al contrario rimango convinto che, indipendentemente dai cavilli cervellotici del TAR (sperimentati non solo in questa occasione), sia possibile e doveroso trovare il modo di impiegare le 350 ore che tutte le fasce di docenza devono dedicare alla didattica in modo efficace, efficiente, e, perché no?, piacevole e gratificante per tutti, senza tirare in mezzo i burocrati del TAR.Quanto poi alla remunerazione extra, se si insiste su questo tasto, allora osservo, che sempre per legge, noi dobbiamo certificare comunque il soddisfacimento delle 350 ore nell’ambito degli obblighi di legge e solo oltre questo limite possiamo essere pagati per prestazioni extra; a me sembrava che la possibilità offerta dal regolamento di sostituire un tipo di didattica con un’altra fosse per una volta un “salvare capre e cavoli”; ma ci si é (è stato) messo di mezzo il TAR …

29 Gennaio 2015 (articolo Corsera del 28/1/2015: ancora ‘sti baroni)Registro in queste note una mail che ho appena inviato al collega Carlo Ferraro del Politecnico di Torino –il promotore del “documento delle 10000 firme” sul blocco degli stipendi universitari- con cc al nostro rettore e ad alcuni altri colleghi.

Caro Ferraro, mi rivolgo a te e agli altri promotori del vostro documento delle 10000 firme anche perché all'interno del Politecnico (di Milano!) e in particolare della sua dirigenza, non trovo molta corrispondenza (eufemismo). So che di mail su questo tema ne ricevi a migliaia ma in ogni caso provo a rivolgermi a te/voi che unici avete preso iniziative concrete a favore del nostro mondo (anche se confesso che, dopo aver volentieri firmato il vostro documento mi trovo un po' in imbarazzo a dargli seguito con opportune azioni concrete). Vengo al dunque. Vorrei sapere che ne pensate dell'ennesimo articolo su "noi baroni" apparso ieri sul Corsera a firma GA Stella, che fa riferimento a un libro di Stefano Pivato, e intitolato "Narcisismo e cecità dei baroni uccidono l'università italiana". Vi faccio questa domanda, sperando in qualche reazione da parte vostra, perché personalmente mi fanno molto più incazzare (scusate il linguaggio non da barone) questi articoli che riempiono la nostra stampa, regolarmente di provenienza di nostri colleghi, che i tagli stipendiali; anzi dichiaro con forza che è proprio questo andazzo pieno di luoghi comuni, frasi fatte e IDIOTE generalizzazioni che permette poi ai nostri politici (tra cui si annoverano, nuovamente, numerosi colleghi) di martoriare la nostra immagine e di conseguenza i nostri stipendi. Ora, che anche nel mondo universitario ci siano mele marce nessuno lo può negare; mi sembra però che questa presenza non manchi, e in dosi significative, tra magistrati che fanno uscire di galera i mafiosi perché in 8 anni non riescono a scrivere una sentenza, tra netturbini che sono colti da epidemie il giorno di capodanno, tra maestre che percuotono i bambini a loro affidati, per non parlare di imprenditori e politici che si scambiano bustarelle sempre a spese nostre.

14

Page 15: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Però non ho sentito dire che le maestre sono tutte sadiche, i netturbini tutti lavativi, ... e guai a chi osa dire una parola contro i magistrati! Perché invece per noi vale esattamente il contrario? La triste risposta è perché tra noi i veri baroni, quelli che detengono il vero potere mediatico e politico sono proprio quelli che poi trovano comodo farsi belli per aumentare il proprio suddetto potere attaccando e gettando fango nel mucchio dei troppi di noi che, come voi sottolineate, invece tirano la carretta facendo spesso più del doppio del proprio dovere. Tanto loro non campano certo dello stipendio universitario e "tirano ben più di 4 paghe per il lesso". Concludo chiedendovi se non riuscite ad individuare qualche azione concreta, e.g., lettere di risposta, per controbattere a questi continui attacchi che poi, ripeto, sono ciò che facilita il blocco dei nostri SOLI stipendi. Cordialmente

Dino Mandrioli

PSPer motivi diversi, che non sto a spiegare, metto in cc. il rettore e pochi altri colleghi del PoliMi.

3 Ottobre 2014

Meritocrazia, meritocrazia, meritocrazia: ancora e sempre meritocrazia!Da tempo ormai questa parola ricorre sempre più spesso nei discorsi di chi ci governa (a tutti i livelli, dal localissimo al planetario), nei media, negli interventi di molti di noi. Personalmente ho sempre avuto una viscerale riottosità a seguire le mode –dite pure una naturale tendenza a fare il bastian contrario- e infatti ho già avuto modo di commentare su queste note alcune evidenti storture legate all’abuso di questo termine. Gli eventi più recenti, tuttavia, mi hanno indotto a tornare sull’argomento, questa volta da un punto di vista meno tecnico, meno legato all’ambito universitario, direi quasi “sociale”.Comincio con un po’ di etimologia. Come ben noto, il suffisso “crazia” di derivazione greca () sta ad indicare una forma di governo o di esercizio del potere. Quindi merito-crazia significa “governi chi lo merita”: e chi potrebbe eccepire (a parte il piccolo dettaglio di stabilire chi è depositario di tale merito)? Però un rapido confronto con l’altra forma di crazia ritenuta universalmente (a parole) la migliore –o, come diceva qualcuno, la meno peggio- ossia la demo-crazia suscita subito qualche dubbio: potremmo accettare entrambi i termini assumendo che chi merita è tutto il popolo: giusto ma se meritano tutti indistintamente non ne caviamo fuori nulla; infatti la democrazia è naturalmente contrapposta ad aristocrazia, ossia governo dei migliori, ossia coloro che più meritano, per definizione, di governare sugli altri (vabbé poi nei secoli questi sono stati un po’ … ridefiniti, ma qui stiamo parlando di etimologia); quindi a ben guardare i due termini continuamente evocati e invocati da tutte le parti non sono proprio “conciliabili”. Tuttavia da tempo sappiamo che la democrazia diretta è impraticabile in comunità ampie e complesse; quindi il popolo deve necessariamente delegare il proprio potere, e chi miglior recettore della sovrana delega se non chi merita? Ottimo: abbiamo riconciliato i due termini contrapposti! Già, ma come fa il popolo a individuare chi merita di ricevere la sua delega? Altra domanda facilissima: mediante libere elezioni! Ma a questo punto le cose si complicano un pochino: in che modo ogni singolo

15

Page 16: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

elettore stabilirà chi merita di governarlo? A suo insindacabile giudizio, perbacco: eh ma allora la simpatia personale, l’appartenenza alla stessa classe sociale, l’affabilità, il programma di governo che favorisce i miei interessi sono elementi che portano a individuare chi merita di più? E poi, a ben vedere non ha neanche molto senso stare a domandarsi se Nixon, Carter, Obama, Renzi, Prodi, Churchill, Putin, … abbiano meritato più di milioni di altri sconosciuti di assumere le responsabilità che sono state loro affidate. Questa è democrazia punto e basta (e poi sappiamo anche che un nugolo di dittatori sono stati regolarmente eletti).Allora forse proprio alla luce dell’etimologia il termine meritocrazia dovrebbe essere un po’ ripensato.“Eccolo il solito egualitarista demagogico, che in questa maniera giustifica i lavativi, gli inetti, ecc.”Non è proprio così e nuovamente propongo la mia storia personale (leggi CV) per confutare a priori questa accusa. Invece proprio l’etimologia mi aiuta a spiegare come la penso in merito … al merito:Il termine etimologicamente corretto per indicare che il merito va giustamente e correttamente valorizzato, a mio avviso non è legandolo alla crazia, bensì alla scelta o selezione (non oso proporre un termine di derivazione greca; forse epilogia? e quindi mi accontento di merito-selezione). Inquadrata sotto questa luce, il termine evita la precedente contrapposizione che poi porta ad una contraddizione in termini: in base al merito si deve scegliere chi ha il diritto, dopo la scuola dell’obbligo, di proseguire gli studi; in base al merito si deve scegliere chi deve avanzare nella sua carriera, di qualsiasi tipo essa sia, o anche semplicemente chi ha diritto a mantenere il proprio posto di lavoro o all’aumento di stipendio (…). Certo, si potrebbe proseguire fino a scegliere in base al merito chi ci deve governare; però ci ritroviamo dove siamo partiti: a una certo punto la scelta in base al merito diventa scelta di crazia e di solito (e fortunatamente) il prefisso cambia a favore del demo. Non mi risulta che il modo con cui viene eletto un capo di stato o un rettore sia considerato –né considerabile- meritocratico; mi accontento di verificare che esso sia espressione di una qualche volontà popolare in qualche modo –spesso deprecabile- coagulata intorno a un nome o a un partito.Perché non essere merito-selettivi anche per assegnare le cariche di governo? semplice: perché il merito va valutato. E valutare chi merita di fare il magistrato o il professore è più difficile che valutare se uno studente merita di superare un esame (valutazione comunque non banale e non …”oggettiva”). Ma valutare chi più meriti di governare un popolo o anche una comunità più ristretta è impresa semplicemente utopistica o addirittura folle. E allora è giusto ricorrere alla democrazia: ogni voto vale come un altro (ma qualcuno merita più di altri di esercitare il proprio voto?) e viene determinato mediante libero arbitrio da chi lo esprime. Punto.E allora dopo questo excursus di carattere filosofico-sociologico, torniamo al mostro microcosmo universitario e politecnico.In realtà i meccanismi che regolano la nostra carriera sono da sempre e quasi in tutto il mondo, tra i più merito-selettivi, almeno in linea di principio: un magistrato vince un concorso indubbiamente molto selettivo (merito-selettivo, sperabilmente) ma poi la sua carriera progredisce senza praticamente alcuna ulteriore valutazione e selezione (approssimo un pochino ma la sostanza è questa); un giovane che ambisca alla carriera accademica oggi deve superare di norma almeno 4 dure selezioni. La selezione per sua natura induce competizione e ciò ovviamente è un bene o almeno è inevitabile. Però è anche vero che in molti casi l’abolizione o almeno la diminuzione dello stress da competizione favorisce il nascere di risultati scientifici di grande e

16

Page 17: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

duraturo valore: non a caso praticamente tutto il mondo accademico fa uso di una qualche forma di tenure: il ricercatore dotato di tenure è più libero di far viaggiare la propria fantasia verso orizzonti inesplorati e accetta più facilmente il rischio di “non cavare un ragno dal buco”. Intendiamoci, è anche doveroso evitare usi distorti di questo indubbio privilegio, e quindi occorre comunque verificare l’adempimento dei propri doveri accademici di ogni tipo incluso un minimo di “produttività scientifica documentata”, condizionando ad esso, ad esempio l’aumento dello stipendio esattamente come prevede la legge oggi in vigore; imporre invece una continua selezione dal momento dell’entrata in ruolo fino al raggiungimento della pensione è una stortura messa in atto –solo provvisoriamente? e chi ci crede?- dal nostro governo e recentemente applicata dal nostro ateneo.Ma qui arriva l’altro punto gravemente dolente: indipendentemente da quando sia meglio applicare una selezione in base al merito rispetto a una qualche forma di democrazia, il problema è che il merito va valutato. E, come già sottolineato, più si procede in selezioni via via più restrittive e delicate, più diventa aleatorio non solo misurare ma anche definire quale forma di merito sia da applicare per una certa scelta: qual è il merito con cui Marchionne è stato scelto alla guida di una società privata come la FIAT? e qual è il merito con cui si sceglie chi deve dirigere un’azienda di proprietà pubblica?Certo, nel nome di questa difficoltà nel valutare queste forme di merito sono stati perpetrati dei veri e propri abomini anche (non direi soprattutto) nel mondo accademico, soprattutto in certi suoi settori. Ecco che allora partono le crociate “oggettivizzanti”, che nel nostro mondo –intendo proprio “mondo” non solo Italia- ha partorito quel capolavoro che oggi chiamiamo bibliometria, ha generato l’ANVUR, U-Gov, ecc. Ma su questo aspetto già molto è stato detto e io stesso mi sono già espresso anche su queste note; quindi non mi ripeto e la chiudo lì con una breve sintesi e una piccola provocazione:

Distinguiamo tra crazia e selezione Distinguiamo tra selettività in base al merito e strumenti con cui valutare il

merito Non pretendiamo di sostituire valutazioni responsabili ma soggettive con

utopistici meccanismi pseudo-oggettivi che quasi sempre si risolvono in rimedi molto peggiori del male.

Ma, se proprio vogliamo sostituire uno spreadsheet a una commissione, perché non lo sostituiamo anche a un elettorato e non mettiamo a punto una bella griglia valutativa per calcolare il prossimo rettore del Politecnico?

14 Giugno 2014

Date appelli e semplificazioniL’11 Giugno 2014 si è svolta la conferenza di Ateneo sulla “semplificazione”, conferenza cui deliberatamente non ho partecipato preferendo dedicarmi a un’attività del tutto inutile, almeno ai fini di riempire i file U-Gov e quindi accedere ai ricchi “premi o incentivi” di cui agli articoli xx della legge yy, ossia dedicarmi a una ricerca di “lungo termine”, ed essendo convinto della assoluta inutilità di una mia partecipazione.Orbene, per ironia della sorte, il giorno dopo ho ricevuto, come molti altri, la richiesta di fissare le date dei prossimi appelli del mio insegnamento nelle lauree magistrali che riporto con copy & paste qui sotto.

17

Page 18: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Gentili professori, vi prego di inviare

entro il 25 giugno 2014

le date degli appelli d'esame dei corsi di Laurea Magistrale per la Prima sessione (2 febbraio 2015 lunedì- 6 marzo 2015 venerdì) Seconda sessione (29 giugno 2015 lunedì-31 luglio 2015 venerdì) e Terza sessione (31 agosto 2015 lunedì- 2 ottobre 2015 venerdì).

Numero di appelli previsti:Prima sessione2 appelli per gli insegnamenti erogati nel I semestre 2014/20151 appello per gli insegnamenti erogati nel II semestre 2013/2014Il 27 febbraio 2015 non si possono fissare appelli perchè sono programmati gli appelli di laurea Primo Livello.

Seconda sessione2 appelli per gli insegnamenti erogati nel II semestre 2014/20151 appello per gli insegnamenti erogati nel I semestre 2014/2015E' necessario che almeno un appello venga fissato entro il 14/07/2015 (termine ultimo per la verbalizzazione appelli laureandi)Il 24 luglio e il 28 luglio 2015 non si possono fissare appelli perchè sono programmati gli appelli di laurea Primo Livello e Secondo Livello.

Terza sessione2 appelli per tutti gli insegnamenti erogati nel 2014/2015.

Vi ricordo cheLe aule saranno disponibili nei seguenti turni:ore 8.00-12.00ore 12.15-16.15ore 16.30-20.30Vi prego di specificare l'orario effettivo d'inizio d'esame.

La richiesta aule verrà inserita in base agli studenti aventi diritto con rapporto posti occupati/posti vuoti 1/4. Se vi sono particolari esigenze vanno segnalate assieme alla preferenza di orario.

Inoltre, eventuali richieste di accorpare gli appelli d'esame della Laurea Magistrale con appelli d'esame della Laurea 1 Livello saranno prese in considerazione solo se questo non comporta problemi di disponibilità aule e di sovrapposizione con appelli di Laurea Magistrale.

Cordiali saluti,***Immagino che, giorno più giorno meno, analoga richiesta sia stata ricevuta almeno da tutti i docenti della “scuola 3I”.Ora io chiedo a senatori, rettore, presidi:

18

Page 19: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

1. Quanto e come vengono semplificate le nostre procedure chiedendo a ognuno di specificare a metà giugno 2014 quando ella/egli farà esami a ottobre 2015?

2. Esiste un’altra università nel globo terracqueo in cui le date degli esami (al momento 5 appelli per anno ma …) vengono fissate con cotanto anticipo? Se esiste vorrei congratularmi con il suo corpo docente e con i suoi “manager”.

3. Semplicità per semplicità non vale allora la pena di unificare le procedure per I e II livello, importando quindi dal I livello non solo la decisione d’ufficio sulle date (derogabile solo per gravissimi motivi di cui non ho ancora conosciuto un esempio considerato tale; salvo poi cambiare d’ufficio le medesime decisioni varie volte senza interpellare i docenti interessati) ma anche i 6 appelli annuali minimi? Almeno ci verrebbe risparmiata la fatica di consultare agende … ancora inesitenti, almeno per chi le usa ancora in forma cartacea.

4. Anzi, sarebbe ancora più semplice tornare ai 14 appelli di buona memoria e magari anche abolire i semestri, sulla cui efficienza didattica, almeno per certe materie di base, sono sempre sussistiti ragionevoli dubbi: si ritornerebbe a una situazione in cui pochi studenti bravi e meritevoli seguirebbero le lezioni e sosterrebbero con profitto gli esami del proprio anno accademico prima dell’inizio di quello successivo e gli altri, come sempre, continuerebbero a tentare e ritentare gli esami di corsi non seguiti sperando prima o poi di “trovare l’appello giusto”. (Se non si fosse capito questa è una provocazione, ma, come tutte le provocazioni, ha un fondo di serietà e realismo).NB: per chi non lo sapesse, il sottoscritto è stato coordinatore di una commissione dell’allora V facoltà di ingegneria che si fece promotrice di una revisione profonda della prima “interpretazione komoenista” del 3+2 secondo cui gli esami si sarebbero dovuti svolgere esclusivamente attraverso prove in itinere e laboratori. La commissione propose un più morbido ripristino del concetto di “appello”; la proposta fu recepita dalla facoltà e poi generalizzata all’intero ateneo.

Ciò detto provvederò entro i termini prescritti a indicare le date richiestemi corredandole con un ossequioso signorsì eseguito in un rigido e scattante “attenti virtuale”; anzi, visto che non mi rimane molto alla pensione (forse ancora meno del previsto, vista l’aria che tira all’interno e all’esterno dell’ateneo), mi preparo, per la prossima richiesta, a indicare le date di tutti i miei appelli di qui all’espulsione del sottoscritto dalla struttura in cui ha passato (poco meno di) mezzo secolo della propria vita.

4 Aprile 2013

Sulle progressioni stipendiali, leggi e decreti relativi e linee guida del Senato accademicoIn una recente seduta il SA ha affrontato il problema dell’utilizzazione dei fondi attribuiti dal MIUR a questo Politecnico per “la ripartizione delle risorse e per la selezione dei professori e ricercatori destinatari dell’intervento secondo criteri di merito accademico e scientifico – art. 29, comma 19, Legge 30 dicembre 2010, n. 240”. Al riguardo (un’apposita commissione del) SA ha predisposto alcune “Linee Guida per il Regolamento per l’attribuzione dell’incentivo di cui articolo 29, comma 19 legge 240/10”. Dopo aver preso visione del dispositivo della legge 240 e del “DM 314 del 21/7/2011 che delinea invece i criteri che devono essere seguiti per l’attribuzione di tale scatti”, nonché delle suddette linee guida, non posso fare a meno di ricorrere a queste mie

19

Page 20: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

note per depositarvi le mie reazioni: visto che a livello dell’Ateneo nulla è stato ancora deliberato e visto che sono previsti opportuni e benvenuti dibattiti nelle varie sedi (dipartimentali), senza peraltro farmi alcuna illusione, intendo fare di tutto perché in qualche maniera le mie –e certo non solo mie- impressioni e proposte vengano almeno prese in considerazione … prima della scontata cestinatura :-(.Articolo questo mio intervento in due fasi: una di analisi e una di (varie) proposte. Ognuna di esse a sua volta è rivolta sia all’esterno del Politecnico –nei confronti del MIUR- sia al nostro interno –nei confronti del SA che dovrà deliberare al riguardo.

1. Nei confronti del MIURIl dispositivo del DM 314 è in palese contraddizione con lo spirito e la lettera della legge (a parte il solito macroscopico ritardo: art. 29, comma 19: “Con decreto …adottato … entro 45 giorni (!) dalla data di entrata in vigore della presente legge”). La legge infatti parla esplicitamente di scatti stipendiali e li vincola a un buon espletamento dell’attività istituzionale del docente da documentare mediante apposita relazione e valutare da parte dell’ateneo. Addirittura si legge esplicitamente “In caso di valutazione negativa la richiesta … può essere reiterata dopo …”. Il DM invece trasforma lo scatto stipendiale (che è un diritto, rispetto al quale può aver senso la relativa perdita solo in caso di inadempimento o scarso adempimento dei propri doveri come chiaramente si evince dalla ratio della legge) in “incentivo una-tantum”: un evidente arbitrio, oltre che contraddizione rispetto al dispositivo di legge.Ma il DM va ben oltre: in modo del tutto arbitrario e ingiustificato stabilisce il “limite del cinquanta per cento dei soggetti ammissibili ai sensi del precedente comma 2,   per ciascun ruolo e fascia.” trasformando un diritto –giustamente- condizionato alla verifica dell’attività svolta, in una corsa a premi –peraltro di risibile entità- destinata a dividere il corpo docente in “serie A e serie B” (evidentemente qualcuno lassù si è affezionato alle mediane), con facilmente prevedibili conseguenze sul benessere psicologico e sulla motivazione del nostro corpo docente, già adesso attraversato da –spesso motivate- spinte corporativistico-sindacalistiche un tempo sconosciute: tenuto anche conto che ovviamente l’elenco dei “buoni e cattivi” sarà immediatamente pasto di youtube e altri vari media, alzi la mano chi non avrà almeno un po’ di “disagio” se si troverà in serie B, soprattutto sulla base di meccanismi … ma di questo parlo dopo.Precisazione: sia ben chiaro che nella situazione di gravissima crisi finanziaria in cui si dibatte il nostro paese noi docenti universitari, soprattutto i più anziani, restiamo comunque in una situazione di privilegio rispetto a chi ad esempio è del tutto senza lavoro. Non avrei quindi nulla da eccepire se ci fosse stato detto: “i quattrini non ci sono, quindi pazientate ancora per i vostri scatti in attesa di tempi migliori”; ma questa elemosina allora la si sarebbe potuta utilizzare meglio (vedi sotto) preferibilmente comunque nell’ambito universitario o al limite anche al di fuori di esso, invece che usarla per creare malumori, tensioni interne nel nome di una falsa meritocrazia, in realtà umiliando ancora una volta i tanti che cercano di mandare avanti la baracca.

2. Nei confronti del nostro SenatoSono rimasto molto deluso dal documento “Linee guida per il Regolamento …”. Esso si limita a prendere atto senza alcun commento del dispositivo ministeriale e si accinge ad applicarlo nella maniera più burocratica possibile. Molto spesso ci sentiamo dire al nostro interno “è la legge: non possiamo fare altro che applicarla”. Orbene, mi spiace dire che questa giustificazione fa acqua da tutte le parti: se la legge (o meglio in questo caso un DM che, come argomentato in precedenza, ha esso

20

Page 21: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

stesso parecchi elementi di illegalità) risulta gravemente penalizzante nei confronti del nostro mondo, come minimo lo si dovrebbe fare osservare con forza e si dovrebbero intraprendere tutte le azioni possibili per contrastarne gli effetti peggiori.Invece, non solo nel documento del SA non c’è la minima espressione critica nei confronti del DM ma la procedura delineata per applicarlo va anche oltre quanto già arrogantemente imposto dal decreto: il decreto infatti parla solo di una relazione sull’attività svolta da valutare da parte dell’Ateneo; il documento “Linee guida” invece nei “Criteri base” ignora del tutto la relazione e … si butta sulle famose credenziali scientifiche di U-Gov-iana memoria. Ma non si era detto e ripetuto ai 4 venti che queste credenziali, già molto difettose del loro, potevano al massimo servire come indicatore per attribuire risorse alle varie istituzioni (dipartimenti) ma mai e poi mai si sarebbero dovute usare per valutare i singoli? E adesso, senza colpo ferire, e senza che in questo caso venga la benché minima imposizione dalla legge, diventano un elemento discriminatorio per dividere brutalmente il corpo docente in serie A e serie B?Eh no: non è la prima volta che con la scusa del diktat di legge si va ben oltre la lettera della legge (o pretesa tale) stessa.

3. La parte propositivaSiccome prevedo la scontata obiezione “facile criticare ma allora che cosa potremmo fare invece?” offro un pacchetto di spunti per azioni che, se fossi (ancora) in SA mi piacerebbe proporre. Preciso che si tratta solo di spunti che però potrebbero benissimo essere elaborati fino a diventare azioni e delibere precise e concrete. Li elenco in ordine decrescente di provocazione-contrapposizione con il famigerato DM 314:

a. Deliberare di non utilizzare i fondi per “incentivo ai singoli docenti” ma destinarli ad altri più utili e meno deflagranti scopi; ad esempio rinforzare l’esangue voce di bilancio destinata alla didattica (in particolare alla didattica integrativa: supplenze e esercitazioni varie). E’ quasi scontato che una tale delibera verrebbe rigettata ma si otterrebbe una certa risonanza e alla peggio si sarebbe ritardato di qualche settimana/mese la distribuzione dell’elemosina che non credo potrebbe servire per il carrello della spesa delle nostre famiglie; del resto stiamo parlando di diritti maturati nel 2010 …

b. Distribuire i fondi privilegiando le fasce inferiori di docenza: dai ricercatori in su: tra tutti i ricercatori che fanno domanda eliminare solo coloro che in base a criteri oggettivi e inoppugnabili (mi sta bene tra questi includere gravi inadempienze formali come la mancata consegna di registri, reiterate assenze ingiustificate, …) abbiano dimostrato negligenza e scarso impegno. Per eventuali residui procedere in ugual modo con la fascia degli associati. Questa soluzione appare decisamente difendibile (difendibile, non allineata!) anche nei confronti del dispositivo ministeriale.

c. Invitare tutti coloro che ritengono di aver meritato lo scatto stipendiale (non di essere nel primo 50%!) a compilare con cura la propria relazione ma a rinunciare a priori all’incentivo a meno di seri e insindacabili problemi personali); indi provvedere a una valutazione seria di tutte le relazioni senza tuttavia stabilire un ordinamento né una divisione in fasce; tra coloro –si spera pochi-che hanno fatto richiesta della prebenda escludere solo coloro che non soddisfino i criteri di cui

21

Page 22: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

al punto b. Se malauguratamente le richieste dovessero superare il fatidico 50% si ricade nel successivo punto d.

d. Se proprio, per fortissima imposizione esterna o insistenza interna da parte dei singoli (nel non voler rinunciare spontaneamente) o da parte del SA, si volesse por mano alla compilazione della graduatoria –assumendosi la piena responsabilità delle relative conseguenze- allora che si faccia un vera, rigorosa valutazione comparativa con i relativi costi. Ribadisco infatti che un conto è valutare, sia pur con serietà e rigore, il superamento di una soglia di sufficiente o anche discreto lavoro svolto, e ben altro è arrivare a dire che Tizio è stato più bravo di Caio.Fatica immensa? Certo ma se si è così ottusi da voler ad ogni costo dividere chi vive nell’ateneo in buoni o cattivi o in bravi e scarsi, beh allora le responsabilità bisogna prendersele fino in fondo e non nascondersi dietro il solito foglio excel-U-Gov. Quindi? Si costituisce una bella commissione “super partes” per dipartimenti/sezioni/SSD che si smazza le varie relazioni, le confronta anche con i famosi parametri bibliometrici, se lo ritiene (purché non faccia poi come certe commissioni per l’abilitazione nazionale …), e alla fine tira fuori in modo inappellabile il famoso 50%.Dove e come peschiamo la mitica commissione super partes? Una prima proposta, suscettibile di miglioramenti: tra i nostri professori emeriti in primis, e all’occorrenza tra colleghi di chiara fama, preferibilmente dotati di una certa anzianità, di altri atenei nazionali. Siccome il lavoro che li attenderebbe sarebbe notevole, si può anche pensare a un certo compenso per il loro contributo, da attingere ovviamente tra i fondi elargiti dal ministero.

Non mi resta che sperare che il dibattito che si annuncia su questo tema estremamente delicato sia intenso, approfondito e allargato. Non mi faccio molte illusioni ma sarei molto contento se il mio pessimismo fosse smentito.

19 Novembre 2012

Sulla biblio-metro-maniaStanno per scadere i termini per le domande di partecipazione all’abilitazione scientifica nazionale. A questa novità, vagamente reminescente della libera docenza di antica memoria, è abbinata la rivoluzionaria ghigliottina del superamento dei parametri bibliometrici. Moltissimo è già stato scritto al riguardo in sedi di ogni tipo, molto spesso con ovvio buon senso. ANVUR e ministero però non se ne sono dati molto per inteso e hanno tirato diritto per la loro strada; e allora, stimolato dalle sacrosante lamentele di giovani colleghi che da questa ghigliottina rischiano di essere decapitati, ho posto mano a queste note per dire (a me stesso?) la mia.Premetto che ritengo condivisibili sia l’obiettivo posto dalla nuova legge sia, in parte, l’approccio adottato. E’ molto probabile che si siano verificati ripetuti casi di arbitrio da parte di commissioni di concorso. Personalmente, anche se spesso non ho condiviso l’esito di diversi concorsi e mi sono talvolta trovato in minoranza quando facevo parte delle commissioni, non posso citare casi così eclatanti come paiono quelli di cui si legge sui giornali (non credo sia casuale il fatto che per lo più provengano da medicina). E’ quindi lodevole l’obiettivo di porre fine a tali casi. Sicuramente approvo il ricorso alla doppia fase <abilitazione nazionale (con annesso

22

Page 23: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

il rischio assolutamente da evitare di vanificarla ammettendo quasi tutti)-chiamata da parte dei dipartimenti>. E’ anche ragionevole imporre alle commissioni di motivare le proprie decisioni sulla base di elementi di valutazione il più possibile oggettivi. Infine è anche condivisibile fare riferimento ad alcuni elementi di valutazione abbastanza comunemente adottati in ambito internazionale; ed è indubbio che tra di essi figurino anche i meccanismi bibliometrici.Con questo però ho esaurito la parte positiva della mia opinione sui nuovi meccanismi concorsuali.Il processo attuale che, ricordo, si sta giocando sulla pelle di migliaia di giovani e meno giovani colleghi, è inficiato da gravissimi difetti sia nel merito che nel metodo.L’errore “ideologico” fondamentale è la pretesa di rimpiazzare le “commissioni mafiose, nepotiste e corrotte” –o almeno incatenarle- con database e spreadsheet. Come è stato infinitamente ma inutilmente ripetuto, qualsiasi pretesa misura “oggettiva” del valore scientifico porta immediatamente la conseguenza di comportamenti distorti tendenti a massimizzare la misura dello strumento rispetto al valore intrinseco, ben più difficilmente oggettivizzabile. Già un paio di decenni fa’ c’era chi metteva in guardia dal rischio di passare dal “publish or perish” al “be cited or perish”. Strettamente connesso con questo errore è l’uso di parametri che nettamente privilegiano la quantità rispetto alla qualità. Citazioni e h-index, tutto sommato possono avere almeno un valore indicativo, purché non si faccia l’errore di ritenere che 10 citazioni a 10 lavori siano preferibili a 100 citazioni a 3 lavori (e che 100 citazioni siano più importanti di 50, ecc. ecc.). Il numero di pubblicazioni (per di più su rivista e in un arco di tempo stabilito a priori) è invece una vera e propria istigazione a delinquere e ne ho già constatato gli effetti perversi nelle mediane del mio SSD: spulciando qua e là ho notato nomi di riviste nate come funghi, spesso volutamente ingannevoli (ad esempio, accanto a Journal of XXX, rivista rinomata, si trova Journal of XXX international); la gran parte degli elenchi di pubblicazioni ormai contiene diverse centinaia di articoli (medie di un paio al mese); non parliamo del numero di autori che, non essendo –ancora- tenuto in conto nei calcoli bibliometrici, è esploso anch’esso: 10 articoli firmati da 10 autori l’uno valgono 10 per ognuno di essi, un articolo a testa invece … Chi poi sarà così folle da impegnarsi in una monografia che magari richiede diversi anni per essere completata e poi conta rigorosamente 0?Invece che continuare con una lista che potrebbe diventare interminabile, osservo che da questo punto di vista si è fatta una clamorosa inversione di marcia rispetto a una delle poche e semplici iniziative “virtuose” del recente passato, ossia quella di obbligare i candidati a scegliere poche tra le proprie pubblicazioni da sottoporre all’esame –che quindi avrebbe potuto essere più attento e scrupoloso- della commissione. Adesso invece si è già scatenata la corsa a massimizzarne il numero, con l’effetto perverso indotto dalla necessità di superamento delle mediane. Da un massimo si è passati a un minimo …A queste scontate osservazioni nel merito aggiungiamo che l’intero processo è stato lanciato con un infantilismo e un pressapochismo a dir poco sconcertanti. Soltanto ANVUR e ministero non si sono resi conto che, anche sposando la causa della bibliometria ad oltranza, non esistono strumenti sufficientemente affidabili per mettere in atto la procedura di valutazione con un minimo di garanzia.I vari database utilizzati producono dati differenti tra loro per ordini di grandezza; gli algoritmi di calcolo sviluppati producono risultati estremamente instabili e contraddittori come ognuno di noi ha avuto modo di constatare nell’uso di U-GOV; personalmente in poche ore di indagini a campione ho trovato una quantità incredibile

23

Page 24: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

di errori, sarebbe meglio dire che ho trovato pochissimi casi di dati corretti. E su questi dati pretendiamo di escludere a priori tanti colleghi da una valutazione seria? Altro che “dalla padella alla brace”!“OK, sempre facile criticare a priori per mantenere lo status quo”: beh, è anche facile rispondere in questo modo a ogni critica. Invece, nossignori: è molto facile, con un minimo di buon senso, rivolgere in modo positivo e costruttivo le scontate critiche di cui sopra. Offro qualche spunto:Ci sono commissioni di lestofanti che fanno vincere l’amante del barone con una pubblicazione risibile contro il luminare di livello internazionale?Benissimo: obblighiamo pure la commissione a confrontarsi con qualche indicatore bibliometrico (vanno anche bene i 3 attuali, se si vuole), ma:

1. Confrontarsi non vuol dire essere obbligati ad adeguarvisi, sostituendo di fatto uno spreadsheet alla commissione; basta essere obbligati ad opporre a dati oggettivi dati oggettivi e incontrovertibili, tipicamente tali da non essere messi in discussione da nessun collega super partes, magari anche di una nazione diversa.

2. Se invece la spiegazione fornita dalla commissione per il proprio operato venisse giudicata palesemente e macroscopicamente infondata da un eventuale “supercomitato”, eventualmente internazionale (da invocare e convocare solo in casi eccezionali) i commissari stessi ne dovrebbero subire le conseguenze di persona, in modo da pensarci bene prima di esporsi (oggi pagano molto meno di un arbitro che nega un rigore evidente eppure hanno un po’ più di due secondi per pronunciarsi); ben altro approccio del classico ricorso al TAR, sulla base di vizi formali, che non produce nulla tranne che prolungare i tempi a dismisura.

3. I suddetti indicatori bibliometrici dovrebbero essere usati solo per individuare le fasce estreme: e.g., ultimo e primo quartile, non le mediane da superare pena esclusione a priori: certo, per ammettere un candidato della fascia bassa o escluderne uno di quella alta, allora sì dovrebbero essere addotti argomenti inoppugnabili (comunque da non escludere a priori), ma, poi, è ridicolo pensare che un candidato sia migliore di un altro –o che una soglia sia superata o meno – per un’unità di h-index.

4. A valle di questa “scrematura” però, il meccanismo della peer review rimane l’unico strumento serio di valutazione, possibilmente corredato da una serie di meccanismi integrativi e correttivi, come l’allargamento del corpo giudicante mediante “endorsers e recommendations” esterni (uso a malincuore l’inglese perché la traduzione letterale … avrebbe qualche problemino ).

5. I famigerati parametri bibliometrici dovrebbero essere rivisti in modo da evitare distorsioni a favore della quantità contro la qualità: selezionare a priori un insieme di sedi di pubblicazione di universale riferimento (per molti SSD, in campo internazionale) come già avviene in diverse università americane di massimo livello; anche le citazioni dovrebbero essere opportunamente “pesate”: oggi una generica inclusione nella “related works section”, una recensione altamente elogiativa e … una stroncatura valgono comunque uno nel conteggio.

6. Infine sarebbe (stato) molto più saggio mettere da parte l’ansia di passare subito dalle parole ai fatti e attendere che, perlomeno, le sorgenti e gli elaboratori dei mitici dati -ISI, Scopus, (perché non GoogleScholar?), Cineca, …- mettessero a disposizione dati non proprio casuali, al massimo limitandosi

24

Page 25: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

per questa tornata a suggerire alle commissioni di tenerne parziale conto per evitare errori eclatanti.

Purtroppo l’ANVUR si è dimostrata del tutto sorda a questi suggerimenti di buon senso inutilmente raccomandati da più parti, non certo solo dal sottoscritto. Non mi resta allora che sperare che i colleghi che avranno la (s)ventura di essere sorteggiati nelle commissioni interpretino i pochissimi gradi di libertà lasciati dalla legge e dai relativi decreti attuativi nella maniera più larga e flessibile possibile. A chi ancora si dibatte se fare domanda di abilitazione o meno (purtroppo il “tentar non nuoce” vale fino a un certo punto) io suggerisco di presentare comunque la domanda, riservandosi eventualmente di ritirarla in attesa di chiarimenti e orientamenti interpretativi: se non erro qualche iniziativa parlamentare nel senso di vincolare di meno le commissioni ai biblio-parametri è stata intrapresa; chissà che una volta tanto prevalga il buon senso sulla furia iconoclasta.

18 Novembre 2012

(Ancora) sulla riorganizzazione delle scuole del PolitecnicoRitorno su questo tema in un contesto decisamente diverso dal precedente momento in cui l’avevo toccato (Luglio 2012). Ritengo anche opportuno, per motivi abbastanza ovvi, inserirlo in entrambe le mie “pagine politecniche”: quella su Politecnico e università e quella più specifica sulla didattica.In questi ultimi tempi, infatti, e doverosamente, si è cominciato ad occuparsi dell’argomento ai vari livelli istituzionali. Lo scenario è cambiato notevolmente rispetto a pochi mesi fa e ora, per quel che riguarda ingegneria, sono sul tappeto solo 3 alternative; tra esse non sembra che riceva molte simpatie – e tanto meno la mia- quella che prevede la divisione “logistica” tra Leonardo e Bovisa. Tra le due restanti – l’intera ingegneria ad eccezione di Ingegneria Edile e Architettura- e lo scorporo dall’intera ingegneria della sola ingegneria civile e ambientale ho una netta preferenza per la prima sia per motivi culturali che per abbastanza scontate considerazioni di “bilanciamento numerico”. Ma non è questa alternativa, piuttosto marginale, che mi ha spinto a riprendere in mano le mie paginette. Il motivo è che vedo in questa “novità del ritorno all’antico” costituita dal riaccorpamento di (quasi) tutta l’ingegneria in un’unica scuola un grave rischio abbinato a una grande opportunità.L’opportunità nasce dal riconoscimento, particolarmente ben evidenziato nel documento che propone la scuola unica, che oggi più che mai occorre evidenziare le affinità culturali e metodologiche tra i vari settori dell’ingegneria proprio perché le loro specificità sono in continua evoluzione e così si creano sempre nuove opportunità di integrazioni e sinergie. L’opportunità consiste quindi nella possibilità di favorire una vera e nuova (corsivo dedicato a chi è terrorizzato dal “nostalgicismo”) cultura interdisciplinare, bagaglio comune di tutti gli ingegneri, sempre nel rispetto indispensabile delle suddette specificità; tanto per fare un esempio concretissimo: sono tenacissimo assertore che esista e debba essere insegnato a ogni ingegnere un nucleo comune di cultura di base; da ciò non deduco assolutamente “corollari coercitivi” del tipo “primo anno uguale per tutti”.All’opportunità tuttavia è inevitabilmente legato un grave rischio, ovviamente di segno opposto. Il rischio è che la nuova scuola, tornata alle dimensioni dell’antica facoltà di ingegneria, ritrovando gli stessi problemi che ne favorirono lo smembramento, diventi un semplice “contenitore di CCS (e dipartimenti, secondo i dettami gelminiani)”, e che si limiti a gestire solo i pur importanti e delicati aspetti

25

Page 26: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

organizzativi, di fatto finendo con lo svolgere le funzioni che erano della giunta dell’OCD (non dell’OCD che di fatto non ha mai prodotto un gran che, per essere eufemisti). Che il rischio sia grave (dal mio punto di vista, ovviamente) lo provano diversi sintomi; cito frasi sparse sentite in diverse occasioni: “Il CCS è sovrano”; “non bisogna omologare i vari CCS nel nome di una cultura generalista; bisogna rispettarne le specificità”; “i bei discorsi sull’unità dell’ingegneria contenuti nella proposta di una scuola unica sono solo una vernicetta inessenziale”, …Nossignori! La mia posizione, che non mi stancherò di sostenere, è che il CCS non è sovrano nel progettare il proprio curriculum: è vero che il suo contesto deve essere rispettoso delle sue specificità ma anche esso deve essere rispettoso delle culture altrui che non possono essere separate con l’accetta dalla propria o ridotte a semplice “servizio”; e ogni CCS dovrebbe rifuggire dall’attitudine del tipo “questa materia, per gli aspetti che servono al nostro CS la insegniamo meglio noi in casa nostra dei depositari della disciplina” (vale anche una sorta di viceversa ma non posso dilungarmi troppo).Lo so benissimo che questa strada è molto più difficile da gestire del “liberi tutti” … nel breve termine, ma, come Cassandra, continuo a ripetere che nel lungo termine non solo ci trasformeremmo in una serie di monadi autarchiche (a scanso di equivoci mi sto riferendo soprattutto alla formazione di base; per la didattica avanzata e la ricerca il discorso è diverso e sicuramente più facile; o meno difficile) ma esaspereremmo aspetti di competitività interna che già ora hanno provocato dissapori neanche troppo sopiti.Nonostante tutto rimango convinto che con la buona volontà e buona fede di molti l’impresa non sia impossibile. L’opportunità, rispetto alla defunta facoltà di ingegneria, è anche un po’ favorita dal fatto che adesso i compiti delle scuole sono limitati alla sola didattica e che nessuna delibera deve più passare attraverso pachidermici e inefficienti consigli plenari.Proprio per questo però, una condizione certo non sufficiente ma quasi necessaria per il raggiungimento almeno parziale dello scopo è una figura di preside autorevole e non autoritario. Questa condizione non è certo favorita dall’attuale regola di statuto –contro la quale inutilmente mi sono battuto, ma non ero più in senato …- sull’elezione del preside. Non vedo perché il preside, al contrario di rettore, direttore di dipartimento, coordinatore di CCS, debba essere eletto dal suo stesso consiglio (ex giunta), invece che a suffragio universale; leggo in questa regola un non recondito intendimento di renderlo una sorta di re travicello schiacciato tra dipartimenti, CCS e senato.Mi rendo conto che chiedere una revisione dello statuto adesso è del tutto irrealistico; tuttavia, visto anche l’assetto profondamente diverso dall’attuale che l’ateneo potrebbe avere nel prossimo futuro, non sarebbe male tener presente questo aspetto e, tanto per cominciare, mi piacerebbe che la designazione del primo preside della(e) nuova(e) scuola(e) avvenisse con ampio coinvolgimento di tutto il corpo docente, con presentazione ufficiale e tempestiva di numerose candidature, discussione assembleare di programmi ben definiti, ecc. (una sorta di primarie sarebbe chiedere e sperare troppo, però con le mode correnti … ) chi ha orecchie … . Il CCS di Informatica si è espresso in maniera favorevole rispetto a questo mio punto di vista, altri consessi lo hanno invece del tutto ignorato … ma io non mi stanco tanto facilmente.

26

Page 27: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

15 Luglio 2012

Le “scuole” del PolitecnicoIn questi giorni, con mia sorpresa, qualche collega ha ripreso il sopito problema dell’organizzazione del Politecnico in scuole (volutamente uso la minuscola), argomento che in passato mi stava molto a cuore; e allora, pur con qualche titubanza, ho deciso di tornarci anch’io.In primo luogo sono grato al collega Guariso che ha lanciato il sasso e ai colleghi che hanno reagito alla sua iniziativa: di questi tempi è già un fatto rimarchevole che nasca qualche iniziativa “dal basso”.Breve incisoStavo per scrivere “bottom-up”; poi ho preferito l’Italiano per due motivi: 1) perché anch’io, come molti altri, provo una crescente sensazione di rigetto nei confronti dell’anglofonomania imperante; 2) perché il termine inglese ha anche l’”up”, ossia andrebbe tradotto “dal basso verso l’alto”; e, onestamente, ho poche speranze che nel nostro Ateneo iniziative partite dal basso possano salire molto in alto; viceversa non avrei avuto problemi nell’uso del termine simmetrico “top-down”, almeno per la parte relativa a questo secondo punto.Fine del breve incisoRiparto dalla sorpresa con cui ho letto l’intervento di Guariso. E’ opinione non certo solo mia che le varie versioni dello statuto sempre più appiattite sulla lettera di una legge (che pur tuttavia prevede esplicitamente l’adozione di accordi di programma, ostinatamente ignorata dal nostro Ateneo con la scusa della mancanza dei decreti attuativi) che da sempre ha dimostrato una totale ignoranza nei suoi estensori dei rapporti tra ricerca e didattica, tra disciplinarità e interdisciplinarità, abbiano completato l’opera di distruzione delle facoltà del Politecnico, scientemente intrapresa già molti anni fa (intendiamoci, che le vecchie facoltà avessero gravi difetti non l’ho mai negato). E allora, se le novelle scuole non sono altro che una pallida foglia di fico per non far piangere troppo i nostalgici e una scatola organizzativa tanto per coordinare i calendari dell’anno accademico e le procedure per la firma digitale dei verbali, perché riaprire dibattiti? Lasciamo che “top-down” si decida se a Settembre siano meglio due appelli piuttosto che uno e risparmiamo qualche euro in stanze di presidenza, personale e indennità.Ciononostante, ‘ste benedette scuole in un modo o nell’altro ci devono stare; la situazione attuale è certamente perfettibile (eufemismo) e allora ben venga il sasso lanciato da Giorgio e proviamo a entrare un filo nel merito.

Che debbano essere poche sono assolutamente d’accordo. La suddivisione “logistica” è sempre stata una possibilità e ha indubbiamente

un suo senso; se non altro per coerenza con lo svilimento culturale del ruolo delle scuole; a parte il non trascurabile fatto di ignorare i problemi relativi alle sedi decentrate o poli che dir si voglia.

Tuttavia, visto che siamo in ballo, tanto vale tenere un occhio anche sui marginalissimi aspetti culturali nell’organizzazione della didattica. E allora, oggi come oggi, non disdegnerei la proposta ripresa da Gioda di tre scuole di ingegneria corrispondenti a macro-aree tutto sommato abbastanza ben delineate e stabili nel tempo nonostante i continui cambiamenti nelle nostre discipline.

Resta comunque il fatto che, come ci ricorda Marino Gatto, l’ingegneria è pur sempre una (e così pure l’architettura) e che qualsiasi ripartizione che attribuisca, ad esempio,

27

Page 28: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

il dipartimento di matematica a un’unica scuola ad esclusione di altre (almeno di quelle di ingegneria) è un fatto che giudico semplicemente contro natura.Speriamo che il dibattito continui.

20 Giugno 2011

Sullo statuto del PolitecnicoDopo il travagliato varo della legge 240 del 30 Dicembre 2010, meglio nota come Legge Gelmini, il nostro Ateneo ha messo mano alla revisione del proprio statuto, che era stato a sua volta elaborato anche “in vista” dell’avvento della nuova legge. All’uopo è stata nominata una commissione e si sono tenute due conferenze di Ateneo, prevedendone una finale in concomitanza con l’approvazione del “nuovissimo” statuto. Dopo essere intervenuto in entrambe le conferenze fin qui tenutesi, sento il bisogno di mettere per iscritto in forma un po’ più circostanziata (verba volant …) le mie opinioni al riguardo.Premetto che in queste note mi occuperò esclusivamente di un unico, fondamentale, punto dello statuto, ossia del suo impatto sull’organizzazione della didattica; non a caso infatti farò riferimento anche all’altra conferenza di ateneo dedicata appunto ai problemi della didattica (a cui ho dedicato anche le recenti “note parallele” di Considerazioni sulla didattica).Orbene, come già espresso nei miei precedenti interventi orali, non posso che ribadire la mia profonda insoddisfazione e delusione nei confronti dell’attuale bozza –verosimilmente non molto difforme dalla versione finale- di statuto. Cerco qui di riassumerne i principali motivi.Nel lanciare la revisione in corso il rettore ha dichiarato di puntare a mantenere lo spirito che aveva guidato lo statuto varato nel 2010 apportando le minime e necessarie modifiche per evitare contraddizioni con la lettera della legge, che ci avrebbero esposto al rischio di bocciature con gravi conseguenze. In particolare il rettore ha ribadito di voler salvaguardare la “struttura matriciale” dipartimenti-scuole che costituiva un pilastro dello statuto 2010.In tutta franchezza, alla prova dei fatti non vedo traccia nelle nuove bozze dello spirito originario dello statuto 2010 che è costato sì qualche inevitabile compromesso, ma alla fine aveva sancito il principio della matrice in modo abbastanza esplicito e largamente condiviso.Si potrebbe facilmente liquidare l’analisi del risultato ottenuto osservando che non solo la lettera della legge ma tutto il suo impianto è decisamente contrario al principio della matrice e che quindi non ci si poteva aspettare molto di diverso (però allora ci si poteva risparmiare un’affermazione di principio irrealizzabile e quindi vuota di reale significato). La mia interpretazione del processo quasi concluso è però decisamente diversa e in un certo senso molto più grave perché sono convinto che l’origine principale di questo drastico cambiamento di rotta sia molto più interna che esterna.Cominciamo con l’esaminare il metodo seguito nel gestire il processo.

1. Si è esplicitamente ed aprioristicamente rinunciato a seguire la strada degli accordi di programma pur esplicitamente previsti dalla legge. Il motivo addotto è stato che non sarebbe stato pronto in tempi utili il corrispondente decreto attuativo e che, in assenza di esso uno statuto “in deroga” non sarebbe stato ammesso. Strana una legge che impone di fare qualcosa entro un certo tempo ma poi omette di creare le condizioni per farlo e pretenderebbe quindi di considerare inadempiente chi si è trovato nell’impossibilità oggettiva di

28

Page 29: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

adempiere. Forse, anche se il governo-legislatore mostra una tale assenza di coerenza logica, sarebbe lecito attendersi almeno una migliore comprensione da un eventuale pronunciamento della magistratura. Che poi, nel paese delle proroghe e dei transitori quale è l’Italia, non si possa neanche concepire una proroga in “attesa di revisioni e chiarimenti” mi sembra per lo meno poco probabile.

2. Trovo anche strana la remissività di un ateneo come il Politecnico che ha tutte le carte in regola da ogni punto di vista –prestigio scientifico, impatto sociale, bilancio, …-; che già altre volte non ha esitato a prendere posizioni pubblicamente critiche nei confronti di certe iniziative politiche; che potrebbe facilmente “guidare iniziative analoghe” da parte di altre scuole di ingegneria, come indicato in recenti assemblee della Conferenza dei Presidi di Ingegneria. Non credo proprio che in un frangente politico come l’attuale qualcuno al governo, dai ministri ai funzionari, abbia interesse ad aprire una controversia con un ateneo che difficilmente potrebbe poi essere additato all’opinione pubblica come il “solito covo di baroni reazionari”.

3. Non si è neanche voluto prendere in considerazione qualche lieve scostamento dalla lettera della legge (tipicamente nella controversa composizione del Senato accademico) riservandosi magari successive decisioni e adeguamenti nel caso di rilievi ad una bozza un po’ più “coraggiosa”.

Queste, e altre osservazioni nel merito dei contenuti della bozza che mi accingo a fare, mi hanno convinto che la legge in questo caso, più che un vincolo, sia stata colta come un’opportunità.Nel merito il sintomo più evidente dell’abbandono del principio matriciale è la sparizione, rispetto allo statuto 2010, delle consulte (in particolare di quella per la didattica) e, rispetto allo statuto precedente, dell’OCD. E qui la legge proprio non può essere chiamata in causa: non mi risulta alcun comma che proibisca l’istituzione di organi consultivi. Alle mie rimostranze al riguardo il rettore ha risposto che esse si sarebbero potute istituire in tempi successivi se e quando se ne fosse verificato il bisogno. Mi sembra francamente strano che in un ateneo con circa 40000 studenti, 2000 docenti, 27 dipartimenti e –attualmente- 9 scuole si metta ogni forma di coordinamento tra questi organi nelle mani del Senato accademico. Mi sembra anche strano (ma non riesco a trattenermi dall’aggiungere “sospetto”) che da una parte si tenga una conferenza di ateneo sulla didattica (il 17 e 18 Maggio 2011: due giorni contro la mezza giornata di quella sullo statuto) in cui le parole “interdisciplinarità”, “trasversalità”, “internazionalizzazione”, “innovazione” , … si sprecano e poi si abolisca l’unica struttura che potrebbe incentivare, coordinare, o anche solamente censire le molteplici iniziative in atto o potenziali. Mi sembra strano sostenere che non ci sia bisogno di un tale coordinamento quando la conferenza stessa –e diversi eventi più o meno recenti- hanno dimostrato che numerose iniziative intraprese da alcuni organi dell’ateneo non erano conosciute da altri, pur potenzialmente interessati ad esse; quando nella conferenza stessa abbiamo sentito che, al di là delle facili enunciazioni di intenti generici, la realtà della nostra organizzazione didattica (regolamenti didattici) non mostra grande attenzione per le discipline provenienti dai dipartimenti “non di riferimento” delle scuole.In generale dall’attuale bozza emerge un’impostazione delle scuole miseramente appiattita sulla lettera della legge, dove esse sono ridotte a semplice cornice posta a contorno del ristretto numero di dipartimenti egemoni che ne condizioneranno organizzazione e cultura a proprio piacimento, dove i relativi presidi –presenti in senato senza diritto di voto- saranno a loro volta espressione dei dipartimenti di

29

Page 30: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

riferimento senza alcuna possibilità di incidenza da parte di chi è portatore di una cultura diversa (ammesso che una tale figura continui ad essere presente nelle future scuole e soprattutto nei relativi consigli di presidenza). Anche in questo caso la commissione incaricata di redigere lo statuto è stata “più realista del re, o più gelminiana della Gelmini” ed è andata oltre il diktat della lettera della legge che almeno permetterebbe di nominare il presidente dell’organo … (il preside, per intenderci) “secondo modalità determinate dallo statuto”. Anche in questo caso come posso dichiararmi soddisfatto dalla risposta del rettore che alla mia osservazione ha comunicato che “esperti legali, interpellati, hanno dichiarato non praticabile questa via”? Neanche quando la legge rimanda esplicitamente allo statuto invece che ai mitici decreti attuativi?Sulla base di queste e altre osservazioni non ho potuto non osservare che questa bozza è molto “vicina” non solo alla lettera della legge, ma anche … alla prima bozza che fu presentata in Senato integrato e che, dopo numerose e intense discussioni, fu radicalmente modificata nello spirito sulla base appunto del principio della matrice; alla fine però tale principio è stato condiviso da una larghissima parte del SAI e –ho motivo di ritenere- dell’intero ateneo. Inevitabile il sospetto che in questo caso sia mancata la volontà politica di opporsi a vincoli di legge smaccatamente lesivi dell’autonomia universitaria, addirittura rinunciando a priori a sfruttare le opportunità che la legge stessa offre. Sospetto che, mi risulta, alberghi anche presso qualche membro della commissione incaricata di redigere lo statuto, … ovviamente in minoranza all’interno della commissione.In conclusione, ormai non mi faccio molte illusioni su un reale cambiamento di rotta e temo che la deriva centrifuga, relativamente soprattutto alla formazione di base dei nostri allievi, subirà un’ulteriore spinta con grave danno, a lungo termine, proprio dei riconosciuti punti di forza della nostra didattica. Non mi resta quindi che ribadire una profonda delusione e amarezza per tutta la “vicenda statuto”, per come è stata gestita e per il risultato che ha prodotto.

20 Dicembre 2010

Alla fine del mio mandato di preside …… Inserisco in queste note il messaggio di commiato inviato ai colleghi della Facoltà

----------------------------------------------------------------------

Milano, 17 Dicembre 2010Ai membri del Consiglio della Facoltà di Ingegneria dell’Informazionep.c. Al Rettore 2010-2014

Al Rettore 2007-2010Ai Senatori del Politecnico, 2007-10Al personale della Presidenza di Facoltà

Oggetto: Luci (poche) e ombre (tante) di un quadriennio di presidenza.

Cari Colleghi (ricordo che questo termine per me include anche i rappresentanti degli studenti),

30

Page 31: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

al termine del mio mandato presidenziale sento il dovere ma anche il bisogno di “tirare un po’ di somme” e di condividerle con voi. Dico subito che sono orgoglioso e vi ringrazio per avermi dato l’opportunità di questa esperienza ma anche che il titolo stesso di questa lettera e il fatto che già da tempo abbia rinunciato a candidarmi per un secondo mandato fanno subito capire che non posso ritirarmi dal mio compito con animo del tutto sereno né tantomeno soddisfatto.

Tralasciamo i problemi di carattere burocratico-organizzativo e la fatica per non voler voluto abbandonare del tutto la ricerca: erano largamente previsti e, anzi, grazie al meraviglioso personale della presidenza, ai colleghi presidi e alla giunta di facoltà, devo dire che non mi hanno sfiancato più che tanto.

Piuttosto desidero esaminare a posteriori i risultati ottenuti rispetto ai principali obiettivi che mi e ci avevo posto all’inizio del mio mandato. Tenete ben presente che tutto quanto segue non è altro che il mio personalissimo pensiero e che è ben lungi da me qualsiasi forma di “giudizio”.

1. Riorganizzazione della didattica

L’avvento della 270 ci ha dato l’opportunità di rivedere anche profondamente l’organizzazione in 3+2 scaturita dalla prima applicazione della 509.

Grazie alla grande collaborazione dei CCS e dei loro presidenti, a mio parere, abbiamo rivisto in maniera decisamente più “fondazionale” e “generalista” il primo triennio. Molto resta da fare anche a livello di “mentalità” degli studenti ma non solo: sempre a mio parere (!) permane da ambo le parti in media un’eccessiva preferenza per la “propria cultura prediletta” a scapito di un allargamento delle basi culturali.

Se comunque all’interno della facoltà vedo più luci che ombre, accade il contrario a livello dell’intera ingegneria del nostro Politecnico. Da sempre mi batto per l’unitarietà della figura dell’ingegnere che ritengo si debba estrinsecare non solo in una generica “mentalità” ma in un vero nucleo di cultura comune. A causa dello smembramento –forse inevitabile- della vecchia facoltà di ingeneria, mi sono battuto a questo scopo all’interno dell’OCD e della sua giunta; ho anche cercato di incidere sulla redazione del nuovo statuto in modo da evitare o almeno limitare questa “forza centrifuga” tra le varie culture e discipline ingegneristiche (al di là di vacui slogan sull’interdisciplinarità che non impediscono a molti CS di ridurre al minimo se non addirittura di svilire al rango di “manualità di servizio” la cultura non propria).

Per l’esito di questa battaglia ho spesso usato la metafora della “montagna che ha partorito il topolino”: fatica tantissima, con l’aiuto di pochissimi, risultati minimi, ma, devo riconoscere, forse non nulli: qualche collega mi ha invitato all’ottimismo sostenendo che “il topolino forse sopravviverà e magari crescerà”: staremo a vedere …

2 Valutazione della didattica

Globalmente ritengo che la nostra didattica e quella dell’ateneo in generale siano più che soddisfacenti, come confermato dalle schede di valutazione.

L’istituzione dello sportello di ascolto ha permesso di complementare le statistiche ricavate dai dati ufficiali e di individuare meglio alcuni casi critici. In generale, nei pochi casi veramente delicati non è in discussione la dedizione e la capacità dei docenti, quanto la disponibilità a conformarsi a poche regole comuni e

31

Page 32: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

l’attenzione e lo scrupolo nei confronti di “dettagli burocratici” che tanto burocratici non sono e possono determinare scompensi anche non trascurabili.

Colgo l’occasione per sottolineare ancora una volta l’insofferenza di alcuni nei confronti di regole formali … che tanto formali non sono: giustificazioni, partecipazione agli esami di laurea, riempimento di schede varie … Qualche miglioramento in questi anni si è verificato ma dovrò lasciare al mio successore ancora robusti elenchi di inadempienze di questo tipo.

Per tornare al tema della valutazione della didattica, ricordo che con il nuovo statuto esso passerà sotto il controllo del nucleo di valutazione e quindi è verosimile aspettarsi una significativa riorganizzazione dell’intero processo. Ricordo anche di essermi inutilmente battuto contro la pubblicazione dei dati derivanti dalle schede degli studenti.

3. Promozione dell’immagine della nostra facoltà

E’ noto a tutti che la nostra facoltà, ma anche l’intero settore ICT a livello mondiale, soffre di una carenza di immagine e vocazione presso i giovani. La facoltà è riuscita negli ultimi anni a tamponare l’emorragia in termini quantitativi di numero di immatricolati e di percentuale relativa alle altre facoltà di ingegneria dell’ateneo. Lusinghieri sono i dati relativi all’afflusso di studenti stranieri. Molto però rimane da desiderare soprattutto in termini di qualità (media) degli studenti che si iscrivono da noi.

Molto sforzo è stato investito su questo fronte, grazie alla grande disponibilità di diversi colleghi e PTA. Alcune iniziative hanno avuto un discreto successo; ad esempo la revisione della summer school, e l’iniziativa HI-TECH proposta e gestita dalla HOC con la “sponsorizzazione” della facoltà. Altre, pur ricevendo significativi apprezzamenti (ad esempio gli interventi di molti di noi presso le scuole) non hanno al momento sortito gli effetti sperati. Vero è che sapevamo fin dall’inizio che i risultati della gran parte delle iniziative messe in atto potranno essere misurabili solo nel lungo periodo, ma bisogna ammettere che anche in questo caso il rapporto sforzo/risultato (almeno sul breve periodo) non è propriamente esaltante.

4. Partecipazione ai processi decisionali dell’ateneo

Questo è sicuramente il “capitolo” in cui ho raccolto le maggiori frustrazioni, in alcuni casi anche amarezze.

Ero e rimango convinto che l’accademia richieda modelli organizzativi profondamente diversi da quelli aziendali e socio-politci. Sono sempre stato legato al principio che rettori, presidi, direttori di dipartimento … siano “primi inter pares” e a meccanismi di “democrazia diretta”, per non dire assembleare per il governo dell’università e del nostro ateneo in particolare. Ho assistito impotente e frustrato allo sfiancamento prima e allo smembramento poi della vecchia Facoltà di Ingegneria del Politecnico (si veda anche il punto 1 qui sopra). Tra i motivi che mi hanno spinto a candidarmi a questo ruolo non ho fatto mistero di voler evitare che il Senato Accademico (SA) si limitasse a ratificare decisioni maturate in ambiti più ristretti e meno istituzionali, e di potermi fare portavoce colà, per le decisioni di maggior valenza strategica, di orientamenti emersi dalla nostra facoltà in seguito ad ampio dibattito.

Orbene, ho dovuto constatare, con una certa sorpresa e non poca delusione, che mi è stato più facile incidere sul modo di far maturare le decisioni all’interno del SA che non portare a maturazione posizioni chiare –non necessariamente unanimi, ovviamente- all’interno del nostro CdF (sottolineo: CdF, non GdF!).

32

Page 33: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Nonostante quanto si lamentasse –e forse realmente accadesse- in anni precedenti, ricordo che in questo quadriennio diverse importanti decisioni prese dal SA hanno assunto, spesso dopo mesi di discussioni, contorni molto diversi da come erano state “istruite e presentate” quando venivano inserite all’OdG per la prima volta. Indipendentemente dalla qualità, sempre soggettivamente opinabile, del risultato, ricordo che le versioni finali del nostro statuto, o del cosiddetto “progetto merito”, o anche degli ultimi bilanci del Politecnico, sono state decisamente modificate rispetto alle prime bozze presentate dai rispettivi relatori. Certo non si è trattato del processo ideale (in cui “l’istruttore” di problema e soluzione dovrebbe essere nominato dal SA dopo discussione iniziale); certo non sempre la decisione finale è stata allineata con le mie preferenze e proposte (ci mancherebbe altro!); però non posso lamentarmi che non sia stata prestata ad esse la dovuta attenzione durante il dibattito. Per questo clima sostanzialmente positivo e costruttivo devo ringraziare il contributo e l’impegno di diversi colleghi senatori, in primis l’amico Marino che ha svolto un’opera formidabile (ciò che mi porta a rammaricarmi ancor più della nuova costituzione del SA che non prevede più, o ancora, dei veri senatori “liberi pensatori”…).

E allora dove sono le ombre? Le ombre si trovano proprio nel “mio” CdF, che mi ha eletto, e che non sono stato capace di condurre secondo quel sogno di democrazia diretta e di efficienza operativa e decisionale, e che per questo motivo non mi sono più ritenuto degno di presiedere e di rappresentare. Più e più volte ho cercato di concentrare l’attenzione del consiglio su pochi temi strategici da cui ricavare orientamenti di massima, non dettagli realizzativi. Tranne poche significative eccezioni, l’obiettivo è stato spesso fallito:

Nonostante la relativa rarità delle sedute è sempre stato difficile raggiungere –con notevole ritardo- il numero legale; che per fortuna nessuno ha mai chiesto di verificare alla fine delle sedute –solitamente verso le 17, non le 21!

Le assenze ingiustificate (attributo quanto mai appropriato), ancora 53 nell’ultimo CdF, rimangono una piaga delle cui dimensioni quantitative non riesco a capacitarmi.

Durante la discussione ho spesso notato piuttosto interventi genericamente critici e di insoddisfazione (va benissimo per carità) ma scarsa volontà di convergenza verso una posizione comune e costruttiva. Ad esempio, anche a distanza di un anno tra una seduta e l’altra, il CdF si è esplicitamente rifiutato di prendere una posizione su una fondamentale alternativa come un’organizzazione “dipartimento-centrica” piuttosto che a “matrice” del nostro ateneo, di fatto lasciando la decisione al SAI senza cogliere l’opportunità di incidere sulla medesima. Al contrario su questo e altri temi, sono state espresse critiche “di dettaglio” che difficilmente possono essere sintetizzate dai vari e spesso dissonanti interventi assembleari. Talvolta invece decisioni operative, discusse e preparate, a mio modo di vedere correttamente, in ambiti più ristretti come la Giunta OCD, sono state contestate e ribaltate in CdF senza prendere atto delle “condizioni al contorno” che le avevano determinate.

Le recenti vicende relative al DDL Gelmini e a tutti gli altri eventi socio-politico-finanziari legati al nostro mondo hanno confermato in me la sfiducia nella possibilità di mantenere (o ristabilire) nel nostro ateneo e nel mondo accademico in generale, un meccanismo decisionale legato a forme di democrazia diretta e assembleare. A parte la fortunata e forse unica eccezione della pubblicazione della pagina sul Corriere, che ha riscosso unanimità di consensi, sulla PD e nelle varie conferenze di ateneo si è letto e sentito un po’ di tutto; non entro in troppi dettagli ma cito solo questo significativo episodio.

33

Page 34: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Quando, a valle della conferenza del 30/9/2010, ho ritenuto doveroso comunicare il mio orientamento come senatore, dichiarandomi contrario ad un’eventuale sospensione della didattica dell’ateneo, ho ricevuto, unitamente a numerose mail di approvazione anche diverse critiche; fin qui niente di strano né tantomeno di male, tuttavia alcune di esse erano critiche sulla correttezza deontologica del mio atteggiamento; addirittura un “giovane collega” mi ha fatto sapere per interposta persona che, a seguito della mia posizione, sarebbero state opportune (o doverose? non ricordo esattamente) le mie dimissioni. Al giovane collega ho fatto sapere, tramite la stessa persona, che io le mie dimisioni nella sostanza le avevo già date mesi addietro quando ho deciso e comunicato di non candidarmi per un nuovo mandato. Credo sia superfluo spiegare che il “gesto ad effetto” di dimissioni estemporanee avrebbe creato solo notevolissimi disagi organizzativi a tutta la struttura. Ovviamente non esiste e non è esistita alcuna delibera di facoltà che chieda o proponga la sospensione dell’attività didattica; né lo statuto prevede che un preside debba votare in SA dopo e secondo delibera della sua facoltà. Non ho né sopravvalutato ma neanche sottovalutato questo episodio che però cito a supporto della conclusione cui sono giunto sul tema della “governance” dell’ateneo:

Una forma di democrazia diretta in un ateneo numeroso e complesso come il nostro è un lusso che ci si può permettere solo con la collaborazione e buona volontà di tutti, “peones e primi inter pares”.

Perciò, quando sento ripetere da più parti i lamenti per la perdita di incidenza del ruolo del CdF (pardon, Consiglio della Scuola) nel nostro ateneo non provo altro che disillusione e amarezza; auguro però al mio successore, che pure nutre ambizioni simili alle mie di 4 anni fa, miglior fortuna e capacità delle mie.

Tutto ciò detto, se avete avuto la pazienza di arrivare fin qua, ribadisco la mia gratitudine per l’onore che mi avete concesso 4 anni fa, sperando di non avervi troppo deluso; vi saluto tutti caramente; vi auguro buone feste e, soprattutto, conto ancora su anni di piacevole convivenza e collaborazione: il mio impegno e affetto per questa isitituzione, ovviamente non diminuiranno.

Dino

PS (se ce ne fosse bisogno)

Desidero sottolineare che i miei rapporti personali con tutti i colleghi indistintamente (anche quelli che occasionalmente ho dovuto “richiamare all’ordine”) sono sempre stati ottimi, e di ciò sono loro grato individualmente. Per spiegare quindi le mie frasi di cui sopra consiglio una rilettura delle pagine manzoniane sull’assalto al Forno delle Grucce…

1 Ottobre 2010

A valle della conferenza di Ateneo del 30 Settembre 2010Ieri pomeriggio si è tenuta un’affollata e intensa conferenza di ateneo dedicata allo stato dell’università, al suo finanziamento, alla legge in discussione in questi giorni in

34

Page 35: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

parlamento e alle eventuali azioni da intraprendere. Alla intensa partecipazione di ieri anche oggi ha fatto seguito una serie di messaggi sulla PD che dimostra quanto sentito sia, ovviamente e giustamente, il problema che ci tocca tutti da vicino.Non avendo avuto modo di intervenire direttamente ieri (il tempo era troppo stretto per poter illustrare compiutamente il mio pensiero) ho deciso di usare nuovamente queste mie note accessibili a tutti (coloro che lo desiderano) anche perché lo ritengo in qualche modo doveroso, dovendo io rispondere in quanto senatore del mio comportamento nelle sedute di senato, dove occorre prendere le decisioni che traducano in azioni concrete quanto emerso dalla riunione assembleare.Cerco di procedere con un certo ordine.

Analisi dello stato attuale dell’università e del Politecnico.Le lucide analisi prodotte dal collega De Nicolao e dal rettore dimostrano ancora una volta inequivocabilmente come la nostra università e il nostro ateneo non meritino assolutamente l’ostilità e il disprezzo della politica nazionale e dell’opinione pubblica. Del resto basta scendere lungo queste note al 20 Agosto 2009 e ancora indietro fino al 4 Agosto 2008, e poi ancora indietro, per avere conferma di quanto il sottoscritto sia sensibile a questo problema e da quanto tempo esprima pensieri allineati con (posso azzardarmi ad affermare “precorrenti”?) tutte le affermazioni e lamenti (eufemismo) sentiti ieri.Tuttavia:Occorre a mio parere distinguere nettamente tra il DDL di riassetto universitario e le restrizioni finanziarie che non sono contenute nel DDL (anche se in esso spesso ricorre la chiosa “senza maggiori oneri …”) bensì nei vari dispositivi finanziari, ivi incluso il futuro e annunciato “decreto milleproroghe”.

Avendo in passato bollato il DDL originario come insultante e umiliante nei confronti del mondo universitario italiano, devo dire che la versione attuale mi sembra nettamente migliorativa e, sia pur non esente da difetti talvolta anche gravi, mi porta a ritenere che sarebbe un danno bloccarla. Se ad esempio venissero accolte almeno in parte le richieste avanzate da più parti ivi incluso il cosiddetto OdG con cui è stata licenziata dal senato, non mi straccerei le vesti. In particolare, non vedo ostacoli di principio alla carriera dei giovani ricercatori che rappresenta giustamente la preoccupazione maggiore.

Che l’università, la ricerca e la formazione in Italia siano da sempre drammaticamente sottofinanziate rispetto al resto del mondo civile, al PIL, e anche rispetto al “prodotto” fornito è un’ovvietà che politici e media si ostinano a cercare di nascondere e che giustamente va ribadita con la massima forza. E’ anche vero che in momenti di grave crisi mondiale come questo chiedere di più che una decorosa sopravvivenza più o meno già promessa (decreto milleproroghe) è irrealistico e a mio parere controproducente.

Che cosa chiedere?Francamente, a breve, non vedo motivi per chiedere di rivoluzionare il DDL, per il quale, come dicevo, mi accontenterei degli interventi già segnalati da più parti. Sul fronte finanziario, anche in questo caso, mi sembra irrealistico chiedere più del mantenimento delle promesse oggi ventilate.Invece chiederei con la massima forza un riconoscimento inequivoco e impegnativo della necessità inderogabile di un’inversione di rotta sull’atteggiamento nei confronti del nostro mondo (vedasi ad esempio il trattamento riservato alla nostra carriera e quello nei confronti dei magistrati): ben vengano le valutazioni (oggi ho sentito

35

Page 36: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

un’esposizione sul CIVR, anch’essa non esente da difetti ma non mi vergogno a dire che mi sembra che si sia imboccata una strada giusta) se ad esse saranno accompagnate risorse degne di questo nome. Visto che su questa linea si sta esprimendo in questi giorni anche il presidente della repubblica, forse non è del tutto vana la speranza di ottenere un impegno serio e non la solita presa per i fondelli. Ad ogni modo a richieste impegnative sul futuro come questa si possono accompaganre minacce altrettanto impegnative (un manuale di scacchi insegna che la minaccia di un attacco è spesso più efficace dell’attacco in atto).

Che fare adesso?Concordo con l’affermazione unanime che occorra agire pesantemente sul fronte della comunicazione per contrastare lo stereotipo del nostro mondo come di un’accolita di fannulloni e corrotti baroni (o aspiranti tali). Rammento anche che in note precedenti di pochi anni fa lamentavo –leggere più sotto, se si vuole- come una buona dose delle ragioni di questa immagine disastrosa provenisse dall’interno del nostro mondo … e non parlo solo di quella parte di professori universitari che siedono in parlamento e/o scrivono abitualmente sui giornali e ci parlano di baroni e del modo con cui si vincono i concorsi (da che pulpito…). Raccomando però anche di intraprendere azioni ben ragionate perché l’opinione pubblica ha sue dinamiche che forse il nostro mondo, soprattutto quello di ingegneria, conosce poco e potrebbe affrontare col piede sbagliato. Io stesso già in varie occasioni, ad esempio in occasione delle proclamazioni alle lauree o del benvenuto alle matricole ho pesantemente –e, credo, con un certo successo- sottolineato il nostro malessere; ma un conto è parlare a un’aula di studenti e genitori e altro è intervenire presso i mezzi di comunicazione di massa.Sono invece nettamente contrario a interventi che impattino sulla didattica:

Proposte come fare lezione la notte al lume di candela; presentarsi come uomini sandwhich a lezione o in piazza mi sembrano francamente poco più che goliardia e susciterebbero forse piuttosto ilarità che seria presa di coscienza.

Rinviare le lezioni o sostituirle con presentazioni seminariali al di fuori del progetto didattico è a mio avviso doppiamente dannoso:

o Almeno per insegnamenti come quelli di cui sono docente io determina una perdita di ore nello svolgimento del programma che sarebbe difficilissimo se non impossibile recuperare a meno, forse, di fare ricorso al sabato o alla sera; oppure lascerebbe una mutilazione nel programma del corso con ripercussioni anche su numerosi insegnamenti “a valle”. In entrambe i casi la didattica ne avrebbe grave danno.

o Francamente, dubito che la “controparte” ne sentirebbe il benché minimo solletico, abituata com’è a blocchi di TIR, trattori, gente sdraiata sui binari, falò di immondizie, ecc.

o Sono anche convinto che a fronte di questo costo innegabile non se ne avrebbe affatto un beneficio in termini di “comunicazione”; al contrario, pavento il rischio opposto di essere nuovamente additati come i privilegiati che non vogliono perdere i propri privilegi.

Come docente non intendo perciò aderire ad azioni di protesta di questo tipo, ma come senatore sento il dovere di rendere pubblica questa mia opinione che potrebbe tradursi in un eventuale voto nel caso si arrivasse a una votazione durante la prossima seduta straordinaria.

36

Page 37: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Da ultimo ritengo che in questo frangente sia meglio privilegiare l’unitarietà del mondo universitario, riconoscendo ma non sopravvalutando le eventuali criticità locali, rispetto al vantare i sia pur evidenti meriti del nostro ateneo; ma anche questo l’ho già detto tempo fa e mi sembra che questo atteggiamento sia largamente condiviso … anche se noto con qualche preoccupazione la “varietà” delle azioni in corso nelle varie sedi.Spero che queste mie note non vengano fraintese come una presa di distanza dalla sacrosanta ondata di indignazione che non solo mi vede in totale accordo, ma, anzi, giudico tardiva: se non altro quanto leggibile qui sotto me ne rende testimonianza.

2 Marzo 2010

Tessera Policard, Statuto e Democrazia politecnicaGiorni fa si è scatenato un intenso flusso email sulla lista PD (benemerita, nonostante tutto). L’innesco è stato fornito dall’introduzione della tessera Policard ma ben presto il dibattito si è esteso al nuovo statuto, attualmente in difficile gestazione (o doloroso parto?), e ulteriormente generalizzato a lamenti che qui sintetizzo con i termini “scollamento tra base e vertici dell’ateneo”, verticismo, aziendalismo, mancanza di trasparenza, … .Dato il ruolo istituzionale che ricopro mi sento in qualche misura chiamato in causa (in un certo senso mi verrebbe da dire “tra l’incudine e il martello”: cercherò di spiegarne le ragioni) e quindi, come in altre occasioni, affido i miei pensieri a queste note riservandomi di “avvisarne la lista PD” dopo il 15 Marzo (a scanso di equivoci :-)).Premetto che io stesso mi sono spesso lamentato di molti dei problemi sollevati nel recente “dibattito PD” e forse proprio per questo ho sentito l’impulso per questo intervento. Ma andiamo per ordine.1. La tessera Policard è stata chiaramente l’occasione, la miccia, la punta

dell’iceberg, scegliete la metafora che preferite. Personalmente condivido le critiche che sono state sollevate e le avevo già sollevate, per la parte di cui ero venuto a conoscenza, in Giunta OCD che era e rimane la sede appropriata per discutere di questo argomento.Ecco il primo punto: non ritengo che ogni problema debba essere oggetto di “dibattito universale”: il caso della Policard è certamente importante e signifcativo, ma è un atto amministrativo; quindi la controparte e le relative responsabilità sono nell’amministrazione: giusto era rivolgersi al direttore amministrativo che correttamente si è assunto la responsbailità del caso; meno opportuno mi è parso coinvolgere la PD (D credo stia per “docenti”); la generalizzazione del dibattito che ne è seguita poteva e sarebbe dovuta avvenire senza bisogno di quell’innnesco.NB: non intendo assimilare la faccenda Policard alla questione dei buoni pasto che invece, attraverso l’imposizione della timbratura, tocca lo status dei docenti.

2. Molti malumori si sono poi riversati sul processo di revisione dello statuto. Qui devo confessare un mio profondo, personale, senso di frustrazione.Fin dalla prima riunione del SAI ho chiesto –e ottenuto- l’allestimento del forum: noto che solo una piccola parte di chi è intervenuto in questi giorni sulla PD è intervenuto anche sul forum.Ho anche più volte sostenuto, con successo e certo non da solo, l’opportunità e la necessità di un’apposita conferenza di Ateneo; dichiarando anche a più riprese

37

Page 38: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

che, nel caso di significativi segnali di dissenso, si sarebbe potuto allestire un referendum, necessariamente consultivo, perché per statuto vigente la revisione del medesimo spetta al SAI.Come preside di facoltà ho più volte messo all’odg il tema della riforma dello statuto e ogni volta il CDF ha esplicitamente deciso di non esprimere un proprio orientamento sui temi fondamentali sul tappeto (più fortunati e bravi di me sono stati altri presidi che hanno potuto riferire in senato dell’orientamento della propria facoltà). Analogamente si sono comportati i senatori d’area e, credo, buona parte dei membri del SAI in generale.Tutte le istanze sollevate sul Forum, durante la Conferenza d’Ateneo e trasmesse attraverso i senatori, sono state ampiamente e approfonditamente discusse in SAI e nelle varie commissioni. Molte di esse hanno significativamente influito sull’evoluzione del processo: basta confrontare tra loro le varie bozze che si sono succedute; in particolare sulla struttura a matrice piuttosto che dipartimento-centrica nelle fasi iniziali, e sulla definizione e ruolo del CdA e del rettore in tempi più recenti. Che poi il risultato, sia nel metodo che nel merito, sia più o meno buono è tutto un altro discorso (io per primo condivido molte delle perplessità sollevate all’interno e all’esterno del SAI); e il fatto che, finora, il SAI si sia espresso all’unanimità sul primo documento e che si cerchi con autentici equilibrismi – e compromessi- di ottenere una larga maggioranza nelle votazioni non significa certo che tutti i membri del SAI si identifichino in pieno sui documenti varati; anzi probabilmente nessuno li vede come espressione del proprio ideale, ma questo è proprio il prezzo che si deve pagare in democrazia: molto più facile produrre un documento che sposa perfettamente le preferenze di pochi.

3. Molti hanno anche colto l’occasione per lamentarsi di quanto il mondo esterno –governo e mezzi di informazione- invada, opprima e dileggi il nostro mondo, l’accademia. Io sono uno di quelli: basta leggere qui sotto. Però rifiuto la più o meno larvata critica di inerzia, se non di acquiescienza, alle nostre istituzioni. Moltissimi, se non tutti coloro che al Politecnico hanno responsabilità istituzionali non si sono limitati ad indignarsi per quanto ci “pioveva addosso”, ma hanno intrapreso ogni azione in loro potere per intervenire e correggere quanto stava avvenendo; il risultato non è sicuramente proporzionato allo sforzo però faccio notare che l’idiozia dell’approvazione preventiva da parte della Corte dei conti per ogni affidamento di incarico didattico è rientrata; le parti più penalizzanti della “lettera 160” della Gelmini sono state ridotte o eliminate o almeno congelate; il terrificante DDL ha ricevuto un coro di critiche anche all’interno del governo (vedi relazione Valditara) da cui non sono estranei gli interventi originati da questo Ateneo; di tutti questi eventi e delle conseguenti (re)azioni intraprese dal nostro ateneo chi di dovere non ha mancato di tenere informati i propri consigli di riferimento (facoltà o dipartimenti). Con ciò ovviamente non dico che non si possa fare di meglio, però non posso nascondere un certo senso di frustrazione.

4. Più volte in questi giorni si sono letti richiami alla figura del rettore come un primus inter pares contrapponendola ad una –più o meno a ragione- paventata deriva di stampo verticistico-aziendalista. Nel mio caso si sfonda una porta spalancata: leggere qui sotto per chi non l’avesse ancora fatto. Però un primus tra 10 pari è una cosa e un primus tra 200 o 1500 pari è un’altra cosa e la democrazia deve trovare la propria realizzazione attraverso forme che non ostacolino il buon funzionamento della struttura.Personalmente ho voluto sostenere fino al massimo limite possibile una forma di

38

Page 39: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

democrazia accademica fortemente partecipativa e assembleare. Rimango affezionato al CDF come espressione massima del conoscere, partecipare e deliberare di una facoltà. Ma da alcuni mesi a questa parte –ancora una volta: ripeto recenti note leggibili qui sotto- mi sono dovuto arrendere ad una per me evidente impossibilità: perché centinaia e migliaia di persone si possano sentire egualmente partecipi e “fattori” della conduzione della propria struttura è necessario che le figure direttive sappiano coinvolgere e rispettare tutti i colleghi individuando i mezzi più adatti allo scopo, ma è anche necessario –e più difficile- che i pari si sappiano autodisciplinare intervenendo nelle sedi e nei tempi e modi dovuti; che reclaminino i propri diritti quando non sono rispettati ma non dimentichino o trascurino i propri doveri in quanto “fastidiosi orpelli burocratici”. Tanto per essere più esplicito:

Che un rettore o preside o direttore si presenti in un’assemblea con un documento già bell’e confezionato in cui in un solo momento si pone un problema e si (pro?)pone una soluzione chiedendone l’approvazione nell’ambito della stessa seduta non è buona prassi democratica anche se formalmente ineccepible (però nell’arco della mia esperienza questa prassi si è molto affievolita laddove e quando è stata adottata in passato).

Che un CDF nell’arco di diverse riunioni e di un intero anno non sappia e non voglia esprimersi su temi di fondo come l’organizzazione del proprio ateneo non aiuta a far convergere le decisioni “dal basso”.

Che invece lo stesso CDF dibatta a lungo sull’opportunità di cambiare un numero programmato di immatricolabili per CS da 150 a 170 e deliberi in non osservanza delle indicazioni –frutto di considerazioni puramente organizzative- della Giunta OCD genera inefficienza e confusione; più giusto sarebbe (stato) chiedere di ridiscutere i criteri in base ai quali venivano “calcolati” certi numeri.

Pretendere che un documento complesso e articolato –ad esempio uno statuto- venga redatto da un’assemblea di 40-50 persone (lasciamo perdere un CDF o un CD) è pura utopia, come dimostra ad esempio la seduta di ieri (rispetto al momento in cui sto scrivendo queste note) del SAI.

Rendere costantemente difficoltoso e lento il raggiungimento del numero legale omettendo di giustificarsi (basta un click) o presentandosi in ritardo non solo ostacola i lavori dell’assemblea ma è cattiva educazione nei confronti dei colleghi.

Trascurare semplici e necessari adempimenti come la consegna dei registri e dei verbali, o la compilazione delle schede incarichi didattici peggiora la qualità del servizio e dimostra scarsa attenzione per i propri doveri (quanti “dimenticano” di sottomettere un paper entro la prevista deadline?).

Morale:Mi associo al disagio diffuso nel nostro ateneo che si manifesta, spesso in maniera non (pre)ordinata, in lamenti sulle relazioni tra coloro che gestiscono l’istituzione e tutti gli altri che vi operano con presunta pari dignità e capacità; credo sarebbe un grave errore trascurarlo o liquidarlo come “il borbottio di una minoranza”. Questa situazione ci espone, a lungo termine, a gravi rischi, certo diversi e più gravi di quanto possa accadere in una struttura di tipo aziendale. Ritengo però che le responsabilità per la situazione creatasi e la buona volontà per uscirne nel migliore dei modi non si

39

Page 40: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

debbano cercare da una parte sola; al contrario è necessario l’impegno di tutti per superare le difficoltà oggettive ma anche per rimettere in discussione i propri convincimenti e le proprie idee maturate magari nell’arco di decenni di lavoro e dedizione ma sempre da confrontare con l’evoluzione dell’ambiente che ci circonda: siamo o non siamo inegegneri o architetti e comunque progettisti?Chiudo con una battuta in agrodolce: dicevo all’inizio che mi sento tra l’incudine e il martello: come mi è già successo in passato, non mi resta che aspettare la … martellata. Però ho un buon elmetto: la non necessità di cercare il consenso (non a caso comunicherò l’esistenza di queste note dopo il 15 marzo :-)): ecco uno dei privilegi di questo mestiere che ancora non ci è stato tolto: godiamoci almeno questo!

22 Ottobre 2009

Copia dell’Intervento sul Forum dedicato alla riforma di statuto del PolitecnicoOsservazioni sullo stato della riforma di Statuto (Dino Mandrioli, Ottobre 2009)

Cari colleghi (ripeto che in questo contesto il termine “collega” include tutti coloro che vivono al Politecnico, studenti inclusi),a questo punto del processo di riforma dello statuto, che sta subendo un’importante svolta e accelerazione dei lavori, sento il bisogno di intervenire nuovamente su questo forum.

Non posso che prendere atto con compiacimento della direzione che hanno preso i lavori del SAI in questi ultimi tempi: infatti sono ormai abbastanza consolidati alcuni aspetti fondamentali:1. Il ruolo dominante del Senato Accademico (SA) rispetto al CdA nel definire le

strategie dell’ateneo.2. L’impostazione trasversale, detta anche a “matrice” tra strutture dedicate alla

didattica (CS, Facoltà/Scuole, OCD) e strutture dedicate alla ricerca e alla gestione delle risorse (Dipartimenti).

3. Una significativa diminuzione di organi decisionali di tipo assembleare a vantaggio di una maggiore rappresentatività; in particolare la ormai quasi certa sparizione dei consigli di facoltà, almeno come organi deliberanti.

Ciò corrisponde ai miei auspici, almeno nelle linee generali che ho già tratteggiato nel mio precedente intervento su questo forum.

A questo punto del processo ritengo allora opportuno soffermarmi su alcuni punti “di secondo livello” ancora aperti che, a mio avviso, possono ancora influenzare in maniera significativa il risultato finale che otterremo dal nuovo statuto.

La “deassemblearizzazione”Ho sperato fino a poco fa che si potesse conservare nel nostro ateneo una forma di democrazia diretta di tipo assembleare che ho sempre ritenuto più consona a un’Università vista come “libera accademia di liberi pensatori”. Purtroppo mi sono

40

Page 41: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

dovuto arrendere all’evidente impossibilità di mantenere un regime assembleare in un ambito così ampio e variegato come è ormai il nostro Politecnico.Tuttavia vorrei fosse garantita al massimo livello possibile una forma di democrazia “fortemente rappresentativa”. Nello specifico questo deve significare che laddove organi assembleari saranno rimpiazzati da organi rappresentativi e operativi –le Giunte- questi siano dotati del giusto numero di membri che abbiano le competenze necessarie e titolo a rappresentare specifiche componenti dell’istituzione da gestire. Più precisamente ancora è per me fondamentale che i membri di tali organi siano tutti eletti direttamente dal proprio “collegio”: i presidenti di CCS da tutti i docenti del relativo CS, rappresentanti degli studenti inclusi; il preside da tutti i membri della facoltà (e non in forma mediata dai membri della giunta come ventilato in alcune proposte!), ecc.

Le giunte di facoltà/scuole e il senatoL’orientamento attuale prevede in entrambi questi organi la presenza di membri in rappresentanza (e quindi eletti) dei dipartimenti e di membri in rappresentanza degli organi preposti all’organizzazione della didattica (i presidenti di CCS in giunta di facoltà/scuola e i presidi in senato). Mi sembra un’ottimo approccio in applicazione dell’impostazione “a matrice” della struttura dell’ateneo. Auspicherei però che costoro fossero affiancati, oltre che dalle necessarie rappresentanze (studenti, PTA, altro), da pochi altri membri, sempre eletti da un’ampia base, non legati a specifici ruoli (colloquialmente chiamati “saggi, liberi pensatori, …”).In particolare, la composizione del Senato presenta ancora alcune criticità:Se ipotizziamo di mantenere l’attuale numero di dipartimenti e facoltà avremmo un SA con 16-17 direttori, 9 presidi, più rettore, rappresentanti, …un totale probabilmente già vicino o superiore al 35 del DDL e comunque decisamente alto; ciò renderebbe ancor più difficile aggiungere ulteriori membri al di là delle cariche ufficiali. Un’ipotesi che si sta valutando in questi giorni è quella di affiancare al SA una consulta, comprendente figure significative della società esterna all’università e, appunto, alcune figure di prestigio elette all’interno dell’ateneo e svincolate da specifici ruoli direttivi e organizzativi. Mi sembra un’idea degna di approfondimento.Indipendentemente però dall’esistenza di una consulta a fianco del SA, ritengo che 16 direttori e 9 presidi siano comunque troppi: se il numero di facoltà e dipartimenti non diminuirà significativamente (si veda anche il sottostante punto “Dalla cornice al quadro”), ritengo essenziale che il numero dei loro rappresentanti in SA, soprattutto quello dei direttori, sia ridotto, ad esempio costituendo dei “cluster” di dipartimenti non numerosi e culturalmente affini. I miei “numeri ideali” sarebbero: circa 10 direttori, circa 6 presidi, 3-4 senatori indipendenti.

L’OCD e la sua giuntaVi sono stati interventi che hanno sollevato perplessità sull’opportunità di mantenere un ulteriore organo di coordinamento per la didattica (l’OCD) in aggiunta alle facoltà/scuole. Lo scontato argomento è l’appesantimento determinato da un ulteriore livello. Ritengo invece essenziale il mantenimanto di questo organo, anzi rinvigorendolo e al contempo rendendolo più snello ed efficace rispetto alla situazione attuale. Esso rappresenta, sempre a mio parere, l’indispensabile coordinamento e, perché no, controllo, tra facoltà che, almeno nel caso dell’ingegneria, non possono e non devono “partizionare” i propri progetti didattici in “temi” separati (il termine “facoltà tematiche” non mi pare descriva adeguatamente né la situazione attuale né qualsiasi altra possibile suddivisione dell’ateneo in scuole/facoltà). Vedo inoltre un

41

Page 42: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

notevole valore in un unico organismo che sia “custode e garante” della cultura politecnica nel senso più ampio ed elevato.Occorre prò fare estrema chiarezza tra le funzioni dell’OCD plenario e quelle della sua giunta.In ogni caso l’attuale attività della GOCD raccoglie funzioni organizzative indispensabili e quindi deve esistere un organo ad esse preposto. L’OCD plenario invece dovrebbe esere un organo di carattere strategico dedicato esclusivamente ai progetti di ampio respiro fortemente interdisciplinari e alla risoluzione delle eventuali tensioni tra CCS, facoltà e dipartimenti che non siano risolvibili in ambiti più ristretti. Ovviamente tutti auspichiamo che tali tensioni costituiscano rare eccezioni, ma sarebbe ingenuo far finta che non ce ne siano e non ce ne saranno, proprio per la natura fortemente coesa e interdisciplinare della nostra cultura.Anche per l’OCD, quindi, raccomando vivamente che l’elezione del suo coordinatore avvenga a suffragio universale tra tutti i membri, meglio ancora se questa figura non sarà necessariamente un preside e resterà in carica per un periodo non troppo breve (minimo un biennio).

Dalla cornice al quadroSi ripete spesso, durante le sedute del SAI, che lo statuto deve essere flessibile e non entrare troppo in dettagli organizzativi che vanno lasciati agli appositi regolamenti che potranno adeguarsi con maggior dinamicità alle mutevoli esigenze e tener conto delle esperienze maturate. Affermazione incontestabile. Tuttavia, se in una bella cornice viene inserito un quadro scadente, il complesso rimane scadente e la cornice è sprecata. Intendo affermare che alcuni principi generali sanciti nel prossimo statuto, come del resto nei precedenti, potranno rivelarsi produttivi ed efficaci o meno a seconda di come verranno messi in atto. Un esempio particolarmente significativo è costituito dalla futura articolazione in facoltà/scuole: a mio avviso le attuali facoltà mostrano evidenti luci e ombre e auspico un’attenta riprogettazione della loro articolazione per ricavare il meglio dalla struttura che stiamo progettando evitando alcuni evidenti rischi.Propongo quindi che, pur senza “scolpire nella pietra” il futuro organigramma del nostro ateneo, si costruisca uno –o anche più d’uno- “scenario di riferimento” in modo che ciascuno possa valutare appieno le potenzialità ma anche i rischi insiti nel nuovo statuto, prima che esso sia varato definitivamente. Se nodi irrisolti permangono è meglio che essi vengano al pettine prima di decisioni “irrevocabili”.

Post scriptumCome già in passato questo mio intervento si è concentrato soprattutto sugli aspetti di progettazione, organizzazione e gestione di ricerca e didattica. Non sono entrato nel merito di altri punti pur importanti perché meno controversi e/o perché me ne sento meno competente. Tuttavia vorrei riportare la mia sensazione che nel Politecnico attuale il personale tecnico-amministrativo (PTA), ad esclusione delle posizioni di vertice, abbia scarse possibilità di incidere sulla vita politecnica; una riflessione sulla sua rappresentanza in SA e magari sulla sua incidenza nell’elezione del rettore potrebbe essere utile.

42

Page 43: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

20 Agosto 2009

L’università italiana, i disegni di legge e il Politecnico: il mio punto di vistaDi crisi e conseguente impellente riforma dell’univeristà –italiana ma non solo- sento parlare da quando ero matricola, nel fatidico 68. In effetti di cambiamenti nel mondo universitario da allora ne sono avvenuti molti e importanti, più o meno pianificati, più o meno regolati da leggi.Sicuramente altri ne incombono di questi tempi, sulla spinta di tensioni politiche e mediatiche: i disegni di legge si susseguono e all’interno del Politecnico pure da anni si sta sviluppando un’intensa evoluzione e ulteriori importanti modifiche sono in cantiere. Nella riforma di statuto del Politecnico sono coinvolto personalmente nell’ambito del Senato accademico integrato (SAI) e ho recentemente “affisso” un mio parere nell’apposito forum; parere riportato pure qui sotto. Sentivo e sento però il bisogno di inquadrare le mie considerazioni in un contesto più ampio e, come mi ero ripromesso, colgo l’occasione di queste vacanze 2009 per mettere per iscritto alcune mie riflessioni ad ampio spettro.Dico subito che, nonostante partecipi volentieri e con relativo ottimismo ai lavori del SAI sulla riforma di statuto del Politecnico, ho profondi motivi di scontento e preoccupazione per come vedo modificarsi il mondo di cui faccio parte –l’Accademia con la A maiuscola- . Nelle note seguenti cercherò di argomentare la mia personalissima visione di questo mondo e come mi piacerebbe che venisse percepito, (ri)organizzato e gestito, con riferimento tanto al mondo accademico e universitario in generale quanto al microcosmo politecnico in particolare. Va da sé che non mi sento particolarmente ottimista ma ciònondimeno voglio provare almeno a comunicare il mio sentire a chi condivide con me la vita in questo Ateneo.Parto da alcuni principi generali in cui credo profondamente per ricavarne analisi e proposte concrete nello specifico attuale.

I principi fondanti dell’AccademiaDa qualche millennio il termine Accademia evoca un insieme di persone che, attraverso il proprio libero pensiero sviluppano e diffondono il sapere dell’umanità. Molto spesso questo modo di sviluppare la conoscenza è stato contrapposto al raggiungimento di obiettivi specifici e immediatamente finalizzati; ma spesso è anche accaduto il contrario e i due modi di incentivare il progresso della conoscenza umana si sono integrati e reciprocamente beneficati. Non la faccio troppo lunga ma rammento alcuni punti essenziali:

Non c’è bisogno di risalire a tempi remoti per individuare proprio nel libero pensiero del mondo accademico la sorgente principale dei progressi scientifici e sociali: anche nel mondo dell’informatica buona parte dell’innovazione ha avuto e ha origine in idee inizialmente molto poco “finalizzate” e germogliate al di fuori di spinte commerciali; basti pensare al web e alle modalità di interazione uomo-macchina, tanto per citare qualcosa sotto gli occhi di tutti.

Quasi sempre le società di maggior successo hanno garantito al mondo scientifico una libertà di pensiero e un’autonomia decisionale al di fuori delle normali regole organizzative: anche il mondo anglosassone, tradizionalmente concreto e orientato al profitto conosce l’istituzione della “tenure” in ambito accademico; perfino Stalin, nel Gulag, lasciava a chi aveva inclinazioni

43

Page 44: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

scientifiche una relativa libertà e alcuni importanti privilegi: leggasi il “Primo cerchio” di Solgenitsin.

Corollario quasi matematico di questa libertà di pensiero che caratterizza lo sviluppo scientifico è il concetto del “primus inter pares” per cui chi ha responsabilità e funzioni organizzative e direttive non per questo è “superiore” ai suoi colleghi. Non a caso uno dei meccanismi fondamentali di valutazione del merito scientifico è la cosiddetta “peer review”.

Il malessere e l’insofferenza da parte di altri settori della societàChe i suddetti principi di libertà e autonomia abbiano insiti rischi come l’autoreferenzialità, l’arbitrio e la pigrizia è del tutto ovvio e certamente essi si manifestano in maniera più o meno grave a seconda del contesto sociale, economico, temporale. Ne derivano anche inevitabili tensioni tra le varie componenti della società, tanto maggiori quanto più complessa e variegata essa sia. Ovviamente da questi rischi non sono esenti altre fasce sociali, direi anzi che essi fanno parte della naturale dialettica tra ogni componente di una società complessa.Sta di fatto che di questi tempi, soprattutto ma non solo in Italia, l’accademia e l’università in particolare sono soggette ad un massiccio attacco mediatico e politico. Questi eventi non sono affatto una novità e non intendo ripetere qui controosservazioni che ho già scritto in un recente passato: basta scorrere queste note a ritroso (però qualche chiodo particolarmente doloroso lo vorrei ribattere). In questo momento mi interessa analizzare lo stato che si è creato in Italia e al Politecnico a seguito degli eventi più recenti, ultimo DDL (che appare sempre imminente ma –fortunatamente- poi ritarda più del previsto), prossima riforma di statuto e “progetto merito” in particolare. Ovviamente dall’analisi intendo derivare qualche modesta proposta.Premetto un’osservazione di carattere generale. Io penso che una buona parte degli attacchi che periodicamente vengono portati all’università derivi proprio da una quasi totale incomprensione dei principi fondanti che ho richiamato qui sopra: chi scrive sui giornali e prepara disegni di legge non ha la minima idea di che cosa significhi fare ricerca –quella vera- e didattica a livello universitario; i luoghi comuni sono “ma voi andate in aula, fate un’ora di blah bla e prendete lo stipendio”, “se applichiamo un normale meccanismo di controllo gestione all’università si vede subito che è un peso per la società” ecc. Poi ovviamente arrivano i j’accuse contro i professori fannulloni, nepotisti, corrotti, ecc. ma questo secondo me è una conseguenza del primo problema: puntare il dito contro le mele marce è anche giusto quando viene fatto in modo corretto e certamente le mele marce esistono in ogni componente sociale –ma mi piacerebbe fare un’analisi comparativa su quale componente ne sia più affetta … - ma su questo e sul nostro masochismo interno mi sono già espresso, non voglio deviare troppo.Il guaio è che questa totale ignoranza del significato della ricerca la si trova proprio e soprattutto tra quei “giornalisti e politici” che sono, guarda caso, professori univeristari (e a cui vorrei applicare quei criteri di valutazione che essi stessi invocano …). Sarà un caso ma, nella mia modestissima e personalissima analisi, l’unico ministro MUR, MURST, MIUR… o come diavolo lo chiamano che non ha prodotto sfracelli è stato Ruberti, che avrà avuto un sacco di difetti ma in vita sua un po’ di ricerca vera l’ha fatta.

44

Page 45: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Conseguenza quasi inevitabile di questa ignoranza è la “numeromania” che sta affliggendo ormai quasi ogni strato della nostra organizzazione sociale, e qui non parlo solo della situazione italiana: trasformare la qualità in un numero è sempre estremamente pericoloso, che si tratti del numero di pubblicazioni, dell’impact factor, delle valutazioni della didattica da parte degli studenti e via di seguito. Faccio osservare che anche nelle società profit-oriented, dove a ben guardare è proprio il “numero” l’obiettivo primario e ufficiale, si verificano storture gravissime a causa di quei manager che hanno come obiettivo presentare agli azionisti “un bel bilancio” e chissenefrega se poi l’azienda si troverà impianti in sfacelo e sarà rovinata nel lungo termine. Cito anche il recente articolo “Stop the numbers game” di Dave Parnas, un personaggio di assoluto riferimento mondiale nel settore dell’ingegneria del software, apparso su Communications of the ACM Volume 50 , Issue 11 (November 2007): credo che il titolo basti da solo; è anche apparso un articolo sul Corriere della Sera, a firma Segre, credo, più o meno sulla stessa lunghezza d’onda. Intendiamoci, non propongo di ignorare del tutto certi indicatori che se ben adoperati possono aiutare una genuina valutazione, ma l’incapacità di entrare nel merito del valore del lavoro altrui porta alla ricerca di surrogati che, se abusati, risultano assolutamente controproducenti; e qui, mi spiace riscontrare questo difetto con il relativo rischio anche in certe decisioni recenti prese nel nostro ateneo.A rinforzo, e difesa dalla ricorrente insinuazione che certi argomenti siano sollevati per giustificare pigrizia e lassismo, cito anche dall’incipit dell’ articolo in cui le medesime Communications dell’ACM (Luglio 2009) commentano il conferimento della Turing award (universalmente riconosciuta come il premio Nobel dell’informatica) a Barbara Liskov:“The greatest joy Barbara Liskov has experienced in her distinguished career has not been the results of her influential work but the creative process itself. “It is incredibly exciting” she says, “to be thinking about a problem and suddenly see a way to solve it that you hadn’t thought before, and that makes a lot of other problems go away”. Creative activity is what makes research so interesting, she says, and is not dissimilar to what artists of all types experience during their work process.”Ingabbiare la ricerca e il valore dei suoi risultati in formule e bilancini vari (e quantità di ore da dedicarvi!) significa uccidere la ricerca sul nascere.

La spada di Damocle del DDLLa storia recente del DDL è nota a tutti: continuano a circolare versioni “quasi definitive, molto probabili e imminenti”, anche perché “c’è sostanziale accordo tra maggioranza e opposizione, e anche in larghe fasce della CRUI”; però io ho letto anche documenti fortemente critici ad esempio dell’interconferenza dei presidi. Pur evidenziando modifiche non proprio marginali tra una versione e l’altra, il DDL mantiene la sua struttura portante articolata su tre punti nettamente distinti: l’articolazione dell’università in strutture fondamentali come CDA, SA, dipartimenti; il reclutamento del personale; i doveri dei docenti.Tranne pochi spunti io ritengo che il DDL vada rigettato in toto e che sia un grave errore darne per scontata la messa in atto e cercare di adeguarvisi o rassegnarvisi, almeno da parte di coloro, e non credo siano pochi, che come me vi vedono molti più difetti che pregi. Abbiamo visto in un recente passato che opportune azioni nei confronti di opinione pubblica e politica non sono del tutto inutili e prive di speranza; e anche se dovessero fallire, almeno si sarà perseguita una linea eticamente ineccepibile. In buona parte ho già espresso in queste note i principali elementi di critica nei confronti del DDL. Qui vorrei riprenderli e integrarli permettendomi

45

Page 46: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

qualche modesta controproposta, soprattuto per non fornire scuse alla critica di immobilismo e reazionarismo ad oltranza che viene spesso mossa a chi esprime pareri negativi sui cambiamenti in essere o in progetto.

La “governance”Sul governo dell’università il discorso è estremamente semplice: il DDL tende ad imporre in modo indiscriminato un unico disegno basato sulla totale sfiducia nella capacità di autogoverno dell’istituzione universitaria (c’è però di peggio, come ho già osservato nella nota del 27 Maggio 2009). Il DDL mette in evidenza non solo l’arroganza della politica che pretende di “insegnare all’università” come si deve comportare e anzi “guidarla dall’alto della propria lungimiranza” (interventi esterni negli organi di governo, requisiti di tipo “gestionale” in ruoli chiave … osservazione a latere: molte aziende illuminate mettono nei propri CdA persone di cultura piuttosto o oltre che puri manager …) ma anche la totale ignoranza dei meccanismi che portano ad organizzare didattica e ricerca in settori così eterogenei come le scienze esatte, le scienze naturali, le scienze umanistiche, la giurisprudenza, ecc. Anche all’interno dell’ingegneria si può pensare che un unico modello vada bene per un Politecnico di Milano e per una facoltà di ingegneria di Catania o di Cosenza? (tutte sedi dove ritengo si faccia della buona ingegneria).Quindi qui la parte propositiva è semplicissima: rifiutare in modo categorico imposizioni organizzative che vengono dall’alto dell’ignoranza di politica e opinione pubblica e rivendicare la propria autonomia, ovviamente assumendosene la relativa responsabilità, a cominciare dal bilancio.Ciò detto, il dibattito interno per il nostro statuto può continuare sui binari intrapresi senza accettare condizionamenti.

Il reclutamentoIn questo caso non mi sembra che il contenuto del DDL sia del tutto privo di spunti condivisibili. Ad esempio, non mi dispiace l’idea di trattare in maniera diversa e separata i concorsi per assumere nuovi docenti e quelli per avanzamenti di carriera, purché rimangano concorsi e non meccanismi semiautomatici soggetti a banali verifiche che ben presto diverrebbero pura formalità. Ma il nodo fondamentale rimane quello dei meccanismi concorsuali.Quando si tratta di concorsi e di valutazione delle persone l’opinabile e il soggettivo sono inevitabili e, di conseguenza anche i presunti o reali “scandali” (chi è senza peccato …). Lasciamo perdere l’inutile (?) esercizio di stabilire se ci siano più scandali nella sanità, in politica, nella televisione, ecc.; però non sarebbe male che chi grida a certi scandali non si limitasse a cercare la pagliuzza nell’occhio altrui. I vari tentativi susseguitisi negli ultimi decenni che spesso non hanno fatto altro che rimbalzare da elezioni a sorteggio delle commissioni e viceversa, comprendendo ogni possibile variazione sul tema, dovrebbero aver dimostrato che non si può prescindere dalla responsabilità di una commissione che deve valutare elementi di grande complessità e delicatezza se stiamo parlando del valore scientifico, didattico –nonché umano e sociale- di persone. L’idea di fare intervenire elementi di valutazione il più possibile esterni, quindi più probabilmente imparziali e meno influenzabili, preferibilmente internazionali, è senz’altro buona ma va perseguita tenendo conto di ovvie difficoltà oggettive.Io mi permetterei un paio di semplici suggerimenti che certo non pretendono di eliminare il rischio di arbitrii e ingiustize –o semplicemente presunti o dichiarati tali da una parte tra quelle interessate.

46

Page 47: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

1. Se da un lato rifiuto qualsiasi approccio tendente a sostituire il giudizio umano con numeri più o meno algoritmicamente definiti (numero di pubblicazioni, citazioni, ecc.), dall’altro non mi sembra esorbitante né irrealizzabile chiedere a una commissione, invece di riempire centinaia di pagine di verbali costruiti con il “copy & paste”, di motivare in maniera tanto più forte e documentata le proprie decisioni, quanto più esse possano apparire “anomale” rispetto ai normali parametri. Personalmente sono sempre partito nel formulare le mie valutazioni da “parametri di default” come il prestigio della sede di pubblicazione, le recensioni internazionali, ecc. senza però trasformarli in formule matematiche. Se in certi “casi famosi” di concorrrenti “figli di xyz” che hanno vinto un concorso con 0 pubblicazioni o un semplice rapporto interno, la commissione fosse stata obbligata a documentare in modo pubblico e oggettivo perché quel particolare rapporto interno era un’opera di maggior valore di 10 articoli pubblicati su riviste di prestigio, avrebbe

a. avuto buon gioco se avesse agito in buona fede (per dichiarare che un rapporto interno vale di più di 10 articoli di prestigio ci vogliono argomenti veramente inoppugnabili e facilmente individuabili!) oppure

b. avrebbe capito di esporsi non solo al pubblico ludibrio ma anche a conseguenze più tangibili (si veda il punto successivo).

2. Il giudizio di una commissione di concorso è di norma inappellabile. Credo che questo sia un male presssocché inevitabile se si vuole evitare la paralisi totale di una macchina che da sempre ha faticato parecchio nei propri movimenti. Credo anche un’inutile perdita di tempo quella serie di presunte garanzie formali che non portano altro che relazioni di minoranza che lasciano il tempo che trovano, ricorsi e rari casi di invalidazione esclusivamente basati su vizi formali. Invece perché non prevedere, in quei –credo non troppi- casi veramente scandalosi, tanto cari ai nostri politici e giornalisti, una procedura del tutto eccezionale di “appello nella sostanza”, che porti:

a. Alla costruzione di una supercomissione costituita da membri di chiara e assoluta fama internazionale, del tutto priva di legami con la commissione originaria;

b. ad effetti estremamente gravi o per l’appellante o per la commissione originaria: se la supercommissione dichiarasse al di là di ogni ragionevole dubbbio e di margine di soggettività che il concorso sotto appello ha prodotto un risultato gravemente ingiusto e ha sovvertito valori inequivocabili, allora non solo il concorso andrebbe invalidato ma la commissione originaria dovrebbe essere soggetta a gravi provvedimenti, ivi inclusa l’interdizione a tempo o perenne da ulteriori concorsi; viceversa se il giudizio della supercommissione non dichiarasse manifestamente scorretto l’esito del concorso, allora dovrebbe essere l’appellante a subirne gravi conseguenze.

Sarò ingenuo ma confido che un’impostazione di questo genere basterebbe a fare da deterrente contro i casi più aberranti in entrambi i sensi: non sopporto infatti che “il giudizio di appello” se lo arroghino giornalisti e/o politici del tutto ignoranti (nel senso letterale del termine) dei termini della questione. Se qualcuno ha fatto delle porcherie –nessuno può escluderlo- che sia qualcun altro con la dovuta competenza e titolo a stabilirlo.

47

Page 48: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Lo stato giuridico e i doveri dei docentiLa terza parte del DDL è per me indubbiamente la più odiosa, tanto che non ho potuto frenarmi dal reagire a caldo già nella nota del 27 Maggio. Qui non posso che rincarare la dose sottolineando non solo l’arroganza e la supponenza di chi fa certe proposte ma anche l’assoluta ignoranza di che cosa sia il nostro mestiere che, senza voler assolutamente sminuire il valore e l’importanza sociale di altri mestieri, ha delle fondamentali specificità che ho provato a riassumere nei principi fondanti richiamati all’inizio di queste note; specificità che, voglio ricordare, sono la motivazione forse principale che ancora adesso spinge, nonostante tutto, una buona parte dei nostri -e non solo nostri- migliori laureati a entrare in questa bistrattata accademia rinunciando a carriere sicuramente più remunerative non solo in termini economici.Che cosa può sapere di ricerca chi ritiene che essa possa svolgersi nell’arco di 1512 ore annue? Che cosa può sapere di didattica chi la vuole misurare in “120 ore frontali” (ma se faccio un esame con lo studente seduto accanto non sono ore frontali e se invece lo studente sta alla lavagna mentre io sono seduto alla scrivania sono frontali?). Ma questi soloni che pontificano, anche e soprattutto da cattedre universitarie che –quelle sì- mi piacerebbe sapere come si sono guadagnate, hanno mai provato a sintetizzare in un ciclo di lezioni un recente risultato di ricerca, magari mettendo a confronto i propri risultati con quelli di colleghi oltreoceano? Se loro mi vogliono umiliare io reagisco con il più assoluto disprezzo per la loro ignorante e arrogante demagogia –e mi spiace proprio che queste mie note non possano raggiungerli.Ma anche qui devo mettermi al riparo dalla troppo facile accusa di voler difendere i privilegi di incalliti fannulloni: “ci sono quelli che non si fanno mai vedere in università, quelli che non pubblicano più una riga da decenni ecc.”.A questa accusa rispondo semplicemente che nessun individuo e nessuna istituzione intende e può sottrarsi a una rigorosa valutazione; semplicemente non proponiamo strumenti risibili.Se viene acclarata un’inadempienza grave come assenze ingiustificate rispetto a qualsiasi impegno, a cominciare dal ricevimento degli studenti, il colpevole deve e può essere facilmente oggetto di provvedimenti disciplinari come in qualsiasi altro mestiere. Tali provvedimenti devono essere prima a carico degli organi interni di governo e controllo ed eventualmente investire l’intera istituzione se la colpa avesse portata da inficiare l’intero servizio della medesima (il preside, o il rettore, che non intervengono sul collega pur loro pari ma inadempiente ne diventano complici e quindi ugualmente colpevoli!).Un po’ più complicato, lo ammetto, è esercitare un controllo di sostanza dove intervengono fattori di qualità –ripeto, non surrogabili da numeri e formule- o anche più semplicemente di produttività globale nel fornire un servizio che ha anche importanti requisiti sociali. Anche qui non ho ricette miracolose da contrapporre a soluzioni a dir poco semplicistiche e/o demagogiche; però un po’ di buon senso accompagnato da una certa dose di rigore anche interno potrebbero dare un buon contributo alla soluzione del problema. Mi limito ad alcuni esempi che spero forniscano almeno un’idea di massima:

1. Pretendere che un ricercatore rimanga attivo e vivace sul piano puramente scientifico anche quando ha raggiunto una certa età è forse inutilmente vessatorio (io però ci sto provando, nonostante gli impegni organizzativi derivanti dalla presidenza di facoltà e, soprattutto, ci sto provando ancora gusto, finché i vari DDL me lo permetteranno). Comunque chiedergli di scribacchiare un paio di articoli l’anno tanto per guadagnarsi la pagnotta degli scatti biennali è la solita pezza demagogica. Inoltre anche chi effettivamente si

48

Page 49: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

impegna nella ricerca potrebbe risultare “esternamente improduttivo” anche per periodi abbastanza lunghi, anzi tanto più lunghi quanto più ambiziosi sono i suoi obiettivi: non a caso, appunto, la libertà di ricerca è supportata dall’istituzione della tenure.

2. D’altro canto un atteggiamento inerte su ogni fronte anche da parte di chi magari non si sente più “ispirato” sul fronte della ricerca non è accettabile e quindi è giusto chiedere una buona dose di impegno o mediante una maggior dose di didattica o in ambiti organizzativi, promozionali, finanziari, ecc. Da questo punto di vista riconosco spunti condivisibili nel “progetto merito” del nostro ateneo, che pur ho criticato e non condiviso in altri aspetti.

3. Resta anche qui il nodo della misurazione e della valutazione dell’attività svolta. Ancora una volta parametri come numero di pubblicazioni o brevetti, finanziamenti ottenuti, ecc. rischiano di essere fuorvianti se additati come indicatori assoluti, tanto peggio se esposti alla pubblica opinione o … ludibrio. Tuttavia chiedere a ognuno di noi di documentare periodicamente e nel suo complesso l’attività svolta, senza ridurre ciò a un mero esercizio formale ma sottoponendolo a una seria valutazione tra pari mi sembra una prassi semplice e non particolarmente onerosa per alcuno. Anche in questo caso la recente delibera nell’ambito del progetto merito che chiede che ognuno tenga aggiornato il proprio curricilum sul web mi sembra azione semplice, utile e già da sola abbastanza efficace.

4. Se poi noi stessi non banalizzassimo certi passaggi come inutili perdite di tempo burocratiche (ad esempio quando ci si sottopone al giudizio per l’ordinariato o si è nominati in una di tali commissioni), ossia se cominciassimo a far funzionare in maniera più sistematica e impegnativia i meccanismi che già ci sono, … magari scopriremmo di non avere tanto bisogno di inventarne di nuovi.

5. Comunque non sono pregiudizionalmente contrario a subordinare avanzamenti salariali a periodiche valutazioni globali dell’attività svolta, fermo restando che di tutte le carriere pubbliche la nostra è in teoria quella più soggetta a valutazioni e concorsi. Cominciamo dal far funzionare bene quelli che ci sono.

ConclusioneE’ fuor di dubbio che l’attuale DDL sia semplicemente la conseguenza di una visione globale dell’università da parte di “opinion makers” e governanti. Non so che probabilità di successo qualsiasi azione proveniente dall’interno del nostro mondo possa avere, ma indipendentemente da tale probabilità vorrei proprio che chi condividesse almeno in parte l’analisi e magari l’approccio in positivo da me proposti (non credo ci sia alcuna “originalità scientifica” nelle mie idee ) non rimanesse inerte e rassegnato di fronte all’ineluttabile (e se invece approvasse le linee del DDL lo dicesse chiaro e tondo). Personalmente offro tutta la mia collaborazione a chiunque voglia impegnarsi in tal senso.

22 Luglio 2009

Copia dell’Intervento sul Forum dedicato alla riforma di statuto del PolitecnicoOsservazioni sulla riforma di Statuto (Dino Mandrioli, Luglio 2009)

49

Page 50: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Cari colleghi docenti e non docenti (in questo contesto il termine “collega” include tutti coloro che vivono al Politecnico, studenti inclusi),a valle dell’ultimo SAI (Senato integrato) e in un momento di relativa calma trovo il tempo di dire anch’io la mia sul forum che io stesso ho proposto.

In primis, un paio di premesse:1. Dopo qualche perplessità iniziale sul modo con cui era stata impostata la

riforma di statuto, ho constatato negli eventi più recenti e in particolare nell’ultimo SAI del 13/7/09 e in questo stesso forum un’atmosfera costruttiva e una disponibilità corale ad adattare il processo al contesto sociopolitico senza rigidi pregiudizi e coniugando efficienza e partecipazione democratica. Non posso che compiacermene e auspicare che questa mia sensazione sia confermata dai fatti che seguiranno.

2. E’ opinione abbastanza generalizzata che i punti nevralgici della riforma dello statuto (anche ma non solo in conseguenza dei vari disegni di legge che si susseguono senza indicazioni precise sulla loro tempistica) siano i ruoli di, e rapporti tra, rettore, CDA e SA e l’organizzazione dell’ateneo in strutture di “primo o secondo livello” alias dipartimenti e/o facoltà; senza peraltro nulla togliere all’importanza di altri punti che però in alcuni casi –ad esempio la composizione del senato- sono conseguenze dei primi due.Avendo constatato che l’impostazione della bozza elaborata dalla commissione ha trovato ampi consensi nella parte relativa a rapporti e ruoli di rettore CdA e SA, intendo qui concentrarmi sull’altro punto che è sicuramente molto più controverso al nostro interno.Non posso però non sottolineare che la rifoma dello statuto del Politecnico non è altro che una piccola parte dei profondi cambiamenti che –auspicati o temuti che siano- attendono l’università e tutti noi e rispetto ai quali sarebbe un grave errore assumere un atteggiamento passivo e di attesa. Mi riservo perciò un intervento di più ampio respiro che faccia riferimento non solo alla riforma del nostro statuto ma a tutti i cambiamenti che potrebbero verificarsi nell’organizzazione dell’università italiana, e non solo. Come consuetudine, questo intervento sarà “affisso” nell’apposita pagina web personale.

Ciò premesso, in questo intervento intendo soprattutto concentrarmi sui principi che vorrei ispirassero la nostra organizzazione futura. Solo a scopo esemplificativo, azzarderò in seguito un possibile scenario di attuazione di tali principi. Chi vuole può limitare la lettura alla prima parte … se non l’ha fatto prima .

I principi fondanti di una struttura “politecnica” di alto livello e di notevole complessità.

Posto che siamo tutti d’accordo che didattica e ricerca sono ugualmente importanti e che devono essere fortemente integrate in un ateneo come il nostro e che l’interdisciplinarità va fortemente perseguita su entrambi i fronti, osservo:

1. Le funzioni di organizzazione e gestione della didattica e della ricerca, attualmente attribuite a CCS-facoltà-OCD e ai dipartimenti, rispettivamente, sono significativamente diverse tra loro e richiedono personale –sia docente che amministrativo- con competenze e attitudini diverse. Le attività sono quasi

50

Page 51: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

sempre disgiunte; giustamente in tempi recenti le risorse per la didattica sono state integralmente attribuite alle facoltà invece di assegnare i fondi per supplenze e contratti alle facoltà e quelli per la didattica integrativa ai dipartimenti.L’unico vero momento di “interferenza” tra le due strutture attuali è la costruzione del quadro didattico quando i dipartimenti devono allocare le risorse per l’espletamento della didattica. Indubbiamente è un momento che comporta difficoltà e qualche tensione ma è anche l’occasione di sfruttare al meglio la naturale dialettica tra chi sviluppa e detiene la “conoscenza” di una certa disciplina e chi questa cultura deve sfruttare per realizzare il proprio progetto didattico; si veda anche il successivo punto sull’interdisciplinarità. E’ un momento quindi critico ma ricco di potenzialità positive che vanno sfruttate e non appiattite, non certo puro overhead burocratico.Quanto invece al più volte citato overhead consistente nel “far passare diverse pratiche in più ambiti”, esso è dovuto piuttosto agli attuali obblighi di legge che all’organizzazione del Politecnico in dipartimenti e facoltà e bisogna convenire che viene quasi sempre ridotto a pochi minuti di riunione di consigli o giunte.Riunire perciò funzioni diverse in un’unica struttura richiederebbe comunque poi l’individuazione di risorse separate –a cominciare dal personale T.A.- che sarebbe errato porre in relazione di mutua dipendenza (vedasi ad esempio la ventilata figura di “vicedirettore di dipartimento per la didattica” che ricorda fin troppo la figura di delegato del rettore).

2. L’interdisciplinarità è un valore che ognuno vuole perseguire e ampliare. Ovviamente il dissenso nasce sui modi per raggiungere lo scopo. Io osservo che questo valore può e deve essere perseguito in contesti e con modi diversi, sia pur tra loro contigui:

a. Si costruisce interdisciplinarità nella ricerca quando due o più competenze vengono integrate in progetti di più o meno lungo termine, come può accadere nell’automotive, nell’avionica, nell’energia, nell’ambiente, nei trasporti, …

b. Molto spesso questa integrazione si riflette in modo naturale nella didattica avanzata, quando si istituiscono all’interno del CS X insegnamenti provenienti dalla cultura Y, oppure si incita un dottorando ad acculturarsi in un settore diverso da quello della sua cultura originaria per affrontare ricerche innovative in settori inesplorati.

c. L’interdisciplinarità va però coltivata fin dalla formazione di base favorendo la costruzione di una mentalità adatta allo scopo, privilegiando fin dall’inizio la curiosità intellettuale nei confronti delle culture altrui anche a costo di rinunciare a risultati applicativi più immediati; evitando d’altro canto di spezzettare la formazione di base in un sapere pseudoenciclopedico che finirebbe necessariemente nel nozionismo.

In un certo senso i primi due modi di perseguire l’interdisciplinarità sono più spontanei, legati all’intraprendenza e alla volontà di singoli docenti o gruppi di ricercatori e quindi meno “regolamentabili”: per favorirla è sufficiente fornirle un terreno fertile in termini di ricercatori ben preparati e di strutture adeguatamente flessibili e dinamiche: cluster e progetti interdipartimentali ne sono un semplice esempio.

51

Page 52: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Vedo invece molto maggiori difficoltà nell’ottenere buoni risultati nella terza categoria, che però costituisce un prerequisito essenziale per le prime due. E’ qui che si trovano i maggiori rischi di una “cultura dominante” che finisca con il prevaricare le altre culture di base e complementari: da cultura complementare a “conoscenza di servizio” il passo –psicologico- è purtroppo breve e ha come conseguenza immediata una grave distorsione nella “dialettica tra erogazione e fruizione della didattica” di cui parlavo prima. Se qualcuno pensa che mi stia lanciando contro i mulini a vento, basti citare due “frasi celebri” di illustri e rispettabili colleghi (non c’è alcuna ironia!) pronunciate rispettivamente in un CCS di informatica e in un CDF della vecchia facoltà unica di ingegneria:

“All’ingegnere informatico i numeri complessi non servono” “L’informatica è come il regolo; quindi non serve insegnarla in corsi

universitari”Per la cronaca, oso sperare che nessuno dei due colleghi sottoscriverebbe ancora le proprie affermazioni; forse anche grazie alle discussioni che seguirono ai loro interventi.Nota importante: rimando ai numerosi documenti della commissione OCD “Figura dell’ingegnere” per fugare il sospetto di voler ingabbiare un importante principio in regole burocratiche espresse in termini di attribuzione di crediti ai SSD. Gli stessi documenti, in parte recepiti dall’OCD, indicano come si potrebbe affrontare il problema.

Su questa base io deduco in maniera forte e chiara la necessità di non incardinare le strutture preposte all’organizzazione della didattica –i CCS- nei dipartimenti che, indipendentemente dalla loro cardinalità, non possono non avere connotati fortemente tematici, se non altro per poter valutare le persone che vi lavorano. Servono al contrario strutture di coordinamento didattico forti, ossia capaci per competenza e potere di intervenire su progetti inadeguati, ridondanti, in conflitto tra loro. Occorre che queste strutture abbiano pari dignità e “peso politico” delle cosiddette strutture primarie dipartimentali, a cominciare dalla rappresentanza in SA.

Su questi principi mi piacerebbe che venisse disegnato il nuovo statuto per la parte che riguarda le strutture portanti del Politecnico. Ciò non significa affatto invocare il mantenimento dell’organizzazione attuale, che come tutte ha pregi e difetti e necessita di “qualche revisione periodica”. Nella parte che segue di queste note cerco di esemplificare qualche possibile modo per soddisfare i principi su cui vorrei fondare la struttura del Politecnico.

Analisi dello stato attuale.Chiamerei l’attuale struttura a “matrice teorica”: matrice perché teorizza appunto la trasversalità tra dipartimenti dedicati alla gestione della ricerca e facoltà dedicate all’organizzazione della didattica; teorica perché nei fatti, a mio parere, un reale coordinamento della didattica è avvenuto in modo decisamente parziale e insoddisfacente (mi spiego meglio tra breve). Questa struttura è il risultato di una prima robusta spallata che alla fine del millennio scorso ha scardinato l’antica articolazione nelle tradizionali Ingegneria e Architettura.Senza farla troppo lunga lo slogan più significativo per descrivere la situazione attuale è quello delle facoltà tematiche, che in teoria dovrebbero raccogliere culture e relativi corsi di studi affini. Per ovviare all’evidente rischio di eccessiva separazione fu creato

52

Page 53: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

l’OCD. Il modello teorico potrebbe avere una sua validità ma la sua attuazione pratica ha lasciato molto a desiderare –sempre a mio parere- proprio sugli aspetti più profondamente culturali: se occorre riconoscere buoni risultati al funzionamento della Giunta OCD che si è dedicata soprattutto agli aspetti più squisitamente organizzativi (regole generali, calendari, …), un vero coordinamento didattico tra CCS e monitoraggio della dialettica tra CCS e dipartimenti non è praticamente mai avvenuto a livello gobale dell’OCD ed è stato interpretato in maniere molto diverse all’interno delle singole facoltà: basti pensare alla loro composizione, non sempre propriamente … tematica.All’amico Carlo Ghezzzi che osserva che “le incarnazioni "storiche" del concetto di facolta` sono mille miglia lontano dal modello ideale vagheggiato” rispondo che la sua affermazione è in buona parte vera, ma proprio perché all’attuale “matrice teorica” fa riscontro una realtà già eccessivamente dipartimento-centrica, dove le principali decisioni di carattere didattico vengono prese in ambiti in cui la cultura centrale è anche “dominante”. Facoltà, e soprattutto OCD e SA, si trovano ad approvare burocraticamente regolamenti didattici già “congelati”.Per completezza di analisi sono a maggior ragione grato ai colleghi della mia facoltà e dei dipartimenti coinvolti per gli sforzi fatti al nostro interno per coordinare e omogenizzare gli insegnamenti di base nell’ambito della “revisione 270”: sono sicuro che abbiano prodotto un notevole miglioramento della didattica di base rispetto ai gravi danni prodotti dall’avvento della 509. Anche in OCD si è visto recentemente un barlume di dibattito culturale ad ampio spettro. Fermo restando che nel nostro mondo un efficace coordinamento dipende sempre e principalmente dalla buona volontà degli attori, ribadisco però l’assoluta necessità di appropriate sedi dove questo confronto e coordinamento possano svilupparsi al meglio.

Dalla “matrice teorica” alla “matrice reale”Se si accettano i principi sopra enunciati se ne dovrebbe facilmente dedurre la necessità di strutture di coordinamento che coinvolgano e raggruppino diversi CCS non all’interno di dipartimenti più o meno grandi ma in modo realmente “trasversale”. Dal dire al fare le difficoltà non mancano, occorre ammetterlo.In primo luogo qualcuno osserva che esistono parti del Politecnico, principalemente nell’ambito Architettura-Design, dove risulta abbastanza naturale trovare un’unica “cornice” che raggruppi uno o pochi dipartimenti e CS fortemente incardinati in tali dipartimenti, senza evidenziare complesse esigenze di coordinamento didattico al di fuori di tale cornice. Non ho elementi per contestare un’affermazione del genere che fa riferimento a una realtà di cui non ho conoscenza sufficientemente approfondita. Ne ricavo quindi un primo requisito già invocato da alcuni nella seduta del SAI del 13/7:1. La/le strutture di coordinamento didattico devono essere disegnate in modo

sufficientemente flessibile e dinamico da adattarsi ad esigenze anche profondamente diverse tra diverse componenti dell’ateneo.

Con riferimento principalmente ma forse non esclusivamente alla realtà di ingegneria, occorre però riconoscere le oggettive difficoltà di qualsiasi tipo di “clusterizzazione culturale” (ciò che a mio parere è uno degli elementi più qualificanti ed entusiasmanti del nostro mestiere): ripeto spesso che l’unica “partizione in classi di equivalenza” della cultura ingegneristica è … il “singleton ingegneria”. D’altro canto raggruppare tutte le funzioni e attività non solo di progetto ma anche di gestione della didattica in un’unica megastruttura che riesumi la vecchia facoltà di ingegneria, almeno nel nostro

53

Page 54: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Politecnico, appare del tutto irrealistico. Ne dedurrei perciò la proposta seguente, che appare congruente con l’attuale bozza elaborata dalla commissione:2. Un unico OCD articolato in sezioni e sottosezioni. L’OCD plenario dovrebbe

operare principalmente attraverso la sua Giunta, in modo simile a quanto già avviene ora. In rare occasioni potrebbero aver luogo riunioni plenarie per discutere di temi strategici sulla didattica (ad esempio della portata del “3+2”) certamente non con scopi “operativi”. Sembra naturale che di tale organo facciano parte almeno e forse solamente i presidenti di CCS. Immagino quindi una GOCD “forte” e un OCD plenario “debole”. Rispetto alla situazione attuale mi piacerebbe che l’elettorato passivo per l’elezione del coordinatore coincidesse con l’elettorato attivo, ossia con l’intero OCD.

3. E’ essenziale un numero adeguato di sezioni di ingegneria, senza escludere “sconfinamenti” in ambiti non esclusivamente ingegneristici: in tempi recenti ho constatato interessanti sinergie non solo tra ingegneria edile e architettura ma anche, ad esempio, tra il settore ICT e quello del design. Datemi pure dell’inguaribile nostalgico ma, siccome credo ancora nei valori della tradizione non mi dispiacerebbe che tali sezioni si chiamassero ancora facoltà; ma non facciamone una questione nominalistica.Da più parti si ripete che le attuali 6 facoltà di ingegneria hanno più difetti che pregi e qualcuno auspica una loro riduzione a 3-4 articolate secondo “macrosettori”. Non mi sento lontano da questa ipotesi, ma insisto sulla necessità di un ambito di discussione, principalmente a carattere culturale più che organizzativo, che riunisca tutte le competenze e culture, le “anime” dell’ingegneria. Potrebbe essere il sottoinsieme dell’OCD plenario costituito dai presidenti di CCS di ingegneria il quale opererebbe principalmente attraverso commissioni costituite ad-hoc per istruire problemi a carattere strategico.L’OCD plenario, sempre attraverso opportune commissioni, dovrebbe poi intervenire su aspetti di dialettica CCS-Dipartimenti che non siano circoscrivibili a una sola sezione/facoltà, più o meno secondo le linee indicate dalle recenti delibere dell’attuale OCD plenario (seduta del 3 Giugno 2009: chi avesse difficoltà a reperire la documentazione su Intranet non esiti a rivolgersi al sottoscritto).

4. E’ essenziale che queste strutture di secondo livello, o sezioni, o facoltà che dir si voglia, siano strutture forti. Ciò significa:

a. Capacità tecnico-operativa e potere di entrare nel merito delle decisioni, non limitandosi a vagliare e approvare/respingere progetti didattici elaborati in ambiti più ristretti ma contribuendo, eventualmente mediante appposite commissioni o giunte – non dissimili dalle attuali giunte di facoltà che hanno bene operato- alla gestazione e alla messa a punto dei progetti medesimi.

b. Il coordinatore, o direttore, o preside deve essere eletto direttamente da tutto il corpo docente facente parte della struttura e ad esso deve rispondere. Deve anche essere membro di diritto del SA.

c. Mentre concordo, se non altro per motivi pratici, che ogni docente appartenga ad un unico dipartimento e che tutte le decisioni relative alla sua carriera vengano prese in questo ambito, non escluderei, in pochi casi, l’afferenza dello stesso docente a più sezioni di OCD/Facoltà, così come già avviene nei CCS mediante la distinzione tra primo e secondo gruppo. Ritengo però questo punto un dettaglio marginale.

54

Page 55: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

d. Particolarmente critica è la decisione se queste strutture debbano essere ancora dotate di un proprio consiglio plenario o demandare ogni decisione all’apposita giunta. Questo punto riveste però un carattere generale e preferisco affrontarlo separatamente.

Negli ultimi tempi diverse voci si sono levate per indicare nell’assemblearismo uno dei principali mali dell’università, che la renderebbe un pachiderma incapace di reagire agli stimoli esterni e di adeguarvi la propria dinamica. Personalmente sono sempre stato favorevole a meccanismi di democrazia diretta, soprattutto in strutture come quelle accademiche dove dovrebbe vigere il principio del “primus inter pares”. Devo però confessare che in questi ultimi tempi, forse condizionato da alcuni amari fallimenti in cui per mia evidente incapacità non sono riuscito a fare esprimere il consiglio della mia facoltà sui temi di fondo che sono oggetto della riforma di statuto, ho cominciato a pormi domande sulla signifcatività di decisioni prese –quando sono prese- da assemblee che iniziano regolarmente con 15-20 minuti di ritardo per raggiungere il numero legale, in cui l’eventuale “alzata di mano finale” avviene non più tardi delle 17.30 tra i pochi rimasti (sempre che a nessuno venga l’uzzolo di chiedere la verifica del numero legale), in cui la presenza e gli interventi sono a dir poco casuali (a parte i pochi veramente interessati, documentati e motivati, che però potrebbero allora essere cooptati in una giunta), … Insomma temo che il processo già avviato di passaggio da una forma di democrazia diretta a una più snella di democrazia rappresentata sia ormai irreversibile e quindi è forse il caso di rassegnarsi a non aumentare il numero di “consigli plenari” al di là di quelli di dipartimento, già critici del loro.Si potrebbe però, ai vari livelli, ivi inclusi rettore e senato, istituire un meccanismodi garanzia come un voto di (s)fiducia o referendum finali per approvare o bocciare riforme di ampia portata come questa. Non sono il primo a pensare ad un meccanismo del genere: forse merita qualche approfondimento di indagine.

Concludo sottolineando che queste note sono state scritte e vanno interpretate con un livello decrescente di convinzione: mentre sono fortemente legato ai principi base da cui sono partito, la parte finale è necessariamente molto più sfumata e possibilista da tutti i punti di vista.Grazie a chi ha avuto al pazienza di arrivare fin qui e anche a chi soltanto ha iniziato la lettura.

Dino Mandrioli

PSMi scuso, soprattutto con il personale TA, se in queste note, già alquanto lunghette, mi sono concentrato quasi esclusivamente sugli aspetti della dinamica didattica-ricerca. Ciò non significa assolutamente disinteresse per altri punti sollevati da rappresentanti del PTA. Sono assolutamente d’accordo che esso sia una compenente essenziale e vitale dell’ateneo. Anzi, mi piacerebbe che proprio a conferma di questa affermazione si (auto)coinvolgesse anche esso su questi temi forse non immediatamente appassonanti dal proprio punto di vista ma centrali per la dinamica dell’ateneo.

55

Page 56: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

27 Maggio 2009

(Ancora) In merito al D.D.L. del 18 Maggio 2009

PremessaLa premessa è molto simile a quella di poco meno di un anno fa sullo stesso tema. Stavo da tempo pensando di riassumere durante le vacanze estive le mie ulteriori considerazioni sugli sviluppi in tema di “Organizzazione del sistema univeristario”. Penso ancora di farlo in modo più completo e organico sfruttando appunto la pausa estiva, ma quest’ennesima “bozza” che ci viene presentata orami come quasi definitiva e di prossima attuazione mi fa pensare che gli eventi stiano precipitando e ciò mi spinge almeno a “buttar fuori” tutto ciò che ribolle in me.

Interventi per la qualità del sistema universitarioTralascio in queste prime note i pur fondamentali titoli precedenti del DDL, soprattutto in termini di “governance”, e mi concentro sul Titolo III, appunto “Interventi per la qualità del sistema universitario” perché mi sembra che più ancora delle altre parti esso sia emblematico dello spirito generale che ispira l’intero DDL.Vado subito al sodo.Io penso che dietro questo DDL ci sia ben altro che il voler limitare o azzerare l’autonomia del mondo univeristario sulla base di pretese, e in parte reali, storture in esso presenti (però, chi è senza peccato … non ripeto osservazioni già scritte più di una volta in queste note: basta scorrere un po’ in giù il mouse); io penso che qui ci sia una precisa volontà di umiliarlo ed esporlo al pubblico ludibrio, come da tempo sta avvenendo con una campagna di (dis)informazione a dir poco martellante: aspetto solo di leggere qualche articolo su stupri perpetrati da qualche docente universitario. Ripeto, non ho tempo e voglia di fare ora un’analisi completa e puntuale di tutte le nefandezze contenute nel DDL (ma lo farò); mi soffermo solo su un dettaglio che è estremamente sintomatico: il nostro “impegno complessivo” quantificato in almeno … 1512!!! ore l’anno: non 1500 o 1600: 1512!Ma chi ha ispirato e scritto questa bella cosa –lo so benissimo: è qualche nostro collega, sia ben chiaro però: sto parlando di “colleghi” che bazzicano le stanze ministeriali, proprio quelli che, in vita loro, di ore nel loro ateneo ne hanno spese … un po’ meno di 1512- ha la minima idea di che cosa sia la ricerca (lasciamo pure stare la didattica e le famose 120 ore di “didattica frontale”)?? Non trovo proprio altra spiegazione che la cocciuta voglia di disprezzare e umiliare. Ma c’è di peggio:

Le beneamata “opposizione” che non perde occasione per ribadire il concetto “piove governo ladro”, qui no: qui ci propina un documento fotocopia di quello governativo (e se ne vanta pure): ecco finalmente un bell’accordo bipartisan: sul “dagli all’universitario” sono tutti d’accordo, soprattutto gli universitari che si sono succeduti in tutti i governi di ambo gli schieramenti. Però no, sono stato cattivo e malpensante: una fondamentale differenza tra il DDL del governo e quello del PD c’è: il PD si “ferma” a 1500 ore: rifletterò su quelle 12 ore al momento del mio prossimo voto.Questa sostanziale identità tra maggioranza e opposizione lascia perciò intendere che i giochi siano ormai fatti.

Ma peggio ancora, e, di nuovo, nihil sub sole novi: basta leggere quanto ho già scritto varie altre volte in queste note, è facile trovare consensi a questa

56

Page 57: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

impostazione anche e soprattutto all’interno del nostro mondo (e come al solito, la finta “auto”critica, è in effetti una feroce “etero”critica nei confronti “del collega del professore universitario”).

E’ probabile dunque che i giochi siano in gran parte fatti ma io mi permetto ancora di auspicare e sperare che non si resti inerti; tutto sommato quando un po’ ci si è mossi in autunno (ricordo ancora il momento di orgoglio regalatoci dal rettore il giorno dell’inaugurazione dell’AA) qualcosa è saltato fuori.Smettiamola di ripetere a noi stessi e agli altri che “in effetti sì l’università italiana è un carrozzone indifendibile” e che quindi una qualche ragione politici e media ce l’hanno per darci addosso. Ciò non vuol dire negare colpe che indubbiamente esistono e rifiutarsi di por mano ad efficaci rimedi (ma ai magistrati i cui ritardi determinano la scarcerazione dei mafiosi viene chiesto di dedicare almeno 1357,3(3) ore alla stesura delle sentenze???) ma significa recuperare l’orgoglio di una categoria che più di tante altre ha in fin dei conti prodotto ritorni più che positivi all’immagine del nostro paese nel mondo. Forse proprio la mancanza di reazione a questi attacchi rappresenta la loro principale fonte di forza (“vedete: non hanno neanche il coraggio di protestare; vuol dire che hanno proprio la coscienza sporca”) e quindi induce anche la possibilità di una reiterata azione di persecuzione (beh, è chiaro che l’unico modo di controllare le 1512 ore non può essere che la timbratura del cartellino, o magari un bel tornello).Personalmente, visto anche che mentre si dichiara che occorre alzare l’età pensionabile, vedo al contrario avvicinarsi rapidamente il momento in cui sarò espulso da questo mondo, posso anche pensare di “tirare a campare” fino a quel momento: certo sarò molto preciso, con o senza cartellino, allo scadere delle fatidiche 1512 a mettere giù la lima e dedicarmi ad attività che danneggino meno il mio fegato (non mi aspetto infatti che il sempre famigerato cartellino mi permetta di ottenere il pagamento di straordinari per le 800-1000 (scusate se non ho tenuto il conto dei decimali) ore annue che normalmente impiego in attività accademiche oltre le 1512 “di legge”). In quel momento penserò, come già penso, a tutte le ore, spesso notturne, che in vita mia ho dedicato a seguire idee di ricerca per lo più sbagliate; perché per me ricercare vuol dire anche e soprattutto accettare il rischio di non trovare; e se non trovo, ossia se non pubblico e non ho un impact factor >= x, allora perdo gli scatti biennali; ma anch’io “tengo famiglia” e agli scatti biennali non ci voglio rinunciare; e allora pubblicherò; non farò molta fatica: non c’è bisogno di arrivare alla mia età per scoprire i trucchi per pubblicare anche molto e anche con molte citazioni; e amen se non avrò più tempo (1512 ore sono poche per un vero ricercatore) e soprattutto voglia di dedicarmi alla ricerca vera. Ciò può andare per me che, appunto, non disto molto dalla pensione, ma come posso trovare il coraggio di prospettare un regime di vita simile a un giovane brillante ed entusiasta (aspirante) ricercatore? E, per fortuna, ce ne sono ancora molti: dovrò proprio rassegnarmi e consigliargli di emigrare perché qui non è aria? Scusate il moto di orgoglio e ribellione, ma ci sono decine di colleghi in giro per il mondo che sarebbero –ahimè, già sono- felici di accogliere tanti nostri neolaureati o neodottori.Ci vogliono trasformare in un esercito di soldatini obbedienti, poco numerosi, poco rumorosi, e soprattutto poco fastidiosi? Hanno effettivamente trovato la strada giusta. Però mi facciano anche il favore di non tirare più in ballo termini come “qualità, eccellenza, competizione internazionale, meritocrazia…”; “stakeholder” sì: mi dicano pure se il mio prossimo stakeholder sarà Brunetta o Marchionne, o Formigoni, o Mussi, o Marcegaglia … così cercherò di regolarmi e compiacergli.E, per ora, basta così.

57

Page 58: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

4 Agosto 2008

In merito al D.L. 112 del 25 giugno 2008 e al conseguente dibattito

PremessaErano quasi due anni che non mettevo mano a queste mie note e così, quando, sulla spinta degli eventi recenti, ho riaperto il file, ho notato che, guarda caso, i miei ultimi appunti facevano riferimento, almeno in parte, allo stesso problema e contenevano già molte delle osservazioni che più mi preme sottolineare … nihil sub sole novi?

Come quasi tutti gli appartenenti al mondo universitario italiano e al Politecnico in particolare mi sono sentito particolarmente toccato dal decreto in questione e ho seguito con interesse e coinvolgimento l’intenso dibattito che ne è seguito e che non accenna a smorzarsi. A parte però un paio di interventi molto parziali in occasione delle riunioni convocate dal Rettore, ho finora evitato di dire la mia. Mi accingo a farlo adesso con relativa calma approfittando delle vacanze usando il mio sito web e invitando eventuali interessati ad accedervi.Comincio con il passare in rassegna le principali osservazioni e proposte che sono state fatte sia all’interno che all’esterno del nostro Ateneo. Vista l’intensità e l’ampiezza del dibattito, è infatti naturale che sia stato già detto praticamente tutto ciò che si poteva dire; gran parte di quanto è stato detto e scritto contiene affermazioni del tutto condivisibili, ma … se facciamo l’”AND LOGICO” di quanto è circolato nelle nostre Inbox è immediato ritrovarci “tutto e il contrario di tutto”, ossia …FALSE!Non pretendo quindi né di aggiungere niente di nuovo né di scoprire l’acqua calda nell’affermare che buona parte delle affermazioni fatte sono valide, se prese a sé stanti ma devono essere inserite in un giusto contesto se si vuole evitare la contraddizione del “tutto e il contrario di tutto”.Cercherò perciò di mettere un po’ d’ordine nel mare magnum delle osservazioni e proposte circolate in modo almeno di spiegare la mia personale opinione.

Le principali affermazioni lette o sentiteChe il lamento per i tagli indiscriminati sia sostanzialmente unanime è abbastanza scontato. Altrettanto ovvio è il fatto che tra le varie vessazioni che il DL ci infligge la più dannosa e intollerabile sia il taglio del turn-over. Pure naturale è riconoscere che anche nel mondo universitario ci siano elementi di inefficienza o, peggio, di scarsa moralità, e che quindi sia giusto perseguirli; che qualcuno si sia spinto in questa autocritica anche all’interno del nostro mondo – che, contando migliaia di addetti ai lavori, non può essere certo esente da pecche – potrebbe anche essere degno di particolare elogio (qui però invito subito a rileggere il punto 3 delle sottostanti note del 16 Novembre 2006 …).Le varie posizioni però si diversificano profondamente nel modo con cui viene posto l’accento sui diversi “lamenti” e di conseguenza nelle proposte operative che ne scaturiscono. Semplificando drasticamente le diverse sfumature ma, spero, riducendomi all’essenziale, evidenzierei due posizioni che finiscono con il contrapporsi in maniera abbastanza netta:

58

Page 59: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

1. La posizione che pone in primo piano il fatto che il mondo universitario sia vittima ingiustamente di una cattiva opinione pubblica e di un clamoroso sottofinanziamento rispetto a qualsiasi standard da paese civile. Di conseguenza, i sostenitori di questa posizione propongono “azioni forti” e unitarie nei confronti delle “controparti” governo, media, opinione pubblica.

2. La posizione che fa prevalere l’autocritica (ma sul prefisso “auto” ci sarebbe molto da disquisire) riconoscendo l’esistenza di gravi difetti nel nostro mondo (sprechi, clientelismo, inefficienze, autoreferenzialità, …) e di conseguenza, propone di distinguere “il grano dalla pula”. Questa posizione, che mi sembra prevalente nel pensiero del rettore e nell’ambito delle riunioni da lui indette con il Senato accademico, il Consiglio di amministrazione e i direttori di dipartimento, dà per scontato che il decreto non subirà sostanziali cambiamenti e indica una strada in cui pochi “atenei virtuosi” (e.g. i Politecnici) elaborino un “progetto aggressivo” teso ad ottenere benefici specifici che premino il merito di questi atenei promettendo efficienza e “accountability”.

Orbene, dichiaro subito la mia netta propensione per la posizione 1, pur non escludendo alcune azioni specifiche riconducibili alla posizione 2. Cerco ora di spiegarne le ragioni principali. Per non farla troppo lunga rimando anche alle osservazioni già scritte nelle sottostanti note del 16 Novembre 2006 e a quelle del 27/7/08 di Salvatore Stagira che, tra tutte quelle circolate, riflettono meglio anche il mio pensiero.In primo luogo, pur riconoscendo di non poter basare le mie sensazioni su un’indagine rigorosa, non ho proprio l’impressione che l’università italiana sia mediamente questo covo di fannulloni, corrotti e incapaci come molti la dipingono anche dall’interno.Premetto che sono stato spesso molto duro e selettivo –quasi sempre in posizione minoritaria- in occasione di concorsi sia nazionali che locali di cui sono stato commissario (i verbali possono essere consultati) procurandomi anche “rimproveri e/o consigli” da parte di vari colleghi, alcuni dei quali oggi …. Lungi da me quindi affermare che la nostra università sia il paradiso della meritocrazia. Ciò detto però osservo, ad esempio, che se ci si lamenta a ragione della fuga dei cervelli –che non mi risulta sia prerogativa del Politecnico né delle facoltà scientifiche- vuol dire che questi cervelli sono “prodotti” perché “nessuno nasce imparato” e non credo che la genetica sia spiegazione sufficiente per il fenomeno.Qualche collega, in un impeto degno del miglior Robespierre, ha osservato che negli ultimi anni l’università ha avuto più risorse di molti altri settori; che le facoltà scientifiche ne hanno avuto più di altre e che il Politecnico è stato sopra media. Giusto, però si è dimenticato di ricordare che lo “stato iniziale” da cui il sistema partiva era ad ogni livello di gran lunga inferiore a qualsiasi standard europeo o occidentale (ma anche nel terzo mondo …): in realtà era solo l’inizio di un –a mio parere sacrosanto- processo di perequazione che è stato prontamente abortito non appena si sono dovute cercare risorse per altre più “clamorose” esigenze, ad esempio quelle dei camionisti (NB: mi limito a esprimere un giudizio sul clamore non sull’importanza sociale!).Il partito del “noi siamo diversi (e migliori)” rifugge quindi da azioni corali dimostrative considerate inutili e controproducenti e propone ambiziosi progetti “accountable”. Francamente parole altisonanti come “aggressivo”, “accountable”, ecc. mi suonano come foglia di fico per coprire la nudità del “ce l’abbiamo in quel posto, chiediamo almeno qualche briciola di elemosina per noi e chissenefrega degli altri.” Non mi piace questa posizione: intanto la nostra diversità andrebbe tutta dimostrata

59

Page 60: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

anche perché è proprio l’accounting, ossia lo strumento dimostrativo, che è particolarmente critico, soprattutto nel nostro mestiere. Già altri colleghi hanno osservato che se andiamo a guardare la giungla di parametri quantitativi è facile trovare altre sedi di vario tipo che possono esibire numeri migliori dei nostri. Da anni stiamo dibattendo al nostro interno come valutare correttamente meriti scientifici e didattici –sforzi lodevolissimi ma ancora ben lontani dal produrre risultati non dico incontrovertibili ma accettabili da una vasta maggioranza interna- e pretendiamo di offrire all’universo mondo, classe politica e giornalisti in primis, un’evidenza solare che, ad esempio i Politecnici (ehm ehm, una dizione originaria recitava Polimi e Polito, poi, a seguito di colloqui e “consigli”, si è passati a Politecnici …) meritano più risorse degli altri? A pensar male si farà anche peccato ma fatico a non intravvedere dietro la sbandierata accountability il ricorso a deprimenti valori numerici come le % di laureati, il numero di pubblicazioni e brevetti e magari anche una bella timbratura di cartellino per tutti (io invece lo abolirei anche laddove c’è, ossia per il Personale Tecnico Amministrativo). Come già più volte sostenuto in innumerevoli riunioni, tutti questi parametri numerici sono certamente importanti e vanno monitorati –mai proposto di trascurarli!-; guai però a farli diventare sorgente meccanica di decisioni per l’assegnazione di risorse di qualsiasi tipo.Un’ultima osservazione: su un elemento ho constatato unanimità di opinioni, sia nel nostro Ateneo che in tutto il mondo universitario, ossia nel giudicare il blocco del turn-over come di gran lunga il punto più esecrabile del decreto. Osservo allora che una tale misura è spesso un metodo “indolore” per affrontare il tipico problema degli esuberi (non entro adesso nel merito di se, quanti e quali esuberi esistano nell’università: certo il problema esiste): è “indolore” perché colpisce chi sta fuori e non chi sta dentro. Orbene, diversamente da altre categorie (farmacisti, tassisti, notai) che insorgono a sentir parlare di aumento di numero di licenze, questa deprecata università, dal suo interno si è preoccupata in primo luogo di permettere l’entrata di nuova linfa: è proprio la parte peggiore e più parassitaria della nostra società????Ciò detto confermo anche che molte analisi “specifiche” sul nostro variegato mondo, ad esempio quelle relative ai colleghi che siedono al parlamento o al governo o a quelli che scrivono sui giornali, sono assolutamente corrette, ma, appunto, locali.

So what?Evidentemente analizzare in maniera critica è molto più facile che fare delle proposte costruttive, soprattutto in una situazione in cui il contesto economico-sociale è quello che tutti (ri)conosciamo. Comunque ci provo.Contrariamente a tanti interventi che mi hanno preceduto, io parto proprio dall’ideologia: da essa sono abituato a far discendere anche le regole spicciole di comportamento. La mia ideologia mi porta –forse utopisticamente- a credere in un’università sede di libero pensiero e di liberi pensatori in cui la conoscenza viene sviluppata e diffusa senza –troppi- condizionamenti legati a parametri di tipo aziendalistico. Intendiamoci, non sono così ingenuo –concedetemi almeno l’assenza di malafede- da non riconoscere che in una qualsiasi struttura complessa è più facile premiare il dirigente che ha prodotto più utili e licenziare chi ha prodotto perdite (a proposito, che diciamo di stipendi e liquidazioni di chi ha guidato Alitalia, FS, e altre aziende statali e non solo statali?) che decidere chi “ha fatto una ricerca migliore o una didattica più efficace”. In una certa misura credo sia giusto che l’accademia “paghi” questo suo privilegio –ricordiamoci che la tenure c’è in tutto il mondo- sul piano economico. Con ciò non si deve assolutamente inferire che questa mia “ideologia di partenza” porti ad un’abdicazione ad ogni criterio meritocratico;

60

Page 61: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

cercherò di spiegarlo più avanti (ma in buona parte l’ho già spiegato nelle precedenti note del Novembre 2006).Un altro principio in cui credo profondamente è che nelle scelte di carattere strategico è sempre meglio procedere dal generale al particolare (o top-down, o per “zoomate successive”, …) evitando di dare priorità a interessi di bottega di stampo Guicciardiniano. Detta così, chi non è d’accordo? Però il mio modo di applicare questo principio non mi sembra porti ad avallare tutto quanto è stato fin qui proposto. Procedere dal generale al particolare significa, ad esempio, che chi guida il paese non può limitarsi a dire che bisogna ridurre il deficit ma deve scegliere in primis se fare interventi strutturali o procedere per una-tantum; significa che, una volta stabilito che è necessario risparmiare sulla pubblica amministrazione, occorre successivamente decidere se è meglio risparmiare nell’università e nell’istruzione o nella magistratura o nella produzione e manutenzione degli impianti per l’energia; una volta stabilito il budget per l’università, e solo allora, si porrà ovviamente il problema di ottimizzarne l’impiego: si deciderà se è il caso di ridurre il turn over indiscriminatamente o agire in maniera più mirata; lo stesso poi faranno i singoli atenei a livello locale e anche facendo valere le proprie ragioni eventualmente in conflitto gli uni con gli altri: dopo!Morale: non sono affatto contrario ad ambiziosi progetti di ristrutturazione interna all’università e/o interna al Politecnico e/o nell’ambito di un pool di università “virtuose” (tra l’altro mi sembra che molte delle azioni già intraprese –incluso il deprecato CIVR, come la peer review interna- vadano faticosamente in questa direzione). Sono però altrettanto convinto che queste azioni, se non precedute da una chiara presa di posizione che definisca il ruolo, l’importanza, e il budget dell’Università italiana finirebbero con il produrre l’effetto opposto di quanto auspicato, ossia, nei confronti del governo, accettare il taglio dei finanziamenti magari accontentandosi di una “pacca sulla spalla” perché essendo bravi ci siamo saputi arrangiare; e, quel che è forse anche peggio, nei confronti delle altre università, uno scatenamento di invidie, sospetti e rivalità interne (magari anche interne al nostro stesso ateneo). Qualcuno mi pare abbia invocato il paragone con i capponi di Renzo …: mi sembra risposta appropriata alla domanda del Rettore “Perché l’università non è capace di difendersi?” cui fornirei una risposta a 180 gradi rispetto alla sua: “L’università non è capace di difendersi perché è troppo impegnata a denigrarsi dal proprio interno invece che far fronte comune contro chi la disprezza indiscriminatamente”.Sempre sulla base della mia “ideologia” sono contrario a ogni ipotesi –fondazione o simili- che tenda a portare all’esterno dell’università la sua gestione e la sua organizzazione. Al momento non insisto troppo su questo aspetto solo perché una tale eventualità non pare attuale. Tuttavia noto con preoccupazione una notevole simpatia per un’impostazione privatistica dell’organizzazione dell’università in diversi ambiti del nostro ateneo.

Quali azioni nel breve?Questo quesito mi ha causato fortissime tensioni interne. Personalmente non ho mai fatto un’ora di sciopero in vita mia, neanche in occasione della legge Moratti. Il motivo è che, in un’istituzione come la nostra, lo sciopero non colpisce la controparte. Inoltre scioperare un giorno per poi stressarsi a recuperare il tempo perso fa, al contrario, il gioco della controparte la quale risparmia la giornata di stipendio e ottiene lo stesso servizio. Purtroppo la mia analisi mi porta a concordare con Stagira (e/o qualcun altro, non ricordo bene): lo sciopero è un mezzo –dovrebbe essere

61

Page 62: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

estremo- per far capire che il servizio che si offre è importante e va valutato meglio; e il mezzo consiste nel farlo venir meno.Ora, non si può essere così ingenui da pensare che far mancare la nostra ricerca anche per mesi farebbe smuovere un solo sopracciglio al nostro governo e ai nostri imprenditori, ma, visto che siamo considerati esclusivamente un esamificio … chi ha orecchie … mi ripugna quanto sto scrivendo ma, a mali estremi ….L’università si è sempre distinta finora proprio per non avere adottato questa forma di protesta. Il risultato è evidente: non solo non ha ottenuto quanto ottenuto invece da chi è molto esperto nel praticarla ma si è anche vista disprezzare e snobbare proprio perché nessuno ha mai fatto caso al servizio che bene o male (proprio malaccio?) ha sempre offerto. In qualche paese questo si chiama “essere cornuti e mazziati”.

E la meritocrazia?Non vorrei essere frainteso: rimango fortemente convinto che la meritocrazia sia alla base di una società giusta ed efficiente e che il mondo della cultura e della ricerca debba essere traente nell’applicare questo principio. Oltre a ribadire quanto già scritto qui sotto poco meno di due anni fa, nello specifico odierno suggerirei semplicemente di puntare a mettere in atto quegli strumenti più semplici –se si vuole anche banali- che dovrebbero risultare incontrovertibili agli occhi di tutti e quindi anche poco esposti all’effetto “capponi di Renzo” o “i soliti baroni che vogliono salvare i propri privilegi”.Ergo:Una volta fatta la battaglia –anche con i mezzi estremi di cui sopra- per rivalutare, in tutti i sensi, l’università in Italia, si può anche affrontare anche all’interno di questo mondo il “problema degli esuberi”: laddove ci sono evidenti sprechi di risorse ben vengano il blocco del turn over e altri tagli: ma qui nessuno potrà sostenere neanche lontanamente che il rapporto docenti/studenti del Politecnico è eccessivo: dove stanno gli esuberi qui???Similmente, il rapporto tra spese di personale e spese totali è un altro indicatore incontrovertibile: puntiamo su questi indicatori e lasciamo che sulla nostra “bravura”, fino a quando non saremo in grado almeno al nostro interno di mettere a punto solidi e affidabili strumenti di misura – ci stiamo attrezzando - siano gli altri ad esprimersi (talvolta in modo lusinghiero, come accaduto di recente sul Sole 24 ore, ma altre volte in modo quanto meno irritante …).

Per finire: una raccomandazione sul metodoSpero di sfondare una porta aperta ma in questo caso preferisco il rischio della ridondanza. Il rettore sta impegnando una sua “squadra” durante queste vacanze per mettere a punto una proposta specifica e concreta (che prevedo abbastanza diversa dalla mia). Bene. Ha anche promesso – la richiesta è stata avanzata da più parti compreso il sottoscritto- un ampio dibattito che coinvolga tutto l’ateneo e non confini le decisioni all’interno di stanze chiuse –anche se “magne”-.Ci conto! Auspico che l’ondata di preoccupazione ma anche di coinvolgimento che si è prodotta all’interno del microcosmo politecnico e del cosmo un po’ più grande dell’università non si smorzi ma sappia trovare un modo di diventare incisiva sul macrocosmo nazionale; e se per una volta, per raggiungere lo scopo, occorrerà fare un po’ di “rumore”… ben venga anche il rumore.

62

Page 63: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

16 Novembre 2006

Meritocrazia, Università e societàIn questi giorni di aspre discussioni sulla finanziaria 2007 il termine meritocrazia è stato invocato da più parti sia sui giornali che in ambiti più ristretti come le nostre liste e-mail interne. Sentendomi più volte provocato da certi interventi ho deciso ancora una volta di affidare a questa mia pagina di sfoghi personali alcune riflessioni in ordine (quasi) sparso.Premetto che nel mio animo mi sento decisamente “meritocratico” e che ho cercato di improntare a un tale criterio le mie decisioni sia quando mi sono sottoposto al giudizio altrui che quando ho dovuto a mia volta giudicare altre persone –ad esempio in occasione dei concorsi. Tuttavia non posso nascondere un crescente fastidio per il modo con cui questo “slogan” viene speso nei vari dibattiti.

1. Non posso vantare ricerche scientificamente rigorose ma ho la sensazione di un rapporto inversamente proporzionale tra l’invocazione e l’applicazione della meritocrazia nella nostra società: se tutti coloro (politici, giornalisti, colleghi universitari, …) che la invocano la mettessero anche in pratica, dovremmo essere il paese più meritocratico al mondo.

2. La mancanza di meritocrazia e il ricorso a sotterfugi e parametri di giudizio decisamente meno nobili temo siano un male profondamente radicato nella nostra società, in particolare in quella italiana, da cui non è esente nessuna categoria, dalle aziende private agli enti pubblici, dalla politica alla magistratura (arbitri di calcio inclusi …), alla scuola, ecc.

3. Mi pare però che il modo con cui questo termine viene invocato sia molto più aspro quando ci si riferisce al mondo universitario rispetto ad altre categorie della nostra società, pur altrettanto critiche per il suo buon funzionamento (politica, magistratura, dirigenza più o meno “alta” di enti sia pubblici che privati). Francamente non mi sembra che lo stato di fatto giustifichi questa diversità, anzi …. Ho quindi cercato di spiegarmene le ragioni.a. All’esterno del mondo accademico i termini “professore universitario”

e “ricercatore” hanno un significato a dir poco confuso nell’opinione pubblica: mi capita sovente –quasi sempre- che interlocutori anche dotati di buona cultura, oltre che di una laurea, si stupiscano a sentire che l’attività del professore universitario non consiste esclusivamente nell’andare in aula e tenere un certo numero di ore di lezione. Il ricercatore invece è qualcuno che passa il suo tempo in mezzo agli alambicchi (le due categorie poi sono considerate come rigorosamente disgiunte). Logico quindi che queste stesse persone non vedano troppo di buon occhio rivendicazioni provenienti da queste categorie, con l’esclusione della ricerca medica per la quale, grazie anche alla grande campagna di informazione, è più facile “sentire” l’impatto sulla propria vita.

b. Ciò che però trovo soprattutto sgradevole è la ferocia con cui la critica al mondo universitario viene dal suo stesso interno. Intendiamoci: una sana autocritica è certo attitudine positiva; al contrario non approvo affatto il chiuso e spesso ottuso corporativismo con cui praticamente ogni –altra- categoria sociale (dai tassisti ai piloti per non citare sempre gli stessi) si arrocca sui propri interessi. Però il modo con cui i

63

Page 64: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

principali strali contro il mondo universitario vengono lanciati proprio da professori universitari francamente mi insospettisce.In primis il tono della “pseudo-autocritica” sottintende sempre che il marcio sia altrove rispetto al luogo di provenienza della critica stessa. Mi sovviene una vecchia barzelletta che recita più o meno così: “Chi è la persona più intelligente, colta, disinteressata, generosa, ecc. al mondo? Risposta: il professore universitario! Chi è la persona più squallida, mafiosa, presuntuosa, infida, lavativa, ecc.? Risposta: il collega del professore universitario!” Temo che anche se molto vecchia questa barzelletta sia ancor oggi quanto mai calzante.Non a caso, la goccia che ha fatto traboccare il –piccolo, lo ammetto- vaso della mia sopportazione è stato il fondo del Corriere del 14/11/06 di Francesco Giavazzi: cito alcuni brani dal suo articolo: … i professori hanno un forte incentivo ad impedire che ciò che

non funziona venga corretto e talvolta cercano di proteggere i propri privilegi usando la propria influenza come opinion makers.

… buttare più denaro in queste università senza prima cambiare le regole arcaiche che le governano significherebbe aumentare sprechi e privilegi, …

… lo stipendio cresce solo con l’anzianità, … … il potere della lobby dei professori – spesso quelli che

pontificano sul beneficio della concorrenza in altri settori- nel bloccare le riforme.

Curioso che l’illustre collega parli di lobby dei professori capaci di condizionare l’opinione pubblica –ovviamente non nel senso da lui auspicato- all’interno di un fondo del Corriere della Sera.Trovo anche un tantino dissonante il fatto che la quasi totalità delle voci che all’interno del mondo universitario invocano un minor spreco di denaro pubblico (intendiamoci: questa non è un’apologia dei finanziamenti a pioggia!), arrivando ad approvare i tagli retributivi ai nostri stipendi previsti dalla finanziaria, provenga da colleghi che certamente non hanno nella voce “stipendio da professore” la propria fonte principale di sostentamento.

4. Se si invoca l’uso di un parametro per guidare scelte di strategia sociale e di finanziamento in particolare, bisogna anche essere in grado di misurare –e magari anche di definire- questo parametro in modo sufficientemente preciso e rigoroso. Ora, a quanto pare, anche con tutta la buona fede di questo mondo, i nostri concorsi, passati e presenti, dimostrano quanto sia difficile misurare e confrontare il merito scientifico di candidati all’interno dello stesso SSD (settore scientifico disciplinare) (Nota a margine: chi intraprende la carriera accademica si sottopone, per arrivarne al culmine, ad almeno sei livelli di valutazioni e concorsi: non mi sembra che ciò confermi quanto asserito da Giavazzi nel terzo “bullet” riportato qui sopra. Se almeno questi sbarramenti funzionassero bene si avrebbe già lo strumento più meritocratico d’Italia se non del mondo); quando si passa dagli SSD al confronto tra dipartimenti dello stesso ateneo le cose si complicano, come dimostra quanto sta avvenendo nel nostro Politecnico; passando poi al confronto tra diversi atenei, diverse aree culturali, …Insisto anche sul fatto che tradurre banalmente un criterio generale di

64

Page 65: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

valutazione del merito, anche valido, in formuletta numerica è spesso un rimedio peggiore del male: penso al numero di pubblicazioni, al rapporto studenti iscritti/studenti laureati, all’entità di finanziamento “conto terzi”, al numero di brevetti, … tutti “numeri” spesso adottati come parametri di valutazione sia all’interno che all’esterno del nostro Ateneo, i cui effetti distorcenti mi sembra siano sotto gli occhi di tutti e sono stati regolarmente oggetto di lamentele tutte le volte che sfavorivano un determinato settore/dipartimento/facoltà/persona….

In conclusione, non sono affatto contro la meritocrazia in generale e, in particolare, nell’università; sono anche favorevole a una sana autocritica all’interno del nostro mondo –da portare magari ad esempio esterno-; gradirei però che si cominciasse ad applicare questo sacrosanto criterio laddove è più facile e già sancito, ossia all’interno dei nostri concorsi (ovviamente nei casi in cui ciò già non avvenga, che non mi risulta siano la totalità); se poi saremo in grado di fornire autentici ed oggettivi parametri di merito anche al di fuori di essi, ben venga un ulteriore raffinamento ed applicazione di questa parola magica. Però, per favore, non invochiamo la parolina magica per giustificare una costante ed indiscriminata riduzione dei nostri stipendi (che finisce col colpire non i meno meritevoli ma i meno “forti socialmente”, a cominciare da chi si trova agli inizi della propria carriera).

10 Luglio 2006

A proposito delle 120 ore di “didattica frontale”In questi giorni anche al Politecnico, con notevole ritardo rispetto ad altre sedi, si è affrontato il problema di come applicare il nuovo vincolo di legge che impone ad ogni docente a tempo pieno, tra l’altro, 120 ore di “didattica frontale”. Dopo non poche interazioni con diversi colleghi nonché interventi in qualche dibattito, ho deciso di dare sfogo alle mie opinioni al riguardo anche su questa pagina web.Non esprimo qui un giudizio sulla legge: almeno nell’affermare che è “fatta male” penso che siamo tutti d’accordo; anzi questo è probabilmente il giudizio migliore che se ne può dare. Mi interessa molto di più invece il modo con cui la sua applicazione è stata affrontata qui al Politecnico.Premetto che non sono del tutto d’accordo con chi afferma che altro è il giudizio politico su una legge e altro è la sua applicazione: non essendo una legge –ahimé- una formula matematica, una legge va interpretata e questa in particolare, con l’introduzione di questo termine-novità sembra proprio una “sfida all’interpretazione”.Io penso che la nostra istituzione –il Politecnico nei suoi organi di governo- avrebbe potuto prendere una delle seguenti posizioni di fronte al problema generato dalla nuova legge:

a) Il Politecnico ritiene sbagliato e umiliante –nonché contrario allo spirito dell’autonomia universitaria e del singolo docente in materia di didattica- imporre al corpo docente regole cervellotiche, mal definite, che fanno supporre, senza avere il coraggio di affermarlo esplicitamente, il desiderio di aumentare il già notevole carico didattico dei docenti a costo zero, anzi, risparmiando sulle misere retribuzioni delle supplenze.Il Politecnico, in assenza di una definizione precisa di che cosa si intenda per didattica frontale, non può che rifarsi alla semantica della lingua italiana, con il conforto di analogo atteggiamento tenuto anche in altre sedi

65

Page 66: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

(USPUR), e quindi intendere come didattica frontale tutte quelle attività svolte dal docente in modo ufficiale e documentabile alla presenza fisica degli studenti; ne discende che tali attività includono, tra l’altro, lezioni, esercitazioni, seminari didattici, ricevimento studenti ed esami, almeno la parte degli esami svolta in forma orale in presenza degli studenti.Il Politecnico afferma che il normale carico didattico istituzionale che assegna a ogni docente, consistente nello svolgimento di corsi per un totale di non meno di 10 crediti soddisfa largamente sia il vincolo delle 350 ore di didattica complessiva che quello delle 120 ore di didattica frontale.

b) La nuova legge pare richiedere un maggior carico didattico ad ogni docente. Il Politecnico recepisce lo spirito della nuova legge e impone ad ogni docente come compito istituzionale 120 ore di lezioni e/o esercitazioni. In tal modo la voce “supplenze” verrà quasi completamente eliminata dal bilancio del Politecnico che potrà utilmente destinare il denaro risparmiato a più produttive iniziative, ad esempio aumentare le pubblicazioni come “tribù politecnica”.

Invece il Politecnico non ha preso nessuna di queste due posizioni. Ha preferito assumere una posizione pilatesca, ossia emettere vari documenti a dir poco fumosi lasciando di fatto alle varie frange dell’istituzione (presidi, direttori di dipartimento e singoli docenti) la responsabilità di entrare nel merito. Il risultato è che al momento in varie sedi si stanno studiando, con fantasia variabile e discutibile, diverse forme di didattica con lo scopo di poterle dichiarare “seminari didattici” o “laboratorio di progetto”, usando cioè termini che da qualche parte si sono ritenuti più meritevoli dell’etichetta di didattica frontale che il ricevimento studenti o gli esami. Ogni singolo docente poi userà la sua fantasia personale nel riempire il modulo dei compiti didattici. Ad esempio, il sottoscritto potrebbe ottemperare facendosi carico di una ventina di esercitazioni extra, più le lezioni di uno dei due corsi attualmente tenuti per supplenza retribuita; potrebbe poi non fare domanda di ulteriori supplenze; e potrebbe recuperare il maggior tempo dedicato alla didattica frontale diminuendo il tempo per la didattica non frontale, esami in particolare. La legge infatti non dice ancora che per correggere un singolo esercizio d’esame (non l’intera prova di uno studente!) bisogna impiegare almeno ½ ora; riducendo gli esami a semplici quiz (tendenza che si sta già verificando nel nostro Ateneo) il sottoscritto otterrebbe un notevole risparmio di tempo personale e renderebbe felici almeno quegli studenti che desiderano solo “togliersi dai piedi” il suo esame.Al momento una tale revisione della propria organizzazione didattica è espressa al condizionale … ma certamente non si tratta di periodo ipotetico del terzo tipo…Sempre come esercizio sulle varie forme di periodo ipotetico si potrebbe domandarsi se la qualità complessiva e sostanziale della didattica ne avrebbe un miglioramento o un peggioramento.A volte potrebbe venire in mente di cambiare mestiere: ad esempio, perché non fare … il tassista?

15 Giugno 2006

In occasione del rinnovo delle cariche istituzionali del PolitecnicoLa collega Mulas e il sottoscritto hanno ritenuto di rivolgersi a tutti i colleghi del Politecnico per condividere con loro alcune idee sull’assetto e le strategie del nostro

66

Page 67: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

Ateneo. Qui sotto viene riportato il testo della lettera che accompagnava il documento e un “link” al documento stesso, cui hanno aderito diversi altri colleghi.

Cari colleghi, care colleghe, l'avvicinarsi delle elezioni dei nostri organi istituzionali ha stimolato in alcuni di noi delle riflessioni che sottoponiamo - nell'allegato- a tutti voi e in particolare a coloro che intendono candidarsi alle varie cariche . Ci rendiamo conto che, in termini temporali, la condivisione con voi di queste riflessioni non sia stata così efficace come desiderato e forse dovuto e di questo ci scusiamo; potete facilmente immaginare i mille impegni della vita quotidiana che hanno rallentato il processo di stesura del testo che vi proponiamo. La principale conseguenza di questo ritardo è forse il fatto che non c'è stato il tempo per una elaborazione veramente "corale". E' perciò doveroso precisare che la redazione è responsabilità esclusiva di M. Gabriella Mulas e Dino Mandrioli e che tutti coloro che hanno deciso di aderire all'iniziativa lo hanno fatto condividendo soprattutto lo spirito che la anima senza necessariamente identificarsi in ogni dettaglio del documento allegato. Diversi commenti sono già arrivati ai due firmatari nel processo di raccolta delle firme; ci auguriamo che il documento sia in grado di suscitare delle reazioni positive per il nostro Ateneo soprattutto ora che viene condiviso con l'intera comunità politecnica. I due firmatari si impegnano a raccogliere tutte le osservazioni che arriveranno e a ri-inoltrarle, in forma compatta e riducendo il numero degli invii, sulla lista pd. Buona lettura (se ne avete voglia).

M. Gabriella Mulas e Dino Mandrioli (con 41 colleghi)

Documento Mulas-Mandrioli, Giugno 2006

18 Marzo 2005

L’accademia: dalla torre d’avorio al ….? E il Politecnico?Quante volte, nella sua storia ormai millenaria, l’accademia, nel senso più ampio del termine, è stata accusata dal resto della società civile di restare rinchiusa nella sua torre d’avorio senza preoccuparsi di ciò che accade al di fuori, nel mondo reale?Il ritornello, pur stucchevole, ha, o forse aveva, un suo fondo di verità, anche se ha notevolmente contribuito a creare nell’opinione pubblica un’immagine di coloro che vivono all’interno dell’accademia, di perdigiorno o peggio di parassiti della “vera società produttiva”. L’università poi, che da sempre costituisce il fulcro dell’accademia è spessissimo stata accusata di produrre ricerca e didattica del tutto inutili.Orbene, come dicevo, non nego che una certa mentalità “castalica” (nel senso di Hermann Hesse, Il gioco delle perle di vetro) albergasse in molti ambienti accademici; e, francamente non credo neanche fosse un gran male soprattutto se era mediata, come spesso era, da altre componenti più pratiche; mi preme anche sottolineare però, che la bistrattata accademia è stata quasi sempre l’origine –nel bene e anche nel male- di grandi avvenimenti scientifici e sociali di tutto il mondo civile.Ma ora?Usare ancora lo stereotipo della torre d’avorio mi sembra decisamente anacronistico e fuori luogo. Al contrario ho la sensazione che in tutto il mondo –almeno nel mondo

67

Page 68: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

cosiddetto “occidentale”- l’accademia, forse proprio per reagire alle suddette accuse, abbia abbandonato la sua torre e si sia gettata a capofitto nei meandri, nei vicoli e … nei postriboli del “mondo reale”. L’immagine più sintetica che mi viene in mente per descrivere la nuova situazione è che l’accademia ha assorbito dal resto della società la cultura dell’immagine sostituendola a quella dei contenuti.Alcuni esempi.Quando si ha, o si crede di avere, o si vuol fare credere di avere per le mani un importante risultato scientifico, invece che, o prima di, sottometterlo al resto dell’accademia per vagliarlo e pubblicarlo … si convoca una conferenza stampa: Pons e Fleishman docent.I giudizi tecnico-scientifici (ad esempio perizie) sono spesso asserviti ai legami di chi li emette con il mondo della politica (evito esempi più concreti e “vicini” perché rischierei querele).Le pubblicazioni “scientifiche”, anche da parte di sedi prestigiose e rinomate sono sempre più numerose; il che potrebbe anche essere sintomo di maggiore produzione; invece sono asservite ad un pressante bisogno di “apparire” sulla scena: aumentano le riviste, aumentano i congressi; tutti scrivono in quantità industriali (articoli corti perché le sedi impongono un limite di pagine), ma … di conseguenza si legge sempre meno. Se poi uno ha la (s)ventura di leggere con attenzione qualche contributo pubblicato anche su riviste prestigiose ha una probabilità non piccola di scoprire errori anche grossolani; per forza: chi è quel revisore che preferisce concentrarsi su un anonimo e difficile lavoro di lettura e valutazione invece che produrre lui stesso un nuovo articolo?Buona parte degli articoli “scientifici” sono poco più che una locandina pubblicitaria relativa al lavoro svolto, lasciando i “noiosi dettagli tecnici” ad appendici per lo più disponibili su siti web, se ci sono, che probabilmente nessuno leggerà e tantomeno verificherà mai.Ogni progresso scientifico, o presunto tale, deve essere pubblicizzato come “rivoluzionario”: guai ad ammettere che si tratta di semplice perfezionamento di tecniche note; di rigore attribuirgli un nome eclatante: nel settore del software in pochi mesi ci sono stati proposti “object-oriented programming, aspect-oriented programming, extreme programming, agile programming …” e chi più ne ha più ne metta.Fermiamoci qui sul generale e passiamo al nostro particulare: e il Politecnico?Il Politecnico non può e non vuole essere da meno, che diamine!Il Politecnico lancia i Poli regionali, le Fondazioni, i master, le scuole di specializzazione, le Alte Scuole Politecniche; salvo poi accorgersi che … i quattrini non ci sono e tutte queste belle cose vanno fatte “a costo zero” ossia sulle spalle volontarie dei propri docenti che, loro sì, devono mantenere lo spirito “accademico e disinteressato al vil denaro” e lavorare gratis.Il Politecnico si preoccupa di insegnare al mondo intero come brevettare i risultati delle ricerche, costruire società di spin-off e start-up per ricavarne introiti favolosi; non dice però, il Politecnico, agli aspiranti neo-ricchi che in California per una società di start-up che fa ricchi i suoi fondatori, 99 falliscono miseramente; non dice neanche che non è affatto detto che quell’una sia la migliore; non dice che Microsoft ha reso Bill Gates l’uomo più ricco del mondo vendendo prodotti come Excel ma che l’inventore dello spreadsheet è morto recentemente in assoluta povertà.Il Politecnico ci insegna come “gestire l’innovazione” e come sia bella la “dinamica della creatività”; tralascia però di avvertire i suoi studenti che per produrre l’innovazione, non basta imparare più o meno a memoria quattro formulette, far girare

68

Page 69: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

un po’ di codice “accrocchiato”, ma occorre andare a fondo nei problemi, impegnarsi con sacrificio per superare le difficoltà, ampliare la propria cultura perché l’innovazione è per sua natura e, direi per definizione, imprevedibile; il Politecnico pretende di insegnare a pochi eletti la “dinamica della creatività” (già: il termine “fantasia” è molto meno roboante di “creatività”; bisogna adeguarsi alle iperboli del linguaggio pubblicitario) nelle sue alte scuole ma impartisce a tutti i suoi studenti corsi di base che si riducono a mero infarcimento di nozioni ipercompressse e superficiali (in altre note ho spesso scritto, e ne sono vieppiù convinto, che quel poco o tanto di fantasia –pardon, di creatività- che ho sviluppato da studente del Politecnico lo devo soprattutto a materie come la geometria proiettiva, che il Politecnico ha smesso di insegnare da tempo).

6 Novembre 2002

La nascita e/o la morte dell'OCD?

Tra breve dovremo votare per eleggere alcuni membri del costituendo OCD (Organo di controllo e coordinamento della didattica). Ancor prima scade il termine per la presentazione delle candidature. Ciò mi ha costretto a riflettere (nuovamente) sul significato di questo organo e sulle sue prospettive. Sono stato tra i più tenaci fautori di questo organo. Lo consideravo infatti l'unico rimedio allo smembramento della cultura ingegneristica attuato -o completato- dall'avvento delle facoltà tematiche. In generale credo che la ristrutturazione dell'ateneo in poli e facoltà tematiche sia stata, come in vari altri casi, una risposta inadeguata e affrettata a un problema reale. Evitando però, almeno qui, di generalizzare troppo la mia analisi, speravo che all'interno dell'OCD potesse essere rivitalizzato il dibattito sull'essenza della cultura ingegneristica e sul modo di realizzarla stando al passo coi tempi e con i cambiamenti indotti dal nuovo ordinamento (il famigerato 3+2) su cui ho avuto modo di esprimermi in varie altre occasioni). Col passare del tempo però (da quando la "Commissione Brandolese" ha elaborato il documento propositivo sul riassetto dell'ateneo in facoltà tematiche, alla redazione dello statuto, all'elezione del nuovo rettore, fino ad ora, quando -finalmente???- l'OCD deve essere costituito) ho dovuto ancora una volta prendere atto di una realtà lontanissima dalle mie speranze e riporre i sogni nel cassetto. Ho verificato infatti disinteresse e scetticismo nei confronti dell'OCD da parte della quasi totalità dei membri e delle componenti istituzionali dell'ateneo. E' stata quasi unanimemente criticata la sua numerosità sulla base dei soliti slogan ("un organo troppo grosso non può funzionare" ecc.). Ribadisco invece che "piccolo è bello" è un assioma assolutamente falso (e potrei citare numerosi esempi ...); al contrario, un organismo con funzioni prettamente culturali (almeno così speravo) deve raccogliere idee da un'ampia base, salvo poi trovare efficienza realizzativa attraverso il lavoro di opportune commissioni. Il fatto poi che lo statuto attribuisca la presidenza dell'OCD a rotazione ai presidi di facoltà, secondo me, la dice lunga sull'importanza e il ruolo che esso assumerà. Spero di sbagliarmi ma immagino per l'OCD un futuro sonnacchioso dedito al più a pura burocrazia (didattica): che tra le sue funzioni ci sia il coordinamento su questo fronte tra le innumerevoli strutture coinvolte, mi sta benissimo (sperando che non si crei invece un ulteriore strato in conflitto con gli altri); però ribadisco che speravo anche in funzioni di carattere più culturale: qui invece mi pare evidente che i più -tra i

69

Page 70: ConsPoli - Intranet DEIBhome.deib.polimi.it/mandriol/SitoItaliano/conspoli.docx · Web viewCerto è risaputo che lo sciopero nel pubblico impiego ha dei seri problemi in quanto i

pochi che sono al corrente della futura esistenza dell'oggetto misterioso- lo vedono semmai come un ostacolo a "farsi i fatti propri in casa propria". In queste condizioni non penso proprio di candidarmi alle elezioni dell'OCD, nonostante avessi a suo tempo preso in seria considerazione una tale condidatura e nonostante alcuni gentili colleghi me lo abbiano proposto. Oltretutto, essendo ben conscio di rappresentare posizioni nettamente minoritarie -per non dire uniche- tra i colleghi informatici, credo sarei un pessimo rappresentante di tale componente. Anzi, per concludere, tengo a sottolineare che, se per caso dovessi tornare sulla mia decisione, mi sentirei del tutto libero di rappresentare esclusivamente me stesso: l'esperienza recente di 5 anni di presidenza di CCL/CCS in cui ho dovuto traghettare la barca verso un porto (il NO) assolutamente non gradito mi ha francamente esaurito e non ho nessuna voglia di ripeterla.

70