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Zmarich C., Gili Fivela B. CONSONANTI SCEMPIE E GEMINATE IN ITALIANO:… 429 CONSONANTI SCEMPIE E GEMINATE IN ITALIANO: STUDIO CINEMATICO E PERCETTIVO DELL'ARTICOLAZIONE BILABIALE E LABIODENTALE Claudio Zmarich*, Barbara Gili Fivela° *Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del C.N.R., Sez. Fonetica e Dialettologia, Padova °Università degli Studi di Lecce [email protected] , [email protected] , SOMMARIO Le consonanti geminate dell’italiano presentano una serie di questioni tuttora aperte per quanto riguarda sia lo status fonologico, sia la realizzazione fonetica. Fonologicamente, le geminate possono essere considerate come composte di due segmenti eterosillabici identici (rappresentazione bisegmentale, cfr. per es. Trubetskoy, 1939), o come segmenti singoli, distintivamente lunghi e sillabificati all’inizio della sillaba successiva (rappresentazione monosegmentale, cfr. per es. Martinet, 1975). Foneticamente, studi acustici e percettivi hanno stabilito che la durata delle geminate è all’incirca doppia della durata delle scempie e che la durata della vocale che precede la geminata è minore di quella della vocale che precede la consonante scempia (Bertinetto, 1981). Dal punto di vista articolatorio, l’unico studio cinematico eseguito sull’italiano (Smith, 1995) mostra che le geminate sono caratterizzate, rispetto alle scempie, da una maggior durata del periodo di occlusione e da un gesto di chiusura più lento, e la loro articolazione è maggiormente sovrapposta ai gesti vocalici circostanti. Nel nostro lavoro, riportiamo una descrizione cinematica, acustica e percettiva delle consonanti bilabiali e labiodentali inserite in parole e pseudo-parole target con struttura ‘CaC(C)a’, che si oppongono per la durata delle consonanti (cfr. /p/ vs /pp/) e per la presenza di nessi consonantici (cfr. /mp/ vs /mm, pp/). Per far emergere differenze tra geminate e scempie, i locutori hanno effettuato una lettura normale ed una veloce di ogni frase del corpus, e hanno letto delle risposte informativamente adeguate a domande che sollecitavano la realizzazione di un focus contrastivo sulla parola target. L’intero corpus è stato prodotto almeno tre volte da due locutori originari del nord Italia. I dati cinematici sono stati raccolti per mezzo del dispositivo ELITE, l’acquisizione del segnale acustico è stata effettuata con un registratore DAT, mentre il test percettivo è stato effettuato per mezzo del programma Perceval, sviluppato presso LPL di Aix-en-Provence. In questo lavoro discutiamo principalmente i risultati dell’analisi delle produzioni a velocità di eloquio naturale (si rimanda a Gili Fivela & Zmarich (in stampa) per la discussione dettagliata dei dati relativi alla focalizzazione contrastiva ed all’incremento della velocità di eloquio). Prima di effettuare l’analisi cinematica abbiamo verificato che dal punto di vista acustico e percettivo le coppie di parole con consonante scempia o geminata fossero effettivamente percepite come distinte. Il test uditivo è stato realizzato sottoponendo una selezione delle produzioni dei due locutori a 10 soggetti e chiedendo loro di indicare quale parola target avessero udito (papa vs pap:a). Al test percettivo è seguita l’analisi acustica, effettuata con PRAAT, che ha permesso di individuare i confini segmentali rilevanti per l’analisi. Dal punto di vista cinematico, l’attenzione è stata sino ad ora concentrata sul movimento verticale del marker incollato al centro del labbro inferiore, e per ciascuno dei

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Zmarich C., Gili Fivela B. CONSONANTI SCEMPIE E GEMINATE IN ITALIANO:…

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CONSONANTI SCEMPIE E GEMINATE IN ITALIANO: STUDIO CINEMATICO E PERCETTIVO DELL'ARTICOLAZIONE

BILABIALE E LABIODENTALE

Claudio Zmarich*, Barbara Gili Fivela° *Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del C.N.R., Sez. Fonetica e Dialettologia, Padova

°Università degli Studi di Lecce [email protected], [email protected],

SOMMARIO Le consonanti geminate dell’italiano presentano una serie di questioni tuttora aperte per

quanto riguarda sia lo status fonologico, sia la realizzazione fonetica. Fonologicamente, le geminate possono essere considerate come composte di due

segmenti eterosillabici identici (rappresentazione bisegmentale, cfr. per es. Trubetskoy, 1939), o come segmenti singoli, distintivamente lunghi e sillabificati all’inizio della sillaba successiva (rappresentazione monosegmentale, cfr. per es. Martinet, 1975). Foneticamente, studi acustici e percettivi hanno stabilito che la durata delle geminate è all’incirca doppia della durata delle scempie e che la durata della vocale che precede la geminata è minore di quella della vocale che precede la consonante scempia (Bertinetto, 1981). Dal punto di vista articolatorio, l’unico studio cinematico eseguito sull’italiano (Smith, 1995) mostra che le geminate sono caratterizzate, rispetto alle scempie, da una maggior durata del periodo di occlusione e da un gesto di chiusura più lento, e la loro articolazione è maggiormente sovrapposta ai gesti vocalici circostanti.

Nel nostro lavoro, riportiamo una descrizione cinematica, acustica e percettiva delle consonanti bilabiali e labiodentali inserite in parole e pseudo-parole target con struttura ‘CaC(C)a’, che si oppongono per la durata delle consonanti (cfr. /p/ vs /pp/) e per la presenza di nessi consonantici (cfr. /mp/ vs /mm, pp/). Per far emergere differenze tra geminate e scempie, i locutori hanno effettuato una lettura normale ed una veloce di ogni frase del corpus, e hanno letto delle risposte informativamente adeguate a domande che sollecitavano la realizzazione di un focus contrastivo sulla parola target. L’intero corpus è stato prodotto almeno tre volte da due locutori originari del nord Italia. I dati cinematici sono stati raccolti per mezzo del dispositivo ELITE, l’acquisizione del segnale acustico è stata effettuata con un registratore DAT, mentre il test percettivo è stato effettuato per mezzo del programma Perceval, sviluppato presso LPL di Aix-en-Provence. In questo lavoro discutiamo principalmente i risultati dell’analisi delle produzioni a velocità di eloquio naturale (si rimanda a Gili Fivela & Zmarich (in stampa) per la discussione dettagliata dei dati relativi alla focalizzazione contrastiva ed all’incremento della velocità di eloquio).

Prima di effettuare l’analisi cinematica abbiamo verificato che dal punto di vista acustico e percettivo le coppie di parole con consonante scempia o geminata fossero effettivamente percepite come distinte. Il test uditivo è stato realizzato sottoponendo una selezione delle produzioni dei due locutori a 10 soggetti e chiedendo loro di indicare quale parola target avessero udito (papa vs pap:a). Al test percettivo è seguita l’analisi acustica, effettuata con PRAAT, che ha permesso di individuare i confini segmentali rilevanti per l’analisi. Dal punto di vista cinematico, l’attenzione è stata sino ad ora concentrata sul movimento verticale del marker incollato al centro del labbro inferiore, e per ciascuno dei

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due gesti fonetici (chiusura – da /a/ alla seconda C - e apertura - da C alla seconda /a/), è stato analizzato: lo spostamento del movimento, l’ampiezza e la durata, la velocità del movimento (velocità massima istantanea, e durata dei suoi periodi di accelerazione e decelerazione), il time-to-peak e la stiffness articolatoria, calcolata come rapporto tra la velocità massima e l’ampiezza.

I risultati mostrano che, coerentemente con le aspettative, consonanti scempie e geminate sono distinte in base alla durata acustica del segmento consonantico e di quello vocalico precedente, e che il variare della velocità di eloquio incide considerevolmente sulla capacità di discriminazione tra le due classi. Da punto di vista cinematico, le geminate sono diverse dalle scempie, e, soprattutto nel gesto di apertura, presentano caratteristiche comuni ai cluster da noi sconsiderati. Queste osservazioni fonetiche rappresentano una ulteriore evidenza a favore dello status bifonematico delle geminate e della loro eterosillabicità. Per quanto riguarda l’organizzazione temporale dei gesti per la consonante e per la vocale, i nostri risultati riflettono il Vowel-to-Vowel model di Ohman (1967) - predetto dalla Smith (1995) per l’italiano, in quanto lingua ad isocronia sillabica - soprattutto per un parlante, anche se in modo incompleto. Questi risultati supportano una interpretazione dell’organizzazione temporale dell’articolazione più legata a strategie individuali che a tipologie universali imposte dal tipo di lingua parlata.

INTRODUZIONE Nella lingua italiana, la durata consonantica ha funzione distintiva e permette di

contrastare elementi geminati e scempi per la maggioranza delle consonanti (15/23), fatta eccezione per le cosiddette rafforzate o intrinsecamente lunghe, e per quelle consonanti che possono essere solamente brevi. Le consonanti geminate dell’italiano presentano però una serie di questioni tuttora aperte per quanto riguarda sia lo status fonologico, sia la realizzazione fonetica.

Per quanto riguarda lo status fonologico, la rappresentazione autosegmentale delle geminate oscilla tra un tipo bisegmentale ed uno monosegmentale. Nel primo caso, ciascuno dei due elementi C al livello dell’ossatura segmentale può essere collegato ad una matrice di tratti sul livello melodico, e le due matrici sono identiche (interpretazione bisegmentale); secondo la rappresentazione monosegmentale, i due elementi C possono essere collegati ad un’unica matrice del livello melodico (cfr. Lahiri & Hankamer, 1988). In ogni caso, la differenza tra geminate e scempie è assicurata dal numero di C presenti al livello dell’ossatura segmentale. Per quanto riguarda in specifico la lingua italiana, il dibattito sullo status fonologico delle geminate ha contrapposto, secondo Loporcaro (1992), i sostenitori di un’impostazione cosiddetta “tradizionale”, che considera le geminate come composte di due segmenti identici che appartengono a sillabe diverse (rappresentazione eterosillabica e bisegmentale, cfr. infra alii, Trubetskoy, 1939), a coloro che invece considerano le geminate come segmenti singoli a livello fonologico, distintivamente lunghi (o tesi) e sillabificati interamente all’inizio della sillaba successiva (rappresentazione tautosillabica e monosegmentale; cfr. infra alii, Martinet, 1975). Si può poi ulteriormente distinguere, in base al comportamento della geminata di fronte a regole fonologiche che la coinvolgono, il caso di geminate tautomorfemiche e eteromorfemiche (rispettivamente, underlying e concatenated and assimilated, secondo Lahiri & Hankamer, 1988): le prime ricevono una rappresentazione monosegmentale e le seconde bisegmentale (poiché solo uno dei due segmenti può essere modificato da una regole fonologica).

Per quanto riguarda le caratteristiche fonetiche, diversi studi basati su analisi acustiche ed esperimenti di percezione hanno stabilito che, in lingue diverse come il turco, il bengali

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(cfr. Lahiri & Hankamer, 1988), il buginese, il madurese e il toba batak (Indonesia, cfr. Cohn, Ham & Podesva, 2003) l’opposizione di lunghezza nella classe delle occlusive sia veicolata principalmente, se non esclusivamente, dalla durata della fase occlusiva, mentre la durata della vocale precedente e la durata del VOT non differenziano significativamente i due tipi di consonanti. In ogni caso, qualsiasi sia l’origine morfofonologica delle geminate (tautomorfemica o eteromorfemica), esse si comportano foneticamente allo stesso modo, non distinguendosi tra loro (Lahiri & Hankamer, 1988).

Gli studi acustici e percettivi per l’italiano hanno stabilito che la durata delle geminate è all’incirca doppia della durata delle scempie, e sembrerebbe che anche la durata della vocale precedente differenzi significativamente la coppia consonante scempia vs geminata (V lunga davanti a scempia, breve davanti a geminata, cfr. per es. Bertinetto, 1981). Tuttavia, gran parte dei dialetti settentrionali è caratterizzata dall’assenza dell’opposizione di lunghezza consonantica, “che dipende dal grado di formalità del discorso e dal livello di istruzione del parlante” (Mioni, 1993: 117).

Dal punto di vista articolatorio, relativamente pochi studi di tipo cinematico sono stati eseguiti per far luce sulla questione delle geminate, e solo uno, limitato alla struttura mVC(C)V, dove V= /a,i/ e C=/p, t, m, n/ , è stato eseguito sull’italiano (Smith, 1995). Questo studio prende le mosse dalle ipotesi teoriche della Fonologia Articolatoria (Browman & Goldstein, 1986; Saltzman & Munhall, 1989), che descrive la produzione del parlato come un’orchestrazione di gesti astratti specificanti: • all’interno di ogni gesto, l’ampiezza e la stiffness (o costante di rigidità), che sono

caratteristiche intragestuali (un altro parametro, il damping, o fattore di smorzamento, di solito non viene considerato in quanto di impatto trascurabile). Idealmente, ogni gesto articolatorio è associato con una costante temporale intrinseca (la sua stiffnes) e questa può essere stimata dal rapporto tra la velocità massima e l’ampiezza di uno stesso gesto (mass normalized stiffness).

• tra gesti adiacenti, la fase relativa (cioè come i gesti sono sincronizzati, o sovrapposti, l’uno rispetto all’altro), che è una caratteristica intergestuale.

In questa impostazione, due gesti articolatori che a parità di ampiezza differiscono per durata possono essere regolati da almeno due meccanismi alternativi principali, che agiscono sulla stiffness o sulla fase. Questi meccanismi vengono sfruttati in modo linguospecifico per implementare nell’articolazione funzioni di natura prosodica.

Nello studio di Smith (1995), la geminazione in italiano è confrontata con la geminazione in giapponese, e misurata a livello di gesti bilabiali e linguali (dorso). L’autrice, il cui interesse è esplicitamente focalizzato sull’organizzazione temporale dei gesti per la consonante e per la vocale, trova che le due lingue obbediscono a modelli organizzativi diversi per quanto riguarda la loro coordinazione: il giapponese esemplifica il combined Vowel-and-Consonant model di Browman & Goldstein, mentre l’italiano rientra all’interno del Vowel-to-Vowel model di Öhman (1966, 1967) e Fowler (1983). Per l’italiano l’intervallo temporale totale tra l’inizio articolatorio della prima vocale e la fine articolatoria della seconda resta invariato indipendentemente dal numero di consonanti intervocaliche. Questo risultato è ottenuto sovrapponendo maggiormente, nella geminata, il gesto articolatorio della consonante - che parte prima e termina dopo rispetto alla scempia - ai gesti articolatori delle vocali circostanti, che restano invariati. L’autrice sostiene che il tipo di modello supportato dall’italiano è funzionale alla sua tradizionale classificazione come lingua ad isocronia sillabica. Nelle lingue che si conformano a questo modello, le vocali sono più “importanti” delle consonanti e costituiscono il nucleo di una unità ritmica. Ulteriori differenze articolatorie tra singole e geminate riscontrate dalla Smith (1995)

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consistono in una durata maggiore del gesto di chiusura e della fase di tenuta delle geminate (rispettivamente, per un periodo di attivazione più lungo e per una minore stiffness). Più in generale, in altre lingue dove il contrasto di lunghezza consonantica è distintivo, come il giapponese, alcune differenze riguardano anche la diversa posizione del picco di chiusura del labbro inferiore (più alto per le geminate) e la diversa ampiezza del gesto di chiusura (maggiore nelle geminate), non correlati però alla variazione di velocità (che, infatti, non risulta maggiore nelle geminate (Löfqvist, 2003), come ci si potrebbe attendere dato il rapporto sinergico che lega l’aumento dell’estensione all’aumento della velocità (Löfqvist, 1997).

I dati acustici e cinematici presentati in questo lavoro hanno lo scopo di descrivere e possibilmente chiarire lo status fonetico e fonologico delle geminate, e di verificare l’applicabilità del Vowel-to-Vowel model all’italiano.

CORPUS E METODO Per la nostra indagine, abbiamo selezionato i fonemi consonantici labiodentali e

bilabiali dell'italiano, considerandoli sia come scempi che come geminati (/f, v, p, b, m/ vs /ff, vv, pp, bb, mm/). Con l'intento di acquisire dati relativamente allo status mono o bifonematico delle geminate, abbiamo inoltre individuato dei cluster consonantici nei quali la nasale bilabiale comparisse come primo elemento, facilitando il confronto tra le caratteristiche di un segmento scempio (/m/), il primo elemento di un cluster analizzato come eterosillabico (/m/ in /mf, mb, mp/), ed una geminata (/mm/). Sono state scelte delle parole e create delle pseudoparole che permettessero di far comparire i segmenti da noi individuati nel contesto di vocali centrali basse (/a/). Le parole e pseudoparole sono poi state inserite in una frase cornice (‘richiama faffa/fafa marcatamente’).

Per studiare nel dettaglio le caratteristiche fonetiche delle consonanti, le frasi sono state fatte leggere sia a velocità normale, sia chiedendo poi ai soggetti di incrementare la velocità di eloquio; è stata inoltre indotta una focalizzazione contrastiva della parola target, ottenuta inserendo la frase in un contesto che inducesse ad utilizzarla con l'intento di correggere un enunciato precedente, favorendo quindi la realizzazione di un accento contrastivo in corrispondenza della parola bersaglio (‘richiama X marcatamente? No, richiama … marcatamente’).

Il corpus è stato letto per tre volte da due soggetti di età compresa tra i 25 e i 35 anni: un uomo del nord-est, ed una donna originaria del nord-ovest (il secondo autore). Il segnale audio è stato registrato per mezzo di un dispositivo DAT (Sony DTC-1000 ES), mentre quello cinematico è stato acquisito grazie al sistema optoelettronico ELITE (Ferrigno, Bettini & Magno Caldognetto, 1999), che permette l’acquisizione simultanea del segnale sonoro e dei movimenti di piccoli marcatori passivi posti sul viso del soggetto (v. fig.1). Tale sistema assicura un’alta precisione (campiona i dati a 100 Hz), un alto grado di accuratezza (l’errore massimo nella ricostruzione tridimensionale dei movimenti dei marcatori è di 0.08 mm per un cubo di 200 mm di lato), e un disagio minimo per il soggetto, date le ridotte dimensioni dei marcatori (2 mm di diametro). Poiché non vengono rilevati i movimenti della lingua, ci siamo limitati allo studio dell’articolazione labiomandibolare coinvolta nella produzione di consonanti scempie e geminate circondate dalla vocale /a/. In tale contesto, abbiamo studiato il movimento verticale del marcatore incollato al centro del labbro inferiore rispetto al piano virtuale trasversale che passa attraverso i marcatori posti sui lobi delle orecchie e sulla punta del naso; il movimento del marcatore preso in esame è determinato dal contributo congiunto di mandibola e labbro inferiore.

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Figura 1: A sinistra: markers e piani 3D di riferimento per la misurazione dei movimenti (il marker n.3 sul labbro inferiore è quello da noi analizzato). A destra: la strumentazione di

ELITE. Tutte le elaborazioni cinematiche sono state eseguite impiegando il software di gestione

di ELITE ed esportando i file acustici e cinematici in uscita (ricostruzioni dell’andamento cronologico filtrato di una serie di parametri articolatori) in Interface, che è un software interattivo, creato da G. Tisato del SFD-ISTC, per l’elaborazione e l’analisi dei dati cinematici (cfr. Tisato, Cosi, Drioli e Tesser, in questo volume). La figura 2 illustra una sezione di una schermata tipica di Interface.

Il segnale acustico (sezione superiore) è relativo a parte dell’enunciato contenente la parola target “(richia)ma ’pappa ma(gnificamente)”, e i segnali cinematici dell’ampiezza (sezione centrale) e della velocità di movimento (sezione inferiore) del labbro inferiore (rappresentati nel loro decorso temporale) riportano le segmentazioni automatiche in corrispondenza dei minimi (m) e dei massimi (M) del segnale. Per ciascuno dei due gesti evidenziati nella curva relativa all’ampiezza, e cioè per la chiusura (dalla posizione aperta assunta per la prima /a/ di “pappa” all’occlusione relativa alla consonante intervocalica), e per l’apertura (dall’occlusione relativa alla consonante intervocalica alla posizione aperta relativa alla seconda /a/), abbiamo analizzato: • il movimento: estensione (mm) e durata (ms); • la velocità del movimento: velocità massima istantanea (mm/s), e durata dei suoi

periodi di accelerazione e decelerazione. La durata del periodo di accelerazione è stata usata per calcolare il time-to-peak, che

misura la simmetria del profilo di velocità, ed esprime l’intervallo temporale che intercorre tra l’inizio del gesto ed il punto in cui il gesto stesso raggiunge la velocità massima, espresso in percentuale rispetto alla durata totale del gesto. Esso quindi descrive implicitamente la proporzione della fase di accelerazione sulla fase di decelerazione: ad es., un valore superiore al 50% indica una fase di accelerazione relativamente lunga, cioè un gesto che all’inizio è più lento, come nel troncamento. L’ultima misura da noi effettuata per

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caratterizzare il gesto articolatorio riguarda la stiffness, di cui abbiamo già parlato, e che ricordiamo essere stimata dal rapporto tra la velocità massima e l’ampiezza di uno stesso gesto (mass normalized stiffness).

Figura 2. Schermata tipica di Interface, che riporta, per la forma d’onda (pannello

superiore), le segmentazioni acustiche e le etichette convenzionali dei confini tra i foni, e per i segnali cinematici dell’ampiezza (pannello centrale) e della velocità (pannello

inferiore) del labbro inferiore (LI), le segmentazioni e le etichette dei massimi (M) e dei minimi (m). Sulle curve cinematiche sono visibili i tipi di misurazioni effettuate.

In questa sede discuteremo principalmente i dati relativi agli stimoli prodotti ad una

velocità di eloquio naturale. I risultati relativi agli stimoli focalizzati e prodotti a velocità di eloquio accelerata saranno solo menzionati nel caso possano fornire dettagli utili ai fini della discussione. Per una trattazione esaustiva si veda Gili Fivela & Zmarich (in stampa). Non saranno inoltre confrontati dal punto di vista statistico il gesto di chiusura con il gesto di apertura, presentando il tipo di stimolo “’CaC(C)a” due sillabe di prominenza diversa, che rendono i due gesti asimmetrici e quindi non facilmente commensurabili.

TEST PERCETTIVO

1.1 Finalità, materiali e metodologia La prima fase di analisi è stata effettuata facendo ricorso ad una test percettivo che, in

primo luogo, permettesse di verificare le caratteristiche uditive dei materiali (per quanto la durata consonantica in italiano abbia valore distintivo, le geminate non sono attestate in tutte le varietà di italiano, vedi sopra); inoltre, i risultati del test hanno permesso di individuare gli stimoli che, soprattutto al variare della velocità di eloquio, potevano essere considerati 'ambigui' dal punto di vista percettivo, ad esempio gli stimoli che erano riconosciuti come geminati pur essendo stati prodotti, nelle intenzioni, come scempi.

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I materiali utilizzati per il test appartengono al corpus descritto nel paragrafo precedente e sono rappresentati da una selezione degli enunciati prodotti dai due parlanti nelle tre ripetizioni, enunciati in cui fossero presenti geminate o scempie (non cluster consonantici). In particolare, sono stati considerati per il test percettivo 10 degli stimoli prodotti da ogni soggetto a velocità di eloquio normale (20 in tutto) e 10 di quelli prodotti in contesto di focalizzazione contrastiva (20 in tutto); a questi sono stati aggiunti tutti i 30 stimoli prodotti dai parlanti a velocità di eloquio sostenuta (60 in tutto).

Al test percettivo hanno preso parte 10 soggetti, 5 del nord (Torino) e 5 del sud Italia (Lecce e Taranto). Gli stimoli sono stati presentati loro per mezzo del programma Perceval, sviluppato presso l'LPL di Aix-en-Provence. I soggetti ascoltavano ogni stimolo per due volte, e, dopo un segnale sonoro, avevano 5 secondi per rispondere, scegliendo tra due opzioni che venivano visualizzate sullo schermo (ad esempio, 1) 'fafa' e 2) 'faffa'). Il test prevedeva una fase di addestramento nella quale ai soggetti erano presentati 6 stimoli scelti a caso tra quelli del corpus. La fase di test era suddivisa in 2 momenti, il primo durante il quale venivano proposti gli stimoli (in ordine casuale) prodotti con velocità di eloquio variabile (80 stimoli in totale), ed il secondo durante il quale erano proposti gli stimoli prodotti con focalizzazione contrastiva (20 in totale).

1.2 Risultati Per quanto riguarda gli stimoli prodotti a velocità normale - e quelli realizzati con

focalizzazione contrastiva (Gili Fivela & Zmarich, in stampa) - si è riscontrata un’alta percentuale di riconoscimento sia da parte dei soggetti del nord che di quelli del sud. Il grafico nella figura 3 mostra il numero di risposte date dai soggetti del nord – grafico di sinistra – e del sud – grafico di destra – a favore di scempie e geminate in corrispondenza di stimoli che contenevano consonanti realizzate, nelle intenzioni, come scempie (sc) e come geminate (ge). Come si osserva dai grafici, in generale, le scempie e le geminate vengono effettivamente distinte e riconosciute correttamente: i soggetti del nord identificano solo il 2% degli stimoli con geminate come stimoli contenti scempie (1 stimolo su 50), e solo il 4% delle stimoli in cui erano presenti scempie come stimoli contenti geminate (2 stimoli su 50); i soggetti del sud identificano correttamente il 100% degli stimoli con geminate, e riconoscono il 14% degli stimoli con le scempie come stimoli contenenti geminate (7 stimoli su 50). Le produzioni dei parlanti sono state quindi giudicate attendibili e valide per il confronto delle caratteristiche di scempie, geminate (e cluster consonantici).

Figura 3: Stimoli prodotti con velocità di eloquio normale: numero di risposte a favore di

scempie e geminate in corrispondenza di stimoli realizzati come scempie (sc) e come geminate (ge); soggetti del nord –grafico di sinistra – e del sud –grafico di destra.

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Al contrario, gli stimoli realizzati ad una velocità di eloquio elevata sono identificati correttamente in un minor numero di casi. Gili Fivela & Zmarich (in stampa) riportano che i soggetti del nord identificano il 20% delle geminate come scempie (30 su 150), e il 32% delle scempie come geminate (48 su 150); i soggetti del sud identificano l’11% delle geminate come scempie (16,5 su 150) e il 46% delle scempie come geminate (69 su 150) –riportiamo i risultati nei grafici in figura 4. In questa sede vorremmo sottolineare che, in generale, le geminate sono riconosciute come scempie nel 10-20% dei casi, mentre le scempie sono riconosciute come geminate in più di un terzo dei casi. Inoltre, come si può osservare dai grafici in fig. 5, le risposte dei soggetti variano in base al fonema considerato. I grafici mostrano il numero di risposte a favore delle geminate fornite dai soggetti del nord – grafico di sinistra – e del sud – grafico di destra – in corrispondenza dei diversi fonemi realizzati come scempi (sc) e come geminati (ge). Si può notare come in generale le scempie (sc) siano riconosciute come geminate in pochi casi se il segmento consonantico è /v/. Relativamente agli altri fonemi, circa un terzo di scempie sono riconosciute come geminate dai parlanti del nord – in misura minore per /p/ ed /f/ - e circa due quinti di scempie sono riconosciute come geminate dai parlanti del sud – in misura minore per /f/.

Figura 4: Stimoli prodotti con velocità di eloquio sostenuta: numero di risposte a favore di scempie e geminate in corrispondenza di stimoli realizzati come scempie (sc) e come

geminate (ge); soggetti del nord –grafico di sinistra – e del sud –grafico di destra.

Figura 5: Stimoli prodotti con velocità di eloquio sostenuta: numero di risposte a favore delle geminate in corrispondenza dei diversi fonemi realizzati come scempi (sc) e come

geminati (ge); soggetti del nord –grafico di sinistra – e del sud –grafico di destra.

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ANALISI ACUSTICA E CINEMATICA Nei prossimi paragrafi sono riportati i risultati delle produzioni a velocità di eloquio

normale ed in contesto di focalizzazione neutra (per le misurazioni effettuate su stimoli prodotti a velocità di eloquio elevate ed in contesto di focalizzazione contrastiva, si veda Gili Fivela & Zmarich, in stampa). Nel paragrafo 4.1 sono descritti i risultati delle misurazioni effettuate sugli stimoli contenenti tutte le consonanti scempie e geminate; nel paragrafo 4.2 sono riportati i dati relativi al confronto tra consonanti scempie, geminate e cluster consonantici, effettuato su un sottoinsieme dei materiali.

1.3 Scempie e geminate Per quanto riguarda le misurazioni acustiche, i risultati di test ANOVA mostrano che

per entrambi i soggetti la durata delle consonanti geminate è significativamente maggiore di quella delle scempie - figura 6, grafico in alto a sinistra (per il soggetto A [F(1,28)=36,237;p<0,001], per il soggetto B [F(1,28)=109,947;p<0,001]). Questo dato conferma i risultati descritti in letteratura, così come il risultato ottenuto per la durata della vocale precedente, almeno per un parlante su due. Come si può osservare dal grafico in alto a destra nella figura 6, la durata della vocale precedente la consonante è minore prima di geminata che prima di scempia, anche se la differenza è significativa solo per il parlante A ([F(1,28)=11,174;p<0,01], per il parlante B [F(1,28)=1,941;p>0,05]). Infine, solo per il parlante B, la vocale che segue ha durata maggiore in contesto di geminata piuttosto che di scempia – grafico in basso, figura 6 (per il parlante A [F(1,28)=0,450;p>0,05], per B [F(1,28)=6,502;p<0,05]).

Figura 6: Dati acustici su scempie (sc) e geminate (ge) prodotte dai due parlanti (A e B): durata della consonante – in alto a sinistra – della vocale precedente – in alto a destra – e

della vocale seguente – in basso; le barre rappresentano la deviazione standard.

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I dati cinematici mostrano che il gesto di chiusura ed il gesto di apertura hanno durata maggiore nelle geminate piuttosto che nelle scempie, e le differenze sono significative per entrambi i parlanti (per il soggetto A: gesto di chiusura [F(1,28)=14,829;p<0,01] e gesto di apertura [F(1,28)=39,246;p<0,0001]; per il soggetto B: gesto di chiusura [F(1,28)=64,431;p<0,0001] e gesto di apertura [F(1,28)=41,081;p<0,0001]) – per il gesto di apertura, si veda il grafico in alto a sinistra, figura 7. L’ampiezza del gesto di chiusura non varia in modo significativo per nessuno dei due parlanti (per il soggetto A [F(1,28)=0,468;p>0,05]; per B [F(1,28)=1,123;p>0,05]), mentre l’ampiezza del gesto di apertura è significativamente maggiore nelle geminate, per entrambi i soggetti (per il soggetto A [F(1,28)=19,139;p<0,0001]; per B [F(1,28)=11,639;p<0,01]) – per il gesto di apertura, si veda il grafico in alto a destra, figura 7. Per quanto riguarda la velocità massima, il gesto di chiusura è significativamente più veloce nelle geminate solo per il parlante B (per A [F(1,28)=0,095;p>0,05]; per B [F(1,28)=5,484;p<0,05]), mentre il gesto di apertura è significativamente più veloce nelle geminate solo per il parlante A (per A [F(1,28)=5,326;p<0,05]; per B [F(1,28)=0,581;p>0,05]) – per il gesto di apertura, si veda il grafico in basso a sinistra, figura 7. Il time-to-peak nel gesto di chiusura è maggiore nelle scempie rispetto alle geminate, per entrambi i parlanti (per A [F(1,28)=10,243;p<0,05]; per B [F(1,28)=91,558;p<0,01]), mentre il time-to-peak del gesto di apertura è significativamente minore nelle scempie rispetto alle geminate per entrambi i parlanti (per A [F(1,28)=13,887;p<0,01]; per B [F(1,28)=24,722;p<0,0001]).

Figura 7: Dati cinematici relativi al gesto di apertura di scempie (sc) e geminate (ge)

prodotte dai due parlanti (A e B): durata – in alto a sinistra – ampiezza – in alto a destra – velocità – in basso a sinistra – e stiffness – in basso a destra; le barre rappresentano la DS.

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Infine, la stiffness è significativamente maggiore nel gesto di chiusura delle geminate solo per il parlante B (per A [F(1,28)=2,330;p>0,05]; per B [F(1,28)=11,184;p<0,01]), mentre per entrambi i soggetti è minore nel gesto di apertura delle geminate rispetto a quello delle scempie (per A [F(1,28)=18,181;p<0,0001]; per B [F(1,28)=13,547;p<0,01]) – figura 7, in basso a destra.

Riassumendo i dati significativi sin qui riportati, le geminate hanno durata maggiore delle scempie, sono precedute da una vocale più breve e seguite da una vocale più lunga – anche se gli ultimi due risultati sono significativi per un solo parlante su due, la tendenza è visibile in entrambi. Dal punto di vista cinematico, i risultati più significativi riguardano - abbastanza sorprendentemente - il gesto di apertura piuttosto che il gesto di chiusura. Il gesto di apertura risulta avere durata, ampiezza, velocità e un time-to-peak maggiore nelle geminate piuttosto che nelle scempie; la stiffness, al contrario, è maggiore nelle scempie.

1.4 Scempie, geminate e cluster Le caratteristiche di consonanti scempie e, soprattutto, geminate sono state confrontate

con quelle dei cluster consonantici. I test ANOVA sono stati eseguiti prendendo in considerazione gli stimoli con nasali scempie e geminate (/m, mm/) e cluster consonantici composti da nasale ed occlusiva bilabiale (/mp, mb/). I risultati di alcune misurazioni acustiche sono riportati nei grafici in figura 8.

Figura 8: Dati acustici su scempie (sc), geminate (ge) e cluster (sccl) prodotte dai due

parlanti (A e B): durata della consonante – in alto a sinistra – della vocale precedente – in alto a destra – e della vocale seguente – in basso; le barre rappresentano la DS.

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Come si nota dai grafici, la durata della geminata e dei cluster è significativamente maggiore della durata della scempie per entrambi i parlanti (per A [F(2,9)=24,447;p<0,0001]; per B [F(2,9)=29,087;p<0,0001]) – in alto a sinistra, figura 8 – anche se il test post hoc di Fisher mostra che solo per B geminate a cluster non hanno durata diversa tra loro, mentre per il parlante A i cluster hanno durata significativamente maggiore anche rispetto alle geminate. Per quanto riguarda la durata della vocale precedente, solo il parlante A produce una vocale significativamente più breve prima di cluster e geminate [F(2,9)=5,697;p<0,05]; per il parlante B le differenze non sono significative [F(2,9)=0,691;p>0,05]. Nessun risultato significativo è stato rilevato per la vocale seguente (per A [F(2,9)=2,885;p>0,05]; per B [F(2,9)=0,173;p>0,05]) – grafico in basso, figura 8.

I dati cinematici mostrano che il gesto di chiusura ha durata minore per le geminate ed i cluster che per le scempie, ma il risultato è significativo solo per il parlante A (per A [F(2,9)=10,687;p<0,01], con differenza significativa tra tutte e tre le classi; per B [F(2,9)=3,555;p>0,05]); al contrario, per entrambi i parlanti la durata del gesto di apertura è significativamente maggiore nelle geminate e nei cluster rispetto alle scempie (per A [F(2,9)=14,956;p<0,01]; per B [F(2,9)=6,932;p<0,01]) – figura 9, grafico in alto a sinistra. L’ampiezza del gesto di chiusura non offre dati significativi (per A [F(2,9)=1,652;p>0,05]; per B [F(2,9)=0,253;p>0,05]), mentre l’ampiezza del gesto di apertura è significativamente maggiore nelle geminate rispetto ai cluster per entrambi i parlanti (per A [F(2,9)=6,408;p<0,01]; per B [F(2,9)=6,175;p<0,05]), ma mentre per B l’ampiezza del gesto nei cluster non si differenzia da quella delle scempie, per A non si differenzia da quella delle geminate – figura 9, grafico in alto a destra. Per quanto riguarda la velocità massima del gesto, non è stata rilevata alcuna differenza significativa nei contesti considerati (per A: gesto di chiusura [F(2,9)=1,797;p>0,05] e gesto di apertura [F(2,9)=3,245;p>0,05]; per B: gesto di chiusura [F(2,9)=1,764;p>0,05] e gesto di apertura [F(2,9)=2,387; p>0,05). Al contrario, il time-to-peak nel gesto di chiusura è maggiore nelle scempie rispetto a geminate e cluster, per entrambi i parlanti (per A [F(2,9)=4,247;p<0,05]; per B [F(2,9)=17,933;p<0,01]); il time-to-peak del gesto di apertura è significativamente minore nelle scempie rispetto a geminate e cluster solo per il parlante B (per A [F(2,9)=2,434;p>0,05]; per B [F(2,9)=7,428;p<0,01]) – figura 9, in basso a sinistra. Infine, lo stiffness del gesto di chiusura non è significativamente diverso nei contesti considerati (per A [F(2,9)=1,175;p>0,05]; per B [F(2,9)=3,951;p>0,05]), mentre la stiffness del gesto di apertura è significativamente minore nelle geminate e nei cluster rispetto alle scempie, ma solo per il parlante A (per A [F(2,9)=7,758;p<0,01]; per B [F(2,9)=1,597;p>0,05]) – figura 9, in basso a destra.

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Zmarich C., Gili Fivela B. CONSONANTI SCEMPIE E GEMINATE IN ITALIANO:…

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Figura 9: Dati cinematici relativi al gesto di apertura di scempie (sc), geminate (ge) e cluster (sccl) prodotte dai due parlanti (A e B): durata – in alto a sinistra – ampiezza – in alto a destra – time-to-peak – in basso a sinistra – e stiffness – in basso a destra; le barre

rappresentano la deviazione standard.

Riassumendo i dati significativi sin qui riportati, le geminate ed i cluster hanno durata maggiore delle scempie e sono precedute da una vocale più breve – anche se l’ultimo risultato è significativo per un solo parlante. Dal punto di vista cinematico, i risultati relativi al gesto di apertura mostrano che la sua durata, ampiezza e time-to-peak è maggiore nelle geminate e nei cluster - anche se le ultime due misure sono significative solo per un parlante; lo stiffness, al contrario, è maggiore nelle scempie, e nuovamente il risultato è significativo solo per un parlante.

1.5 Discussione parziale: evidenza cinematica dell'eterosillabicità delle geminate L’analisi dei materiali raccolti ha permesso di confermare i dati descritti in letteratura

non solo relativamente alla differenza di durata dei segmenti consonantici geminati e scempi, ma anche circa la minor durata della vocale che precede geminate rispetto a quella della vocale che precede le consonanti scempie. L’analisi condotta ha poi evidenziato come le caratteristiche acustiche delle geminate siano simili a quelle dei cluster consonantici considerati, fonologicamente eterosillabici.

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I dati cinematici forniscono risultati coerenti, mostrando come le geminate ed i cluster si caratterizzino cinematicamente in modo diverso rispetto alle consonanti scempie. In particolare, il gesto di apertura (per il quale si rileva significatività statistica in un maggior numero di misurazioni, anche se i dati sono coerenti anche per quanto riguarda il gesto di chiusura) risulta avere maggiore durata, ampiezza e time-to-peak, e minore stiffness nelle geminate e nei cluster rispetto alle consonanti scempie.

Le consonanti geminate, quindi, mostrano, oltre all’attesa maggior durata dell’articolazione consonantica e minor durata acustica della vocale precedente, caratteristiche simili a quelle dei cluster presi in esame, analizzati come fonologicamente eterosillabici. La somiglianza cinematica è considerata quindi come ulteriore evidenza fonetica dell’eterosillabicità delle geminate.

4.4 L’organizzazione temporale dei gesti consonantici e vocalici Come già accennato nell’introduzione, Smith (1995) sostiene che un indizio

dell’organizzazione ritmica delle lingue ad isocronia sillabica, come l’italiano, sia offerto proprio dal tipo di organizzazione temporale dei gesti consonantici e vocalici impiegato nella realizzazione di consonanti scempie e geminate. Secondo lo studio della Smith (1995), svolto su tre soggetti italofoni, nelle lingue a isocronia sillabica l’intervallo temporale tra i nuclei vocalici di due sillabe successive resta invariato a prescindere dal numero di consonanti intervocaliche. Infatti, in base alle sue analisi risulta che le consonanti bilabiali geminate anticipano l’inizio del gesto di chiusura e ritardano la fine di quello di apertura rispetto a inizio e fine dei gesti relativi alle scempie, mantenendo però costante il punto temporale di realizzazione della massima costrizione. Secondo la Smith, il modello di organizzazione temporale dei gesti consonantici e vocalici in italiano sarebbe il Vowel-to-Vowel model di Ohman (1967), esemplificato nella parte sinistra della figura 10 - dove mostriamo solo la componente bilabiale relativa alla realizzazione consonantica e prescindiamo dalla componente linguale, relativa alla realizzazione vocalica, che nel nostro caso è [a]; il modello esemplificato a destra nella figura, il combined Vowel-and-Consonant model di Browman & Goldstein, secondo Smith descriverebbe adeguatamente l’organizzazione temporale dei gesti consonantici e vocalici in giapponese (e predirrebbe che l’inizio del gesto per la seconda vocale sia coordinato con la fine della consonante).

Fig. 10. Due possibili modelli di produzione della consonante intervocalica in “ap(p)a”:

il Vowel-to-Vowel model (a sinistra) e il Vowel-and-Consonant model (a destra).

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Nel nostro studio, abbiamo voluto testare questa predizione su un sottoinsieme dei dati a disposizione, opponendo scempie a geminate con l’esclusione dei cluster consonantici. In questi stimoli il target consonantico è certamente realizzato dalle labbra nel punto della costrizione labiale. Per quanto riguarda la vocale precedente e quella successiva, esse sono senz’altro articolate dal dorso della lingua, ma questo ha già assunto la posizione richiesta per la vocale bassa centrale [a] all’inizio di ciascuna sequenza “declama CaC(C)a magnificamente” e poiché la mantiene fino alla fine (il materiale vocalico non varia) si può affermare che in “CaC(C)a” non vi sia movimento linguale e la distinzione articolatoria tra consonante e vocale sia trasmessa dal grado di apertura orale formata dalla mandibola e dal labbro inferiore, cioè LI. E’ da sottolineare inoltre che, considerando il ruolo articolatorio giocato nello spazio tridimensionale dagli articolatori visibili (mandibola, labbro superiore e inferiore), in italiano [a] risulta essere distinta dalle altre vocali proprio dalla posizione della mandibola (e anche dall’apertura labiale, cfr. Magno Caldognetto, Vagges & Zmarich, 1995).

Per cominciare, abbiamo voluto verificare se l’intervallo temporale di tipo acustico che va dall’inizio della prima consonante alla fine della seconda vocale di “CaC(C)a” si mantiene o no invariato al variare della categoria di lunghezza della consonante intermedia. Un T-test eseguito separatamente su ciascuno dei due soggetti ha prodotto una differenza statisticamente significativa [soggetto A, intervallo con scempia 354,0 ms (31,0) vs intervallo con geminata 397,4 (46,6), t28 = 4.994, p = 0,006; soggetto B, intervallo con scempia 372,0 ms (39,2) vs intervallo con geminata 450,5 (35,0), t28 = 5,781, p < 0,000]. Dunque dal punto di vista acustico non è possibile dimostrare l’isocronia sillabica, in base all’ipotesi della Smith.

Dalla figura 10 si può cogliere che il punto di occlusione massima del gesto labiale che realizza il target articolatorio della consonante intervocalica, non varia (e quindi coincide) tra scempia e geminata nel modello Vowel-to-Vowel, mentre varia nel modello alternativo Vowel-and-Consonant model. Se consideriamo il punto di massima costrizione per la consonante iniziale “CaC(C)a” come un punto di riferimento non variabile in funzione della lunghezza fonologica della consonante successiva (come già aveva fatto Smith, 1995), allora la misura dell’intervallo temporale compreso tra questo punto e il punto di costrizione massima per la consonante intervocalica ci consentirà di decidere tra le due ipotesi alternative.

Fig. 11. Intervallo temporale tra i punti di massima costrizione articolatoria di LI relativi

alla prima e alla seconda consonante di “CaC(C)A”.

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Un T-test che opponeva, all’interno di ciascun soggetto, le misure degli intervalli nel

caso della scempia e della geminata, è risultato significativo per il soggetto B (scempie = 222,0 ms; geminate = 255,3 ms, t28 = 3,916, p = 0,001) e non significativo per A (scempie = 193,3 ms; geminate = 204,0 ms, t28 = 1.481, p = 0.151). La figura 11, infatti, mostra che la durata dell’intervallo non varia significativamente al variare della consonante (scempia o geminata) per il soggetto A, coerentemente con l’ipotesi dal Vowel-to-Vowel model che la Smith predica per l’italiano, mentre la variazione significativa realizzata dal soggetto B nel passare dalla produzione della scempia alla geminata non è prevista da tale modello.

Le figure 12 e 13 visualizzano due tipiche produzioni di “pap(p)a”, rispettivamente del soggetto A e del soggetto B: una contenente la consonante scempia, l’altra contenenente la geminata, allineate nel punto di massima chiusura bilabiale per la consonante iniziale [p]. E’ evidente che il grafico in 12 esemplifica il modello Vowel-to-Vowel (si confronti con la stilizzazione di fig. 10, parte sinistra), mentre il grafico in 13 esemplifica il modello Vowel-and-Consonant (si confronti con la stilizzazione di fig. 10, parte destra).

Fig. 12. Forme d’onda del segnale acustico e andamenti temporali di LI relativi alla produzione di [‘papa]” (sopra), e [‘pappa]” (sotto), da parte del soggetto A, allineati nel

punto di massima chiusura bilabiale per la consonante iniziale [p].

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Zmarich C., Gili Fivela B. CONSONANTI SCEMPIE E GEMINATE IN ITALIANO:…

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Fig. 13. Forme d’onda del segnale acustico e andamenti temporali di LI relativi alla produzione di [‘papa]” (sopra), e [‘pappa]” (sotto), da parte del soggetto B, allineati nel

punto di massima chiusura bilabiale per la consonante iniziale [p].

Il risultato del test evidenzia che l’organizzazione temporale dei gesti consonantici e vocalici riflette il Vowel-to-Vowel model di Ohman (1967) predetto dalla Smith (1995) per l’italiano in quanto lingua ad isocronia sillabica, solo per il parlante A, ma non per il parlante B. Questi risultati supportano una interpretazione dell’organizzazione temporale dell’articolazione più legata a strategie individuali che a tipologie universali imposte dal tipo di lingua parlata. E’ probabile inoltre che non si sia in presenza di tipi puri. Già Smith (1995) aveva rilevato che solo uno dei suoi tre soggetti italiani sembrava conformarsi al tipo ideale del Vowel-to-Vowel model.

Un risultato statistico ci conferma che il parlante B non si attiene al modello ideale del Vowel-and-Consonant model ma per alcuni aspetti si avvicina di più al Vowel-to-Vowel model. Se davvero, per mantenere l’isocronia sillabica, l’aumento della durata consonantica si ottiene a scapito delle durate vocaliche circostanti, allora una misura che metta in relazione la durata complessiva dei due gesti articolatori di chiusura e apertura labiale per la consonante intervocalica di “CaC(C)a” e la durata dell’intervallo acustico che va dall’inizio della prima vocale alla fine della seconda lo potrebbe dimostrare. Una coppia di T-test ha permesso di riscontrare l’esistenza di differenze significative sulla proporzione della durata acustica di VCV che rimane dopo aver sottratto la durata cumulativa dei due gesti sulla durata acustica di VCV [(VCVacustica - chiusura e apertura articolatoria)/ VCVacustica], sia per il soggetto A [proporzione relativa alla scempia: 0,361 (0,029) vs proporzione relativa alla geminata: 0,286 (0,032) t28 = -6,761, p < 0,000] che per il soggetto B [proporzione relativa alla scempia: 0,366 (0,026) vs proporzione relativa alla geminata: 0,269 (0,026) t28 = -10,101, p < 0,000]. Un’altra prova che la realizzazione

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della geminata implica una maggior sovrapposizione del gesto consonantico a quello vocalico, come predetto dal Vowel-to-Vowel model, può essere offerta dall’inizio anticipato del gesto di chiusura che si dovrebbe verificare nel caso della geminata. Ciò è stato verificato misurando l’intervallo tra l’inizio acustico della prima vocale e il punto di massima apertura corrispondente alla prima vocale, che è risultato significativamente diverso sia per il soggetto A [in relazione alla scempia: 56,0 (11,2) vs in relazione alla geminata: 46,3 (6,2), t28 = -2,957, p = 0,007] che per il soggetto B [in relazione alla scempia: 75,7 (12,7) vs in relazione alla geminata: 65,9 (10,0), t28 = -2,354, p < 0,026].

CONCLUSIONI I materiali raccolti hanno permesso di effettuare una descrizione cinematica, acustica e

percettiva delle consonanti italiane bilabiali e labiodentali. Le consonanti sono state inserite in parole e pseudo-parole target con struttura ‘CaC(C)a, che si opponevano per la durata delle consonanti stesse (cfr. /p/ vs /pp/) e per la presenza di nessi consonantici (cfr. /mp/ vs /mm, pp/). Il corpus è stato letto a velocità di eloquio normale ed accelerata, ed in condizioni di focalizzazione contrastiva. I materiali sono stati sottoposti ad una verifica percettiva che ha consentito di giudicarli attendibili e di effettuare alcune considerazioni e scelte procedurali. Innanzitutto è stato osservato come i parlanti identifichino correttamente un elevato numero di consonanti scempie e geminate in condizioni di velocità di eloquio normale e di focalizzazione contrastiva. Al contrario, all’aumento delle velocità di eloquio, le percentuali di identificazione delle consonanti diminuiscono – in modo differente a seconda dell’articolazione consonantica considerata – e mostrano la presenza di un meccanismo di compensazione che porta a percepire un maggior numero di scempie come geminate piuttosto che il contrario. Inoltre, i risultati del test percettivo hanno permesso di eliminare dall’insieme di dati trattati statisticamente le misurazioni relative agli stimoli identificati erroneamente, per evitare che le considerazioni sulle caratteristiche proprie di scempie e geminate fossero sfalsate dalla presenza di stimoli effettivamente ambigui.

Le indagini statistiche effettuate sulle misurazioni acustiche hanno poi permesso di mostrare come, coerentemente con le descrizioni fornite in letteratura, geminate e scempie differiscano per la durata della consonante e delle vocale precedente. L’analisi condotta in questo lavoro ha inoltre evidenziato come le caratteristiche acustiche delle geminate siano simili a quelle dei cluster consonantici, considerati fonologicamente eterosillabici. L’aspetto più innovativo del contributo riguarda i dati cinematici, relativi al movimento del labbro inferiore. I dati raccolti, infatti, mostrano come le geminate ed i cluster si caratterizzino cinematicamente in modo diverso rispetto alle consonanti scempie, in particolare in relazione al gesto di apertura del labbro inferiore (per il quale si rileva significatività statistica in un maggior numero di misurazioni, anche se i dati sono coerenti pure per quanto riguarda il gesto di chiusura). La somiglianza cinematica è considerata quindi come ulteriore evidenza fonetica dell’eterosillabicità delle geminate.

Il risultato che le analisi di tipo cinematico del gesto di apertura hanno prodotto un numero maggiore di differenze significative tra scempia e geminata di quelle prodotte dal gesto di chiusura non ci deve stupire. Gracco & Löfqvist (1993) per esempio affermano che questi due gesti designano classi categorialmente diverse: mentre l’organizzazione temporale del movimento di apertura avviene all’interno di un regime di transizione tra due unità motorie contigue (C e V), l’organizzazione temporale del movimento di chiusura avviene all’interno di una singola azione motoria (C). Le azioni di apertura orale sono associate con movimenti più lenti (suoni vocalici a bassa pressione), mentre nella chiusura le azioni sono associate con movimenti rapidi (suoni consonantici ad alta pressione). Anche

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Browman (1994) ritiene che nel caso di una sillaba CV il decorso temporale e spaziale del gesto di apertura non siano completamente determinati dalla vocale ma, almeno in alcuni casi, siano controllati anche con il concorso della consonante precedente.

Questi risultati sono poi arricchiti da quelli ottenuti dall’analisi acustica e cinematica dei materiali acquisiti variando le condizioni di focalizzazione e di velocità di eloquio, descritti in dettaglio in Gili Fivela & Zmarich (in stampa). In particolare, l’analisi dei materiali prodotti a velocità di eloquio accelerata mostra la diminuzione dei valori dei parametri considerati e, in generale, la tendenza alla perdita di significatività delle differenze acustiche ed al mantenimento di quelle cinematiche. I correlati della geminazione sembrano quindi più stabili dal punto di vista cinematico che dal punto di vista acustico, e in particolare, nonostante la presenza di caratteristiche acustiche ambigue, le geminate mostrano comunque correlati cinematici simili a quelli dei cluster considerati, cioè simili a quelle di segmenti eterosillabici.

Per quanto riguarda l’organizzazione temporale dei gesti per la consonante e per la vocale, i nostri risultati riflettono il modello Vowel-to-Vowel di Ohman (1967) predetto dalla Smith (1995) per l’italiano, in quanto lingua ad isocronia sillabica, soprattutto per il parlante A, e suggeriscono che però non siamo in presenza di una istanziazione “pura” dei modelli. Questi risultati supportano una interpretazione dell’organizzazione temporale dell’articolazione più legata a strategie individuali che a tipologie universali imposte dal tipo di lingua parlato.

Nonostante l’esiguo numero di parlanti, peraltro dovuto alle caratteristiche dell’indagine condotta, la varietà di dati fonetici forniti permette di delineare un quadro piuttosto chiaro. In ogni caso, i risultati dovranno trovare conferma in indagini relative ad un maggior numero di soggetti.

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